LA SEMIRAMIDE IN VILLA intermezzo a quattro voci di Giovanni Paisiello mercoledì|17settembre giovedì|18settembre Taranto - MUDI prima rappresentazione: Roma, Teatro Capranica, carnevale 1772 Carolina Lippo, Madama Tenerina Irene Molinari, Madama Placida Fabio Perillo, Garofalo Pasquale Arcamone, Monsieur Panbianco Giovanni Di Stefano, direttore Stefania Panighini, regia Orchestra del “Giovanni Paisiello festival” Marco Carella, scene Michela Caccioppoli, costumi Walter Mirabile, luci prima esecuzione assoluta in tempi moderni in collaborazione con FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA ACCADEMIA DI BELCANTO “RODOLFO CELLETTI” Bozzetto di scena di Marco Carella Bozzetto di scena di Marco Carella Orchestra del “Giovanni Paisiello Festival” violini I viole oboi Michele Cataldo* Claudia Russo* Vito Caliandro Antonella Defrenza Marta Cacciatore Giuseppe Coro Mina Melucci Rosa Lorusso* violoncelli fagotto Giuseppe Grassi* Riccardo Rinaldi violini II Lelia Lepore Vincenzo Barulli corni Carmela Miglietta contrabbasso Gianni Ruta* Lucia La Rezza Andrea Pino* Pasquale Pichierri Vanessa De Geronimo cembalo Michele Visaggi coordinazione orchestra: Maria Antonietta Carola MARIANTONIETTA SACCOMANNI, maestro collaboratore ALESSANDRA MOTTOLA, direttore di palcoscenico Valeria Zaurino, maestro di palcoscenico Ivana Zaurino, maestro alle luci ROBERTO MASCELLARO, trucco MAURIZIO BRISCI, parrucchiere La Semiramide in villa: un gioiello ritrovato i revisori Anna Trombetta e Luca Bianchini La partitura manoscritta della Semiramide in Villa si conserva in due distinti volumi presso la Biblioteca del Conservatorio di Napoli ed è mutila nella prima parte della Sinfonia introduttiva e di un’aria, nella seconda delle prime due scene, del recitativo della scena terza e del finale ultimo. La Semiramide in Villa o Semiramide in Bernesco è una parodia della Semiramide riconosciuta capolavoro del Metastasio messo in musica da numerosi compositori a partire da Leonardo Vinci nel 1729 nell’allestimento al teatro delle Dame di Roma. Lo stesso libretto è stato messo in musica talvolta con il solo titolo di Semiramide da moltissimi altri compositori tra i quali Galuppi, Sarti, Salieri, Gluck, Traetta. Semiramide nella versione seria è un dramma per musica in tre Atti. La protagonista è regina di Babilonia, ma veste abiti virili. Si fa passare per il figlio Nino, che è educato come una fanciulla e ha modi effemminati. Semiramide cerca un pretendente per la figlia Tamiri. Si presentano a corte i principi Scitalce, Ircano e Mirteo erede d’Egitto che in realtà è fratello creduto morto di Semiramide. La regina scopre che Scitalce, un tempo da lei amato, è il pretendente preferito da Tamiri. Costui si accorge che sotto i panni di Nino si cela la sua amata regina Semiramide. Ircano roso dalla gelosia propone di brindare all’imminente matrimonio tra Tamiri e Scitalce, ma ha messo del veleno nel vino del rivale. Il suo crimine è scoperto. Scitalce si salva, poi al termine di lunghe traversie viene imprigionato. Dopo altri travestimenti e colpi di scena guadagna infine la libertà. Semiramide si rivela al popolo ed è acclamata regina. Tamiri si unisce a Mirteo, mentre Scitalce sposa Semiramide e condivide con lei il trono di Babilonia. L’intermezzo di Paisiello è una parodia di questa rappresentazione tragica ed è caratterizzata da due parti distinte. Nella prima il librettista anonimo approfitta per prendere in giro gli attori, l’impresario e i cantanti delle compagnie liriche, ridicolizzando le pretese delle prime donne. Paisiello utilizza diverse tipologie di Arie settecentesche, a cominciare da quelle patetiche, sino alle Arie di paragone o a quelle buffe, con brevi incisi ripetuti e effetti travolgenti di crescendo. Il capocomico Panbianco deve allestire su due piedi un’opera seria e la scelta cade proprio sulla Semiramide, nonostante le rimostranze dei suoi cantanti, i soprani Tenerina e Placida e il tenore Garofalo, che vorrebbero invece un’opera più leggera. I protagonisti vestiranno così i panni dell’eroina di Babilonia, di Tamiri, di Scitalce e di Ircano. Nel secondo Atto si cerca di rappresentare il dramma metastasiano, ma al momento della scena dell’avvelenamento Scitalce si rifiuta di bere e il bicchiere con il tossico è offerto a Ircano. La recita si interrompe e termina il gioco metateatrale. In tal modo Paisiello mette in ridicolo la superficialità di tanti allestimenti dell’epoca: L’impiccerem tra noi. Mi basta che ciascun sappia a memoria Che contiene l’istoria, e la sua scena; Così con poca pena Si compone cantando. In fondo si arguisce dal libretto che a quell’epoca non serviva neppure un compositore per scrivere un’opera. Probabilmente i pezzi erano a volte raffazzonati come si denunciava nelle satire sugli impresari teatrali ad esempio nel Teatro alla moda di Benedetto Marcello o come sarà nel Maestro di Cappella di Cimarosa, in Prima la musica poi le parole di Casti e Salieri o ancora nelle Convenienze e Inconvenienze teatrali di Donizetti. Semiramide dal Cinquecento in poi sarà simbolo della corruzione del papato e quindi per la futura carboneria diventerà il segno della rivolta nei confronti del potere reazionario che impediva l’unità d’Italia. Lo testimonia tra gli altri Gabriele Rossetti, erudito di Napoli e padre del pittore preraffaellita Dante Gabriele Rossetti. Nei lavori sulla Divina Commedia lo studioso partenopeo cita esempi della Semiramide di Rossini rappresentata al teatro di Roma, quando il pubblico si era messo a ridere sguaiatamente perché Semiramide era entrata in scena e si era dichiarata regina di Babilonia. Secondo il critico la censura papale non disse nulla per l’occasione, perché non voleva che lo scandalo si diffondesse per la città eterna. Infatti per gli eretici dal Cinquecento in poi e più tardi per i carbonari, Babilonia era il simbolo di Roma e Semiramide, cosiddetta “donna allegra” di Babilonia, rappresentava invece la depravazione della corte papale. Nell’opera ci sono interessanti spunti che saranno poi caratterizzanti della musica risorgimentale, a cominciare dallo straordinario accenno all’inno italiano contenuto nel Finale dell’Atto I. La musica ai tempi di Paisiello era un modo efficace per diffondere le idee di libertà vicine a quelle circolanti nelle società segrete del Settecento alle quali appartenne probabilmente lo stesso compositore. Non passerà inosservata la curiosa somiglianza di un inciso del duetto di Semiramide e Scitalce nel secondo Atto alla caratteristica canzoncina dei Puffi. La musica del cartone animato evidentemente richiama il finale del duetto, che è una successione discendente in progressione. Le due parti della Semiramide, che appartengono a manoscritti diversi, presentano anche stili differenti e una scrittura più ricca nel secondo Atto, nel quale si complicano le articolazioni della scena e compaiono i Recitativi Accompagnati. Le Arie e i pezzi di insieme sono più elaborati e gli spunti in crescendo più incisivi, anche con un maggior impiego di segni dinamici. Le entrate hanno carattere polifonico e contrappuntistico, ad esempio nel magnifico canone del Duetto di Semiramide e Scitalce nella scena IX del secondo Atto. Il libretto che abbiamo trascritto di seguito è stato ricavato dalla partitura manoscritta, ma ove necessario integrato con le indicazioni sceniche del libretto a stampa, che è pure servito a ricostruire le sezioni mancanti. Nella fase di trascrizione abbiamo scritto ex novo le battute finali mancanti del Duetto di Semiramide e Scitalce. Note di regia di Stefania Panighini Cosa sarà di noi fra cinquant’anni? Cosa sarà dei nostri teatri, che oggi arrancano a fatica? Quest’opera è una critica feroce alla dissolutezza del mondo tardo settecentesco, alla superficialità di un mondo vago e civettuolo, privo di profondità e lungimiranza, ma è anche uno specchio nitido per la nostra epoca. Il libretto descrive una società dove si vive immersi nel consumismo più annichilente, dove i beni materiali costituiscono la statura dell’essere umano, il quale vive di relazioni finte e meschine, in fin dei conti tristemente solo con se stesso. L’arte poi è un mero pretesto per arricchirsi, per rappresentare un’opera è sufficiente conoscerne la storia, mentre la musica, l’allestimento e i costumi si possono rimediare senza alcuna pretesa artistica o rispettosa di un qualsivoglia filologismo. Certo non è il caso di scader in inutili qualunquismi, ma di sicuro anche in questi tanto discussi nostri tempi, l’arte genericamente intesa, non è considerata secondo la giusta importanza, e soprattutto l’opera sta seriamente rischiando di scomparire dai teatri nazionali. Che cosa possiamo fare? Mostrare cosa potrebbe succedere allora se, nella peggiore delle ipotesi, i nostri teatri chiudessero davvero... Ecco dunque la domanda iniziale: cosa sarà di noi fra cinquant’anni, cosa sarà dei nostri teatri, delle nostre orchestre, dei nostri cori, dei nostri allestimenti? La risposta la offre Semiramide, e Paisiello con essa. Tra le macerie di teatri e teatranti in rovina, bisogna guardarsi indietro, rivolgere lo sguardo allo splendore del grande teatro, ma soprattutto di una società colta e lungimirante come quella illuminista, perché, come in Semiramide in villa, è il pubblico che lo chiede. Non dobbiamo guardare indietro per tornare all’antico, come diceva Verdi, ma per cogliere i lati migliori e trarre insegnamento dagli errori; per guardare avanti, eruditi del nostro passato. All’interno di un ambiente dimesso e spettralmente postatomico, rivive allora la storia di Semiramide, una donna che fatica ad assumere un ruolo di comando e parità: anch’esso un tema fortemente attuale nel nostro mondo, sia nell’ambito della cultura che altrove, al quale dovremmo cercare di offrire soluzioni sempre più civili e definitive. Un intermezzo buffo dunque, apparentemente privo di spessore, offre invece un’acuta analisi dei nostri travagliati tempi e dei rischi che corriamo, se non volgiamo urgentemente lo sguardo verso un futuro migliore. Il fatto La compagnia di musica diretta da Monsieur Panbianco (basso) giunge su una spiaggia del litorale romano per mettere in scena un’opera allietando così il soggiorno dei nobili villeggianti. Mentre Garofalo (tenore) tenta di contenere l’esuberanza delle due primedonne Madama Tenerina (soprano) e Madama Placida (soprano) continuamente impegnate a litigare e a beffeggiarsi, Panbianco annuncia che gli è stata fatta esplicita richiesta di allestire la celeberrima opera Semiramide. La notizia è accolta con disappunto dalla compagnia in quanto, secondo quanto previsto dal contratto, la scrittura fa riferimento ad un’opera comica e non seria. Panbianco riesce tuttavia a placare la protesta e a convincere i cantanti che è opportuno andare ugualmente in scena. Placida sarà la regina Semiramide, Tenerina la principessa Tamiri, Garofalo il principe sciita Ircano e Panbianco impersonerà il principe delle Indie Scitalce. Le note della sinfonia segnano l’inizio della rappresentazione. Al levar della tela Semiramide ha assunto le sembianze del figlio Nino e nascondendo la sua vera identità vuole celebrare le nozze di Tamiri. La giovine deve scegliere tra due pretendenti, ma Ircano decide di eliminare il rivale Scitalce avvenelandolo con del vino durante un brindisi. Il piano non riesce in quanto Scitalce riconosce nel travestimento di Nino la sua innamorata Semiramide. Il principe rinuncia a sposare Tamiri e inaspettatamente restituisce il bicchiere a Ircano che gettandolo offende tutti gli astanti. Nella confusione che ne nasce i cantanti dimenticano la parte, si spogliano dei costumi abbandonando la scena. All’impresario non resta che sperare nella comprensione e nel perdono degli spettatori. Bozzetto di scena di Marco Carella SEMIRAMIDE IN VILLa Musica del signor Giovanni Paisiello maestro di cappella napolitano L’anno di composizione 1771 compare nella partitura manoscritta mentre quello di esecuzione del 1772 è riportato negli studi musicologici e nel libretto a stampa conservato alla Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna. Si legge nel libretto che la Semiramide in Villa è un Intermezzo per musica a quattro voci eseguito al Teatro Capranica di Roma nel 1772. Attori: Madama Tenerina, cantatrice che poi fa la parte di Semiramide Garofalo, virtuoso di musica che poi fa la parte di Scitalce Madam Placida, che poi fa la parte di Tamiri Monsieur Panbianco, capo di compagnia che poi fa la parte di Ircano Dame e cavalieri, che stanno in villeggiatura Camerieri, dell’osteria Servitori, delle dame e dei cavalieri Marinari La scena si finge in un casino prossimo ad una spiaggia di mare. Bozzetto di scena di Marco Carella