produttore: Araldica Vini Piemontesi
C
ompetenza alla
base del uccesso
e, dati i tempi non
facili, don Montrucchio potesse venir
giù a darci una mano... Nell’attesa ci stiamo dando da fare da
soli”, dice Luigi Bertini - enologo, docente in tema di degustazioni e abbinamenti, relatore
scientifico e in casa Araldica
dal 1989 - mentre, indossati i
camici bianchi d’ordinanza,
ci porta a vedere un impianto
di imbottigliamento nuovo di
zecca. Un macchinario gigante
che permetterà alla cantina di
andare più velocemente e di non
costringere il personale a fare i
doppi o tripli turni. Un impianto stratosferico che è anche un
ennesimo investimento, un altro
“atto di coraggio” che il grande
Gruppo piemontese con sede
nel piccolo paese di Castel Boglione - poco più di 600 abitanti
tra Nizza Monferrato ed Acqui
Terme - ha appena fatto. Sintetizza bene il professor Bertini:
“Siamo in una fase generale in
cui tiri i remi in barca, t’aggrappi e speri di non rovesciarti, oppure tiri fuori i muscoli e il cervello e spingi sui remi per uscire
“S
48 Il mio vino febbraio 2012
S
Il Gruppo Araldica, che ha
sede in un piccolo paese
dell’Astigiano, fa circolare ogni
anno 22 milioni di bottiglie e ha
antenne sempre sincronizzate
sui mercati internazionali
dalla tempesta. Noi abbiamo
scelto decisamente la seconda
soluzione”.
È il 2 gennaio, alcune cantine
che abbiamo adocchiato sulla
strada per venire qui sono chiuse, mentre qui sono tutti al loro
posto, già piuttosto indaffarati.
“Non abbiamo ancora i dati di
vendita di fine anno, ma vedo i
risultati con ottimismo. La gente è andata meno in giro, perciò
feste in casa, e quindi un buon
consumo di vini, fermi e con le
bollicine”, sintetizza Bertini.
Chi è Don Montrucchio, direte voi. Il prete del posto che
nel 1954 riunì un gruppetto
di vignaioli “depressi” per via
dell’andamento del mercato delle uve e dell’indigenza generale
di allora, spingendoli a unire
forze e intenti per fare, insieme,
vini discreti e per venderli con
un certo criterio. I monaci, anticamente, sono stati i pionieripiantatori di molti vigneti, e in
tempi più recenti, i preti sono
stati i promotori di molte cooperative e cantine sociali, fungendo da collante sociale e al tempo
stesso da ufficio del personale.
Oggi alla Antica Contea di
Castelvero, la cantina storica,
portano le uve i 290 soci che
coltivano 900 ettari di vigneti
distribuiti tra le colline soleggiate di tre paesi attaccati fra
loro: Castelboglione, Montabone e Rocchetta Palafea, zone
prevalentemente di barbera e
moscato, anche se non mancano
In cantina arrivano, ogni anno,
le uve di 200 soci coltivate
in vigneti che occupano circa
900 ettari di terreno.
ASTI
vigneti di altre tipologie d’uva.
L’Antica Contea è la cantina
dove vengono vinificate e affinate le uve e costituisce uno
dei tre tasselli su cui poggia il
Gruppo Araldica. Gli altri due
sono Araldica Vigneti e Araldica Vini Piemontesi. Il primo
si occupa, in sintesi, della parte
agronomica, il secondo della
parte commerciale sotto diversi
aspetti. Vale a dire della vendita e distribuzione nazionale
e internazionale dei vini attraverso società collegate (Araldica Distribuzione, Diva Italia
e Adria) in compartecipazione
con società europee. Una delle
Il primo gruppo di vignaioli
si riunì nel lontano 1954
per volere del parroco
Don Montrucchio.
più importanti di queste è la Butinot, inglese, ed ecco perché sui
pennoni che svettano nel giardino dell’azienda sventolano il
vessillo con lo stemma coronato
di Araldica, la bandiera italiana,
quella dell’Europa e quella della
Union Jack, come viene chiamata la bandiera inglese. Non
entriamo nei dettagli societari e
commerciali, ma va comunque
detto che attraverso queste società Araldica commercializza i
vini prodotti dai suoi soci diretti,
quelli di altri produttori italiani
che si attengono a protocolli di
produzione fissati dalla casa madre piemontese, e quelli che importa, e ridistribuisce, dall’estero, champagne compresi. In tutto, per tirare le somme, fa circolare per una quarantina di Paesi
circa 22milioni di bottiglie, di
cui 14milioni prodotte direttamente dal Gruppo. L’azienda ha
origini e basi cooperativistiche
ma è articolata e condotta come un’impresa privata sempre
in prima linea. “Per fare le cose
non aspettiamo le sovvenzioni,
gli interventi esterni - anche se
sfruttiamo tutte le opportunità
che arrivano dalle leggi europee - non stiamo alla finestra
a guardare cosa fanno gli altri,
non tiriamo a campare quando
il mercato s’inceppa”, dice Bertini, “ma agiamo. Perché ogni
anno dobbiamo rendere conto a
un Consiglio di amministrazione, a soci stranieri che fanno gli
imprenditori e non i benefattori
e soprattutto ai nostri soci viticoltori. Qui gli unici debiti che
sono ammessi sono quelli dovuti
agli investimenti, quindi soggetti a un rientro programmato, e
non certo dovuti alle passività,
o, peggio ancora, al fatto che il
vino si produce e non si vende”.
Selezione all'ingresso
I viticoltori, indiscutibilmente i
principali protagonisti dell’articolata attività, sono stati selezionati e radiografati con cura.
O meglio, nel tempo sono stati
radiografati, dai tecnici di Araldica, tutti i loro vigneti, parcella
per parcella, e tutti i loro vitigni
adottati e tutti i risultati ottenuti dalle uve. Per vedere dove e
come lavorare meglio e valorizzare l’impegno agricolo. Tutti i
viticoltori seguono le direttive
dell’azienda o, per essere precisi,
dell’Araldica Vigneti, la quale
compra tutti i prodotti necessari
in agricoltura e li distribuisce
secondo le necessità e segue
passo passo il lavoro dei singoli
proprietari dei vigneti. L’obiettivo, ovvio, è ottenere l’uva eccellente, il meglio che l’annata
possa dare. E anche remunerarla
bene, in molte occasioni più che
da altre parti. “In inverno, nei
bar di paese”, spiega Bertini, “il
prezzo delle uve è l’argomento
di maggior conversazione. A te
quanto le pagano? E quando le
pagano? E così via. I nostri soci
sono quelli sempre un po’ più
invidiati”. Come si convince un
viticoltore a dare il massimo?
“Aiutandolo in tutti i momenti e
specie in quelli difficili. Pagando bene i suoi grappoli quando
sono di qualità. Trasformarli in
un vino buono. I premi che un
vino conquista, al consumatore possono non importare un
fico secco, ma per i viticoltori è un bel riconoscimento. E
poi: coinvolgerli, nelle vicende
dell’azienda. E, infine, mettendoli a volte anche indirettamente
a confronto. Noi per esempio
abbiamo quattro tramogge dove viene scaricata l’uva subito
dopo la vendemmia. Un tempo
quella in fondo, all’estremità,
era riservata alle uve di minor
qualità, quelle che non andavano
mescolate ai grappoli di maggior
pregio. Un po’ come il banco
dell’asino a scuola, dove il maestro un tempo cacciava il più
lavativo, insolente o capoccione
della classe. Insomma, per un viticoltore vedere le sue uve finire
in quella tramoggia non era un
bell’affare, specie se lo scarico
avveniva sotto gli occhi di tutti,
perché poi la cosa si sapeva in
giro. Adesso le tramogge sono
tutte alla pari, si differenziano
solo per la tipologia di prodotto
a cui l’uva è destinata”.
Tradizione ma anche
occhio al mercato
Ecco, i prodotti. La quantità e la
qualità di uva e anche i rapporti con i viticoltori di altre zone
piemontesi (non parliamo qui
di aziende friulane o siciliane,
tanto per fare un esempio, che
pure sono coinvolte nelle attività del Gruppo), permette ad
Araldica di mettere sul mercato
italiano e soprattutto internazionale (l’85% dell’intero prodotto
è esportato) tutta la gamma dei
vini più rappresentativi della regione e meglio identificativi del
vitigno tipico che dà loro vita.
Grazie anche ad acquisizioni di
pregio, come Il Cascinone, non
lontano da Castel Boglione, con
70 ettari di filari al 70% dedicati
alla barbera, dalla quale si ricavano i Gran Cru, e come La Battistina, nell’area collinare Novi
Ligure, 30 ettari tutti riservati a
uno dei vini bianchi italiani più
apprezzati, il Gavi Docg.
Vista la gamma dei vitigni, gli
investimenti, le antenne sempre
puntate sui mercati, l’intento è
quello di fare i vini di pregio,
da invecchiamento, per i palati
fini, e anche prodotti facili da
bere, da trovare e a un prezzo alla portata. “Abbiamo un Barbera
d’Asti Ceppi Storici”, ricorda il
professore enologo, “proveniente di vigneti trentennali, che af-
Dove e come
La sede di Araldica Vini
Piemontesi si trova
a Castel Boglione, in
provincia di Asti, in Viale
Pietro Laudano n. 2.
Tel. 0141.7631
fax 0141. 762433
www.araldicavini.com
[email protected]
Per chi arriva dalla A2
può uscire ad Asti. Per
chi arriva dalla A26 può
uscire a Ovada.
fina 18 mesi in botte grande,
poi altri mesi in bottiglia, super
premiato in molti concorsi, che
costa appena 5 euro al consumatore. Per noi la filiera finisce
non quando il vino esce dalla
cantina, ma quando è comprato,
stappato e bevuto”.
Insomma tutti i gusti possono
essere soddisfatti e anche tutti i
portafogli. Bene le caratteristiche dell’uva, bene i valori del
territorio, bene anche le tradizioni, purché non siano talebane. “Un tempo certi rossi erano
considerati importanti quando
erano quasi ossidati e dal colore
fortemente aranciato”, ricorda
Bertini. “C’era addirittura chi,
per dare prima del tempo questa
falsa importanza al suo vino,
gli aggiungeva un po’ di rosato pugliese, per dargli il colore
invecchiato. Ma insomma, tra
affinamento corretto e ossidazione quasi forzata c’era una bella differenza… Naturalmente
le cose sono cambiate, la gente
fortunatamente ha scoperto altre
strade. Noi siamo per i vini del
territorio, quelli che richiamano
i vitigni tipici, ma senza gli spigoli e le asprezze a tutti i costi.
Il vino deve ricordare la sua uva`
febbraio 2012 Il mio vino
49
produttore: Araldica Vini Piemontesi
Quattro etichette da non perdere
Barbera d'Asti Doc
“Ceppi Storici” 2008
5,50 euro
Gavi Docg
“La Battistina” 2011
7 euro
Colore rosso rubino
profondo con sfumature
brillanti. Buoni i profumi
di ciliegia che si uniscono
a sentori di tostatura. In
bocca mostra un corpo
ben equilibrato e una
buona morbidezza.
Colore giallo paglierino
con riflessi verde chiaro.
Al naso si percepiscono
delicate note di frutta
come la pera e la pesca
e note erbacee. Buona
l'acidità e il corpo. Ottima
la struttura. Morbido.
ma questa deve essere trattata
bene, utilizzata al meglio, dare
un prodotto che piaccia a un ampio numero di persone e non solo
agli esperti”.
Vini espressione del territorio.
Lo dicono tutti. Ma ci sono possono essere anche altri vini?
“Certo, ci sono i vini che sono
espressione della tecnologia. Vini senza difetti, bevibili, spesso
anche gradevoli, da vendere a
poco prezzo. Sono un po’ i vini dell’emisfero australe, dove a
fare prodotti così sono veri maestri, anche perché le legislazioni locali lo permettono. Il vino
australiano deve essere in regola
con la legislazione australiana.
Punto. I vini italiani devono essere in regola con le legislazioni dei Paesi in cui si vogliono
esportare. È chiaro che questo fa
una bella differenza. E poi a fare
ancora confusione ci sono tutte
le regole europee, i cavilli, anche
se noi, in Italia, abbiamo vissuto
troppo a lungo di sostentamenti,
aiuti alla distillazione, contribuzioni varie che in certi posti
poi non sono neanche riusciti a
utilizzare. Soldi arrivati, usati
per niente o male, che poi si son
dovuti restituire. Pazzesco. Oggi
l’assistenzialismo, nelle sue varie forme e origini, sta sparendo,
complice anche la crisi, e questo
permetterà alle aziende-imprese,
anche di piccole dimensioni, e
non necessariamente strutturate
come Araldica, di lavorare per
quel che realmente valgono e per
quel che di buono producono.
Questo vale, naturalmente, in
tutt’Europa”.
50 Il mio vino febbraio 2012
Un'adeguata
comunicazione
Visto che ci siamo lanciati in
questo ampio settore, cosa manca all’Italia per affermarsi davvero in campo internazionale,
dove comunque non siamo poi
messi male?
“Se guardo specialmente ai nuovi mercati, quelli asiatici e poi
a quelli sud americani, credo
che manchi sempre la capacità,
scusi il brutto e abusato termine,
di fare sistema. Ognuno continua a fare per conto suo, sperperando risorse ed energie senza
raggiungere un risultato per lo
meno soddisfacente. Molti poi
non hanno ancora capito come
si comunica nel mondo del vino.
Credono che basti fare una serata lussuosa di degustazione in un
hotel di fama a Tokio o a Nuova
Delhi (dove per altro invitano gli
occidentali che risiedono lì e non
i locali, che dovrebbero essere
i potenziali, veri consumatori)
per credere che basti quello per
spalancare le porte al commercio del loro vino in quei Paesi. A
me è capitato di essere invitato
in una situazione simile in Ame-
Barbera d'Asti Doc
Superiore
“Rive Il Cascinone” 2008
9,50 euro
Barbera d'Asti Doc
Superiore “d'Annona - Il
Cascinone” 2007
12 euro
Colore rosso porpora
molto intenso quasi
impenetrabile. Al naso
salgono profumi di ciliegia
e vaniglia. In bocca ha una
buona acidità che regala
freschezza. Persistente.
Porpora profondo con
sfumature viola. Al naso
si sentono note di ciliegia
e vaniglia. Delicate note
floreali. In bocca ha un buon
corpo sorretto dall'acidità.
Lungo finale fruttato.
rica dove il maggior esperto di
vini era uno scrittore di origini
siciliane, così me lo avevano presentato, che aveva prodotto fino
a quel momento un libretto di un
centinaio di pagine in cui era stata citata, solo citata, nemmeno
descritta, un’etichetta. Bisogna
fare, prima di andare a vendere
in vino in un posto, educazione e comunicazione adeguata,
adeguandola alle capacità, alle
abitudini e al pensiero dei nuovi
aspiranti consumatori. Se non si
fa questo ci si limita a vendere
un mezzo bancale di bottiglie
ogni tanto a qualche ristoratore
italiano che ha aperto là. Vorrei
citare, per chiudere l’argomento,
una cosa che mi pare determinante. Il Made in Italy, nel suo
complesso è, come notorietà, al
terzo posto nel mondo dopo la
Coca Cola e la carta Visa. Possibile che in questo marchio Made
in Italy il vino non abbia ancora
trovato la sua collocazione, come la moda o le auto di lusso,
per dire, se non sporadicamente
e per meriti personali del produttore, cito il conterraneo Gaja,
sempre per fare un esempio?”.
Bertini ha capacità analitiche
(abbiamo parlato molto più a
lungo di quanto vedete scritto
qui), ha argomenti convincenti
ed eloquio fluente, staresti lì ad
ascoltarlo per ore. Ci lasciamo
con un’ultima considerazione
lampante. “L’Italia possiede la
Treccani del vino, possiamo sapere tutto quel che c’è in materia, c’è scritto tutto quello che
dobbiamo fare. Quelli dell’Altro
Mondo, che contrastano bene noi
e la Francia sui mercati internazionali, possiedono il Bignami,
dove è sintetizzato solo quello
che non possono fare. Ad Araldica la Treccani è sempre aperta.
Tutti quelli che lavorano qui sanno cosa fare e sanno attingere a
tradizioni, cultura, lavoro, storia
e conformazione del territorio.
Sanno usare al meglio quel che
la natura propone ma anche le
tecnologie. Sanno interpretare i
gusti dei consumatori e provvedere dando servizi adeguati. Ci
sono molti viticoltori che vogliono far parte della nostra squadra
non a caso. Certo, alcuni per
convenienza, per qualche euro
in più al quintale d’uva, ma molti
perché credono nella strada che
abbiamo intrapreso e soprattutto
nel modo in cui l’abbiamo intrapresa. Ora stiamo valorizzando i
viticoltori che già ci sono, quelli
che da anni lavorano sodo e ci
danno il meglio, ma non è detto
che in futuro non si allarghi la
partecipazione. Il testimone del
buon lavoro è sempre l’uva e
dunque il vino e mi pare che in
questo ce la stiamo cavando bene”. Don Montrucchio, di sicuro,
❦
sarebbe soddisfatto.
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Il Gruppo Araldica, che ha sede in un piccolo paese dell`Astigiano