Testi di Andrea Malvano
MARTHA ARGERICH
Nata a Buenos Aires, ha debuttato all’età di cinque anni. Allieva in Europa di
Friedrich Gulda, Nikita Magaloff e Arturo Benedetti Michelangeli, a sedici anni
ha vinto il primo premio al Concorso internazionale di musica di Ginevra e
al Concorso «Busoni» di Bolzano; successivamente ha anche vinto nel 1965 il
Concorso «Chopin» a Varsavia. Amplissima è la sua discografia che include i
principali capolavori della letteratura pianistica realizzati in recital solistici o a
fianco di interpreti di fama internazionale e delle principali orchestre sulla scena
mondiale. Proprio in occasione degli ultimi Grammy Awards a Los Angeles, il
triplo CD pubblicato da EMI Classics contenente una sintesi delle due ultime
edizioni del Progetto «Martha Argerich» ha ricevuto due nominations, mentre
Martha Argerich ha vinto il premio per la «migliore esecuzione solistica con
orchestra» dei Concerti di Beethoven diretti da Claudio Abbado.
GABRIELE BALDOCCI
Nato a Livorno nel 1980, ha iniziato lo studio del pianoforte all’età di sei
anni. Vincitore di numerosi concorsi nazionali ed internazionali, ha iniziato a
tenere concerti dall’età di dieci anni e svolge una intensa attività concertistica
suonando presso importanti centri musicali come, tra gli altri, il Teatro Colòn
di Buenos Aires, Sala Verdi di Milano, Auditorium RTSI di Lugano, Teatro
Ghione di Roma, Palacio des Festivales di Santander, Mozarteum di Salisburgo,
Teatro Goldoni di Livorno, Tonhalle di Zurigo. Nel campo della musica da
camera collabora con artisti di altissimo di livello come Ivry Gitlis, Alexander
Rabinovitch-Barakovsky, Mark Drobinsky, Dora Schwartzberg, Lyda Chen,
Martha Argerich, Marco Fornaciari. Attualmente e docente di pianoforte presso
il Conservatorio Statale di Musica di Potenza. È ambasciatore del progetto
“Martha Argerich Presents Project”.
DANIEL RIVERA
Nato nel 1952 a Rosario, in Argentina, è giunto in Italia nel 1973 con una borsa di
studio ottenuta grazie al Primo Premio «Vincenzo Scaramuzza». Si è perfezionato
con Alessandro Specchi, Ludwig Hoffman e Sergio Lorenzi. Ha partecipato a vari
concorsi internazionali e ha suonato nei maggiori teatri italiani ed esteri. È stato il
primo pianista in Italia, dopo Carlo Vidusso, a eseguire dal vivo la serie completa
degli Studi trascendentali di Liszt, che ha poi inciso per l’etichetta Irco di Buenos
Aires. Ha inoltre inciso la Hammerklaviersonate di Beethoven e Harold en Italie di
Berlioz con Aldo Bennici per Ricordi oltre alla Première Sonate di Boulez dal vivo.
Prossimamente uscirà la sua trascrizione per pianoforte del Sacre du Printemps di
Stravinskij, che è già stata eseguita in Italia e all’estero (in particolare per il Progetto
«Martha Argerich» di Lugano). Insegna all’Istituto di Alta Cultura Musicale «Pietro
Mascagni» di Livorno. È ambasciatore del “Martha Argerich Presents Project”.
BARBARA LUCCINI
Nata a Livorno, si è diplomata con il massimo dei voti presso il Conservatorio
“G. Verdi” di Milano sotto la guida del mezzosoprano Sonia Turchetta.
Ha seguito i corsi di alto perfezionamento di Vincenzo La Scola e di Enzo Dara
presso l’Accademia Verdiana della Fondazione Arturo Toscanini, di Carlo Bergonzi,
presso l’Accademia Verdiana di Busseto e di Alessandra Rossi De Simone a Firenze.
Ha studiato presso l’Accademia Fondazione Teatro alla Scala di Milano con il
mezzosoprano Bianca Maria Casoni diplomandosi con il massimo dei voti.
Artista versatile, ha al suo attivo primi ruoli del repertorio operistico e si dedica da
sempre alla promozione dell’opera contemporanea. È l’unica cantante a ricoprire
il ruolo di Ambasciatore del “Martha Argerich Presents Project” nel mondo.
Stagione 2010/2011
martedì 21 dicembre - ore 20.45 Musica
MISA CRIOLLA Y NAVIDAD
Orquesta Juvenil de la Universidad
Nacional de Tucumán
Coro Costanzo Porta
Emir Saul direttore
Antonio Greco maestro del coro
musiche di Alcorta, Esnaol, Alberti,
Gianneo, Ramirez, Piazzolla, Aguierre
martedì 28 dicembre - ore 21.00 Teatro&
I NOMADI in Concerto
Tour teatrale 2010
venerdì 31 dicembre - ore 18.00 Musica
Concerto di Fine Anno
TRAUMBILDER: SOGNI, VISIONI,
FANTASIE...
Strauss Festival Orchester Wien
Peter Guth direttore e violino solista
Mara Mastalir soprano
Daniel Serafin tenore
domenica 9 gennaio - ore 15.00 e 17.00
A Teatro da Giovanni
IL BRUTTO ANATROCCOLO
regia di Maurizio Bercini
con Elena Gaffuri, Piergiorgio Gallicani,
Claudio Guain
luci di Christian Peuckert
scene di Maurizio Bercini e Serena De Gier
lunedì 10 gennaio - ore 20.45 Musica
Shlomo Mintz violino
Petr Jiřikovsky pianoforte
Ludwig van Beethoven
Sonata n. 3 in mi bemolle maggiore op. 12 n. 3
Sonata n. 7 in do minore op. 30 n. 2
Sonata n. 10 in sol maggiore op. 96
12 -15 gennaio - ore 20.45 Prosa
DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI
liberamente tratto dal romanzo
di Jorge Amado
regia e drammaturgia di Emanuela Giordano
con Caterina Murino, Paolo Calabresi,
Max Malatesta
musiche originali eseguite dal vivo dalla
Bubbez Orchestra
una produzione: Compagnia Mario Chiocchio
lunedì 17 gennaio - ore 20.45 Musica
Orchestra di Padova e del Veneto
Philipp von Steinaecker direttore
Roberto Cominati pianoforte
Manuel de Falla El sombrero de tres picos,
Suite n. 1
Maurice Ravel Concerto in sol
per pianoforte e orchestra
Manuel de Falla Noches en los jardines
de España per pianoforte e orchestra
Maurice Ravel Ma mère l’Oye
una produzione: Teatro delle Briciole - Solares
Fondazione delle Arti
in coproduzione con T.J.P - Centre Dramatique
National di Strasburgo
età consigliata: dai 3 anni
Ad ogni spettacolo potranno accedere al
massimo 80 persone, tra adulti e bambini
Biglietteria on line:
[email protected]
www.teatroudine.it
www.vivaticket.it
Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Via Trento, 4 - 33100 Udine
Tel. 0432 248411
[email protected] - www.teatroudine.it
Prevendite per gli spettacoli
di gennaio dal 20 dicembre
© Studio Patrizia Novajra Ph. Marcello Norberth stampa: Grafiche Filacorda
Viene ancora dalla Francia, invece, l’ultimo brano in programma, Scaramouche
di Milhaud. La pagina nacque per l’Esposizione Universale di Parigi del 1937,
come rielaborazione di vecchie musiche di scena scritte per Le médecin volant di
Molière; e il risultato è un pastiche di idee brillanti, in cui espressioni jazzistiche
e tinte latino-americane si mescolano liberamente in una musica spensierata,
miracolosamente al riparo dalle angosce culturali del suo tempo.
A TEATRO
PER STARE BENE
venerdì 17 dicembre 2010 - ore 20.45
MARTHA ARGERICH & FRIENDS
Martha Argerich
Gabriele Baldocci
Daniel Rivera
Barbara Luccini
pianoforte
pianoforte
pianoforte
soprano
Prima parte
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
«O zittre Nicht» da Die Zauberflöte
Barbara Luccini, Gabriele Baldocci
Seconda parte
Carlos Félix López Buchardo (1881-1948)
Canción del carretero
Barbara Luccini, Martha Argerich
Sergej Rachmaninov (1873 - 1943)
Suite n. 2 op. 17, per due pianoforti
Luis Bacalov (1933)
Astoriando
Martha Argerich, Daniel Rivera
Introduction. Alla marcia
Valse. Presto
Romance. Andantino
Tarantelle. Presto
Gabriele Baldocci, Daniel Rivera
Franz Liszt (1811-1886)
Les Préludes, poema sinfonico
(versione per due pianoforti)
Martha Argerich, Daniel Rivera
Jacques Offenbach (1819-1880)
«Les oiseaux dans la charmille»
da Les contes d’Hoffmann
Barbara Luccini, Gabriele Baldocci,
Daniel Rivera
Hector Rivera (1928-1994)
Canción de cuña per soprano e pianoforte
Barbara Luccini, Daniel Rivera
Maurice Ravel (1875-1937)
La Valse, poema coreografico
(versione per due pianoforti)
Martha Argerich, Gabriele Baldocci
William Bolcom (1938)
Da The Garden of Eden, The Serpent’s Kiss
per due pianoforti
Gabriele Baldocci, Daniel Rivera
Darius Milhaud (1892-1974)
Scaramouche op. 165b
(versione per due pianoforti)
Vif
Modéré
Brazileira
Martha Argerich, Gabriele Baldocci
La storia del repertorio a quattro mani è senza dubbio illustre, sebbene appartata.
Opere come le Danze ungheresi di Brahms o le Danze slave di Dvořák stanno lì a
testimoniarlo. Fu in particolare la Parigi di inizio Novecento, tra gli echi del Caso
Dreyfuss e l’incontenibile ascesa del “revanscismo”, a favorire la diffusione di quella
musica da eseguire rigorosamente in coppia. In quegli anni la nuova borghesia si
rinchiudeva nelle sue preziose dimore per gustare piaceri proibiti alla gente comune;
e il pianoforte a quattro mani era esattamente una di quelle prelibatezze per palati
in cerca di esclusività. I ceti aristocratici del Secondo Impero erano stati allietati per
molto tempo da quella colonna sonora; ma all’inizio del Novecento il privilegio
aveva ormai contagiato le abitazioni della nuova borghesia. I compositori che si
sentivano parte integrante di quella collettività alla disperata ricerca di status symbol,
non potevano certo esimersi da qualche contatto con uno dei repertori più alla
moda lassù, nei piani alti della nuova società. Storico rimane l’episodio avvenuto nel
giugno del 1912: Debussy e Stravinskij nella villa di Louis Laloy, a Bellevue, stretti
sullo sgabello di un vecchio Pleyel, per dar vita alla prima esecuzione semiprivata
del Sacre du printemps.
Il repertorio per due pianoforti rappresentò una sorta di uscita dalla cornice
domestica del vecchio genere a quattro mani. Due strumenti a coda richiedevano una
sala da concerto; e la piena libertà di movimento sulla tastiera dei pianisti (non più
costretti a sgomitare su un solo sgabello) lasciava maggiore spazio all’elaborazione di
una scrittura virtuosistica. Viktor Babin e Vitya Vronsky formarono una coppia di
ferro nella Berlino degli anni Trenta, aprendo la strada a una lunga serie di binomi
storici (Jose Iturbi e Robert Casadesus, o Ossip Gabrilowitsch e Harold Bauer
ad esempio). Martha Argerich, grazie ai suoi friends, raccoglie l’eredità di questa
illustre tradizione musicale; e il suo concerto è un grande omaggio a un repertorio
strumentale che non sempre gode di adeguata visibilità.
La serata prevede anche l’esecuzione di alcune pagine per voce e pianoforte: è il
caso del primo brano in programma, «O zittre Nicht», una delle due furiose arie
cantate dalla Regina nella notte nella Zauberflöte (Il flauto magico) di Mozart. Per la
storia era il 1791, per Mozart era l’ultimo anno di vita, e per la Vienna del tempo,
tutta intrisa di massoneria, quell’opera (tecnicamente un Singspiel articolato in
momenti cantati e recitati) era uno strumento perfetto per raccontare attraverso
la categoria del fiabesco un minuzioso rito di iniziazione. Tamino si innamora di
Pamina e affronta, in compagnia del fedele Papageno, una contorta avventura,
disseminata di prove e tentazioni, per liberare l’amata dalla prigionia di Sarastro.
L’aria in questione giunge proprio nel momento in cui la Regina della Notte,
madre di Pamina, compare per esortare Tamino a proseguire nella sua impresa; ed
è una pagina memorabile, non solo perché spinge all’estremo le possibilità vocali
del soprano, ma anche perché dipinge alla perfezione la violenza interiore di un
personaggio che solo alla fine si scoprirà malvagio e calcolatore.
Con la Suite n. 2 di Rachmaninov ci inoltriamo nel terreno del repertorio per
due pianoforti. L’opera risale al 1901, quando il compositore russo si trovava in
Italia per cercare respiro dall’insuccesso della Prima sinfonia. Gli anni erano quelli
del Secondo concerto per pianoforte e orchestra, vale a dire proprio il periodo
in cui Rachmaninov riusciva nell’impresa di trovare uno stile originale, senza
necessariamente stravolgere le consuetudini della tradizione tardo-romantica.
Quattro brani compongono la suite: l’Introduction sfoggia un temperamento
marziale, capace di sciogliersi in un brulichio di note quando la melodia richiede
un tessuto su cui disegnare i suoi ricami; la Valse lascia emergere i suoi malinconici
squarci lirici tra le mille note di una scrittura minuziosamente caotica; la Romanza
porta in tavola una specialità di casa Rachmaninov, come la meditazione sognante
da immaginare al chiaro di luna; mentre gli echi della cultura italiana si fanno
sentire nella Tarantella conclusiva, tutta ribattuti e melodie da danzare con le
mani sui fianchi.
Con Les Préludes il programma fa un passo indietro nella storia, per affrontare
uno dei grandi modelli seguiti da Rachmaninov, quello di Franz Liszt. Il brano
è noto al grande pubblico soprattutto per la sua versione orchestrale, nata nel
1854 a Weimar, nel pieno della grande stagione dedicata da Liszt al neonato
genere del poema sinfonico. Ma, come accade per quasi tutti i lavori appartenenti
a tale corpus, la partitura fu successivamente trascritta dall’autore anche per due
pianoforti (oltre che per pianoforte a quattro mani). Il titolo fa riferimento a un
componimento poetico di Alphonse de Lamartine (la quindicesima Méditation),
che allude alla pace dei campi; ma in realtà la composizione riprende i temi
utilizzati in un altro lavoro corale, intitolato Les quatre éléments e basato sui versi
del poeta marsigliese Joseph Autrant; pare difatti che l’allusione a Lamartine
sia nata solo a stesura ultimata, su suggerimento della compagna del tempo,
Carolyne von Wittgenstein. Nell’arrangiamento per due pianoforti Les Préludes
impressiona per la sua capacità di materializzare un enorme organico sinfonico;
i temi tratti da Les quatre éléments si fanno largo, ognuno con una fisionomia
scolpita, attraverso episodi che riescono a tirare fuori dai due strumenti sonorità
imprevedibili.
«Les oiseaux dans la charmille» ci riporta al mondo del teatro, e precisamente
all’opéra fantastique di Jacques Offenbach intitolata Les contes d’Hoffmann (1881):
il libretto è ricavato da tre celebri racconti del poeta e musicista romantico
Theodor Amadeus Hoffmann, e l’aria in questione fa parte dell’atto dedicato
alle avventure della bambola meccanica, Olimpia, seducente danzatrice nata dal
lavoro dell’inventore Spallanzani. La pagina è un gioiello di umorismo grottesco,
per la sua scrittura ritmico-melodica fredda come gli ingranaggi di una macchina,
e i per suoi acuti estremi da urlare con voce rigorosamente insensibile.
Nella seconda parte Martha Argerich ci porta per mano a conoscere alcune pagine
della sua terra; ed è difatti l’argentino Carlos Félix López Buchardo l’autore della
Canción del carretero su cui si riapre il programma. Si tratta di un compositore
nato e vissuto a Buenos Aires, ma formatosi nel cuore della cultura europea
targata impressionismo e simbolismo, vale a dire nella Parigi di Debussy e Ravel
(suo maestro fu Albert Roussel). La sua carriera in patria fu davvero decisiva
per la vita musicale locale: Buchardo fondò il Conservatorio di Buenos Aires, la
Scuola d’arte dell’Università de La Plata, e fu direttore del celebre Teatro Colón.
La Canción del carretero fa parte delle Seis canciones argentinas al estilo popular: è
una romanza su testo di Gustavo Caraballo, nella quale un carrettiere, smarrito
sul far della sera, canta con trasporto inequivocabilmente latino il suo dolore per
un amore ormai lontano.
La Valse è una pagina molto celebre nell’arrangiamento per due pianoforti. Ravel la
scrisse parallelamente alla versione orchestrale, oggi presenza immancabile di tutte
le maggiori programmazioni sinfoniche. Gli anni erano quelli immediatamente
successivi alla Prima guerra mondiale (1919-1920), e l’area geografica era quella
Parigi che si era appena tolta la voglia di revanscismo accumulata fin dai tempi di
Bismarck. Cocteau e gli intellettuali del cosiddetto Esprit Nouveau predicavano
un modo per fare arte squisitamente francese, senza necessariamente ricorrere
alle ricercatezze del simbolismo e dell’impressionismo. Ma Ravel, proprio in quel
periodo, sentiva un forte desiderio – forse l’unico della sua vita – di imprecisione:
immagini evanescenti, dai contorni sfuocati come una fotografia scattata in
movimento. La Valse nacque all’insegna di quel pensiero, lasciando che la danza
più elegante di tutti i tempi venisse fagocitata da ritmi e figurazioni caotiche:
come se l’educata natura del valzer si sovrapponesse al mondo disinibito dei
cabarets e di quei locali in cui la musica puzza di sudore e di tabacco.
Ci riporta in Argentina il nome di Hector Rivera, compositore, direttore
d’orchestra, pianista: la sua Canción de cuña, una ninna-nanna in stile popolare,
fu composta nel 1956 su testo di Maria Aguilar proprio per suo figlio Daniel,
allora bambino, e che oggi ne è interprete.
Astoriando rimane nel solco della cultura musicale latino-americana. Ma il suo
autore, Luis Enríquez Bacalov, è stato in realtà un musicista cosmopolita, che
trovò proprio in Italia (dopo aver vissuto in Colombia, in Spagna e a Parigi) la sua
dimensione artistica come raffinato arrangiatore della canzone italiana (frequenti
le sue collaborazioni con Claudio Villa e Milva). Come autore di colonne sonore
ha ottenuto riconoscimenti importanti, primo fra tutto l’Oscar per le musiche
scritte per Il postino. Astoriando è una delle più celebri pagine pianistiche ispirate
al mondo del tango: il ritratto perfetto di una cultura abituata a reagire alla
storia con la danza, compagna onnipresente degli argentini anche nelle periferie
più inospitali. Il titolo evoca il grande artista argentino che ne è dedicatario: il
leggendario re del tango Astor Piazzolla.
The Serpent’s Kiss ci conduce per un attimo nel repertorio statunitense del secondo
Novecento. Il brano fa difatti parte di una raccolta (per uno o due pianoforti),
composta nel 1994 da William Bolcom, che utilizza il vecchio linguaggio del
ragtime per alludere alla vicenda biblica di Adamo ed Eva: ne risulta una pagina
densa di disegni sinuosi - chiara metafora del viscido serpente - arrangiati secondo
quel caratteristico ritmo sincopato che all’inizio del Novecento avrebbe posto le
basi del grande jazz.
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bozza martha argerich.indd - Teatro Nuovo Giovanni da Udine