I voti alla formazione.
Successi e criticità
delle attività formative
Tracce per il futuro
Risultati dei seminari di confronto e riflessione
ANANKE
Il Rapporto “I voti alla formazione. Successi e criticità delle attività formative. Tracce per il futuro”
è stato realizzato dal Cles S.r.l. nell’ambito delle Azioni di assistenza tecnica in capo alla Provincia
di Torino a valere sul POR Ob. 3 – FSE 2000-2006, Misura F.2 della Regione Piemonte
Coordinamento scientifico: Paolo Leon
Responsabile della ricerca: Daniela Pieri
Coordinamento operativo: Loredana Venditti
Per la società Cles, hanno collaborato alla ricerca:
Daniela Pieri, Loredana Venditti, Viola delle Piane, Chiara Luigini, Valerio Levi, Gabriele
Levi, Carlo del Castello, Paolo Calbucci
La rilevazione telefonica è stata curata dalla società Infratest S.p.A.
Per la Provincia di Torino, hanno collaborato alla ricerca:
Ludovico Albert, Lorenzo Careglio, Gaudenzio Como, Alessandra Dello Monaco, Rosalba
Fasolo, Sandra Luparia, Patrizia Manzin, Angela Marra, Stefania Massara, Paola Mussino,
Giuseppe Odorizzi, Enrica Pejrolo, Mauro Spigariol
Ha collaborato alla ricerca Livio Pescia
© 2009 ANANKE srl
Tutti i diritti riservati / All rights reserved
ANANKE srl
Via Lodi 27/C - 10152 Torino (Italy)
www.ananke-edizioni.com E-Mail: [email protected]
ISBN 978-88-7325-
Indice
Introduzione.......................................................................................... 1
1. Il diritto come dovere all’apprendimento - Un sistema integrato
e flessibile per la promozione degli accessi e della domanda........ 3
1.1. La strategia europea e il quadro normativo nazionale............... 3
1.2. La programmazione regionale e provinciale.............................. 7
1.3. Il quadro attuativo provinciale................................................... 9
1.4. I risultati della ricerca.............................................................. 11
1.5. Le esperienze............................................................................ 16
1.6. Osservazioni conclusive e proposte......................................... 17
1.6.1. Nuove priorità programmatorie......................................... 18
1.6.2. Qualità dell’offerta e qualità delle competenze acquisite 18
1.6.3. Supporto alla domanda...................................................... 20
1.6.4. Risorse finanziarie............................................................. 20
1.6.5. Monitoraggio e valutazione............................................... 21
2. Le politiche e gli strumenti per il sostegno all’inserimento
lavorativo dei soggetti deboli: la rete territoriale per la presa
in carico unitaria........................................................................... 22
2.1. La strategia europea e il quadro normativo di riferimento....... 22
2.2. La programmazione regionale e provinciale............................ 25
2.3. Il quadro attuativo provinciale................................................. 26
2.4. I risultati della ricerca.............................................................. 28
2.5. Le esperienze............................................................................ 30
2.6. Osservazioni conclusive e proposte......................................... 31
2.6.1. I fattori di conversione...................................................... 31
2.6.2. La programmazione dei corsi FAL................................... 32
2.6.3. L’integrazione delle politiche e le reti territoriali............. 33
3. Le esperienze lavorative per l’individualizzazione della
qualificazione iniziale: l’apprendistato......................................... 35
3.1. Il quadro normativo di riferimento........................................... 35
3.2. La programmazione regionale e provinciale............................ 39
3.3. Il quadro attuativo provinciale................................................. 40
3.4. I risultati della ricerca.............................................................. 41
3.5. Le esperienze............................................................................ 43
3.6. Osservazioni conclusive e proposte......................................... 44
3.6.1. Apprendistato e target raggiunti........................................ 44
3.6.2. Aspetti finanziari............................................................... 46
3.6.3. Flessibilizzazione della forma contrattuale....................... 46
3.6.4. Implicazioni date dalla possibilità per l’impresa di
formazione interna....................................................................... 46
3.6.5. Contenuti formativi e finalità della formazione................ 47
Appendice . ....................................................................................... 49
Il diritto come dovere all’apprendimento - Un sistema integrato
e flessibile per la promozione degli accessi e della domanda......... 49
Le politiche e gli strumenti per il sostegno all’inserimento
lavorativo dei soggetti deboli: la rete territoriale per la presa in
carico unitaria.................................................................................. 50
Le esperienze lavorative per l’individualizzazione della
qualificazione iniziale: l’apprendistato........................................... 51
Introduzione
La Provincia di Torino ha promosso il monitoraggio qualitativo delle
principali azioni di formazione co-finanziate FSE attuate nel 2005-06
attraverso la realizzazione di indagini di customer satisfaction e di follow-up realizzate dal RTI costituito dal Cles S.r.l e da TNS Infratest
S.p.A., aggiudicatario dello specifico bando emanato della Provincia
stessa, nell’ambito delle Azioni di assistenza tecnica al POR Ob. 3 –
FSE 2000-2006, a valere sulla Misura F.2.
L’attività di valutazione, realizzata nel corso del 2007, ha verificato
la qualità della didattica e il grado di soddisfazione degli allievi coinvolti nonché la condizione/posizionamento degli utenti a seguito della
frequenza dei principali dispositivi formativi messi in atto dalla Provincia di Torino nell’annualità 2005-06.
I risultati dell’attività sono stati raccolti in una pubblicazione “I voti
alla formazione – Successi e criticità delle attività formative – Tracce
per il futuro” e presentati nel Convegno tenutosi a Torino il 6 novembre
2008 al quale hanno partecipato soggetti istituzionali, parti sociali e
organismi di formazione.
Nel Convegno, gli esiti dell’indagine sono stati presentati in coerenza
con le aspettative e le motivazioni dei singoli e della comunità locale
e sono stati inquadrati nel complesso delle attività svolte dalla Provincia per l’istruzione e la formazione professionale. Il percorso valutativo è stato, inoltre, messo in raccordo con le altre attività ordinarie di
monitoraggio e verifica qualitativa in atto, nella consapevolezza che la
valutazione deve essere considerata un patrimonio comune della collettività fornendo, insieme agli interventi di analisi dei bisogni, indicazioni preziose circa i percorsi intrapresi e le modalità per loro eventuali
revisioni.
Il ruolo della formazione professionale e le sue prospettive, in un momento particolarmente critico per il sistema socio-economico del Paese
e del territorio di riferimento, sono stati approfonditi con il contributo
dell’Amministrazione regionale e provinciale, di esperti, di rappresen
tanti delle parti sociali e delle agenzie formative al fine di delineare
strategie e priorità.
È stata espressa soddisfazione per i risultati che evidenziano l’alta qualificazione degli insegnanti e dei docenti della formazione professionale,
al di là di ogni possibile pregiudiziale, soprattutto nel confronto con gli
insegnanti della scuola, disegnando nuove piste per l’integrazione dei
sistemi che hanno radici nelle sperimentazioni promosse dal FSE, ma
che devono trovare una sistematizzazione nel nuovo quadro legislativo
nazionale, con un maggiore raccordo tra istituzioni centrali, Regioni ed
EE.LL.
L’insieme delle opportunità formative messe in campo ha portato a risultati diversificati che confermano la formazione quale leva importante per il territorio ed evidenziano un ruolo nuovo per la formazione
professionale, soprattutto in periodi di minore disponibilità di risorse,
che richiede però una forte qualificazione dell’offerta, una promozione
della domanda consapevole, nuove forme di gestione pubblico-privato,
il consolidamento delle reti territoriali per fare sistema a livello locale.
Sembra necessaria una programmazione dell’offerta più flessibile, più
strettamente collegata ai diversi ammortizzatori sociali e alle misure
messe in campo per contenere gli impatti della crisi economica, anche considerando che i risultati dell’indagine delineano un sistema che
costituisce un consolidato importante in termini di risorse umane, di
strutture, di attrezzature, di approcci e capace, quindi, di capitalizzare i
risultati per affrontare nuove sfide.
Lo sviluppo del capitale umano rappresenta un elemento di stabilità
per il sistema socio-economico e riduce elementi di incertezza nelle
persone, in un momento in cui alla Pubblica Amministrazione viene
richiesto di prendere decisioni efficaci - rivedendo anche il preesistente
quadro programmatorio e investendo maggiormente in istruzione-formazione-cultura-ambiente - alle imprese e ai sindacati di agire insieme,
al sistema dell’offerta di anticipare gli sviluppi alla fine della crisi, con
più autonomia rispetto alla domanda di lavoro.
La Provincia di Torino ha ritenuto, inoltre, utile riflettere ulteriormente
su alcuni degli aspetti emersi dall’indagine. Accanto alla giornata dedicata al Convegno di presentazione dei risultati e di riflessione sulle
prospettive e il ruolo della formazione sono stati, quindi, programmati
3 seminari sugli specifici temi:
- il diritto come dovere all’apprendimento;
- l’inclusione sociale;
- l’apprendistato.
I tre seminari sono stati organizzati presso l’Istituto Superiore “Beccari”, tra il 20 e il 21 novembre, con il supporto e le testimonianze dei
principali soggetti coinvolti, al fine di raccogliere punti di vista e indicazioni a partire dall’analisi congiunta dei risultati dell’indagine.
L’obiettivo è stato cioè il confronto e la capitalizzazione delle esperienze, al fine di individuare, sulla base dei principali punti di riferimento che emergono dall’indagine, indicazioni utili alla programmazione
provinciale che è chiamata ad effettuare scelte strategiche, in presenza
di un quadro normativo e politico-economico incerto e fortemente problematico.
I principali elementi di discussione emersi nel corso della realizzazione dei tre seminari sono di seguito evidenziati. Si è scelto di presentare gli interventi raggruppandoli per tematiche omogenee piuttosto
che descriverli secondo la sequenza con cui si sono succeduti in termini
temporali e di attribuzione nominale.
10
1 - Il diritto come dovere
all’apprendimento - Un sistema
integrato e flessibile per la promozione
degli accessi e della domanda
Per quanto riguarda “il diritto come dovere all’apprendimento” l’attività di valutazione delle azioni di formazione ha messo in evidenza il
valore dei percorsi per l’assolvimento per il diritto dovere di istruzione e formazione e per il rientro in formazione rivolti a soggetti che,
per caratteristiche personali o socio-economiche, non sempre trovano
nei percorsi di istruzione classici una adeguata risposta alle loro esigenze.
Questi percorsi hanno facilitato il loro inserimento lavorativo, ma
soprattutto il loro reinserimento nell’istruzione, nella formazione e nell’apprendistato.
La giornata di studio specificamente dedicata ha visto l’intervento,
oltre che dei ricercatori del Cles, di un esperto delle problematiche educative, di rappresentanti della Provincia di Torino, degli istituti scolastici e degli organismi di formazione, che hanno anche portato elementi
utili per il confronto della realtà provinciale con il quadro nazionale e
con altre esperienze territoriali.
Le tematiche proposte per la discussione sono state:
- il diritto all’apprendimento come uno dei diritti di cittadinanza nella
società della conoscenza;
- la costruzione di un sistema integrato territoriale;
- la modularizzazione e la flessibilizzazione dei percorsi;
- la valorizzazione degli apprendimenti;
- la rete integrata di orientamento e di accompagnamento al lavoro.
I contenuti e le tesi esposte nel seminario sono presentati per ambiti tematici a partire dal quadro normativo nazionale, dalla programmazione
regionale e provinciale, dal quadro attuativo provinciale, cui seguono i
risultati della ricerca, le esperienze formative realizzate, le nuove priorità programmatorie, la qualità dell’offerta e delle competenze acquisite, il supporto alla domanda, le risorse finanziarie, il monitoraggio e la
valutazione delle attività formative. A premessa, linee indicative della
strategia europea in tema di diritto-dovere all’apprendimento.
11
1.1. La strategia europea e il quadro normativo nazionale
Il tema del diritto-dovere all’apprendimento ha uno specifico riferimento negli obiettivi definiti dai diversi Consigli di Lisbona tra i quali è
importante ricordare che:
- dovrebbe essere previsto un sostanziale aumento annuale degli investimenti pro capite in risorse umane;
- il numero dei giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno assolto solo
il primo ciclo di studi secondari e che non continuano gli studi né
intraprendono altro tipo di formazione dovrebbe essere dimezzato
entro il 2010;
- tra scuole, centri di formazione, imprese e strutture di ricerca dovrebbero essere istituiti partenariati di apprendimento a vantaggio
di tutti gli utenti.
La politica europea di coesione ha assunto il ruolo di strumento principale per attuare queste priorità con l’obiettivo di innescare dinamiche di
sviluppo capaci di realizzare più crescita e più posti di lavoro.
In questo ambito e in relazione al periodo di programmazione appena iniziato, il Fondo Sociale Europeo (FSE) - disciplinato dal Regolamento (CE) n. 1081/2006 e dalle disposizioni del Regolamento (CE) n.
1083/2006 - contribuisce a realizzare le priorità dell’Unione Europea
migliorando le possibilità di occupazione e di impiego.
L’azione del Fondo Sociale è ispirata, tra gli altri, ai seguenti principi:
- centralità dell’intervento sulle risorse umane, quale indispensabile
fattore per il conseguimento dei complessivi obiettivi di sviluppo,
coesione ed occupazione;
- valorizzazione del partenariato interistituzionale, con le parti sociali
e con gli altri attori rilevanti;
- rafforzamento della qualità, dell’efficacia, dell’integrazione dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro e della loro capacità di coniugare l’inclusività degli interventi con la promozione
dell’eccellenza e dell’innovazione.
In una moderna società della conoscenza, così come delineata dalle
strategie europee, il diritto all’apprendimento ha natura eminentemente
individuale in quanto collegato a capacità cognitive e bisogni differenziati e a garanzia di quel diritto deve essere sviluppato un insieme di
condizioni che rendono possibile e utile l’apprendimento.
In questo contesto la nozione di diritto all’apprendimento (necessi12
tà dell’individuo) si trasforma in nozione di dovere all’apprendimento
(obbligo morale e materiale per l’individuo) e, a garanzia che gli aspetti
di scelta prevalgano su quelli d’obbligo, bisogna prevedere un governo
equilibrato di tre fattori:
- accesso all’apprendimento (sviluppo della domanda, equità degli
accessi, dotazioni di risorse necessarie);
- risorse per l’apprendimento (regolazione dell’offerta, qualità dell’offerta, rispondenza ai bisogni;
- valore dell’apprendimento (valorizzazione dei risultati dell’apprendimento, riconoscibilità, uso e scambio).
L’attuale quadro legislativo nazionale che norma questi tre fattori ha la
sua genesi politico-culturale nella legge del 28 marzo 2003, n. 53, recante la “Delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione
e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, la “legge Moratti”, che include espressamente, fra
i principi e criteri direttivi, la promozione dell’apprendimento in tutto
l’arco della vita e l’assicurazione a tutti del diritto all’istruzione e alla
formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età. I canali che devono garantire
l’esercizio di tale diritto sono il sistema dell’istruzione (nazionale) e
quello dell’istruzione e formazione professionale (regionale).
La frequenza dei suddetti percorsi di istruzione e formazione configura, per i cittadini coinvolti, un diritto soggettivo pieno cui è correlato
un dovere legislativamente sanzionabile.
Con la Legge Finanziaria 2007 – legge del 27 dicembre 2006, n. 296 - il
sistema del diritto-dovere, come sopra descritto, è stato modificato in
maniera significativa attraverso una rivisitazione complessiva delle modalità di adempimento dell’obbligo di istruzione. La legge finanziaria
per il 2007 ha, infatti, previsto che l’istruzione obbligatoria venga impartita per almeno dieci anni, a decorrere dall’anno scolastico 2007/08;
conseguentemente i livelli di istruzione considerati indispensabili per
l’esercizio dei diritti di cittadinanza sono quelli previsti dai curricola
relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore
e l’età per l’accesso al lavoro è elevata dai quindici ai sedici anni. Si
parla per la prima volta di obbligo di istruzione e non più di obbligo
scolastico.
Il DM del 22 agosto 2007, n. 139 “Regolamento recante norme in
materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”, nel suo allegato
13
tecnico, definisce quali sono le competenze chiave da raggiungere alla
fine del biennio dell’obbligo di istruzione che rappresentano obiettivi di
apprendimento per qualsiasi tipologia di percorsi del biennio.
La legge del 6 agosto 2008, n. 133 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività,
la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”
ha parzialmente modificato le precedenti disposizioni della legge n.
296/2006, concernenti l’innalzamento dell’obbligo di istruzione. L’art.
64, infatti, consente, anche sulla base delle esperienze significative realizzate nei diversi ambiti regionali, di assolvere l’obbligo di istruzione, oltre che nei percorsi scolastici, anche nei percorsi di istruzione e
formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo 17
ottobre 2005, n. 226, e - fino alla completa messa a regime delle disposizioni contenute nel predetto decreto - anche nei percorsi sperimentali
di istruzione e formazione professionale di cui all’Accordo del 19 giugno 2003 realizzati da strutture formative accreditate ai sensi del DM
del 29 novembre 2007, n. 263.
Per quanto riguarda il riconoscimento del valore dell’apprendimento,
il sistema comune di standard professionali, formativi, di certificazione
e di attestazione è, in questo ambito, una risorsa chiave di funzionamento dell’economia e della società della conoscenza, contribuendo al
raggiungimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona. Come tale,
esso non è dissociabile dalle più complessive riforme che interessano i
sistemi educativi e formativi e il mercato del lavoro.
In tale prospettiva, la certificabilità delle competenze da un lato e
l’allestimento di una offerta formativa basata su standard di competenze, dall’altro, rappresentano in modo stabile due aspetti della strategia
di costruzione ed attuazione del quadro comune delle qualificazioni.
I principali riferimenti formativi per quanto riguarda gli standard e la
certificazione sono:
- il Decreto Legislativo del 10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di
cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30” nel quale viene riproposto
il libretto formativo per la registrazione delle competenze acquisite durante esperienze di formazione (apprendistato, formazione di
base e specialistica, formazione continua), maturate durante la vita
e realizzata da soggetti accreditati dalle Regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale;
- l’Accordo firmato in Conferenza Unificata del 28/10/2004 che di14
chiara come principi fondamentali la spendibilità delle certificazioni ed il riconoscimento dei crediti formativi acquisiti nel sistema
dell’istruzione e della formazione, l’unitarietà e la pari dignità dei
sistemi di istruzione e formazione, la valorizzazione della qualifica
professionale ottenuta al termine dei percorsi triennali sperimentali,
la garanzia di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione, prevedendo idonee misure di sostegno e modalità di recupero
dei crediti, l’estensione degli effetti dell’Accordo a coloro che abbiano compiuto 18 anni di età;
- la legge del 2 aprile 2007, n. 40 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”
che individua la “finalizzazione del conseguimento di qualifiche e
diplomi professionali di competenza delle Regioni compresi in un
apposito repertorio nazionale” come obiettivo degli “organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di
istruzione e formazione professionale”.
Per quanto riguarda l’attuazione dei più recenti dispositivi, il Ministero
della Pubblica Istruzione ha costituito una Commissione nazionale per
la definizione delle linee guida per l’obbligo di istruzione che ha fino
ad oggi realizzato un monitoraggio quantitativo delle diverse soluzioni
messe in atto nei diversi territori in relazione ai primi due anni dopo
la conclusione del primo ciclo. Questo monitoraggio ha permesso di
definire il sistema nelle sue linee portanti, ma manca ancora un approfondimento in termini di modalità di attuazione, di modelli didattici, di
sistemi di reclutamento, ecc.
Si è definito un quadro unificato delle competenze in uscita, all’interno del quale è possibile ripensare al biennio dell’obbligo di istruzione,
ma non è ancora stato definito un modello unico di certificazione, in
un rinnovato quadro di equivalenza formativa. È indispensabile che le
competenze di soglia siano riconoscibili ed equiparabili.
Il biennio dell’obbligo di istruzione ha una doppia vocazione, una
come conclusione di una fase del percorso formativo e l’una di conseguimento di competenze capitalizzabili all’interno di una reale equivalenza formativa. In assenza di un disegno complessivo definito, acquistano
forza e valore le esperienze regionali, sulla base delle quali sembra si
pongano sempre nuovi obiettivi per il sistema di istruzione e formazione professionale: combattere la dispersione scolastica e formativa, ac15
crescere la qualità dell’offerta e delle competenze acquisite, aumentare
la cultura scientifica, preparare quadri tecnici che meglio rispondano ai
bisogni delle aziende. Sicuramente i percorsi messi in atto fino ad oggi
rappresentano modelli molto efficaci per combattere l’esclusione e la
dispersione, per conseguire gli altri più ambiziosi obiettivi è necessario un ripensamento condiviso e approfondito che non solo consenta
di sistematizzare le esperienze e diffonderle, ma anche di individuare
modalità innovative sia didattiche che organizzative.
Questo può avvenire solamente in un sistema integrato che faccia
capo ad un forte governo territoriale.
1.2. La programmazione regionale e provinciale
In riferimento al diritto-dovere, il Programma Operativo Regionale e il
Complemento di Programmazione per il periodo 2000-2006 prevedevano attività all’interno dell’Asse A e dell’Asse C.
All’interno dell’Asse A “Sviluppo e promozione di politiche attive
del lavoro per combattere e prevenire la disoccupazione, evitare a donne e uomini la disoccupazione di lunga durata, agevolare il reinserimento dei disoccupati di lunga durata nel mercato del lavoro e sostenere l’inserimento nella vita professionale dei giovani e di coloro, uomini
e donne, che si reinseriscono nel mercato del lavoro”, e in particolare
della Misura A2 “ Inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro
di giovani e adulti” erano programmate:
- azioni integrate di formazione, orientamento e work experiences;
- azioni integrate di formazione, orientamento e work experiences
per l’inserimento diretto in impresa;
- servizi per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro;
- progetti integrati di inserimento e reinserimento lavorativo.
Tra le principali finalità di questa Misura vi era quella di supportare
l’inserimento lavorativo di giovani che, avendo raggiunto l’obbligo
scolastico, necessitano di sostegni più o meno specialistici per favorire
una maggiore corrispondenza tra le loro conoscenze e capacità ed i fabbisogni delle imprese. In particolare, erano previsti percorsi formativi
integrati con significative esperienze di lavoro finalizzati all’acquisizione di qualifiche di base e volti all’assolvimento dell’obbligo formativo
(biennali per soggetti in uscita dalla scuola dell’obbligo, annuali per
soggetti che avevano abbandonato gli studi o che erano in possesso di
crediti formativi acquisiti attraverso precedenti esperienze di lavoro).
1 - Sintesi dei risultati dell’indagine
In riferimento a questi indirizzi la Provincia di Torino già a partire
dalla programmazione 2004-2007 ha attuato:
- percorsi triennali di qualifica rivolti prioritariamente a giovani
14enni che hanno terminato il I ciclo di istruzione;
- percorsi di qualifica di durata biennale rivolti generalmente a giovani che hanno frequentato almeno un anno di scuola superiore o a
giovani in possesso di crediti formativi;
- percorsi annuali destrutturati per gli allievi che non trovano nei percorsi più classici una risposta adeguata alle loro esigenze;
- integrazioni handicap per allievi diversamente abili inseriti nei percorsi triennali e biennali;
- progetti brevi, individuali o in piccoli gruppi, per il recupero e lo
sviluppo degli apprendimenti indirizzati agli allievi che intendono
passare dalla formazione all’istruzione (LA.R.SA.);
- progetti brevi, individuali o in piccoli gruppi, finalizzati a favorire
il passaggio dalla scuola alla formazione, in percorsi formativi già
avviati (sostegni);
- percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale (biennio
integrato con gli istituti tecnici e licei, triennio integrato con gli istituti professionali).
Nell’anno 2007-2008 la Provincia ha inoltre introdotto e finanziato
progetti sperimentali di innovazione curricolare nel primo biennio degli Istituti professionali di Stato (Progetti IPS). Ogni istituto scolastico
aveva la possibilità di scegliere tra 4 diverse modalità di erogazione, a
seconda dei fabbisogni formativi individuati come prioritari per i propri
allievi. Le modalità 1 e 3 hanno previsto attività di tipo curricolare finalizzate ad innovare metodologie e strumenti didattici e di valutazione,
mentre le modalità 2 (2.A e 2.B) sono state finalizzate a contrastare la
dispersione scolastica e a recuperare i debiti formativi degli allievi in
difficoltà attraverso attività extracurricolari e pomeridiane.
Proprio le esperienze realizzate nell’ambito del POR 2000-2006 hanno
permesso di mettere a punto nuove politiche regionali che sono state recepite nella legge regionale del 28 dicembre 2007, n. 28 “Norme sull’istruzione, il diritto allo studio e la libera scelta educativa” che pone in atto
quelle condizioni che permettono a tutti i cittadini di esercitare il diritto
all’apprendimento per raggiungere il successo scolastico e formativo.
Per quanto riguarda la programmazione 2007-2013 co-finanziata dal
FSE, gli interventi riferiti ai percorsi presi in esame possono essere capitalizzati e inseriti nel nuovo Asse Capitale Umano.
17
1
I principi del diritto dovere sono presenti nel nuovo Asse in particolare per quanto riguarda:
- l’integrazione intesa non solo come programmazione unitaria dell’offerta formativa ma anche come concezione unitaria delle politiche dell’apprendimento che devono comprendere al loro interno
quelle educative, ma anche quelle del lavoro dell’inclusione sociale,
dello sviluppo culturale, della ricerca e dell’innovazione del sistema
produttivo;
- la centralità della persona e la garanzia per tutti i cittadini di poter
esercitare il diritto di accesso alle occasioni formative;
- la continuità educativa da assicurare attraverso un quadro coerente
dell’offerta e da supportare con una rete territoriale diffusa di interventi di orientamento e di sostegno nei passaggi tra i diversi livelli,
canali e segmenti formativi.
In questo ambito una attenzione specifica viene “riservata al potenziamento e diversificazione delle forme di integrazione tra istruzione e
formazione professionale privilegiando ambiti di raccordo a carattere
innovativo e funzionali comunque al conseguimento di competenze comuni a tutta la popolazione assoggettata all’obbligo di istruzione”.
In considerazione delle recenti innovazioni introdotte nella riforma
del nuovo ciclo di istruzione (integrazione scuola/formazione, corsi
triennali, ecc.), potranno essere attivati percorsi e progetti formativi
che, portando avanti le sperimentazioni già in atto nei diversi contesti
territoriali e rafforzandone l’impianto metodologico gestionale, potranno rappresentare un punto di riferimento valido per l’intero territorio
nazionale in attesa di un quadro definito a livello centrale. Tali percorsi
sembrano particolarmente significativi per contribuire all’innalzamento
dei livelli medi di competenza della popolazione regionale.
Con una forte governance istituzionale, verticale e orizzontale e nel
quadro di una programmazione e obiettivi unitari condivisi, questi percorsi di assolvimento dell’obbligo potranno essere attuati separatamente
o congiuntamente dalle istituzioni scolastiche e dalle agenzie formative
mantenendo ciascuna la propria specificità, autonomia e responsabilità
didattica e curricolare.
1.3. Il quadro attuativo provinciale
Nell’ambito della fase di programmazione conclusa, il sistema provinciale ha molto investito nella formazione iniziale, anche con dispositivi
18
di supporto, con la finalità principale della lotta alla dispersione scolastica e formativa.
La Provincia di Torino ha perseguito concretamente il principio della centralità dell’utenza attraverso un’offerta plurale fatta di molteplici
percorsi e differenti canali, esaltando le differenze ma definendo come
obiettivo comune quello dell’innalzamento dei livelli di competenza.
Questa pluralità dell’offerta è nata per meglio risponde alla molteplicità dei bisogni, ai target differenziati, ai diversi stili, tempi e luoghi di
apprendimento.
L’integrazione dei diversi sistemi verso obiettivi condivisi è facilitata
nella Provincia di Torino da un assetto istituzionale che vede un Assessorato unico per l’istruzione e la formazione professionale, rendendo
possibile la programmazione congiunta e l’assegnazione delle risorse
condivisa, lo scambio degli approcci, il coordinamento degli interventi,
la verifica comune e un raccordo forte con il sistema lavoro.
In particolare nel 2005-2006 sono stati affidati 20 corsi annuali flessibili, 56 percorsi biennali e 62 percorsi triennali afferenti il Diritto
Dovere di istruzione e formazione professionale, per un totale di 138
percorsi formativi e un importo di 34.538.000 di euro. Gli allievi iscritti
- che hanno frequentato regolarmente i percorsi - sono stati complessivamente 2.454 (1.725 maschi e 739 femmine). Nello stesso anno stati
finanziati 53 progetti di sostegno per l’inserimento di 89 disabili e 48
progetti di sostegno per l’inserimento di 60 allievi provenienti dalla
scuola o dall’area di dispersione scolastica.
Per approfondire specifici aspetti quantitativi e finanziari un quadro
significativo è fornito dal primo Report 2007 - Area Istruzione e Formazione Professionale obiettivi, progetti, azioni, risultati della Provincia
di Torino. In relazione al diritto-dovere il Report prende in considerazione i percorsi attivati per i giovani nella fascia di età 14-18: complessivamente nel 2007 sono state impegnate risorse pari a € 38.919.755,09
in relazione a 752 corsi/progetti avviati che hanno coinvolto 10.677
allievi. Le attività messe a bando per l’assolvimento dell’obbligo formativo hanno riguardato azioni di sostegno all’integrazione dei disabili,
interventi di sostegno per i passaggi tra i sistemi e il recupero della
dispersione, percorsi in integrazione con le istituzioni scolastiche. Ma
sono stati altresì proposti progetti annuali flessibili, interventi per l’integrazione dei disabili, percorsi annuali e biennali di qualifica con crediti
in ingresso, progetti sperimentali per l’innovazione curricolare, sostegni individuali e di gruppo finalizzati al recupero e allo sviluppo degli
apprendimenti, laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti,
19
percorsi biennali integrati con l’istruzione tecnica e con l’istruzione
professionale, percorsi triennali integrati con l’istruzione professionale,
percorsi di qualifica triennali.
In particolare, i percorsi integrati tra formazione professionale e
istruzione possono costituire una innovazione che può rappresentare
un modello per il nuovo obbligo scolastico anche se permangono difficoltà di realizzazione e sarebbe necessaria una revisione gestionale
e una maggiore attenzione agli approcci metodologici che dovrebbero
nascere da una progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi
realmente condivise da parte dei soggetti dei diversi sistemi.
Questi dispositivi, come affermato da alcune realtà che li hanno implementati, sembrano in grado di abbattere i tassi di dispersione scolastica - dato che emerge comparando i risultati tra classi con percorsi
integrati e classi di istruzione non integrati con la formazione professionale dello stesso istituto - di produrre modalità e strumenti efficaci per
l’apprendimento e di promuovere reti tra i diversi soggetti dei sistemi.
Tra le azioni di supporto realizzate sono da segnalare per la loro portata innovativa le attività laboratoriali per accompagnare i 14-16enni
che stanno frequentando un percorso per il conseguimento della licenza
media. Questi laboratori facilitano la permanenza dei giovani nei percorsi scolatici e nello stesso tempo permettono l’acquisizione di crediti
riconoscibili per i percorsi di qualifica, perseguendo nello stesso tempo
l’integrazione delle competenze e la lotta all’esclusione con progetti
part-time e full-time. Per i ragazzi ricompresi nella fascia 16-18 anni
sono stati attivati progetti che in collaborazione con i Centri Territoriali Permanenti per il conseguimento della licenza media. Sono anche
previsti laboratori di lingua italiana e di educazione alla cittadinanza a
sportello, che si sono rilevati estremamente utili per i giovani extra-comunitari che frequentano con difficoltà i percorsi di qualifica e che attraverso questi laboratori ricevono una offerta individualizzata che tende anche a recuperare le tante e diverse esperienze - formative, di vita
e di lavoro – pregresse. Queste attività laboratoriali possono supportare
le uscite e i rientri che i giovani in difficoltà effettuano nei percorsi formativi e scolastici e che spesso non coincidono con quelli formalmente
definiti dai calendari scolastici.
Queste esperienze sono senz’altro significative per affrontare le sfide
poste dalla nuova programmazione in merito alle politiche dell’apprendimento da mettere in atto attraverso quei dispositivi che permettano a
tutti i cittadini l’esercizio dei propri diritti alla crescita personale e professionale, mettendoli in grado di contribuire attivamente allo sviluppo
20
sociale e produttivo dei contesti territoriali, amministrativi e produttivi
nei quali vivono e lavorano.
I dati seguenti, per l’anno in corso 2008-2009, forniscono l’ordine
di grandezza dell’entità degli interventi formativi finanziati dalla Provincia di Torino e del coinvolgimento dei ragazzi e delle ragazze in
obbligo formativo.
I progetti di innovazione curricolare nel primo biennio degli Istituti professionali di Stato
Modalità 1
Modalità 2.a
Modalità 2.b
Modalità 3
Bando 2007-08
13 progetti
3 progetti
1 progetto
1 progetto
Bando 2008-09 (reiterati)
11 progetti
2 progetti
1 progetto
1 progetto
Bando 2008-09 (nuovi)
15 progetti
3 progetti
16 progetti
1 progetto
Totali
39 progetti
8 progetti
18 progetti
3 progetti
Percorsi di formazione professionale triennali, biennali, annuali
Tipologia percorso
I anno
II anno
III anno
Triennali
Biennali
65 classi
66 classi
65 classi
63 classi
66 classi
Annuali
Totali classi
Allievi
30 classi
161 classi
2.737
128 classi
2.176
66 classi
1.122
Totale allievi
6.035
Percorsi integrati scuola e formazione professionale
Tipologia percorso
I anno
II anno
III anno
Totale allievi
Istituto tecnico
Istituto professionale
Totale classi
Allievi
24 classi
24 classi
48 classi
1.104 allievi
26 classi
28 classi
54 classi
1.242 allievi
2 classi
33 classi
35 classi
806 allievi
3.152
Progetti di sostegno, La.R.S.A., Integrazione H - anno 2007-2008
Tipologia progetti
n. progetti
n. allievi
Sostegni
90
150
La.R.S.A.
24
154
Integrazioni H
150
260
21
1.4. I risultati della ricerca
L’analisi dei risultati della ricerca realizzata dal RTI Cles S.r.l./TNS
Infratest S.p.A. in relazione a percorsi formativi realizzati nel 2005-06
si è focalizza, per quanto riguarda il diritto/dovere all’apprendimento,
su tre dispositivi:
- corsi di durata annuale;
- corsi di durata biennale;
- corsi di durata triennale.
Questi dispostivi sono stati considerati unitariamente in quanto i percorsi hanno:
- conseguito, come risultato previsto o inatteso dall’implementazione
dei dispositivi, un significativo rientro nei sistemi della formazione
e dell’istruzione;
- contribuito all’innalzamento dei livelli di istruzione/formazione,
come richiesto dal Consiglio di Lisbona e dalle nuove sfide che attendono il sistema socio-economico territoriale, dopo il superamento dell’attuale fase di crisi;
- sperimentato al loro interno, a diversi livelli di sviluppo, segmenti
significativi di quelle politiche che è necessario mettere in atto per
permettere agli individui l’esercizio del diritto all’apprendimento e
la scelta tra diverse opzioni nell’ottemperare al dovere all’apprendimento (accoglienza e orientamento, riconoscimento dei crediti
maturati nei diversi sistemi, certificazione delle competenze, integrazione dei dispositivi e dei canali, modularizzazione dei percorsi,
reti tra i soggetti, ecc.);
- realizzato percorsi che, del tutto o solo in parte, possono essere riproposti nel nuovo Asse Capitale Umano previsto nel Programma
Operativo Regionale co-finanziato dal FSE per il periodo 2007-2013
al fine di aumentare la partecipazione alle opportunità formative e
innalzare i livelli di apprendimento e conoscenza anche con percorsi per il rientro nel sistema educativo formale ai fini dell’occupabilità.
Importante, quindi, approfondire le modalità di attuazione, i risultati
conseguiti e le possibilità di miglioramento al fine di capitalizzare esperienze così significative per il sistema.
Problematiche cruciali per la qualificazione del sistema dell’offerta e per la promozione della domanda sono emerse dall’analisi del22
le interviste e del focus group con i beneficiari finali, ma anche dal
confronto con i principali soggetti del territorio, istituzionali e non,
che hanno partecipato al convegno di presentazione dei risultati e al
seminario.
Più nello specifico, le interviste hanno coinvolto 707 partecipanti ai
diversi dispositivi, il focus group 13 allievi dei corsi biennali. Questo
campione rappresenta complessivamente circa il 24% dell’universo
degli allievi dei corsi considerati che si sono realizzati nell’annualità
2005-2006, in percentuale maggiore per i corsi biennali e triennali,
con numeri più contenuti in riferimento agli annuali.
È interessante esaminare le caratteristiche del campione considerato, anche in relazione ai risultati conseguiti. Per il diritto-dovere si
tratta di allievi, in maggioranza maschi, di età compresa tra i 15 e i 19
anni, in possesso della licenza media. Per quanto riguarda i percorsi
annuali, che sono quelli che probabilmente si distinguono di più dalle
modalità del percorso tradizionale per il conseguimento della qualifica, è da sottolineare che vi è una presenza significativa di stranieri e
una maggioranza di donne.
Le caratteristiche degli allievi vanno anche messe in relazione con
gli obiettivi dei dispositivi e con le motivazioni dei partecipanti. In
questo confronto si evidenzia una prima discrasia, tra politiche e
obiettivi perseguiti nell’ambito dei dispositivi attuativi e le motivazioni iniziali degli allievi.
Mentre nei dispositivi attuativi i corsi annuali sono focalizzati sulla
lotta alla dispersione scolastica, gli utenti intendono utilizzare quei
percorsi per entrare al più presto nel mercato del lavoro e non esprimono la volontà di rientrare a scuola, dove hanno accumulato frustrazioni e delusioni.
Anche per i corsi biennali e triennali la motivazione degli utenti è
l’inserimento nel mercato del lavoro con percorsi ritenuti più brevi
e più finalizzati di quelli scolastici – per i triennali sembra emergere
come motivazione anche l’interesse per i contenuti riferiti a una figura
professionale alla quale si vuole tendere - mentre per l’Amministrazione l’obiettivo principale è quello dell’acquisizione di un titolo di
qualifica professionale.
Questa discrasia mette in luce anche una carenza nei sistemi di
orientamento e supporto alla scelta e va, quindi, anche analizzata alla
luce dei canali utilizzati per acquisire informazioni sul percorso formativo che sono nella grande maggioranza gli amici e i parenti con
alcune differenziazioni interessanti. Per quanto riguarda i percorsi an23
nuali, che sembrano visti quasi come un’ultima “spiaggia” per non
rimanere fuori da ogni circuito formativo, accanto ai genitori/parenti,
come canale informativo, vi è una presenza di servizi pubblici che
sembrano potersi identificare con i dispositivi messi in atto contro
l’evasione dall’obbligo. I servizi di orientamento sembrano essere,
invece, scarsamente efficaci per orientare verso i percorsi biennali e
triennali, dove per contro la scuola assolve un ruolo orientativo sostitutivo e forte.
Confrontando poi gli obiettivi indicati dai dispositivi attuativi e le
motivazioni degli allievi con i risultati in termini di inserimento occupazionale e reinserimento nei sistemi della formazione e dell’istruzione, sono evidenti gli effetti inattesi.
Per i percorsi annuali, accanto a un buon tasso di inserimento occupazionale, certamente conseguito in relazione alle forti motivazioni
al lavoro degli utenti, si rileva una quota interessante di rientri nei
sistemi di istruzione e formazione. Per i biennali, diminuisce l’occupazione e aumenta il rientro, mentre per i triennali il tasso di rientro
supera quello di occupazione.
Questi risultati vanno messi in relazione, oltre che con le caratteristiche degli allievi, anche con l’evoluzione delle loro motivazioni
iniziali. Tutti gli utenti hanno scelto questi percorsi di formazione
professionale, più o meno lunghi, con esperienze formative differenziate alle spalle, ma è comune a tutti un rapporto difficile con il sistema scolastico, con i docenti, con i tempi e i modi di apprendimento,
con l’approccio troppo teorico ai contenuti.
Questi percorsi, in particolar modo i triennali e molto poco gli annuali - perché il superamento di episodi di insuccesso richiede tempi
lunghi - hanno saputo far rinascere la motivazione all’apprendimento, la curiosità e la voglia di approfondire gli argomenti, la fiducia
negli insegnanti e quindi molti partecipanti sono rimasti nei sistemi
formativi, sono tornati a scuola, e non solo perché non hanno trovato
subito lavoro, ma anche credendo di aumentare in questo modo la loro
occupabilità.
È interessante rilevare che i livelli di soddisfazione espressi risultano più elevati tra quelli che hanno deciso di proseguire gli studi. La
maggioranza di quelli che hanno proseguito gli studi, hanno dichiarato di aver incontrato meno difficoltà rispetto alla precedente esperienza scolastica, soprattutto gli allievi dei biennali.
24
Dispositivo
Obiettivi
dell’Amministrazione
Corsi
annuali
Reingresso nella f.p. nella
scuola o nell’apprendistato
Qualifica professionale
con riconoscimento crediti
acquisiti a scuola o sul
lavoro
Qualifica professionale
dopo conclusione I ciclo
Corsi
biennali
Corsi
triennali
Motivazione degli allievi
Tasso di
inserimento
occupazionale
lordo
Tasso di
inserimento
nell’istruzione/
formazione
Occupazione
58,5%
19,5%
Occupazione/
formazione per il lavoro
51,7%
22,1%
Occupazione/interesse
per l’argomento
33,6%
36,8%
I risultati conseguiti con questi percorsi in termini di nuovo inserimento
occupazionale o di rientro in formazione, ma soprattutto di autostima,
di fiducia nelle proprie possibilità di delineare un percorso di sviluppo
personale e professionale, di avere competenze realmente spendibili,
hanno determinato un alto gradimento rispetto all’attività formativa frequentata.
I livelli di soddisfazione espressi per questi tre dispositivi si attestano
intorno al 90%, tra “elevato” e “abbastanza elevato”. I livelli più alti
(94,8%) sono raggiunti per i corsi triennali, in relazione proprio alla capacità di questa offerta di accogliere i destinatari, di sviluppare in loro
un nuovo senso di appartenenza ad una istituzione formativa – dimostrati anche dai più bassi livelli di abbandono – di rimotivarli. I più bassi
(80,4%), ma comunque positivi, sono espressi per i corsi biennali forse
perché al loro interno coesistono spinte al lavoro e all’innalzamento
delle competenze e perché lì pesano maggiormente le esperienze scolastiche pregresse e le motivazioni finali permangono ancora incerte, così
come le modalità più efficaci per utilizzare i saperi acquisiti.
L’alto livello di soddisfazione espresso, se poi approfondito per i diversi elementi didattici, organizzativi e strutturali che compongono le
caratteristiche dell’offerta, disegnano un sistema consolidato, capace di
rispondere efficacemente ad esigenze differenziate, di accogliere target
diversi per età, motivazioni e percorsi pregressi.
25
Aspetti della formazione
Orario in cui si svolgono le lezioni
Numero di ore di lezioni teoriche
Materiale didattico (es. libro, dispense ...)
Attrezzature di supporto alla didattica
Attrezzature dei laboratori
Comfort dei locali
Contenuti delle materie trattate durante il corso
Chiarezza delle spiegazioni degli insegnanti
Disponibilità degli insegnanti a fornire spiegazioni
Capacità degli insegnanti di adattare il programma alle
esigenze degli allievi
Competenza degli insegnanti
Capacità degli insegnanti nel far sentire a loro agio gli allievi
Capacità degli insegnanti a stimolare il suo interesse
Accessibilità dei locali
Soluzioni didattiche per facilitare l’apprendimento
Modalità di svolgimento dell’attività formativa
Contatto con le aziende durante il corso
(oltre al periodo di stage)
Modalità molto+
abbastanza soddisfatto
corsi
corsi
corsi annuali
biennali
triennali
92,7
89,5
80,8
95,2
90,1
87,6
85,3
89,7
89,6
92,7
92,0
91,2
92,7
90,1
90,0
92,7
87,5
92,4
92,7
94,0
92,8
92,7
96,4
95,6
92,7
95,2
95,2
95,2
93,2
93,6
87,8
95,1
87,8
92,7
90,3
92,7
95,7
95,2
92,0
92,1
94
95,2
94,0
94,0
92,0
93,2
92,4
95,6
82,9
82,2
84,0
Emerge con forza la professionalità degli insegnanti come vero “perno”
di tutto il sistema. È la loro competenza, la loro disponibilità a fornire
spiegazioni, la loro capacità di adattare il programma alle esigenze degli allievi, fornendo spiegazioni chiare, che stimolano il loro interesse,
che li fanno sentire a loro agio in una aula formativa. Accanto all’insegnante un posto importante occupano il tutor formativo e quello aziendale che sono descritti come un riferimento importante per sviluppare
nuove capacità di apprendimento e per superare le difficoltà incontrate
in aula e sul lavoro negli stage.
Un buon gradimento è anche espresso per gli aspetti strutturali, come
locali, orari, accessibilità, e per quelli più didattici legati alle modalità
di svolgimento dell’attività formativa, con un forte apprezzamento per
l’attività di stage. Emerge invece come punto di criticità il contatto con
il mondo del lavoro (al di fuori dello stage) forse perché ci si attendeva
un’azione più forte di accompagnamento al lavoro. Sembra che anche
le attività laboratoriali, tranne che per i triennali, debbano essere ulteriormente implementate perché è in generale un approccio più operativo
legato all’applicazione pratica che si chiede a questi percorsi e, quindi,
26
si ottengono minori livelli di soddisfazione per le lezioni teoriche, per i
libri e le dispense, insomma per tutto quello che rimanda alla scuola.
Anche se in modo nettamente inferiore ad altri dispositivi dedicati
ai giovani che hanno conseguito un diploma e una qualifica – master e
corsi post-diploma e post-qualifica – o ad adulti per perfezionare con un
titolo professionalizzante le esperienze di lavoro pregresse – attività per
figure professionali legate alla cura delle persone e dei bambini – questi percorsi, soprattutto i triennali, fanno registrare una forte coerenza
tra percorso formativo, competenze acquisite e qualità dell’inserimento
lavorativo.
La maggioranza degli occupati ha, al momento dell’intervista, un
contratto di lavoro dipendente a tempo determinato; per le donne sono
rilevanti i contratti part-time. Il tipo di collocazione è legata ai settori,
sono in maggioranza gli operai qualificati nell’industria manifatturiera,
gli operai semi-qualificati nel settore delle costruzioni, e i lavoratori
senza qualifica nei servizi.
Le retribuzioni sono nella maggioranza contenute e le imprese presso le quali hanno trovato lavoro i partecipanti sono soprattutto Piccole
e Medie Imprese.
Le competenze acquisite sembrano essere state utili sia per trovare
lavoro sia per lavorare meglio. Sono state utilizzate soprattutto quelle trasversali e quelle tecnico professionali, meno quelle informatiche,
probabilmente in relazione alle mansioni svolte che richiedono poco
l’utilizzo delle NTI in realtà produttive di piccole e piccolissime dimensioni.
1.5. Le esperienze
Interessanti innovazioni sono state introdotte nelle azioni formative
finalizzate all’assolvimento del diritto dovere per l’acquisizione delle qualifiche di base e inserite nella sperimentazione di nuovi modelli
di istruzione e formazione professionale realizzata nel periodo 20022006.
Il modello base è quello dei triennali, ma può avere accessi differenziati a seconda dei crediti riconosciuti rispetto alle competenze acquisite in precedenti percorsi formativi o sul lavoro.
Gli approcci adottati facilitano l’apprendimento con un coinvolgimento attivo dell’allievo – anche attraverso momenti di autoformazione assistita – e una sua forte responsabilizzazione. Viene proposta una
didattica centrata sulle peculiarità dell’allievo, da una lato, e sugli stan27
dard di competenze fissati a livello regionale per i vari profili, dall’altro.
I contenuti vengono integrati in laboratori di apprendimento che comprendono al loro interno aree formative diverse e che integrano attività
d’aula e apprendimento sul lavoro. I piani di studio sono individualizzati e consentono a tutti di conseguire risultati soddisfacenti. Il supporto personalizzato prevede accoglienza e accompagnamento, recupero
dei saperi (moduli di “azzeramento”) per meglio fruire del percorso,
gestione dell’esperienza formativa sul lavoro in collaborazione con il
tutor aziendale.
Per la certificazione delle competenze in questi percorsi sono stati
anche introdotti strumenti significativi come il libretto formativo e il
portfolio che documenta i progressi del singolo studente e le modalità
messe in atto per acquisire nuove competenze e per applicarle nei diversi contesti. Al termine di questi percorsi viene acquisita una qualifica
professionale. Una migliore interazione con il sistema di istruzione può
facilitare il passaggio da un sistema all’altro attraverso “laboratori di
integrazione” e il riconoscimento reciproco dei crediti.
I percorsi di formazione e istruzione professionale che integrano il
canale della formazione professionale e quello dell’istruzione tecnica e
professionale rappresentano, nel panorama dell’offerta formativa provinciale, una modalità con forti elementi di innovatività, finalizzata alla
rivisitazione dei contenuti e degli approcci, con una rinnovata attenzione alle competenze trasversali e a quelle riferite al “saper fare”.
Nei percorsi “classici” proposti dagli Istituti professionali e dagli
Istituti tecnici si registrano nella Provincia di Torino alti tassi di dispersione, con rilevanti percentuali di bocciati e di allievi con “con debito”.
Una analisi delle cause della dispersione e dei risultati dei corsi di recupero ha indirizzato i responsabili degli Istituti tecnici e professionali
verso una via alternativa, volta maggiormente al sostegno a rimanere
dentro il sistema piuttosto che al recupero, una volta usciti. Questa soluzione evita agli allievi esperienze di esclusione e di fallimento che,
come si è visto, è molto difficile superare.
In alcuni Istituti che hanno scelto di sperimentare i percorsi integrati sono stati conseguiti risultati significativi in termini di diminuzione
delle bocciature e degli allievi “con debito”, soprattutto là dove vi è
stata una forte adesione dei docenti. Non sempre l’intero corpo docente
è coinvolto nella sperimentazione, ma la presenza di una offerta innovativa nella scuola rimette in discussione l’approccio didattico di tutti,
seppur, troppo spesso, l’elevato turn over e i pensionamenti rischiano di
azzerare queste esperienze significative, in assenza di una cultura della
28
capitalizzazione, della verifica, della documentazione che permetterebbe di rendere patrimonio permanente della scuola quanto messo in atto
con esiti così rilevanti.
In questi percorsi si sono adottate innovazioni che hanno riarticolato
le classi in gruppi di lavoro intorno a specifiche attività i gruppi-classe
tradizionali, inserendo attività laboratoriali e che hanno prodotto una
contaminazione positiva tra gli approcci della scuola e quelli dell’agenzia formativa.
A seguito dell’inserimento di nuove modalità di apprendimento, più
vicine all’operatività, è stato possibile da parte dei consigli di classe,
enucleare, riconoscere e certificare competenze nuove che non emergono nei percorsi tradizionali e che si possono trasformare in crediti per la
prosecuzione degli studi.
Queste esperienze, anche molto differenziate, richiamano, nel contempo, una rinnovata attenzione alle sempre nuove caratteristiche degli
utenti – spesso figli di immigrati - che chiedono, prima di poter esercitare il diritto all’apprendimento, di aver riconosciuta la loro dignità di
persone. Per questo esperienze come i laboratori linguistici o i laboratori di cittadinanza sembrano poter rispondere efficacemente a un duplice
bisogno, quello di facilitare la fruizione dei percorsi scolastici e formativi, e quello di individualizzare i percorsi e il supporto, in coerenza con
le diverse esperienze pregresse.
Emerge da questo quadro esperienziale, una nuova e difficile sfida
per gli organismi attuatori che devono, da un lato, tendere alla stabilizzazione delle proposte e quindi della loro organizzazione - in un quadro provinciale che deve rendere riconoscibile la propria strategia, pur
nella pluralità dei percorsi – ma, dall’altro, sono chiamati a segmentare
e flessibilizzare la loro offerta per rispondere a sempre nuovi bisogni,
che si evolvono rapidamente nel tempo, ma che sono molto differenti
da individuo a individuo.
1.2. Osservazioni conclusive e proposte
Accanto a quanto già evidenziato, molte sono state le sollecitazioni per
migliorare la programmazione e l’attuazione del sistema educativo e
formativo provinciale venute dalla ricerca, dai soggetti del territorio e
dagli esperti che hanno partecipato al seminario di approfondimento.
Alcune delle indicazioni emerse, che sembrano rivestire valore strategico per un miglioramento significativo delle politiche dell’apprendimento in relazione alle tematiche del diritto come dovere, vengono proposte
29
di seguito.
1.2.1. Nuove priorità programmatorie
Il quadro programmatorio per le attività formative provinciali è stato
discusso, definito e approvato in un periodo nel quale si potevano solo
intravedere alcuni fattori di crisi, ma ben diverso, per dimensioni e previsioni di durata delle difficoltà, da quello attuale, nel quale si deve dare
concretezza alle scelte indicate nei Documenti programmatori nazionali
e regionali e anche nel Piano provinciale.
Innanzitutto sembra importante dare un forte ruolo di capitalizzazione
e di innalzamento dei livelli di competenza a tutti i dispositivi messi in
atto, in considerazione delle sempre più scarse opportunità occupazionali, piuttosto che perseguire un inserimento immediato e poco qualificato nel mercato del lavoro e un adeguamento alle richieste sempre più
estemporanee che esso esprime.
Anche l’evolversi lento ed altalenante del quadro normativo nazionale
rappresenta un riferimento incerto per ridefinire con precisione il quadro di attuazione e sembra quindi più opportuno rileggere in modo condiviso e approfondito l’insieme delle esperienze realizzate in relazione
al nuovo quadro socio-economico, al fine di porre in atto correttivi,
dove necessario, ed ampliare e diffondere in tutto il sistema le pratiche,
gli approcci e gli strumenti che meglio hanno funzionato, perseguendo
una complessiva qualificazione del sistema.
1.2.2. Qualità dell’offerta e qualità delle competenze acquisite
La pluralità dei dispositivi messi in atto ha sicuramente permesso di
rispondere a bisogni differenziati e rappresenta uno strumento efficace contro la dispersione scolastica e formativa, ma sembra opportuno
che, nell’ambito del diritto dovere, sia maggiormente standardizzata e
stabilizzata l’offerta in un’unica “famiglia” anche per renderla maggiormente leggibile ai potenziali utenti e ai soggetti del territorio, senza
peraltro “ingessarla”.
La “famiglia” ha il suo perno nei percorsi triennali di qualifica, ma la
stretta correlazione con il sistema di istruzione - pur nella diversità dei
ruoli, delle missioni e della strutturazione delle proposte - e la flessibilizzazione e la modularizzazione dei percorsi devono permettere accessi e uscite differenziate, nel rispetto dell’adempimento dell’obbligo
scolastico che sembra suggerire di spostare le scelte realmente profes30
sionalizzanti dopo il biennio, al fine di offrire una prima solida base di
competenze utile per le successive scelte formative e professionali.
Bisogna tenere presente che i dati emersi dall’indagine hanno messo
in evidenza che - per la maggioranza dei soggetti giovani e privi di
esperienze lavorative intervistati - il solo possesso di una qualifica professionale non si è rivelata una condizione sufficiente per inserirsi nel
mercato del lavoro e quindi la qualifica non deve essere considerata
come un punto di arrivo, ma come una base forte di competenze necessaria per proseguire in percorsi di formazione e istruzione verso livelli
più alti di qualificazione, anche in un’utile alternanza con il lavoro.
È importante capitalizzare in questo senso le esperienze, in particolare
per quanto riguarda gli aspetti che meglio hanno risposto ai bisogni degli utenti come il bilancio personalizzato iniziale e la gestione dei crediti e dei passaggi, la modularità e l’interdisciplinarità, la certificazione
delle competenze e la compilazione del libretto e del portfolio. È nel
contempo necessario anche un maggiore riequilibrio tra i tempi dedicati
all’acquisizione di competenze teoriche e quello dedicato ai laboratori
e all’apprendimento sul lavoro - costruendo contemporaneamente un
impianto valutativo più adeguato a comprendere e interpretare la diversa natura delle differenti tipologie di competenze - e una maggiore
attenzione alle modalità che permettono un reale coinvolgimento attivo
dei partecipanti.
L’approfondimento delle metodologie didattiche potrebbe essere proposto attraverso laboratori per i docenti, aperti anche al sistema dell’istruzione, per mettere a punto approcci e strumenti, sulla base delle
diverse esperienze, al fine di garantire quella continuità e contiguità
di metodi che facilita agli allievi i passaggi e i rientri, presidiando con
maggiore forza le fasi iniziali e finali dei percorsi.
Una maggiore attenzione deve essere data alla qualità dell’apprendimento e quindi delle competenze acquisite anche al fine di renderle
maggiormente omogenee, senza differenze significative tra contesti territoriali e di apprendimento.
Da un lato, è necessaria una operazione di ingegneria formativa, sulla
base delle esperienze e dei modelli sperimentati in questi ultimi anni e,
dall’altro, è importante un maggiore e più qualificato ricorso alla certificazione di tutte le competenze acquisite e al mutuo riconoscimento dei
crediti acquisiti nell’istruzione e nella formazione.
Le uscite dal percorso “principale” potrebbero essere a vari livelli, a
seconda delle competenze possedute e delle motivazioni degli allievi:
- un inserimento nel mercato del lavoro;
31
- una certificazione delle competenze acquisite anche senza il conseguimento di un titolo;
- una qualifica professionale;
- una prosecuzione in un percorso di specializzazione professionale.
Questi livelli possono coesistere, anche grazie alla integrabilità dei diversi dispositivi e dei diversi sistemi di formazione e istruzione, che
facilitano i passaggi dell’utente che persegue un personale percorso di
crescita personale e professionale. Troppo spesso l’obbligatorietà dell’integrazione tra sistemi ha portato a una semplice giustapposizione,
senza una reale contaminazione di modalità di progettazione, attuazione e valutazione. Per rendere veramente i percorsi integrabili o integrati, là dove ritenuto opportuno, è necessario un più approfondito e
consapevole processo di conoscenza reciproca, supportato da adeguate
azioni di sistema, sulla base dei punti di forza e delle criticità emersi
nella realizzazione dei percorsi, che devono sempre più garantire la pari
dignità dei canali, senza confusione di ruoli e di finalità, ma in un reale
contesto di equivalenza formativa.
L’offerta deve prevedere l’integrazione di azioni di orientamento, di
apprendimento, di lavoro e di accompagnamento al lavoro, con un approccio operativo ed esperienziale. Questo organico intreccio può essere efficace se nel territorio si costruisce e si rafforza una rete permanente dei soggetti e dei servizi, sia all’interno che all’esterno dell’Amministrazione provinciale, con un forte coinvolgimento non solo degli
istituti scolastici e delle agenzie formative, ma anche delle aziende e
delle università e dei centri di ricerca, e forse anche dei soggetti dell’associazionismo e del volontariato, per favorire una nuova continuità tra
scuola ed extra-scuola, tra formazione e cultura.
Le esperienze rappresentano un “consolidato” importante per disegnare un sistema unitario della formazione e dell’istruzione professionale,
all’interno del quale convivano e si integrino le diverse opzioni e i differenti soggetti, al fine di consentire agli utenti scelte consapevoli e non
irreversibili, anche all’interno del nuovo quadro dell’obbligo scolastico.
Le strategie perseguite con successo a livello della singola provincia o
Regione, possono contemporaneamente contribuire alla costruzione di
modelli maggiormente condivisi anche tra le diverse realtà regionali.
Questo richiede una forte azione di governance verticale e orizzontale,
che vede nella Provincia non solo uno snodo essenziale, ma anche il filo
rosso indispensabile per rendere l’intero territorio un contesto integrato
di apprendimento, di sviluppo e di innovazione, offrendo sedi perma32
nenti di incontro, di conoscenza e di confronto, ma anche un supporto
costante a tutti gli attuatori e ai beneficiari finali.
1.2.1. Supporto alla domanda
La volontà di mettere veramente al centro dell’intero sistema formativo
l’utente, si esplica attraverso dispositivi che permettano a tutti di mettere a punto un progetto di sviluppo personalizzato, di trovare un’offerta
adeguata, di accedervi e di vedere sistematizzato e riconosciuto ogni
segmento che va a comporre questo percorso di crescita, in un sistema
che sappia operare una reale ridistribuzione degli accessi e della domanda.
Vanno potenziati ai diversi livelli istituzionali e raccordati tra loro, tutti
quei dispositivi e servizi mirati a rendere trasparenti i diritti e i doveri
degli utenti, le diverse offerte disponibili, la loro coerenza con i bisogni
della persona e del territorio che sono in continua evoluzione.
1.2.2. Risorse finanziarie
Per la realizzazione dei percorsi per l’esercizio del diritto dovere, anche
in relazione alle più recenti strategie europee, è necessario che si operi
un uso integrato delle risorse. In particolare, coerenza e concentrazione
possono essere ricondotte a differenti forme di integrazione tra politica
comunitaria e politica; tra programmi monofondo (FSE e FESR) e interna ai singoli programmi monofondo.
L’uso integrato delle risorse potrebbe vedere un supporto da parte di
risorse nazionali, in particolare per quanto riguarda i percorsi per l’assolvimento dell’obbligo scolastico, risorse regionali e provinciali per
il sistema di formazione professionale iniziale e risorse comunitarie
provenienti dall’Asse Capitale Umano del POR FSE per i rientri nel
sistema formativo formale.
1.2.3. Monitoraggio e valutazione
Dagli interventi dei soggetti istituzionali, ma anche dei gestori, è emerso il valore aggiunto delle azioni di valutazione e di monitoraggio del
sistema che hanno permesso di accompagnare l’attuazione, di ridefinire
in tempo reale modalità e approcci, là dove risultati carenti, di verificare la reale portata del sistema e le sue capacità di tenuta, di misurare
la coerenza dell’impianto con i bisogni dei singoli e del sistema socio33
produttivo, di creare attenzione intorno alle politiche di apprendimento
da parte di tutti, di valutare il patrimonio di competenze inteso come
capitale della collettività.
Viene auspicata la messa a regime dei diversi dispositivi, in un sistema permanente di ascolto, rilevazione, sistematizzazione e restituzione
delle informazioni, con il contributo di diversi approcci, strumenti anche più qualitativi ed empirici - e professionalità, arricchendolo di
analisi longitudinali, in grado di fornire una immagine in movimento
del sistema, assegnando ai soggetti coinvolti il ruolo di sensori attivi
sul territorio. È necessario un sistema che realizzi una attenzione e una
osservazione continua in grado di fare dei tracciati diacronici per identificare come il sistema si sta modificando, la quantità dei risultati, ma
anche la qualità di questi risultati rilevando, ad esempio, se il dato di
rientro in formazione abbia poi rappresentato per l’individuo un reale
successo.
Il monitoraggio e la valutazione devono fornire, in modo permanente e
con dati comparabili, indicazioni sui risultati dei diversi dispositivi, al
fine anche di programmare e concentrare le risorse su quei percorsi che
hanno rappresentato un reale strumento di crescita personale e professionale, di inserimento e reinserimento occupazionale, di superamento
delle difficoltà incontrate nella formazione e nel lavoro e dei motivi di
abbandono.
2.
34
3. Le
politiche e gli strumenti per il sostegno all’inserimento
lavorativo dei soggetti deboli: la rete territoriale per la
presa in carico unitaria
L’indagine ha messo in evidenza il valore dei percorsi attivati dalla Provincia volti a sostenere l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili,
facendo emergere i buoni risultati conseguiti soprattutto in termini di
qualità della formazione e delle competenze acquisite, mentre sembra
ancora da perfezionare la rete territoriale di supporto che deve facilitare
l’accesso ai servizi (in particolare quelli formativi) da parte delle persone in difficoltà e il loro reale inserimento lavorativo.
La giornata di studio specificamente dedicata ha visto l’intervento, oltre
che della Provincia di Torino, dei ricercatori del Cles, di un esperto in
materia di politiche per l’inclusione sociale, di rappresentanti di cooperative, consorzi socio assistenziali, Centri per l’Impiego, associazioni
dei disabili, che hanno fornito elementi utili per il confronto della realtà
provinciale con altre esperienze territoriali e con il quadro nazionale.
Le tematiche proposte per la discussione sono state:
- l’approccio attivo promosso dalle azioni di inclusione e il raccordo
tra politiche formative, politiche sociali e politiche del lavoro per la
formazione al lavoro delle persone disabili;
- il ruolo di promozione e di governo della Provincia per rafforzare la
collaborazione interistituzionale e con i vari soggetti del territorio;
- gli strumenti di presa in carico come ad esempio il patto di servizio
integrato in un sistema di welfare locale;
- la promozione della funzione sociale delle aziende.
I contenuti e le tesi esposte nel seminario sono presentati per ambiti tematici a partire dal quadro normativo nazionale, dalla programmazione
regionale e dal quadro attuativo provinciale, cui seguono i risultati della
ricerca, le esperienze realizzate in altri contesti territoriali e gli elementi
e le proposte scaturiti dal dibattito.
3.1. La strategia europea e il quadro normativo di riferimento
L’impegno assunto dall’Unione europea nei confronti dei cittadini con
disabilità va di pari passo con una nuova strategia nei confronti della
disabilità non più legata all’idea di un’assistenza passiva, ma ai concetti
di integrazione e di partecipazione attiva alla vita economica e sociale.
L’azione comunitaria è quindi principalmente incentrata sul riconosci35
mento e sulla tutela dei diritti delle persone con disabilità.
Alcune azioni sono state avviate attraverso la Direttiva comunitaria per
la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro e il programma per combattere le discriminazioni (2001-2006), che
ha inteso aiutare gli Stati membri nella lotta contro le discriminazioni,
segnatamente la discriminazione basata sulla disabilità, e attraverso la
quale la Commissione ha finanziato attività quali campagne, studi, costituzione di reti e di partenariati, sostegno ad alcune organizzazioni
non governative.
In base alla Comunicazione della Commissione del maggio 2000 “Verso un’Europa senza ostacoli per le persone con disabilità” occorre eliminare le barriere ambientali, tecniche e giuridiche che si frappongono
all’effettiva partecipazione delle persone con disabilità a un’economia
e a una società basate sulla conoscenza.
L’accesso all’occupazione è un aspetto determinante per l’integrazione
delle persone con disabilità e i principali programmi finanziati dal Fondo Sociale Europeo, dall’Iniziativa comunitaria EQUAL e dalla Strategia europea per l’occupazione mirano a facilitarlo. La modernizzazione
dei regimi di sicurezza sociale dovrebbe inoltre agevolare il passaggio
dalla dipendenza da prestazioni passive di assistenza sociale a misure di
incentivazione sotto forma di prestazioni legate al lavoro.
Inoltre, la Carta dei diritti fondamentali tutela specificamente i diritti
delle persone con disabilità e la sua inclusione nel futuro Trattato che
istituisce una Costituzione per l’Europa rappresenta un importante sviluppo.
Un ulteriore presupposto della lotta all’emarginazione delle persone
con disabilità è costituito infine dal processo europeo di inclusione sociale e dai Piani d’azione nazionali istituiti dagli Stati membri.
Il principale obiettivo della Commissione per gli anni a venire consiste
nel dare impulso alle pari opportunità per le persone con disabilità. In
tal modo si costituirà una dinamica durevole, finalizzata alla piena integrazione delle persone disabili nella società. L’obiettivo strategico della
Commissione andrà raggiunto facendo leva su tre obiettivi operativi e
complementari:
- pervenire alla piena applicazione della Direttiva per la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro e avviare
il dibattito sulla futura strategia per combattere la discriminazione;
- realizzare un’efficace integrazione delle tematiche della disabilità
nelle pertinenti politiche comunitarie e nei processi esistenti (Stra36
tegia europea dell’occupazione, Strategia europea dell’inclusione
sociale, ecc.);
- migliorare l’accessibilità ai beni, ai servizi e alle infrastrutture edilizie.
Al fine di conseguire questi obiettivi operativi, la Commissione ha introdotto un piano d’azione evolutivo, su base pluriennale con un orizzonte temporale fissato al 2010. Il piano d’azione “Pari opportunità per
le persone con disabilità: un piano d’azione europeo (2004-2010)” mira
a definire un approccio sostenibile ed operativo alle questioni della disabilità nell’Europa allargata. Tale piano si articola su tre obiettivi:
- completare l’attuazione della direttiva sulla parità di trattamento in
tema di occupazione e di condizioni di lavoro;
- rafforzare l’integrazione delle questioni legate alla disabilità nelle
pertinenti politiche comunitarie;
- migliorare l’accessibilità per tutti.
A livello nazionale, l’inserimento lavorativo dei disabili è disciplinato,
prioritariamente, dalle norme che seguono.
Con riferimento al collocamento al lavoro dei disabili, inteso come
strumento di indipendenza economica, di integrazione sociale e di riabilitazione, la legge del 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”
dichiara che:
- l’inserimento e l’integrazione sociale della persona handicappata si
realizzano mediante: misure atte a favorire la piena integrazione nel
mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del
posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati (art. 8);
- gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla capacità
complessiva individuale residua sono effettuati dalle unità sanitarie
locali mediante le commissioni mediche integrate da un operatore
sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le
unità sanitarie locali (legge n. 104/92, art. 4, e poi d.p.c.m. 13 gennaio 2000, art. 1).
La legge del 15 marzo 1997, n. 59 e il decreto legislativo del 23 dicembre 1997, n. 469, demandano alle Regioni e alle Province il compito e
le funzioni relative al collocamento al lavoro, tra cui il collocamento
dei disabili. Questi Enti, nel rispetto di quanto indicato dalla normativa
37
nazionale, hanno emanato disposizioni applicative che si differenziano
da Regione a Regione. La legge del 12 marzo 1999 n. 68 “Diritto al
lavoro dei disabili” ha come finalità la promozione dell’inserimento e
della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato, innovando
profondamente il meccanismo di avviamento al lavoro dei disabili. In
estrema sintesi, la legge cambia radicalmente la prospettiva rispetto al
passato considerando quello che il disabile potenzialmente sa fare anziché considerare quello che non può fare. La legge è, in altre parole,
concepita per la realizzazione di un collocamento qualificato e mirato
che soddisfi sia le attese dell’azienda sia la dignità personale del disabile e stabilendo - per i casi più problematici d’inserimento - una serie
di norme e agevolazioni per i datori di lavoro. Il decreto legislativo del
9 luglio 2003, n. 216 “Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”
introduce disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni
personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale - per
quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro - disponendo le
misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione, in un’ottica che tenga conto anche del diverso impatto che le stesse
forme di discriminazione possono avere su donne e uomini.
A livello di legislazione regionale, possono citarsi:
- la legge regionale del 14 dicembre 1998, n. 41 “Organizzazione
delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro”
disciplina l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni
e dei compiti conferiti alla Regione e agli enti locali in materia di
mercato del lavoro. Gli interventi previsti dalla legge sono finalizzati ad integrare, attraverso i Servizi per l’Impiego pubblici e privati
resi sul territorio, le politiche del lavoro e le politiche formative al
fine di sviluppare un mercato del lavoro aperto e trasparente che
incentivi l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro;
- la legge regionale del 29 agosto 2000, n. 51 “Fondo regionale per
l’occupazione dei disabili” che costituisce, appunto, il Fondo regionale per l’occupazione delle persone disabili, consentendo al
Piemonte di attivarsi concretamente in tema di collocamento obbligatorio come previsto dalla legge n. 68/99, attivando un fondo per
il finanziamento di progetti di inserimento lavorativo per persone
disabili e dei relativi servizi di sostegno e collocamento mirato;
- la legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 istituisce “norme per la rea38
lizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”:
- la legge regionale 22 dicembre 2008, n. 34 “Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, della sicurezza e regolarità del
lavoro” che abroga, tra le altre, la legge regionale del 14 dicembre
1998, n. 41 “Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro” e la legge regionale del 29 agosto 2000,
n. 51 “Fondo regionale per l’occupazione dei disabili”, ridefinisce
complessivamente le materie trattate dalle leggi suddette e assume
la partecipazione dei soggetti rappresentativi delle persone svantaggiate, in particolare delle persone disabili, quale elemento portante
per le politiche del lavoro a queste rivolte, attraverso il confronto
con le associazioni comparativamente più rappresentative costituite
a livello regionale.
3.1. La programmazione regionale e provinciale
Con riferimento al sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti disabili, il Programma operativo regionale ed il Complemento di Programmazione per il periodo 2000-2006 prevedevano attività all’interno della Misura B1 ‘Inserimento lavorativo e reinserimento di gruppi
svantaggiati’.
Relativamente all’attuazione della Misura B1, per la Regione Piemonte
risultava prioritario:
- prevenire e combattere la marginalità economica e culturale tra i
soggetti svantaggiati, fornendo un contributo significativo alla loro
integrazione sociale;
- favorire l’inserimento lavorativo di persone disabili e di gruppi sociali – quali in particolare una significativa quota della popolazione
immigrata – al fine di contribuire a fronteggiare le carenze crescenti
dell’offerta di lavoro nella Regione.
Nell’ambito delle iniziative finalizzate al contrasto dell’esclusione sociale dei soggetti svantaggiati, il Programma Operativo prevedeva la
messa a punto di azioni di sistema in grado di raccordare gli interventi a
favore di persone a rischio, realizzabili con il concorso di tutti gli attori
operanti nei confronti di tali categorie (istituzioni scolastiche, servizi
socioassistenziali, associazioni e cooperative sociali, altri organismi
istituzionali e territoriali). Si proponeva di adottare, inoltre, una strategia volta a sostenere l’inserimento lavorativo mirato delle persone a
39
rischio di esclusione sociale. L’obiettivo era in altri termini quello di
promuovere, in primo luogo, percorsi formativi che - integrati con altri
strumenti di politica attiva - incidessero positivamente sul livello di occupabilità delle persone a “rischio”. Al tempo stesso appariva centrale
l’esigenza di raccordare le azioni formative con servizi per l’incontro
tra domanda e offerta di lavoro di competenza delle Province e degli
operatori, pubblici o privati, accreditati nell’ambito dei sistemi prefigurati dalla legge (D.lgs. n. 276/03).
In relazione all’importante funzione esercitata nei confronti dei target
di destinatari della Misura B1, venivano promosse, inoltre, azioni finalizzate a supportare l’operatività delle organizzazioni impegnate a
sostenere l’integrazione sociale di specifiche categorie di soggetti svantaggiati.
Tutti gli interventi in cui risultava articolata la Misura B1 si sono caratterizzati dunque per la loro accentuata finalizzazione occupazionale e
per l’impiego sinergico di diversi strumenti afferenti le politiche attive
del lavoro: accoglienza, orientamento, formazione, tutoraggio, counselling.
Con riferimento all’attuale periodo di programmazione, il sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti disabili è declinato, all’interno del
Programma operativo regionale FSE 2007-2013, all’interno dell’Asse
III ‘Inclusione sociale’.
Nell’ambito dell’obiettivo specifico ‘g) Sviluppare percorsi di integrazione e migliorare il (re)inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro’
il POR prevede interventi “finalizzati a favorire un innalzamento del
livello di occupabilità accompagnato da un’accresciuta disponibilità di
strumenti impiegabili per l’esercizio del diritto di cittadinanza attiva”.
Si tratta, a livello indicativo, di percorsi integrati - e differenziati per
target - per l’inclusione sociale e lavorativa dei soggetti svantaggiati, nonché di percorsi formativi, dedicati o di sostegno all’inserimento
nelle azioni ordinarie, caratterizzati da un forte orientamento alla finalizzazione occupazionale associata a un’imprescindibile attività di
counselling, motivazione e rimotivazione.
3.1. Il quadro attuativo provinciale
Nell’ambito dell’attuale programmazione, per il 2008-09 la Provincia
di Torino, per sostenere l’inserimento lavorativo dei soggetti disabili,
ha programmato tre macrocategorie di intervento:
40
1. integrazioni di allievi disabili di età compresa tra i 14 e i 18 anni nei
corsi di qualifica afferenti al Bando Provinciale “Obbligo d’Istruzione e Formazione”;
2. corsi specifici, rivolti esclusivamente a persone disabili, afferenti al
Bando Provinciale “Mercato del lavoro, lotta contro la disoccupazione” finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro;
3. corsi di qualifica per disabili sensoriali.
Con riferimento all’attività di Integrazione di allievi disabili di età
compresa tra i 14 e i 18 anni nei corsi di qualifica afferenti al Bando
Provinciale ‘Obbligo d’Istruzione e Formazione’, la Provincia di Torino finanzia:
- corsi triennali, validi oltre che per l’assolvimento dell’obbligo formativo, anche per l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Questi
corsi, di 1.150 ore annue, sono rivolti ad allievi in uscita dalla scuola secondaria di 1°grado (minimo 14 anni);
- corsi biennali (1.150 ore il primo anno, 1.200 ore il secondo) validi
al fine dell’assolvimento dell’obbligo formativo, per allievi di almeno 16 anni di età.
In questi corsi è previsto un sostegno individuale (svolto da formatori
competenti), che è pari a 1/6 delle ore corso (da 175 a 200 ore annue). Il
sostegno viene erogato in base a un Progetto Formativo Individualizzato, obbligatoriamente stilato ogni anno per ogni singolo allievo disabile
da parte del team di insegnanti che si occupano di lui. La valutazione
è ordinaria, per cui al termine dei corsi gli allievi disabili, come i normodotati, sostengono delle prove finali standard, in base alle quali ottengono o la “Qualifica Professionale” o un “Certificato di competenze
acquisite”. Mediamente sono circa 250 ogni anno gli allievi disabili che
frequentano i corsi di qualifica in provincia di Torino.
Con riferimento invece ai Corsi specifici, rivolti esclusivamente a persone disabili, afferenti al Bando Provinciale “Mercato del lavoro; lotta
contro la disoccupazione” finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro, è previsto il finanziamento di:
- corsi prelavorativi per allievi di almeno 16 anni, rivolti prioritariamente a portatori di handicap intellettivo medio, medio-grave, preferibilmente in uscita dalla Scuola secondaria di secondo grado. Si
tratta di corsi biennali (600 + 600 ore, comprensive di laboratori e
stage in azienda), senza indirizzo, con compiti di orientamento professionale e prima valutazione delle capacità lavorative residue. Si
41
realizzano, come tutti i corsi specifici, all’interno dei normali Centri
di formazione professionale dove si effettuano attività integrative
con tutti gli altri allievi;
- corsi di formazione al lavoro (FAL) per disabili ultradiciottenni collocabili al lavoro ai sensi della legge n. 68/99. Si tratta di corsi annuali con indirizzo, di durata variabile (tra le 400 e le 800 ore), con
stage in azienda pari al 30-50% delle ore di corso. Sono finalizzati a
far acquisire agli allievi competenze lavorative specifiche spendibili
sul mercato del lavoro locale; vengono realizzati, come evidenziato,
in raccordo con i Centri per l’Impiego.
I corsi FAL e prelavorativi rilasciano un “Attestato di frequenza con
profitto con certificato di competenze acquisite”. I gruppi classe sono
mediamente di 5-8 allievi. Per l’Anno Formativo 2008-09 sono stati ad
oggi finanziati 11 corsi prelavorativi e 15 corsi FAL, con un coinvolgimento di circa 200 allievi disabili. Il modello dei corsi FAL è stato
ridefinito a partire dall’anno formativo 2006-07, apportando degli elementi innovativi soprattutto in termini di integrazione fra sistemi. La ridefinizione dei corsi FAL, avvenuta per meglio finalizzare gli interventi
di Formazione Professionale per disabili all’inserimento lavorativo, è
partita dall’inserimento nel Bando Mercato del Lavoro 2006-07 della
specifica priorità che la figura professionale, gli allievi e le aziende sedi
di stage fossero definiti congiuntamente tra Agenzia formativa e Centri per l’Impiego. L’ipotesi progettuale che sottintendeva tale priorità
prevedeva anche che al termine dei corsi FAL gli allievi più idonei potessero usufruire di un progetto individualizzato di inserimento lavorativo finanziato con il Fondo Regionale Disabili, presso le aziende in cui
avevano svolto lo stage, gestiti possibilmente dalle Agenzia Formative
che avevano realizzato il corso.
Infine, per quanto attiene i Corsi di qualifica per disabili sensoriali (non
vedenti e non udenti), si tratta di corsi annuali di massimo 900 ore.
Fanno parte di questa tipologia corsuale, minoritaria rispetto alle due
precedenti come volume di richiesta e finanziamento, i corsi per “Centralinisti non vedenti”.
La Provincia di Torino eroga anche contributi per il sostegno all’integrazione di disabili nella Scuola Secondaria di secondo grado tramite
il Servizio Programmazione Sistema Educativo e Formazione Professionale:
- per progetti riguardanti prevalentemente il supporto all’inserimento
di disabili gravi;
42
- per “progetti di continuità” tra la Scuola e il “dopo”, realizzati con
Enti di formazione professionale, Cooperative sociali, associazioni
di volontariato, Enti locali ecc, con finalità di individuazione delle
capacità lavorative residue, orientamento professionale, prima valutazione dell’occupabilità dei disabili.
3.1. I risultati della ricerca
L’indagine condotta dall’RTI Cles S.r.l./TNS Infratest S.p.A. si è focalizzata sui corsi di formazione al lavoro attraverso la realizzazione di
interviste (per i FAL implementati nell’anno 2005-06) e focus group
(che hanno riguardato FAL realizzati nell’anno 2006-07). Le interviste
hanno coinvolto 19 famiglie di ragazzi con handicap intellettivo che
hanno frequentato corsi FAL (si tratta di 11 ragazzi e 8 ragazze di cittadinanza italiana con un’età media di 24 anni possessori in prevalenza
del diploma di scuola media inferiore); al focus group erano presenti 16
partecipanti in rappresentanza delle associazioni dei disabili intellettivi
e delle loro famiglie, delle agenzie formative che realizzano corsi FAL,
del collocamento mirato dei CpI, dell’Amministrazione provinciale.
I motivi che hanno indotto gli allievi ad iscriversi al corso sono di carattere occupazionale per la quasi totalità dei casi (83,3%), in attinenza
quindi con le finalità del corso stesso.
Le performance associate ai corsi FAL evidenziano il raggiungimento
degli obiettivi attesi; più nello specifico su 19 ragazzi:
- l’inserimento occupazionale ha riguardato 9 allievi,
- l’inserimento nell’istruzione/formazione 2 allievi,
- il tasso di successo che ne deriva coinvolge 11 allievi su 19.
I canali informativi attraverso cui gli allievi sono venuti a conoscenza
del corso sono di tipo prevalentemente formale e relativi ai centri di
formazione, agli istituti scolastici, ai servizi sociali del Comune, mentre
per nessun allievo la conoscenza del corso è passata attraverso i Centri
per l’Impiego. L’esigenza di intensificare il rapporto con tali strutture è
stata, come evidenziato, affrontata dalla Provincia di Torino con l’istituzione del Coordinamento dei corsi FAL, con l’obiettivo di costituire
uno strumento efficace di governo e intensificare la collaborazione fra i
vari soggetti coinvolti nella definizione e realizzazione dei percorsi.
Con riferimento al gradimento dell’attività formativa, è positivo il giudizio espresso sia a livello generale (positivo per la quasi totalità dei
Fra gli occupati sono ricompresi i tirocinanti con borse di lavoro.
43
casi, ovvero per l’89,5% degli intervistati), che per gli aspetti specifici
legati alla qualità della formazione.
Più in particolare, soddisfazione è stata espressa sulla qualità della formazione erogata, che per tutti gli ambiti indagati registra una valutazione positiva in particolare modo legata alla capacità degli insegnanti
e al confort dei locali, aspetti per i quali l’unanimità degli intervistati
esprime soddisfazione.
Più contenuta, seppur sempre soddisfacente, l’opinione circa le modalità di svolgimento dell’attività formativa e il contatto con le aziende: nel
primo caso andrebbero verificati in modo più approfondito aspetti specifici dell’attività formativa che possono aver generato qualche riserva;
nel secondo andrebbe, ancora, incentivato il raccordo con i Centri per
l’Impiego a sostegno di una più efficace individuazione delle aziende
disposte anche ad intervenire durante l’attività di formazione.
Nell’insieme i contenuti del corso sono stati giudicati adeguati agli
obiettivi nella maggioranza dei casi, seppur in alcuni casi o troppo difficili o, per contro, già posseduti o tecnici e generici. In linea con le
motivazioni iniziali di iscrizione, sono anche i risultati che si ritengono
siano stati conseguiti a seguito della frequenza, che consistono principalmente nell’esser entrati in contatto con il mondo del lavoro, cui
fanno seguito il miglioramento delle competenze relazionali e l’ampliamento delle conoscenze generali e il rientro nel canale di istruzione
e formazione.
Nell’ambito del focus group, i corsi FAL per disabili intellettivi sono
stati oggetto di specifico approfondimento con l’intento di rilevare la
loro rispondenza ai bisogni formativi degli utenti e la loro efficacia ai
fini del collocamento al lavoro, acquisendo altresì spunti di riflessione e
possibili indicazioni operative in relazione al nuovo modello sperimentale attivato dalla Provincia di Torino nel 2007.
Complessivamente sul modello sperimentato è stato espresso un giudizio positivo da parte dei partecipanti al focus in relazione, nello specifico, ai seguenti aspetti:
- risponde alle esigenze del territorio essendo il frutto di una progettazione condivisa tra i diversi attori (Asl, Cpi, Agenzie formative,
istituzione scolastica, Comunità montana, etc.);
- ha consentito lo sviluppo di reti territoriali, a livello di aggregati
sub-provinciali collegati ai Centri per l’Impiego. Il processo è agevolato dalle ridotte dimensioni territoriali che consentono un rapporto diretto fra gli attori istituzionali e le famiglie;
- favorisce il rapporto con le aziende e l’inserimento lavorativo, an44
che attraverso lo strumento delle convenzioni;
- accanto alle possibilità lavorative, i corsi FAL promuovono la socializzazione dei ragazzi.
3.1. Le esperienze
Gli esiti e le potenzialità di quanto realizzato nel contesto della Provincia di Torino sono stati approfonditi anche attraverso il confronto con
altre esperienze territoriali di sostegno all’inserimento lavorativo dei
disabili. Sono state, infatti, analizzate alcune esperienze compiute in
altri territori (Emilia-Romagna, Provincia autonoma di Trento), attraverso la presentazione di indagini volte e rilevare gli esiti occupazionali
di azioni finanziate con il FSE: l’esame delle caratteristiche, peculiarità
ed esiti ha stimolato la discussione ed ha costituito lo spunto per la riflessione su quanto realizzato e da realizzarsi. In particolare, i risultati
degli esiti occupazionali delle iniziative hanno sollecitato una riflessione articolata sui fattori che incidono nelle diverse performance.
Con riferimento all’Emilia Romagna, gli esiti occupazionali di attività
realizzate nel 2001 hanno evidenziato che:
- il 68,1% di allievi disabili è risultato occupato;
- il 31,9% non occupato.
Per quanto attiene invece alle iniziative della Provincia autonoma di
Trento, l’indagine ha riguardato gli esiti occupazionali di attività formative per disabili realizzate nel periodo 2001 – 2005. in questo caso
minore l’impatto occupazionale raggiunto poiché meno della metà degli allievi ha trovato lavoro:
- il 48,6% occupati,
- il 51,4% non occupati.
Risulta interessante analizzare la composizione degli occupati in entrambe le esperienze:
- per l’Emilia Romagna, il 68,1% di occupati si compone per il 28,4%
di occupati nel mercato aperto, per il 31,4% di occupati nel mercato
sussidiato, e per l’8,3% disoccupati in laboratori protetti;
- per la Provincia autonoma di Trento, il 48,6% di occupati è composto da occupati nel mercato aperto per il 37,0%, da occupati nel
mercato sussidiato per il 2,9%, da occupati in laboratori protetti per
l’8,7%.
45
In particolare dall’esperienza della Provincia autonoma di Trento emergono alcuni elementi che sembrano in relazione con un aumento delle
probabilità di trovare occupazione nel “mercato aperto”.
Un primo elemento è individuato nella frequenza di un lungo periodo di
stage – dell’ordine di un anno o anche di più – che offrirebbe maggiori
opportunità occupazionali (con creazione di un nuovo rapporto di lavoro
o con la stabilizzazione dell’occupazione all’interno dell’azienda dove
è stato svolto lo stage): la rilevazione effettuata ha, infatti, evidenziato
come stage più brevi non consentano di far emergere le potenzialità dei
soggetti, di dare il tempo di sviluppare ai soggetti con disabilità - oltre
alle competenze specifiche apprese per un determinato lavoro/mansione
- anche le capacità relazionali necessarie allo svolgimento del lavoro,
mentre, viceversa, in un periodo più lungo la “conoscenza” reciproca
fra lavoratore e datore di lavoro si approfondisce.
Un secondo elemento che appare fondamentale è la personalizzazione
dell’intervento attraverso la definizione di un progetto individualizzato
e la presenza di un tutoring aziendale articolato; è importante, in altre
parole, mantenere un’attenzione sull’andamento di ogni allievo, monitorando sia la situazione aziendale, sia quella con la famiglia. La prospettiva è quella di avviare l’allievo non ad un lavoro protetto, ma ad un
lavoro competitivo in un contesto supportato.
Infine, è importante ottimizzare le esperienze lavorative precedenti, anche in presenza di un esito negativo, per dare all’individuo la possibilità
di “riprovare”: fornire altre chance a chi non ha avuto un esito positivo
in occasioni precedenti non si configura come un eccesso di “assistenzialismo”, ma è piuttosto un arricchimento delle opportunità che sembra influire positivamente nelle performance raggiunte.
3.1. Osservazioni conclusive e proposte
Le sollecitazioni giunte - dalla ricerca, dai soggetti del territorio e dagli esperti che hanno partecipato all’istanza di approfondimento - per
migliorare la programmazione e l’attuazione del sistema formativo provinciale per il sostegno all’inserimento lavorativo dei disabili vengono
proposte di seguito.
3.1.1. I fattori di conversione
Un elemento oggetto di dibattito sono stati i fattori di conversione, ovvero le strategie in grado di mediare tra formazione e lavoro, di suppor46
tare il mantenimento della condizione lavorativa e di generare, altresì,
capacità autoimprenditoriali.
I fattori di conversione sono riconducibili a tre aspetti strettamente interconnessi che concorrono all’occupabilità dell’individuo:
- le capacità soggettive;
- il sistema delle opportunità;
- le politiche integrate.
Le capacità soggettive dell’individuo fanno riferimento ad un set di capacità tra loro connesse e interdipendenti, ed il cui sviluppo non sempre è al passo con l’acquisizione di competenze. Rispetto ai processi
formativi ci si trova, cioè, di fronte ad un divario tra l’acquisizione di
alcune specifiche competenze, più strettamente curriculari, e lo sviluppo di quelle capacità e competenze relazionali che per essere acquisite/
costruite hanno bisogno di altri tempi e di altri approcci di intervento.
L’acquisizione delle competenze, infatti, non è solitamente problematica: il “nodo” è integrare le competenze con il processo di apprendimento radicale che è legato alle capacità.
Il percorso progettuale deve, in questo senso, consentire di costruire intorno alla persona una linea di pensiero e di ragionamento che fornisca
supporto – anche alla famiglia oltre che all’individuo - in un percorso
di emancipazione. Si tratta non di istituire dei contenitori funzionali,
bensì di attivare un processo di empowerment, riconoscimento (rispetto
anche all’individuazione, alla consapevolezza delle proprie possibilità)
ed auto-organizzazione dell’individuo che coinvolga anche la famiglia,
la scuola, gli insegnanti di sostegno.
Il sistema delle opportunità fa riferimento a una pluralità di aspetti che
intervengono nel definire le opportunità di inserimento lavorativo dell’individuo:
- la capacità della “rete” fra istituzioni, attori del sistema e famiglie
di “costruire” percorsi sostenibili, non solo in termini lavorativi, ma
anche con riferimento all’attuazione di iniziative extralavorative in
grado di sviluppare l’autonomia e le capacità dell’individuo;
- la permeabilità del confine fra soggetti occupabili e non, la possibilità di effettuare diverse esperienze, di “riprovare” dopo un fallimento;
- il supporto costante all’inserimento dell’individuo in azienda, attraverso un contatto assiduo con il datore di lavoro, al fine di verificare in itinere non solo le eventuali difficoltà riscontrate, ma di
sensibilizzare l’azienda nella consapevolezza del ruolo sociale che
47
-
svolge;
è essenziale, infine, il lavoro con le famiglie, che sono il supporto
principale nello sviluppo dell’autonomia, delle capacità e dell’autoorganizzazione dell’individuo.
Ad ultimo rispetto alle politiche integrate è fondamentale fare leva sull’integrazione tra politiche, servizi, interventi e attori. Le politiche per il
sostegno all’inserimento lavorativo sono necessariamente il risultato di
un progetto collettivo e multisettoriale, di una co-progettazione. Questo
perché da una parte la cooperazione – sia quella interistituzionale, sia
quella fra istituzioni ed attori del sistema – genera sinergie, reti e massa
critica che consentono di affrontare situazioni ad elevata complessità;
dall’altra al di là dell’aspetto “formativo”, l’inserimento lavorativo dei
disabili deve fare i conti con un aspetto “sociale”: i percorsi di intervento vanno inseriti in un percorso culturale, in cui gli interlocutori
abbiano il senso del proprio ruolo, di ciò che si sta facendo e della sua
importanza.
3.1.1. La programmazione dei corsi FAL
Diversi elementi utili ad un’ottimizzazione in termini di programmazione dei corsi FAL sono emersi nell’ambito del seminario.
A livello di programmazione dei percorsi, il modello andrebbe rafforzato combinando il progetto di vita del disabile con la continuità logica e temporale tra le iniziative formative. È emersa, in particolare,
la necessità di una maggiore azione di orientamento e informazione,
intensificando il collegamento con la scuola e i CpI e un raccordo con
il dopo corso, con una puntuale attività di valutazione che, naturalmente, non deve diventare però invasiva. Sul piano didattico, l’attenzione
è posta sulla corretta individuazione degli allievi e sulla necessità di
differenziare maggiormente l’offerta formativa tarandola sul progetto
individuale dell’allievo; in questi termini, l’indirizzo standard presenta
dei limiti.
A livello di inserimento lavorativo e di rapporto con le aziende, il modello trova una ottima applicabilità nei contesti territoriali più piccoli,
mentre a Torino risulta più complessa la sua applicabilità e il conseguimento degli obiettivi occupazionali: sia perché è più difficile agganciare la formazione agli aspetti che concorrono a facilitare l’inserimento
lavorativo, sia in quanto è più complesso e difficoltoso l’approccio di
rete.
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L’azione di inserimento lavorativo andrebbe posticipata nel tempo se,
verificate le specificità occupazionali dell’allievo, non è immediatamente individuata l’azienda in grado di accoglierlo. In quest’ottica, va
anche intensificata la rete territoriale con le aziende.
Infine, emerge l’esigenza di ampliare e rafforzare il rapporto con le
aziende a partire dalla rilevazione delle loro necessità in termini di
mansioni da coprire e professionalità richieste; andrebbe altresì svolta
un’azione per rimuovere le remore culturali delle aziende, soprattutto
in termini di capacità lavorative di disabili psichici, e per favorire la
consapevolezza del loro ruolo sociale.
Con riferimento agli aspetti procedurali e di svolgimento delle iniziative, andrebbe implementata l’azione di monitoraggio post corso per
verificare anche nel tempo gli esiti della formazione e l’effettiva portata
del modello.
Inoltre, dal punto di vista procedurale, i tempi tecnici per l’attivazione
degli interventi (bando - progettazione - graduatorie) rendono difficile
una pianificazione coerente con le esigenze dei singoli e con la domanda occupazionale espressa dal territorio.
Dal punto di vista delle reti fra soggetti, emerge la centralità del ruolo
del CpI, sia nella fase di individuazione, orientamento e selezione degli allievi che per la funzione di raccordo tra i diversi sistemi/servizi
disponibili.
3.1.2. L’integrazione delle politiche e le reti territoriali
Fra le diverse evidenze scaturite dal dibattito sono, infine, emerse con
particolare intensità la centralità dell’integrazione fra le politiche e, allo
stesso tempo, l’importanza delle reti territoriali.
I corsi FAL, ad esempio, sono più volte stati citati come un’esperienza
positiva di integrazione, facilitati da una modalità di lavoro che la Provincia di Torino ha cominciato ad intraprendere, una collaborazione tra
servizi diversi, con competenze relative ai vari tipi e ordini di interventi.
L’integrazione delle politiche, facendo riferimento ai ‘fattori di conversione’ su cui si è discusso nel corso della giornata studio, è cruciale
per innescare quel circolo virtuoso che consente la crescita del ‘sistema
delle opportunità e, a loro volta, le opportunità, associate alla socializzazione ed al vissuto personale, servono per “creare” le opportunità
lavorative.
La dimensione del lavoro di rete è una dimensione fondamentale nella
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riuscita dei percorsi, ed in prospettiva è emersa la necessità di rafforzare ulteriormente le collaborazioni di “rete”, sviluppando le partnership
locali a supporto degli interventi, a partire dai CpI.
La rete è importante proprio per contrastare le difficoltà che necessariamente incontra un’organizzazione nell’agire individualmente. È utile,
in altre parole, costituire degli “aggregati organizzati”: con combinazioni e configurazioni molto differenti fra loro - aggregati fra enti di
formazione diversi, fra la Provincia ed una o più cooperative, fra associazioni e scuole - ma la cui caratteristica comune è quella di associare
soggetti che pensano insieme alla costruzione di un progetto, in cui si
attivano sinergie capaci di arricchire le competenze e di compensare i
limiti dell’altro.
Da un altro punto di vista, è stata richiamata l’attenzione sul fatto che
spesso l’integrazione di ragazzi disabili in gruppi classe con ragazzi
normodotati li porta ad essere inseriti in gruppi in cui il confronto è
con una complessità diversa dalla loro, sul piano dell’identità possono
avere difficoltà a riconoscersi e trovano poi difficoltà nell’inserimento
in contesti lavorativi in cui non sono “protetti”.
In altre parole, secondo diversi interlocutori, il punto di vista sulla problematicità rispetto all’omogeneità permette di lavorare meglio sulla
singolarità, sulla soggettività delle persone che si prendono in carico.
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4. Le esperienze lavorative per l’individualizzazione della qualificazione iniziale: l’apprendistato
L’indagine realizzata ha messo in evidenza il valore strategico dell’apprendistato e delle esperienze di lavoro per l’inserimento lavorativo e
per l’acquisizione di competenze realmente spendibili, in particolare
per quanti abbandonano precocemente i circuiti dell’apprendimento
formale, evidenziando, peraltro, una contenuta soddisfazione di quanti
già possiedono un titolo di studio per i quali vanno individuate modalità
e strumenti maggiormente adeguati.
Il seminario di approfondimento, che ha visto partecipare operatori del
sistema, esperti in materia, rappresentanti delle parti sociali, ha in particolare approfondito i seguenti aspetti:
- potenzialità e criticità delle principali forme di apprendistato;
- gli accordi territoriali tra Pubblica Amministrazione, sistema della
formazione e sistema delle imprese per promuovere e valorizzare
l’apprendimento sul lavoro;
- le condizioni per valorizzare l’apprendimento sul lavoro come strumento di inserimento lavorativo.
L’incontro ha, inoltre, costituito una interessante occasione non solo per
verificare quanto realizzato ma anche per porre le basi di una “alleanza
formativa” che possa vedere gli apprendisti sempre più protagonisti di
una formazione di qualità e l’azienda coinvolta in modalità maggiore,
secondo quelli che sono gli indirizzi della programmazione regionale.
Nei paragrafi seguenti si delinea ciò che è emerso in sede di discussione e confronto premettendo una analisi di contesto alle riflessioni e alle
proposte scaturite dal seminario.
4.1. Il quadro normativo di riferimento
Come evidenziato, priorità per l’Unione Europea è il miglioramento dei
livelli di occupazione tanto che le politiche del lavoro hanno assunto
al suo interno uno specifico spazio politico ed economico portandola
a sostenere, in particolare, gli Stati membri e le parti sociali nella loro
attività tesa ad affrontare gli impatti macroeconomici e le evoluzioni
del mercato del lavoro e a combattere, conseguentemente, la disoccupazione, puntando, in primis, sulla qualificazione delle risorse umane.
In quest’ottica, l’azione dei singoli Stati è volta ad aumentare le op52
portunità di formazione professionale e a favorire altre misure idonee
a promuovere la capacità di impiego, come migliorare la qualità dei
sistemi scolastici per ridurre il più possibile il fenomeno dell’abbandono scolastico nonché fornire ai giovani strumenti per saper affrontare i
cambiamenti tecnologici ed economici.
Il contratto di apprendistato costituisce in questo senso un valido strumento coniugando inserimento occupazionale e qualificazione del lavoratore. A livello nazionale, l’attuale istituto dell’apprendistato è disciplinato dal decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 “Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30” (artt. 47-53) integrato e modificato dalla
legge n. 133 del 6 agosto 2008 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività,
la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.
Come noto, il contratto di apprendistato è articolato dalla normativa di
riferimento in tre tipologie: apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; apprendistato professionalizzante
per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione
sul lavoro e un apprendimento tecnico professionale; apprendistato per
l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
Nel primo caso si rivolge a giovani e adolescenti che hanno 15 anni
compiuti (16 a seguito delle ultime indicazioni normative) e permette il
completamento del percorso di istruzione e formazione. Il contratto può
avere una durata massima di 3 anni e deve tenere conto della qualifica
da conseguire, del titolo di studio e dei crediti professionali e formativi
eventualmente già acquisiti nonché degli esiti del bilancio di competenze del giovane. Nel secondo caso, l’apprendistato è destinato a giovani
tra i 18 e i 29 anni e serve per il conseguimento di una qualifica professionale (qualificazione) rilasciata dall’impresa attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e
tecnico-professionalizzanti. Il contratto può avere una durata compresa
tra i 2 e i 6 anni, determinata in base al tipo di qualificazione da conseguire. L’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi
di alta formazione si rivolge a giovani tra i 18 e i 29 anni e permette di
conseguire titoli di studio di livello secondario, universitario e di alta
formazione, nonché titoli di specializzazione tecnica superiore. Per i
giovani già in possesso di una qualifica professionale, il contratto può
essere stipulato a partire dai 17 anni. La normativa nazionale rimanda
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alle Regioni la competenza sulla definizione della disciplina e della durata di questo tipo di contratto, da concordare con le Associazioni di
categoria, le Università e le istituzioni normative locali.
La normativa apporta una forte valorizzazione della componente formativa, che deve essere fornita dal datore di lavoro che a tal fine beneficia della riduzione dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi
e l’esclusione dell’apprendista dal computo dei limiti numerici previsti
da leggi e contratti. Per l’apprendistato professionalizzante la formazione formale (certificata), interna o esterna all’azienda, deve essere
di almeno 120 ore all’anno. La formazione deve riguardare, sia contenuti professionalizzanti, sia conoscenze denominate trasversali: linguistiche, matematiche, organizzative, economiche, relazionali. I giovani
minori di 18 anni hanno diritto di completare l’obbligo formativo mediante 120 ore annue aggiuntive di formazione esterna e le agevolazioni
contributive per il datore di lavoro sono subordinate alla partecipazione
dell’apprendista a tali iniziative di formazione previste dai contratti. La
regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione è rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale.
Per tutte e tre le tipologie il contratto di apprendistato può essere utilizzato in tutti i settori di attività; il numero complessivo di apprendisti
assunti da un datore di lavoro non può superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate presenti in azienda, ove non ne abbia alle
proprie dipendenze, o ne abbia meno di tre, può comunque assumerne
tre; il contratto deve essere in forma scritta con l’indicazione della prestazione oggetto del contratto e della qualifica da acquisire.
L’articolo 23 della legge n. 133/2008 modifica in parte l’impianto delineato per l’apprendistato professionalizzante rimandando la definizione
di specifici aspetti ai contratti collettivi di lavoro e, in particolare, rimuove i limiti temporali di durata minima del contratto di apprendistato, come chiarito nella Circolare n. 27/2008 del Ministero del Lavoro in
materia di apprendistato professionalizzante dove si precisa, tra l’altro,
che alla luce delle novità introdotte dalla normativa:
- decade, come anticipato, il limite temporale di durata minima del
contratto. I contratti di apprendistato possono essere quindi estesi
anche ai lavori stagionali;
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- il rapporto di lavoro di apprendistato può essere trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato antecedentemente alla data
prefissata e il datore di lavoro può conservare lo specifico regime
contributivo nei confronti dei lavoratori interessati dalla trasformazione a condizione che prima della trasformazione sia intervenuto
tra le parti un effettivo rapporto di apprendistato e quindi sia stata
svolta la formazione fino a quel momento prevista dal piano formativo individuale;
- sussiste la possibilità per la formazione dell’apprendista di un “canale parallelo” interamente affidato alla contrattazione collettiva in
caso di formazione esclusivamente aziendale;
- non è responsabilità del datore di lavoro la mancata erogazione della formazione nel caso in cui sussista una carenza dell’offerta formativa pubblica.
Gli aspetti formativi del contratto di apprendistato sono disciplinati dalle Leggi regionali; nello specifico, la Regione Piemonte ha disciplinato,
in ultima istanza, tali aspetti con la legge regionale del 26 gennaio 2007,
n. 2 che individua i principi generali che sottostanno all’azione formativa del contratto di apprendistato e al contempo rimanda gli aspetti
gestionali ed operativi a successivi provvedimenti. Al momento (DGR
n. 66-6528 del 23/07/2007), sono stati individuati gli indirizzi relativi
alle procedure, agli strumenti e alle modalità per le seguenti attività:
- redazione del piano formativo individuale (generale e di dettaglio);
- descrizione dei profili formativi;
- certificazione delle competenze in esito a percorsi formativi in apprendistato, il rilascio delle qualifiche professionali e le relative modalità di registrazione nel Libretto formativo del cittadino;
- formazione del tutore aziendale finalizzata all’acquisizione delle
competenze necessarie per lo svolgimento delle sue funzioni in relazione alle varie tipologie di contratto di apprendistato e alle modalità di erogazione della formazione formale;
- individuazione dei requisiti dell’impresa con “capacità formativa” ai
fini della certificazione delle competenze in esito a percorsi formativi in apprendistato professionalizzante (art. 49 d.lgs. n. 276/2003).
A tal proposito la Regione Piemonte negli “Indirizzi per la programmazione e
gestione dei Servizi formativi per l’apprendistato” per il 2009-2011, Provvedimento attuativo della Legge regionale 26 gennaio 2007, n. 2 sulla “Disciplina
degli aspetti formativi del contratto di apprendistato” precisa che il Catalogo
dell’offerta pubblica dei servizi per l’apprendistato costituisce l’offerta dei
Servizi formativi per l’apprendistato.
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Sono ancora da stabilire, di intesa con le parti sociali e le Province
piemontesi, gli indirizzi indicativi per l’erogazione della formazione
formale rivolta agli apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n.
276/2003. Pertanto, la Regione, al fine di garantire continuità all’offerta
formativa in apprendistato, ha emanato un provvedimento di transizione che permette di espletare l’attività di apprendistato in osservanza dei
due riferimenti normativi (legge n. 196/97, art.16, e d.lgs. n. 276/03,
art. 49). In questo contesto la formazione formale degli apprendisti può
essere realizzata:
- dagli enti di formazione per quegli apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 e ai sensi dell’art. 16 della legge n.
196/1997 da imprese prive di capacità formativa;
- dagli enti di formazione e dalle imprese per apprendisti assunti ai
sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 le cui imprese hanno autocertificato, in osservanza di quanto previsto dalle Disposizioni
operative approvate con determinazione n. 73 del 02/11/2007, la
propria capacità formativa per l’erogazione della formazione formale finalizzata all’acquisizione di competenze professionalizzanti
di tipo tecnico-scientifico ed operativo;
- dalle imprese nel caso di apprendisti assunti ai sensi dell’art. 49
del d.lgs. n. 276/2003 le cui imprese hanno autocertificato, sulla
base delle Disposizioni operative approvate con determinazione n.
73 del 02/11/2007, la propria capacità formativa per l’erogazione
della formazione formale finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali e di competenze professionalizzanti di tipo
tecnico-scientifico ed operativo.
Nel caso in cui i contratti collettivi e gli enti bilaterali abbiano determinato o determinino per ciascun profilo formativo la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento
della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo, cosa debba intendersi per formazione esclusivamente
aziendale e la determinazione del monte ore di formazione necessario
per l’acquisizione delle competenze di base e tecnico-professionali è
stabilita dai contratti collettivi. Decade quindi, in caso di formazione
esclusivamente aziendale, quanto previsto per il contratto professionalizzante al comma 5 dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 e la definizione
dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai
contratti collettivi di lavoro così come la disciplina della formazione
56
aziendale che, può essere svolta fisicamente anche fuori dall’azienda
(legge n. 133/2008).
Le Province nell’esercizio delle loro funzioni promuovono la qualificazione dell’offerta formativa dell’apprendistato e la disciplinano ai sensi
degli indirizzi regionali. La Provincia di Torino norma, in particolare,
le modalità di iscrizione nel Catalogo provinciale dell’offerta formativa, nonché di presentazione, inserimento e trasmissione informatica
delle preiscrizioni, e definisce inoltre le modalità per l’avvio delle attività formative e le conseguenze delle attività di controllo sull’attuazione delle attività e sulle dichiarazioni di spesa. Per il 2008 l’impianto
programmatorio definito dall’Avviso Pubblico provinciale 2007 è stato
integrato con le indicazioni previste dall’Atto Regionale di Indirizzo
2008.
4.1. La programmazione regionale e provinciale
Durante il precedente periodo programmatorio, gli assetti introdotti dalla normativa hanno reso l’apprendistato uno strumento particolarmente
efficace, configurandolo come l’unico canale agevolato di inserimento
lavorativo per i giovani. Nell’ambito del Programma Operativo Regionale FSE 2000-2006, l’apprendistato è stato visto come valido strumento sia per arginare e prevenire il fenomeno della dispersione scolastica
che vedeva il 25% dei ragazzi fuori dal sistema di istruzione e formazione prima dei 20 anni, sia per promuovere l’occupazione.
Ed infatti, con l’intento di promuovere lo sviluppo del sistema di istruzione e formazione professionale e di migliorare l’occupabilità in un’ottica di approccio preventivo, nell’ambito della Misura A2 “Inserimento
o reinserimento nel mercato del lavoro di giovani e adulti” trovavano
collazione percorsi di formazione a favore di soggetti in esercizio di
apprendistato per l’espletamento del diritto/dovere di istruzione e formazione e le altre due specie di contratto di apprendistato previste dalla
disposizione legislativa: apprendistato professionalizzante e apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Veniva inoltre garantito, durante la fase transitoria volta alla regolamentazione del contratto di apprendistato, la continuità dell’offerta
formativa attraverso la realizzazione di corsi per apprendisti privi di
titolo di studio o qualifica al di sotto dei 18 anni, apprendisti con più di
18 anni senza titoli di studio e apprendisti in possesso di titoli di studio
superiori o di qualifica.
57
In tale contesto, ingente l’azione della Provincia di Torino per promuovere l’apprendistato sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, attraverso, in particolare, il rilancio della componente formativa.
Le azioni formative, in linea con le indicazioni della Regione, si sono
concretizzate in corsi strutturati per gruppi di allievi con caratteristiche
omogenee (apprendisti in obbligo formativo, apprendisti con più di 18
anni privi di titoli superiori o di qualifica professionale, apprendisti in
possesso di qualifica, diploma o laurea) e in progetti formativi, caratterizzati dalla massima flessibilità nella definizione dei percorsi formativi, rivolti a gruppi di allievi con caratteristiche non omogenee per titolo
di studio o per tipo di funzioni professionali. Entrambe le tipologie di
azioni hanno previsto un corso di accoglienza finalizzato alla valutazione del livello di ingresso dell’apprendista.
Nella attuale programmazione regionale FSE l’apprendistato trova posto nell’ambito dell’Asse Adattabilità, obiettivo specifico a) Sviluppare
sistemi di formazione continua e sostenere l’adattabilità dei lavoratori,
Attività 5 Formazione per la qualificazione sul lavoro (apprendistato
professionalizzante) e per il conseguimento di una qualifica, di un diploma o di un titolo di formazione superiore da parte degli apprendisti.
La Regione Piemonte prosegue l’intento volto a fare dell’apprendistato
il principale strumento di avvio al lavoro rafforzandone al contempo la
componente formativa. È ritenuta inoltre prioritaria l’ulteriore qualificazione dell’offerta formativa, la quale necessita, nonostante i notevoli
progressi, di aderire maggiormente alle effettive esigenze delle aziende
che hanno assunto gli apprendisti. L’obiettivo è di stabilire, d’intesa
con le Province e nel rispetto dei principi generali delineati dalla normativa regionale, modalità e strumenti a ciò atti stimolando a tal fine
anche il sistema imprenditoriale.
4.2. Il quadro attuativo provinciale
Alcune indicazioni di carattere quantitativo rendono l’impegno della Provincia di Torino nei confronti di questo dispositivo. Negli anni
2005-2007 il numero degli apprendisti è passato da 13.001 unità (dato
comunque leggermente sottostimato per una non perfetta funzionalità
del sistema informativo di riferimento) a 19.994 con un incremento del
53,8%. Nel corso del 2008 nella Provincia di Torino sono stati assunti
16.434 apprendisti (non considerando i mesi di novembre e dicembre
con i quali si raggiungono i livelli del 2007) che costituiscono il 52,3%
degli apprendisti presenti sul territorio piemontese. A numeri così con58
sistenti corrisponde un significativo impegno economico: fra il 2005 e il
2008 sono, infatti, andati in formazione, secondo i dati comunicati dalle
agenzie formative al momento di partenza dei corsi, 45.486 apprendisti (8.706 nel 2008) per un costo complessivo di 54.247.000,00 euro.
Fra questi, gli apprendisti in obbligo formativo sono stati 1.728 per un
corrispondente costo per la formazione pari a 2.538.782 euro cioè il
4,7% dell’importo complessivo. Volendo comparare quest’ultimo dato
con ciò che si verifica in alcuni Paesi europei si evidenzia come nel
contesto della Provincia, ma il discorso può essere generalizzato per
l’intero territorio nazionale al di là delle specificità dei singoli contesti,
gli apprendisti in obbligo formativo costituiscono una minoranza del
totale complessivo (circa il 2% se si considerano solo gli apprendisti al
primo anno tralasciando quelli agli anni successivi che invece il dato
precedentemente riportato ricomprende); diversamente in Francia, Germania, Regno Unito, rappresentano il nucleo forte dei lavoratori con
contratto di apprendistato, seppure qualsiasi comparazione va effettuata
con tutte le cautele del caso dovute al diverso contesto storico e culturale che caratterizza l’esperienza formativa e dell’apprendistato in questi
Paesi.
4.3. I risultati della ricerca
L’universo di riferimento dell’indagine attinge dall’insieme degli apprendisti formati attraverso il bando pubblico per il 2005; nello specifico, 8.396 fra apprendisti in obbligo formativo, apprendisti con più di
18 anni privi di titoli superiori o di qualifica professionale, apprendisti
in possesso di qualifica, diploma o laurea che hanno partecipato alla
formazione esterna.
Il campione individuato è di 885 apprendisti (il 10,6% dell’universo)
raggiunti attraverso intervista telefonica, con una preponderanza delle donne rispetto agli uomini (il 43,8%). Nella maggioranza dei casi
(61,8%) gli apprendisti intervistati hanno un diploma di scuola media
superiore, mentre meno numerosi sono i possessori di qualifica professionale (11,3%), di laurea (3,4%) con il restante degli intervistati che
ha conseguito la licenza media. La maggioranza ricade nella fascia di
età 20-24 anni.
Complessivamente è positivo il giudizio di soddisfazione espresso dagli apprendisti. Tale giudizio è fortemente legato al loro titolo di studio:
il giudizio sul livello di soddisfazione, ampiamente positivo, varia in
relazione al titolo di studio, con i possessori di una istruzione più qua59
lificata che esprimono giudizi più contenuti; anche le aspettative nei
confronti della formazione sono più consistenti per coloro con un titolo
di studio più basso; risultano meno forti per i diplomati e scarse per una
fetta consistente di laureati. I livelli di motivazione tendono a crescere
nel corso dell’attività formativa seppure questa non riesce ad incidere
su coloro che presentano un livello di motivazione iniziale pressoché
nullo.
Anche la valutazione dei principali aspetti che caratterizzano l’attività
formativa è complessivamente positiva: per nessun aspetto valutato i
giudizi negativi superano quelli positivi. Particolarmente apprezzato,
in linea con quanto emerso per tutti i dispositivi oggetto di analisi, è
il corpo insegnante, soprattutto per gli aspetti legati alla disponibilità,
alla competenza, alla loro capacità nel far sentire a proprio agio gli
allievi; più critici gli aspetti legati al materiale didattico utilizzato, alle
attrezzature dei laboratori, ai contenuti delle materie trattate durante il
corso. Così come gli insegnanti, sono apprezzati anche i tutor formativi
e aziendali; in particolare la presenza di questi ultimi è stata valutata
molto positivamente con più del 40% degli intervistati “affiancati” in
azienda che l’ha giudicata molto utile agevolando soprattutto l’inserimento in azienda e la verifica delle competenze acquisite sul lavoro,
con importanti riscontri sul versante della formazione on the job.
Emerge una valutazione dei diversi aspetti della formazione analizzati
più positiva di quella rilevata nell’ambito del precedente monitoraggio
relativo alle attività formative svolte nel 2002: pur avendo in questa
fase utilizzato uno strumento di rilevazione diverso e non potendo, di
conseguenza, confrontare direttamente i risultati, i giudizi positivi sono
decisamente più consistenti con riferimento a tutti gli aspetti sui quali è
stata rilevata la soddisfazione, oltre che in relazione al livello di soddisfazione in generale.
Rispetto al giudizio sui contenuti, fra gli item proposti per la loro valutazione, quello che raccoglie maggior consenso fra gli intervistati
vede i contenuti della formazione costituire già parte del patrimonio di
conoscenze pregresse degli allievi, variamente costituito nel corso del
tempo. Gli item proposti sono, va precisato, prevalentemente orientati
verso giudizi “negativi” (contenuti troppo generici, troppo tecnici, difficili, vasti, già di conoscenza): l’unica alternativa positiva, “i contenuti
erano adeguati agli obiettivi del corso”, ha raccolto oltre un quarto delle
risposte, e si colloca al secondo posto fra i giudizi degli intervistati. Ma,
se si considera soltanto la prima delle due risposte che è stato possibile
fornire circa il giudizio sui contenuti, tale alternativa risulta essere la
60
prima delle opzioni scelte, evidenziando in sostanza l’adeguatezza dei
contenuti rispetto agli obiettivi del corso e la preminenza di un giudizio
complessivo positivo.
Aspetti questi ultimi, indirettamente confermati dal giudizio espresso
dagli apprendisti sul loro utilizzo nello svolgimento dell’attività lavorativa: fatta eccezione per le competenze linguistiche, le valutazioni positive (molto e abbastanza utili) sono di gran lunga superiori a quelle
negative (poco e per niente utili), in particolare per quanto riguarda
le competenze trasversali. In generale, gli apprendisti con una minore
istruzione pregressa (licenza media e qualifica professionale) tendono a
valutare più positivamente l’utilità delle competenze acquisite, mentre
i diplomati e i laureati sono più critici sul loro utilizzo.
L’utilizzo dei contenuti è in linea con la coerenza rilevata fra la formazione fruita e la professione svolta (al momento dell’intervista solo il
4,2% degli intervistati non aveva un lavoro), seppure va sottolineato
che circa un terzo dei formati indica l’assoluta incoerenza tra la formazione frequentata e l’attuale professione. Operai specializzati e impiegati dichiarano livelli di coerenza maggiori rispetto a quelli indicati
dalla generalità degli intervistati: indicazione probabile del fatto che la
formazione ricevuta trova concreta applicazione quando il lavoro svolto ha un contenuto di professionalità specifica.
Positivo anche il giudizio in relazione alla funzione di qualificazione
professionale dell’apprendistato, che si unisce alla valutazione complessivamente positiva sul grado di autonomia raggiunto nel corso.
L’apprendistato ha, infatti, per la maggioranza degli apprendisti fornito
le competenze per svolgere un’attività lavorativa qualificata o abbastanza qualificata, affermazione che gli apprendisti in obbligo formativo condividono meno dell’insieme degli intervistati dichiarando, più
degli altri, di aver svolto un lavoro ripetitivo e poco qualificante durante
l’esperienza di apprendistato.
Indicazioni utili alla valutazione delle attività di apprendistato sono state acquisite, accanto a quanto rilevato attraverso le interviste telefoniche agli apprendisti, per mezzo di un focus group cui hanno partecipato
tutor formativi e rappresentanti degli enti di formazione. Il focus group
ha confermato il giudizio complessivamente molto positivo sulla formazione per apprendisti, ma ha anche evidenziato alcuni elementi di
debolezza relativamente ai seguenti aspetti:
- appare limitata la possibilità di scelta di percorsi ad alta specializzazione;
- si rileva una rigidità della normativa;
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- emergono difficoltà di carattere culturale che ostacolano l’accettazione da parte dei lavoratori con alto titolo di studio del loro status
di apprendista;
- i tempi ristretti che intercorrono fra la comunicazione di avvio e
l’effettiva partenza del corso rendono spesso difficile espletare l’iter
burocratico previsto;
- emerge l’esigenza di corsi a carattere più pratico, soprattutto in riferimento al modulo di base in aula considerato ripetitivo e poco
coinvolgente;
- si rileva la necessità di creare corsi più attinenti alle esigenze formative di apprendisti che non sono al primo anno di apprendistato.
4.1. Le esperienze
Tra le esperienze realizzate sembra rivestire carattere di particolare innovatività quella relativa all’apprendistato di “terzo livello”.
Come anticipato, la legislazione nazionale nel 2003 ha introdotto tra le
nuove tipologie contrattuali l’apprendistato finalizzato all’acquisizione
di titoli di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione
e per la specializzazione tecnica superiore. Questo tipo di contratto, lo
si è rilevato, è aperto a tutti i settori di attività per giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni; la regolamentazione degli aspetti formativi è
rimessa alle Regioni in accordo con le parti sociali, le università e le
istituzioni formative.
Il livello di innovatività della normativa ha richiesto un approccio sperimentale: le sperimentazioni avviate a livello regionale sono state definite da specifiche intese fra il Ministero del lavoro e le Regioni.
La Regione Piemonte è stata fra le Regioni che hanno avviato tale sperimentazione ponendosi quali obiettivi generali:
- avviare la sperimentazione su tutto il territorio regionale coinvolgendo l’intero sistema universitario e delle imprese;
- gestire la sperimentazione mediante la massima flessibilità operativa nel rispetto dei vincoli comunitari, nazionali e regionali;
- sperimentare nuovi modelli formativi centrati sull’interazione tra
imprese e istituzioni formative;
- sviluppare un nuovo canale formativo a sostegno sia dell’innalzamento del livello di istruzione sia dell’orientamento dell’alta formazione alle esigenze delle imprese.
Nella sperimentazione sono stati coinvolti i tre atenei piemontesi, Po62
litecnico di Torino, Università degli studi del Piemonte orientale, Università degli studi di Torino, con un assetto al livello di governance che
ha previsto la definizione di un Protocollo di Intesa tra le Parti sociali,
le Istituzioni formative e la Regione per la definizione degli indirizzi
generali sugli aspetti giuslavoristici, degli indirizzi formativi per l’acquisizione di crediti formativi universitari attraverso la formazione in
azienda, delle funzioni del tutor accademico, del modello di Piano Formativo Individuale; di un Regolamento tra le Parti Sociali per stabilire
la durata del contratto, l’età degli apprendisti e il loro inquadramento;
l’istituzione di una Cabina di regia regionale con funzioni di monitoraggio sulla sperimentazione.
La sperimentazione ha coinvolto circa 230 apprendisti assunti da circa
100 imprese: per il 40% imprese di grandi dimensioni, il rimanente distribuito quasi equamente fra imprese di piccole e di medie dimensioni,
a dimostrazione dell’interesse per la tipologia di apprendistato al di là
delle dimensioni dell’impresa; sono stati realizzati 16 master universitari di primo e secondo livello e 1 corso di laurea specialistica. Numeri
non significativi dal punto di vista quantitativo ma rilevanti tenendo
conto della particolarità di questa tipologia di apprendistato. Il 98% degli apprendisti coinvolti ha concluso positivamente il percorso (laurea
o master di I o II livello) con livelli di successo superiori a quelli che
tradizionalmente registra l’università.
Il processo di interazione fra imprese e istituzioni formative è stato costante ed ha riguardato in particolare i seguenti aspetti:
- definizione del modello organizzativo;
- piano formativo individuale;
- erogazione delle attività formative;
- certificazione delle competenze.
Proprio l’integrazione fra ateneo ed impresa unitamente alla valorizzazione dell’impresa come soggetto formativo, aspetti che hanno caratterizzato la sperimentazione dell’alto apprendistato in Piemonte, sono
risultati particolarmente interessanti nel corso di una Peer Review che
ha visto coinvolti altri 12 Stati europei e durante la quale l’esperienza
piemontese è stata presentata.
4.1. Osservazioni conclusive e proposte
Numerose le riflessioni emerse durante il seminario che evidenziano
come spesso in tema di apprendistato bisogna ricomporre punti di vista
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ed attese diverse. Poco, infatti, l’accordo dei diversi soggetti sul tipo di
formazione che ci si attende e su quale investimento fare su di essa.
Nell’ottica in cui la formazione è strumento per anticipare il cambiamento, è necessaria una sintesi fra le posizioni dei diversi attori coinvolti e un loro impegno congiunto. L’apprendistato richiede, infatti,
un’alleanza educativa fra gli attori protagonisti per la motivazione degli
apprendisti affinché la formazione da vincolo costituisca effettivamente
una risorsa.
A partire dall’attuazione della legge regionale, l’esigenza è quella di
definire un nuovo dispositivo formativo che circoscriva domande e attese fra loro anche divergenti e, pur in un quadro di differenziazione dei
percorsi, certifichi in modo unitario e comprensibile le competenze.
4.1.1. Apprendistato e target raggiunti
Si è evidenziato come per gli apprendisti con titolo di studio più elevati
l’indagine ha messo in evidenza una soddisfazione piuttosto contenuta
se non assente per il percorso formativo. I possibili correttivi possono
essere individuati nella revisione dei contenuti, spesso giudicati già conosciuti o generici, ma anche in una maggiore articolazione delle tipologie di apprendistato distinguendo, ad esempio, i percorsi per il conseguimento del titolo di studio con esame di Stato da quelli post-diploma
o post-laurea (è quanto accade in Francia, seppur, va evidenziato, i costi
associati sono molto elevati). Per contro, in un’ottica più radicale, è la
qualifica stessa di apprendista per coloro che hanno un titolo di studio
superiore ad essere messa in discussione e ricondotta a conseguenze del
quadro normativo che rende agevole e conveniente per le aziende usufruire di questa tipologia contrattuale che si configura sempre più come
contratto di inserimento, più appetibile di quanto non fosse il contratto
di formazione-lavoro.
Correttivi devono essere individuati anche per i percorsi che coinvolgono apprendisti in diritto dovere ai quali l’esperienza di apprendistato,
rispetto alla totalità degli apprendisti, ha fornito in modo più contenuto
le competenze per svolgere un’attività lavorativa qualificata e ha fatto,
con più frequenza, svolgere un lavoro ripetitivo e poco qualificante.
Soluzioni possono essere ricercate nella diversificazione dei modelli
di apprendistato lungo due direttrici, una per apprendisti che vogliono
formarsi lavorando, l’altra che coinvolge adolescenti in serie difficoltà,
per i quali l’attuale apprendistato non costituisce una formula adeguata,
che potrebbe contemplare percorsi part-time e la revisione dell’attuale
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percorso formativo a 240 ore. Ancora, proprio perché gli apprendisti in
diritto-dovere rappresentano solo una esigua percentuale del totale degli apprendisti e in valori assoluti un numero molto circoscritto, senza
il potenziamento delle attività di apprendistato, in accordo con le parti
sociali, potrebbe venir meno una alternativa per i ragazzi che interrompono la frequenza scolastica.
Anche per l’apprendistato valido per l’assolvimento del diritto-dovere di
istruzione e formazione posizioni più radicali vedono, più che interventi volti a sanare le eventuali disfunzioni di questa tipologia contrattuale,
una contraddizione interna all’apprendistato stesso il voler proporre a
ragazzi che decidono di lasciare i percorsi di istruzione e formazione
un percorso che, oltre agli aspetti formativi, contempli contenuti di tipo
scolastico. Aspetto questo che viene ricondotto alla forzata acquisizione
da parte dell’Italia dei principi europei sanciti nell’ambito dei Consigli
di Lisbona, volti all’innalzamento dei livelli di istruzione della popolazione: piuttosto coinvolgere ragazzi che già hanno rifiutato percorsi
di tipo scolastico porterebbe ad un compromesso successivo sul tipo e
la qualità di contenuti veicolati sulla formazione, quasi un contributo
all’abbassamento dei livelli medi degli allievi. In quest’ottica, l’indicazione che taluni intravedono è di recuperare l’ispirazione originaria dell’apprendistato circoscrivendolo solo a determinate tipologie di lavoratori e di settori lavorativi, affinché tale contratto sia utilizzato da quelle
aziende dove effettivamente avviene un apprendimento professionale.
4.1.2. Aspetti finanziari
Nel 2008 si è registrata, rispetto al precedente anno, una contrazione
dell’impegno economico (circa 1.500.000,00 euro in meno) a fronte
del fatto che la Provincia di Torino ha avviato in formazione tutti gli
apprendisti iscritti al primo anno, mentre nessun apprendista iscritto al
secondo anno ha svolto l’attività formativa: vi è stata, quindi, una riduzione della spesa per la formazione e solo con un investimento maggiore potrà essere possibile garantire la formazione per tutti gli apprendisti
al primo anno, anche a fronte di un aumento delle assunzioni in apprendistato.
Finanziamenti salutari, periodici, rendono più difficile, inoltre, garantire la continuità dei servizi erogati con la conseguente impossibilità
dell’impresa di programmare a medio termine l’assenza del lavoratore
e ciò, in un periodo economicamente critico, può indurre l’azienda ad
essere meno rispettosa dei vincoli normativi.
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In continuità con quanto avvenuto nella programmazione 2000-2006,
andranno ricercate forme di raccordo con gli interventi sostenuti da
fonti finanziarie nazionali (legge 196/97, legge 30/03 e relativi decreti
di attuazione) affinché sia definita un’offerta formativa in grado di assicurare una copertura pressoché totale ai giovani inseriti al lavoro per
mezzo di questa tipologia contrattuale.
4.1.3. Flessibilizzazione della forma contrattuale
L’art. 23 della legge n. 133/2008 ha introdotto una maggiore flessibilizzazione del contratto di apprendistato permettendo, come anticipato,
l’assunzione di apprendisti senza vicoli temporali di durata minima del
contratto. Per le imprese risulta quindi economicamente più vantaggio
assumere un apprendista piuttosto che, ad esempio, un lavoratore tramite agenzia interinale: la legge finanziaria del 2007 ha, infatti, previsto che la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti
artigiani e non artigiani è complessivamente determinata nel 10% della
retribuzione imponibile ai fini previdenziali, aliquota che, a determinate
condizioni e in ragione dell’anno di vigenza del contratto, più essere
anche più contenuta.
Le ripercussioni sono probabili non solo per le strutture di intermediazione domanda-offerta ma sull’intero mercato del lavoro. Si è cioè
flessibilizzato in modo consistente questa tipologia contrattuale, aprendo anche alcuni interrogativi sulla effettiva possibilità di espletare la
prevista attività formativa da parte dell’apprendista nel caso di durate
molto ridotte del contratto.
4.1.4. Implicazioni
date dalla possibilità per l’impresa di forma-
zione interna
La possibilità per l’azienda di svolgere al suo interno parte della formazione per erogare competenze professionalizzanti di tipo tecnicoscientifico ed operativo o l’intera formazione, prevedendo quindi anche la realizzazione della formazione per acquisizione di competenze
di base e trasversali, costituisce sicuramente un’opportunità favorevole
per l’azienda ma porta con sé anche dei possibili elementi di criticità.
Svolgere parte o tutta la formazione a carico dell’azienda può portare
all’introduzione di nuovi contenuti e a nuove e proficue forme di integrazione fra impresa ed agenzie formative, in particolare per ambiti
che riguardano gli aspetti metodologici, un monitoraggio efficace, una
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maggiore e più adeguata formazione dei tutor, ma apre anche possibili
scenari intrisi di forte criticità.
Questa possibilità, infatti, potrebbe esser letta da parte dell’azienda
come un escamotage per bypassare l’impegno formativo nei confronti
dell’apprendista o comunque scelta per l’agevolazione che comporta
avere costantemente l’apprendista all’interno dell’impresa. Attenta valutazione deve perciò essere fatta da parte dell’impresa circa le proprie
possibilità formative e, qualora non siano in grado di gestire appieno la
formazione apportandovi l’atteso valore aggiunto, parrebbe più opportuno avvalersi, per tutti gli aspetti attuativi, dell’agenzia formativa.
Ancora, il rischio sembrerebbe anche quello che la possibilità data all’impresa di avere una diminuzione contributiva in cambio dell’erogazione di formazione faccia del primo aspetto una priorità e del secondo un elemento più marginale e di minor importanza per l’impresa.
E nel senso della prevalenza del vantaggio economico sull’impegno
formativo può esser letta la possibilità prevista dalla normativa per cui
anche una cooperativa con un appalto di alcuni mesi possa assumere
un apprendista: quest’ultimo verosimilmente non avrà qualificazione
al momento in cui la cooperativa si scioglie (al di là della qualifica). Si
tratta di un aspetto che si lega a quanto prima evidenziato in merito alla
maggiore flessibilità che a livello normativo caratterizza attualmente
l’apprendistato.
4.1.5. Contenuti formativi e finalità della formazione
La tipologia di contenuti formativi erogabili durante la formazione degli apprendisti rimanda ad aspetti che si legano a situazioni di carattere
logistico ed organizzativo ma concerne anche, e in modo non irrilevante, le finalità attribuite alla formazione stessa.
Sul primo versante la possibilità di erogazione di contenuti formativi non generici risente strettamente delle modalità di formazione delle
classi. Risulta, infatti, difficile alle agenzie formative specializzare molto i contenuti con apprendisti che provengono da differenti aziende e
sono riconducibili a profili professionali differenti, più agevole lo è nel
caso di apprendisti provenienti dalla stessa azienda. Anche uniformare le attività formative legandole a profili professionali standard, quali quelli dei contratti di lavoro, non sempre è ritenuto possibile dalle
agenzie formative: non solo i contratti sono molti, ma spesso i profili
dichiarati in sede di assunzione ed accettati dal Centro per l’Impiego
non corrispondono ai profili professioni del contratto di lavoro perché
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derivano dall’esperienza del singolo datore di lavoro che può far riferimento a contratti non più in essere. Ancora, rendono difficile la qualificazione dei contenuti formativi in modo più specialistico la necessità
di comporre il gruppo aula nel rispetto dei tempi previsti e la volontà
di venir incontro alle richieste delle aziende di dimensioni più piccole
che propendono per una formazione più vicina alla sede dell’azienda
seppure più generica nei contenuti.
Anche le finalità di più ampio respiro attribuite alla formazione determinano il tipo di contenuti che verranno erogati. Se, infatti, il compito dell’attività formativa è fornire, nell’ottica della formazione continua, una
preparazione che renda l’apprendista preparato ad affrontare il suo futuro lavorativo non necessariamente legato alla singola mansione svolta
durante il periodo di durata del contratto di apprendistato, dovranno
essere erogate non solo competenze specifiche ma anche contenuti di
carattere più generale. Anche in questo quadro non facile l’accordo dei
diversi attori sui contenuti da erogare e su chi debba decidere quali
debbano essere. Vista la difficoltà di veicolare contenuti formativi più
tradizionali nelle ore a disposizione, si suggerisce di inserire insegnamenti volti alla valorizzazione del lavoro pratico e dell’imprenditorialità, individuando negli enti bilaterali il soggetto deputato ad individuare
ed inserire nei piani formativi tali contenuti.
Ma poiché l’esperienza delle agenzie formative mostra come gli apprendisti non abbiano un atteggiamento favorevole nei confronti della
formazione e di specifici contenuti formativi, la via precorribile per suscitare un loro maggiore interesse è quella di puntare ad una formazione
di tipo esperenziale facendo confrontare gli apprendisti con gli occasionali colleghi di lavoro sul ciclo produttivo in una dinamica positiva di
confronto fra diverse organizzazione e procedure lavorative pur se in
relazione a mansioni diverse.
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Ricerca sui successi e criticità delle attività formative_2008