LICEO SCIENTIFICO STATALE ³9,7725,29(1(72´ MILANO La scrittura non va in esilio CONCORSO LETTERARIO A.S. 2008/2009 Scrivere è pensare Questo è il secondo volume di racconti e poesie scritti dai nostri DOXQQLDQ]LGDWRO·LQGXEELRVXFFHVVo delle quattro ragazze premiate DOO·RPRQLPR &RQFRUVR SURPRVVR GDO &HQWUR $VWDOOL GL 5RPD, si può dire che qui si parli al femminile. Il successo colto dalle nostre studentesse dimostra che il Liceo non si è impegnato invano e che tra i nostri alunni vi sono potenzialità culturali che aspettano solo di essere coltivate, per fiorire. La prof.ssa Maria Mastrolitti ed il prof. Marco Baglio, guidando i nostri ragazzi in questo percorso, hanno fatto proprio questo: coltivato le potenziali capacità letterarie degli alunni. Il terzo millennio si annuncia con la grande sfida tra la tradizione dello scrivere e la contemporaneità delle comunicazioni brevi, alle quali invogliano gli VWUXPHQWL LQIRUPDWLFL 0D O·XQD QRQ HVFOXGH JOL DOWUL Qp accade il contrario, perché il pensiero, quando è robusto, domina entrambi gli aspetti ed i loro strumenti. Per tale via comunicano tra loro chi scrive e chi legge. Un libro, un racconto, una poesia non ci lasciano mai soli né inaridiscono. Essi nutrono la mente, disvelando sempre nuovi orizzonti. ,QILQHDWWUDYHUVRO·RSHUDOHWWHUDULDJUDQGHRPRGHVWDO·XRPRqSDUWH di quel tutto che travalica barriere e confini. Ragazzi, continuate così! Milano, 3 dicembre 2009 Il Preside (Prof. 0LFKHOH'·(OLD 1 Le ragioni di un titolo NeOO·DV -2009 alcune classi del nostro Liceo hanno SDUWHFLSDWRSHULOWHU]RDQQRGLVHJXLWRDO3URJHWWR´/DVFULWWXUDQRQ YD LQ HVLOLRµ FRQ FXL OD )RQGD]LRQH &HQWUR $VWDOOL 2QOXV GL 5RPD KD inteso promuovere nelle scuole una riflessione sulla problematica dei rifugiati politici e dei richiedenti asilo. Il Progetto ha goduto anche di un finanziamento della Provincia di Milano e si è sviluppato in VLJQLILFDWLYDFROODERUD]LRQHFRQO·$VVRFLD]LRQH´&DVD0DUWD/DUFKHUµGL Milano. 7UD OH YDULH DWWLYLWj SURSRVWH GDOOD )RQGD]LRQH &HQWUR $VWDOOL F·HUD anche la partecipazione a un Concorso Letterario dal titolo, appunto, ´/DVFULWWXUDQRQYDLQHVLOLRµ,O3UHVLGHHOH&RPPLVVLRQL%LEOLRWHFDH Cultura del Liceo Statale Vittorio Veneto hanno deciso di adottare questo stesso titolo per il Concorso Letterario che da due anni a questa parte si tiene nella nostra scuola, permettendo così agli studenti di iscriversi contemporaneamente a due selezioni. Da parte nostra, abbiamo istituito tre sezioni: 1. migliore racconto; 2. migliore poesia; 3. migliore locandina. Abbiamo poi suggerito agli studenti di intendere il titolo non solo in una prospettiva di attualità politica, ma anche in una prospettiva simbolica: la scrittura che non va in esilio può così diventare immagine della parola, del valore del narrare, della funzione della letteratura. In questo volume presentiamo i testi ritenuti migliori dalla Giuria del Liceo e, insieme, ricordiamo che quattro nostre studentesse sono state premiate anche dalla Fondazione Centro Astalli: Anna Clara Basilicò (terza classificata, 2H); Alice Grati (ottava classificata, 3F); Lucrezia Cammarata (menzione speciale, 4H); Federica Zambrini (menzione speciale, 3F). 2 SEZIONE RACCONTO QUESTO È PER TE di Anna Clara Basilicò (2H) /(77(5$$//¶,232(7$ di Riccardo Tommasini (5D) TI RACCONTO UNA STORIA di Federica Zambrini (3F) R.H.S. di Costanza Sartoris (4D) UN MESSAGGIO DAL FUTURO di Lucrezia Cammarata (4H) SOLO CINQUE MINUTI di Elisabetta Wolleb (4E) DREAMING di Pietro Veneroni (4E) UNA STORIA di Mattia Shabalin (4E) 3 Questo è per te 1o racconto classificato Questo è per te. Per te, che cammini con uno straccio dove hai avvolto le tue speranze, SHUWHFKHDEEDQGRQLO·DQWLFDPDGUH 7XFKHGDOO·$IULFDSURIRQGDGDOOHIRUHVWHHGDOGHVHUWRGDOODPDODWWLD e dal dolore, hai camminato e ancora camminerai, inseguendo un sogno di benessere che, ne sei certo, troverai a nord. Per te, che non hai studiato sui libri di geografia che il tuo paese ´FRQILQDDQRUGFRQO·RGLRHQRQKDDOWULSXQWLFDUGLQDOLµ Questo lo dedico a te. Tu sei nato in Niger, vicino Tahoua, ma non vicinissimo al confine con il Mali, perché lì non ci sono città. Non sei mai andato a scuola e sei nato con la zappa in mano e la sorellina sulle spalle. Tua madre vive QHOOD WXD VWHVVD FDSDQQD H WXR SDGUH QRQ F·q SL GD WDOPHQWH WDQWR tempo che hai dimenticato se è morto o se è scappato. Ogni giorno rimpiangi quello maledetto in cui sei nato e guardi il sole infuocarsi il mattino e spegnersi la sera sognando qualcosa di meglio. Da piccolo scavavi nel tuo piccolo pezzo di sabbia dietro la tua casa, PD O·DFTXD SHU IDU FUHVFHUH L VHPL FKHFL VRWWHUUDvi non arrivava mai. Tu aspettavi, ma quella non voleva scendere. Niente andava mai come tu volevi, ma ti consolavi pensando che in quella landa sperduta niente andava come nessuno voleva. Ti sei ammalato, hai visto i tuoi IUDWHOOL FDGHUH XQR GRSR O·DOWUR VRWWR L FROSL GL ]DQ]DUH e mosche 4 assassine, ma ti sei sempre asciugato gli occhi, perché avevi un sogno. Poi un giorno hai deciso di partire, di inseguire le tue speranze. E hai cominciato a camminare, passo dopo passo, incitandoti a proseguire, a non contare le gocce di sudore lungo la fronte e le espressioni stranite delle donne e degli uomini e dei bambini che hai visto lungo il tuo cammino. Sei arrivato lungo le coste della Tunisia solo tre anni dopo, ammazzandoti di lavoro per pagare il biglietto della salvezza. Finalmente sei arrivato al confine. Ti sei voltato indietro e hai letto il tuo passato nella terra bruciata. Il vento caldo ti ha sussurrato storie che volevi udire. Storie di meravigliose città dove il sole non trapassa la carne, dove si beve e si mangia. Dove esistono le scuole e dove c'è una casa calda. Storie. Per parecchi giorni, o per parecchi mesi, hai camminato sul bordo della tua terra natìa, aspettando che un bastimento venisse a raccogliere i resti di te. Nel frattempo hai riflettuto, hai continuato a lavorare, hai resistito per tua sorella, per tua madre, per tua zia. Per te. Hai lottato con le tue forze e alla fine sei arrivato nel porto. Al molo ti aspettava non un traghetto, non una nave, non un veliero, ma un semplice barcone, già stipato di culture e urina. Ma ti sei fatto forza ancora una volta e sei salito. Schiacciato tra un etiope e un egiziano hai salutato tua madre e tuo SDGUH KDL VDOXWDWR OD WXD DQLPD O·KDL YHQGXWD DG XQ PHUFDQWH GL corpi. Hai salutato la siccità, convinto di arrivare nella terra GHOO·DEERQGDQ]D KDL VDOXWDWR O·LQFHUWH]]D VLFXUR GL WURYDUH GHOOH certezze. Hai salutato tutto, scambiandolo per niente, dirigendoti verso il niente, che avevi creduto tutto. Per mare hai dormito e hai visto la tua famiglia, per mare sei stato sveglio e hai visto persone 5 morire sole incatenate alla speranza. Per mare hai visto donne maltrattate e bambini in lacrime. Per mare hai patito la fame e la sete. Per mare hai visto tante cose, ma non quelle che si dovrebbero vedere. Per mare hai cominciato a dimenticare il calore di un sorriso e il brivido di un abbraccio. Poi, stremato, sei arrivato in Grecia. Eri lì, a Patrasso. Affamato tra gli affamati, disperato tra i disperati. Hai chiesto aiuto ma nemmeno le onde si sono disturbate a risponderti. Il tuo muro di certezze ha iniziato a vacillare sotto il peso della paura. Paura di aver frainteso ogni cosa. Paura perché lì la notte faceva freddo e tu non avevi niente SHU FRSULUWL &·HUDQR WDQWL WXULVWL Ou LQ *UHFLD /L YHGHYL DEEXIIDUVL GL suflaki e di tzatziki, ma mai nessuno si è fermato a chiederti se avessi bisogno di qualcosa. Eri disorientato e ti sembrava di muoverti al rallentatore. Stordito ti voltavi a guardare gli altri e ti muovevi per il porto aspettando che un tir ti offrisse la sua pancia ferrosa. La puzza di modernità ti faceva vomitare e così quei colori sgargianti e innaturali. Avresti voluto dirglielo. Dirgli che il rosso non è così brillante, ma che ha una punta di grigio polvere, e che il blu ha molte SLVIXPDWXUHHFKH«DYUHVWLYROXWR dirgli tante cose, ma parlavi solo il touareg. 8QDPDWWLQDDOO·DOEDKDLLQILODWRLOWXRFRUSRIUDJLOHVRWWRXQFDPLRQ scottandoti col motore caldo e soffocando coi gas di scarico. Hai affidato la tua piccola vita ad una macchina insensibile che ti ha condotto in Puglia, in Italia. 4XDQGR VHL VFLYRODWR IXRUL GD TXHOO·LQIHUQR UXPRURVR KDL VSHUDWR FKH FDPELDVVHTXDOFRVDPDO·XQLFDQRYLWjqVWDWDXQDFRVWRODURWWDGDXQ PDQJDQHOOR FKH WL KD FROSLWR SHUFKp HUL FROSHYROH G·HVVHUH WURSSR stanco, troppo sporco, troppo africano. 6 Ma poi, qualche tempo dopo, hai trovato lavoro e una piccola scintilla ha rianimato la tua speranza. Non hai capito bene che cosa avresti GRYXWR IDUH PD WL VHPEUDYD FKH TXHOO·XRPR FKH WL Vtava innanzi ti stesse dicendo che avresti seminato qualcosa, come facevi a casa tua, in Africa, e allora hai accettato, hai detto di sì. E te ne sei pentito. Ora rimpiangi quel monosillabo. Perché per quattro interminabili anni tu sei stato lì, piegato sulla terra, sotto il sole o sotto la pioggia. La schiena ti pulsava e ti bruciava dal dolore e avevi le mani ricoperte di calli. Ma nonostante tutto non ti sei mai lamentato perché la consapevolezza che ogni tuo sforzo era teso al benessere della tua famiglia ti incoraggiava a non cedere. Le antiche aspettative erano svanite, oppresse dai mattoni di disperazione e dalle tegole di rassegnazione che costituivano quella EDUDFFD GRYH YLYHYL 4XHOO·DELWD]LRQH HUD EXLD H IUHGGD VSHFLDOPHQWH G·LQYHUQRTXDQGRJOLVSLIIHULFKHVLLQVLQXDYDQRWUDOHFUHSHIDFHYDno apparire sulla pelle degli sconosciuti bozzetti. 3RL XQ JLRUQR VHQ]·DOWUR LO WXR JLRUQR IRUWXQDWR KDL YLVWR XQ XRPR Aveva i capelli ricci neri con qualche venatura di grigio, due occhi grandi espressivi e un profilo greco. Lui ti si è avvicinato con una macchina fotografica, ti ha fissato per qualche secondo e poi ti ha VFDWWDWR XQD IRWRJUDILD 7X O·KDL JXDUGDWR LQWHUGHWWR KDL VEDWWXWR OH ciglia e ti sei rimesso al lavoro. Allora lui ti è venuto ancora più vicino, ti ha sorriso e, dolcemente, ti ha GHWWR ´NZDO ODIL\Dµ FKH VLJQLILFD ´EXRQJLRUQRµ $QFRUD SL SHUSOHVVR GL SULPD WL VHL DO]DWR H O·KDL RVVHUYDWR D OXQJR SULPD GL ULVSRQGHUH DO VDOXWR 4XHOO·XRPR SRL KD continuato dicendoti FKHHUDXQPHPEURGLXQ·DVVRFLD]LRQHFKLDPDWD ´0DOL1L$µ RVVLD 0DOL Niger Amitiè, che si preoccupava sia della convivenza pacifica tra i due paesi che del benessere delle popolazioni touareg. 7 4XHOO·XRPR WL KD SRUWDWR YLD GD Ou WL KD IDWWR FUHGHUH GL QXRYR QHOOD solidarietà. Ti ha accompagnato a casa sua, ti ha procurato i documenti e, alla fine, ti ha mandato in Francia, dove vivi tuttora, da una sua amica, Maguy Vautier. Questo, ancora una volta, è per te, perché io ti ho visto. Io ti vedo ogni giorno. Vedo i tuoi occhi supplicanti, vedo le tue gambe che corrono nei porti greci. Io vedo te. Ti vedo quando arrivi dal Perù e ti ho visto TXDQGRDUULYDYLGDOO·,QGLD La tua storia ha un lieto fine, anche se è una delle poche. Ma la tua storia ha un lieto fine, ed è questo quello che conta. Anna Clara Basilicò 8 LHWWHUDDOO·io poeta 2o racconto classificato 20 Febbraio 2009, Milano Salve, bando alle presentazioni. Dopo tutto ci conosciamo da sempre o almeno credo. Non saprei però quale livello di confidenza abbia io con lei, prudenza dunque, sono sempre stato permalosR« Già mi immagino i suoi occhi, che non sono cambiati nel tempo, mentre è cambiato quello che vedono, mi immagino le sue mani sulla fronte aggrottata, perché certi tic non si perdono maturando, ma diventano particolari affascinanti; si starà dando da fare, VFRQYROJHQGR OD PHPRULD SHU ULWURYDUVL LQ TXHVWHSDUROH O·XRPR QRQ deve essere cambiato in tanti anni, affannato nel cercare risposte dentro di sé, poi fuori, poi ancora dentro, senza prendere una vera GHFLVLRQH4XDQWDWHQHUH]]D« Non è mai chiara la posizione del passato: io sto qui nel mio tempo, a parlare con lei che, per come è fatto, non lo conosce nemmeno questo momento e, nonostante questo, il vero LJQRUDQWH VRQR LR« causa effetto, causa effetto: ecco la vera scienza. La verità è che i dettagli si perdono nella complessità del tutto e si collegano azioni altrimenti estranee. Dopo tutto è a questo che servono le parole: quelle dette, che rimangono leggere nella storia, e viaggiano solo nella memoria; quelle scritte, che già gli antichi avevano capito esser potenti. Le parole sanno, sembra un controsenso, ma spesso sono loro a guidare noi. Su questo foglio un vile può diventare un eroe e un eroe un vile, nel giro di un momento. Ecco allora il senso della scrittura. Le parole prendono il loro spazio 9 nel mondo e danno a noi che le leggiamo alcune delle motivazioni per andare avanti. Ovunque siamo, nel tempo e nello spazio le portiamo FRQ QRL HUD 2UD]LR D GLUOR QR IRUVH 6HQHFD ´4XHOOR FKH KR OR SRUWR FRQPHµ, e le parole ci seguono sempre, ci tampinano, ci obbligano a relazionarci con il mondo, anche se in quel momento è contro di noi e possiamo solo scappare. Le parole però non possono fare del tuo posto il mio. Perché in tutta sincerità io non lo capirei il tuo mondo, le tue parole: lettere e simboli FDPELDQRQHO WHPSR SXU UHVWDQGR XJXDOL« sono vivi, ecco perché un foglio non sarà mai una gabbia, ma anzi un universo. Del mio secolo poi si sono GHWWHWDQWHFRVHO·DPELJXLWjGHOO·LQGLYLGXR è giunta al massimo e chi lo sa se sarà ancora così per te. Ogni epoca ha la sua colpa, e questa volta, la mia, sarà spartita tra la gente, che mai come nel mio millennio non sarà innocente. La verità è che passiamo il tempo a rincorrere vite non nostre, cacciando streghe che ci mostrano il reale. Non siamo speciali, non più. Ho accettato il peso di descrivere ciò che vedo: troppo male, troppo bene, qui si è persa la virtù. Troppo vuoto, troppo pieno, ma mai troppe parole, forse troppo poche. La colpa del mio mondo, o tempo per essere precisi, è aver cacciato il sole, abbandonando il cielo siamo rimasti senza luce e qualcuno è andato a sbattere correndo. Siamo distanti, soli, emarginati, i modelli sono sempre più desiderati e mai raggiunti. 0D F·q VSHUDQ]D TXHOOD FL DFFRPSDJQD VHPSUH KD UHVR O·XRPR incurante del pericROR LPPLQHQWH &·q VSHUDQ]D SHUFKp DG DQGDUVHQH sono sempre le persone, non le idee, non le parole, che non si SRVVRQR XFFLGHUH Qp DOORQWDQDUH KDQQR VFRQILWWR O·RVWDFROR GHO tempo e sono ritornate a te, le mie parole. Se nemmeno i secoli possono fermarle, allora è ovvio, nessuno spazio, PHQWDOHRILVLFRSXzHVVHUHORURG·LQWUDOFLR,OVDFULILFLRVWDQHOOHWWRUH FKH GHYH HVVHUH DOO·DOWH]]D GHO FRQVLJOLR VROR FRVu OD VFULWWXUD QRQ andrà in esilio. 10 Con fiducia in te. « PS: che sbadato, ho dimenticato di firmarmi, forse in realtà è meglio così, è sempre staWRFRPRGRO·DQRQLPDWRXQYHVWLWRODUJRSHUSRWHUVL accomodare, e tirar fuori, finalmente, quello che si tiene dentro. Riccardo Tommasini 11 Ti racconto una storia 3o racconto classificato La nonna entra silenziosamente nella stanza H JXDUGD FRQ XQ SR· di tristezza la sua bambina, che ormai è diventata una ragazza; non passano più molto tempo insieme e non sa più nulla di lei: per O·DQ]LDQD VLJQRUD q WULVWH YHGHUH FRPH VXD QLSRWH QRQ WUDVFRUUD SL voleQWLHUL OH YDFDQ]H D FDVD VXD 4XDQG·HUD SLFFROD VL GLYHUWLYDQR XQ mondo: la portava nei boschi dove le raccontava storie di fate e folletti, poi tornavano in casa e le preparava la cioccolata calda, infine passavano tutto il pomeriggio a fare disegni e giochi, ma ora è facile intuire cosa passa nella mente di Irma: vorrebbe stare in un posto più alla moda, con delle piste da sci e dei locali, vorrebbe Internet, vorrebbe almeno una televisione più grande, a colori, con un lettore GYG« H LQYHFH q FKLXVD LQ XQa casetta di montagna, isolata dal mondo, si è persino stufata dei giretti in paese con i genitori: si limita a stare sbattuta sul letto attaccata al suo telefonino. La nonna vorrebbe avere un rapporto più attivo con la nipote, così decide di fare una prova; escludendo i giochi di società e i tentavi di IDU SDUODUH OD UDJD]]D OH ULPDQH XQD VROD SRVVLELOLWj ´WL SRWUHL UDFFRQWDUH XQD VWRULDµ ´PD QRQQD QRQ KR SL WUH DQQLµ ´FKH F·HQWUD O·HWj"LQWHOHYLVLRQHOHWXHILFWLRQSUHIHULWHUDFFRQWDQRVWRULHµ´PDlì ci VRQROHLPPDJLQLµ´HDOORUDDQFKHLRXVHUzGHOOHLPPDJLQLµ A fatica la nonna va a prendere una scatola di legno, sul comò, si ULVLHGHHVH O·DSSRJJLD VXOOH JLQRFFKLD VROOHYD LO FRSHUFKLRSROYHURVR ed inizia ad estrarre degli oggetti, che si appresta a porgere uno ad uno alla ragazza, tossisce per schiarirsi la voce ed inizia il suo racconto: 12 ´4uando avevo più o meno la tua età, ero una ragazza felice; avevo tante amiche, con le quali passavo momenti allegri a passeggio per la città, una scuola che amavo, dove tutti mi conoscevano: ero nella UHGD]LRQH GHO JLRUQDOLQR FKH D IDWLFD VWDPSDYDPR RJQL PHVH« scrivere su quelle pagine era un modo per esprimere me stessa, allora ero molto timida ma quando scrivevo non conoscevo limiti né freni inibitori; scrivevo di tutto: articoli, poesie, brevi racconti, mi facevano VHQWLUHEHQHHSLDFHYDQRPROWRDJOLDOWULµ. Mentre racconta, la nonna SRUJH DG ,UPD DOFXQH YHFFKLH IRWR LQ ELDQFR H QHUR XQ SR· VELDGLWH che la raffigurano da giovane, così bella e sorridente! ´/a mia vita era del tutto invidiabile, la mia famiglia era piuttosto benestante, la tua bisnonna apparteneva ad una ricca famiglia ebrea; ero sempre stata indifferente per le mie origini religiose: noi non eravamo mai stati praticanti. Poi però, come hai studiato a scuola, le FRVHLQL]LDURQRDFDPELDUHDOO·LPSURYYLVRLOIDWWRFKHPLDPDGUHIRVVH ebrea voleva dire moltissimo, iniziammo a dover sopportare diverse limitazioni, col passare del tempo le mie amiche erano sempre più diffidenti, e non volevano più uscire con me, successivamente la preside mi convocò nel suo ufficio, per pregarmi di non scrivere più. L·DQQR VFRODVWLFR -1938 stava finendo: fui promossa con ottimi voti a giugno, ma dopo una strana estate, ad ottobre non potei tornare a scuola, mi sentivo così sola e frustrata, pensavo che le cose QRQSRWHVVHURDQGDUHSHJJLRGLFRVuµ La nonna interrompe un attimo il suo racconto, e porge alla nipote un elenco con i nomi ed i volti di tutti i ragazzi che dovettero lasciare il OLFHR LQ TXHOO·DQQR SRL ULSUHQGH ´QDWXUDOPHQWH PL VEDJOLDYR VRQR passati ormai molti anni, ma ricordo ancora perfettamente la sera in cui mamma e papà mi chiamarono per dirmi che era troppo pericoloso restare a Milano. EEEL SRFKH RUH SHU ULHPSLUH XQR ]DLQR O·LQGRPDQL partLPPR GL EXRQ·RUD ULFRUGR SRFR GHO YLDJJLR KR FHUFDWR GL 13 rimuoverlo per anni: di certo so che ci salvammo per un attimo, varcando le soglie della frontiera svizzera grazie ad un buco nella UHWHµ /D QRQQD SRUJH DG ,UPD XQ OLEUHWWR D]]XUUR, ´OLEUHWWR SHU L ULIXJLDWLµ, F·q XQD VXD foto, poi informazioni varie e tessere di razionamento. ´$ELWXDUPL DOOD QXRYD YLWD LQ 6YL]]HUD QRQ IX SHU QLHQWH IDFLOH.. vivevamo in un piccolo appartamento, io cercavo di aiutare come potevo, per il resto passavo le mie giornate passeggiando per la città e, sentendomi straniera, non riuscivo più ad essere me stessa: non DQGDYR D VFXROD IDFHYR IDWLFD DG RULHQWDUPL« 3RL SHUz XQ JLRUQR OH cose cambiarono: stavo camminando su una stradina, con gli occhi bassi, quando sentii chiamare il mio nome; mi girai e con immensa sorpresa vidi il volto di Carla, una mia ex compagna di scuola con la quale non avevo mai avuto un rapporto particolare: ebbene fu lei a dare una svolta positiva alla mia vita. Era in città per trovare una cugina e nel pomeriggio che passammo insieme riuscì ad alleviare la pena che avevo provato a Milano nel sentirmi continuamente esclusa dalle mie compagne di classe e che era rimasta in me come una ferita aperta: era sinceramente interessata alla mia nuova vita, poi mi raccontò che cosa stesse succedendo a Milano e a scuola, mi disse che il giornalino sopravviveva, ma che sentiva la mancanza dei miei articoli; passai un pomeriggio sereno e, dopo tanti giorni cupi, riuscii ILQDOPHQWH D ULGHUH /·LQGRPDQL YHQQH D VDOXWDUPL prima di partire, accompagnata dalla cugina; Carla aveva un progetto destinato a regalarmi tanta felicità: mi consegnò della carta da lettere, con buste e francobolli, poi mi spiegò che aveva pensato che potevo scrivere degli articoli e mandarglieli, protetta da uno pseudonimo; lei mi avrebbe mandato le copie del giornalino, o meglio le avrebbe mandate alla FXJLQD PD OD FRVD LPSRUWDQWH HUD FKH LR O·DYUHL SRWXWR OHJJHUH H soprattutto avrei potuto scrivere nuovamente su quelle pagine! Improvvisamente ritrovai la gioia di vivere, mi sentivo piena di 14 HQWXVLDVPR SHUFKp DYHYR O·LPSUHVVLRQH GL SRWHUPL ULSUHQGHUH XQD SDUWHLPSRUWDQWHGLTXHOODYLWDFKHODIROOLDGHOO·XRPRPLDYHYDSRUWDWR YLD O·LGHD FKH OH mie parole potessero tornare a girare nella scuola, anche se io ero lontana, PLULHPSLYDLOFXRUHGLHPR]LRQHHIHOLFLWjµ La nonna porge ad Irma, ormai rapita dal racconto, alcune vecchie copie di un giornalino: è un oggetto del passato, così desueto, ma RUPDLDOODUDJD]]DqFKLDURO·DOWRYDORUHGHLIRJOLFKe tiene e in mano. ´$YHYR WURYDWR XQ QXRYR PRWRUH SHU SRWHU DIIURQWDUH OH JLRUQDWH anche quando apparivano interminabili avevo infatti la forza di andare avanti, sapendo che dovevo sopportare fatica e tristezza per conquistarmi il fatidico momento in cui mi sarei potuta sedere da qualche parte, a scrivere. Se prima non riuscivo a scrivere neanche il mio diario, perché mi sentivo inutile, un essere privo di valore, ora invece scrivevo di tutto non appena trovavo un pezzo di carta; quei fogli, scritti con una calligrafia piccola e compatta, per occupare il minor spazio possibile, costituivano il mio più grande tesoro! Intorno al 10 di ogni mese, rileggevo tutti i miei pezzi e sceglievo quello da mandare a Milano; puntuale Carla mi faceva poi pervenire le copie del giornalino: leggerlo e vedere i miei pezzi (anche se senza il mio nome) mi faceva sentire straordinariamente forte: immaginavo i ragazzi a scuola con quelle stesse parole davanti agli occhi e per me era come se la mia voce, che era stata messa a tacere, risuonasse ora con LPSHWRQHLFRUULGRLµ La nonna porge ad Irma una copia di un DOWURJLRUQDOHSL´UDIILQDWRµ ed una foto che la ritrae da giovane, circondata da adulti sorridenti, poi riprende il suo racconto. ´8QJLRUQRPLUHFDLDFDVDGHOODFXJLQa di Carla, che si chiamava Clara, per prendere la copia del giornalino, ed incontrai sua madre, una donna molto bella. Devi sapere che la famiglia di Clara faceva parte di un circolo di borghesi illuminati, che gestiva una rivista settimanale, intorno alla quale gravitavano molti intellettuali. Ebbene, la signora aveva letto i miei articoli e mi propose 15 di scrivere una sorta di diario settimDQDOHVXOODPLDYLWDGD´HVXOHµ/a cosa straordinaria è che mi pagavano per scrivere: non hai idea della soddisfazione che provavo a poter aiutare i miei genitori! Presto iniziai anche ad aiutare in redazione, tutti erano gentili con me, e mi davano XQ VDFFR GL FRQVLJOL« LQ TXHOO·DPELHQWH SRVLWLYR H VWLPRODQWH PL innamorai per la prima volta, del figlio di una poetessa, ricordo ancora EHQLVVLPRODVHUDGHOQRVWURSULPREDFLRµ ,UPD q XQ SR· LPEDUD]]DWD QRQ OH SLDFFLRQR OH RFFKLDWH GHOOD QRQQD che vorrebbe dettagli sulla sua vita, e la prega di continuare il racconto. ´/D PLD YLWD HUD ILQDOPHQWH VHUHQD PD RYYLDPHQWH TXDndo la guerra finì e potemmo tornare a casa fui felicissima! A Milano potei prendere LO GLSORPD SRL SURYDL D IDUH SHU XQ SR· OD JLRUQDOLVWD PD SHU XQD donna era difficile, quando conobbi tuo nonno decisi di dedicarmi solo a lui, e poi arrivarono papà e gli zii, il resto della storia già lo sai! Però ho continuato a scrivere per me, è un modo per esprimere se VWHVVLµ Irma si alza e abbraccia la nonna per un minuto interminabile, come per ringraziarla del racconto. Poi spegne il cellulare, si accoccola su una poltrona ed inizia a VFULYHUH« Federica Zambrini 16 R.H.S. - Homo Sapiens Rescue 4o racconto classificato Rumore sullo schermo. Scena nera, messa a fuoco lenta di una porta scura. Ripresa molto vicina, solo dettagli. Voci di sottofondo. Non c'è altro da aggiungere. Ha tempo fino alla fine della giornata per sparire. Altrimenti... altrimenti credo non le sarebbe convenuto essere mai stato creato. Arrivederci. La porta si apre, esce una figura non a fuoco vestita di scuro. La porta si richiude. La cinepresa si sposta fino alla serratura. Da lì inizia la ripresa dell'interno della stanza. La stanza è un ufficio, arredato in maniera sobria, pochi fogli confusi sulla scrivania. La parete dietro la scrivania è una finestra che dà sulla città. Un bell'uomo, sulla cinquantina, capelli brizzolati, espressione crucciata, indossa un camice bianco, cammina lentamente per la stanza. Passi ampi, lunghi. Si ferma. Così vi volete liberare di me. 17 Pausa ² sguardo pensieroso alla finestra. Inquadratura che passa dagli occhi dell'uomo alla città. Scena apocalittica (fumo, cielo nero, milioni di persone per le strade, forti giochi di luci ed ombre, sirene in lontananza). Bene. Me ne andrò. Flash dell'uomo che si toglie il camice e lo lascia sulla sedia. Flash dell'uomo che recupera alcune carte. Flash della porta che si chiude. Come sottofondo solo i suoni sconnessi della metropoli. Un'altra inquadratura della città. La scena si sposta sul cielo scuro, sgrana e si riapre su una porta di alluminio che si spalanca e mostra un laboratorio. Il laboratorio è bianco, scienziati/medici interamente coperti con camici bianchi stanno lavorando. La cinepresa si muove per il laboratorio e si ferma su una parte della stanza in cui c'è un tavolo su cui è sdraiato un uomo collegato a mille cavetti. Brusio di sottofondo. Una voce metallica, proveniente da un autoparlante nascosto, impartisce ordini e numeri come coordinate. Un elettrocardiogramma è vicino all'uomo. Il battito non è regolare, è debole. Un medico esce dalla stanza. La videocamera lo segue. Entra in un corridoio lungo, bianco; scambia poche parole con altre persone che incontra sul percorso. Si ferma di fronte a una porta, bussa ed entra 18 (sulla porta è inciso un acronimo, R.H.S.). Si avvicina alla scrivania. Il proprietario dell'ufficio è seduto su una sedia girevole dando la schiena al medico, sta osservando dei monitor. Lo stiamo perdendo. Purtroppo non c'è più nulla da fare. I tessuti non possono più subire uno stress del genere... Risponde l'uomo seduto, senza voltarsi. La voce è potente, però con una nota leggermente malinconica, con una sfumatura di rassegnazione. E così se ne va via un altro; è il quinto in due settimane. Ce ne sono pochi, troppo pochi. Pausa. La sedia si gira: un ragazzo sui vent'anni, capelli biondi, sguardo profondo e distante. Con le mani gioca con una penna. Cerca lo sguardo del medico. Lo trova e lo fissa con intensità. Inquadratura sui suoi occhi. L'inquadratura si sposta sulle sue labbra mentre parla. È questo il problema degli umani... non sono facili da riparare. Il ragazzo si rigira sulla sedia a fissare i monitor. Sono elettrocardiogrammi. Uno, il secondo a destra, è troppo fievole e troppo sconnesso. Si consumano, si consumano sprecando e rovinando le loro componenti senza preoccuparsi del futuro. Finiscono presto. Poi si sfaldano e non possono più tornare. Ora l'elettrocardiogramma è una linea. Fischio di quest'ultimo. Nero. Silenzio. L'uomo della prima scena è seduto a una scrivania. Sta scrivendo. Flashback numerosi sul suo passato. 19 Lui adulto che impara a scrivere in una scuola avveniristica. Lui che studia e sfoglia libri di storia molto antichi. Lui che guarda video e documentari. Pensa. La scrittura è desueta da secoli ormai. La tecnologia ha sorpassato questa forma così elegante e sinuosa. Le icone e le immagini sostituiscono lettere e numeri. Anche solo trovare fogli di carta è divenuto problematico. Chissà chi mai potrà capire lo strano corso dell'evoluzione... Ritorno a lui che scrive. Secondo flashback. Scene di esplosioni e titoli di giornali: ´$QGURLGH YLYHQWH FUHDWR LQ ODERUDWRULRµ; ´6HPSUH SL XRPLQL DUWLILFLDOL H O XRPR LQYHFFKLDµ; ´/D ILQHGHOODVSHFLHXPDQD"(VVHULXPDQLPHQRQXPHURVLGHJOLDQGURLGLµ; ´1XRYH FRORQLH GL HVVHUL XPDQL LQ LVROH DUWLILFLDOL SHU ULFUeare le FRQGL]LRQLFOLPDWLFKHQHFHVVDULHµ; ´5LVFKLRGLHVWLQ]LRQH,OQXPHURGL HVVHUL XPDQL UDJJLXQJH D PDODSHQD OD VRJOLD GHO PLOLRQHµ; ´6ROR mila uomini rimasti. L'azienda R.H.S. decide di investire nella specie e VL RIIUH GL VDOYDUODµ. I titoli sono letti con voci sovrapposte, di fondo esplosioni e rumori molesti. Il nostro creatore che si autodistrugge. Inquadratura della mano che stringe la penna stretta. Terzo flashback. Corti flash di lui che inizia a lavorare per la R.H.S., lui che visita e lavora in una colonia, lui che assiste a conferenze... Brusii di sottofondo. R.H.S. ...Homo Sapiens Rescue... l'azienda che salverà l'uomo 20 dall'estinzione! Espressione accigliata sul viso dello scrittore. Silenzio. Riprende la voce narrante. Scene di ribellione di uomini portati a forza nelle colonie. Voci confuse, suoni gravi. Sì... milioni di dollari spesi nel ricreare oasi e colonie e loro che scappano, che non vogliono farsi aiutare. Che però pretendono di venire risintetizzati da morti col loro stesso DNA, che accusano noi androidi della loro distruzione, che ci odiano e cercano di distruggerci... La scena ritorna sull'uomo. Particolare: stringe la penna ancora più forte. Le nocche sbiancano. Quarto flashback. Lui che litiga e discute con i capi della R.H.S. Grida di liti ovattate. Mi hanno cacciato solo per assecondare un loro desiderio. Solo perché ho proposto di lasciare andare gli ultimi uomini a vivere la loro breve vita come desideravano senza obbligarli a stare in posti finti e costruiti. Ho solo proposto di rispettare il loro diritto alla vita, fondamentale per loro, superfluo per noi macchine... Finisce di scrivere. Focus su lui che chiude la busta in cui ha inserito il foglio scritto. Cambia scena. Il ragazzo ventenne biondo che entra nel suo ufficio. Inquadratura da un angolo in alto. Espressione sorpresa: particolare di una busta sulla scrivania. Ripresa del ragazzo che apre la busta e legge la lettera. Mentre legge la videocamera è puntata sugli occhi che scorrono le linee scritte. 21 Focus sulle labbra che si increspano in un sorriso. Quella vecchia volpe di John... È tipico del suo modello prendere una decisione e portarla a termine... Il ragazzo si infila la busta e la lettera in una tasca interna al camice ed esce dalla porta. Rumore di passi che si allontanano. Nuova scena. Ripresa di una stanza, una sala, con una finestra enorme. Arredamento moderno, molto essenziale. Molta luce che entra dalla finestra. La luce sfoca il paesaggio. Una figura di schiena che osserva fuori. La videocamera si avvicina alla sagoma della persona. Nel mentre si mette a fuoco la scena fuori. C'è una via di palazzi di media altezza, il viale è alberato. Il cielo è chiaro, ci sono passerotti che volano nel cielo. Alcune persone passeggiano per la via. La scena è tranquilla, musica di accompagnamento soft, un walzer. La scena gira intorno alla persona riprendendola prima di profilo: una bella donna sulla quarantina, capelli castani, occhi chiari profondi, malinconici, che fissano la scena fuori. La donna tiene in mano una lettera aperta. Focus sugli occhi. Poi ripresa del paesaggio esterno focalizzando quello che osserva la donna. Ripresa del cielo sullo sfondo. Scena portata a una forte nitidezza: l'azzurro è una filigrana di un ologramma contenuto in una specie di cupola di vetro. In trasparenza appaiono ombre scure di palazzi altissimi, volute di fumo grigio e il cielo nero. La musica di accompagnamento soft aumenta sempre di più di volume. 22 La scena scura finisce per rispecchiarsi nella pupilla nera, dilatata degli occhi di John. Sbatte le ciglia. La musica, diventata quasi assordante, si ferma. Silenzio. Primo piano del suo volto con gli occhi chiusi. John riapre gli occhi ² focus. Poi la scena si allarga. La città della prima scena. Lui è in strada, cammina. È vestito con un impermeabile grigio. Gradualmente riprendono i suoni di sottofondo (passi, conversazioni in lingue strane, rumori di spot pubblicitari). Cammina per un po' per la città, poi arriva all'ingresso di un palazzo antico, disabitato. C'è meno folla in giro, suoni di passi affrettati e brusii. Entra. La scena interna è più buia di quella esterna. Accende delle fredde luci al neon. Suono metallico dei neon che si illuminano. Silenzio. Panoramica del palazzo vuoto. Polvere e sporcizia diffusa. Rumore di passi. Si desta l'attenzione di John. Così ti vuoi spingere a questo? John alza gli occhi e fissa il ragazzo ventenne. Abbozza una smorfia di approvazione. Poi borbotta convinto. Una promessa è una promessa... Il ragazzo sorride, va a stringergli la mano e gli dà una pacca sulla spalla. Sei il mio idolo. Hai il fegato che mi manca. La sfumatura amichevole sparisce e ritorna serio. Ho organizzato tutto. L'idea di usare lettere scritte è stata geniale. Nessuno avrà notato 23 nulla. La scrittura è scomparsa da troppo tempo. Pausa. Lei è stata avvisata. L'accesso alla colonia sarà possibile al giorno e all'ora stabilita. Lei naturalmente è d'accordo. Ti seguirebbe oltre la galassia di Andromeda se potesse. (pensando ² se potesse vivere così a lungo...) sospiro. Lo sguardo di John si acciglia. Un lieve blues di sottofondo. So che per te è un'inutile follia, è vero. Sono stato bandito dalla R.H.S. dopo aver portato avanti la mia campagna per la libertà di scelta e la libertà è stata tolta a me... Lei... Espressione dolce. Lei è stata in prigione per troppo tempo. E il suo tempo corre. Il nostro è lento. Viviamo un monotono tempo blues, mentre loro potrebbero vivere un allegro walzer e ballare... Flashback. Lui e la donna da giovane che ballano in una sala. Ora sono tenuti in gabbia a far marcire il loro poco tempo. Flash. Una colonia, l'uomo morto sul tavolo del laboratorio. Per noi loro sono solo macchine sbagliate, non riparabili. Noi siamo androidi... I nostri sentimenti sono programmabili. Noi non proviamo dolore. 24 Ma loro sì, sono presenti e devono gravare infinitamente su quel corpo delicato.. Flashback di momenti passati con la ragazza. Loro che camminano in un parco, lei che piange nel sapere della morte del padre, lui che le sta vicino, lei che gli mostra un fiore appena sbocciato... contorno delle scene lievemente sfumati sui bordi. Io... io voglio solo poter provare felicità vera e amore... cercare di provare qualcosa di non programmato. Provare a... vivere. Come loro. Il ragazzo lo fissa con uno sguardo di ammirazione. Sorride. Lo abbraccia e sussurra Ce la farai amico mio. Addio. Si salutano. Il ragazzo se ne va. Panoramica dall'alto di John che rimane da solo nel palazzo. Le luci che si spengono col loro suono metallico. Lui che fa un sospiro profondo, abbassa la testa con gli occhi chiusi e stringe i pugni stretti. Il blues cresce di intensità. Primo piano di lui a testa bassa. Si sente il suono del suo respirare. La luce diminuisce piano piano, mano a mano che le lampade al neon si spengono. La musica diventa quasi assordante. John rialza la testa. Focus sui suoi occhi guizzanti di energia e vita. 25 Con sguardo fiero si avvia verso l'uscita, mentre la musica impazza e l'ombra inizia a oscurare la sala. Dalla porta filtra luce soffusa. Appena uscito la porta si chiude alle sue spalle. Nero. Silenzio. Rumore sullo schermo. Fine. Costanza Sartoris Nota dell'autore: questo scritto è destinato alla creazione di un videoclip. 26 Un messaggio dal futuro 5o racconto classificato Cari amici del passato, mi chiamo Licia e ho 17 anni. Sono nata in Italia, ma ormai da 5 anni non ci vivo più. La mia famiglia lì era molto importante ed influente, PDDYHYDLO´GLIHWWRµGLDYHUHUDGLFLLQJOHVL*LjSHUFKpLO*RYHUQRQHJOL anni scorsi ha attuato una politica di odio verso di essi. Politica non esplicita, fatta di messaggi subliminali, ma che ha avuto un effetto devastante sui cittadini. Io stessa ero quasi arrivata a rinnegare le mie origini. Ben presto cominciarono a imprigionare chiunque avesse legami con gli inglesi. Noi tentammo di fuggire una prima volta, ma fummo catturati ed imprigionati, e sottoposti a torture. Allo scoppio della Guerra Sconfinata nel 3003 riuscimmo finalmente a fuggire di prigione. La Guerra Sconfinata è detta così perché coinvolge praticamente tutto il globo terrestre. Dovete sapere che la conformazione geografica mondiale ha subìto numerose variazioni nel WHPSR /·(XURSD q GLYLVD LQ DOFXQL SLFFROL ´VWDWHUHOOLµ H LQ WUH PDFURstati: la Repubblica Federale di Francia, che si estende dalla regione del Portogallo fino alla Polonia (e racchiude il Benelux e la Germania); LO5HJQR8QLWRG·,QJKLOWHUUDH6FDQGLQDYLDHOHH[UHSXEEOLFKH%DOWLFKH H LQILQH SURSULR O·,PSHUR G·,WDOLD FKH GRPLQD VX $XVWULD 6YL]]HUD H L SDHVL GHOOD SHQLVROD EDOFDQLFD /·H[ 5XVVLD QRQ q SL FRQVLGHUDWD HXURSHD HVVD LQIDWWL RUD q FRPSUHVD QHOO·85,& O·8QLRQHGHOOH 5XVVLH delle Indie e della Cina, un immenso stato federale che occupa tutta O·$VLD *OL H[ 86$ RUD VRQR VRWWR LO GRPLQLR GHOO·$PHULFD GHO 6XG anche se sono tuttora in guerra per liberarsene. Per questioni che ora non sto qui a spiegare, sono sorte varie rivalità fra gli stati europei (ecco il perché della politica del disprezzo verso gli inglesi), finché si giunse proprio alla Guerra. Guerra che ben presto si estese agli altri stati mondiali in un gioco di alleanze e tradimenti 27 FRQWLQXR H SHUVLQR O·$XVWUDOLD QH q FRLQYROWD 1RQ q XQD JXHUUD devastante a dire la verità, ci sono stati relativamente pochi morti. È più che altro uQDJXHUUDGHOWHUURUHXQSR·FRPHIXOD*XHUUD)UHGGD più di un millennio fa, solo che la paura è molto maggiore, con le armi che ci sono in giro. Dicevo che in essa è coinvolto praticamente tutto il mondo. Tutto WUDQQH O·XQLFD ´LVROD IHOLFHµ FKH q O·$IULFD $Q]L GRYUHL GLUH O·8QLWD &RURQD G·$IULFD Nel 3004 la mia famiglia si trasferì proprio qui, in quanto continuavamo ad essere in pericolo a causa delle persecuzioni, più che della guerra in sé. Ora viviamo in Libia, che è uno degli 8 stati della RepubEOLFD ´9LYLDPRµ SHU PRGR GL GLUH 3HU QRL q LPSRVVLELOH vivere. Avevamo chiesto asilo politico al Governo africano prima di trasferirci, secondo la loro legge. Ma, non ricevendo risposta, abbiamo deciso comunque di recarci in quella terra, fiduciosi che in ogni caso il responso sarebbe arrivato presto. Invece, dopo oltre 5 anni, ancora non ci hanno comunicato nulla e noi siamo qui come clandestini: difatti siamo costretti a trasferirci di continuo e a vivere nascosti per non essere trovati. Perché, se ci tURYDQR OD QRVWUD GRPDQGD G·DVLOR viene direttamente cestinata. Secondo le normative africane, un ULFKLHGHQWHDVLORQRQSXzULVLHGHUHQHOSDHVHLQFXLO·KDFKLHVWRILQFKp non viene riconosciuto come tale, il che oltretutto avviene ben di rado. Dunque noi stiamo compiendo un grave reato, che viene punito con pene altrettanto gravi in base al tempo di permanenza. Infatti gli africani sono molto rigidi riguardo ad asilo politico e immigrazione (e nei confronti degli immigrati sono ancora più duri). E volete sapere perché? Per colpa nostra. Di noi europei che nel corso di vari millenni li abbiamo trattati come stracci, che distruggevamo i sogni degli emigranti, che lasciavamo esposti a numerosi pericoli i richiedenti asilo, a cui nella maggior parte dei casi veniva negato lo status. Noi europei che ci credevamo superiori, che alimentavamo distinzioni razziali, che vedevamo il nero della loro pelle come un fattore negativo. Negli africani si è via via accumulato un forte sentimento di 28 antipatia e di vendetta nei nostri confronti. E ora che la situazione mondiale è ribaltata e sono gli europei a chiedere il loro aiuto, loro ce la stanno facendo in qualche modo pagare per tutte le ingiustizie subìte. Secondo me hanno pure ragione, e ve lo dice una che subisce giorno dopo giorno la conseguenza di questa loro durezza verso gli europei. Io vivo nel terrore di essere scovata, e nella migliore delle ipotesi rimandata in Italia. Ma trovandoci noi qui da molto tempo, ULVFKLDPR DQFKH TXDOFRVD GL SHJJLR GHO VHPSOLFH ULPSDWULR« non voglio proprio pensarci. Perciò ho pensato a voi, gente del passato. Noi non possiamo ormai fare più nulla per cambiare la situazione, ma voi sì: cambiate atteggiamento verso gli stranieri che vi chiedono aiuto; non guardate FKL q GLYHUVR GD YRL GDOO·alto in basso; non giudicate solo dalle apparenze; non cercate di mantenere le distanze tra voi e loro, ma FHUFDWHO·LQWHJUD]LRQHXQDPLDDPLFDFKHKDDYXWRODIRUWXQDGLHVVHUH riconosciuta come rifugiata mi racconta che i suoi coetanei africani la additano come fosse un alieno e in vari anni non ha creato un legame stabile con nessuno. Fate sì che si allievi il loro malessere per non trovarsi più nel paese nativo, aiutateli a rifarsi una vita, siate meno rigidi con le normative e più veloci con i tempi. Datemi ascolto, ve ne prego. Se migliorerete il vostro trattamento nei confronti di immigrati e rifugiati, in futuro essi ve ne saranno riconoscenti. Sarà un futuro migliore sia per loro sia per i vostri pronipoti. Rifletteteci. Ora vi saluto perché siamo qui ormai da giorni ed è ora di ripartire verso un altro nascondiglio. Pensate a ciò che vi ho narrato. Amichevolmente, Licia Lucrezia Cammarata 29 Solo cinque minuti 6o racconto classificato La commissione si è riunita. Asim si trova nella sala del palazzo comunale di Siena, si guarda intorno, la carta da parati è sbiadita, a WUDWWL XQ SR· VWDFFDWD GDO PXUR F·q XQ TXDGUR GL IURQWH D OXL GL XQ VLJQRUH FRQ L FDSHOOL ELDQFKL TXDVL WXWWL FDGXWL ´VDUj TXDOFXQR GL LPSRUWDQWHTXLLQ,WDOLDµSHQVD,Otavolo è di un legno scuro e brilla, ci si potrebbe specchiare, le sedie sono imbottite, di stoffa rossa, sembrano dei troni. Sette facce lo stanno guardando, qualcuno sembra scettico, qualcun altro sembra provare pena per lui. '·XQWUDWWR XQXRPR FRQXQD EDUED JULJLD HJOLRFFKLDOLSDUOD´QRPH FRPSOHWRµ$OVXRILDQFRXQUDJD]]RPXODWWRJLRYDQHEHQSHWWLQDWR traduce ad Asim quello che viene detto. Asim lo guarda, poi guarda O·XRPR ´$VLP -DPDOO 2UHN 6KLPDOµ 8QD JLRYDQH GRQQD LQ FDPLFLD scrive ciò che YLHQHGHWWR´3URYHQLHQ]D"µ 6WHVVDSURFHGXUDGLSULPD $VLP ULVSRQGH ´%RPED\ OD SDUWH SRYHUD GDOOH« EDUDFFRSROLµ ´(Wj"µ ´9HQWLWUqµ 8QD GRQQD XQ SR· SL DQ]LDQD GHOOD SULPD FRQ L FDSHOOL WLQWL H FRWRQDWL VL DYYLFLQD DOO·XRPR FRQ OD EDUED H VXVVXUra: ´DUULYLDPR DO VRGR QRQ DEELDPR WURSSR WHPSR GD SHUGHUHµ /·XRPR annuisce, guarda la commissione, guarda di nuovo Asim e continua. ´$OORUD« HKP« Asim, dicci, come mai sei venuto in Italia? Che cosa è VXFFHVVR D %RPED\"µ $VLP ILVVD LO UDJD]]R PXODWWR SRL ILVVD O·XRPR chiude un attimo gli occhi. Vede il fuoco, le fiamme, le urla per le strade, uomini armati di mazze, manganelli e qualsiasi cosa possa fare male, veramente male, sono i musulmani. Seminano terrore per le strade, Asim ricorda come dei flash, sente ancora i suoni delle mazze FKH FROSLVFRQR GXUR JOL VSUX]]L GHO VDQJXH O·RGRUH GL EHQ]LQD GL morte. Vede madri morire cercando di difendere i propri figli, vede altre madri, forse più sfortunate, che corrono con il loro figlio in braccio, rifiutando di credere che sia morto. Una stretta al cuore. 30 5LWRUQDLQVpILVVDO·XRPREDUEXWRFRVuSXOLWRSUREDELOPHQWHDFDVD lo aspettano moglie e figli, e molto probabilmente intanto si fa la segretaria, quella che prende appunti, pensa Asim. Come fa lui a capire che cosa succede a Bombay? Come fa solo minimamente a immaginare che cosa voglia dire? Non ci sono parole per spiegarlo. 'HJOXWLVFH´&·q« F·qJXHUULJOLDLPXVXOPDQLFRQWURJOL+LQGXFLVRQR PDQLIHVWD]LRQLH« VFRQWULµ /·XRPRORJXDUGDFRQIDFFLDXQSR·SHUSOHVVDFRPHVHQRQORVDSHVVH che ci sono i musulmani contro gli Hindu! Ma non ha intenzione di approfondire, alla fine sono affari suoi, sono le sue parole che GHFLGHUDQQR LO VXR GHVWLQR ´%HQH $VLP H GLPPL: la tua famiglia GRY·q"µ Bam! Una porta che sbatte. E i ricordi di Asim riprendono vita, come se tutta la scena si svolgesse lì di fronte a lui. Uomini incappucciati entrano in tutte le case, sfondando le porte, ed una di queste è la sua. Asim e suo fratello, Amitabh, si mettono davanti per non farli passare. Uno di loro colpisce duro Asim con una mazza, lui cade al suolo. Dopo qualche minuto Asim si risveglia. Suo fratello a terra, in una pozza di VDQJXH VXD PDGUH QRQ F·q SL VXR SDGUH QHPPHQR 6L PHWWH D correre, urlando, chiama i soccorsi. Non sa se suo fratello respiri ancora, ma sa di non poterlo lasciare lì. Lo carica sulle spalle e corre fuori, cerca aiuto, cerca i suoi genitori, prima che succeda qualcosa anche a loro. Mentre corre qualcuno lo trascina in un vicolo, pensa di essere ancora attaccato, ma è suo padre. Piange, è coperto di sangue. ´+anno preso tua madre, Asim, scappa, scappa ti prego, salvati almeno tu. Ci penso io a loro. È un ordine, come padre ti ordino di andare via, più lontano che puoi, ORA, ti prometto che ci penso io. 1RQ YRJOLR FKH VXFFHGD TXDOFRVD DQFKH D WH QRQ IHULUPLµ $VLP HUD scappato, lontano, in lacrime, senza dire una parola, e da quel momento non li aveva più visti, né sentiti. Sapeva che erano ancora vivi, lo sapeva, o forse voleva crederlo, non sarebbe riuscito ad 31 accettare altro. /·XRPR FRQ OD EDUED LPSURYYLVDPHQWH VL ULPDWHULDOL]]D GDYDQWL D OXL ´$OORUD $VLP YXRL GLUPL GRY·q OD WXD IDPLJOLD R QR"µ ´/D PLD IDPLJOLD« sì1RQODYHGRGDXQSR·VRFKHVWDQQR tutti bene, lo soµ. Un altro uomo che fino a quel momento era stato zitto brontola TXDOFRVD DOOD GRQQD FRWRQDWD ´3HQVD, mio figlio ha la varicella e mia moglie è in menopausa, mi va peggio di lui, eppure io non scappo di casaµ. La donna ridacchia. Nessuno di loro può neanche minimamente immaginare cosa ci fosse nella testa di Asim. /·XRPR FRQ OD EDUED FRQWLQXD ´Bene Asim, e come sei arrivato in ,WDOLD"µ Ora Asim comincia a delineare i contorni di un treno. Lo vede, lì davanti a sé. Come fosse arrivato fino alla stazione non lo sa, cerca di ricordare ma vede solo nero. Senza dubbio aveva corso, corso tanto. E poi davanti a lui appare la stazione, come per magia, come un miraggio. Asim si guarda intorno, cerca quel treno che carica le merci, TXDOFXQRJOLKDGHWWRFKHFRQXQSR·GLVROGLORDYUebbero fatto salire. Asim tira fuori un borsellino che gli aveva dato il padre, cerca il ferroviere. Salire sul treno gli costa davvero tanto, quasi tutti i suoi VROGLSLXQDFDWHQLQDG·RUR'DTXHOPRPHQWRQRn ricorda più, non sa quanto tempo sia passato in quel treno, giorni, mesi, forse anni. Non sa dove sia passato, quanta gente abbia incontrato, non sa neanche dove sia diretto. Un giorno il ferroviere arriva, bussa forte, lo prende per una manica e lo butta giù: ´KH\WX, questa è la tua fermata, scenGLµ 6L JXDUGD LQ JLUR GHFLGH GL VHJXLUH JOL DOWUL FKH VRQR VFHVL QRQKDIRU]HPDGHYHFRQWLQXDUHÉQRWWHF·qXQPRORDEEDQGRQDWR delle persone su un gommone, un signore grassoccio che riscuote il denaro. Capisce al volo, sarà il suo prossimo passaggio; paga e sale anche lui. Il viaggio peggiore della sua vita, molti sono morti di fame, e sono 32 stati buttati crudelmente in mare. Alcuni per sopravvivere mangiano FKLQRQFHO·KDIDWWDHEHYRQRDFTXDGLPDUH$QFKHOuKDXQEXFRQRQ ricorda più. Basta, è veramente troppo, non vuole più ricordare. Odia TXHOO·XRPRGLIURQWHDOXLFKHJOLVWDSRQHQGRWXWWHTXHVWHGRPDQGH non vuole più vedere queste immagini, non vuole più rispondere. ´0LKDQQRGDWRXQSDVVDJJLR(FFRFRPHµ ´%HQHµFRQWLQXDO·XRPR´Allora ricapitolando, Asim: a Bombay ci sono manifestazioni e scontri tra Musulmani e Hindu. Per questo tu sei scappato qui, lasciando la tua famiglia che sta bene, quindi non eri VRORODJJL(VHLYHQXWRTXL« FRQXQSDVVDJJLR*LXVWR"µ*XDUGDJOL altri un SR· SHUSOHVVR /D VLJQRULQD FKH VFULYH FRQ OD FDPLFLD ID XQ cenno di conferma. ´$OORUD KDL TXDOFRV·DOWUR GD UDFFRQWDUFL $VLP"µ $VLP VFXRWH OD WHVWD vuole solo andare via. ´Bene, allora per quanto mi riguarda la seduta è sciolta, puoi andare. Ti faremR VDSHUH WUD YHQWL JLRUQL VH RWWHUUDL O·DVLOR SROLWLFR. Nel frattempo devi circolare con questo foglietto, mi raccomando non SHUGHUORF·qVFULWWRFKHVWDLDVSHWWDQGRXQDULVSRVWD$UULYHGHUFLµ $VLPSUHQGHLOIRJOLHWWRVLJXDUGDLQJLURYDYHUVRO·XVFLta e si chiude la porta alle spalle. Fa caldo, è Aprile, il sole è alto nel cielo. Due ragazzi passeggiano mano nella mano, una bambina stringe una bambola e rincorre gli uccellini, due signori con una guida in mano ammirano una statua. Asim è solo, con uno stupido fogliettino di carta in mano, in un paese sconosciuto. È completamente solo. Elisabetta Wolleb 33 Dreaming 6o racconto classificato Dalan Andreic Mirovski guardò le proprie carte. Non una grande mano ma chissà, forse. Faceva caldo in quel gabbiotto illuminato dalla lampada a petrolio, faceva caldo e lui sudava anche senza il pesante maglione di lana. Si trovavano spesso lì, lui e i suoi. Erano sei e giocavano a carte. Non una grande mano, no di certo. Si scusò, depose le carte e uscì nella notte. Accese una sigaretta. Faceva freddo, molto freddo, anche con il maglione di lana. Era pensieroso e non riusciva a giocare: troppe cose per la testa. Dalan spesso si chiedeva se quello per cui aveva lottato a lungo avesse un senso, avesse sortito qualche effetto e se lo chiedeva di più ora che non era un giovanotto spensierato. Da anni lavorava con i suoi per la diffusione clandestina di notizie, strumentazione e prodotti esteri ed era senza dubbio la cosa che sapeva fare meglio. Alcuni lo facevano per il guadagno, che tutto sommato non era male, ma non lui, lui lo faceva forse per il sogno di una cultura diffusa, per il sogno della libertà e della fine della tirannia, ORIDFHYDSHUFRPEDWWHUHO·LSRFULVLDGHOVXRSDHVHHLOGLVLQWHUHVVHFKH il governo moVWUDYD YHUVR LO VLQJROR 9ROHYD O·DIIHUPD]LRQH GHOOR VSLULWR FULWLFR H OD ILQH GHOO·LJQRUDQ]D YROHYD FKH VL DFFHQGHVVH XQD ILDPPDQHOFXRUHGHOOHSHUVRQHO·DPRUHSHUODVFRSHUWDODVFRSHUWDGL qualcosa di nuovo, di diverso, mai visto eppure da tanto tempo presente: il resto del mondo, un mondo remoto eppure affascinante, o almeno lui lo riteneva tale. Era questo che faceva da anni: cercare di garantire un futuro aperto a chi non pensava di poterlo avere. 34 Un bel sogno il suo e forse era solo un pazzo romantico che aveva letto troppi libri, ma non gli importava, era ciò in cui credeva e nessuno avrebbe potuto sradicare quei convincimenti, ogni sacrificio VDUHEEH VWDWR DFFHWWDWR QRQ F·HUD SUH]]R VSURSRU]LRQDWR SHU LO raggiungimento della libertà e della pace. Il regime non la vedeva così, ed il regime era il bene, la ragione e Dio. Come avrebbe potuto sbagliarsi? Dalan non provava avversione verso coloro che vedevano in quel sistema politico il processo di crescita del paese, almeno teoricamente: la pratica non è mai così chiara e semplice come la WHRULD /·DSSOLFD]LRQH GHOOD GLVFULPLQD]LRQH GHOOD VFKLDYLW mascherata; la scomparsa degli oppositori politici, il superpotere della polizia, la chiusura della società e il verticalismo della società stessa, quello non poteva sopportarlo. Faceva freddo. Si guardò intorno. Alla fine li sentì. Alla fine li avevano trovati. Alla fine della sua avventura provava paura, ma non rimorso. Quella notte era stata la ILQHGLXQVRJQRO·LQL]LRGLXQLQFXER Li sentì di nuovo, ne vide forse qualcuno con la tenuta antisommossa. Poi vide rosso. Il colpo alla testa lo aveva sorpreso, la sigaretta gli era caduta e sentiva caldo alla tempia, udiva vagamente delle grida. Si sentiva esausto eppure trovò la forza di issarsi sulle ginocFKLD« Dalan si svegliò di soprassalto e per poco non balzò in piedi tanto il sogno gli era sembrato vivido. Si toccò la cute in cerca di sangue, poi si guardò intorno: si trovava nel suo appartamento, anche se non lo aveva mai sentito troppo suo, come niente di ciò che lo circondava. Non sentiva più niente di veramente suo da quando il suo sogno era svanito. Nulla era stato facile dopo quella notte e per molto tempo si era domandato cosa fosse accaduto nel suo paese e ne sentiva la 35 mancanza, certo. Gli mancava tutto di quella vita, ma non si lamentava. Si trovò a sorridere. Si trovò, nonostante tutto, a sorridere. Sorrideva perché le sue idee non erano morte, erano diventate il sogno di qualcun altro. 4XDOFXQRGLSLFDSDFHFHO·DYHYDIDWWDRDOPHQRFHODstava facendo, Oj GRYH OXL DYHYD IDOOLWR &HUWR VL VHQWLYD YHFFKLR H G·DOWURQGH OR HUD ma non era triste di sentirsi vecchio, anzi. &RV·q OD PRUWH GRSRWXWWR TXDQGR VL YLYH LQ XQ VRJQR" ( LO VXR HUD LO sogno più dolce di tutti. Si coricò, sospirò e si abbandonò alla dolcezza del sonno con la coscienza che sarebbe vissuto per sempre, nel sogno di qualcun altro. Per sempre. No, la morte non lo spaventava. Pietro Veneroni 36 Una storia 7o racconto classificato Si fermò, il vento soffiava penetrandogli nelle ossa, così freddo e tagliente che sembrava attraversare completamente il suo corpo, come se lui neanche esistesse. La strada larga circa cinque metri si HVWHQGHYD ILQR DOO·RUL]]RQWH GLYHQWDQGR VHPSUH SL SLFFROD ILQR D sparire, inghiottita dalla foresta che attraversava, mentre la neve continuava a cadere lenta e tranquilla, adagiandosi a terra e formando uno spesso e soffice manto che ricopriva ogni cosa. Si girò, dietro il paesaggio appariva lo stesso, identico se non per le impronte che aveva lasciato sulla neve fresca, che tuttavia stavano già svanendo, lentamente, ma inesorabilmente. Qualcosa però al di là delle tenui tracce da lui lasciate divideva nettamente il davanti dal dietro, il cartello che lo sovrastava annunciava la fine della sua terra e O·LQL]LRGHOSDHVHOLPLWURIR Il suo pensiero ripercorse la strada e raggiunse la sua casa in un istante. Casa, che strano significato aveva questa parola; se fosse VRSUDYYLVVXWR ILQR DOO·DUULYR LQ XQD WHUUD GL SDFH TXDOXQTXH IRVVH avrebbe potuto avere una nuova casa dove avrebbe vissuto il resto della sua vita, molto più dei diciassette anni vissuti in quella che aveva lasciato. Tuttavia fu pervaso da un grande senso di vuoto, ciò che si intende con casa non sono i freddi blocchi di pietra che compongono O·HGLILFLR PD OD IDPLJOLD OD SURSULD IDPLJOLD FKH q DOO·LQWHUQR FKH WL saluta quando esci e ti accoglie quando entri e che ti vuole bene per il semplice fatto che ne fai parte. Per questo non poteva tornare indietro, per questo non poteva ripercorrere le orme lasciate e tornare a casa, non perché lo avrebbero ucciso se lo avesse fatto, ma perché 37 non vi avrebbe trovato niente se non un edificio vuoto, privo di vita. 1RQ F·HUDQR RVWDFROL IUD OXL H OD VDOYH]]D DO GL Oj GHO FDUWHOOR PD compiere quel passo, attraversare quella linea di divisione immaginaria era assai difficile. Da dove si trovava era ancora in tempo, poteva correre, tornare alla fattoria, cercare, forse se qualcuno fosse sopravvissuto lo avrebbe potuto salvare, avrebbero potuto ripartire insLHPH 0D VH DYHVVH WURYDWR ORUR« 5LDIILRUDURQR QHOOD VXD PHQWHLPPDJLQLGHOO·DWWDFFRDOSDHVHGDSDUWHGHLULEHOOL/DUDEELDOR avvolse come un turbine: sì, sarebbe tornato e se avesse trovato quei ribelli li avrebbe affrontati, sarebbe morto nel tentativo di vendicare la sua famiglia e la sua gente e non sarebbe fuggito come un codardo. No, era inutile, non avrebbe potuto nulla lui, solo contro un esercito, se non morire e morendo avrebbe fatto vincere ancora loro. Già, lui HUD O·XOWLPR GHO VXR YLOODJJLR ancora in vita, probabilmente, e se lo avessero eliminato nessuno avrebbe potuto sapere, vendicare tutti quegli innocenti uccisi. ´/XL HUD O·XOWLPR GHO VXR YLOODJJLR DQFRUD LQ YLWD SUREDELOPHQWHµ Ripensò a questa frase, era vivo, solo, ma vivo. Un leggero sospiro di sollievo lo liberò per un attimo GDOO·DQVLD DFFXPXODWD LQ TXHO OXQJR pensare e per un attimo si sentì come sgravato da un enorme peso. Era vivo e per miracolo: miracolo o caso? Era stato il caso a salvarlo? I ribelli sicuramente non potevano sapere che quel giorno toccava a lui andare a prendere la legna al magazzino situato al confine del villaggio, vicino al bosco; se si fosse trovato a casa non avrebbe fatto in tempo a scappare e a nascondersi tra gli alberi come aveva fatto. Era salvo per caso, il destino aveva voluto così. Era rassicurante pensarlo, se il destino aveva voluto che lui si salvasse certamente non lo avrebbe fatto morire lì lungo la strada, solo due giorni dopo O·DWWDFFR'XHJLRUQLHUDQRVHPEUDWLXQ·HWHUQLWj*OLVHPEUDYDGLaver camminato per un tempo lunghissimo, infinito, continuando a temere di essere inseguito, o di incontrare un branco di lupi lungo la strada. 38 Non aveva ancora chiuso occhio da quando era partito, non aveva pensato di fermarsi, né per mangiare, né per dormire, aveva camminato sempre dritto lungo la strada, e mentre ci pensava avvertì il morso della fame, ma era troppo stanco e infreddolito per potersene occupare. Riguardò dritto davanti a sé, la salvezza era lì davanti, non sapeva quanto, ma era lì, sicuro non poteva che essere lungo quella strada. Eppure non ne era sicuro, e questo lo metteva a disagio, lo intimoriva. Cosa ne sarebbe stato di lui? E anche ammesso che riuscisse a trovare rifugio in quel paese, cosa avrebbe fatto poi? Come avrebbe vissuto il resto della sua vita? Dove sarebbe andato? Non aveva niente e nessuno, nessuno sapeva che lui era ancora vivo, neanche i ribelli che non lo avevano inseguito. La verità era quella, lui non esisteva più, per nessuno, sarebbe potuto morire lì, ora, su quella linea di confine dove si era fermato a riflettere, senza che nessuno lo venisse a sapere, sarebbe potuto morire senza che nessuno avesse saputo che lui era esistito. No, non era possibile, il mondo intero doveva sapere che lui era esistito, che cosa gli era capitato, che cosa aveva sofferto, non perché reputasse di essere la persona che più aveva patito, o sofferto, al mondo, ma per il semplice fatto che voleva, desiderava ardentemente far sapere che lui esisteva! Non lo accettava, non poteva accettare di non essere nessuno, tanto valeva morire con la sua famiglia, almeno sarebbe stato uno dei tanti morti della guerra civile, se invece fosse morto lì non sarebbe stato niente e nessuno. Era ormai sera quando, pervaso da questi pensieri, prese le ultime forze si gettò di corsa oltre il confine gridando a squarciagola per circa cento metri, poi si fermò, la vista iniziò a sbiadire, le gambe tremarono e cedettero, colpite da freddo e stanchezza, e lui atterrò sulle ginocchia. Riuscì a sentire il calore di una lacrima scendergli lungo la guancia e raffreddarsi velocemente lungo il percorso, poi il 39 freddo della neve sulla faccia, poi nulla. Un cacciatore tornava a casa una sera HUD GXUD G·LQYHUQR WURYDUH XQ·DEERQGDQWH VHOYDJJLQD FRPH QHL PHVL SULPDYHULOL PD Tualche coniglio bianco ogni tanto si faceva vedere, o meglio il cane lo fiutava, lo rincorreva e lo bloccava nella sua tana. Quel giorno però niente, QHPPHQR XQD WUDFFLD SRL DOO·LPSURYYLVR LO FDQH DEEDLz H VL GLUHVVH verso un rialzo sotto la neve, il cacciatore gli corse dietro, finalmente aveva trovato qualcosa, si avvicinò, era un ragazzo, probabilmente veniva dal paese vicino dove era in corso una guerra. Sembrava morto, LOFDFFLDWRUHVWDYDSHUDQGDUVHQHTXDQGRVHQWuXQFROSRGLWRVVH« Mattia Shabalin 40 SEZIONE POESIA ESILIO di Francesca Conti (3H) UN BOTTAIO di Stefano Recrosio (4L) 48$1'2/¶82026&$33$« di Riccardo Tommasini (5D) 41 Esilio 1a poesia classificata Il mio volto non ha nome ride e piange con la bocca della sorte il mio respiro è aria di nessuno e la mia voce è silenzio per il mondo La vita non mi ha scelto per la vita e la morte si rifiuta di guardare le mie ossa mi impongono un passo che non vedo mentre il ricordo fugge la nebbia in cui mi trovo ciò che resta della madre è un sussurro che brucia dentro il fuoco della notte e per un soffio sono e poi, ritorno. Francesca Conti 42 Un bottaio 2a poesia classificata Da generazioni bottai e ERWWDLRORGLYHQWDLDQFK·LR tutti credevano che non apprezzassi altro che i frutti prodotti dal lavoro mio. Cercavo di stimare la vita pLG·XQRVWROWRVWUDQLHURLQYLVLWDDOODFROOLQDGL'LR 0LHVSULPRFRQWURO·LQJHQXRHGLOVXSHUER e perché no, anche a lui di se stesso imbroglione: tutti pensano di portare lo sguardo oOWUHO·RUL]]RQWHVRORFRQO·XVRGHOODUDJLRQH in realtà girano intorno alla vita ognuno immerso nella sua visione, ognuno, come me, dentro la propria botte. Non si può neanche tentare di uscire allo scoperto e di ammirare ciò che vi è fuori 43 tutti infatti siamo oppressi da inutili regole, apparenze che feriscono a morte i cuori. Uomini ammanettati da tutto ciò che sembra, uomini privi di valori, legati, come le mie doghe, da un unico male. 7XWWRFLzFKHVHUYHDOO·XRPR è TXHOSL]]LFRG·LQWHUHVVHHG·DPRUH quanto basta per spezzare le catene dHOODIDOVLWjHGHOO·LSRFULVLDFKHVSH]]DQRLOFXRUH 4XHOORFKHKRFHUFDWRG·LQVHJQDUHLR è GLQRQFUHGHUHFKHODWXD´ERWWHµVLDODYLWD spingiti oltre e capirai che essa non è una circostanza già pattuita. Stefano Recrosio 44 4XDQGRO·XRPRVFDSSD 3a poesia classificata QXDQGRO·XRPRVFDSSDHQRQULWRUQDLQGLHWUR" Quando non guarda la storia ed abbandona la vita in scatole di vetro? ,RSURWHJJRO·RJJLSHUVDOYDUGRPDQL Ma i miei sani pensieri resteranno vani Mi allontano o resto qui? Ogni cosa è ben sperata per sfuggire al vuoto La lingua, la scrittura, la voce che non viene cancellata e dura invita a dire tanto e a parlar poco. ´$LXWRµLQYRFDO·XRPRGHQWURXQWHVWR Ma il suo verbo è fato, è manifesto Ed LOSDVVDWRURPSHUjO·HVLOLRPDDTXDOHSUH]]R" /·HUURUH H OD VXD DFFHWWD]LRQH DYYHOHQDQR O·DQLPD FRVu QDVFH LO disprezzo. È una difesa, attesa inevitabile come la nostra fine. Me ne vado, e con me verranno le mie rime. (FFRGLQXRYRO·HUURUHGHOSRHWD« presunzione. /·HVVHQ]DGHOORVFULYHUHULPDQHTXLQHOPRQGRYHUR Perché senza finzione, sparirebbe, nel bianco del foglio, il contorno 45 fatto di un inchiostro nero. I passi sono al mondo e lui ne fa che vuole. Ma le parole no, si adagiano sul fondo, perché non hanno braccia, né occhi, né suole. Riccardo Tommasini (Mi sono immedesimato QHOOD SURWDJRQLVWD GHO OLEUR FKH KR OHWWR ´$KOqPH TXDVL IUDQFHVHµ GL )DL]D *XpQH KR IDWWR ILQWD GL VFULYHUH XQD SRHVLD VXO TXDGHUQHWWR D spirale sui cui Ahlème scrive i suoi pensieri, i suoi desideri e tutto ciò che le passa per la mente). 46 /H LPPDJLQL FKH DFFRPSDJQDQR LO YROXPH VRQR OH YLQFLWULFL GHOOD ´6H]LRQH /RFDQGLQDµGHO&RQFRUVR 1. Antonio Rainone (1o classificato, copertina. Classe 3I) 2. Valeria '·$FTXLQR (2a classificata, introduzione alla Sezione Racconti. Classe 5L) 3. Roberta Casazza (3a classificata, introduzione alla Sezione Poesia. Classe 5L) 47