AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA • INTRODUZIONE La pedagogia è una disciplina che riguarda lo studio dell’educazione. Esistono diversi concetti di educazione: - Educazione familiare: azione consapevole o inconsapevole con cui la famiglia introduce i nuovi nati alla vita familiare, alle sue abitudini, alle sue regole, al linguaggio che si usa in essa, ai suoi concetti morali, alle sue credenze; - Educazione scolastica: attività intenzionale specifica che riguarda materie che è difficile apprendere altrimenti, fuori di un’istituzione specializzata; - Educazione permanente: un individuo non smette mai di fare nuove esperienze finchè ha respiro. Apprendimento: aspetto dell’educazione per l’educando Comunicazione: aspetto che ha l’educazione per l’educatore • CAPITOLO 1: L’EDUCAZIONE COME APPRENDIMENTO Teoria comportamentista: l’apprendimento viene considerato solo nei limiti di osservazione degli stimoli e delle risposte che determinavano. Il cervello è una scatola nera inconoscibile. Teorie cognitiviste: fanno delle ipotesi sul funzionamento della mente cercandone l’analogia con le menti artificiali. L’apprendimento è il risultato di una elaborazione delle informazioni (human information processing) Teorie costruttiviste: la mente umana apprende in base a ciò che già sa: ogni nuova informazione che giunge alla mente incontra in essa sistemi di informazioni che abbiamo già e viene accolta in essi se assume significati coerenti con le informazioni già esistenti. Definizione di apprendimento per Dewey: l’apprendimento è la costante riorganizzazione della nostra esperienza. Apprendimento e memoria: non ci può essere apprendimento senza memoria. La memoria viene distinta in: - memoria a breve termine - memoria a lungo termine - memoria di lavoro, che comprende tutte le abilità apprese e impiegate per svolgere l’attività mentale. Solitamente se ci troviamo a dover risolvere un problema, i tentativi che hanno successo ci procurano gratificazione, quelli che hanno insuccesso frustrazione. Le emozioni quindi hanno un ruolo fondamentale nell’apprendimento. Perché si apprende? La motivazione fondamentale dell’apprendimento è la sopravvivenza. L’apprendimento consiste nel ricordare e ripetere in ogni occasione le scelte giuste, utili alla sopravvivenza e gratificanti dal punto di vista emotivo. Libertà dell’educando La libertà può essere considerata sia come spontaneità, nel senso che ogni essere umano è capace di agire secondo motivazioni proprie; che come capacità di scelta. OPS: la principale Web Community italiana per studenti, laureandi e laureati in psicologia Articoli, forum di discussione tematici, libreria specializzata, opportunità di stage e lavoro, banca dati curriculum, corsi di formazione, archivio tesi di laurea e molto altro ancora… Visita la Community all’indirizzo www.opsonline.it - AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA - L’apprendimento nasce sempre da scelte spontanee. L’emotività L’apprendimento ha come componente fondamentale una motivazione, che nasce nel sistema libico (area profonda del cervello sede dei sentimenti e delle emozioni), ed è un processo in cui si susseguono frustrazioni e gratificazioni, che hanno la stessa origine. Motivazione, frustrazione e gratificazione sono però emozioni comuni all’uomo e agli animali. Esiste un livello di interazione tra emotività e apprendimento che è proprio della specie umana e riguarda la personalità, i ricordi, le credenze, gli ideali, un complesso che controlla ogni nuova esperienza (apprendimento) con reazioni in primo luogo emotive. Di solito nuove credenze, nuovi ideali, nuove idee, vengono apprese solo se non compromettono altre credenze, ideali, idee. Dewey: “l’apprendimento è effettivo quando «la conoscenza diventa carattere», ossia quando essa diventa una convinzione e quindi orienta le nostre azioni”. “Buona” educazione Per ogni essere umano l’apprendimento “buono” è quello che consente di integrarsi nell’ambiente fisico e sociale in cui nasce. • CAPITOLO 2: L’EDUCAZIONE COME COMUNICAZIONE Il mezzo principale di comunicazione è il linguaggio. Il processo comunicativo è formato da messaggi che passano da un emittente (insegnante) ad un ricevente (allievo), attraverso un canale (insieme di apparato vocale, apparato uditivo e aria). Concetti Æ Parole = Codifica Il messaggio dell’insegnante si dice che è passato agli allievi quando questi, decodificandolo, sono in grado di ricostruire i concetti che l’insegnante aveva codificato. Questo presuppone che l’insegnante spieghi agli alunni i concetti che sono a monte, se questi non ne conoscono il significato. Un modo di insegnare il significato di una parola è mostrare l’oggetto a cui si riferisce. In questo modo i bambini apprendono il nome degli oggetti. Nei casi in cui manchino gli oggetti da mostrare, o in cui sia difficile mostrare le azioni di cui si parla, diventano importanti gli audiovisivi. Bruner distingue tre modi di ottenere l’apprendimento: - operativo: si impara qualcosa facendola, soprattutto se l’insegnante ci mostra “come si fa” - iconico: si impara cos’è un’azione o un oggetto guardandone un’immagine - simbolico: si impara ascoltando le parole E’ fondamentale la competenza linguistica dell’insegnante, che va cmq commisurata alle competenze linguistiche dei suoi allievi. Le difficoltà comunicative si possono verificare sia nel momento in cui l’insegnante codifica le sue idee, sia quando il messaggio viene emesso o quando viene recepito. Si parla in questo caso di “rumore sul canale”, che può derivare da veri e propri rumori esterni o da difficoltà all’interno della classe stessa (distrazione, mancanza di interesse, difficoltà di comprensione, stanchezza, antipatia nei confronti dell’insegnante, rifiuto di accettare determinate idee ecc…) Una volta trasmesso il messaggio deve essere poi decodificato, e sappiamo che ogni essere umano può accogliere concetti nuovi solo quando questi richiamino alla mente concetti già esistenti. Non si può sapere quindi cosa l’insegnante ha ottenuto con la sua comunicazione, perché l’idea che l’allievo si è creato trasformando i concetti che ha recepito è una sua produzione personale. E’ per questo che sono state inventate le interrogazioni, che interessano all’insegnante per verificare il rendimento dei suoi allievi, e dovrebbero interessare all’allievo stesso per verificare se ha capito, se ha recepito il messaggio nel modo giusto. In una situazione ideale, ogni alunno dovrebbe poter instaurare un dialogo con il proprio insegnante -2- - AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA - e con i propri compagni, così da avere un’ottimizzazione dell’apprendimento ed anche un qualcosa di più, che viene chiamato comunemente cultura della classe. La differenza di quanto detto con la comunicazione scritta, sta nel fatto che l’allievo non può comunicare con l’autore e quindi instaurare un dialogo. Uno dei compiti fondamentali dell’insegnante è perciò quello di aiutare l’alunno a comprendere i messaggi dei libri. • CAPITOLO 3: RAPPORTO E PROCESSO EDUCATIVO All’inizio si poneva l’attenzione solo sull’insegnante e sulla sua azione educativa (vedi De Magistero di Sant’Agostino e di San Tommaso). Con il tempo, nonostante nella scuola l’alunno continuasse ad essere considerato l’oggetto dell’azione educativa del maestro, l’attenzione degli studiosi si è rivolta sempre di più verso la natura del bambino. Con Russeau, l’educando passa al centro del rapporto educativo realizzando quella che fu chiamata la rivoluzione copernicana in pedagogia. Si svilupparono quindi teorie “puerocentriche”. In Italia, la pedagogia di Gentile manteneva posizioni più equilibrate: il rapporto educativo era concepito come “l’incontro di due anime” alla pari. Anche negli Stati Uniti la pedagogia di Dewey evitava il puerocentrismo sostenendo che il maestro e l’allievo sono tali solo nell’ambito del rapporto educativo, mentre al di fuori di esso sono solo un uomo (o una donna) e un bambino (o una bambina). Oggi si considera “educando” ogni essere umano che dispone di un processo di apprendimento per soddisfare la sua esigenza di integrarsi nel mondo e ricavare da esso risorse per la propria esistenza, ed ha bisogno di essere guidato da qualcuno che abbia già fatto la propria esperienza. Autorità vs Libertà Un bambino piccolo nei primi anni non ha nemmeno tanto bisogno di un educatore in quanto è impegnato in un’esperienza globale del mondo. Ha bisogno però di aiuto per imparare a camminare, per mangiare, per imparare a parlare ecc. In questa situazione il bambino realizza la sua condizione di libertà, intesa come motivazione e scelta: è motivato ad apprendere e sceglie quello che gli va di apprendere. Altre cose che sono necessarie (come la discriminazione tra il bene e il male, l’obbedienza ecc.), non sono piacevoli da imparare e a questo punto il rapporto educativo si configura come conflittuale, tra la libertà del bambinoeducando e l’autorità del genitore-educatore. Questa conflittualità si ripresenta allo stesso modo anche nella scuola. La libertà degli allievi non dovrebbe mai essere compromessa, ma valorizzata dall’autorità del maestro; l’allievo dovrebbe ritrovare nelle attività scolastiche i propri interessi, così da interiorizzarne gli obiettivi. In passato la scuola era un istituzione borghese aperta solo ad una determinata fetta della società. Da quando è stata aperta a tutti, è diventata una scuola di massa. L’unico modo per integrare gli interessi dei ragazzi con gli interessi culturali sarebbe per l’insegnante quello di diventare partecipe della società in cui essi vivono, con i suoi valori. In una scuola di massa questo è diventato impossibile, tanto più quanto aumenta il livello di età in quanto l’allievo più grande è meno plasmabile. Per alcuni ragazzi, provenienti da classi più disagiate della società, l’espressione dell’autorità è la violenza e quindi la personalità culturale del docente ha scarsa presa su di loro. Le teorie pedagogiche descritte coincidono con la realtà solo quando si parla di educazione naturale, ma l’educazione scolastica se ne discosta molto. C’è da dire però che anche la scuola è un ambiente sociale, che ci porta a fare una serie di esperienze che vanno al di là delle lezioni, e che contribuiscono alla formazione della personalità (curricolo nascosto). In modo particolare nella scuola dell’adolescenza, il basarsi sugli interessi degli allievi appare agli insegnanti come un’eccessiva facilitazione, mentre essi considerano l’istruzione un qualcosa che richiede impegno. Questo è ovviamente vero ma è pur vero che quando qualcosa ci piace e ci interessa ci impegniamo in misura maggiore. Dewey sosteneva infatti che l’apprendimento è davvero tale quando è sentito, quando diventa carattere. Per l’insegnante però la via più breve è sempre quella dell’autorità imposta: la disciplina è una forzatura della volontà dell’allievo, e i mezzi per ottenerla sono premi e castighi. Un apprendimento ottenuto con premi e castighi è motivato da essi, quindi l’interesse degli allievi si sposta verso l’ottenimento dei premi e l’evitamento dei castighi, il che può essere ottenuto imparando un manuale o spesso fingendo di -3- - AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA - averlo imparato. Molti lo fanno per forza, altri addirittura accettano di sottomettersi all’autorità (secchioni). Dalla scuola concepita in questo modo escono persone che hanno imparato a memorizzare i contenuti culturali imposti, ma il risultato di questo è la formazione di una personalità conformista e autoritaria: sottomesso all’autorità fin quando è necessario, e desideroso di esercitarla sugli altri appena possibile. L’obiettivo di queste persone sarà quello di coltivare un’abilità, un ideale per servirsene come strumenti di potere, che verranno prontamente cambiati se ci saranno altre abilità e altre ideologie che servano allo scopo. Il risultato migliore sarà un intellettuale conformista e ipocrita quanto basta per mantenere il potere. Tutti gli altri allievi diventeranno dei “furbi” impegnati ad arrangiarsi al servizio dei primi. • CAPITOLO 4: EDUCAZIONE, SCUOLA E SOCIETA’ L’educazione è un processo naturale solo quando si parla di educazione familiare. Con lo sviluppo delle società però si è accumulato un patrimonio culturale troppo ampio per essere trasmesso dalle famiglie e si è reso necessario affidarlo ad un’istituzione, la scuola. “La scuola è un’istituzione propria di ogni società giunta ad un certo grado di civiltà che si senta obbligata a perpetuare i propri ideali, costumi, valori da una generazione all’altra.” Spesso la scuola è stata istituita non dall’intera società ma da una comunità con propri interessi culturali. In Occidente è stata la Chiesa che ha poi messo a disposizione dello Stato le sue scuole, senza perderne il controllo. Con la secolarizzazione è stato tolto il monopolio della scuola alla Chiesa, in quanto fu eliminata la supremazia del potere spirituale su quello temporale. Lo Stato iniziò così a fondare le sue scuole. Quando la Rivoluzione Francese eliminò anche la monarchia a favore di una repubblica basata sulla libertà e sull’eguaglianza, vennero alla luce anche le scuole di Stato popolari, accanto a quelle borghesi. La scuola assume quindi un ruolo di promozione culturale in uno stato democratico e laico. Il fine del processo educativo Una scuola può proporsi di trasmettere ai suoi alunni i contenuti più diversi, che dipendono dalla società e dal momento storico. In generale, la scuola può perseguire due fini: educare per la verità (Æ chi istituisce la scuola crede di possedere una verità, crede in essa e vuole trasmetterla. Nasce dal presupposto che ogni persona ha bisogno di credere in qlc che possa dare una risposta a quesiti del genere “chi siamo? da dove veniamo? e così via), o educare per la libertà (Æ anche in questo caso ci si pone quel determinato tipo di domande, e l’insegnante deve poter offrire agli alunni delle risposte, ma nessuna di queste viene in questo caso concepita come verità assoluta. Viene data la possibilità agli allievi di confrontare le varie risposte e compiere una scelta personale). Nel primo caso la libertà degli allievi si esplicherà soltanto nella possibilità di interpretare in maniera differente l’unica verità che è stata loro comunicata. Nel secondo caso invece viene data la possibilità di scegliere quale delle riposte possa rappresentare la propria verità. Nella nostra società la prima finalità ha prevalso fin quando la Chiesa ha detenuto il potere e ha trasmesso la propria verità. Dopo la secolarizzazione, la gente ha iniziato a cercare verità alternative. Successivamente i vari regimi politici totalitari hanno voluto trasmettere la loro verità. Attualmente vige la libertà di espressione e di insegnamento per tutte le fedi, non solo religiose, ma le scuole di Stato dovrebbero garantire l’insegnamento di tutte le dottrine in nome del principio di libertà. Nelle scuole di Stato devono essere insegnate tutte le “verità” religiose, politiche, filosofiche, in modo che il ragazzo possa scegliere quale verità si avvicina maggiormente alle proprie esigenze, alla tradizione e all’educazione familiare. Autonomia scolastica Anche se è stata varata recentemente una legge sull’autonomia scolastica, le scuole non saranno mai autonome ad esempio nella scelta dei fini che sono comunque imposti dallo stato. L’autonomia può essere un vantaggio in scuole ben organizzate ed evolute, ma la situazione in Italia è diversa, e infatti l’autonomia sarà sorvegliata e guidata dal ministero. • CAPITOLO 5: SVILUPPI DELL’EDUCAZIONE: L’EDUCAZIONE PERMANENTE In passato il problema dell’analfabetismo era legato alla capacità di esprimere il proprio voto politico con una certa cognizione di causa, quindi nel secolo scorso si iniziò a lottare contro l’analfabetismo attraverso l’educazione degli adulti. La forma più complessa di educazione degli adulti si ebbe nelle comunità -4- - AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA - arretrate delle aree depresse. I finanziamenti che venivano dati a queste comunità non venivano mai utilizzati per l’arricchimento della loro cultura, si moltiplicarono quindi le iniziative di animazione di comunità, con l’intento di stimolarle a migliorare tutti gli aspetti della vita, compresa quindi l’educazione. Ma anche in questi casi, al termine dei progetti realizzati le comunità tornavano quasi sempre al loro stato iniziale. Nacque quindi la necessità di istituire delle agenzie permanenti in grado di assumere in maniera continuata tali iniziative. Per la maggior parte dei casi, tali agenzie nacquero per iniziativa privata. Una forte spinta al cambiamento proveniva dalle lotte sociali e sindacali, le quali quindi fungevano da attività di animazione di comunità. Nei decenni passati l’educazione degli adulti si rivolgeva alle masse popolari le quali dovevano crearsi del tempo libero dal lavoro, il quale veniva impegnato per l’istruzione di base. Oggi invece l’educazione degli adulti deve sfruttare il tempo libero in eccesso attraverso manifestazioni culturali, i convegni, l’educazione alla legalità, alla sicurezza e così via. Il concetto di permanenza dell’aspetto educativo nella società si è rafforzato quando l’azione educativa delle università ha investito la terza età. Gli anziani rivelano generalmente un grande interesse per la cultura, o perché l’ha trascurata durante la vita lavorativa, o perché trae da essa nuovi interessi. L’attenzione deve quindi essere allargata non solo all’educazione scolastica, ma all’intera società. Tutti gli aspetti di quest’educazione sono stati inglobati nella cosiddetta pedagogia sociale. • CAPITOLO 6: DALLA PEDAGOGIA ALLA DIDATTICA Didattica: analisi dell’attività del maestro a partire dalle indicazioni generali sull’educazione e le sue finalità, date dalla pedagogia, da conoscenze di psicologia generale sui processi cognitivi e l’apprendimento, teorie sulla socializzazione alle diverse età, teorie sociologiche relative alla formazione prescolastica e teorie di psicologia sociale che riguardano i rapporti tra gli alunni di una classe. Da tutte queste conoscenze la didattica trae i criteri per formare metodi di insegnamento e per arricchirli con strumenti particolari. Istruzione: Concetto che implica quello di educazione nel senso che ogni istruzione dovrebbe produrre apprendimento rispettando la libertà biopsichica dell’educando. L’istruzione riguarda l’apprendimento di tutto ciò che l’intelligenza umana ha prodotto. Tra l’800 e il ‘900 i metodi di insegnamento si sono ispirati alle prime ricerche sull’età evolutiva. Esempi: metodo di Delcroy fondato sui centri di interesse; metodo del lavoro per gruppi; metodo Montessori che prevedeva l’utilizzo di materiali didattici studiati per favorire l’apprendimento; metodo statunitense basato sulla pedagogia di Dewey che insisteva sulla socializzazione degli allievi. Contro questi metodi insorsero i pedagogisti dell’idealismo di Croce e Gentile. Gli idealisti erano antimaterialisti e antiscientisti e consideravano la scienza di second’ordine rispetto alla filosofia. L’educazione era per loro un’autoformazione dello spirito universale, e non vi era necessaria nessuna tecnica particolare. Giuseppe Lombardo Radice era un insegnante che si rifaceva a questa concezione e la sua teoria didattica faceva leva sulla capacità comunicativa del maestro e sulla sua psicologia personale, attraverso cui riusciva a sollevare interessi e motivazioni negli allievi. Questo clima si portò avanti soprattutto nella scuola elementare fino al dopoguerra. La didattica della prima metà del secolo non fu quindi scientifica ma aveva portato avanti il concetto fondamentale che la motivazione fosse alla base dell’apprendimento. Un particolare metodo di insegnamento fu quello di Freinet, che si propose di sollecitare la cooperazione fra gli alunni attraverso ricerche di gruppo, tesine, relazioni illustrate, che venivano poi stampate e divulgate alle altre classi fra loro in relazione. Gli alunni in questo modo erano responsabili del proprio lavoro e di quello di tutta la classe, si autodisciplinavano e si valutavano reciprocamente, aiutati dal maestro. Più che rivoluzionario per gli alunni, questo metodo era rivoluzionario per gli insegnanti, i quali dovevano applicare le tecniche suggerite da Freinet e confrontarsi con gli altri, instaurando un rapporto cooperativo non solo all’interno della stessa scuola ma con gli insegnanti di altri paesi. In Italia in particolare anche le università entrarono in questo circuito, traendo dalla scuola spunti di riflessione e restituendole gli esiti di tali riflessioni. Il metodo di Freinet conteneva tutti i capisaldi della didattica: motivazione, socializzazione, importanza del fattore emotivo. -5- - AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA - Alla fine degli anni ’50 in Italia ci si pose il problema della soggettività delle valutazioni in uso nella scuola. Esse dovevano essere sostituite con prove oggettive che “misurassero” il rendimento nelle diverse materie, integrandosi poi con valutazioni di carattere morale. In Italia è ancora limitato l’uso dei test. Fino ad allora le differenze nei modi di insegnare le varie materie scolastiche erano dettate dal buon senso e dall’intuito. Solo nella scuola elementare per insegnare a leggere e scrivere si utilizzavano le indicazioni prese dalla psicologia. Vi fu una doppia evoluzione: la pedagogia sperimentale, che proponeva un approfondimento dei processi cognitivi dell’età evolutiva, tentò di individuare quali tecniche di insegnamento potessero essere più efficaci per le varie tematiche culturali a seconda delle età degli allievi; e iniziarono a diffondersi gli studi sullo sviluppo dei processi cognitivi di Piaget e Bruner. Si iniziarono quindi a differenziare i modi di insegnare le varie materie, con l’aiuto soprattutto di esperti (gli epistemologi) che conoscevano i processi mentali necessari. Tutto questo ha portato anche ad un esigenza di organizzare meglio la scuola, programmando nel modo più esatto il tempo limitato degli studi. Curricolo: corso di studi programmato definendo finalità generali e obiettivi specifici. Esso comporta una razionalizzazione del lavoro dell’insegnante e degli alunni. La teoria del curriculo ha individuato gli obiettivi dell’insegnamento, distinguendo i contenuti in funzione delle abilità necessarie, poi li ha distribuiti in unità didattiche. La realizzazione degli obiettivi è verificata con prove di valutazione. Ogni unità didattica dovrebbe prevedere una prova di ingresso in modo tale che gli alunni dimostrino che sono in grado di svolgerla, e una prova finale che ne garantisse il successo. Il criterio della razionalizzazione, alla base della teoria del curriculo, è senz’altro valida ma per essere applicato ha bisogno di supporti didattici non facili da produrre. Il curriculo è l’oggetto principale di studio della pedagogia sperimentale. Tecnologie dell’istruzione: audiovisivi, materiali informatici, internet. Questi materiali hanno lo scopo di rendere più agevole l’apprendimento. L’utilizzo di questo materiale dipende dalla formazione degli insegnanti, il che è al momento ancora deficitaria. Per quanto riguarda l’utilizzo di queste tecnologie per la formazione a distanza, chi ne sostiene l’efficacia sottovaluta l’importanza dei rapporti umani che si stabiliscono all’interno di una classe, della figura umana dell’insegnante con la sua personalità, della dialettica interpersonale. • CAPITOLO 7: PEDAGOGIA E SCIENZE DELL’EDUCAZIONE Pedagogia - filosofia Tra i tanti argomenti la filosofia si è occupata anche di educazione. La pedagogia, se non vuole essere considerata una filosofia, ha cmq caratteri teoretici (di riflessione) e riflette sempre le filosofie del suo tempo. Anche l’educazione però è diventata oggetto di scienza. Psicologia dell’educazione Visto che i processi cognitivi ed emotivi sono coinvolti nell’educazione, una branca della psicologia si è specializzata nella ricerca sperimentale dell’apprendimento. Una gran parte di studi in questo campo riguarda l’età dello sviluppo. La psicologia dello sviluppo è nata soprattutto per merito di Piaget ed è poi stata sviluppata in senso psicoanalitico da Freud e Erickson. Una tesi centrale della psicoanalisi è quella secondo cui le turbe psichiche che appaiono nell’età adulta sono originate da traumi infantili. Fu Anna Freud però ad interessarsi più specificamente dell’età evolutiva, per chiarire i rapporti madre-bambino. Di altre questioni più propriamente scolastiche, come l’organizzazione della classe, i rapporti tra gli insegnanti e le loro collaborazioni, ecc. si occupa la psicologia sociale. L’addestramento al lavoro di gruppo è studiato da un’altra branca della psicologia che è la dinamica di gruppo, la quale studia il modo in cui si sviluppano i rapporti tra i membri di un gruppo, sia sul piano emotivo che su quello delle attività. La psicologia sociale e la psicologia dello sviluppo fanno poi capo ad un’altra branca: la psicologia scolastica, che si occupa delle relazioni degli alunni e dei problemi di apprendimento e di disadattamento. -6- - AVVIAMENTO ALLA PEDAGOGIA - Sociologia e antropologia dell’educazione Nella scuola si riflettono i condizionamenti sociali e culturali della comunità in cui essa opera. La sociologia è nata nel secolo scorso proprio per studiare i fenomeni sociali e formulare teorie che hanno grande risonanza sugli studi di politica e di economia. Tra le tante branche della sociologia, esistono la sociologia dell’educazione, e la sociologia della scuola. 1) Sociologia dell’educazione Ha carattere più generale. In essa il termine “educazione” coincide con “socializzazione”. La prima fonte di socializzazione è la famiglia (socializzazione primaria), poi gli ambienti in cui il soggetto vive. La sociologia dell’educazione si occupa di educazione permanente. Le teorie della società comprendono ovviamente i suoi aspetti educativi e di socializzazione. La sociologia permette di comprendere il ruolo sociale della scuola e di ogni istituzione educativa. 2) Sociologia della scuola La scuola è una sede di socializzazione secondaria. La sociologia della scuola studia i modi in cui si forma il sistema scolastico in una società (prevalenza di scuole pubbliche o private e così via), i compiti che le si affidano, quali classi sociali la frequentano, che competenze forma, quali sono i rapporti con il mercato del lavoro ecc… Un’altra scienza importante è l’antropologia dell’educazione. Essa studia le credenze, gli usi, i comportamenti mediati dal linguaggio che costituiscono la cultura di una società e che vengono tramandati da una generazione all’altra attraverso l’educazione. L’educazione per gli antropologi è appunto una trasmissione di cultura ed è un processo inconscio che diventa consapevole nelle società più complesse e può essere intenzionale in quelle società che l’affidano alla scuola. Uno dei principi cardine dell’antropologia culturale è il relativismo della cultura, secondo cui ogni cultura risponde alle esigenze della società che l’ha creata, quindi nessuna cultura è superiore a un’altra. Pedagogia sperimentale Ricerca nel campo della didattica portata a livello scientifico sperimentale. Prende in considerazione problemi di carattere didattico e ne cerca la soluzione basandosi su ciò che si conosce dal punto di vista psicologico. Metodi: - osservativi, con i quali i fenomeni vengono esaminati con criteri sistematici, senza influenzarli - sperimentali, con i quali l’osservatore manipola una o più variabili per studiare gli effetti della variazione. E’ una disciplina che richiede conoscenze particolari e un grande rigore. La ricerca scientifica ha sempre due livelli, quello della ricerca di base che ha carattere teorico, ossia dalla quale scaturiscono le teorie, e quello della ricerca applicata, che traduce la teoria in procedure utilizzabili effettivamente nella scuola. Questo non è sempre possibile per cui la scuola non è spesso in grado di giovarsi delle attività della pedagogia sperimentale. -7-