Subentro dell’amministratore di condominio tra passaggi di consegne poco chiari e ammanchi di cassa Passaggi di consegne “poco chiari” ed “ammanchi di cassa”, quando si eredita un condominio subentrando ad un altro amministratore di condominio può capitare, ecco cosa fare: Capita sempre più spesso di ereditare un condominio dall’ex amministratore e trovare delle amare sorprese: ammanchi di denaro, dichiarazioni fiscali mancanti o incomplete. Il problema esiste, è assai più diffuso di quanto si creda e gli amministratori onesti subiscono le conseguenze negative di tutti coloro che non si comportano come la legge ed il buon senso richiederebbero. Innanzitutto vorrei esprimere alcune considerazioni generali. Quando ci troviamo in condizioni di subentro dell’amministratore di condominio, salvo situazioni conclamate o richieste specifiche da parte dell’assemblea, non è necessario procedere ad un esame analitico degli ultimi anni di contabilità cercando di “cogliere in castagna” l’ex amministratore. Ciò non vuole dire coprire le mancanze altrui e non vuole dire che non sia legittimo analizzare e verificare la vecchia contabilità; dico questo perché troppe volte, nelle aule dei Tribunali, osserviamo azioni pretestuose che si rivelano lotte gratuite tra professionisti dove la tutela dell’interesse della collettività condominiale è solo un pretesto per altre finalità. Ovviamente ogni caso va analizzato a parte ed il ragionamento cambia in presenza di conclamata mala gestio o nel caso in cui sia l’assemblea a chiedere un approfondimento della contabilità pregressa. Premesso quanto sopra, il primo passo per avere “il polso” della situazione è la verifica dello stato patrimoniale del condominio; tale analisi (affrontata in altra sede dallo staff di danea) deve partire dall’ultimo saldo di gestione approvato dall’assemblea e riguardare: le entrate e le uscite successive, eventuali debiti/crediti delle gestioni precedenti, eventuali fondi di riserva, il saldo del conto corrente e quello della eventuale “piccola cassa”. Se dovesse risultare un disavanzo di bilancio (ammanco di cassa), bisognerà capire da dove derivi tale passività e richiedere i necessari chiarimenti al precedente amministratore. Gli ammanchi più frequenti riguardano prelievi effettuati dall’amministratore e mai rimborsati al condominio. Per comprendere l’esatta entità del disavanzo contabile è fondamentale non soffermarsi ai prelievi “irregolari” effettuati dall’ex amministratore, ma occorre verificare che a seguito di tali prelievi non siano stati pagati debiti del condominio. Indubbiamente – ed in particolare a seguito della riforma di condominio – un amministratore che sposti denaro dal conto del condominio al suo – salvo poi “restituirlo” sotto forma di pagamenti da lui eseguiti verso i fornitori – rappresenta un’ipotesi di mala gestio e possibile causa di revoca, ma per parlare di reato di appropriazione indebita, o per pretendere la restituzione di importi sottratti, occorre fare un ulteriore passaggio. Tale passaggio è, per l’appunto, rappresentato dall’analisi dello stato patrimoniale dal quale deve risultare un effettivo disavanzo (ammanco). Questa indagine sarà necessaria al fine di dimostrare al giudice civile/penale quanto lamentato dai condomini. Come può tutelarsi il condominio a fronte di tali episodi? Dopo una accurata revisione da parte dei revisori condominiali: • Azione civile per restituzione di quanto indebitamente prelevato. Tale azione dovrà fondarsi su una precisa ricostruzione contabile secondo i principi sopra richiamati. • Azione civile per il risarcimento di eventuali danni; anche in questo caso sarà determinante l’aspetto della prova. In tale sede si potranno chiedere, ad esempio, i costi aggiuntivi o le sanzioni derivanti dalla mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali. • Azione penale. L’azione riguarda, solitamente, la violazione dell’articolo 646 c.p. relativo al reato di appropriazione indebita. Il reato è procedibile previa presentazione di querela, ma l’autorità giudiziaria può procedere anche d’ufficio: l’ipotesi dell’amministratore di condominio che si appropri dei valori e dei beni condominiali integra, infatti, l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. per il caso di reato commesso nell’esercizio di una prestazione d’opera. La giurisprudenza prevalente considera tale aggravante ricorrente anche in presenza di un rapporto che abbia consentito all’imputato di commettere il reato con maggiore facilità ed approfittando della fiducia in lui riposta (Cassazione Penale 3462/2005 e 11264/2000). Circa l’azione penale è opportuno formulare alcune ulteriori precisazioni. • Sul punto della legittimazione a presentare la denuncia penale, la pronuncia della Cassazione Penale n. 6197/2011 ha affermato che l’amministratore è l’unico legittimato a proporre querela per un reato commesso in danno alle parti comuni dell’edificio. A mio avviso tale affermazione non è condivisibile e sembra contraddetta dalla sentenza della Cassazione Penale n. 6/2001 ove si affermava, da una parte, che l’assemblea poteva incaricare l’amministratore di presentare querela solo all’unanimità e, dall’altra, che ogni condomino potesse procedere autonomamente. In conclusione, la forma più sicura e di maggior tutela è deliberare in sede assembleare che la denuncia penale sia presentata congiuntamente sia dall’amministratore che da almeno uno/due condomini. • La recente sentenza n. 3958/2014 della Corte di Cassazione Penale ha evidenziato l’importanza per il danneggiato di costituirsi parte civile nel procedimento penale. Tale adempimento è utile sia per tenere monitorato il processo, sia per stimolare la restituzione di quanto sottratto; la pronuncia richiamata ricorda che “(…) indipendentemente dalla natura giuridica del reato commesso, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dei suddetti obblighi (restituzioni), solo ed esclusivamente nelle ipotesi in cui vi sia stata costituzione di parte civile e questa abbia espressamente richiesto la condanna dell’imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni”. E’ bene ricordare che la costituzione di parte civile nel processo penale, ai sensi dell’art. 75 c.p., sospende l’eventuale processo civile iniziato dopo tale costituzione; è, quindi, opportuno valutare con attenzione i passi di compiere in entrambe le sedi. Si riportano alcune pronunce giurisprudenziali relative al tema in esame: • “(…)integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di versare i contributi previdenziali per il servizio di portierato”(Cassazione Penale, sentenza n. 4096/2012); • “(…) la Corte ha ritenuto che l’unico metodo possibile per verificare, se e quando si fosse verificata da parte dell’imputato la denunciata appropriazione delle somme in questione, fosse proprio quello di calcolare l’importo complessivo delle somme pagate dai condomini e l’importo complessivo delle spese effettuate per conto del condominio alla luce degli esiti della riconciliazione bancaria intervenuta il 15.1.2004, al momento della consegna della cassa dal S. al nuovo amministratore V. Considerato che, a seguito dell’operata ricostruzione della contabilità, era emerso che, alla data del 15.1.2004, sul conto del condominio si sarebbe dovuta trovare depositata la somma di Euro 32.273,17, mentre al momento delle consegne l’imputato aveva versato all’amministratore subentrante quale residuo di cassa la minor somma di Euro 22.870,69, la Corte ha quindi ritenuto che, proprio in quel momento, l’imputato ‐trattenendo le somme di Euro 9.402,48, pari alla differenza di cassa rilevata, e di Euro 3.971,80, di cui al libretto di deposito n.106490/80 ricevuto e non restituito ‐ ebbe a manifestare la volontà di farle proprie; il reato (unico e non continuato) si era pertanto consumato al momento della consegna della cassa, ovvero in data 15.1.2004” (Cassazione Penale, sentenza n. 18864/2012). In conclusione, ricordo che, in caso di subentro dell’amministratore di condominio, le eventuali azioni da promuovere nei confronti dell’amministratore “scorretto” devono essere valutate anche in vista dei risultati concreti da ottenere: se il soggetto contro cui si procede non ha alcun bene “aggredibile”, sarà ben difficile recuperare non solo il capitale, ma anche le spese legali impiegate.