Partner in charge of report CIVIL SERVICE APPRENTICESHIP Convention No 2004- I/04/B/PP-154007 Le risposte dell’Italia: Report Delphi Fase 3 Partnership Project Leader This project has been funded with support from the European Commission. This publication/communication reflects the views only of the author, the European Commission, Directorate-General Education and Culture cannot be held responsible for any use which may be made of the information contained therein. Non-commercial reproduction authorised, subject to acknowledgement of source. INDICE 1. Premessa 2. Introduzione 3. I pareri degli intervistati 3.1 Il contributo del servizio civile volontario allo sviluppo delle competenze di base 3.2 Le competenze lavorative acquisite dal volontario nell’ambito dell’esperienza del servizio civile 3.3 Le modalità di organizzazione del servizio civile per favorire il successivo inserimento lavorativo del volontario 3.4 Il ruolo della valutazione dell’apprendimento non formale ed informale rispetto all’evoluzione dell’esperienza di servizio civile 3.5 Valutazione dell’efficacia del “modello prototipale di formazione e accompagnamento dell’esperienza del servizio civile” 3.6. Valutazione dell’efficacia del “modello di monitoraggio delle competenze” 3.8 Le caratteristiche ed i requisiti delle organizzazioni e degli esperti per la valutazione, il monitoraggio e la certificazione delle competenze dei volontari 3.8 Il rilascio di crediti formativi e/o di certificati come traguardo per il sistema del Servizio Civile 3.9 La tipologia di supporto che i vari stakeholder (governo, parti sociali, etc.) con competenze sull’istituto di servizio civile dovrebbero fornire al fine di rafforzarne il sistema 3.10 Il contributo che il sistema del servizio civile apporterà all’attivazione e al rafforzamento del senso civico, di coesione e di partecipazione sociale 2 1. Premessa L’indagine presentata in questa sede si colloca nell’ambito della terza azione del progetto del Programma Leonardo “L’apprendimento non formale nel servizio civile volontario e/o sostitutivo: sviluppo di un modello prototipale finalizzato a promuovere l’occupabilità e l’inserimento nel mondo del lavoro” - CIVIL SERVICE APPRENTISHIP – C.S.A.”, che vede come capofila il Cenasca Cisl e partner italiani ERIFO e CESFOR; mentre i partners transnazionali sono: CECE per la Spagna EPA 21 st CENTURY per la Bulgaria e EVC per l’Olanda. Il progetto prende vita dal bisogno di rendere visibili, monitorabili e valutabili le competenze che scaturiscono, per effetto dell’apprendimento non formale, da esperienze di servizio civile volontario. Tale obiettivo, rappresenta un passo propedeutico indispensabile per rendere i risultati dell’apprendimento non formale mirati all’inserimento lavorativo dei volontari, soprattutto alla presa di coscienza, da parte di questi ultimi, delle competenze acquisite nel corso dell’attività di servizio. In particolare la terza fase si propone di individuare e sviluppare un sistema di monitoraggio e valutazione dell’apprendimento non formale nel servizio civile volontario, al fine di definire un sistema di riconoscimento dei livelli di apprendimento, nonché una serie di linee guida per la progettazione e conduzione di esperienze di apprendimento non formale nell’ambito del servizio civile e nei luoghi di lavoro. Questa azione è stata realizzata attraverso un set di tecniche diversificato. Il sistema di monitoraggio e valutazione è stato sviluppato a partire da una sperimentazione su campo rivolta ad un campione “ragionato” di beneficiari partecipanti al servizio civile volontario e/o sostitutivo, destinatari dell’apprendimento non formale. Parallelamente all’indagine che esplora il “qui -ed ora” dell’esperienza formativa del servizio volontario, è stato investigato lo scenario futuro, in ordine alle opportunità di apprendimento non formale connesse al servizio civile, nonché i possibili sistemi di riconoscimento dei livelli di apprendimento. A tal fine sono state condotte interviste ad esperti, docenti, decisori ed operatori della formazione, mediante il metodo Delphi1. Tale modulo di ricerca è stato 1 Il metodo delphi, ideato da O. Helmer e N. Dalkey nel 1952 per la Difesa USA, è una metodologia di pianificazione intuitiva adatta ad esplorare futuri tecnici ed economici abbastanza lontani, per i quali non ha significato una estrapolazione degli eventi passati. DELPHI pertanto, può essere definito come un metodo di previsione qualitativo di medio e lungo periodo (10-15 anni) particolarmente utile per lo studio degli "universi incerti". Si applica, infatti, a quegli scenari in cui la previsione non può essere formulata attraverso la proiezione di una serie di dati, ma deve tenere conto di variabili più complesse quali, ad esempio, la modifica degli atteggiamenti, dei comportamenti sociali, dei trend macro economici, della evoluzione tecnologica etc… La consultazione integrata e interattiva di Esperti selezionati in funzione dello specifico campo di indagine, mediante questionari successivi (due o più round), consente di ottenere previsioni attendibili sulle tendenze future di "grandi universi". 3 finalizzato alla determinazione degli scenari che, nel medio e lungo termine, interesseranno l’organizzazione del servizio civile in Italia ed in Europa. L’indagine ha focalizzato l’attenzione sulle seguenti dimensioni tematiche: 1. LE POTENZIALITÀ DEL SERVIZIO CIVILE DI CONTRIBUIRE ALLO SVILUPPO DELLE COMPETENZE DI 2. 3. 4. 5. 6. BASE DEL VOLONTARIO LE COMPETENZE LAVORATIVE ACQUISITE DAL VOLONTARIO NELL’AMBITO DELL’ESPERIENZA DEL SERVIZIO CIVILE LE MODALITÀ DI ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO CIVILE PER FAVORIRNE UN IMPATTO SUL PERCORSO LAVORATIVO DEL GIOVANE VOLONTARIO IL RUOLO DELLA VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO NON FORMALE ED INFORMALE RISPETTO ALL’EVOLUZIONE DELL’ESPERIENZA DI SERVIZIO CIVILE VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DEL MODELLO PROTOTIPALE DI FORMAZIONE E ACCOMPAGNAMENTO DELL’ESPERIENZA DEL SERVIZIO CIVILE VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DEL MODELLO DI MONITORAGGIO DELLE COMPETENZE ELABORATO, VOLTO A VERIFICARE LA CAPACITÀ DELLE PISTE ESPLORATIVE DI FOTOGRAFARE LE Questo metodo consente, attraverso la consultazione successiva, di strutturare un processo di comunicazione tra i partecipanti in modo che ciascuno possa rivedere i propri giudizi dopo aver conosciuto, in forma aggregata e anonima, quelli espressi dagli altri. Tra la prima e la seconda consultazione si determina un feedback (una retroazione delle valutazioni aggregate su quelle individuali) che tende a favorire un certo grado di autocorrezione e convergenza delle diverse posizioni o a far emergere, in modo più netto, la presenza di schieramenti contrapposti. Le prime applicazioni di questa tecnica (che prende il nome dal noto oracolo greco) furono realizzate negli anni Sessanta alla Rand Corporation, negli Stati Uniti, commissionate dall'Air Force, con l'obiettivo di effettuare alcune previsioni di lungo periodo (Delphi standard). Da allora, pur mantenendo alcune caratteristiche dell'impianto originario, la tecnica ha subito una lunga evoluzione, che ha dato luogo a diverse versioni metodologiche. Una di queste, il Policy Delphi, ne ha consentito l'applicazione all'interno delle politiche pubbliche, non solo come strumento di previsione ma come procedura di verifica e perfezionamento del consenso intorno alla formulazione di scelte ed obiettivi. Una delle caratteristiche che distinguono il Policy Delphi da altre versioni metodologiche é l'utilizzo di diverse scale di valutazione delle questioni considerate, che in questo caso possono comprendere aspetti come la desiderabilità, la fattibilità o la rilevanza delle soluzioni allo studio. Per questa ragione, pur avendo mantenuto le sue prerogative originarie di metodo di previsione, nell'ambito delle politiche pubbliche Delphi può essere considerato, più propriamente, come un metodo di "analisi del futuro", che non si limita al futuro atteso, ma riguarda allo stesso tempo il futuro desiderato (scenari definiti sulla base di valutazioni di desiderabilità) e il futuro potenziale (scenari definiti sulla base di valutazioni di fattibilità). Questo sposta l'accento dalla dimensione tecnica della previsione (il futuro "probabile") alla dimensione politica della costruzione di ipotesi condivise sul futuro "possibile", ottenuta attraverso processi di comunicazione e di apprendimento nel corso dei quali i diversi attori interagiscono e ridefiniscono le proprie posizioni. In questo progetto è stata adottata una procedura di consultazione a due stadi. Nella prima fase ogni esperto ha fornito in modo libero alcune previsioni relative ai singoli ambiti di indagine, a partire da domande aperte e sulla base delle proprie competenze scientifiche e personali. Nella seconda fase, in corso di elaborazione, queste previsioni di base saranno elaborate, tradotte in item e sottoposte al giudizio degli esperti. Infine, con le ipotesi previsionali che registreranno la maggioranza di consensi si costruirà lo scenario previsionale. 4 COMPETENZE RICHIESTE DAL MERCATO DEL LAVORO, ED IN PARTICOLARE DALLE IMPRESE SOCIALI 7. LE CARATTERISTICHE ED I REQUISITI DELLE ORGANIZZAZIONI O DEGLI ESPERTI CHIAMATI A REALIZZARE L’ORIENTAMENTO PROFESSIONALE, LA VALUTAZIONE, IL MONITORAGGIO E LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE ACQUISITE DAI VOLONTARI NEL CORSO DELL’ESPERIENZA DI SERVIZIO CIVILE 8. IL RILASCIO DI CREDITI FORMATIVI E/O DI CERTIFICATI COME TRAGUARDO PER IL SISTEMA DEL SERVIZIO CIVILE 9. LA TIPOLOGIA DI SUPPORTO CHE I VARI STAKEHOLDER (GOVERNO, PARTI SOCIALI, ETC.) CON COMPETENZE SULL’ISTITUTO DI SERVIZIO CIVILE DOVREBBERO FORNIRE AL FINE DI RAFFORZARNE IL SISTEMA 10. IL CONTRIBUTO CHE IL SISTEMA DEL SERVIZIO CIVILE APPORTERÀ ALL’ATTIVAZIONE E AL RAFFORZAMENTO DEL SENSO CIVICO, DI COESIONE E DI PARTECIPAZIONE SOCIALE Su tutte le dimensioni elencate gli esperti sono stati consultati con riferimento all’orizzonte temporale dei prossimi cinque anni. E’ da sottolineare che in genere il metodo delphi consente di acquisire pareri e opinioni anche confliggenti, tali da fotografare posizioni diametralmente opposte. In questo caso, invece, nonostante il panel dell’indagine fosse composto da un gruppo qualificato di prestigiosi esperti, diversi tra loro per disciplina e collocazione scientifico-culturale, le opinioni acquisite non sono risultate divergenti, bensì espressione di più punti di vista, che hanno arricchito lo scenario previsionale, senza creare fratture interpretative. Gli esperti consultati sono stati: Leonardo Mastrangelo (CNCA) Giuseppe Acocella (docente universitario – esperto di formazione CISL) Luciano Righi (ricercatore universitario) Enzo Marrafino (esperto di formazione CISL) Giuseppe Colombo (CNCA) Simona Marinucci (CISL) 5 2. Introduzione Per comprendere i risultati della consultazione Delphi relativa al panel italiano, occorre sinteticamente offrire al lettore alcune informazioni generali sull’istituto del servizio civile volontario in Italia. E’ opportuno ricordare che il progetto CSA ha come focus dell’intervento l’apprendimento non formale derivante da esperienze di servizio civile volontario e/o sostitutivo. In tutti i paesi partner del progetto, gli obblighi di leva ad oggi risultano sospesi e con essi anche il servizio civile sostitutivo. Solo in Italia, è stato istituito un servizio civile volontario, indipendente dagli obblighi di leva e autonomo rispetto al volontariato “tout court”. Negli altri paesi partner del progetto, il servizio civile si configura come un’attività pro-sociale e solidaristica regolamentata nell’ambito delle attività di volontariato. L’elemento che accomuna il servizio civile volontario italiano e l’attività pro-sociale e solidaristica realizzata negli altri Paesi partner è data dal fatto che in entrambi i casi è svolta in organizzazioni no-profit del terzo settore. Per le finalità di CSA, la presenza di una regolamentazione del servizio civile volontario, risulta di secondaria rilevanza rispetto agli obiettivi progettuali di: - valorizzare le esperienze realizzate in ambito europeo per quanto attiene l’apprendimento non formale, derivante da esperienze di servizio civile volontario o analoghe; - progettare approcci didattici “efficaci”, tali da trasformare l’apprendimento non formale in un elemento di crescita delle opportunità di inserimento lavorativo; - definire linee guida per la progettazione di percorsi di apprendimento non formale monitorabili. In ogni caso, il panel italiano si è espresso in riferimento alla normativa italiana e quindi avendo a riferimento i vincoli e le opportunità dell’istituto che ha introdotto il servizio civile in Italia. Il nuovo Servizio civile nazionale su base volontaria rappresenta uno strumento innovativo per ripensare il rapporto di cittadinanza fra giovani ed istituzioni e per supportare le politiche sociali del nostro Paese. Esso offre ai giovani l’opportunità di sviluppare una formazione professionale nell’ambito dell’impegno sociale, ponendo parallelamente un’importante sfida alle associazioni di volontariato e del Terzo Settore in prospettiva della fine dell’obiezione di coscienza. Un primo elemento problematico si può rintracciare nella ambiguità semantica e concettuale generata dal definire il Servizio civile nazionale su base volontaria. Proprio la novità del compenso, che per ora equivale al 72% di quanto percepiscono i militari in ferma annuale, ovvero ammonta a 433,80 euro lordi (355,42 al netto delle ritenute fiscali), ha suscitato e continua ad alimentare reazioni contrastanti. 6 Accanto a chi vede in questo principio un modo molto diretto e concreto per invogliare i giovani all’impegno nel sociale, non manca chi vede in esso uno snaturamento della stessa natura di servizio volontario, preferendo che fosse stato mantenuto il principio dell’obbligatorietà. In particolare, fa discutere la scelta di chiamare il nuovo servizio civile "volontario", termine che nella Legge n.266/1991 (legge quadro sul Volontariato) ha un preciso significato di azione gratuita prestata a favore di terzi, così come sancisce l’Art.2: "per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà". In questo senso, in effetti, si verifica una indebita sovrapposizione di significati. Pertanto, è opportuno sottolineare che, nell’istituto del servizio civile nazionale su base volontaria per “volontario” non si intende colui che svolge gratuitamente un servizio, bensì colui che presta un'attività, un servizio, per libera scelta. Nel contesto legislativo nazionale è, dunque, “volontario” non l’apporto “lavorativo”, bensì la scelta di prestare servizio a favore della collettività. La previsione di una forma di "stipendio" rende, quindi, indispensabile un lavoro sul piano della comunicazione di immagine del nuovo Servizi Civile Nazionale (SCN), che ne metta in evidenza e ne faccia salve le finalità e le qualità che da esso sono negli anni derivate. Un lavoro di questo tipo è estremamente opportuno al fine di evitare che il SCN diventi desiderabile solo dai quei giovani che non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, dando adito, in questo modo, ad una distorsione. Anche se sulla base dei dati attualmente disponibili sui primi giovani impegnati nel SCN è arduo pervenire a delle considerazioni generali, tuttavia si evidenzia una tendenza in base alla quale dal Sud del Paese, ovvero dalle zone dove è più forte il problema della disoccupazione giovanile, le domande per il SCN hanno superato il numero di posti messi a disposizione dagli enti, mentre ben diversa è la situazione nel Nord, dove evidentemente quella economica non è una motivazione che spinge i giovani alla scelta del nuovo SCN. Il rischio a riguardo è che quest’ultimo venga avvertito come una sorta di lavoro socialmente utile, rischio che ne snaturerebbe la funzione e le finalità. Inoltre, in relazione alla libertà di scelta riconosciuta ai giovani, si prospetta il rischio che, a pieno regime, il nuovo Servizio civile non potrà in futuro garantire la stessa consistenza, in termini numerici, delle persone che prestavano Servizio Civile in qualità di obiettori, sia per una questione di risorse disponibili (il nuovo servizio è infatti più oneroso per lo Stato), sia per il probabile minor numero di persone che si dichiareranno interessate. Il rischio legato alla nuova legge è che il venir meno dell’obbligo riduca fortemente il contingente di giovani interessati a prestare un periodo della propria vita nel Servizio civile, con conseguenze negative sul sistema dell’assistenza e delle politiche sociali e culturali del Paese. 7 La normativa apre quindi dei nuovi scenari e crea un’occasione di servizio per la collettività e un’opportunità di formazione per i giovani coinvolti. Riguardo quest’ultimo aspetto, il Servizio civile nazionale pone il problema della formazione, un fattore essenziale per qualificare l’esperienza di chi sceglie di aderirvi. Da essa infatti dipende non soltanto la possibilità del giovane di acquisire competenze professionali e di rafforzare la propria motivazione, ma anche di fornire un contributo qualificato alle associazioni e agli enti in cui esso è impiegato. E’ inoltre opportuno sottolineare che questo servizio non è finalizzato all’inserimento lavorativo, bensì a: (art. 1) a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari; b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale; c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli; d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico - artistico, culturale e della protezione civile; e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero. “ Nel contempo, la legge istitutiva recita anche che “sono determinati i crediti formativi, per i cittadini che prestano il servizio civile o il servizio militare di leva, rilevanti, nell'ambito dell'istruzione o della formazione professionale, ai fini del compimento di periodi obbligatori di pratica professionale o di specializzazione, previsti per l'acquisizione dei titoli necessari all'esercizio di specifiche professioni o mestieri. Le Università degli studi possono riconoscere crediti formativi, ai fini del conseguimento di titoli di studio da esse rilasciati, per attività formative prestate nel corso del servizio civile o militare di leva rilevanti per il curriculum degli studi.” Pertanto, sebbene in modo indiretto, il dispositivo legislativo introducendo la possibilità di crediti formativi, avalla automaticamente la presenza di “competenze” acquisibili attraverso l’esperienza di volontariato. Il carattere ambiguo del dispositivo in ordine alla funzione dei crediti formativi, previsti ma non finalizzata all’inserimento lavorativo, rappresenta una questione che, al pari di una filigrana, intesse numerosi pareri risultando il light motiv di numerose aree tematiche. 8 3. I pareri degli intervistati 3.1 Il contributo del servizio civile volontario allo sviluppo delle competenze di base Il panel intervistato si pone innanzitutto un problema definitorio rispetto al concetto di “competenze di base”. In seno ai formatori CISL si sottolinea l’efficacia della definizione data da Richard Boyatzis2, secondo cui “la competenza è una caratteristica intrinseca dell’individuo casualmente legata ad una prestazione lavorativa superiore rispetto alla media”. La caratteristica intrinseca è una dimensione personale latente, quale può essere una motivazione, un tratto caratteriale, un’abilità, un aspetto della propria autoimmagine o ruolo sociale (auto-percezione del ruolo di volontario e percezione del ruolo visto dagli stakeholder), oppure un insieme di conoscenze che tale persona usa”. Di conseguenza, le prestazioni lavorative sono determinate, a parità di altre condizioni, da caratteristiche individuali descrivibili in termini di conoscenze, capacità e motivazioni. Competenza soglia Competenze pro-sociali Nel caso del volontario in servizio civile il concetto di competenza di base, che accomuna il panel intervistato, si identifica con il I livello del modello delle competenze elaborato dell’ISFOL3. Secondo il panel intervistato per competenza di base deve intendersi quella “dotazione cognitiva, procedurale e comportamentale” che consenta al giovane in Servizio Civile di poter avere un approccio positivo, pro-attivo e motivante al rapporto di impiego. Le interviste sottolineano anche l’esigenza, per la specificità del Servizio Civile che coinvolge una pluralità di enti e numerosi progetti di impiego, la necessità di introdurre il concetto di competenza soglia. La competenza soglia è quella che deve consentire al “Volontario in Servizio Civile” di sviluppare una determinata attività, la quale si qualifica non sulla base di contenuti professionali, bensì di “attitudini e propensioni”, ovvero un pattern di competenze prosociali4. Il nodo strategico tra competenze di base e servizio civile volontario, nel caso italiano, è individuabile nella fase e nei criteri adottati per la pre-selezione dei candidati. 2 R. Boyatzis è l’autore a cui si deve la nuova concezione di gestione delle risorse umane basata sulle competenze. Nella sua visione la centralità è del soggetto piuttosto che dell'oggetto (job). Quindi l'attore principale è l'individuo che possiede ed utilizza un sistema di competenze caratterizzato da conoscenze e capacità, motivazioni e valori e immagine di sé che gli consentono di esprimere comportamenti professionali competenti. 3 Isfol è l’istituto nazionale per lo sviluppo e la formazione professionale dei lavoratori. Dal 1995 il Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale ha affidato all'ISFOL l'incarico di Struttura Nazionale di Assistenza Tecnica per l'iniziativa Equal, per il FSE (ob. 1, 3, 4) e di Agenzia Nazionale Leonardo da Vinci. Inoltre l'ISFOL cura le attività del Centro Nazionale Europass e del Programma Visite di Studio 4 Il concetto di competenza pro-sociale sarà ulteriormente sviluppato nelle successive pagine 9 Secondo la normativa nazionale, i volontari che effettueranno l’esperienza di Servizio Civile prendono parte ad una procedura di pre-selezione volta alla determinazione della presenza/assenza di determinate caratteristiche ed attitudini. I criteri ai quali si ispira la procedura di selezione servono, per l’appunto, a mettere in luce se il candidato possieda determinate attitudini e propensioni individuali, tali da rendere efficace e significativa l’esperienza. Di conseguenza, il pattern di competenze prosociali che il volontario in Servizio Civile svilupperà è direttamente legato e va a rafforzare quei work habit che sono stati riconosciuti dal selezionatore nel corso del colloquio5. Competenze relazionali e organizzative Ritornando al tema delle competenze potenzialmente sviluppabili nel corso del servizio civile volontario, la maggior parte degli esperti concorda nell’affermare che le competenze sono soprattutto di natura relazionale e organizzativa. Esistono poi concetti e sfumature di senso differenti, che sono sintetizzabili nei seguenti leit motiv: a) Il volontario del Servizio Civile sviluppa principalmente “competenze prosociali”, ovvero qualità attinenti alla dimensione di una vita solidale e orientate al vivere civile, alla capacità di declinare insieme libertà e solidarietà, all’orientamento verso valori di giustizia sociale quali condizioni per garantire pari opportunità a tutti, educazione alla partecipazione e senso civico, valore della gratuità e senso di responsabilità. b) Il giovane acquisisce competenze sociali relative alla capacità di lavorare in gruppo, di comunicare efficacemente, di prendere decisioni, di risolvere operativamente i problemi (problem solving), di gestire i conflitti, di porsi in maniera flessibile nei confronti del cambiamento. c) Il volontario acquisisce, nel corso della propria esperienza, elementi di conoscenza e competenza partecipativa e gestionale. d) Le competenze di base che il volontario sviluppa sono prevalentemente di natura organizzativa, poiché è costretto a destreggiarsi fra i vincoli e le opportunità insite nel contesto quasi-lavorativo dell’esperienza di servizio civile. Esperienza quest’ultima, molto diversa sia dagli impegni di studio sia dalle esperienze di lavoro occasionale. e) Il volontario potenzia le proprie capacità socio-organizzative, apprendendo come destreggiarsi in contesti complessi, imparando a mediare, capendo come leggere i bisogni degli altri e intuire quanto gli altri si aspettino da noi. E’ stato altresì evidenziato che, nel medio termine, l’esperienza stessa del servizio civile rappresenti per il soggetto una opportunità per mettere in gioco e potenziare le competenze già possedute. 5 In Italia, la selezione candidati al servizio civile volontario di competenza degli OLP (Operatore Locale di Progetto) 10 Le precondizioni di una esperienza di successo Rispetto alle variabili che facilitano o ostacolano l’acquisizione di competenze nel corso del servizio civile, il panel intervistato ha evidenziato, con toni diversi, i seguenti fattori: a) Le caratteristiche personali: le capacità che si possiedono in ingresso, la predisposizione nei confronti dell’esperienza ed i tratti caratteristici dell’individuo. b) Il tipo di compiti assegnati al volontario: un fattore determinante che incide sul livello di acquisizione delle competenze è il tipo di compiti e mansioni che svolgerà il giovane in servizio civile. c) Il rapporto interpersonale con il mentor: la relazione che il giovane instaura con il proprio mentor è determinante per il successo dell’esperienza. Tale relazione deve essere tesa ad aumentare il protagonismo del volontario; deve rappresentare lo stimolo e l’incoraggiamento per il giovane a “mettersi in gioco” e a “metterci del proprio” nella realizzazione del progetto. Alcuni intervistati hanno evidenziato come l’esperienza del servizio civile possa aumentare anche il senso di autostima da parte del volontario. Il servizio civile rappresenta, infatti, per numerosi giovani la prima verifica extra-familiare di sviluppo del proprio ruolo sociale. In altri termini al giovane viene a mancare la copertura affettiva e materiale delle reti e dei luoghi consueti di relazione (scuola, cerchia di amici, relazioni immediate). Di conseguenza, il servizio di volontariato civile – se andato a buon fine – contribuisce ad accrescere nel soggetto il senso di autostima, in quanto il giovane percepisce di aver vinto una sfida importante e di aver acquisito competenze spendibili nel mercato del lavoro (consapevolezza). Il panel intervistato evidenzia anche come il giovane volontario, nel corso delle attività di progetto, ha modo di applicare e valorizzare tutti gli elementi distintivi delle proprie competenze prosociali (Motivazioni, Tratti, Concetti di sé) alle quali, alla fine del progetto, si aggiungono anche quei saperi professionali contestualizzati che rappresentano la parte visibile e facilmente riconoscibile delle competenze individuali. Queste ultime, però, risulteranno diversificate in base al progetto realizzato. Nel lungo termine La consapevolezza del volontario rispetto alle competenze acquisite è strettamente legata ad una valutazione delle stesse al termine dell’esperienza effettuata. In quest’ottica diventa importante la funzione dell’auto-valutazione in uscita (ultimo trimestre) perché è questo l’atto fondante della motivazione all’effectance, cioè la motivazione basata sulla consapevolezza del successo avuto, della positività dell’esperienza realizzata, della validità delle competenze acquisite nel lavoro “professionale” del volontario (obiettivi/contenuti del rapporto di impiego). Nel lungo termine si potrà immaginare di attribuire esplicitamente al servizio civile la funzione di introduzione del soggetto all’assunzione del proprio “ruolo 11 sociale”, che tradizionalmente era assolta dall’espletamento di massa degli obblighi militari o dalle esperienze associative o di formazione giovanile comunitaria. Apprendere un ruolo sociale L’esperienza del Servizio Civile, con la sua carica di positività valoriale e di rafforzamento del “sentimento di autostima del giovane”, acquisita con il riconoscimento del successo dell’esperienza, nonché attraverso la relazione pedagogica con il mentor, facilita nel volontario la presa di coscienza di quelle competenze sociali e di quelle skills professionali che gli hanno consentito di raggiungere gli obiettivi del progetto. Affinché l’esperienza sia in grado di sortire effetti a lungo termine sarebbe auspicabile il verificarsi una serie di condizioni: A) Il volontario dovrà possedere l’attitudine e le capacità di trasferire le competenze, le capacità e gli atteggiamenti acquisiti a contesti differenti in modo che il servizio civile rappresenti un’occasione permanente di cambiamento evolutivo delle scelte e degli stili di vita dei volontari. B) Il Mentor dovrà essere in grado di sensibilizzare e motivare il giovane all’importanza di acquisire competenze e skill nel corso del volontariato, così da renderlo consapevole di poterle utilizzare anche successivamente. C) Le possibilità di sperimentare nel tempo le competenze acquisite. mettere Le competenze apprese durante l’esperienza di servizio civile possono essere sviluppate successivamente se nello studio e/o lavoro potranno essere esercitate. 12 3.2 Le competenze lavorative acquisite dal volontario nell’ambito dell’esperienza del servizio civile Secondo il parere degli intervistati, i volontari, nel corso e per mezzo dell’esperienza di Servizio civile, consolidano le proprie competenze trasversali. Al termine del percorso, infatti, i volontari migliorano le proprie abilità di diagnosi (dell’ambiente/compito e della situazione/problema), di relazione con gli altri e con l’ambiente di riferimento, e di problem solving - sia a livello teorico che pratico. Il kit di competenze trasversali acquisito nell’ambito del volontariato rappresenta un importante bacino di potenzialità che, in ambito lavorativo, potrebbero tradursi in una migliore capacità di progettazione, di espressione e comunicazione, e di costruzione di strategie operative. Al consolidamento delle competenze trasversali si accompagna anche un accrescimento della sfera delle competenze di base, intese come un miglioramento del livello di cultura generale, una migliore padronanza delle conoscenze linguistiche, un accrescimento delle abilità logico-deduttive/logicoinduttive e delle abilità operative ed informatiche, tutte competenze direttamente spendibili nel mercato del lavoro e che ne costituiscono un pre-requisito di accesso determinante. L’esperienza del Servizio Civile promuove inoltre l’acquisizione di una serie di competenze operative, offrendo al volontario l’opportunità di apprendere modalità pratiche e saperi specifici che accrescono il proprio capitale sociale. Inoltre, l’esperienza di volontariato rappresenta un veicolo privilegiato per acquisire confidenza con le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (in particolare con il computer e con la rete Internet). Infine non va sottovalutata la capacità di acquisire consapevolezza e sensibilità verso la cultura della diversità, della non violenza e del volontariato. Tutto ciò può rappresentare una dotazione di competenze trasferibili in contesti lavorativi diversi, sia nell’ambito delle imprese profit che no profit. I processi di acquisizione di competenze ed abilità nel corso dell’esperienza di volontariato sono diversi. Rispetto a tale tema il parere degli intervistati è sintetizzabile in tre punti: a) il veicolo prioritario è rappresentato dalle attività operative vere e proprie, ovvero dalla partecipazione alle attività progettuali e dl coinvolgimento rispetto ai processi organizzativi connessi agli obiettivi progettuali. 13 b) l’attività formativa è di rilevanza strategica, così come le attività di automonitoraggio e auto-valutazione, in quanto consentono al volontario di prendere coscienza dei progressi effettuati e degli aspetti da sviluppare ulteriormente. c) Ultimo -ma non meno rilevante- fattore di promozione dell’apprendimento è la relazione pedagogica che si istaura con il mentore del rapporto di impiego, fattore di stimolo al confronto e alla crescita. Infine è stata sottolineato che il percorso di volontariato, per essere efficace, necessita di un tirocinio di apprendistato cognitivo con metodologie finalizzate a favorire il massimo apprendimento dall’esperienza. L’importanza di un continuum professionale Inoltre, il servizio civile, per veicolare l’acquisizione e la detenzione di abilità realmente qualificanti e spendibili in maniera competente nel mondo del lavoro, deve collocarsi in un continuum di esperienza pregressa e di scelta successiva entro la medesima filiera di lavoro. Solo a queste condizioni il tempo del servizio diventa un tempo proficuo per costruire il profilo professionale del soggetto. I soggetti che hanno svolto l’esperienza del servizio civile si troveranno facilitati nell’inserimento lavorativo rispetto a coloro i quali non avranno vissuto tale esperienza. Avranno acquisito, infatti, una maggiore facilità nell’adattarsi a situazioni nuove, e saranno in grado di muoversi con maggiore disinvoltura in un ambiente “socio-tecnico”. In particolare, secondo il panel intervistato, le competenze operative spendibili nel lungo termine nel mondo del lavoro risultano: Ï Conoscenze delle diverse tipologie di utenti, e delle problematiche sociali e psicologiche connesse; Ï Acquisizione degli elementi fondamentali per l’assistenza e la cura della persona; Ï Acquisizione delle metodologie di analisi dei bisogni; Ï Acquisizione delle tecniche di animazione e di gestione delle relazioni; Ï Acquisizione delle tecniche di progettazione di interventi socio-assistenziali; Ï Acquisizione delle metodologie e degli strumenti per la verifica degli interventi socio-assistenziali; Ï Deontologia del servizio e della professione sociale. 14 3.3 Le modalità di organizzazione del servizio civile per favorire il successivo inserimento lavorativo del volontario Il panel intervistato ha posto l’accento sui alcuni fattori esogeni ed endogeni in grado di determinare un innalzamento nelle potenzialità del servizio civile. I fattori endogeni sono sintetizzabili nei seguenti punti: Fattori endogeni Fattori esogeni a) Il senso comune: sarebbe opportuno promuovere una maggiore consapevolezza da parte della cittadinanza e delle Istituzioni rispetto all’importanza di tale esperienza e alle conseguenze positive che essa è in grado di sviluppare nel volontario. Il servizio civile dovrebbe essere considerato come un bene collettivo, utile alla società tutta. b) Il networking: sarebbe auspicabile realizzare un collegamento più saldo tra le organizzazione che si occupano di servizio civile e le istituzioni, tale da promuovere scambi proficui tra i diversi enti interessati. c) il potenziamento delle risorse economiche: esiste una profonda disparità tra il servizio civile volontario ed il servizio militare volontario, che determina un approccio che vede il primo come un “parente povero” del secondo anziché come una scelta di vita e valoriale differente. d) la distribuzione di incentivi: sarebbe opportuno elargire incentivi agli enti di servizio civile pubblici e privati che – sulla base di una valutazione esterna e indipendente – hanno presentato e messo in opera i migliori progetti di servizio civile; nonché ai ragazzi e ragazze in servizio civile che hanno svolto i migliori progetti, prevedendo oltre agli incentivi economici, anche l’accesso gratuito alla formazione superiore. e) una concezione diversa di servizio civile: il servizio civile volontario dovrebbe essere concettualmente slegato dall’obiezione di coscienza - visione che in qualche caso permane ancora tra gli enti gestori- così come dalla valenza di “ammortizzatore sociale” - presente soprattutto al sud. Il servizio civile dovrebbe iniziare ad essere considerato un strumento di formazione personale e professionale, ed entrare a far parte dei modelli/percorsi di “Education" in accordo con il sistema di Unità Formative Capitalizzabili e con metodologie modulari di alternanza. I fattori esogeni riguardano le modalità precipue di organizzazione del progetto di servizio civile e sono: a) L’apprendistato meta-cognitivo dovrebbe essere pianificato in modo tale da realizzare le condizioni di un apprendistato meta-cognitivo, ovvero in grado di promuovere la pianificazione, il controllo e la valutazione di ciò che è stato fatto, il prodotto di un compito e di come è stato fatto, il processo attraverso cui si è giunti al prodotto (ad esempio, identificare gli scopi e le procedure di un compito lavorativo, individuare problemi nella comprensione durante la realizzazione, analizzare e correggere gli errori, auto-valutarsi). 15 b) Il rapporto apprendista - mentor: rappresenta la chiave di volta per lo sviluppo delle competenze soglia (di natura sociale), delle competenze trasversali e delle competenze tecnico professionali (rappresentante dal contenuto dei progetti). L’impatto del servizio civile sarà tanto maggiore quanto più si riuscirà a promuovere il trasferimento delle competenze sociali (works habits del soggetto) e delle competenze trasversali (diagnostiche, di “fronteggiamento” e relazionali), che determinano la futura capacità di adattamento del soggetto lavoratore agli ambiti lavorativi nei quali si troverà ad effettuare le proprie performance (competenze di placement). c) Le aree di intervento: Un’altro aspetto di fondamentale importanza attiene ad una migliore definizione dei progetti sulla base delle aree di intervento a cui si rivolgono. A questo proposito sarebbe auspicabile l’elaborazione di linee guida nazionali divise per aree di intervento (handicap, ambiente, cultura…). Nel Lungo termine Per quanto attiene al lungo termine, gli intervistati hanno evidenziano alcune azioni e condizioni che potrebbero aumentare la capacità occupazionale derivante da un’esperienza di servizio civile volontario. I punti salienti della riflessione risultano: A) I patti sociali e formativi: per favorire un reale impatto sul percorso lavorativo dei volontari, sarebbe necessario sviluppare la messa a sistema degli approcci, delle metodologie e degli strumenti attraverso l’elaborazione di patti sociali e formativi, che consentano di sostenere "Percorsi di Education" finalizzati all'occupazione dei volontari in raccordo ed integrazione tra scuola, formazione, università, privato sociale, servizi per l'impiego. B) Il passaggio dal servizio alla carriera professionale: come si assegnano crediti formativi universitari (a seguito di una formazione on the job), così si dovrebbero prevedere per i volontari agevolazioni nell’inserimento nel mercato del lavoro, attribuendo al servizio civile una sezione specifica del curriculum vitae; questo meccanismo sarebbe attuabile solo a patto di una rigorosa selezione in ingresso dei volontari. C) Maggiori poteri agli enti: attribuire all’accreditamento degli enti non un valore genericamente formativo, ma un portato di possibilità concrete di definizione di aree di bisogno e settori di intervento specifici, rispetto ai quali mettere in moto i meccanismi propri del terzo settore anche con l’ausilio dei giovani che hanno preso parte all’esperienza di servizio civile. Fornire maggiori possibilità di intervento agli uffici regionali decentrati del Servizio Civile Nazionale – in collaborazione con gli enti locali. D) La “borsa del lavoro” del Terzio Settore: strutturare un collegamento fra il Servizio Civile Nazionale e il Terzo settore che opera nel mondo del lavoro. La necessità è quella di far conoscere i giovani che hanno operato nel servizio civile e favorire l’incontro con la domanda di lavoro proveniente dal terzo settore. Un possibilità potrebbe essere quella di una “borsa del lavoro” che faciliti l’incontro domanda-offerta. 16 3.4 Il ruolo della valutazione dell’apprendimento non formale ed informale rispetto all’evoluzione dell’esperienza di servizio civile Il ruolo della valutazione Per il panel intervistato, il ruolo della valutazione è senza dubbio strategico, in quanto consente di: - Validare l’esperienza, - Attribuire senso e significato al lavoro svolto dal giovane, - Costruire processi di auto-consapevolezza che vanno a rafforzare la “percezione di efficacia del lavoro svolto nel corso dell’anno di Servizio Civile” - Promuovere l’acquisizione da parte del giovane di una dimensione del proprio “locus of controll”, - Promuovere l’acquisizione della propria capacità di perseveranza nell’impegno lavorativo - Promuovere l’acquisizione della propria capacità di gestire obiettivi sfidanti (coping) - Sperimentare la consistenza della propria “resistenza” allo stress da prestazione. Per concludere, l’esigenza di una valutazione delle competenze acquisite diventa imprescindibile in un Mercato del Lavoro sempre più caratterizzato da opportunità di lavoro e sempre meno da posti di lavoro reali. I momenti della valutazione E’ opinione comune che occorra pianificare e realizzare momenti di verifica intermedi dell’apprendimento informale e non formale - capaci di una considerazione non burocratizzata che valuti la rispondenza dell’esperienza in atto rispetto agli obiettivi prescritti – può consentire di elaborare un modello utile a procedere alla valutazione. Occorre, inoltre, definire e validare dispositivi di misurazione delle competenze in entrata ed in uscita, nonché una loro certificazione. Per gli intervistati, il soggetto più indicato a realizzare tale valutazione è il mentor, che ha assistito il giovane durante tutta la sua esperienza ed avrà il polso del gap esistente tra le competenze e le abilità in entrata e in uscita. Le interviste hanno anche evidenziato alcune perplessità circa la valutazione dell’apprendimento non formale e informale. E’ stato sottolineato da alcuni intervistati come una valutazione ex ante, infra e post misura i processi di apprendimento attraverso elementi riscontrabili, i quali nella maggior parte dei casi rappresentano evidenze oggettive di competenze “formali”. Un dato certo su cui concordano tutti i pareri è che l’esperienza di volontariato sarà tanto più efficace quanto più sarà possibile restituire al giovane un feedback 17 rispetto alle competenze acquisite (soprattutto relativamente alle competenze trasversali). A lungo termine la valutazione potrebbe assumere il valore di una componente sostanzialmente curriculare. Ma, affinché la valutazione determini un impatto reale nel percorso professionale del giovane, sarà fondamentale costruire una rete tra Istituzioni – Terzo settore – Mondo del lavoro, in grado di assegnare valore, riconoscere e dunque fare emergere le competenze acquisite nel corso dell’esperienza di Servizio Civile Volontario. Per far sì che ciò accada, occorre formalizzare standard “riconoscibili” e imprescindibili nella strutturazione dell’esperienza di volontariato. Secondo alcuni intervistati, per la definizione degli indicatori di efficacia formativa del servizio civile sarà necessario effettuare un’analisi comparata delle varie valutazioni soggettive, sulla base di variabili indipendenti, agganciandole a contesti regionali, alle aree di servizio, agli ambiti di lavoro e alle pre-condizioni soggettive dei volontari. Inoltre, per supportare la mobilità professionale dei giovani volontari sarà importante la ricerca, nell'ambito della cooperazione transnazionale, di un sistema di certificazione delle competenze europeo quale supplemento integrativo da allegare alle certificazioni formali nazionali (Europass). 18 3.5 Valutazione dell’efficacia del “modello prototipale di formazione e accompagnamento dell’esperienza del servizio civile” Il soggetto valutatore Secondo il panel intervistato, il percorso prototipale costruito implica la messa a disposizione da parte degli enti gestori di professionalità elevate non sempre disponibili presso gli enti gestori del servizio, né reclutabili come volontari. Inoltre, secondo alcuni gli intervistati il percorso prototipale andrebbe a sommarsi al già esistente e ampio numero di procedure burocratiche e formali esistenti, con il risultato di aumentare la fatica e la demotivazione delle professionalità che accettano di impegnarvisi. Nonostante tale critica, l’opinione degli intervistati concorda nel ritenere il modello adeguato ai bisogni delle organizzazioni, sebbene sia giudicato carente rispetto alla valutazione delle aspettative dei volontari. Come migliorare il modello Alcuni intervistati suggeriscono di prendere a riferimento pattern consolidati e sperimentati in cui il giovane volontario può attivare processi di sviluppo delle competenze. A tal fine sono citati il modello di sense making di Weick in ambito lavorativo, il modello di Ernest Boyer, e naturalmente il processo di Ausbel e Kolb. Inoltre, secondo il panel consultato il processo prototipale può risultare efficace solamente se: - si presta particolare attenzione alla figura del tutor, che deve essere ben formato ed avere i mezzi necessari per realizzare quanto di sua responsabilità; - si fa attenzione alla dinamica di gruppo. I giovani in servizio civile dovrebbero potersi scambiare le proprie esperienze e dovrebbe essere prevista una fase di formazione/osservazione del lavoro di gruppo; - lo stesso modello di formazione e accompagnamento viene monitorato secondo le logiche della action research da una società di parte terza rispetto a quella che implementa il modello prototipale. In particolare, il panel intervistato offre i seguenti suggerimenti per migliorare il modello prototipale. - Per quanto attiene alla fase C - fase operativa, esperienza concreta – il panel suggerisce di definire la durata della formazione specialistica realizzata attraverso la modalità learning by doing (apprendere attraverso il fare); - Per il punto D: valutazione e certificazione dell’esperienza di servizio civile o volontariato – in riferimento all’obiettivo del “rilascio certificazione attestante le competenze possedute” - si suggerisce di procedere da subito alla registrazione degli strumenti normativi già esistenti e alla verifica della loro 19 utilizzabilità nell’attuale sistema. Ciò richiede naturalmente una valutazione degli standard di certificazione ed accredito da parte delle strutture del servizio civile. Complessivamente, gli esperti intervistati fanno osservare che il modello permette un corretto approccio ai bisogni delle organizzazioni, anche se prende poco in considerazione le aspettative dei volontari. Il lungo termine Infine, un modello prototipale deve potersi definire non tanto in ordine a degli obiettivi specifici di singoli interventi, quanto a obiettivi di natura generale o secondo livello che riguardano cioè “competenze di base o trasversali”. Solo se ci poniamo intenzionalmente tali obiettivi e ne definiamo gli indicatori che ce ne confermano il raggiungimento è possibile misurare l’efficacia dell’apprendimento. Occorre, ragionando sul lungo termine: - ipotizzare un percorso formativo che – dall’orientamento iniziale all’accertamento finale delle conoscenze e competenze acquisite – fornisca sufficienti parametri per la costruzione di un sistema organico traducibile in livelli di competenza riconoscibili dalle istituzioni formative esterne. In questo senso la proposta iniziale sulla Formazione d’aula (competenze di base) e sul Piano di sviluppo personale (punto 2.3-Inserimento dei volontari-) costituisce una base apprezzabile da cui partire. - definire un “modello flessibile e modulare” da riproporre in fase di consolidamento, dal momento che il prototipo è pensato per essere utilizzato nella fase di avvio dell’esperienza. - occorre inoltre creare sinergie tra le esigenze dell’organizzazione, le capacità/aspettative del volontario e le istituzioni stesse. 20 3.6. Valutazione dell’efficacia del “modello di monitoraggio delle competenze” Come migliorare il modello Il modello di monitoraggio elaborato rappresenta un ottimo punto di partenza. L’attenzione è incentrata sulle competenze pre-professionali di base e trasversali, di cui il mercato del lavoro oggi ne richiede la presenza in misura sempre maggiore (rispetto a quelle tecniche specifiche). Questo, a detta degli stessi ricercatori, vale per qualsiasi azienda che voglia puntare sulle risorse umane come elemento trainante dello sviluppo imprenditoriale, ed a maggior ragione per le imprese sociali, che si caratterizzano proprio per il capitale sociale che riescono a realizzare. Il panel intervistato fa osservare che il modello potrà essere realmente efficace solo se la registrazione delle competenze risulterà di facile lettura. Tra i suggerimenti specifici, gli intervistati propongono l’inserimento di una nuova area test:”Come mi relaziono con gli altri”. La progettazione e la valutazione dell’attività di monitoraggio, secondo gli esperti, andrebbe maggiormente ancorata ad un processo formativo, con finalità ed obiettivi generali e specifici, determinati e misurabili. La struttura di monitoraggio proposta ed analizzata, secondo gli esperti, risulta calzante per evidenziare le caratteristiche implicite della persona, ma appare avulsa da qualsiasi “tassonomia” degli obiettivi. Il modello di monitoraggio viene posto in relazione a quelle competenze base e la selezione di queste ultime andrebbero resa maggiormente armonica con le competenze soglia richieste dal Servizio Civile Volontario dell’Italia. Il modello potrà essere efficace solamente se si raccorderà con un mondo del lavoro che non sia quello “tradizionale”, poiché le logiche del “mercato sociale” sono estremamente diverse da quelle di altri mercati. Nel lungo termine Nel lungo termine sarebbe auspicabile un vero e propri sistema di incroci tra articolazione dell’attività del servizio civile, tendenze costanti delle rilevazione della domanda (privata o da impresa sociale), e modulazione della formazione permanente. Il modello, per risultare maggiormente efficace, dovrà considerare e dare un giusto equilibrio alle sei competenze di mobilità oggi ritenute prioritarie dal sistema di qualificazione o professionalizzazione : 1. la competenza di identificare le regole del gioco in una situazione professionale e ad utilizzarle; 21 2. la competenza di considerare un sistema di attori pertinenti al fine di rispondere il più precisamente possibile ai bisogni dei clienti/utenti; 3. la competenza di utilizzare dei saperi e dei saper fare tecnici e professionali adeguati alle situazioni; 4. la competenza comunicativa in situazione per facilitare la soluzione di un problema o la risposta ad una domanda; 5. la competenza di passaggio di informazioni al contesto ed ai clienti/utenti per facilitare la risposta professionale; 6. la competenza di autovalutazione per identificare gli apprendimenti nelle differenti situazioni (nelle situazioni professionali « non-formal learning », nella formazione iniziale «formal learning », nella formazione continua «non-formal learning » e nelle esperienze personali «informal learning »). 22 3.7 Le caratteristiche ed i requisiti delle organizzazioni e degli esperti per la valutazione, il monitoraggio e la certificazione delle competenze dei volontari Le organizzazioni dovrebbero sviluppare maggiormente una capacità di ascolto attivo dei volontari, accompagnandoli nel processo di crescita. Già da tempo si è sviluppata un’ampia letteratura sulla metodologia di apprendimento e di diffusione delle conoscenze e competenze in un’organizzazione. Il panel intervistato ha puntato l’attenzione sulla metodologia dell’apprendimento organizzativo ed in particolare sui processi di apprendimento all’interno di un’organizzazione, cioè come un’organizzazione può e deve produrre e diffondere conoscenze. L’orientamento maggiormente condiviso tende a privilegiare l’apprendimento per l’empowerment. I requisiti dei valutatori I requisiti che dovranno possedere gli esperti della valutazione, monitoraggio e certificazione delle competenze sono così sintetizzabili. Conoscenze - Conoscenza del ruolo della formazione nel sistema organizzativo no profit - Conoscenza del ruolo della formazione per la crescita personale e professionale del volontario - Conoscenza delle connessioni tra formazione e lo sviluppo del personale - Conoscenza degli stili organizzazione delle aziende non profit: il fattore umano come base di sviluppo del terzo settore - Conoscenza e comprensione della cultura aziendale dell’ente(vision, mission, valori e strategie e strutture) - Conoscenza dei differenti stili di apprendimento - Conoscenza delle varie tecniche, strumenti e supporti tecnologici della formazione Abilità/Capacità - Capacità di leggere il contesto, inteso come capacità di mettere in rapporto il volontario con l’area sociale nella quale ha svolto l’esperienza - Capacità di utilizzare le tecniche di motivazione e valorizzazione delle risorse umane - Capacità di analisi dei bisogni - Capacità di realizzare una progettazione formativa.(la pratica della progettazione formativa; obiettivi didattici e performance; la progettazione e stesura del curricolo). - Capacità di utilizzo delle varie tecniche, strumenti e supporti tecnologici della formazione - Capacità di utilizzare e leggere strumenti di monitoraggio, valutazione e verifica del processo di insegnamento/apprendimento 23 Atteggiamenti professionali e stili relazionali - Saper comunicare efficacemente - Capacità di gestione dei volontari - Capacità di gestione dell’aula Esperienze - Esperienza nel mondo del terzo settore o comunque in quello delle attività legate al sociale - Esperienze di attività con i giovani - Esperienze di studio/lavoro nell’area sociale (sociologi/psicologi/…). Nel lungo termine Nel lungo termine sarebbe auspicabile che gli esperti acquisiscano e mettano in pratica vere e proprie competenze di “Orientatore”: - informative - di assessment - di couselling - di costruzione del bilancio di competenze - di supporto alla costruzione del progetto professionale e personale individualizzato. Le organizzazioni dovrebbero essere competenti e certificate. Sarebbe auspicabile la realizzazione di interscambi con altri paesi, così da consentire ai volontari di realizzare esperienze interculturali. 24 3.8 Il rilascio di crediti formativi e/o di certificati come traguardo per il sistema del Servizio Civile Per il panel intervistato il rilascio di crediti formativi o di certificati contribuirebbe a far uscire il servizio civile da una condizione ancora segnata dalla scarsa consapevolezza del legame esistente tra questa esperienza e l’intero percorso formativo del singolo. La certificazione delle competenze come diritto formativo Inoltre il processo di certificazione rappresenterebbe il riconoscimento dei "diritti formativi" delle persone, ove per diritti formativi si intendono: - il diritto alla scelta fra opzioni alternative ed equivalenti; - il diritto alla continuità formativa: ogni cammino formativo deve poter essere aperto a sviluppi successivi; - il diritto alla reversibilità delle scelte: ogni persona che ha intrapreso un percorso ha diritto di interromperlo e di proseguire in un altro senza per questo dover ricominciare da capo Occorre però evitare il rischio che l’esperienza di servizio civile si riduca a mero espediente finalizzato esclusivamente ad acquisire – oltre che per molti casi un reddito minimo e provvisorio di mantenimento – un elemento aggiuntivo al proprio curriculum vitae. Secondo il panel intervistato occorre, inoltre, far sì che tale sistema contribuisca ad incentivare anche i giovani di livello di istruzione medio-basso, e dunque non sia pensato e tarato solo ed esclusivamente per laureati o studenti ad elevata specializzazione. Per numerosi intervistati, il “florilegio dei progetti” rende estremamente difficile e complessa la procedura di acquisizione e certificazione delle competenze. Le competenze che possono essere assunte come “profili di competenze base collegate con un’area “tecnica professionale”, difficilmente sono in grado di dar luogo ad una qualifica lavorativa” spendibile sul mercato del lavoro. L’unica competenza che potrebbe e dovrebbe essere riconosciuta dal sistema delle imprese potrebbe essere quella delle competenze sociali. Il rilascio dei crediti formativi – se integrato con un vero sistema complesso della certificazione della formazione e di validazione delle competenze – acquista, in prospettiva, un significato sociale rilevante e qualificante per il servizio civile. Tale meccanismo fornirebbe onore e prestigio alle organizzazioni rilascianti i certificati, e contribuirebbe a creare nuovi canali di comunicazione tra la formazione scolastica ed il mondo del lavoro. 25 La condizione imprescindibile affinché si metta in piedi un meccanismo efficace è quella di un monitoraggio dell’accreditamento degli enti, che non sia fondato solo su criteri auto-prodotti dagli enti stessi, ma che venga via via confermato dalle valutazioni sia dei volontari coinvolti nei progetti, sia del sistema di controllo dell’UNSC (Ufficio Nazionale per il Servizio Civile). Inoltre, tale sistema rappresenterà un traguardo solo qualora la consapevolezza dell’importanza del servizio civile divenisse parte della “coscienza” delle imprese e del mondo politico. 26 3.9 La tipologia di supporto che i vari stakeholder (governo, parti sociali, etc.) con competenze sull’istituto di servizio civile dovrebbero fornire al fine di rafforzarne il sistema Le precondizioni di un approccio integrato Gli attori di un approccio integrato Il supporto all’adozione di un approccio integrato e sistemico, che consenta di ricondurre tutte le politiche relative all’istituto del servizio civile all’interno di un quadro di riferimento univoco, secondo il panel intervistato, dovrà realizzarsi attraverso: - La definizione di percorsi di "Education" finalizzati all'occupazione dei volontari; - La definizione delle metodologie valutative sia in fase selettiva che in fase di Lavoro; - La definizione di un sistema di certificazione delle competenze non formali a complemento delle certificazioni formali; - L’elargizione di supporti di natura organizzativa alla messa in pratica del sistema; - La definizione di percorsi volti alla formazione specifica per gli OLP in ordine alla capacità di accompagnare i soggetti nel servizio civile, aumentando il loro senso di consapevolezza di cittadinanza attiva; - Una maggiore attenzione al livello locale dell’esperienza, favorendo gli studi ed il monitoraggio delle esperienze; - L’elargizione di incentivi alle organizzazioni che propongono progetti innovativi; - L’elargizione di incentivi differenziati per i giovani che partecipano a progetti differenti di servizio civile. Per quanto attiene agli “attori” che realizzano il sistema del Servizio Civile Nazionale, le loro competenze devono essere “diverse e complementari”; nello specifico: - Il Governo: potrebbe consentire il riconoscimenti dei crediti formativi e la certificazione delle competenze sociali con l’introduzione del “libretto delle competenze del giovane volontario” (portfolio delle competenze sociali del Volontario Servizio Civile). Libretto che dovrà essere riconosciuto e spendibile in tutti i contesti lavorativi e produttivi tramite protocolli ed intese con le parti sociali, gli Imprenditori e le Organizzazioni Sindacali, e le Associazioni professionali di categoria. - Le parti sociali: possono consentire la spendibilità del “Libretto delle competenze del giovane volontario” in tutti gli ambiti lavorativi e produttivi, riconoscendo in questo valenza, efficacia e validità all’esperienza realizzata dal Volontario nei progetti di Servizio Civile. - Gli Enti di I classe con sistemi formativi accreditati presso l’UNSC: devono garantire la validità del processo formativo nei diversi setting operativi e gestionali, al fine di poter attestare l’acquisizione delle competenze sociali realizzate dal volontario nel rapporto di impiego. Gli Enti di I classe dovrebbero 27 - Le caratteristich e del sistema di gestione poi, su delega dell’UNSC, essere autorizzati a certificare le competenze sociali acquisite dal volontario . Le Amministrazioni Regionali: con l’entrata in vigore del decreto legislativo n.77 del 2002, le Amm.ni Regionali istituiscono da sole Albi e legiferano anche in materia di servizio civile. Dovrebbero però contare su una organizzazione più articolata ed efficiente delle realtà che elaborano progetti di servizio civile. Tutti i punti di vista convergono verso l’importanza di un supporto alla creazione di un sistema integrato di formazione che assegni il giusto ruolo all’istituto del servizio civile. Il sistema di gestione integrato dovrà consentire di: 1. Dialogare, attraverso l'analisi dei fabbisogni, con la realtà socio-economica locale; 2. Garantire ai giovani volontari, in itinere, l'effettiva possibilità di capitalizzare le esperienze di apprendimento anche attraverso dispositivi di reciproco riconoscimento di crediti tra le diverse filiere formative; 3. Operare con logiche alternative nell'ambito della strategica questione della certificazione, anche attraverso l'effettiva messa in trasparenza, a livello nazionale ed europeo, delle esperienze e delle competenze acquisite. 28 3.10 Il contributo che il sistema del servizio civile apporterà all’attivazione e al rafforzamento del senso civico, di coesione e di partecipazione sociale Il contributo del servizio civile alla crescita civica Il sistema del Servizio Civile, per le modalità in cui è organizzato e per la mission che lo ispira, secondo il panel intervistato, è un sistema in grado di: - Contribuire all’uscita dalla tradizionale rigidità culturale ed antropologica diffusa dall’individualismo competitivo – che segna ancor più le ultime generazioni –, costituendo (specie per il Mezzogiorno) una sfida rilevante al fine di ricostruire una trama efficace di relazioni sociali indispensabili alla creazione di reti civili, sociali, economiche, relazionali necessarie per lo sviluppo comune; - Rappresentare una “palestra” necessaria a tutti i giovani del nostro Paese (inclusi i giovani che non hanno la cittadinanza italiana) per poter sperimentare ed implementare i valori che costituiscono la base di una convivenza civile, solidale e responsabile - Favorire l’acquisizione di una cultura della cittadinanza attiva, capace di tradursi in gesti di solidarietà e di sostenere la maturazione di una coscienza critica in merito allo sviluppo socio-economico locale, nazionale e globale Il servizio civile potrà innalzare il senso civico, di coesione e di partecipazione sociale se i giovani avranno la possibilità di confrontarsi con altri pari e con i tutor, nonché discutere dei temi relativi alla solidarietà. Sarà essenziale, in ogni caso, non fare del servizio civile una pura appendice “prestazionale” degli enti; si tratta di una scommessa che non è possibile perdere per tutti quei cittadini che espletano i doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale (art 3 della Costituzione). Come dare incisività al servizio civile Per rendere concrete le potenzialità del Servizio Civile, per il panel intervistato, sarà necessario: - Ripensarlo come parte di un percorso di istruzione e formazione dei giovani con pieno titolo e dignità al pari degli altri sistemi d’istruzione e formazione, collocandosi lungo un percorso (dalla scuola al lavoro) che formi alla solidarietà; - Rendere consapevoli prima di tutto gli enti proponenti rispetto a questo processo di presa di coscienza delle giovani generazioni, cosicché antepongano ai loro problemi gestionali un compito educativo; - Che le esperienze di servizio civile siano capaci anche di “guardare” oltre i confini di “casa propria”; ciò sarà possibile pensando ad un percorso che includa, ad esempio, esperienze all’estero e/o incontri e scambi con altre organizzazioni. 29