Il punto di vista - 2004 n.4 Il punto di Vista di Ornella Bavero Avvocati di strada Si occupano dei senza fissa dimora, li assistono per far avere loro una residenza, li sostengono nelle loro necessità. Sono attivi a Bologna, e da poco anche a Verona, ma bisognerebbe "esportarli" un po' in ogni città Un detenuto del carcere Due Palazzi mi aveva chiesto di controllare perché l'Ufficio Elettorale del Comune di Padova, città in cui lui risiedeva prima dell'arresto, non gli avesse inviato il certificato elettorale richiesto: la risposta del funzionario è stata chiara, quel detenuto la residenza non ce l'ha più. E' solo un piccolo esempio del fatto che, nel percorso a ostacoli che si trova di fronte chi esce dal carcere, quello della residenza può diventare un problema. E non a caso, fra i senza fissa dimora, il 30 % è costituito da persone che sono state in galera, e dopo la galera non hanno trovato niente e nessuno ad attenderle, né una famiglia, né amici, né un luogo in cui andare. Dunque, ancora una volta, tutto quello che ha a che fare con il disagio ha spesso a che fare anche col carcere, perché il carcere è ormai la risposta che la società dà sempre di più a chi vive ai margini e non ha risorse per difendersi. Ci sono però in giro per l'Italia esperienze importanti, tese proprio a tutelare le fasce più deboli all'interno di categorie già di per sé senza molte risorse: sono gli Avvocati di Strada, nati a Bologna, ora attivi anche a Verona. Vale la pena parlarne, perché bisognerebbe che realtà come queste nascessero in altre città e si occupassero, se possibile, anche di chi sta in carcere, e spesso, per esempio, non può accedere alle misure alternative perché non ha un domicilio, e molti Comuni non ritengono che la residenza in carcere dia diritto a usufruire dei loro servizi. Come è nata l'idea di una tutela giuridica dei senza fissa dimora? A spiegarcelo è Antonio Mumolo, coordinatore del progetto "Avvocati di Strada" a Bologna: "Ad un certo punto, nella nostra attività con i senza fissa dimora abbiamo avvertito la necessità di dare a queste persone anche una tutela giuridica, questo perché ci eravamo resi conto di un certo irrigidimento della città nei loro confronti, quasi che essere poveri fosse una colpa e non uno status, una condizione, in cui ognuno di noi si potrebbe ritrovare nel corso della propria vita. Così è nato Avvocati di Strada, ed è stato il primo progetto in Italia di tutela giuridica organizzata. Dal momento che questo progetto non si limita alla sola consulenza o informazione, perché noi facciamo per loro le cause in maniera del tutto gratuita, abbiamo fatto un incontro iniziale con il presidente dell'Ordine degli avvocati e tutti gli altri colleghi, sostenendo da subito questa posizione di necessità di tutela giuridica gratuita, indipendentemente dall'esistenza o meno del gratuito patrocinio. In questo caso il Consiglio dell'Ordine non ci ha creato nessun problema, anzi, ha ritenuto che la nostra fosse un'attività meritoria. Quando siamo partiti con questa iniziativa eravamo solo in due avvocati, oggi siamo in ventiquattro tra avvocati e praticanti. Ci siamo strutturati come un vero e proprio studio legale, abbiamo un archivio, una segreteria (aperta tutte le mattine), un numero telefonico che può essere chiamato in qualsiasi momento (ventiquattro ore su ventiquattro, perché può esserci una necessità urgente come un arresto o altri inconvenienti), abbiamo uno sportello http://www.volontariatoseac.it/documenti/punto_di_vista_404.htm (1 of 2)26-02-2008 17:15:35 Avvocati di strada presso la sede dell'associazione "Amici di Piazza Grande", dove riceviamo due volte la settimana (una per il penale una per il civile). La nostra pratica numero uno è stata quella di un signore che da due anni e mezzo dormiva in un dormitorio pubblico, aveva perso la residenza del suo Comune di provenienza e l'aveva chiesta presso il Comune di Bologna. Il Comune non concedeva la residenza a nessuna delle persone che dormivano nei dormitori pubblici, pur essendo i dormitori gestiti dal Comune stesso, così gli abbiamo fatto causa, per ordinargli di dare la residenza a quella persona, perché la residenza è un diritto di tutti i cittadini, senza non si ha diritto nemmeno all'assistenza sanitaria, non si hanno diritti come votare, non si può avere un libretto di lavoro, una partita IVA. Il Comune di Bologna si è costituito in giudizio insistendo sulla sua tesi, ha perso, quella persona ha ottenuto la residenza, insieme a lui hanno ottenuto la residenza altre 300 persone che dormivano presso i dormitori, da quel momento siamo passati anche a quelle persone che non dormivano presso i dormitori ma per strada, in stazione, perché i dormitori ospitano se va bene il 60% dei senza fissa dimora, l'altro 40% rimane in strada, però anche queste persone meritano la residenza, la possibilità di trovare un lavoro, di essere assistiti dal servizio sanitario nazionale". Ma chi sono oggi i senza fissa dimora? Una descrizione interessante della nuova composizione del popolo dei senza fissa dimora ci viene ancora da Antonio Mumolo: "Tenete comunque conto che non esiste più la figura classica del clochard, esiste invece una popolazione di persone senza fissa dimora legate a casi particolari, alcolismo, tossicodipendenza, abbandono, problemi psichici. Ultimamente poi si vedono molte più persone che finiscono in strada non per propria scelta o volontà, adesso si rischia di finire in strada per niente, non ci sono più tutele, regole, garanzie, e grazie ai tagli del welfare non ci sono più aiuti. E ci sono invece una serie di problematiche, come una semplice separazione, che possono far finire in strada una persona. Pensate appunto alle conseguenze di una separazione: divisione dei beni, la casa che va alla madre che deve dare ai figli un tetto, la possibile nascita di problemi sul lavoro e quindi il conseguente licenziamento a 45/50 anni. Questa persona nel mondo del lavoro diventa incollocabile, quindi finisce in strada, cioè un luogo dove non si sarebbe mai immaginata di finire. Ripeto, riceviamo sempre più spesso persone di questo genere. Ho detto questo per far capire in qualche maniera quanto è importante che non solo a Bologna ci siano sportelli di questo genere. Uno degli obiettivi che abbiamo appunto è di aprire e coadiuvare nuovi sportelli in altre città, per poter aiutare soggetti svantaggiati che sono in continuo aumento dappertutto". Quello che ci ha raccontato Antonio Mumolo ci ha suggerito una considerazione: che se si riuscisse a dare una assistenza di questo tipo anche ai detenuti più disagiati, che non hanno alle spalle una famiglia che li sostenga, forse si "aggredirebbe il problema" a monte, impedendo a tanti di loro di andare a ingrossare, a fine pena, le file dei senza fissa dimora. http://www.volontariatoseac.it/documenti/punto_di_vista_404.htm