“Rom e non/Rom
tra conflitti e risorse”
Legalità, politiche sociali, informazione
Cristina Simonelli
Villa Elena, Affi (VR)
1
La Fondazione Elena da Persico,
ispirandosi particolarmente al pensiero di
Elena da Persico (1869 –1948), giornalista
e collaboratrice di Giuseppe Toniolo
in ambito sociale, ha, tra i suoi scopi,
“la promozione di iniziative sociali e culturali
per una crescita della società secondo i valori
della solidarietà cristiana”
Con piacere inviamo la relazione di
Cristina Simonelli, docente di
Teologia Patristica della Facoltà
Teologica dell’Italia Settentrionale e
dello Studio Teologico di S.Zeno e
S.Bernardino (VR), a quanti hanno
partecipato
all’iniziativa
della
Fondazione e ai simpatizzanti della
stessa.
2
3
“ROM E NON/ROM
TRA CONFLITTI E RISORSE”
Legalità, politiche sociali, informazione
Affi, 27 settembre 2008
4
5
Tullia Zevi, nel libro scritto insieme alla nipote Natania,
riporta l’espressione preoccupata del proprio nonno,
nell’imminenza della promulgazione delle leggi razziali:
«stanno parlando troppo di noi e questo è pericoloso»1.
Condivido questa preoccupazione e spero di riuscire a renderne
ragione nel corso di questo nostro colloquio; preoccupazione
che è unita a quella, molto più personale, di un pudore
dell’amicizia, per il quale ho molte volte evitato di parlare.
Ma ci sono oggi ragioni di una parola, nostro malgrado, e le
vorrei esprimere con le parole con cui Edith Stein, il 21
settembre del 1933, fa prefazione al proprio Storia di una
famiglia ebrea: «Negli ultimi mesi gli ebrei tedeschi sono stati
strappati alla tranquilla ovvietà dell’esistenza e costretti a
riflettere su se stessi, sulla loro natura e sul loro destino... se
solo sapessi in che modo Hitler sia arrivato al suo spaventoso
odio per gli ebrei», disse una delle mie amiche ebree... Gli
scritti programmatici e i discorsi dei nuovi detentori del potere
hanno dato una risposta.
Come uno specchio concavo, essi ci rimandano l’immagine di
una spaventosa caricatura. Forse essa è stata disegnata con
sincera convinzione. Forse i singoli tratti imitano modelli
viventi. Ma, l’umanità ebraica è il prodotto necessario del
«sangue ebraico» tout court? ... molti hanno un amico ebreo...
1
Zevi indica così il senso della memoria di cui è portatrice: «La trasmissione della
memoria non è un lamento, è un contributo affinché l’umanità giovane possa
lavorare assieme. Ho sempre faticato tanto e con il passare degli anni ho rafforzato il
mio inossidabile convincimento, secondo cui bisogna mettere a disposizione degli
altri il destino che abbiamo ricevuto. In questo senso la memoria è un atto che parla
nella vita e della vita» (TULLIA e NATHANIA ZEVI, Ti racconto la mia storia. Dialogo
tra nonna e nipote sull’ebraismo, Rizzoli, Milano 2008, 129).
6
ma molti altri non hanno fatto queste esperienze. Tale
opportunità è negata soprattutto ai giovani, che oggi vengono
educati nell’odio razziale fin dalla primissima infanzia. Nei
loro confronti, noi, che siamo cresciuti nell’ebraismo, abbiamo
il dovere di rendere testimonianza (Breslavia 21/9/1933)»2.
In questo senso ed in questa ottica vorrei dire qualcosa,
utilizzando il registro della testimonianza. So che molte volte
mi viene restituito quanto sto per dire con un senso di
insofferenza, come se fosse il tentativo di trovare un
escamotage per sfuggire a domande imbarazzanti. Non è così,
almeno non mi pare: credo di poter quanto meno indicare
qualche pista, dei documenti e bibliografia di orientamento sul
tema. Ma non si può partire da lì. Bisogna piuttosto rovesciare
la domanda e provare a considerare in primo luogo lo specchio
concavo, l’immagine deformata come tale e i meccanismi che
la producono e riproducono. E proporsi il tema della legalità in
primo luogo domandandosi se e in che misura tutti rispettiamo
le leggi, oltre che chiedere che altri le rispettino.
Inizio dal tema dell’immagine, che attrae anche
inevitabilmente il tema dell’informazione, proseguo con la
legalità, aggiungo qualche riflessione sulle politiche sociali, per
concludere con la risorsa di un modo amicale e rispettoso di
considerare le questioni. Il conflitto, purtroppo, apparirà
trasversale a tutta la trattazione.
Visibilmente crudeli
... è il titolo di un libro di Giacomo Todeschini3, che si
occupa del passaggio dal medioevo all’età moderna. In questa
2
EDITH STEIN, Prefazione in Ead, Storia di una famiglia ebrea, Città Nuova, Roma
1999, 8. pgg 23-24
3
GIACOMO TODESCHINI, Visibilmente crudeli. Malviventi, persone sospette e gente
qualunque dal medioevo all’età moderna, Il Mulino, Bologna 2007.
7
ottica prende dunque in considerazione la dinamica
dell’esclusione legata all’immagine deformata di alcuni – che a
volte sono pochi, a volte intere masse, diseredate o eretiche o
comunque “disprezzabili”. Non parla di rom, ma lo cito proprio
per quel visibilmente, ancora connesso all’idea dello specchio
concavo.
All’immagine che si forma nello specchio, per mantenere
la metafora, concorrono diversi meccanismi, non identici:
- un meccanismo che configura una sorta di colpevolezza
etnica: prescindendo, al momento, dalla veridicità o meno
dell’accusa, quando l’indiziato/a è “estraneo” – rom certo, ma
anche appartenente altri gruppi considerati “visibilmente
crudeli” - è come se si estendesse la responsabilità del fatto a
tutti dai giornali alle casse dei supermercati, la “giuria
collettiva” ha già pronunciato una sentenza, appunto, di
colpevolezza etnica: la ragazza è “colpevole”, mettiamo del
rapimento di una bambina (faccio questo esempio perché
intendo poi soffermarmi su questo) ed insieme a lei sono
indiscriminatamente colpevoli tutti i rom ed i sinti. Il
meccanismo è tribale e irrazionale, non si lascia scalfire dai
ragionamenti più ovvi: le responsabilità penali devono essere
provate e sono sempre personali, non etniche. E’ ovvio, ma è
come se in questo caso sospendessimo ogni buon senso e,
appunto, rispetto del diritto;
- il meccanismo ha poi un altro aspetto, altrettanto
problematico. Lo esemplifico con dei casi drammatici, di
disgrazie, tralasciando quelli relativi a violenze contro mogli e
figli o genitori, ben attestati anche in zona. Rimaniamo alle
disgrazie: tutti e giustamente ci siamo commossi della disgrazia
di un padre che facendo retromarcia ha causato la morte del suo
piccolo di due anni o per la famiglia di S. Giovanni Lupatoto
8
(VR) che in vacanza in Sardegna, ha visto il proprio piccolo di
4 anni, per un attimo, una fatale svista, cadere in piscina ed
annegare. Ma chiediamoci: e se fossero stati rom? Come per le
altre disgrazie capitate a famiglie rom, si è stati subito pronti
non solo a pensare ma anche a dire e scrivere che sono state
dovute all’incuria, che i rom non amano i loro figli, e avanti,
cose simili;4
- vi è poi un’altra serie di questioni: i fatti attribuiti, non
commessi e mai o sommessamente smentiti. Dico fatti e non
reati, perché vorrei articolare anche questo aspetto attorno a
due punti di vista, più impegnativo l’uno, più quotidiano
l’altro:
a) «Rubano i bambini»
Quando, dopo i fatti di Ponticelli, abbiamo scritto una breve
nota, anche Avvenire l’ha ospitata, con una risposta del
direttore: sa, ma quando si toccano i bambini... ma sarò pronto
a smentire. Bene, adesso aspetto smentita e recensione di La
zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007)
CISU, Roma 2008. Intanto, leggiamo:
«Nelle settimane in cui esce il presente volume pare di essere
in presenza di un’isteria collettiva: la zingara rapitrice sembra
essere uscita dalle pagine dei racconti popolari per andare ad
infoltire i “campi nomadi” della tarda modernità italiana, le
televisioni ne amplificano la notizia anche per il solo fatto di
avere la capacità di entrare in ogni casa... Forse non si è mai
creduto e gridato così tanto come in questi anni che gli zingari
rubino i bambini... Morte (morte?) le streghe d’un tempo,
morti (morti?) gli ebrei cannibali, ci sono rimaste le zingare
rapitrici a nutrire le isterie di cui un’intera società ha
4
Se ne può leggere in forma poetica la restituzione in PINO PETRUZZELLI, Non
chiamarmi zingaro, Chiarelettere, Milano 2008, 29-36. Il volume, di gradevole
lettura,
presenta molti episodi interessanti, volutamente molto “positivi”,
neldichiarato tentativo riequilibrare la partita.
9
evidentemente bisogno, e di cui l’alterità (donne, ebrei,
islamici...) è sempre stata un’ottima fornitrice. Con cicli e
ricicli: oggi tocca ancora agli zingari, ed è stagione di caccia.
Se poi sono romeni la caccia è bipartisan...»5
I casi affrontati, tutti quelli di cui si è trovata
documentazione, sono stati ricavati dai comunicati dell’ANSA
e, quando il procedimento penale è stato istruito, anche dalla
documentazione processuale. Sono sempre “tentati” rapimenti,
la maggioranza dei quali si dimostrano poi assolutamente
infondati. Alcuni minori sono purtroppo stati trovati presso
parenti, uno risulta ucciso dalla madre. Solo tre casi si sono
conclusi con una condanna per “tentato” rapimento:
Desenzano, Lecco e Roma. A Lecco la donna accusata ha
chiesto il patteggiamento, pur di uscire dal carcere, ma la
ricostruzione dei fatti rende inverosimile l’ipotesi del tentato
rapimento. Consigliamo decisamente la lettura del testo, che
mette anche in evidenza come i processi percettivi, mnestici e
di categorizzazione siano influenzati da attribuzioni
stereotipiche, rappresentazioni mentali che danno forma a
porzioni di realtà. In altre parole, se “vedo” una donna zingara
vicino ad un bambino e “so” che “gli zingari rubano i
bambini”, vedrò con convinzione che lei “vuole” portar via il
piccolo!
b) Il seguente piccolo episodio potrebbe essere un buon test
per verificare il nostro grado di percezione stereotipica – nel
senso che se non ci troviamo niente di strano, forse c’è ancora
qualcosa da verificare. Dunque, una “buona” signora, da poco
conosciuta, viene a sapere che vivo con i Rom. Allora si sente
in dovere di raccontarmi un fatto recente, capitato proprio a lei,
che si occupa anche di minori in disagio. Ospita in casa per un
po’ una bimba Rom di circa due anni. Il marito della signora va
5
LEONARDO PIASERE, Presentazione, in Sabrina Tosi Cambini, La zingara rapitrice,
Cisu, Roma 2008, VIII-IX.
10
in bagno e posa il portafoglio sulla lavatrice e la bambina lo
prende: pensa cos’è l’istinto! - commenta la signora... !!!
- Un’altra questione riguarda le costellazioni di informazioni
un po’ troppo “puntuali” per essere casuali. Faccio un esempio,
legato anche al volantino che riportiamo di seguito. Questa
estate avrete sentito certo dire dell’inserimento della campagna
per le impronte prese ai minori rom nel pacchetto sicurezza,
come si diceva, per proteggerli. Nonostante una certa passività
rassegnata, in questo caso c’è stato un certo dibattito e si sono
levate per protestare anche autorevoli voci, religiose, e di
cultura6, Contemporaneamente sulla stampa locale e nazionale
è apparsa una notizia: Flavio Tosi è stato assolto dalla
Cassazione dal reato di istigazione al razzismo e “propaganda
di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale”, per il
quale era stato condannato a 2 mesi di reclusione in primo e
secondo grado. Bene questa notizia è arte/fatta o meglio,
sembra fatta ad arte: per la tempistica, innanzitutto – il
pronunciamento della cassazione risaliva al 13 dicembre 2007,
ed era stato depositato il 28 marzo 2008. In secondo luogo, non
sfuggirà certo, che la cassazione non assolve né condanna, ma
giudica del procedimento7: ha rimandato ad un ulteriore
6
Preziosa antologia delle più significative prese di posizione in “ComboniFem”
giugno/luglio/2008. La stessa rivista con il relativo sito ha lanciato anche la
campagna “impronte sulla sabbia”, come forma di pacifica protesta contro l’idea
delle impronte digitali dei piccoli rom. Segnaliamo inoltre, almeno, Famiglia
Cristiana; una “Lettera aperta al Ministro Maroni sulle impronte digitali dei bambini
rom”, firmata da un nutrito gruppo di scrittori di libri per bambini e l’Appello “I
media rispettino il popolo rom” [[email protected]] promosso da
Lorenzo Guadagnucci e Beatrice Montini, frutto di un dialogo e di un lavoro critico
tra giornalisti.
7
«La corte suprema di cassazione assicura l’esatta osservanza e l’uniforme
interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei
limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni ed
adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge» (art 65 dell’ordinamento
giudiziario)
11
sessione d’appello, stabilita per il 20 ottobre8, che dovrà
decidere su di una incongruenza nella sentenza, che ha
riconosciuto l’istigazione razzista, ma non il contenuto razzista
della campagna. Una parte della sentenza, piuttosto “ardita”,
peraltro, dice anche che la campagna era rivolta solo ad
insediamenti abusivi e che “se uno è ladro, si può
discriminare”. E’ sufficiente comunque vedere come erano i
volantini, che riportiamo qui di seguito, per verificare che non
si parla di abusivi, ma “di zingari”:
8
La Corte d’Appello il 20 ottobre ha poi confermato la condanna di 2 mesi di
detenzione con la sospensione condizionale della pena. I fatti ed il volantino si
riferiscono al 2001.
12
In ogni caso, il lancio della notizia avviene domenica 29
giugno con una nota di agenzia, proprio in concomitanza della
discussione attorno alla schedatura etnica con impronte da
prendere ai minori rom, su cui torniamo qui appresso.
Quanto esposto, sia pure per sommi capi, aiuta a
comprendere come la questione non si possa affrontare in
maniera ingenua, senza scalfire le rappresentazioni che se ne
hanno, anche perché in una situazione così non criticamente
vagliata non è utile neanche scambiarsi le “informazioni” che
sempre ci vengono richieste: la comunicazione infatti, è noto,
non riguarda un semplice asse emittente/ricevente sul quale
passerebbero i dati, ma avviene all’interno di un intero “campo
comunicativo”, che rappresenta l’insieme delle condizioni e
delle relazioni. Dobbiamo tenere presente questa dimensione
del fenomeno, anche quando si tratterà, poi, di istruire politiche
scolastiche e sociali.
Di cosa/chi stiamo parlando?
Possiamo adesso, comunque, provare a fornire alcune
indicazioni di massima e, cosa più utile, ritengo, indicare una
bibliografia attraverso la quale avere informazioni fondate e
serie. Iniziando magari dal nome: non è indifferente parlare
zingari/nomadi/rom/sinti. Come si può facilmente capire, i
primi due sono eteronimi, i secondi due autonimi, ossia termini
attraverso i quali essi stessi si nominano. Il termine “zingaro”
risulta molto offensivo, anche se talvolta, uniformandosi
all’uso diffuso, anche qualcuno di loro lo utilizza. Il termine
“nomadi” è stato molto usato negli anni ‘70/’80: spesso è
praticamente inteso come alternativa “politicamente corretta”
di zingari, diffonde in realtà un equivoco, che è quello di
13
immaginare una miriade di persone in perpetuo movimento,
rispetto alle quali si potrebbe dire “tornino da dove sono
venuti”. In realtà solo una piccola parte di Rom in Europa è
“nomade” o meglio “semi-nomade”, mentre la maggior parte
sono stanziali. In Italia si parla di circa 150.000 persone (in
tutto!), in buona parte, più della metà, cittadini italiani, alcuni
cittadini “comunitari” UE, come i Rom rumeni di recente
immigrazione, un numero minore di “extracomunitari”, con
passaporti repubbliche ex-Jugoslave, come sono ancora Rom di
origine Serba o Bosniaca in Italia dagli ’60. Come
suggestivamente si esprime Piasere, si tratta di un “mondo di
mondi”9, la cui storia in Europa10 si ricostruisce soprattutto
attraverso i bandi di cacciata e le persecuzioni, fino alla Shoà o
ad iniziative raccapriccianti come quelle realizzate in Svizzera
dalla Pro Iuventute, che sottraeva i bambini jenisch alle loro
famiglie, sterilizzando le bambine11. Molte informazioni si
possono trovare anche su siti molto accurati, spesso allestiti da
9
LEONARDO PIASERE, Un mondo di mondi, CISU, Roma 1999. Piasere è il
coordinatore dell’intera Collana di Studi Zingari, delle edizioni CISU.
10
LEONARDO PIASERE, I Rom d’Europa. Una storia moderna, Laterza, Roma-Bari
2004.
11
MARIELLA MEHR (Labambina, Effige, Milano 2006: il primo suo libro sul tema,
Steinzeit, è introvabile) è stata una vittima dell’associazione. Così lei stessa ne parla
nell’intervista rilasciata a Petruzzelli: «Il libro Labambina è un incrocio fra finzione
e realtà. Il paese, la situazione e la gente sono dipinti secondo la realtà che ho
vissuto, ma la bambina si comporta diversamente da me. Quello che mi interessa
analizzare nel romanzo è perché una bambina diventa violenta. Quello che voglio
dire è che, se un bambino subisce delle violenze, entrerà in un circolo vizioso da cui
non sarà più in grado di uscire. Le violenze subite verranno, a loro volta, ripetute».
«Ma la popolazione jenisch da dove arriva? C’è chi dice dall’India e chi vi ritiene
figli di minatori tirolesi». «É lo stesso - disse Mariella con dolcezza - Sono solo
teorie. La verità è che abitiamo tutti questo pianeta» (PINO PETRUZZELLI, Non
chiamarmi zingaro, Chiarelettere, Milano 2008, 194).
14
associazioni rom, come quello di Sucardrom12 o su
pubblicazioni agili ma molto precise13.
Legalità e sicurezza
Non vogliamo, come si diceva, sottovalutare i temi della
legalità e della sicurezza14. È utile a questo proposito, ricordare
alcuni dati generali, non riferiti a Rom. Si potrà notare come la
percezione della insicurezza non è proporzionale al rilevamento
dei reati, ma segue altre logiche, spesso indotte dai mezzi di
informazione e guidate da altri interessi. I dati forniti dal
Ministero degli Interni, infatti, dicono che dal 1991 al 2006 gli
omicidi volontari si sono ridotti da 3,2 a 1,1 ogni 100.000
abitanti; i furti in appartamento da 3,6 a 2,4 per 1000 abitanti;
gli scippi da 1,3 a 0,4 per 1000 abitanti, mentre sono aumentate
le rapine da 0,7 a 0,9 ogni 1000 abitanti. Parallelamente però,
secondo i dati ISPO raccolti da Renato Mannheimer, nel ‘97 la
criminalità era il primo problema per il 16% della popolazione,
mentre nel ‘99 ed ancora nel 2002 era tale per il 35%; nel 2007,
poi, 9 persone su 10 ritenevano che la criminalità fosse
aumentata a livello nazionale, mentre solo 5 su 10 ritenevano
che lo fosse a livello del proprio territorio.
E’ abbastanza chiaro, con questo, cosa si vuol dire: il
problema della criminalità non è da sottovalutare, ma neanche
12
Http://sucardrom.blogspot.com;
cfr
anche
www.osservazione.org;
osservatorioarticolo3.blogspot.com/; comitatoromsinti.blogspot.com/
13
NANDO SIGONA – LORENZO MONASTA, Cittadinanze imperfette. Rapporto sulla
discriminazione razziale di Rom e Sinti in Italia, Edizioni Spartaco, Santa Maria
Capua Vetere (CE) 2006; LORENZO MONASTA, I pregiudizi contro gli zingari
spiegati al mio cane, BFS, Pisa 2008.
14
Per uno studio più ampio sul tema, serio anche se su qualche punto da discutere,
cfr. PAOLA ARRIGONI – TOMMASO VITALE, Quale legalità? Rom e gagi a confronto,
Aggiornamenti sociali 03 (2008) 182-194.
15
da gonfiare e soprattutto non c’è nessuna ragione di renderlo
“etnico”, come si diceva anche in apertura: la responsabilità
penale va innanzi tutto dimostrata e comunque è sempre
personale, mai “familiare” o “etnica”. Quando nel novembre
scorso c’è stato l’orrendo omicidio a Roma, per cui è ora in
corso il processo, oltre alle solite “gride” etniche e ai soliti
“allarmi antidegrado”, che si risolvono poi di fatto in
provvedimenti di sgombero e comunque hanno l’effetto di
aumentare quella percezione esasperata del problema di cui si è
appena detto, si sono sentite anche voci pacate che chiamavano
ad altra considerazione, come quella della comunità S.Egidio,
Caritas di Roma insieme ad altri15.
Non si tratta di
sottovalutare né il problema né i singoli episodi, ma di non
estenderne la responsabilità. In secondo luogo, come appunto
dice il documento appena citato, la legalità affermata non può
andar isolata dal rispetto dei diritti.
15
Comunità di Sant’Egidio - Caritas Diocesana di Roma - Arci Solidarietà –
Comunità Capodarco di Roma – Jesuit Refugee Service – Servizio Rifugiati e
Migranti/FCEI – Rom e legalità:
«Il dibattito nazionale sulla sicurezza emerso in questi giorni sui media dopo la
firma del “Patto per Roma Sicura” tra il Comune di Roma e il Ministero dell’Interno
ci sollecita ad alcune considerazioni: Siamo organizzazioni che, a diverso titolo e da
molto tempo, sono presenti accanto ai Rom e ai Sinti di Roma e di altre città italiane.
Conosciamo bene i “campi”, i “villaggi” e i tanti “non luoghi” in cui i Rom vivono
nelle nostre città, e frequentiamo chi li abita. In questi giorni abbiamo sentito parlare
dei Rom nelle maniere più stereotipate e persino fantasiose, spesso con toni ostili e
talvolta apertamente intolleranti. Di fronte a queste manifestazioni preoccupanti,
riteniamo più opportuno riflettere piuttosto che agire e parlare sull’onda dell’ultima
esternazione necessario riflettere, in primo luogo, sul numero complessivo dei Rom
e Sinti presenti in Italia. Nonostante l’aumento dovuto, negli ultimi 6 anni, alle
migrazioni di rom romeni, la percentuale totale di Rom e Sinti sul totale della
popolazione in Italia rimane al di sotto dello 0,3% (di cui circa la metà cittadini
italiani). Va inoltre ricordato che la popolazione Rom e Sinta ha una media di età
molto bassa: quasi il 40% ha meno di 18 anni.
Può la sicurezza del nostro Paese essere messa in crisi da 150.000 persone di cui la
metà bambini? Può veramente la sicurezza di Roma essere a rischio per 10.000
rom?».
16
E, last but not least, bisogna ricordare che non esiste una
“legge” diversa per i Rom: da questo punto di vista anche cose
come il “patto di legalità”, pur partendo da propositi
certamente buoni, finiscono poi per ingenerare l’idea che per
loro esista una sorta di zona franca. Il che non è vero! Inoltre,
ed è la cosa più importante, proporre leggi così “solo per loro”
è di fatto, al di là dell’ispirazione, contro la Costituzione, che
vieta discriminazioni di qualsiasi genere:
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali» (art. 3).
A maggior ragione la considerazione vale per le impronte
ai minori rom e la schedatura etnica, di cui riportiamo qui un
esempio: il 4 luglio scorso la Comunità di Sant’Egidio
mostrava alla stampa copia di un documento, datato 25 giugno
2008. Proveniva da Napoli, campo rom “della Centrale del
latte”. L’intestazione è ufficiale: «Commissario delegato per
l’emergenza insediamenti nomadi nella Campania». C’è tutto:
la fotografia, le impronte digitali, il numero di passaporto, i
dati anagrafici e due caselle che sovvertono i principi
costituzionali con l’indicazione dell’etnia e del credo religioso.
17
Rimanendo poi ancora attorno a “legalità e sicurezza”,
credo che non sia sfuggita una recente ed inquietante vicenda,
su cui sono state aperte diverse indagini: mi riferisco
all’episodio accaduto a Bussolengo (VR) il 5 settembre scorso,
18
rispetto al quale ci sono versioni contrastanti, ben documentate
dal sito di SucarDrom, già ricordato. Alcuni Rom, cittadini
italiani residenti a Trieste, erano di passaggio nella cittadina
della provincia veronese e si sono fermati in piazza; invitati ad
allontanarsi dai vigili urbani, hanno detto che avrebbero
pranzato. Sono arrivati subito dopo alcuni Carabinieri della
stazione di Bussolengo: e qui le versioni divergono. I Rom, che
hanno in seguito sporto querela, affermano di essere stati
malmenati, portati in caserma e lì di aver subito violenze di
vario genere - un minore con i denti spaccati, testa a più riprese
in secchio di acqua gelida, ecchimosi su tutto il corpo di
uomini e donne (vedi foto sul sito già citato). I militi affermano
che i Rom hanno opposto resistenza, e che la donna in seguito
arrestata ha loro strappato la divisa e anche tentato di rubare
una loro arma. Il risultato è che tre uomini e la donna sono in
carcere per resistenza a pubblico ufficiale16.
Che cosa significa dunque rispetto per la legalità e come
promuoverlo realmente? Se si può fare una citazione letteraria,
si potrebbe tornare niente meno che al capitolo VI dei Promessi
Sposi, così come lo ricorda Guido Pedrojetta, dell’Università di
Friburgo, sulle pagine di “Messaggero Cappuccino”: il numero
7/2008 è infatti dedicato alla giustizia, affrontata da diversi
punti di vista, e soprattutto nella dialettica tra il diritto positivo
- e la sua corretta produzione, cognizione, interpretazione ed
applicazione - e una Giustizia di altra connotazione. Nel passo
manzoniano, dunque, dopo il celebre dialogo con don Rodrigo,
il cappuccino Fra’ Cristoforo dice:
«Ho compassione di questa casa la maledizione le è sopra
sospesa, state a vedere che la giustizia di Dio avrà riguardo a
quattro pietre, e suggezione di quattro sgherri. Voi avete
creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine, per
darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che Dio non
16
Segnaliamo che, tra la proposta di questa relazione e la redazione del testo la
querela è stata ritirata ed i rom scarcerati con sospensione condizionale della pena.
19
saprebbe difenderla! Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi
siete giudicato. Il cuore di Faraone era indurito quanto il
vostro; e Dio ha saputo spezzarlo. Lucia è sicura da voi: ve lo
dico io, povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io
vi prometto. Verrà un giorno....»... Si aggiunse alla rabbia un
lontano spavento... «escimi di tra i piedi villano temerario,
poltrone incappucciato!».
Elemosina
E già che si parla di frati e di ordini mendicanti... dove
collocare il discorso sull’elemosina? Anche questo tema è
trasversale, in quanto riguarda la percezione, l’informazione ed
anche la legalità, visto che l’accattonaggio entra ed esce,
secondo i periodi, dalla categoria dei reati perseguibili
penalmente. È inoltre tipico tema in cui anche il modo di
nominare la cosa, ne cambia notevolmente la considerazione:
se dico elemosina, accattonaggio, questua, mendicità...., di
fatto penso subito a cose diverse e soprattutto a categorie di
persone ed a motivazioni diverse, che vanno da una nobile
spiritualità ad un perverso racket, passando attraverso pigrizia e
raggiro.
Si può intanto dire che, mediamente, i rom che la
praticano (perché ve ne sono, anche se anche in questo caso
non si può certo estendere la pratica assolutamente a tutti) non
la considerano umiliante e fanno fatica a capire perché ci dia
così fastidio. In effetti è uno degli aspetti che suscitano molte
reazioni negative, che vanno da quelle indignate per la dignità
di chi chiede, a quelle che vorrebbero seguire il consiglio di
Gandy di insegnare a pescare piuttosto che donare un pesce,
alla maggior parte che semplicemente non “vuole vedere” e
non vuole essere raggiunto da questa immagine destabilizzante,
20
quasi cifra dei due/terzi del mondo fuori dalla nostra aiuola di
benessere:
«Così le città europee di oggi e molte città dell’Occidente
consentono di non accorgersi, se non in rari casi, che la povertà
esiste, che essa spesso è alle porte delle stesse città del
benessere. La modernità è un’opera quasi perfetta di rimozione
della povertà, del problema e delle sue evidenze. L’elemosina
è il resto di questa rimozione. E’ il solo modo rimasto per
renderci conto, episodicamente ma puntualmente, del fatto che
il disagio rimosso e distante può apparire da un momento o
all’altro e riguardarci personalmente. L’elemosina aggira gli
escamotages della politica, della religione e della militanza e
appare ad un “tu” che non èdifeso dal suo ruolo, dalla sua
buona coscienza politica e nemmeno dall’appartenenza ad
un’associazione per l’assistenza ai “meno abbienti”.
...L’elemosina è fastidiosa e per questo è così rivelatrice. Essa
produce una breccia anomala nella quotidianità»17.
Resta comunque il fatto che la tradizione cristiana ha
sempre tenuto in grande considerazione l’elemosina e
nonostante si levino con insistenza voci contrarie18, il
Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2008, dal
sottotitolo significativo Cristo si è fatto povero per voi (2Cor
8,9), continua a raccomandare:
«alcuni specifici impegni che accompagnino concretamente i
fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono
la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Quest’anno, nel consueto
messaggio quaresimale, desidero soffermarmi a riflettere sulla
17
FRANCO LA CECLA, Elemosina, in Non è cosa, Eleutheria 1998, 100-101.
Ha fatto storia e aggiungerei, purtroppo, scuola, un documento prodotto nel 1992
dalla diocesi di Torino, Olio e vino. Considerazioni sull’elemosina cristiana, che
con la buona intenzione di evitare l’assistenzialismo e cose simili, di fatto ha dato il
via ad un diffuso atteggiamento di “centralizzazione” e burocraticizzazione, che
spesso non viene verificato nei suoi presupposti, nei suoi meccanismi e nei suoi
risultati.
18
21
pratica dell’elemosina, che rappresenta un modo concreto di
venire in aiuto a chi è nel bisogno e, al tempo stesso, un
esercizio ascetico per liberarsi dall’attaccamento ai beni
terreni».
Nello stesso modo si è espresso questa estate il Cardinale
Renato Martino, mentre i sindaci si rincorrevano nel firmare
ordinanze antiaccattonaggio19, affermando tra l’altro che
chiedere l’elemosina per strada «[crede sia] un diritto umano
fondamentale, quando si è alla fame e al freddo. E’il diritto del
vero povero a cercare un pezzo di pane e quindi anche a
chiedere aiuto e a fare appello al prossimo per risvegliarne il
sentimento di umanità»20. Ed ancora possiamo sottolineare
come le campagne di informazione lascino vaste zone d’ombra:
è stata ad esempio ampiamente pubblicizzata la proibizione
dell’accattonaggio anche ad Assisi, con una direi, ferita
simbolica di grande portata. Non stessa pubblicità ha avuto,
invece, la protesta nei confronti del provvedimento scritta e
firmata da Marco Bartoli e molti altri/e appartenenti alla
tradizione francescana ancora in maggio: Una parola più di un
sasso (Messaggero Cappuccino 7/2008, 36).
Politiche sociali
Anche per questa parte, come per quella sulla presenza di
Rom e Sinti in Italia, mi limito a proporre alcune prospettive
trasversali e ad indicare un possibile percorso di
approfondimento. Mi appoggio principalmente a due studi,
entrambi offerti in Congressi Internazionali promossi dal
Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti: il primo di
essi, che risale al 2003, è stato realizzato da Giuseppina
19
Non ci si stupisca di trovare accanto al leghista Tosi (VR) e ad Alemanno (Roma)
anche Cacciari (VE) e Domenici (FI)!
20
Cfr ad esempio “Corriere della Sera” dell’8 agosto 2008.
22
Scaramuzzetti, della nostra comunità, che vi presentava
sinteticamente temi da noi ampiamente condivisi e insieme
maturati negli anni di convivenza con i Rom. L’altro contributo
è di questo settembre 2008, ed è stato realizzato dalla dott.ssa
Eva Rizzin, una giovane sinta studiosa di geopolitica: è come
se, simbolicamente, una vecchia amica passasse le consegne ad
una giovane rivolta al futuro! Anche da questo punto di vista
mi limito a due punti di vista, raccolti entrambe attraverso
contributi presentati in due momenti diversi a Convegni
vaticani: un contributo di Scaramuzzetti, della nostra comunità,
e, a seguire, il più recente intervento di Eva Rizzin. Così
dunque inizia il contributo di Scaramuzzetti, Le politiche di
sostegno alla promozione umana e sociale degli Zingari: un
punto di vista dall’Italia21:
«“Un mondo di mondi” è chiamato il mondo zingaro nel titolo
di un libro (Piasere 1999) e noi potremmo chiamare ”un
mondo di contraddizioni” il mondo delle politiche sociali a
favore dei rom perché la ricerca della risoluzione di ogni
problema porta con sé altre difficoltà che richiedono a loro
volta di essere risolte. Ci sono sempre degli aspetti criticabili,
lungo il percorso si incontrano degli imprevisti, situazioni
21
Relazione tenuta al V Congresso internazionale di Pastorale degli Zingari,
promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti e Itineranti, svoltosi a Budapest
(30 giugno/7luglio 2003). Pubblicata in On the move, Suppl. n.93/2003, 93-122
(versione inglese, pp. 123-145). Ora in GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, Una storia
tante vite, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro Incariano (VR) 2008, 83-117. Dalla
quarta di copertina: «Giuseppina Scaramuzzetti è nata a Seveso (MI) nel 1944, dove
la sua famiglia era sfollata da Milano, città in cui ha passato l’infanzia e ha “studiato
da maestra”, come diceva con orgoglio la sua mamma, precocemente scomparsa.
Appena diplomata fa il suo lavoro che è anche la sua passione: per fare il suo dovere
di maestra, inizia ben presto un’attività di doposcuola presso i Rom di via Agordat.
Nasce così un percorso professionale che diventa stile di vita, visione del mondo,
cammino di fede: nel 1974, nella temperie immediata erede del ’68 e del Concilio,
inizia a condividere la vita dei Rom, in una giovane esperienza ecclesiale che
dall’anno seguente diventa stabile comunità della Diocesi di Verona. Nel contesto,
solidale e comunitario, del Gruppo Ecclesiale Veronese fra i Rom e i Sinti, vive,
abitualmente in roulotte, per 32 anni, fino alla morte sopraggiunta dopo breve
malattia nel luglio 2006».
23
ostili che non si riescono a superare, bisogna essere disponibili
a rettificare continuamente la direzione per non perdere di vista
lo scopo… E ci sono aspetti inevitabili nella nostra società che
rendono in alcuni casi la cura peggiore della malattia: la poca
disponibilità dell’istituzione alla flessibilità, la rotazione di
operatori, la variabilità politica, la precarietà dei contributi
economici. Tutti questi sono elementi che, uniti all’instabilità
dell’utenza rom, si scontrano con la lentezza della burocrazia.
Quasi mai si arriva ad una verifica conclusiva con gli stessi
utenti e gli stesso operatori. Alcuni progetti a breve termine,
che hanno creato nel rom dipendenza o delega, hanno
indebolito l’egemonia dell’interno o comunque limitato la
capacità di autodeterminazione e lasciato cicatrici indelebili.
Ogni tempo breve occupato dall’iniziativa dell’istituzione si
alterna poi a lunghi periodi di silenzio».
Lo studio, ampio ed articolato, prende in esame gli
interventi sociali, le politiche abitative e soprattutto la
scolarizzazione, di cui Scaramuzzetti era soprattutto esperta:
dei singoli passaggi non è possibile rendere ragione qui e
rimando eventualmente alla lettura personale di chi fosse
interessato. Mi sembra più utile restituirne alcune delle idee di
fondo: in primo luogo una chiave di “rispetto”. Non sembri una
pia esortazione è piuttosto, direi, un cifra politica non
indifferente, perché da questa chiave discendono alcune
conseguenze molto operative e pratiche. Ad esempio non pare
utile estendere “senza vaglio” alle politiche sociali per
rom/sinti, esperienze provenienti dal mondo della assistenza ai
minori in difficoltà, o dall’accompagnamento di diversamente
abili o dal recupero di persone tossicodipendenti. Ovvio, ma
forse non sempre così agevole da discernere nel concreto,
perché poi le persone di buona volontà sono le stesse. Che cosa
in particolare potrebbe essere un segnale di allarme rispetto a
questo problema? Ad esempio il collocare degli “educatori”
(formati come e dove?) e dei “responsabili” di “campi” che
24
guardano “dal cappello al calzino”, che di fatto ha come
conseguenza la pressoché totale eliminazione del rapporto
famiglia/scuola, che risulta sempre mediato da qualcuno;
ulteriormente a non distinguere, attraverso una gestione
totalizzante e, appunto, “educativa”, politiche abitative da
permessi di sosta, scuola da salute, sostituendosi alla presa di
responsabilità ed alla gestione autonoma, che, appunto, Piasere
indica come “egemonia dell’interno”.
Questa dunque del rispetto e della non globalizzazione
degli interventi ci pare possa essere una chiave ermeneutica
importante, che potrebbe servire da più ampia “griglia di
lettura”: esperienze ne esistono molte, il recente dossier
realizzato da “Iesus”22 ne recensisce alcune, fra cui quella della
Casa della Carità di Milano, Comunità Capo d’Arco a Roma;
Ponticelli a Napoli. La cooperativa Kimeta, dell’Isolotto di
Firenze, ha presentato alla Genovesa (vicino a Verona) martedì
scorso, un libro, Mani di donne, che è emblematico per diversi
aspetti: per l’intento espresso, per quanto viene realizzato, per
quanta strada ci sarebbe ancora da fare. Quanto all’intento:
«Inclusione è parola particolarmente equivoca. “Integrazione”
è equivoca anch’essa, come tutte le parole del resto, ma forse
esprime meglio la fase storica di incontro e di reciproca
fecondazione fra culture diverse in cui viviamo (...) Si tratta di
assicurare diritti di cittadinanza, con l’assunzione dei rispettivi
doveri e di integrare nel tessuto vitale della società i diversi di
ogni tipo e gli esclusi, non per dovere di ospitalità, ma come
orizzonte progettuale, come pietra fondamentale di una città
sicura ed accogliente per tutti»23. Poi c’è la realizzazione,
piccola ma significativa, con la creazione di un laboratorio di
22
Si tratta di “Iesus” (settembre/2008) intitolato La Chiesa e gli zingari. Fratelli
d’Italia. Il dossier Figli di un Dio minore? Reca le firme di Annachiara Valle, Laura
Badaracchi, Giusy Baioni, Alessandro Speciale.
23
Mani di donne, a cura di Luciana Angeloni, Edizioni regione Toscana, Firenze
2006, 6.
25
cucito, riparazioni e stireria, ormai ben accettato nel quartiere e
abbastanza autosufficiente; poi c’è la strada da percorrere, che
si potrebbe evidenziare leggendo con attenzione le narrazioni
che compongono il testo, in cui la relazione di amicizia tra
donne scalfisce lo specchio concavo, dell’immagine deformata,
senza... del tutto abbatterlo.
L’intervento proposto a Freising lo scorso settembre dalla
dott.ssa Eva Rizzin24, riguarda La situazione socio-politica
della gioventù rom e sinta, con particolare attenzione
all’Europa e alle prospettive per il futuro, si può consultare
integralmente sul sito del Pontificio Consiglio. L’intervento di
Rizzin inizia sottolineando che non si può separare la
“questione giovani” dall’insieme:
«la condizione di degrado e abbandono di molti rom e sinti in
Italia è strutturale da decenni, tanto da essere stata oggetto di
condanna da parte di vari organismi internazionali e
comunitari, tra i quali il Parlamento Europeo, il Consiglio
d’Europa e il Comitato Onu contro la discriminazione razziale
CERD».
Dopo aver brevemente ripreso i principali elementi storici
e gli stereotipi, prosegue parlando della partecipazione dei rom
e sinti alle politiche che li riguardano:
24
Eva Rizzin appartiene alla comunità italiana dei Sinti; si è laureata in Scienze
Politiche all’Università di Trieste con una tesi sulla cultura della comunità dei Sinti
Gackane Eftawagaria e ha conseguito, presso lo stesso ateneo, il Dottorato di ricerca
in “Geopolitica e Geostrategia” rivolgendo la sua attenzione al fenomeno
dell’Antiziganismo nell’Europa allargata. Attualmente fa parte del gruppo di studio
sulle politiche locali per i Rom in Europa, istituito presso il Dipartimento di
Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. ed è socio fondatore
di OsservAzione, centro di ricerca-azione contro la discriminazione di Rom e Sinti;
è membro della Federazione Rom e Sinti Insieme, primo coordinamento nazionale
di Sinti e Rom, che intende riunire intorno a sé tutte le comunità presenti in Italia.
Lavora con l’Istituto di Cultura Sinta e con Articolo 3, Osservatorio sulle
discriminazioni razziali di Mantova.
26
«questa partecipazione, anche se ancora iniziale e non ovunque
possibile, è tutt’altro che remota, come mostra la costituzione e
l’attività dell’associazione rom e sinti insieme, sul cui sito,
sucar drom, si possono trovare informazioni e documentazione
molto utile. Questa strada, che è davanti a noi, è condizione
indispensabile per qualsisia iniziativa che voglia essere
rispettosa ed efficace».
Dunque non abbiamo “ricette”, ma non si può neanche
dire che non esistano almeno indicazioni e criteri costruttivi, se
si sanno cercare e si vogliono ascoltare: rispetto, rifiuto di
logiche globalizzanti ed infantilizzanti nelle politiche sociali,
attenzione congiunta a legalità e rispetto dei diritti, sostegno
alla partecipazione attiva di rom e sinti alla risoluzione dei
problemi ed all’inventario delle risorse ed infine, cosa spesso
disattesa, verifica costante delle iniziative intraprese25.
25
Visto che questo incontro si svolge nella diocesi di Verona, può essere utile
riportare uno stralcio degli Atti Sinodali, che sentiamo profondamente affine a
quanto qua esposto:
1) «Quanto esposto nelle “conversioni” e nelle scelte pastorali fin qui individuate,
richiede perciò un’attenzione ampia ai percorsi e ai luoghi della formazione:
- formazione alla fede e formazione della coscienza cristiana in ordine al
compito della carità che ogni cristiano è chiamato a vivere in forza del
comandamento dell’amore;
- formazione alla maturità umana, che contribuisca alla capacità di
integrazione del limite, di gestione dei conflitti, di rispetto delle posizioni
diverse, di presa di coscienza delle precomprensioni e di superamento
della superficialità di approccio;
- formazione ai temi della giustizia, della pace, dell’impegno sociale e
politico;
- formazione specifica per chi opera nei singoli ambiti (scuola, sanità,
mediazione culturale, ecc).
Questo comporta anche l’attenzione ai luoghi formativi: alle strutture ecclesiali
specifiche (pastorale diocesana della cultura, pastorale diocesana della salute e
centri connessi, pastorale diocesana della carità, parrocchie, movimenti,
associazioni) e più ampiamente alla famiglia, alla scuola, alle proposte sportive,
culturali.
2) Per quanto riguarda la verifica delle attività già intraprese, è necessario:
- realizzare la programmazione sistematica di momenti di verifica delle
iniziative già intraprese e degli atteggiamenti con cui vengono realizzate: la
ricchezza di volontariato e più in generale di azione, deve essere interrogata
27
Ne ho fatto il mio amico
Come suggerivo in apertura, la modalità che sento più
appropriata è quella testimoniale, che rappresenta il succo ed
anche il frutto del mio/nostro “starecon”. Anche in questo
caso, non solo per pudore, ma anche perché le parole nella luce
del compimento sono più piene e tornite, lo dirò con un testo
scritto, citando ancora un passo dal libro che raccoglie scritti di
“Pinuccia”:
«Creare una vicinanza nel quotidiano, una familiarità nel
vissuto, nel tempo e nella storia, ci predispone ad accogliere,
giustificare, soffrire, coinvolgerci insomma, perché accada
come alla volpe del Piccolo Principe: «Non era che una volpe
uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è
per me unico al mondo».
Vivere con i Rom non mette in moto meccanismi particolari:
l’unica differenza con molte altre situazioni è che in genere
non si tratta di una affinità spontanea, ma di una scelta: è un
lontano che diventa vicino, come può accadere però anche in
altri casi.
Abiti una roulotte vicino a quella di un’altra famiglia, vi
nascono dei bambini, li vedi crescere, condividi i fatti della
vita: la scuola,le malattie, i litigi, le feste, i guai e i momenti
belli, vai a pregare con loro in quel santuario che loro
conoscono e loro vengono con te “alla tua chiesa”.
Ad un certo punto ti accorgi che quando sali le scale della
scuola per parlare con le maestre ti tremano le ginocchia, ti
prepari mentalmente le giustificazioni. L’insegnante, dopo aver
cercato connivenza, alza una barriera e ricopre anche te dello
continuamente, per verificare le motivazioni di chi opera, il linguaggio
utilizzato, l’efficacia e la correttezza delle azioni;
- tenere presente la professionalità di chi opera: che non significa
“professionalizzazione” della carità, ma acquisizione di competenze e
individuazione di nuove ministerialità».
28
stesso velo di diffidenza con cui avvolge quella famiglia che,
chissà perché,non vuole essere “normale”.
Se il bambino che tieni in braccio nella foto, crescendo, si
metterà nei guai, consumerai le scarpe per spiegare a tutti che
sì, può aver sbagliato, ma è un ragazzo di cuore, buono
nell’animo, poi gridi con lui e lui abbassa la testa.
E’ un agire che si trova in moltissime famiglie, di ogni
nazionalità: un agire così usuale da essere banale. Ed è proprio
questa usualità a non essere accettata perché non vorremmo
che chi ci suscita tanta ostilità a livello di pelle, ci sia così
simile nell’umanità.
E’ molto diffusa inoltre la convinzione che nella relazione con
gli “zingari” vadano attivate delle dinamiche del tutto speciali.
Si sente dire: “Questa gente mi è del tutto sconosciuta” per
aggiungere poi: “E’ vero che…” e via con racconti che
sembrano appartenere al regno degli elfi e degli gnomi.
Un’accusa si leva spesso, da più parti, contro le singole
persone di chiesa che condividono la loro vita con i Rom:
“Voi gridate al razzismo, li difendete sempre, ma poi non ci
raccontate chi sono: spiegateci i loro valori, dateci dei motivi
per amarli”.
Il motivo è nell’umanità, nel fatto che hai mangiato insieme,
che ti è figlio, fratello e tu gli sei madre o sorella ed è lo stesso
motivo per cui sei tollerante con gli altri uomini. Ami tuo
figlio perché ti è figlio o perché ha dei valori?
....in questo uomo c’è l’immagine del Dio uomo Gesù Cristo e
ti sono l’uno specchio dell’altro.
La rosa del piccolo principe, ovvero essere speciali per
qualcuno.
“Voi li conoscete tutti? Quanti sono? Che senso ha sprecare la
vita per poche famiglie?”. Questa la seconda raffica di
domande.
Mi piace rispondere col notissimo brano del libro di Saint
Exupery: «il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose:
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa… Certamente un
qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma
lei, lei sola è più importante di tutte voi perché è lei che ho
innaffiata. Perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro.
29
Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho
ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi e
vantarsi o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa»26.
Conclusione: nel segno di un’irriducibile speranza
Infine vorrei dire che c’è qualcosa in particolare che mi
inquieta e che non capisco, non accetto. Direi, non mi do pace
ed è in questa “non rassegnazione” che riconosco la speranza:
anche io, fiorentina, sono immigrata e straniera a Verona e
amo questa città di straordinaria bellezza, e l’ho anche
sperimentata come città amica. Non mi do pace che questa città
possa accettare di riconoscersi in discorsi razzisti, xenofobi,
parole che poi diventano fatti, come spesso si è sperimentato.
Questa chiave di speranza diventa perciò anche un
appello. Tutte e tutti siamo invitati a prenderci carico dei
giovani che sono preda dello specchio deformante di cui si
diceva, dobbiamo difenderli da questa violenza che rischia di
travolgerlo. Di loro e per loro siamo responsabili, con loro e
per loro non possiamo tacere.
Cristina Simonelli
26
GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, Ne ho fatto il mio amico in Ead, Una storia
tante vite, 162-164.
30
Qualche indicazione bibliografica
(l’ordine non è né cronologico né alfabetico, semplicemente segnala,
settore per settore, una preferenza. Ovviamente ogni testo contiene,
invece, ampia bibliografia specifica)
Informazioni generali:
NANDO SIGONA – LORENZO MONASTA, Cittadinanze imperfette.
Rapporto sulla discriminazione razziale di Rom e Sinti in Italia,
Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere (CE) 2006
LORENZO MONASTA, I pregiudizi contro gli zingari spiegati al mio
cane, BFS, Pisa 2008 (entrambi agili, ma ben documentati, molto
utili per un primo approccio)
LEONARDO PIASERE, Un mondo di mondi, CISU, Roma 1999.
LEONARDO PIASERE, I Rom d’Europa. Una storia moderna, Laterza,
Roma-Bari 2004 (Piasere, docente di antropologia culturale, è il
coordinatore dell’intera Collana di Studi Zingari, delle edizioni
CISU, che offre molti altri volumi di pregio, di taglio scientifico).
Sui minori rom:
SABRINA TOSI CAMBINI, La zingara rapitrice. Racconti, denunce,
sentenze (1986-2007) CISU, Roma 2008
CARLOTTA SALETTI SALZA, Adozioni di minori rom/sinti (di
imminente pubblicazione); della stessa autrice Bambini del ‘campo
nomadi’- Romà bosniaci a Torino, CISU, Roma 2003.
In particolare su educazione e scolarizzazione:
GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, La vita familiare come ambito
educativo in un gruppo di Roma sloveni (orig in Italia romanì,II,, a
cura di L.Piasere, Ed. CISU, Roma 1999, 133 – 136), in Ead, Una
storia, tante vite, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro Incariano (VR)
2008.
ANA MARIA GOMES ‘Vegna che ta fago scriver’. Etnografia della
scolarizzazione in una comunità di Sinti, CISU, Roma 1998.
31
STEFANIA PONTRANDOLFO, Un secolo di scuola – I rom di Melfi,
CISU, Roma 2004.
Politiche sociali:
GIUSEPPINA SCARAMUZZETTI, Le politiche di sostegno alla
promozione umana e sociale degli Zingari: un punto di vista
dall’Italia (orig On the move, Suppl. n.93/2003, 93-122) in Ead.,
Una storia tante vite, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro Incariano (VR)
2008, 83-117.
EVA RIZZIN, La situazione socio-politica della gioventù rom e sinta,
con particolare attenzione all’Europa e alle prospettive per il futuro
(prossimamente su On the move,
http://212.77.1.247/roman_curia/pontifical_councils/migrants/s_inde
x_pom/rc_pc_migrants_pom_overview_it.htm)
MARCO REVELLI, Fuori luogo, Boringhieri, Torino 1999.
Letteratura:
MARIELLA MEHR (Labambina, Effige, Milano 2006
DEMIR MUSTAFA “Poesie e racconti, CISU, Roma 2002
PINO PETRUZZELLI, Non chiamarmi zingaro, Chiarelettere, Milano
2008
Per bambini:
GIOVANNI ZOPPOLI, Gago, orecchio acerbo edizioni, Roma 2008.
PINA VARRIALE, I bambini invisibili, Piemme Junior, 2008.
Siti web:
sucardrom.blogspot.com;
www.osservazione.org; osservatorioarticolo3.blogspot.com/;
comitatoromsinti.blogspot.com/
Cristina Simonelli
32
Stampato in proprio ad uso interno
33
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Rom e non/Rom tra conflitti e risorse