INCONTRI CAMPANI SIP-FIMP - NAPOLI, 22/1/2000 CENTRO CONGRESSI STAZIONE MARITTIMA GESTIONE DOMICILIARE DEL NEONATO PRETERMINE AGA. C. di Lena, S. di Lena, R. D’Errico Atti Incontri Campani SIP-FIMP; Modernografica 2000; 7-46 I PARTE (C.DI LENA, S.DI LENA) INTRODUZIONE La gestione del neonato pretermine costituisce per il neonatologo, il pediatra di base e la famiglia un impegno di notevole importanza professionale ed umana . Per i genitori la dimissione dopo un periodo più o meno lungo di degenza nel centro di cura perinatale è un momento molto atteso, ma allo stesso tempo introduce preoccupazione ed ansia, soprattutto da parte della madre convinta di avere un bambino “fragile”, delicato e bisognoso di assistenza e cure continue. Questa transizione dall’ospedale alle cure domiciliari contribuisce accentua e/o esaspera la naturale insicurezza che accompagna l’inesperienza, soprattutto nei genitori al primo figlio. La famiglia necessita quindi in questa fase di garanzie sull’assistenza a domicilio, di rassicurazioni sullo stato di salute del neonato, di continue spiegazioni sui termini ed esami da praticare dopo la dimissione e di previsioni sul futuro del proprio figlio. Nel periodo successivo alla dimissione il legame tra genitori ed il centro di cura perinatale è molto forte per cui sollecita è la risposta agli appuntamenti di follow- up. Dopo un certo tempo i genitori confortati dalla crescita soddisfacente del bambino e quindi rassicurati nel loro ruolo, anche perché tranquillizzati dalla presenza del pediatra di base che ormai conoscono, si distaccano dal centro. I contatti tra il neonatologo e il pediatra di base iniziano ma a volte terminano con la dimissione. Sulla scheda di dimissione sono riportati tutti i dati anamnestici più importanti relativi al parto, le principali informazioni del decorso clinico, gli esami praticati durante la degenza, ma non vi è alcun riferimento sul programma di follow-up. E’ quindi importante per un’efficace gestione post-dimissione del neonato pretermine un collegamento tra neonatologo, pediatra di base e famiglia. Il coinvolgimento e l’adesione fin dall’inizio del pediatra di base al programma di follow-up del pretermine è il solo modo con cui il Centro ed il curante possono svolgere ruoli complementari e sinergici evitando sovrapposizioni di controlli, dispersioni e contraddizioni. Inoltre, la sintonia tra il Centro di cura Perinatale e il Pediatra di base rappresenta il piu’ valido supporto psicologico ai genitori che si sentono maggiormente seguiti e rassicurati dalla collaborazione. Al neonatologo del centro spetta il compito di impostare e organizzare tutti i necessari interventi multidisciplinari e di follow-up, al Pediatra di base quello di seguire l’evoluzione del bambino più da vicino con interventi ravvicinati. E’ evidente la necessità di uno scambio di informazioni che può avvenire attraverso i genitori, con un libretto sanitario su cui annotare gli elementi più rilevanti emersi dalle rispettive visite e accertamenti proposti. Infine, risulta estremamente utile che il personale del centro di cura perinatale organizzi riunioni periodiche con i pediatri di base del territorio per incontri di aggiornamento, ma anche come occasione per uno scambio di conoscenze ed opinioni. Si riportano di seguito le principali necessità di un neonato pretermine nel periodo successivo alla dimissione dall’ospedale. I problemi di gestione del neonato pretermine dopo la dimissione sono numerosi e complessi. Quelli di maggior rilievo sui quali ci soffermeremo riguardano: - L’accrescimento L’alimentazione Lo sviluppo neuromotorio, cognitivo e psicosociale ? L’accrescimento del neonato pretermine dopo la dimissione Il neonato pretermine è un soggetto dinamico e in continuo mutamento, che va incontro ad una sequenza ordinata e prevedibile di crescita fisica e neurosviluppo. Questa sequenza è influenzata continuamente da forze intrinseche ed estrinseche che producono variazioni individuali e che rendono il percorso dello sviluppo di ciascun neonato pretermine un percorso unico. Le influenze intrinseche comprendono le caratteristiche fisiche del bambino, lo stato di benessere o malattia, il temperamento ed altri attributi geneticamente determinati. Le influenze estrinseche durante l’infanzia derivano fondamentalmente dalla famiglia, dalla personalità, dallo stile delle cure prestate al bambino da parte dei genitori e dei fratelli, dallo stato economico della famiglia e dal suo impatto sulle risorse di tempo e denaro, nonché, dall’ambiente culturale in cui il lattante cresce. Le dimensioni finali dell’individuo e del pretermine in particolare sono, pertanto, il risultato del rapporto tra potenziale genetico ed ambiente. La fase di iperplasia cellulare massima si verifica per lo più nella vita intrauterina e nella prima infanzia soprattutto per ciò che riguarda la crescita cerebrale: il peso dell’encefalo raddoppia tra la 32 e la 39 settimana di gestazione, raddoppia nuovamente tra il termine di gravidanza ed i 6 mesi di vita postnatale, esaurendosi verso la fine dell’infanzia. L’andamento della crescita somatica è simile, ma si protrae, anche se in misura ridotta, durante tutta l’età pediatrica, per subire un nuovo picco nell’ età adolescenziale. Un ritardo di crescita intrauterino e/o neonatale è presente nel 50% dei neonati di peso molto basso che ricevono cure intensive e che richiedono prolungate ospedalizzazioni. Per i neonati con peso appropriato per l’età gestazionale, lo scarso accrescimento neonatale è in correlazione con l’impossibilità di una adeguata nutrizione durante la fase acuta della malattia neonatale, all’incremento delle richieste caloriche in rapporto al tipo di respirazione in corso di malattia polmonare cronica, all’immaturità gastro- intestinale, alla scarsa nutrizione in neonati compromessi neurologicamene ed alla mancanza delle cure dei genitori o di un ambiente non ottimale per l’accrescimento durante la nursery. Queste interferenze avvenute durante la fase di ipertrofia cellulare determinano una riduzione delle dimensioni delle cellule a cui segue, una risolte le interferenze, un aumento della velocità di crescita, detto recupero (catch-up growth). Alla dimissione quindi, il neonato pretermine risulta avere un accrescimento fisico notevolmente compromesso, e nonostante molte delle condizioni precedenti si siano risolte e si è stabilito un ambiente domiciliare ottimale, la ripresa della crescita è tale che oltre il 20% di questi bambini rimane al di sotto dei limiti della norma per peso ed altezza, fino al terzo anno di vita. Un concetto importante nella valutazione della crescita del pretermine è l’impiego dell’età corretta, che è rappresentata dall’età postnatale meno il numero di settimane mancanti alla data prevista per il parto a termine (ossia 40 settimane). La differenza di crescita tra età postnatale corretta e non corretta è statisticamente significativa: ? per il peso fino a 2 anni ? per la lunghezza fino a tre anni e mezzo ? per la circonferenza cranica fino a 18 mesi. In pratica la correzione dei valori di crescita in base all’età gestazionale deve essere fatta per il neonato pretermine fino ai 2-3 anni di età. La valutazione può essere fatta impiegando griglie apposite per pretermine quali quella di Gairdner e Pearson che riguardano i primi due anni nel sesso maschile e femminile. Per quanto riguarda la valutazione del peso, nonostante il recupero che si stabilisce intorno alla 40 settimana post-concezionale i pretermine si dispongono attorno a percentili bassi di crescita. Il pretermine presenta un picco di velocità di crescita ponderale dopo 1-2 mesi dal comp imento della data prevista per il parto a termine. Tradizionalmente, il pretermine viene dimesso dal centro di cura perinatale quando il suo peso corporeo raggiunge i 2200-2400 gr, ed età postconcezionale tra 37-40 settimane, con una velocità di 2 crescita ponderale che normalmente non supera i 20-30 gr al giorno. Nel periodo successivo alla dimissione l’accrescimento giornaliero aumenta fino a 60-90 gr al giorno ed una valutazione del peso a 7-14 giorni consente una prima verifica sull’ adattamento del neonato pretermine all’ambiente e alle cure domiciliari. Dalla 32° settimana postmestruale al primo mese post termine il peso medio dei neonati pretermine AGA segue il 10° percentile delle curve di crescita intrauterine dei neonati a termine. I pesi medi dei pretermine tra 2 e18 mesi di età risultano fino ad 1 DS al disotto della media della normale curva di crescita. Tali pesi devono essere corretti per l’età gestazionale del bambino fino a 24 mesi, quando la differenza tra età corretta e non corretta non è piu’ statisticamente significativa.(coincidenza tra le curve di Gairdner e Pearson e quelle normali del neonato a termine). La crescita in lunghezza dalle 30 alle 40 settimane postmestruali dei neonati pretermine AGA è al di sotto del 50° percentile delle curve di crescita intrauterine. Dopo le 40 settimane la differenza in lunghezza media tra il neonato prematuro AGA ed il neonato a termine è di 2.5 cm e diminuisce ad 1.5 cm a 18 mesi. I valori della lunghezza devono essere corretti per l’età gestazionale fino a 3 anni e mezzo di età, dopo questa età la differenza media è meno di 1 cm tra quella corretta ed il valore non corretto. La velocità di crescita in lunghezza del neonato pretermine supera quella del neonato a termine tra 1 mese e mezzo e 7 mesi e mezzo (catch-up). Da 7 mesi e mezzo a 5 anni il neonato pretermine cresce in lunghezza alla stessa velocità di quello a termine. La circonferenza cranica è un parametro di valutazione della crescita estremamente importante dati gli stretti rapporti esistenti tra dimensioni del capo e sviluppo cerebrale nei primi anni di vita. L’aumento della circonferenza cranica nei pretermine AGA è simile a quella che si verifica nella vita intrauterina, se si esclude la fase del ritardo iniziale. La picco di velocità di 4,3 cm al mese viene raggiunta attorno alla 34 settimana di età postconcezionale. Mediamente la circonferenza cranica del neonato prematuro all’età corretta è di 6.5 cm inferiore rispetto al neonato a termine, questa differenza si riduce a 0.5 cm all’età di 17 mesi. La circonferenza deve essere corretta per l’età gestazionale fino a 18 mesi. Dopo la dimissione la crescita del neonato pretermine può essere ostacola dall’esistenza di condizioni patologiche quali la Displasia Broncopolmonare, la persistenza del dotto di botallo, la presenza di stenosi subglottidee conseguenti ad intubazioni protratte, ittero colostatico, anemia. Un accrescimento scarso si correla spesso, anche se non necessariamente con la presenza di esiti neurologici. Tuttavia, in alcuni casi è difficile stabilire se il ritardo di crescita sia la causa o l’effetto di un danno cerebrale. Spesso il deficit di crescita dipende da malnutrizione che può verificarsi per errori dietetici o per difficoltà di alimentazione, quali suzione scarsa, presenza di reflusso gastro-esofageo, vomito, e/o crisi di cianosi durante il pasto, specie nei nati con età gestazionale molto bassa o nei bambini con esiti respiratori e neurologici. Le condizioni socio-economiche sfavorevoli ed i disturbi relazionali bambino- famiglia deveno essere presi in considerazione dal pediatra al fine di stabilire l’eziologia spesso multifattoriale del ritardo di crescita e di programmare il tipo di intervento adeguato. ? Alimentazione del neonato pretermine dopo la dimissione L’alimentazione del neonato pretermine, sia per tipologia che per quantità e qualità di nutrienti, rappresenta uno dei maggiori problemi su cui si focalizza l’attenzione del neonatologo durante il ricovero ospedaliero e nella fase immediatamente successiva alla dimissione. Il gruppo dei neonati pretermine e molto eterogeneo a causa delle ampie variazioni del peso alla nascita e dell’età gestazionale. Le linee guida della Committee on Nutrition of American Academy of Paediatrics e della Committee on Nutrition of Preterm Infant of the European Society of Paediatric Gastronterology and Nutrition per una corretta alimentazione del neonato pretermine prevedono l’utilizzo di latte materno fortificato o in alternativa di formule per prematuri. Queste raccomandazioni sono applicabili a bambini con peso da un minimi di 500 gr ad un massimo di 1800-2000 gr o con età gestazionale alla nascita da 24 a 38 settimane. 3 Nel neonato a termine il latte materno rappresenta il “Gold Standard” per le richieste nutrizionali, mentre nel neonato pretermine non rappresenta lo standard di riferimento a causa del rischio di inadeguatezza per la crescita e per il deficit in nutrienti quando viene utilizzato senza fortificanti. Si devono distinguere in base al peso due categorie di pretermine: ? Inferiori a 1000 gr ? Superiori o uguale a 1000 gr e in base all’età tre categorie di pretermine: ? Pretermine nel periodo di transizione (dalla nascita a 7 gg di vita) ? Pretermine nel periodo di stabilizzazione (dall’8 giorno alla dimissione) ? Pretermine nel periodo post-dimissione Le categorie di peso riflettono le differenze in accumulo di nutrienti prima della nascita, mentre i 3 periodi post- natali invece, riflettono i cambiamenti dell’accrescimento e del metabolismo che accompagnano la maturazione post-natale. Infatti, bisogna tener conto delle enormi differenze tra l’ambiente intrauterino e quello in cui si trova il neonato dopo la nascita. Ciò vale non solo per il tipo di alimenti che il neonato riceve prima e dopo la nascita e il modo con cui questi ve ngono assunti (transplacentare, per via ematica ematica o gastrointestinale, per via orale.) ma anche per la presenza prima della nascita di un potente sistema quale la placenta con grosse capacità omeostatiche che scompare bruscamente dopo il parto. Pertanto, il voler duplicare dopo la nascita una velocità di crescita simile a quella intrauterina per il neonato pretermine rappresenta un obiettivo utopistico. D’altra parte anche quando l’accrescimento ponderale postnatale raggiunge valori simili a quello intrauterino, si è visto che l’utilizzazione dei diversi nutrienti e la composizione corporea del pretermine sono molto diverse da quelle intrauterine. Durante il periodo di transizione i bambini, specialmente quelli di peso intorno a 1000gr sono con molta probabilità clinicamente e metabolicamente instabile con una perdita di peso dovuta ad uno sbilanciamento idrico. Il minimo obiettivo raggiungibile durante questo periodo è la somministrazione di una quantità sufficiente di nutrienti per via parenterale o enterale, per prevenire il deficit di nutrienti e il catabolismo. Il periodo di stabilizzazione inizia quando il bambino è metabolicamente e clinicamente stabile e finisce al momento della dimissione. Durante questo periodo l’obiettivo nutrizionale principale è rappresentato dalla crescita e dall’accumulo di nutrienti simile a quello che avrebbe dovuto raggiungere in utero. Durante il periodo di post-dimissione l’obiettivo è un’assunzione di nutrienti adeguata per raggiungere il “catch-up growth”. Il passaggio, quindi, da un’alimentazione parenterale e/o enterale per gavage ad un allattamento al seno o con formula rappresenta un processo complesso e unico per questa popolazione di soggetti. E’ ormai accettata l’importanza di un’ alimentazione tempestiva e corretta ai fini di una migliore prognosi a breve e a lungo termine, soprattutto in un periodo (approssimativamente tra la 24 e la 44 settimana di età postconcezionale ) dove si realizza la mielinizzazione e l’arborizzazione dendritica a livello del SNC. Ne deriva che una nutrizione inadeguata durante il ricovero e nel periodo immediatamente successivo alla dimissione può influire non solo sulla morbosità e sulla mortalità, ma anche sull’accrescimento somatico in generale e su quello cerebrale in particolare. L’alimentazione elettiva del neonato pretermine post-dimissione fino ad un anno di vita è costituita dal latte materno fortificato con proteine, minerali e vitamine o alternativamente con formule opportunamente tarate per prematuri. La necessità di fo rtificare il latte materno con proteine è dovuta al fatto che i neonati pretermine, crescendo ad un rateo abbastanza sostenuto, necessitano di una elevata quantità di proteine la cui richiesta diminuisce solo dopo il raggiungimento della 40-44 settimana di età post-concezionale. L’obiettivo è quello di garantire al neonato prematuro un accumulo di proteine equivalente a quello che si otterrebbe durante lo stesso periodo di vita intrauterina. Inoltre, la necessità di questa integrazione è correlata ad una diminuzione rapida nei primi giorni di allattamento della concentrazione di proteine nel latte materno. Analoga situazione si verifica per altri nutrienti quali il sodio, calcio e fosforo. Numerosi studi randomizzati e controllati hanno dimostrato una maggiore crescita nel periodo di ospedalizzazione e dopo la dimissione dei neonati prematuri il cui latte materno o formule sono state 4 supplementate con i nutrienti sopra descritti e disponibili in commercio. Inoltre, l’uso di fortificanti aggiunti al latte materno sembra non compromettere l’azione immunizzante di quest’ultimo nei confronti delle infezioni, delle enteriti necrotizzanti e delle sepsi. I fortificanti sono disponibili sia in polvere che liquidi, la prima soluzione è da preferire poiché miscelare il latte materno con un volume uguale di fortificante diluisce i costituenti del latte materno, riducendo quindi i nutrienti, i fattori di crescita, e le proprietà anti- infettive. Un ulteriore beneficio dell’allattamento al seno dei neonati prematuri sembra dovuto alla maggiore possibilità di contatto pelle-pelle con la madre che oltre a potenziare i benefici del latte materno promuove una maggiore durata dell’allattamento e riduce il pianto. L’allattamento esclusivo con latte materno fortificato e/o formule è raccomandato fino ad un età di 4-6 mesi corretti per l’età gestazionale finchè non è possibile introdurre un pasto solido. Integrazione di vitamina D La quantità di vitamina D presente nel neonato alla nascita e correlata all’assunzione materna. Il latte umano presenta basse concentrazioni di vitamina D (da 10 a 80 UI/l ), mentre le richieste sono stimate per il pretermine tra 400-5000 UI al giorno. Durante il periodo di crescita stabile e post-dimissione la quantità raccomandata di vitamina D per evitare rischi di tossicità è di 400 UI al giorno fino al raggiungimento di un anno di età.. Integrazione di ferro Data la scarsità di ferro immagazzinato nel fegato e nella milza, la maggior parte delle riserve di ferro del neonato pretermine alla nascita sono costituite dall’emoglobina. Nonostante la bassa quantità di ferro immagazzinata, la scarsezza di ferro sembra non giocare alcun ruolo nell’anemia del pretermine durante i primi 2 mesi di vita ma sono piuttosto i continui prelievi effettuati durante il ricovero a determinare una perdita di eritrociti non rimpiazzati data la limitata attività eritropoietica nelle prime 5 –7 settimane di vita. L’uso profilattico di ferro supplementare durante i primi 2 mesi di vita non ha alcun effetto nella riduzione della concentrazione di emoglobina durante questo periodo. Tuttavia una volta che l’attività eritropoietica inizia tutti i neonati prematuri richiedono ferro in misura di 2-3 mg/kg per mantenere una produzione ottimale di emoglobina. Lo sviluppo neuromotorio, cognitivo e psicosociale Lo sviluppo neuromotorio nel neonato pretermine è caratterizzato dal rapido emergere di competenze posturali e motorie che nello spazio di pochi mesi, consentono al bambino di imparare a prendere e manipolare gli oggetti, di muoversi liberamente nell’ambiente per esplorarlo. Il bambino pretermine di peso alla nascita tra 1500 e 2000 gr è a rischio per “handicap neurologico” che si può manifestare a distanza e la cui espressività può essere notevolmente variabile. Non esistono purtroppo studi estremamente precisi o casistiche sufficientemente vaste concernenti il follow-up dei bambini pretermine soprattutto per quanto riguarda non tanto le sequele maggiori, quanto le sequele minori. Inoltre quanto di queste sia da imputare alla situazione assistenziale o alle condizioni di nutrizione o di alimentazione non è noto. Sotto il profilo neurologico è importante sottolineare che la situazione va vista nel suo insieme e che i campanelli di allarme clinico richiedono la massima attenzione. La maggior parte dei protocolli di esame neurologico del neonato riportati in letteratura sono per lo piu’ basati sulla valutazione del tono e delle risposte riflesse che nel caso del pretermine vanno valutate tenendo conto dell’età corretta.. Infatti, le caratteristiche semeiologiche neurologiche in epoca neonatale dipendono in primo luogo dall’età gestazionale. Inoltre, per poter fare affermazioni significative sulla competenza motoria del neonato pretermine bisogna organizzare i dati raccolti dall’anamnesi, dall’esame obiettivo e dall’esame di neurosviluppo. Durante il ricovero ospedaliero l’esame neurologico del pretermine offre la possibilita di seguire l’evoluzione maturativa ed gli esami periodici settimanali o bisettimanali fanno apprezzare l’aspetto dinamico dell’evoluzione maturativa e permettono di giudicare l’integrità o meno del sistema nervoso centrale sulla base della persistenza o della scomparsa di segni patologici, dell’evoluzione progressiva o del blocco della maturazione, della presenza o assenza di nuove acquisizioni comportamentali. Elemento indispensabile per raggiungere tali obiettivi è una conoscenza approfondita delle 5 caratteristiche neurologiche del pretermine alle diverse età gestazionali. Descriviamo sinteticamente gli aspetti neurologici caratteristici del pretermine alle diverse età gestazionali: Maturazione neurologica a 28 settimane di età gestazionale La postura a tale età gestazionale si traduce una ipotonia globale massiva, presenta tutti e quattro gli arti estesi l’estensibilità è notevole con angolo popliteo di circa 170 gradi e foulard ampio. Lo stato comportamentale è indifferenziato non essendo possibile, definire ne uno stato di veglia ne uno stato di sonno REM. La motilità spontanea e globale, con movimenti ampi e lenti soprattutto a carico degli arti inferiori. Il riflesso dei punti cardinali è il più facilmente elicitabile. Maturazione neurologica a 32 settimane di età gestazionale Vi è un miglioramento netto della vigilanza ed una differenziazione dei diversi stadi del sonno. Si osserva una attenuazione netta dell’ipotonia al livello della meta inferiore del corpo: l’angolo popliteo è di circa 150 gradi. Migliora anche il tono attivo e la motilità spontanea è maggiore. Il riflesso di Moro è più completo, il neonato riesce a succhiarsi la mano. Maturazione neurologica a 35 settimane di età gestazionale La postura caratteristica di tale età è quella a rana, con arti inferiori flessi e superiori ancora estesi. Il riflesso dei punti cardinali e bene elicitabile e persistente. La fase di abduzione nel riflesso di Moro è ancora imperfetto Maturazione neurologica a 37 settimane di età gestazionale Le caratteristiche maturative si avvicinano sempre di più a quelle del neonato a termine: la postura è già in semiflessione a livello di tutti e quattro gli arti e la testa poggia sull’occipitale. La motilità spontanea è poco varia, tipo pedalaggio a livello degli arti inferiori, asincrona e asimmetrica a livello degli arti superiori. In pratica dopo il termine il tono muscolare evolve progressivamente ed il suo rafforzamento progredisce in senso caudo-cefalico. Gli automatismi primari seguono invece il senso inverso cefalocaudale. Alla dimissione il neonato pretermine AGA a secondo della durata della degenza e dell’età gestazionale, può trovarsi in una fase diversa del neurosviluppo. Il pediatra di base ha quindi la necessità di valutare le tappe dello sviluppo neurologiche applicando come detto precedentemente la correzione per l’età gestazionale. La valutazione neurologica del tono, della forza, dei riflessi e della coordinazione è di difficile valutazione in questa categoria di bambini a causa della natura soggettiva della valutazione e della capacità limitata del bambino a collaborare: l’esperienza clinica è essenziale a fornire informazioni utili e accurate. Particolare attenzione va rivolta alla valutazione delle competenze comportamentali, alla funzione visiva e uditiva. Per quest’analisi il pediatra può utilizzare il test di Brazelton. Il neonato è in grado di fissare un oggetto posto a circa 30 cm di distanza dal suo viso ed è in grado di seguirlo orizzontalmente per un arco di circa 30-60 gradi; se l’attenzione è valida può seguirlo anche sul piano verticale. A questa età sono particolarmente stimolanti i forti contrasti di bianco e di nero e soprattutto il viso dell’osservatore. La risposta alla stimolazione uditiva può variare da una cessazione dell' attività motoria ad un attiva ricerca della fonte del suono. Possono essere considerati segnali di allarme negativo dello sviluppo neuromotorio: ? ? ? ? ? ? ? persistenza dei pugni chiusi a tre mesi di età corretta ritardo nella comparsa di reazioni posturali precocità del rotolomento da 1 a 2 mesi, il mettersi direttamente in piedi a 4 mesi scarso controllo del capo a 5 mesi di età corretta la persistenza dei riflessi primitivi a 9 mesi Il mancato sviluppo delle reazioni di protezione a 12 mesi la dominanza di una mano prima dei 18 mesi 6 ? l’incapacità di salire le scale a 24 mesi Una volta identificata un’anomalia motoria è essenzilale l’ulteriore valutazione della sua eziologia. Questo richiede quasi sempre l’invio del paziente ad uno specialista o ad una equipe superspecialistica. Lo sviluppo cognitivo comprende un ampia gamma di abilità i cui deficit possono consistere in: ? mancato allarme a stimoli ambientali fin dall’età di 1 mese ? l’incapacità di raggiungere gli oggetti all’età di 5 mesi ? l’assenza di balbettii all’età di 5 mesi ? l’incapacità di localizzare i suoni all’età di 10 mesi ? la persistenza dell’esplorazione orale a 12 mesi ? la mancanza di vocalizzazione di consonanti a 15 mesi ? l’assenza di imitazione a 16 mesi ? un linguaggio avanzato non comunicativo a 22 mesi ? l’assenza di gioco simbolico a 24 mesi I traguardi dello sviluppo psico-sociale sono più variabili di quelli delle aree motoria e cognitiva a causa della maggiore influenza dei fattori ambientali. Segnali di allarme di un alterato sviluppo psicosociale possono riguardare: ? maggiore irritabilità, disturbi del sonno e dell’alimentazione nei primi 3 mesi ? assenza del sorriso tra 3 e 6 mesi ? assenza di ansia da estraneo tra i 6 e 9 mesi ? mancanza di rapporti sociali tra i 15 e i 18 mesi L’esame del neurosviluppo e psicosociale tradizionale, tuttavia, mostra dei chiari limiti soprattutto prognostici. I suoi risultati si sono talvolta rilevati falsamente negativi, come in alcuni pretermine con leucomalacia periventricolare giunti al termine, o più spesso falsamente positivi, come in neonati a termine asfittici con modesto edema cerebrale. In base a quanto riferito fino ad ora e comprensibile il crescente disinteresse del pediatra verso la semeiotica neurologica clinica del neonato, in favore di tecniche di esplorazione strumentale (EEG, ecografia cerebrale, RMN, TAC). Per superare questa fase e favorire una corretta valutazione dello sviluppo neurocomportamentale del pretermine alle diverse età è necessario introdurre e mettere a punto nuovi approcci di valutazione neurologica di più rapida applicazione e di sicuro valore diagnostico e prognostico. Conclusioni La gestione post-dimmissione del neonato pretermine prevede un’accurata valutazione di peso, lunghezza ed età gestazionale corretti per l’età gestaziobnale fino al 3° anno. L’accrescimento si ottiene attraverso una precisa valutazione dell’apporto calorico e proteico ottenibile tramite l’integrazione del latte materno o in mancanza del latte materno tramite l’utilizzazione di formule adattate per prematuri fino ai 4-6 mesi di età corretta. Lo sviluppo neuromotorio e psicologico deve essere attentamente valutato fin dai primi giorni di vita facendo riferimento alle tappe neuromotorie dello sviluppo corrette per l’età. Di maggiore utilità è la valutazione comportamentale del neonato nella sua globalità senza far riferimento a singoli ritardi o deficit. E’ importante non enfatizzare nei confronti dei genitori le anormalità osservate nei primi 3 mesi dopo la dimissione, in quanto molte di esse sono transitorie come dimostrato dal miglioramento, dal recupero e dalla crescita di molti di essi. Fatta eccezione per un grave disturbo, lo sviluppo cognitivo, dipende anche dall’edeucazione dei genitori, dalla classe sociale e dall’ambiente. La capacità funzionale raggiunta, inoltre, è piu’ importante della diagnosi medica di anormalità. 7 Bibliografia 1 Blackburn S Problem of preterm infants after discharge J Obstet Gynecol Neonatal Nurs 1995 Jan; 24 (1): 43-9 2 Micheli JL, Pfister R, Junod s, Laubscher B, Tolsa JF Water, energy and early postnatal growth in preterm infantsActa Paediatrica 1994; 83 (suppl): 35-42. 3 Schanler RJ, Shulman RJ, Lau C. Feeding strategies for premature infants: beneficial outcomes of feeding fortified human milk versus preterm formula. Pediatrics 1999 Jun; 103 ( 6 Pt 1): 1150-7. 4 Moro GE, Minoli I, Ostrom M, Jacobs JR, Picone TA, Raiha N, Ziegler EE. Fortification of Human milk: evaluation of a novel fortification scheme and a new fortifier. J Pediatr Gastroenterol Nutr 1995; 20: 162-172. 5 Wauben IP, Atkinson SA, Shah JK, Paes B. Growth and body composition of preterm infants: influence of nutrient fortification of mother’s milk in hospital and breastfeeding post-hospital discharge. Acta Paediatr 1998 Jul; 87 (7): 780-785. 6 De Curtis M, RigoJ. Nutrizione e crescita del neonato pretermine: modificazioni della composizione corporea. Develop Physiopathol Clin 1999; 9 (suppl): 41-44 7 Hurst N, Valentine C, Renfro L, et al, Skin to skin holding in the neonatal intensive care influence maternal milk volume J perinatol 1997; 17:217-7 8 De Luca T, Agostino R, Muggia A, Butturini F Il metodo marsupio. Neonatologica 1995; 2: 121-33 9 Fazzi E, Lanzi G, Gerardo A, Ometto A, Orcesi S, Rondini G Neurodevelopment outcomein very low birthweightt infants with or without periventricular haemorrhage and/or leucomalacia. Acta Ped Scand 1992; 81 808 10 Kitchen W, CampbellN, Carse E et al Eight- years outcome in infants with birthweight 500-999 grams: continuing regional study of 1979 and 1980 births. J Pediatr 1991; 118: 761 11 Teplin SV et al Impairments, disabilities and handicaps of very preterm and low birthweight infants at five years of age Lancet 1991; 338:33 8 II PARTE (R.D’ERRICO) NEONATO PRETERMINE, AGA Parleremo di neonato pretermine AGA, ossia di neonato che nasce prima della 37a settimana di età gestazionale con un peso adeguato. Quindi non parleremo di prematuri con ritardo di crescita intrauterino, di peso cioè non adeguato all’EG, che pongono problemi clinici e prognostici ben specifici. Sono quei neonati che andranno incontro più facilmente a patologie neuropsichiatriche (disfunzione cerebrale minima, problemi di linguaggio, di attenzione, di apprendimento scolastico ed handicaps maggiori, quali ritardo mentale, convulsioni, deficit sensoriali, paralisi cerebrali. Benché, quindi, le maggiori attenzioni andranno rivolte al gruppo dei pretermine SGA, anche i pretermine AGA, andranno considerati come NEONATI A RISCHIO DOPO LA DIMISSIONE e meritevoli, quindi, di un accurato follow- up. Nell’ambito di questo gruppo distingueremo, poi, due sottogruppi di prematuri AGA: ? Pretermine con EG < 32w ? Pretermine con EG compresa tra 32-36w Per parlare di peso adeguato all’EG, però dobbiamo, come sempre, quando si parla di auxologia, far riferimento alla relative TABELLE PERCENTILI, che ci permetteranno di inquadrare il prematuro nell’ambito del suo peso, come soggetto a minore o maggiore rischio di mortalità e morbosità a breve, medio e lungo termine. TABELLA 1 – Curva di crescita ponderale intrauterina per nati singoli a sessi unificati (Lubchenco c Coll., Pediatrics 37, 403, 1966 9 Il primo gruppo, pretermine AGA sotto le 32 sett., rappresenta certament e il gruppo di neonati a maggior rischio di mortalità e morbosità e quindi quel gruppo di neonati che riceveranno la maggiore assistenza in TIN e che vedranno molto tardi i Pdf. Il secondo gruppo, AGA sopra le 32 sett., invece, è quello che presenta la più bassa mortalità e morbosità e rappresenta, quindi, quel gruppo di neonati che prima verrà dimesso e affidato alle cure del Pdf. Nel primo gruppo, prematuri AGA al di sotto delle 32 settimane di EG, ci saranno dal 50 all’80% di neonati che avranno avuto bisogno di cure intensive neonatali, soprattutto per problemi respiratori. Questi neonati sono quelli a maggior rischio per sviluppare ulteriori problemi e che necessiteranno di un accurato follow-up: ? Respiratori ? Nutrizionali ? Infettivi (sepsi, osteomieliti e osteoartriti, meningiti) ? Neurologici ? Trasfusionali ? Oculistici ? Uditivi Quella piccola fetta di neonati prematuri sotto le 32 settimane che non hanno avuto bisogno di cure intensive neonatali per problemi respiratori (dal 20 al 50%) saranno probabilmente quelli che lasceranno prima la TIN (problema “posti letto”) e quei neonati prematuri, quindi, che vedranno prima il Pdf. Questi saranno ancora neonati “a rischio” per: ? Sepsi ? NEC ? Anemia ? Infezioni ? Nutrizione Ma il gruppo di neonati prematuri AGA che certamente verrà molto rapidamente affidato alle cure del Pdf è quello che appartiene al gruppo 32-36 settimane, perché quello a più bassa morbosità postconcezionale. E.G.(sett.) Mortalità SR (%)* (%) EIV (%) Morbosità SEPSI ECN( PDA IPOG IPERB Gravi esiti (%) %) (%) (%) (%) neurosensoriali (%) 25-28 ~25 ~80 ~20 ~25 ~8 ~40 ~10 ~70 ~12 29-32 ~10 ~50 ~10 ~15 ~5 ~15 ~5 ~70 ~5 32-34 ~2 ~5 ~3 ~5 ~40 ~1 ~20 ~1 ~5 SR = Sindrome Respiratoria EIV = Emorragia Intraventricolare (III-IV grado) ECN = Enterocolite Necrotizzante PDA = Pervietà asintomatica del Dotto Arterioso IPOG = Ipoglicemia (<25 mg/dl) IPERB = Iperbilirubinemia trattata * Entro 28 giorni 10 TABELLA 2 – Stato attuale della mortalità, morbosità e dei gravi esiti neurosensoriali in pretermine con EG<34w, in centri con buona assistenza ostetrico-neonatologica. – Schwarz Tiene 1993 NECESSITA’ ASSISTENZIALI DEL NATO A RISCHIO DOPO LA DIMISSIONE Le necessità assistenziali del neonato a rischio dopo la dimissione sono molteplici e, sotto il profilo più strettamente medico, ormai abbastanza ben definite. Esse riguardano: la realizzazione di pratiche preventive, il controllo di problemi minori nel corso dello sviluppo, la sorveglianza e l’eventuale terapia di condizioni patologiche già in atto al momento della dimissione e l’accurato controllo sistematico delle situazioni a rischio più elevato di esiti a distanza. PRATICHE PREVENTIVE ? Prevenzione delle malattie infettive ? Prevenzione della SIDS ? Profilassi delle carenze vitaminiche e minerali CONTROLLO DI PROBLEMI MINORI ? Alimentazione ? Accrescimento ? Anemia ? Osteopenia ? Ernie, criptorchidismo, angiomi Non prenderemo in considerazione i punti successivi, perché non rispondono al tema che ci è stato affidato: SORVEGLIANZA/TRATTAMENTO DI CONDIZIONI PATOLOGICHE IN ATTO ALLA DIMISSIONE ? Displasia broncopolmonare ? Retinopatia della prematurità ? Idrocefalo ? Malformazioni ? Problemi neurologici ? Infezioni gravi perinatali CONTROLLO DELLE SITUAZIONI A MAGGIOR RISCHIO DI ESITI A DISTANZA ? Sindrome anossico- ischemica ? Emorragia cerebrale ? ROP cicatriziale ? Peso molto basso ? Alto rischio psicosociale 11 PRATICHE PREVENTIVE PREVENZIONE DELLE MALATTIE INFETTIVE VACCINAZIONI Il sacrificio e l’impegno di Jenner hanno richiesto quasi due secoli, ma l’immunoprofilassi si è dimostrata un’arma potente ed efficace nel tentativo di proteggersi contro gravi malattie contagiose e nel favorirne l’eradicazione. Ecco, quindi, che alla luce della naturale e nota immunocompetenza che caratterizza tutti i neonati, ma a maggior ragione i prematuri, la principale attività preventiva contro l’azione nociva di agenti patogeni verso i quali essi non hanno ricevuto anticorpi passivi dal filtro placentare è senza dubbio la vaccinazione. Questo discorso si fa particolarmente interessante per la Pertosse, se consideriamo che gli anticorpi passivi contro al Bordetella pertussis non proteggono il piccolo neonato dalla malattia, per cui anche nel pretermine sembra giusto anticipare la prima dose del vaccino antipertosse acellulare al secondo mese ovvero dal 40° giorno di vita postnatale. Nei nati da parto prematuro e nei piccoli per la data, l'inizio della vaccinazione deve seguire semplicemente l'età cronologica postnatale, senza ritardare, come veniva consigliato in passato, l'inizio della vaccinazione, a seconda del peso alla nascita o del grado di prematuranza e senza nemmeno ridurre la dose somministrata, come veniva fatto da altri. Anche quei bambini che hanno avuto un'emorragia intracranica o altri eventi neurologici gravi dopo la nascita, debbono seguire, per l'inizio delle vaccinazioni, solo l'età Va tenuto presente che a volte, poiché questi bambini soggiornano in ospedale per qualche mese, in attesa di aver raggiunto un peso sufficiente per poter tornare a casa, ci si può trovare di fronte alla necessità di eseguire le vaccinazioni mentre il bambino è ancora ricoverato. In questo caso è necessario comportarsi in modo diverso a seconda della vaccinazione: -la vaccinazione antipolio per bocca, tipo Sabin, va rimandata fino al momento della dimissione, al fine di evitare la diffusione del virus vaccinico in reparto, magari in neonati piccolissimi nei primi giorni di vita. Il giorno della dimissione, mentre lattante e genitori sono sull'uscio del reparto viene somministrato il vaccino antipolio orale. Questo problema, però, oggi non si pone più da quando il vaccino antipolio inattivato, tipo Salk ha sostituito dal 1° maggio di quest’anno, le prime due dosi di vaccino tipo Sabin; -il vaccino DTPa e il vaccino contro l'Hib vengono usati, anche a lattante ricoverato, secondo l'età cronologica; -nei figli di madre HBsAg positiva verranno usate immunoglobuline specifiche e vaccino contro l'epatite B, entro le prime 12-24 ore dalla nascita. In tutti i casi le dosi impiegate sono quelle previste per i singoli vaccini nella vaccinazione primaria, in uso per i nati con peso normale, come si può osservare dalla tabella; - Poiché la vaccinazione contro l'influenza non viene eseguita prima del 6° mese di vita, per proteggere i pretermine, i piccoli per l'età gestazionale o comunque quelli con malattie croniche gravi, si preferisce vaccinare i conviventi. In effetti è stato visto che le risposte immunologiche alla vaccinazione con anatossine contro la difterite e il tetano sono caratterizzate da un livello anticorpale più basso alla fine della vaccinazione primaria, ma che sono nondimeno sufficienti per la protezione, anche in nati prima della 27° settimana di gestazione. Per il basso rischio di una precoce esposizione verso questi agenti nei paesi industrializzati, questa bassa sieroconversione è difficile che abbia una qualche conseguenza clinica. Lo stesso dicasi per la vaccinazione contro la polio. Per quanto riguarda il vaccino contro l'Hib è stato visto che pur essendo le risposte anticorpali più basse, almeno alle dosi iniziali, la maggior parte dei pretermine può beneficiare della vaccinazione contro l'Hib, quando la prima somministrazione avvenga alla stessa età cronologica dei nati a termine. La risposta dei bambini pretermine alla vaccinazione contro l'epatite B è stata molto studiata: ancora non è stato stabilito quale sia il periodo ottimale per iniziare la vaccinazione contro l'epatite B nei prematuri con peso inferiore ai 2 kg, per i quali sono stati riportati tassi di 12 sieroconversione più bassi che nei nati a termine, soprattutto nei prematuri di peso inferiore a 1.000 g, quando la prima dose sia stata somministrata nel primo mese. Per tale ragione l'Accademia Americana di Pediatria ha suggerito di ritardare la vaccinazione contro l'epatite B nei neonati con peso inferiore ai 2.000 g. Quando la vaccinazione venne ritardata al momento della dimissione dall'ospedale è stata riscontrata una risposta positiva nel 90% dei soggetti, con valori di anticorpi uguali o superiori a 10 mIU/mL. Tuttavia a distanza di 3 anni dalla vaccinazione i pretermine immunizzati hanno mostrato risposte anticorpali simili a quelle dei nati a termine, anche se a un livello lievemente più basso. Nonostante tutte queste conoscenze, tutti i nati da madri HBsAg positive debbono essere sottoposti a profilassi (immunoglobuline e vaccino) non appena possibile dopo la nascita, seguita da controlli immunologici dopo la vaccinazione. E' stato osservato che a distanza di 3 anni dalla vaccinazione, eseguita all'età cronologica, di lattanti, con peso alla nascita inferiore a 1.000 g, il livello anticorpale ottenuto è risultato simile a quello rilevato nei nati a termine, per la maggior parte degli antigeni usati: solo le risposte al vaccino contro l'Hib e al sierotipo 3 del virus polio furono meno intense di quelle notate nei nati a termine. Per il nostro Paese, tutte queste discussioni hanno un valore puramente teorico, perché la nostra legislatura prevede l'inizio della vaccinazione contro l'epatite B al terzo mese, cioè in un periodo che può andar bene anche per i prematuri di più basso peso. Vaccino Età Dose Modalità di somministrazione DTPa 2-3 mesi Piena Può essere somministrata anche al 2° mese Polio OPV 2-3 mesi Piena Può essere usato anche l'IPV Epatite B 2-3 mesi*/** Piena Secondo la schedula 0, 1, 6 mesi Hib 2-3 mesi Piena Serie di 3 dosi più un richiamo Influenza > 6 mesi Mezza dose Prima dei 6 mesi, se necessario, vaccinare i membri della famiglia BCG > 3-9 mesi Piena Se il rischio è basso ritardare la vaccinazione Tabella3. Vaccinazioni di neonati pretermine - Bartolozzi – 2000 (dati in fase di pubblicazione) * Soprattutto se il peso è inferiore ai 2 kg. ** Se si tratta di figli di madre HBsAg positiva, la vaccinazione va eseguita il prima possibile, indipendentemente dal peso Le risposte del pretermine alla vaccinazione alla nascita con BCG sono fortemente ridotte: solo il 32% dimostra una positività alla prova con PPD da 2 a 4 mesi dopo la vaccinazione. Per tale ragione sembra corretto rimandare la vaccinazione con BCG dei neonati pretermine al 3-9 mesi, quando essi si trovino a basso rischio per una precoce esposizione. 13 La vaccinazione contro l'influenza sarebbe molto utile nei pretermine con malattie croniche polmonari, come la displasia broncopolmonare. Tuttavia il vaccino contro l'influenza non può essere somministrato prima del 6° mese, anche perché gli effetti collaterali sembrano essere più imponenti nel lattante di pochi mesi. I vaccini da consigliare al di là del 6 mese sono quelli a subunità. Si può comunque ottenere un discreto effetto preventivo vaccinando i diversi membri della famiglia. Di recente è stato osservato che la vaccinazione nei pretermine si accompagna a un'associazione temporale con la comparsa o l'accentuazione di crisi di apnea. Per questo viene suggerito di eseguire un monitoraggio cardio-respiratorio dei lattanti, nati con peso molto basso, dopo l'immunizzazione, soprattutto con DTPw (a cellule intere). POLIZUMAB Un discorso a parte merita in questo contesto la possibilità, che abbiamo oggi, di proteggere, il neonato a rischio, dal Virus Respiratorio Sinciziale, con la somministrazione mensile del PALIZUMAB (P), un anticorpo monoclonale recentemente introdotto nel commercio. Su Pediatr Infect Dis J 18, 223-31, 1999, è comparsa una “consensus opinion” che indica il P nella profilassi dei bambini in età al di sotto dei due anni che: ? soffrano di malattia polmonare cronica; ? bambini nati fra la 28a e la 32a settimana di gestazione, anche se non hanno malattia polmonare cronica, ma che abbiano almeno 6 mesi all’inizio della stagione del VRS; ? nei bambini nati fra la 32a e la 35a settimana di gestazione, che non abbiano malattia polmonare cronica, ma che abbiano meno di 6 mesi e che abbiano fattori addizionali di rischio, come fratelli in età scolare, famiglie molto numerose, frequenza all’asilo nido, esposizione in casa al fumo di tabacco e nascite multiple. La profilassi non è risultata indicata al momento attuale nei lattanti con malattia congenita di cuore. Il P è un anticorpo monoclonale chierico murino-umano e non va usato nella cura delle malattie da VRS. L’iniezione intramuscolare di Palivizumab, alla dose di 15mg/Kg, è in grado di garantire livelli circolanti efficaci dell’anticorpo per un mese. Verrà quindi somministrato ogni 30gg, per il periodo di massima incidenza dell’infezione, corrispondente a 5 mesi. E’ estremamente ben tollerato e reazioni indesiderate si verificano nell’11% dei casi con febbre, irritabilità e razione locale nel sito di inoculo. La profilassi ha dimostrato di ridurre del 78% le ospedalizzazioni dei prematuri con broncodisplasia e del 39% quella dei prematuri senza broncodisplasia. PREVENZIONE DELLA SIDS Tutti ormai sappiamo che “dormire supini” riduce quasi del 50% l’incidenza di SIDS. Sono ormai trascorsi quasi 10 anni dal lontano 1991, anno in cui fu lanciata la compagna “Back to Sleep” : la posizione supina – supina e non di lato – per il sonno del neonato. Dobbiamo sottolineare, in questa sede, che l’incidenza della SIDS nella popolazione dei pretermine è di circa 5-6 volte superiore rispetto ai neonati a termine (dati forniti dal Centro Regionale per la SIDS dell’Osp.Meyer di Firenze – Prof.Donzelli). Questo dato non giustifica il monitoraggio domicilare di tutti i neonati pretermine, ma certamente è consigliabile effettuarlo nei seguenti casi: ? fratellini successivi di vittime di SIDS; ? bambini con storia clinica di ALTE idiopatico; ? pretermine sintomatico (bambino nato pretermine, che al raggiungimento della 35a settimana di eta' gestazionale, epoca in cui dovrebbe essere avvenuta la maturazione dei centri respiratori bulbari, presenta ancora sporadiche crisi di apnea). Inutile sottolineare l’importanza da dare anche all’inalazione del “fumo passivo”. Come conclude Lancet, in un articolo di Roy Meadow, apparso a gennaio 99: “Dovremmo essere onesti e ammettere che molto non conosciamo della morte improvvisa del lattante; soprattutto 14 dovremmo essere attenti a prevenirla visto che tutti i bambini muoiono improvvisamente, inaspettatamente e così presto”. PROFILASSI DELLE CAR ENZE VITAMINICHE E MINERALI. Anche se da tempo è noto che il pretermine è a rischio di distrurbi della nutrizione, quali anemia, rachitismo e probabile carenza di rame, i fabbisogni vitaminici e minerali non sono ancora stati completamente stabiliti. Il latte umano e le formule speciali per pretermine contengono quantità di vitamine simili o più elevate di quelle raccomandate; tuttavia nel pretermine un supplemento vitaminico è consigliato per vari motivi: a) scarse riserve alla nascita; b) ridotto assorbimento gastrointestinale; c) rapida crescita; d) assunzione giornaliera di scarse quantità di latte nelle prime settimane di vita. Oltre all’impiego di un preparato multivitaminico, numerosi Autori consigliano un ulteriore apporto di vitamine e di alcuni minerali. Acido folico. Anche se gli studi sulla carenza di acido folico nel pretermine hanno fornito risultati controversi, è indubbio che in questi bambini la diminuzione del livello di folati nel siero e nei globuli rossi che si verifica dopo la na scita è più marcata e protratta rispetto a quella del nato a termine. Il fabbisogno di acido folico è attorno a 20-50 mcg/die, generalmente soddisfatto dall’alimentazione: poichè l’acido folico non è contenuto nei preparati multivitaminici, alcuni Autori ne consigliano l’impiego in caso di infezioni, anemia emolitica, diarrea e nei pretermine molto piccoli. Vitamina E. La carenza di vitamina E nel pretermine, aggravata da quantità elevate di ferro e di acidi grassi polinsaturi ne lla dieta, può provocare anemia emolitica, per cui da diversi anni è stato consigliato un apporto di tale vitamina, nell’alimentazione del nato di basso peso, attorno ai 5 mg/die. Gli effetti benefici di dosi molto più elevate nella profilassi della displasia broncopolmonare, della retinopatia e dell’emorragia endocranica del pretermine hanno dato risultati controversi; inoltre, la somministrazione di dosi elevate dì vitamina E non sembra esente da rischi. Un supplemento superiore a quello contenuto nelle formule multivitaminiche non è perciò attualmente consigliabile di routine: eventuali ulteriori apporti nelle prime settimane di vita necessitano di monitoraggio dei livelli ematici. Ferro. L’importanza del ferro nella prevenzione dell’anemia tardiva del pretermine - che si verifica sia per le basse riserve di minerale alla nascita, che per i numerosi prelievi di sangue - è universalmente riconosciuta. Incerta è invece l’epoca di inizio ditale somministrazione: dopo 6-8 settimane di vita (o del raddoppio del peso), per evitare l’anemia emolitica da carenza di vitamina E, come suggeriscono la maggior parte degli Autori, o dopo le prime due settimane, come proposto da altri - ma in tal caso occorre dare un ulteriore supplemento di vitamina E -. Anche sulla quantità e sulla durata della somministrazione di ferro i pareri sono diversi. Sia il latte materno che le formule addizionate con ferro non sono in grado di soddisfare i bisogni di tale minerale nel pretermine in rapida crescita. Generalmente, l’aggiunta di preparati di Fe è consigliata alle dosi di 2-3 mg/kg/die; secondo Siimes, rispettivamente 2,3,4 mg/kg/die in base al peso alla nascita, e cioè: 1500-2000g, 1000- l500g e < l000g. La durata della somministrazione può variare da 6 a 12 mesi, o anche 15 mesi, a seconda del grado di immaturità, del tipo di dieta e della eventuale patologia presentata dal bambino. Calcio, Fosforo e Vitamina D. L’osteopenia del pretermine, che si manifesta con quadri clinici dì entità variabile, talora con un vero e proprio rachitismo, è una condizione morbosa non ancora completamente conosciuta, a etiopatogenesi multifattoriale. Il principale fattore responsabile è determinato dal deficit di Ca, P e vitamina D che si verifica nel nato di basso peso sia per le scarse riserve alla nascita, sia per difficoltà di assorbimento, sia per apporto dietetico insufficiente. Il latte umano e le formule per neonati a termine hanno un contenuto di Ca e P inferiore a quello necessario per una mineralizzazione ossea simile a quella che si verifica nella vita intrauterina. I fabbisogni di Ca e P nel pretermine sono stati calcolati rispettivamente di 220-250 mg/kg/die e 110-125 mg/kg/die, con un rapporto di Ca: P simile a quello del latte umano. L’aggiunta di Ca e P non è generalmente necessaria se si impiegano latti speciali per pretermine e dopo il compimento della 40ma settimana di 15 età postconcezionale. L’AAP raccomanda un apporto giornaliero di 500-600 UI di vitamina D nel pretermine, di 800-1000 UI nei soggetti con peso estremamente basso. Dopo la dimissione, il fabbisogno di vitamina D è di circa 400 UI/die, in aggiunta alla quantità contenuta nel latte e all’esposizione al sole. Dosi più elevate sono consigliate nei bambini con malassorbimento e in quelli che assumo no per diverso tempo farmaci anticonvulsivanti et similia che, agendo da induttori enzimatici, metabolizzano più velocemente la vitamina D. Rame. Il deficit di rame, che si manifesta con anemia ipocromica microcitica e talora neutropenia, è generalmente prevenuto dalle quantità di minerale presenti nel latte materno e nelle formule speciali per pretermine (fabbisogno del pretermine attorno ai 90 ng/Kcal). Un apporto ulteriore potrebbe rendersi necessario in caso di alimentazione parenterale protratta o di diarrea cronica. Zinco. Il pretermine è a rischio di carenza di zinco, sia attraverso perdite fecali, sia per la richiesta elevata ditale minerale nel periodo di rapida crescita postnatale. Il fabbisogno di Zn, calcolato attorno ai 500 ng/Kcal, è ampiamente soddisfatto dalle concentrazioni presenti nei latti speciali per pretermine. La carenza di Zn, che si manifesta tra i 2 e i 6 mesi di vita con dermatite, diarrea, irritabilità e anoressia, può verificarsi in caso di alimentazione parenterale protratta, seguita da alimentazione esclusiva con latte materno. CONTROLLO DI PROBLEMI MINORI ALIMENTAZIONE I nati pretermine dovrebbero essere alimentati con il latte della propria madre o con formule speciali per pretermine, che hanno una composizione di aminoacidi simile a quella del latte umano, concentrazioni adeguate di sali minerali, sostituzione parziale di lipidi con MCT, bassa osmolarità e contenuto calorico più elevato rispetto ai latti ai adattati. In assenza di late materno, l’alimentazione può proseguire con latti adattati come nel nato a termine dopo il raggiungimento di un peso tra i 1800 e 2500 g, o alla dimissione. L’alimentazione del pretermine dopo la dimissione, l’impiego di latti di transizione, le modalità del divezzamento, non sonno al momento attuale standardizzati. Tuttavia nella pratica corrente si procede con le stesse modalità del nato a termine, tenendo però conto dell’età postconcezionale, durante la prima infanzia, nell’introduzione di ogni variazione dietetica. La presenza di coliche e crisi di pianto, che si può manifestare anche nei nati a termine, si protrae più spesso nel pretermine oltre i primi tre me si di vita. Non necessariamente tali sintomi sono correlati all’alimentazione. Il trattamento è difficile: una volta esclusa una causa organica, i ge nitori dovrebbero essere incoraggiati a cercare di interpretare le esigenze del bambino, a tranquillizzarlo cullandolo e parlandogli affettuosamente. Per quanto riguarda il tipo di latte di cui ha bisogno il prematuro non c’è ombra di dubbio che, ancora più degli altri bambini, essi necessitano del latte materno. Il latte ideale per loro è quello della loro madre. Il latte “pretermine” è infatti particolarmente adatto alle necessità dei bambini prematuri poichè contiene più proteine e più fattori antiinfettivi. Per i primi giorni un bambino può non essere in grado di alimentarsi per via orale e può essere necessario alimentano per via endovenosa. L’alimentazione per via orale può cominciare appena il bambino sarà in grado di tollerarla. ? I bambini che hanno un età gestazionale inferiore a 30-32 settimane generalmente hanno bisogno di essere alimentati mediante sonda nasogastrica. Gli si somministrerà del latte spremuto attraverso una sonda. Mentre il piccolo si alimenta, la madre può fargli succhiare le sue dita. Questo probabilmente stimola l’apparato digerente e favorisce l’aumento di peso. ? I bambini con età gestazionale tra 30 e 32 settimane possono essere alimentati con una piccola tazza o con un cucchiaio. Si può provare una o due volte al giorno mentre il bambino è alimentato ancora mediante sonda. Se assume bene il latte con la tazza è possibile ridurre l’alimentazione col 16 sondino. ? I bambini con età gestazionale di circa 32 settimane o più sono in grado di cominciare a succhiare al seno. Si lascerà attaccare il bambino al seno della madre non appena sarò in grado di farlo. All’inizio può solo cercare e leccare il capezzolo, oppure succhiare poco. Continueremo a dargli latte spremuto da una tazza o mediante sondino, per assicurarci che l’apporto di latte sia sufficiente. Quando un bambino comincia a succhiare bene, può fermarsi spesso per riposare. E’ importante lasciarlo al seno, in modo che possa succhiare di nuovo quando è pronto. Andrà offerto prima il seno e poi la tazza, oppure alternate una poppata al seno e una con la tazza. Bisognerà assicurarsi che il bambino succhi in una posizione corretta. Un attaccamento corretto rende possibile la suzione in un’epoca più precoce. Le migliori posizioni per mantenere il bambino al seno sono: — contro il corpo della madre, reggendo il bambino con il braccio opposto al seno dal quale sta succhiando; — nella posizione “a braccia sotto”. In entrambe le posizioni la madre può reggere e controllare la testa del bambino, poiché la tiene vicino ai suo seno ? Dall’età gestazionale di circa 34-36 settimane in avanti, i bambini generalmente riescono ad assumere tutto il latte di cui necessitano direttamente dal seno. Le aggiunte date con la tazza non sono necessarie. Continueremo a seguire i bambini e a pesarli regolarmente per assicurarci che assumano tutto il latte materno di cui necessitano. Perché una tazza è preferibile al biberon Le tazze sono facili da lavare. Le tazze sono meno adatte del biberon da portare fuori (si diminuisce così la possibilità di una contaminazione). Una tazza non può essere lasciata accanto ad un bambino (si evita così la pratica pericolosa di farlo succhiare da solo). La persona che alimenta un bambino con la tazza deve mantenerlo e guardarlo, dandogli così quel contatto di cui ogni bambino ha bisogno. — La tazza non interferisce con la suzione al seno. — — — Come alimentare un neonato con una tazza ? Fate avvicinate una piccola tazza di latte alle labbra del bambino. ? Inclinate la tazza, affinché il latte possa raggiungere le labbra. ? La tazza viene poggiata leggermente sul labbro inferiore del bambino con i bordi che toccano la parte esterna del labbro superiore. ? Al contatto con la tazza, il bambino diventa in genere attento e apre la bocca e gli occhi. ? Un bambino con basso peso alla nascita comincia a prendere il latte con la lingua. ? Un bambino nato a termine o più grande succhia il latte, facendone versare un po’. ? NON FATE VERSATE il latte nella bocca del bambino. Fate tenere invece solo la tazza vicino alle sue labbra e lasciate che beva da solo. ? Quando il bambino ha bevuto abbastanza latte, chiude la bocca e non ne prende più. Se non ne ha assunto la quantità necessaria, può prenderne di più la volta seguente, o può essere alimentato più spesso. ? Fate misurate il latte assunto in 24 ore non quello assunto ad ogni poppata. 17 ACCRESCIMENTO (vedi I parte) ERNIE, CRIPTORCHIDISMO E ANGIOMI Nel nato prematuro la frequenza di ernie inguinali è elevata: tuttavia non c’è accordo sulle modalità di trattamento. Alcuni Autori raccomandano l’intervento chirurgico precoce, prima della dimissione, quando il bambino ha superato il peso di 2200 g, data l’incidenza elevata di incarcerazioni e occlusioni intestinali. Tuttavia altri Autori riferiscono una notevole percentuale di complicanze nei pretermine sottoposti ad anestesia (apnee, arresti cardiaci, broncopolmoniti). La decisione di un intervento chirurgico dovrebbe essere stabilita caso per caso, a seconda delle condizioni cliniche del bambino e della situazione familiare. Le ernie ombelicali sono molto frequenti nel pretermine. L’uso di contenitori non apporta alcun beneficio. L’incarcerazione è estremamente rara e l’intervento, che viene fatto specie per motivi estetici, è indicato dopo i due anni. Il criptorchidismo è più frequente nei nati pretermine. L’intervento di orchidopessia viene raccomandato ne gli Stati Uniti attorno ai 2 anni. Gli emangiomi nei pretermine, specie di sesso femminile, crescono rapidamente nei primi mesi di vita e subiscono in seguito una regressione spontanea più frequentemente rispetto ai nati a termine. L’intervento è indicato solo in una piccola percentuale di casi e deve essere preso in connsiderazione dopo i 5 anni nelle forme statiche. L’indicazione al trattamento con laser non è attualmente ben definita; l’impiego di glucocorticoidi per facilitarne la regressione è attualmente indicato solo in via eccezionale. CALENDARIO DEI CONTROLLI La prima visita dovrebbe essere effettuata 7-10 giorni dopo la dimissione, per valutare se l’adattamento della famiglia alla nuova situazione sta procedendo in modo idoneo, discutere coi genitori e risolvere i numerosi problemi che di solito si trovano a dover affrontare in questa prima fase. Tale momento abitualmente coincide nei pretermine col raggiungimento delle 40 settimane postconcezionali, tappa importante per la valutazione generale, neurocomportamentale e della crescita. Un controllo a così breve distanza dalla dimissione è inoltre indispensabile nei bambini dimessi con esiti respiratori importanti e ne i casi di retinopatia. Per i soggetti ad alto rischio, durante il primo anno di vita sarebbe utile un controllo mensile. Tenendo però presente che un calendario denso di appuntamenti crea disagi alla famiglia e difficilmente può essere rispettato, i controlli successivi debbono essere impastati in modo tale da consentire la verifica e cogliere le anomalie di sviluppo di qualunque tipo, nel momento in cui si manifestano in modo sufficiente a formulare la diagnosi e in tempo utile per un intervento adeguato (età chiave). Sotto questo profilo un calendario ottimale, valido sia per l’individuazione precoce delle forme neurologiche gravi che delle anomalie transitorie, e che permetta contemporaneamente uno studio dettagliato della crescita, degli esiti respiratori, della funzione visiva, uditiva, etc., può essere articolato come segue: NEONATO FRA 34 E 37 W DI ETA' GESTAZIONALE AGA E SANO E’ un neonato che non ha presentato alcuna patologia perinatale e che in genere non necessita di una gestione domiciliare diversa dal neonato a termine AGA. INTERVENTI "DI MINIMA" potranno essere: VALUTAZIONE CLINICA E NEURO-MOTORIA VALUTAZIONE ORGANI DI SENSO: 18 - Udito: valutare la reazione ai rumori (basterebbe anche un campanellino per una valutazione grossolana), in quest'ottica non dimenticarsi dell'importanza dell'intervista ai genitori con il “questionario” e il Boel-test. - Vista: ricerca del riflesso rosso, i riflessi speculari corneali, la fissazione dell'oggetto e l’inseguimento dello stesso entro il terzo mese di vita corretta. ESAMI STRUMENTALI: se non praticati durante la degenza (importante, quindi, la cartella clinica e l'anamnesi, come al solito), faremo eseguire: -) ECO Transfontanellare entro il 3° mese di età corretta. Se normale, tutto OK. Se patologico approfondimento con EEG in poligrafia ed eventuale RMN (tutto in mani esperte, cioé fatte da colleghi abituati "a vedere" prematuri) VISITE SPECIALISTICHE: -) Oculistica: fra il 6° e 9° mese di età corretta, per escludere vizi di rifrazione. Ricordiamo che la Retinopatia del pretermine è una evenienza rara in questo tipo di neonati, ma frequenti i vizi di rifrazione, con strabismi, ambliopie, miopie, visus bassi. Se la valutazione clinica presso l’ambulatorio del Pediatra risulterà sempre nella "norma", in linea di massima questo pretermine non necessiterà di grandi interventi specialistici, soprattutto se la valutazione neurologica e clinica del piccolo non destano sospetti. SVEZZAMENTO e VACCINAZIONI: come nel neonato a termine. NEONATO FRA 34 E 37 W DI ETA' GESTAZIONALE AGA CON PATOLOGIA PERINATALE. E’ un neonato che ha presentato una patologia perinatale di tipo asfittico e/o emorragico, che poi sono le patologie più frequenti, e che necessiterà, quindi, di un follow-up pluri-specialistico: - Neurologico - Fisiatrico/Ortopedico - Oculistico - Otorino La valutazione presso l’ambulatorio del Pediatra dovrà prevedere tutto quanto già visto per lo stesso “sano”, con la richiesta di collaborazione specialistica. NEONATO FRA 32 E 34 W DI ETA' GESTAZIONALE AGA. In genere, sia che sia "sano" che affetto da asfissia e/o distress respiratorio da M.I.P, necessita, dopo la dimissione, di una sorveglianza particolare. E' di fondamentale importanza conoscere le tappe dello sviluppo neuromotorio di un pretermine che vanno rapportate sempre all'età corretta. Se l'esame clinico e neurocomportamentale effettuato (ma bisogna avere moltissima esperienza per la valutazione neurologica di questo tipo di pretermine e, soprattutto, molto tempo a disposizione!) è 19 nella norma, il piccolo potrebbe non necessitare di esami neurostrumentali e/o di visite specialistiche ulteriori. In ogni caso, bisogna prevedere degli interventi specialistici. Dobbiamo comunque sottolineare che difficilmente un tale pretermine non ha praticato, durante la sua degenza, gli esami e le consulenze di seguito descritti, che vanno ripetuti alle tappe indicate (sia se risultati patologici che normali): ESAMI STRUMENTALI: -) ABR: praticato a 4 mesi di età corretta per l'esclusione di sordità di tipo centrale; -) Potenziali Evocati Visivi (PEV) e Potenziali Evocati del Tronco-encefalo (PET): a 4 mesi di età corretta. L'eventuale riscontro di patologia prevede una abilitazione precoce della funzione lesa con interventi di specialisti della riabilitazione visiva (scacchiere, griglie, etc) ed uditiva (protesi); -) ECOENCEFALO (entro il 3° mese e.c.) + EEG -) RMN: in caso di riscontro patologico e su richiesta dello specialista (ORL, Oculista, Neurologo). FOLLOW-UP SPECIALISTICO: -) Oculistico: fra il 6° e 9° mese di età corretta, per escludere vizi di rifrazione. -) Fisiatrico/Ortopedico: almeno 3 controlli fatti a 3, 6 e 9 mesi di età corretta. -) Neuropsichiatrico: ad 1 anno di età corretta SVEZZAMENTO: se non esiste patologia gastrointestinale congenita, in genere di tipo chirurgica, va cominciato tenedo conto dell'età corretta secondo i comuni schemi di alimentazione. VACCINAZIONI: come per il neonato a termine. NEONATO SOTTO LE 32 W DI ETA' GESTAZIONALE AGA. E’ un neonato che necessita sempre di una gestione plurispecialistica: quindi la gestione "domiciliare" diventa impresa molto ardua. In questi casi la migliore condotta è quella della collaborazione strettissima con il Centro di Riferimento per l'attuazione del follow- up clinico-strumentale-riabilitativo e non ultimo psicologico del neonato e dei genitori. Il fine ultimo di questo follow- up è quello di prevedere, per quanto possibile, la comparsa di alterazioni dello sviluppo neuromotorio e comportamentale in modo da effettuare interventi ABILITATIVI (non riabilitativi, perchè la funzione non è ancora comparsa) il più precocemente possibile, in quanto la precocità di intervento è direttamente proporzionale alla riduzione dell'handicap. MODELLO OPERATIVO PER IL FOLLOW-UP AUDIOLOGICO DEI NATI A RISCHIO (Puericultura e Patologia Neonatale, Università di Cagliari). Alla dimissione — Consegna del questionario per lo screening parentale — Lettera informativa al curante A 9 mesi (corretti per l’EG.) — Ritiro e valutazione questionario — BOEL test 20 — Invio dei sospetti al Centro di 20 livello (COR*, ABR**, lmpedenzometria) A 18 mesi — Rivalutazione dei normoudenti col questionario predisposto per questa età In età successiva — Rivalutazione (linguaggio, comportamento) nell’ambito dei controlli neuroevolutivi *Conditioned oriented reflex **Auditory brainstem responses QUESTIONARIO SCREENING UDITO DISTRIBUITO AI GENITORI (Chiappe S. et al., Riv. Ital. Ped., 13, 243, 1987). Nome …………………….… Data di nascita ………… Età Gestazionale ………. BOEL tesi a 9 mesi (corretti nel preterrnine). Primo mese: Se piange e gli parlate si calma?* 2-3 mesi: Sembra che vi ascolti?* Sorride al suono della voce?* Si ferma attento se gli parlate?* Ascolta la musica? 3-4 ………………… ………………… ………………… ………………… mesi: Gira la testa verso i rumori ambientali? 5-6 ………………… ………………… mesi e oltre: Cerca di scoprire la fonte dei suoni? ………………… Gli piace ascoltare la musica? ………………… Gli piace il suono di un campanello o sonaglio? ………………… A quanti mesi ha cominciato a pronunciare qualche sillaba (da-da; ma- ma; ecc.)?……………… A quanti mesi ha cominciato a pronunciare qualche parola (mamma; papà; ecc.)?……………… Pensate che il vostro bambino senta bene’? *Senza farvi vedere NB. — La presente scheda assieme ad un semplice esame che faremo verso i 9 (nove) mesi, mi permetterà di controllare lo sviluppo della funzione uditiva. Vi prego di compilarla rispondendo alle varie voci e di riportarla assieme al bambino. 21 SCHEDA PER IL CONTROLLO DELL’UDITO A 18 MESI (Chiappe S. et al., Neonatologica 3, 235, 1987). 1 — Capisce proibizioni e comandi dati senza farsi vedere? 2 — Individua la provenienza del suono (anche piani vert.)? 3 — Dice qualche parola oltre mamma e papà? 4* — Negli ultimi 3 (6) mesi vi è stata progressione nella produzione del linguaggio? 5* — Ha avuto malattie otolesive (otiti ripetute, parotite, morbillo, meningite, altre)? 6* — Vi sono (stati) in famiglia casi di sordo- mutismo? 7* — Vi sono malformazioni auricolo- faciali? 8 — Ritengono i genitori che il bambino senta bene? * Valutare con particolare attenzione IL RUOLO DEL PDF NEL FOLLOW-UP DEL NEONATO PRETERMINE La gestione del pretermine a rischio dovrebbe avvenire di concerto con un Centro di I livello, inteso come attività integrata in cui il servizio di follow-up ed il curante svolgono ruoli complementari. Da un’indagine condotta negli Stati Uniti per conoscere il parere di pediatri e medici di famiglia sul ruolo del Centro regionale di follow-up è emerso che meno del 10% ritengono che il follow- up debba essere di totale competenza del pediatra- medico di famiglia. I più si esprimono a favore di una gestione da parte del Centro assieme al curante. I dati di una inchiesta condotta con scopi analoghi nel nostro Paese evidenziano un consenso praticamente unanime ad una attività di follow- up integrato. In un’analisi condotta sullo stato e prospettive dei rapporti tra pediatri di base ed Ospedale condotta dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (Veneto), venne così prospettato il possibile rapporto tra il pediatra e le strutture di Patologia neonatale: «Il neonatologo consiglia ai genitori di scegliere il pediatra di base e di mettersi in contatto con lui, anche se il neonato è ricoverato; informa il pediatra del risultato dei controlli periodici multidisciplinari a cui il neonato patolo gico viene sottoposto e concorda eventuali altri interventi. Il pediatra di base, se avvertito, si interessa del neonato già durante il ricovero al Centro di Patologia neonatale, discutendo con il neonatologo le esigenze di futuri controlli e cure e i possibili esiti a distanza; egli può in tal modo fare da tramite tra il Centro e la famiglia ». Competenze primarie del Servizio di follow-up sono l’impostazione generale e l’organizzazione degli interventi multidisciplinari, ma anche la va lutazione e l’assistenza nei casi a più elevato rischio e nei settori dove è richiesta la maggior qua lificazione e specializzazione. Al pediatra che prende in carico il neonato a rischio dopo la dimissione spetta il delicato compito del supporto alla famiglia e del controllo in tempi ravvicinati, indirizzato non solo alla cura della patologia intercorrente e dei problemi persistenti, ma anche alla verifica dell’andamento evolutivo (crescita, alimentazione) e della corretta attuazione delle misure profilattiche impostate alla dimissione e in seguito (supplementazione minerale e vitaminica, vaccinazioni, ecc.). La nuova e crescente popolazione degli ex nati a rischio non trova attualmente facile soluzione ai suoi problemi se il territorio non è stato adeguatamente predisposto a recepirli ed affrontarli. Questi bambini, spesso gravati dal protrarsi di patolo gie di base o di esiti, tanto più frequenti quanto minore è il peso alla nascita, mettono a dura prova chi si occupa di loro. Difficoltà ad alimentarsi e/o scarsa crescita, problemi che non si risolvono «mai» o che si ripropongono in continuazione, profilo comportamentale anomalo, genitori ansiosi e tesi, che esigono continue consultazioni, non sono eventi eccezionali. E comprensibile come pazienti così difficili e poco gratificanti - eppure così bisognosi di assistenza - possano a volte, paradossalmente, finire emarginati e trascurati. In una prima fase sarà perciò necessario dedicare un grande impegno alla graduale preparazione del pediatra di base a compiti che in precedenza solo marginalmente e saltuariamente gli ve nivano 22 richiesti, mentre in prospettiva il servizio di follow- up potrà progressivamente trasferire competenze al curante, fermo restando che sarà sempre necessario l’apporto di entrambi. Nell’ottica comune di un rapporto non conflit tuale ma collaborativo non è difficile evitare la delega di tutti i problemi dall’una all’altra parte, come pure sovrapposizione di compiti, indifferenza, ostilità, che abitualmente si verificano per scarsa conoscenza o sottovalutazione dei rispettivi ruoli, e non fanno che creare confusione ed ulteriore difficoltà in una famiglia a cui occorre proprio il contrario. Succede senz’altro che alcuni sanitari non si interessino di approfondire la storia precedente alla presa in carico del bambino già ricoverato in Patologia neonatale e/o che demandino ogni problema ai neonatologi che eseguono il follow- up, o che, al contrario, ne rifiutino il ruolo nella continuazione delle cure. Se è vero che entrambe le parti debbono essere aperte al dialogo e disponibili, è tuttavia compito precipuo del Centro promuovere la collaborazione, cercando attivamente il coinvolgimento del curante attraverso gli strumenti più efficaci in tal senso, e cioè l’informazione, la comunicazione, la promozione di programmi di aggiornamento. Purtroppo, non è raro che il Centro di Patologia Neonatale si aspetti, semplicemente, una collaborazione, senza preoccuparsi di ricercarla o almeno di favorirla. Non raramente bambini che durante il ricovero hanno avuto una moltitudine di problemi e sono stati sottoposti ad interventi diagnostico terapeutici tra i più sofisticati, vengano poi dimessi con una scheda di dimissione che riporta una diagnosi sintetica, spesso scarna, a volte piena di sigle (RDS, PEG, PPC, DBP, ecc.), familiari ai neonatologi, ma spesso oscure ad altri operatori sanitari: inoltre, le scritte sulla scheda (riportare a controllo il giorno...») se non accompagnate da alcuna comunicazione in merito al programma di follow-up impostato dal Centro, possono essere percepite dal curante come impositive, e creare una comprensibile irritazione, che non e certo il presupposto per una efficace collaborazione. Il curante deve ricevere una informazione chiara e completa: I) sul programma generale messo in atto dal Centro di Patologia Neonatale per la prosecuzio ne delle cure al nato a rischio dopo la dimissio ne, per il quale è prevista e richiesta la partecipazione attiva del curante; 2) sulla diagnosi di dimissione, che deve essere circostanziata, con descrizione degli eventi e degli interventi diagnostico-terapeutici principali eseguiti durante la degenza; 3) sul programma individuale impostato per il caso in oggetto. Da questo punto di vista, la dimissione non può limitarsi ad un atto formale, a volte frettoloso; deve essere al contrario la fase finale di una pianificazione impostata precedentemente, attraverso cui viene programmato un piano di intervento rispondente alle necessità del singolo caso: tale piano deve essere poi adeguatamente comunicato alle persone e alle strutture che si prenderanno successivamente cura del bambino e della famiglia. La comunicazione è di importanza cruciale; l’ideale sarebbe la presenza del curante nel Centro di Patologia neonatale almeno in fase di predimissione, o in subordine il contatto telefonico; il modo più pratico e semplice d’informazione rimane la lettera inviata tramite i genitori. Questa modalità trova il maggior consenso anche da parte dei pediatri/curanti. In merito all’aggiornamento, riunioni e convegni locali e regionali sulle problematiche del na to a rischio sono certamente utili, anche se probabilmente il coinvolgimento del curante nel singolo caso è più incisivo e fruttuoso. Periodici, specifici incontri con i pediatri che seguono dopo la dimissione i bambini a rischio per discutere collegialmente singoli casi possono essere di grande vantaggio, ma bisogna verificarne la fattibilità. Un’inchiesta dell’87 mostrava che solo il 30% dei pediatri che hanno risposto è favo revole a questa modalità di aggiornamento. 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