I voti alla formazione. Successi e criticità delle attività formative Tracce per il futuro Risultati dei seminari di confronto e riflessione ANANKE Il Rapporto “I voti alla formazione. Successi e criticità delle attività formative. Tracce per il futuro” è stato realizzato dal Cles S.r.l. nell’ambito delle Azioni di assistenza tecnica in capo alla Provincia di Torino a valere sul POR Ob. 3 – FSE 2000-2006, Misura F.2 della Regione Piemonte Coordinamento scientifico: Paolo Leon Responsabile della ricerca: Daniela Pieri Coordinamento operativo: Loredana Venditti Per la società Cles, hanno collaborato alla ricerca: Daniela Pieri, Loredana Venditti, Viola delle Piane, Chiara Luigini, Valerio Levi, Gabriele Levi, Carlo del Castello, Paolo Calbucci La rilevazione telefonica è stata curata dalla società Infratest S.p.A. Per la Provincia di Torino, hanno collaborato alla ricerca: Ludovico Albert, Lorenzo Careglio, Gaudenzio Como, Alessandra Dello Monaco, Rosalba Fasolo, Sandra Luparia, Patrizia Manzin, Angela Marra, Stefania Massara, Paola Mussino, Giuseppe Odorizzi, Enrica Pejrolo, Mauro Spigariol Ha collaborato alla ricerca Livio Pescia © 2009 ANANKE srl Tutti i diritti riservati / All rights reserved ANANKE srl Via Lodi 27/C - 10152 Torino (Italy) www.ananke-edizioni.com E-Mail: [email protected] ISBN 978-88-7325- Indice Introduzione.......................................................................................... 1 1. Il diritto come dovere all’apprendimento - Un sistema integrato e flessibile per la promozione degli accessi e della domanda........ 3 1.1. La strategia europea e il quadro normativo nazionale............... 3 1.2. La programmazione regionale e provinciale.............................. 7 1.3. Il quadro attuativo provinciale................................................... 9 1.4. I risultati della ricerca.............................................................. 11 1.5. Le esperienze............................................................................ 16 1.6. Osservazioni conclusive e proposte......................................... 17 1.6.1. Nuove priorità programmatorie......................................... 18 1.6.2. Qualità dell’offerta e qualità delle competenze acquisite 18 1.6.3. Supporto alla domanda...................................................... 20 1.6.4. Risorse finanziarie............................................................. 20 1.6.5. Monitoraggio e valutazione............................................... 21 2. Le politiche e gli strumenti per il sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti deboli: la rete territoriale per la presa in carico unitaria........................................................................... 22 2.1. La strategia europea e il quadro normativo di riferimento....... 22 2.2. La programmazione regionale e provinciale............................ 25 2.3. Il quadro attuativo provinciale................................................. 26 2.4. I risultati della ricerca.............................................................. 28 2.5. Le esperienze............................................................................ 30 2.6. Osservazioni conclusive e proposte......................................... 31 2.6.1. I fattori di conversione...................................................... 31 2.6.2. La programmazione dei corsi FAL................................... 32 2.6.3. L’integrazione delle politiche e le reti territoriali............. 33 3. Le esperienze lavorative per l’individualizzazione della qualificazione iniziale: l’apprendistato......................................... 35 3.1. Il quadro normativo di riferimento........................................... 35 3.2. La programmazione regionale e provinciale............................ 39 3.3. Il quadro attuativo provinciale................................................. 40 3.4. I risultati della ricerca.............................................................. 41 3.5. Le esperienze............................................................................ 43 3.6. Osservazioni conclusive e proposte......................................... 44 3.6.1. Apprendistato e target raggiunti........................................ 44 3.6.2. Aspetti finanziari............................................................... 46 3.6.3. Flessibilizzazione della forma contrattuale....................... 46 3.6.4. Implicazioni date dalla possibilità per l’impresa di formazione interna....................................................................... 46 3.6.5. Contenuti formativi e finalità della formazione................ 47 Appendice . ....................................................................................... 49 Il diritto come dovere all’apprendimento - Un sistema integrato e flessibile per la promozione degli accessi e della domanda......... 49 Le politiche e gli strumenti per il sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti deboli: la rete territoriale per la presa in carico unitaria.................................................................................. 50 Le esperienze lavorative per l’individualizzazione della qualificazione iniziale: l’apprendistato........................................... 51 Introduzione La Provincia di Torino ha promosso il monitoraggio qualitativo delle principali azioni di formazione co-finanziate FSE attuate nel 2005-06 attraverso la realizzazione di indagini di customer satisfaction e di follow-up realizzate dal RTI costituito dal Cles S.r.l e da TNS Infratest S.p.A., aggiudicatario dello specifico bando emanato della Provincia stessa, nell’ambito delle Azioni di assistenza tecnica al POR Ob. 3 – FSE 2000-2006, a valere sulla Misura F.2. L’attività di valutazione, realizzata nel corso del 2007, ha verificato la qualità della didattica e il grado di soddisfazione degli allievi coinvolti nonché la condizione/posizionamento degli utenti a seguito della frequenza dei principali dispositivi formativi messi in atto dalla Provincia di Torino nell’annualità 2005-06. I risultati dell’attività sono stati raccolti in una pubblicazione “I voti alla formazione – Successi e criticità delle attività formative – Tracce per il futuro” e presentati nel Convegno tenutosi a Torino il 6 novembre 2008 al quale hanno partecipato soggetti istituzionali, parti sociali e organismi di formazione. Nel Convegno, gli esiti dell’indagine sono stati presentati in coerenza con le aspettative e le motivazioni dei singoli e della comunità locale e sono stati inquadrati nel complesso delle attività svolte dalla Provincia per l’istruzione e la formazione professionale. Il percorso valutativo è stato, inoltre, messo in raccordo con le altre attività ordinarie di monitoraggio e verifica qualitativa in atto, nella consapevolezza che la valutazione deve essere considerata un patrimonio comune della collettività fornendo, insieme agli interventi di analisi dei bisogni, indicazioni preziose circa i percorsi intrapresi e le modalità per loro eventuali revisioni. Il ruolo della formazione professionale e le sue prospettive, in un momento particolarmente critico per il sistema socio-economico del Paese e del territorio di riferimento, sono stati approfonditi con il contributo dell’Amministrazione regionale e provinciale, di esperti, di rappresen tanti delle parti sociali e delle agenzie formative al fine di delineare strategie e priorità. È stata espressa soddisfazione per i risultati che evidenziano l’alta qualificazione degli insegnanti e dei docenti della formazione professionale, al di là di ogni possibile pregiudiziale, soprattutto nel confronto con gli insegnanti della scuola, disegnando nuove piste per l’integrazione dei sistemi che hanno radici nelle sperimentazioni promosse dal FSE, ma che devono trovare una sistematizzazione nel nuovo quadro legislativo nazionale, con un maggiore raccordo tra istituzioni centrali, Regioni ed EE.LL. L’insieme delle opportunità formative messe in campo ha portato a risultati diversificati che confermano la formazione quale leva importante per il territorio ed evidenziano un ruolo nuovo per la formazione professionale, soprattutto in periodi di minore disponibilità di risorse, che richiede però una forte qualificazione dell’offerta, una promozione della domanda consapevole, nuove forme di gestione pubblico-privato, il consolidamento delle reti territoriali per fare sistema a livello locale. Sembra necessaria una programmazione dell’offerta più flessibile, più strettamente collegata ai diversi ammortizzatori sociali e alle misure messe in campo per contenere gli impatti della crisi economica, anche considerando che i risultati dell’indagine delineano un sistema che costituisce un consolidato importante in termini di risorse umane, di strutture, di attrezzature, di approcci e capace, quindi, di capitalizzare i risultati per affrontare nuove sfide. Lo sviluppo del capitale umano rappresenta un elemento di stabilità per il sistema socio-economico e riduce elementi di incertezza nelle persone, in un momento in cui alla Pubblica Amministrazione viene richiesto di prendere decisioni efficaci - rivedendo anche il preesistente quadro programmatorio e investendo maggiormente in istruzione-formazione-cultura-ambiente - alle imprese e ai sindacati di agire insieme, al sistema dell’offerta di anticipare gli sviluppi alla fine della crisi, con più autonomia rispetto alla domanda di lavoro. La Provincia di Torino ha ritenuto, inoltre, utile riflettere ulteriormente su alcuni degli aspetti emersi dall’indagine. Accanto alla giornata dedicata al Convegno di presentazione dei risultati e di riflessione sulle prospettive e il ruolo della formazione sono stati, quindi, programmati 3 seminari sugli specifici temi: - il diritto come dovere all’apprendimento; - l’inclusione sociale; - l’apprendistato. I tre seminari sono stati organizzati presso l’Istituto Superiore “Beccari”, tra il 20 e il 21 novembre, con il supporto e le testimonianze dei principali soggetti coinvolti, al fine di raccogliere punti di vista e indicazioni a partire dall’analisi congiunta dei risultati dell’indagine. L’obiettivo è stato cioè il confronto e la capitalizzazione delle esperienze, al fine di individuare, sulla base dei principali punti di riferimento che emergono dall’indagine, indicazioni utili alla programmazione provinciale che è chiamata ad effettuare scelte strategiche, in presenza di un quadro normativo e politico-economico incerto e fortemente problematico. I principali elementi di discussione emersi nel corso della realizzazione dei tre seminari sono di seguito evidenziati. Si è scelto di presentare gli interventi raggruppandoli per tematiche omogenee piuttosto che descriverli secondo la sequenza con cui si sono succeduti in termini temporali e di attribuzione nominale. 10 1 - Il diritto come dovere all’apprendimento - Un sistema integrato e flessibile per la promozione degli accessi e della domanda Per quanto riguarda “il diritto come dovere all’apprendimento” l’attività di valutazione delle azioni di formazione ha messo in evidenza il valore dei percorsi per l’assolvimento per il diritto dovere di istruzione e formazione e per il rientro in formazione rivolti a soggetti che, per caratteristiche personali o socio-economiche, non sempre trovano nei percorsi di istruzione classici una adeguata risposta alle loro esigenze. Questi percorsi hanno facilitato il loro inserimento lavorativo, ma soprattutto il loro reinserimento nell’istruzione, nella formazione e nell’apprendistato. La giornata di studio specificamente dedicata ha visto l’intervento, oltre che dei ricercatori del Cles, di un esperto delle problematiche educative, di rappresentanti della Provincia di Torino, degli istituti scolastici e degli organismi di formazione, che hanno anche portato elementi utili per il confronto della realtà provinciale con il quadro nazionale e con altre esperienze territoriali. Le tematiche proposte per la discussione sono state: - il diritto all’apprendimento come uno dei diritti di cittadinanza nella società della conoscenza; - la costruzione di un sistema integrato territoriale; - la modularizzazione e la flessibilizzazione dei percorsi; - la valorizzazione degli apprendimenti; - la rete integrata di orientamento e di accompagnamento al lavoro. I contenuti e le tesi esposte nel seminario sono presentati per ambiti tematici a partire dal quadro normativo nazionale, dalla programmazione regionale e provinciale, dal quadro attuativo provinciale, cui seguono i risultati della ricerca, le esperienze formative realizzate, le nuove priorità programmatorie, la qualità dell’offerta e delle competenze acquisite, il supporto alla domanda, le risorse finanziarie, il monitoraggio e la valutazione delle attività formative. A premessa, linee indicative della strategia europea in tema di diritto-dovere all’apprendimento. 11 1.1. La strategia europea e il quadro normativo nazionale Il tema del diritto-dovere all’apprendimento ha uno specifico riferimento negli obiettivi definiti dai diversi Consigli di Lisbona tra i quali è importante ricordare che: - dovrebbe essere previsto un sostanziale aumento annuale degli investimenti pro capite in risorse umane; - il numero dei giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno assolto solo il primo ciclo di studi secondari e che non continuano gli studi né intraprendono altro tipo di formazione dovrebbe essere dimezzato entro il 2010; - tra scuole, centri di formazione, imprese e strutture di ricerca dovrebbero essere istituiti partenariati di apprendimento a vantaggio di tutti gli utenti. La politica europea di coesione ha assunto il ruolo di strumento principale per attuare queste priorità con l’obiettivo di innescare dinamiche di sviluppo capaci di realizzare più crescita e più posti di lavoro. In questo ambito e in relazione al periodo di programmazione appena iniziato, il Fondo Sociale Europeo (FSE) - disciplinato dal Regolamento (CE) n. 1081/2006 e dalle disposizioni del Regolamento (CE) n. 1083/2006 - contribuisce a realizzare le priorità dell’Unione Europea migliorando le possibilità di occupazione e di impiego. L’azione del Fondo Sociale è ispirata, tra gli altri, ai seguenti principi: - centralità dell’intervento sulle risorse umane, quale indispensabile fattore per il conseguimento dei complessivi obiettivi di sviluppo, coesione ed occupazione; - valorizzazione del partenariato interistituzionale, con le parti sociali e con gli altri attori rilevanti; - rafforzamento della qualità, dell’efficacia, dell’integrazione dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro e della loro capacità di coniugare l’inclusività degli interventi con la promozione dell’eccellenza e dell’innovazione. In una moderna società della conoscenza, così come delineata dalle strategie europee, il diritto all’apprendimento ha natura eminentemente individuale in quanto collegato a capacità cognitive e bisogni differenziati e a garanzia di quel diritto deve essere sviluppato un insieme di condizioni che rendono possibile e utile l’apprendimento. In questo contesto la nozione di diritto all’apprendimento (necessi12 tà dell’individuo) si trasforma in nozione di dovere all’apprendimento (obbligo morale e materiale per l’individuo) e, a garanzia che gli aspetti di scelta prevalgano su quelli d’obbligo, bisogna prevedere un governo equilibrato di tre fattori: - accesso all’apprendimento (sviluppo della domanda, equità degli accessi, dotazioni di risorse necessarie); - risorse per l’apprendimento (regolazione dell’offerta, qualità dell’offerta, rispondenza ai bisogni; - valore dell’apprendimento (valorizzazione dei risultati dell’apprendimento, riconoscibilità, uso e scambio). L’attuale quadro legislativo nazionale che norma questi tre fattori ha la sua genesi politico-culturale nella legge del 28 marzo 2003, n. 53, recante la “Delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, la “legge Moratti”, che include espressamente, fra i principi e criteri direttivi, la promozione dell’apprendimento in tutto l’arco della vita e l’assicurazione a tutti del diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età. I canali che devono garantire l’esercizio di tale diritto sono il sistema dell’istruzione (nazionale) e quello dell’istruzione e formazione professionale (regionale). La frequenza dei suddetti percorsi di istruzione e formazione configura, per i cittadini coinvolti, un diritto soggettivo pieno cui è correlato un dovere legislativamente sanzionabile. Con la Legge Finanziaria 2007 – legge del 27 dicembre 2006, n. 296 - il sistema del diritto-dovere, come sopra descritto, è stato modificato in maniera significativa attraverso una rivisitazione complessiva delle modalità di adempimento dell’obbligo di istruzione. La legge finanziaria per il 2007 ha, infatti, previsto che l’istruzione obbligatoria venga impartita per almeno dieci anni, a decorrere dall’anno scolastico 2007/08; conseguentemente i livelli di istruzione considerati indispensabili per l’esercizio dei diritti di cittadinanza sono quelli previsti dai curricola relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e l’età per l’accesso al lavoro è elevata dai quindici ai sedici anni. Si parla per la prima volta di obbligo di istruzione e non più di obbligo scolastico. Il DM del 22 agosto 2007, n. 139 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”, nel suo allegato 13 tecnico, definisce quali sono le competenze chiave da raggiungere alla fine del biennio dell’obbligo di istruzione che rappresentano obiettivi di apprendimento per qualsiasi tipologia di percorsi del biennio. La legge del 6 agosto 2008, n. 133 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” ha parzialmente modificato le precedenti disposizioni della legge n. 296/2006, concernenti l’innalzamento dell’obbligo di istruzione. L’art. 64, infatti, consente, anche sulla base delle esperienze significative realizzate nei diversi ambiti regionali, di assolvere l’obbligo di istruzione, oltre che nei percorsi scolastici, anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e - fino alla completa messa a regime delle disposizioni contenute nel predetto decreto - anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all’Accordo del 19 giugno 2003 realizzati da strutture formative accreditate ai sensi del DM del 29 novembre 2007, n. 263. Per quanto riguarda il riconoscimento del valore dell’apprendimento, il sistema comune di standard professionali, formativi, di certificazione e di attestazione è, in questo ambito, una risorsa chiave di funzionamento dell’economia e della società della conoscenza, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona. Come tale, esso non è dissociabile dalle più complessive riforme che interessano i sistemi educativi e formativi e il mercato del lavoro. In tale prospettiva, la certificabilità delle competenze da un lato e l’allestimento di una offerta formativa basata su standard di competenze, dall’altro, rappresentano in modo stabile due aspetti della strategia di costruzione ed attuazione del quadro comune delle qualificazioni. I principali riferimenti formativi per quanto riguarda gli standard e la certificazione sono: - il Decreto Legislativo del 10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30” nel quale viene riproposto il libretto formativo per la registrazione delle competenze acquisite durante esperienze di formazione (apprendistato, formazione di base e specialistica, formazione continua), maturate durante la vita e realizzata da soggetti accreditati dalle Regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale; - l’Accordo firmato in Conferenza Unificata del 28/10/2004 che di14 chiara come principi fondamentali la spendibilità delle certificazioni ed il riconoscimento dei crediti formativi acquisiti nel sistema dell’istruzione e della formazione, l’unitarietà e la pari dignità dei sistemi di istruzione e formazione, la valorizzazione della qualifica professionale ottenuta al termine dei percorsi triennali sperimentali, la garanzia di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione, prevedendo idonee misure di sostegno e modalità di recupero dei crediti, l’estensione degli effetti dell’Accordo a coloro che abbiano compiuto 18 anni di età; - la legge del 2 aprile 2007, n. 40 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese” che individua la “finalizzazione del conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle Regioni compresi in un apposito repertorio nazionale” come obiettivo degli “organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale”. Per quanto riguarda l’attuazione dei più recenti dispositivi, il Ministero della Pubblica Istruzione ha costituito una Commissione nazionale per la definizione delle linee guida per l’obbligo di istruzione che ha fino ad oggi realizzato un monitoraggio quantitativo delle diverse soluzioni messe in atto nei diversi territori in relazione ai primi due anni dopo la conclusione del primo ciclo. Questo monitoraggio ha permesso di definire il sistema nelle sue linee portanti, ma manca ancora un approfondimento in termini di modalità di attuazione, di modelli didattici, di sistemi di reclutamento, ecc. Si è definito un quadro unificato delle competenze in uscita, all’interno del quale è possibile ripensare al biennio dell’obbligo di istruzione, ma non è ancora stato definito un modello unico di certificazione, in un rinnovato quadro di equivalenza formativa. È indispensabile che le competenze di soglia siano riconoscibili ed equiparabili. Il biennio dell’obbligo di istruzione ha una doppia vocazione, una come conclusione di una fase del percorso formativo e l’una di conseguimento di competenze capitalizzabili all’interno di una reale equivalenza formativa. In assenza di un disegno complessivo definito, acquistano forza e valore le esperienze regionali, sulla base delle quali sembra si pongano sempre nuovi obiettivi per il sistema di istruzione e formazione professionale: combattere la dispersione scolastica e formativa, ac15 crescere la qualità dell’offerta e delle competenze acquisite, aumentare la cultura scientifica, preparare quadri tecnici che meglio rispondano ai bisogni delle aziende. Sicuramente i percorsi messi in atto fino ad oggi rappresentano modelli molto efficaci per combattere l’esclusione e la dispersione, per conseguire gli altri più ambiziosi obiettivi è necessario un ripensamento condiviso e approfondito che non solo consenta di sistematizzare le esperienze e diffonderle, ma anche di individuare modalità innovative sia didattiche che organizzative. Questo può avvenire solamente in un sistema integrato che faccia capo ad un forte governo territoriale. 1.2. La programmazione regionale e provinciale In riferimento al diritto-dovere, il Programma Operativo Regionale e il Complemento di Programmazione per il periodo 2000-2006 prevedevano attività all’interno dell’Asse A e dell’Asse C. All’interno dell’Asse A “Sviluppo e promozione di politiche attive del lavoro per combattere e prevenire la disoccupazione, evitare a donne e uomini la disoccupazione di lunga durata, agevolare il reinserimento dei disoccupati di lunga durata nel mercato del lavoro e sostenere l’inserimento nella vita professionale dei giovani e di coloro, uomini e donne, che si reinseriscono nel mercato del lavoro”, e in particolare della Misura A2 “ Inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro di giovani e adulti” erano programmate: - azioni integrate di formazione, orientamento e work experiences; - azioni integrate di formazione, orientamento e work experiences per l’inserimento diretto in impresa; - servizi per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro; - progetti integrati di inserimento e reinserimento lavorativo. Tra le principali finalità di questa Misura vi era quella di supportare l’inserimento lavorativo di giovani che, avendo raggiunto l’obbligo scolastico, necessitano di sostegni più o meno specialistici per favorire una maggiore corrispondenza tra le loro conoscenze e capacità ed i fabbisogni delle imprese. In particolare, erano previsti percorsi formativi integrati con significative esperienze di lavoro finalizzati all’acquisizione di qualifiche di base e volti all’assolvimento dell’obbligo formativo (biennali per soggetti in uscita dalla scuola dell’obbligo, annuali per soggetti che avevano abbandonato gli studi o che erano in possesso di crediti formativi acquisiti attraverso precedenti esperienze di lavoro). 1 - Sintesi dei risultati dell’indagine In riferimento a questi indirizzi la Provincia di Torino già a partire dalla programmazione 2004-2007 ha attuato: - percorsi triennali di qualifica rivolti prioritariamente a giovani 14enni che hanno terminato il I ciclo di istruzione; - percorsi di qualifica di durata biennale rivolti generalmente a giovani che hanno frequentato almeno un anno di scuola superiore o a giovani in possesso di crediti formativi; - percorsi annuali destrutturati per gli allievi che non trovano nei percorsi più classici una risposta adeguata alle loro esigenze; - integrazioni handicap per allievi diversamente abili inseriti nei percorsi triennali e biennali; - progetti brevi, individuali o in piccoli gruppi, per il recupero e lo sviluppo degli apprendimenti indirizzati agli allievi che intendono passare dalla formazione all’istruzione (LA.R.SA.); - progetti brevi, individuali o in piccoli gruppi, finalizzati a favorire il passaggio dalla scuola alla formazione, in percorsi formativi già avviati (sostegni); - percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale (biennio integrato con gli istituti tecnici e licei, triennio integrato con gli istituti professionali). Nell’anno 2007-2008 la Provincia ha inoltre introdotto e finanziato progetti sperimentali di innovazione curricolare nel primo biennio degli Istituti professionali di Stato (Progetti IPS). Ogni istituto scolastico aveva la possibilità di scegliere tra 4 diverse modalità di erogazione, a seconda dei fabbisogni formativi individuati come prioritari per i propri allievi. Le modalità 1 e 3 hanno previsto attività di tipo curricolare finalizzate ad innovare metodologie e strumenti didattici e di valutazione, mentre le modalità 2 (2.A e 2.B) sono state finalizzate a contrastare la dispersione scolastica e a recuperare i debiti formativi degli allievi in difficoltà attraverso attività extracurricolari e pomeridiane. Proprio le esperienze realizzate nell’ambito del POR 2000-2006 hanno permesso di mettere a punto nuove politiche regionali che sono state recepite nella legge regionale del 28 dicembre 2007, n. 28 “Norme sull’istruzione, il diritto allo studio e la libera scelta educativa” che pone in atto quelle condizioni che permettono a tutti i cittadini di esercitare il diritto all’apprendimento per raggiungere il successo scolastico e formativo. Per quanto riguarda la programmazione 2007-2013 co-finanziata dal FSE, gli interventi riferiti ai percorsi presi in esame possono essere capitalizzati e inseriti nel nuovo Asse Capitale Umano. 17 1 I principi del diritto dovere sono presenti nel nuovo Asse in particolare per quanto riguarda: - l’integrazione intesa non solo come programmazione unitaria dell’offerta formativa ma anche come concezione unitaria delle politiche dell’apprendimento che devono comprendere al loro interno quelle educative, ma anche quelle del lavoro dell’inclusione sociale, dello sviluppo culturale, della ricerca e dell’innovazione del sistema produttivo; - la centralità della persona e la garanzia per tutti i cittadini di poter esercitare il diritto di accesso alle occasioni formative; - la continuità educativa da assicurare attraverso un quadro coerente dell’offerta e da supportare con una rete territoriale diffusa di interventi di orientamento e di sostegno nei passaggi tra i diversi livelli, canali e segmenti formativi. In questo ambito una attenzione specifica viene “riservata al potenziamento e diversificazione delle forme di integrazione tra istruzione e formazione professionale privilegiando ambiti di raccordo a carattere innovativo e funzionali comunque al conseguimento di competenze comuni a tutta la popolazione assoggettata all’obbligo di istruzione”. In considerazione delle recenti innovazioni introdotte nella riforma del nuovo ciclo di istruzione (integrazione scuola/formazione, corsi triennali, ecc.), potranno essere attivati percorsi e progetti formativi che, portando avanti le sperimentazioni già in atto nei diversi contesti territoriali e rafforzandone l’impianto metodologico gestionale, potranno rappresentare un punto di riferimento valido per l’intero territorio nazionale in attesa di un quadro definito a livello centrale. Tali percorsi sembrano particolarmente significativi per contribuire all’innalzamento dei livelli medi di competenza della popolazione regionale. Con una forte governance istituzionale, verticale e orizzontale e nel quadro di una programmazione e obiettivi unitari condivisi, questi percorsi di assolvimento dell’obbligo potranno essere attuati separatamente o congiuntamente dalle istituzioni scolastiche e dalle agenzie formative mantenendo ciascuna la propria specificità, autonomia e responsabilità didattica e curricolare. 1.3. Il quadro attuativo provinciale Nell’ambito della fase di programmazione conclusa, il sistema provinciale ha molto investito nella formazione iniziale, anche con dispositivi 18 di supporto, con la finalità principale della lotta alla dispersione scolastica e formativa. La Provincia di Torino ha perseguito concretamente il principio della centralità dell’utenza attraverso un’offerta plurale fatta di molteplici percorsi e differenti canali, esaltando le differenze ma definendo come obiettivo comune quello dell’innalzamento dei livelli di competenza. Questa pluralità dell’offerta è nata per meglio risponde alla molteplicità dei bisogni, ai target differenziati, ai diversi stili, tempi e luoghi di apprendimento. L’integrazione dei diversi sistemi verso obiettivi condivisi è facilitata nella Provincia di Torino da un assetto istituzionale che vede un Assessorato unico per l’istruzione e la formazione professionale, rendendo possibile la programmazione congiunta e l’assegnazione delle risorse condivisa, lo scambio degli approcci, il coordinamento degli interventi, la verifica comune e un raccordo forte con il sistema lavoro. In particolare nel 2005-2006 sono stati affidati 20 corsi annuali flessibili, 56 percorsi biennali e 62 percorsi triennali afferenti il Diritto Dovere di istruzione e formazione professionale, per un totale di 138 percorsi formativi e un importo di 34.538.000 di euro. Gli allievi iscritti - che hanno frequentato regolarmente i percorsi - sono stati complessivamente 2.454 (1.725 maschi e 739 femmine). Nello stesso anno stati finanziati 53 progetti di sostegno per l’inserimento di 89 disabili e 48 progetti di sostegno per l’inserimento di 60 allievi provenienti dalla scuola o dall’area di dispersione scolastica. Per approfondire specifici aspetti quantitativi e finanziari un quadro significativo è fornito dal primo Report 2007 - Area Istruzione e Formazione Professionale obiettivi, progetti, azioni, risultati della Provincia di Torino. In relazione al diritto-dovere il Report prende in considerazione i percorsi attivati per i giovani nella fascia di età 14-18: complessivamente nel 2007 sono state impegnate risorse pari a € 38.919.755,09 in relazione a 752 corsi/progetti avviati che hanno coinvolto 10.677 allievi. Le attività messe a bando per l’assolvimento dell’obbligo formativo hanno riguardato azioni di sostegno all’integrazione dei disabili, interventi di sostegno per i passaggi tra i sistemi e il recupero della dispersione, percorsi in integrazione con le istituzioni scolastiche. Ma sono stati altresì proposti progetti annuali flessibili, interventi per l’integrazione dei disabili, percorsi annuali e biennali di qualifica con crediti in ingresso, progetti sperimentali per l’innovazione curricolare, sostegni individuali e di gruppo finalizzati al recupero e allo sviluppo degli apprendimenti, laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti, 19 percorsi biennali integrati con l’istruzione tecnica e con l’istruzione professionale, percorsi triennali integrati con l’istruzione professionale, percorsi di qualifica triennali. In particolare, i percorsi integrati tra formazione professionale e istruzione possono costituire una innovazione che può rappresentare un modello per il nuovo obbligo scolastico anche se permangono difficoltà di realizzazione e sarebbe necessaria una revisione gestionale e una maggiore attenzione agli approcci metodologici che dovrebbero nascere da una progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi realmente condivise da parte dei soggetti dei diversi sistemi. Questi dispositivi, come affermato da alcune realtà che li hanno implementati, sembrano in grado di abbattere i tassi di dispersione scolastica - dato che emerge comparando i risultati tra classi con percorsi integrati e classi di istruzione non integrati con la formazione professionale dello stesso istituto - di produrre modalità e strumenti efficaci per l’apprendimento e di promuovere reti tra i diversi soggetti dei sistemi. Tra le azioni di supporto realizzate sono da segnalare per la loro portata innovativa le attività laboratoriali per accompagnare i 14-16enni che stanno frequentando un percorso per il conseguimento della licenza media. Questi laboratori facilitano la permanenza dei giovani nei percorsi scolatici e nello stesso tempo permettono l’acquisizione di crediti riconoscibili per i percorsi di qualifica, perseguendo nello stesso tempo l’integrazione delle competenze e la lotta all’esclusione con progetti part-time e full-time. Per i ragazzi ricompresi nella fascia 16-18 anni sono stati attivati progetti che in collaborazione con i Centri Territoriali Permanenti per il conseguimento della licenza media. Sono anche previsti laboratori di lingua italiana e di educazione alla cittadinanza a sportello, che si sono rilevati estremamente utili per i giovani extra-comunitari che frequentano con difficoltà i percorsi di qualifica e che attraverso questi laboratori ricevono una offerta individualizzata che tende anche a recuperare le tante e diverse esperienze - formative, di vita e di lavoro – pregresse. Queste attività laboratoriali possono supportare le uscite e i rientri che i giovani in difficoltà effettuano nei percorsi formativi e scolastici e che spesso non coincidono con quelli formalmente definiti dai calendari scolastici. Queste esperienze sono senz’altro significative per affrontare le sfide poste dalla nuova programmazione in merito alle politiche dell’apprendimento da mettere in atto attraverso quei dispositivi che permettano a tutti i cittadini l’esercizio dei propri diritti alla crescita personale e professionale, mettendoli in grado di contribuire attivamente allo sviluppo 20 sociale e produttivo dei contesti territoriali, amministrativi e produttivi nei quali vivono e lavorano. I dati seguenti, per l’anno in corso 2008-2009, forniscono l’ordine di grandezza dell’entità degli interventi formativi finanziati dalla Provincia di Torino e del coinvolgimento dei ragazzi e delle ragazze in obbligo formativo. I progetti di innovazione curricolare nel primo biennio degli Istituti professionali di Stato Modalità 1 Modalità 2.a Modalità 2.b Modalità 3 Bando 2007-08 13 progetti 3 progetti 1 progetto 1 progetto Bando 2008-09 (reiterati) 11 progetti 2 progetti 1 progetto 1 progetto Bando 2008-09 (nuovi) 15 progetti 3 progetti 16 progetti 1 progetto Totali 39 progetti 8 progetti 18 progetti 3 progetti Percorsi di formazione professionale triennali, biennali, annuali Tipologia percorso I anno II anno III anno Triennali Biennali 65 classi 66 classi 65 classi 63 classi 66 classi Annuali Totali classi Allievi 30 classi 161 classi 2.737 128 classi 2.176 66 classi 1.122 Totale allievi 6.035 Percorsi integrati scuola e formazione professionale Tipologia percorso I anno II anno III anno Totale allievi Istituto tecnico Istituto professionale Totale classi Allievi 24 classi 24 classi 48 classi 1.104 allievi 26 classi 28 classi 54 classi 1.242 allievi 2 classi 33 classi 35 classi 806 allievi 3.152 Progetti di sostegno, La.R.S.A., Integrazione H - anno 2007-2008 Tipologia progetti n. progetti n. allievi Sostegni 90 150 La.R.S.A. 24 154 Integrazioni H 150 260 21 1.4. I risultati della ricerca L’analisi dei risultati della ricerca realizzata dal RTI Cles S.r.l./TNS Infratest S.p.A. in relazione a percorsi formativi realizzati nel 2005-06 si è focalizza, per quanto riguarda il diritto/dovere all’apprendimento, su tre dispositivi: - corsi di durata annuale; - corsi di durata biennale; - corsi di durata triennale. Questi dispostivi sono stati considerati unitariamente in quanto i percorsi hanno: - conseguito, come risultato previsto o inatteso dall’implementazione dei dispositivi, un significativo rientro nei sistemi della formazione e dell’istruzione; - contribuito all’innalzamento dei livelli di istruzione/formazione, come richiesto dal Consiglio di Lisbona e dalle nuove sfide che attendono il sistema socio-economico territoriale, dopo il superamento dell’attuale fase di crisi; - sperimentato al loro interno, a diversi livelli di sviluppo, segmenti significativi di quelle politiche che è necessario mettere in atto per permettere agli individui l’esercizio del diritto all’apprendimento e la scelta tra diverse opzioni nell’ottemperare al dovere all’apprendimento (accoglienza e orientamento, riconoscimento dei crediti maturati nei diversi sistemi, certificazione delle competenze, integrazione dei dispositivi e dei canali, modularizzazione dei percorsi, reti tra i soggetti, ecc.); - realizzato percorsi che, del tutto o solo in parte, possono essere riproposti nel nuovo Asse Capitale Umano previsto nel Programma Operativo Regionale co-finanziato dal FSE per il periodo 2007-2013 al fine di aumentare la partecipazione alle opportunità formative e innalzare i livelli di apprendimento e conoscenza anche con percorsi per il rientro nel sistema educativo formale ai fini dell’occupabilità. Importante, quindi, approfondire le modalità di attuazione, i risultati conseguiti e le possibilità di miglioramento al fine di capitalizzare esperienze così significative per il sistema. Problematiche cruciali per la qualificazione del sistema dell’offerta e per la promozione della domanda sono emerse dall’analisi del22 le interviste e del focus group con i beneficiari finali, ma anche dal confronto con i principali soggetti del territorio, istituzionali e non, che hanno partecipato al convegno di presentazione dei risultati e al seminario. Più nello specifico, le interviste hanno coinvolto 707 partecipanti ai diversi dispositivi, il focus group 13 allievi dei corsi biennali. Questo campione rappresenta complessivamente circa il 24% dell’universo degli allievi dei corsi considerati che si sono realizzati nell’annualità 2005-2006, in percentuale maggiore per i corsi biennali e triennali, con numeri più contenuti in riferimento agli annuali. È interessante esaminare le caratteristiche del campione considerato, anche in relazione ai risultati conseguiti. Per il diritto-dovere si tratta di allievi, in maggioranza maschi, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, in possesso della licenza media. Per quanto riguarda i percorsi annuali, che sono quelli che probabilmente si distinguono di più dalle modalità del percorso tradizionale per il conseguimento della qualifica, è da sottolineare che vi è una presenza significativa di stranieri e una maggioranza di donne. Le caratteristiche degli allievi vanno anche messe in relazione con gli obiettivi dei dispositivi e con le motivazioni dei partecipanti. In questo confronto si evidenzia una prima discrasia, tra politiche e obiettivi perseguiti nell’ambito dei dispositivi attuativi e le motivazioni iniziali degli allievi. Mentre nei dispositivi attuativi i corsi annuali sono focalizzati sulla lotta alla dispersione scolastica, gli utenti intendono utilizzare quei percorsi per entrare al più presto nel mercato del lavoro e non esprimono la volontà di rientrare a scuola, dove hanno accumulato frustrazioni e delusioni. Anche per i corsi biennali e triennali la motivazione degli utenti è l’inserimento nel mercato del lavoro con percorsi ritenuti più brevi e più finalizzati di quelli scolastici – per i triennali sembra emergere come motivazione anche l’interesse per i contenuti riferiti a una figura professionale alla quale si vuole tendere - mentre per l’Amministrazione l’obiettivo principale è quello dell’acquisizione di un titolo di qualifica professionale. Questa discrasia mette in luce anche una carenza nei sistemi di orientamento e supporto alla scelta e va, quindi, anche analizzata alla luce dei canali utilizzati per acquisire informazioni sul percorso formativo che sono nella grande maggioranza gli amici e i parenti con alcune differenziazioni interessanti. Per quanto riguarda i percorsi an23 nuali, che sembrano visti quasi come un’ultima “spiaggia” per non rimanere fuori da ogni circuito formativo, accanto ai genitori/parenti, come canale informativo, vi è una presenza di servizi pubblici che sembrano potersi identificare con i dispositivi messi in atto contro l’evasione dall’obbligo. I servizi di orientamento sembrano essere, invece, scarsamente efficaci per orientare verso i percorsi biennali e triennali, dove per contro la scuola assolve un ruolo orientativo sostitutivo e forte. Confrontando poi gli obiettivi indicati dai dispositivi attuativi e le motivazioni degli allievi con i risultati in termini di inserimento occupazionale e reinserimento nei sistemi della formazione e dell’istruzione, sono evidenti gli effetti inattesi. Per i percorsi annuali, accanto a un buon tasso di inserimento occupazionale, certamente conseguito in relazione alle forti motivazioni al lavoro degli utenti, si rileva una quota interessante di rientri nei sistemi di istruzione e formazione. Per i biennali, diminuisce l’occupazione e aumenta il rientro, mentre per i triennali il tasso di rientro supera quello di occupazione. Questi risultati vanno messi in relazione, oltre che con le caratteristiche degli allievi, anche con l’evoluzione delle loro motivazioni iniziali. Tutti gli utenti hanno scelto questi percorsi di formazione professionale, più o meno lunghi, con esperienze formative differenziate alle spalle, ma è comune a tutti un rapporto difficile con il sistema scolastico, con i docenti, con i tempi e i modi di apprendimento, con l’approccio troppo teorico ai contenuti. Questi percorsi, in particolar modo i triennali e molto poco gli annuali - perché il superamento di episodi di insuccesso richiede tempi lunghi - hanno saputo far rinascere la motivazione all’apprendimento, la curiosità e la voglia di approfondire gli argomenti, la fiducia negli insegnanti e quindi molti partecipanti sono rimasti nei sistemi formativi, sono tornati a scuola, e non solo perché non hanno trovato subito lavoro, ma anche credendo di aumentare in questo modo la loro occupabilità. È interessante rilevare che i livelli di soddisfazione espressi risultano più elevati tra quelli che hanno deciso di proseguire gli studi. La maggioranza di quelli che hanno proseguito gli studi, hanno dichiarato di aver incontrato meno difficoltà rispetto alla precedente esperienza scolastica, soprattutto gli allievi dei biennali. 24 Dispositivo Obiettivi dell’Amministrazione Corsi annuali Reingresso nella f.p. nella scuola o nell’apprendistato Qualifica professionale con riconoscimento crediti acquisiti a scuola o sul lavoro Qualifica professionale dopo conclusione I ciclo Corsi biennali Corsi triennali Motivazione degli allievi Tasso di inserimento occupazionale lordo Tasso di inserimento nell’istruzione/ formazione Occupazione 58,5% 19,5% Occupazione/ formazione per il lavoro 51,7% 22,1% Occupazione/interesse per l’argomento 33,6% 36,8% I risultati conseguiti con questi percorsi in termini di nuovo inserimento occupazionale o di rientro in formazione, ma soprattutto di autostima, di fiducia nelle proprie possibilità di delineare un percorso di sviluppo personale e professionale, di avere competenze realmente spendibili, hanno determinato un alto gradimento rispetto all’attività formativa frequentata. I livelli di soddisfazione espressi per questi tre dispositivi si attestano intorno al 90%, tra “elevato” e “abbastanza elevato”. I livelli più alti (94,8%) sono raggiunti per i corsi triennali, in relazione proprio alla capacità di questa offerta di accogliere i destinatari, di sviluppare in loro un nuovo senso di appartenenza ad una istituzione formativa – dimostrati anche dai più bassi livelli di abbandono – di rimotivarli. I più bassi (80,4%), ma comunque positivi, sono espressi per i corsi biennali forse perché al loro interno coesistono spinte al lavoro e all’innalzamento delle competenze e perché lì pesano maggiormente le esperienze scolastiche pregresse e le motivazioni finali permangono ancora incerte, così come le modalità più efficaci per utilizzare i saperi acquisiti. L’alto livello di soddisfazione espresso, se poi approfondito per i diversi elementi didattici, organizzativi e strutturali che compongono le caratteristiche dell’offerta, disegnano un sistema consolidato, capace di rispondere efficacemente ad esigenze differenziate, di accogliere target diversi per età, motivazioni e percorsi pregressi. 25 Aspetti della formazione Orario in cui si svolgono le lezioni Numero di ore di lezioni teoriche Materiale didattico (es. libro, dispense ...) Attrezzature di supporto alla didattica Attrezzature dei laboratori Comfort dei locali Contenuti delle materie trattate durante il corso Chiarezza delle spiegazioni degli insegnanti Disponibilità degli insegnanti a fornire spiegazioni Capacità degli insegnanti di adattare il programma alle esigenze degli allievi Competenza degli insegnanti Capacità degli insegnanti nel far sentire a loro agio gli allievi Capacità degli insegnanti a stimolare il suo interesse Accessibilità dei locali Soluzioni didattiche per facilitare l’apprendimento Modalità di svolgimento dell’attività formativa Contatto con le aziende durante il corso (oltre al periodo di stage) Modalità molto+ abbastanza soddisfatto corsi corsi corsi annuali biennali triennali 92,7 89,5 80,8 95,2 90,1 87,6 85,3 89,7 89,6 92,7 92,0 91,2 92,7 90,1 90,0 92,7 87,5 92,4 92,7 94,0 92,8 92,7 96,4 95,6 92,7 95,2 95,2 95,2 93,2 93,6 87,8 95,1 87,8 92,7 90,3 92,7 95,7 95,2 92,0 92,1 94 95,2 94,0 94,0 92,0 93,2 92,4 95,6 82,9 82,2 84,0 Emerge con forza la professionalità degli insegnanti come vero “perno” di tutto il sistema. È la loro competenza, la loro disponibilità a fornire spiegazioni, la loro capacità di adattare il programma alle esigenze degli allievi, fornendo spiegazioni chiare, che stimolano il loro interesse, che li fanno sentire a loro agio in una aula formativa. Accanto all’insegnante un posto importante occupano il tutor formativo e quello aziendale che sono descritti come un riferimento importante per sviluppare nuove capacità di apprendimento e per superare le difficoltà incontrate in aula e sul lavoro negli stage. Un buon gradimento è anche espresso per gli aspetti strutturali, come locali, orari, accessibilità, e per quelli più didattici legati alle modalità di svolgimento dell’attività formativa, con un forte apprezzamento per l’attività di stage. Emerge invece come punto di criticità il contatto con il mondo del lavoro (al di fuori dello stage) forse perché ci si attendeva un’azione più forte di accompagnamento al lavoro. Sembra che anche le attività laboratoriali, tranne che per i triennali, debbano essere ulteriormente implementate perché è in generale un approccio più operativo legato all’applicazione pratica che si chiede a questi percorsi e, quindi, 26 si ottengono minori livelli di soddisfazione per le lezioni teoriche, per i libri e le dispense, insomma per tutto quello che rimanda alla scuola. Anche se in modo nettamente inferiore ad altri dispositivi dedicati ai giovani che hanno conseguito un diploma e una qualifica – master e corsi post-diploma e post-qualifica – o ad adulti per perfezionare con un titolo professionalizzante le esperienze di lavoro pregresse – attività per figure professionali legate alla cura delle persone e dei bambini – questi percorsi, soprattutto i triennali, fanno registrare una forte coerenza tra percorso formativo, competenze acquisite e qualità dell’inserimento lavorativo. La maggioranza degli occupati ha, al momento dell’intervista, un contratto di lavoro dipendente a tempo determinato; per le donne sono rilevanti i contratti part-time. Il tipo di collocazione è legata ai settori, sono in maggioranza gli operai qualificati nell’industria manifatturiera, gli operai semi-qualificati nel settore delle costruzioni, e i lavoratori senza qualifica nei servizi. Le retribuzioni sono nella maggioranza contenute e le imprese presso le quali hanno trovato lavoro i partecipanti sono soprattutto Piccole e Medie Imprese. Le competenze acquisite sembrano essere state utili sia per trovare lavoro sia per lavorare meglio. Sono state utilizzate soprattutto quelle trasversali e quelle tecnico professionali, meno quelle informatiche, probabilmente in relazione alle mansioni svolte che richiedono poco l’utilizzo delle NTI in realtà produttive di piccole e piccolissime dimensioni. 1.5. Le esperienze Interessanti innovazioni sono state introdotte nelle azioni formative finalizzate all’assolvimento del diritto dovere per l’acquisizione delle qualifiche di base e inserite nella sperimentazione di nuovi modelli di istruzione e formazione professionale realizzata nel periodo 20022006. Il modello base è quello dei triennali, ma può avere accessi differenziati a seconda dei crediti riconosciuti rispetto alle competenze acquisite in precedenti percorsi formativi o sul lavoro. Gli approcci adottati facilitano l’apprendimento con un coinvolgimento attivo dell’allievo – anche attraverso momenti di autoformazione assistita – e una sua forte responsabilizzazione. Viene proposta una didattica centrata sulle peculiarità dell’allievo, da una lato, e sugli stan27 dard di competenze fissati a livello regionale per i vari profili, dall’altro. I contenuti vengono integrati in laboratori di apprendimento che comprendono al loro interno aree formative diverse e che integrano attività d’aula e apprendimento sul lavoro. I piani di studio sono individualizzati e consentono a tutti di conseguire risultati soddisfacenti. Il supporto personalizzato prevede accoglienza e accompagnamento, recupero dei saperi (moduli di “azzeramento”) per meglio fruire del percorso, gestione dell’esperienza formativa sul lavoro in collaborazione con il tutor aziendale. Per la certificazione delle competenze in questi percorsi sono stati anche introdotti strumenti significativi come il libretto formativo e il portfolio che documenta i progressi del singolo studente e le modalità messe in atto per acquisire nuove competenze e per applicarle nei diversi contesti. Al termine di questi percorsi viene acquisita una qualifica professionale. Una migliore interazione con il sistema di istruzione può facilitare il passaggio da un sistema all’altro attraverso “laboratori di integrazione” e il riconoscimento reciproco dei crediti. I percorsi di formazione e istruzione professionale che integrano il canale della formazione professionale e quello dell’istruzione tecnica e professionale rappresentano, nel panorama dell’offerta formativa provinciale, una modalità con forti elementi di innovatività, finalizzata alla rivisitazione dei contenuti e degli approcci, con una rinnovata attenzione alle competenze trasversali e a quelle riferite al “saper fare”. Nei percorsi “classici” proposti dagli Istituti professionali e dagli Istituti tecnici si registrano nella Provincia di Torino alti tassi di dispersione, con rilevanti percentuali di bocciati e di allievi con “con debito”. Una analisi delle cause della dispersione e dei risultati dei corsi di recupero ha indirizzato i responsabili degli Istituti tecnici e professionali verso una via alternativa, volta maggiormente al sostegno a rimanere dentro il sistema piuttosto che al recupero, una volta usciti. Questa soluzione evita agli allievi esperienze di esclusione e di fallimento che, come si è visto, è molto difficile superare. In alcuni Istituti che hanno scelto di sperimentare i percorsi integrati sono stati conseguiti risultati significativi in termini di diminuzione delle bocciature e degli allievi “con debito”, soprattutto là dove vi è stata una forte adesione dei docenti. Non sempre l’intero corpo docente è coinvolto nella sperimentazione, ma la presenza di una offerta innovativa nella scuola rimette in discussione l’approccio didattico di tutti, seppur, troppo spesso, l’elevato turn over e i pensionamenti rischiano di azzerare queste esperienze significative, in assenza di una cultura della 28 capitalizzazione, della verifica, della documentazione che permetterebbe di rendere patrimonio permanente della scuola quanto messo in atto con esiti così rilevanti. In questi percorsi si sono adottate innovazioni che hanno riarticolato le classi in gruppi di lavoro intorno a specifiche attività i gruppi-classe tradizionali, inserendo attività laboratoriali e che hanno prodotto una contaminazione positiva tra gli approcci della scuola e quelli dell’agenzia formativa. A seguito dell’inserimento di nuove modalità di apprendimento, più vicine all’operatività, è stato possibile da parte dei consigli di classe, enucleare, riconoscere e certificare competenze nuove che non emergono nei percorsi tradizionali e che si possono trasformare in crediti per la prosecuzione degli studi. Queste esperienze, anche molto differenziate, richiamano, nel contempo, una rinnovata attenzione alle sempre nuove caratteristiche degli utenti – spesso figli di immigrati - che chiedono, prima di poter esercitare il diritto all’apprendimento, di aver riconosciuta la loro dignità di persone. Per questo esperienze come i laboratori linguistici o i laboratori di cittadinanza sembrano poter rispondere efficacemente a un duplice bisogno, quello di facilitare la fruizione dei percorsi scolastici e formativi, e quello di individualizzare i percorsi e il supporto, in coerenza con le diverse esperienze pregresse. Emerge da questo quadro esperienziale, una nuova e difficile sfida per gli organismi attuatori che devono, da un lato, tendere alla stabilizzazione delle proposte e quindi della loro organizzazione - in un quadro provinciale che deve rendere riconoscibile la propria strategia, pur nella pluralità dei percorsi – ma, dall’altro, sono chiamati a segmentare e flessibilizzare la loro offerta per rispondere a sempre nuovi bisogni, che si evolvono rapidamente nel tempo, ma che sono molto differenti da individuo a individuo. 1.2. Osservazioni conclusive e proposte Accanto a quanto già evidenziato, molte sono state le sollecitazioni per migliorare la programmazione e l’attuazione del sistema educativo e formativo provinciale venute dalla ricerca, dai soggetti del territorio e dagli esperti che hanno partecipato al seminario di approfondimento. Alcune delle indicazioni emerse, che sembrano rivestire valore strategico per un miglioramento significativo delle politiche dell’apprendimento in relazione alle tematiche del diritto come dovere, vengono proposte 29 di seguito. 1.2.1. Nuove priorità programmatorie Il quadro programmatorio per le attività formative provinciali è stato discusso, definito e approvato in un periodo nel quale si potevano solo intravedere alcuni fattori di crisi, ma ben diverso, per dimensioni e previsioni di durata delle difficoltà, da quello attuale, nel quale si deve dare concretezza alle scelte indicate nei Documenti programmatori nazionali e regionali e anche nel Piano provinciale. Innanzitutto sembra importante dare un forte ruolo di capitalizzazione e di innalzamento dei livelli di competenza a tutti i dispositivi messi in atto, in considerazione delle sempre più scarse opportunità occupazionali, piuttosto che perseguire un inserimento immediato e poco qualificato nel mercato del lavoro e un adeguamento alle richieste sempre più estemporanee che esso esprime. Anche l’evolversi lento ed altalenante del quadro normativo nazionale rappresenta un riferimento incerto per ridefinire con precisione il quadro di attuazione e sembra quindi più opportuno rileggere in modo condiviso e approfondito l’insieme delle esperienze realizzate in relazione al nuovo quadro socio-economico, al fine di porre in atto correttivi, dove necessario, ed ampliare e diffondere in tutto il sistema le pratiche, gli approcci e gli strumenti che meglio hanno funzionato, perseguendo una complessiva qualificazione del sistema. 1.2.2. Qualità dell’offerta e qualità delle competenze acquisite La pluralità dei dispositivi messi in atto ha sicuramente permesso di rispondere a bisogni differenziati e rappresenta uno strumento efficace contro la dispersione scolastica e formativa, ma sembra opportuno che, nell’ambito del diritto dovere, sia maggiormente standardizzata e stabilizzata l’offerta in un’unica “famiglia” anche per renderla maggiormente leggibile ai potenziali utenti e ai soggetti del territorio, senza peraltro “ingessarla”. La “famiglia” ha il suo perno nei percorsi triennali di qualifica, ma la stretta correlazione con il sistema di istruzione - pur nella diversità dei ruoli, delle missioni e della strutturazione delle proposte - e la flessibilizzazione e la modularizzazione dei percorsi devono permettere accessi e uscite differenziate, nel rispetto dell’adempimento dell’obbligo scolastico che sembra suggerire di spostare le scelte realmente profes30 sionalizzanti dopo il biennio, al fine di offrire una prima solida base di competenze utile per le successive scelte formative e professionali. Bisogna tenere presente che i dati emersi dall’indagine hanno messo in evidenza che - per la maggioranza dei soggetti giovani e privi di esperienze lavorative intervistati - il solo possesso di una qualifica professionale non si è rivelata una condizione sufficiente per inserirsi nel mercato del lavoro e quindi la qualifica non deve essere considerata come un punto di arrivo, ma come una base forte di competenze necessaria per proseguire in percorsi di formazione e istruzione verso livelli più alti di qualificazione, anche in un’utile alternanza con il lavoro. È importante capitalizzare in questo senso le esperienze, in particolare per quanto riguarda gli aspetti che meglio hanno risposto ai bisogni degli utenti come il bilancio personalizzato iniziale e la gestione dei crediti e dei passaggi, la modularità e l’interdisciplinarità, la certificazione delle competenze e la compilazione del libretto e del portfolio. È nel contempo necessario anche un maggiore riequilibrio tra i tempi dedicati all’acquisizione di competenze teoriche e quello dedicato ai laboratori e all’apprendimento sul lavoro - costruendo contemporaneamente un impianto valutativo più adeguato a comprendere e interpretare la diversa natura delle differenti tipologie di competenze - e una maggiore attenzione alle modalità che permettono un reale coinvolgimento attivo dei partecipanti. L’approfondimento delle metodologie didattiche potrebbe essere proposto attraverso laboratori per i docenti, aperti anche al sistema dell’istruzione, per mettere a punto approcci e strumenti, sulla base delle diverse esperienze, al fine di garantire quella continuità e contiguità di metodi che facilita agli allievi i passaggi e i rientri, presidiando con maggiore forza le fasi iniziali e finali dei percorsi. Una maggiore attenzione deve essere data alla qualità dell’apprendimento e quindi delle competenze acquisite anche al fine di renderle maggiormente omogenee, senza differenze significative tra contesti territoriali e di apprendimento. Da un lato, è necessaria una operazione di ingegneria formativa, sulla base delle esperienze e dei modelli sperimentati in questi ultimi anni e, dall’altro, è importante un maggiore e più qualificato ricorso alla certificazione di tutte le competenze acquisite e al mutuo riconoscimento dei crediti acquisiti nell’istruzione e nella formazione. Le uscite dal percorso “principale” potrebbero essere a vari livelli, a seconda delle competenze possedute e delle motivazioni degli allievi: - un inserimento nel mercato del lavoro; 31 - una certificazione delle competenze acquisite anche senza il conseguimento di un titolo; - una qualifica professionale; - una prosecuzione in un percorso di specializzazione professionale. Questi livelli possono coesistere, anche grazie alla integrabilità dei diversi dispositivi e dei diversi sistemi di formazione e istruzione, che facilitano i passaggi dell’utente che persegue un personale percorso di crescita personale e professionale. Troppo spesso l’obbligatorietà dell’integrazione tra sistemi ha portato a una semplice giustapposizione, senza una reale contaminazione di modalità di progettazione, attuazione e valutazione. Per rendere veramente i percorsi integrabili o integrati, là dove ritenuto opportuno, è necessario un più approfondito e consapevole processo di conoscenza reciproca, supportato da adeguate azioni di sistema, sulla base dei punti di forza e delle criticità emersi nella realizzazione dei percorsi, che devono sempre più garantire la pari dignità dei canali, senza confusione di ruoli e di finalità, ma in un reale contesto di equivalenza formativa. L’offerta deve prevedere l’integrazione di azioni di orientamento, di apprendimento, di lavoro e di accompagnamento al lavoro, con un approccio operativo ed esperienziale. Questo organico intreccio può essere efficace se nel territorio si costruisce e si rafforza una rete permanente dei soggetti e dei servizi, sia all’interno che all’esterno dell’Amministrazione provinciale, con un forte coinvolgimento non solo degli istituti scolastici e delle agenzie formative, ma anche delle aziende e delle università e dei centri di ricerca, e forse anche dei soggetti dell’associazionismo e del volontariato, per favorire una nuova continuità tra scuola ed extra-scuola, tra formazione e cultura. Le esperienze rappresentano un “consolidato” importante per disegnare un sistema unitario della formazione e dell’istruzione professionale, all’interno del quale convivano e si integrino le diverse opzioni e i differenti soggetti, al fine di consentire agli utenti scelte consapevoli e non irreversibili, anche all’interno del nuovo quadro dell’obbligo scolastico. Le strategie perseguite con successo a livello della singola provincia o Regione, possono contemporaneamente contribuire alla costruzione di modelli maggiormente condivisi anche tra le diverse realtà regionali. Questo richiede una forte azione di governance verticale e orizzontale, che vede nella Provincia non solo uno snodo essenziale, ma anche il filo rosso indispensabile per rendere l’intero territorio un contesto integrato di apprendimento, di sviluppo e di innovazione, offrendo sedi perma32 nenti di incontro, di conoscenza e di confronto, ma anche un supporto costante a tutti gli attuatori e ai beneficiari finali. 1.2.1. Supporto alla domanda La volontà di mettere veramente al centro dell’intero sistema formativo l’utente, si esplica attraverso dispositivi che permettano a tutti di mettere a punto un progetto di sviluppo personalizzato, di trovare un’offerta adeguata, di accedervi e di vedere sistematizzato e riconosciuto ogni segmento che va a comporre questo percorso di crescita, in un sistema che sappia operare una reale ridistribuzione degli accessi e della domanda. Vanno potenziati ai diversi livelli istituzionali e raccordati tra loro, tutti quei dispositivi e servizi mirati a rendere trasparenti i diritti e i doveri degli utenti, le diverse offerte disponibili, la loro coerenza con i bisogni della persona e del territorio che sono in continua evoluzione. 1.2.2. Risorse finanziarie Per la realizzazione dei percorsi per l’esercizio del diritto dovere, anche in relazione alle più recenti strategie europee, è necessario che si operi un uso integrato delle risorse. In particolare, coerenza e concentrazione possono essere ricondotte a differenti forme di integrazione tra politica comunitaria e politica; tra programmi monofondo (FSE e FESR) e interna ai singoli programmi monofondo. L’uso integrato delle risorse potrebbe vedere un supporto da parte di risorse nazionali, in particolare per quanto riguarda i percorsi per l’assolvimento dell’obbligo scolastico, risorse regionali e provinciali per il sistema di formazione professionale iniziale e risorse comunitarie provenienti dall’Asse Capitale Umano del POR FSE per i rientri nel sistema formativo formale. 1.2.3. Monitoraggio e valutazione Dagli interventi dei soggetti istituzionali, ma anche dei gestori, è emerso il valore aggiunto delle azioni di valutazione e di monitoraggio del sistema che hanno permesso di accompagnare l’attuazione, di ridefinire in tempo reale modalità e approcci, là dove risultati carenti, di verificare la reale portata del sistema e le sue capacità di tenuta, di misurare la coerenza dell’impianto con i bisogni dei singoli e del sistema socio33 produttivo, di creare attenzione intorno alle politiche di apprendimento da parte di tutti, di valutare il patrimonio di competenze inteso come capitale della collettività. Viene auspicata la messa a regime dei diversi dispositivi, in un sistema permanente di ascolto, rilevazione, sistematizzazione e restituzione delle informazioni, con il contributo di diversi approcci, strumenti anche più qualitativi ed empirici - e professionalità, arricchendolo di analisi longitudinali, in grado di fornire una immagine in movimento del sistema, assegnando ai soggetti coinvolti il ruolo di sensori attivi sul territorio. È necessario un sistema che realizzi una attenzione e una osservazione continua in grado di fare dei tracciati diacronici per identificare come il sistema si sta modificando, la quantità dei risultati, ma anche la qualità di questi risultati rilevando, ad esempio, se il dato di rientro in formazione abbia poi rappresentato per l’individuo un reale successo. Il monitoraggio e la valutazione devono fornire, in modo permanente e con dati comparabili, indicazioni sui risultati dei diversi dispositivi, al fine anche di programmare e concentrare le risorse su quei percorsi che hanno rappresentato un reale strumento di crescita personale e professionale, di inserimento e reinserimento occupazionale, di superamento delle difficoltà incontrate nella formazione e nel lavoro e dei motivi di abbandono. 2. 34 3. Le politiche e gli strumenti per il sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti deboli: la rete territoriale per la presa in carico unitaria L’indagine ha messo in evidenza il valore dei percorsi attivati dalla Provincia volti a sostenere l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili, facendo emergere i buoni risultati conseguiti soprattutto in termini di qualità della formazione e delle competenze acquisite, mentre sembra ancora da perfezionare la rete territoriale di supporto che deve facilitare l’accesso ai servizi (in particolare quelli formativi) da parte delle persone in difficoltà e il loro reale inserimento lavorativo. La giornata di studio specificamente dedicata ha visto l’intervento, oltre che della Provincia di Torino, dei ricercatori del Cles, di un esperto in materia di politiche per l’inclusione sociale, di rappresentanti di cooperative, consorzi socio assistenziali, Centri per l’Impiego, associazioni dei disabili, che hanno fornito elementi utili per il confronto della realtà provinciale con altre esperienze territoriali e con il quadro nazionale. Le tematiche proposte per la discussione sono state: - l’approccio attivo promosso dalle azioni di inclusione e il raccordo tra politiche formative, politiche sociali e politiche del lavoro per la formazione al lavoro delle persone disabili; - il ruolo di promozione e di governo della Provincia per rafforzare la collaborazione interistituzionale e con i vari soggetti del territorio; - gli strumenti di presa in carico come ad esempio il patto di servizio integrato in un sistema di welfare locale; - la promozione della funzione sociale delle aziende. I contenuti e le tesi esposte nel seminario sono presentati per ambiti tematici a partire dal quadro normativo nazionale, dalla programmazione regionale e dal quadro attuativo provinciale, cui seguono i risultati della ricerca, le esperienze realizzate in altri contesti territoriali e gli elementi e le proposte scaturiti dal dibattito. 3.1. La strategia europea e il quadro normativo di riferimento L’impegno assunto dall’Unione europea nei confronti dei cittadini con disabilità va di pari passo con una nuova strategia nei confronti della disabilità non più legata all’idea di un’assistenza passiva, ma ai concetti di integrazione e di partecipazione attiva alla vita economica e sociale. L’azione comunitaria è quindi principalmente incentrata sul riconosci35 mento e sulla tutela dei diritti delle persone con disabilità. Alcune azioni sono state avviate attraverso la Direttiva comunitaria per la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro e il programma per combattere le discriminazioni (2001-2006), che ha inteso aiutare gli Stati membri nella lotta contro le discriminazioni, segnatamente la discriminazione basata sulla disabilità, e attraverso la quale la Commissione ha finanziato attività quali campagne, studi, costituzione di reti e di partenariati, sostegno ad alcune organizzazioni non governative. In base alla Comunicazione della Commissione del maggio 2000 “Verso un’Europa senza ostacoli per le persone con disabilità” occorre eliminare le barriere ambientali, tecniche e giuridiche che si frappongono all’effettiva partecipazione delle persone con disabilità a un’economia e a una società basate sulla conoscenza. L’accesso all’occupazione è un aspetto determinante per l’integrazione delle persone con disabilità e i principali programmi finanziati dal Fondo Sociale Europeo, dall’Iniziativa comunitaria EQUAL e dalla Strategia europea per l’occupazione mirano a facilitarlo. La modernizzazione dei regimi di sicurezza sociale dovrebbe inoltre agevolare il passaggio dalla dipendenza da prestazioni passive di assistenza sociale a misure di incentivazione sotto forma di prestazioni legate al lavoro. Inoltre, la Carta dei diritti fondamentali tutela specificamente i diritti delle persone con disabilità e la sua inclusione nel futuro Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa rappresenta un importante sviluppo. Un ulteriore presupposto della lotta all’emarginazione delle persone con disabilità è costituito infine dal processo europeo di inclusione sociale e dai Piani d’azione nazionali istituiti dagli Stati membri. Il principale obiettivo della Commissione per gli anni a venire consiste nel dare impulso alle pari opportunità per le persone con disabilità. In tal modo si costituirà una dinamica durevole, finalizzata alla piena integrazione delle persone disabili nella società. L’obiettivo strategico della Commissione andrà raggiunto facendo leva su tre obiettivi operativi e complementari: - pervenire alla piena applicazione della Direttiva per la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro e avviare il dibattito sulla futura strategia per combattere la discriminazione; - realizzare un’efficace integrazione delle tematiche della disabilità nelle pertinenti politiche comunitarie e nei processi esistenti (Stra36 tegia europea dell’occupazione, Strategia europea dell’inclusione sociale, ecc.); - migliorare l’accessibilità ai beni, ai servizi e alle infrastrutture edilizie. Al fine di conseguire questi obiettivi operativi, la Commissione ha introdotto un piano d’azione evolutivo, su base pluriennale con un orizzonte temporale fissato al 2010. Il piano d’azione “Pari opportunità per le persone con disabilità: un piano d’azione europeo (2004-2010)” mira a definire un approccio sostenibile ed operativo alle questioni della disabilità nell’Europa allargata. Tale piano si articola su tre obiettivi: - completare l’attuazione della direttiva sulla parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro; - rafforzare l’integrazione delle questioni legate alla disabilità nelle pertinenti politiche comunitarie; - migliorare l’accessibilità per tutti. A livello nazionale, l’inserimento lavorativo dei disabili è disciplinato, prioritariamente, dalle norme che seguono. Con riferimento al collocamento al lavoro dei disabili, inteso come strumento di indipendenza economica, di integrazione sociale e di riabilitazione, la legge del 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” dichiara che: - l’inserimento e l’integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante: misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati (art. 8); - gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali (legge n. 104/92, art. 4, e poi d.p.c.m. 13 gennaio 2000, art. 1). La legge del 15 marzo 1997, n. 59 e il decreto legislativo del 23 dicembre 1997, n. 469, demandano alle Regioni e alle Province il compito e le funzioni relative al collocamento al lavoro, tra cui il collocamento dei disabili. Questi Enti, nel rispetto di quanto indicato dalla normativa 37 nazionale, hanno emanato disposizioni applicative che si differenziano da Regione a Regione. La legge del 12 marzo 1999 n. 68 “Diritto al lavoro dei disabili” ha come finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato, innovando profondamente il meccanismo di avviamento al lavoro dei disabili. In estrema sintesi, la legge cambia radicalmente la prospettiva rispetto al passato considerando quello che il disabile potenzialmente sa fare anziché considerare quello che non può fare. La legge è, in altre parole, concepita per la realizzazione di un collocamento qualificato e mirato che soddisfi sia le attese dell’azienda sia la dignità personale del disabile e stabilendo - per i casi più problematici d’inserimento - una serie di norme e agevolazioni per i datori di lavoro. Il decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216 “Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” introduce disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale - per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro - disponendo le misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione, in un’ottica che tenga conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini. A livello di legislazione regionale, possono citarsi: - la legge regionale del 14 dicembre 1998, n. 41 “Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro” disciplina l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti alla Regione e agli enti locali in materia di mercato del lavoro. Gli interventi previsti dalla legge sono finalizzati ad integrare, attraverso i Servizi per l’Impiego pubblici e privati resi sul territorio, le politiche del lavoro e le politiche formative al fine di sviluppare un mercato del lavoro aperto e trasparente che incentivi l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro; - la legge regionale del 29 agosto 2000, n. 51 “Fondo regionale per l’occupazione dei disabili” che costituisce, appunto, il Fondo regionale per l’occupazione delle persone disabili, consentendo al Piemonte di attivarsi concretamente in tema di collocamento obbligatorio come previsto dalla legge n. 68/99, attivando un fondo per il finanziamento di progetti di inserimento lavorativo per persone disabili e dei relativi servizi di sostegno e collocamento mirato; - la legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 istituisce “norme per la rea38 lizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”: - la legge regionale 22 dicembre 2008, n. 34 “Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, della sicurezza e regolarità del lavoro” che abroga, tra le altre, la legge regionale del 14 dicembre 1998, n. 41 “Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro” e la legge regionale del 29 agosto 2000, n. 51 “Fondo regionale per l’occupazione dei disabili”, ridefinisce complessivamente le materie trattate dalle leggi suddette e assume la partecipazione dei soggetti rappresentativi delle persone svantaggiate, in particolare delle persone disabili, quale elemento portante per le politiche del lavoro a queste rivolte, attraverso il confronto con le associazioni comparativamente più rappresentative costituite a livello regionale. 3.1. La programmazione regionale e provinciale Con riferimento al sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti disabili, il Programma operativo regionale ed il Complemento di Programmazione per il periodo 2000-2006 prevedevano attività all’interno della Misura B1 ‘Inserimento lavorativo e reinserimento di gruppi svantaggiati’. Relativamente all’attuazione della Misura B1, per la Regione Piemonte risultava prioritario: - prevenire e combattere la marginalità economica e culturale tra i soggetti svantaggiati, fornendo un contributo significativo alla loro integrazione sociale; - favorire l’inserimento lavorativo di persone disabili e di gruppi sociali – quali in particolare una significativa quota della popolazione immigrata – al fine di contribuire a fronteggiare le carenze crescenti dell’offerta di lavoro nella Regione. Nell’ambito delle iniziative finalizzate al contrasto dell’esclusione sociale dei soggetti svantaggiati, il Programma Operativo prevedeva la messa a punto di azioni di sistema in grado di raccordare gli interventi a favore di persone a rischio, realizzabili con il concorso di tutti gli attori operanti nei confronti di tali categorie (istituzioni scolastiche, servizi socioassistenziali, associazioni e cooperative sociali, altri organismi istituzionali e territoriali). Si proponeva di adottare, inoltre, una strategia volta a sostenere l’inserimento lavorativo mirato delle persone a 39 rischio di esclusione sociale. L’obiettivo era in altri termini quello di promuovere, in primo luogo, percorsi formativi che - integrati con altri strumenti di politica attiva - incidessero positivamente sul livello di occupabilità delle persone a “rischio”. Al tempo stesso appariva centrale l’esigenza di raccordare le azioni formative con servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro di competenza delle Province e degli operatori, pubblici o privati, accreditati nell’ambito dei sistemi prefigurati dalla legge (D.lgs. n. 276/03). In relazione all’importante funzione esercitata nei confronti dei target di destinatari della Misura B1, venivano promosse, inoltre, azioni finalizzate a supportare l’operatività delle organizzazioni impegnate a sostenere l’integrazione sociale di specifiche categorie di soggetti svantaggiati. Tutti gli interventi in cui risultava articolata la Misura B1 si sono caratterizzati dunque per la loro accentuata finalizzazione occupazionale e per l’impiego sinergico di diversi strumenti afferenti le politiche attive del lavoro: accoglienza, orientamento, formazione, tutoraggio, counselling. Con riferimento all’attuale periodo di programmazione, il sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti disabili è declinato, all’interno del Programma operativo regionale FSE 2007-2013, all’interno dell’Asse III ‘Inclusione sociale’. Nell’ambito dell’obiettivo specifico ‘g) Sviluppare percorsi di integrazione e migliorare il (re)inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro’ il POR prevede interventi “finalizzati a favorire un innalzamento del livello di occupabilità accompagnato da un’accresciuta disponibilità di strumenti impiegabili per l’esercizio del diritto di cittadinanza attiva”. Si tratta, a livello indicativo, di percorsi integrati - e differenziati per target - per l’inclusione sociale e lavorativa dei soggetti svantaggiati, nonché di percorsi formativi, dedicati o di sostegno all’inserimento nelle azioni ordinarie, caratterizzati da un forte orientamento alla finalizzazione occupazionale associata a un’imprescindibile attività di counselling, motivazione e rimotivazione. 3.1. Il quadro attuativo provinciale Nell’ambito dell’attuale programmazione, per il 2008-09 la Provincia di Torino, per sostenere l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili, ha programmato tre macrocategorie di intervento: 40 1. integrazioni di allievi disabili di età compresa tra i 14 e i 18 anni nei corsi di qualifica afferenti al Bando Provinciale “Obbligo d’Istruzione e Formazione”; 2. corsi specifici, rivolti esclusivamente a persone disabili, afferenti al Bando Provinciale “Mercato del lavoro, lotta contro la disoccupazione” finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro; 3. corsi di qualifica per disabili sensoriali. Con riferimento all’attività di Integrazione di allievi disabili di età compresa tra i 14 e i 18 anni nei corsi di qualifica afferenti al Bando Provinciale ‘Obbligo d’Istruzione e Formazione’, la Provincia di Torino finanzia: - corsi triennali, validi oltre che per l’assolvimento dell’obbligo formativo, anche per l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Questi corsi, di 1.150 ore annue, sono rivolti ad allievi in uscita dalla scuola secondaria di 1°grado (minimo 14 anni); - corsi biennali (1.150 ore il primo anno, 1.200 ore il secondo) validi al fine dell’assolvimento dell’obbligo formativo, per allievi di almeno 16 anni di età. In questi corsi è previsto un sostegno individuale (svolto da formatori competenti), che è pari a 1/6 delle ore corso (da 175 a 200 ore annue). Il sostegno viene erogato in base a un Progetto Formativo Individualizzato, obbligatoriamente stilato ogni anno per ogni singolo allievo disabile da parte del team di insegnanti che si occupano di lui. La valutazione è ordinaria, per cui al termine dei corsi gli allievi disabili, come i normodotati, sostengono delle prove finali standard, in base alle quali ottengono o la “Qualifica Professionale” o un “Certificato di competenze acquisite”. Mediamente sono circa 250 ogni anno gli allievi disabili che frequentano i corsi di qualifica in provincia di Torino. Con riferimento invece ai Corsi specifici, rivolti esclusivamente a persone disabili, afferenti al Bando Provinciale “Mercato del lavoro; lotta contro la disoccupazione” finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro, è previsto il finanziamento di: - corsi prelavorativi per allievi di almeno 16 anni, rivolti prioritariamente a portatori di handicap intellettivo medio, medio-grave, preferibilmente in uscita dalla Scuola secondaria di secondo grado. Si tratta di corsi biennali (600 + 600 ore, comprensive di laboratori e stage in azienda), senza indirizzo, con compiti di orientamento professionale e prima valutazione delle capacità lavorative residue. Si 41 realizzano, come tutti i corsi specifici, all’interno dei normali Centri di formazione professionale dove si effettuano attività integrative con tutti gli altri allievi; - corsi di formazione al lavoro (FAL) per disabili ultradiciottenni collocabili al lavoro ai sensi della legge n. 68/99. Si tratta di corsi annuali con indirizzo, di durata variabile (tra le 400 e le 800 ore), con stage in azienda pari al 30-50% delle ore di corso. Sono finalizzati a far acquisire agli allievi competenze lavorative specifiche spendibili sul mercato del lavoro locale; vengono realizzati, come evidenziato, in raccordo con i Centri per l’Impiego. I corsi FAL e prelavorativi rilasciano un “Attestato di frequenza con profitto con certificato di competenze acquisite”. I gruppi classe sono mediamente di 5-8 allievi. Per l’Anno Formativo 2008-09 sono stati ad oggi finanziati 11 corsi prelavorativi e 15 corsi FAL, con un coinvolgimento di circa 200 allievi disabili. Il modello dei corsi FAL è stato ridefinito a partire dall’anno formativo 2006-07, apportando degli elementi innovativi soprattutto in termini di integrazione fra sistemi. La ridefinizione dei corsi FAL, avvenuta per meglio finalizzare gli interventi di Formazione Professionale per disabili all’inserimento lavorativo, è partita dall’inserimento nel Bando Mercato del Lavoro 2006-07 della specifica priorità che la figura professionale, gli allievi e le aziende sedi di stage fossero definiti congiuntamente tra Agenzia formativa e Centri per l’Impiego. L’ipotesi progettuale che sottintendeva tale priorità prevedeva anche che al termine dei corsi FAL gli allievi più idonei potessero usufruire di un progetto individualizzato di inserimento lavorativo finanziato con il Fondo Regionale Disabili, presso le aziende in cui avevano svolto lo stage, gestiti possibilmente dalle Agenzia Formative che avevano realizzato il corso. Infine, per quanto attiene i Corsi di qualifica per disabili sensoriali (non vedenti e non udenti), si tratta di corsi annuali di massimo 900 ore. Fanno parte di questa tipologia corsuale, minoritaria rispetto alle due precedenti come volume di richiesta e finanziamento, i corsi per “Centralinisti non vedenti”. La Provincia di Torino eroga anche contributi per il sostegno all’integrazione di disabili nella Scuola Secondaria di secondo grado tramite il Servizio Programmazione Sistema Educativo e Formazione Professionale: - per progetti riguardanti prevalentemente il supporto all’inserimento di disabili gravi; 42 - per “progetti di continuità” tra la Scuola e il “dopo”, realizzati con Enti di formazione professionale, Cooperative sociali, associazioni di volontariato, Enti locali ecc, con finalità di individuazione delle capacità lavorative residue, orientamento professionale, prima valutazione dell’occupabilità dei disabili. 3.1. I risultati della ricerca L’indagine condotta dall’RTI Cles S.r.l./TNS Infratest S.p.A. si è focalizzata sui corsi di formazione al lavoro attraverso la realizzazione di interviste (per i FAL implementati nell’anno 2005-06) e focus group (che hanno riguardato FAL realizzati nell’anno 2006-07). Le interviste hanno coinvolto 19 famiglie di ragazzi con handicap intellettivo che hanno frequentato corsi FAL (si tratta di 11 ragazzi e 8 ragazze di cittadinanza italiana con un’età media di 24 anni possessori in prevalenza del diploma di scuola media inferiore); al focus group erano presenti 16 partecipanti in rappresentanza delle associazioni dei disabili intellettivi e delle loro famiglie, delle agenzie formative che realizzano corsi FAL, del collocamento mirato dei CpI, dell’Amministrazione provinciale. I motivi che hanno indotto gli allievi ad iscriversi al corso sono di carattere occupazionale per la quasi totalità dei casi (83,3%), in attinenza quindi con le finalità del corso stesso. Le performance associate ai corsi FAL evidenziano il raggiungimento degli obiettivi attesi; più nello specifico su 19 ragazzi: - l’inserimento occupazionale ha riguardato 9 allievi, - l’inserimento nell’istruzione/formazione 2 allievi, - il tasso di successo che ne deriva coinvolge 11 allievi su 19. I canali informativi attraverso cui gli allievi sono venuti a conoscenza del corso sono di tipo prevalentemente formale e relativi ai centri di formazione, agli istituti scolastici, ai servizi sociali del Comune, mentre per nessun allievo la conoscenza del corso è passata attraverso i Centri per l’Impiego. L’esigenza di intensificare il rapporto con tali strutture è stata, come evidenziato, affrontata dalla Provincia di Torino con l’istituzione del Coordinamento dei corsi FAL, con l’obiettivo di costituire uno strumento efficace di governo e intensificare la collaborazione fra i vari soggetti coinvolti nella definizione e realizzazione dei percorsi. Con riferimento al gradimento dell’attività formativa, è positivo il giudizio espresso sia a livello generale (positivo per la quasi totalità dei Fra gli occupati sono ricompresi i tirocinanti con borse di lavoro. 43 casi, ovvero per l’89,5% degli intervistati), che per gli aspetti specifici legati alla qualità della formazione. Più in particolare, soddisfazione è stata espressa sulla qualità della formazione erogata, che per tutti gli ambiti indagati registra una valutazione positiva in particolare modo legata alla capacità degli insegnanti e al confort dei locali, aspetti per i quali l’unanimità degli intervistati esprime soddisfazione. Più contenuta, seppur sempre soddisfacente, l’opinione circa le modalità di svolgimento dell’attività formativa e il contatto con le aziende: nel primo caso andrebbero verificati in modo più approfondito aspetti specifici dell’attività formativa che possono aver generato qualche riserva; nel secondo andrebbe, ancora, incentivato il raccordo con i Centri per l’Impiego a sostegno di una più efficace individuazione delle aziende disposte anche ad intervenire durante l’attività di formazione. Nell’insieme i contenuti del corso sono stati giudicati adeguati agli obiettivi nella maggioranza dei casi, seppur in alcuni casi o troppo difficili o, per contro, già posseduti o tecnici e generici. In linea con le motivazioni iniziali di iscrizione, sono anche i risultati che si ritengono siano stati conseguiti a seguito della frequenza, che consistono principalmente nell’esser entrati in contatto con il mondo del lavoro, cui fanno seguito il miglioramento delle competenze relazionali e l’ampliamento delle conoscenze generali e il rientro nel canale di istruzione e formazione. Nell’ambito del focus group, i corsi FAL per disabili intellettivi sono stati oggetto di specifico approfondimento con l’intento di rilevare la loro rispondenza ai bisogni formativi degli utenti e la loro efficacia ai fini del collocamento al lavoro, acquisendo altresì spunti di riflessione e possibili indicazioni operative in relazione al nuovo modello sperimentale attivato dalla Provincia di Torino nel 2007. Complessivamente sul modello sperimentato è stato espresso un giudizio positivo da parte dei partecipanti al focus in relazione, nello specifico, ai seguenti aspetti: - risponde alle esigenze del territorio essendo il frutto di una progettazione condivisa tra i diversi attori (Asl, Cpi, Agenzie formative, istituzione scolastica, Comunità montana, etc.); - ha consentito lo sviluppo di reti territoriali, a livello di aggregati sub-provinciali collegati ai Centri per l’Impiego. Il processo è agevolato dalle ridotte dimensioni territoriali che consentono un rapporto diretto fra gli attori istituzionali e le famiglie; - favorisce il rapporto con le aziende e l’inserimento lavorativo, an44 che attraverso lo strumento delle convenzioni; - accanto alle possibilità lavorative, i corsi FAL promuovono la socializzazione dei ragazzi. 3.1. Le esperienze Gli esiti e le potenzialità di quanto realizzato nel contesto della Provincia di Torino sono stati approfonditi anche attraverso il confronto con altre esperienze territoriali di sostegno all’inserimento lavorativo dei disabili. Sono state, infatti, analizzate alcune esperienze compiute in altri territori (Emilia-Romagna, Provincia autonoma di Trento), attraverso la presentazione di indagini volte e rilevare gli esiti occupazionali di azioni finanziate con il FSE: l’esame delle caratteristiche, peculiarità ed esiti ha stimolato la discussione ed ha costituito lo spunto per la riflessione su quanto realizzato e da realizzarsi. In particolare, i risultati degli esiti occupazionali delle iniziative hanno sollecitato una riflessione articolata sui fattori che incidono nelle diverse performance. Con riferimento all’Emilia Romagna, gli esiti occupazionali di attività realizzate nel 2001 hanno evidenziato che: - il 68,1% di allievi disabili è risultato occupato; - il 31,9% non occupato. Per quanto attiene invece alle iniziative della Provincia autonoma di Trento, l’indagine ha riguardato gli esiti occupazionali di attività formative per disabili realizzate nel periodo 2001 – 2005. in questo caso minore l’impatto occupazionale raggiunto poiché meno della metà degli allievi ha trovato lavoro: - il 48,6% occupati, - il 51,4% non occupati. Risulta interessante analizzare la composizione degli occupati in entrambe le esperienze: - per l’Emilia Romagna, il 68,1% di occupati si compone per il 28,4% di occupati nel mercato aperto, per il 31,4% di occupati nel mercato sussidiato, e per l’8,3% disoccupati in laboratori protetti; - per la Provincia autonoma di Trento, il 48,6% di occupati è composto da occupati nel mercato aperto per il 37,0%, da occupati nel mercato sussidiato per il 2,9%, da occupati in laboratori protetti per l’8,7%. 45 In particolare dall’esperienza della Provincia autonoma di Trento emergono alcuni elementi che sembrano in relazione con un aumento delle probabilità di trovare occupazione nel “mercato aperto”. Un primo elemento è individuato nella frequenza di un lungo periodo di stage – dell’ordine di un anno o anche di più – che offrirebbe maggiori opportunità occupazionali (con creazione di un nuovo rapporto di lavoro o con la stabilizzazione dell’occupazione all’interno dell’azienda dove è stato svolto lo stage): la rilevazione effettuata ha, infatti, evidenziato come stage più brevi non consentano di far emergere le potenzialità dei soggetti, di dare il tempo di sviluppare ai soggetti con disabilità - oltre alle competenze specifiche apprese per un determinato lavoro/mansione - anche le capacità relazionali necessarie allo svolgimento del lavoro, mentre, viceversa, in un periodo più lungo la “conoscenza” reciproca fra lavoratore e datore di lavoro si approfondisce. Un secondo elemento che appare fondamentale è la personalizzazione dell’intervento attraverso la definizione di un progetto individualizzato e la presenza di un tutoring aziendale articolato; è importante, in altre parole, mantenere un’attenzione sull’andamento di ogni allievo, monitorando sia la situazione aziendale, sia quella con la famiglia. La prospettiva è quella di avviare l’allievo non ad un lavoro protetto, ma ad un lavoro competitivo in un contesto supportato. Infine, è importante ottimizzare le esperienze lavorative precedenti, anche in presenza di un esito negativo, per dare all’individuo la possibilità di “riprovare”: fornire altre chance a chi non ha avuto un esito positivo in occasioni precedenti non si configura come un eccesso di “assistenzialismo”, ma è piuttosto un arricchimento delle opportunità che sembra influire positivamente nelle performance raggiunte. 3.1. Osservazioni conclusive e proposte Le sollecitazioni giunte - dalla ricerca, dai soggetti del territorio e dagli esperti che hanno partecipato all’istanza di approfondimento - per migliorare la programmazione e l’attuazione del sistema formativo provinciale per il sostegno all’inserimento lavorativo dei disabili vengono proposte di seguito. 3.1.1. I fattori di conversione Un elemento oggetto di dibattito sono stati i fattori di conversione, ovvero le strategie in grado di mediare tra formazione e lavoro, di suppor46 tare il mantenimento della condizione lavorativa e di generare, altresì, capacità autoimprenditoriali. I fattori di conversione sono riconducibili a tre aspetti strettamente interconnessi che concorrono all’occupabilità dell’individuo: - le capacità soggettive; - il sistema delle opportunità; - le politiche integrate. Le capacità soggettive dell’individuo fanno riferimento ad un set di capacità tra loro connesse e interdipendenti, ed il cui sviluppo non sempre è al passo con l’acquisizione di competenze. Rispetto ai processi formativi ci si trova, cioè, di fronte ad un divario tra l’acquisizione di alcune specifiche competenze, più strettamente curriculari, e lo sviluppo di quelle capacità e competenze relazionali che per essere acquisite/ costruite hanno bisogno di altri tempi e di altri approcci di intervento. L’acquisizione delle competenze, infatti, non è solitamente problematica: il “nodo” è integrare le competenze con il processo di apprendimento radicale che è legato alle capacità. Il percorso progettuale deve, in questo senso, consentire di costruire intorno alla persona una linea di pensiero e di ragionamento che fornisca supporto – anche alla famiglia oltre che all’individuo - in un percorso di emancipazione. Si tratta non di istituire dei contenitori funzionali, bensì di attivare un processo di empowerment, riconoscimento (rispetto anche all’individuazione, alla consapevolezza delle proprie possibilità) ed auto-organizzazione dell’individuo che coinvolga anche la famiglia, la scuola, gli insegnanti di sostegno. Il sistema delle opportunità fa riferimento a una pluralità di aspetti che intervengono nel definire le opportunità di inserimento lavorativo dell’individuo: - la capacità della “rete” fra istituzioni, attori del sistema e famiglie di “costruire” percorsi sostenibili, non solo in termini lavorativi, ma anche con riferimento all’attuazione di iniziative extralavorative in grado di sviluppare l’autonomia e le capacità dell’individuo; - la permeabilità del confine fra soggetti occupabili e non, la possibilità di effettuare diverse esperienze, di “riprovare” dopo un fallimento; - il supporto costante all’inserimento dell’individuo in azienda, attraverso un contatto assiduo con il datore di lavoro, al fine di verificare in itinere non solo le eventuali difficoltà riscontrate, ma di sensibilizzare l’azienda nella consapevolezza del ruolo sociale che 47 - svolge; è essenziale, infine, il lavoro con le famiglie, che sono il supporto principale nello sviluppo dell’autonomia, delle capacità e dell’autoorganizzazione dell’individuo. Ad ultimo rispetto alle politiche integrate è fondamentale fare leva sull’integrazione tra politiche, servizi, interventi e attori. Le politiche per il sostegno all’inserimento lavorativo sono necessariamente il risultato di un progetto collettivo e multisettoriale, di una co-progettazione. Questo perché da una parte la cooperazione – sia quella interistituzionale, sia quella fra istituzioni ed attori del sistema – genera sinergie, reti e massa critica che consentono di affrontare situazioni ad elevata complessità; dall’altra al di là dell’aspetto “formativo”, l’inserimento lavorativo dei disabili deve fare i conti con un aspetto “sociale”: i percorsi di intervento vanno inseriti in un percorso culturale, in cui gli interlocutori abbiano il senso del proprio ruolo, di ciò che si sta facendo e della sua importanza. 3.1.1. La programmazione dei corsi FAL Diversi elementi utili ad un’ottimizzazione in termini di programmazione dei corsi FAL sono emersi nell’ambito del seminario. A livello di programmazione dei percorsi, il modello andrebbe rafforzato combinando il progetto di vita del disabile con la continuità logica e temporale tra le iniziative formative. È emersa, in particolare, la necessità di una maggiore azione di orientamento e informazione, intensificando il collegamento con la scuola e i CpI e un raccordo con il dopo corso, con una puntuale attività di valutazione che, naturalmente, non deve diventare però invasiva. Sul piano didattico, l’attenzione è posta sulla corretta individuazione degli allievi e sulla necessità di differenziare maggiormente l’offerta formativa tarandola sul progetto individuale dell’allievo; in questi termini, l’indirizzo standard presenta dei limiti. A livello di inserimento lavorativo e di rapporto con le aziende, il modello trova una ottima applicabilità nei contesti territoriali più piccoli, mentre a Torino risulta più complessa la sua applicabilità e il conseguimento degli obiettivi occupazionali: sia perché è più difficile agganciare la formazione agli aspetti che concorrono a facilitare l’inserimento lavorativo, sia in quanto è più complesso e difficoltoso l’approccio di rete. 48 L’azione di inserimento lavorativo andrebbe posticipata nel tempo se, verificate le specificità occupazionali dell’allievo, non è immediatamente individuata l’azienda in grado di accoglierlo. In quest’ottica, va anche intensificata la rete territoriale con le aziende. Infine, emerge l’esigenza di ampliare e rafforzare il rapporto con le aziende a partire dalla rilevazione delle loro necessità in termini di mansioni da coprire e professionalità richieste; andrebbe altresì svolta un’azione per rimuovere le remore culturali delle aziende, soprattutto in termini di capacità lavorative di disabili psichici, e per favorire la consapevolezza del loro ruolo sociale. Con riferimento agli aspetti procedurali e di svolgimento delle iniziative, andrebbe implementata l’azione di monitoraggio post corso per verificare anche nel tempo gli esiti della formazione e l’effettiva portata del modello. Inoltre, dal punto di vista procedurale, i tempi tecnici per l’attivazione degli interventi (bando - progettazione - graduatorie) rendono difficile una pianificazione coerente con le esigenze dei singoli e con la domanda occupazionale espressa dal territorio. Dal punto di vista delle reti fra soggetti, emerge la centralità del ruolo del CpI, sia nella fase di individuazione, orientamento e selezione degli allievi che per la funzione di raccordo tra i diversi sistemi/servizi disponibili. 3.1.2. L’integrazione delle politiche e le reti territoriali Fra le diverse evidenze scaturite dal dibattito sono, infine, emerse con particolare intensità la centralità dell’integrazione fra le politiche e, allo stesso tempo, l’importanza delle reti territoriali. I corsi FAL, ad esempio, sono più volte stati citati come un’esperienza positiva di integrazione, facilitati da una modalità di lavoro che la Provincia di Torino ha cominciato ad intraprendere, una collaborazione tra servizi diversi, con competenze relative ai vari tipi e ordini di interventi. L’integrazione delle politiche, facendo riferimento ai ‘fattori di conversione’ su cui si è discusso nel corso della giornata studio, è cruciale per innescare quel circolo virtuoso che consente la crescita del ‘sistema delle opportunità e, a loro volta, le opportunità, associate alla socializzazione ed al vissuto personale, servono per “creare” le opportunità lavorative. La dimensione del lavoro di rete è una dimensione fondamentale nella 49 riuscita dei percorsi, ed in prospettiva è emersa la necessità di rafforzare ulteriormente le collaborazioni di “rete”, sviluppando le partnership locali a supporto degli interventi, a partire dai CpI. La rete è importante proprio per contrastare le difficoltà che necessariamente incontra un’organizzazione nell’agire individualmente. È utile, in altre parole, costituire degli “aggregati organizzati”: con combinazioni e configurazioni molto differenti fra loro - aggregati fra enti di formazione diversi, fra la Provincia ed una o più cooperative, fra associazioni e scuole - ma la cui caratteristica comune è quella di associare soggetti che pensano insieme alla costruzione di un progetto, in cui si attivano sinergie capaci di arricchire le competenze e di compensare i limiti dell’altro. Da un altro punto di vista, è stata richiamata l’attenzione sul fatto che spesso l’integrazione di ragazzi disabili in gruppi classe con ragazzi normodotati li porta ad essere inseriti in gruppi in cui il confronto è con una complessità diversa dalla loro, sul piano dell’identità possono avere difficoltà a riconoscersi e trovano poi difficoltà nell’inserimento in contesti lavorativi in cui non sono “protetti”. In altre parole, secondo diversi interlocutori, il punto di vista sulla problematicità rispetto all’omogeneità permette di lavorare meglio sulla singolarità, sulla soggettività delle persone che si prendono in carico. 50 51 4. Le esperienze lavorative per l’individualizzazione della qualificazione iniziale: l’apprendistato L’indagine realizzata ha messo in evidenza il valore strategico dell’apprendistato e delle esperienze di lavoro per l’inserimento lavorativo e per l’acquisizione di competenze realmente spendibili, in particolare per quanti abbandonano precocemente i circuiti dell’apprendimento formale, evidenziando, peraltro, una contenuta soddisfazione di quanti già possiedono un titolo di studio per i quali vanno individuate modalità e strumenti maggiormente adeguati. Il seminario di approfondimento, che ha visto partecipare operatori del sistema, esperti in materia, rappresentanti delle parti sociali, ha in particolare approfondito i seguenti aspetti: - potenzialità e criticità delle principali forme di apprendistato; - gli accordi territoriali tra Pubblica Amministrazione, sistema della formazione e sistema delle imprese per promuovere e valorizzare l’apprendimento sul lavoro; - le condizioni per valorizzare l’apprendimento sul lavoro come strumento di inserimento lavorativo. L’incontro ha, inoltre, costituito una interessante occasione non solo per verificare quanto realizzato ma anche per porre le basi di una “alleanza formativa” che possa vedere gli apprendisti sempre più protagonisti di una formazione di qualità e l’azienda coinvolta in modalità maggiore, secondo quelli che sono gli indirizzi della programmazione regionale. Nei paragrafi seguenti si delinea ciò che è emerso in sede di discussione e confronto premettendo una analisi di contesto alle riflessioni e alle proposte scaturite dal seminario. 4.1. Il quadro normativo di riferimento Come evidenziato, priorità per l’Unione Europea è il miglioramento dei livelli di occupazione tanto che le politiche del lavoro hanno assunto al suo interno uno specifico spazio politico ed economico portandola a sostenere, in particolare, gli Stati membri e le parti sociali nella loro attività tesa ad affrontare gli impatti macroeconomici e le evoluzioni del mercato del lavoro e a combattere, conseguentemente, la disoccupazione, puntando, in primis, sulla qualificazione delle risorse umane. In quest’ottica, l’azione dei singoli Stati è volta ad aumentare le op52 portunità di formazione professionale e a favorire altre misure idonee a promuovere la capacità di impiego, come migliorare la qualità dei sistemi scolastici per ridurre il più possibile il fenomeno dell’abbandono scolastico nonché fornire ai giovani strumenti per saper affrontare i cambiamenti tecnologici ed economici. Il contratto di apprendistato costituisce in questo senso un valido strumento coniugando inserimento occupazionale e qualificazione del lavoratore. A livello nazionale, l’attuale istituto dell’apprendistato è disciplinato dal decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30” (artt. 47-53) integrato e modificato dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”. Come noto, il contratto di apprendistato è articolato dalla normativa di riferimento in tre tipologie: apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico professionale; apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Nel primo caso si rivolge a giovani e adolescenti che hanno 15 anni compiuti (16 a seguito delle ultime indicazioni normative) e permette il completamento del percorso di istruzione e formazione. Il contratto può avere una durata massima di 3 anni e deve tenere conto della qualifica da conseguire, del titolo di studio e dei crediti professionali e formativi eventualmente già acquisiti nonché degli esiti del bilancio di competenze del giovane. Nel secondo caso, l’apprendistato è destinato a giovani tra i 18 e i 29 anni e serve per il conseguimento di una qualifica professionale (qualificazione) rilasciata dall’impresa attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionalizzanti. Il contratto può avere una durata compresa tra i 2 e i 6 anni, determinata in base al tipo di qualificazione da conseguire. L’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione si rivolge a giovani tra i 18 e i 29 anni e permette di conseguire titoli di studio di livello secondario, universitario e di alta formazione, nonché titoli di specializzazione tecnica superiore. Per i giovani già in possesso di una qualifica professionale, il contratto può essere stipulato a partire dai 17 anni. La normativa nazionale rimanda 53 alle Regioni la competenza sulla definizione della disciplina e della durata di questo tipo di contratto, da concordare con le Associazioni di categoria, le Università e le istituzioni normative locali. La normativa apporta una forte valorizzazione della componente formativa, che deve essere fornita dal datore di lavoro che a tal fine beneficia della riduzione dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi e l’esclusione dell’apprendista dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti. Per l’apprendistato professionalizzante la formazione formale (certificata), interna o esterna all’azienda, deve essere di almeno 120 ore all’anno. La formazione deve riguardare, sia contenuti professionalizzanti, sia conoscenze denominate trasversali: linguistiche, matematiche, organizzative, economiche, relazionali. I giovani minori di 18 anni hanno diritto di completare l’obbligo formativo mediante 120 ore annue aggiuntive di formazione esterna e le agevolazioni contributive per il datore di lavoro sono subordinate alla partecipazione dell’apprendista a tali iniziative di formazione previste dai contratti. La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione è rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Per tutte e tre le tipologie il contratto di apprendistato può essere utilizzato in tutti i settori di attività; il numero complessivo di apprendisti assunti da un datore di lavoro non può superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate presenti in azienda, ove non ne abbia alle proprie dipendenze, o ne abbia meno di tre, può comunque assumerne tre; il contratto deve essere in forma scritta con l’indicazione della prestazione oggetto del contratto e della qualifica da acquisire. L’articolo 23 della legge n. 133/2008 modifica in parte l’impianto delineato per l’apprendistato professionalizzante rimandando la definizione di specifici aspetti ai contratti collettivi di lavoro e, in particolare, rimuove i limiti temporali di durata minima del contratto di apprendistato, come chiarito nella Circolare n. 27/2008 del Ministero del Lavoro in materia di apprendistato professionalizzante dove si precisa, tra l’altro, che alla luce delle novità introdotte dalla normativa: - decade, come anticipato, il limite temporale di durata minima del contratto. I contratti di apprendistato possono essere quindi estesi anche ai lavori stagionali; 54 - il rapporto di lavoro di apprendistato può essere trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato antecedentemente alla data prefissata e il datore di lavoro può conservare lo specifico regime contributivo nei confronti dei lavoratori interessati dalla trasformazione a condizione che prima della trasformazione sia intervenuto tra le parti un effettivo rapporto di apprendistato e quindi sia stata svolta la formazione fino a quel momento prevista dal piano formativo individuale; - sussiste la possibilità per la formazione dell’apprendista di un “canale parallelo” interamente affidato alla contrattazione collettiva in caso di formazione esclusivamente aziendale; - non è responsabilità del datore di lavoro la mancata erogazione della formazione nel caso in cui sussista una carenza dell’offerta formativa pubblica. Gli aspetti formativi del contratto di apprendistato sono disciplinati dalle Leggi regionali; nello specifico, la Regione Piemonte ha disciplinato, in ultima istanza, tali aspetti con la legge regionale del 26 gennaio 2007, n. 2 che individua i principi generali che sottostanno all’azione formativa del contratto di apprendistato e al contempo rimanda gli aspetti gestionali ed operativi a successivi provvedimenti. Al momento (DGR n. 66-6528 del 23/07/2007), sono stati individuati gli indirizzi relativi alle procedure, agli strumenti e alle modalità per le seguenti attività: - redazione del piano formativo individuale (generale e di dettaglio); - descrizione dei profili formativi; - certificazione delle competenze in esito a percorsi formativi in apprendistato, il rilascio delle qualifiche professionali e le relative modalità di registrazione nel Libretto formativo del cittadino; - formazione del tutore aziendale finalizzata all’acquisizione delle competenze necessarie per lo svolgimento delle sue funzioni in relazione alle varie tipologie di contratto di apprendistato e alle modalità di erogazione della formazione formale; - individuazione dei requisiti dell’impresa con “capacità formativa” ai fini della certificazione delle competenze in esito a percorsi formativi in apprendistato professionalizzante (art. 49 d.lgs. n. 276/2003). A tal proposito la Regione Piemonte negli “Indirizzi per la programmazione e gestione dei Servizi formativi per l’apprendistato” per il 2009-2011, Provvedimento attuativo della Legge regionale 26 gennaio 2007, n. 2 sulla “Disciplina degli aspetti formativi del contratto di apprendistato” precisa che il Catalogo dell’offerta pubblica dei servizi per l’apprendistato costituisce l’offerta dei Servizi formativi per l’apprendistato. 55 Sono ancora da stabilire, di intesa con le parti sociali e le Province piemontesi, gli indirizzi indicativi per l’erogazione della formazione formale rivolta agli apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003. Pertanto, la Regione, al fine di garantire continuità all’offerta formativa in apprendistato, ha emanato un provvedimento di transizione che permette di espletare l’attività di apprendistato in osservanza dei due riferimenti normativi (legge n. 196/97, art.16, e d.lgs. n. 276/03, art. 49). In questo contesto la formazione formale degli apprendisti può essere realizzata: - dagli enti di formazione per quegli apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 e ai sensi dell’art. 16 della legge n. 196/1997 da imprese prive di capacità formativa; - dagli enti di formazione e dalle imprese per apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 le cui imprese hanno autocertificato, in osservanza di quanto previsto dalle Disposizioni operative approvate con determinazione n. 73 del 02/11/2007, la propria capacità formativa per l’erogazione della formazione formale finalizzata all’acquisizione di competenze professionalizzanti di tipo tecnico-scientifico ed operativo; - dalle imprese nel caso di apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 le cui imprese hanno autocertificato, sulla base delle Disposizioni operative approvate con determinazione n. 73 del 02/11/2007, la propria capacità formativa per l’erogazione della formazione formale finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali e di competenze professionalizzanti di tipo tecnico-scientifico ed operativo. Nel caso in cui i contratti collettivi e gli enti bilaterali abbiano determinato o determinino per ciascun profilo formativo la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo, cosa debba intendersi per formazione esclusivamente aziendale e la determinazione del monte ore di formazione necessario per l’acquisizione delle competenze di base e tecnico-professionali è stabilita dai contratti collettivi. Decade quindi, in caso di formazione esclusivamente aziendale, quanto previsto per il contratto professionalizzante al comma 5 dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 e la definizione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi di lavoro così come la disciplina della formazione 56 aziendale che, può essere svolta fisicamente anche fuori dall’azienda (legge n. 133/2008). Le Province nell’esercizio delle loro funzioni promuovono la qualificazione dell’offerta formativa dell’apprendistato e la disciplinano ai sensi degli indirizzi regionali. La Provincia di Torino norma, in particolare, le modalità di iscrizione nel Catalogo provinciale dell’offerta formativa, nonché di presentazione, inserimento e trasmissione informatica delle preiscrizioni, e definisce inoltre le modalità per l’avvio delle attività formative e le conseguenze delle attività di controllo sull’attuazione delle attività e sulle dichiarazioni di spesa. Per il 2008 l’impianto programmatorio definito dall’Avviso Pubblico provinciale 2007 è stato integrato con le indicazioni previste dall’Atto Regionale di Indirizzo 2008. 4.1. La programmazione regionale e provinciale Durante il precedente periodo programmatorio, gli assetti introdotti dalla normativa hanno reso l’apprendistato uno strumento particolarmente efficace, configurandolo come l’unico canale agevolato di inserimento lavorativo per i giovani. Nell’ambito del Programma Operativo Regionale FSE 2000-2006, l’apprendistato è stato visto come valido strumento sia per arginare e prevenire il fenomeno della dispersione scolastica che vedeva il 25% dei ragazzi fuori dal sistema di istruzione e formazione prima dei 20 anni, sia per promuovere l’occupazione. Ed infatti, con l’intento di promuovere lo sviluppo del sistema di istruzione e formazione professionale e di migliorare l’occupabilità in un’ottica di approccio preventivo, nell’ambito della Misura A2 “Inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro di giovani e adulti” trovavano collazione percorsi di formazione a favore di soggetti in esercizio di apprendistato per l’espletamento del diritto/dovere di istruzione e formazione e le altre due specie di contratto di apprendistato previste dalla disposizione legislativa: apprendistato professionalizzante e apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Veniva inoltre garantito, durante la fase transitoria volta alla regolamentazione del contratto di apprendistato, la continuità dell’offerta formativa attraverso la realizzazione di corsi per apprendisti privi di titolo di studio o qualifica al di sotto dei 18 anni, apprendisti con più di 18 anni senza titoli di studio e apprendisti in possesso di titoli di studio superiori o di qualifica. 57 In tale contesto, ingente l’azione della Provincia di Torino per promuovere l’apprendistato sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, attraverso, in particolare, il rilancio della componente formativa. Le azioni formative, in linea con le indicazioni della Regione, si sono concretizzate in corsi strutturati per gruppi di allievi con caratteristiche omogenee (apprendisti in obbligo formativo, apprendisti con più di 18 anni privi di titoli superiori o di qualifica professionale, apprendisti in possesso di qualifica, diploma o laurea) e in progetti formativi, caratterizzati dalla massima flessibilità nella definizione dei percorsi formativi, rivolti a gruppi di allievi con caratteristiche non omogenee per titolo di studio o per tipo di funzioni professionali. Entrambe le tipologie di azioni hanno previsto un corso di accoglienza finalizzato alla valutazione del livello di ingresso dell’apprendista. Nella attuale programmazione regionale FSE l’apprendistato trova posto nell’ambito dell’Asse Adattabilità, obiettivo specifico a) Sviluppare sistemi di formazione continua e sostenere l’adattabilità dei lavoratori, Attività 5 Formazione per la qualificazione sul lavoro (apprendistato professionalizzante) e per il conseguimento di una qualifica, di un diploma o di un titolo di formazione superiore da parte degli apprendisti. La Regione Piemonte prosegue l’intento volto a fare dell’apprendistato il principale strumento di avvio al lavoro rafforzandone al contempo la componente formativa. È ritenuta inoltre prioritaria l’ulteriore qualificazione dell’offerta formativa, la quale necessita, nonostante i notevoli progressi, di aderire maggiormente alle effettive esigenze delle aziende che hanno assunto gli apprendisti. L’obiettivo è di stabilire, d’intesa con le Province e nel rispetto dei principi generali delineati dalla normativa regionale, modalità e strumenti a ciò atti stimolando a tal fine anche il sistema imprenditoriale. 4.2. Il quadro attuativo provinciale Alcune indicazioni di carattere quantitativo rendono l’impegno della Provincia di Torino nei confronti di questo dispositivo. Negli anni 2005-2007 il numero degli apprendisti è passato da 13.001 unità (dato comunque leggermente sottostimato per una non perfetta funzionalità del sistema informativo di riferimento) a 19.994 con un incremento del 53,8%. Nel corso del 2008 nella Provincia di Torino sono stati assunti 16.434 apprendisti (non considerando i mesi di novembre e dicembre con i quali si raggiungono i livelli del 2007) che costituiscono il 52,3% degli apprendisti presenti sul territorio piemontese. A numeri così con58 sistenti corrisponde un significativo impegno economico: fra il 2005 e il 2008 sono, infatti, andati in formazione, secondo i dati comunicati dalle agenzie formative al momento di partenza dei corsi, 45.486 apprendisti (8.706 nel 2008) per un costo complessivo di 54.247.000,00 euro. Fra questi, gli apprendisti in obbligo formativo sono stati 1.728 per un corrispondente costo per la formazione pari a 2.538.782 euro cioè il 4,7% dell’importo complessivo. Volendo comparare quest’ultimo dato con ciò che si verifica in alcuni Paesi europei si evidenzia come nel contesto della Provincia, ma il discorso può essere generalizzato per l’intero territorio nazionale al di là delle specificità dei singoli contesti, gli apprendisti in obbligo formativo costituiscono una minoranza del totale complessivo (circa il 2% se si considerano solo gli apprendisti al primo anno tralasciando quelli agli anni successivi che invece il dato precedentemente riportato ricomprende); diversamente in Francia, Germania, Regno Unito, rappresentano il nucleo forte dei lavoratori con contratto di apprendistato, seppure qualsiasi comparazione va effettuata con tutte le cautele del caso dovute al diverso contesto storico e culturale che caratterizza l’esperienza formativa e dell’apprendistato in questi Paesi. 4.3. I risultati della ricerca L’universo di riferimento dell’indagine attinge dall’insieme degli apprendisti formati attraverso il bando pubblico per il 2005; nello specifico, 8.396 fra apprendisti in obbligo formativo, apprendisti con più di 18 anni privi di titoli superiori o di qualifica professionale, apprendisti in possesso di qualifica, diploma o laurea che hanno partecipato alla formazione esterna. Il campione individuato è di 885 apprendisti (il 10,6% dell’universo) raggiunti attraverso intervista telefonica, con una preponderanza delle donne rispetto agli uomini (il 43,8%). Nella maggioranza dei casi (61,8%) gli apprendisti intervistati hanno un diploma di scuola media superiore, mentre meno numerosi sono i possessori di qualifica professionale (11,3%), di laurea (3,4%) con il restante degli intervistati che ha conseguito la licenza media. La maggioranza ricade nella fascia di età 20-24 anni. Complessivamente è positivo il giudizio di soddisfazione espresso dagli apprendisti. Tale giudizio è fortemente legato al loro titolo di studio: il giudizio sul livello di soddisfazione, ampiamente positivo, varia in relazione al titolo di studio, con i possessori di una istruzione più qua59 lificata che esprimono giudizi più contenuti; anche le aspettative nei confronti della formazione sono più consistenti per coloro con un titolo di studio più basso; risultano meno forti per i diplomati e scarse per una fetta consistente di laureati. I livelli di motivazione tendono a crescere nel corso dell’attività formativa seppure questa non riesce ad incidere su coloro che presentano un livello di motivazione iniziale pressoché nullo. Anche la valutazione dei principali aspetti che caratterizzano l’attività formativa è complessivamente positiva: per nessun aspetto valutato i giudizi negativi superano quelli positivi. Particolarmente apprezzato, in linea con quanto emerso per tutti i dispositivi oggetto di analisi, è il corpo insegnante, soprattutto per gli aspetti legati alla disponibilità, alla competenza, alla loro capacità nel far sentire a proprio agio gli allievi; più critici gli aspetti legati al materiale didattico utilizzato, alle attrezzature dei laboratori, ai contenuti delle materie trattate durante il corso. Così come gli insegnanti, sono apprezzati anche i tutor formativi e aziendali; in particolare la presenza di questi ultimi è stata valutata molto positivamente con più del 40% degli intervistati “affiancati” in azienda che l’ha giudicata molto utile agevolando soprattutto l’inserimento in azienda e la verifica delle competenze acquisite sul lavoro, con importanti riscontri sul versante della formazione on the job. Emerge una valutazione dei diversi aspetti della formazione analizzati più positiva di quella rilevata nell’ambito del precedente monitoraggio relativo alle attività formative svolte nel 2002: pur avendo in questa fase utilizzato uno strumento di rilevazione diverso e non potendo, di conseguenza, confrontare direttamente i risultati, i giudizi positivi sono decisamente più consistenti con riferimento a tutti gli aspetti sui quali è stata rilevata la soddisfazione, oltre che in relazione al livello di soddisfazione in generale. Rispetto al giudizio sui contenuti, fra gli item proposti per la loro valutazione, quello che raccoglie maggior consenso fra gli intervistati vede i contenuti della formazione costituire già parte del patrimonio di conoscenze pregresse degli allievi, variamente costituito nel corso del tempo. Gli item proposti sono, va precisato, prevalentemente orientati verso giudizi “negativi” (contenuti troppo generici, troppo tecnici, difficili, vasti, già di conoscenza): l’unica alternativa positiva, “i contenuti erano adeguati agli obiettivi del corso”, ha raccolto oltre un quarto delle risposte, e si colloca al secondo posto fra i giudizi degli intervistati. Ma, se si considera soltanto la prima delle due risposte che è stato possibile fornire circa il giudizio sui contenuti, tale alternativa risulta essere la 60 prima delle opzioni scelte, evidenziando in sostanza l’adeguatezza dei contenuti rispetto agli obiettivi del corso e la preminenza di un giudizio complessivo positivo. Aspetti questi ultimi, indirettamente confermati dal giudizio espresso dagli apprendisti sul loro utilizzo nello svolgimento dell’attività lavorativa: fatta eccezione per le competenze linguistiche, le valutazioni positive (molto e abbastanza utili) sono di gran lunga superiori a quelle negative (poco e per niente utili), in particolare per quanto riguarda le competenze trasversali. In generale, gli apprendisti con una minore istruzione pregressa (licenza media e qualifica professionale) tendono a valutare più positivamente l’utilità delle competenze acquisite, mentre i diplomati e i laureati sono più critici sul loro utilizzo. L’utilizzo dei contenuti è in linea con la coerenza rilevata fra la formazione fruita e la professione svolta (al momento dell’intervista solo il 4,2% degli intervistati non aveva un lavoro), seppure va sottolineato che circa un terzo dei formati indica l’assoluta incoerenza tra la formazione frequentata e l’attuale professione. Operai specializzati e impiegati dichiarano livelli di coerenza maggiori rispetto a quelli indicati dalla generalità degli intervistati: indicazione probabile del fatto che la formazione ricevuta trova concreta applicazione quando il lavoro svolto ha un contenuto di professionalità specifica. Positivo anche il giudizio in relazione alla funzione di qualificazione professionale dell’apprendistato, che si unisce alla valutazione complessivamente positiva sul grado di autonomia raggiunto nel corso. L’apprendistato ha, infatti, per la maggioranza degli apprendisti fornito le competenze per svolgere un’attività lavorativa qualificata o abbastanza qualificata, affermazione che gli apprendisti in obbligo formativo condividono meno dell’insieme degli intervistati dichiarando, più degli altri, di aver svolto un lavoro ripetitivo e poco qualificante durante l’esperienza di apprendistato. Indicazioni utili alla valutazione delle attività di apprendistato sono state acquisite, accanto a quanto rilevato attraverso le interviste telefoniche agli apprendisti, per mezzo di un focus group cui hanno partecipato tutor formativi e rappresentanti degli enti di formazione. Il focus group ha confermato il giudizio complessivamente molto positivo sulla formazione per apprendisti, ma ha anche evidenziato alcuni elementi di debolezza relativamente ai seguenti aspetti: - appare limitata la possibilità di scelta di percorsi ad alta specializzazione; - si rileva una rigidità della normativa; 61 - emergono difficoltà di carattere culturale che ostacolano l’accettazione da parte dei lavoratori con alto titolo di studio del loro status di apprendista; - i tempi ristretti che intercorrono fra la comunicazione di avvio e l’effettiva partenza del corso rendono spesso difficile espletare l’iter burocratico previsto; - emerge l’esigenza di corsi a carattere più pratico, soprattutto in riferimento al modulo di base in aula considerato ripetitivo e poco coinvolgente; - si rileva la necessità di creare corsi più attinenti alle esigenze formative di apprendisti che non sono al primo anno di apprendistato. 4.1. Le esperienze Tra le esperienze realizzate sembra rivestire carattere di particolare innovatività quella relativa all’apprendistato di “terzo livello”. Come anticipato, la legislazione nazionale nel 2003 ha introdotto tra le nuove tipologie contrattuali l’apprendistato finalizzato all’acquisizione di titoli di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore. Questo tipo di contratto, lo si è rilevato, è aperto a tutti i settori di attività per giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni; la regolamentazione degli aspetti formativi è rimessa alle Regioni in accordo con le parti sociali, le università e le istituzioni formative. Il livello di innovatività della normativa ha richiesto un approccio sperimentale: le sperimentazioni avviate a livello regionale sono state definite da specifiche intese fra il Ministero del lavoro e le Regioni. La Regione Piemonte è stata fra le Regioni che hanno avviato tale sperimentazione ponendosi quali obiettivi generali: - avviare la sperimentazione su tutto il territorio regionale coinvolgendo l’intero sistema universitario e delle imprese; - gestire la sperimentazione mediante la massima flessibilità operativa nel rispetto dei vincoli comunitari, nazionali e regionali; - sperimentare nuovi modelli formativi centrati sull’interazione tra imprese e istituzioni formative; - sviluppare un nuovo canale formativo a sostegno sia dell’innalzamento del livello di istruzione sia dell’orientamento dell’alta formazione alle esigenze delle imprese. Nella sperimentazione sono stati coinvolti i tre atenei piemontesi, Po62 litecnico di Torino, Università degli studi del Piemonte orientale, Università degli studi di Torino, con un assetto al livello di governance che ha previsto la definizione di un Protocollo di Intesa tra le Parti sociali, le Istituzioni formative e la Regione per la definizione degli indirizzi generali sugli aspetti giuslavoristici, degli indirizzi formativi per l’acquisizione di crediti formativi universitari attraverso la formazione in azienda, delle funzioni del tutor accademico, del modello di Piano Formativo Individuale; di un Regolamento tra le Parti Sociali per stabilire la durata del contratto, l’età degli apprendisti e il loro inquadramento; l’istituzione di una Cabina di regia regionale con funzioni di monitoraggio sulla sperimentazione. La sperimentazione ha coinvolto circa 230 apprendisti assunti da circa 100 imprese: per il 40% imprese di grandi dimensioni, il rimanente distribuito quasi equamente fra imprese di piccole e di medie dimensioni, a dimostrazione dell’interesse per la tipologia di apprendistato al di là delle dimensioni dell’impresa; sono stati realizzati 16 master universitari di primo e secondo livello e 1 corso di laurea specialistica. Numeri non significativi dal punto di vista quantitativo ma rilevanti tenendo conto della particolarità di questa tipologia di apprendistato. Il 98% degli apprendisti coinvolti ha concluso positivamente il percorso (laurea o master di I o II livello) con livelli di successo superiori a quelli che tradizionalmente registra l’università. Il processo di interazione fra imprese e istituzioni formative è stato costante ed ha riguardato in particolare i seguenti aspetti: - definizione del modello organizzativo; - piano formativo individuale; - erogazione delle attività formative; - certificazione delle competenze. Proprio l’integrazione fra ateneo ed impresa unitamente alla valorizzazione dell’impresa come soggetto formativo, aspetti che hanno caratterizzato la sperimentazione dell’alto apprendistato in Piemonte, sono risultati particolarmente interessanti nel corso di una Peer Review che ha visto coinvolti altri 12 Stati europei e durante la quale l’esperienza piemontese è stata presentata. 4.1. Osservazioni conclusive e proposte Numerose le riflessioni emerse durante il seminario che evidenziano come spesso in tema di apprendistato bisogna ricomporre punti di vista 63 ed attese diverse. Poco, infatti, l’accordo dei diversi soggetti sul tipo di formazione che ci si attende e su quale investimento fare su di essa. Nell’ottica in cui la formazione è strumento per anticipare il cambiamento, è necessaria una sintesi fra le posizioni dei diversi attori coinvolti e un loro impegno congiunto. L’apprendistato richiede, infatti, un’alleanza educativa fra gli attori protagonisti per la motivazione degli apprendisti affinché la formazione da vincolo costituisca effettivamente una risorsa. A partire dall’attuazione della legge regionale, l’esigenza è quella di definire un nuovo dispositivo formativo che circoscriva domande e attese fra loro anche divergenti e, pur in un quadro di differenziazione dei percorsi, certifichi in modo unitario e comprensibile le competenze. 4.1.1. Apprendistato e target raggiunti Si è evidenziato come per gli apprendisti con titolo di studio più elevati l’indagine ha messo in evidenza una soddisfazione piuttosto contenuta se non assente per il percorso formativo. I possibili correttivi possono essere individuati nella revisione dei contenuti, spesso giudicati già conosciuti o generici, ma anche in una maggiore articolazione delle tipologie di apprendistato distinguendo, ad esempio, i percorsi per il conseguimento del titolo di studio con esame di Stato da quelli post-diploma o post-laurea (è quanto accade in Francia, seppur, va evidenziato, i costi associati sono molto elevati). Per contro, in un’ottica più radicale, è la qualifica stessa di apprendista per coloro che hanno un titolo di studio superiore ad essere messa in discussione e ricondotta a conseguenze del quadro normativo che rende agevole e conveniente per le aziende usufruire di questa tipologia contrattuale che si configura sempre più come contratto di inserimento, più appetibile di quanto non fosse il contratto di formazione-lavoro. Correttivi devono essere individuati anche per i percorsi che coinvolgono apprendisti in diritto dovere ai quali l’esperienza di apprendistato, rispetto alla totalità degli apprendisti, ha fornito in modo più contenuto le competenze per svolgere un’attività lavorativa qualificata e ha fatto, con più frequenza, svolgere un lavoro ripetitivo e poco qualificante. Soluzioni possono essere ricercate nella diversificazione dei modelli di apprendistato lungo due direttrici, una per apprendisti che vogliono formarsi lavorando, l’altra che coinvolge adolescenti in serie difficoltà, per i quali l’attuale apprendistato non costituisce una formula adeguata, che potrebbe contemplare percorsi part-time e la revisione dell’attuale 64 percorso formativo a 240 ore. Ancora, proprio perché gli apprendisti in diritto-dovere rappresentano solo una esigua percentuale del totale degli apprendisti e in valori assoluti un numero molto circoscritto, senza il potenziamento delle attività di apprendistato, in accordo con le parti sociali, potrebbe venir meno una alternativa per i ragazzi che interrompono la frequenza scolastica. Anche per l’apprendistato valido per l’assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione posizioni più radicali vedono, più che interventi volti a sanare le eventuali disfunzioni di questa tipologia contrattuale, una contraddizione interna all’apprendistato stesso il voler proporre a ragazzi che decidono di lasciare i percorsi di istruzione e formazione un percorso che, oltre agli aspetti formativi, contempli contenuti di tipo scolastico. Aspetto questo che viene ricondotto alla forzata acquisizione da parte dell’Italia dei principi europei sanciti nell’ambito dei Consigli di Lisbona, volti all’innalzamento dei livelli di istruzione della popolazione: piuttosto coinvolgere ragazzi che già hanno rifiutato percorsi di tipo scolastico porterebbe ad un compromesso successivo sul tipo e la qualità di contenuti veicolati sulla formazione, quasi un contributo all’abbassamento dei livelli medi degli allievi. In quest’ottica, l’indicazione che taluni intravedono è di recuperare l’ispirazione originaria dell’apprendistato circoscrivendolo solo a determinate tipologie di lavoratori e di settori lavorativi, affinché tale contratto sia utilizzato da quelle aziende dove effettivamente avviene un apprendimento professionale. 4.1.2. Aspetti finanziari Nel 2008 si è registrata, rispetto al precedente anno, una contrazione dell’impegno economico (circa 1.500.000,00 euro in meno) a fronte del fatto che la Provincia di Torino ha avviato in formazione tutti gli apprendisti iscritti al primo anno, mentre nessun apprendista iscritto al secondo anno ha svolto l’attività formativa: vi è stata, quindi, una riduzione della spesa per la formazione e solo con un investimento maggiore potrà essere possibile garantire la formazione per tutti gli apprendisti al primo anno, anche a fronte di un aumento delle assunzioni in apprendistato. Finanziamenti salutari, periodici, rendono più difficile, inoltre, garantire la continuità dei servizi erogati con la conseguente impossibilità dell’impresa di programmare a medio termine l’assenza del lavoratore e ciò, in un periodo economicamente critico, può indurre l’azienda ad essere meno rispettosa dei vincoli normativi. 65 In continuità con quanto avvenuto nella programmazione 2000-2006, andranno ricercate forme di raccordo con gli interventi sostenuti da fonti finanziarie nazionali (legge 196/97, legge 30/03 e relativi decreti di attuazione) affinché sia definita un’offerta formativa in grado di assicurare una copertura pressoché totale ai giovani inseriti al lavoro per mezzo di questa tipologia contrattuale. 4.1.3. Flessibilizzazione della forma contrattuale L’art. 23 della legge n. 133/2008 ha introdotto una maggiore flessibilizzazione del contratto di apprendistato permettendo, come anticipato, l’assunzione di apprendisti senza vicoli temporali di durata minima del contratto. Per le imprese risulta quindi economicamente più vantaggio assumere un apprendista piuttosto che, ad esempio, un lavoratore tramite agenzia interinale: la legge finanziaria del 2007 ha, infatti, previsto che la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani è complessivamente determinata nel 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, aliquota che, a determinate condizioni e in ragione dell’anno di vigenza del contratto, più essere anche più contenuta. Le ripercussioni sono probabili non solo per le strutture di intermediazione domanda-offerta ma sull’intero mercato del lavoro. Si è cioè flessibilizzato in modo consistente questa tipologia contrattuale, aprendo anche alcuni interrogativi sulla effettiva possibilità di espletare la prevista attività formativa da parte dell’apprendista nel caso di durate molto ridotte del contratto. 4.1.4. Implicazioni date dalla possibilità per l’impresa di forma- zione interna La possibilità per l’azienda di svolgere al suo interno parte della formazione per erogare competenze professionalizzanti di tipo tecnicoscientifico ed operativo o l’intera formazione, prevedendo quindi anche la realizzazione della formazione per acquisizione di competenze di base e trasversali, costituisce sicuramente un’opportunità favorevole per l’azienda ma porta con sé anche dei possibili elementi di criticità. Svolgere parte o tutta la formazione a carico dell’azienda può portare all’introduzione di nuovi contenuti e a nuove e proficue forme di integrazione fra impresa ed agenzie formative, in particolare per ambiti che riguardano gli aspetti metodologici, un monitoraggio efficace, una 66 maggiore e più adeguata formazione dei tutor, ma apre anche possibili scenari intrisi di forte criticità. Questa possibilità, infatti, potrebbe esser letta da parte dell’azienda come un escamotage per bypassare l’impegno formativo nei confronti dell’apprendista o comunque scelta per l’agevolazione che comporta avere costantemente l’apprendista all’interno dell’impresa. Attenta valutazione deve perciò essere fatta da parte dell’impresa circa le proprie possibilità formative e, qualora non siano in grado di gestire appieno la formazione apportandovi l’atteso valore aggiunto, parrebbe più opportuno avvalersi, per tutti gli aspetti attuativi, dell’agenzia formativa. Ancora, il rischio sembrerebbe anche quello che la possibilità data all’impresa di avere una diminuzione contributiva in cambio dell’erogazione di formazione faccia del primo aspetto una priorità e del secondo un elemento più marginale e di minor importanza per l’impresa. E nel senso della prevalenza del vantaggio economico sull’impegno formativo può esser letta la possibilità prevista dalla normativa per cui anche una cooperativa con un appalto di alcuni mesi possa assumere un apprendista: quest’ultimo verosimilmente non avrà qualificazione al momento in cui la cooperativa si scioglie (al di là della qualifica). Si tratta di un aspetto che si lega a quanto prima evidenziato in merito alla maggiore flessibilità che a livello normativo caratterizza attualmente l’apprendistato. 4.1.5. Contenuti formativi e finalità della formazione La tipologia di contenuti formativi erogabili durante la formazione degli apprendisti rimanda ad aspetti che si legano a situazioni di carattere logistico ed organizzativo ma concerne anche, e in modo non irrilevante, le finalità attribuite alla formazione stessa. Sul primo versante la possibilità di erogazione di contenuti formativi non generici risente strettamente delle modalità di formazione delle classi. Risulta, infatti, difficile alle agenzie formative specializzare molto i contenuti con apprendisti che provengono da differenti aziende e sono riconducibili a profili professionali differenti, più agevole lo è nel caso di apprendisti provenienti dalla stessa azienda. Anche uniformare le attività formative legandole a profili professionali standard, quali quelli dei contratti di lavoro, non sempre è ritenuto possibile dalle agenzie formative: non solo i contratti sono molti, ma spesso i profili dichiarati in sede di assunzione ed accettati dal Centro per l’Impiego non corrispondono ai profili professioni del contratto di lavoro perché 67 derivano dall’esperienza del singolo datore di lavoro che può far riferimento a contratti non più in essere. Ancora, rendono difficile la qualificazione dei contenuti formativi in modo più specialistico la necessità di comporre il gruppo aula nel rispetto dei tempi previsti e la volontà di venir incontro alle richieste delle aziende di dimensioni più piccole che propendono per una formazione più vicina alla sede dell’azienda seppure più generica nei contenuti. Anche le finalità di più ampio respiro attribuite alla formazione determinano il tipo di contenuti che verranno erogati. Se, infatti, il compito dell’attività formativa è fornire, nell’ottica della formazione continua, una preparazione che renda l’apprendista preparato ad affrontare il suo futuro lavorativo non necessariamente legato alla singola mansione svolta durante il periodo di durata del contratto di apprendistato, dovranno essere erogate non solo competenze specifiche ma anche contenuti di carattere più generale. Anche in questo quadro non facile l’accordo dei diversi attori sui contenuti da erogare e su chi debba decidere quali debbano essere. Vista la difficoltà di veicolare contenuti formativi più tradizionali nelle ore a disposizione, si suggerisce di inserire insegnamenti volti alla valorizzazione del lavoro pratico e dell’imprenditorialità, individuando negli enti bilaterali il soggetto deputato ad individuare ed inserire nei piani formativi tali contenuti. Ma poiché l’esperienza delle agenzie formative mostra come gli apprendisti non abbiano un atteggiamento favorevole nei confronti della formazione e di specifici contenuti formativi, la via precorribile per suscitare un loro maggiore interesse è quella di puntare ad una formazione di tipo esperenziale facendo confrontare gli apprendisti con gli occasionali colleghi di lavoro sul ciclo produttivo in una dinamica positiva di confronto fra diverse organizzazione e procedure lavorative pur se in relazione a mansioni diverse. 68