dal 1967 in anteprima l’informazione artistico-culturale
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Mensile Manifestazioni Artistiche e Culturali
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Anno XLIX - N. 4 Aprile 2016 - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n.46) Art. 1, Comma 1, dcb Milano
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Giuseppe Siniscalchi: Uxmal Yucatán in Fronteversismo 2015, verso, news in www.giusart.com
twitter@giusartemilano - Opera alla Camera dei Deputati di Città del Messico in esposizione permanente
quale dipinto rappresentativo dello Stato dello Yucatán (Messico)
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Siniscalchi: pittore pedagogo della pace
di Onelio Onofrio Francioso
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Chi potrebbe contestare che l’arte sia
l’indiscutibile strumento di pace?
Chiunque, anche in qualità di fruitore
istintivo, avvicinandosi alle opere degli
artisti si sarà chiesto: ma cos’è l’Arte,
chi è Artista? Alcune volte, la mente e
lo spirito umano potrebbero rivelare
gioiosità nelle risposte o spiegazioni
che chiunque potrebbe offrire a se
stesso, senza l’ausilio dei terzi. A
prescindere dai molti cattedratici e dai
tanti illustrissimi esperti, soprattutto
nell’attuale contesto storico dove non
mancano i “pontificatori” e i molteplici
tuttologi insigni o dilettanti. E siamo
già fin troppo condizionati auto-
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maticamente da tutto ciò che ci
circonda, come fossimo schiacciati al
suolo brutalmente da “parolai” instancabili.
Occorrerebbe l’umiltà di appassionati
ricercatori d’emozioni estetiche per
individuare la definizione concettuale
dell’arte e dell’artista. Non confondiamo l’Arte con un prodotto di
coloro che creano in qualità di artista
che si ritiene tale soltanto in virtù di un
proprio “modus vivendi”, identificabile
in un soggetto umano “inconsueto” o
eccentricamente pseudo-originale.
Invece, la identificherei con quella
capacità di un essere sensibile che non
può frenarsi quando scatta fulminea
nella mente una forza generante che
illumina se stesso. Quel lampo
trascinante inevitabilmente verso
l’attuazione materiale di ciò che sarà
fecondo nel divenire opera d’arte,
qualificabile in una necessità dello
spirito espresso nella forma applicata:
ad una tela dipinta, ad una pietra
scolpita, ad una poesia scritta o
declamata.
Giuseppe Siniscalchi è l’artista che
vive l’innatismo artistico celandolo al
mondo per molto tempo. Finalmente
un giorno il “fuoco sacro” lo travolge
e lo costringe a manifestarsi al mondo
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secolare, affinché si esprima nel
contesto quotidiano del suo secolo,
volendo intraprendere la strada che
conduce spesso gli artisti all’immortalità. Ma Siniscalchi non è quel
pittore che si limita a volersi compiacere coprendo la tela di colori.
Siniscalchi fa notare nella sua opera
una volontà di comunicare un messaggio potente, il grande Messaggio
della Pace. E sicuramente riesce in
questo intento comunicativo. Giuseppe
Siniscalchi, detto il “Gius”, è un
informale artista autodidatta, da
sempre, da quando iniziò a poter tenere
nelle mani di bimbo, una matita. Ma il
Gius dai tempi della maturità pro-
fessionale, è anche un professionista
rigoroso e formale, un valente avvocato.
Con la sua istintiva modalità di
espressione artistica si rivolge al
mondo per indicare il sentiero della
comprensione della Pace universale.
Ne fa un prodotto etico, ma soprattutto
pedagogico. Egli ci ricorda Panfilo,
pittore del IV sec. a. C. (390-340).
Costui, fu il primo pittore “erudito” e
partecipe agli interessi intellettuali del
proprio tempo storico. Come desidererebbe oggi il Gius, divulgando la
sua opera anche con lezioni ai bambini,
Panfilo fece della pittura la prima
materia da insegnare ai fanciulli, come
educazione liberale. Si impegnò finché
conseguì questo ambito risultato
socialmente utile. Panfilo usava
abbigliarsi da cittadino comune, contro
ogni tipo di eccentricità che distingueva gli artisti anche di quei tempi.
Di Panfilo abbiamo testimonianze
storiche in autorevoli fonti quali: Plinio
il Vecchio I sec. d. C. nella Historia
naturalis, Cicerone 100 a. C., Quintiliano I-II sec. d. C.
Volendo insinuarsi negli aspetti
caratteriali degli artisti, nella storia
dell’arte, Gius e Panfilo si contrappongono a Joshua Reynolds
scomparso nel 1792. Reynolds visse
in uno stile di vita vistoso ed ecARTECULTURA
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centrico. Valido e ricchissimo ritrattista della nobiltà inglese visse per
il denaro. Era l’antitesi del bohemien.
Egli studiò in Italia e fu uomo colto,
ma astuto calcolatore agiva come un
uomo marketing. Anche sua sorella lo
criticava per gli eccessi di esibizionismo della ricchezza: con la
carrozza dalle ruote dorate. Il suo
feretro fu accompagnato da 91 carrozze
di nobili, ma oggi non lo ricorderemmo
mai per i valori umani. Il Gius ricerca
nell’arte l’opportunità di trasmettere
invece i migliori valori umani, anche i
più genuini e tradizionali, oggi quasi
dimenticati o trascurati.
L’opera di Gius, dai tratti tecnici ricchi
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di spiritualità medioevale, è composta
per trasmettere PACE e Serenità.
Infatti gli elementi che compongono
ogni sua opera conferiscono eleganza
e armonia (con una tecnica da autodidatta che racchiude i tre fattori
essenziali per definirlo artista, come
scrisse il poeta latino del 65 a. C.
Orazio, il quale sosteneva che per
distinguere un artista occorresse:
NATURA - ARS – USUS). L’armonia
dell’opera del Gius è raffigurabile
oltretutto in quella visibile “Dispositio” (figure ben distribuite nella
spazialità della tela pittorica) come
insegnò Vitruvio nel I sec. a. C. anche
per la pittura oltre all’architettura. La
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Dispositio nei quadri del Gius conduce l’animo umano verso un bisogno
necessario di Pace.
Il Gius, col suo messaggio, però non
ha la necessità di conformarsi all’elemento della “Ordinatio” come Vitruvio
chiedeva. L’Ordinatio è un puro
“calcolo tecnico” delle dimensioni
proporzionali degli oggetti che
compongono l’opera nel quadro, a
prescindere dalla loro posizione, come
anche Aristotele 380-322 a. C. ci
spiega. Il Gius si proietta verso la
comunicazione del senso di Pace, dove
le proporzioni non hanno bisogno di
alcuna valenza, soltanto la Dispositio
magnetizza.
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Quindi il Gius con la sua Arte può
raggiungere gli obiettivi prefissati col
cuore e con la mente per un mondo
migliore. Un mondo affrontato con
uno spirito genuino, quale potrebbe
essere soltanto sgorgante dalla
curiosità impregnata di un candore
geniale aperto alla vita.
La sua opera d’arte cattura e trasporta
in una genuinità di uno spirito schietto,
nostalgicamente propositivo. Uno
spirito emozionato dalle sue stesse
sensazioni, che si espandono per una
permanente testimonianza, affinché
rimanga come “atto pedagogico”,
trasmesso dall’inconscio primordiale,
esplicitante un desiderio di co-
municare come le emozioni possano
sussistere anche derivanti dalla propria
interiorità, annullando le inquinanti
forze condizionate della limitatezza
del commerciale e materiale consumismo sociale. L’arte del Gius non
andrebbe fruita in funzione di una
soggettiva o giudicabile tecnica
operativa, ma la si evince imperativamente da una scelta di una tecnica
che possa risultare fedelissima
all’emozione che l’ha promossa.
Possiamo notare anche il “tratto” che
già focalizzava una manifestazione
grafico-emotiva di un percepire
arcaico dell’era più remota.
La grandezza dell’artista è al di fuori di
qualsiasi schema inquinatorio-impregnante. Il Gius è artista spontaneo,
che sembra voglia ricercare, forse
inconsapevolmente, il semplicissimo
ma misterioso ordine Divino catturato
nello spazio dell’opera prodotta, alieno
dalle complicazioni che noi umani
proiettiamo nella realtà quotidiana.
Nelle opere artistiche del Gius, ogni
osservatore potrebbe cogliere lo
spirito dell’artista con la volontà di
immortalare il suo “grido silenzioso”
che invoca Pace. Una Pace che si ritrova
acquietata nell’attimo della forza
creativa, ma trasmissibile, in tono
perenne, a chiunque contempli l’opera.
Opera che suscita interiormente il
messaggio etico-pedagogico.
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Siniscalchi: da Gravina verso l’infinito
di Simona Tomaselli
Nemo profeta in patria, sed Siniscalchi in Gravina profeta est. Il
comunicato stampa della Fondazione
“Ettore Pomarici Santomasi” di
Gravina in Puglia non lascia dubbi:
annuncia la prossima apertura di un
Museo civico Archeologico della
Città, all’interno del quale è allocato
un percorso espositivo dedicato al
Fronteversismo, Movimento artisticofilosofico fondato da Giuseppe
Siniscalchi. La magnifica Pinacoteca
della Fondazione, già dall’agosto 2015,
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espone un’opera del pittore gravinese
Siniscalchi. Segnale di sensibilità e
visione anche per opere contemporanee, in un panorama storicoartistico di grande pregio.
Siniscalchi, vive e lavora a Milano. Dai
suoi dipinti emerge la potente relazione con il Giappone, anche grazie
a Mutsue Sekihara, sua sposa e musa.
Proprio in Giappone i primi corsi sul
“fronteversismo” avviati in una scuola
statale. A Milano in programmazione
da febbraio presso l’Asilo Ruffini.
Philippe Daverio lo descrive così:
“personalità dalle diverse ma convergenti dimensioni di pittore, avvocato, conoscitore della cultura
giapponese e uomo di fede”; la sua
arte: “un itinerario tra pittura, filosofia,
meditazione, fede”.
La sinergia con l’estero è fertile. Come
un fiume in piena il Fronteversismo
“approda” in Messico, quando la tela
“Uxmal Yucatán”, viene scelta per
essere collocata in esposizione
permanente alla Camera dei Deputati
del Governo della Repubblica nella
Città del Messico.
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Molteplici sono i personaggi che hanno
condiviso da varie località del mondo
lo spirito del manifesto fronteversista,
rilasciando anche interviste. Per
citarne solo alcuni: lo scultore
Kengiro Azuma; il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte
d’Appello di Milano, Gemma Gualdi;
la Duchessa Winifred Dente degli
Scrovegni; l’autrice del best seller
“Jewels of Allah” Nina Ansary, con la
sua Fondazione fortemente impegnata
per i diritti delle donne in Iran.
In un’epoca ipertecnolgica, Siniscalchi
recupera il rapporto interpersonale,
dialogando con persone differenti,
spesso straordinarie per il loro
impegno nell’arte e nel sociale.
L’artista si nobilita soprattutto
operando a contatto con i bambini, che
liberi dagli schemi effimeri dell’apparenza, sono i primi portatori del suo
messaggio di pace.
Repertorio fotografico:
!- Pennuto messaggero di pace cosmica, 2014, verso
2-Pennuto messaggero di pace cosmica, 2014, fronte
3-Big bang, 2012, fronte
4- Pace sotto le stelle, 2014, verso
5-Danza della carota con la banana, 2014, fronte
6- Bellezze del cosmo e pace, 2014, fronte
7-Danza della carota con la banana, 2014, verso
8-Nina Ansary e Giuseppe Siniscalchi ©M.Tabasso
9- Segni di pace, 2013, fronte
Museo/Fondazione
Pomarici Santomasi
Gravina,in Puglia
10- Meditazione/riposo dopo fatica, 1965
11-L’energia della luna wa, 2014, verso
12- Workshop c/o l’Asilo Nido Ruffini, Milano, 2015
13- L’energia della luna wa, 2014, fronte
14- Quiete sotto la luna, 2013, fronte
15- L’Artista con il critico prof. Philippe Daverio, 2015
16- Pace e lavoro, 2014, verso
17- Notte di pace in Giappone, 2014, fronte
18-Cosmo di pace, 2015, fronte
- La copertina: Giuseppe Siniscalchi: Uxmal Yucatán in
Fronteversismo 2015, verso, news in www.giusart.com
twitter@giusartemilano - Opera alla Camera dei Deputati
di Città del Messico in esposizione permanente quale dipinto
rappresentativo dello Stato dello Yucatán (Messico)
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Corrispondenza Culturale: Associazioni Gallerie Musei segnalano
Tanti per Tutti. Viaggio nel
Volontariato italiano
Documentare il mondo del volontariato in Italia
attraverso la fotografia narrando la vita delle
associazioni, mostrando iniziative, i luoghi di
incontro e le attività promosse dai milioni di
volontari attivi nel nostro Paese. E’ con questo
obiettivo che FIAF, la Federazione italiana Associazioni Fotografiche e CIFA, Centro Italiano
della Fotografia d’Autore, hanno avviato una
partnership con CSVnet, il Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato
nell’ambito del progetto “Tanti per Tutti. Viaggio nel Volontariato italiano”. Rispetto al progetto Tanti per Tutti, i Centri di Servizio per il
Volontariato sono un punto di riferimento per i
fotografi: grazie alla loro presenza su tutto il
territorio nazionale, hanno aiutato e sopportato i
fotografi coinvolti nel progetto, facilitandoli nell’individuare le associazioni disponibili a far entrare la macchina fotografica nelle loro attività.
Inoltre, tutto il sistema dei CSV sarà coinvolto per
promuovere eventi e mostre legate al progetto di
portata nazionale e locale, laboratori, dibattiti e
altre iniziative che arricchiranno la ricerca fotografica di FIAF. Info: 02-84560801
Expoincittà, per l’84% degli organizzatori coinvolti va resa permanente.
In sei mesi, otto milioni di ingressi gratuiti agli
eventi in città 40 mila visitatori al giorno coinvolti
in iniziative e presentazioni. Expoincittà, l’iniziativa di Comune di Milano e Camera di Commercio,
va resa permanente per l’84% degli operatori
coinvolti. Lo chiedono le imprese che hanno
organizzato circa 50 mila eventi per 11 milioni di
persone nei sei mesi di Expo. Il 77% delle iniziative
era gratuita, quindi la città ha offerto un
intrattenimento senza costi a 35 mila appuntamenti e per 8 milioni di persone da maggio a
ottobre, in media 40 mila persone al giorno tra
milanesi e turisti. E’ quanto emerge da un’indagine
della Camera di commercio di Milano attraverso
Eulab Consulting, su 202 organizzatori di eventi
Info: 02/8515.5224 - WWW.MI.CAMCOM.IT
IL MUNACS APRE LE PORTE A
NUOVE COLLEZIONI
Da sabato 6 febbraio il Museo Nazionale del
Collezionismo Storico presenta 2 nuove collezioni
e molto altro ancora. Durante il mese di gennaio
il MUNACS, il Museo Nazionale del Collezionismo Storico, inaugurato lo scorso ottobre presso
la Chiesa sconsacrata di San Sebastiano in via
Ricasoli, ha preso nuova vita ed ha assunto
nuove sembianze. Il progetto del Museo, diretto
dal collezionista Alain Borghini, è sempre stato
quello di alternare ogni 6 mesi nuove collezioni ed
è quello che è stato fatto proprio durante la pausa
di gennaio, infatti, sabato 6 febbraio la presentazione di ben 22 nuove collezioni, appartenenti
ai Collezionisti Storici Aretini e non solo.
Info: tel. 339/7542697 - www.munacs.it
CAPO MALFATANO, VITTORIA
DI ITALIA NOSTRA ANCHE IN
CASSAZIONE.
Marco Parini, Presidente di Italia Nostra, esprime
grande soddisfazione per la vittoria dell’Associazione per la sentenza della Cassazione che riconosce le ragioni di Italia Nostra di salvare dal cemento le coste sarde di Capo Malfatano.
Info: cell. 335.1282864. [email protected]
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ARTECULTURA
A IMOLA NASCE DOC, CENTRO
DI DOCUMENTAZIONE DELLE
ARTI IN ROMAGNA DAL 1900
AD OGGI
Il “Centro di Documentazione delle arti in Romagna
dal 1900 ad oggi” è il primo esperimento in Italia
nel suo genere e raccoglie centinaia di artisti e di
opere, biografie, pubblicazioni, acquisizioni, mostre, recensioni nella regione. Voluto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, www.
arteromagna.it è pensato come un museo online,
dove si confrontano le diverse espressioni artistiche maturate in Romagna negli ultimi cento anni.
100 artisti, 200 opere, biografie, pubblicazioni, schede informative, news, mostre e recensioni: è il DOC- Centro di documentazione
arti moderne e contemporanee in Romagna,
un primato nazionale, nato a Imola, che partendo da questi numeri si pone di diventare, nel tempo,
una raccolta completa di informazioni sulle diverse correnti e attività artistiche susseguitesi in
Romagna dagli inizi del secolo scorso ad oggi.
Il progetto è stato fortemente voluto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola dopo il
successo della mostra “arte dal vero”. Aspetti della
figurazione in Romagna dal 1900 ad oggi”, ha colto
la necessità di dover creare un punto di riferimento
per le arti moderne e contemporanee del territorio.
Info: tel. 0542.26606
“Mai stata così Reale!”
La Villa reale di Monza diventa ancora più reale!
Dal 5 febbraio 2016 la visita degli Appartamenti
Privati al Secondo Piano Nobile sarà infatti arricchita con la cosiddetta “realtà aumentata”. Senza
alcun pagamento aggiuntivo rispetto al biglietto
d’ingresso, tutti i visitatori potranno provare l’esperienza ARtGlass, grazie a occhiali speciali che, con
una tecnologia dedicata, permettono di “fondere”
la visione reale e virtuale di un ambiente o di
un’opera d’arte.
Grazie a una tecnologia dedicata, questi occhiali
futuribili consentono al visitatore di muoversi
liberamente negli ambienti della Villa Reale e di
vivere un’esperienza immersiva arricchita di informazioni aggiuntive relative agli spazi, agli arredi
e alle vicende storiche che li hanno caratterizzati,
non rilevabili attraverso l’osservazione diretta.
Sarà possibile passeggiare nella camera da letto
dell’imperatrice di Germania, Augusta Vittoria,
così come era stata arredata in occasione delle sue
visite alla fine del XIX secolo, o scoprire che cosa
nascondano le boiseries della sala da bagno o
ancora assistere al saluto di Umberto I e la Regina
Margherita mentre salgono in carrozza.
Info: www.reggiadimonza.it - tel. 199151140
Soluzioni Linea Light Group per gli
affreschi del Museo Cavalcaselle di
Verona
Che l’Italia sia lo scrigno di un ricco e diffuso tesoro
artistico e culturale invidiatoci da tutti è cosa nota.
Un patrimonio legato non solo a celebrati musei,
palazzi, chiese ed edifici delle grandi città d’arte,
ma anche a molti siti e insediamenti meno conosciuti al grande pubblico - di altrettanta importanza - ospitanti dei capolavori unici.
Rinascita di un museo. Come nel caso del Museo
degli Affreschi “Giovanni Battista Cavalcaselle”
di Verona, riaperti il 15 novembre dello scorso
anno, ampliato e rinnovato da un percorso
espositivo fatto di spazi sapientemente recuperati,
così da integrare la grande raccolta di opere di epoca
medievale e rinascimentali già presenti nel sito sin
dalla nascita del museo nel 1973. Intitolato al
Cavalcaselle, da alcuni ritenuto il fondatore della
moderna storia dell’arte in Italia, ha sede nell’area
dell’ex convento di San Francesco al Corso, le cui
origini risalgono al XIII secolo, che ospita anche la
celebre Tomba di Giulietta, con annessi spazi
adibiti a verde e all’esposizione di reperti lapidei.
Rapporto luce e arte. Alla rinnovata sede museale,
un contributo essenziale è quello fornito da Linea
Light Group, grazie ad uno specifico progetto
volto a illuminare gli imponenti sottarchi arricchiti
da alcuni ritratti di imperatori romani, provenienti
dal Palazzo Scaligero di Cansignorio, affrescati da
Altichiero a partire dal 1364 e staccati nel 1967.
Info: 049.7808091
All’opera minore di Bosch si aggiunge un dipinto appena scoperto.
Den Bosch, 1 febbraio 2016 - La ricerca svolta dal
Bosch Research and Conservation Project (BRCP)
a livello mondiale ha permesso di stabilire che La
tentazione di Sant’Antonio proveniente da Kansas
City deve essere attribuita a nientemeno che allo
stesso Jheronimus Bosch. Per decenni il dipinto,
ritenuto opera di un allievo o di un seguace di
Bosch, è rimasto nel deposito del Nelson-Atkins
Museum of Art di Kansas City (USA). Questa
nuova attribuzione significa un importante ampliamento dell’opera minore di Bosch (circa 1450
1516 ‘s-Hertogenbosch (Den Bosch)
Info: 0031629141054
Il Toro cozzante del Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide al
Museo Egizio di Torino
Il Toro cozzante del Museo Archeologico Nazionale di Sibaritide è giunto nei giorni scorsi a Torino
per essere esposto al Museo Egizio in occasione
della mostra Pompei e l’Egitto, che si terrà dal 1
marzo al 4 novembre 2016. Il reperto in bronzo
raffigura un toro in atto di caricare, appunto,
“cozzante”, ed è il simbolo della colonia di Thurii,
riprodotto come emblema sulle monete della città.
Realizzato con tecniche a fusione e databile tra la
fine del V e gli inizi del IV secolo a.C., presenta
integrazioni di restauro che ne attestano l’utilizzo
anche in età romana.
La pregevole fattura artistica traspare dalla raffinata cura della resa dei dettagli anatomici, che
esprimono la grande capacità del modellato degli
artigiani dell’epoca. I restauri effettuati sul manufatto in epoca romana documentano una persistenza
nella Sibaritide della koinè cultura greca. Il bronzetto
è stato rinvenuto in località Casa Bianca, nel Parco
Archeologico di Sibari in Cassano allo Ionio
(Cosenza), nel corso della campagna di scavi del
2004, diretta da Emanuele Greco, direttore della
Scuola Archeol. ital. di Atene. Info: 0984 795639
NUOVA ROTAZIONE DI OPERE
NELLA GALLERIA DEL GIAPPONE - MAO Museo d’Arte Orientale
A partire dal 2 febbraio, viene riproposto ai visitatori, dopo qualche anno nei depositi al riparo
dalla luce e da altri potenziali fattori di degrado, un
grande paravento a sei ante che raffigura un paesaggio invernale presso un corso d’acqua con uccelli
fiori e neve. L’opera su uno sfondo di carta dorata,
è databile al XVIII secolo firmata Mitsnobu.
Info: 011.4436928
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e culturale - Abbonamenti 2016
normali euro 50,00
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con omaggio di una Grafica a colori,
cm. 50x70 di Artisti
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mensile d’informazione artistica e
culturale - Via Ciovasso 19
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Da ottobre del 2014 ad oggi, la rivista
mensile ha dato un nuovo risalto all’arte contemporanea, pubblicando la
copertina ed un ampio servizio all’interno di 4 pagine a colori di artisti, pittori e scultori senza limiti anagrafici
né di tendenze, puntando sulla qualità
delle opere. La cronologia delle uscite è la seguente:
Ottobre 2014: Antonio Fomez
Novembre 2014: Sergio Sarri
Dicembre 2014: Fernando De Filippi
Gennaio 2015: Umberto Mariani
Febbraio 2015: Luca Lischetti
Marzo
2015: Mario Benedetto
Aprile
2015: Carlo Nangeroni
Maggio 2015: Paolo Scirpa
Giugno 2015: Paolo Baratella
Luglio 2015: Gabriele Amadori
Ottobre 2015: Luigi Timoncini
Novembre 2015: Ennio Calabria
Dicembre 2015: Paolo Scirpa
ed altri noti maestri...
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- Visite allo studio
- Servizi redazionali su eventi
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In questo numero APRILE 2016
8 CORRISPONDENZA CULTURALE
9 SOMMARIO
10 IL DADO E’ TRATTO !
10 STATO DI CHU
11 RISORGIMENTO POETICO
12 INTERLUDI
14 LUOGHI D’IMMAGINI
16 TOULOUSE LAUTREC
16 FASHION
21 LIBRI EINAUDI / Al primo sguardo
21 AL PRIMO SGUARDO
25 L’AUTODIDATTA NELLA STORIA
26 ASPETTI e SCONGIURI
27 TURISMO E POESIA: Diamante
27 ZANZARE e ZIKA
28 L’OPERA PERFETTA DI VERDI?
29 UMANITA’ POETICA
30 LIBRI
33 CONCORSI
34 POESIA PACE
Giuseppe Siniscalchi: Uxmal Yucatán
in Fronteversismo 2015
Inserto redazionale:
-MOSTREA MILANO
-POSTACATALOGO
ARTECULTURA
Le idee che la impegnano
- CORRISPONDENZA
CULTURALE
- COSTUME POETICO
- 24 OTTOBRE GIORNATA
MONDIALE DISARMO
- INFORMAZIONE
ARTISTICO CULTURALE
- POESIA DELLA NATURA
- POESIA PACE
- PSICOPOESIA
GIUSEPPE SINISCALCHI di Onelio Onofrio
Francioso e di Simona Tomaselli. ALDO
PARMIGIANI - ILARIA FLORES - ROSANNA
SCORRANO di Aoristias; MARIO D’ESTE ANTONIO CELLINESE - MICHELE GIANNATTASIO - SILVANA TESTA - LUISA
VISCONTI - CARLO CIMMINELLI - REMO
LANA - GREGORIO MANCINO di Marpanoza
ALESSANDRA FAZIO di Giancarlo Bonomo
INSERZIONI: - GALLERIA PONTE ROSSO -
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Anno XLIX N. 4 Aprile 2016
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ARTECULTURA
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MERAVIGLIE DELLO
STATO DI CHU
Gioco dell’oca in piazza dei Martiri a Carpi
Dalle prime storiche edizioni alle versioni digitali per tablet, dall’ormai mitico Monopoli
al recentissimo Star Wars: X-Wing: l’evoluzione del gioco da tavolo in mostra a Carpi,
città laboratorio nel campo delle politiche per
l’infanzia.
Dal 13 febbraio al 10 aprile 2016 la città
di Carpi (Modena) diventa capitale italiana
del gioco da tavolo con Il dado è tratto!,
mostra che racconta nella Sala dei Cervi di
Palazzo dei Pio la storia e l’evoluzione dei
giochi di società. Decine gli esemplari esposti, passando da edizioni anche rare di grandi classici – dall’intramontabile Monopoli
a Risiko – fino alle più recenti innovazioni
del settore, con un focus dedicato ai titoli
che hanno vinto lo Spiel des Jahres, l’Oscar
IL DADO E’
TRATTO!
del gioco da tavolo assegnato dal 1979 ogni
anno in Germania, il riconoscimento più
ambito su scala internazionale. La mostra,
a cura dell’Associazione PlayRes in collaborazione con lo staff del Castello dei Ragazzi, è il primo passo del progetto InCarpi,
ideato dal Comune di Carpi con lo scopo
di costruire una rete di iniziative di promozione e valorizzazione culturale del territorio. L’evento conferma il ruolo di Carpi
come città laboratorio nel campo delle
politiche dell’infanzia, e ruota infatti proprio attorno a quel Castello dei Ragazzi che
costituisce, nella suggestiva cornice di
Palazzo dei Pio, uno tra i più innovativi
centri culturali italiani destinati a bambini
e ragazzi dagli 0 ai 16 anni; e che nasce
dall’esperienza di una tra le primissime
ludoteche mai aperte – erano i primi Anni
Ottanta – nel nostro Paese.
Sono cinque le sezioni che compongono
l’esposizione. La prima riassume la timeline
del gioco da tavolo, raccontandone l’evoluzione dal punto di vista ludico ma anche imprenditoriale: ampio risalto viene dato infatti
all’epopea delle aziende che, nel corso degli
anni, hanno dominato il mercato italiano ed
estero, facendo dell’industria del giocattolo
un fattore economico assolutamente rilevante. Info 059/649961-983
10
ARTECULTURA
Museo Nazionale Atestino di Este (PD), Museo Archeologico Nazionale di Adria (RO)
Dal 12 marzo al 25 settembre 2016
Per la prima volta in Europa le testimonianze e la storia dell’antica civiltà dello Stato
di Chu. Due storie parallele nel tempo ma che si avverano a più di 8 mila chilometri di
distanza: nelle antiche terre dei Veneti, tra Po e Adige, e lungo le sponde del Fiume
Azzurro, in quella che poi sarà la Cina.In questi fertili territori, nel millennio che
precede l’era cristiana, si affacciano alla storia due grandi civiltà, capaci di proporre manufatti di straordinaria raffinatezza e di accogliere il meglio della cultura locale
e dei popoli contemporanei. Civiltà che diventeranno parte integrante e costituente di
realtà molto più potenti: l’Impero Romano nel caso dei Veneti, il regno di Qin per il
futuro Celeste Impero.Un accordo tra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la
Provincia cinese del Hubei, consente per la prima volta in Europa di scoprire le testimonianze, davvero magnifiche, della civiltà dell’antico Regno. Come, successivamente, una Mostra allestita al Museo Provinciale del Hubei, consentirà ai cinesi di avvicinarsi alla grande storia che precedette di secoli la nascita di Venezia. A rendere del
tutto eccezionale questo progetto (promosso, per parte italiana, dai Comuni di Este e
di Adria, dalla Soprintendenza Archeologia del Veneto, dal Polo Museale del Veneto,
sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e dalla Regione
del Veneto) è l’esposizione dei “reperti ospiti” dal Museo Provinciale del Hubei accanto alle coeve testimonianze territoriali esposte nei Musei Nazionali Archeologici di
Este e di Adria, sedi delle mostre.Nato come piccolo regno militare, Chu si espanse al
punto da diventare, sul finire del Periodo delle Primavere e degli Autunni (770 - 454
a.C.), una vera e propria potenza e visse il suo momento di massimo splendore nel
successivo Periodo degli Stati Combattenti (453 - 221 a.C.). L'impressionante qualità
e stato di conservazione di reperti archeologici rinvenuti nella provincia di Hubei,
cuore dello stato di Chu, in uno straordinario contesto archeologico di recente scoperta, testimonia come la supremazia del regno fosse culturale, prima ancora che
militare. Armi e giade che rappresentano i due punti estremi dello Stato di Chu: la
supremazia terrena attraverso la guerra e il consenso celeste attraverso l'offerta del
bene più prezioso. Bronzi rituali ding e dui, indicatori della ricchezza e del prestigio
della classe nobile. La loro forma, le fantasiose cesellature e le iscrizioni votive sottolineano la grande abilità degli artigiani di Chu, in continuità con la gloriosa tradizione dei bronzi Cinesi fin dalla più profonda antichità. Lacche straordinarie sono tra
gli oggetti più sorprendenti, solo se si pensa che esse sono di legno e che grazie alla
laccatura ci sono giunte pressoché intatte dopo oltre due millenni e mezzo. Persino
strumenti musicali, parte di vere e proprie orchestre, sono segno di una padronanza
dell’arte musicale senza eguali al mondo nel V secolo a.C. Le campane di bronzo
niuzhong e yongzhong costituiscono senza dubbio i reperti più identificati con la
cultura dell'epoca. La loro forma del tutto originale e la speciale lavorazione oltre a
farne oggetti d'arte in sé sono espressione di eccezionali sperimentate conoscenze nel
campo della musica.
Info 049/8243811
Armature e copricapi da parata, risalenti al periodo
475-221 a.C. e provenienti dal Museo del Hubei
Dou in legno laccato, risalente al periodo 475-221
a.C. dal Museo provinciale del Hubei in Wuhan.
- RISORGIMENTO POETICO La sicurezza
dell’uomo
nello stimolo
poetico della
natura
E’ questo un problema di non pochi
interrogativi che a voler riflettere su
tutti diventa impossibile per evidenti
ragioni. Tuttavia per rendere sensibile
l’argomento diremo, che ci domandiamo su alcuni casi che rispecchiano
anche il contesto di altri. Il modo più
diretto che specifica e rende facilmente comprensibile su dove origini
la sicurezza dell’uomo e come e
quando questo suo desiderio si afferma
sulla fondatezza della Poesia della
natura. Così ognuno di noi comprende la sua sicurezza man mano che
comincia a crescere e capire, lavorare
e formarsi per il proprio destino della
vita. Questo, solo quando si muove e si
vive vicino al fiato della propria madre.
Ma, purtroppo, non è sempre possibile
vivere continuamente a contatto di
gomito con la propria madre ed i perché
sono facilmente intuibili per ognuno
di noi. Nel contempo, però, come tutti
sappiamo per esperienza diretta, la
fiducia nella sicurezza poi si allarga a
tutti i membri della famiglia per
raggiungere lo spazio della società
sfumando però sempre più la sua
presa d’affetto, nel confronto dello
stimolo di sicurezza che lo sensibilizzava alla propria madre. Il padre,
il fratello, la sorella ed anche certi
vicini di casa, pur se più lentamente,
sono presenze affettive di convivenza
per legami d’ambiente, quindi di
convivenza di natura, molto prima che
lo diventino per paraventi eticomorali.
Infatti la famiglia è quel luogo dove
iniziano i nostri rapporti che man mano
si aprono a tutto il mondo esterno, al
costume nel quale da grandi si vive e si
opera nel quotidiano. Per cui la
famiglia diventa la prima scuola di
autosicurezza nello scambio di spon-
tanee vedute con gli altri membri che
traggono principio di libertà formativa
tenendo sempre presente in mente il
legame con la propria madre, la verità
per la quale Artecultura ha definito,
appunto, la donna Madre del disarmo.
L’uomo nel suo insieme non è violento,
ma lo diventa man mano che il suo
senso critico distorto nei rapporti con
la vita lo coinvolge. Una devianza che
spesso inizia dall’interno della stessa
famiglia quando vengono a mancare
gli stimoli della spontaneità che in
qualsiasi circostanza li univa alla
madre. E questo accade specie tra i
figli quando iniziano a pensare alle
carriere che intendono prendere a
cospetto della vita, non per soddisfare
la dignità dell’uomo, ma le sue voglie
economiche: scelgo di fare il medico
e non l’insegnante, l’ingegnere e non il
muratore, il contadino e non l’industriale, non per accrescere l’evoluzione dell’uomo, ma gli interessi
speculativi degli abusati linguaggi che
oscurano la mente a non farla operare
in armonia di natura e prestarsi, invece,
a spezzacollo verso la prevaricazione
che affossa la facoltosa legittimità del
talento dell’iniziativa innata.
Quando il soggetto si lascia corrompere dal falso desiderio del vantaggioso guadagno ignora che nella
pratica del lavoro l’importante nella
personale prestazione è di convergere
verso l’evoluzione del valore conoscitivo che asseconda in piena libertà
di scelta disciplinare tutte le iniziative
che si vogliono purché pienamente
convergenti con la dignità della
persona. E questo, purtroppo, non è
ancora possibile quando l’arbitrio, per
varie sottintese ragioni, incontra spazio
nella stessa famiglia, allorché i figli
grandicelli, ed a proprio modo
avvicinati dal vizio, si allontanano dal
respiro affettivo della propria madre.
Di conseguenza poi finiranno in una
scuola che tuttora non è evoluzione di
cultura conoscitiva a spessore umano
che con stimolo di natura aiuti gli
studenti a ragionare e formarsi alla
vita con la propria testa, ma induce a
pensare con la storia passata che
pretende di continuare ad imperare
ancora sul presente parlando di libertà
non per alimentarla davvero e ga-
rantirla, ma per affossarla nella
fattispecie di costumi oppressivi.
Così, non vuol rendere consapevole
specie i giovani: Che Guevara, Mazzini,
Papa Giovanni XXIII, Napoleone,
Giulio Cesare e tutto il resto, pur nelle
chiare quanto indiscutibili differenze
di fede e ideali, cause per le quali si
sono battuti e spesso pagato con la
vita, tuttavia nella realtà della storia il
potere liberticida resiste con il proprio
trasformismo anche se sotto vario
modo e solennità di proclami. Di fatto
l’uomo è tuttora schiavo delle guerre e
della disoccupazione, della discriminazione, dell’odio e della corruzione
che tuttora divampa in tutto il mondo,
di convivenza disperata, nel quale,
purtroppo, si pensa tuttora a dividerlo
e non ad unirlo. Anche Albert Einstein
pensiamo che avesse le sue buone
ragioni quanto sosteneva che nella
natura vi è già tutto, bisogna solo
imparare a conoscerlo e non a dividerlo.
Una significativa verità per cui se il
mondo è uno, come il nostro pianeta,
che senso ha parlare di vittorie e di
sconfitte. Di America, Cina, Europa,
Russia o di Africa, parlare di ebreo, di
cristiano, di indiano, di mussulmano,
di italiano, di svedese, di argentino, di
australiano, di russo o di spagnolo,
considerato che la sostanza di questi
linguaggi è di tenere diviso il mondo.
Alla mercé di egoismi economici e
discriminanti di stati, affinché i popoli,
i bambini debbano tuttora morire
annegati nei mari del pianeta come se
non fosse possibile trovare delle intese
di convivenza diversa dall’attuale. Serve
pertanto una solidarietà di cuore,
spirituale, di pane e di vita, dove gli
esseri umani nascano, studino, lavorino per il valore universale dell’esistenza e non per perire di stragi
sotto i bombardamenti o fucilati. Per
noi, persone di libero pensiero, è ora
di rivedere a dove conducono i nostri
linguaggi, se all’uso delle bombe
ovvero a vivere le nostre libere
emozioni conoscendo il mondo come
luogo di unità consapevole poiché tutti
siamo nati con facoltà di volontà e
desiderio che sono la stessa cosa
quando però, si ama vivere nel rispetto
della Poesia della natura, senza alcun
impedimento di potere. (Artecultura)
ARTECULTURA
11
INTERLUDI D'ARTE
Roma, Stadio Flaminio 1959
Rodcenko, Lily Brik, 1924
ARCHITETTURE
PER LO SPORT
GIULIO TURCATO
DALLA FORMA POETICA
ALLA PITTURA DI
SUPERFICIE
Roma, MAXXI Museo delle Arti del 21
secolo: 4 febbraio - 2 ottobre 2016
In mostra l’ampio patrimonio di disegni,
fotografie, documenti e modelli di oltre 60
progetti di impianti sportivi provenienti in
gran parte dall’Archivio di Nervi nelle
collezioni del MAXXI Architettura.
Un’occasione unica per seguire lo sviluppo del metodo progettuale e costruttivo
dell’ingegnere, dalle prime opere, come lo
Stadio Berta di Firenze, agli edifizi per le
Olimpiadi di Roma del 1960, sino alle
ultime grandi realizzazioni internazionali,
come il progetto per il Kuwait Sports
Centre. Elaborazioni grafiche tridimensionali e modelli costruttivi, realizzati dal LaMo e dal LaMoViDA dell’università di
Bologna, arricchiscono una sezione dedicata ai progetti per gli stadi in Italia e
all’estero.In mostra anche uno speciale
modello in plexiglass del Palazzetto dello
Sport realizzato da due studenti dell’ISIA
Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (Roma), Aureliano Capri e Elettra
Renzi, per rendere evidente il sistema di
scarico a terra delle forze pensato da Nervi
per l’edificio. Questo modello costruisce
l’elemento centrale di una serie di visite
guidate dedicate all’opera di Nervi che
comprendono anche un percorso “tattile”
pensato per persone cieche e ipovedenti.
Realizzato in collaborazione con il Centro
Regionale Sant’Alessio, il percorso prevede una passeggiata intorno al Palazzetto
dello Sport per conoscere la struttura realizzata, e una visita in mostra coadiuvata
dal modello e da tavole tattili.
Il filo conduttore di tutta l’opera di Nervi è
la staticità: Egli affermava: “Come sempre
in tutta la mia opera progettistica ho
constatato che i suggerimenti statici interpretati e definiti con paziente opera di
ricerca e di proporzionamento sono le più
efficaci fonti di ispirazione architettonica.
Per me questa regola è assoluta e senza
eccezioni”. La prima produzione di Nervi
si scontrava comunque con una non perfetta gestione degli spazi, ma questo era
dovuto in larga misura alla scarsa intesa
con i collaboratori. A tal proposito esempi
significativi sono il grattacielo Pirelli (19551959), Info: 0639967350
12 ARTECULTURA
Giulio Turcato, Comizio, 1950
Aleksandr Rodcenko
LAC Lugano Arte e Cultura
27 febbraio - 8 maggio 2016
Attraverso oltre trecento opere tra fotografie, fotomontaggi, collage, stampe
offset e costruzioni spaziali, il Museo d’arte della Svizzera italiana documenta con la
mostra Aleksandr Rodcenko, in programma dal 28 febbraio all’8 maggio 2016 nella
sede del LAC a Lugano, la carriera di uno
dei più noti esponenti dell’avanguardia russa e degli artisti più influenti del ventesimo
secolo.
Le opere in mostra sono state selezionate
da Olga Sviblova, fra le massime esperte di
fotografia e d’arte delle avanguardie sovietiche, direttrice del Multimedia Art
Museum di Mosca (già Moscow House of
Photography) e curatrice del Padiglione
Russo alla Biennale di Venezia del 2009.
L’avanguardia russa ha rappresentato un
fenomeno unico nel Novecento. La sorprendente energia creativa espressa dai suoi
esponenti alimenta ancora oggi i movimenti
artistici contemporanei, trovando riflesso
anche nelle più recenti forme di grafica e
design. Aleksandr Rodcenko (1891-1956) è
stato uno dei principali generatori di idee di
quella stagione straordinaria e ne ha incarnato lo spirito. Pittura, design, teatro, cinema,
tipografia, fotografia, sono i campi a cui
l’artista applicò il proprio talento, trasformandoli radicalmente e aprendoli a nuovi
percorsi di sviluppo. I primi anni Venti, in
particolare, rappresentarono “un’età intermedia” in cui, anche se per breve tempo,
sperimentazione artistica e sociale coincisero. Il carattere interdisciplinare dell’opera di
Rodcenko è documentato in mostra dalle
collaborazioni con altri artisti, letterati, intellettuali - come l’amico poeta Vladimir
Majakovskij, i registi Sergej Ejzenstein, Dziga
Vertov, gli scrittori Osip Brik e Sergej
Tret’jakov - ma anche dalle illustrazioni per
libri, riviste, manifesti pubblicitari e di propaganda. Info:+41 (0)588664230
La Spezia, CAMeC Centro Arte
Moderna e Contemporanea
5 febbraio - 9 ottobre 2016
A vent’anni dalla scomparsa di Giulio
Turcato (1912-1995), una delle voci più
originali della produzione artistica del XX
secolo, il CAMeC della Spezia attinge al suo
formidabile corpus, ne ripercorre il sorprendente iter e gli rende omaggio con un progetto espositivo di oltre 80 opere. Siamo nel
cuore del Golfo dei Poeti, a La Spezia, Città
dei Musei (ne ospita ben 7), al CAMeC il
Museo d’Arte Moderna e Contemporanea
della città. La mostra prende il via dalle opere
degli esordi di Giulio Turcato: siamo nell’immediato secondo dopoguerra (Natura morta
con pesci del 1945 e La presa delle terre del
1948). E’ proprio in quegli anni che Turcato,
senza essere cubista a tutti gli effetti, assorbe
dalla lezione cubista “educazione, disciplina
e coscienza formale”, ma “senza cedere ad
astrazioni” che facciano dimenticare la “realtà” e “l’uomo” (cit. dal manifesto dei
post-cubisti, a cui aderisce), cercando un
possibile (o impossibile?) compromesso tra
libertà formali e contenuti di impegno sociale. Proseguendo nel percorso espositivo, ecco
le espressioni della sua adesione all’astrattismo nel momento di più accesa e
dura querelle fra realisti e astratti: si tratta
di opere significative degli anni Cinquanta
e Sessanta (Giardino di Miciurin, 1953;
Mosche cinesi, 1956, La pelle, 1963). Più
avanti ancora, arriviamo alla sua particolare interpretazione dell’Informale e alla sua
indagine intorno al colore e al colore-luce
dei Cangianti (anni Ottanta e primi Novanta). “Si può dire che nell’uomo vi sono
ragioni quasi biologiche che l’hanno sempre spinto verso l’arte. Penso che questa
avventura è quella che lo contraddistingue
immediatamente dagli altri esseri...” (cit.
1957). Spiega la Mostra “Dalla forma
poetica alla pittura di superficie”. Marzia
Ratti, curatrice con Eleonora Acerbi dell’esposizione, bene ne traccia a riguardo il
percorso. Info: + 39 0187734593
INTERLUDI
INTERLUDI
D'ARTE
D'ARTE
Decorazione con Amorino, XVIII secolo
Umberto Boccioni, Il Mattino
La battaglia di Roncisvalle
ORLANDO FURIOSO 500 ANNI
SPIRITELLI, AMORINI,
GENIETTI E CHERUBINI
Allegorie e decorazioni di putti dal
Barocco al Neoclassico
Torino, Museo Arti Decorative
19 febbraio - giugno 2016
UMBERTO BOCCIONI
GENIO E MEMORIA
La fondazione Accorsi - Ometto dedica alla
fortuna del tema iconografico in putti una
mostra che, affidata alla cura di Vittorio
Natale viene allestita nelle sale espositive
del museo dal 19 febbraio al 5 giugno 2016:
l’argomento - pur avendo attirato in passato
l’attenzione di eminenti studiosi - non è mai
stato oggetto di una iniziativa espositiva
monografica in Europa.
Sotto le variate spoglie di spiritelli, amorini,
genietti o di cherubini - come recita il titolo
della mostra - i putti, ispirati all’arte antica
romana, hanno trovato ampia diffusione soprattutto a partire dal Rinascimento, dilagando durante il Sei e il Settecento con funzioni
decorative, ma anche allegoriche, e caratterizzando in vario modo sia l’arte profana che
quella sacra.
La mostra raccoglie sessantotto selezionatissimi oggetti provenienti da collezioni pubbliche italiane e private italiane e
straniere ed è articolata in sei sezioni
tematiche che sviluppano il tema dal punto di
vista privilegiato delle committenze sabaude
e piemontesi.
Nel percorso, che si articola partendo dall’origine e diffusione del tema e passando poi per le sezioni dedicate a Nelle
vesti di Amore, Allegorie profane,
Angioletti e cherubini, Giochi di putti,
Putti e arti decorative, sono esposti
dipinti, sculture in terracotta, in marmo, in
legno policromo, mobili, stampe, bronzi e
argenti.
Accanto alle opere anche di Guido Reni,
Isidoro Bianchi, Bartolomeo Guidobono,
Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, Francesco Cairo,Francesco Ladatte, Pietro Piffetti,
Michele Antonio Rapous, Ignazio e Filippo
Collino, lo sguardo viene allargato in alcune
sezioni al contesto internazionale, con opere
di Carle Van Loo, Camillo Rusconi e di Paul
Heerman. L’organizzazione della mostra è
stata occasione per alcuni significativi
recuperi di opere. Info: 011-8170812
Nel centenario della morte di Umberto
Boccioni (1882-1916) Milano celebra l’artista con una mostra frutto di un’inedita
collaborazione tra il Castello Sforzesco, il
Museo del Novecento e Palazzo Reale. In
mostra oltre 250 opere tra disegni, dipinti,
sculture, incisioni, fotografie d’epoca, libri,
riviste e documenti, con un eccezionale
corpus di 60 disegni di Boccioni del Castello
Sforzesco insieme a scritti e documenti inediti e recentemente riscoperti.
I genitori di Umberto, Raffaele Boccioni e
Cecilia Forlani, sono originari di Morciano di
Romagna (allora in provincia di Forlì, oggi in
provincia di Rimini). Ma il padre, che lavora
come usciere di prefettura, è costretto a
spostarsi lungo il territorio nazionale in base
alle esigenze di servizio. Umberto nasce il 19
ottobre 1882 a Reggio Calabria; successivamente la famiglia si trasferisce a Forlì, dove
Umberto trascorre l’infanzia. Nell’estate del
1885 la famiglia, lasciata Forlì, è già a Genova; cinque anni dopo è a Padova. Nel 1897
giunge l’ordine di un nuovo trasferimento a
Catania. Questa volta la famiglia si separa:
Umberto e il padre vanno in Sicilia; la madre
con la sorella maggiore Amelia, nata a Roma,
restano a Padova. A Catania Umberto frequenta l’istituto tecnico fino ad ottenere il
diploma. Collabora con alcuni giornali locali
e scrive il suo primo romanzo: Pene dell’anima, che reca la data 6 luglio 1900. Nel 1901
Umberto si trasferisce a Roma, dove il padre
è stato di nuovo trasferito. Frequenta spesso
la casa della zia Colomba. In poco tempo
s’innamora di una delle sue figlie, Sandrina.
Umberto ha circa vent’anni e frequenta lo
studio di un cartellonista, dove apprende i
primi rudimenti della pittura. Conosce Gino
Severini, col quale frequenta, a Porta
Pinciana, lo studio del pittore divisionista
Giacomo Balla.All’inizio del 1903 Umberto
e Severini frequentano la scuola libera del
nudo dove incontrano Mario Sironi.
Info:02-88445181
Milano, Palazzo Reale
23 marzo - 10 luglio 2016
Cosa vedeva Ariosto quando
chiudeva gli occhi
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
24 settembre 2016- 8 gennaio 2017
Dal 24 settembre 2016, Palazzo dei Diamanti dedicherà una grande esposizione al
capolavoro della letteratura italiana del Cinquecento: l’Orlando Furioso di Ludovico
Ariosto. Concepito nella Ferrara estense e
stampato in città nel 1516, il poema è uno
dei capolavori assoluti della letteratura
occidentale che da subito parlò al cuore dei
lettori italiani ed europei. A celebrarlo nel
quinto centenario della sua prima edizione
non sarà una mostra documentaria o di
fortuna pittorica, bensì una vera e propria
mostra d’arte che condurrà il visitatore in
un affascinante viaggio tra le pagine del
poema, tra battaglie e tornei, cavalieri e
amori, desideri e incantesimi.
Curata da Guido Beltramini e Adolfo Tura,
e organizzata dalla Fondazione Ferrara
Arte, la mostra presenterà una selezione di
capolavori dei più grandi artisti del periodo, da Giovanni Bellini a Andrea Mantegna,
da Giorgione a Dosso Dossi, da Raffaello
a Leonardo, da Michelangelo a Tiziano.
Accanto a questi, sculture antiche e rinascimentali, incisioni, arazzi, armi, libri e
manufatti di straordinaria bellezza e preziosità, faranno rivivere il fantastico mondo cavalleresco del Furioso e dei suoi
paladini, offrendo al contempo un suggestivo spaccato della Ferrara in cui fu concepito il libro e raccontando sogni, desideri
e fantasie di quella società delle corti italiane del Rinascimento di cui Ariosto fu
cantore sensibilissimo. L’Orlando furioso
è un poema cavalleresco di Ludovico
Ariosto pubblicato nella sua edizione definitiva nel 1532. Il poema, composto da 46
canti in ottave (38.736 versi in totale),
ruota attorno al personaggio di Orlando, a
cui è dedicato il titolo, e a numerosi altri
personaggi. L’opera, riprendendo la tradizione del ciclo carolingio e in parte del ciclo
bretone, si pone a continuazione dell’incompiuto Orlando innamorato di Matteo
Maria Boiardo: in seguito, tuttavia, Ariosto
considererà l’Orlando innamorato solo
come una fonte a cui attingere.
Info: tel. 0532-244949
ARTECULTURA
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Luoghi
d’immagini
Echi di gallerie
a cura di Aoristias
LUOGHI D’IMMAGINI,apre ad una
nuova possibilità di collaborazione con le Gallerie particolarmente
di Milano. Pertanto quelle che ci
anticiperanno a tempo di stampa i
loro comunicati sulle mostre, a discrezione redazionale saranno corrisposti di menzione critica, ed al
caso, anche con riproduzione di
foto. Si ringrazia per l’attenzione.
[email protected]
MUYBRIDGE
19 maggio - 31 luglio 2016
Finalmente una grande mostra italiana
su Eadweard Muybridge (1830 –
1904), il fotografo che “inventò” il
movimento, influenzando con le sue
immagini Degas e gli artisti del suo
tempo e anticipando la nascita del cinema. A proporla a Milano dal 19 maggio al 31 luglio è la Galleria Gruppo Credito Valtellinese, con la curatela di Leo Guerra e Cristina Quadrio
Curzio. Con Muybridge l’arte moderna
anticipa i suoi metodi oggettivi e sperimentali che avranno larga eco nell’arte
del XX secolo. Info 02 48008015
MCALPINE
Sino al 28 aprile 2016
La bella mostra personale Elizabeth
McAlpine cinematic sediments in programma alla Artopia di Milano presenta per la prima volta una selezione
di lavori dell’artista tra quelli che meglio attestano il suo interesse per una
sorta di “geologia filmica”. La selezione include sei type print del ciclo
The Ends, iniziato nel 2013: una serie
di singole immagini basate su quei fotogrammi residuali che costituiscono la
14
ARTECULTURA
fine fisica, piuttosto che narrativa, del
tempo filmico. Ricavati da pellicole
35mm, questi lembi terminali hanno registrato l’accidentale e continuo trattamento dell’uomo e del tempo (graffi, polvere, sovraesposizioni, etc). Una mostra
che indaga il concentrato del linguaggio
filmico, la sua “grammatica” in rapporto
diretto con il tempo e le sue contraddizioni. Info 02 5460582
WAR IS OVER
10 febbraio - 10 aprile 2016
War is over!, a cura di Gabriele D’Autilia
ed Enrico Menduni, propone un confronto
tra due diversi sguardi che raccontano la
Liberazione in Italia: quello delle fotografie a colori dei Signal Corps dell’esercito
americano e quello delle immagini in bianco e nero dei fotografi dell’Istituto Luce,
molte delle quali inedite o precedentemente censurate. La mostra è promossa
e organizzata da Istituto Luce-Cinecittà
e da Forma Meravigli di Milano,
un’iniziativa di Fondazione Forma per la
Fotografia in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano e Contrasto, con il patrocinio dell’Università degli
Studi Roma Tre e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Info 0258118067
IN ALIAM FIGURAM MUTARE
20 maggio - 28 agosto 2016.
La notevole mostra allestita al Castello
Sforzesco di Milano presenta il profondo rapporto che tramite il mezzo fotografico Mario Cresci ha intessuto nei
confronti della celebre Pietà Rondanini
di Michelangiolo. E da questo punto di
vista si avverte come il raffinato e profondo riporto in chiaroscuro tipico del linguaggio fotografico sia in grado di interpretare il mistero emotivo, ancor prima
che plastico e volumetrico, che la straordinaria scultura michelangiolesca continua ad irradiare, stimolo di sempre nuove riflessioni.
HERB RITTS
20 febbraio - 5 giugno 2016
Dal 20 febbraio al 5 giugno 2016, la Casa
Milanese della Fotografia si apre per celebrare l’arte e lo stile di Herb Ritts (19522002), fotografo statunitense tra i più rinomati e apprezzati, le cui opere hanno
contribuito a costruire il patrimonio dell’immaginario collettivo mondiale degli
ultimi decenni. L’importante rassegna milanese, dal titolo In equilibrio, è curata da
Alessandra Mauro. Una ricerca fotografica, quella di Ritts, di esemplare
efficacia espressiva e di acuta osservazione della realtà sociale e storica
contemporanea. Info 0243353535
SOL LEWITT
26 gennaio - 15 aprile 2016
La mostra in programma alla galleria
Cardi di Milano documenta l’acuta
ed innovativa ricerca teorica ed
espressiva di Sol Lewitt, figura di assoluto rilievo nell’ambito dell’arte
plastica del XX secolo. La prima parte della produzione artistica del maestro, risalente agli anni Sessanta, è
minimalista ed incentrata sulla costante
figura geometrica del cubo che l’artista
ritiene, essere “mancante di aggressività”, base per ogni funzione più complessa. Per Sol Lewitt il dato plastico è sempre la punta convergente di un’analisi razionale che connette i temi e il luoghi
dello spazio con i suoi fondamenti geometrici e matematici.
Info 02 0245478189
Sol Lewitt, Proiezione isometrica, disegno
PUGLISI
8 marzo - 24 aprile 2016
Nei dipinti di Lorenzo Puglisi in mostra alla galleria Il Milione di Milano si assiste al capovolgimento del
consueto rapporto tra luce e buio. Di
solito l'oscurità viene intesa come assenza, sottrazione di luce: il buio che
pervade le opere del giovane artista
biellese invece sembra nascere da un
ispessimento della luce. È come se il
bagliore si accumulasse, si addensasse sulla superficie pittorica, e questa
esagerazione luminosa portasse all’implosione, alla tenebra. Le parti irrorate di luce (un chiarore lunare e
conturbante) sembrano a loro volta
scavate all’interno dell’oscurità. Un
linguaggio artistico in cui la forma
cela all’infinito il senso della propria
affascinante ed inafferrabile presenza.
Info 02 290 63 272
MIGLIORI
5 marzo - 5 giugno 2016
A Modena, in particolare, Migliori ha
fotografato i leoni stilofori del transetto della Cattedrale e più recentemente le otto metope, sculture attribuite al cosiddetto “Maestro delle
Metope” (prima metà XII secolo) utilizzate originariamente per decorare
le terminazioni dei quattro conrafforti della navata. Stampate in bianco e nero, le immagini consentono di
analizzare la figura e i dettagli delle singole sculture; sono l'esito di uno sguardo
contemporaneo, ma al tempo stesso antico, che restituisce una visione architettonica particolarmente suggestiva.
Info 059 2032911
MARIA LUISA RITORNO
In questa suggestiva interpretazione della scultrice Maria Luisa Ritorno, ma
sarebbe meglio dire esplorazione plastica, il nodo della forma esprime nel concentrato del suo simbolismo il vigore di
un’energia interiore intensa e vibrante.
Scultura che non rilascia alcuna concessione alla divagazione decorativa ma
che si concentra nel fascino profondo della materia che viene limpidamente trascesa dal lucido kunstwollen dell’artista, dalla sua evolutiva e coinvolgente
progettualità. Una scultura che, pertanto, rivela la vena profonda della sua
ispirazione, lontano da quello che possono essere i richiami delle mode convenzionali, ma solo attenta al proprio
immaginifico mondo.
info: [email protected]
Maria Luisa Ritorno, Germoglio 2013
refrattaria patinata, h.54x17x12
RONCONI Gli Anni della Scala
Costituisce un doveroso
omaggio e nel contempo
stesso un’acuta indagine
sul pensiero e l’opera di
Luca Ronconi il volume
edito recentemente dagli
Amici della Scala a cura di Vittoria Crespi Morbio con le testimonianze di Angelo Foletto e Cesare Mazzonis. Un libro nel
quale l’accordo tra il linguaggio fotografico e l’avventura teatrale di Ronconi
procedono di pari passo, quasi condotta
da una comune sinergia spirituale,
ancor prima che fisica od estetica. Infatti il ricco apparato iconografico del
volume ricostruisce la complessità degli
spettacoli di Ronconi: segue i movimenti
scenici, visualizza il lavoro dietro le quinte, pone in rilievo la sontuosità dei costumi e la fantasmagoria delle macchine
sceniche. Il libro si struttura su due dimensioni. Una prima prospettiva segue
il divenire degli allestimenti, che Ronconi
concepisce come continua metamorfosi.
La seconda prospettiva spezza invece la
continuità attraverso le zoomate sui protagonisti: Ronconi ha dato la propria impronta a un’epoca della storia scaligera
grazie alla collaborazione con direttori
e cantanti: vediamo Mirella Freni,
Nicolai Ghiaurov, Josè Carreras, Piero
Cappuccilli nell’atemporale Don Carlo
con le scene di Damiani; Placido
Domingo, Renato Bruson, nel tenebroso
Ernani allestito da Ezio Frigerio, Cecilia
Gasdia, Lucia Valentini Terrani nella
fantasmagoria surreale del Viaggio a
Reims architettata da Gae Aulenti. Il teatro di Ronconi rivive così in una sua nuova dimensione comunicativa, in cui il movimento, il gesto, travalicano la stessa parola teatrale per rendere la scena atto
veramente compiuto e davvero liberatorio. Aoristias
MIA Fair - Milano 28 aprile / 2 maggio
MIA Fair, la prima e più importante fiera
italiana della fotografia d’arte, ideata e diretta a Milano da Fabio Castelli, sceglie
anche per il 2016 come propria location
The Mall, centro polifunzionale nel rinnovato quartiere di Porta Nuova – Varesine,
punto di riferimento per la città che guarda al futuro. Confermando quella che è
stata la novità più evidente dell’edizione
2015, senza dubbio una delle più apprezzate dal pubblico e dagli operatori.Già fissate le date per la sesta edizione della rassegna: opening giovedì 28 aprile 2016, chiusura lunedì 2 maggio. Una scelta, quella di
prolungare l’apertura di MIA Fair alla giornata di lunedì, che si basa sul successo di
pubblico ottenuto proprio quest’anno, quando per la prima volta MIA Fair è andata oltre la consueta collocazione nel week-end.
GALLERIA PONTE ROSSO
dal 1973GALLE
dal 10 marzo
al 9 aprile 2016
Ritorno all’università trent’anni dopo
Incontro finalmente due miei professori; ma in marmo
I disegni umoristici di
NOVELLO
Inaugurazione
giovedì 10 marzo ore 18
presentazione di
GIAN ANTONIO STELLA
20121 - Milano via Brera 2
Corrisp. via Monte di Pietà 1A
Tel./Fax 02.86461053
E-mail: [email protected]
www.ponterosso.com
Orario di apertura:
10-12,30 / 15,30-19
Chiuso domenica e lunedì
ARTECULTURA
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FASHION
Moda e stile negli scatti
del National Geographic
TOULOUSE-LAUTREC
La Collezione del Museo delle Belle Arti di Budapest
Roma, Museo Ara Pacis
Sino all’8 maggio 2015
Con circa 170 opere provenienti dal
Museo di Belle Arti di Budapest, arriva al Museo dell’Ara Pacis di
Roma una grande mostra su Toulouse-Lautrec, il pittore bohémien
della Parigi di fine Ottocento, che
ripercorre la vita dell’artista dal
1891 al 1900, poco prima della sua
morte avvenuta a soli 36 anni. La
mostra, promossa dall’Assessorato
alla Cultura e allo Sport di Roma –
Sovrintendenza Capitolina ai Beni
Culturali, è prodotta da Arthemisia
Group e organizzata con Zètema Progetto Cultura e consentirà di portare a Roma il fiore della raccolta di
opere di Toulouse-Lautrec conservata al Museo di Belle Arti di Budapest
(Szépmu vészeti Múzeum), uno dei
più importanti in Europa, con capolavori che vanno dal Medioevo al
Novecento. In occasione dell’esposizione romana, curata da Zsuzsa
Gonda e Kata Bodor, circa 170 litografie della collezione (tra cui otto
affiches di grande formato e due
cover degli album della cantante,
attrice e scrittrice francese Yvette
Guilbert con circa 10 litografie) lasceranno Budapest per essere esposte al Museo dell’Ara Pacis dal 4 dicembre 2015 all’8 maggio 2016. Attraverso questa esposizione sarà
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ARTECULTURA
possibile conoscere a tutto tondo
l'opera grafica di Toulouse-Lautrec:
manifesti, illustrazioni, copertine di
spartiti e locandine, alcune delle
quali sono autentiche rarità perché
stampate in tirature limitate, firmate e numerate e corredate dalla dedica dell'artista. Curate da Zsuzsa
Gonda e Kata Bodor, le cinque sezioni all’interno del percorso raccolgono i focus d’interesse dell’artista:
la vita notturna parigina, con i
bordelli e i teatri di Montmartre
(L’inglese al Moulin Rouge, 1892);
le attrici in voga all’epoca, come la
famosa e fascinosa danzatrice di can
can la Gouloue (Al Moulin Rouge: La
Gouloue e sua sorella, 1892); fino a
raccontare il suo grande amore per le
corse dei cavalli a Longchamp (Il
fantino, 1899) e per le nuove invenzioni (Gita in campagna, 1897). Henri
de Toulouse-Lautrec è considerato il
più famoso maestro di manifesti e stampe tra il XIX e XX secolo. La peculiarità della sua arte, al contrario dei
suoi contemporanei, è l’avere come
soggetto la gente, il proletariato e i
loro divertimenti, affascinando così la
borghesia francese. Sua grande fonte d’ispirazione è il quartiere parigino di Montmartre e la maggior parte
delle sue opere sono riconducibili alla
vita notturna e ai locali di zona.
Info 060608
Palazzo Madama di Torino presenta, dal
4 febbraio al 2 maggio, FASHION, una
nuova grande mostra fotografica ideata e
prodotta da National Geographic Italia.
62 immagini di grande formato, realizzate da
36 maghi dell’obiettivo tra cui Jodi Cobb,
Alexander Graham Bell, Chris Johns,
Stephanie Sinclair, Robin Hammond, Ed
Kashi, Cary Wolinski, Reza, William Albert
Allard, Eliza Scidmore, Steve Raymer, David
Alan Harvey, Joseph Rock offrono un’affascinante prospettiva globale sul significato
storico e culturale dell’abbigliamento e dell’ornamento e su ciò che ruota intorno al
concetto di stile.
Un concetto che in principio nacque da un
istinto antico, di decorare il corpo, di apparire belli, o diversi, di dichiarare un senso di
identità. Qualcuno dice che la moda da sempre esprime al tempo stesso l’effimero e
l’eterno, e definisce un’appartenenza sociale, economica, politica, religiosa.
In questa prospettiva il percorso in mostra,
illustra come le passerelle della moda di Milano e Parigi hanno molto più in comune di
quanto si possa pensare con le praterie
dell’Oregon, le foreste pluviali di Papua Nuova Guinea, i villaggi africani, i templi
giavanesi.
FASHION arricchisce con un nuovo capitolo il filone delle mostre fotografiche che
ormai da qualche anno Palazzo Madama
accoglie nella suggestiva Corte Medievale e
costituisce la seconda tappa, dopo Women
of Vision del 2014, della partnership tra la
Fondazione Torino Musei e National
Geographic Italia. Tra i fotografi in mostra:
Clifton R. Adams, William Albert Allard,
Stephen Alvarez, James L. Amos, Alexander
Graham Bell, Horace Brodzky, John Chao,
Jodi Cobb, Greg Dale, Mitch Feinberg, Georg
Gerster, Robin Hammond, David Alan
Harvey, Chris Johns, Beverly Joubert, Ed
Kashi, Keenpress, Lehnert & Landrock,
Mrs. Mary G. Lucas, Horst Luz, Luis
Marden, Pete McBride, Charles O’Rear,
Randy Olson, Steve Raymer, Roland W.
Reed, Reza, J.Baylor Roberts, Joseph F.
Rock, Eliza R. Scidmore, Stephanie Sinclair,
Tino Soriano, Maggie Steber, Anthony B.
Stewart, Amy Toensing, Maynard Owen
Williams. Info 011 4433501
Il Punto
Maestri Moderni e Contemporanei
ALDO PARMIGIANI
e la pittura affettiva
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Perché solo adesso ? Perché c’è un tempo per tutto. C’è un tempo per vivere e un
tempo per ricordare. E questo è il mio tempo. Tempo di memorie. Tempo di riflessione. Con queste significative espressioni
introduttive Enrica Parmigiani presenta il
suo coinvolgente volume, IO TI DIPINGO
COSI’ - Ritratto familiare di Aldo Parmigiani che nel celebrare i cinquant’anni di
matrimonio con l’artista nel contempo ne
fornisce un ritratto a tutto tondo, collocando la loro vita sullo sfondo della storia sociale del tempo di cui ed in cui i loro affetti
si sono reciprocamente arricchiti pur nelle
naturali difficoltà della vita di tutti. Aldo Parmigiani è nato nel 1935 a Milano e più precisamente nel quartiere di Affori che, all’epoca, ancora faceva pura campagna prima che l’urbanizzazione dei decenni successivi ne alterasse non di poco la fisionomia e
come afferma lucidamente la scrittrice:
“...proprio lì Aldo ricorda la sua fanciullezza felice e serena, vissuta per lo più
nella spensieratezza di giochi all’aria
aperta in compagnia dei ragazzi del rione.” .Dal matrimonio nascono altri due fratelli Roberto, pasticciere, e Franco che diverrà prete con i quali l’artista mantiene profondi i suoi legami. Aldo sin da giovanissimo
avverte il richiamo della pittura, del mondo
ARTECULTURA
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6
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3
4
dei colori e delle forme, afferma infatti egli
stesso: “..Nella mia vita ho semplicemente seguito il filo delle mie passioni e sempre mi sono diretto dove mi portava il
cuore. La passione per la pittura nasce
da una cassetta di colori avuta in dono
per Natale all’età di 13 anni.” Tuttavia
all’età di 14 anni deve affrontare il mondo
del lavoro, ma il commovente incontro del
giovanissimo Aldo, in pantaloni alla zuava,
con Giovanni Maria Mossa, veramente ar-
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ARTECULTURA
tista e uomo d’altri tempi, che ne intuisce la
naturale disposizione alla pittura, è un significativo, forse decisivo tassello, per Aldo a
perseverare nel confronto con l’arte. Per
lui l’altro incontro decisivo, quello con la futura moglie Enrica, avviene, come scrive
l’autrice “... in una piccola ditta, pochi dipendenti e tutti giovanissimi, atmosfera
di buon cameratismo, amicizia e spensieratezza. E’ l’anno 1950”. E ad un certo
momento l’amicizia prende fuoco”. E’
l’inizio di una storia bellissima che viene consacrata il 1 maggio 1961 nella chiesa di
Abbiate Guazzone e suggellata dalla nascita
di quattro figli Andrea, Marco, Roberta e
Paola. Un’attrazione sentimentale e culturale che coinvolge i due artisti e - lo si sperimenterà nel tempo - che unirà alla passione di Aldo per la pittura, quella non meno
significativa di Enrica per la poesia di cui è
sensibile cultrice anche con testi in vernacolo oltre che in lingua nazionale, che spiritualmente arricchiscono il volume. Quasi che
da ogni quadro di Aldo sorga una poesia di
Enrica e viceversa.
A partire dalla fine degli anni sessanta l’impegno artistico del pittore diventa sempre
più stringente, sino a divenire vera e propria
professione. Nasce allora, in un certo senso, la suggestiva capacità dell’artista di dar
luce e corpo a quell’eterno femminino che
da sempre è stato cantato da artisti, poeti,
scrittori, ma a cui Aldo Parmigiani conferisce il volto della più oggettiva naturalezza.
Il mito dell’archetipo femminile si stempera,
si scioglie in quadri domestici, intimi ma ricchi di psicologica seduzione, in paesaggi e
prospettive a cui l’improvviso apparire della
figura muliebre conferisce silenziosamente
il vero tono espressivo dell’opera. Ma ancora una volta sono le poetiche parole
della consorte a presentare di questo mondo concreto ed evocativo di Aldo la migliore definizione: “... Così sono le donne di
Aldo che si ammirano sulle sue tele. Donne con lo sguardo schivo quasi a custodire e difendere la propria intimità, donne in atteggiamenti dolci e composti che
rispecchiano una semplice quotidianità
ricca di sentimenti, di sensualità a volte
velata di malinconia”. Che dire di più? Il
ritratto interiore dell’uomo e dell’artista ne
esce limpido e affascinante, come, appunto,
la sua pittura. Nel 1973 la prima personale
del pittore a Milano alla Galleria Il Capricorno a cui ne seguiranno molte altre in
prestigiose sedi, sia in Italia che all’estero,
ed alle quali è da aggiungere nel 1983 la
prima importante monografia dedicata all’artista e curata dal critico Carlo Munari
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Marco
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Roberta
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Andrea
10
senza dimenticare altri importanti studiosi dell’arte contemporanea, come Mario De
Micheli, autore di uno dei migliori testi interpretativi sull’arte di Parmigiani, scritto in
occasione dell’antologica dell’artista a Palazzo Bandera di Busto Arsizio in un
prestigioso catalogo che sarà presentato con
larga partecipazione di pubblico e personalità al Museo del Teatro alla Scala di Milano. Da queste considerazioni emerge il profilo dell’acuta sensibilità di Aldo ed Enrica
Parmigiani, della solidità del loro legame affettivo. Da questo punto di vista non c’è
miglior prova dei bozzetti che lo stesso Aldo
tratteggiò in un momento assai delicato
allorchè una grave malattia aveva colpito
la moglie. In questi disegni la matita dell’artista ritrae con straordinaria efficacia
espressiva e d’atmosfera il volto sofferente, pensieroso della moglie, cogliendone al
tempo stesso l’energica vitalità che neppure la malattia ha potuto vincere. Scrive a
proposito la stessa Enrica “...A me basta il
suo sguardo un po’ smarrito, gli occhi
umidi, quella sua stretta di mano forte e
tenera al tempo stesso, per leggervi tutto
quello che avrebbe voluto dirmi.” Ancora
una volta le parole commosse della moglie
danno il là alla situazione, ed entrano in una
suggestiva corrispondenza percettiva e spirituale con quei bellissimi bozzetti che ne
sono l’esemplare trascrizione grafica.
Ecco quindi la realtà concreta della storia di
Aldo ed Enrica Parmigiani, sostenuta anche
da una fede religiosa vissuta nel profondo,
senza ostentazioni, la loro luminosa vicenda che ne contraddistingue il percorso esistenziale, pur nelle naturali difficoltà che
la vita comporta. Su queste premesse il
loro rapporto è andato sempre più scoprendo nuovi fermenti di collaborazione e
reciproco coinvolgimento nella realtà effettiva di quella famiglia che, malgrado ogni
contrasto ed ostacoli, tutto nutre e vivifica, arte compresa.
Teodosio Martucci
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STUDIO DI VIA ANFITEATRO
Mi piace il suo studio silenzioso
l’immensa luce che vi abita
l’acre odore dei colori,
i pennelli messi in vaso come fiori,
la tavolozza dai toni variegati
con i colori stesi ben allineati
Sul cavalletto, come fosse in posa,
una tela bianca è lì in attesa
di prender vita per suscitare
quell’emozione che tu sai regalare.
Amo questo luogo di magia!
Respiro un’atmosfera di poesia
come il profumo delle cose buone.
Tutto qui ha il volto e il sapore
dell’arte che tu vivi con passione
dell’amore che metti in ogni gesto
del tuo vivere semplice e sereno
della tua arte ch’è viva espressione
del tuo credo a ideali di bontà
agli affetti cari, alla comunione
di valori di amicizia di lealtà.
Enrica Parmigiani
Repertorio forografico
1-Copertina del libro
2- Autoritratto giovanile
3- Aldo Parmigiani e il suo primo maestro G. M. Mossa
4- Ritratto di Pertini donato dal comune di Guazzorra
5-Gli sposi Enrica Cortellezzi e Aldo Parmigiani
6 Il maestro Parmigiani con alcune sue modelle e
l’Amico Cesarino
7-Marco
8- Roberta
9-Andrea
10- Paola
11- La moglie Enrica degente
12- Il Maestro Parmigiani nello studio milanese di
via Anfiteatro 9
13- La Famiglia Parmigiani in un suo conviviale
momento di ricordo.
14-Autoritratto da giovane del maestro Aldo
Parmigiani al cavalletto
15- Milano, la prima personale di Aldo Parmigiani
alla Galleria Il Capricorno nel 1973
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Paola
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ARTECULTURA
I LIBRI
EINAUDI
1933-1983
La mostra allestita presso la Galleria
Gruppo Credito Valtellinese, dal 31 marzo al 23 aprile, presenta cinquant’anni
di cultura del Novecento attraverso i libri pubblicati da Giulio Einaudi dal 1933
al 1983, dalla fondazione fino al passaggio alla Mondadori. Ad essere documentato è il mezzo secolo in cui lo Struzzo che stringe un chiodo nel becco con, sullo sfondo, un paesaggio con un castello
e il motto Spiritus durissima coquit - è stato, per molti, indiscusso simbolo di qualità e di eccellenza culturale. Ma anche riferimento ideologico e soprattutto intellettuale. Grazie al collezionista Claudio
Pavese, che in oltre tremila volumi e documenti ha ricostruito la più ampia e completa storia della casa editrice italiana
più influente sul piano culturale e una
delle principali a scala internazionale, è
possibile rivedere in sintesi l’intero catalogo pubblicato.
Si parte dalla ricostruzione del clima
cultural-editoriale della Torino di Piero
Gobetti e di Carlo Frassinelli. Subito dopo
libri in prima edizione, riviste, pubblicazioni, tutte le celebri collane (ben 92, dai
celebri “Coralli” ai “Gettoni” e a
“Centopagine”, dalla precorritrice “Collana viola” a “Tantibambini”, solo per
citarne alcune) scorrono sotto i nostri occhi in un intreccio potente di cultura, editoria e grafica, decennio dopo decennio
dagli anni Trenta al vivacissimo secondo
dopoguerra. Info 02 4800 8015
"Il giovane Holden", pubblicato in prima edizione
italiana il 9 novembre ’61
Carlo Carrà, Il Pescatore
Alberto Biasi, Monotipo
AL PRIMO SGUARDO
Rovigo, Palazzo Roverella
e Palazzo Roncale
Dal 27 febbraio al 5 giugno 2016
Le Collezioni d’arte della Fondazione Cassa
di Risparmio di Padova e Rovigo, ricche di
più di mille pezzi, vengono per la prima volta
svelate al pubblico a Rovigo.
Per ospitare le circa duecento opere che
rappresentano il fior fiore della imponente
raccolta di pittura e scultura sono state scelte due diverse sedi, tra loro vicinissime: Palazzo Roverella e Palazzo Roncale.
La prima è la sede della Pinacoteca dei Concordi e di tutte le grandi esposizioni d’arte
rodigine; il secondo, Palazzo Roncale, sorge
dirimpetto al Roverella ed è un imponente
palazzo nobiliare rinascimentale, patrimonio della Fondazione, che ha provveduto al
suo completo restauro. Questa mostra offre
quindi anche l’occasione per ammirare gli
interni restaurati di questa nobile dimora.La
scelta della Fondazione è stata di privilegiare, per questa doppia mostra rodigina affidata alla curatela di Giandomenico Romanelli
e di Alessia Vedova, l’ampio corpus di opere riguardanti i due più recenti secoli, l’Ottocento e il Novecento. Pur prevedendo alcune eccezioni, là dove questo risulti indispensabile per dare completezza ad alcuni nuclei
della grande collezione della Fondazione. Per
motivi storici e di appartenenza non c’è dubbio che l’interesse maggiore si concentrerà
sulla presentazione di un nucleo ancora inedito della Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio. Si tratta dei dipinti riuniti
nella collezione di Pietro Centanini, che recentemente l’ha voluta donare alla Fondazione affinché possa mantenersi integra e
soprattutto possa essere goduta dalla collettività. La sua è una raccolta d’arte che unisce ai molti acquisti, ben guidati, che il collezionista aveva fatto sul mercato, il patrimonio d’arte della sua antica famiglia.
Com’è testimoniato dall’esposizione, Pietro
Centanini indirizzava le sue scelte soprattutto sugli artisti veneti ma anche, in omaggio
alla moglie di origine partenopea, alla scuola
napoletana. Pur senza chiusure aprioristiche.
In collezione si trovano infatti opere di gradissimo interesse di Palizzi, De Nittis, Lega,
Ghiglia, Boldini, Fattori, Soffici, Rosai, de
Pisis, de Chirico, Guttuso De Chirico, insieme a Zandomeneghi, Milesi, Luigi Nono,
Licata, Brass, Barbisan ma anche Utrillo e
Chagall. La Famiglia invece collezionava i
vedutisti e i pittori di interni, compresi alcuni
magnifici Guardi. Se la Collezione Centanini
sarà una novità per tutti, il nucleo maggiore
della Fondazione Cariparo non mancherà di
stupire per ricchezza e varietà di contenuto.
In esso sono testimoniati ben 5 secoli di storia dell’arte veneta e italiana. Si passa più
puntualmente a Oreste Da Molin, Giuseppe Manzoni e al Cavaglieri, gloria rodigina.
Il Futurismo è ben rappresentato da Tullio
Crali, mentre il secondo dopoguerra è presente con una sequenza notevolissima di
opere, a ricordare l’importanza del gruppo N e dell’optical, con Biasi, Landi,
Chiggio Massironi e infine tre opere di
Castellani. “Quella che presentiamo in questa mostra è solo una parte della nostra
collezione”, chiarisce il Presidente della
Fondazione Antonio Finotti. Complessivamente la Fondazione ha un patrimonio di
oltre mille opere di pittura, insieme a diversi nuclei di sculture (solo in minima parte qui esposti) e a incisioni, disegni, manoscritti. Insomma un vero e proprio museo che incrementiamo regolarmente con
oculate acquisizioni. Ci sembrava doveroso e coerente con la nostra missione rendere fruibile al grande pubblico un patrimonio
artistico costruito nel tempo anche con opere
lasciate dai cittadini del territorio”.
ARTECULTURA
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Ilaria Flores
“SFERICITA’ DELL’ARMONIA”
Dal basso di sinistra in senso orario, piatto dipinto su smalto, piatto realizzato in sgraffito, vaso sferico sgraffito e vaso sferico realizzato con smalto e cuerda seca.
La forma sferica, appartiene a quel
campo di configurazioni estetiche che
hanno in sè il senso della perfezione,
l’imprinting dell’ideale puro. E non è
un caso, allora, che da sempre essa
abbia suscitato l’interesse non solo
degli artisti, ma anche di filosofi e
pensatori. Ed è probabilmente su queste
premesse culturali che si dispone
l’inventiva creatrice di Ilaria Flores
che nel campo della ceramica scopre
delle sue personali ed originali
modalità espressive. La ceramica è
tecnica antichissima, dal fascino
primordiale che si protende sino ad
oggi nel cuore della post/modernità.
La sua bellezza oltre che dalla naturale
abilità degli artisti è il frutto anche del
magico contatto con elementi pri-
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ARTECULTURA
migeni come la terra, il fuoco. Tocca
poi alla sensibilità dell’artista configurarla in forme suggestive e
comunicative. Un obiettivo che Flores
raggiunge imprimendo alle sue opere
il senso di una perfezione lucida e
compiuta, strutturando con eleganza
le possibilità spaziali offerte da forme
sferiche, come nello stesso tempo
confrontando la sua ceramica con altre
articolazioni espressive. Forma e
calligrafia si integrano in un linguaggio
di equilibrio in cui la lucentezza del
colore esalta la plasticità delle
superfici conferendo loro ritmo
percettivo e stilistico. Decorazione
ed espressività che in altre forme
artistiche potrebbero essere in
contrasto qui, invece, sono armo-
nizzate: l’eleganza incontra l’emozione
del colore, della luce. In alcune opere
le superfici sono trattate quasi come
una sorta di ricamo che annulla ogni
sensazione di vuoto, facendo vibrare i
piani. L’artista opera con un senso di
raffinato cesello che per certi aspetti
pare ricordare alcuni tratti della
ceramica orientale. Flores trasmette
quindi con queste forme un ideale di
bellezza ben definito e al tempo stesso
emozionante che poeticamente rimanda anche ad echi Liberty e di Art
Decò, epoca di insuperato splendore
decorativo a cui la proposta espressiva
e culturale di Flores non pare affatto
indifferente, ma anzi attenta e
sensibilmente partecipe.
Aoristias
Rosanna Scorrano mostra personale
al Circolo Ufficiali delle Forze Armate
Roma, dal 21 al 29 maggio 2016, Via XX Settembre n. 2
Catuccia, tela, 50x60
Vi sono due elementi primari, che
a prima vista, possono interagire con
l’osservatore attento, sensibile, della
pittura di Rosanna Scorrano. In primo luogo la complessa, eppur lucida
costruzione dell’insieme compositivo con cui l’artista dà rilievo ed
espressione alla sua figurazione e in
secondo luogo la vena introspettiva
che la permea dal profondo. Una
figurazione che sonda l’animo umano, lo sperimenta nella gamma infinita di toni cromatici e di segni grafici che della personalità individuale e
sociale ne svelano i molti e contraddittori aspetti. In queste espressioni,
caratterizzate da una sintassi di ascendenza neocubista - non ci si lasci fuorviare - non è il fattore formalistico,
preso in sé stesso ad esprimere il
genuino orientamento culturale e psicologico dell’artista, ma il senso di
mistero, a volte persino di smarrimento, che emerge da questi volti, figure,
vigorose e raffinate al tempo stesso.
Qui le ombre scompaiono per lasciar
il passo ad arabeschi che sorgono dai
recessi profondi della memoria e si
incastrano secondo i meccanismi di un
orologio che non è quello della logica ordinaria, ma del puro istinto, sia
pure guidato dalla capacità professionale e dalla sensibilità estetica. Ogni
forma per la Scorrano è se stessa e al
tempo stesso il suo
contrario, il suo doppio. Il dinamismo
della compenetrazione tra piani e volumi, allude a quello
delle idee e dei pensieri, illumina il loro
fluire magnetico ed
imprevedibile che la
pittura si sforza di
seguire e perseguire.
Talvolta l’immagine si salda in un esempio di lampante realismo come nel suggestivo Donne Sarde che pare evocare il realismo asciutto, essenziale di Ben
Shan. Il viaggio pittorico della Scorrano
è un viaggio intorno all’identità dell’uomo, intorno ai suoi valori ed umori, particolarmente messi alla prova in questo
inizio di millennio così difficile ed incerto. Da rilevare la potenza espressiva
del suo cromatismo con i blu oltremare,
con gialli dalla rifrazione fosforescente,
con rossi ed arancioni che sono quasi delle isole di stabilità in queste immagini
che poeticamente tendono a perdere il
loro centro di gravità ponderale, per essere, invece, pure fluttuazioni, vibrazioni
dell’atmosfera dal musicale risuonare.
La pittrice ha compreso benissimo che
Il vaso di Nina, tela 70x100
l’identità dei singoli, come quella delle
civiltà, non sono un ovvio ubi consistam,
ma un processo che si svolge giorno per
giorno, anzi che giorno per giorno si disfa per poi riformarsi e se la pittura è
fedele a sè stessa questo processo deve
documentarlo sul piano visivo in primo
luogo e poi su quello culturale. Un compito al quale la pittrice Scorrano si dispone con tutte le sue forze, con il battito profondo della sua poetica visiva che
nella tensione della figura valorizza l’uomo, la sua intensa presenza nelle vicissitudini infinite della storia e del pensiero.
Aoristias
Info mostra 38998 103 22
Obbligatoria la prenotazione.
ARTECULTURA
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Da sinistra a destra in senso orario:
CAVALIERE 1993 , cm. 14x26x45 - FUMO PULITO
2000, cm. 16x7x28,5 - BARBARO 2000, cm.
11,5x9,5x12,5 - INVESTITURA 2000, cm. 25x12,5x23
MARIO
D’ESTE
e la sua
congenialità
ideativa di
spontanea
creatività
scultorea
L’iniziativa è quella d’intuire l’armonia
dallo scarto in abbandono e di
rallegrare un significato di forma e
spirituale che desta l’interesse dell’attiva ricerca artistica. Quella
perseveranza della facoltà innata capace
di animare una manifestazione di novità
dall’inerzia del cascame di uno scarto.
Una manifestazione di particolare
interesse che rende operatore plastico,
scultore moderno, Mario D’Este che
nel silenzio critico del tempo attiva lo
sguardo combinatorio per collegare
pezzi che dall’indifferenza danno vita
ad una espressione di opera scultorea
che diffonde un significato nella
dialettica del linguaggio che porta a
rivivere un’idea ovvero una storia con
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ARTECULTURA
abile sorpresa di realizzazione. Infatti
le quattro minisculture che vengono
riprodotte: Cavaliere, Fumo Pulito,
Barbaro, Investitura, non sono solo
una realizzazione formale di una certa
aria Pop, ma esprimono concetti che
vanno ben al di là della casualità creativa
con un significato di ricerca che
interessa la vicenda della vita passata
e presente, storica e di casualità, di
bonaria satira e di rallegrante
concettualità. Una scultura pertanto
che viene ad interessare il bambino e
l’adulto, l’autodidatta e la scuola, la
sociologia e l’individualità, la liberazione e la tristezza. Una scultura
insomma dagli aspetti più diversi che
nel contempo lascia ben comprendere
di quale spessore umano sia dotata la
volontà scultorea di Mario D’Este. Un
operatore plastico tutto disposto a
ricercare l’unità di un linguaggio dove
questo sia stato frammentato e
nell’indifferenza poi dimenticato.
Come una sorta di resurrezione che un
operatore attivo compone nel tempo
della sua giornata. Uno scultore
pertanto da ritenersi innato, con la
facoltà propositiva che fa emergere
un’idea concreta dalla concretezza
della forma che rinasce alla prontezza
della manifestazione artistica non per
sporadico caso ma per insistente spinta
creativa che lo scultore la vive come
costume della vita.
Marpanoza
L'AUTODIDATTA NELLA STORIA
Affiliato alla Carboneria già dal 1817,
maturò fin da giovane forti sentimenti
democratici e patriottici, che lo portarono a rifiutare la dominazione austriaca in
Italia. Dal 1820 tenne frequenti contatti
con i circoli liberali francesi e con gli esuli
democratici italiani, come Cristina
Trivulzio Belgioioso e sua madre Vittoria
dei Gherardini, con l'obiettivo di liberare
il ducato di Modena dal giogo dell'Austria. Modena era allora governata dal
duca Francesco IV d'Asburgo-Este,
arciduca d'Austria, che reputava il
Ducato di Modena troppo piccolo per le
sue ambizioni: aveva continui rapporti diplomatici con i diversi stati europei e
manteneva una corte sfarzosa come fosse
un grande sovrano. Da ciò il suo interessamento per i movimenti rivoluzionari che
agitavano l'Italia, da un lato temendoli e
agendo duramente contro di loro, dall'altro lusingandoli nella speranza di potere
sfruttare la loro azione a vantaggio dei
propri interessi personali. In quegli anni
egli era particolarmente interessato alla
questione della successione sabauda: era
infatti marito di Maria Beatrice di Savoia, figlia primogenita di Vittorio Emanuele I Re di Sardegna. A Vittorio Emanuele I successe, tuttavia, il fratello Carlo
Felice e venne nominato erede Carlo Alberto di Savoia del ramo cadetto dei Savoia-Carignano.
Avvicinato da Menotti, inizialmente Francesco IV non reagì al progetto rivoluzionario. Forse, infatti, c'erano accordi precisi fra i due, tramite anche un altro liberale, l'avvocato Enrico Misley, frequentatore abituale della corte ducale. Non si
capisce altrimenti perché Francesco IV,
che conosceva a fondo Menotti, non lo
avesse fatto subito arrestare come aveva fatto nel 1820 con quarantasette carbonari, o presunti tali, processati e condannati, come il sacerdote Giuseppe
Andreoli, condannato a morte.
Nel gennaio del 1831 Ciro Menotti organizzò nei minimi dettagli la sollevazione,
cercando il sostegno popolare e l'approvazione dei neonati circoli liberali che stavano proliferando in tutta la Penisola. Il
3 febbraio 1831, dopo aver raccolto le
CIRO MENOTTI
1798-1831
Ciro Menotti al supplizio
armi, Menotti radunò cinquantasette
congiurati nella propria abitazione,
poco distante dal Palazzo Ducale, per
organizzare la rivolta. Francesco IV,
tuttavia, con un brusco voltafaccia certamente impostogli dal governo austriaco, decise di ritirare il suo appoggio alla causa me- nottiana ed anzi
chiese l'intervento restauratore della
Santa Alleanza. Gli storici si sono
sempre chiesti il motivo di questo
doppio gioco del duca: certi pensano
che il rampollo della famiglia
Asburgo-Este avesse capito che il progetto di un Regno dell'Alta Italia fosse solo un'utopia; alcuni invece sostengono che Francesco fosse geloso
del carisma di Menotti, altri ancora
credono che il duca abbia avuto paura
di perdere, dopo la rivoluzione, molti
dei suoi poteri. Il duca fece circondare dalle sue guardie la casa; seguirono
alcuni spari e i congiurati cercarono
di fuggire, alcuni ci riuscirono, altri
no e fra questi Ciro Menotti, che, saltato da una finestra nel giardino
retrostante la casa, rimase ferito e fu
catturato. Intanto però i disordini erano cominciati soprattutto nella vicina
Bologna. Il duca scrisse subito un ordine al Governatore di Reggio: “Questa notte è scoppiata contro di me una
terribile congiura. Mandatemi il boia",
ma poi pensò bene di riparare a
Mantova, allora parte dei domini austriaci in Italia, portando però con sé
Menotti. Il 6 febbraio molti dei congiurati, fra i quali Buffagni, Giberti di
Sassuolo, Golfieri, Ruini ed altri furono liberati dalle Carceri dov'erano
stati rinchiusi. Alcuni dicono anche
che Francesco IV abbia dato a Menotti
più volte l'assicurazione che gli avrebbe salvata la vita, ma questo non è provato. Fallita la rivolta, il duca, rassicurato, il 9 marzo rientrò a Modena, sempre portandosi dietro il Menotti prigioniero. Due mesi dopo fece celebrare il processo che si concluse con la
condanna a morte mediante impiccagione. Altri cospiratori (Luigi
Adami, Giuseppe Brevini e Antonio
Giacomozzi) furono dapprima condannati a morte, pena successivamente commutata in dodici anni di carcere.
Il 28 febbraio 1831 un tentativo di far
evadere Menotti fallì. Nonostante le numerose suppliche che gli pervennero da
più parti perché concedesse una commutazione della pena, il duca fu irremovibile e la sentenza venne eseguita nella
Cittadella, assieme a quella del notaio
Vincenzo Borelli, reo di aver redatto l'atto di decadenza di Francesco IV dopo la
sua fuga dal ducato e per questo condannato a morte. Menotti passò la notte
prima dell'esecuzione con un sacerdote
al quale consegnò una nobilissima lettera per la moglie, lettera che le guardie
confiscarono e che fu consegnata alla
vedova dai liberatori, solo nel 1848, due
anni dopo la morte del Duca e alla cacciata degli Asburgo-Este. La sentenza di
morte venne pubblicata solo dopo l'esecuzione, allo scopo di evitare possibili disordini e rivolte.
Ciro Menotti, figura di rivoluzionario impavido e di eroe romantico, sarebbe diventato nella coscienza degli italiani dell'Ottocento un grande patriota: fu infatti
considerato un precursore non solo dei
moti del 1831 ma anche dell'intero Risorgimento, tanto che Giuseppe Garibaldi
volle usare il suo cognome come nome
per il proprio figlio primogenito.
ARTECULTURA
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ARTE E NON-VIOLENZA / POESIA / PSICOPOESIA / SESSO / SOCIETA’
Aspetti e scongiuri
sull’esercizio della donna
militare al poligono di tiro
Di premessa ed a scanso di ogni
possibile equivoco si precisa che dal
nostro punto di vista la donna deve
sentirsi idonea ad esercitare tutte le
professioni, mestieri ed attività sociali
che si sente di fare, meno che sentirsi
incorporata nella vita militare, dato
che per suo naturale stimolo spirituale
di vita, lei si configura più sentitamente
la “Madre del disarmo”. Ovvero di
poter svolgere nel servizio militare al
massimo una prestazione di crocerossina. Il fucile nelle mani della
donna è da considerare ancora più
dissacrante che nelle mani dell’uomo.
Venendo poi alle considerazioni che
più profondamente ci stanno a cuore,
come l’interrogarci sulla presenza
della donna ad un poligono di tiro per
esercitazione di carriera militare, ci
mortifica l’umano disgusto. Per cui si
ritiene che un qualsiasi oggetto nelle
mani di una persona, indipendentemente dall’uso che ne fa, muta in
continuità la sensibilità dei sensi che
regolano l’intesa tra il soggetto umano
e la società. E se poi l’oggetto riguarda
un’arma, una pistola, apriti cielo, la
mente viene alterata da una falsa pretesa
di sicurezza travisandone il comportamento del soggetto di sana pianta.
Ed avere una pistola tra le mani non è
come tenere una gustosa focaccia che
ci nutre, mentre la pistola sparando
ferisce ed uccide.
La sicurezza che ogni singola
persona domanda non è nell’arma ma
nel personale “sé”, poesia sulla natura,
che tutti dobbiamo conoscere per
modificare alle radici violente delle
cause la legittima reciprocità della
spontanea sicurezza, ed i sensi servono
a questo. Diffidare pertanto di gareggiare per avere una pistola più grossa
e precisa di centrare l’obbiettivo in
quanto così facendo si arriva al disgusto
della bomba atomica che non ha risolto
il problema della sicurezza ma solo
aggravato il pericolo di estinzione
dell’uomo.
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ARTECULTURA
Naturalmente che di riferimenti per
rifletterici sopra nella contraddizione
tra l’oggetto che le mani stringono ed
il significato che riveste nella persona
nel rapporto con la società se ne
possono fare all’infinito. L’argomento
è vastissimo. Ma l’aspetto che a noi
preme come impegno ideale che ci
spinge a scoprire l’uomo ed ancorpiù
la donna “Madre del disarmo” di
rilevarli sempre meglio in evoluzione
equilibrata di pace e non in alterazione
di bellicismo, di assassinio. Per cui ci
interrogheremo strettamente sui
significati culturali ed umani che le
armi azzerano e che una donna in un
poligono di tiro che si esercita a sparare
è da considerare per noi fuori di sé
stessa e smarrita della sua affettività
innata ancor prima di quella cosciente
che interessa l’amore etico verso i
figli e la famiglia.
L’alterazione mentale che comporta una pistola tra le mani, specie in
una donna, la induce a mancare senza
nemmeno accorgersi prima di tutto
verso se stessa. A non poter più sentirsi
spiritualmente la Madre del disarmo
ed a peccare di bellica corruzione che
partecipa alle stragi della guerra.
Entrando così direttamente in conflitto
con le sue femminili facoltà di natura.
Ma non è solo l’arma ad alterare la
mente della donna quando anche il suo
nuovo abbigliamento militare che
indossa che da persona indulgente per
innata facoltà, con il quale poi di
comportamento diventa un’arrogante
caporale. Un soggetto con indifferente
pretesa di multare ad esempio un
fattorino senza alcuna comprensione,
ma solo perché ha posteggiato la
macchina per qualche secondo per
andare a consegnare un collo al
destinatario che dimora al quarto piano
di un condominio. Ma nessuna considerazione d’animo e di lavoro la
donna poliziotta ti multa e basta, ed a
volte, anche con un sadico sorriso sulle
labbra...
Una simile piaga d’incomprensione
umana riguarda certamente carenze
istituzionali e l’arroganza della donna
poliziotta a causa la divisa che indossa
la fa sentire un caporale al servizio
della superbia più che delle istituzioni.
Un abbigliamento con pistola e
manganello che la trasformano mentalmente peccando sovente di confondere il servizio istituzionale con lo
spirito poetico dell’uomo, mandando
così in malora tutta l’affettività innata
che per noi contraddistingue la donna
Madre del disarmo e ben lontana da
certe improprie quanto velenose
vertigini del potere in tutte le sue
maschere di autoritaria pretesa.
Cosicché, si dà il caso di sostenere,
ch’é davvero l’abito a fare il monaco e
non il contrario. Se poi non si dimentica
e si aggiunge l’incidenza alterante della
mente che provoca l’uniforme specie
nella donna-militare, in tal caso diventa
più facile comprendere perché la donna
dev’essere tenuta fuori dal servizio
militare e le sue mani non debbono
mai imbracciare un fucile. Invece si
assiste ad un superbo ed elegante
stilismo militare della donna che
radicalmente la trasforma dalla
compiacente generosità della sua
femminilità Madre del disarmo.
Le cause vere della trasformazione
psichica della donna, non sono solo
l’armamento e la divisa ma anche le
conseguenze dei costumi che nel
passato e per certi aspetti ancora oggi
impediscono alla donna di essere se
stessa. Tanto che per comprenderci a
riguardo non si può ignorare che
Madonne e Cappellani militari delle
chiese cattolico-cristiane, non simboleggiano mai un fucile tra le mani.
Una verità, e non una piaggeria vaticana
che l’obiettività di un libero pensatore
non deve ignorare, anche se, a parte
papa Giovanni XXIII che fiutò il
disarmo, l’attuale papa Francesco,
continuamente in televisione e giornali
per dire cose che sappiamo tutti da
sempre, non dice una parola sulla
smilitarizzazione della donna per una
libera famiglia che alimenti la sua
morale di fiducia dalla Poesia della
natura.
Le varie imposizioni subite dalla
donna nei vari rapporti etici del passato,
la spingono oggi al poligono di tiro e
possibilmente a fare più centro del
collega poliziotto mediante un impegno di prestazione a dir poco
militarmente fulminante.
La carica rivendicativa di millenaria
origine si esprime poi in una forzata
coerenza di carriera che tale non è ma
solo una celata autodifesa di se stessa
nei confronti di una storia sbagliata,
distorta dalla sua naturale evoluzione.
Tenendo così la donna e non solo lei,
lontana e contrapposta alla sicurezza
poetica di natura che origini per
generosa facoltà generatrice a sentirsi
Madre del disarmo, che stimola di
sereno equilibrio il convivere e non di
sadici contrasti e diffidenze come se
la persona nasca solo per litigare
continuamente e fare la guerra.
Tantoché una donna al poligono di
tiro per idoneità di carriera militare,
non è per noi una scelta cosciente, o se
lo fosse, lo è solo di superficiale
facciata in quanto nella profondità del
suo interiore, del suo inconscio,
esistono travagli difficili a rilevarli
nella loro spinta di contestazione che
solo il naturale ruolo della poesia può
indagare per stabilire quell’equilibrio
sociale che ringrazia d’ essere nati per
creare armonia universale e non
violenze di potere strutturati dai fili
spinati degli autoritari stati-padroni.
Il poligono di tiro dove la donna di
necessità partecipa dovrebbe avere una
bocca per parlare e farci conoscere
perché la donna diventa militare quando
nemmeno gli uomini nella loro
stragrande maggioranza lo vogliono
essere da sempre, ma costretti dalle
imposizioni di potere commettono
quelle stragi che solo lo spirito
universale dei mai nati può comprendere alle radici delle cause.
Il potere è il veleno più tossico che
inquieta il nostro vivere, per cui
domandarsi sul perché una donna
giunga al poligono di tiro è un dramma
psichico intorno al quale i vari
psichiatri, e psicologi, sociologi e
sindacalisti dovrebbero domandarsi
con sollecitudine. I governi fautori
veri del potere non lo faranno mai, da
folli che sono a premessa di morte di
innocenti a sostegno della loro pretesa
autoritaria. Finalità che difende violenti
interessi di inutili cause per essere
venerati più di Dio che non fa le stragi,
che loro provocano per distruggere
l’equilibrio della coscienza universale.
Giuseppe Martucci
Zanzare
e
Zika
Turismo-Poesia della Natura
DIAMANTE
Posta al centro della Riviera dei Cedri.
La posizione geografica, i suoi circa otto
km. di spiaggia dalle variegate combinazioni di sabbia e di colore, nonché il mare
cristallino ed i fondali sempre diversi ne
fanno una delle mete turistiche della
Calabria. Diamante possiede una delle
due uniche isole della Calabria, l'isola di
Cirella, un piccolo isolotto dalla forma
suggestiva e dalla flora selvaggia dove i
fondali sono splendidi e regna la Posidonia argentata.
Fonti storiografiche diverse documentano insediamenti già dai tempi dei Focesi
e dei Romani. Le prime notizie sulla nascita di un vero e proprio nucleo abitato
nei luoghi di Diamante risalgono al 1500,
allorquando il Principe Sanseverino ordinò la costruzione di una postazione difensiva per contrastare le incursioni saracene.
Intorno al torrione dei Sanseverino sorse
più tardi una fortificazione del territorio
ad opera del principe di Bisignano Tiberio
Carafa, padrone dei territori di Belvedere
Marittimo e di Diamante già dal 1622. Al
termine delle scorribande turche, la popolazione dalle campagne si spostò verso
il mare incrementando i traffici commerciali. Successivamente benestanti e commercianti napoletani, amalfitani e
salernitani, e nobili famiglie, anche di
origine spagnola vi si stabilirono per la
posizione e l'amenità del luogo dando vita
al centro abitato. Presto Diamante divenne un discreto centro per la pesca e l'agricoltura, grazie alla nutrita flotta e alla
produzione del cedro. Le caratteristiche
particolari di questo agrume nella sua
varietà autoctona denominata cedro liscio
di Diamante (di grosso taglio e profumata, destinata in gran parte alla canditura),
lo resero unico e conosciutissimo sul mercato mondiale; grazie alla sua massiccia
esportazione verso Israele e gli Stati Uniti, dove era usato dalle comunità ebraiche che in occasione della festa dello
Sukkot inviavano i propri Rabbini a selezionarlo, il cedro divenne una voce economica consistente del bilancio della comunità. Diamante è conosciuta anche
come la città dei murales, dai numerosi
dipinti che si possono ammirare passeggiando per i vicoli della cittadina dipinti
da importanti artisti.
L’epidemia di Zika è la nuova e diffusa malattia
contagiosa che dall’America Latina sta
infettando anche altre parti del mondo. Ci sarebbe
però un nuovo killer contro il virus di Zika,
scoperto recentemente in una zanzara maschio,
geneticamente modificata in laboratorio, che
non morde, non contagia, le cui larve che feconda
creano insetti che hanno una vita breve. Questi
ultimi muoiono prima dell'età adulta e quindi non
sono in grado di trasmettere il virus, devastante
per feti e neonati.“Esistono dunque zanzare
buone?”. Francamente di zanzare prive di perfidia,
nella mia vita non ne ho quasi mai viste in
circolazione. Oggi, però, mi tornano alla memoria
quelle della mia vecchia abitazione di Milano, in
Via Stendhal, che mi hanno fatto non poco
soffrire, quando, nelle calde notti della pianura
padana, ronzavano e sibilavano la loro
inopportuna presenza. A pochi metri da quella
casa, nella quale ho vissuto per 20 anni fino al
2003, c’era un confortevole pub, che d’estate
trasferiva gran parte dei suoi tavolini all’aperto,
di fronte ad un gran parco alberato. In piena
estate, con la temperatura esterna superiore ai
33°, giocavo a scacchi tranquillamente, senza
curarmi delle zanzare. Queste non mi molestavano con il loro apparato boccale di tipo
pungente-succhiante, perché in generale
avevano per gli abitanti della stessa zona in cui
vivono una sorta di rispetto di buon vicinato. Le
punzecchiature sugli arti scoperti arrivavano
invece dagli insetti provenienti dalla periferia,
che infierivano sugli estranei e mi aspettavano
al varco sul terrazzo di casa. In ogni caso, poco
dopo essermi seduto dovevo smettere di giocare
per rientrare a casa e cambiare la maglietta,
appiccicata addosso dall’umidità. Non mi restava
quindi che rifugiarmi nel forno del mio
appartamento all’ultimo piano, spostare il letto
dalla parte del terrazzo, e prepararmi a cospargere
il corpo di Autan per affrontare una notte difficile;
e comunque svegliarmi di mattino con le lenzuola
insanguinate, opera delle zanzare dell’hinterland.
In quei tempi, nel 2002, ricordo che una sera
uscii con l’amico Carlo e la sua moto, indossando
entrambi pantaloncini corti per essere il più
possibile leggeri, per andare a cena. Prima però
lo condussi a Baggio per mostrargli il mio futuro
appartamento in fase di ristrutturazione, nel
quale invece non avrei mai abitato. Dopo aver
visto il bel castello medioevale di Cusago,
entrammo nel grande spazio en plein air di una
pizzeria, dove speravamo di goderci il fresco
della campagna. Ordinammo due birre che
arrivarono subito ed altrettante “margherite”.
Purtroppo, mentre bevevamo fummo assaliti da
uno sciame di zanzare che si attaccano alle
braccia, entrano nei sandali e ci succhiano il
sangue sulle gambe ignude. Resistemmo una
trentina di minuti bevendo e sbuffando perché
la pizza non arrivava, quindi decidemmo di pagare
le due birre ed andarcene disperati, alla ricerca di
un altro posto, perché affamati. Per fortuna Carlo
si ricordò di uno straordinario ristorante locale
immerso nel verde, senza zanzare, dove
gustammo un ottimo nodino.
Antonio Fomez
ARTECULTURA
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L’OPERA PERFETTA
DI VERDI? RIGOLETTO
Atto I, Scena 2, decorazione di Giuseppe Bertoja per la Prima Mondiale di Rigoletto, marzo 1851
Il giorno 11 marzo 1851 Verdi calò
l’asso pigliatutto per quella che si può
ritenere la meglio strutturata delle sue
opere, non una sbavatura, non un
dettaglio fuori posto, non un cedimento
musicale, non una caduta di stile della
prosa; cioè Rigoletto. Di nuovo Piave
per cavare dal dramma Le roi s’amuse
di Victor Hugo un libretto che
incassasse meno fastidi possibile da
parte della censura, nell’illusione che
a un buffone di corte fossero permesse
licenze precluse al resto dei mortali.
“Avrei un altro soggetto che se la polizia
volesse permettere sarebbe una delle
più grandi creazioni del teatro moderno” aveva scritto Verdi a Piave.
L’opera prese così vita, ma quando fu
il momento di sottoporre il libretto al
vaglio della censura, a Piave arrivò fra
capo e collo la peggiore delle tegole.
“L’argomento viene assolutamente
rifiutato, con proibizione anco di
proporvi qualsiasi ammenda” gli venne
comunicato dalla direzione della
Fenice, che aveva commissionato
l’opera, sintesi edulcorata di ciò che
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ARTECULTURA
aveva in realtà scritto il censore
veneziano, giudicando il soggetto “di
una ributtante immoralità ed oscena
trivialità”, e questo perché chi ci è
arrivato come duca di Mantova, nella
prima versione era nientemeno che
Francesco I di Francia, il protettore di
Leonardo da Vinci, in un contesto in
cui poco ci voleva per venire accusati
di blasfemia istituzionale, soprattutto
se dal palcoscenico arrivava l’idea che
si potesse complottare contro un
sovrano e addirittura meditare di
assassinarlo.
Verdi, che andava per le spicce con
tutti e figurarsi con Piave, se la prese
con il povero librettista. Nonostante
le disarmanti premesse si riuscì a
metterci una pezza. Parigi divenne
Mantova, Francesco I fu sostituito da
Vincenzo Gonzaga senza che tuttavia
venisse nominato in modo esplicito e
del quale evidentemente nulla importava alle autorità, la candida e
incauta Blanche assunse il nome di
Gilda e il gobbo buffone Tribolet si
trasformò in Rigoletto. Dopo queste
modifiche di pura facciata l’opera andò
in scena per quel trionfo che ne fa uno
dei melodrammi più conosciuti, amati
e rappresentati dell’intero repertorio
lirico. Il beffardo buffone di corte
segnato dalla vita, che motteggia i
cortigiani per il divertimento di un
duca libertino e, come dimostreranno
i fatti, stupratore, e l’ingenuità della
fanciulla cresciuta in collegio, che
scopre di essere figlia di un individuo
deforme le cui raccomandazioni alla
cautela possono venire eluse in nome
dell’amore, sono collocate in un
quadro di sotterfugio e crudeltà, i
cortigiani che per farla pagare al
tormentatore gli rapiscono la figlia e
fanno gentile omaggio della sua virtù
al duca, che gettata la maschera di
povero studente si rivela alla giovane
in tutta la propria depravazione
forzandola, e a ciò si aggiungano la
vendetta di Rigoletto messa sulla lama
della spada di un sicario dalla professionalità al tot per cento, e il
meretricio della di lui sorella che però
si invaghisce del duca libertino e fa in
modo che nel sacco della vendetta
consumata finisca al suo posto la
povera Gilda, consapevole eppure
disposta a morire per amore: un
vulcano, sorretto da una partitura
appropriata in ogni sfumatura, l’opera
perfetta.
Non più il tenore vessato dal baritono
carogna, ma due carogne che si
misurano per interposta persona,
Rigoletto però maschera tragica della
crudezza del destino, e l’innocente
fanciulla due volte tradita che ogni
volta, morente, emoziona come poche
altre, al punto che se Rigoletto si
rivolgesse al pubblico domandando con
voce concitata “C’è un medico in
sala?”, sarebbe un accorrere di coloro
che hanno prestato il giuramento di
Ippocrate per cambiare un finale
ingiusto e crudele come pochi.
Giovanni Chiara
Umanità poetica - Costume poetico
“La poesia comincia dove finiscono le discriminazioni”
Umanità poetica è uno spazio aperto alla divulgazione poetica interessata al dibattito sull'identificazione e il ruolo odierno della
poesia. La franchezza e l'obiettività degli interventi, costituiscono per la redazione della Rivista la premessa per la pubblicazione.
Per facilitare la partecipazione degli Autori interessati si suggerisce negli elaborati brevità e concisione. Per necessità di spazio
la redazione si ritiene autorizzata a sintetizzare i testi rispettando il contenuto. La pubblicazione dei testi poetici ha puro carattere
divulgativo, di stimolo culturale. La proprietà letteraria dei componimenti pubblicati rimane pertanto a tutti gli effetti di legge dei singoli
Autori. . Dei componimenti pubblicati si tiene conto soprattutto dei contenuti culturali.
UN UOMO E LA PACE
I lunghi tuoi silenzi
ti tengon lungi, non pensi?
Perché mi eviti?
Quando messanger scrissi:
“Se questo mio piccolo pensiero
potesse essere un fiore, allora,
pensalo come il fiore che vorresti!”
Mi dicesti: “Perché? Perché?”
“Dipingo fiori”, risposi.
Eravam fuori
in riva alla Croce
accesi i cuori.
Basta! Ora, il tuo silenzio è assordante;
il tuo silenzio vale la mia solitudine
perché ti amo.
Vincenzo C. Ingrascì
L’AEREO DELLA BONTA’
Vorrei vedere
volare nel cielo
un aereo della bontà
Con su bagagli
di buoni propositi
per tutti i popoli
della terra.
Ma specialmente
per tutti i governanti
di ogni continente.
Non più aerei
con mitragliatrici
ma aerei con sacchi
di bene.
Bambini senza fucili
ma, con fiori
nei cestini
da donarseli uni
con gli altri,
in ogni momento.
Sorrisi e abbracci
senza odio.
Perché l’amore e la
bontà, si possono dare
Maria Carmela Digrazia
LE BOMBE CADONO
ANCORA!...
Orribili momenti
marchi indelebili
scolpiti nella mente
lacerazioni nel cuore
Eppure non capisce
Il bimbo
stretto nella morsa,
tra le braccia
di sua madre.
E' un grido silente,
disperato,
una preghiera, tra tante,
eppure il bimbo, non capisce
che ancora una volta
l'amore per la vita
è speranza recondita
per consegnare all'umanità
amore e verità.
Le bombe cadono ancora
e lui ne ha una fottuta paura.
Sonia Maria Roberta Gagliardelli
I VALORI DELL’ESSERE
Gente innocente
senza peccati...
Aiutiamo gli affamati
i bambini malati
immigrati da paesi esteri,
adottiamoli e amiamoli.
Diamo loro calore
amore
affetto
perché vivano
una vita migliore.
Offriamo il nostro cibo
che ogni giorno
ci viene donato
sano, vario
sostanzioso.
La solidarietà gratifica il nostro essere
ci fa sentire utili al mondo d’oggi.
Essere soli non fa bene a nessuno,
dobbiamo imparare
a vivere tutti insieme civilmente
in questo grande universo
dandoci la mano!
Marco Gallucci
QUANDO UN POETA
SI SPEGNE
Quando un poeta si spegne
gli innamorati continuano ad amarsi
al chiaro di luna
i fiori a spargere i propri aromi
ed i colori
le api a fare il miele
i criminali a perpetrare il loro male
le cetre ai salici a risuonare mute
lo smog ad annerirci dentro
e i grattacieli a rasentare il cielo.
Quando un poeta si spegne, c’é un
cantore in meno
una lente che manca
a farci vedere l’esistenza
che inevitabilmente avanza.
Antonio Giuseppe Malafarina
GUERRE
Avamposti arsi
al sole tenue
che non tramonta più
dove le aquile riposano
vedo in lontananza
le armi lacerate
dagli assalti cocenti
di umani massacrati
dal tempo flebile / che tutto ottunde
ora che le spie riposano.
Salvatore Rizzi
GIORNATE DI MAGGIO
Distese giornate di sole
stimolano l’appetito
nella voglia di pane
al gusto di ciliegie
colte di sorriso
nell’offerta da mani d’albero
a quelle aperte dei bambini
che ornati di ciliegie
cantano di gioia
nel girotondo della primavera
in allegria al rosso dei papaveri
e brezze d’onde di verdi seminati
dove volano sguizzando
rondini e farfalle
rallegrando il cielo di squittìi
che non incendiano e né bombardano
l’invito vitale del respiro ginestrino
- MAGGIO ! le rose rosse
salute di libertà
Giuseppe Martucci
ARTECULTURA
29
LIBRI
a cura di Aoristias
Achille Bonito Oliva
ENCICLOPEDIA DELLE ARTI CONTEMPORANEE. Il tempo inclinato (Volume III) / - Edizioni Electa
Dopo il primo volume dedicato al “tempo
comico” e il secondo dedicato al “tempo interiore” entra in scena il “tempo ‘inclinato’”.
L’aggettivo si riferisce alla teoria del
clinamen di Lucrezio riscoperta nell’era Atomica con la fisica del Novecento (dalla Teoria della Relatività al rivoluzionario Principio di Indeterminazione). Il tempo perde il
suo connotato assoluto e si trasforma in
uno spazio-tempo mutevole e soggettivo
“che s’inclina; e le cose scivolano e rotolano, sfuggono, non sono mai così”. “Piega
è difatti il clinamen, caro a Epicuro e
Lucrezio, inclinatura che sfata il destino e
introduce un tempo inspiegabile, ove le
cose accadono secondo una logica che appare beffarda” come si legge nel testo. Il
volume indaga il rapporto delle arti contemporanee con la nuova dimensione temporale inquieta, instabile, sempre mutevole, un istante imprecisato in cui si generano i cambiamenti universali, come la creazione e la morte. Il tomo, introdotto da
uno scritto del filosofo ed epistemologo
Giulio Giorello, ripropone la struttura dei
precedenti ed è diviso in otto sezioni disciplinari: musica, architettura, arti visive,
cinema, nuovi media, teatro, fotografia,
letteratura, e si conclude con un testo di
sintesi e raccordo di Achille Bonito Oliva,
ideatore del progetto. Ogni sezione è composta da un saggio curato da specialisti
del settore (per la musica Gianmario Borio;
per l’architettura Marco Biraghi, per le arti
visive Riccardo Venturi; per il cinema
Umberto Silva; per i nuovi media Rinaldo
Censi, per il teatro Attilio Scarpellini)
30
ARTECULTURA
Guendalina Salini
THE END OF GEOGRAPHY
Ex Elettrofonica ha recentemente presentato il suggestivo atlante/catalogo The End
of Geography di Guendalina Salini in occasione della personale dell’artista inaugurata lo scorso febbraio. Per l’occasione erano presenti Guendalina Salini, Raffaele Gavarro, curatore e autore di uno
dei testi contenuti nel libro e Franco
Arminio, poeta, scrittore, regista e, come
ama definirsi, ‘paesologo’, autore di un
altro testo in catalogo. Edito da Yard Press
questo progetto cartaceo non è solo testimonianza della mostra The End of
Geography, allestita nei mesi di ottobre e
novembre 2015 negli spazi della Società
Geografica Italiana, ma è anche un approfondimento nato dalle riflessioni scaturite
dall’esposizione. Il libro racconta di uno
spaesamento, che induce ad un nuovo
orientamento dell’animo. Di una nuova
geopolitica delle emozioni, fatta di paesaggi, di tempi sospesi, della riscoperta delle
piccole cose della vita. Una riflessione, in
sintesi, sulla fine della geografia intesa non
come raccolta di dati, di numeri e di misure ma fondazione di un nuovo modo di
orientarsi. Posando lo sguardo sui luoghi
marginali ed interstiziali pone le basi per
reimparare ad abitare il mondo.
Info 06 64 760 163
W.G.Pozzi, CARTE SCOPERTE
Edizioni Paginauno
A sessantadue anni Mario sembra aver ritrovato il proprio equilibrio: si è buttato alle
spalle sei mesi di carcere per piccoli reati
fiscali e il divorzio chiesto dalla moglie. Sbarca il lunario grazie all’abilità con le carte frequentando un circolino di anziani nostalgici
del Pci, con i quali condivide la fede politica,
e vive ospite di una giovane amica sempre
in viaggio per affari. Finalmente, creditori e
cartelle esattoriali hanno perso le sue tracce. Sono gli anni del primo governo di centro-sinistra, delle riforme del mondo del lavoro e dei bombardamenti in Kosovo. Flessibilità e Guerra Giusta diventano le nuove
parole della politica. La sorpresa e la delusione pervadono i soci del circolo, ma Mario, solo e senza soldi, può consolarsi nell’idea che, destra o sinistra al governo, per
lui ben poco cambierebbe. Ambientato tra il
1998 e il 2003, Carte scoperte è una commedia amara sul cambiamento, personale,
sociale e politico, e sull’impossibilità di essere padroni della propria vita.
Giuliano Volpe
PATRIMONIO AL FUTURO
Electa Edizioni.
Il saggio fornisce un contributo importante
al dibattito attuale, nel quale stanno maturando scelte determinanti in materia di tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali, dalle quali dipenderà il futuro stesso del
patrimonio e la crescita sociale e culturale
del nostro Paese.
Nella prefazione Dario Franceschini, ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, scrive che è necessario «superare
contrapposizioni dogmatiche che sono figlie
di una visione ideologica e poco hanno a che
vedere con la complessità della realtà: conservazione contro valorizzazione, cultura
contro turismo, pubblico contro privato». Giuliano Volpe, con questo ‘manifesto’, offre
idee e proposte innovative a tutto campo: dall’affermazione di una concezione olistica del
patrimonio culturale e del paesaggio alla formazione dei giovani professionisti, dalla comunicazione alla gestione.
Annarita Briganti L’AMORE
E’ UNA FAVOLA Cairo editore
Gioia è una giornalista culturale freelance,
ovvero precaria, e una scrittrice. Conosce
Guido Giacometti, l’Artista, per un lavoro che
inizialmente non voleva fare. Una delle sue
più care amiche, Marcella, le chiede all’ultimo minuto di scrivere la prefazione al catalogo della mostra dell’Artista, Cuori Ribelli,
che sarà inaugurata al Museo Madre di Napoli, il giorno di San Valentino. E così Gioia
incontra Giacometti, enfant prodige della
scena artistica, nonché seduttore seriale. È
amore a prima vista, ma un amore difficile e
contrastato, che lei cerca di far crescere contro tutto e contro tutti. Tra presentazioni di
libri, festival, vernissage e pranzi in riva al
mare, seguiamo la loro storia, fino all’inatteso epilogo.
PRESENTAZIONE DEL VOLUME
“MUSEI E PATRIMONIO IN RETE”
A CURA DI LUCIA CATALDO.
Il volume illustra le nuove relazioni del patrimonio culturale e museale con gli ambiti della
produttività territoriale, delle industrie culturali creative (ICC) e del turismo culturale,
relazioni sviluppatesi con la costituzione dei
primi distretti culturali evoluti. Particolare
rilievo è dato alle competenze per i nuovi
profili professionali che, già operativi in Europa, si vanno definendo in Italia: il mediatore
museale, il Web Communicator per le istituzioni culturali, il manager museale, il responsabile della didattica museale e l'esperto in
marketing culturale. Il volume, frutto della
collaborazione di diversi esperti del settore, si
rivolge sia agli studenti universitari di
Museologia o Didattica dell'arte sia agli operatori museali o a coloro che intendono avviare un percorso professionale in ambito
museale.
REMO LANA - ALESSANDRA FAZIO
Espongono le loro opere nel’”AUDITORIUM S. ROCCO”
CHIESETTA SCONSACRATA GRADO - Go. Via Campo S. Rocco, 1
Dall’11 al 22 maggio 2016
ALESSANDRA FAZIO
REMO LANA
“Cesto con frutta”
Alessandra Fazio, “Entra nel magico mondo”,cm. 70x100, olio su tela con
applicazioni di lamine metalliche
“Nella pittura di Alessandra Fazio si assiste all’incessante tentativo
di coniugare una maniera espressiva tutta dettaglio ed analisi con un’
altra antitetica da cui traspare l’evidente vocazione ad un’informalità
fluida e libera. Nella fattispecie, l’analisi compositiva è rivolta ad una
simbologia ricca e frastagliata nel tratto che evoca espressamente
civiltà precolombiane (o comunque culture arcaiche) in cui il rapporto
con i segni della Natura madre era considerato un connubio
indissolubile.
In questa fase, forme a raggiera, continuità sferiche e frammenti
lineari di ispirazione floreale, dominano le composizioni, unitamente
ad un colorismo attentamente studiato che conferisce intensa vivezza
all’insieme.
I richiami all’informalità degli sfondi, con pregevoli virtuosismi di
sfumato, costituiscono l’altro aspetto di una pittrice eclettica
all’evidenza, che non disdegna interpretazioni libere di motivi non
direttamente collegati all’oggettività del reale.
Ne è esempio conclamato il frequente richiamo a costruzioni reticolari
non facilissime di vago sapore cubista, dove si stagliano criptiche
figure geometriche ed enigmatici elementi che sollecitano un’indagine
semiologica attenta e ponderata. Una pittura dalla memoria antica,
dunque, sostenuta da un indiscutibile talento che consente divagazioni
di stile con un’apprezzabile padronanza del metodo.”
Giancarlo Bonomo
Remo Lana è un artista dalla facoltosa animazione creativa.
Una profonda energia lo spinge a confrontarsi con molteplici
aspetti dell’arte figurativa, dal disegno, alla pittura nonché
nel campo della poesia. Diverse, sia in Italia che all’estero,
sono le sue presenze in rassegne collettive ed in mostre
personali dove ha riscosso un significativo consenso di
pubblico e di critica. Infatti a riguardo dell’artista scrive il
critico prof. Mario de Micheli: “... Compito della pittura
che tu hai chiamato Energetismo, non è solo quello di
denunciare, ma di enucleare un mondo nuovo, sotterraneo,
una magia e un dramma nelle cose, trascinate dai ritmi e
dai tuoi sogni della vita, in una composizione che per la
pittura costituisce la summa del processo di crescita
dell’individuale bisogno di essere artisti. Continua sempre
ad inventare e costruire con questo tuo Energetismo”. Ed
infatti è proprio l’Energetismo la chiave per comprendere
in profondità la pittura di Remo Lana, la sua vocazione
cosmica, il bisogno incessante di evadere dai limiti di una
realtà spesso povera di ogni vero riflesso poetico. Si avverte,
quindi, nell’arte di Remo Lana, un chiaro temperamento
lirico-evocativo per il quale la forma non è ovvia descrizione
del visibile, ma una sua libera, quasi magica interpretazione.
Anche se poi, nel suo articolato panorama espressivo, non
mancano momenti di limpido naturalismo, come è il caso
del dipinto Cesto con frutta, sopra pubblicato. Un’opera
nella quale si ha modo di apprezzare la nitidezza del
disegno e dell’insieme compositivo che viene sollecitato
da una vibrante luminosità del colore, dalla sintesi plastica
della elaborazione formale. Per l’artista la pittura deve
essere un linguaggio al servizio di una comunicazione
espressiva sempre più ampia ed inclusiva, in definitiva
un’energia positiva con la quale è possibile creare un
mondo di autentica armonia. E’ questo il vero messaggio
della sua fantasiosa vena creativa. (Marpanoza)
[email protected]
ARTECULTURA
31
Antonio
Cellinese
Michele
Giannattasio
La forma
e la poetica
Nel sentimento
dell’evento
Chi conosce l’arte muraria a secco sa
benissimo di quale sollecitudine
intuitiva debbano essere dotati gli
operatori che senza un progetto
prestabilito, ma in tutta spontaneità di
mestiere devono realizzare una
muraglia ovvero una casa con volta ad
incastro. Una prestazione di lavoro
specialistico che non tutti possono
svolgere in quanto carenti di quella
congenialità di valente iniziativa di cui
dev’essere dotato l’esperto muratore.
Il quale realizza il suo lavoro scegliendo a caso dal mucchio le pietre
per farne l’incastro che desta virtù
estetica e densità di resistenza. Una
succinta premessa per comprendere
da dove origini l’impegno creativo,
pittorico, di Antonio Cellinese che in
aprile 2016 dipinge, “MAESTRIA
INTUITIVA”. Un dipinto ad incastro,
di blocchi a concreto orientamento
totemico per l’avvicinamento tra il
pezzo e la sua lavorazione ad incastro,
un puzzle, di cui non si conoscono
l’inizio e la fine. Non si tratta di un
paradosso, ma di comprendere la spinta
creativa che fa divenire oggi, pittore
del presente Antonio Cellinese. Un
artista che dipingendo il blocco in
verde-chiaro e le congiunture in bruno,
aumenta la meraviglia fruitiva e il
versatile estro della sua pittura.
(Marpanoza)
Di Michele Giannattasio di cui da tempo
seguiamo il suo dipinto, va detto che
possiede il senso del colore nel sangue
per l’immediatezza con la quale
sensibilizza le tonalità del colore
sempre più aderenti alla natura
dell’evento come al tempo stesso
dicasi per le strutture dell’opera sentite
alla fisicità reale del drammatico fatto
pompeiano. Una pittura dunque sentita
ed espressa con innato stimolo della
carica artistica che descrive l’evento
come del resto si presenta in “STRUTTURE-POST” riprodotte in armonia
di testo.
Un dipinto nel quale le strutture
sembrano abbracciarsi per non cedere
al drammatico delle macerie e nel
contempo galleggiare sulle acque
partenopee per vivere la sorpresa della
salvezza con viva tensione di coraggio
che fa del movente artistico l’atto più
liberatorio del pittore e del fruitore che
guardando l’opera con sollecito interesse
di mente s’immagina la carica creativa
con la quale l’artista l’ha realizzata.
Dunque pittura di sentimento che alimenta
la sua radice propulsiva di poetica
nell’impulso straordinario che caratterizza
lo stimolo operativo del pittore. L’avanzata
ispirazione dell’operatore visivo che sa
collegare il passato al presente, la gioia al
drammatico facendolo diventare nel
contempo una conoscenza del tessuto
storico della vita.
(Marpanoza)
Antonio Cellinese
“MAESTRIA INTUITIVA”
Tecnica mista
32
ARTECULTURA
Michele Giannattasio
“STRUTTURE-POST”, Olio
Silvana
Testa
Itinerari
ignoti
Il soggetto, di fianco nella sua nudità
anatomica, cammina pensando di
muovere e trasportare sotto sforzo
verso una nuova collocazione pezzi di
tavolati. La fatica sensibilizza i
muscoli dell’uomo che stirati dall’esigenza di lavoro danno evidente
impegno di manifestazione. Una
tensione nella quale bene si evidenzia
l’intento dell’uomo di voler trasferire
il materiale interessato verso un nuovo
impiego. Un contesto nel quale si
evidenza la fisicità dello sforzo con
l’idea della mente di raggiungere il
prefisso scopo con una convinta
tenacia di lavoro che non desiste, ma
persevera fino al raggiungimento della
finalità che lo impegna con tanta
tenacia di prestazione. L’uomo che
cammina a piedi nudi con un corpo in
bianco latte è spalleggiato da uno
sfondo di giallo-acre e qualche
intercalanza di viola e di verde che
bene si armonizzano con l’energia
dello scopo determinando un’armonia
di pittura-pensiero.
(Marpanoza)
Silvana Testa
“SFORZO” Tecnica mista
Luisa
Visconti
Cimminelli
Atmosfera
di natura
Enigmatico
geometrico
Uno spazio oblungo che si delinea tra due
filari di alberi e di arbusti in primaverile
tensione di verde che animano l’invito per
una passeggiata di campagna che tonifica
la mente ed il corpo. Ed ancora una volta
nella semplicità di un raffinato acquerello
la pittrice Luisa Visconti ci ricorda il suo
attaccamento alla natura del mondo
prealpino. Quei luoghi nei quali il verde
diviene il respiro di tutti, dell’uomo e della
materia per l’uniformità tonale che pone
in raffinata evidenza l’opera dell’acquerello dipinto così imiteggiante le
zone delle boscaglie. Tanto da far
sensibilizzare una liricità pittorica che non
origina dal cavalletto, ma dalle bocche
informali del suolo mosso da un disteso
ritmo distensivo che, oltre ad avere un
fermento originale di poesia, rende
musicale anche l’aria e le piantagioni dei
posti. Né un ritratto e tanto meno un
forzato racconto l’acquerello della
Visconti, ma una visione che incarna
l’ambiente del riferimento pittorico in
tutta la sua essenza ispirativa e di
composizione che matura la sua
evoluzione artistica per battiti d’incanto
che interessano lo sguardo della pittrice.
Il fare della sua esperienza sempre più
raffinata che persiste a perfezionare la
finezza lirica del suo acquerello.
Marpanoza
L’arte come divertimento è certamente
un prodigio se l’iniziativa del pittore
avviene in tutta spontaneità di spirito
creativo e senza un progetto. Come del
resto hanno dato prova nella realizzazione
della loro pittura astratto-informale un
Atanasio Soldati, Nativi Gualtiero o un
Proferio Grossi ed altri pittori di una
particolare spinta innata ancor prima che
di evento culturale. Un accenno per
sottolineare che “GIOCHI DI COLORI
GEOMETRICI” dipinto da Carlo
Cimminelli in una versione di poetica
visiva ritmata dalla ripetizione della forma,
raffigurata o meno, viene ad esprimere, a
parte l’innato poetico, anche un concetto
filosofico che interessa ed aumenta nel
soggetto operativo l’invito alla riflessione
che rallegra la mente. Così, Cimminelli
che dipinge da una vita, oggi fa conoscere
la sorpresa della sua novità di astrazione
geometrica in cui la disposizione dei cubi
ad incastri e la varietà dei piani e delle
facciate dipinte dell’intera composizione
presentano una variegata armonia.
Marpanoza
Luisa Visconti
“PASSEGGIATA”
Acquerello cm. 36x51
CCarlo
Carlo Cimminelli:
GIOCHI DI COLORI
GEOMETRICI
Acrilico su tela sabbiata, cm. 40x30
CONCORSI
CONCORSi
51° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE
“AMICI DEL POMERO”. Sempre presenti...
Anche quest’anno si terrà il “50° PREMIO
NAZIONALE DI PITTURA E 44° INTERNAZIONALE DI GRAFICA DEL POMERO”.
La Mostra avrà luogo dal 30 APRILE all’ 8 MAGGIO
2016 A VILLA BURBA - RHO.
La presentazione dei lavori ENTRO E NON OLTRE
IL 20 APRILE 2016. Chiedere regolamento al
segretario del premio PIERO AIRAGHI “AMICI
DEL POMERO” via Torino 2 -20017 RHO-MI
telefono: 029303521
PREMIO PASCOLI DI POESIA Sezioni in
lingua e Opera Prima, scadenza 30 aprile
2016.
Due le sezioni: in lingua, promossa dalla Banca
Romagna Est, consta del valore di 2.000 euro ed è
riservata ad opere edite non prima del 1 maggio 2015;
Opera prima, per raccolta di autori esordienti edita
non prima del 1 maggio 2014, sempre del valore di
2000 euro, alternata col dialetto. La giuria è composta
da cinque studiosi di letteratura. La partecipazione al
concorso è gratuita, le opere concorrenti dovranno
essere inviate alla segreteria del premio entro il 30
Aprile 2016. Info: Sammauroindustria (presso la
Biblioteca Comunale di San Mauro Pascoli)
tel. 0541- 933656 o www.sammauroindustria.com
PREMIO LETTERARIO “CITTA’ DI CASTELLO”
edizione 2016. Premio riservato ad opere inedite.
Il concorso a tema libero, è suddiviso in tre sezioni:
Narrativa, Poesia e Saggistica. I lavori su formato
max A4, dovranno essere necessariamente scritti a
macchina o a computer, non accettati manoscritti. I
concorrenti dovranno far pervenire, entro e non oltre il
30 aprile 2016, a mezzo posta, alla casella postale 38
un plico chiuso contenente: 3 copie dell’opera in formato
cartaceo: 2 copie dell’opera in formato word su CD o
chiavetta USB; breve lettera di presentazione dell’autore
e dati anagrafici completi con l’indicazione della fonte da
cui è stata appresa la notizia del concorso.
Info: 3335410750
Premio Internazionale Poesia, Prosa e Arti
figurative e Premio teatrale Angelo Musco Il
Convivio 2016.
Il Premio è aperto ad autori italiani e stranieri con allegata
la rispettiva traduzione. Per i partecipanti che non
sono di lingua neolatina è da aggiungere una traduzione
in italiano. Scadenza: 15 giugno 2016. E’ suddiviso
in 8 sezioni. Premio Poesia, prosa e arti figurative:1)
Una poesia inedita a tema libero in lingua italiana
(cinque copie); 2) Un racconto inedito di massimo 6
pagine (spaziatura 1,5) (cinque copie); 3) Romanzo
inedito (minimo 64 cartelle tre copie; 4) Raccolta di
Poesie inedite, con almeno 30 liriche, fascicolate e
spillate per non essere escluse (tre copie); 5) Libro
edito a partire dal 2006 nelle sezioni: 1) poesia, 2)
narrativa, 3) saggio (tre copie). Non si può partecipare
con volumi già presenti nelle edizioni precedenti del
Premio Il Convivio.
6) Pittura e scultura: si partecipa inviando due foto
chiare e leggibili di un’opera pittorica o scultorea. 7)
Opera musicata (poesia, canzone, opera teatrale,
ecc). L’opera è accettata solo ed esclusivamente se
accompagnata da un DVD o CD (una copia): 8)
romanzo, saggio, raccolta di poesia o di racconti
inediti per e-mail (inviare una copia corredata di
generalità e recapiti all’indirizzo e-mail:
[email protected], [email protected]) Premio Teatrale Angelo Musco
Scadenza 15 giugno 2016. E’ suddiviso in 2 sezioni
1) Opera teatrale inedita in qualunque lingua (anche
dialettale, ma con traduzione italiana) (tre copie); 2)
Opera teatrale edita in qualunque lingua o dialetto.
(tre copie). Si può partecipare a più sezioni, ma con
una sola opera per sezione, dichiarata di propria
esclusiva creazione. Delle copie inviate una corredata
di generalità, indirizzo, numero telefonico ed e-mail,
le altre copie devono essere anonime se inedite, se
invece edite non è da cancellare il nome dell’autore.
Il tutto è da inviare alla Redazione de Il Convivio: 1)
Premio “Poesia, Prosa e Arti figurative”, Via
Pietramarina Verzella, 66 - 95012 Castiglione di
Sicilia (CT) - Italia. Si raccomanda di allegare un
breve curriculum. Info 0942 986036
ARTECULTURA
33
La Donna
MADRE DEL DISARMO
XLIV Edizione di Poesia Pace. Scadenza 15 luglio 2016
Riflettere sull’affettività di una madre stimola la fiducia
Aderire alla nuova rassegna poetica indetta da Artecultura, significa alimentare lo stimolo della fiducia che domanda
ed appaga d’equilibrio la persona nel rapporto con se stessa e la convivenza. Nell’affettività di una madre vi è la fonte
...LIBRI....LIBRI..
originale della Poesia della natura, energia creativa perchè riflettendo su di essa si comprende meglio e più
all’origine come diventare persone del necessario autocontrollo senza contraddirsi e pertanto di trascendere con gli
aspetti particolari e generali della vita singola e di moltitudine. Tutte le Donne sono uguali MADRE DEL DISARMO.
Pertanto l’adesione a la Donna MADRE DEL DISARMO comporta la collaborazione diretta del tuo componimento
poetico che faccia specifico riferimento sulla personale riflessione, affinché nell’insieme del confronto con le altre
collaborazioni, si possa delineare di chiarezza culturale il perché della Donna MADRE DEl DISARMO.
Poesia: l’adesione all’annuale nuova iniziativa la Donna MADRE DEL DISARMO può essere effettuata
tramite 1 (uno) componimento che non superi i 35 versi per essere accettato e pubblicato con qualche riga
di commento (non più di 5) sul suo perché da riprodursi a fondo pagina dello stesso componimento.
Saggistica: l’invio di 1(una) sintesi saggistica (corpo 10 che non superi le 25 righe A-4 per essere accettata
ed inserita esclusivamente in formato DOC nella nuova antologia 2016. In modo che il breve saggio nel
confronto con altri sia di stimolo culturale ai fini di una libera “Cultura per la pace”, seminato non-violento
per un Costume poetico che renda i giorni più sereni al cammino dell’uomo. Partecipa e fai partecipare!
Regolamento
1) L'adesione alla XLIV Edizione di Poesia Pace dal tema la
Donna MADRE DEL DISARMO è gratuita.Si aderisce con
1 solo componimemto poetico o saggistica in duplice copia
firmate anche di autografa. L'iniziativa si autogestisce nello
spirito di Artecultura orientata all’equilibrio della convivenza.
2) Sono invitati quanti si sentono impegnati nella poetica ricerca
della Pace, ideale di ogni libera persona umana. L'iniziativa non
assegna premi di classifica e gli Autori delle liriche o dei saggi
formalmente prescelti per l'inserimento nel volume antologico
"Cultura per la pace" 2016 riceveranno il Diploma di solidarietà, ed una riproduzione artistica della copertina del volume.
3) Alla consultazione dei componimenti è preposta, a solo titolo
di verifica formale, una Commissione di varie attività sociali.
4) La presentazione del volume sarà a fine novembre in data e
luogo opportunamente comunicati come per le passate edizioni.
5) Al ricevimento dell'esito dell'adesione l'Autore aderente s'impegna a comunicare il numero delle copie del volume che intende
acquistare, al costo economico di Euro 5 al volume a parziale
sostegno di realizzazione ed il restante del volume a collocazione gratuita particolarmente nelle scuole ed ospedali.
Alla presentazione del volume La Donna Madre del Disarmo
2016 gli Autori aderenti sono tenuti ad essere presenti o delegare
persone di loro fiducia per il ritiro dei volumi ordinati e il dovuto
per regolamento, impossibile a domandarli nel tempo.
Poesia,
una
sola
ogni
aderente,
spedita
duplice
copia
6) 6)
Poesia,
una
sola
perper
ogni
aderente,
vava
spedita
inin
duplice
copia
firmate
di
autografa,
alla
Segreteria
c/o
Artecultura
Via
Ciovasso
firmate di autografa, alla Segreteria c/o Artecultura - Via Ciovasso
- 20121
Milano
o servirsi
dell'indirizzo
- [email protected]
1919
- 20121
Milano
o servirsi
dell'indirizzo
- [email protected]
Saggi,
1
(solo
per
ogni
aderente)
vanno
inviati
esclusivamente
per
Saggistica, 1 (solo per ogni aderente) vanno inviati
esclusivamente
pervia
viae-mail
e-mailall’indirizzo:
all’indirizzo:[email protected]
[email protected]
le Scuole
si richiede
di componimenti
a firma
PerPer
le Scuole
si richiede
l'invio dil'invio
componimenti
a firma collettiva
collettiva
in
modo
da
favorire
la
più
ampia
presenza
scolastica
in modo da favorire la più ampia presenza scolastica nel nuovo
nel nuovo volume antologico. Simboliche Borse di studio
volume antologico. Previste simboliche Borse di studio
7) Le Poesie ed i Saggi debbono essere inediti, di personale
7) Le Poesie ed i Saggi debbono essere inediti, di personale
ispirazione e composizione ed attinenti al tema Costume Poetico
ispirazione e composizione ed attinenti al tema la Donna MADRE
per il Disarmo nella più ampia libertà di pensiero. I minorenni sono
DEL DISARMO nella più ampia libertà di pensiero. I minorenni
accettati solo con la prevista firma di chi esercita su di loro la tutela.
sono accettati con la prevista firma di chi esercita su di loro la tutela.
Non sono accettati componimenti dedicati a persone viventi.
Non sono accettati componimenti dedicati a persone viventi.
8) Artecultura si riserva di favorire letture e confronti culturali
8) Artecultura si riserva di favorire letture e confronti culturali.
9) In caso di nuove esigenze, il presente regolamento potrà subire
9) modifiche
In caso di nuove
esigenze, ill'attività
presentediregolamento
potrà subire
che migliorino
Costume Poetico
per il
modifiche
che
migliorino
l'attività
la
Donna
MADRE
DEL DIDisarmo - "Cultura per la pace" 2014.
SARMO.
Si può
partecipare
entrambe
sezioni.
L’adesione
è limitata
ad unaadsola
sezioneleper
Autore.
10) Gli aderenti accettano il presente regolamento in ogni sua parte.
10) Gli
aderenti
il per
presente
regolamento
in all'iniziativa
ogni sua parte.
Poesie
e Saggi
fattiaccettano
pervenire
spirito
di solidarietà
Poesie e Saggi fatti pervenire per spirito di solidarietà all'iniziativa
non vengono restituiti ed entrano a far parte dell'Archivio "Cultura
non vengono restituiti ed entrano a far parte dell'Archivio "Cultura
per la pace" di ARTECULTURA.
per la pace" di ARTECULTURA.
Sede nella quale permane l’Archivio di cui tutti possono prendeSede nella quale permane l’Archivio di cui tutti possono prendere visione consultiva. La proprietà letteraria di tutti gli elabore visione consultiva. La proprietà letteraria di tutti gli elaborati è ad ogni effetto pertinente agli Autori dei medesimi.
rati è ad ogni effetto pertinente agli Autori dei medesimi.
PARTECIPA E FAI PARTECIPARE!
Informazioni ulteriori e invio componimenti:
La Donna MADRE DEL DISARMO 2016
c/o Artecultura Via Ciovasso 19- 20121 Milano - Tel. 02/864.64.093
www.artecultura.org
34
ARTECULTURA
e-mail: [email protected]
Gregorio Mancino nel teatro del sorriso
Nella fotogenesi dell’invero avverato
Gregorio Mancino intuisce un
sorriso che si esprime fuori del
comune ed è quello di riuscire con una
facilità impressionante a scavare nello
scherzo di qualsiasi genere la congiunzione della spontanea armonia dove
riflettendo tra lo scherzo e la burla
ironica, ci si ravvede in quella
fondatezza creativa in cui Mancino si
diverte. E si diverte dipingendo atti di
allegorie di fantastico che soddisfano
il soggetto umano non solo con lo
sguardo perché dal momentaneo poi
scatta subito l’atto della riflessione
che induce ad immaginare verità a cui
non si pensava affatto. Un teatro della
mente nella quale ogni attore recita tra
presente e futuro indicendo l’immaginazione a fermentare l’immaginario di se stessa, il modo cioè di
esprimere quella novità di spontaneo
sorriso così come lo stimolo innato lo
recepisce e lo vive nelle varie
condizioni e contraddizioni. Le quali
per spirito di contrasto, appunto,
diventano linguaggio di consapevolezza rallegrante del piacevole
sorriso.
Così per noi, il ritratto interiore,
psichico, a specificare, di spinta
riflessione, di ricerca ideativa che
Gregorio Mancino vive con l’innata
facoltà di riuscire a sorprendere sia
artisticamente che socialmente la
persona che guarda le sue creazioni di
un fantastico che non ha uguali. Noi,
siamo così.
Giuseppe Martucci
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