3. I trattati internazionali? Il caso della CEDU Regno Unito: Human Rights Act (1998) “incorporazione” della CEDU nel diritto nazionale I “public body” non agiscono in maniera contraria alla CEDU Obbligo di interpretazione conforme Se questa non è possibile: “declaration of incompatibility” “So far as it is possible to do so, primary legislation and subordinate legislation must be read and given effect in a way which is compatible with the Convention rights If the court is satisfied that the provision is incompatible with a Convention right, it may make a declaration of that incompatibility. declaration under this section (“a declaration of incompatibility”)— (a) does not affect the validity, continuing operation or enforcement of the provision in respect of which it is given; and (b) is not binding on the parties to the proceedings in which it is made.” Austria: art. 2 l. cost 59 del 1964: costituzionalizzata Francia art. 55 Cost.: Les traités ou accords régulièrement ratifiés ou approuvés ont, dès leur publication, une autorité supérieure à celle des lois, sous réserve, pour chaque accord ou traité, de son application par l'autre partie. Conseil constitutionnel (15 janvier 1975): La superiorità dei trattati sulle legge, prevista dall’art. 55 Cost., ha un carattere “relatif et contingent”. Da un lato essa è limitata al campo d’applicazione del trattato, d’altra parte, essa è subordinata ad una condizione di reciprocità la cui realizzazione può variare secondo il comportamento degli Stati firmatari del trattato ed il momento in cui si deve valutare il rispetto di questa condizione Una legge contraria ad un trattato non è di per sé contraria alla Costituzione Non è compito del Conseil constitutionnel verificare la conformità di una legge alla stipulazione di un trattato internazionale Nell’ordinamento giuridico italiano come “entra” un trattato internazionale nell’ordinamento italiano? Rinvio fisso Rinvio mobile (art. 10 Cost.): L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Trattato: legge di (autorizzazione alla) ratifica Ordine di esecuzione LEGGE 4 AGOSTO 1955, n. 848 Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed il Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. 2. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione e Protocollo suddetti, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore. Il caso della CEDU È una legge ordinaria (quindi derogabile e modificabile)? Sent. 10/1993 (obiter dictum): Alcuni giudici prospettano l'esigenza che nell'ordinamento processuale penale sia introdotta una norma diretta a prescrivere che all'imputato straniero che ignora la lingua italiana siano notificati, anche nella traduzione nella lingua a lui nota, atti del processo penale, dai quali dipendono la conoscenza tempestiva e dettagliata dell'imputazione (decreto di citazione a giudizio dinnanzi al pretore) ovvero l'esercizio di significativi diritti garantiti all'imputato dalle norme di procedura penale (avviso, contenuto nel decreto di citazione a giudizio immediato, concernente la facoltà dell'imputato di richiedere il giudizio abbreviato entro sette giorni dalla notifica del decreto stesso). Il presupposto interpretativo da cui muovono i giudici a quibus consiste nella convinzione che la regola predisposta dall'art. 143, primo comma, c.p.p., relativa al diritto dell'imputato di farsi assistere gratuitamente da un interprete, sia rigorosamente circoscritta agli atti orali Tuttavia, a una considerazione complessiva dell'ordinamento normativo, il presupposto interpretativo appena ricordato non può essere condiviso. Art. 6 CEDU: ogni accusato ha diritto (...) a essere informato, nel più breve spazio di tempo, nella lingua che egli comprende e in maniera dettagliata, della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta". Le norme internazionali appena ricordate sono state introdotte nell'ordinamento italiano con la forza di legge propria degli atti contenenti i relativi ordini di esecuzione e sono tuttora vigenti, non potendo, certo, esser considerate abrogate dalle successive disposizioni del codice di procedura penale(…) perché si tratta di norme derivanti da una fonte riconducibile a una competenza atipica e, come tali, insuscettibili di abrogazione o di modificazione da parte di disposizioni di legge ordinaria. Secondo la sentenza 10/1993: la CEDU è una fonte a competenza atipica si tratta obiter dictum che non ha avuto sguito unanime Riforma titolo V: art. 117: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Una legge contraria alla CEDU va disapplicata? L’eventuale incostituzionalità è valutata in riferimento ai (soli) principi supremi? Sentenze 348 e 349/2007 Legge italiana contraria all’art. 6 CEDU Ricorrente: questione inammissibile - disapplicazione della norma interna Corte: norme comunitarie e CEDU sono due cose diverse Norme CEDU: tutelano e valorizzano i diritti e le libertà fondamentali delle persone ma sono pur sempre norme internazionali pattizie vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell’ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, L’art. 117 distingue i vincoli derivanti dall’«ordinamento comunitario» da quelli riconducibili agli «obblighi internazionali». una differenza non soltanto terminologica, ma anche sostanziale Prima della sua introduzione, l’inserimento delle norme internazionali pattizie nel sistema delle fonti del diritto italiano era affidato alla legge di adattamento: rango di legge ordinaria e quindi potenzialmente modificabile da altre leggi ordinarie successive Anche a voler escludere che il legislatore potesse modificarle o abrogarle a piacimento, in quanto fonti atipiche (secondo quanto affermato nella sentenza n.10 del 1993 di questa Corte, non seguita tuttavia da altre pronunce dello stesso tenore), restava il problema degli effetti giuridici di una possibile disparità di contenuto tra le stesse ed una norma legislativa posteriore. Tale situazione di incertezza ha spinto alcuni giudici comuni a disapplicare direttamente le norme legislative in contrasto con quelle CEDU, quali interpretate dalla Corte di Strasburgo. le norme della CEDU non acquistano la forza delle norme costituzionali e non sono perciò immuni dal controllo di legittimità costituzionale di questa Corte. Proprio perché si tratta di norme che integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello sub-costituzionale, è necessario che esse siano conformi a Costituzione. La particolare natura delle stesse norme, diverse sia da quelle comunitarie sia da quelle concordatarie, fa sì che lo scrutinio di costituzionalità non possa limitarsi alla possibile lesione dei principi e dei diritti fondamentali o dei principi supremi, ma debba estendersi ad ogni profilo di contrasto tra le “norme interposte” e quelle costituzionali. Trattato di Lisbona Articolo 6 (Trattato di Lisbona) (…) 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali Secondo un’interpretazione (ad oggi minoritaria) con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la CEDU diviene direttamente applicabile nell’ordinamento italiano, al pari delle norme comunitarie (nell’ambito della competenza UE?) cfr. due recenti sentenze: TAR Lazio n. 11984/2010 Nella nuova formulazione dell'art. 6, viceversa, secondo il comma 2 "l'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" e, secondo il comma 3, "i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell"uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali". Il riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni al diritto dell'Unione, osserva il Collegio, ha immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione, e quindi nel nostro ordinamento nazionale, in forza del diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi dell’art. 11 della Costituzione, venendo in tal modo in rilevo l’ampia e decennale evoluzione giurisprudenziale che ha, infine, portato all’obbligo, per il giudice nazionale, di interpretare le norme nazionali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell’accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno. Consiglio di Stato 1220/2010 (…) Ciò posto, in questa fase del giudizio la Sezione deve fare applicazione dei principi sulla effettività della tutela giurisdizionale, desumibili dall’articolo 24 della Costituzione e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (divenuti direttamente applicabili nel sistema nazionale, a seguito della modifica dell’art. 6 del Trattato, disposta dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009). Per la pacifica giurisprudenza della Corte di Strasburgo (…), gli artt. 6 e 13 impongono agli Stati di prevedere una giustizia effettiva e non illusoria in base al principio ‘the domestic remedies must be effective’. In base ad un principio applicabile già prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il giudice nazionale deve prevenire la violazione della Convenzione del 1950 (…) con la scelta della soluzione che la rispetti (…). Tale posizione rappresenta ad oggi una corrente minoritaria ampiamente dibattuta, va segnalata però la posizione del Governo italiano nella “Relazione sullo stato di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato italiano per l’anno 2007”: La posizione della Corte Costituzionale non sembra perfettamente compatibile con il nuovo assetto dell’Unione europea delineato dal recente Trattato di Lisbona, ove è stata completata la c.d. comunitarizzazione dei principi CEDU, con il loro inserimento fra quelli dell’Unione europea validi e cogenti erga omnes, laddove con il Trattato di Maastricht quei principi erano stati richiamati con mero valore programmatico nei confronti degli Stati membri. (…) Se il Trattato di Lisbona entrasse in vigore, il disposto dell’articolo 6 testé riprodotto comporterebbe che tutte le norme della Convenzione diverrebbero direttamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri, con il grado e la forza delle norme comunitarie e, cioè, ai sensi dell’articolo 11 della Costituzione (come interpretato proprio dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, passate in rassegna nel capitolo I) e non più quali norme sub-costituzionali ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione