Etnocentrismo: il proprio gruppo
(ingroup) è considerato il centro di
ogni cosa e tutti gli altri
(outgroup) sono classificati e
valutati in rapporto ad esso
PREGIUDIZIO: atteggiamento
negativo verso un individuo, basato
sulla sua appartenenza a un gruppo
sociale.
STEREOTIPO: credenze condivise
secondo cui i membri di un particolare
gruppo sociale presentano determinate
caratteristiche.
DISCRIMINAZIONE: comportamento
effettivamente messo in atto contro
individui e gruppi
CONFLITTO TRA GRUPPI SOCIALI:
contrapposizione fisica o simbolica di una
parte contro l’altra.
Gruppo:
totalità dinamica basata sull’interdipendenza
invece che sulla somiglianza.
• interdipendenza del compito
• interdipendenza del destino
INTERDIPENDENZA E
CONFLITTO INTERGRUPPI
1. Interdipendenza del compito e conflitto
Per Sherif ci si sente parte di un gruppo
quando vi è la necessità di collaborare per
raggiungere degli obiettivi
Nel 1954 Sherif e collab. organizzarono un campo
estivo nel parco di Robbers Cave (Oklahoma ) per
22 ragazzi di 12 anni, della durata di 3 settimane.
I Fase: attività svolte in comune (socializzazione)
II Fase: la formazione dei gruppi (indipendenza)
III Fase: la competizione tra gruppi
(interdipendenza negativa)
IV Fase: la riduzione del conflitto
(interdipendenza positiva)
Secondo la teoria del conflitto realistico di
Sherif (1966), l’ostilità tra i gruppi nasce dalla
competizione per risorse materiali ambite ma
scarse.
Limiti della teoria del conflitto realistico:
• la cooperazione non è sufficiente ad
annullare atteggiamenti negativi
• più che un obiettivo comune, è cruciale
l’esito della collaborazione
• a volte il conflitto si fonda sulla sola
percezione di conflitti con l’outgroup
2. Interdipendenza del destino e conflitto
Per Rabbie e Horwitz (1969) i fenomeni
discriminatori derivano dalla percezione di
una interdipendenza nel destino dei membri
del gruppo.
Esperimento a cui parteciparono 8 soggetti,
divisi nel gruppo dei blu e dei verdi
• promessa di un compenso
• compito individuale
• sorteggio del gruppo da premiare
• valutazione membri dell’ingroup/outgroup
CATEGORIZZAZIONE SOCIALE E
RAPPORTI INTERGRUPPI
3. L’«intergroup bias»
Tajfel (1971,1982) ha indagato se la
discriminazione si presenta anche quando i
membri dei gruppi non siano in
competizione e non vi sia interdipendenza.
Paradigma sperimentale dei gruppi minimi
• i soggetti non interagivano tra loro
• non dovevano svolgere nessun compito
di collaborazione/competizione
• non avevano alcun destino comune
Esperimento:
Costruzione di due gruppi sulla base di un
criterio di poca importanza (Klee
e
Kandinskij)
Compito sperimentale: distribuzione di
risorse ad un membro dell’ingroup e
dell’outgroup
mediante
matrici
di
pagamento
Membro 74 del gruppo Klee
Membro 44 del gruppo Kandisnsky
7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 18
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 14
(c)
(a)
(b) (d)
Le cifre corrispondono alle somme di denaro elargite
da un soggetto appartenente al gruppo Klee:
(a) imparzialità
(b)massimo profitto comune
(c)massima differenza a favore dell’ingroup
(d)massimo profitto a favore dell’ingroup
Il senso di appartenenza, anche se stabilito
in base a criteri deboli, produce favoritismo
per il proprio gruppo a svantaggio di quello
esterno (intergroup bias).
Per Tajfel le condotte sociali si collocano
lungo un continuum tra:
-comportamento interpersonale
-comportamento intergruppi
Cruciale è il concetto di identità sociale:
quella parte della concezione di sé che
deriva dalla consapevolezza di essere
membro di gruppi sociali e la rilevanza
emozionale di tale appartenenza
L’intergrup bias si fonda su tre processi
psicologici:
•la categorizzazione sociale
•l’identificazione
• il confronto sociale
La categorizzazione sociale permette di
semplificare il mondo classificando se stessi
e gli altri sulla base di particolari categorie
(sesso, nazionalità, orientamento politico…)
Da ciò scaturisce l’identità sociale, ossia
tutti quegli aspetti dell’immagine di sé che
derivano dalle categorie sociali alle quali il
soggetto sente di appartenere.
Confronto sociale: giudichiamo il valore del
nostro gruppo ponendolo a confronto con
altri gruppi.
(bisogno di autoaccrescimento, non di
accuratezza)
Per
preservare
un’identità
sociale
soddisfacente nei casi in cui si appartenga a
gruppi stigmatizzati/di status basso:
• mobilità sociale
• cambiamento sociale
• disidentificazione
IL BULLISMO
“Bullying” Dan Olweus 1978
“Bullo” = persona arrogante, violenta o anche colui che
ostenta la sua vanità maschile mediante atteggiamenti e
comportamenti particolari.
“Prepotenza”
Il bullismo è stato identificato da molti ricercatori come
un comportamento aggressivo, di dominanza
caratterizzato dall’assenza di empatia nei confronti delle
vittime (Fonzi et al., 1999; Olweus, 1999a; Olweus,
1999b).
“Diciamo che un ragazzo subisce delle prepotenze
quando un altro ragazzo o un gruppo di ragazzi gli
dicono cose cattive o spiacevoli. E’ sempre
prepotenza quando un ragazzo riceve colpi o
quando nessuno gli rivolge la parola.Si tratta di
prepotenza anche quando un ragazzo viene preso
in giro ripetutamente e con cattiveria.
Non si tratta di prepotenza quando due persone
all’incirca della stessa forza lottano o litigano tra
loro.”
La prepotenza, quindi, è un particolare tipo di
aggressività caratterizzato da:
Intenzionalità
Sistematicità
Disequilibrio
Aggressione fisica: “Mi hanno colpito fisicamente”,
“Hanno rubato le mie cose”
Aggressione verbale: “Mi hanno offeso con brutti
nomi sulla mia razza o per altre ragioni”, “Sono
stato minacciato”
Aggressione indiretta: “Nessuno mi rivolge
la parola”, “Sono stato escluso dai giochi”
Individuali: temperamento, deficit di attenzione e
iperattività
Famiglia: qualità del clima familiare: carenza di affetto e
comprensione, conflittualità relazionale, iper-protettivo
Il gruppo dei pari: il bullismo costituisce anche un
fenomeno di gruppo
Stile docente: eccessi di permissivismo ed eccessi di
autoritarismo
Indifferente
Vittima
1- Bullo dominante – forza psicologia e spesso fisica
2- Bullo gregario – non ha un suo ruolo ben definito e per
questo si allea con il bullo dominante
3- Bullo-Vittima - possono provocare l’aggressione e allo stesso
tempo avere comportamenti di tipo aggressivo.
1- Vittima passiva - caratterizzate da ansietà, non popolarità,
assenza o bassi livelli di autostima.
2- Vittima provocatrice - più forte fisicamente e più attiva
rispetto le vittime passive, provoca gli altri bambini causando
tensione e irritazione nel gruppo, ha difficoltà di
- Nascita di un nuovo nato in famiglia
- Divorzio
- Morte di una persona cara
- Distacco da un genitore
- Trasferimento in un’altra città-scuola
- Atmosfera familiare
- Gli stili educativi genitoriali
•Infelicità
•Perdita di autostima
•Difficoltà nel riuscire a stabilire relazioni efficaci in età
adulta
•Aumento di stress
•Difficoltà nella concentrazione
•Problemi di apprendimento
Può contribuire a prevenire e ridurre il
fenomeno delle prepotenze mediante lo sviluppo
della socializzazione e della cooperazione
all’interno del gruppo classe.
L’intervento può essere considerato preventivo
e formativo.
Si rivolge ad alunni, insegnanti e genitori e per
avere efficacia deve svolgersi per un periodo di
almeno tre anni.
L’intervento non è rivolto al singolo ma al gruppo
classe. Il bullo è incapace di comprendere la
gravità delle proprie azioni e la vittima è spesso
incapace di difendersi. Agire sull’intero gruppo
classe permette a tutti i soggetti coinvolti di
sperimentare i differenti ruoli e comprendere i
sentimenti e le emozioni dell’altro.
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Psicologia sociale_La relazione tra gruppi