“Rom e non/Rom tra conflitti e risorse” Legalità, politiche sociali, informazione Cristina Simonelli Villa Elena, Affi (VR) 1 La Fondazione Elena da Persico, ispirandosi particolarmente al pensiero di Elena da Persico (1869 –1948), giornalista e collaboratrice di Giuseppe Toniolo in ambito sociale, ha, tra i suoi scopi, “la promozione di iniziative sociali e culturali per una crescita della società secondo i valori della solidarietà cristiana” Con piacere inviamo la relazione di Cristina Simonelli, docente di Teologia Patristica della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e dello Studio Teologico di S.Zeno e S.Bernardino (VR), a quanti hanno partecipato all’iniziativa della Fondazione e ai simpatizzanti della stessa. 2 3 “ROM E NON/ROM TRA CONFLITTI E RISORSE” Legalità, politiche sociali, informazione Affi, 27 settembre 2008 4 5 Tullia Zevi, nel libro scritto insieme alla nipote Natania, riporta l’espressione preoccupata del proprio nonno, nell’imminenza della promulgazione delle leggi razziali: «stanno parlando troppo di noi e questo è pericoloso»1. Condivido questa preoccupazione e spero di riuscire a renderne ragione nel corso di questo nostro colloquio; preoccupazione che è unita a quella, molto più personale, di un pudore dell’amicizia, per il quale ho molte volte evitato di parlare. Ma ci sono oggi ragioni di una parola, nostro malgrado, e le vorrei esprimere con le parole con cui Edith Stein, il 21 settembre del 1933, fa prefazione al proprio Storia di una famiglia ebrea: «Negli ultimi mesi gli ebrei tedeschi sono stati strappati alla tranquilla ovvietà dell’esistenza e costretti a riflettere su se stessi, sulla loro natura e sul loro destino... se solo sapessi in che modo Hitler sia arrivato al suo spaventoso odio per gli ebrei», disse una delle mie amiche ebree... Gli scritti programmatici e i discorsi dei nuovi detentori del potere hanno dato una risposta. Come uno specchio concavo, essi ci rimandano l’immagine di una spaventosa caricatura. Forse essa è stata disegnata con sincera convinzione. Forse i singoli tratti imitano modelli viventi. Ma, l’umanità ebraica è il prodotto necessario del «sangue ebraico» tout court? ... molti hanno un amico ebreo... 1 Zevi indica così il senso della memoria di cui è portatrice: «La trasmissione della memoria non è un lamento, è un contributo affinché l’umanità giovane possa lavorare assieme. Ho sempre faticato tanto e con il passare degli anni ho rafforzato il mio inossidabile convincimento, secondo cui bisogna mettere a disposizione degli altri il destino che abbiamo ricevuto. In questo senso la memoria è un atto che parla nella vita e della vita» (TULLIA e NATHANIA ZEVI, Ti racconto la mia storia. Dialogo tra nonna e nipote sull’ebraismo, Rizzoli, Milano 2008, 129). 6 ma molti altri non hanno fatto queste esperienze. Tale opportunità è negata soprattutto ai giovani, che oggi vengono educati nell’odio razziale fin dalla primissima infanzia. Nei loro confronti, noi, che siamo cresciuti nell’ebraismo, abbiamo il dovere di rendere testimonianza (Breslavia 21/9/1933)»2. In questo senso ed in questa ottica vorrei dire qualcosa, utilizzando il registro della testimonianza. So che molte volte mi viene restituito quanto sto per dire con un senso di insofferenza, come se fosse il tentativo di trovare un escamotage per sfuggire a domande imbarazzanti. Non è così, almeno non mi pare: credo di poter quanto meno indicare qualche pista, dei documenti e bibliografia di orientamento sul tema. Ma non si può partire da lì. Bisogna piuttosto rovesciare la domanda e provare a considerare in primo luogo lo specchio concavo, l’immagine deformata come tale e i meccanismi che la producono e riproducono. E proporsi il tema della legalità in primo luogo domandandosi se e in che misura tutti rispettiamo le leggi, oltre che chiedere che altri le rispettino. Inizio dal tema dell’immagine, che attrae anche inevitabilmente il tema dell’informazione, proseguo con la legalità, aggiungo qualche riflessione sulle politiche sociali, per concludere con la risorsa di un modo amicale e rispettoso di considerare le questioni. Il conflitto, purtroppo, apparirà trasversale a tutta la trattazione. Visibilmente crudeli ... è il titolo di un libro di Giacomo Todeschini3, che si occupa del passaggio dal medioevo all’età moderna. In questa 2 EDITH STEIN, Prefazione in Ead, Storia di una famiglia ebrea, Città Nuova, Roma 1999, 8. pgg 23-24 3 GIACOMO TODESCHINI, Visibilmente crudeli. Malviventi, persone sospette e gente qualunque dal medioevo all’età moderna, Il Mulino, Bologna 2007. 7 ottica prende dunque in considerazione la dinamica dell’esclusione legata all’immagine deformata di alcuni – che a volte sono pochi, a volte intere masse, diseredate o eretiche o comunque “disprezzabili”. Non parla di rom, ma lo cito proprio per quel visibilmente, ancora connesso all’idea dello specchio concavo. All’immagine che si forma nello specchio, per mantenere la metafora, concorrono diversi meccanismi, non identici: - un meccanismo che configura una sorta di colpevolezza etnica: prescindendo, al momento, dalla veridicità o meno dell’accusa, quando l’indiziato/a è “estraneo” – rom certo, ma anche appartenente altri gruppi considerati “visibilmente crudeli” - è come se si estendesse la responsabilità del fatto a tutti dai giornali alle casse dei supermercati, la “giuria collettiva” ha già pronunciato una sentenza, appunto, di colpevolezza etnica: la ragazza è “colpevole”, mettiamo del rapimento di una bambina (faccio questo esempio perché intendo poi soffermarmi su questo) ed insieme a lei sono indiscriminatamente colpevoli tutti i rom ed i sinti. Il meccanismo è tribale e irrazionale, non si lascia scalfire dai ragionamenti più ovvi: le responsabilità penali devono essere provate e sono sempre personali, non etniche. E’ ovvio, ma è come se in questo caso sospendessimo ogni buon senso e, appunto, rispetto del diritto; - il meccanismo ha poi un altro aspetto, altrettanto problematico. Lo esemplifico con dei casi drammatici, di disgrazie, tralasciando quelli relativi a violenze contro mogli e figli o genitori, ben attestati anche in zona. Rimaniamo alle disgrazie: tutti e giustamente ci siamo commossi della disgrazia di un padre che facendo retromarcia ha causato la morte del suo piccolo di due anni o per la famiglia di S. Giovanni Lupatoto 8 (VR) che in vacanza in Sardegna, ha visto il proprio piccolo di 4 anni, per un attimo, una fatale svista, cadere in piscina ed annegare. Ma chiediamoci: e se fossero stati rom? Come per le altre disgrazie capitate a famiglie rom, si è stati subito pronti non solo a pensare ma anche a dire e scrivere che sono state dovute all’incuria, che i rom non amano i loro figli, e avanti, cose simili;4 - vi è poi un’altra serie di questioni: i fatti attribuiti, non commessi e mai o sommessamente smentiti. Dico fatti e non reati, perché vorrei articolare anche questo aspetto attorno a due punti di vista, più impegnativo l’uno, più quotidiano l’altro: a) «Rubano i bambini» Quando, dopo i fatti di Ponticelli, abbiamo scritto una breve nota, anche Avvenire l’ha ospitata, con una risposta del direttore: sa, ma quando si toccano i bambini... ma sarò pronto a smentire. Bene, adesso aspetto smentita e recensione di La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007) CISU, Roma 2008. Intanto, leggiamo: «Nelle settimane in cui esce il presente volume pare di essere in presenza di un’isteria collettiva: la zingara rapitrice sembra essere uscita dalle pagine dei racconti popolari per andare ad infoltire i “campi nomadi” della tarda modernità italiana, le televisioni ne amplificano la notizia anche per il solo fatto di avere la capacità di entrare in ogni casa... Forse non si è mai creduto e gridato così tanto come in questi anni che gli zingari rubino i bambini... Morte (morte?) le streghe d’un tempo, morti (morti?) gli ebrei cannibali, ci sono rimaste le zingare rapitrici a nutrire le isterie di cui un’intera società ha 4 Se ne può leggere in forma poetica la restituzione in PINO PETRUZZELLI, Non chiamarmi zingaro, Chiarelettere, Milano 2008, 29-36. Il volume, di gradevole lettura, presenta molti episodi interessanti, volutamente molto “positivi”, neldichiarato tentativo riequilibrare la partita. 9 evidentemente bisogno, e di cui l’alterità (donne, ebrei, islamici...) è sempre stata un’ottima fornitrice. Con cicli e ricicli: oggi tocca ancora agli zingari, ed è stagione di caccia. Se poi sono romeni la caccia è bipartisan...»5 I casi affrontati, tutti quelli di cui si è trovata documentazione, sono stati ricavati dai comunicati dell’ANSA e, quando il procedimento penale è stato istruito, anche dalla documentazione processuale. Sono sempre “tentati” rapimenti, la maggioranza dei quali si dimostrano poi assolutamente infondati. Alcuni minori sono purtroppo stati trovati presso parenti, uno risulta ucciso dalla madre. Solo tre casi si sono conclusi con una condanna per “tentato” rapimento: Desenzano, Lecco e Roma. A Lecco la donna accusata ha chiesto il patteggiamento, pur di uscire dal carcere, ma la ricostruzione dei fatti rende inverosimile l’ipotesi del tentato rapimento. Consigliamo decisamente la lettura del testo, che mette anche in evidenza come i processi percettivi, mnestici e di categorizzazione siano influenzati da attribuzioni stereotipiche, rappresentazioni mentali che danno forma a porzioni di realtà. In altre parole, se “vedo” una donna zingara vicino ad un bambino e “so” che “gli zingari rubano i bambini”, vedrò con convinzione che lei “vuole” portar via il piccolo! b) Il seguente piccolo episodio potrebbe essere un buon test per verificare il nostro grado di percezione stereotipica – nel senso che se non ci troviamo niente di strano, forse c’è ancora qualcosa da verificare. Dunque, una “buona” signora, da poco conosciuta, viene a sapere che vivo con i Rom. Allora si sente in dovere di raccontarmi un fatto recente, capitato proprio a lei, che si occupa anche di minori in disagio. Ospita in casa per un po’ una bimba Rom di circa due anni. Il marito della signora va 5 LEONARDO PIASERE, Presentazione, in Sabrina Tosi Cambini, La zingara rapitrice, Cisu, Roma 2008, VIII-IX. 10 in bagno e posa il portafoglio sulla lavatrice e la bambina lo prende: pensa cos’è l’istinto! - commenta la signora... !!! - Un’altra questione riguarda le costellazioni di informazioni un po’ troppo “puntuali” per essere casuali. Faccio un esempio, legato anche al volantino che riportiamo di seguito. Questa estate avrete sentito certo dire dell’inserimento della campagna per le impronte prese ai minori rom nel pacchetto sicurezza, come si diceva, per proteggerli. Nonostante una certa passività rassegnata, in questo caso c’è stato un certo dibattito e si sono levate per protestare anche autorevoli voci, religiose, e di cultura6, Contemporaneamente sulla stampa locale e nazionale è apparsa una notizia: Flavio Tosi è stato assolto dalla Cassazione dal reato di istigazione al razzismo e “propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale”, per il quale era stato condannato a 2 mesi di reclusione in primo e secondo grado. Bene questa notizia è arte/fatta o meglio, sembra fatta ad arte: per la tempistica, innanzitutto – il pronunciamento della cassazione risaliva al 13 dicembre 2007, ed era stato depositato il 28 marzo 2008. In secondo luogo, non sfuggirà certo, che la cassazione non assolve né condanna, ma giudica del procedimento7: ha rimandato ad un ulteriore 6 Preziosa antologia delle più significative prese di posizione in “ComboniFem” giugno/luglio/2008. La stessa rivista con il relativo sito ha lanciato anche la campagna “impronte sulla sabbia”, come forma di pacifica protesta contro l’idea delle impronte digitali dei piccoli rom. Segnaliamo inoltre, almeno, Famiglia Cristiana; una “Lettera aperta al Ministro Maroni sulle impronte digitali dei bambini rom”, firmata da un nutrito gruppo di scrittori di libri per bambini e l’Appello “I media rispettino il popolo rom” [[email protected]] promosso da Lorenzo Guadagnucci e Beatrice Montini, frutto di un dialogo e di un lavoro critico tra giornalisti. 7 «La corte suprema di cassazione assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge» (art 65 dell’ordinamento giudiziario) 11 sessione d’appello, stabilita per il 20 ottobre8, che dovrà decidere su di una incongruenza nella sentenza, che ha riconosciuto l’istigazione razzista, ma non il contenuto razzista della campagna. Una parte della sentenza, piuttosto “ardita”, peraltro, dice anche che la campagna era rivolta solo ad insediamenti abusivi e che “se uno è ladro, si può discriminare”. E’ sufficiente comunque vedere come erano i volantini, che riportiamo qui di seguito, per verificare che non si parla di abusivi, ma “di zingari”: 8 La Corte d’Appello il 20 ottobre ha poi confermato la condanna di 2 mesi di detenzione con la sospensione condizionale della pena. I fatti ed il volantino si riferiscono al 2001. 12 In ogni caso, il lancio della notizia avviene domenica 29 giugno con una nota di agenzia, proprio in concomitanza della discussione attorno alla schedatura etnica con impronte da prendere ai minori rom, su cui torniamo qui appresso. Quanto esposto, sia pure per sommi capi, aiuta a comprendere come la questione non si possa affrontare in maniera ingenua, senza scalfire le rappresentazioni che se ne hanno, anche perché in una situazione così non criticamente vagliata non è utile neanche scambiarsi le “informazioni” che sempre ci vengono richieste: la comunicazione infatti, è noto, non riguarda un semplice asse emittente/ricevente sul quale passerebbero i dati, ma avviene all’interno di un intero “campo comunicativo”, che rappresenta l’insieme delle condizioni e delle relazioni. Dobbiamo tenere presente questa dimensione del fenomeno, anche quando si tratterà, poi, di istruire politiche scolastiche e sociali. Di cosa/chi stiamo parlando? Possiamo adesso, comunque, provare a fornire alcune indicazioni di massima e, cosa più utile, ritengo, indicare una bibliografia attraverso la quale avere informazioni fondate e serie. Iniziando magari dal nome: non è indifferente parlare zingari/nomadi/rom/sinti. Come si può facilmente capire, i primi due sono eteronimi, i secondi due autonimi, ossia termini attraverso i quali essi stessi si nominano. Il termine “zingaro” risulta molto offensivo, anche se talvolta, uniformandosi all’uso diffuso, anche qualcuno di loro lo utilizza. Il termine “nomadi” è stato molto usato negli anni ‘70/’80: spesso è praticamente inteso come alternativa “politicamente corretta” di zingari, diffonde in realtà un equivoco, che è quello di 13 immaginare una miriade di persone in perpetuo movimento, rispetto alle quali si potrebbe dire “tornino da dove sono venuti”. In realtà solo una piccola parte di Rom in Europa è “nomade” o meglio “semi-nomade”, mentre la maggior parte sono stanziali. In Italia si parla di circa 150.000 persone (in tutto!), in buona parte, più della metà, cittadini italiani, alcuni cittadini “comunitari” UE, come i Rom rumeni di recente immigrazione, un numero minore di “extracomunitari”, con passaporti repubbliche ex-Jugoslave, come sono ancora Rom di origine Serba o Bosniaca in Italia dagli ’60. Come suggestivamente si esprime Piasere, si tratta di un “mondo di mondi”9, la cui storia in Europa10 si ricostruisce soprattutto attraverso i bandi di cacciata e le persecuzioni, fino alla Shoà o ad iniziative raccapriccianti come quelle realizzate in Svizzera dalla Pro Iuventute, che sottraeva i bambini jenisch alle loro famiglie, sterilizzando le bambine11. Molte informazioni si possono trovare anche su siti molto accurati, spesso allestiti da 9 LEONARDO PIASERE, Un mondo di mondi, CISU, Roma 1999. Piasere è il coordinatore dell’intera Collana di Studi Zingari, delle edizioni CISU. 10 LEONARDO PIASERE, I Rom d’Europa. Una storia moderna, Laterza, Roma-Bari 2004. 11 MARIELLA MEHR (Labambina, Effige, Milano 2006: il primo suo libro sul tema, Steinzeit, è introvabile) è stata una vittima dell’associazione. Così lei stessa ne parla nell’intervista rilasciata a Petruzzelli: «Il libro Labambina è un incrocio fra finzione e realtà. Il paese, la situazione e la gente sono dipinti secondo la realtà che ho vissuto, ma la bambina si comporta diversamente da me. Quello che mi interessa analizzare nel romanzo è perché una bambina diventa violenta. Quello che voglio dire è che, se un bambino subisce delle violenze, entrerà in un circolo vizioso da cui non sarà più in grado di uscire. Le violenze subite verranno, a loro volta, ripetute». «Ma la popolazione jenisch da dove arriva? C’è chi dice dall’India e chi vi ritiene figli di minatori tirolesi». «É lo stesso - disse Mariella con dolcezza - Sono solo teorie. La verità è che abitiamo tutti questo pianeta» (PINO PETRUZZELLI, Non chiamarmi zingaro, Chiarelettere, Milano 2008, 194). 14 associazioni rom, come quello di Sucardrom12 o su pubblicazioni agili ma molto precise13. Legalità e sicurezza Non vogliamo, come si diceva, sottovalutare i temi della legalità e della sicurezza14. È utile a questo proposito, ricordare alcuni dati generali, non riferiti a Rom. Si potrà notare come la percezione della insicurezza non è proporzionale al rilevamento dei reati, ma segue altre logiche, spesso indotte dai mezzi di informazione e guidate da altri interessi. I dati forniti dal Ministero degli Interni, infatti, dicono che dal 1991 al 2006 gli omicidi volontari si sono ridotti da 3,2 a 1,1 ogni 100.000 abitanti; i furti in appartamento da 3,6 a 2,4 per 1000 abitanti; gli scippi da 1,3 a 0,4 per 1000 abitanti, mentre sono aumentate le rapine da 0,7 a 0,9 ogni 1000 abitanti. Parallelamente però, secondo i dati ISPO raccolti da Renato Mannheimer, nel ‘97 la criminalità era il primo problema per il 16% della popolazione, mentre nel ‘99 ed ancora nel 2002 era tale per il 35%; nel 2007, poi, 9 persone su 10 ritenevano che la criminalità fosse aumentata a livello nazionale, mentre solo 5 su 10 ritenevano che lo fosse a livello del proprio territorio. E’ abbastanza chiaro, con questo, cosa si vuol dire: il problema della criminalità non è da sottovalutare, ma neanche 12 Http://sucardrom.blogspot.com; cfr anche www.osservazione.org; osservatorioarticolo3.blogspot.com/; comitatoromsinti.blogspot.com/ 13 NANDO SIGONA – LORENZO MONASTA, Cittadinanze imperfette. Rapporto sulla discriminazione razziale di Rom e Sinti in Italia, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere (CE) 2006; LORENZO MONASTA, I pregiudizi contro gli zingari spiegati al mio cane, BFS, Pisa 2008. 14 Per uno studio più ampio sul tema, serio anche se su qualche punto da discutere, cfr. PAOLA ARRIGONI – TOMMASO VITALE, Quale legalità? Rom e gagi a confronto, Aggiornamenti sociali 03 (2008) 182-194. 15 da gonfiare e soprattutto non c’è nessuna ragione di renderlo “etnico”, come si diceva anche in apertura: la responsabilità penale va innanzi tutto dimostrata e comunque è sempre personale, mai “familiare” o “etnica”. Quando nel novembre scorso c’è stato l’orrendo omicidio a Roma, per cui è ora in corso il processo, oltre alle solite “gride” etniche e ai soliti “allarmi antidegrado”, che si risolvono poi di fatto in provvedimenti di sgombero e comunque hanno l’effetto di aumentare quella percezione esasperata del problema di cui si è appena detto, si sono sentite anche voci pacate che chiamavano ad altra considerazione, come quella della comunità S.Egidio, Caritas di Roma insieme ad altri15. Non si tratta di sottovalutare né il problema né i singoli episodi, ma di non estenderne la responsabilità. In secondo luogo, come appunto dice il documento appena citato, la legalità affermata non può andar isolata dal rispetto dei diritti. 15 Comunità di Sant’Egidio - Caritas Diocesana di Roma - Arci Solidarietà – Comunità Capodarco di Roma – Jesuit Refugee Service – Servizio Rifugiati e Migranti/FCEI – Rom e legalità: «Il dibattito nazionale sulla sicurezza emerso in questi giorni sui media dopo la firma del “Patto per Roma Sicura” tra il Comune di Roma e il Ministero dell’Interno ci sollecita ad alcune considerazioni: Siamo organizzazioni che, a diverso titolo e da molto tempo, sono presenti accanto ai Rom e ai Sinti di Roma e di altre città italiane. Conosciamo bene i “campi”, i “villaggi” e i tanti “non luoghi” in cui i Rom vivono nelle nostre città, e frequentiamo chi li abita. In questi giorni abbiamo sentito parlare dei Rom nelle maniere più stereotipate e persino fantasiose, spesso con toni ostili e talvolta apertamente intolleranti. Di fronte a queste manifestazioni preoccupanti, riteniamo più opportuno riflettere piuttosto che agire e parlare sull’onda dell’ultima esternazione necessario riflettere, in primo luogo, sul numero complessivo dei Rom e Sinti presenti in Italia. Nonostante l’aumento dovuto, negli ultimi 6 anni, alle migrazioni di rom romeni, la percentuale totale di Rom e Sinti sul totale della popolazione in Italia rimane al di sotto dello 0,3% (di cui circa la metà cittadini italiani). Va inoltre ricordato che la popolazione Rom e Sinta ha una media di età molto bassa: quasi il 40% ha meno di 18 anni. Può la sicurezza del nostro Paese essere messa in crisi da 150.000 persone di cui la metà bambini? Può veramente la sicurezza di Roma essere a rischio per 10.000 rom?». 16 E, last but not least, bisogna ricordare che non esiste una “legge” diversa per i Rom: da questo punto di vista anche cose come il “patto di legalità”, pur partendo da propositi certamente buoni, finiscono poi per ingenerare l’idea che per loro esista una sorta di zona franca. Il che non è vero! Inoltre, ed è la cosa più importante, proporre leggi così “solo per loro” è di fatto, al di là dell’ispirazione, contro la Costituzione, che vieta discriminazioni di qualsiasi genere: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» (art. 3). A maggior ragione la considerazione vale per le impronte ai minori rom e la schedatura etnica, di cui riportiamo qui un esempio: il 4 luglio scorso la Comunità di Sant’Egidio mostrava alla stampa copia di un documento, datato 25 giugno 2008. Proveniva da Napoli, campo rom “della Centrale del latte”. L’intestazione è ufficiale: «Commissario delegato per l’emergenza insediamenti nomadi nella Campania». C’è tutto: la fotografia, le impronte digitali, il numero di passaporto, i dati anagrafici e due caselle che sovvertono i principi costituzionali con l’indicazione dell’etnia e del credo religioso. 17 Rimanendo poi ancora attorno a “legalità e sicurezza”, credo che non sia sfuggita una recente ed inquietante vicenda, su cui sono state aperte diverse indagini: mi riferisco all’episodio accaduto a Bussolengo (VR) il 5 settembre scorso, 18 rispetto al quale ci sono versioni contrastanti, ben documentate dal sito di SucarDrom, già ricordato. Alcuni Rom, cittadini italiani residenti a Trieste, erano di passaggio nella cittadina della provincia veronese e si sono fermati in piazza; invitati ad allontanarsi dai vigili urbani, hanno detto che avrebbero pranzato. Sono arrivati subito dopo alcuni Carabinieri della stazione di Bussolengo: e qui le versioni divergono. I Rom, che hanno in seguito sporto querela, affermano di essere stati malmenati, portati in caserma e lì di aver subito violenze di vario genere - un minore con i denti spaccati, testa a più riprese in secchio di acqua gelida, ecchimosi su tutto il corpo di uomini e donne (vedi foto sul sito già citato). I militi affermano che i Rom hanno opposto resistenza, e che la donna in seguito arrestata ha loro strappato la divisa e anche tentato di rubare una loro arma. Il risultato è che tre uomini e la donna sono in carcere per resistenza a pubblico ufficiale16. Che cosa significa dunque rispetto per la legalità e come promuoverlo realmente? Se si può fare una citazione letteraria, si potrebbe tornare niente meno che al capitolo VI dei Promessi Sposi, così come lo ricorda Guido Pedrojetta, dell’Università di Friburgo, sulle pagine di “Messaggero Cappuccino”: il numero 7/2008 è infatti dedicato alla giustizia, affrontata da diversi punti di vista, e soprattutto nella dialettica tra il diritto positivo - e la sua corretta produzione, cognizione, interpretazione ed applicazione - e una Giustizia di altra connotazione. Nel passo manzoniano, dunque, dopo il celebre dialogo con don Rodrigo, il cappuccino Fra’ Cristoforo dice: «Ho compassione di questa casa la maledizione le è sopra sospesa, state a vedere che la giustizia di Dio avrà riguardo a quattro pietre, e suggezione di quattro sgherri. Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine, per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che Dio non 16 Segnaliamo che, tra la proposta di questa relazione e la redazione del testo la querela è stata ritirata ed i rom scarcerati con sospensione condizionale della pena. 19 saprebbe difenderla! Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi siete giudicato. Il cuore di Faraone era indurito quanto il vostro; e Dio ha saputo spezzarlo. Lucia è sicura da voi: ve lo dico io, povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno....»... Si aggiunse alla rabbia un lontano spavento... «escimi di tra i piedi villano temerario, poltrone incappucciato!». Elemosina E già che si parla di frati e di ordini mendicanti... dove collocare il discorso sull’elemosina? Anche questo tema è trasversale, in quanto riguarda la percezione, l’informazione ed anche la legalità, visto che l’accattonaggio entra ed esce, secondo i periodi, dalla categoria dei reati perseguibili penalmente. È inoltre tipico tema in cui anche il modo di nominare la cosa, ne cambia notevolmente la considerazione: se dico elemosina, accattonaggio, questua, mendicità...., di fatto penso subito a cose diverse e soprattutto a categorie di persone ed a motivazioni diverse, che vanno da una nobile spiritualità ad un perverso racket, passando attraverso pigrizia e raggiro. Si può intanto dire che, mediamente, i rom che la praticano (perché ve ne sono, anche se anche in questo caso non si può certo estendere la pratica assolutamente a tutti) non la considerano umiliante e fanno fatica a capire perché ci dia così fastidio. In effetti è uno degli aspetti che suscitano molte reazioni negative, che vanno da quelle indignate per la dignità di chi chiede, a quelle che vorrebbero seguire il consiglio di Gandy di insegnare a pescare piuttosto che donare un pesce, alla maggior parte che semplicemente non “vuole vedere” e non vuole essere raggiunto da questa immagine destabilizzante, 20 quasi cifra dei due/terzi del mondo fuori dalla nostra aiuola di benessere: «Così le città europee di oggi e molte città dell’Occidente consentono di non accorgersi, se non in rari casi, che la povertà esiste, che essa spesso è alle porte delle stesse città del benessere. La modernità è un’opera quasi perfetta di rimozione della povertà, del problema e delle sue evidenze. L’elemosina è il resto di questa rimozione. E’ il solo modo rimasto per renderci conto, episodicamente ma puntualmente, del fatto che il disagio rimosso e distante può apparire da un momento o all’altro e riguardarci personalmente. L’elemosina aggira gli escamotages della politica, della religione e della militanza e appare ad un “tu” che non èdifeso dal suo ruolo, dalla sua buona coscienza politica e nemmeno dall’appartenenza ad un’associazione per l’assistenza ai “meno abbienti”. ...L’elemosina è fastidiosa e per questo è così rivelatrice. Essa produce una breccia anomala nella quotidianità»17. Resta comunque il fatto che la tradizione cristiana ha sempre tenuto in grande considerazione l’elemosina e nonostante si levino con insistenza voci contrarie18, il Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2008, dal sottotitolo significativo Cristo si è fatto povero per voi (2Cor 8,9), continua a raccomandare: «alcuni specifici impegni che accompagnino concretamente i fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Quest’anno, nel consueto messaggio quaresimale, desidero soffermarmi a riflettere sulla 17 FRANCO LA CECLA, Elemosina, in Non è cosa, Eleutheria 1998, 100-101. Ha fatto storia e aggiungerei, purtroppo, scuola, un documento prodotto nel 1992 dalla diocesi di Torino, Olio e vino. Considerazioni sull’elemosina cristiana, che con la buona intenzione di evitare l’assistenzialismo e cose simili, di fatto ha dato il via ad un diffuso atteggiamento di “centralizzazione” e burocraticizzazione, che spesso non viene verificato nei suoi presupposti, nei suoi meccanismi e nei suoi risultati. 18 21 pratica dell’elemosina, che rappresenta un modo concreto di venire in aiuto a chi è nel bisogno e, al tempo stesso, un esercizio ascetico per liberarsi dall’attaccamento ai beni terreni». Nello stesso modo si è espresso questa estate il Cardinale Renato Martino, mentre i sindaci si rincorrevano nel firmare ordinanze antiaccattonaggio19, affermando tra l’altro che chiedere l’elemosina per strada «[crede sia] un diritto umano fondamentale, quando si è alla fame e al freddo. E’il diritto del vero povero a cercare un pezzo di pane e quindi anche a chiedere aiuto e a fare appello al prossimo per risvegliarne il sentimento di umanità»20. Ed ancora possiamo sottolineare come le campagne di informazione lascino vaste zone d’ombra: è stata ad esempio ampiamente pubblicizzata la proibizione dell’accattonaggio anche ad Assisi, con una direi, ferita simbolica di grande portata. Non stessa pubblicità ha avuto, invece, la protesta nei confronti del provvedimento scritta e firmata da Marco Bartoli e molti altri/e appartenenti alla tradizione francescana ancora in maggio: Una parola più di un sasso (Messaggero Cappuccino 7/2008, 36). Politiche sociali Anche per questa parte, come per quella sulla presenza di Rom e Sinti in Italia, mi limito a proporre alcune prospettive trasversali e ad indicare un possibile percorso di approfondimento. Mi appoggio principalmente a due studi, entrambi offerti in Congressi Internazionali promossi dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti: il primo di essi, che risale al 2003, è stato realizzato da Giuseppina 19 Non ci si stupisca di trovare accanto al leghista Tosi (VR) e ad Alemanno (Roma) anche Cacciari (VE) e Domenici (FI)! 20 Cfr ad esempio “Corriere della Sera” dell’8 agosto 2008. 22 Scaramuzzetti, della nostra comunità, che vi presentava sinteticamente temi da noi ampiamente condivisi e insieme maturati negli anni di convivenza con i Rom. L’altro contributo è di questo settembre 2008, ed è stato realizzato dalla dott.ssa Eva Rizzin, una giovane sinta studiosa di geopolitica: è come se, simbolicamente, una vecchia amica passasse le consegne ad una giovane rivolta al futuro! Anche da questo punto di vista mi limito a due punti di vista, raccolti entrambe attraverso contributi presentati in due momenti diversi a Convegni vaticani: un contributo di Scaramuzzetti, della nostra comunità, e, a seguire, il più recente intervento di Eva Rizzin. Così dunque inizia il contributo di Scaramuzzetti, Le politiche di sostegno alla promozione umana e sociale degli Zingari: un punto di vista dall’Italia21: «“Un mondo di mondi” è chiamato il mondo zingaro nel titolo di un libro (Piasere 1999) e noi potremmo chiamare ”un mondo di contraddizioni” il mondo delle politiche sociali a favore dei rom perché la ricerca della risoluzione di ogni problema porta con sé altre difficoltà che richiedono a loro volta di essere risolte. Ci sono sempre degli aspetti criticabili, lungo il percorso si incontrano degli imprevisti, situazioni 21 Relazione tenuta al V Congresso internazionale di Pastorale degli Zingari, promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti e Itineranti, svoltosi a Budapest (30 giugno/7luglio 2003). Pubblicata in On the move, Suppl. n.93/2003, 93-122 (versione inglese, pp. 123-145). Ora in GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, Una storia tante vite, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro Incariano (VR) 2008, 83-117. Dalla quarta di copertina: «Giuseppina Scaramuzzetti è nata a Seveso (MI) nel 1944, dove la sua famiglia era sfollata da Milano, città in cui ha passato l’infanzia e ha “studiato da maestra”, come diceva con orgoglio la sua mamma, precocemente scomparsa. Appena diplomata fa il suo lavoro che è anche la sua passione: per fare il suo dovere di maestra, inizia ben presto un’attività di doposcuola presso i Rom di via Agordat. Nasce così un percorso professionale che diventa stile di vita, visione del mondo, cammino di fede: nel 1974, nella temperie immediata erede del ’68 e del Concilio, inizia a condividere la vita dei Rom, in una giovane esperienza ecclesiale che dall’anno seguente diventa stabile comunità della Diocesi di Verona. Nel contesto, solidale e comunitario, del Gruppo Ecclesiale Veronese fra i Rom e i Sinti, vive, abitualmente in roulotte, per 32 anni, fino alla morte sopraggiunta dopo breve malattia nel luglio 2006». 23 ostili che non si riescono a superare, bisogna essere disponibili a rettificare continuamente la direzione per non perdere di vista lo scopo… E ci sono aspetti inevitabili nella nostra società che rendono in alcuni casi la cura peggiore della malattia: la poca disponibilità dell’istituzione alla flessibilità, la rotazione di operatori, la variabilità politica, la precarietà dei contributi economici. Tutti questi sono elementi che, uniti all’instabilità dell’utenza rom, si scontrano con la lentezza della burocrazia. Quasi mai si arriva ad una verifica conclusiva con gli stessi utenti e gli stesso operatori. Alcuni progetti a breve termine, che hanno creato nel rom dipendenza o delega, hanno indebolito l’egemonia dell’interno o comunque limitato la capacità di autodeterminazione e lasciato cicatrici indelebili. Ogni tempo breve occupato dall’iniziativa dell’istituzione si alterna poi a lunghi periodi di silenzio». Lo studio, ampio ed articolato, prende in esame gli interventi sociali, le politiche abitative e soprattutto la scolarizzazione, di cui Scaramuzzetti era soprattutto esperta: dei singoli passaggi non è possibile rendere ragione qui e rimando eventualmente alla lettura personale di chi fosse interessato. Mi sembra più utile restituirne alcune delle idee di fondo: in primo luogo una chiave di “rispetto”. Non sembri una pia esortazione è piuttosto, direi, un cifra politica non indifferente, perché da questa chiave discendono alcune conseguenze molto operative e pratiche. Ad esempio non pare utile estendere “senza vaglio” alle politiche sociali per rom/sinti, esperienze provenienti dal mondo della assistenza ai minori in difficoltà, o dall’accompagnamento di diversamente abili o dal recupero di persone tossicodipendenti. Ovvio, ma forse non sempre così agevole da discernere nel concreto, perché poi le persone di buona volontà sono le stesse. Che cosa in particolare potrebbe essere un segnale di allarme rispetto a questo problema? Ad esempio il collocare degli “educatori” (formati come e dove?) e dei “responsabili” di “campi” che 24 guardano “dal cappello al calzino”, che di fatto ha come conseguenza la pressoché totale eliminazione del rapporto famiglia/scuola, che risulta sempre mediato da qualcuno; ulteriormente a non distinguere, attraverso una gestione totalizzante e, appunto, “educativa”, politiche abitative da permessi di sosta, scuola da salute, sostituendosi alla presa di responsabilità ed alla gestione autonoma, che, appunto, Piasere indica come “egemonia dell’interno”. Questa dunque del rispetto e della non globalizzazione degli interventi ci pare possa essere una chiave ermeneutica importante, che potrebbe servire da più ampia “griglia di lettura”: esperienze ne esistono molte, il recente dossier realizzato da “Iesus”22 ne recensisce alcune, fra cui quella della Casa della Carità di Milano, Comunità Capo d’Arco a Roma; Ponticelli a Napoli. La cooperativa Kimeta, dell’Isolotto di Firenze, ha presentato alla Genovesa (vicino a Verona) martedì scorso, un libro, Mani di donne, che è emblematico per diversi aspetti: per l’intento espresso, per quanto viene realizzato, per quanta strada ci sarebbe ancora da fare. Quanto all’intento: «Inclusione è parola particolarmente equivoca. “Integrazione” è equivoca anch’essa, come tutte le parole del resto, ma forse esprime meglio la fase storica di incontro e di reciproca fecondazione fra culture diverse in cui viviamo (...) Si tratta di assicurare diritti di cittadinanza, con l’assunzione dei rispettivi doveri e di integrare nel tessuto vitale della società i diversi di ogni tipo e gli esclusi, non per dovere di ospitalità, ma come orizzonte progettuale, come pietra fondamentale di una città sicura ed accogliente per tutti»23. Poi c’è la realizzazione, piccola ma significativa, con la creazione di un laboratorio di 22 Si tratta di “Iesus” (settembre/2008) intitolato La Chiesa e gli zingari. Fratelli d’Italia. Il dossier Figli di un Dio minore? Reca le firme di Annachiara Valle, Laura Badaracchi, Giusy Baioni, Alessandro Speciale. 23 Mani di donne, a cura di Luciana Angeloni, Edizioni regione Toscana, Firenze 2006, 6. 25 cucito, riparazioni e stireria, ormai ben accettato nel quartiere e abbastanza autosufficiente; poi c’è la strada da percorrere, che si potrebbe evidenziare leggendo con attenzione le narrazioni che compongono il testo, in cui la relazione di amicizia tra donne scalfisce lo specchio concavo, dell’immagine deformata, senza... del tutto abbatterlo. L’intervento proposto a Freising lo scorso settembre dalla dott.ssa Eva Rizzin24, riguarda La situazione socio-politica della gioventù rom e sinta, con particolare attenzione all’Europa e alle prospettive per il futuro, si può consultare integralmente sul sito del Pontificio Consiglio. L’intervento di Rizzin inizia sottolineando che non si può separare la “questione giovani” dall’insieme: «la condizione di degrado e abbandono di molti rom e sinti in Italia è strutturale da decenni, tanto da essere stata oggetto di condanna da parte di vari organismi internazionali e comunitari, tra i quali il Parlamento Europeo, il Consiglio d’Europa e il Comitato Onu contro la discriminazione razziale CERD». Dopo aver brevemente ripreso i principali elementi storici e gli stereotipi, prosegue parlando della partecipazione dei rom e sinti alle politiche che li riguardano: 24 Eva Rizzin appartiene alla comunità italiana dei Sinti; si è laureata in Scienze Politiche all’Università di Trieste con una tesi sulla cultura della comunità dei Sinti Gackane Eftawagaria e ha conseguito, presso lo stesso ateneo, il Dottorato di ricerca in “Geopolitica e Geostrategia” rivolgendo la sua attenzione al fenomeno dell’Antiziganismo nell’Europa allargata. Attualmente fa parte del gruppo di studio sulle politiche locali per i Rom in Europa, istituito presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. ed è socio fondatore di OsservAzione, centro di ricerca-azione contro la discriminazione di Rom e Sinti; è membro della Federazione Rom e Sinti Insieme, primo coordinamento nazionale di Sinti e Rom, che intende riunire intorno a sé tutte le comunità presenti in Italia. Lavora con l’Istituto di Cultura Sinta e con Articolo 3, Osservatorio sulle discriminazioni razziali di Mantova. 26 «questa partecipazione, anche se ancora iniziale e non ovunque possibile, è tutt’altro che remota, come mostra la costituzione e l’attività dell’associazione rom e sinti insieme, sul cui sito, sucar drom, si possono trovare informazioni e documentazione molto utile. Questa strada, che è davanti a noi, è condizione indispensabile per qualsisia iniziativa che voglia essere rispettosa ed efficace». Dunque non abbiamo “ricette”, ma non si può neanche dire che non esistano almeno indicazioni e criteri costruttivi, se si sanno cercare e si vogliono ascoltare: rispetto, rifiuto di logiche globalizzanti ed infantilizzanti nelle politiche sociali, attenzione congiunta a legalità e rispetto dei diritti, sostegno alla partecipazione attiva di rom e sinti alla risoluzione dei problemi ed all’inventario delle risorse ed infine, cosa spesso disattesa, verifica costante delle iniziative intraprese25. 25 Visto che questo incontro si svolge nella diocesi di Verona, può essere utile riportare uno stralcio degli Atti Sinodali, che sentiamo profondamente affine a quanto qua esposto: 1) «Quanto esposto nelle “conversioni” e nelle scelte pastorali fin qui individuate, richiede perciò un’attenzione ampia ai percorsi e ai luoghi della formazione: - formazione alla fede e formazione della coscienza cristiana in ordine al compito della carità che ogni cristiano è chiamato a vivere in forza del comandamento dell’amore; - formazione alla maturità umana, che contribuisca alla capacità di integrazione del limite, di gestione dei conflitti, di rispetto delle posizioni diverse, di presa di coscienza delle precomprensioni e di superamento della superficialità di approccio; - formazione ai temi della giustizia, della pace, dell’impegno sociale e politico; - formazione specifica per chi opera nei singoli ambiti (scuola, sanità, mediazione culturale, ecc). Questo comporta anche l’attenzione ai luoghi formativi: alle strutture ecclesiali specifiche (pastorale diocesana della cultura, pastorale diocesana della salute e centri connessi, pastorale diocesana della carità, parrocchie, movimenti, associazioni) e più ampiamente alla famiglia, alla scuola, alle proposte sportive, culturali. 2) Per quanto riguarda la verifica delle attività già intraprese, è necessario: - realizzare la programmazione sistematica di momenti di verifica delle iniziative già intraprese e degli atteggiamenti con cui vengono realizzate: la ricchezza di volontariato e più in generale di azione, deve essere interrogata 27 Ne ho fatto il mio amico Come suggerivo in apertura, la modalità che sento più appropriata è quella testimoniale, che rappresenta il succo ed anche il frutto del mio/nostro “starecon”. Anche in questo caso, non solo per pudore, ma anche perché le parole nella luce del compimento sono più piene e tornite, lo dirò con un testo scritto, citando ancora un passo dal libro che raccoglie scritti di “Pinuccia”: «Creare una vicinanza nel quotidiano, una familiarità nel vissuto, nel tempo e nella storia, ci predispone ad accogliere, giustificare, soffrire, coinvolgerci insomma, perché accada come alla volpe del Piccolo Principe: «Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unico al mondo». Vivere con i Rom non mette in moto meccanismi particolari: l’unica differenza con molte altre situazioni è che in genere non si tratta di una affinità spontanea, ma di una scelta: è un lontano che diventa vicino, come può accadere però anche in altri casi. Abiti una roulotte vicino a quella di un’altra famiglia, vi nascono dei bambini, li vedi crescere, condividi i fatti della vita: la scuola,le malattie, i litigi, le feste, i guai e i momenti belli, vai a pregare con loro in quel santuario che loro conoscono e loro vengono con te “alla tua chiesa”. Ad un certo punto ti accorgi che quando sali le scale della scuola per parlare con le maestre ti tremano le ginocchia, ti prepari mentalmente le giustificazioni. L’insegnante, dopo aver cercato connivenza, alza una barriera e ricopre anche te dello continuamente, per verificare le motivazioni di chi opera, il linguaggio utilizzato, l’efficacia e la correttezza delle azioni; - tenere presente la professionalità di chi opera: che non significa “professionalizzazione” della carità, ma acquisizione di competenze e individuazione di nuove ministerialità». 28 stesso velo di diffidenza con cui avvolge quella famiglia che, chissà perché,non vuole essere “normale”. Se il bambino che tieni in braccio nella foto, crescendo, si metterà nei guai, consumerai le scarpe per spiegare a tutti che sì, può aver sbagliato, ma è un ragazzo di cuore, buono nell’animo, poi gridi con lui e lui abbassa la testa. E’ un agire che si trova in moltissime famiglie, di ogni nazionalità: un agire così usuale da essere banale. Ed è proprio questa usualità a non essere accettata perché non vorremmo che chi ci suscita tanta ostilità a livello di pelle, ci sia così simile nell’umanità. E’ molto diffusa inoltre la convinzione che nella relazione con gli “zingari” vadano attivate delle dinamiche del tutto speciali. Si sente dire: “Questa gente mi è del tutto sconosciuta” per aggiungere poi: “E’ vero che…” e via con racconti che sembrano appartenere al regno degli elfi e degli gnomi. Un’accusa si leva spesso, da più parti, contro le singole persone di chiesa che condividono la loro vita con i Rom: “Voi gridate al razzismo, li difendete sempre, ma poi non ci raccontate chi sono: spiegateci i loro valori, dateci dei motivi per amarli”. Il motivo è nell’umanità, nel fatto che hai mangiato insieme, che ti è figlio, fratello e tu gli sei madre o sorella ed è lo stesso motivo per cui sei tollerante con gli altri uomini. Ami tuo figlio perché ti è figlio o perché ha dei valori? ....in questo uomo c’è l’immagine del Dio uomo Gesù Cristo e ti sono l’uno specchio dell’altro. La rosa del piccolo principe, ovvero essere speciali per qualcuno. “Voi li conoscete tutti? Quanti sono? Che senso ha sprecare la vita per poche famiglie?”. Questa la seconda raffica di domande. Mi piace rispondere col notissimo brano del libro di Saint Exupery: «il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose: “Voi non siete per niente simili alla mia rosa… Certamente un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola è più importante di tutte voi perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro. 29 Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi e vantarsi o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa»26. Conclusione: nel segno di un’irriducibile speranza Infine vorrei dire che c’è qualcosa in particolare che mi inquieta e che non capisco, non accetto. Direi, non mi do pace ed è in questa “non rassegnazione” che riconosco la speranza: anche io, fiorentina, sono immigrata e straniera a Verona e amo questa città di straordinaria bellezza, e l’ho anche sperimentata come città amica. Non mi do pace che questa città possa accettare di riconoscersi in discorsi razzisti, xenofobi, parole che poi diventano fatti, come spesso si è sperimentato. Questa chiave di speranza diventa perciò anche un appello. Tutte e tutti siamo invitati a prenderci carico dei giovani che sono preda dello specchio deformante di cui si diceva, dobbiamo difenderli da questa violenza che rischia di travolgerlo. Di loro e per loro siamo responsabili, con loro e per loro non possiamo tacere. Cristina Simonelli 26 GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, Ne ho fatto il mio amico in Ead, Una storia tante vite, 162-164. 30 Qualche indicazione bibliografica (l’ordine non è né cronologico né alfabetico, semplicemente segnala, settore per settore, una preferenza. Ovviamente ogni testo contiene, invece, ampia bibliografia specifica) Informazioni generali: NANDO SIGONA – LORENZO MONASTA, Cittadinanze imperfette. Rapporto sulla discriminazione razziale di Rom e Sinti in Italia, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere (CE) 2006 LORENZO MONASTA, I pregiudizi contro gli zingari spiegati al mio cane, BFS, Pisa 2008 (entrambi agili, ma ben documentati, molto utili per un primo approccio) LEONARDO PIASERE, Un mondo di mondi, CISU, Roma 1999. LEONARDO PIASERE, I Rom d’Europa. Una storia moderna, Laterza, Roma-Bari 2004 (Piasere, docente di antropologia culturale, è il coordinatore dell’intera Collana di Studi Zingari, delle edizioni CISU, che offre molti altri volumi di pregio, di taglio scientifico). Sui minori rom: SABRINA TOSI CAMBINI, La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007) CISU, Roma 2008 CARLOTTA SALETTI SALZA, Adozioni di minori rom/sinti (di imminente pubblicazione); della stessa autrice Bambini del ‘campo nomadi’- Romà bosniaci a Torino, CISU, Roma 2003. In particolare su educazione e scolarizzazione: GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, La vita familiare come ambito educativo in un gruppo di Roma sloveni (orig in Italia romanì,II,, a cura di L.Piasere, Ed. CISU, Roma 1999, 133 – 136), in Ead, Una storia, tante vite, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro Incariano (VR) 2008. ANA MARIA GOMES ‘Vegna che ta fago scriver’. Etnografia della scolarizzazione in una comunità di Sinti, CISU, Roma 1998. 31 STEFANIA PONTRANDOLFO, Un secolo di scuola – I rom di Melfi, CISU, Roma 2004. Politiche sociali: GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, Le politiche di sostegno alla promozione umana e sociale degli Zingari: un punto di vista dall’Italia (orig On the move, Suppl. n.93/2003, 93-122) in Ead., Una storia tante vite, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro Incariano (VR) 2008, 83-117. EVA RIZZIN, La situazione socio-politica della gioventù rom e sinta, con particolare attenzione all’Europa e alle prospettive per il futuro (prossimamente su On the move, http://212.77.1.247/roman_curia/pontifical_councils/migrants/s_inde x_pom/rc_pc_migrants_pom_overview_it.htm) MARCO REVELLI, Fuori luogo, Boringhieri, Torino 1999. Letteratura: MARIELLA MEHR (Labambina, Effige, Milano 2006 DEMIR MUSTAFA “Poesie e racconti, CISU, Roma 2002 PINO PETRUZZELLI, Non chiamarmi zingaro, Chiarelettere, Milano 2008 Per bambini: GIOVANNI ZOPPOLI, Gago, orecchio acerbo edizioni, Roma 2008. PINA VARRIALE, I bambini invisibili, Piemme Junior, 2008. Siti web: sucardrom.blogspot.com; www.osservazione.org; osservatorioarticolo3.blogspot.com/; comitatoromsinti.blogspot.com/ Cristina Simonelli 32 Stampato in proprio ad uso interno 33