LICEO SCIENTIFICO STATALE ³9,7725,29(1(72´
MILANO
La scrittura non va
in esilio
CONCORSO LETTERARIO
A.S. 2008/2009
Scrivere è pensare
Questo
è il secondo volume di racconti e poesie scritti dai nostri
DOXQQLDQ]LGDWRO·LQGXEELRVXFFHVVo delle quattro ragazze premiate
DOO·RPRQLPR &RQFRUVR SURPRVVR GDO &HQWUR $VWDOOL GL 5RPD, si può
dire che qui si parli al femminile. Il successo colto dalle nostre
studentesse dimostra che il Liceo non si è impegnato invano e che tra
i nostri alunni vi sono potenzialità culturali che aspettano solo di
essere coltivate, per fiorire. La prof.ssa Maria Mastrolitti ed il prof.
Marco Baglio, guidando i nostri ragazzi in questo percorso, hanno
fatto proprio questo: coltivato le potenziali capacità letterarie degli
alunni.
Il terzo millennio si annuncia con la grande sfida tra la tradizione dello
scrivere e la contemporaneità delle comunicazioni brevi, alle quali
invogliano gli VWUXPHQWL LQIRUPDWLFL 0D O·XQD QRQ HVFOXGH JOL DOWUL Qp
accade il contrario, perché il pensiero, quando è robusto, domina
entrambi gli aspetti ed i loro strumenti.
Per tale via comunicano tra loro chi scrive e chi legge. Un libro, un
racconto, una poesia non ci lasciano mai soli né inaridiscono. Essi
nutrono la mente, disvelando sempre nuovi orizzonti.
,QILQHDWWUDYHUVRO·RSHUDOHWWHUDULDJUDQGHRPRGHVWDO·XRPRqSDUWH
di quel tutto che travalica barriere e confini.
Ragazzi, continuate così!
Milano, 3 dicembre 2009
Il Preside
(Prof. 0LFKHOH'·(OLD
1
Le ragioni di un titolo
NeOO·DV
-2009 alcune classi del nostro Liceo hanno
SDUWHFLSDWRSHULOWHU]RDQQRGLVHJXLWRDO3URJHWWR´/DVFULWWXUDQRQ
YD LQ HVLOLRµ FRQ FXL OD )RQGD]LRQH &HQWUR $VWDOOL 2QOXV GL 5RPD KD
inteso promuovere nelle scuole una riflessione sulla problematica dei
rifugiati politici e dei richiedenti asilo. Il Progetto ha goduto anche di
un finanziamento della Provincia di Milano e si è sviluppato in
VLJQLILFDWLYDFROODERUD]LRQHFRQO·$VVRFLD]LRQH´&DVD0DUWD/DUFKHUµGL
Milano.
7UD OH YDULH DWWLYLWj SURSRVWH GDOOD )RQGD]LRQH &HQWUR $VWDOOL F·HUD
anche la partecipazione a un Concorso Letterario dal titolo, appunto,
´/DVFULWWXUDQRQYDLQHVLOLRµ,O3UHVLGHHOH&RPPLVVLRQL%LEOLRWHFDH
Cultura del Liceo Statale Vittorio Veneto hanno deciso di adottare
questo stesso titolo per il Concorso Letterario che da due anni a
questa parte si tiene nella nostra scuola, permettendo così agli
studenti di iscriversi contemporaneamente a due selezioni. Da parte
nostra, abbiamo istituito tre sezioni: 1. migliore racconto; 2. migliore
poesia; 3. migliore locandina. Abbiamo poi suggerito agli studenti di
intendere il titolo non solo in una prospettiva di attualità politica, ma
anche in una prospettiva simbolica: la scrittura che non va in esilio
può così diventare immagine della parola, del valore del narrare, della
funzione della letteratura. In questo volume presentiamo i testi
ritenuti migliori dalla Giuria del Liceo e, insieme, ricordiamo che
quattro
nostre
studentesse
sono
state
premiate
anche
dalla
Fondazione Centro Astalli: Anna Clara Basilicò (terza classificata, 2H);
Alice Grati (ottava classificata, 3F); Lucrezia Cammarata (menzione
speciale, 4H); Federica Zambrini (menzione speciale, 3F).
2
SEZIONE RACCONTO
QUESTO È PER TE
di Anna Clara Basilicò (2H)
/(77(5$$//¶,232(7$
di Riccardo Tommasini (5D)
TI RACCONTO UNA STORIA
di Federica Zambrini (3F)
R.H.S.
di Costanza Sartoris (4D)
UN MESSAGGIO DAL FUTURO
di Lucrezia Cammarata (4H)
SOLO CINQUE MINUTI
di Elisabetta Wolleb (4E)
DREAMING
di Pietro Veneroni (4E)
UNA STORIA
di Mattia Shabalin (4E)
3
Questo è per te
1o racconto classificato
Questo è per te.
Per te, che cammini con uno straccio dove hai avvolto le tue speranze,
SHUWHFKHDEEDQGRQLO·DQWLFDPDGUH
7XFKHGDOO·$IULFDSURIRQGDGDOOHIRUHVWHHGDOGHVHUWRGDOODPDODWWLD
e dal dolore, hai camminato e ancora camminerai, inseguendo un
sogno di benessere che, ne sei certo, troverai a nord.
Per te, che non hai studiato sui libri di geografia che il tuo paese
´FRQILQDDQRUGFRQO·RGLRHQRQKDDOWULSXQWLFDUGLQDOLµ
Questo lo dedico a te.
Tu sei nato in Niger, vicino Tahoua, ma non vicinissimo al confine con
il Mali, perché lì non ci sono città. Non sei mai andato a scuola e sei
nato con la zappa in mano e la sorellina sulle spalle. Tua madre vive
QHOOD WXD VWHVVD FDSDQQD H WXR SDGUH QRQ F·q SL GD WDOPHQWH WDQWR
tempo che hai dimenticato se è morto o se è scappato. Ogni giorno
rimpiangi quello maledetto in cui sei nato e guardi il sole infuocarsi il
mattino e spegnersi la sera sognando qualcosa di meglio.
Da piccolo scavavi nel tuo piccolo pezzo di sabbia dietro la tua casa,
PD O·DFTXD SHU IDU FUHVFHUH L VHPL FKHFL VRWWHUUDvi non arrivava mai.
Tu aspettavi, ma quella non voleva scendere. Niente andava mai come
tu volevi, ma ti consolavi pensando che in quella landa sperduta
niente andava come nessuno voleva. Ti sei ammalato, hai visto i tuoi
IUDWHOOL FDGHUH XQR GRSR O·DOWUR VRWWR L FROSL GL ]DQ]DUH e mosche
4
assassine, ma ti sei sempre asciugato gli occhi, perché avevi un
sogno.
Poi un giorno hai deciso di partire, di inseguire le tue speranze. E hai
cominciato a camminare, passo dopo passo, incitandoti a proseguire,
a non contare le gocce di sudore lungo la fronte e le espressioni
stranite delle donne e degli uomini e dei bambini che hai visto lungo il
tuo cammino.
Sei arrivato lungo le coste della Tunisia solo tre anni dopo,
ammazzandoti di lavoro per pagare il biglietto della salvezza.
Finalmente sei arrivato al confine. Ti sei voltato indietro e hai letto il
tuo passato nella terra bruciata. Il vento caldo ti ha sussurrato storie
che volevi udire. Storie di meravigliose città dove il sole non trapassa
la carne, dove si beve e si mangia. Dove esistono le scuole e dove c'è
una casa calda. Storie.
Per parecchi giorni, o per parecchi mesi, hai camminato sul bordo
della tua terra natìa, aspettando che un bastimento venisse a
raccogliere i resti di te. Nel frattempo hai riflettuto, hai continuato a
lavorare, hai resistito per tua sorella, per tua madre, per tua zia. Per
te. Hai lottato con le tue forze e alla fine sei arrivato nel porto. Al
molo ti aspettava non un traghetto, non una nave, non un veliero, ma
un semplice barcone, già stipato di culture e urina. Ma ti sei fatto
forza ancora una volta e sei salito.
Schiacciato tra un etiope e un egiziano hai salutato tua madre e tuo
SDGUH KDL VDOXWDWR OD WXD DQLPD O·KDL YHQGXWD DG XQ PHUFDQWH GL
corpi. Hai salutato la siccità, convinto di arrivare nella terra
GHOO·DEERQGDQ]D KDL VDOXWDWR O·LQFHUWH]]D VLFXUR GL WURYDUH GHOOH
certezze. Hai salutato tutto, scambiandolo per niente, dirigendoti
verso il niente, che avevi creduto tutto. Per mare hai dormito e hai
visto la tua famiglia, per mare sei stato sveglio e hai visto persone
5
morire sole incatenate alla speranza. Per mare hai visto donne
maltrattate e bambini in lacrime. Per mare hai patito la fame e la sete.
Per mare hai visto tante cose, ma non quelle che si dovrebbero vedere.
Per mare hai cominciato a dimenticare il calore di un sorriso e il
brivido di un abbraccio.
Poi, stremato, sei arrivato in Grecia. Eri lì, a Patrasso. Affamato tra gli
affamati, disperato tra i disperati. Hai chiesto aiuto ma nemmeno le
onde si sono disturbate a risponderti. Il tuo muro di certezze ha
iniziato a vacillare sotto il peso della paura. Paura di aver frainteso
ogni cosa. Paura perché lì la notte faceva freddo e tu non avevi niente
SHU FRSULUWL &·HUDQR WDQWL WXULVWL Ou LQ *UHFLD /L YHGHYL DEEXIIDUVL GL
suflaki e di tzatziki, ma mai nessuno si è fermato a chiederti se avessi
bisogno di qualcosa. Eri disorientato e ti sembrava di muoverti al
rallentatore. Stordito ti voltavi a guardare gli altri e ti muovevi per il
porto aspettando che un tir ti offrisse la sua pancia ferrosa. La puzza
di modernità ti faceva vomitare e così quei colori sgargianti e
innaturali. Avresti voluto dirglielo. Dirgli che il rosso non è così
brillante, ma che ha una punta di grigio polvere, e che il blu ha molte
SLVIXPDWXUHHFKH«DYUHVWLYROXWR dirgli tante cose, ma parlavi solo
il touareg.
8QDPDWWLQDDOO·DOEDKDLLQILODWRLOWXRFRUSRIUDJLOHVRWWRXQFDPLRQ
scottandoti col motore caldo e soffocando coi gas di scarico. Hai
affidato la tua piccola vita ad una macchina insensibile che ti ha
condotto in Puglia, in Italia.
4XDQGR VHL VFLYRODWR IXRUL GD TXHOO·LQIHUQR UXPRURVR KDL VSHUDWR FKH
FDPELDVVHTXDOFRVDPDO·XQLFDQRYLWjqVWDWDXQDFRVWRODURWWDGDXQ
PDQJDQHOOR FKH WL KD FROSLWR SHUFKp HUL FROSHYROH G·HVVHUH WURSSR
stanco, troppo sporco, troppo africano.
6
Ma poi, qualche tempo dopo, hai trovato lavoro e una piccola scintilla
ha rianimato la tua speranza. Non hai capito bene che cosa avresti
GRYXWR IDUH PD WL VHPEUDYD FKH TXHOO·XRPR FKH WL Vtava innanzi ti
stesse dicendo che avresti seminato qualcosa, come facevi a casa tua,
in Africa, e allora hai accettato, hai detto di sì.
E te ne sei pentito. Ora rimpiangi quel monosillabo. Perché per quattro
interminabili anni tu sei stato lì, piegato sulla terra, sotto il sole o
sotto la pioggia. La schiena ti pulsava e ti bruciava dal dolore e avevi
le mani ricoperte di calli. Ma nonostante tutto non ti sei mai lamentato
perché la consapevolezza che ogni tuo sforzo era teso al benessere
della tua famiglia ti incoraggiava a non cedere.
Le antiche aspettative erano svanite, oppresse dai mattoni di
disperazione e dalle tegole di rassegnazione che costituivano quella
EDUDFFD GRYH YLYHYL 4XHOO·DELWD]LRQH HUD EXLD H IUHGGD VSHFLDOPHQWH
G·LQYHUQRTXDQGRJOLVSLIIHULFKHVLLQVLQXDYDQRWUDOHFUHSHIDFHYDno
apparire sulla pelle degli sconosciuti bozzetti.
3RL XQ JLRUQR VHQ]·DOWUR LO WXR JLRUQR IRUWXQDWR KDL YLVWR XQ XRPR
Aveva i capelli ricci neri con qualche venatura di grigio, due occhi
grandi espressivi e un profilo greco. Lui ti si è avvicinato con una
macchina fotografica, ti ha fissato per qualche secondo e poi ti ha
VFDWWDWR XQD IRWRJUDILD 7X O·KDL JXDUGDWR LQWHUGHWWR KDL VEDWWXWR OH
ciglia e ti sei rimesso al lavoro. Allora lui ti è venuto ancora più vicino,
ti ha sorriso e, dolcemente, ti ha GHWWR ´NZDO ODIL\Dµ FKH VLJQLILFD
´EXRQJLRUQRµ $QFRUD SL SHUSOHVVR GL SULPD WL VHL DO]DWR H O·KDL
RVVHUYDWR D OXQJR SULPD GL ULVSRQGHUH DO VDOXWR 4XHOO·XRPR SRL KD
continuato dicendoti FKHHUDXQPHPEURGLXQ·DVVRFLD]LRQHFKLDPDWD
´0DOL1L$µ RVVLD 0DOL Niger Amitiè, che si preoccupava sia della
convivenza pacifica tra i due paesi che del benessere delle popolazioni
touareg.
7
4XHOO·XRPR WL KD SRUWDWR YLD GD Ou WL KD IDWWR FUHGHUH GL QXRYR QHOOD
solidarietà. Ti ha accompagnato a casa sua, ti ha procurato i
documenti e, alla fine, ti ha mandato in Francia, dove vivi tuttora, da
una sua amica, Maguy Vautier.
Questo, ancora una volta, è per te, perché io ti ho visto. Io ti vedo ogni
giorno. Vedo i tuoi occhi supplicanti, vedo le tue gambe che corrono
nei porti greci. Io vedo te. Ti vedo quando arrivi dal Perù e ti ho visto
TXDQGRDUULYDYLGDOO·,QGLD
La tua storia ha un lieto fine, anche se è una delle poche. Ma la tua
storia ha un lieto fine, ed è questo quello che conta.
Anna Clara Basilicò
8
LHWWHUDDOO·io poeta
2o racconto classificato
20 Febbraio 2009, Milano
Salve,
bando alle presentazioni. Dopo tutto ci conosciamo da sempre o
almeno credo. Non saprei però quale livello di confidenza abbia io con
lei, prudenza dunque, sono sempre stato permalosR«
Già mi immagino i suoi occhi, che non sono cambiati nel tempo,
mentre è cambiato quello che vedono, mi immagino le sue mani sulla
fronte aggrottata, perché certi tic non si perdono maturando, ma
diventano
particolari
affascinanti;
si
starà
dando
da
fare,
VFRQYROJHQGR OD PHPRULD SHU ULWURYDUVL LQ TXHVWHSDUROH O·XRPR QRQ
deve essere cambiato in tanti anni, affannato nel cercare risposte
dentro di sé, poi fuori, poi ancora dentro, senza prendere una vera
GHFLVLRQH4XDQWDWHQHUH]]D«
Non è mai chiara la posizione del passato: io sto qui nel mio tempo, a
parlare con lei che, per come è fatto, non lo conosce nemmeno questo
momento e, nonostante questo, il vero LJQRUDQWH VRQR LR« causa
effetto, causa effetto: ecco la vera scienza.
La verità è che i dettagli si perdono nella complessità del tutto e si
collegano azioni altrimenti estranee. Dopo tutto è a questo che
servono le parole: quelle dette, che rimangono leggere nella storia, e
viaggiano solo nella memoria; quelle scritte, che già gli antichi
avevano
capito
esser
potenti.
Le
parole
sanno,
sembra
un
controsenso, ma spesso sono loro a guidare noi. Su questo foglio un
vile può diventare un eroe e un eroe un vile, nel giro di un momento.
Ecco allora il senso della scrittura. Le parole prendono il loro spazio
9
nel mondo e danno a noi che le leggiamo alcune delle motivazioni per
andare avanti. Ovunque siamo, nel tempo e nello spazio le portiamo
FRQ QRL HUD 2UD]LR D GLUOR QR IRUVH 6HQHFD ´4XHOOR FKH KR OR SRUWR
FRQPHµ, e le parole ci seguono sempre, ci tampinano, ci obbligano a
relazionarci con il mondo, anche se in quel momento è contro di noi e
possiamo solo scappare.
Le parole però non possono fare del tuo posto il mio. Perché in tutta
sincerità io non lo capirei il tuo mondo, le tue parole: lettere e simboli
FDPELDQRQHO WHPSR SXU UHVWDQGR XJXDOL« sono vivi, ecco perché un
foglio non sarà mai una gabbia, ma anzi un universo.
Del mio secolo poi si sono GHWWHWDQWHFRVHO·DPELJXLWjGHOO·LQGLYLGXR
è giunta al massimo e chi lo sa se sarà ancora così per te. Ogni epoca
ha la sua colpa, e questa volta, la mia, sarà spartita tra la gente, che
mai come nel mio millennio non sarà innocente. La verità è che
passiamo il tempo a rincorrere vite non nostre, cacciando streghe che
ci mostrano il reale.
Non siamo speciali, non più. Ho accettato il peso di descrivere ciò che
vedo: troppo male, troppo bene, qui si è persa la virtù. Troppo vuoto,
troppo pieno, ma mai troppe parole, forse troppo poche. La colpa del
mio mondo, o tempo per essere precisi, è aver cacciato il sole,
abbandonando il cielo siamo rimasti senza luce e qualcuno è andato a
sbattere correndo. Siamo distanti, soli, emarginati, i modelli sono
sempre più desiderati e mai raggiunti.
0D F·q VSHUDQ]D TXHOOD FL DFFRPSDJQD VHPSUH KD UHVR O·XRPR
incurante del pericROR LPPLQHQWH &·q VSHUDQ]D SHUFKp DG DQGDUVHQH
sono sempre le persone, non le idee, non le parole, che non si
SRVVRQR XFFLGHUH Qp DOORQWDQDUH KDQQR VFRQILWWR O·RVWDFROR GHO
tempo e sono ritornate a te, le mie parole.
Se nemmeno i secoli possono fermarle, allora è ovvio, nessuno spazio,
PHQWDOHRILVLFRSXzHVVHUHORURG·LQWUDOFLR,OVDFULILFLRVWDQHOOHWWRUH
FKH GHYH HVVHUH DOO·DOWH]]D GHO FRQVLJOLR VROR FRVu OD VFULWWXUD QRQ
andrà in esilio.
10
Con fiducia in te.
«
PS: che sbadato, ho dimenticato di firmarmi, forse in realtà è meglio
così, è sempre staWRFRPRGRO·DQRQLPDWRXQYHVWLWRODUJRSHUSRWHUVL
accomodare, e tirar fuori, finalmente, quello che si tiene dentro.
Riccardo Tommasini
11
Ti racconto una storia
3o racconto classificato
La
nonna entra silenziosamente nella stanza H JXDUGD FRQ XQ SR·
di tristezza la sua bambina, che ormai è diventata una ragazza; non
passano più molto tempo insieme e non sa più nulla di lei: per
O·DQ]LDQD VLJQRUD q WULVWH YHGHUH FRPH VXD QLSRWH QRQ WUDVFRUUD SL
voleQWLHUL OH YDFDQ]H D FDVD VXD 4XDQG·HUD SLFFROD VL GLYHUWLYDQR XQ
mondo: la portava nei boschi dove le raccontava storie di fate e
folletti, poi tornavano in casa e le preparava la cioccolata calda, infine
passavano tutto il pomeriggio a fare disegni e giochi, ma ora è facile
intuire cosa passa nella mente di Irma: vorrebbe stare in un posto più
alla moda, con delle piste da sci e dei locali, vorrebbe Internet,
vorrebbe almeno una televisione più grande, a colori, con un lettore
GYG« H LQYHFH q FKLXVD LQ XQa casetta di montagna, isolata dal
mondo, si è persino stufata dei giretti in paese con i genitori: si limita
a stare sbattuta sul letto attaccata al suo telefonino.
La nonna vorrebbe avere un rapporto più attivo con la nipote, così
decide di fare una prova; escludendo i giochi di società e i tentavi di
IDU SDUODUH OD UDJD]]D OH ULPDQH XQD VROD SRVVLELOLWj ´WL SRWUHL
UDFFRQWDUH XQD VWRULDµ ´PD QRQQD QRQ KR SL WUH DQQLµ ´FKH F·HQWUD
O·HWj"LQWHOHYLVLRQHOHWXHILFWLRQSUHIHULWHUDFFRQWDQRVWRULHµ´PDlì ci
VRQROHLPPDJLQLµ´HDOORUDDQFKHLRXVHUzGHOOHLPPDJLQLµ
A fatica la nonna va a prendere una scatola di legno, sul comò, si
ULVLHGHHVH O·DSSRJJLD VXOOH JLQRFFKLD VROOHYD LO FRSHUFKLRSROYHURVR
ed inizia ad estrarre degli oggetti, che si appresta a porgere uno ad
uno alla ragazza, tossisce per schiarirsi la voce ed inizia il suo
racconto:
12
´4uando avevo più o meno la tua età, ero una ragazza felice; avevo
tante amiche, con le quali passavo momenti allegri a passeggio per la
città, una scuola che amavo, dove tutti mi conoscevano: ero nella
UHGD]LRQH GHO JLRUQDOLQR FKH D IDWLFD VWDPSDYDPR RJQL PHVH«
scrivere su quelle pagine era un modo per esprimere me stessa, allora
ero molto timida ma quando scrivevo non conoscevo limiti né freni
inibitori; scrivevo di tutto: articoli, poesie, brevi racconti, mi facevano
VHQWLUHEHQHHSLDFHYDQRPROWRDJOLDOWULµ. Mentre racconta, la nonna
SRUJH DG ,UPD DOFXQH YHFFKLH IRWR LQ ELDQFR H QHUR XQ SR· VELDGLWH
che la raffigurano da giovane, così bella e sorridente!
´/a mia vita era del tutto invidiabile, la mia famiglia era piuttosto
benestante, la tua bisnonna apparteneva ad una ricca famiglia ebrea;
ero sempre stata indifferente per le mie origini religiose: noi non
eravamo mai stati praticanti. Poi però, come hai studiato a scuola, le
FRVHLQL]LDURQRDFDPELDUHDOO·LPSURYYLVRLOIDWWRFKHPLDPDGUHIRVVH
ebrea voleva dire moltissimo, iniziammo a dover sopportare diverse
limitazioni, col passare del tempo le mie amiche erano sempre più
diffidenti, e non volevano più uscire con me, successivamente la
preside mi convocò nel suo ufficio, per pregarmi di non scrivere più.
L·DQQR VFRODVWLFR -1938 stava finendo: fui promossa con ottimi
voti a giugno, ma dopo una strana estate, ad ottobre non potei
tornare a scuola, mi sentivo così sola e frustrata, pensavo che le cose
QRQSRWHVVHURDQGDUHSHJJLRGLFRVuµ
La nonna interrompe un attimo il suo racconto, e porge alla nipote un
elenco con i nomi ed i volti di tutti i ragazzi che dovettero lasciare il
OLFHR LQ TXHOO·DQQR SRL ULSUHQGH ´QDWXUDOPHQWH PL VEDJOLDYR VRQR
passati ormai molti anni, ma ricordo ancora perfettamente la sera in
cui mamma e papà mi chiamarono per dirmi che era troppo pericoloso
restare a Milano. EEEL SRFKH RUH SHU ULHPSLUH XQR ]DLQR O·LQGRPDQL
partLPPR GL EXRQ·RUD ULFRUGR SRFR GHO YLDJJLR KR FHUFDWR GL
13
rimuoverlo per anni: di certo so che ci salvammo per un attimo,
varcando le soglie della frontiera svizzera grazie ad un buco nella
UHWHµ /D QRQQD SRUJH DG ,UPD XQ OLEUHWWR D]]XUUR, ´OLEUHWWR SHU L
ULIXJLDWLµ, F·q XQD VXD foto, poi informazioni varie e tessere di
razionamento.
´$ELWXDUPL DOOD QXRYD YLWD LQ 6YL]]HUD QRQ IX SHU QLHQWH IDFLOH..
vivevamo in un piccolo appartamento, io cercavo di aiutare come
potevo, per il resto passavo le mie giornate passeggiando per la città
e, sentendomi straniera, non riuscivo più ad essere me stessa: non
DQGDYR D VFXROD IDFHYR IDWLFD DG RULHQWDUPL« 3RL SHUz XQ JLRUQR OH
cose cambiarono: stavo camminando su una stradina, con gli occhi
bassi, quando sentii chiamare il mio nome; mi girai e con immensa
sorpresa vidi il volto di Carla, una mia ex compagna di scuola con la
quale non avevo mai avuto un rapporto particolare: ebbene fu lei a
dare una svolta positiva alla mia vita. Era in città per trovare una
cugina e nel pomeriggio che passammo insieme riuscì ad alleviare la
pena che avevo provato a Milano nel sentirmi continuamente esclusa
dalle mie compagne di classe e che era rimasta in me come una ferita
aperta: era sinceramente interessata alla mia nuova vita, poi mi
raccontò che cosa stesse succedendo a Milano e a scuola, mi disse che
il giornalino sopravviveva, ma che sentiva la mancanza dei miei
articoli; passai un pomeriggio sereno e, dopo tanti giorni cupi, riuscii
ILQDOPHQWH D ULGHUH /·LQGRPDQL YHQQH D VDOXWDUPL prima di partire,
accompagnata dalla cugina; Carla aveva un progetto destinato a
regalarmi tanta felicità: mi consegnò della carta da lettere, con buste e
francobolli, poi mi spiegò che aveva pensato che potevo scrivere degli
articoli e mandarglieli, protetta da uno pseudonimo; lei mi avrebbe
mandato le copie del giornalino, o meglio le avrebbe mandate alla
FXJLQD PD OD FRVD LPSRUWDQWH HUD FKH LR O·DYUHL SRWXWR OHJJHUH H
soprattutto avrei potuto scrivere nuovamente su quelle pagine!
Improvvisamente ritrovai la gioia di vivere, mi sentivo piena di
14
HQWXVLDVPR SHUFKp DYHYR O·LPSUHVVLRQH GL SRWHUPL ULSUHQGHUH XQD
SDUWHLPSRUWDQWHGLTXHOODYLWDFKHODIROOLDGHOO·XRPRPLDYHYDSRUWDWR
YLD O·LGHD FKH OH mie parole potessero tornare a girare nella scuola,
anche se io ero lontana, PLULHPSLYDLOFXRUHGLHPR]LRQHHIHOLFLWjµ
La nonna porge ad Irma, ormai rapita dal racconto, alcune vecchie
copie di un giornalino: è un oggetto del passato, così desueto, ma
RUPDLDOODUDJD]]DqFKLDURO·DOWRYDORUHGHLIRJOLFKe tiene e in mano.
´$YHYR WURYDWR XQ QXRYR PRWRUH SHU SRWHU DIIURQWDUH OH JLRUQDWH
anche quando apparivano interminabili avevo infatti la forza di andare
avanti, sapendo che dovevo sopportare fatica e tristezza per
conquistarmi il fatidico momento in cui mi sarei potuta sedere da
qualche parte, a scrivere. Se prima non riuscivo a scrivere neanche il
mio diario, perché mi sentivo inutile, un essere privo di valore, ora
invece scrivevo di tutto non appena trovavo un pezzo di carta; quei
fogli, scritti con una calligrafia piccola e compatta, per occupare il
minor spazio possibile, costituivano il mio più grande tesoro! Intorno
al 10 di ogni mese, rileggevo tutti i miei pezzi e sceglievo quello da
mandare a Milano; puntuale Carla mi faceva poi pervenire le copie del
giornalino: leggerlo e vedere i miei pezzi (anche se senza il mio nome)
mi faceva sentire straordinariamente forte: immaginavo i ragazzi a
scuola con quelle stesse parole davanti agli occhi e per me era come
se la mia voce, che era stata messa a tacere, risuonasse ora con
LPSHWRQHLFRUULGRLµ
La nonna porge ad Irma una copia di un DOWURJLRUQDOHSL´UDIILQDWRµ
ed una foto che la ritrae da giovane, circondata da adulti sorridenti,
poi riprende il suo racconto. ´8QJLRUQRPLUHFDLDFDVDGHOODFXJLQa di
Carla, che si chiamava Clara, per prendere la copia del giornalino, ed
incontrai sua madre, una donna molto bella. Devi sapere che la
famiglia di Clara faceva parte di un circolo di borghesi illuminati, che
gestiva una rivista settimanale, intorno alla quale gravitavano molti
intellettuali. Ebbene, la signora aveva letto i miei articoli e mi propose
15
di scrivere una sorta di diario settimDQDOHVXOODPLDYLWDGD´HVXOHµ/a
cosa straordinaria è che mi pagavano per scrivere: non hai idea della
soddisfazione che provavo a poter aiutare i miei genitori! Presto iniziai
anche ad aiutare in redazione, tutti erano gentili con me, e mi davano
XQ VDFFR GL FRQVLJOL« LQ TXHOO·DPELHQWH SRVLWLYR H VWLPRODQWH PL
innamorai per la prima volta, del figlio di una poetessa, ricordo ancora
EHQLVVLPRODVHUDGHOQRVWURSULPREDFLRµ
,UPD q XQ SR· LPEDUD]]DWD QRQ OH SLDFFLRQR OH RFFKLDWH GHOOD QRQQD
che vorrebbe dettagli sulla sua vita, e la prega di continuare il
racconto.
´/D PLD YLWD HUD ILQDOPHQWH VHUHQD PD RYYLDPHQWH TXDndo la guerra
finì e potemmo tornare a casa fui felicissima! A Milano potei prendere
LO GLSORPD SRL SURYDL D IDUH SHU XQ SR· OD JLRUQDOLVWD PD SHU XQD
donna era difficile, quando conobbi tuo nonno decisi di dedicarmi
solo a lui, e poi arrivarono papà e gli zii, il resto della storia già lo sai!
Però ho continuato a scrivere per me, è un modo per esprimere se
VWHVVLµ
Irma si alza e abbraccia la nonna per un minuto interminabile, come
per ringraziarla del racconto.
Poi spegne il cellulare, si accoccola su una poltrona ed inizia a
VFULYHUH«
Federica Zambrini
16
R.H.S.
- Homo Sapiens Rescue 4o racconto classificato
Rumore sullo schermo.
Scena nera, messa a fuoco lenta di una porta scura. Ripresa molto
vicina, solo dettagli. Voci di sottofondo.
Non c'è altro da aggiungere. Ha tempo fino alla fine della giornata per
sparire. Altrimenti... altrimenti credo non le sarebbe convenuto essere
mai stato creato.
Arrivederci.
La porta si apre, esce una figura non a fuoco vestita di scuro. La porta
si richiude.
La cinepresa si sposta fino alla serratura. Da lì inizia la ripresa
dell'interno della stanza.
La stanza è un ufficio, arredato in maniera sobria, pochi fogli confusi
sulla scrivania. La parete dietro la scrivania è una finestra che dà sulla
città.
Un bell'uomo, sulla cinquantina, capelli brizzolati, espressione
crucciata, indossa un camice bianco, cammina lentamente per la
stanza. Passi ampi, lunghi. Si ferma.
Così vi volete liberare di me.
17
Pausa ² sguardo pensieroso alla finestra. Inquadratura che passa dagli
occhi dell'uomo alla città. Scena apocalittica (fumo, cielo nero, milioni
di persone per le strade, forti giochi di luci ed ombre, sirene in
lontananza).
Bene.
Me ne andrò.
Flash dell'uomo che si toglie il camice e lo lascia sulla sedia.
Flash dell'uomo che recupera alcune carte.
Flash della porta che si chiude.
Come sottofondo solo i suoni sconnessi della metropoli.
Un'altra inquadratura della città.
La scena si sposta sul cielo scuro, sgrana e si riapre su una porta di
alluminio che si spalanca e mostra un laboratorio.
Il laboratorio è bianco, scienziati/medici interamente coperti con
camici bianchi stanno lavorando.
La cinepresa si muove per il laboratorio e si ferma su una parte della
stanza in cui c'è un tavolo su cui è sdraiato un uomo collegato a mille
cavetti.
Brusio di sottofondo. Una voce metallica, proveniente da un
autoparlante nascosto, impartisce ordini e numeri come coordinate.
Un elettrocardiogramma è vicino all'uomo. Il battito non è regolare, è
debole.
Un medico esce dalla stanza. La videocamera lo segue. Entra in un
corridoio lungo, bianco; scambia poche parole con altre persone che
incontra sul percorso. Si ferma di fronte a una porta, bussa ed entra
18
(sulla porta è inciso un acronimo, R.H.S.). Si avvicina alla scrivania. Il
proprietario dell'ufficio è seduto su una sedia girevole dando la
schiena al medico, sta osservando dei monitor.
Lo stiamo perdendo. Purtroppo non c'è più nulla da fare. I tessuti non
possono più subire uno stress del genere...
Risponde l'uomo seduto, senza voltarsi. La voce è potente, però con
una
nota
leggermente
malinconica,
con
una
sfumatura
di
rassegnazione.
E così se ne va via un altro; è il quinto in due settimane.
Ce ne sono pochi, troppo pochi.
Pausa. La sedia si gira: un ragazzo sui vent'anni, capelli biondi,
sguardo profondo e distante. Con le mani gioca con una penna. Cerca
lo sguardo del medico. Lo trova e lo fissa con intensità. Inquadratura
sui suoi occhi.
L'inquadratura si sposta sulle sue labbra mentre parla.
È questo il problema degli umani... non sono facili da riparare.
Il
ragazzo
si
rigira
sulla
sedia
a
fissare
i
monitor.
Sono
elettrocardiogrammi. Uno, il secondo a destra, è troppo fievole e
troppo sconnesso.
Si consumano, si consumano sprecando e rovinando le loro
componenti senza preoccuparsi del futuro. Finiscono presto. Poi si
sfaldano e non possono più tornare.
Ora l'elettrocardiogramma è una linea. Fischio di quest'ultimo.
Nero. Silenzio.
L'uomo della prima scena è seduto a una scrivania. Sta scrivendo.
Flashback numerosi sul suo passato.
19
Lui adulto che impara a scrivere in una scuola avveniristica. Lui che
studia e sfoglia libri di storia molto antichi. Lui che guarda video e
documentari.
Pensa.
La scrittura è desueta da secoli ormai. La tecnologia ha sorpassato
questa forma così elegante e sinuosa. Le icone e le immagini
sostituiscono lettere e numeri. Anche solo trovare fogli di carta è
divenuto problematico. Chissà chi mai potrà capire lo strano corso
dell'evoluzione...
Ritorno a lui che scrive.
Secondo flashback.
Scene di esplosioni e titoli di giornali: ´$QGURLGH YLYHQWH FUHDWR LQ
ODERUDWRULRµ; ´6HPSUH SL XRPLQL DUWLILFLDOL
H O
XRPR LQYHFFKLDµ; ´/D
ILQHGHOODVSHFLHXPDQD"(VVHULXPDQLPHQRQXPHURVLGHJOLDQGURLGLµ;
´1XRYH FRORQLH GL HVVHUL XPDQL LQ LVROH DUWLILFLDOL SHU ULFUeare le
FRQGL]LRQLFOLPDWLFKHQHFHVVDULHµ; ´5LVFKLRGLHVWLQ]LRQH,OQXPHURGL
HVVHUL XPDQL UDJJLXQJH D PDODSHQD OD VRJOLD GHO PLOLRQHµ; ´6ROR mila uomini rimasti. L'azienda R.H.S. decide di investire nella specie e
VL RIIUH GL VDOYDUODµ. I titoli sono letti con voci sovrapposte, di fondo
esplosioni e rumori molesti.
Il nostro creatore che si autodistrugge.
Inquadratura della mano che stringe la penna stretta.
Terzo flashback.
Corti flash di lui che inizia a lavorare per la R.H.S., lui che visita e
lavora in una colonia, lui che assiste a conferenze... Brusii di
sottofondo.
R.H.S. ...Homo Sapiens Rescue... l'azienda che salverà l'uomo
20
dall'estinzione!
Espressione accigliata sul viso dello scrittore. Silenzio.
Riprende la voce narrante.
Scene di ribellione di uomini portati a forza nelle colonie. Voci
confuse, suoni gravi.
Sì... milioni di dollari spesi nel ricreare oasi e colonie e loro che
scappano, che non vogliono farsi aiutare. Che però pretendono di
venire risintetizzati da morti col loro stesso DNA, che accusano noi
androidi della loro distruzione, che ci odiano e cercano di
distruggerci...
La scena ritorna sull'uomo. Particolare: stringe la penna ancora più
forte. Le nocche sbiancano.
Quarto flashback.
Lui che litiga e discute con i capi della R.H.S. Grida di liti ovattate.
Mi hanno cacciato solo per assecondare un loro desiderio. Solo perché
ho proposto di lasciare andare gli ultimi uomini a vivere la loro breve
vita come desideravano senza obbligarli a stare in posti finti e
costruiti. Ho solo proposto di rispettare il loro diritto alla vita,
fondamentale per loro, superfluo per noi macchine...
Finisce di scrivere. Focus su lui che chiude la busta in cui ha inserito il
foglio scritto. Cambia scena.
Il ragazzo ventenne biondo che entra nel suo ufficio. Inquadratura da
un angolo in alto.
Espressione sorpresa: particolare di una busta sulla scrivania.
Ripresa del ragazzo che apre la busta e legge la lettera. Mentre legge
la videocamera è puntata sugli occhi che scorrono le linee scritte.
21
Focus sulle labbra che si increspano in un sorriso.
Quella vecchia volpe di John... È tipico del suo modello prendere una
decisione e portarla a termine...
Il ragazzo si infila la busta e la lettera in una tasca interna al camice
ed esce dalla porta. Rumore di passi che si allontanano.
Nuova scena.
Ripresa
di
una
stanza,
una
sala,
con
una
finestra
enorme.
Arredamento moderno, molto essenziale. Molta luce che entra dalla
finestra. La luce sfoca il paesaggio. Una figura di schiena che osserva
fuori.
La videocamera si avvicina alla sagoma della persona. Nel mentre si
mette a fuoco la scena fuori.
C'è una via di palazzi di media altezza, il viale è alberato. Il cielo è
chiaro, ci sono passerotti che volano nel cielo. Alcune persone
passeggiano
per
la
via.
La
scena
è
tranquilla,
musica
di
accompagnamento soft, un walzer.
La scena gira intorno alla persona riprendendola prima di profilo: una
bella donna sulla quarantina, capelli castani, occhi chiari profondi,
malinconici, che fissano la scena fuori. La donna tiene in mano una
lettera aperta.
Focus sugli occhi. Poi ripresa del paesaggio esterno focalizzando
quello che osserva la donna.
Ripresa del cielo sullo sfondo. Scena portata a una forte nitidezza:
l'azzurro è una filigrana di un ologramma contenuto in una specie di
cupola di vetro. In trasparenza appaiono ombre scure di palazzi
altissimi, volute di fumo grigio e il cielo nero. La musica di
accompagnamento soft aumenta sempre di più di volume.
22
La scena scura finisce per rispecchiarsi nella pupilla nera, dilatata
degli occhi di John.
Sbatte le ciglia. La musica, diventata quasi assordante, si ferma.
Silenzio. Primo piano del suo volto con gli occhi chiusi.
John riapre gli occhi ² focus. Poi la scena si allarga. La città della prima
scena. Lui è in strada, cammina. È vestito con un impermeabile grigio.
Gradualmente riprendono i suoni di sottofondo (passi, conversazioni
in lingue strane, rumori di spot pubblicitari).
Cammina per un po' per la città, poi arriva all'ingresso di un palazzo
antico, disabitato. C'è meno folla in giro, suoni di passi affrettati e
brusii. Entra.
La scena interna è più buia di quella esterna. Accende delle fredde luci
al neon. Suono metallico dei neon che si illuminano.
Silenzio. Panoramica del palazzo vuoto. Polvere e sporcizia diffusa.
Rumore di passi. Si desta l'attenzione di John.
Così ti vuoi spingere a questo?
John alza gli occhi e fissa il ragazzo ventenne. Abbozza una smorfia di
approvazione. Poi borbotta convinto.
Una promessa è una promessa...
Il ragazzo sorride, va a stringergli la mano e gli dà una pacca sulla
spalla.
Sei il mio idolo. Hai il fegato che mi manca.
La sfumatura amichevole sparisce e ritorna serio.
Ho organizzato tutto.
L'idea di usare lettere scritte è stata geniale. Nessuno avrà notato
23
nulla. La scrittura è scomparsa da troppo tempo.
Pausa.
Lei è stata avvisata.
L'accesso alla colonia sarà possibile al giorno e all'ora stabilita.
Lei naturalmente è d'accordo. Ti seguirebbe oltre la galassia di
Andromeda se potesse.
(pensando ² se potesse vivere così a lungo...) sospiro.
Lo sguardo di John si acciglia. Un lieve blues di sottofondo.
So che per te è un'inutile follia, è vero.
Sono stato bandito dalla R.H.S. dopo aver portato avanti la mia
campagna per la libertà di scelta e la libertà è stata tolta a me...
Lei...
Espressione dolce.
Lei è stata in prigione per troppo tempo. E il suo tempo corre.
Il nostro è lento. Viviamo un monotono tempo blues, mentre loro
potrebbero vivere un allegro walzer e ballare...
Flashback. Lui e la donna da giovane che ballano in una sala.
Ora sono tenuti in gabbia a far marcire il loro poco tempo.
Flash. Una colonia, l'uomo morto sul tavolo del laboratorio.
Per noi loro sono solo macchine sbagliate, non riparabili.
Noi siamo androidi... I nostri sentimenti sono programmabili. Noi non
proviamo dolore.
24
Ma loro sì, sono presenti e devono gravare infinitamente su quel
corpo delicato..
Flashback di momenti passati con la ragazza. Loro che camminano in
un parco, lei che piange nel sapere della morte del padre, lui che le
sta vicino, lei che gli mostra un fiore appena sbocciato... contorno
delle scene lievemente sfumati sui bordi.
Io... io voglio solo poter provare felicità vera e amore... cercare di
provare qualcosa di non programmato. Provare a... vivere. Come loro.
Il ragazzo lo fissa con uno sguardo di ammirazione. Sorride. Lo
abbraccia e sussurra
Ce la farai amico mio.
Addio.
Si salutano. Il ragazzo se ne va.
Panoramica dall'alto di John che rimane da solo nel palazzo.
Le luci che si spengono col loro suono metallico.
Lui che fa un sospiro profondo, abbassa la testa con gli occhi chiusi e
stringe i pugni stretti.
Il blues cresce di intensità.
Primo piano di lui a testa bassa. Si sente il suono del suo respirare.
La luce diminuisce piano piano, mano a mano che le lampade al neon
si spengono.
La musica diventa quasi assordante.
John rialza la testa.
Focus sui suoi occhi guizzanti di energia e vita.
25
Con sguardo fiero si avvia verso l'uscita, mentre la musica impazza e
l'ombra inizia a oscurare la sala.
Dalla porta filtra luce soffusa.
Appena uscito la porta si chiude alle sue spalle. Nero. Silenzio.
Rumore sullo schermo.
Fine.
Costanza Sartoris
Nota dell'autore: questo scritto è destinato alla creazione di un videoclip.
26
Un messaggio dal futuro
5o racconto classificato
Cari amici del passato,
mi chiamo Licia e ho 17 anni. Sono nata in Italia, ma ormai da 5 anni
non ci vivo più. La mia famiglia lì era molto importante ed influente,
PDDYHYDLO´GLIHWWRµGLDYHUHUDGLFLLQJOHVL*LjSHUFKpLO*RYHUQRQHJOL
anni scorsi ha attuato una politica di odio verso di essi. Politica non
esplicita, fatta di messaggi subliminali, ma che ha avuto un effetto
devastante sui cittadini. Io stessa ero quasi arrivata a rinnegare le mie
origini. Ben presto cominciarono a imprigionare chiunque avesse
legami con gli inglesi. Noi tentammo di fuggire una prima volta, ma
fummo catturati ed imprigionati, e sottoposti a torture. Allo scoppio
della Guerra Sconfinata nel 3003 riuscimmo finalmente a fuggire di
prigione. La Guerra Sconfinata è detta così perché coinvolge
praticamente
tutto
il
globo
terrestre.
Dovete
sapere
che
la
conformazione geografica mondiale ha subìto numerose variazioni nel
WHPSR /·(XURSD q GLYLVD LQ DOFXQL SLFFROL ´VWDWHUHOOLµ H LQ WUH PDFURstati: la Repubblica Federale di Francia, che si estende dalla regione
del Portogallo fino alla Polonia (e racchiude il Benelux e la Germania);
LO5HJQR8QLWRG·,QJKLOWHUUDH6FDQGLQDYLDHOHH[UHSXEEOLFKH%DOWLFKH
H LQILQH SURSULR O·,PSHUR G·,WDOLD FKH GRPLQD VX $XVWULD 6YL]]HUD H L
SDHVL GHOOD SHQLVROD EDOFDQLFD /·H[ 5XVVLD QRQ q SL FRQVLGHUDWD
HXURSHD HVVD LQIDWWL RUD q FRPSUHVD QHOO·85,& O·8QLRQHGHOOH 5XVVLH
delle Indie e della Cina, un immenso stato federale che occupa tutta
O·$VLD *OL H[ 86$ RUD VRQR VRWWR LO GRPLQLR GHOO·$PHULFD GHO 6XG
anche se sono tuttora in guerra per liberarsene.
Per questioni che ora non sto qui a spiegare, sono sorte varie rivalità
fra gli stati europei (ecco il perché della politica del disprezzo verso
gli inglesi), finché si giunse proprio alla Guerra. Guerra che ben presto
si estese agli altri stati mondiali in un gioco di alleanze e tradimenti
27
FRQWLQXR H SHUVLQR O·$XVWUDOLD QH q FRLQYROWD 1RQ q XQD JXHUUD
devastante a dire la verità, ci sono stati relativamente pochi morti. È
più che altro uQDJXHUUDGHOWHUURUHXQSR·FRPHIXOD*XHUUD)UHGGD
più di un millennio fa, solo che la paura è molto maggiore, con le armi
che ci sono in giro.
Dicevo che in essa è coinvolto praticamente tutto il mondo. Tutto
WUDQQH O·XQLFD ´LVROD IHOLFHµ FKH q O·$IULFD $Q]L GRYUHL GLUH O·8QLWD
&RURQD G·$IULFD Nel 3004 la mia famiglia si trasferì proprio qui, in
quanto continuavamo ad essere in pericolo a causa delle persecuzioni,
più che della guerra in sé. Ora viviamo in Libia, che è uno degli 8 stati
della RepubEOLFD ´9LYLDPRµ SHU PRGR GL GLUH 3HU QRL q LPSRVVLELOH
vivere. Avevamo chiesto asilo politico al Governo africano prima di
trasferirci, secondo la loro legge. Ma, non ricevendo risposta, abbiamo
deciso comunque di recarci in quella terra, fiduciosi che in ogni caso il
responso sarebbe arrivato presto. Invece, dopo oltre 5 anni, ancora
non ci hanno comunicato nulla e noi siamo qui come clandestini:
difatti siamo costretti a trasferirci di continuo e a vivere nascosti per
non essere trovati. Perché, se ci tURYDQR OD QRVWUD GRPDQGD G·DVLOR
viene direttamente cestinata. Secondo le normative africane, un
ULFKLHGHQWHDVLORQRQSXzULVLHGHUHQHOSDHVHLQFXLO·KDFKLHVWRILQFKp
non viene riconosciuto come tale, il che oltretutto avviene ben di rado.
Dunque noi stiamo compiendo un grave reato, che viene punito con
pene altrettanto gravi in base al tempo di permanenza. Infatti gli
africani sono molto rigidi riguardo ad asilo politico e immigrazione (e
nei confronti degli immigrati sono ancora più duri). E volete sapere
perché? Per colpa nostra. Di noi europei che nel corso di vari millenni
li abbiamo trattati come stracci, che distruggevamo i sogni degli
emigranti, che lasciavamo esposti a numerosi pericoli i richiedenti
asilo, a cui nella maggior parte dei casi veniva negato lo status. Noi
europei che ci credevamo superiori, che alimentavamo distinzioni
razziali, che vedevamo il nero della loro pelle come un fattore
negativo. Negli africani si è via via accumulato un forte sentimento di
28
antipatia e di vendetta nei nostri confronti. E ora che la situazione
mondiale è ribaltata e sono gli europei a chiedere il loro aiuto, loro ce
la stanno facendo in qualche modo pagare per tutte le ingiustizie
subìte. Secondo me hanno pure ragione, e ve lo dice una che subisce
giorno dopo giorno la conseguenza di questa loro durezza verso gli
europei. Io vivo nel terrore di essere scovata, e nella migliore delle
ipotesi rimandata in Italia. Ma trovandoci noi qui da molto tempo,
ULVFKLDPR DQFKH TXDOFRVD GL SHJJLR GHO VHPSOLFH ULPSDWULR« non
voglio proprio pensarci.
Perciò ho pensato a voi, gente del passato. Noi non possiamo ormai
fare più nulla per cambiare la situazione, ma voi sì: cambiate
atteggiamento verso gli stranieri che vi chiedono aiuto; non guardate
FKL q GLYHUVR GD YRL GDOO·alto in basso; non giudicate solo dalle
apparenze; non cercate di mantenere le distanze tra voi e loro, ma
FHUFDWHO·LQWHJUD]LRQHXQDPLDDPLFDFKHKDDYXWRODIRUWXQDGLHVVHUH
riconosciuta come rifugiata mi racconta che i suoi coetanei africani la
additano come fosse un alieno e in vari anni non ha creato un legame
stabile con nessuno. Fate sì che si allievi il loro malessere per non
trovarsi più nel paese nativo, aiutateli a rifarsi una vita, siate meno
rigidi con le normative e più veloci con i tempi. Datemi ascolto, ve ne
prego. Se migliorerete il vostro trattamento nei confronti di immigrati
e rifugiati, in futuro essi ve ne saranno riconoscenti. Sarà un futuro
migliore sia per loro sia per i vostri pronipoti. Rifletteteci. Ora vi saluto
perché siamo qui ormai da giorni ed è ora di ripartire verso un altro
nascondiglio. Pensate a ciò che vi ho narrato.
Amichevolmente,
Licia
Lucrezia Cammarata
29
Solo cinque minuti
6o racconto classificato
La
commissione si è riunita. Asim si trova nella sala del palazzo
comunale di Siena, si guarda intorno, la carta da parati è sbiadita, a
WUDWWL XQ SR· VWDFFDWD GDO PXUR F·q XQ TXDGUR GL IURQWH D OXL GL XQ
VLJQRUH FRQ L FDSHOOL ELDQFKL TXDVL WXWWL FDGXWL ´VDUj TXDOFXQR GL
LPSRUWDQWHTXLLQ,WDOLDµSHQVD,Otavolo è di un legno scuro e brilla, ci
si potrebbe specchiare, le sedie sono imbottite, di stoffa rossa,
sembrano dei troni. Sette facce lo stanno guardando, qualcuno
sembra scettico, qualcun altro sembra provare pena per lui.
'·XQWUDWWR XQXRPR FRQXQD EDUED JULJLD HJOLRFFKLDOLSDUOD´QRPH
FRPSOHWRµ$OVXRILDQFRXQUDJD]]RPXODWWRJLRYDQHEHQSHWWLQDWR
traduce ad Asim quello che viene detto. Asim lo guarda, poi guarda
O·XRPR ´$VLP -DPDOO 2UHN 6KLPDOµ 8QD JLRYDQH GRQQD LQ FDPLFLD
scrive ciò che YLHQHGHWWR´3URYHQLHQ]D"µ 6WHVVDSURFHGXUDGLSULPD
$VLP ULVSRQGH ´%RPED\ OD SDUWH SRYHUD GDOOH« EDUDFFRSROLµ ´(Wj"µ
´9HQWLWUqµ 8QD GRQQD XQ SR· SL DQ]LDQD GHOOD SULPD FRQ L FDSHOOL
WLQWL H FRWRQDWL VL DYYLFLQD DOO·XRPR FRQ OD EDUED H VXVVXUra:
´DUULYLDPR DO VRGR QRQ DEELDPR WURSSR WHPSR GD SHUGHUHµ /·XRPR
annuisce, guarda la commissione, guarda di nuovo Asim e continua.
´$OORUD« HKP« Asim, dicci, come mai sei venuto in Italia? Che cosa è
VXFFHVVR D %RPED\"µ $VLP ILVVD LO UDJD]]R PXODWWR SRL ILVVD O·XRPR
chiude un attimo gli occhi. Vede il fuoco, le fiamme, le urla per le
strade, uomini armati di mazze, manganelli e qualsiasi cosa possa
fare male, veramente male, sono i musulmani. Seminano terrore per le
strade, Asim ricorda come dei flash, sente ancora i suoni delle mazze
FKH FROSLVFRQR GXUR JOL VSUX]]L GHO VDQJXH O·RGRUH GL EHQ]LQD GL
morte. Vede madri morire cercando di difendere i propri figli, vede
altre madri, forse più sfortunate, che corrono con il loro figlio in
braccio, rifiutando di credere che sia morto. Una stretta al cuore.
30
5LWRUQDLQVpILVVDO·XRPREDUEXWRFRVuSXOLWRSUREDELOPHQWHDFDVD
lo aspettano moglie e figli, e molto probabilmente intanto si fa la
segretaria, quella che prende appunti, pensa Asim. Come fa lui a
capire che cosa succede a Bombay? Come fa solo minimamente a
immaginare che cosa voglia dire? Non ci sono parole per spiegarlo.
'HJOXWLVFH´&·q« F·qJXHUULJOLDLPXVXOPDQLFRQWURJOL+LQGXFLVRQR
PDQLIHVWD]LRQLH« VFRQWULµ
/·XRPRORJXDUGDFRQIDFFLDXQSR·SHUSOHVVDFRPHVHQRQORVDSHVVH
che ci sono i musulmani contro gli Hindu! Ma non ha intenzione di
approfondire, alla fine sono affari suoi, sono le sue parole che
GHFLGHUDQQR LO VXR GHVWLQR ´%HQH $VLP H GLPPL: la tua famiglia
GRY·q"µ
Bam! Una porta che sbatte. E i ricordi di Asim riprendono vita, come se
tutta la scena si svolgesse lì di fronte a lui. Uomini incappucciati
entrano in tutte le case, sfondando le porte, ed una di queste è la sua.
Asim e suo fratello, Amitabh, si mettono davanti per non farli passare.
Uno di loro colpisce duro Asim con una mazza, lui cade al suolo. Dopo
qualche minuto Asim si risveglia. Suo fratello a terra, in una pozza di
VDQJXH VXD PDGUH QRQ F·q SL VXR SDGUH QHPPHQR 6L PHWWH D
correre, urlando, chiama i soccorsi. Non sa se suo fratello respiri
ancora, ma sa di non poterlo lasciare lì. Lo carica sulle spalle e corre
fuori, cerca aiuto, cerca i suoi genitori, prima che succeda qualcosa
anche a loro. Mentre corre qualcuno lo trascina in un vicolo, pensa di
essere ancora attaccato, ma è suo padre. Piange, è coperto di sangue.
´+anno preso tua madre, Asim, scappa, scappa ti prego, salvati
almeno tu. Ci penso io a loro. È un ordine, come padre ti ordino di
andare via, più lontano che puoi, ORA, ti prometto che ci penso io.
1RQ YRJOLR FKH VXFFHGD TXDOFRVD DQFKH D WH QRQ IHULUPLµ $VLP HUD
scappato, lontano, in lacrime, senza dire una parola, e da quel
momento non li aveva più visti, né sentiti. Sapeva che erano ancora
vivi, lo sapeva, o forse voleva crederlo, non sarebbe riuscito ad
31
accettare altro.
/·XRPR FRQ OD EDUED LPSURYYLVDPHQWH VL ULPDWHULDOL]]D GDYDQWL D OXL
´$OORUD $VLP YXRL GLUPL GRY·q OD WXD IDPLJOLD R QR"µ ´/D PLD
IDPLJOLD« sì1RQODYHGRGDXQSR·VRFKHVWDQQR tutti bene, lo soµ.
Un altro uomo che fino a quel momento era stato zitto brontola
TXDOFRVD DOOD GRQQD FRWRQDWD ´3HQVD, mio figlio ha la varicella e mia
moglie è in menopausa, mi va peggio di lui, eppure io non scappo di
casaµ. La donna ridacchia. Nessuno di loro può neanche minimamente
immaginare cosa ci fosse nella testa di Asim.
/·XRPR FRQ OD EDUED FRQWLQXD ´Bene Asim, e come sei arrivato in
,WDOLD"µ
Ora Asim comincia a delineare i contorni di un treno. Lo vede, lì
davanti a sé. Come fosse arrivato fino alla stazione non lo sa, cerca di
ricordare ma vede solo nero. Senza dubbio aveva corso, corso tanto. E
poi davanti a lui appare la stazione, come per magia, come un
miraggio. Asim si guarda intorno, cerca quel treno che carica le merci,
TXDOFXQRJOLKDGHWWRFKHFRQXQSR·GLVROGLORDYUebbero fatto salire.
Asim tira fuori un borsellino che gli aveva dato il padre, cerca il
ferroviere. Salire sul treno gli costa davvero tanto, quasi tutti i suoi
VROGLSLXQDFDWHQLQDG·RUR'DTXHOPRPHQWRQRn ricorda più, non
sa quanto tempo sia passato in quel treno, giorni, mesi, forse anni.
Non sa dove sia passato, quanta gente abbia incontrato, non sa
neanche dove sia diretto. Un giorno il ferroviere arriva, bussa forte, lo
prende per una manica e lo butta giù: ´KH\WX, questa è la tua fermata,
scenGLµ 6L JXDUGD LQ JLUR GHFLGH GL VHJXLUH JOL DOWUL FKH VRQR VFHVL
QRQKDIRU]HPDGHYHFRQWLQXDUHÉQRWWHF·qXQPRORDEEDQGRQDWR
delle persone su un gommone, un signore grassoccio che riscuote il
denaro. Capisce al volo, sarà il suo prossimo passaggio; paga e sale
anche lui.
Il viaggio peggiore della sua vita, molti sono morti di fame, e sono
32
stati buttati crudelmente in mare. Alcuni per sopravvivere mangiano
FKLQRQFHO·KDIDWWDHEHYRQRDFTXDGLPDUH$QFKHOuKDXQEXFRQRQ
ricorda più. Basta, è veramente troppo, non vuole più ricordare. Odia
TXHOO·XRPRGLIURQWHDOXLFKHJOLVWDSRQHQGRWXWWHTXHVWHGRPDQGH
non vuole più vedere queste immagini, non vuole più rispondere.
´0LKDQQRGDWRXQSDVVDJJLR(FFRFRPHµ
´%HQHµFRQWLQXDO·XRPR´Allora ricapitolando, Asim: a Bombay ci sono
manifestazioni e scontri tra Musulmani e Hindu. Per questo tu sei
scappato qui, lasciando la tua famiglia che sta bene, quindi non eri
VRORODJJL(VHLYHQXWRTXL« FRQXQSDVVDJJLR*LXVWR"µ*XDUGDJOL
altri un SR· SHUSOHVVR /D VLJQRULQD FKH VFULYH FRQ OD FDPLFLD ID XQ
cenno di conferma.
´$OORUD KDL TXDOFRV·DOWUR GD UDFFRQWDUFL $VLP"µ $VLP VFXRWH OD WHVWD
vuole solo andare via.
´Bene, allora per quanto mi riguarda la seduta è sciolta, puoi andare.
Ti faremR VDSHUH WUD YHQWL JLRUQL VH RWWHUUDL O·DVLOR SROLWLFR. Nel
frattempo devi circolare con questo foglietto, mi raccomando non
SHUGHUORF·qVFULWWRFKHVWDLDVSHWWDQGRXQDULVSRVWD$UULYHGHUFLµ
$VLPSUHQGHLOIRJOLHWWRVLJXDUGDLQJLURYDYHUVRO·XVFLta e si chiude
la porta alle spalle. Fa caldo, è Aprile, il sole è alto nel cielo. Due
ragazzi passeggiano mano nella mano, una bambina stringe una
bambola e rincorre gli uccellini, due signori con una guida in mano
ammirano una statua. Asim è solo, con uno stupido fogliettino di carta
in mano, in un paese sconosciuto. È completamente solo.
Elisabetta Wolleb
33
Dreaming
6o racconto classificato
Dalan
Andreic Mirovski guardò le proprie carte. Non una grande
mano ma chissà, forse.
Faceva caldo in quel gabbiotto illuminato dalla lampada a petrolio,
faceva caldo e lui sudava anche senza il pesante maglione di lana.
Si trovavano spesso lì, lui e i suoi. Erano sei e giocavano a carte. Non
una grande mano, no di certo. Si scusò, depose le carte e uscì nella
notte. Accese una sigaretta. Faceva freddo, molto freddo, anche con il
maglione di lana. Era pensieroso e non riusciva a giocare: troppe cose
per la testa.
Dalan spesso si chiedeva se quello per cui aveva lottato a lungo avesse
un senso, avesse sortito qualche effetto e se lo chiedeva di più ora che
non era un giovanotto spensierato.
Da anni lavorava con i suoi per la diffusione clandestina di notizie,
strumentazione e prodotti esteri ed era senza dubbio la cosa che
sapeva fare meglio. Alcuni lo facevano per il guadagno, che tutto
sommato non era male, ma non lui, lui lo faceva forse per il sogno di
una cultura diffusa, per il sogno della libertà e della fine della tirannia,
ORIDFHYDSHUFRPEDWWHUHO·LSRFULVLDGHOVXRSDHVHHLOGLVLQWHUHVVHFKH
il governo moVWUDYD YHUVR LO VLQJROR 9ROHYD O·DIIHUPD]LRQH GHOOR
VSLULWR FULWLFR H OD ILQH GHOO·LJQRUDQ]D YROHYD FKH VL DFFHQGHVVH XQD
ILDPPDQHOFXRUHGHOOHSHUVRQHO·DPRUHSHUODVFRSHUWDODVFRSHUWDGL
qualcosa di nuovo, di diverso, mai visto eppure da tanto tempo
presente: il resto del mondo, un mondo remoto eppure affascinante, o
almeno lui lo riteneva tale. Era questo che faceva da anni: cercare di
garantire un futuro aperto a chi non pensava di poterlo avere.
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Un bel sogno il suo e forse era solo un pazzo romantico che aveva
letto troppi libri, ma non gli importava, era ciò in cui credeva e
nessuno avrebbe potuto sradicare quei convincimenti, ogni sacrificio
VDUHEEH VWDWR DFFHWWDWR QRQ F·HUD SUH]]R VSURSRU]LRQDWR SHU LO
raggiungimento della libertà e della pace.
Il regime non la vedeva così, ed il regime era il bene, la ragione e Dio.
Come avrebbe potuto sbagliarsi?
Dalan non provava avversione verso coloro che vedevano in quel
sistema
politico
il
processo
di
crescita
del
paese,
almeno
teoricamente: la pratica non è mai così chiara e semplice come la
WHRULD
/·DSSOLFD]LRQH
GHOOD
GLVFULPLQD]LRQH
GHOOD
VFKLDYLW
mascherata; la scomparsa degli oppositori politici, il superpotere della
polizia, la chiusura della società e il verticalismo della società stessa,
quello non poteva sopportarlo.
Faceva freddo. Si guardò intorno.
Alla fine li sentì. Alla fine li avevano trovati. Alla fine della sua
avventura provava paura, ma non rimorso. Quella notte era stata la
ILQHGLXQVRJQRO·LQL]LRGLXQLQFXER
Li sentì di nuovo, ne vide forse qualcuno con la tenuta antisommossa.
Poi vide rosso. Il colpo alla testa lo aveva sorpreso, la sigaretta gli era
caduta e sentiva caldo alla tempia, udiva vagamente delle grida. Si
sentiva esausto eppure trovò la forza di issarsi sulle ginocFKLD«
Dalan si svegliò di soprassalto e per poco non balzò in piedi tanto il
sogno gli era sembrato vivido. Si toccò la cute in cerca di sangue, poi
si guardò intorno: si trovava nel suo appartamento, anche se non lo
aveva mai sentito troppo suo, come niente di ciò che lo circondava.
Non sentiva più niente di veramente suo da quando il suo sogno era
svanito. Nulla era stato facile dopo quella notte e per molto tempo si
era domandato cosa fosse accaduto nel suo paese e ne sentiva la
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mancanza, certo. Gli mancava tutto di quella vita, ma non si
lamentava. Si trovò a sorridere. Si trovò, nonostante tutto, a sorridere.
Sorrideva perché le sue idee non erano morte, erano diventate il
sogno di qualcun altro.
4XDOFXQRGLSLFDSDFHFHO·DYHYDIDWWDRDOPHQRFHODstava facendo,
Oj GRYH OXL DYHYD IDOOLWR &HUWR VL VHQWLYD YHFFKLR H G·DOWURQGH OR HUD
ma non era triste di sentirsi vecchio, anzi.
&RV·q OD PRUWH GRSRWXWWR TXDQGR VL YLYH LQ XQ VRJQR" ( LO VXR HUD LO
sogno più dolce di tutti.
Si coricò, sospirò e si abbandonò alla dolcezza del sonno con la
coscienza che sarebbe vissuto per sempre, nel sogno di qualcun altro.
Per sempre.
No, la morte non lo spaventava.
Pietro Veneroni
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Una storia
7o racconto classificato
Si
fermò, il vento soffiava penetrandogli nelle ossa, così freddo e
tagliente che sembrava attraversare completamente il suo corpo,
come se lui neanche esistesse. La strada larga circa cinque metri si
HVWHQGHYD ILQR DOO·RUL]]RQWH GLYHQWDQGR VHPSUH SL SLFFROD ILQR D
sparire, inghiottita dalla foresta che attraversava, mentre la neve
continuava a cadere lenta e tranquilla, adagiandosi a terra e formando
uno spesso e soffice manto che ricopriva ogni cosa.
Si girò, dietro il paesaggio appariva lo stesso, identico se non per le
impronte che aveva lasciato sulla neve fresca, che tuttavia stavano già
svanendo, lentamente, ma inesorabilmente.
Qualcosa però al di là delle tenui tracce da lui lasciate divideva
nettamente il davanti dal dietro, il cartello che lo sovrastava
annunciava la fine della sua terra e O·LQL]LRGHOSDHVHOLPLWURIR
Il suo pensiero ripercorse la strada e raggiunse la sua casa in un
istante. Casa, che strano significato aveva questa parola; se fosse
VRSUDYYLVVXWR ILQR DOO·DUULYR LQ XQD WHUUD GL SDFH TXDOXQTXH IRVVH
avrebbe potuto avere una nuova casa dove avrebbe vissuto il resto
della sua vita, molto più dei diciassette anni vissuti in quella che aveva
lasciato. Tuttavia fu pervaso da un grande senso di vuoto, ciò che si
intende con casa non sono i freddi blocchi di pietra che compongono
O·HGLILFLR PD OD IDPLJOLD OD SURSULD IDPLJOLD FKH q DOO·LQWHUQR FKH WL
saluta quando esci e ti accoglie quando entri e che ti vuole bene per il
semplice fatto che ne fai parte. Per questo non poteva tornare
indietro, per questo non poteva ripercorrere le orme lasciate e tornare
a casa, non perché lo avrebbero ucciso se lo avesse fatto, ma perché
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non vi avrebbe trovato niente se non un edificio vuoto, privo di vita.
1RQ F·HUDQR RVWDFROL IUD OXL H OD VDOYH]]D DO GL Oj GHO FDUWHOOR PD
compiere
quel
passo,
attraversare
quella
linea
di
divisione
immaginaria era assai difficile. Da dove si trovava era ancora in
tempo, poteva correre, tornare alla fattoria, cercare, forse se qualcuno
fosse sopravvissuto lo avrebbe potuto salvare, avrebbero potuto
ripartire insLHPH 0D VH DYHVVH WURYDWR ORUR« 5LDIILRUDURQR QHOOD VXD
PHQWHLPPDJLQLGHOO·DWWDFFRDOSDHVHGDSDUWHGHLULEHOOL/DUDEELDOR
avvolse come un turbine: sì, sarebbe tornato e se avesse trovato quei
ribelli li avrebbe affrontati, sarebbe morto nel tentativo di vendicare la
sua famiglia e la sua gente e non sarebbe fuggito come un codardo.
No, era inutile, non avrebbe potuto nulla lui, solo contro un esercito,
se non morire e morendo avrebbe fatto vincere ancora loro. Già, lui
HUD O·XOWLPR GHO VXR YLOODJJLR ancora in vita, probabilmente, e se lo
avessero eliminato nessuno avrebbe potuto sapere, vendicare tutti
quegli innocenti uccisi.
´/XL HUD O·XOWLPR GHO VXR YLOODJJLR DQFRUD LQ YLWD SUREDELOPHQWHµ
Ripensò a questa frase, era vivo, solo, ma vivo. Un leggero sospiro di
sollievo lo liberò per un attimo GDOO·DQVLD DFFXPXODWD LQ TXHO OXQJR
pensare e per un attimo si sentì come sgravato da un enorme peso.
Era vivo e per miracolo: miracolo o caso? Era stato il caso a salvarlo? I
ribelli sicuramente non potevano sapere che quel giorno toccava a lui
andare a prendere la legna al magazzino situato al confine del
villaggio, vicino al bosco; se si fosse trovato a casa non avrebbe fatto
in tempo a scappare e a nascondersi tra gli alberi come aveva fatto.
Era salvo per caso, il destino aveva voluto così. Era rassicurante
pensarlo, se il destino aveva voluto che lui si salvasse certamente non
lo avrebbe fatto morire lì lungo la strada, solo due giorni dopo
O·DWWDFFR'XHJLRUQLHUDQRVHPEUDWLXQ·HWHUQLWj*OLVHPEUDYDGLaver
camminato per un tempo lunghissimo, infinito, continuando a temere
di essere inseguito, o di incontrare un branco di lupi lungo la strada.
38
Non aveva ancora chiuso occhio da quando era partito, non aveva
pensato di fermarsi, né per mangiare, né per dormire, aveva
camminato sempre dritto lungo la strada, e mentre ci pensava avvertì
il morso della fame, ma era troppo stanco e infreddolito per potersene
occupare.
Riguardò dritto davanti a sé, la salvezza era lì davanti, non sapeva
quanto, ma era lì, sicuro non poteva che essere lungo quella strada.
Eppure non ne era sicuro, e questo lo metteva a disagio, lo intimoriva.
Cosa ne sarebbe stato di lui? E anche ammesso che riuscisse a trovare
rifugio in quel paese, cosa avrebbe fatto poi? Come avrebbe vissuto il
resto della sua vita? Dove sarebbe andato? Non aveva niente e
nessuno, nessuno sapeva che lui era ancora vivo, neanche i ribelli che
non lo avevano inseguito. La verità era quella, lui non esisteva più, per
nessuno, sarebbe potuto morire lì, ora, su quella linea di confine dove
si era fermato a riflettere, senza che nessuno lo venisse a sapere,
sarebbe potuto morire senza che nessuno avesse saputo che lui era
esistito.
No, non era possibile, il mondo intero doveva sapere che lui era
esistito, che cosa gli era capitato, che cosa aveva sofferto, non perché
reputasse di essere la persona che più aveva patito, o sofferto, al
mondo, ma per il semplice fatto che voleva, desiderava ardentemente
far sapere che lui esisteva! Non lo accettava, non poteva accettare di
non essere nessuno, tanto valeva morire con la sua famiglia, almeno
sarebbe stato uno dei tanti morti della guerra civile, se invece fosse
morto lì non sarebbe stato niente e nessuno.
Era ormai sera quando, pervaso da questi pensieri, prese le ultime
forze si gettò di corsa oltre il confine gridando a squarciagola per
circa cento metri, poi si fermò, la vista iniziò a sbiadire, le gambe
tremarono e cedettero, colpite da freddo e stanchezza, e lui atterrò
sulle ginocchia. Riuscì a sentire il calore di una lacrima scendergli
lungo la guancia e raffreddarsi velocemente lungo il percorso, poi il
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freddo della neve sulla faccia, poi nulla.
Un cacciatore tornava a casa una sera HUD GXUD G·LQYHUQR WURYDUH
XQ·DEERQGDQWH VHOYDJJLQD FRPH QHL PHVL SULPDYHULOL PD Tualche
coniglio bianco ogni tanto si faceva vedere, o meglio il cane lo fiutava,
lo rincorreva e lo bloccava nella sua tana. Quel giorno però niente,
QHPPHQR XQD WUDFFLD SRL DOO·LPSURYYLVR LO FDQH DEEDLz H VL GLUHVVH
verso un rialzo sotto la neve, il cacciatore gli corse dietro, finalmente
aveva trovato qualcosa, si avvicinò, era un ragazzo, probabilmente
veniva dal paese vicino dove era in corso una guerra. Sembrava morto,
LOFDFFLDWRUHVWDYDSHUDQGDUVHQHTXDQGRVHQWuXQFROSRGLWRVVH«
Mattia Shabalin
40
SEZIONE POESIA
ESILIO
di Francesca Conti (3H)
UN BOTTAIO
di Stefano Recrosio (4L)
48$1'2/¶82026&$33$«
di Riccardo Tommasini (5D)
41
Esilio
1a poesia classificata
Il mio volto non ha nome
ride e piange con la bocca della sorte
il mio respiro è aria di nessuno
e la mia voce è silenzio per il mondo
La vita non mi ha scelto per la vita
e la morte si rifiuta di guardare
le mie ossa mi impongono un passo che non vedo
mentre il ricordo fugge la nebbia in cui mi trovo
ciò che resta della madre è un sussurro
che brucia dentro il fuoco della notte
e per un soffio sono
e poi, ritorno.
Francesca Conti
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Un bottaio
2a poesia classificata
Da generazioni bottai
e ERWWDLRORGLYHQWDLDQFK·LR
tutti credevano che non apprezzassi altro
che i frutti prodotti dal lavoro mio.
Cercavo di stimare la vita
pLG·XQRVWROWRVWUDQLHURLQYLVLWDDOODFROOLQDGL'LR
0LHVSULPRFRQWURO·LQJHQXRHGLOVXSHUER
e perché no, anche a lui di se stesso imbroglione:
tutti pensano di portare lo sguardo
oOWUHO·RUL]]RQWHVRORFRQO·XVRGHOODUDJLRQH
in realtà girano intorno alla vita
ognuno immerso nella sua visione,
ognuno, come me, dentro la propria botte.
Non si può neanche tentare
di uscire allo scoperto e di ammirare ciò che vi è fuori
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tutti infatti siamo oppressi da inutili regole,
apparenze che feriscono a morte i cuori.
Uomini ammanettati da tutto ciò che sembra,
uomini privi di valori,
legati, come le mie doghe, da un unico male.
7XWWRFLzFKHVHUYHDOO·XRPR
è TXHOSL]]LFRG·LQWHUHVVHHG·DPRUH
quanto basta per spezzare le catene
dHOODIDOVLWjHGHOO·LSRFULVLDFKHVSH]]DQRLOFXRUH
4XHOORFKHKRFHUFDWRG·LQVHJQDUHLR
è GLQRQFUHGHUHFKHODWXD´ERWWHµVLDODYLWD
spingiti oltre e capirai che essa
non è una circostanza già pattuita.
Stefano Recrosio
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4XDQGRO·XRPRVFDSSD
3a poesia classificata
QXDQGRO·XRPRVFDSSDHQRQULWRUQDLQGLHWUR"
Quando non guarda la storia ed abbandona la vita in scatole di vetro?
,RSURWHJJRO·RJJLSHUVDOYDUGRPDQL
Ma i miei sani pensieri resteranno vani
Mi allontano o resto qui?
Ogni cosa è ben sperata per sfuggire al vuoto
La lingua, la scrittura, la voce che non viene cancellata e dura
invita a dire tanto e a parlar poco.
´$LXWRµLQYRFDO·XRPRGHQWURXQWHVWR
Ma il suo verbo è fato, è manifesto
Ed LOSDVVDWRURPSHUjO·HVLOLRPDDTXDOHSUH]]R"
/·HUURUH H OD VXD DFFHWWD]LRQH DYYHOHQDQR O·DQLPD FRVu QDVFH LO
disprezzo.
È una difesa, attesa inevitabile come la nostra fine.
Me ne vado, e con me verranno le mie rime.
(FFRGLQXRYRO·HUURUHGHOSRHWD« presunzione.
/·HVVHQ]DGHOORVFULYHUHULPDQHTXLQHOPRQGRYHUR
Perché senza finzione, sparirebbe, nel bianco del foglio, il contorno
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fatto di un inchiostro nero.
I passi sono al mondo e lui ne fa che vuole.
Ma le parole no, si adagiano sul fondo, perché non hanno braccia, né
occhi, né suole.
Riccardo Tommasini
(Mi sono immedesimato QHOOD SURWDJRQLVWD GHO OLEUR FKH KR OHWWR ´$KOqPH TXDVL
IUDQFHVHµ GL )DL]D *XpQH KR IDWWR ILQWD GL VFULYHUH XQD SRHVLD VXO TXDGHUQHWWR D
spirale sui cui Ahlème scrive i suoi pensieri, i suoi desideri e tutto ciò che le passa
per la mente).
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/H LPPDJLQL FKH DFFRPSDJQDQR LO YROXPH VRQR OH YLQFLWULFL GHOOD ´6H]LRQH
/RFDQGLQDµGHO&RQFRUVR
1. Antonio Rainone (1o classificato, copertina. Classe 3I)
2. Valeria '·$FTXLQR (2a classificata, introduzione alla Sezione Racconti.
Classe 5L)
3. Roberta Casazza (3a classificata, introduzione alla Sezione Poesia. Classe
5L)
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