Lacoltivazione dicerealiminorisecondo ilmetodobiologico nellaProvinciadiMilano Orzo Farro Segale Grano Saraceno Testi: Dott. Agr. Daniela Ponzini Grafica: Valentina Guerrini Stampa: "Il Melograno" Società Cooperativa Sociale via Raffaello Sanzio 42/44 - 20021 Bollate (Mi) Finito di stampare nel novembre 2011 I cereali cosiddetti minori stanno acquisendo, nel tempo, sempre più importanza nell’alimentazione delle famiglie di oggi. Orzo, farro, grano saraceno e segale sono tornati, infatti, ad essere i protagonisti di percorsi alimentari alternativi soprattutto da parte di quei consumatori alla ricerca di prodotti biologici e quindi privi di residui chimici e di sintesi, rispettosi dell’ambiente e della tradizione. Inoltre la coltivazione di cereali biologici rappresenta una valida alternativa ed una buona opportunità di integrazione al reddito dell’azienda tradizionale. Questa pubblicazione, quindi, analizzando le caratteristiche di ogni cereale minore, consente al produttore una corretta ed esaustiva informazione relativamente alle caratteristiche botaniche, alle origini e diffusione, alle esigenze pedoclimatiche, al ciclo biologico, alla scelta varietale e alla resa nei raccolti. Ma non solo: nel libretto che avete tra le mani, è possibile conoscere anche le caratteristiche nutrizionali, di trasformazione e di utilizzo dei cereali in questione. Non a caso, in provincia di Milano la situazione è caratterizzata da una massiccia presenza di operatori nel settore del biologico: si va dai negozi cittadini ai commercianti, dalla grande distribuzione alla logistica, dai laboratori alla ristorazione specializzata. In sostanza, tutta la filiera del settore presente sul territorio. La provincia di Milano, infatti, è la prima in Lombardia, partecipando con un 27% (rispetto al totale dei preparatori e degli importatori) alla leadership lombarda della trasformazione dei prodotti biologici. Grazie alla collaborazione tra la Provincia di Milano e AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) il mondo dei cereali minori si arricchisce, quindi, di un'ulteriore importante pubblicazione che potrà certamente servire a tutti coloro che vogliono approfondire la loro conoscenza dell’orzo, del farro, del grano saraceno e della segale. Luca Agnelli Assessore all’Agricoltura, Parchi, Caccia e Pesca della Provincia di Milano indice Introduzione pag. 5 Orzo 9 Farro 17 Segale 23 Grano Saraceno 27 Bibliografia 31 P er cereali minori si intende quel gruppo di colture che ha subito, nel corso degli anni, una diffusione sempre più ridotta a causa di diversi fattori, primo fra tutti la minor produttività rispetto al frumento, dovuta alle caratteristiche morfofenologiche quali l’elevata altezza del culmo e la tardività del ciclo biologico. Quest’ultima peculiarità che spesso caratterizza queste specie incide in maniera significativa sull’adattabilità ambientale, aumentando la probabilità di andare incontro a periodi siccitosi nella fase di maturazione. Alla minor produttività fanno seguito relativi minori guadagni. Un ulteriore motivo che ha portato al progressivo abbandono di questi cereali è stata una standardizzazione dei consumi e quindi una minor richiesta sul mercato. Recentemente tuttavia si assiste ad un’inversione di tendenza: il consumatore è sempre più attento al benessere, alla salute e alla riscoperta del gusto, mette nella borsa della spesa il farro e il pane di segale, cerca su internet le ricette per cucinare l‘orzo e riscopre il gusto antico del grano saraceno. Cerca inoltre sull’etichetta il marchio del biologico per assicurarsi un alimento senza residui chimici di sintesi e rispettoso dell’ambiente. In effetti la coltivazione dei cereali minori ben si sposa con questo metodo di coltivazione. L’agricoltore biologico non persegue l’obiettivo delle massime rese, ma ricerca colture rustiche, con grandi capacità di adattamento che permettano, in rotazione, di avere un elevato grado di biodiversità in campagna. I cereali minori sono colture che offrono la possibilità di limitare i costi di produzione, infatti si chiamano colture low input, ovvero sono caratterizzate da una limitata richiesta di mezzi tecnici e permettono inoltre di sfruttare le aree marginali del nostro territorio, difficilmente coltivabili. IprIncIpIdell’agrIcolturaBIologIca L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione che si pone come obiettivo la sostenibilità del processo produttivo, rispettando i fattori di produzione come acqua, suolo, aria ed esseri viventi. Non prevede l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi e di organismi geneticamente modificati e considera il suolo come organismo vivente, facente parte di un complesso sistema ecologico da mantenere il più possibile in equilibrio. Per l’agricoltore biologico è fondamentale agire in prevenzione e conoscere in maniera approfondita le tecniche agronomiche rendendo il più possibile autonomo, cioè a ciclo chiuso, il sistema produttivo. Così facendo la sua azienda raggiungerà un equilibrio agronomico che gli consentirà di ottenere buone produzioni senza l’ausilio della chimica di sintesi. 5 rotazioni È bene prevedere ampie rotazioni, avvicendando colture che si differenziano per: • famiglia botanica di appartenenza • esigenze nutritive • apparato radicale • lavorazioni (epoca, tipologia, profondità) Nella rotazione deve essere inclusa anche una coltura da sovescio. In questo modo si mantengono un buon livello di sostanza organica e una buona struttura, in particolare variando tipologia di radici e lavorazioni. Viene esercitato inoltre un contenimento delle malerbe e degli agenti patogeni e si riducono i processi erosivi. È importante prevedere nel piano di programmazione colturale anche la presenza di specie appartenenti alla famiglia delle leguminose in modo da arricchire il terreno in azoto. I cereali autunno-vernini sono colture depauperanti che risultano avvantaggiate dalla semina dopo colture miglioratrici. I cereali minori, essendo poco esigenti, possono seguire il frumento dando comunque una buona produttività. La semina dopo prato stabile o erbaio di graminacee può dare alcuni problemi nel controllo delle infestanti. PRecessIonI favoRevoLI LEGUMINOSE FORAGGERE POLIENNALI LEGUMINOSE ANNUALI COLTURE SARCHIATE ORTICOLE SoveScio Il sovescio è una pratica che prevede la coltivazione di una specie pura o di un miscuglio non per ottenere una produzione, ma per essere interrata. I vantaggi di tale pratica sono: • migliorare le caratteristiche chimico-fisiche del terreno • mantenere coperto il terreno fra due colture principali con conseguente riduzione dei processi erosivi e di lisciviazione dei nutrienti • controllare lo sviluppo delle erbe infestanti La coltura da sovescio va tagliata nella fase di prefioritura, trinciata per ridurre i volumi da miscelare coi primi strati del terreno, lasciata appassire sul terreno per qualche giorno ed infine interrata. Nel caso in cui si usino specie biocide, bonificatrici, l’interramento deve essere immediato per sfruttare al meglio l’azione delle sostanze che si liberano nella fase di rottura cellulare. SoStanza organica La sostanza organica, grazie a reazioni chimiche e biologiche, si trasforma in humus stabile, che svolge azioni fondamentali sulle caratteristiche del terreno: • favorisce una buona struttura con conseguenti effetti positivi sugli scambi idrici e gassosi • costituisce riserva di macro e microelementi, aumentando la capacità di scambio cationico e svolgendo un’azione di potere tampone sul pH • costituisce l’habitat ottimale per la microflora, la micro e mesofauna che popolano il terreno Un terreno si considera ben dotato di sostanza organica quando questa raggiunge livelli intorno al 2%. La percentuale di sostanza organica nel terreno può essere incrementata tramite letamazioni, sovesci o utilizzo di concimi e ammendanti permessi dalla normativa sul biologico (dir CE 899/08 all.1). 6 fare agricoltura biologica è innanzitutto una scelta etica: di cura dell’ambiente e del territorio, di attenzione al benessere animale, di responsabilità verso le persone che si cibano dei prodotti agricoli e di impegno sociale. lanormatIvaSulBIologIco L’agricoltura biologica è l’unico metodo di coltivazione normato a livello comunitario e sottoposto a controllo da parte di un ente di certificazione. Il regolamento europeo 834/2007 sancisce i principi dell’agricoltura biologica, mentre l’889/2008 definisce questo metodo di coltivazione dal punto di vista tecnico. In Italia esistono 15 enti certificatori che controllano l’applicazione corretta delle normative e rilasciano il marchio che contraddistingue il prodotto biologico e che i consumatori hanno ben imparato a riconoscere e a richiedere, come sinonimo di garanzia e qualità. Le aziende che vogliono convertirsi al biologico devono inviare una notifica agli enti competenti e, trascorso un periodo di conversione, potranno definirsi biologiche. Le visite ispettive vengono effettuate almeno una volta all’anno, in base alla complessità del sistema produttivo e all’incidenza di rischio. Nel caso di non conformità vengono indicate delle azioni correttive, nei casi più gravi è prevista la sospensione o il ritiro del marchio. Solitamente le tariffe dell’ente certificatore vengono applicate in base al volume d’affari aziendale. Sul territorio esistono associazioni del biologico, che hanno lo scopo di promuovere e supportare questo metodo di coltivazione, fornendo assistenza e competenze specifiche. rIScoprIreIcerealImInorI: unaSceltavantaggIoSa? In Italia si sta assistendo a una ripresa d'interesse nei confronti di queste specie sia da parte dei produttori agricoli, sia da parte dei consumatori. Solitamente s'intraprende la coltivazione di cereali minori per le seguenti ragioni: • ampliare l’offerta gastronomica del proprio agriturismo garantendo una presenza sempre maggiore di prodotti agricoli aziendali in cucina • diversificare l’offerta presso il proprio spaccio aziendale; • commercializzare i prodotti, anche trasformati, presso GAS e negozi specializzati • rispondere alle specifiche richieste di trasformatori che necessitano di prodotti di qualità I cereali minori in pochi anni si stanno affermando nelle abitudini alimentari 7 della collettività, non più come alimenti riservati ad una ristretta nicchia di “salutisti”. si stanno aprendo opportunità di mercato interessanti con la grande distribuzione organizzata e anche con la ristorazione scolastica e ospedaliera. alla semplicità di coltivazione di queste specie e alle richieste del mercato, si affiancano purtroppo delle difficoltà, principalmente di ordine economico. Le rese sono inferiori rispetto a quelle del frumento e la granella necessita di lavorazioni post raccolta che ne riducono ulteriormente i quantitativi. Sebbene i costi di produzione siano contenuti, essi si ripartiscono su piccole produzioni e a volte il prezzo del prodotto finale risulta piuttosto elevato, con difficoltà nell'assicurarsi margini di guadagno congrui, vista anche la competitività di produzione estere e in special modo est europee e cinesi. Il consumatore biologico tuttavia è particolarmente attento nel rivolgersi al mercato locale, valorizzando le produzioni agricole del territorio. Un’altra difficoltà consiste nel trovare sul territorio le aziende disposte ad effettuare le lavorazioni post raccolta anche per piccoli quantitativi. Non sempre è conveniente investire nell’acquisto di un essiccatore o di uno sbramatore e non sempre è facile trovare mulini biologici che accettino di lavorare poche tonnellate di prodotto. Può essere anche difficoltoso reperire trasformatori certificati rispetto alla normativa sul biologico e spesso è necessario effettuare spostamenti che aumentano i costi. Tuttavia è da queste difficoltà che può nascere lo stimolo per organizzarsi e cooperare. cereaLi Minori VANTAGGI DIFFICOLTÁ Rusticità Bassa resa Bassa richiesta di mezzi tecnici Difficoltà nella raccolta Valorizzazione dei terreni marginali Necessità di lavorazioni post raccolta Aumento della biodiversità in azienda Ampliamento e diversificazione dell’offerta dello spaccio aziendale e del menù dell’agriturismo Richiesta da parte dei consumatori Dal punto di vista dei costi, l’acquisto della semente rappresenta il 25% dei costi totali. Si può ovviare a tale spesa con l’autoproduzione, posto ovviamente che non si siano scelte varietà ibride. Come si è già ricordato, i cereali minori non necessitano di particolari interventi colturali, quindi i costi di coltivazione sono piuttosto ridotti ed incidono per il 40%, mentre quelli per l’essiccazione, la conservazione e la trasformazione ricoprono il 35% dei costi totali. 8 orzo caratterIStIcheBotanIche G li orzi si differenziano in distici e polistici a seconda della forma e della fertilità della spiga. Il rachide è formato da 20-30 nodi, su ognuno dei quali, in posizione alterna, sono portate tre spighette uniflore, una mediana e due laterali. Si parla di orzi distici se la mediana è l’unica fertile e le laterali sono sterili. In questo caso la spiga assumerà una forma appiattita poiché sarà formata da due soli ranghi. Nel caso degli orzi polistici, invece, tutte e tre le spighette sono fertili e la spiga porterà sei ranghi. Viene fatta un’ulteriore distinzione: se le cariossidi sono disposte a raggiera avremo orzi esastici (H. vulgare exasticon aequale), se invece la sezione della spiga appare quadrangolare a causa della forte divaricazione delle spighette laterali parleremo impropriamente di orzi tetrastici (H. vulgare exasticon inaequale). Gli orzi distici e polistici si differenziano oltre che per le caratteristiche botaniche, anche per quelle produttive. Le cultivar distiche sono identificate come quelle di miglior qualità e per questo sono utilizzate per la produzione di birra. In alcuni casi sembrano possedere migliori capacità di adattamento, mentre rivelano una maggior tendenza all’allettamento. Gli orzi polistici invece possono dare una maggior produzione se coltivati su terreni fertili, mentre in terreni meno vocati la produttività e simile ai distici. Come il frumento, l’orzo è strettamente autogamo. Osservando la pianta, caratteristiche sono le auricole glabre e molto sviluppate, tanto da sovrapporsi, abbracciando completamente il culmo. Le glume sono piccole e lesiniformi e, nella maggior parte dei casi, la ca- 9 riosside è vestita. Le glumelle terminano con reste molto lunghe e robuste. La cariosside può essere di colore giallognolo, biancastro, rossastro o nero a seconda delle cultivar. orIgIneedIFFuSIone L’orzo è una pianta conosciuta dall’uomo fin da epoche remotissime. Un’antica specie distica a rachide fragile era già coltivata in Medio Oriente nel VII millennio a.C., mentre l’orzo nudo era diffuso in Cina. Questa coltura possiede un areale di diffusione ampissimo e può essere inserita in tutte le tipologie aziendali. Questo porta all’espansione della coltivazione di questo cereale minore anche in zone marginali o poco favorevoli, dove consente di avere rese maggiori e più costanti rispetto al frumento. eSIgenzepedoclImatIche L’orzo ha un’elevata adattabilità ai climi più svariati poiché ha ridotte esigenze idriche ed un ciclo biologico piuttosto breve. Presenta tuttavia una moderata resistenza al freddo. Predilige terreni di medio impasto, ben drenati e con pH neutro o sub alcalino. Ben si adatta anche a situazioni marginali e non particolarmente vocate. È necessario garantire l’assenza di terreno sciolto che comporta notevoli fallanze e l’assenza di ristagno per evitare patologie fungine e qualità scadente (“l’orzo non ama avere i piedi a bagno”). In ambienti dove l’acqua costituisce il fattore limitante l’orzo riesce a garantire una produttività superiore a frumento, segale ed avena ed è il cereale che dà maggiori garanzie di riuscita, sebbene esistano degli stadi più sensibili di altri allo stress idrico. Quest’ultimo infatti, associato alle basse temperature, può limitare l’accestimento e lo sviluppo radicale. Durante lo stadio di levata e maggiormente in fase di spigatura, la carenza idrica può determinare mortalità dei culmi di accestimento, parziale sterilità, minor numero di spighe, di spighette per spiga e riduzione del peso delle cariossidi. È necessario quindi garantire un corretto approvvigionamento idrico nelle fasi di accrescimento vegetativo, fioritura e formazione della cariosside. Un’abbondante disponibilità idrica a seguito di un periodo di severo stress porta all’emissione di nuovi culmi di accestimento. La germinazione avviene già a 5-6°C, mentre la temperatura più favorevole per l’accrescimento è intorno ai 15°C, per la fioritura 17-18°C, mentre per la FenoFaSi Germinazione ➡ accestimento ➡ levata ➡ botticella ➡ fioritura ➡ maturazione 10 maturazione 20°C. Temperature superiori accompagnate da siccità portano ad un accorciamento di questa fase fenologica. Gelate tardive nella fase di botticella-fioritura possono compromettere la produzione. cIcloBIologIco La germinazione è più rapida negli orzi nudi, dove l’assenza di glumelle rende più veloce la fase di imbibizione. L’accestimento inizia dopo l’emissione della 3^/4^ foglia ed è superiore a quello del frumento, più accentuato nelle varietà distiche rispetto alle polistiche, influenzato dall’epoca di semina e dalle condizioni ambientali. Le successive fasi sono rapide e anticipate rispetto agli altri cereali, precedono di circa 15 giorni quelle del frumento, consentendo all’orzo di giungere a maturazione prima delle alte temperature estive. OrzO disticO in spigatura SceltavarIetale nelle zone a sud della provincia di Milano si è visto che la coltivazione di cultivar primaverili danno rese piuttosto ridotte in quanto con l’avvento dei primi caldi (metà/fine maggio) la fase di maturazione si velocizza e subisce una rapida conclusione. La scelta invece di varietà autunno vernine dà migliori risultati. nelle zone dove non sono frequenti basse temperature invernali si possono impiegare cultivar primaverili in semina invernale in modo che, disponendo di un periodo vegetativo più lungo, possano avere uno sviluppo più vigoroso e produrre di più. Esistono però cultivar non alternative che, se non vengono sottoposte ad un periodo di freddo sufficientemente lungo, producono solo culmi e foglie, senza spigare. La ricerca varietale sta ottenendo buoni risultati e non ci sono difficoltà a reperire sementi biologiche. rotazIonIeavvIcendamentI L’orzo solitamente segue colture da rinnovo o miglioratrici. Tuttavia la successione a leguminose, soprattutto se poliennali (es. erba medica, trifoglio bianco o trifoglio violetto), può portare a dei problemi dovuti ad un eccesso 11 di azoto con allettamenti o difficoltà nella produzione di malto (le cariossidi ricche d’azoto rendono la birra torbida). È bene quindi che segua le colture sarchiate (sorgo, mais, patate e altre orticole). Esse infatti lasciano il terreno ben lavorato, libero da infestanti e con una buona quota di fertilità residua. IntegrazIonIdellaFertIlItà In merito agli elementi nutritivi, le asportazioni possono essere stimate tra i 50-70 kg/ha di N, 40-50 kg/ha di P2O5 e 25-40 kg/ha di K2O. La fase di maggior assorbimento è la levata. Grande importanza ha quindi la scelta della precessione colturale. Quando l’orzo segue colture da rinnovo, l’effetto residuo degli apporti di fertilizzanti su di esse e la reintegrazione nel terreno dei relativi residui colturali costituiscono, nella maggior parte dei casi, riserve sufficienti al soddisfacimento delle esigenze nutrizionali del cereale. In alcune situazioni tuttavia può essere necessario un intervento in copertura con del fertilizzante azotato dal titolo non troppo elevato (es. borlanda) e una letamazione dopo l’eventuale coltura di secondo raccolto. Da evitare tuttavia un eccesso di azoto che, favorendo la produzione di biomassa, comporterebbe una maggiore suscettibilità all’allettamento. lavorazIonI In accordo con i principi dell’agricoltura biologica, le lavorazioni devono essere ridotte sia per quel riguarda l’intensità, sia per il numero di passaggi. Questo non solo in un’ottica di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di CO2, ma anche per salvaguardare la struttura del terreno evitandone la compattazione e per contenere i costi di produzione. L’orzo può essere seminato in autunno o in primavera. Per quel che riguarda la semina autunnale, bisogna accertarsi che la cultivar scelta sia resistente alle basse temperature. Avviene solitamente tra la prima e la seconda decade di ottobre, circa 10 giorni prima rispetto al frumento, proprio per la maggiore sensibilità al freddo dell’orzo. Non conviene anticipare ulteriormente perché si corre il rischio di attacchi di afidi con conseguente diffusione di virosi, mentre una semina posticipata espone le piantine emergenti a temperature eccessivamente rigide. La semina primaverile va effettuata appena possibile: un eccessivo ritardo può determinare la produzione di granella piccola e striminzita a causa delle alte temperature nella fase di maturazione. La semina autunnale permette rese migliori in quanto si sfruttano meglio le precipitazioni e la pianta ha un periodo più lungo a disposizione per ingranare. La semina primaverile viene eseguita solamente se per particolari ragioni non si è riusciti ad effettuare quella autunnale. 12 L’impianto avviene solitamente a file strette (18/20 cm). La densità di semina va valutata con molta attenzione. La scelta di aumentarla porta ad una maggiore competizione, accorcia il ciclo colturale, determina una diminuzione dell’accestimento e del numero di cariossidi per spiga. Aumentano i problemi di allettamento perché i culmi crescono più alti e sottili, ma si facilita la gestione delle erbe infestanti. Un’elevata densità di semina può essere utile nel caso dell’orzo da birra, poiché permette di ottenere cariossidi più uniformi, con un tenore proteico contenuto. L’uniformità della dimensione delle cariossidi è una caratteristica positiva per l’impiego maltario perché permette di avere una germinazione contemporanea, mentre un elevato contenuto d’azoto nella granella rende torbida la birra. In relazione ai quantitativi di semente da utilizzare, mediamente si consigliano 300-350 semi germinabili/mq che consentono di raccogliere circa 500 culmi/mq. Considerando che gli orzi distici hanno un peso più elevato, si impiegano circa 220-230 kg/ha nel caso di cultivar distiche nude per arrivare a 300 kg/ha nel caso di quelle distiche da birra, mentre per le cultivar polistiche sono sufficienti 160-180 kg/ha di semente. In particolari annate siccitose le varietà alternative richiedono almeno un intervento di irrigazione da effettuarsi prima della levata. geStIonIdelleInFeStantI La scelta corretta delle colture in precessione solitamente non porta alla necessità di intervenire per controllare le erbe infestanti. L’elevata capacità di accestimento e la velocità di crescita nella fase di levata consentono all’orzo di ricoprire il terreno in breve tempo, contenendo lo sviluppo delle malerbe. Nella maggior parte dei casi non è necessario né intervenire con false semine in fase di presemina, né praticare strigliature in post emergenza. accestimentO di OrzO invernale Orchidea geStIonedelleavverSItà Generalmente l’orzo non presenta particolari problemi dal punto di vista fitosanitario. se coltivato in terreni soggetti a ristagno possono verificarsi casi di malattie fungine (ruggini, oidio, mal del piede), anche se le recenti varietà offrono una certa resistenza a tali patologie. Gli afidi pos13 sono essere pericolosi in quanto vettori di alcuni virus (nanismo giallo e mosaico giallo), tuttavia una buona programmazione colturale nell’ambito delle rotazioni e una corretta scelta del periodo di semina sono sufficienti a contenere il problema. In agricoltura biologica si cerca di prevenire le avversità attuando opportune scelte tecnico-agronomiche, in quanto non si ha la possibilità di intervenire con prodotti chimici di sintesi per il controllo dei patogeni, per cui è bene scegliere cultivar che abbiano una bassa sensibilitá a virus e oidio in modo da avere minori problemi anche in caso di primavere calde e umide. raccoltaegeStIonedeIreSIduIcolturalI La granella alla raccolta deve avere un grado di umidità intorno al 28-30% per evitare che un eccessivo seccarsi della pianta possa portare ad elevate perdite di prodotto durante le operazioni di raccolta. L’umidità verrà poi ridotta al 12-14% utilizzando l’essiccatoio. Le operazioni di raccolta vengono svolte utilizzando la mietitrebbiatrice. È importante regolare correttamente l’apparato trebbiante e avanzare a velocità moderata, in modo da non sovraccaricare i vagli ed evitare che venga eliminata la granella insieme allo strame. Intervenendo in maniera appropriata su questi due fattori le perdite non dovrebbero superare l’1-2%. L’operazione di raccolta deve essere eseguita in maniera accurata soprattutto nel caso di orzo da malto, in quanto le cultivar distiche si sgranano più facilmente e, in molti casi, le malterie non accettano partite con più del 5% di cariossidi rotte o lesionate. Se la coltura ha subito problemi di allettamento è necessario montare sulla barra reSe di taglio gli alzaspighe. Le paglie Solitamente in media le rese in granella sono: posso venire utilizzate come lettiera Per le cultivar nude 58-60 q/ha nel caso l’organizzazione aziendale Per le cultivar distiche 60-64 q/ha preveda anche attività zootecnica, Per le cultivar polistiche 65-68 q/ha altrimenti possono essere interrate, previa trinciatura, appena terminate le operazioni di raccolta o infine posso essere vendute. traSFormazIone Le lavorazioni post raccolta da effettuarsi sulla granella possono essere: la svestitura, che asporta per azione meccanica glume e glumelle; la decorticatura, che consiste nella eliminazione della parte corticale attraverso uno sfregamento tramite delle mole decorticanti che asportano in quantità più o meno elevata la parte superficiale della cariosside e viene effettuata sui chicchi destinati all’alimentazione e alla torrefazione; la perlatura, con la quale vengono eliminati attraverso vari passaggi le pule, il pericarpo e l’em- 14 brione, il chicco viene cioè privato di gran parte del tegumento seminale e dello strato aleuronico (pule, pericarpo ed embrione) assumendo una forma ovale o arrotondata e puó assorbire più velocemente l’acqua velocizzando così il processo di cottura; la pulitura con la quale vengono tolte tutte le impurità e i corpi estranei presenti nel prodotto; la calibratura, effettuata quando viene richiesto da parte degli utilizzatori un alto standard di qualità e precisamente quando il prodotto deve presentare uniformità nelle dimensioni del chicco. Il malto si ottiene dalla macinazione delle cariossidi indotte alla germinazione. Quando la radichetta raggiunge la lunghezza di 2-3cm il processo germinativo viene bruscamente interrotto e si procede con un rapido essiccamento, tostatura e molitura, previa separazione delle piumette e delle radichette. caratterIStIchenutrIzIonalI L’orzo presenta un elevato contenuto in amidi e zuccheri, è relativamente povero di proteine e possiede un basso tenore lipidico. La composizione media riferita alla sostanza secca è la seguente: carboidrati 74-79%, proteine 10-13%, lipidi 2-3%, fibra 6-7%, ceneri 2-4%. La fibra è contenuta soprattutto negli strati più esterni, quindi la sua presenza è legata alle lavorazioni subite dal chicco. agisce come regolatore intestinale e svolge anche un’azione emolliente ed antinfiammatoria in caso di infiammazioni dell’apparato gastrico ed urinario e di infiammazioni della mucosa intestinale. È considerato un rimineralizzante delle ossa, molto adatto quindi all’alimentazione di bambini e anziani. Viene consigliato nelle diete di soggetti affetti da diabete in quanto possiede un basso tenore glicemico. È adatto a chi soffre di obesità in quanto possiede un elevato potere saziante. Non è adatto a chi è affetto da celiachia. utIlIzzo L’orzo viene utilizzato sotto forma di chicco nella preparazione di minestre o insalate, in sostituzione del riso. Il suo utilizzo in cucina è ormai piuttosto diffuso, tanto che spesso viene proposto anche nella ristorazione collettiva. Può essere trasformato in fiocchi ed essere utilizzato per la prima colazione o per la preparazione di minestre. L’orzo è impiegato nella produzione di malto utilizzato nella produzione di birra e di whisky e anche nell’alimentazione umana. Il malto infatti, avendo subito un processo di degradazione delle macromolecole durante l’avvio della germinazione, è un prodotto dietetico, molto digeribile e facilmente assimilabile, che può sostituire lo zucchero. L’orzo può essere tostato e utilizzato per preparare un surrogato del caffè o bevande alternati- 15 ve. Può inoltre essere destinato alla produzione di farina solitamente impiegata insieme a quella di frumento, in quanto contiene una bassa percentuale di glutine e non è quindi adatta ai processi di lievitazione. Il suo impiego inoltre determina un forte annerimento dell’impasto. orzo Mondo L’orzo nudo, chiamato anche orzo mondo, rappresenta la forma nuda del comune orzo: all’atto della trebbiatura le glumelle si separano dalla cariosside che rimane nuda. Da ciò derivano tutta una serie di peculiari caratteristiche fisico-chimiche che determinano l’utilizzo alimentare in forme diverse: • la granella nuda può essere utilizzata tal quale sia nel processo di tostatura sia nel consumo diretto • la granella nuda ha tenore proteico e valore nutritivo superiori rispetto all’orzo vestito tal quale o perlato • la granella nuda ha una maggiore digeribilità rispetto alla granella vestita tal quale per l’assenza completa dei rivestimenti glumeali • la perlatura dell’orzo nudo dà una resa maggiore e consente di ottenere un prodotto più digeribile rispetto al vestito, per il quale occorre asportare una maggiore quantità di tegumenti visto che le glumelle sono strettamente unite al pericarpo. Inoltre nel caso dell’orzo vestito una piccola porzione di glumelle resta nel solco ventrale della cariosside salvo non si voglia spingere l’operazione di perlatura molto a fondo, con una drastica riduzione della resa di lavorazione • l’orzo nudo potrebbe essere anche molto interessante per l’industria maltaria. Infatti, la granella di orzo nudo richiede per la maltazione tempi minori di imbibizione; il relativo malto contiene, per unità di peso, più zuccheri fermentabili e quindi lo stoccaggio ed il trasporto risultano più convenienti. Contiene inoltre meno polifenoli problematici per la conservazione della birra. • interessante è il maggior contenuto di β-glucani della cariosside nuda rispetto alla vestita. I β-glucani sono i principali componenti della fibra solubile, attivi nel ridurre il tasso di colesterolo nel sangue e il tasso glicemico • alcune varietà di orzo nudo possiedono elevato contenuto di lisina, un aminoacido essenziale OrzO mOndO in spigatura solitamente poco presente nei cereali. 16 FArro caratterIStIcheBotanIche C on il termine generico farro si fa riferimento a tre diverse specie del genere Triticum: il farro piccolo (Triticum monococcum L.) diploide, il farro medio genericamente chiamato farro (Triticum dicoccum L.) tetraploide, e il farro grande (Triticum spelta L.) esaploide. Come l’orzo, anche il farro si differenzia dal frumento poiché possiede la cariosside “vestita”,, ossia che rimane avvolavvol ta dalle glume e dalle glumelle anche dopo la trebbiatura. Tale caratteristica comporta successive lavorazioni di svestitura e/o decorticazione TriTicum monococcum per eliminare gli involucri esterfarro piccolo, ha culmo sottile e debole, spiga ni. Inoltre il farro presenta una distica, aristata, compressa lateralmente. Le certa fragilità del rachide spighette hanno glume consistenti, aristate, che, nella fase di trebbiatura, si che racchiudono una, molto raramente due, cariossidi schiacciate lateralmente, a frattura semivitrea. disarticola facilmente liberando La spiga esce tardivamente dallo stadio di botticella spighette intere. orIgIneedIFFuSIone Il monococco è la specie di farro più antica: la sua origine si colloca intorno al VII-VI millennio a.C. e si localizza nelle aree montuose dell’odierna Turchia. Il nome latino si riferisce al fatto che solitamente e le reste assumono subito una colorazione scura. TriTicum dicoccum farro medio, presenta, come il farro piccolo, spiga compatta e, generalmente, aristata. Le spighette contengono di norma due cariossidi, raramente tre. tre TriTicum spelTa farro arro grande o spelta, presenta spiga lasca, mutica o brevemente aristata e, come nel farro medio, le spighette contengono due cariossidi, raramente tre. 17 le spighette portano una sola cariosside, determinandone così una bassa produttività. Il dicocco invece proviene dalle zone a est del Mediterraneo, che si estendono fino al Caucaso. Discende dal T. dicoccoides e la sua domesticazione fu più rapida rispetto al monococco proprio grazie alle sue maggiori rese. Dal T. dicoccum ha avuto origine il T. durum o frumento duro. Lo spelta è il farro di origine più recente, avendo come progenitori la specie selvatica Aegilops squarrosa e il T. dicoccum coltivato. I primi reperti sono datati due millenni più tardi rispetto alle specie precedenti, mentre il suo centro di origine si situa nelle zone comprese tra il Mar Caspio e i territori dell’Afghanistan e del Kazakistan. Dall’incrocio tra lo spelta e le altre specie del genere Triticum si originò il T. aestivum o frumento tenero, specie che oggi riveste maggiore importanza a livello economico. eSIgenzepedoclImatIche Tutte e tre queste differenti specie di farro hanno una grande capacità di adattamento in quanto sono rustiche, hanno modeste esigenze in fatto di fertilità dei terreni e sono resistenti al freddo. I rivestimenti che avvolgono la cariosside svolgono un’azione protettiva nei confronti di avversità biotiche e abiotiche (come sbalzi di umidità); tuttavia bisogna ricordare che il farro presenta un ciclo biologico tardivo rispetto a quello del frumento e quindi un clima eccessivamente caldo e secco, durante le fasi finali di maturazione, può influire negativamente sulle rese. SceltavarIetale Negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi progressi nell’ambito della selezione genetica delle cultivar di farro. Oltre a migliorare la produttività e a ridurre i problemi di allettamento e fragilità del rachide, si sta lavorando per ottenere linee di farro nudo o facilmente decorticabile. Ancora oggi la pratica di autoproduzione della semente è molto diffusa tra gli agricoltori. Questo rende possibile un buon risparmio sui costi di produzione, considerando che questa voce di spesa può incidere in maniera significativa. rotazIonIeavvIcendamentI Solitamente il farro s’inserisce in successione a colture miglioratrici e da rinnovo, in modo da poter sfruttare la fertilità residua lasciata da queste ultime al terreno. se inserito in rotazioni ampie e su terreni fertili, può seguire anche altri cereali grazie alla sua elevata rusticità. In generale, al farro possono precedere colture da rinnovo, leguminose da foraggio o da granella, in modo da garantire una buona dotazione azotata al terreno. 18 IntegrazIonIdellaFertIlItà Il farro ha minor esigenze nutritive rispetto al frumento. Una corretta scelta di colture in precessione può essere sufficiente per garantire al farro tutto quello di cui ha bisogno. Se così non fosse, è possibile intervenire letamando o somministrando un concime azotato sulle colture da rinnovo piuttosto che direttamente sul farro. Anche un sovescio di leguminose può risultare molto utile per soddisfare il fabbisogno di azoto. In alcuni casi (tipologia del terreno, scelta varietale) può essere opportuno intervenire con una concimazione azotata in copertura, in modo da favorire delle buone rese. Il dosaggio deve comunque rimanere contenuto per evitare l’insorgere di problemi di allettamento, dovuti ad un forte sviluppo vegetativo. lavorazIonI Considerata la spiccata rusticità del farro, è possibile preparare letti allettamentO in campO di farrO dicOccO di semina grossolani, sostituendo l’aratura con operazioni discissorie o lavorazioni ridotte, soprattutto se il farro segue colture da rinnovo che già conferiscono una buona struttura al terreno. Solitamente si preferisce la semina a file strette di 10-12 cm e non a spaglio, da effettuarsi contemporaneamente a quella del frumento. geStIonIdelleInFeStantI La rapidità di crescita iniziale e l’elevata capacità di accestimento rendono il farro un cereale estremamente competitivo. Per il controllo delle erbe infestanti non sono necessari particolari interventi, ma può comunque essere utile anticipare l’epoca di semina e scegliere una densità di semina leggermente più fitta del normale, in modo da favorire la rapida copertura del terreno. nel caso in cui le malerbe prendano il sopravvento, è possibile intervenire in copertura con un erpice strigliatore, ma questo solo se la semina è stata eseguita a file e avendo cura di aspettare che le plantule siano ben radicate al terreno. Per assicurarsi di non causare danni da estirpamento, si può intervenire con una rullatura, che favorisca anche l’accestimento della coltura. I risultati della strigliatura, particolarmente efficaci nei confronti di infestanti a foglia larga, migliorano sensibilmente se viene effettuato un 19 doppio passaggio a pettine. Un altro vantaggio della strigliatura è quello di arieggiare lo strato più superficiale del terreno favorendo la ripresa dell’attività microbica alla fine dell’inverno, soprattutto se la Tecnica colTurale in 8 mosse coltura si presenta ingiallita e 1. Adozione di una corretta rotazione colturale sofferente. geStIone delleavverSItà Solitamente il farro non presenta patologie che necessitino interventi particolari. Puó essere soggetto ad attacchi di oidio, di ruggine bruna o di afidi, che possono essere evitati adottando a monte corrette scelte tecnico-agronomiche. 2. Lavorazioni superficiali 3. Preparazione finale del letto di semina con erpice a denti fissi o elastici 4. Preparazione del terreno immediatamente prima della semina 5. Corretta scelta dell’epoca di semina 6. Densitá di semina che permetta di avere una buona copertura del terreno. 7. Controllo delle infestanti con erpici strigliatori 8. Utilizzo di varietà idonee raccoltaegeStIonedeIreSIduIcolturalI Come già accennato in precedenza, normalmente il farro ha un ciclo biologico più lungo rispetto al frumento e viene raccolto tra la prima e la seconda decade di luglio. È necessario prestare particolare attenzione alle operazioni di mietitrebbiatura, al fine di evitare perdite eccessive causate dalla fragilità del rachide. Nello specifico, è importante mantenere una bassa velocità di avanzamento della macchina e di rotazione dell’aspo. Anche la velocità del battitore deve essere ridotta, mentre va aumentata la distanza dal contro battitore. traSFormazIone 20 spiga di farrO dicOccO La prima operazione da eseguire dopo la trebbiatura è la svestitura o sbramatura, durante la quale vengono eliminate le glume e le glumelle che formano la crusca. La seconda operazione da compiere è la separazione meccanica ad opera di setacci, vagli, aria o cilindri, con lo scopo di eliminare i corpi estranei. Le altre lavorazioni sono la decorticatura che elimina parte dei tessuti esterni delle cariossidi e la perlatura con la quale si ottiene un’eliminazione pressoché totale del pericarpo. Queste lavorazioni prevedono uno sfregamento più o meno spinto, operato da mole decorticanti in modo da asportare quantità variabili del tegumento del seme, dove è contenuta la maggior parte delle fibre. L’eliminazione delle fibre permette di ottenere una maggiore digeribilità, oltre ad una cottura più rapida, senza necessità di ammollo. La trasformazione del farro in farina avviene attraverso la molitura da compiersi preferibilmente con un mulino a pietra che, grazie alla sua bassa temperatura di lavorazione, mantiene inalterata la sostanza germinale e nutritiva della farina. spesso un’azienda che decide di inserire il farro nella propria rotazione destina a questa coltura qualche ettaro ottenendo quantitativi di prodotto modesti; per questo può essere difficile trovare mulini certificati biologici disposti a lavorare solo poche tonnellate di granella. Inoltre, l’eliminazione delle glumelle non avviene facilmente, soprattutto nel monococco. Può essere quindi che non si ottenga uniformità nel risultato. reSe farrO mOnOcOccO in maturaziOne Generalmente le rese sono di 2,5 – 4 t/ha per il farro dicocco e di 3 – 4,5 t/ha per lo spelta, ulteriormente ridotte dal processo di decorticazione. Un discorso a parte va fatto per il monococco, le cui rese si aggirano intorno ai 1,5-2 t/ ha, considerato che con l’eliminazione della crusca si perde circa il 40% della produzione. a fronte di questo potenziale produttivo particolarmente modesto deve essere posta in evidenza l’elevata qualità del prodotto, che rappresenta il valore aggiunto di questa specie. Per approfondire questo aspetto, può essere utile fare riferimento a una ricerca svolta dal Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (C.R.A.) in collaborazione con l’Università Statale di Milano denominata MonICA e pubblicata da Regione Lombardia nel Quaderno di Ricerca n. 95. 21 caratterIStIchenutrIzIonalI sul piano nutrizionale, il monococco si distingue per la sua eccezionale ricchezza in proteine, vitamine e carotenoidi, oltre che per l’elevato contenuto in zinco e ferro. Questa specie presenta un contenuto proteico significativamente superiore rispetto al frumento tenero (in media 18,7g su 100 g di prodotto edibile, circa l’80% in più). Anche il contenuto in lipidi è superiore al frumento tenero in una misura che si aggira intorno al 68%. Particolarmente interessante è il profilo degli acidi grassi che compongono i lipidi: il monococco presenta un minor contenuto in acidi grassi saturi e una maggior porzione di monoinsaturi. Inoltre ha un ridotto contenuto di amido che lo rende ben digeribile e una bassissima percentuale di glutine (solo il 3%). Alcuni studi in corso presso il reparto di gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera Spedali Riuniti di Brescia stanno valutando la capacità di pazienti affetti dal morbo celiaco di tollerare il glutine contenuto nel monococco. Questo cereale può essere impiegato con successo anche nell’alimentazione dei bambini, grazie alle sue caratteristiche di sapore e alla ricchezza dei suoi nutrienti. Il farro dicocco presenta un buon contenuto in sali minerali, vitamine e proteine polifunzionali, sebbene siano inferiori al monococco. E’ ricco di beta-glucani (gomme naturali con preziosa funzione di protezione dell’apparato digerente e di agevolazione della digestione) e possiede inoltre un basso indice glicemico. Il contenuto in glutine del farro dicocco è mediamente basso e, soprattutto, si tratta di un glutine poco tenace. Lo spelta ha invece una composizione molto simile al frumento tenero. utIlIzzo Il farro può essere consumato sotto forma di chicchi perlati o decorticati che, rispetto al chicco integrale, sono più digeribili e cuociono più velocemente. Inoltre, sono adatti alla preparazione di zuppe e insalate fredde. La farina invece viene utilizzata per la produzione di pasta, cous cous, pane, biscotti e altri prodotti da forno. Tuttavia è opportuno ricordare che la farina non si presta bene alla panificazione diretta, mentre si adatta perfettamente alla panificazione in miscela con frumento tenero. Il farro può essere anche fioccato o soffiato: in questo modo è ideale per la preparazione di muesli e gallette; può essere utilizzato per la produzione di bevande alternative (latte di farro). Il farro, in particolare il monococco, può essere impiegato anche nella preparazione di birre artigianali. 22 segAle caratterIStIcheBotanIche L a segale presenta dei caratteri botanici simili a quelli del frumento. Da questo si distingue perché la piantina ha la ligula sprovvista delle appendici falciformi abbraccianti il culmo, comuni al frumento e all’orzo, e inoltre la ligula stessa è corta, dentata a denti brevi e triangolari. Le foglie sono di colore verde glauco, a lamina corta e più stretta del frumento. Il culmo è formato di vari internodi, è più lungo (100 – 150 cm) rispetto a quello degli altri cereali, ma anche più spesso, flessibile ed elastico. La spiga terminale, aristata, è in genere lunga e sottile e porta ad ogni dente del rachide una spighetta di norma trifora, ma con il terzo fiore sterile, per cui si hanno due cariossidi per spighetta. Queste hanno forma appuntita all’estremità portante l’embrione, pelosa e troncata all’altra estremità. Sono più allungate e più strette rispetto a quelle del frumento, di colore bruno-verde fino al grigio-giallo. La segale è una pianta allogama, a impollinazione anemofila, nella quale un sistema di autoincompatibilità rende obbligatoria la fecondazione incrociata. orIgIneedIFFuSIone La patria d’origine della segale non è ancora bene accertata, ma sembra che sia uno dei territori dell’Asia sud occidentale, tra la Persia e l’Afghanistan. È pianta tipica dei climi freddi e dei terreni sabbiosi e acidi; per questo è coltivata da lungo tempo in Siberia, nell’Europa centrale, in Svezia e Norvegia. Pare che si sia diffusa in Europa meridionale relativamente tardi. 23 eSIgenzepedoclImatIche La segale possiede una rusticità molto elevata che consente di ottenere una produzione superiore a quella del frumento e dell’orzo in terreni acidi, sabbiosi o magri. È molto resistente alla siccità primaverile e presenta un’ottima resistenza al freddo: per compiere il suo ciclo vegetativo ha minori esigenze termiche rispetto al frumento e agli altri cereali. Germina abbastanza rapidamente anche a basse temperature, accestisce meno del frumento e con maggior ritardo, mentre nelle fasi successive di vegetazione è più rapida e più precoce. Germina intorno ai 5ºC, fiorisce già a 12-14ºC. Dalla fioritura alla maturazione passano circa 40-50 giorni, a seconsegale in fiOritura da delle cultivar, e la maturazione avviene fra i 18 e i 22ºC. Essendo la fecondazione incrociata, condizioni di basse temperature ed elevata piovosità, possono influire negativamente causando elevate percentuali di sterilità. SceltavarIetale Le varietà coltivate si possono distinguere in base al colore della cariosside (bianca, verdognola, grigia o nera), a seconda dello sviluppo delle reste e dell’epoca di semina (autunnale o primaverile, sebbene quest’ultima sia poco diffusa). Tutte presentano difetti più o meno marcati: una scarsa resistenza all’allettamento, una certa precocità di fioritura che può portare a turbe della fecondazione, una certa suscettibilità alle malattie crittogamiche. Negli ultimi anni, la ricerca genetica ha dato vita ad alcuni ibridi che hanno una buona produttività. Tuttavia le cultivar iscritte al Registro nazionale delle sementi risultano essere ancora poche, soprattutto se si escludono quelle destinate alla zootecnia. rotazIonIeavvIcendamentI La segale può occupare, nelle rotazioni, il posto destinato al frumento. Trae giovamento dal succedere a colture sarchiate o a leguminose. sopporta meglio del frumento il ristoppio e per questo la si preferisce quando si mette a coltura un incolto o un prato permanente. IntegrazIonIdellaFertIlItà Solitamente non è necessario fornire alcun apporto nutritivo poiché la pianta, poco esigente, è in grado di sfruttare al meglio la fertilità residua del terreno. Questo contribuisce a mantenere bassi i costi di produzione. In particolari situazioni è utile intervenire con un fertilizzante, purchè ammesso dal disciplinare, che abbia un buon titolo in potassio e in azoto, essendo la segale una pianta potassofila che risponde molto bene anche 24 alla concimazione azotata. Quest’ultima tuttavia dev’essere effettuata tenendo conto della suscettibilità all’allettamento della coltura. lavorazIonI La semina, fatta a file strette, viene effettuata con una quantità di seme di poco superiore al frumento (160-180 kg/ha) a causa dello scarso potere di accestimento rispetto agli altri cereali. L'epoca di semina precede di poco quella del frumento. Per la preparazione del terreno si adottano i criteri già descritti in precedenza. geStIonIdelleInFeStantI Come appena ricordato, la segale ha una capacità di accestimento leggermente inferiore a quella degli altri cereali minori, tuttavia la rapidità di crescita iniziale le conferisce un elevato potere competitivo nei confronti delle malerbe. Non sono quindi necessari particolari interventi per il controllo delle erbe infestanti, se non una moderata anticipazione dell’epoca di semina, un leggero aumento della densità di semina e un'eventuale strigliatura in post emergenza. È bene ricordare che la segale è considerata una specie blandamente allopatica, cioè in grado di secernere degli essudati radicali in grado di inibire la germinazione dei semi di piccole infestanti. La segale è spesso soggetta a perdita di seme. Questa caratteristica potrebbe trasformarla a sua volta in un’infestante della coltura che segue in successione. geStIonedelleavverSItà Alcune cultivar risultano essere più soggette di altre ad una fisiopatia tipica di questa specie denominata segale cornuta (Claviceps purpurea). Si tratta di una malattia fungina che determina la sostituzione della cariosside con degli sclerozi di colore bruno. Soprattutto quando il tempo è umido e freddo, l’impollinazione avviene più tardi e i fiori rimangono aperti più a lungo. È proprio allora che le spore di questo parassita possono approfittarne, sviluppandosi nel fiore e sfruttando le forze di accrescimento dei semi. A maturazione gli sclerozi possono cadere e sopravvivere nel terreno oppure essere raccolti con la granella. La loro presenza nei prodotti alimentari è considerata pericolosa per la salute dell’uomo. Una corretta gestione agronomica dell’umidità rende però rara l’incidenza di questa fitopatologia. raccoltaegeStIonedeIreSIduIcolturalI Anche per la segale valgono gli stessi accorgimenti da adottare in fase di raccolta che per gli altri cereali minori. conviene mietere in leggero 25 anticipo sull’epoca di piena maturazione per evitare le perdite dovute alla facile sgranatura delle spighe. Le rese si assestano intorno ai 1,5 – 2,5 t/ha di granella. La paglia, lunga ed elastica, può avere un certo interesse in ambito vivaistico o per la realizzazione di manufatti artigianali. Il rapporto paglia/granella è di circa 2,5-2,8/1. Può comunque essere interrata, previa trinciatura. traSFormazIone I processi di trasformazione sono simili a quelli degli altri cereali minori. La granella viene portata a livelli di 12-13% di umidità e nella maggior parte dei casi avviata alla filiera molitoria per ottenere farina, in quanto la richiesta di granella sbramata e perlata è piuttosto esigua. caratterIStIche nutrIzIonalI La composizione di 100 g di granella è di 10,95 g di acqua, 69,76 g di carboidrati, 2,5 g di grassi, 14,76 g di proteine e 14,6 g di fibre. Contiene più proteine del frumento e possiede un'elevata percentuale di fibre solubili. Possiede buoni quantitativi di fosforo, potassio, calcio e ferro ed è ben dotata di minerali e vitamine, soprattutto vitamina E, K e vitamine del gruppo B. Contiene glutine e non è quindi adatta a chi soffre di celiachia. La segale possiede proprietà antisclerotiche, energetiche, depurative e ricostituenti; inoltre il suo grande contenuto di fibre la rende perfetta per chi soffre di stipsi e per chi segue un regime alimentare ipocalorico. utIlIzzo La segale viene utilizzata prevalentemente nella panificazione dando origine ad un prodotto piuttosto molle, fermentato, di colore scuro, molto nutritivo, più facilmente conservabile rispetto al pane comune e adatto ai diabetici. La presenza di pentosani nella struttura del glutine impedisce la formazione di una struttura collante in grado di trattenere i gas che si formano durante il processo di lievitazione. Ne risulta quindi un pane privo di cavità alveolari. Per tale motivo, solitamente la farina di segale viene miscelata con quella di frumento in una proporzione che varia dal 25 al 50% al fine di ottenere un pane più morbido ed elastico. La farina viene utilizzata anche per la produzione di pasta e gnocchi, sebbene abbia ancora una diffusione di nicchia. Anche l’utilizzo dei chicchi per la preparazione di minestre è poco diffuso in quanto necessitano di un ammollo piuttosto lungo, mentre trasformata in fiocchi viene utilizzata per la prima colazione. La segale viene utilizzata anche per la produzione di whisky e birra. In questo caso è da preferirsi una granella dalle dimensioni uniformi, piuttosto grosse e leggermente colorata. 26 I caratterIStIcheBotanIche orIgIneedIFFuSIone grAno sArAceno l grano saraceno non appartiene alla famiglia delle graminacee ma a quelle delle poligonacee. Viene tuttavia considerato un cereale in quanto presenta forti analogie con le specie appartenenti a questo gruppo, sia per le caratteristiche qualitative e tecnologiche della granella, sia per le tecniche colturali. E’ una pianta erbacea con radice fittonante poco sviluppata, fusto cilindrico, glabro, eretto, cavo, di colore rosso o verdognolo, alto da 60 a 120 cm. Le foglie sono alterne, lanceolate, provviste alla base di una formazione stipolare caratteristica, detta ocrea. L’infiorescenza ascellare o terminale è costituita da racemi corimbiformi, ermafroditi, senza petali, con cinque sepali bianco-rosei o verdastri. I fiori presentano una eterostilia dimorfa: si possono riscontrare, infatti, fiori con lunghi pistilli e corti stami e fiori con corti pistilli e lunghi stami. L’impollinazione, incrociata, può essere sia anemofila sia entomofila. Non tutti i fiori danno origine ai semi. Il frutto è un achenio di forma triangolare, al cui centro è posto l’embrione. Il peso di 1.000 semi e’ pari circa a 20 g. Il ciclo vegetativo è breve (da 60 a 100 giorni a seconda delle cultivar). Il grano saraceno, originario dell’Asia (Manciuria o Siberia), fu introdotto in Europa durante il Medioevo, attraverso la Grecia ad opera dei Turchi (Saraceni) o attraverso la Russia. Oggi è ancora diffuso in Russia, mentre in Europa si limita ad alcune zone della Francia e della Germania. In Italia è presente nelle province di Bolzano e Sondrio. 27 eSIgenzepedoclImatIche Si adatta a terreni acidi, sciolti e poveri, mentre è sensibile alla siccità, al caldo, e alle basse temperature. La sensibilità aumenta soprattutto nella fase di fioritura, durante la quale la carenza idrica accompagnata da temperature superiori a 30ºC portano al disseccamento dei fiori e degli acheni con conseguente riduzione della produzione. La temperatura ottimale nella fase di fioritura è di circa 20ºC. Poiché la crescita della pianta risulta rallentata in caso di alta temperatura e mancanza di umidità nel terreno, può essere utile intervenire con un’irrigazione di soccorso. Il questo caso la coltura riprende a crescere, ma la maturazione subisce un certo ritardo. ciò è in contrasto con quello che avviene negli altri cereali, in cui le medesime condizioni ambientali portano ad una maturazione accelerata. Per un rapido sviluppo della coltura quindi sono necessarie: buone condizioni di luminosità, una temperatura mite e costante e un buon livello di umidità poiché l’apparato radicale è piuttosto superficiale. SceltavarIetale Le varietà di grano saraceno si differenziano per grandezza del frutto, per il suo colore e per la presenza o meno di rugosità. Il miglioramento genetico sta lavorando al fine di conferire resistenza alle basse temperature, aumentare la produzione e ridurre la scalaritá di maturazione. rotazIonIeavvIcendamentI Il grano saraceno è una coltura intercalare estiva – autunnale: può seguire coltivazioni raccolte prima della metà di luglio e permette, a raccolto avvenuto, di seminare il cereale vernino. Nelle zone dove non esiste la possibilità o l’interesse ad effettuare una doppia coltura si potrebbe effettuare la semina in maggio puntando su varietà a ciclo più lungo (fino a 120 gg), che consentono di ottenere una maggiore produzione. IntegrazIonIdellaFertIlItà È una specie molto rustica, che sfrutta al meglio la fertilità residua presente nel terreno. Si tenga presente che una produzione media di 2 t/ha asporta 40 kg di N, 20 kg di P2O5 e 30 kg di K2O. Se la coltura è destinata alla produzione di granella, è bene assicurarle una buona dotazione di potassio. lavorazIonI Il letto di semina viene preparato prestando attenzione a conservare l’umiditá del terreno e a svolgere un’azione di controllo delle malerbe. Il periodo 28 di semina si colloca in tarda primavera, solitamente fra il 15 giugno e il 15 luglio. La semina avviene a righe distanti 18-20 cm, utilizzando 80-100 kg/ ha di seme che va interrato alla profondità di 2-3 cm. L’emergenza avviene dopo 4-5 giorni, mentre la fioritura scalare inizia circa 5-6 settimane dopo la semina. geStIonIdelleInFeStantI Il grano saraceno è molto rapido nel coprire il suolo, grazie alla velocità di germinazione e di accrescimento. È quindi un buon competitore nei confronti delle infestanti, infatti riesce facilmente a soffocarle. Tuttavia se le malerbe si trovano ad uno stadio più avanzato rispetto alla coltura, il suo potere competitivo si riduce notevolmente. In questo caso occorre valutare le condizioni ambientali e intervenire con mezzi agronomici (strigliatura) o con un’irrigazione di soccorso che velocizza la crescita della pianta con conseguente rapida copertura del terreno. È importante ricordare che il grano saraceno possiede un buon effetto allopatico nei confronti di alcune specie infestanti, inibendone la germinazione. geStIonedelleavverSItà I parassiti che possono causare danni a questa coltura sono principalmente funghi, soprattutto appartenenti al genere Ramularia, che colpiscono le foglie, e al genere Rhizoctonia, che colpisce l’apparato radicale. Altre muffe come Botrytis cinerea e Peronospora fagopyri erano piuttosto diffuse in passato, ma ora hanno perso importanza grazie all’introduzione di cultivar resistenti. Il grano saraceno è una delle poche colture che fiorisce in estate, favorendo così la presenza di insetti ausiliari in campo. raccoltaegeStIonedeIreSIduIcolturalI La maturazione della granella è scalare e quindi la raccolta avviene quando la maggior parte dei frutti ha assunto una colorazione scura e le foglie sono in avanzato stato di senescenza. La raccolta può essere effettuata con una mietitrebbia con testata da frumento. La resa si aggira intorno ai 1,5-2 t/ha di granella e 2–3 t/ha di paglia, che viene solitamente interrata. traSFormazIone Essendo la maturazione scalare, alla raccolta gli acheni non presentano un grado di umidità uniforme. È quindi necessario l’utilizzo dell’essiccatore per portare questo paramento a valori di 14-12%, senza superare la temperatura 29 di 40-43 °C. Può subire le lavorazioni di pulitura e decorticatura, già descritte per gli altri cereali, o essere trasformato in farina attraverso macinatura a pietra. La resa in farina è piuttosto alta, pari al 76%: da 100 kg di grano saraceno pulito si ottengono 76 kg di farina e 12 kg di crusche e sfarinati. caratterIStIchenutrIzIonalI Il grano saraceno è molto importante per le caratteristiche nutrizionali. Contiene infatti all’interno del chicco le proteine di più alto valore biologico presenti nel regno vegetale: 14,1% contro 9,2% del frumento tenero e 8,5% della farina di mais. La lisina, amminoacido essenziale, è presente in percentuali elevate, superiori a quelle dell’uovo e di tutti gli altri cereali, con valori variabili fra il 4 e il 20% a seconda delle cultivar e delle condizioni ambientali. Risulta invece povero di acido glutammico e di prolina. Il grano saraceno è inoltre privo di glutine, quindi adatto alla dieta dei soggetti celiaci. Infine la farina di grano saraceno è ricca di fibra e di sali minerali. utIlIzzo viene utilizzata la farina per la preparazione dei pizzoccheri, tipica specialitá valtellinese. Miscelata a frumento o mais viene usata per pani, biscotti, focacce, frittelle e polenta. La farina possiede un colore scuro dovuto alla presenza di frammenti di pericarpo. Possono essere adoperati i chicchi decorticati in zuppe o insalate, i germogli che insaporiscono le insalate e i fiocchi ottenuti dallo schiacciamento degli acheni per preparazioni dolci o salate. Un eccessivo consumo di grano saraceno determina un esantema della pelle nelle zone più esposte al sole (fagopirismo). Fino alla prima metà del Novecento questa pianta veniva coltivata anche per uso farmacologico: da essa si estraeva la rutina, un flavone glucosidico utilizzato nel trattamento di disturbi dovuti alla fragilità delle vene. Visto il richiamo esercitato verso gli insetti entomofili ed in special modo le api, la coltivazione del grano saraceno si sposa bene con l’attività’ apistica: la presenza di almeno 2 alveari/ha garantisce una buona impollinazione dei fiori e permette di associare alla coltivazione la produzione di miele. Questo ha un colore rossiccio scuro, profumo intenso, gusto caramellato, con tonalità amarognole e possiede proprietà antiossidanti, antibatteriche, antiinfiammatorie e sedative della tosse. 30 infiOrescenza di granO saracenO BIBlIograFIaeSItograFIa cereali in cOltivaziOne biOlOgica - guida pratica alle cOlture autunnO-vernine a cura del Centro di Divulgazione Agricola, anno 2004, Edagricole farrO: ideale per le aziende biO di P. Codianni, C. Fares, A. Gallo, A. Toccoli, L. Cattivelli, P.De Vita L’informatore Agrario n.36, anno 2006 prOgettO mOnica – mOnOcOccO per l’innOvaziOne cerealicOla ed alimentare Quaderno di Ricerca n. 95 di Regione Lombardia, anno 2008 le perfOrmance varietali in un annO nOn semplice di R. Bartolini Terra e Vita n.35 anno 2010 OrzO biOlOgicO: varietà a cOnfrOntO di C. Piazza, R. Reggiani, Matteo Antonelli Agricoltura n. 30 Settembre 2002 granO saracenO: interesse per una cOltura dimenticata di Annamaria Baldassi Quaderno di Ricerca n. 12 di Regione Piemonte, anno 1998 sITI WeB www.aiablombardia,it www.sinab.it www.lanticaterra.it www.agricoltura24.it www.ermesambiente.it www.iasma.it www.sisonweb.com www.rivistadiagraria.org www.agriqualita.arsia.toscana.it foTo Daniela Ponzini Provincia di Milano Settore Agricoltura Parchi, Caccia e Pesca www.123rf.com sI RInGRazIano Carlo Cavalli - tecnico agronomo specializzato in agricoltura biologica Gabriele Corti - Cascina Caremma Nicolò Reverdini - Cascina Forestina Cinzia Rocca - Cascina Monticelli A cura di AIAB Lombardia via P.L. da Palestrina, 9 20124 Milano +39 02 67 100 659 www.aiablombardia.it [email protected] Provincia di Milano Area programmazione territoriale Settore Agricoltura, Parchi, Caccia e Pesca viale Piceno, 60 20129 Milano N° Verde: 800 74 36 33 www.provincia.milano.it/agricoltura/ [email protected]