Ad un poeta inesplorato: Stefano Susini
Rossella Bombasaro
Quando una civiltà è vivace
conserva e incoraggia gli artisti di ogni genere:
pittori, poeti, scultori, musicisti, architetti.
Quando una civiltà è insipida e anemica,
conserva una calca di preti, di sterili
istruttori e di ripetitori di seconda mano.
(LE. 226) 1914
E. Pound
La concezione romantica, non estinta perché non coincidente con il movimento letterario omonimo,
dipinge il poeta come una creatura malata, peregrina e insoddisfatta. Un uomo senza patria, generalmente
incompreso perché geniale, che raggiunge la gloria quando ormai si è spento, dopo una vita di sofferenze
fisiche e soprattutto morali. C’è chi ritiene che per molti autori ci sia addirittura un nesso stretto tra le disgrazie reperibili nella biografia e la grandezza del sentire poetico. Come l’esilio di Dante, o la sfortunata infanzia del Leopardi, o la condizione d’orfano del Pascoli.. tanto per citare qualche grande. Eppure uomini esiliati, non corrisposti nell’amore, orfani ce ne sono stati tanti nella storia, ma ben pochi erano poeti. La vita
porta con sé dolore, travaglio e anche gioia, però si giunge a una profondità spirituale, e perciò poetica,
quando si vive tutto questo con vigile coscienza e capacità di riflessione. Basta, allora, essere uomini coscienti per definirsi poeti? No, ma non può giungere alla poesia chi non senta con profondità la vita. E questa profondità, a mio avviso, l’ha raggiunta un poeta che visse e operò nel ventennio fascista: Stefano Susini.
Il nostro uomo nasce nel momento e nel posto sbagliato.
È utile ricordare che la letteratura italiana del secondo ventennio del secolo, si svolge nell’atmosfera oscurantista e oppressiva del fascismo.
Autoritratto
La nazione attraversa una crisi spirituale, evidente già nel primo novecento, che permette lo stabilirsi di
una dittatura la quale è sempre colpa comune ed espressione di una inerzia spirituale e di scarsa fede nell’uomo e nella vita; inoltre,l’opera che
il fascismo esercita, con la censura e il confino, sul nostro libero svolgimento culturale farà sì che le nostre migliori penne del periodo furono
scrittori d’opposizione, non senza pericolo di confino o persino di morte - basti ricordare il Gobetti e il Gramsci. Ed anche il Susini ne resterà vittima. Vittima non solo del regime politico ma del suo stesso paese natio: “un esiliato in patria”. Con i suoi limiti geografici e con la sua arretratezza culturale, gli ha precluso ogni forma di successo. Un paese che non l’ha mai compreso per intero e amato a sufficienza, ma anzi, guardato
con disprezzo e con muto rancore, per il suo atteggiamento difficile e particolare. Ben diversa sarebbe stata la considerazione di questo artista
se fosse vissuto altrove; Sant’Antioco gli ha dato solo delusioni e sofferenze anche se, unico merito, è stato quello di avergli dato i natali. Ne conserva le spoglie, ma senza nemmeno una lapide che ne ricordi il passaggio su questa terra o anche solo per poter portare un fiore sulla sua tomba.
Ho conosciuto l’opera di questo uomo grazie al vasto e lunghissimo lavoro del professore Gian Paolo Piras, che ha dedicato parte della sua vita al
recupero, al riordino e alla pubblicazione delle opere edite ed inedite del
Susini. Dopo avere letto alcune delle sue pubblicazioni, ho deciso di
assumermi il difficile compito di aedo, affinché, sia il lavoro del professor Piras che quello del nostro poeta, fosse conosciuto. Nella prefazione
al suo libro il Piras ci spiega il perché di questa riproposta di un poeta
sardo che pochissimi studiosi ricordano e conoscono.
Innanzitutto, lo definisce grande poeta, dotato di cultura e sincera profonda ispirazione, la cui produzione non era provocata da vanità o successo ma, solo perché, nella poesia, il Susini aveva trovato la sua vera
ragione d’essere. E, in seconda, perché la sua vita terrena merita di essei Cavalli
re conosciuta non solo per i risvolti umani che possiede ma perché offre
uno spaccato di un’epoca, non molto lontana nel tempo, ma ancora avvolta di molte ombre. I drammi succedutisi nella vita del Susini e l’ambiente arido dal punto di vista culturale e senza alcuna tradizione letteraria faranno sì che il poeta pubblicherà poco del suo lavoro e, tutto, dietro
insistenza dei suoi amici.
Gli anni del suo silenzio”editoriale”conobbero una singolare operosità creativa che è di gran lunga maggiore delle opere pubblicate.
Le ha rinvenute, dopo una paziente ricerca, il professor Piras, conservate in una scatola di cartone, legata a doppio fiocco con uno spago.
Esistono interi copioni di teatro, interi fascicolo di poesie, sette opere teatrali, tre traduzioni di libri di liriche francesi ed un’operetta, il Quinto
Evangelo, un’originale interpretazione del messaggio di Cristo secondo lo spirito francescano.
Una figura esemplare dal punto di vista morale ed artistico, un uomo da stimare per le grandi ingiustizie di cui fu vittima durante la sua vita ed
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Ad un poeta inesplorato: Stefano Susini
L’uomo sulla barca
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a cui oggi bisognerebbe riparare. Ecco perché, secondo il Piras,ed ora anche secondo me,
il caso Susini va riaperto.
Va riaperto perché quello che fa più male per chi ama la cultura tutta e la poesia in particolare è la cecità mentale verso la genialità. Acclarato o meno che il lavoro del Susini sia
degno di attenzione, vuoi per la bellezza dei suoi versi vuoi per l’attualità della sue argomentazioni, son dovuti passare più di quaranta anni per riportarlo alla luce. A nulla è valso
il lavoro del Piras, a nulla la bellezza dei versi e dei magnifici quadri del Susini. E sì, perché, oltre ad esser poeta, era anche un valente pittore.
Mi va di immaginare che il lavoro del Susini sia andato in letargo per un periodo lunghissimo, cullato non dalla fredda neve, ma dai raggi del sole della sua isola natia, che,
madre, gli ha dato i natali e matrigna lo ha condannato al nulla artistico.
Ed ora spero che, questo stesso sole, sia fecondo di rinascita e riscoperta per un uomo,
per un poeta e per chi tanto ci ha lavorato e creduto.
Naturalmente, in questa sede, non mi sarà possibile farvi conoscere e leggere tutte le
opere del Susini.
La mia scelta sarà, come direbbe il Foscolo, dettata da una “ celeste corrispondenza di
amorosi sensi”, perché penso che il rapporto che si instaura tra il poeta e un lettore nasce
da una serie di fattori così numerosi ed incontrollabili da potersi definire come soggettivo. A prescindere da valutazioni strettamente critiche, l’amore per un poeta sorge e si
fonda in ciò che i suoi versi riescono a suscitare nel mio animo.
La poesia è il grido, drammatico o pacato, che ogni uomo emette vivendo!
STEFANO SUSINI
Stefano Susini nasce a Sant’ Antioco il 28\4\1882 da Giuseppe, delegato di porto, e da Marietta Altieri. Frequentò le scuole elementari
del paese natio, poi si iscrisse all’istituto tecnico di Iglesias, conseguendo il diploma di ragioniere. Entrò subito nella banca commerciale
divenendo anche condirettore di quella sede. Il 26\12\1909 si sposa con Rosina Pateri, nata a Roma nel 1887 ma residente a Sant’Antioco
con la madre, Antonietta Pitzurra.
Nel 1928 è promosso direttore della Banca Commerciale di Bologna.
Ed è proprio di questo anno la pubblicazione, a cura della R. bemporad e figlio Editori - Firenze - 1928, di “Canti del Nomade”: una
raccolta di liriche, sonetti ed odi scritta fra il 1918 ed il 1922. È il suo lavoro più rifinito, quello che doveva dare di lui l’immagine più completa perché spaziava su tutti i generi poetici, dalla lirica all’epica, mostrandone la versatilità d’ingegno e la rara capacità versificatoria.
È un nomade il poeta che percorre la Sardegna in lungo e largo, guardandone ora il paesaggio, ora soffermandosi nei dettagli della vita
agro - pastorale. E l’immagine di un’intera regione balza viva, colorata, modellata da una mano delicata.
Non ha le pretese di un vate nazionale, così come lo fu il Carducci…ha una concezione della poesia molto più umile, da artigiano, tanto
da paragonarsi “al più oscuro artista,l’orafo”:
Io sono un paziente orafo antico,
e l’arte mia silente, agile, adoro
sempre davanti a me fulge un tesoro
di gemme, e a incastonarle m’affatico…..
…..e ‘l diamante, il topazio, il rubino
E l’altre pietre, a cui fatt’ho il castone,
ridono nel ricamo del sonetto
Il poeta aveva 46 anni, ma in quel libro erano state inserite anche
altre poesie scritte nella prima giovinezza e pubblicate nella rivista “Il
Nuraghe” di Carta Raspi, punto catalizzatore della cultura sarda che,
oltre che di firme illustri , si pregiava della collaborazione artistica di
pittori e scultori come Melchiorre Melis, Stanis Dessì, Marini, Ciusa
..Susini faceva parte di questa elite perché si era già fatto conoscere nel
1919 con un poemetto“Intrepidi Sardi”, ispirato alle imprese della
Compito assolto
Brigata Sassari. Il libretto comprendeva un’ode scritta nel 1915, composta in occasione dell’entrata in guerra dell’Italia e la canzone libera Compito Assolto per ricordare nel giorno della vittoria il tributo di
sangue e l’eroismo dei fanti sardi.
Nel 1921 pubblica, stampato dalle Arti Grafiche Palombi di Roma,“Germinale sardo”, dove evoca alcuni episodi di storia sarda, in particolare i tentativi di occupazione da parte dei francesi nel 1793.
In Germinale Sardo Susini non parla del periodo giudicale, del periodo in cui la Sardegna ha conosciuto una reale sovranità politica; il
Ad un poeta inesplorato: Stefano Susini
tentativo di occupazione francese suscita invece tutto l’interesse del poeta. L’episodio si conclude a favore dei sardi che, nell’occasione,
seppero trovare una straordinaria unità ed intraprendenza: la vittoria è tutta merito loro e non certo dello stato maggiore sabaudo…
Vecchio
Mugghia,d’intorno al narrator,la piazza
come il mar, se lo assalga un grande vento:
pronta s’aderge, in un lampeggiamento
d’amor,l’anima invitta della Razza.
Si levano,ondeggiando,mille braccia,
spinte da l’odio: soffia in ogni vena
la passione il suo rosso uragano.
Giuran le mani, tese a la minaccia
mentre su l’alto torrion pisano
appar l’insegna candida e serena.
Batte, il labaro nel vento che vien su dal mare,
rosso - crociato il candido vessillo,
e un’ala bianca, cui abbia un sigillo
di sangue posto un forte volo, pare.
Quattro mori. E salvando,o madre, il Lare
tuo,fermasti, col cuore di Camillo,
de gli Arabi il destino secolare.
Taque per sempre il lor guerriero squillo!
Croce vermiglia. Il sangue tuo migliore,
Madre, ripete s’un candor d’argento
volle il divin Simbol che perdona.
Nel 1923 diventa popolare a Cagliari con una rappresentazione teatrale in tre atti: “Sardi alla Mola”. Questa tragedia fu rappresentata la
prima volta in Cagliari nel teatro civico il dicembre 1923 dalla Compagnia Drammatica Italiana Stabile Sarda. Il Direttore estetico era Anton
Giulio Bragaglia; Direttore artistico Ettore Berti, Capocomico Nino Meloni. Il dramma fu pubblicato dalla Casa editrice IL NURAGHE - Cagliari
- nel 1923. L’ispirazione è data da un fatto realmente accaduto verso la fine del 1700, quando un gruppo di 158 antiochensi venne fatto prigioniero dai saraceni. Il dramma ha molto successo e viene replicato varie volte. Nel 1928 è promosso direttore generale della sede di Bologna.
Ma nel 1933 chiede di abbandonare quella sede per incompatibili complicazioni di natura politica. Nel 1934 rassegna le dimissioni e rientra
in Sardegna, collocato a riposo anzitempo, preferendo questa soluzione alla direzione di una banca negli Stati Uniti. I coniugi Susini si dividono quindi tra l’abitazione di Cagliari e quella di Sant’Antioco. Ma la sua isola natia è cambiata. Gli sconvolgimenti edilizi e ambientali dovuti al regime fascista sconvolgono il Susini: Sant’Antioco, il ridente villaggio adagiato sulla collina che lambisce il mare azzurro è diventato un
cantiere di incessante attività. E al Susini, confinato politico nel suo paese natio, non resta che guardare un po’ scettico tutto quel fervore di
lavori. Si dedica così alle sue amate letture, al comporre versi, al dipingere. Ma ecco che arriva la tragedia: il 23 novembre del 1937 muore la
moglie Rosina. Colei con cui aveva condiviso le gioie, i dolori, la sua musa ispiratrice non c’è più. Da questo lutto nasce la sua ultima produzione, “Sunt Lacrymae”, stampato nella tipografia Ledda di Cagliari, con un’incisione di Felice Melis Marini. Siamo nel 1938.
Da Sunt lacymae:
Entrata é la morte
Ne la mia casa; ed ora ch’essa è sgombra
da l’ombra
gelida e nera che l’aveva invasa
non vi ritrovo più la moglie mia.
Dunque, per lei, per lei, essa è venuta,
per portar via
la mia vita e lasciarmi vivo,
a piangere un gran pianto,
un’angoscia infinita.
E venuta la morte
e me non ha voluto.
Non aveva potuto separarci nessuno!
Ed or son solo, avvolto di sciagura,
e quel buio è nel cuor, che si dispera,
sperduto
nell’orrida bufera,
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che sale da l’abisso, con ululi lunghi
di famelico lupo.
Ho paura….
E ancora:
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…Dormi.
Ti mormora il mare
L’insonne sua nenia, e il vento,
in un lene blandimento,
ti vuole,o cara, cullare;....
———————————————
...ha piovuto: è sottile l’aria.
Poco via vai lungo le strade: il focolare
or raccoglie a sé intorno anche i lontani.
E debbo rincasare! O labbra care
che mi sorridevate, o sovrumani
occhi! Non c’è più nulla. E’ spento il fuoco.
———————————————————————Mattino azzurro e biondo.
Andiam,sotto la scorta
del desìo, con giocondo
cuor,andiam,non importa
dove, ma insieme,in riva
al mare,ai verdi seni
de i monti, come allora
che mi eri a fianco,viva.
Solo, non posso: vieni,
accompagnami ancor
——————————————————————
Stasera sono per la prima volta
uscito, dopo l’orrida sciagura.
E’ la vigilia di Natale, e molta
strage d’agnelli l’ha pagata a usura.
Ma la festa è civile – ognun lo giura –
E buono è il Dio, che la preghiera avvolta
di sangue accoglie e il gemer non ascolta
de le bestie che l’uom sgozza e tortura.
Ha piovuto; è sottile l’aria. Poco
via vai lungo le strade: il focolare
or raccoglie a sé intorno anche i lontani.
E debbo rincasare! O labbra care
che mi sorridevate, o sovrumani
occhi! Non c’è più nulla. E spento è il fuoco.
Questa ultima produzione è interamente dedicata alla memoria
della moglie, ma soprattutto al suo immenso dolore. Un dolore che
lo dilania, gli fa perdere quasi lo stimolo creativo, ma gli apre anche
l’animo, mette a nudo il suo cuore e le sue paure di uomo solo... ho
paura... dice nel verso finale della poesia Entrata è la morte. E non
è facile, di solito, fare un’ammissione del genere per un uomo, figuriamoci poi per un uomo di quei tempi!!
Dopo l’armistizio del 1943 regge il Comune di Sant’Antioco
come primo sindaco democratico. Nell’ottobre del 1944, una sommossa popolare, mette fine alla sua carriera di sindaco. Resta dunque appena un anno alla guida del comune, e se l’esperienza politica fu solo una spiacevole avventura da dimenticare, non lo fu dal
lato sentimentale. Nasce una relazione platonica con una ragazza
più giovane di lui che gli risveglia il cuore, ispirandogli ardenti poesie, datate tra il novembre 1944 e l’agosto 1947. La vita riprende a
sorridergli. Queste poesie rappresentano un caso singolare perché
le scrive non solo in italiano ma anche in sardo, tornando alla sua
antica passione. Infatti i suoi primi versi - datati 1906 - sono in lingua sarda e, per la letteratura sarda, aveva curato il primo volumetto di una collana di Carta Raspi su Luca Cubeddu, frate nato a
Pattada il 16/04/1749, autore di favole morali.
Ma tra la ragazza e il poeta il divario cronologico è insormontabile, e l’amore finisce senza drammi…
Da questo amore nasce la poesia
Appena t’happu bistu
M’e partu,appena t’happu bistu, o cara,
che si fessir’oberta una ventana
facci a su mari, e intra un’alba clara
fazzessiri po mei, fragranti e sana:
alba de maiu serena, allirgara
de cactus de pillonis: sovrumana
luxi de argentu, chi sumbra, ch’intrara
fiar’in s’anima, ha fattu andai lontana….
Finita l’esperienza politica e i palpiti amorosi per la giovane, Susini
continua a comporre, anche se di nascosto. Ogni personaggio caratteristico, ogni avvenimento degno di nota lo sprona a comporre versi
di cui fa dono ad amici ed ammiratori. Siamo negli anni ’40 e lo scenario politico è in fermento. Nel paese nasce
il movimento sociale italiano, l’effige del Duce è
impressa nelle case più
monumentali. Il Susini
non resta muto innanzi a
questo alveare di operosità politica e comporrà
delle poesie sature di
humor ed ilarità, che
verranno diffuse attraverso i canali invisibili
delle amicizie e delle
conoscenze. Ma non tardano ad arrivare alle
orecchie degli ispiratori:
e il poeta sarà investito
Conforto
da odio,diffamazione,
sarà accusato di follia. Stefano Susini trascorrerà la vecchiaia nella
solitudine più amara: messo al bando dai suoi stessi concittadini!
Muore il 17 Giugno 1962, lasciando tutti i suoi beni terreni alla
domestica Lucia Pau, allevata come una figlia dall’età di dieci anni.
È stata Lucia a restare accanto al poeta nei momenti più cupi della
sua esistenza, ad alleviarne le pene, a curarlo nella vecchiaia. Ne è
stata la figlia adottiva e ne è diventata l’erede universale. Solo l’amore per il suo padrone, la riconoscenza verso questo padre adottivo
può spiegare il fatto che abbia preservato dalla distruzione e dalla
perdita tutto il lavoro del Susini, conservando tutte le opere in una
scatola di cartone,legato con un semplice spago!
Ad un poeta inesplorato: Stefano Susini
“La mia scelta”:
Da Gli Inediti di Stefano Susini
2° Poesia
Non Ancora
Talvolta mi passa vicina:
con ala leggera mi sfiora
il cuore, che fermasi,allora,
temendo l’adunca rapina.
Un attimo. Il sol si raccende,
riapre il mio cielo ogni fiore
turchino. È passata. Ed il cuore,
scampato, a pulsare riprende.
Per quando? No, aspetta! Ho bisogno
Ancor de i miei palpiti umani,
ma sol per ghermire il bel sogno,
cui tendonsi l’avide mani.
Ninna-nanna al figlio che non è venuto.
…….bimbo, ti cullo e ti ninno:
dormi, non sbocciato fiore,
dormi ne l’onda del cuore,
come inesprimibile inno..
Bimbo, ti cullo e ti ninno.
Dormi: m’avrai sempre accanto:
troppo soave è l’incanto
che sorge dal tuo giaciglio.
Dormi, non venuto figlio,
la ninna nanna ti canto.
Crepuscolo in Sardegna
Quando dentro le sue caverne il sole
S’è già rinchiuso, quando la cintura
fiammea de l’orizzonte si fa scura
E piovono dal vespro le viole;
tuffandosi ne l’ombra, che redole
di cisto e mirto e tutto copre e oscura,
per fonde valli e per anguste gole
scende lenta la greggia a la pianura.
Una mistica nenia di campani
addorme in tinnir placido ogni voce,
tranne l’insonne ampio brusio de i piani.
E, a un tratto, un cuor, nel flauto del pastore,
canta un amor che ogni fibra gli cuoce,
un immortale disperato amore.
Dramma
Quando su la protesa anima spira
L’alito creatore de l’Iddio,
da le profonde sue radici il mio
esser trasale come a tocco lira
Trepide, allor de l’uman desio
Gorgone
Che a franger tende ogni terrena spira,
salgon le strofe, in uno sfolgorio
di sole, dal mio cuore che delira.
Ma, spenta appenal’incantata fiamma,
tona a me la tristezza e mi desola,
perché l’ali, ch’io vidi alte nel volo,
or, grevi e lente,strisciano sul suolo,
si rompe il cuore contro la parola,
poeta,e invano canti: ecco il tuo dramma.
La testa della Gorgone
La testa temuta,più bella ora esangue,
di fascino umano si schiara;
il viso albeggia com’ara
di marmo coperta di gigli;
fuggito è il potere de i cigli
da l’ampia ferita, col sangue.
Tra i crini, ogni serpe ribellasi al fato,
guizza, s’attorce violento;
poi, vinto, si placa al groviglio
e snodasi, lento;
il sibilo disperato
s’attenua e spira il bisbiglio.
È un canto sommesso di morte,
d’un infinito accoramento;
prima di scender nel nulla;
piangon le bisce la sorte
de la sventurata fanciulla,
cui fu vietato l’amore.
La melodia del dolore
con dolce murmore culla
quella desolata agonia.
Ode la testa l’improvviso
commosso canto,
che la ninna nanna materna
le ricorda e l’aureo sorriso
d’una soave lucerna.
Da la triste pupilla
si dissigilla
e scende amarissimo il pianto.
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Ad un poeta inesplorato: Stefano Susini
Concludo il mio viaggio, nel mondo di Stefano Susini, con questo inno alla sua isola natia, tanto amata e tanto odiata.
All’isoletta natia
Tanto il cuor t’amava, che anche volle
Tornassi a te, isola un dì sì cara:
bianco villaggio, che dal dolce colle
scendi al mar, come nave che si vara.
Ma al mio amor, puro come acqua di polle,
crudele fosti, non soltanto amara;
e mentre io fior’chiedevo alle tue zolle,
tu le aprivi a nascondervi una bara.
Così mi hai tolto la compagnia mia;
ed io non ho quella virtù che il cuore
lascia a chi pur lo scisse ad agonia.
Per cui l’anima mia non ha più canti
Per te e la promessa antica muore
O isola, annegata nel mio pianto.
“Tutte le opere pittoriche pubblicate in questo articolo sono
state eseguite dal poeta Stefano Susini.”
OPERE DI STEFANO SUSINI PUBBLICATE IN VITA
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Intrepidi sardi
Ode alla Brigata Sassari (151°/152° reggimento fanteria) Novembre 1915 - seguita da
una canzone libera intitolata Compito assolto (a tutti i sardi che hanno combattuto)
Marzo 1919 - edite a cura dell’Associazione Nazionale fra mutilati e invalidi di
guerra: sez. di Cagliari
Cagliari - Stabilimento tipografico G.Serreli e figlio - 1919
Germinale sardo
Copertina di Francesco Ciusa; Prefazione di Gavino Gabriel; Illustrazioni di
Melkiorre Melis
Arti grafiche F.lli Palombi - Roma 1921
Sardi alla mola
Tragedia in tre atti
Casa editrice IL NURAGHE - Cagliasi - 1923
Ha curato per Le Edizioni della Fondazione il Nuraghe Cagliari i primi (e unici,
perché la Casa editrice fu soppressa dal fascismo) due fascicoli de “Le più belle poesie dialettali sarde”
Luca Cubeddu , Paolo Mossa (1925)
I Canti del Nomade ( 1918- I922)
Copertina di Stanis Dessì; R. Bemporad e figlio Editori Firenze - 1928
Sunt Lacrymae
Compianto in morte della moglie Rosina Pateri
XXIII Novembre MCMXXXVII
Prem. Tipografia G. LEDDA- Succ - Cagliari 1938
Corpus susiniano
Volumi pubblicati postumi
Una voce del passato: Gli Inediti di Stefano Susini
1° Volume - La marcia su Roma (1°Poesia ) - Celebrità non collaudate (1°Teatro)
BERONICE ed. dic. 2001 pagg. 128 £ 5
2° Volume - 2° Poesia - Quando l’anima si dà
BERONICE ed.- marzo 2002 pagg. 182 £ 5
3° Volume - 2° Teatro - La moglie di Putifar - Salomé.
BERONICE ed. luglio 2002 pagg. 155 illustrato £ 7
4° Volume - 3° Teatro - La Rondine.
BERONICE ed. giugno 2003 pagg. 64 £ 3
5° Volume - Prosa. - Il quinto evangelo.
BERONICE ed. luglio 2003 pagg. 62 £ 2
6° Volume - 4° Teatro - Magiche Janas - Nausicaa
BERONICE ed. nov. 2004 pagg. 212 £ 5
INEDITI DA PUBBLICARE
Poesia - Le ore musicali - Ei la incontrò; Cummenti d’appu bista…
1° volume de Gli Inediti di Stefano Susini
1° Poesia - La marcia su Roma (Carnet di marcia) versi dal 1930 al 13 ottobre 1943
Settembre 1923 - BERONICE ed. Stampa dic. 2001. pagg. 128 £ 5
2°volume de Gli Inediti di Stefano Susini
2° Poesia stampato da BERONICE ed. nel marzo 2002 di pagine182 illustrato £5
Traduzioni
Le bucoliche in Pamphilia di Pierre Louis
Le poesie di Ronsard, Gautier, Baudelaire
Liriche francesi
Produzione teatrale
Teatro - Frine
1°Teatro - Celebrità non collaudate
3°vol. Inediti Susini
2° Teatro - La moglie di Putifar - Salomè
Beronice. Ed .- Luglio 2002 - pag. 155 Illustrazioni della Casa Museo e del Circolo culturale di via Garibaldi 5 - Euro 10
4° vol. Inediti Susini
3° teatro - La Rondine ;Dramma in tre atti (14 settembre 1924).
Stampa BERONICE Ed. S. Antioco - giugno 2003.
Pagg. 64 Prezzo 3£
5° vol. Inediti Susini - Il Quinto Evangelo.
Beronice ed. Luglio 2003
Pag.62 Euro 2
6°vol. Inediti Susini
4° Teatro - Magiche Janas - Nausicaa
Beronice ed. nov. 2004
pagg 212 £ 5
BIBLIOGRAFIA
UN POETA, UNA STORIA
Alla riscoperta di Stefano Susini. Florilegio Susiniano
Di Gian Paolo Piras. Ed. Sardalito. Febbraio 1985
Una voce del passato
2° Volume - 2° Poesia
Quando l’anima si dà
BERONICE ed.- marzo 2002 pagg. 182 £ 5
Di Gian Paolo Piras
Sunt Lacrymae
Compianto in morte della moglie Rosina Pateri
XXIII Novembre MCMXXXVII
Prem. Tipografia G. LEDDA- Succ - Cagliari 1938
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Stefano Susini (Rossella Bombasaro)