ISTITUTO COMPRENSIVO “ACHILLE BOROLI” PRESENTAZIONE DEL PROGETTO CATHEDRA DI PSY NOVARA, 7 NOVEMBRE 2015 INTRODUZIONE A CURA DEL PROF. EUGENIO BORGNA La prima considerazione doverosa è il sottolineare come tra la psichiatria e la pedagogia vi sia una relazione profonda e come la prima presenti due percorsi ben distinti. Esiste una psichiatria che affronta le problematiche in modo farmacologico ed una incentrata sul soggetto, maggiormente tesa verso un orizzonte relazionale che investa il rapporto tra genitori, personale educativo e giovani. In questa prospettiva si pone l’alleanza tra psichiatria e pedagogia che operano con una tenacia che ha il sapore leopardiano dell’illusione della speranza. La psichiatria propone la riflessione sulla sofferenza del bambino e le forme in cui essa si esprime, fatte di negatività e malattia (per esempio ansia o inquietudine). Oggi a tale forma di sofferenza si risponde con la somministrazione di farmaci, anche ai bambini. Ma questa non sempre può essere la risposta adeguata, occorre piuttosto entrare in dialogo con i bambini, riflettere su quali parole scegliere per comunicare, sforzarsi di ascoltarle e interpretarle perché esse cambiano al di là del loro significato sintattico o grammaticale ed assumono significati diversi a seconda dello stato d’animo con cui vengono ascoltate. La sofferenza del bambino ingenera in lui un rallentamento nell’acquisizione delle conoscenze, perciò dobbiamo rivolgere a questa sofferenza uno sguardo attento a cogliere le oscillazioni del suo stesso sguardo. Necessaria è anche la riflessione su chi siamo noi e quello che sono gli altri, nella relazione continua e attenta con il bambino. Occorre, altresì, sforzarsi di non rimanere prigionieri nella corazza della propria identità che ci impedisce di andare al di là della sofferenza e, a questo proposito, sono illuminanti le parole di Simone Weil che ha colto il mistero della vita e del dolore e ci aiuta a riflettere su quello insondabile dell’amore. “Anche se questa immensa fabbrica offrisse le più straordinarie meraviglie e non costasse che una sola lacrima di un solo bambino, io non l’accetterei.” ( Discorso di Ivan nei fratelli Karamazov, Dostoevskij, V,4. Cfr. Quaderni II, 232-233) “Aderisco completamente a questo sentimento. Nessun motivo, di qualsivoglia genere, che mi venga offerto per compensare una lacrima di un bambino, può farmi accettare questa lacrima. Nessuno, assolutamente nessuno che l’intelligenza possa concepire. Uno solo, ma intelligibile unicamente all’amore soprannaturale: Dio l’ha voluto. E per questo motivo, accetterei un mondo che fosse solo male e le cui conseguenze fossero solo cattive, così come una lacrima di un bambino”. (Simone Weil) INTRODUZIONE PROF. GIUSEPPE BERTAGNA Il percorso progettuale muove da una premessa che si articola in tre aspetti volti a porre in relazione le competenze della psicologia, sociologia e pedagogia grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Scienze Umane e delle prof.sse Fantoli e Casaschi. Il lavoro, che da oggi inizia a muovere i primi passi, si concretizzerà in un libretto sperimentale, occasione e motivo per la continuità del dialogo avviato. Il progetto parte dall’elaborazione di tre idee principali e la prima trae ispirazione dalle riflessioni di San Tommaso secondo il quale la persona non è che abbia relazioni, ma è essa stessa relazione e legami. Il legame è ciò che esiste tra chi ascolta e chi parla ed esso esiste a tanti livelli diversi: legame tra istituzioni, tra docenti e docenti, docenti e alunni, docenti e famiglie… Se viene meno il legame, viene meno la persona ed è per questo che la pratica del legame sta alla base della comunicazione educativa. Se si rompe il legame, viene meno la relazione educativa ed è quindi essenziale saper costruire “ponti”. La seconda idea si riferisce a Irnerio, il fondatore dell’Università di Bologna: il docente è colui che insegna apprendendo e apprende insegnando. Il docente è colui che insegna e impara dallo sguardo di chi ha davanti; se egli insegna senza questa dimensione non è un insegnante. Noi possiamo apprendere solo ciò che riusciamo a insegnare in modo concettuale ed esemplare, attraverso l’unità di parola e testimonianza. Gli insegnanti possono testimoniare ciò che insegnano e apprendono. Non è l’insegnante che fa apprendere conoscenze all’alunno, ma è quest’ultimo che apprende perché vuole farlo, in quanto la testimonianza di ciò che il docente insegna e apprende lo rende responsabile. L’insegnamento non si basa su teorie inoculatorie, quasi che le conoscenze fossero farmaci da iniettare; infatti il sapere non si inocula ma si costruisce attraverso la circolarità dell’insegnamento-apprendimento. La terza idea si fonda sul rapporto tra la sociologia, la psicologia e la pedagogia, discipline diverse, atte a cogliere i molteplici aspetti della realtà e che concorrono insieme ad arrivare ad una dimensione unitaria. La psicologia e la sociologia hanno una base descrittiva, vogliono capire come stanno le cose, guardano e raccolgono esperienze e parole da cui ricavano teorie, che divengono predittive, e spiegazioni. Lo sguardo della pedagogia è diverso da quello delle altre due discipline; esso infatti presuppone che sia stata fatta un’esplorazione dell’argomento da cui sono state tratte le teorie predittive. La pedagogia parte dalla teoria e vede fino a che punto vi si possono adattare i singoli casi poichè le teorie servono a capire meglio le situazioni simili. Per ciascuno di noi non valgono le teorie della sociologia e della psicologia. Compito della pedagogia è di scoprire in quali circostanze il caso simile non è riconducibile ad una diagnosi….. La pedagogia ha implicazioni con la decisione morale ed etica, deve mettersi in gioco e, fatalmente, a volte sbaglia. Non c’è un’educazione uguale per tutti, ma proprio perché è per ciascuno di noi, è fondamentale il legame: il legame dell’alunno che insegna. INTRODUZIONE DELLA PROF.SSA MARIA GIOVANNA FANTOLI L’elemento più importante per educare è l’amore: amore per lo studio, per il proprio lavoro, i propri alunni, colleghi. Pur apparendo banale, l’amore è l’aspetto più importante e da riempire di contenuti e significati. Per questo, durante i prossimi incontri, il pomeriggio sarà dedicato alla condivisione del lavoro di insegnanti e genitori. Prima di avviare questa attività, appare opportuna la riflessione sul nome del progetto : “Cathedra di Psy”. Cathedra è propriamente il luogo dell’autorevolezza per la professione docente. Non è solo luogo fisico ma, soprattutto, di relazione e condivisione, luogo delle problematiche umane, luogo dove siamo autorevoli gli uni per gli altri. Ma è anche il luogo dove ci si dà in dono agli altri. Occasione di riflessione, oggi 7 novembre, diventa il più importante romanzo pedagogico che inizia il 7 novembre di un lontano 1628, “I Promessi Sposi”. Si parte dalla data (inizio del romanzo) e si va al finale: “Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta piú cauta e piú innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.” (Promessi sposi- cap. XXXVIII) Renzo e Lucia sono l’uno per l’altro il luogo autorevole che li ha educati e da cui si sono lasciati educare. I due giovani si sono reciprocamente educati, pertanto sono in grado di educare. Ma, nel contempo, sono stati educati dalle esperienze che hanno vissuto e dalla fiducia nella Provvidenza, perciò sono diventati capaci di generare. Renzo e Lucia diventano capaci di generare uomini di grande profonda umanità e accoglienza. Ogni autentica relazione è fatta di accoglienza, l’educazione stessa è per l’accoglienza. La pratica didattica è segnata profondamente dalla fatica che, tuttavia, va valorizzata così come devono esserlo le difficoltà di docenti, alunni e famiglie. Ma fatica e difficoltà sono l’humus da cui far generare i frutti migliori, proprio come è accaduto a Renzo e Lucia che hanno saputo realizzare pienamente il loro compito educativo. Il docente educa insegnando con un’intensità che deriva dal modo in cui si vive la propria umanità. Accogliamo la fatica del lavoro e la rinuncia del tempo libero perché abbiamo bisogno di aiutarci e di essere aiutati. La persona, messa al centro, realizza le opere migliori. Sintesi a cura dei proff. Giuseppe Giarrusso e Grazia Varnavà