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Valutazione degli apprendimenti
nella formazione in alternanza
e certificazione delle competenze
Sezione 4
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È inutile nascondersi che la valutazione degli apprendimenti
che conseguono ai percorsi equivalenti della formazione in alternanza
rappresenta l’aspetto più delicato dell’intera partita. Per tante ragioni:
necessità di superare la tradizionale impostazione cognitivista
della valutazione, urgenza di ampliare le competenze valutative
dei docenti rispetto a componenti dell’apprendimento finora
abbastanza estranee ai processi formativi scolastici, riorientamento
degli studenti e delle famiglie verso dimensioni nuove della valutazione,
definizione del ruolo che nella valutazione svolge il tutor aziendale, ecc.
Oltre alla valutazione, c’è poi il problema della certificazione delle
competenze, senza la quale la valutazione non basta a sviluppare
adeguatamente il percorso formativo.
È dunque necessario approfondire le questioni e riflettere sulle
esperienze, anche cercando di capire come ci si muove in ambienti
analoghi. Gli interventi presentati in questa sezione coniugano, infatti,
riflessioni teoriche ed esperienze pratiche nella prospettiva
di un contributo utile a fare maggiore chiarezza.
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Sommario
“Alternando si impara”
Paolo Bianchini, Università di Torino
1. Imparare coniugando teoria e pratica
2. L’apprendimento in alternanza va curato e valutato
3. Fondamentale è il ruolo del docente
4. L’alternanza non è una scorciatoia per il posto di lavoro
“Il sistema di descrizione, accertamento e certificazione delle competenze
della Regione Piemonte”
Sergio Viglierchio, Regione Piemonte
1. Il sistema di descrizione, accertamento e certificazione delle competenze della Regione Piemonte
2. Gli standard formativi nella Regione Piemonte
3. Presupposti sulle competenze
4. Il sistema informativo integrato di descrizione. Accertamento e certificazione delle competenze
della Regione Piemonte
5. Certificazione delle competenze acquisite in un percorso di alternanza scuola–lavoro
“Alcune ipotesi per la valutazione degli apprendimenti in alternanza scuola-lavoro
in un istituto tecnico commerciale”
Danilo Chiabrando, IIS Baldessano Roccati Carmagnola
1. Il contesto normativo di riferimento
2. Un’ipotesi per la valutazione in alternanza
3. Un esempio concreto
4. Alcuni dubbi
“Il consiglio di classe e la valutazione delle esperienze in alternanza”
Luisa Dal Paos, ITIS A. Avogadro Torino
1. Perché valutare le esperienze in alternanza?
2. Che cosa valutare?
3. I problemi
4. Come valutare?
5. I rapporti con il tutor aziendale
6. Quando valutare?
7. Conclusione del percorso: ultima riflessione
t i t o l olibro
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Alternando si impara
Paolo Bianchini (Università di Torino)
1. Imparare coniugando teoria
e pratica
Sono trascorsi quasi centocinquanta anni da
quando, subito dopo l’unificazione dell’Italia,
Pasquale Villari si recò ufficialmente in viaggio in
Germania e nei Paesi scandinavi al fine di carpire
i segreti delle locali scuole professionali. Le indicazioni che egli ne trasse diedero nuovo slancio e
rinsaldarono le motivazioni della neonata istruzione tecnica italiana. Oltre un secolo più tardi,
siamo di nuovo chiamati a sperimentare a scuola
un nuovo connubio tra teoria e pratica per mezzo
dell’alternanza. Allora, è lecito chiedersi se i precedenti tentativi siano stati fallimentari e se sia
utile tentare una diversa modalità di interazione
con il mondo del lavoro.
È innegabile che la scuola italiana, ancora oggi
impregnata di idealismo, che la rende elitista e
strenua sostenitrice dell’astrazione, continua a
dimostrare diffidenza e superiorità nei confronti
della manualità e dell’apprendistato. Del resto è
tutta la cultura italiana – di destra e di sinistra –
a rimanere estranea al mondo del lavoro. Però, è
altrettanto vero che da Villari in poi la scuola italiana di esperienze professionalizzanti ne ha fatte
così tante che la pratica ha ormai piena cittadinanza nel mondo dell’istruzione, anche se esso
resta per molti aspetti il tempio dell’astrazione.
Per sgombrare il campo da equivoci, dichiaro
subito la mia convinzione: non solo è utile, ma
indispensabile provare a strutturare modalità
d’apprendimento per mezzo dell’alternanza e
verificarne seriamente le potenzialità. Tale tentativo è più che mai necessario non tanto perché si
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tratta di un metodo d’insegnamento – e di
apprendimento – in uso già da tempo nei sistemi
scolastici di altri Paesi, ed è dunque probabilmente un metodo valido, ma soprattutto perché
anche in Italia sono cambiati sia gli studenti, sia
il mondo circostante, e la scuola deve necessariamente provare a fare fronte a queste trasformazioni.
Sono cambiati gli studenti, nel senso che
anche quelli delle scuole secondarie sono, per
fortuna, più numerosi, ma per questo sono dotati di bagagli culturali e di capacità cognitive
molto differenti. E poi sono cambiati – e molto –
il nostro sistema produttivo e la nostra società,
nei quali la ricerca di un’occupazione è resa difficile dalla scarsità delle offerte di lavoro e da un
modello di adolescenza che si è prolungato indeterminatamente. Infine, seppur in modo tardivo e
non completamente soddisfacente, sono cambiate anche le leggi che regolano la scuola, prevedendo l’obbligo formativo sino al diciottesimo
anno di età e prescrivendo sin dalle scuole secondarie una più precoce professionalizzazione.
In questo contesto, a che cosa può servire l’alternanza scuola-lavoro? Per capirlo sono convinto che sia necessario fare un passo indietro e rintracciare il significato originario di “imparare in
alternanza”. Anche perché, come spesso accade
nella normativa scolastica italiana, preoccupata
di mettere d’accordo il maggior numero possibile
di componenti politiche e di lasciare spazio a
interpretazioni perlomeno variegate, l’articolo 4
della legge 53/03, che ha introdotto ufficialmente l’alternanza nel sistema formativo, contribuisce a creare confusione.
alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti
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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
Allora è bene precisare che apprendere in
alternanza non significa soltanto sperimentare la
vita lavorativa o apprendere i rudimenti di un
mestiere. E a maggior ragione, non vuol dire cercare un posto di lavoro mentre ancora si frequenta la scuola. L’alternanza non è neppure una
nuova versione dell'apprendistato (che rappresenta una materia contrattualizzata e che costituisce un rapporto di lavoro), né un "sotto-percorso" che potranno intraprendere soltanto gli
studenti della formazione professionale. Si tratta,
invece, di un modo diverso di imparare, di una
modalità di apprendimento che coniuga la teoria
e la pratica all'interno di un percorso formativo
unitario. Come tale, quindi, può essere scelta
anche da chi frequenta un liceo.
Insisto nel ricercare il significato e il valore originario dell’apprendimento in alternanza perché
questo mi sembra l’unico mezzo per evitare di
cadere in un duplice errore: di carattere metodologico, in quanto poniamo le premesse per fare male
il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché alimenta un ideale distorto di scuola e di formazione.
L’errore di carattere metodologico deriva dall’ingenua convinzione secondo cui l’esperienza
lavorativa è sempre e comunque formativa. In
realtà, chiunque abbia monitorato un tirocinio o
un periodo di apprendistato sa bene che il lavoro
in azienda può essere frustrante, oltre che diseducativo. Inoltre, non di rado trasmette insegnamenti e principi apertamente contraddittori
rispetto a quelli trasmessi dalla scuola, e risulta,
quindi, svalutante nei confronti dell’istruzione.
Per questi motivi, non è sufficiente organizzare uno stage per garantire ai nostri studenti un’esperienza davvero arricchente e positiva. Per
essere formativo, l’apprendimento in situazione
deve permettere di imparare dalla pratica, trasmettendo insegnamenti su cui fondare nuove
conoscenze di carattere astratto. Insomma, per
costituire un’esperienza valida dal punto di vista
cognitivo, il lavoro manuale deve portare il
ragazzo a impossessarsi di saperi sia pratici, sia
teorici, nonché a sentire il bisogno di ricercarne
di nuovi.
2. L’apprendimento in alternanza
va curato e valutato
Ciò non solo significa che il tirocinio deve essere
progettato alla luce di obiettivi e strumenti
cognitivi ben precisi, ma vuol dire anche che la
scuola deve modulare i suoi programmi in funzione di quanto viene appreso attraverso il lavoro.
Alternanza vuol dire proprio che teoria e pratica
devono essere pensate e organizzate come due
momenti interdipendenti dell’agire formativo.
Altrimenti non si vede quale differenza esista con
il modo tradizionale di organizzare gli stage e i
tirocini in azienda, e si fa dell’alternanza uno slogan. Il rischio opposto è quello di perpetuare un
ideale di istruzione radicatissimo nella scuola italiana, ma ormai del tutto superato, secondo cui
l’unica vera forma di apprendimento è quella che
passa attraverso l’astrazione.
In realtà, l’essere umano è concepito per utilizzare tutte le sue facoltà cognitive nel momento in cui esplora il mondo. Anzi, per natura, le
prime che impara ad utilizzare sono quelle sensoriali, legate all’azione, le quali gli permettono di
imparare mentre agisce. Alcuni individui restano
più legati all’apprendimento empirico e hanno
maggiori difficoltà a imparare in astratto. Altri,
invece, crescendo, acquisiscono familiarità con
l’astrazione, eleggendola a modalità suprema di
conoscenza. Questi ultimi normalmente traggono
maggior profitto dalla scuola, la quale è basata
perlopiù su insegnamenti teorici.
Per questi motivi, impostare la formazione in
maniera esclusiva solo su una delle due modalità
dell’apprendimento, la teoria o la prassi, limita lo
sviluppo delle facoltà dell’individuo. Alternare le
due fasi della conoscenza può, quindi, contribuire a garantire un più pieno sviluppo delle facoltà
cognitive dei ragazzi e a permettere una maggiore consapevolezza dei loro mezzi.
È chiaro che, dovendo soddisfare aspettative
così elevate, l’apprendimento in alternanza non
può essere improvvisato, ma va, invece, strutturato in entrambe le sue fasi. In caso contrario, il
suo destino è segnato: alle grandi aspettative iniziali degli studenti e dei tutor aziendali, seguono
le difficoltà derivanti dalla sperimentazione di un
contesto nuovo e spesso ostile, oltre che dalla
routine, che costituisce l’aspetto più difficile da
gestire nell’esperienza lavorativa. L’esito sarà, nel
migliore dei casi, un giudizio negativo dell’esperienza, se non l’abbandono anticipato del posto
di lavoro.
Non esiste ancora – e probabilmente non esisterà mai – un unico modello di apprendimento
in alternanza. Le esperienze sino ad ora condot-
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te in Italia e all’estero dimostrano, però, che
alcune strategie formative possono aumentare le
possibilità di successo e prevenire rovinosi fallimenti. In partenza, è indispensabile valutare
approfonditamente tanto gli studenti, quanto le
aziende, al fine di delineare con realismo gli
obiettivi e i metodi dell’esperienza.
In questo senso può risultare utile operare un
bilancio delle competenze dei ragazzi, sia di
quelle profonde, come le motivazioni, le caratteristiche fisiche e psichiche impiegabili nel lavoro,
l’immagine di sé e del mondo, sia di quelle superficiali, ovvero le conoscenze e le skills. Ma è
altrettanto necessario esaminare le situazioni di
lavoro in cui essi andranno ad operare, appurando
che prevedano mansioni congrue con le capacità
dei tirocinanti e utili per la loro crescita professionale, oltre al fatto che introducano i tirocinanti in
contesti umani e ambientali positivi.
Sempre nella fase di avvio della formazione in
alternanza può essere d’aiuto definire con precisione le regole e le modalità di lavoro sia con gli
studenti, sia con le imprese. Con i primi risulta
spesso fruttuoso sottoscrivere un patto formativo,
in cui, dopo avere acquisito consapevolezza del
proprio bagaglio professionale e culturale, si fissano tempi, modi e finalità del tirocinio. Le aziende,
invece, vanno sensibilizzate e coinvolte nel creare
condizioni facilitanti e realmente arricchenti per i
ragazzi, oltre che potenzialmente capaci di formare personale qualificato e affidabile.
3. Fondamentale è il ruolo
del docente
Determinante è poi la gestione dell’alternanza,
la quale dipende in larga misura dalla qualità del
tutoraggio. Il ruolo dell’insegnante è fondamentale sia nelle lezioni scolastiche, sia nella
conduzione delle relazioni con le imprese. È,
infatti, compito del docente strutturare rientri in
formazione in cui vengono ripresi, approfonditi
e chiariti gli apprendimenti conseguiti in azienda. Perché questo sia possibile è necessario che
egli sia a conoscenza di ciò che lo studente ha
fatto, aiutandolo a “smontare” le singole mansioni, per cogliere quanto di nuovo ha dovuto –
o avrebbe dovuto - apprendere al fine di portarle a compimento.
Per poter davvero riflettere sulle attività svolte in pratica non è sufficiente il colloquio con il
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tirocinante. Sin dall’inizio dell’alternanza, è
necessario preventivare incontri periodici con il
tutor aziendale, volti non solo a verificare l’andamento dell’esperienza (comportamento, assiduità, impegno, ecc.), ma soprattutto a ricostruire le azioni compiute e a progettarne di nuove. In
questo senso, è chiaro che il tutor aziendale va
individuato non in un responsabile formale, ma
nella persona a cui viene quotidianamente affidato il ragazzo.
Anche la fine del periodo di alternanza ha un
grande valore formativo: non si può parlare di
un’esperienza realmente formativa senza una
valutazione basata sul confronto tra le competenze possedute all’inizio e quelle acquisite
durante il tirocinio, oltre che con quelle che
erano state preventivate. O, perlomeno, il valore
dello stage viene fortemente compromesso.
4. L’alternanza non è una
scorciatoia per il posto di lavoro
Veniamo adesso finalmente all’errore di carattere
culturale. Esso deriva da un ideale di alternanza
in cui l’esperienza lavorativa viene concepita
come il momento più importante dell’intero percorso formativo, sia per i suoi contenuti professionalizzanti, sia in quanto imperdibile occasione
per trovare un’occupazione.
Sulla necessità di attribuire pari dignità alla
teoria e alla prassi nell’ambito dell’istruzione ho
già insistito abbastanza e non credo sia il caso di
spendere altre parole. Invece, vorrei soffermarmi
sugli effetti di una formazione sbilanciata verso la
ricerca di un posto di lavoro. Esistono corsi di formazione in cui l’assunzione da parte dell’azienda
in cui si è stati accolti in stage è l’obiettivo esplicito per docenti e alunni. Si tratta comunemente
di percorsi formativi rivolti ad adulti o a giovani
non più in età scolare, per i quali il reperimento
di un’occupazione è una priorità. In quei casi è
giusto e normale che l’attenzione sia rivolta principalmente al lavoro in impresa.
Ma, a mio avviso, anche all’interno di formazioni apertamente rivolte alla ricerca di un impiego non è inutile sottolineare l’importanza dei
rientri a scuola e dell’apprendimento teorico. Lo
stage può, infatti, concludersi senza assunzione
e l’intera esperienza rischia di venire giudicata
negativamente dall’allievo, il quale perde o sottostima ciò che ha appreso.
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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
Il discorso diventa ancora più delicato quando si parla di scuola secondaria o superiore. In
un sistema economico e produttivo in cui si è
costretti a cambiare sempre più frequentemente non solo posto di lavoro, ma addirittura settore d’impiego, e in cui l’età di pensionamento
continua ad essere innalzata, una professionalizzazione precoce rischia di risultare controproducente. A differenza di quanto poteva
avvenire sino a qualche decennio fa, per un
giovane può essere utile non tanto farsi assumere al più presto, quanto piuttosto apprende-
re ad imparare un mestiere, a qualificarsi e a riqualificarsi, insomma a muoversi il più agevolmente e felicemente possibile nel mercato del
lavoro.
Questi risultati possono essere ottenuti
facendo della formazione in alternanza un’occasione per dotarsi di competenze teoriche e
pratiche trasversali, ma soprattutto trasformandola in un percorso di crescita personale, prima
che professionale, volto a rendere l’individuo
più consapevole dei propri mezzi e, magari, un
po’ più fiducioso nei confronti del futuro.
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Il sistema di descrizione, accertamento
e certificazione delle competenze
della Regione Piemonte
Sergio Viglierchio (Regione Piemonte)
1. Il sistema di descrizione,
accertamento e certificazione
delle competenze
della Regione Piemonte
Gli orientamenti comunitari e l’attuale contesto
normativo pongono al centro delle politiche la
persona, con tutte le sue esigenze, i suoi bisogni
emergenti e la necessità di sviluppare/aggiornare nel tempo le competenze necessarie a poter
agire in un contesto socio-economico flessibile e
in continua evoluzione. Attorno ad essa devono
ruotare, in un’ottica di integrazione, le politiche
dell’istruzione e della formazione professionale,
unitamente alle politiche per il lavoro e alle politiche sociali.
Il nuovo processo delineato necessita di una
trasformazione dei metodi tradizionali di educazione, ormai inadeguati a fornire alle persone le
competenze e conoscenze di cui hanno bisogno
(qualità pedagogica che pone la persona al centro dell’attenzione educativa e qualità didattica
fondata sull’orientamento alle competenze, sull’apprendere attraverso il fare, su un sistema di
valutazione che guidi la strategia di apprendimento, sulla personalizzazione dei percorsi di
istruzione e di formazione).
Descrivere e certificare per competenze diviene fondamentale per una formazione flessibile
lungo tutto l'arco della vita, per permettere al
lavoratore ed allo studente di capitalizzare le proprie competenze, per consentire ai datori di lavoro una lettura trasparente dei curriculum.
Per garantire effettivamente il passaggio fra i
sistemi nella formazione lungo tutto l’arco della
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vita è necessario parlare di “un sistema per competenze”, trasversale ai diversi sistemi, che utilizzi uno stesso linguaggio per la descrizione degli
standard, la certificazione e la registrazione, in
relazione ai quali strutturare l’analisi dei fabbisogni professionali e formativi, la progettazione e
l’erogazione dell’offerta formativa.
Si avverte pertanto la necessità di un sistema
nazionale di standard e di certificazione per assicurare il diritto degli studenti e dei lavoratori al
riconoscimento delle competenze acquisite nei
diversi contesti di studio e di lavoro, in ambito
regionale, nazionale e, in prospettiva, europeo.
Tale riconoscimento sta alla base del diritto alla
formazione permanente, che presuppone,
appunto, il riconoscimento dei crediti formativi
ovunque acquisiti e la capitalizzazione delle competenze, da certificare nel libretto formativo.
Il passaggio concettuale della certificazione
delle competenze acquisite e del riconoscimento
dei crediti fa diventare effettivo e praticabile
questo nuovo processo rendendo “certe”, ossia
definite, classificate e riconosciute in maniera e
con linguaggio condiviso tra tutti i sistemi, le
competenze acquisite dalla persona nei vari processi d’apprendimento, nello stesso tempo rendendo flessibili e permeabili i vari sistemi di istruzione, formazione e lavoro.
In questo modo la questione della certificazione delle competenze diviene l’anello fondamentale di tutto il processo, non intesa solo e semplicemente come strumento metodologico, bensì
come un “sistema” di relazioni, accordi, intese
per la costruzione di un linguaggio condiviso e
trasversale ai vari Sistemi.
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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
Per questo motivo nella nuova D.G.R. della
Regione Piemonte (DGR n.152-3672 del
02/08/2006), nel Titolo I – Principi e campo di
applicazione, all’articolo 1 – Principi generali,
viene riportato:
In piena sintonia con le Raccomandazioni UE
sulla mobilità dei cittadini e sulla trasparenza
delle certificazioni, i principi su cui si basa la
presente deliberazione sono:
a. il diritto della persona in qualunque contesto al riconoscimento e valorizzazione delle
proprie competenze ovunque acquisite e il
conseguente dovere dei sistemi e delle istituzioni a garantire tale diritto, salvaguardando l’unitarietà della persona
b. tale diritto è garantito dalla trasparenza
delle certificazioni (cfr. la Decisione
n.2241/2004/CE del Parlamento Europeo e
del Consiglio del 15 dicembre 2004, relativa
ad un quadro comunitario unico per la trasparenza delle competenze e delle qualifiche
- Europass), trasparenza intesa come chiarezza nelle medesime nel dettagliare le
competenze acquisite dalla persona, in
modo che tali competenze siano leggibili,
riconoscibili e messe in valore da tutti i siste mi (formazione, istruzione, lavoro) in cui la
persona medesima transita.
Con le nuove disposizioni regionali si esce da
un periodo di sperimentazione e di frammentarietà dei provvedimenti, riunendo in una visione
di sistema tutte le componenti riguardanti le
figure e i profili professionali, le qualifiche, la
descrizione e certificazione dei profili professionali per competenze, sino alla compilazione del
libretto formativo del cittadino, creando un sistema regionale organico e riconoscibile e in piena
sintonia con l'evoluzione a livello nazionale.
Purtroppo in Italia non esistono repertori completi né di competenze, né di profili professionali, ma solo repertori parziali.
La Regione Piemonte, come affermato nell’art.
3 del Titolo I della DGR summenzionata “coordina la propria azione con quelle in atto da parte
delle altre regioni all’interno del progetto interregionale ‘Descrizione e certificazione dei profili
per competenze e famiglie professionali’, progetto di cui la Regione Piemonte è capofila. Tali
azioni sono complessivamente rivolte alla definizione di princìpi e standard di architettura comuni, al fine di garantire la riconoscibilità , la certi-
ficabilità e la trasferibilità delle competenze acquisite e possedute dal singolo individuo nell’ambito
dei diversi sottosistemi, su tutto il territorio nazionale e, in prospettiva, europeo.”. Lo scopo è quello di costruire dei repertori di standard minimi condivisi a livello nazionale e declinabili a livello regionale a seconda delle specificità locali.
2. Gli standard formativi
nella Regione Piemonte
La nuova DGR n.152-3672 del 02/08/2006
ridefinisce tutta la disciplina riguardante gli
Standard Formativi della Regione Piemonte, cioè
quell’insieme di regole che governano la descrizione delle qualifiche in esito ai percorsi di formazione professionale, le modalità didattiche di
erogazione dei corsi, i requisiti di accesso e le
modalità di certificazione delle competenze e di
riconoscimento dei crediti formativi, in funzione
delle trasformazioni in atto e della costruzione
del sistema nazionale di descrizione delle figure e
dei profili professionali per competenze.
“Gli standard formativi costituiscono il riferimento metodologico per sviluppare flessibilità ed
adattabilità all’interno di regole certe che favoriscano la capitalizzazione dell’esperienza formativa, la sua riconoscibilità nel tempo e il suo successivo sviluppo nell’ottica di formazione lungo
tutto l’arco della vita.” (Punto 1.2 dell’allegato A
alla Delibera).
Il Sistema regionale della Formazione
Professionale prevede la costruzione e l’aggiornamento di repertori in condivisione con gli altri
sistemi del lavoro e dell’istruzione:
● repertori delle competenze e delle attività,
declinate in capacità e azioni;
● repertorio delle professioni, come insieme di
competenze riferite a specifici processi lavorativi, integrato con l’auspicato repertorio nazionale, contenente gli standard professionali minimi;
● repertorio dei profili formativi contenenti gli
standard formativi, cioè la descrizione dei
“requisiti, in termini di processo relativi a percorsi formativi formali finalizzati al conseguimento di competenze proprie di profili/figure/aree professionali”, suddivisi in profili professionali di riferimento e in obiettivi formativi.
I profili formativi prevedono qualifiche, specializzazioni, eventualmente specificate e/o differenziate in indirizzi, e frequenze.
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Le qualifiche e le specializzazioni vengono
suddivise in quattro categorie:
● standard
● standard valicate dalle parti sociali e/o in
● rapporti interistituzionali
● in osservazione
● nuove e/o sperimentali
La definizione e l’aggiornamento costante
degli standard formativi avviene garantendo il
coinvolgimento dei soggetti istituzionali e sociali
interessati al processo.
L’operatività è garantita dalle commissioni tecniche afferenti il Settore Standard Formativi della
Regione Piemonte (allegato B della DGR).
I Profili formativi Standard, descritti per
Competenze e Attività, sono attualmente 138,
quelli in Osservazione sono 53, quelli Nuovi, prodotti dagli Enti di formazione per proporre nuovi
percorsi aderenti alle realtà territoriali in risposta
ai bandi, sono 5185.
3. Presupposti sulle competenze
Il formato descrittivo delle competenze scelto
dalla Regione Piemonte si basa sull’individuazione di una serie di requisiti:
Competenza come oggetto linguistico, e in quanto tale negoziabile
È un "oggetto linguistico", in quanto creato da
noi umani per descrivere un insieme. È “negoziabile”, nel senso che sono negoziabili il suo significato ed i suoi attributi, è negoziabile il concordare cosa essa "veramente" sia.
Competenza come oggetto complesso
Qualsiasi teoria sulla competenza la descrive
come un mix di capacità, saperi, strategie valori,
abilità, ecc.
La competenza è sia contestuale che trasferibile
La competenza è contestuale, nasce, cresce e
si evolve applicata a un contesto:
● si apprende in un contesto;
● si applica in un contesto;
● si aggiorna costantemente in un contesto.
La competenza si apprende in un contesto, ma
il "nocciolo duro" (il meta-apprendimento) è trasferibile e il meta-apprendimento è una componente fondamentale della competenza in quanto
oggetto complesso.
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●
●
●
utilizzabile in un altro contesto;
ricontestualizzabile;
tale da consentire scambi tra contesti diversi.
La trasferibilità della competenza (o meglio del
meta-apprendimento sotteso)
È fondamentale per il passaggio fra i sistemi,
ed è fondamentale per capire l'impostazione
delle prove di passaggio.
La competenza è ciò che resta in maniera permanente dopo un percorso di vita o di istruzione
o di formazione o di lavoro, ma la competenza è
altra cosa dal percorso fatto per acquisirla.
Il confronto dunque non è sui percorsi (che
sono “occasione” di apprendimento), ma su
“cosa” e “come” si verificano le competenze.
La competenza è un oggetto che permane nella
"memoria lunga”
Concetti che ci permettono di leggere, informarci, collegare i dati, interpretarli: queste sono
le competenze che permangono nella memoria
lunga, mentre le nozioni, che sono state l"'occasione" di apprendimento, si dissolvono, anche se
resta la capacità di reperirle.
Dunque la competenza, in quanto metaapprendimento, è ciò che permane nel tempo,
mentre il dato contestuale, in quanto presente
nella memoria immediata, svanisce.
La competenza è un oggetto declinabile su diversi livelli
Il tema "performance" introduce, anche se non
esaurisce, l'argomento dei livelli. Posso infatti
agire una competenza con diversi livelli di performance, che possono derivare:
● dall'intensità con cui riesco ad agire quella
competenza;
● dal collegamento di quella competenza con
altre competenze.
La competenza ha un valore d'uso (in termini di
spendibilità professionale) strettamente legato
alle attività
Le attività connotano le azioni che una persona deve concretamente compiere, quelle che un
osservatore esterno può vedere, denotano il prodotto (rispondono alla domanda “cosa fa?”),
mentre la competenza connota il processo interno che la persona mette in atto per raggiungere
quel prodotto, processo che attinge a risorse,
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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
strategie, saperi, (rispondono alla domanda
“Come fa a fare quello che fa?”). L’attività è il
prodotto visto da un osservatore esterno, la competenza è "il film" che la persona "gira" mentalmente, il processo che mette in atto.
Lo schema di riferimento scelto per coniugare
un profilo professionale è costituito dalla scheda
“matrice” che permette di correlare tra loro attività e competenze, favorendo la personalizzazione dei percorsi formativi.
4. Il sistema informativo integrato
di descrizione. Accertamento
e certificazione delle competenze
della Regione Piemonte
Per rendere effettivamente praticabile la descrizione, l’accertamento e la certificazione delle
competenze acquisite la Regione Piemonte ha
predisposto un Sistema Informativo articolato in
componenti in base ai vari livelli di dominio,
interconnesse tra loro.
● Il Sistema “Collegamenti” contenente profili
professionali e formativi descritti per competenze, gli obiettivi formativi, i repertori di
competenze e attività, le attività di validazione e monitoraggio delle attività di definizione
di profili e/o obiettivi, la progettazione dei
percorsi formativi, le prove di valutazione, la
gestione di tutte le attività di
comparazione/confronto tra profili professionali e profili formativi individuali.
● LIBRA, che costituisce il sistema amministrativo
per la gestione della formazione professionale.
● S.INF.O.D. che costituisce il sistema di filtro ed
interfaccia tra Collegamenti e LIBRA, per la
presentazione e valutazione dei progetti sui
bandi, per l’orientamento e per la certificazione finale.
● Il MOTORE COMPETENZE, cioè l’applicazione
basata sull’interazione dei tre sistemi, che
consente la ricostruzione di tutte le competenze certificate e possedute, la loro correlazione con le qualifiche presenti sul sistema.
Costituisce la base del Libretto Formativo del
cittadino.
Per quanto riguarda la certificazione, il Sistema
informativo integrato consente:
● di certificare l'intero percorso ad esito finale
positivo (qualifica o specializzazione) per
competenze e attività;
di certificare solo le competenze e/o capacità
o la padronanza di attività e/o azioni acquisite, sia in caso di intero percorso in cui l'esito di
qualifica non sia positivo, sia in caso di abbandoni, sia in caso di accertamento in ingresso;
● di certificare le attività o la padronanza di alcune azioni all'interno delle attività; con l’indubbia utilità, all'interno di percorsi per il disagio, di
consentire sempre e comunque di attestare una
qualche padronanza, e innestare una logica di
utilizzo positivo della valutazione, in un'ottica
di conferma e rimotivazione del soggetto;
● di certificare con le stesse modalità le competenze apprese in percorsi formali e non formali, i crediti e i passaggi fra i sistemi, di registrare in un apposito database regionale informatizzato le certificazioni e/o competenze acquisite, costituendo la base per il libretto formativo del cittadino.
La nuova DGR al Titolo IV definisce con precisione le tipologie, i soggetti, le procedure e i
dispositivi di certificazione delle competenze
adottati dalla Regione Piemonte, uscendo da
un’ottica di sperimentazione e frammentarietà
dei provvedimenti.
●
5. Certificazione delle competenze
acquisite in un percorso
di alternanza scuola–lavoro
L’articolo 6 del D.L. n° 77 del 15/04/2005,
"Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4
della legge 28 marzo 2003, n. 53", prevede la
valutazione, certificazione e riconoscimento delle
competenze acquisite nei percorsi in “alternanza”. Tale certificazione costituisce crediti per il
proseguimento del percorso scolastico o formativo e per gli eventuali passaggi tra i sistemi.
Nel protocollo d’intesa tra Ufficio Scolastico
Regionale, Regione Piemonte, UPP, ANCI,
Unioncamere, Confindustria, città di Torino, provincia di Torino, sulla progettazione, attuazione e
valutazione di modelli sperimentali di alternanza
scuola-lavoro, l’obiettivo diviene quello di fornire ai giovani studenti piemontesi una nuova
modalità per acquisire competenze, attraverso un
percorso formativo flessibile e integrato tra educazione formale e esperienza lavorativa.
L’esperienza in azienda va progettata, gestita,
controllata, monitorata e valutata nel quadro
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degli obiettivi curricolari dei diversi percorsi.
L’alternanza costituisce così un veicolo di integrazione, su un versante dove la lunga esperienza
accumulata in materia dalle Agenzie Formative in
Regione Piemonte assume un rilievo primario,
connotandosi già, a pieno titolo, come parte integrante dei percorsi formativi.
In particolare, all’articolo 3 del protocollo d’intesa, la Regione Piemonte si impegna a mettere a
disposizione il proprio sistema di certificazione
delle competenze affinché le competenze acquisi-
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te durante i percorsi in alternanza possano costituire crediti sia per la prosecuzione del percorso
scolastico o formativo sia per gli eventuali passaggi tra i sistemi.
Occorre dunque attivare le procedure, concordate tra tutte le istituzioni che fanno parte dell’intesa sull’alternanza a livello regionale, per la definizione di una griglia di competenze da inserire
nella progettazione dei percorsi in azienda su cui
costruire il monitoraggio, la valutazione e la certificazione delle competenze acquisite.
alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti
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Alcune ipotesi per la valutazione degli
apprendimenti in alternanza scuola-lavoro
in un istituto tecnico commerciale
Danilo Chiabrando (IIS Baldessano Roccati, Carmagnola)
1. Il contesto normativo
di riferimento
L’art. 6 del d.lgs. 15.04.2005, n. 77 , in materia di
valutazione, certificazione e riconoscimento dei
crediti dispone quanto segue:
1. i percorsi in alternanza sono oggetto di verifica
e valutazione da parte dell’istituzione scolastica
o formativa;
2. fermo restando quanto disposto dall’art. 4 della
l. 28.03.2003, n. 53, e dalle norme vigenti in
materia, l’istituzione scolastica o formativa,
tenuto conto delle indicazioni fornite dal tutor
formativo esterno, valuta gli apprendimenti
degli studenti in alternanza e certifica, sulla base
del modello di cui all’art. 3, c. 3, lettera e), le
competenze da essi acquisite, che costituiscono
crediti, sia ai fini della prosecuzione del percorso
scolastico o formativo per il conseguimento del
diploma o della qualifica, sia per gli eventuali
passaggi tra i sistemi, ivi compresa l’eventuale
transizione nei percorsi di apprendistato;
3. la valutazione e la certificazione delle competenze acquisite dai disabili che frequentano i
percorsi in alternanza sono effettuate a norma
della l. 5.02.1992, n. 104, con l’obiettivo prioritario di riconoscerne e valorizzarne il potenziale, anche ai fini dell’occupabilità;
4. le istituzioni scolastiche o formative rilasciano, a
conclusione dei percorsi in alternanza, in
aggiunta alla certificazione prevista dall’articolo 3,c.1, lettera a), della l. 53 del 2003, una certificazione relativa alle competenze acquisite
nei periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro.
t i t o l olibro
L’art. 6 del d.lgs. 15.04.2005, n. 77 contribuisce, insieme ad altri elementi legislativi, a dare
indicazioni circa la valutazione delle competenze
acquisite in sistema di alternanza scuola-lavoro.
Data l’incertezza derivante dall’applicazione del
complesso della riforma Moratti, trascuriamo al
momento gli altri elementi legislativi e riferiamoci
solamente all’art. 6.
Da esso provengono una serie di indicazioni che
sono:
● la verifica e la valutazione dei percorsi di alternanza sono di competenza delle istituzioni
scolastiche;
● la valutazione degli apprendimenti acquisiti in
alternanza è certificata da parte dell’istituzione scolastica, tenendo conto delle indicazioni
fornite dal tutor aziendale, sia ai fini del proseguimento del percorso scolastico, sia per il
conseguimento del diploma o della qualifica;
● le istituzioni scolastiche rilasciano, al termine
dei percorsi di alternanza, una certificazione
relativa alle competenze acquisite nei periodi
di apprendimento mediante esperienze di
lavoro.
I livelli di valutazione paiono quindi essere tre:
● uno finalizzato al conseguimento di un voto da
riportare ai fini della promozione o della bocciatura;
● uno, in itinere, finalizzato alla certificazione
delle competenze acquisite attraverso l’esperienza di lavoro e utile al proseguimento degli
studi;
● uno, al termine del percorso, finalizzato alla certificazione delle competenze acquisite in alternanza.
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2. Un’ipotesi per la valutazione
in alternanza
Ai fini di una buona valutazione è necessario che
gli obiettivi espressi nel progetto siano chiari,
concreti e misurabili.
Una progettazione che definisce in modo preciso le competenze che si vogliono andare a formare e a valutare in alternanza è quindi assolutamente importante.
Se la competenza è costituita da conoscenze,
capacità e comportamenti, occorre quindi definire:
● quali conoscenze vogliamo formare in alternanza
● quali tipi di competenze vogliamo formare in
alternanza
● quali tipi di comportamenti vogliamo valutare
Un’ulteriore opportuna distinzione va fatta tra
competenze di base, quelle professionali e quelle trasversali che si vogliono verificare.
Stabiliti in fase di progettazione gli obiettivi in
termini di competenze, si pongono adesso una
serie di questioni relative alla valutazione:
1. dove valutare? A scuola ? In azienda?
2. quando valutare? In itinere? Al termine del
percorso di stage? Al termine del percorso di
alternanza?
3. come valutare?
Possiamo ipotizzare le seguenti risposte:
1. Stabilita una precisa definizione degli obiettivi
in sede di progettazione possiamo immaginare di individuare competenze verificabili a
scuola ed altre in azienda. Ritengo che tutte le
competenze siano verificabili sia a scuola, sia
in azienda, ma questo afferisce al come valutare, di cui parleremo dopo.
2. Anche qui la relazione stretta tra progettazione e obiettivi in termini di competenze mi permette di decidere quando valutare; es. se si
tratta di competenza propedeutica nell’ambito
del percorso posso decidere di farlo in itinere.
Si tenga presente che abbiamo comunque
necessità di valutazioni intermedie per esprimere un giudizio circa il percorso scolastico
dello studente.
3. Abbiamo tre livelli di valutazione, nell’ambito
della definizione di competenza:
- conoscenza
- capacità
- comportamenti
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Non tutte sono valutabili nello stesso modo
ovvero si prestano a diversi tipi di valutazioni.
La valutazione di una conoscenza può, ad esempio, avvenire nel modo tradizionale scolastico:
- colloquio orale
- test scritto
- problem solving ecc.
Non è detto che il metodo tradizionale ci permetta di valutare solo l’aspetto della conoscenza;
rispetto a come lo studente si pone nell’affrontare la verifica potremmo ricevere indicazioni significative rispetto alle altre due componenti della
competenza, ovvero la capacità (saper fare) e il
comportamento (saper essere).
Analogamente noi potremmo pensare, questo
al termine del periodo di stage, di verificare le
competenze dello studente attraverso una vera e
propria “messa in situazione”; se l’obiettivo era il
raggiungimento di alcune competenze di tipo
“professionale” che naturalmente implicano anche
le conoscenze necessarie per realizzarle, la simulazione di una situazione lavorativa all’interno della
quale il nostro studente vada ad affrontare il “problema” lavorativo ci può dare indicazioni sulle sue
conoscenze, capacità e comportamento.
Un’ulteriore possibilità di valutazione può
essere quella che definiremo a “dossier”: rispetto al proprio periodo di stage il nostro studente
prepara un vero e proprio dossier all’interno del
quale dichiara quali sono le conoscenze, capacità
e comportamenti che ritiene di avere acquisito in
azienda; successivamente noi, con il tutor aziendale, utilizzando sia gli strumenti tradizionali, sia
la “messa in situazione” potremo valutare quali
effettivamente sono stati acquisiti ed a quale
livello sono stati acquisiti.
Questo tipo di valutazione presuppone, all’inizio del percorso di alternanza, una piena condivisione degli obiettivi con lo studente; il dossier
potrebbe comunque anche contenere indicazioni
provenienti dallo studente circa lo scostamento
tra obiettivi dichiarati ed ottenuti, oppure competenze diverse da quelle concordate, che ritiene
di aver acquisito.
3. Un esempio concreto
Proviamo adesso a cimentarci con un esempio concreto, anche se di carattere assolutamente indicativo, una proposta insomma per confrontarci e ragionare sugli aspetti della valutazione in alternanza.
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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
Stabilito nei nostri obiettivi che il nostro studente di un ITC andrà in azienda per imparare a compilare una fattura, noi dovremo poter valutare:
● conoscenze
● capacità
● comportamenti
che andranno a comporre la competenza “compilare fattura” dello studente.
I diversi elementi che compongono la competenza possono rispondere alle seguenti domande:
● conoscenze che cosa sa lo studente?
● capacità che cosa sa fare lo studente?
● comportamenti come fa a fare ciò che fa?
Per essere in grado di valutarle dovremo declinare le conoscenze necessarie per compilare una
fattura, ad esempio:
● conoscenza del modello di fattura
● conoscenza degli elementi da inserire nel
modello di fattura
● conoscenza di parte della normativa IVA.
Dovremo declinare le capacità che lo studente
dovrà agire per poter compilare una fattura, ad
esempio:
● saper individuare le parti della fattura da compilare
● saper eseguire i calcoli necessari per la compilazione della fattura
Dovremo declinare i comportamenti utili per la
compilazione della fattura:
● identifica gli elementi della fattura
● identifica le quantità delle merci ed i relativi
valori numerari
● individua gli aspetti della fattura.
Ad ognuno di questi aspetti noi potremo dare
una valutazione che ci definisce il livello di competenza acquisita. Ad esempio:
Relativamente alle conoscenze:
Livello 1 - fatica ad individuare gli aspetti
caratteristici della materia
Livello 2 - identifica in modo certo e sicuro gli
aspetti caratteristici della materia
Livello 3 - dimostra piena padronanza della
materia
Relativamente alle capacità:
Livello 1 - esegue sulla base di istruzioni date,
singole operazioni
Livello 2 - pianifica ed esegue in autonomia
operazioni in vista di un risultato
Livello 3 - agisce monitorando il processo
Relativamente ai comportamenti:
Livello 1 - applica saltuariamente
Livello 2 - utilizza con continuità
Livello 3 - correla ad altre esperienze
Questo tipo di valutazione si può ottenere
attraverso una “messa in situazione”, ovvero
ricostruendo, in azienda o a scuola, una situazione lavorativa all’interno della quale lo studente debba compilare una fattura. La valutazione deve tenere conto sia dei risultati prodotti, sia degli atteggiamenti dello studente misurabili attraverso l’osservazione durante lo svolgimento del lavoro; deve essere accompagnata
dal tutor aziendale, più esperto di noi nell’osservare i comportamenti di un lavoratore.
In questo modo noi possiamo definire il livello di competenza acquisita dal nostro studente
ed otteniamo una valutazione utilizzabile:
● per il curricolo, ai fini della promozione, ovvero ci permette di dare un voto; nulla ci vieta
inoltre di valutare queste conoscenze prima o
dopo attraverso strumenti tradizionali;
● per la certificazione finale del percorso, che ci
da indicazioni sulle competenze acquisite
dallo studente.
4. Alcuni dubbi
Le indicazioni per la valutazione in alternanza
date sinora non hanno certo la pretesa di essere esaustive, ma semplicemente sono un contributo per il dibattito ed il confronto.
In questo senso restano ulteriormente aperte
alcune questioni.
Ad esempio ai fini del percorso scolastico
sono valutabili solo le conoscenze o anche la
competenza complessiva acquisita?
La valutazione delle competenze trasversali
completa la misura della competenza disciplinare o costituisce oggetto di una valutazione a se?
E se si come? Dove?
Possiamo prevedere che le competenze si
traducano in crediti per l’esame di Stato?
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Il consiglio di classe e la valutazione
delle esperienze in alternanza
Luisa Dal Paos (ITIS A. Avogadro, Torino)
1. Perché valutare
le esperienze in alternanza?
Ogni nuova metodologia didattica si sviluppa e si
modifica grazie ai risultati delle esperienze realizzate, per cui la valutazione dell’esperienza è un
aspetto di primaria importanza in ogni progetto.
In particolare ricordiamo che:
a. la valutazione è un dovere dei docenti (Art.6
del Decreto Legislativo del 15 aprile 2005,
n.77);
b. la valutazione è per gli studenti uno stimolo
fondamentale (quante volte ci lamentiamo
perché i nostri alunni studiano solo in vista dei
compiti in classe?) e può indurre una sana
forma di competizione che consente di raggiungere risultati che spesso superano le
nostre previsioni;
c. la valutazione ci permette di capire la validità
del percorso, di individuarne i punti deboli e
riprogrammare gli obiettivi qualora si riscontrino criticità insormontabili o impreviste.
I criteri di valutazione, beninteso, devono essere
il più possibile oggettivi, esplicitati fin dall’inizio,
condivisi da tutti i docenti del consiglio di classe.
2. Che cosa valutare?
Il consiglio di classe deve valutare:
a. L’esperienza di alternanza in base al raggiungimento degli obiettivi attesi: in pratica, la
validità del processo e del prodotto realizzato.
Il mancato o parziale raggiungimento di alcuni
obiettivi non deve essere visto come un fallimento, soprattutto in questa fase di sperimen-
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tazione in cui non vi sono molti processi consolidati a cui fare riferimento, ma uno spunto
per rivedere la programmazione o gli obiettivi
stessi.
b. Il rapporto con le aziende, gli enti, le istituzioni che partecipano al progetto.
I percorsi in alternanza sono sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, gli
studenti non vengono “mandati in azienda”
come avviene durante uno stage o un tirocinio, ma l’azienda partecipa alle attività di formazione sia all’interno della scuola sia nella
propria sede: le aziende sono invitate a collaborare nella scelta dei percorsi, ma non possono imporre i loro metodi, i loro tempi o contenuti che il consiglio di classe non ritiene adeguati al progetto educativo/formativo elaborato.
c. La crescita di ogni studente coinvolto nel
progetto.
Ogni studente deve essere valutato tenendo
conto delle sue capacità e attitudini, del suo
learning style e dei suoi interessi. Vanno osservati soprattutto i cambiamenti che si riferiscono a fattori non riproducibili nella vita d’aula e
attinenti ad esperienze lavorative/professionali che possono fornire indicazioni utili per
l’orientamento del ragazzo nelle scelte che
dovrà compiere dopo il diploma.
d. Conoscenze e abilità: valutazioni oggettive,
da inserire nel portfolio dello studente.
A questo proposito il D.L. del 15/4/05 specifica che gli apprendimenti degli studenti in
alternanza e le competenze da essi acquisite
non devono essere soltanto oggetto di valuta-
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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
zione per quanto riguarda il conseguimento
del diploma e della qualifica, quindi all’interno
dell’istituzione scolastica che ha progettato e
realizzato il percorso, ma devono anche fornire dei crediti per la prosecuzione del percorso
scolastico, per eventuali passaggi o percorsi di
apprendistato, cioè devono fornire una certificazione delle competenze che possa essere
riconosciuta da altri enti ed istituzioni.
3. I problemi
a. Quali conoscenze/competenze/abilità devono contribuire alla formulazione del voto di
ogni disciplina?
Finora il voto dato da ogni insegnante è stato
fortemente legato all’apprendimento dei contenuti disciplinari, e poco sensibile al riconoscimento delle abilità trasversali apprese dallo
studente. Per una corretta formulazione del
voto nei percorsi in alternanza si richiede di
valutare tutti gli aspetti importanti per la crescita dell’individuo.
b. Quali conoscenze/competenze/abilità devono essere oggetto di una certificazione riconosciuta a livello universitario o da altri enti
di formazione? E come può la scuola garantire la spendibilità delle competenze certificate?
Solo il consolidamento dell’esperienza e una
collaborazione costruttiva con enti, istituzioni
e aziende possono permettere una certificazione delle competenze accurata e corretta, ed
è auspicabile che questa sia spendibile almeno
sul territorio nazionale.
4. Come valutare?
Per tutti gli aspetti sopra citati esistono modelli e
griglie la cui compilazione è abbastanza semplice, ma che non risolvono il problema dei docenti: come ricondurre tale valutazione ad un voto
che possa essere utilizzato per lo scrutinio dell’allievo? Nel caso in cui si riconoscano delle pecche
nella realizzazione del progetto, come fare perché questo non incida negativamente sul profitto? Se invece il progetto si completa con risultati brillanti, togliendo però del tempo ai contenuti disciplinari tradizionali, come tener conto della
crescita dello studente senza far pesare le sue
inevitabili lacune?
È fondamentale che tutti gli insegnanti rico-
noscano la validità della metodologia didattica
dell’alternanza, ne condividano gli obiettivi e si
sentano ugualmente coinvolti e responsabili.
Non è possibile svolgere i programmi didattici nel
modo tradizionale quando una buona percentuale delle ore di lezione curricolari viene dedicata
alle attività con le imprese, per cui siamo tenuti a
fare delle scelte in ambito disciplinare. Ancora più
importante è concordare una scala di priorità che
dia maggior valore alla crescita dell’individuo in
termini di responsabilità, correttezza di comportamento nell’ambiente scolastico ed extra-scolastico, capacità di affrontare i problemi, saper
chiedere aiuto, riconoscere i giusti suggerimenti
e metterli in pratica, lavorare in modo cooperativo e collaborativo. Dobbiamo realizzare un curricolo che formi il cittadino del nuovo secolo,
meno preparato dal punto di vista nozionistico
ma pronto a cogliere i mutamenti del mondo in
cui vive, flessibile, dinamico e intraprendente. Al
tradizionale compito della scuola insegnare ad
apprendere dobbiamo aggiungere insegnare ad
adattarsi: la conoscenza della realtà produttiva, la
comprensione delle dinamiche di un ambiente di
lavoro, l’accettazione di regole generalmente
molto più rigide di quelle familiari o scolastiche
saranno un valido punto di partenza per l’inserimento nel mondo del lavoro al termine del corso
di studi.
5. I rapporti
con il tutor aziendale
Normalmente il tutor esterno – aziendale – non ha
familiarità con la valutazione scolastica e non si
assume volentieri questo compito che ritiene
estraneo al suo lavoro.
Spesso teme che la “paura del voto” falsi il rapporto con gli studenti che si inseriscono nell’azienda e che diminuisca la possibilità di interagire
costruttivamente. Normalmente, infatti, la scuola
non incoraggia la cultura dell’errore come elemento positivo, in grado di evidenziare difetti e correggere problemi da superare, e questo spinge gli studenti a non esporsi in prima persona e, dove possibile, a copiare anziché essere originale.
Vi sono, però, elementi di valutazione importanti per il consiglio di classe che devono essere
ottenuti dall’osservazione del professionista dell’azienda in base agli standard di qualità previsti
nell’ambiente di lavoro, per cui è importante for-
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nire fin dall’inizio al tutor aziendale una griglia da
compilare per ogni studente. Deve poi essere
considerata l’opportunità o meno di far partecipare al consiglio di classe anche il tutor aziendale, tenendo presente sia il fatto che il professionista difficilmente può dedicarci anche questo
tempo, sia il fatto che la responsabilità della
valutazione è, come più volte ripetuto, esclusivamente del consiglio di classe.
6. Quando valutare?
Per individuare delle tappe che possano essere
oggetto di valutazione per quanto riguarda il
processo e il prodotto realizzato, possiamo
immaginare l’alternanza scuola-lavoro come un
modulo da sviluppare su due anni scolastici successivi, nel corso dei quali si svolgono unità
didattiche con scopi ben definiti da realizzarsi in
ambienti diversi, all’interno della scuola o in
azienda. In particolare individuiamo:
a. Pubblicizzazione del progetto
Le esperienze precedenti hanno dimostrato
che l’organizzazione delle attività è molto più
semplice se riusciamo a coinvolgere classi intere; in altri casi, invece, quando non si ha a
disposizione un numero di aziende sufficienti
o queste sono troppo piccole per accogliere
tutti gli studenti, si devono fare delle scelte in
base al progetto educativo d’istituto. Le adesioni da parte di tutti gli studenti si ottengono
con attività di informazione in classe e con un
incontro con alunni, famiglie, dirigenti delle
aziende, docenti e dirigente scolastico che
mettano in evidenza la valenza formativa di
tale metodologia didattica e le opportunità
offerte dal percorso. La valutazione di tale
intervento è data semplicemente dal numero
di adesioni al progetto, che deve essere il più
possibile vicino al numero considerato ottimale per il progetto.
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b. Interventi di formazione rivolti ai docenti
La formazione può riguardare aspetti educativi
o contenuti disciplinari, e può essere effettuata
da docenti della scuola o da esperti esterni. È
utile predisporre una scheda che fornisca una
misura della necessità dell’intervento, la coerenza del momento scelto e della sua durata
rispetto alle attese, la validità del formatore.
c. Interventi di formazione rivolti agli studenti
d. Produzione in istituto
e. Produzione in azienda
Valgono le stesse indicazioni fornite per il
punto b, con l’aggiunta di una valutazione di
tipo disciplinare che servirà come contributo
per il voto in sede di scrutinio.
f. Presentazione dei lavori svolti
Gli studenti realizzano due presentazioni
diverse: una rivolta ai loro compagni di scuola
del biennio, con lo scopo di orientamento, la
seconda rivolta a docenti, genitori, aziende
alla conclusione del percorso. È possibile
misurare l’efficacia di tali presentazioni.
7. Conclusione del percorso:
ultima riflessione
L’obiettivo dei percorsi in alternanza è mettere
gli studenti in contatto con le realtà produttive
del territorio in cui vivono, ma dobbiamo ricordare che da quando inizia la progettazione a
quando il percorso si chiude trascorrono almeno
due anni: in un periodo così lungo può cambiare la situazione delle aziende partner, possono
cambiare i tutor aziendali, o alcuni alunni possono aver lasciato il percorso o cambiato il loro
atteggiamento. Una corretta valutazione dei
risultati ci permetterà di capire se abbiamo
saputo sfruttare al meglio questa opportunità, e
se eventuali problemi erano assolutamente
imprevedibili o se siamo stati noi a volare troppo alto inizialmente.
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Valutazione degli apprendimenti nella formazione in alternanza e