Anteprima Estratta dall' Appunto di Storia
dei diritti sessuali
Università : Ist. Universitario Orientale
Facoltà : Sc.Politiche
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A volto scoperto: donne e diritti umani
.
Stefania Bartoloni
INTRODUZIONE. POLITICHE E GENERE NELLE NAZIONI UNITE.
Il concetto di diritti umani presuppone l’universalismo; la sua interazione con
l’elemento della differenza – culturale, politica, religiosa, etnica, sessuale – ha
prodotto risultati diversi. L’assunzione della differenza di genere come
categoria d’analisi ha permesso di ampliare il concetto di diritti umani e varare
politiche per l’eliminazione della discriminazione fra i sessi.
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Il quadro storico. La coscienza delle donne in quanto soggetti sociali e politici,
titolari di diritti al pari degli uomini, emerge nella cultura filosofica occidentale
del XVIII secolo con la sua lotta all’intolleranza religiosa e all’assolutismo
politico. E’ questo il periodo in cui si affermano i diritti civili e politici, la prima
generazione di diritti; seguiranno i diritti di welfare della seconda e quindi i diritti
di terza generazione, ossia i diritti culturali, il diritto alla pace, allo sviluppo
sostenibile, e all’uguaglianza tra uomini e donne. Con l’evoluzione del diritto si è
ampliata anche la sfera dei soggetti a cui si riferiscono: popoli, minoranze,
individui vari (uomini, donne, bambini, anziani, malati, disabili, profughi ecc.).
Alcune tappe vanno rintracciate nella lotta contro la tratta degli schiavi: la
Convenzione antischiavista di Londra (1840), l’Atto contro la schiavitù di
Bruxelles (1890), passando poi dal rispetto del “diverso” al rispetto del “nemico”
attraverso la nascita del Comitato Internazionale della Croce Rossa nel 1863
per la tutela dei feriti e prigionieri di guerra, e le due Conferenze dell’Aja (1899 e
1907) per lo sviluppo del diritto umanitario nei conflitti armati. Il grande passo in
avanti viene realizzato il 10 dicembre 1948 con il varo della Dichiarazione
universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. Si dovrà aspettare la fase
della decolonizzazione negli anni ’60 per avere i primi movimenti delle donne
e per i diritti umani, che porteranno alla Cedaw (la Convenzione per
l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne) nel 1979.
L’ottica di genere e i diritti umani. Gradualmente le donne hanno iniziato a
denunciare l’astrattezza e la presunta neutralità della categoria
dell’universalismo egualitario come si è strutturata a partire dalla Rivoluzione
francese e dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789.
All’universalismo e all’uguaglianza considerati come principio ordinati di una
società prettamente maschile, si è affiancato il concetto di differenza e di
pluralità dei soggetti. Il primo passo è stato quello della lotta per l’ottenimento
del diritto di voto, raggiunto in Francia quasi cento anni dopo rispetto agli uomini
(1848-1944) e in Svizzera anche oltre (1848-1971). La lotta per il
riconoscimento di diritti sul lavoro ha invece conseguito risultati più
rapidamente, ma spesso nascondendo un’implicita discriminazione nella
legislazione di tutela. Gli orari giornalieri ridotti per le donne (a partire dalla
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seconda metà del XIX secolo), il riposo obbligatorio in caso di gravidanza,
l’esclusione da mansioni pesanti o rischiose e dal lavoro notturno hanno
prodotto un’immagine di operai come soggetto debole. La Conferenza
internazionale delle lavoratrici criticò perciò a suo tempo le convenzioni del
1919 e del 1939 dell’ILO (Organizzazione internazione del lavoro) che recepì i
precedenti principi protettivi. Infatti da una parte tali principi restringevano le
possibilità occupazioni e dall’altra rimarcavano la differenza di ruoli tra uomini e
donne. Nel 1975 l’ONU proclama l’Anno internazionale della Donna che
porterà all’approvazione della Cedaw nel ’79. Il balzo in avanti avviene nel 1995
con la Conferenza di Pechino, in cui saranno introdotti i concetti innovativi di
empowerment e di mainstreaming, che tenderanno a sostituire i vecchi termini
quali discriminazione e parti opportunità. Altri strumenti giuridici più specifici
finora adottati sono:
 Dichiarazione di Vienna del 1993 sulla violenza contro le donne,
riconosciuta come violazione dei diritti umani in qualsiasi forma – fisica,
sessuale, psicologica – e ovunque esercitata (nella sfera pubblica o
privata).
 Dichiarazione sulla protezione delle donne in caso d’emergenza e
conflitto armato del 1974, che rafforza quanto già previsto in misura
più generale della Convenzione del 1949 relativa alla protezione delle
persone civili in tempo di guerra, andando a sanzionare abusi sessuali
sulle “donne dei vinti”, considerate bottino di guerra.
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Elisabetta Vezzosi
UNA STORIA DIFFICILE.
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Il carattere lineare e universale attribuito al processo di consolidamento dei
diritti umani fondamentali ha marginalizzato fino a pochi anni fa il tema dei diritti
delle donne, affermati solo con le ultime conferenze (Vienna 1993 e Pechino
1995). Ciò deriva in gran parte da due elementi:
 Esclusione della sfera privata dal discorso sui diritti umani, mentre
proprio in tale ambito si assiste alle maggiori violazioni su base di
genere.
 Rispetto per le differenze culturali, trasformatosi in un eufemismo per
legittimare la limitazione o la negazione dei diritti umani delle donne.
Le tappe istituzionali di un percorso in salita. La Dichiarazione universale
del 1948 fu influenzata nella sua elaborazione dalla Sub-commission on the
Status of Women, come organo sussidiario della Commissione per i Diritti
Umani e con il compito di sottoporre a quest’ultima proposte e
raccomandazioni. Essa era formata da un nucleo di 9 persone che rimasero in
carica dal febbraio 1946 al marzo 1947. Gli Stati Uniti si erano opposti alla
creazione di questa sottocommissione, preferendo l’esistenza della sola
Commissione dei Diritti Umani sostenuta in funzione consultiva da una
Commissione di giuristi per lo studio dello status legale delle donne nel
mondo. Questa commissione di giuristi era stata nominata nel lontano 1938
dall’allora Società delle Nazioni ed era composta da 7 membri (4 donne e 3
uomini). Essa era riuscita a definire alcune linee guida per uno studio
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