avv. Natale Galipò
LA PREDISPOSIZIONE
DEL PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
NELLE PROCEDURE ESECUTIVE IMMOBILIARI
Orientamenti - Linee guida - Questioni controverse
a cura di
Natale Galipò
Gennaio 2014
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6 febbraio 2014
INDICE
Introduzione ............................................................................................... pag. 1
1. In sintesi: sulla fase di distribuzione del ricavato...................................... pag. 1
PARTE PRIMA
1.- La norma di riferimento ......................................................................... .. pag. 4
2.- Individuazione delle masse......................................................................... pag.6
3.- Determinazione della massa attiva ............................................................. pag.9
4.- La collocazione dei crediti privilegiati ex art.2770 c.c. (differenze
tra “prededuzione” e collocabilità ex art.2770 c.c.) .................................. pag.11
§4.1.- La prededuzione ................................................................................. pag.12
§4.2.- Le spese ex art.2770 c.c. ...................................................................... pag.16
5.- Graduazione interna.................................................................................. pag.22
6.- Individuazione dei creditori intervenuti.................................................... pag.22
§6.1.- La rivisitazione dell’intervento dei creditori ......................................... pag.22
§6.1.1. - L’intervento non titolato. L’accantonamento .............................. pag.24
§6.2.- L’intervento tardivo (e l’intervento tempestivo) .................................. pag.27
► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL CONCETTO DI “PRIMA” UDIENZA
FISSATA PER L’AUTORIZZAZIONE ALLA VENDITA .................................. pag.27
7.- La graduazione dei creditori (cenni) ......................................................... pag.30
8.- I crediti assistiti da cause di prelazione..................................................... pag.31
§8.1.- Crediti privilegiati che le leggi speciali dichiarano preferiti
ad ogni altro credito ............................................................................ pag.31
§8.1.1.- Graduazione interna .................................................................... pag.32
§8.2.- I crediti assistiti da privilegio speciale sugli immobili................................ pag.32
§8.2.1.- In particolare: i singoli privilegi sugli immobili
di cui all’art.2780 c.c. ..................................................................... pag.33
§8.2.2.- I crediti per i contributi per opere di bonifica
e miglioramento (art.2775 c.c.)..................................................... pag.34
§8.2.3.- I crediti dello Stato per concessioni
di acque (art.2774 c.c.)................................................................. pag.35
§8.2.4. - I crediti per i tributi indiretti........................................................ pag.35
§8.2.5.- I crediti del promissario acquirente per mancata
esecuzione dei contratti preliminari (art.2775 bis c.c.) .................. pag.38
§8.2.6.- Estinzione del privilegio ................................................................ pag.39
§8.2.7.- Estensione del privilegio ............................................................... pag.40
§8.2.8.- Concetto di anno in corso ............................................................. pag.41
§8.2.9.- Graduazione interna .................................................................... pag.41
§8.3.- Crediti assistiti da ipoteca ................................................................... pag.42
§8.4.- Crediti con privilegio sussidiario sugli immobili ..................................... pag.45
► SCHEMA RIASSUNTIVO DEI PRIVILEGI SUI BENI IMMOBILI ....................... pag.50
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I
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9.- Gli effetti del tempo degli interventi per i creditori
privilegiati e sussidiari............................................................................. pag.54
10.- Gli effetti del tempo degli interventi per i creditori
non assistiti da cause di prelazione......................................................... pag.55
PARTE SECONDA
1.- La determinazione del credito................................................................... pag.56
► Introduzione.......................................................................................... pag.56
§1.1.- Le diverse tipologie di titoli fondativi del credito ................................... pag.56
§1.1.1.- Gli interessi superiori agli interessi legali ....................................... pag.58
§1.1.2.- Gli interessi usurari ...................................................................... pag.60
§1.1.3.- Gli interessi anatocistici ................................................................ pag.67
PREMESSA.................................................................................... pag.67
§1.1.3.1.- Il nuovo corso della giurisprudenza in tema di capitalizzazione degli interessi bancari. Il D. Lgs. n°344/99 e
la delibera del CICR del 9.02.2000........................................ pag.68
§1.2.- I contratti di mutuo bancario ordinario ................................................ pag.72
§1.3.- I contratti di mutuo fondiario .............................................................. pag.75
► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL DIVIETO DI ANATOCISMO
SULLE RATE A SCADERE .............................................................................. pag.79
§1.4.- L’anatocismo e la Legge di Stabilità 2014..................................................... pag.81
2.- Collocazione dei privilegi immobiliari ..................................................... pag.83
3.- Collocazione del credito ipotecario in via privilegiata ex art.2855 c.c..... pag.79
► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL SUPERAMENTO
DEL MONTANTE IPOTECARIO ........................................................................ pag.86
§3.1.- Nozione di anno in corso ..................................................................... pag.91
§3.2.- Procedimento di calcolo e collocazione per i contratti
di mutuo ipotecario ............................................................................... pag.95
► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL CONCETTO DI “INTERESSI DOVUTI”
EX ART.2855 C.C. ........................................................................................ pag.97
§3.3.- Collocazione in privilegio degli interessi anatocistici ............................ pag.100
4.- Collocazione del credito sussidiario ....................................................... pag.100
5.- Assegnazione della somma ricavata ai creditori..................................... pag.101
► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: COME OPERARE IL CONCORSO
TRA CREDITI CHIROGRAFARI .......................................................................................... pag.102
6.- L’accantonamento delle somme ex artt.499 e 510 c.p.c. ........................ pag.103
7.- La distribuzione nel caso di conversione al pignoramento.................... pag.104
8.- Espropriazione immobiliare e credito fondiario .................................... pag.105
9.- Espropriazione immobiliare e fallimento .............................................. pag.107
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II
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► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: INTERFERENZE TRA ESECUZIONE PER
CREDITO FONDIARIO E FALLIMENTO ....................................................................................... pag.108
§9.1.- Fallimento dell’unico debitore successivamente al pignoramento .......... pag.110
§9.2.- Fallimento di uno dei debitori comproprietari ......................................... pag.112
ALLEGATI
• Allegato 1: modello richiesta precisazione del credito ............................. pag.115
• Allegato 2: modello richiesta documenti integrativi banca. ..................... pag.117
• Allegato 3: modello progetto di distribuzione ........................................... pag.118
• Allegato 4: modello progetto di distribuzione ........................................... pag.120
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III
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INTRODUZIONE
Scopo del presente studio è quello di mettere in luce i criteri di riferimento che possano
indirizzare il professionista delegato (o il custode o il consulente) - incaricato della
formazione del progetto di distribuzione del ricavato - nell’affrontare le difficoltà connesse
all’espletamento del compito in esame, nel quale non di rado questioni di diritto sostanziale
si intrecciano a problematiche di diritto processuale, passando per la
risoluzione/impostazione di quesiti di tipo matematico-aritmetico.
E’ infatti innegabile che il progetto di distribuzione debba essere predisposto in modo
chiaro ed intelligibile, seguendo un percorso elaborativo all’interno del quale siano
applicati principi uniformi ed omogenei: obiettivo non di poco conto, sol che si osservi che
un progetto di agevole “lettura” (e comprensione) facilita la rapida definizione delle
operazioni distributive, riduce la possibilità di contestazioni sia da parte dei creditori
concorrenti che dello stesso debitore esecutato (che rifluirebbero negativamente sull’iter di
approvazione del riparto) consentendo pertanto di pervenire in tempi ragionevoli alla
realizzazione (anche parziale) delle istanze creditorie ed alla estinzione della procedura
esecutiva.
L’impostazione seguita nel testo é pertanto quella di illustrare i principi e le fasi
fondamentali intorno ai quali articolare la redazione del progetto (con suddivisione dello
studio in due parti): in tale prospettiva, si è così cercato di conferire all’esposizione un
taglio prevalentemente “pratico”, al fine di focalizzare con immediatezza gli argomenti di
volta in volta trattati.
Alle (numerose) note che corredano il testo (ed intese non sempre come mere specificazioni
bibliografiche) é affidato ora il compito di rappresentare dei brevi approfondimenti teorici
sugli istituti e sulle figure del procedimento esecutivo che hanno più stretta attinenza con la
predisposizione del riparto; altre volte quello di fornire una sintetica analisi del complesso
quadro interpretativo determinato sia dall’elevato tecnicismo della materia sia
dall’importanza degli interessi riferibili alle parti coinvolte nell’esecuzione forzata: a tal
fine sono stati pertanto richiamati sia gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali (anche)
più recentemente formatisi in ordine al processo esecutivo (specie dopo la riforma del
2005), sia le fondamentali prassi applicative riscontrate presso diversi Tribunali.
La parte finale (sezione “Allegati”) contiene alcuni modelli di corrispondenza utilizzabili
dal professionista delegato per l’attività propedeutica alla formazione del piano di riparto.
La chiusura della guida è dedicata alla predisposizione di un progetto di distribuzione,
redatto secondo due diverse modalità di elaborazione e con illustrazione dei criteri
impostazione applicati.
1.- IN SINTESI: SULLA FASE DI DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO
La distribuzione del ricavato costituisce il “culmine” del procedimento di esecuzione
forzata, preordinato al soddisfacimento (nei limiti dell’effettivo conseguimento di una
somma di denaro) delle ragioni di credito vantate da quanti hanno promosso l’esecuzione
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(con il pignoramento) o vi si sono successivamente inseriti (depositando l’atto di
intervento).
E’, in concreto, l’attività che si svolge sulla somma ricavata dalla vendita (a seguito della
liquidazione del compendio pignorato: c.d. fase trasformativa) e che trova pertanto nel
progetto di distribuzione lo strumento tipico di realizzazione delle pretese creditorie (c.d.
momento satisfattivo).
E’ in questa fase pertanto che si realizza il concorso dei creditori, vale a dire l’esigenza che
tutti partecipino alla distribuzione del ricavato, sulla scorta del principio - sancito
dall’art.2741 c.c. - che «i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del
debitore» (salve le cause legittime di prelazione).
Le norme che regolamentano, in generale, la fase distributiva sono gli artt. 510 e 512 c.p.c.,
sui quali ha profondamente inciso la legge di riforma n°80 del 2005.
Con riferimento all’esecuzione forzata immobiliare viene poi in rilievo l’art.596 c.p.c., ma
assume rilevanza anche l’art.179 disp. att. c.p.c., che ammette la possibilità della
formazione del progetto di distribuzione in due fasi: una dedicata al progetto di graduazione
(che contiene la collocazione dei creditori in base alla “precedenza” determinata dalle
rispettive ragioni di prelazione) e l’altra (complementare alla prima e concernete la
determinazione dei singoli importi da attribuire concretamente agli aventi diritto) destinata
alla c.d. liquidazione delle quote (a ciascuno di questi progetti si applica l’art.596 c.p.c., ed
essi sono oggetto di autonoma discussione ed approvazione)(1).
In breve: la predisposizione del progetto di distribuzione muove dall’individuazione
della massa attiva, dalla quale vanno detratte tutte le spese inerenti la procedura
(custodia, stima dell’immobile, onorario del professionista delegato, oneri per la
cancellazione dei gravami pregiudizievoli, adempimenti pubblicitari, ecc.).
Effettuata la detrazione delle spese (in prededuzione e/o in privilegio ex art.2770 c.c.), la
distribuzione procede tenendo conto delle cause legittime di prelazione (2).
(1) Secondo diversi autori (SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, XIIIª ed., Padova, 2000, 487;
COMOGLIO, FERRI, TARUFFO, Lezioni sul processo civile. Procedimento speciali, cautelari ed esecutivi,
vol. II, IIIª ed., Bologna, 2011, 434), la distribuzione del ricavato nell’esecuzione immobiliare si
caratterizza per una maggiore complessità rispetto alle altre forme di espropriazione, proprio perché può
verificarsi l’ipotesi della presenza (e della conseguente collocazione) di creditori ipotecari di grado
diverso e di creditori chirografari.
(2) Secondo la previsione dell’art. 2741 c.c., 2° comma, sono cause legittime di prelazione i privilegi, il
pegno (in materia di espropriazioni mobiliari) e le ipoteche. Il privilegio «è un diritto di prelazione che la
legge accorda al creditore in riguardo alla causa del credito» [questa definizione risale all’art.1952 del
codice civile del 1865 (titolo XXIII - Dei privilegi e delle ipoteche), in quanto il codice vigente non detta
alcuna definizione del privilegio, ma la nozione è rimasta praticamente immutata]. E’ stato osservato
(NERVI, Responsabilità patrimoniale del debitore, in Il Diritto, Enciclopedia giuridica del Sole24ore,
2007, vol. XII, pag.412 ss.) che la regola di cui all’art.2741, 2° co., c.c. introduce una eccezione al
principio di concorsualità, attribuendo a determinati creditori (per l’appunto, quelli muniti di privilegio)
una posizione preferenziale (una sorta di precedenza) circa la possibilità di ottenere il soddisfacimento
coattivo delle proprie pretese sul patrimonio del debitore. In questa prospettiva, il credito assistito da una
causa di prelazione, in considerazione della sua causa (cioè del titolo di esso, nell’accezione di fonte
specifica del credito) si configura come una specie di credito rafforzato, poiché consente a quei
particolari creditori il diritto di soddisfarsi sul cespite vincolato dalla prelazione escludendo il concorso
degli altri creditori (quelli non muniti di garanzie specifiche e denominati chirografari - da
chirographum, promessa scritta di pagamento rilasciata al creditore - cfr. GUARINO, Diritto privato
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Dopo i creditori muniti di prelazione, il riparto prevede la collocazione dei creditori
chirografari tempestivi, con la precisazione - per siffatta categoria di creditori - che se la
somma residuata (dal pagamento dei precedenti creditori) non è sufficiente alla loro
integrale soddisfazione, la distribuzione tra questi ultimi dovrà essere operata in
proporzione all’entità dei rispettivi crediti.
Le eventuali somme residuate dal soddisfacimento dei creditori presenti nell’esecuzione
e dal pagamento delle spese dovranno essere restituite al debitore esecutato.
Come anticipato, legittimati a partecipare alla distribuzione sono i creditori pignoranti e
i creditori intervenuti, nei limiti e con le modalità del novellato art. 499 c.p.c. .
La riforma del procedimento esecutivo ha infatti introdotto nella fase della distribuzione
modifiche pregnanti che incidono sui tempi e le modalità con cui procedere sia alla
predisposizione del piano di riparto che alla risoluzione dei contrasti insorti al momento
della discussione dello stesso. È stato previsto che la fase della distribuzione possa
svolgersi in più riprese in attesa che tutti i creditori intervenuti risultino muniti di titolo
esecutivo.
L’art. 510 c.p.c. invero stabilisce che il G.E. nel procedere al riparto tra gli aventi diritto
debba provvedere all’accantonamento delle somme spettanti ai creditori sequestranti o
a quelli titolari di garanzie reali che non siano provvisti di titolo esecutivo e siano
intervenuti nel procedimento.
Con riferimento al quadro giuridico sopra delineato il presente studio si prefigge di
costituire un utile supporto di lavoro per gli ausiliari del Giudice dell’Esecuzione incaricati
di redigere il piano di distribuzione, al fine di agevolarne una stesura quanto più possibile
uniforme alla luce dei criteri e delle linee guida elaborati dalla giurisprudenza dominante in
materia, nonché sulla scorta delle indicazioni e delle prassi adottate dai maggiori Tribunali
proprio in vista della fase “nevralgica” del soddisfacimento delle pretese creditorie
all’interno del procedimento esecutivo.
romano, Napoli, 1977, 877), almeno fino a quando la posizione creditoria privilegiata non abbia trovato
integrale realizzazione. In questa prospettiva, il privilegio si configura come un diritto soggettivo di
natura sostanziale (BIANCA, Diritto civile, vol. VII, Le garanzie reali - La prescrizione, Milano, 2012,
17), che è normalmente fatto valere all’interno di un procedimento esecutivo, ma senza per questo
assumere connotazione processuale, dal momento che la precedenza conseguente al privilegio è pur
sempre posta dalla legge sostanziale.
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1.- LA NORMA DI RIFERIMENTO - La formazione del progetto
di distribuzione
Secondo l’art.596 c.p.c.: «Se non si può provvedere a norma dell’articolo 510 primo
comma, il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell’articolo 591
bis(3), non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un
progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo
deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore,
fissando l’udienza per la loro audizione.
Tra la comunicazione dell'invito e l’udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni».
L’ipotesi contemplata dalla norma è quella in cui, oltre al creditore pignorante, siano
intervenuti nel procedimento esecutivo anche altri creditori, sicché - non essendo pertanto
possibile provvedere ai sensi del comma 1 dell’art. 510 c.p.c.(4) - e profilandosi
l’insorgenza di difficoltà per la collocazione dei creditori concorrenti (sia in relazione
all’ordine di precedenza che in riferimento all’ammontare delle somme da liquidare), il
giudice dell’esecuzione «o il professionista delegato a norma dell’art. 591-bis», provvede
d’ufficio a formare il progetto di distribuzione e a depositarlo in cancelleria, entro il termine
di trenta giorni dal versamento del prezzo(5), al fine di consentirne l’esame a tutti i creditori
che partecipano alla procedura (con fissazione di un’apposita udienza per la loro audizione).
Al riguardo è prassi consolidata quella di invitare i creditori a depositare note contenenti la
precisazione dei rispettivi crediti (suddistinti per capitale e interessi), con indicazione delle
spese sostenute nel corso del procedimento esecutivo e delle quali richiedere la
(3) Le parole «o il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis» sono state inserite, in sede di
conversione, dall’art. 2, comma 3, lett. e) n.34 D.L. 14 marzo 2005, n°35, conv. con modif., in L. 14
maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2,
comma 3 sexies, D.L. n°35/05, cit..
(4) Che riguarda l’ipotesi in cui sia presente un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori,
sicchè «il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il
pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese». In questa ipotesi appare più corretto
parlare non di distribuzione (alla quale si procede solo in presenza di una pluralità di creditori), bensì di
attribuzione della somma (CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano 2010, 303;
DE STEFANO, Il progetto di distribuzione, relazione tenuta in Salerno al seminario del 23 marzo 2010 “Il
ruolo del dottore commercialista nelle procedure esecutive”, pag.3, il cui testo è reperibile all’URL
http://www.centrostudinesos.it /detail.asp?iArt=685&iType=69).
(5) Il termine di 30 giorni per il deposito del progetto di distribuzione è pacificamente considerato
ordinatorio (cfr., ex multis, MONTESANO-ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, vol. III,
L’esecuzione forzata, tomo II, Padova, 2007, 128; CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo
la legge 14.5.2005 n.80, IIª ed., 434).
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liquidazione(6).
Va peraltro evidenziato che la richiesta di precisazione dei crediti non è formalmente
prevista da alcuna norma, sicché il mancato deposito della relativa nota nel termine fissato
dal giudice (o dal professionista delegato) non comporta per il creditore alcuna conseguenza
pregiudizievole, nel senso che questi non decade dalla possibilità di contestare
successivamente il progetto di distribuzione, una volta depositato in cancelleria(7).
Come accennato in precedenza, il progetto si compone di due parti: la graduazione dei
creditori e la liquidazione delle quote spettanti a ciascuno di essi.
La graduazione determina l’ordine in cui i creditori partecipanti all’esecuzione devono
essere soddisfatti all’interno del piano di riparto e viene quindi formata tenendo conto sia
delle norme di diritto sostanziale, relative alle cause legittime di prelazione, sia delle norme
processuali, riguardanti il tempo degli interventi (vale a dire la tempestività o meno degli
stessi).
La liquidazione della quota consiste nella determinazione della somma concretamente
distribuibile al singolo creditore, configurandosi quindi come la “misura” del
soddisfacimento (integrale o parziale) della ragione creditoria originariamente azionata dal
medesimo.
Va poi tenuto presente che gli interessi sui crediti azionati nella procedura continuano a
maturare fino a che il creditore non sia immesso nella disponibilità giuridica della somma
(6) La nota di precisazione dei crediti dovrebbe essere quanto più possibile analitica, al fine di consentire
a ciascun creditore di evidenziare tutte le componenti del credito di cui si è chiesto il soddisfacimento in
sede esecutiva, agevolando di fatto la formazione (e l’intelligibilità) del progetto di distribuzione e
riducendo l’area delle possibili controversie ex art.512 c.p.c. (cc.dd. controversie distributive - cfr.
CAMPESE, ibidem, 434). Si veda, al riguardo, il modello di richiesta di precisazione del credito inserito
nella sezione “allegati” della presente guida.
(7) LE CONSEGUENZE DEL MANCATO DEPOSITO DELLA NOTA DI PRECISAZIONE DEI CREDITI.- Il termine
che viene in proposito indicato solitamente nelle varie ordinanze di delega è di 30 giorni; la soluzione più
di sovente riscontrata nelle prassi applicate dai maggiori Tribunali, per l’ipotesi di mancato deposito della
nota di precisazione dei crediti (che può essere anche dovuto al fatto che alcuni creditori, convinti di non
partecipare utilmente alla distribuzione - perché chirografari o tardivi - omettono tale adempimento per
non sostenere ulteriori inutili spese) è quella di sollecitare il creditore a effettuare la chiesta precisazione
entro un ulteriore termine (ad es., 15 giorni), decorso infruttuosamente anche il quale si procederà alla
collocazione del credito nella misura risultante dall’atto di pignoramento o di intervento, oltre gli interessi
successivi, eventualmente dovuti, risultanti dai predetti atti o dal titolo [cfr., al riguardo, ex multis, le
“Indicazioni in tema di riparto” emanate dal Tribunale di Monza - che ha segnato la strada per le c. best
practices in materia di esecuzioni immobiliari - reperibile su internet al sito
http://www.judicium.it/old_site/newtitta/altra_modulistica /042_r_circol.html; (accesso 2.04.2013); ed ancora, la
“Direttiva per il professionista delegato per la formazione del piano di riparto” emanata dal Tribunale di
Savona, reperibile all’indirizzo internet http://www.tribunale.savona.it/it/Content/Modulistica/13230?
idarea=10030 (accesso 9.04.2013)].
Sono stati comunque rilevati anche orientamenti più rigorosi: così, ad es., in tema di mancata indicazione
delle spese giudiziali, nelle istruzioni emanate dal Tribunale di Roma, reperibili all’indirizzo web
www.tribunale.roma.it/documentazione/ModuliPDFNuovi/Modulo911.pdf, si specifica che «Il mancato
invio della nota spese deve essere considerata come rinuncia alla liquidazione. La mancata analitica
indicazione di spese sostenute nell’interesse di tutti i creditori (accompagnata da adeguata
documentazione giustificativa) deve essere considerata come rinuncia alla refusione» (nella richiamata
circolare del Tribunale di Monza, si rappresenta al riguardo che se la notula non è stata inviata, il
consulente dovrà sollecitare il creditore a mezzo fax, avvertendolo che in mancanza di invio entro 15
giorni gli onorari saranno liquidati d’ufficio nei minimi di legge; e, ove detto creditore non dovesse
ricevere nulla, dovrà richiedere al giudice la liquidazione).
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riconosciutagli in sede di distribuzione e quindi (salvo, ovviamente, l’ipotesi di incapienza)
fino all’emissione del provvedimento che dispone il pagamento in suo favore ai sensi
dell’art. 510 ovvero dell’art. 598 c.p.c.(8).
Ne consegue che gli interessi maturati sul libretto della procedura nel periodo intercorrente
tra la predisposizione del piano di riparto e l’emissione dell’ordine di pagamento vanno
assegnati ai creditori secondo l’ordine di graduazione in precedenza formato.
2.- INDIVIDUAZIONE DELLE MASSE
La prima operazione che il professionista delegato incaricato della formazione del progetto
di distribuzione è chiamato a compiere consiste nella c.d. formazione delle masse in cui
dovrà essere articolato il piano.
§ 2.1.- Per “massa” si intende (a seguito della trasformazione del compendio pignorato in
denaro) il complesso delle somme ricavate dall’esecuzione e disponibili per la distribuzione
ai creditori.
Se la procedura esecutiva riguarda un unico immobile non sorgono problemi di sorta per
l’individuazione della massa, che sarà una sola.
Se vi però più immobili assoggettati alla medesima procedura (o perché è stato in origine
eseguito un unico pignoramento su più beni, o perché è stata disposta la riunione di più
procedure) occorre allora individuare preliminarmente le singole masse che dovranno
connotare il progetto di distribuzione al fine del soddisfacimento delle ragioni creditorie
azionate esecutivamente.
In questa prospettiva, appare pertanto corretto - in linea di massima - considerare come
singola massa ciascun bene (1 immobile = 1 massa = 1 lotto).
È tuttavia possibile accorpare in una unica massa quei beni su cui concorrano i medesimi
crediti (per numero e qualità).
Esempio: Tizio, Caio e Sempronio concorrono con un privilegio speciale sul bene A e
concorrono inoltre in via chirografaria sul bene B; Tizio e Caio (ma non Sempronio) hanno
anche un credito chirografario sul bene C. In questo caso le masse sono due: bene A+B
(massa 1) e bene C (massa 2).
Tizio
bene A
Caio
Sempronio
bene B
bene C
MASSA 1 (A+B)
MASSA 2
(8) Cass. civ., 29.03.1978, n°1464.
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§ 2.2.- Può peraltro verificarsi che un bene venduto unitariamente dia luogo alla
formazione di più masse(9).
Infatti, nel caso in cui vi sia una pluralità di debitori comproprietari dell’immobile (con
riferimento ai quali agiscano creditori diversi), si dovrà suddividere il ricavato formando
una singola massa per ogni debitore.
Esempio: l’immobile è di proprietà di A e B al 50%. Creditore di entrambi è il procedente
Tizio; intervengono Caio, creditore di A; Sempronio, creditore di B e Mevio, creditore di
entrambi A e B.
Si ricavano dalla vendita 100.000,00 euro. Sul 50% del ricavato (50.000,00 euro)
concorrono Tizio, Caio e Mevio, creditori di A; sul restante 50% del ricavato concorrono
Tizio, Sempronio e Mevio, creditori di B.
Immobile pignorato
Debitore A
comproprietario al 50%
Debitore B
comproprietario al 50%
Creditore
Tipologia
Debitore
Tizio
Procedente
AeB
Caio
Intervenuto
Solo A
Sempronio
Intervenuto
Solo B
Mevio
Intervenuto
AeB
Ricavato della vendita € 100.000,00
Massa Debitore A : € 50.000,00
Massa Debitore B: € 50.000,00
Tipologia creditore/Masse
Massa Debitore A
Massa Debitore B
Tizio - procedente
Caio - intervenuto
Sempronio - intervenuto
Mevio - intervenuto
(9) SUGGERIMENTI PRATICI. - Nel caso in cui sia sottoposto a pignoramento un bene in comproprietà e
ciascuno dei comproprietari esecutati abbia sia creditori comuni con altri comproprietari, sia creditori
esclusivamente propri, sarebbe opportuno predisporre un progetto di distribuzione strutturato in distinti
sotto-progetti in relazione a ciascun debitore, frazionando poi la somma ricavata dalla vendita in
proporzione alle quote di comproprietà.
Un caso analogo si ha qualora occorra distribuire il ricavato delle vendita di più lotti di proprietà di un
unico debitore, ma sui quali siano iscritte ipoteche da parte di creditori diversi: anche in tal caso, infatti,
sarà opportuno articolare il progetto di distribuzione in tanti sotto-progetti quanti sono i lotti, in modo da
tener conto per ciascuno di essi del grado delle singole ipoteche.
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Ipotesi analoga a quella sopra prospettata (bene venduto unitariamente che determina più
masse in sede di distribuzione) si ha anche quando vi sono creditori che insistono solamente
su una parte del bene (ad es., stabile ceduto per l’intero con crediti ipotecari soltanto su
alcuni appartamenti): anche in questo caso sarà necessario procedere con la distinzione delle
singole masse, suddividendo poi il complessivo ricavato proporzionalmente al valore di
stima dei singoli cespiti.
§2.3.- Per individuare quali creditori concorrano sui diversi beni e quindi per individuare la
massa (o le masse) con riferimento alle quali formare il progetto di distribuzione, è
necessario esaminare il contenuto dell’atto di pignoramento eseguito ad istanza del creditore
procedente, quello degli atti di intervento, nonché degli eventuali pignoramenti successivi
(che si risolvono anch’essi in un intervento)(10).
Al riguardo va peraltro osservato che mentre il pignoramento grava sempre su un
determinato bene(11), molto spesso l’atto di intervento non fa riferimento ad alcun bene
specifico(12): in tal caso ipotesi, occorrerà allora verificare a quale degli immobili
assoggettati ad esecuzione si riferisce il credito reclamato con l’intervento (in particolare,
ciò vale per i creditori ipotecari e privilegiati, in quanto i creditori chirografari concorrono
sull’intero ricavato).
NOTA.- LA RIUNIONE DI PIU’ PROCEDURE.
Può in concreto verificarsi che risultino pendenti più procedimenti esecutivi aventi ad oggetto beni
(differenti) appartenenti allo stesso debitore: in questo caso sarà opportuno richiedere la riunione
delle procedure (per c.d. connessione soggettiva) in modo da consentirne la trattazione simultanea
(anche per motivi di economia processuale) e pervenire ad una gestione congiunta della fase
liquidativa e di quella distributiva.
Si tratta invero di una ipotesi di riunione non contemplata dalla legge (e realizzata accedendo ad una
interpretazione “elastica” dell’art.274 c.p.c.), con riferimento alla quale si profilano le ipotesi che
seguono:
(10) L’ipotesi del pignoramento successivo è disciplinata, in via generale, dall’art.493, 2° comma c.p.c.
(«Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di
uno o più creditori»), e - con riferimento all’esecuzione immobiliare, dall’art.561 c.p.c. Se un creditore
procede a pignorare un bene immobile che è stato già staggito da un altro creditore, i due pignoramenti
saranno riuniti, pur mantenendo la loro autonomia ed il creditore che ha pignorato successivamente
rivestirà, nel procedimento espropriativo, il ruolo di creditore intervenuto (cfr. artt.524 e 561 c.p.c.) La
riforma del procedimento esecutivo non ha modificato la figura del pignoramento successivo ex art.493
c.p.c., ma è intervenuta sui suoi effetti attraverso la modifica dell’art.564 c.p.c., fissando il limite
temporale per valutare se il pignoramento successivo debba essere considerato alla stregua di un
intervento tempestivo o tardivo (su questo, si dirà più specificamente infra, nel prosieguo del presente
studio), con le relative conseguenze in sede di distribuzione del ricavato.
(11) Oggetto dell’esecuzione forzata è il diritto (suscettibile, dal punto di vista sostanziale, di
trasferimento) che il debitore esecutato ha su un determinato immobile, la cui individuazione avviene
secondo il disposto dell’art.555 c.p.c.: la descrizione del bene è effettuata dal creditore procedente con gli
estremi richiesti dal codice civile per l’individuazione dell’immobile ipotecato (art.2826 c.c.), e cioè la
tipologia del bene (terreno, fabbricato, ecc.), il comune in cui si trova e i dati catastali (cfr. LUISO, Diritto
processuale civile, III, Il processo esecutivo, Milano, 2009, 79-80).
(12) Finalità primaria dell’intervento nella procedura espropriativa è quello di consentire a creditori
(diversi dal pignorante) di partecipare ad una esecuzione già pendente, risolvendosi in sostanza in uno
strumento - che assolve anche una funzione di economia processuale - che permette il soddisfacimento di
più creditori su beni già pignorati da altri, senza dover promuovere ulteriori procedimenti esecutivi (in tal
senso, v. GIUSTI, Il pignoramento immobiliare, in Fatto & Diritto, diretto da CENDON, Milano, 2012, 121.
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► Interventi e pignoramenti antecedenti alla riunione
I pignoramenti e gli interventi effettuati nelle singole procedure non si estendono - al momento della
riunione - ai beni dell’altra procedura che non siano comuni alle due esecuzioni.
Ciò comporta che il creditore pignorante e i creditori intervenuti nella prima procedura, al fine di
poter validamente concorrere alla distribuzione del ricavato dalla vendita dei beni (diversi e ulteriori)
pignorati nella seconda procedura, devono - ove lo ritengano opportuno - spiegare atto di
intervento in quest’ultima e saranno considerati intervenienti tempestivi o tardivi ai fini del riparto
del ricavato di quei beni in base al momento in cui avranno depositato tale atto(13).
► Interventi successivi alla riunione
Gli interventi effettuati successivamente alla riunione delle due procedure consentono invece di
partecipare alla distribuzione del ricavato di tutti i beni oggetto dei procedimenti riuniti, in quanto la
domanda satisfattoria, ove non contenga restrizioni, è da riferire implicitamente a tutti i beni
costituenti il complessivo compendio assoggettato ad esecuzione.
3.- DETERMINAZIONE DELLA MASSA ATTIVA (art. 2912 c.c.)
La formazione del progetto di distribuzione comporta in primo luogo la determinazione
della massa attiva(14) (ovvero la somma complessivamente ricavata dall’esecuzione), la
quale (secondo quanto si ricava dall’art.509 c.p.c. e nei casi più semplici) risulta così
composta:
• prezzo del bene trasferito (indicato nel decreto di trasferimento);
• competenze nette bancarie (interessi attivi, meno oneri e spese) maturate nel libretto
acceso nell’interesse della procedura
Alle componenti sopraddette possono aggiungersi, in base alle circostanze che
caratterizzano la procedura esecutiva:
• ricavato (rendite o proventi) dalla custodia (o dall’amministrazione) giudiziaria,
come risultante dal rendiconto dell’ausiliare (ad es., fitti attivi);
• somme versate in forza dell’istanza di conversione che non si sia conclusa con la
liberazione del bene dal pignoramento;
• decimo della cauzione versata da chi, ammesso all’incanto, abbia poi omesso di
partecipare al medesimo, senza documentato e giustificato motivo (art. 580, 2°
comma, c.p.c.)(15);
• cauzione versata da chi ha presentato offerte dopo l’incanto senza poi partecipare
(salvo documentato e giustificato motivo) alla gara in aumento (art. 584, ultimo
comma, c.p.c.)(16);
• cauzione versata dall’aggiudicatario inadempiente che sia stato dichiarato decaduto
(13) Sul concetto di intervento “tempestivo” e “tardivo”, si veda infra, § 6.2.
(14) Di contro, si definisce massa passiva il complesso dei creditori che dovrà essere soddisfatto nella fase
distributiva (cfr. BONSIGNORI, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 238).
(15) La versione originaria dell’art.580 c.p.c. è stata sostituita con quella attuale (che prevede la confisca
del decimo della cauzione) dall’art.2, comma 3, lett. c), n.30) del D.L. 14.03.2005, n°35, convertito, con
modificazioni, nella L. 14.05.1005, n°80.
(16) Anche questa ipotesi di confisca è stata introdotta dalle leggi di riforma del processo esecutivo
richiamate alla nota precedente.
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dall’aggiudicazione (art. 587, 1° comma, c.p.c.);
• risarcimento dell’aggiudicatario inadempiente (art. 587, 2° comma, c.p.c.)(17).
Per determinare l’esatto ammontare della massa attiva, è necessario detrarre dal prezzo di
aggiudicazione (quale risultante dal verbale di vendita e dal decreto di trasferimento)
l’importo delle spese di procedura o della massa(18), e cioè:
o le spese e i compensi relativi alla custodia, da imputarsi alle singole masse attive (in
generale, in proporzione al peso complessivo, secondo il valore di aggiudicazione, dei
beni rispetto al coacervo pignorato);
o le spese e i compensi del professionista delegato;
o le spese e i compensi dell’esperto stimatore o di un eventuale, ovvero le altre spese di
procedura, ove non anticipate dal creditore procedente o surrogante (il quale le
includerebbe peraltro tra i propri esborsi, in via privilegiata ex art.2770 c.c.);
o le spese per la cancellazione delle formalità pregiudizievoli sui beni aggiudicati (a
seconda delle prassi interpretative applicate nei singoli Tribunali);
o le spese per l’accensione del libretto giudiziario (nel quale versare la cauzione prestata
dall’aggiudicatario e il successivo saldo prezzo).
All’importo così ottenuto dopo lo scorporo delle suindicate spese devono poi essere
aggiunti gli eventuali frutti civili riscossi (interessi maturati sulla somma depositata
dall’aggiudicatario ed eventuali rendite percepite e depositate dal custode giudiziale
derivanti dall’amministrazione del bene pignorato)(19)(20).
Nel caso in cui la procedura abbia avuto ad oggetto beni pignorati per quota indivisa, fanno
parte dell’attivo anche le somme ricavate dal giudizio di divisione per la parte di spettanza
del solo esecutato(21).
NOTA: In sostanza, prima di procedere alla determinazione della somma da ripartire
concretamente tra i creditori, bisogna operare il coacervo delle “prededuzioni”: se il totale non
supera la massa attiva, vanno attribuite per intero ai singoli creditori che ne hanno diritto le somme
spettanti a ciascuno di essi a tale titolo; se il totale delle prededuzioni è superiore alla massa attiva,
(17) Il parametro per calcolare la responsabilità dell’aggiudicatario inadempiente è dato dalla differenza
tra il prezzo da lui originariamente offerto e quello minore per il quale si è poi avuta l’aggiudicazione,
aumentato dalla cauzione incamerata (Cass. civ., sez. III, 08.04.2003, n°5506, in Giust. civ. Mass. 2003,
4).
(18) Per un più specifico approfondimento sulle c.d. spese di procedura e sul relativo privilegio si veda al
punto successivo.
(19) In caso di custodia giudiziale conferita a persona diversa dal delegato alle operazioni di vendita,
qualora il custode non abbia ancora reso il conto finale della gestione, il delegato dovrà provvedere a
sollecitarne il deposito presso di sé allegandolo (per la successiva approvazione) al progetto di
distribuzione.
(20) La circolare del Tribunale di Roma evidenzia che nel computo della massa attiva devono essere
conteggiate anche le somme eventualmente già corrisposte dall’aggiudicatario, ai sensi dell’art. 41 Dl
Lgs. 1.09.1993, n°385 (recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, c.d. T.U.B.), in
favore degli istituti di credito fondiario; detto versamento vale infatti in via meramente provvisoria,
essendo soggetto al controllo successivo del Giudice dell’Esecuzione in sede di approvazione del progetto
di distribuzione e di liquidazione delle spese.
(21) Cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, IIIª ed., Padova 2011, p. 430.
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questa andrà ripartita in proporzione ai singoli creditori aventi diritto alle prededuzioni(22).
4.- LA COLLOCAZIONE DEI CREDITI PRIVILEGIATI EX
ART.2770 C.C. (DIFFERENZA TRA “PREDEDUZIONE” E COLLOCABILITÀ EX
ART.2770 C.C.)
Dopo aver determinato la massa netta attiva della procedura, il delegato (o il custode o il
consulente incaricato della predisposizione del progetto di distribuzione) dovrà procedere
alla graduazione dei crediti reclamanti nell’esecuzione: è questo il momento in cui assume
rilievo la considerazione delle cause legittime di prelazione.
Preliminare alla detta operazione sarà peraltro la collocazione (con conseguente detrazione)
delle c.d. spese in prededuzione(23).
Sul punto, occorre peraltro evidenziare che, a stretto rigore, nell’esecuzione forzata
individuale non ricorre, a differenza dell’esecuzione concorsuale, il concetto di
“prededuzione” (che individua la posizione di coloro che vanno soddisfatti prima della vera
e propria graduazione dei crediti): ciò malgrado, è tuttavia possibile individuare alcune
spese (le c.d. spese di procedura) che devono essere soddisfatte con priorità sugli altri
crediti, al di fuori di ogni operatività di specifiche cause di prelazione(24), venendosi a
configurare come operazioni di prelievo in ragione di oneri sostenuti nell’interesse comune
di tutti i creditori per giungere alla fase liquidativa(25).
(22) Così, ad es., nelle circolari del Tribunali di Tivoli [Raccomandazioni generali per la
predisposizione del progetto di distribuzione, reperibile all’URL http://www.aderc.info/aderc/index.php?
option= com_content&task =view&id=277&Itemid=2 (10.04.2011)] e del Tribunale di Catania
[Raccomandazioni generali per la predisposizione del progetto di distribuzione, reperibile all’URL
http://www.uproma.com/utilita/sestasezionecivele_esecuzioni/mod_prof_delegati/ModC3.doc (9.04.2013)].
(23) La esatta determinazione e collocazione delle spese non è questione di poco conto, dal momento che
sovente le “spese di procedura” rappresentano una percentuale consistente da detrarre dalla somma
ricavata dalla vendita dei beni pignorati, che va ad assottigliare la massa attiva concretamente distribuibile
tra i creditori.
(24) Così PAVARIN, in Comm. breve al codice civile, (a cura di) Cian e Trabucchi, Padova, 1992, sub
art.2755, p. 2295.
(25) Nelle circolari di alcuni Tribunali [cfr. ad es., Tribunale di Monza, «indicazioni in tema di piani di riparto»
del
18.07.2000,
reperibile
all’indirizzo
web
http://www.judicium.it/old_site/newtitta/altra_modulistica/
042_r_circol.html (accesso 2.04.2013) cit.; Tribunale di Vibo Valentia, «CIRCOLARE - Formazione dei progetti di
distribuzione delle somme ricavate dalle procedure di esecuzione forzata su immobili», reperibile all’indirizzo
http://www.tribunaledivibovalentia.net/doc/circolare_riparto.pdf (accesso 2.04.2013); Tribunale di Savona,
«Direttiva per il professionista delegato per la formazione del piano di riparto», reperibile all’URL
http://www.tribunale.savona.it/it/Content/Modulistica/13230?idarea=10030 (9.04.2013); Tribunale di Ancona,
«Formazione dei progetti di distribuzione delle somme ricavate dalle procedura di esecuzione forzata su
immobili», reperibile all’indirizzo web http://www.ordineavvocati.ancona.it/index.php?option=com_content&task
=view&id=97 &Itemid=97 (2.04.2013); Tribunale di Pescara, «Linee guida dell’Ufficio per la formazione dei
piani di riparto nelle espropriazioni immobiliari» reperibile all’indirizzo http://tribunale.pescara.it/
Documenti/Moduli/F21.doc (2.04.2013), e numerose altre, tra cui le indicazioni emesse dal Tribunale di Patti e di
Barcellona P.G., inedite)] si afferma che le spesso le parti non distinguono, nella pratica, tra spese in
prededuzione e spese ex art. 2770 c.c., con la conseguenza che appare possibile indicare all’interno del
progetto di distribuzione le spese in prededuzione unitamente a quelle in via privilegiata ex art.2770 c.c.,
sempre che ciò non comporti pregiudizio per alcun credito. Per BIANCA, Diritto civile, vol. VII, op. cit.,
91, la distinzione tra spese in prededuzione e spese privilegiate è priva di valore sostanziale, trattandosi in
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§4.1.- LA PREDEDUZIONE
Effettuata la superiore precisazione, possono pertanto farsi rientrare nelle “spese in
prededuzione” (ritenendosi spese effettuate nell’interesse comune dei creditori):
•
le spese per l’onorario del professionista delegato alla vendita (notaio,
commercialista, avvocato)( 26)
definitiva di crediti nei confronti del debitore esecutato che godono di una ragione di preferenza rispetto
ad altri crediti.
Nella circolare del Tribunale di Monza si distingue tra spese in prededuzione, definite come quelle
«inerenti il procedimento in corso», e le spese ex art.2770 c.c., definite come le «spese per atti
conservativi e di esecuzione sostenute in altri e diversi giudizi rispetto a quello di esecuzione in corso».
In detto documento, però, le spese del 1° pignoramento vengono riportate tra le spese ex art.2770 c.c. (pur
facendo parte del procedimento in corso). In dottrina, per una esaustiva disamina della questione, cfr.
D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione: questioni sostanziali e processuali, in Riv.
es. forzata, n.2/2007, pag.257 ss.. Sulla distinzione tra spese in prededuzione (cioé rimborsabili mediante
prelievi diretti sull’attivo dell’esecuzione) - relative al procedimento in corso - e spese privilegiate ex
art.2770, sostenute al di fuori del procedimento in corso, cfr. PAVARIN, in Comm. breve al codice civile,
op. cit., sub art.2755, p. 2295.
26
( ) Cfr. La predisposizione del progetto di distribuzione nelle esecuzioni immobiliari, a cura dalla
Commissione Sudio “Esecuzioni Immobiliari” dell’UNIONE GIOVANI COMMERCIALISTI ED ESPERTI
CONTABILI DI TERAMO, novembre 2009 (d’ora in avanti “Circolare Teramo”) reperibile all’URL
http://www.giustizia.abruzzo.it/Distretto/formazione_magistrati.aspx?file_allegato=1216 (accesso 30.11.2013).
Anche la circolare del Tribunale di Ancona pone le dette spese in prededuzione, sia pure considerando
l’ipotesi del Notaio delegato incaricato della predisposizione del progetto di distribuzione.
NOTA.- IL COMPENSO DEL PROFESSIONISTA DELEGATO.
Il meccanismo della delega ex art.591 bis c.p.c. per le operazioni di vendita riscontrato nella prassi di
molti Tribunali prevede che i compensi e le spese richiesti dal professionista (con apposita notula)
all’esito del compimento della sua attività vengano liquidati dal Giudice dell’Esecuzione (al netto
dell’acconto che il delegato avrà già ricevuto dal creditore procedente o da un altro creditore a quello
surrogatosi, il quale dovrà inserire l’importo del detto acconto - al lordo della ritenuta d’acconto - nella
nota riepilogativa delle sue spese); detti compensi vengono poi prelevati (su autorizzazione dello stesso
G.E.) dal prezzo ricavato dalla vendita e depositato nel libretto all’uopo acceso a nome della procedura.
Formalmente il credito del professionista è il primo dei crediti privilegiati ai sensi dell’art. 2770 c.c.
(accedendo alla tesi rigorosa della insussistenza - nel processo esecutivo - del concetto di “prededuzione”,
tipico del fallimento), e comunque il primo dei crediti da soddisfare in prededuzione (muovendo dalla tesi
più elastica esposta nel testo); nella pratica esso, come esposto, viene liquidato dal Giudice
dell’Esecuzione con decreto, senza essere sottoposto al preventivo assenso dei creditori in sede di
approvazione del progetto di distribuzione (anche se, ovviamente, i creditori possono sempre contestare la
relativa liquidazione).
Per quanto riguarda le somme liquidate al delegato alla vendita, la normativa di riferimento comunemente
applicato è il Decreto Ministeriale 29.05.1999 n°313 (“Determinazione dei compensi spettanti ai Notai
per le operazioni di vendita con incanto di beni immobili”), che prevede (art.7) la liquidazione a carico
dei creditori; detto provvedimento, previsto in origine soltanto per i notai, è stato poi costantemente
utilizzato (a seguito dell’ampliamento del novero dei professionisti delegabili effettuato dalle leggi di
riforma del processo esecutivo) per la liquidazione del compenso di ogni professionista delegato
[ malgrado l’art.179 bis c.p.c. - a seguito dell’allargamento del novero dei professionisti delegabili preveda che, in tema di determinazione dei compensi dovuti a notai, avvocati e commercialisti per il
compimento delle operazioni delegate, il compenso per l’attività svolta sia stabilito con cadenza triennale
con Decreto del Ministro della Giustizia - Cfr. nota 6 dicembre 2006 - Prot. n.
m_dg.DAG.06/12/2006.129650.U, che, al punto 7 (tariffe professionisti), prevede che «in attesa
dell’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 179-bis delle nuove disposizioni di attuazione,
le tariffe da applicare per l'espletamento dell’incarico delegato al professionista resteranno quelle
stabilite dal D.M. 25 maggio 1999 n.313.» (la nota può essere reperita all’URL http://www.giustizia.it/
giustizia/it/mg_1_8_1.wp?facetNode_1=1_1(2006)&previsiousPage=mg_1_8&contentId=SDC31817) ].
Il D.M. n°313/1999 disciplina, suddividendola in sette voci [art.2, comma 1, lett. da a) a g)], la tipologia
di attività svolta dal notaio (recte: dal professionista) delegato alle operazioni di vendita di beni immobili,
determinandone altresì i criteri di liquidazione: in sostanza, il decreto prevede direttamente la misura del
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compenso (con onorari fissi) in tre ipotesi (art.2, 1° comma, lett. a, b, e), mentre nelle altre quattro (art.2,
1° comma, lett. c, d, f, g) rinvia alla tariffa notarile (richiamando onorari graduali) [ il provvedimento
contempla altresì un compenso aggiuntivo unitario (onorario) per le altre attività delegate ai sensi
dell’art.591 bis c.p.c. e non previste dal provvedimento (art.2, comma 2), nonché il rimborso per intero
delle spese documentate relative agli atti ed agli adempimenti delegati (art. 4, comma 1), nonché un
rimborso forfettario delle spese generali (art.4, comma 2) ].
Le voci del D.M. n°313/99 che rinviano alla tariffa notarile sono le seguenti:
• art.2 lett. C: riguarda le attività previste dall’art. 591 bis, 2° comma, n.2, c.p.c. (attualmente
corrispondente all’art.591 bis, 2° co., n°10 c.p.c.): assunzione di debiti da parte
dell’aggiudicatario [ il D.M. 313/99 prevede(va) per tale attività il 50% dell’onorario graduale
previsto dalla tariffa notarile per gli atti pubblici ];
• art.2 lett. D: riguarda le attività previste dall’art. 591 bis, 2° comma, n.5, c.p.c. (oggi
corrispondente all’art.591 bis, 2° co., n.11 cpc): esecuzione delle formalità di registrazione,
trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento; comunicazione dello stesso a
pubbliche amministrazioni; espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei
pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento [ il D.M.
313/99 prevede(va) per tali attività gli onorari, i compensi e le indennità previsti dalla tariffa
notarile];
• art.2 lett. F : predisposizione del decreto di trasferimento [ il D.M. 313/99 prevede(va) il 50%
dell'onorario graduale previsto dalla tariffa notarile per gli atti pubblici]
• art.2 lett. G: riguarda l’attività di cui all’art. 591 bis, 2° comma, n.7, c.p.c. (oggi corrispondente
all’art.591 bis, 2° co., n.12 c.p.c.): formazione del progetto di distribuzione. [ Il D.M. 313/99
prevede(va) dal 25% al 50% dell’onorario graduale previsto dalla tariffa notarile per gli atti pubblici].
Nel contesto delineato è tuttavia sopravvenuta, per effetto dell’art.9 co.1° del D.L. 24.01.2012 n°1,
convertito con modifiche nella legge 24.03.2012 n°27, l’abrogazione delle tariffe ordinistiche. Il 5°
comma del predetto art.9 ha altresì disposto che «sono abrogate tutte le disposizioni vigenti che, per la
determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1» (vale a dire alle
“tariffe delle professioni regolamentate dal sistema ordinistico”).
Sulla scorta della normativa in commento (art.9, comma 2, D.L. n°1/2012, secondo cui «ferma restando
l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del
professionista e' determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare nel
termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»)
è stato successivamente emanato il Decreto Ministero della Giustizia 20.07.2012 n°140, contenente il
“Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo
giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai
sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27”: detto provvedimento, peraltro, non prende espressamente il compenso da liquidare in
favore dei professionisti delegati per le operazioni di vendita di beni immobili ai sensi dell’art.591 bis
c.p.c.; l’art.1 seconda parte del D.M. n°140/2012 stabilisce tuttavia che «L’organo giurisdizionale può
sempre applicare analogicamente le disposizioni del presente decreto ai casi non espressamente regolati
dallo stesso».
Come è noto, il capo IV del suddetto D.M. 140/2012 contiene «Disposizioni concernenti i Notai» (artt.3032) e l’allegato 2 al provvedimento prevede quattro tabelle (A-B-C-D) concernenti la specificazione dei
parametri previsti per le varie tipologie di atti notarili (sull’applicazione dei nuovi parametri ai
procedimenti in corso, si dirà più estesamente infra, alla nota 64).
Alla luce di quanto esposto, attesa l’operatività dei nuovi parametri in materia di compensi professionali,
a sommesso avviso dell’odierno esponente deve ritenersi che:
le quattro voci del DM n°313/99 che per la determinazione del compenso rinviano alla tariffa
ordinistica notarile (art.2 lett.c, d, f, g) sono da intendersi abrogate per effetto dell’art.9 co.5° del D.L.
n°1/12;
ogni altra voce di liquidazione diretta è ancora vigente.
Nel quadro così sintetizzato è adesso (ulteriormente) intervenuto il Decreto Ministero della Giustizia 2
agosto 2013 n°106 (in G.U n°223 del 23 settembre 2013), in vigore dal 24 settembre 2013, recante «(..)
integrazioni e modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n.140 (…)» il quale ha
(tra l’altro) “corretto” i parametri previsti ab origine per la categoria dei notai.
Essendo la materia di stretta determinazione del Giudice dell’Esecuzione, cui compete in concreto la
liquidazione del compenso del professionista delegato, è da prevedere che la questione sarà ben presto
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le spese di custodia e l’onorario del custode(27) (o dell’amministratore giudiziario)
le spese per la stima e l’onorario dell’esperto stimatore(28)
i compensi per l’attività svolta da eventuali altri ausiliari nominati dal G.E. (ad es.,
per la predisposizione dello stesso progetto di distribuzione)(29)
le spese per la cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti già gravanti sul bene,
sostenute dopo la vendita(30)
le spese per imposte (bolli, registro, Iva, Invim fino a quando dovuta, ecc.(31))
oggetto delle prassi applicative dei vari Tribunali; a sommesso avviso dello scrivente, il compenso del
delegato dovrà determinarsi attraverso una combinazione delle disposizioni del “vecchio” D.M. n°313/99
(quelle, come esposto, che possono ritenersi ancora in vigore) e delle previsioni del “nuovo” D.M.
n°140/2012 (e successive modifiche e integrazioni) applicate in via analogica alla materia in esame.
(27) Cfr. Circolare del Tribunale di Teramo, cit.. Secondo D’AQUINO, La predisposizione del progetto di
distribuzione (..), cit., 260, le spese di custodia sono sempre collocate in prededuzione se autorizzate dal
G.E. In caso contrario potrebbe sorgere in sede distributiva un conflitto in ordine alla prededucibilità
astratta di tali anticipazioni, per es. per la stipula di una polizza assicurativa dell’immobile, per il cambio
di serrature o porte, per l’installazione di mezzi di vigilanza. In assenza di provvedimento autorizzatorio,
sarà valutato in sede di distribuzione il vantaggio arrecato ai creditori. Nello stesso senso, cfr. La
predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, a cura del CONSIGLIO NAZIONALE DEI
DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, ed. febbraio 2012, reperibile all’URL
http://www.cndcec.it/MediaContent Resource.ashx?/PortalResources/Document/Attachment/91a11271-8d6145a2-a690-833da2cc1c16/documento%20progetto%20di%20distribuzione%20C%20N%20def.pdf (2.04.2013).
(28) Circolari dei Tribunali di Monza, Pescara, Teramo, Ancona, Vibo Valentia.
(29) Circolari dei Tribunali di Teramo, Ancona, Vibo Valentia.
(30) Circolari dei Tribunali di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. Va evidenziato che, per quanto riguarda le
spese per la cancellazione - dopo la vendita - delle ipoteche già iscritte sul bene (come pure dei
pignoramenti trascritti sullo stesso), la Corte di Cassazione ha statuito che il giudice dell’esecuzione (o
quello delegato al fallimento) può, con proprio provvedimento porre le spese per la cancellazione delle
trascrizioni ed iscrizioni gravanti sull’immobile trasferito a carico dell’aggiudicatario, anziché a carico
del debitore (o della massa fallimentare), come disposto dagli art. 2878 c.c. e 586 c.p.c. (nonché dall’art.
105 della L. Fall.), non essendo inderogabile (attesa la mancanza di una specifica norma di legge in tal
senso) il principio dell’obbligo di pagamento delle predette spese a carico del debitore (o della massa
fallimentare) e non avendo esso ad oggetto situazioni soggettive indisponibili (Cass. civ., sez. I,
25.07.2002, n°10909, in Mass. Giust. civ., 2002, 1339).
Può altresì osservarsi che secondo Cass. civ., sez. I, 11.02.1980, n°929, in Giust. civ., 1980, 1, 336 «le
spese incontrate dall’aggiudicatario per la cancellazione delle ipoteche iscritte sull’immobile sottoposto
ad espropriazione forzata, in conformità dell’ordine impartito dal giudice della esecuzione con il decreto
di trasferimento (art. 586 c.p.c.) godono del privilegio ex art. 2770 c.c., come spese di giustizia sostenute
per l’espropriazione di beni immobili nell'interesse comune dei creditori». Ancora, per Cass. civ., sez. III,
03.08.2012, n. 13995, in Giust. civ. Mass. 2012, 7-8, 1018, «in tema di spese del processo di esecuzione,
gli esborsi sostenuti dall’aggiudicatario per i compensi del notaio delegato alla vendita e per gli
adempimenti conseguenti all'emissione del decreto di trasferimento non sono spese del processo
esecutivo, il cui regime debba essere regolato ai sensi dell’art. 632 c.p.c., trattandosi di esborsi sostenuti
nell'interesse proprio dell'aggiudicatario e non di anticipazioni che egli compie nell'interesse della
procedura o delle parti di questa, rispetto alle quali l’una o le altre abbiano un obbligo di ripristino
interno al processo esecutivo».
(31) L’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (INVIM), già prevista per le vendite
forzate dall’art. 2 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 non è più dovuta, essendo stata soppressa - con effetto
dal 1° gennaio 1993 - dall’art.17 (6° comma) del D. Lgs. 30.12.1992, n°504. Lo stesso articolo 17 ha,
inoltre, disposto che l'imposta continua ad essere dovuta nel caso in cui il presupposto di applicazione di
essa si è verificato anteriormente alla predetta data; ha inoltre disposto (7° comma) che l’imposta
continua ad essere dovuta, con le aliquote massime e l’integrale acquisizione del relativo gettito al
bilancio dello Stato, anche nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si verifica dal 1° gennaio
1993 fino al 1° gennaio 2003 limitatamente all’incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992.
Per l’imposta di registro si veda l’art. 44, comma 1, D.P.R. 26.04.1986, n°131: «Per la vendita di beni
mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti
stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di
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derivanti dalla vendita forzata in corso di procedura(32)
le spese legali sostenute dal creditore procedente(33) (34)
le spese per la pubblicità, anche se anticipate dal creditore(35)
eventuali spese di manutenzione e conservazione del bene(36)
le spese per la regolarizzazione edilizio-urbanistica degli immobili(37)
le spese per il rilascio dell’immobile(38)
aggiudicazione, diminuito, nell'ipotesi prevista dall’art. 587 del codice di procedura civile, della parte
già assoggettata all'imposta».
Per quanto riguarda l’IVA può farsi riferimento agli artt. 1 e 6 D.P.R. n°633/1972: il primo stabilisce il
principio per cui l’imposta si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel
territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da
chiunque effettuate (quindi se l’esecutato è imprenditore); il secondo (dopo avere fissato la regola per cui
le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione - se riguardano beni immobili
- e nel momento della consegna o spedizione - se riguardano beni mobili) precisa che l’operazione si
considera effettuata, per le cessioni di beni per atto della pubblica autorità, all’atto del pagamento del
corrispettivo.
In relazione alle vendite forzate, possono in questa sede richiamarsi la risoluzione della Direzione
Centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate del 26.11.2001, n°193, nonché Cass. civ.,
sez. I, 12.08.1997, n°7528, in Riv. legisl. fiscale 1998, 890, al fine di potere affermare che gli atti
autoritativi della Pubblica Amministrazione, come espropriazione e requisizione in proprietà, nonché gli
atti giurisdizionali come le vendite forzate e le sentenze che importano trasferimento di proprietà o
costituzione di diritti reali di godimento sono astrattamente sussumibili nella categoria delle cessioni di
beni di cui al comma 1 dell’art 2 DPR 633/72, se tali cessioni sono effettuate nell’esercizio di impresa,
ovvero se il debitore esecutato sia qualificato come soggetto passivo d’imposta e che i beni siano inerenti
l’attività esercitata dallo stesso. Al riguardo, non rileva la circostanza che le operazioni di vendita siano
effettuate coattivamente, con l’intervento del Giudice dell’Esecuzione (o del professionista delegato alla
vendita) in considerazione del fatto che tali cessioni dispiegano i loro effetti giuridici ed economici
direttamente sul patrimonio dell’imprenditore esecutato che è e resta il soggetto passivo d’imposta.
(32) Circolari Tribunali di Monza, Ancona, Vibo Valentia. NOTA: presso il Tribunale di Messina (nella
cui circoscrizione opera lo scrivente) queste spese sono poste a carico dell’acquirente, il quale deve
corrispondere al professionista delegato un fondo spese a tale titolo. Secondo questa impostazione, le
imposte sul trasferimento, quali l’IVA e l’imposta di registro, sono a carico dell’aggiudicatario.
(33) Così, specificamente, le circolari dei Tribunali di Ancona, Vibo Valentia. A chi scrive appare più
corretto collocare dette spese in via privilegiata ex art.2770 c.c. (sul punto, si veda infra, nel corso del
testo).
(34) Nella «circolare sul progetto di distribuzione - istruzioni operative» del Tribunale d Rieti [reperibile
all’URL http://www.tribunale.rieti.giustizia.it/doc/modulistica/modulistica_per_custodi_e_delegati/ Circolare _
per _ la_redazione_del_progetto_di_distribuzione.pdf (accesso 31.10.2013)] si specifica che l’iva sulle spese
legali del creditore procedente non va riconosciuta (e va quindi detratta dalla relativa notula) tutte le volte
in cui il creditore (che incassa una somma, anche se a parziale soddisfacimento del credito) è un’impresa
ed è quindi un soggetto passivo di imposta, dal momento che l’iva pagata al prorio difensore non
rappresenta per lui un costo, potendo portarla in detrazione ai sensi dell’art.19 D.P.R. n°633/72 (cfr. Cass.
civ., sez. III, 01.04.2011, n°7551, in Giust. civ. Mass. 2011, 4, 528; Cass. civ., sez. III, 31.03.2010,
n°7806, in Diritto & Giustizia 2010; Cass. civ., sez. II, 27.04.2009, n°9904, in Giust. civ. ass. 2009, 4,
682; Cass. civ., sez. III, 22.03.2007, n°6974, in Giust. civ. Mass. 2007, 3; Cass. civ., sez. III, 25.07.2000,
n°9730, in Giust. civ. Mass. 2000, 1620; Cass. civ., sez. III, 24.03.2000, n°3536, in Giust. civ. Mass.
2000, 629, e numerose altre). Secondo la richiamata circolare (che propone una tesi condivisa anche nelle
circolari del Tribunale di Savona e di Milano) il principio trova applicazione (cfr. Risoluzione del
Ministero delle Finanze 24.07.98 n°91 e Circolare del Ministero delle Finanze 06.12.94 n°203) in caso di
distrazione delle spese processuali a favore del difensore del creditore che eserciti un’impresa o un’arte o
professione (e quindi quando il creditore abbia la possibilità di portare in detrazione l’iva pagata al
proprio difensore) ma, per consentire al professionista di incassare immediatamente l’iva spettantegli, il
corrispondente importo va detratto dal credito che in sede di progetto di distribuzione spetterebbe al
creditore (e riconosciuto invece al difensore).
(35) Circolari dei Tribunale di Monza, Pescara, Teramo, Ancona, Vibo Valentia.
(36) Circolari dei Tribunale di Monza, Pescara, Teramo, Ancona, Vibo Valentia.
(37) Circolari dei Tribunale di Teramo, Ancona, Vibo Valentia.
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le spese condominiali sostenute per la conservazione dell’immobile, qualora
disposto dal G.E. (nel caso in cui per dette spese vi sia invece intervento
dell’aggiudicatario, la collocazione dovrà essere operata ai sensi dell’art. 2770
c.c.)(39).
Naturalmente, se qualche creditore avesse anticipato tali spese (come accade per il
compenso dell’esperto stimatore) sarà ammesso al privilegio spettante ex art.2770 c.c. (così
come lo sarà l’aggiudicatario che, come già esposto, si fosse fatto carico delle spese per la
cancellazione delle formalità pregiudizievoli - pignoramenti e ipoteche - cfr. Cass. Civ.
n°929/1980, cit.).
§4.2. - LE SPESE EX ART. 2770 C.C.
Secondo l’art.2770 c.c., i crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi o per
l’espropriazione di beni immobili nell’interesse comune dei creditori sono privilegiati sul
prezzo degli immobili stessi: all’interno dello stato di graduazione, pertanto, i crediti per
dette spese devono essere collocati in privilegio dopo le spese a carico della massa e sono
preferiti a tutti gli altri crediti anche pignoratizi o ipotecari (art.2777, 1° comma,
c.c.)40.
Si tratta in sostanza delle spese per atti(41) finalizzati a conservare la garanzia patrimoniale
costituita dai beni del debitore (art.2740 c.c.)(42) ovvero a realizzare coattivamente il valore
(38) Circolari dei Tribunale di Teramo, Ancona, Vibo Valentia.
(39) Circolari dei Tribunali di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. Sul punto, in dottrina, cfr. SOLDI, Manuale
dell’esecuzione forzata, op. cit., 430-431, ove si segnala che le spese relative agli oneri condominiali
ordinari riguardanti l’immobile subastato non devono essere anticipate dal custode giudiziario (non
rientrando nel novero delle spese “prededucibili”) dal momento che, in siffatta eventualità, si finirebbe
con l’attribuire al condominio un privilegio non previsto dalle norme di legge in materia di cause di
prelazione. Nel caso in cui si tratti di spese dirette a conservare l’integrità fisica del bene
pignorato,evitando che lo stesso perisca (con esclusione, dunque, delle spese dirette a preservarne il
valore commerciale, come la pittura delle facciate, la manutenzione delle parti comuni) dette spese - ove
vi siano fondi disponibili per la procedura e vi sia la preventiva autorizzazione del custode da parte del
G.E. - rientrano tra le spese prededucibili; ovvero dovranno essere rimborsate - in via privilegiata ex
art.2770 c.c. - al creditore che le abbia anticipate (in adempimento ad uno specifico provvedimento del
G.E.) per garantire la conservazione del compendio pignorato.
(40) Nel medesimo rango delle spese per atti di giustizia è collocato il privilegio del credito
dell’acquirente di un un immobile per la dichiarazione di liberazione di esso dall’ipoteca (art.2770, 2°
comma, c.c.). La norma pone problemi di coordinamento con l’analoga disposizione del codice di
procedura civile in materia di liberazione degli immobili dalle ipoteche (art.795) la quale stabilisce (4°
comma) che quando è presentata istanza di espropriazione l’acquirente dell'immobile ipotecato «ha diritto
di essere collocato nella graduazione con privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di
liberazione». In dottrina si sono registrate, sul punto, opinioni contrastanti: così, secondo alcuni, il
privilegio del codice di rito si applicherebbe nel caso di procedimenti di liberazione trasformati in
processi di espropriazione, mentre il privilegio previsto dal codice civile si applicherebbe nel caso di
procedimenti di liberazione conclusi con la distribuzione del prezzo offerto dal terzo (cfr., in argomento,
ANDRIOLI, Dei privilegi, in Commentario Scialoja-Branca, artt. 2745-2783, Bologna 1958, 224). Secondo
BIANCA, diritto civile, op. cit., 120, poiché i privilegi sono sanciti esclusivamente dalla legge sostanziale,
si può più semplicemente ritenere che il codice di procedura civile (che non può porre privilegi) abbia
fatto applicazione in ambito processuale di un privilegio di matrice civilistica.
(41) Come sopra anticipato, secondo la tesi elaborata dal Tribunale di Monza, «in altri e diversi giudizi
rispetto a quello di esecuzione in corso».
(42) Sul concetto di “atti conservativi”, cfr. COTTONE, La graduazione dei crediti nel piano di riparto. Le
cause di prelazione: effetti nel processo esecutivo. I privilegi del creditore fondiario, relazione tenuta in
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di essi (art.2910 c.c.).
In altri termini, consistono in spese affrontate esclusivamente da chi riveste la posizione di
creditore e che sono, almeno potenzialmente, idonee ad avvantaggiare non solo chi le ha
sostenute ma anche gli altri creditori: godono pertanto del privilegio in esame le spese
affrontate nell’interesse comune, anche soltanto potenziale, dei creditori concorrenti e ne
restano escluse quelle per gli atti compiuti a vantaggio esclusivo di uno dei essi(43).
Fondamento di tale privilegio è pertanto il vantaggio che da tali atti traggono i creditori che
concorrono nella espropriazione del bene al quale gli atti si riferiscono(44).
Dette spese rappresentano quindi un credito accessorio al credito azionato dal creditore
procedente, che riceve una tutela privilegiata a prescindere dal contenuto del credito
principale, in quanto indispensabile all’esecuzione nell’interesse di tutti i creditori(45).
E’ bene precisare che il privilegio spetta anche se chi ha erogato tali oneri è un creditore
chirografario; non spetta per spese che non sono state sostenute in pendenza di un
procedimento giudiziale (es. per un sequestro convenzionale).
E’ altresì il caso di notare che queste spese si distinguono dalle spese ordinarie per
l’intervento nel processo di esecuzione di cui agli artt. 2749 e 2855 c.c., perché queste
ultime spese giovano esclusivamente al creditore che le eroga, e non anche agli altri
creditori(46)(47).
occasione dell’incontro studio “La riforma del processo esecutivo”, organizzato dal CSM a Roma il 6-8
giugno 2007 (la relazione può essere reperita all’url http://www.ircri.it/wp-content/uploads/2011/09/
studio_CSM_privilegi_credito_fondiario.pdf - accesso 21.10.2013), L’autore esclude che per atti
conservativi debbano intendersi quelli finalizzati alla conservazione materiale del bene, richiamando
l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (che può farsi risalire a Cass. civ., 17.07.1969, n°2641)
secondo cui «per spese di giustizia “per atti conservativi” ex art. 2770 c.c. devono intendersi unicamente
quelle incontrate dai creditori per atti di conservazione giuridica del bene, vale a dire quegli atti (ad es.,
le spese dell'azione surrogatoria o del sequestro conservativo) che, mirando ad impedire la sottrazione
del bene alla garanzia dei creditori, siano valsi o comunque preordinati a consentirne l’espropriazione».
(43) Così Cass. civ., sez. III, 04.02.1980, n°763, in Foro it. 1982, I, 2930. Va evidenziato che per
Tribunale Milano, 27.11.1979, in Fallimento 1979, 515 «il concetto di conservazione dei beni in
relazione al quale la legge assicura al creditore procedente il privilegio di cui all'art. 2770 c.c. va inteso
nel senso dell’idoneità astratta che l'atto posto in essere ha in sè di evitare che i cespiti patrimoniali
possano uscire dalla sfera di disponibilità del suo titolare, senza alcun riferimento al vantaggio che in
concreto può derivare agli altri creditori. Pertanto non può assumere rilevanza alcuna, ai fini della
esistenza del privilegio predetto, il fatto che i beni oggetto della conservazione o dell'espropriazione
risultino colpiti da precedenti iscrizioni ipotecarie».
(44) A questo fondamento fa diretto riferimento la Relazione al codice civile (n.1130), secondo cui « la
causa di favore di dette spese, sia che esse riguardino i mobili sia che esse concernano gli immobili,
risiede sempre nel vantaggio che procurano alla massa dei creditori concorrenti sul prezzo della cosa
espropriata» (cfr. MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, Codice civile, Relazione ministeriale, Roma, 1943)
(45) Così D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (…), op. cit., pag.258.
(46) Secondo D’AQUINO, op. ult. cit., le spese della fase espropriativa sostenute da creditori diversi dal
procedente, come pure le spese sostenute dallo stesso procedente ma non assistite dal privilegio ex
art.2770 c.c. godono dell’eventuale privilegio accordato al credito principale. In tal caso il credito è
privilegiato ai sensi dell’art.2749 c.c., cioè per le spese ordinarie per l’intervento nel processo di
esecuzione e per quelle dell’eventuale pignoramento successivo, il quale agli effetti dell’art.2749 c.c.
equivale sostanzialmente ad un intervento. Quanto all’atto di precetto, l’autore ritiene che la spesa di
redazione e notificazione dell’atto di precetto non sia spesa ordinaria per intervenire nel processo di
esecuzione, sicché non gode della collocazione privilegiata ex art.2749 c.c. . Non sono del pari
assimilabili alle spese ordinarie nel processo di esecuzione i compensi per la riscossione (ordinari e
integrativi ex art.61 D.P.R. 28.01.1988 n°43) (cfr. Appello Trento, 12.01.1996, in GT Riv. giur. trib.
1996, 1083, con nota di ANNI).
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Vanno quindi ricomprese in queste spese(48):
• le spese per il primo pignoramento, se fruttuoso, anche se eseguito dopo l’iscrizione
di una ipoteca (compresa la notifica del precetto)(49)
• le spese per giudizi di surrogazione che abbiano consentito il recupero
dell’immobile al patrimonio del debitore (art. 2900 c.c.) (50)
• le spese per azioni revocatorie (art. 2901 c.c.) (51)
• le spese per sequestro conservativo(52) se anteriore al pignoramento (art.671 c.p.c.),
comprese quelle di custodia (sola esecuzione, nonché convalida o conferma del
sequestro, escluso il giudizio di merito) (l’importo deve determinarsi in via
equitativa se non indicato analiticamente in sentenza o provvedimento) (53)
(47) Le spese legali sostenute dal creditore intervenuto (che non si è surrogato al creditore procedente nel
dare impulso al procedimento esecutivo) o dal creditore secondo pignorante vanno collocate in privilegio
o in via chirografaria a seconda della natura del credito principale, di cui - come esposto nel testo costituiscono un accessorio, ai sensi degli artt. 2749 c.c. e 2855, comma 1, c.c. In questo caso le spese del
precetto, anche ad accedere alla tesi che le qualifica come funzionali all’inizio dell’attività esecutiva, non
possono essere tuttavia considerate come aventi natura privilegiata (ex artt. 2749 e 2855, 1° co., c.c.)
poiché l’atto di precetto non costituisce presupposto per intervenire in una procedura già pendente, sicché
le stesse andranno collocate in progetto in via chirografaria (in tal senso, ad es., cfr. circolare del
Tribunale di Biella).
(48) Per l’elenco base di dette spese, potrà farsi riferimento alle Circolari del Tribunale di Teramo e del
Tribunale di Monza.
(49) Così, testualmente, le circolari dei Tribunale di Monza, Savona e Biella [per quest’ultima, v.
«CIRCOLARE N.7-BIS.- Appendice istruzioni e direttive in materia di vendita e di custodia»., reperibile
all’indirizzo http://www.tribunale.biella.it/FileTribunali/171/Sito/ESECUZIONI%20IMMOBILIARI/Circolare%
207-bis.pdf (accesso 30.09.2013)]. In realtà, con riferimento alle spese del creditore procedente e alle spese
per il precetto (in queste ultime compresi anche i compensi dell’intimazione) pare opportuno operare
qualche precisazione. In dottrina (cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 431; CAMPESE,
L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005 n.80, Milano 2006, 450) si osserva che tra
le spese di giustizia ex art.2770 c.c. vanno ricomprese quelle sostenute per l’intimazione dell’atto di
precetto, per il pignoramento ed il compimento degli atti successivi finalizzati alla vendita del bene
pignorato. Rientrano in questa categoria, le spese borsuali e i compensi di avvocato (attualmente
liquidabili, attesa l’abrogazione delle tariffe professionali, ai sensi del D.M. 20.07.2012 n°140). Le spese
di giustizia per la fase successiva al pignoramento (custodia, pubblicità, compensi del delegato e di
eventuali altri ausiliari) - poiché possono essere sostenute anche da uno qualsiasi degli altri creditori
“titolati” presenti nell’esecuzione - vanno rimborsate a chi le abbia concretamente sostenute. Non
mancano però autori (cfr. COTTONE, La graduazione dei crediti nel piano di riparto (…), op. cit.) secondo
cui non sono coperte dal privilegio ex art.2770 c.c. «le spese per la redazione dell’atto di precetto e per la
notifica del titolo esecutivo», trattandosi di spese che «seppur propedeutiche all’inizio del processo
esecutivo sono ad esso estranee» (contra: DEL VECCHIO, I privilegi nella legislazione civile fallimentare e
speciale, Milano 1994, 179, per il quale il precetto - in quanto atto propedeutico - è necessariamente
strumentale all’azione esecutiva). In giurisprudenza, aderisce alla tesi negativa anche Tribunale Torino,
10.07.2002, in Fallimento 2003, 329.
(50) Cass. civ., 17.07.1969, n°2641, in Dir. Fall., II, 1970, 366.
(51) Cass. civ., 9.09.1952, n°2630.
(52) Secondo MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, Torino, 1995, 199, spese per atti conservativi sono i costi
del procedimento cautelare diretto al sequestro conservativo del bene: si tratta di spese funzionali al
processo esecutivo e che risultano privilegiate solo in quanto il processo esecutivo segua e si concluda.
Per BIANCA, Diritto civile, op. cit., 90, deve ritenersi che il privilegio non spetti soltanto al creditore
sequestrante che abbia promosso il processo esecutivo, dal momento che la spesa per il sequestro risulta
infatti utile agli altri creditori anche se il procedimento esecutivo sia promosso da un creditore diverso dal
sequestrante.
(53) Cass. 30.10.1959 n°3194.
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• le spese per giudizi di divisione necessari alla esecuzione su beni indivisi(54)
• le spese per giudizi di opposizione alla esecuzione, limitatamente alle eccezioni
concernenti la proprietà o pignorabilità dei beni o la prosecuzione della
procedura(55)
• le spese relative ai processi esecutivi, sostenute dall’Erario per effetto
dell’ammissione del creditore al gratuito patrocinio (art.135, comma 2, del D.P.R.
30.05.2002, n°115 - c.d. T.U. in materia di spese di giustizia): hanno diritto di
prelazione, ai sensi dell’art. 2770 c.c., sul prezzo ricavato dalla vendita o sul prezzo
dell’assegnazione o sulle rendite riscosse dall’amministratore giudiziario(56).
Non vi sono invece comprese (57):
• spese per pignoramenti con risultato comunque negativo (es. per trascrizione errata
o per notifiche non andate a buon fine) (tali spese sono ammesse, ma in via
chirografaria)
• spese per pignoramenti che abbiano perduto efficacia prima dell’inizio della
procedura (anch’esse da collocare al chirografo)
• spese per pignoramenti su beni già pignorati (collocate però al medesimo privilegio
del credito, ex art. 2749 o 2855 c.c., quali spese per intervento nel processo di
esecuzione)(58)
• le spese per sequestro convenzionale ex art. 1798 c.c. (in quanto spese sostenute al
(54) Va evidenziato che secondo Cass. civ., sez. II, 8.10.2013, n°22903, in Guida al diritto, n°1/2014, 49
(s.m.), «in caso di divisione giudiziale le spese occorrenti allo scioglimento della divisione delle
comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune interesse dei condividenti.
Solo con riferimento a quelle conseguenti alle eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione,
possono trovare applicazione il principio della soccombenza e la facoltà di disporne la compensazione».
(55) Più in dettaglio, con riferimento alle spese sostenute nei giudizi di opposizione alla esecuzione, se
essi riguardano eccezioni concernenti la proprietà o pignorabilità dei beni, o fatte per il giudizio di
opposizione agli atti esecutivi, che riguardano la validità del pignoramento, va richiamata la posizione
della Suprema Corte, per la quale il privilegio di cui all’art. 2770 c.c. spetta in relazione alle spese utili
alla conservazione deI patrimonio del debitore nell’interesse di tutti i creditori (fra cui possono farsi
rientrare le spese per i giudizi detti) (Cass. 24.10.1968 n°3461, in Giust. civ., 1969,1, 1334; Trib. Bari,
10.04.2008, n°918, in Giurisprudenzabarese.it 2008, secondo cui rientrano tra le spese utili alla
conservazione del patrimonio del debitore sostenute nell'interesse di tutti i creditori anche quelle per
l’eventuale sequestro conservativo proposto; App. Genova 15.04.1991, in Banca borsa e tit. cred., 1992,
11, 208). Per converso, non possono ritenersi privilegiate le spese sostenute in giudizi di opposizione in
cui la difesa del creditore sia diretta a contrastare una eccezione personale rivolta contro di lui (ad es.,
l’opposizione agli atti esecutivi finalizzata a contestare l’ammissibilità dell’intervento di quel creditore così DEL VECCHIO, I privilegi, op. cit., 176).
Secondo D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (…), op. cit., 260, non possono
considerarsi privilegiate le spese riguardanti le cosiddette contestazioni distributive ex art.512 c.p.c. (che
vanno collocate nei progetti di distribuzione successivi alle stesse) trattandosi di giudizi diretti a definire
le contestazioni della fase distributiva e che non hanno pertanto alcuna attinenza con la funzione
espropriativa e/o conservativa nell’interesse della massa dei creditori (secondo l’autore il giudice
dell’esecuzione potrebbe effettuare un accantonamento cautelare in vista del soddisfacimento di tali
spese, una volta definito il giudizio ex art.512).
(56) In dottrina, cfr. CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005 n.80, op.
cit., 450; SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 433; DE STEFANO, Il progetto di distribuzione,
op. cit., pag.5.
(57) Anche per l’elenco base delle spese escluse dal privilegio ex art.2770 c.c., potrà farsi riferimento alla
circolare del Tribunale di Monza, quasi integralmente richiamata da quelle di altri Tribunali.
(58) Si veda infra la nota di approfondimento sulle spese dei pignoramenti successivi (tema trattato
specificamente nelle circolari dei Tribunali di Monza e di Savona)
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di fuori di un processo giudiziale)
le spese per opere richieste dal custode in caso di sequestro giudiziale (il quale non è
finalizzato alla espropriazione) (59)
le spese per l’iscrizione di ipoteca giudiziale(60) (le spese in questione sono invece
privilegiate ex art. 2855 c.c.) (61)
le spese di accertamento del credito che fonda l’esecuzione (cioè quelle relative al
giudizio all’esito del quale è stata emessa la condanna al pagamento)(62)
le spese sostenute dal creditore per il riconoscimento, in sede di giudizio di merito,
della fondatezza del proprio diritto(63).
In definitiva:
il creditore che richiede il rimborso delle spese previste dall’art. 2770 c.c. dovrà indicare
analiticamente nella propria nota spese gli esborsi anticipati, supportati da adeguata
documentazione giustificativa, nonché i compensi professionali(64) relativi a quegli atti
compiuti nell’interesse comune di tutti i creditori (che vanno in privilegio ex art. 2770)
debitamente distinti dalle spese/compensi relativi al processo di esecuzione (che seguono il
grado del credito che assistono).
NOTA.- Le spese dei pignoramenti successivi.
Nell’ipotesi di pignoramenti su beni già pignorati (cc.dd. pignoramenti successivi), i quali devono
(59) Cass. civ., 24.10.1968, n°3461. Per ANDRIOLI, Dei privilegi, in Comm. Scialoja. e Branca, sub. artt.
2749-2783, Bologna 1958, 124, le spese del sequestro giudiziario, che non attiene al processo esecutivo,
sono estranee al privilegio [«questa misura cautelare ha tratto al possesso e alla proprietà della cosa
controversa (art.670 cod. proc. civ.), e non ha alcun riferimento alla espropriazione dei beni del
debitore»].
(60) Cass. civ., 10.11.1961, n°2625.
(61) Per questa voce si deve precisare che le spese necessarie al decreto ingiuntivo (ed all’eventuale
giudizio di opposizione allo stesso) in base al quale è stata iscritta ipoteca giudiziaria, saranno da
ammettere in privilegio ex art.2855 c.c. solo se espressamente indicate nella nota di iscrizione ipotecaria
(art. 2855, l co., c.c.), altrimenti andranno indicate in chirografo. Per spese devono intendersi sia quelle
vive che i diritti ed onorari (rectius: i compensi) dell’avvocato che ha seguito il procedimento.
(62) Così anche TUCCI, I privilegi, in Trattato dir. priv., diretto da P. Rescigno, XIX, Torino 1997, 674.
(63) Cass. civ., 9.02.2001, n.1837, in Giust. civ. Mass. 2001, 230 (nella specie si trattava di giudizio di
merito instaurato a seguito di procedimento cautelare per sequestro conservativo).
(64) L’ABROGAZIONE DELLE TARIFFE PROFESSIONALI.- Si è già accennato all’abrogazione delle tariffe
professionali, ora sostituite dalle previsioni del D.M. 20.07.2012 n°140/2012, che ha introdotto, a seguito
dell’abrogazione delle tariffe ordinistiche (disposta per effetto dell’art.9 co.1° del D.L. 24.01.2012 n°1,
convertito con modifiche nella legge 24.03.2012 n°27), il nuovo criterio dei parametri per la
determinazione del compenso del professionista da parte degli organi giurisdizionali. Il nuovo criterio è
stato recepito anche dalla Corte di Cassazione, la quale ha sin da subito sottoposto a verifica la questione
della operatività temporale dei parametri per la determinazione del compenso professionale: ed infatti le
sentenze «gemelle» delle Sezioni Unite del 12.10.2012 nn.17405 (in Giust. civ. Mass. 2012, 10, 1203) e
17406 (in Foro it. 2012, 11, 2953) hanno sancito che i nuovi parametri vanno applicati ogni qual volta la
liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto
ministeriale (23 agosto 2012) e si riferisca al compenso spettante al professionista che, a quella data, non
abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché la stessa abbia avuto inizio e si
sia anche solo in parte svolta in epoca precedente, quando ancora erano in vigore le tariffe professionali
abrogate. Da ultimo, la Corte Costituzionale, con ordinanza 7.11.2013 n°261 (reperibile sul sito
www.cortecostituzionale.it), ha sancito che è legittima l’applicazione dei nuovi parametri forensi anche ai
processi in corso e alle attività già svolte prima della loro entrata in vigore, dichiarando la manifesta
infondatezza della questione sollevata dal tribunale di Cremona con riguardo all’articolo 9, commi 1, 2 e
5 del D.L. n°1/2012 e del D.M. n°140/2012.
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essere riuniti al procedimento esecutivo trascritto per primo (con conseguente efficacia di
intervento nella medesima procedura) le spese relative potranno essere poste in privilegio ex
art.2749 o 2855 cc., quali spese per intervento nel processo di esecuzione(65). Rimane ovviamente
salva l’ipotesi di separazione delle procedure, con liquidazione dei beni a seguito del pignoramento
successivo, che rende le spese dello stesso privilegiate a norma dell’art. 2770 c.c. .
Diversamente, se il creditore ha ritenuto di procedere ad autonomo pignoramento malgrado il
bene fosse stato già colpito da altro pignoramento precedente (risultante, ad es., dalle visure
eseguite prima di incardinare il suo pignoramento e, comunque, ai sensi dell’art.561, comma 1,
c.p.c., dalla nota di trascrizione di detto pignoramento che gli sarà restituita dalla Conservatoria dei
RR.II.) le spese di tale secondo pignoramento potranno essere escluse dal riparto, visto che possono
ritenersi superflue(66) (argomentando ex art.92,1° co., c.p.c.) considerata la necessità che i
pignoramenti successivi vengano riuniti al primo eseguito in ordine temporale (artt.561 e 274
c.p.c.): ne consegue che le spese relative al pignoramento, alla sua notificazione, alla
documentazione ipocatastale, alla istanza di vendita, al compenso per la stima di beni già valutati
nella precedente procedura, nonché le spese per la pubblicità della vendita potranno essere
escluse, salvo che il secondo pignorante non provi che alcune di queste spese sono andate a
vantaggio di tutti i creditori procedenti (ad es., quelle della relazione di stima effettuata nel secondo
procedimento ma acquisita al primo).
NOTA.- Pluralità di lotti, progetto di distribuzione (parziale o finale) e spese in prededuzione e/o
in privilegio ex art.2770 c.c.
In caso di pluralità di lotti e di predisposizione del progetto di distribuzione (parziale o finale):
- vanno poste interamente a carico del ricavato dalla vendita dei lotti (per l’appunto, venduti) le
spese che si riferiscono esclusivamente a quei lotti (ad es., integrazione perizia, ecc.)
- vanno ripartite pro quota (assumendo come parametro di riferimento, per i lotti venduti, il prezzo
di aggiudicazione; per i lotti non venduti - in caso di riparto parziale - il prezzo base fissato per la
vendita successiva al progetto di distribuzione) le spese che si riferiscono all’intera procedura
(relazione di stima, se riferita sia ai lotti venduti che a quelli non venduti; pubblicità; spese
processuali del creditore procedente, certificati notarili).
Da un prospettiva più generale, infine, può rilevarsi che il credito concernente le spese di
esecuzione (anticipate dal creditore ex art.90 c.p.c. - attualmente abrogato e sostituito
dall’art.3 D.P.R. n°115/2002) sorge non già al momento della effettuazione dei singoli
esborsi, bensì «nel momento in cui viene emessa l’ordinanza di distribuzione, con la quale
il giudice dell’esecuzione accerta e liquida le spese anticipate dal creditore e destina al
soddisfacimento del relativo credito, con privilegio (artt. 2755, 2770 cod. civ.), una parte
(65) Nella circolare del Tribunale di Savona si precisa che tali spese non devono essere collocate ex
art.2770 c.c. neppure nel caso di rinuncia da parte del creditore primo pignorante.
(66) Secondo la circolare del Tribunale di Savona, in questo caso dovranno essere esclusi le spese e i
compensi relativi a: notifica pignoramento; trascrizione; istanza di vendita; documentazione ipocatastale o
certificato notarile; compenso versato allo stimatore; pubblicità istanza di vendita; pubblicità della
vendita. Ed anche qualora la spesa duplicata sia stata sostenuta per primo dal creditore che ha pignorato
dopo, tale esborso non deve comunque essere ammesso in prededuzione, perché il creditore che ha
pignorato in presenza di un precedente pignoramento aveva l’onere preventivo di verificarne l’esistenza e
di richiedere o l’inserimento (da parte del cancelliere) del suo pignoramento nel fascicolo del primo, ai
sensi dell’art. 561 c.p.c. ovvero di richiedere al giudice di disporre la riunione ex art.274 c.p.c..
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della somma ricavata»(67).
Da quanto esposto consegue pertanto che, allorquando il giudice dell’esecuzione provvede
a liquidare - in sede di riparto - le spese sostenute dal creditore procedente e dagli
intervenuti(68), siffatta liquidazione, costituendo un accertamento strumentale alla
distribuzione, è «insuscettibile di acquisire forza di giudicato al di fuori del processo in cui
è fatta» (69).
5. - GRADUAZIONE INTERNA
In caso di concorso di più privilegi ex art. 2770 c.c. e di insufficienza dell’attivo (ipotesi
rara) si fa luogo a ripartizione proporzionale (art. 2782 c.c.)
6.- INDIVIDUAZIONE DEI CREDITORI INTERVENUTI
Il principio della par condicio creditorum (quale ricavabile dall’art.2741, 1° co., c.c.) deve
essere inteso alla luce delle disposizioni del codice di rito che regolano l’intervento dei
creditori nell’esecuzione individuale.
Il professionista delegato, sulla base degli atti di intervento, dell’atto di pignoramento del
creditore procedente, nonché degli eventuali pignoramenti successivi (che, come già
evidenziato, si risolvono anch’essi in un intervento) depositati in cancelleria, dovrà pertanto
elencare i creditori intervenuti tenendo conto dei crediti assistiti o meno dalle cause di
prelazione e del tempo degli interventi.
Atteso il significativo restyling dell’intervento nell’esecuzione forzata operato dalle leggi di
riforma del processo esecutivo(70) (di cui è espressione la nuova stesura dell’art.499 c.p.c.)
appare opportuno formulare alcune considerazioni con riferimento all’istituto.
§ 6.1.- LA RIVISITAZIONE DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
Come è noto, prima delle richiamate modifiche, l’art. 499 c.p.c. consentiva la possibilità di
intervenire nell’esecuzione pendente a tutti i creditori che vantassero un credito nei
confronti del debitore esecutato, ancorché siffatto credito non fosse supportato da un titolo
esecutivo.
A tale disposizione erano correlate quelle dell’art. 525 per l’espropriazione mobiliare
(67) Così Cass. civ., sez. III, 7.12.1977, n°5310.
(68) Per Cass. civ., sez. III, 5.03.2007, n°5061, in Guida al diritto 2007, 42 (s.m.) «nel procedimento
esecutivo l’onere delle spese non segue il principio della soccombenza come nel giudizio di cognizione,
ma quello della soggezione del debitore all’esecuzione».
(69) In termini, Cass. civ., sez.III, 18.03.2003, n°3985, in Giust. civ. Mass. 2003, 541; nello stesso senso,
cfr. anche Cass. civ., sez.III, 25.06.2003, n°10129, in Giust. civ. Mass. 2003, 6)
(70) Attuate, come già evidenziato, dapprima con la L. 14 maggio n.80, di conversione del d.l. 14 marzo
2005, n.35, e successivamente con la L.28 dicembre 2005, n. 263.
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(secondo cui potevano intervenire a norma dell’art. 499 tutti coloro che nei confronti del
debitore avevano un credito certo, liquido ed esigibile) e dell’art. 563 per l’espropriazione
immobiliare (per il quale potevano intervenire a norma dell’art. 499 tutti coloro che nei
confronti del debitore vantavano un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione).
A seguito delle innovazioni operate dalla riforma, il testo ridisegnato dell’art. 499 prevede,
al 1° comma, che «possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del
debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento
del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un
diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari
di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214
del codice civile».
In buona sostanza, possono attualmente spiegare intervento:
• i creditori muniti di titolo esecutivo
• i creditori che hanno eseguito un sequestro sui beni successivamente pignorati
• i creditori titolari di un diritto di pegno o di prelazione risultante da pubblici
registri(71)
• i creditori di somme di denaro risultanti dalle scritture contabili(72).
(71) L’enunciazione letterale dell’art. 499 co. 1 c.p.c. induce ad affermare che non sono legittimati
all’intervento, se sprovvisti di titolo esecutivo, i creditori muniti di causa di prelazione connessa ad un
privilegio, generale o speciale, per il quale non è prevista alcuna forma pubblicitaria. Siffatta conclusione
ha peraltro alimentato in dottrina un ampio dibattito interpretativo: così, secondo alcuni autori (SALETTI,
Le (ultime?) novità in materia di esecuzione forzata, in Riv. dir. proc., 2006, 200; CANALE, Commento
all’art. 499 c.p.c., in AA. VV. Le recenti riforme del processo civile, a cura di CHIARLONI, Bologna,
2006, 200) la previsione dell’art.499 è legittima (pur nella parte in cui esclude dalla categoria dei creditori
legittimati all’intervento “non titolato” i titolari di privilegi non pubblicizzati), costituendo espressione
della discrezionalità riservata al legislatore circa i modi di attuazione del principio di cui art. 2741 c.c.;
altri interpreti (ACONE, Intervento dei creditori, in AA. VV., Il processo civile di riforma in riforma,
Milano, 2006, 65 ss.; STORTO, Commento agli artt. 499, 500 e 510, in Commentario alle riforme del
processo civile a cura di BRIGUGLIO-CAPPONI, Padova, 2007, 144), hanno per converso affermato che,
sebbene libero di individuare i criteri con cui realizzare la cosiddetta par condicio creditorum, il
legislatore deve esercitare siffatta libertà in ossequio ad un criterio di ragionevolezza, al fine di non
incorrere nella violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.. In questa prospettiva, siffatto criterio di
ragionevolezza risulterebbe disatteso ove si riservi un trattamento deteriore ai creditori titolari di
prelazione quando quest’ultima, pur determinando uno speciale rapporto di garanzia con determinati beni
(ed essendo assistita da un diritto di sequela destinato ad estinguersi per effetto della vendita forzata), si
differenzia dalla causa di prelazione iscritta per il solo fatto che il privilegio non necessita di pubblicità.
La soluzione preferibile appare senza dubbio la seconda (SOLDI, op. cit., 353) e sotto questo profilo
sembrano concreti gli adombrati dubbi di legittimità costituzionale della norma.
(72) Il richiamo generico all’art.2214 c.c. consente in primo luogo di ritenere che possono spiegare
intervento, in virtù delle risultanze delle scritture contabili, gli imprenditori commerciali o, più
generalmente, i titolari di imprese soggette a registrazione, compreso l’institore nei limiti dell’impresa o
sede secondaria cui è preposto (art.2250 c.c.). In secondo luogo, che possono legittimamente fondare
l’intervento tutti i tipi di scritture contabili, siano esse “generalmente obbligatorie” (libro giornale, libro
degli inventari e fascicolo della corrispondenza) ovvero “relativamente obbligatorie” (libri sociali, libro
mastro, libro cassa, libro magazzino, libro delle scadenze cambiarie, ecc.). Tra le altre questioni
configurabili in proposito (per una più esaustiva trattazione delle quali, cfr. SOLDI, op. cit., 353 ss.) si
segnala che deve escludersi che l’intervento sulla base delle scritture di cui al 2214 c.c. possa essere
eseguito dagli imprenditori solo in danno di altri imprenditori, attesa la genericità dell’art. 499 c.p.c.,
nonché avuto riguardo alla ratio della norma, diretta a fornire agli imprenditori commerciali un valido
strumento di recupero dei crediti contro tutti i debitori, siano essi imprenditori o meno. Sempre sulla
scorta del tenore letterale dell’art.499 c.p.c. (che testualmente si riferisce ai creditori «titolari di un
credito di somma di denaro risultante da scritture contabili») deve del pari escludersi che i crediti
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Da quanto esposto consegue che non sono più ammessi, di regola, interventi da parte di
creditori chirografari privi di titolo esecutivo(73) (escluse, per l’appunto, le ipotesi dei
creditori sequestratari e/o titolari di un diritto di pegno o di prelazione risultante dai pubblici
registri e di quelli il cui credito risulti dalle scritture contabili)(74).
L’intervento supportato da titolo esecutivo dà diritto a partecipare alla distribuzione
del ricavato, nonché a partecipare all’espropriazione, provocandone i singoli atti (in
surroga al creditore procedente)(75).
§6.1.1.- L’intervento non titolato. L’accantonamento
Il legislatore della riforma non ha tuttavia escluso la possibilità di un intervento “non
titolato”: il 3° comma del nuovo art.499 c.p.c. prevede, infatti, che, il creditore privo di titolo
esecutivo che voglia intervenire nell’esecuzione deve notificare al debitore, entro i 10 giorni
successivi al deposito in cancelleria(76), una copia del ricorso ed una copia dell’estratto
azionabili siano riferibili a tutti gli ipotetici crediti dell’impresa, ma consistono unicamente in crediti
pecuniari. Ancora, va evidenziato che le scritture possono prodursi in estratto autentico solo se il notaio
attesta che l’estratto è stato redatto in forza di scritture contabili regolarmente tenute e vidimate, e ciò sia
per l’indubbio vantaggio concesso all’imprenditore di disporre con assoluta celerità di un titolo (non nel
senso “tecnico” del termine, trattandosi nella specie di intervento comunque “non titolato”) per procedere
ad esecuzione, sia per un principio di ragionevolezza. Da ultimo, sarà il caso di rilevare che tra le scritture
utilizzabili non sono comprese quelle prescritte dalle leggi tributarie, anche perché l’art. 634 c.p.c. le
richiama espressamente, ma solo ai fini del procedimento monitorio.
(73) A titolo esemplificativo (cfr., SALA, Le esecuzioni immobiliari dopo le varie leggi di riforma del
processo civile ed esecutivo in particolare, maggio 2006, reperibile all’URL http://www.professionisti.it/
vetrine/232690/file/e8d7505f16780e9c2817ef2485524f84.pdf - accesso 12.04.2013) non è più consentito
l’intervento da parte di creditori privi di titolo esecutivo ma il cui credito risulti, ad esempio, da un
riconoscimento di debito ovvero da cambiali o assegni che abbiano perso l’esecutività. Del pari, non é
ammissibile l’intervento da parte del condominio per il pagamento dei contributi condominiali risultanti
da verbale regolarmente approvato dall’assemblea, come pure quello degli istituti di credito sulla base
degli estratti conto emessi ai sensi dell’art 50 del d. lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (che, notoriamente, è
sufficiente per l’emissione di decreti ingiuntivi), i quali avranno pertanto bisogno dell’estratto notarile
delle scritture contabili.
(74) Sul punto, va per completezza segnalato che l’opinione maggioritaria in dottrina (cfr. SOLDI, Manuale
dell’esecuzione forzata, op, cit., 351; SALETTI, Le (ultime?) novità in materia di esecuzione forzata, op.
cit., 200; CANALE, Commento all’art. 499 c.p.c., , in AA. VV. Le recenti riforme del processo civile, op.
cit., 699; VIGORITO, Le procedure esecutive dopo la riforma: l’esecuzione forzata in generale, Milano,
2006, 346) è nel senso che la situazione legittimante l’intervento deve sussistere, per il creditore, già al
momento del perfezionarsi del pignoramento: ne consegue l’inammissibilità dell’intervento senza titolo
esecutivo al creditore il cui sequestro sia stato eseguito dopo il pignoramento o al creditore titolare di
causa di prelazione iscritta dopo il pignoramento ovvero al creditore titolare di una pretesa che trovi
evidenza nelle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c. in virtù di annotazione successiva al
pignoramento.
(75) Va in proposito osservato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 7.01.2014,
n°61 (reperibile, tra i tanti, all’indirizzo http://www.eius.it/giurisprudenza/2014/001.asp - accesso
24.01.2014), componendo un contrasto nella giurisprudenza della Corte, hanno statuito ex professo che
nel procedimento esecutivo cui partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo
del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non
impediscono la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia
conservato forza esecutiva, a meno che il difetto del titolo posto a fondamento dell’azione esecutiva del
creditore procedente sia originario.
(76) Termine non perentorio: cfr., ex multis, SOLDI, op. cit., 361.
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autentico notarile attestante il credito(77).
L’intervento “non titolato”, diversamente da quello eseguito in forza del titolo esecutivo,
non conferisce al creditore il diritto all’immediato soddisfacimento del credito dopo
l’approvazione del progetto di distribuzione, bensì gli attribuisce una tutela di tipo
“prenotativo”: infatti, le somme che gli spetterebbero in caso di utile collocazione nel
riparto vengono momentaneamente accantonate, in attesa che egli dispieghi l’attività
giudiziaria diretta a sostanziare il credito in un provvedimento esecutivo.
In proposito, il 3° co. dell’art. 510 c.p.c. stabilisce che: «l’accantonamento è disposto dal
giudice dell’esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché i...creditori possano
munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre
anni»(78).
Una volta decorso tale termine, il giudice, su istanza di parte o anche ex officio, dispone la
comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti
(con l'eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti) e dà luogo alla
distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si
siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la
distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che sia decorso il termine
fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano
munirsi di titolo esecutivo (art.510, 3° comma, c.p.c.).
Il 5° comma dell’art.499 c.p.c. stabilisce poi che, con l’emissione dell’ordinanza con la
quale il giudice dell’esecuzione dispone la vendita o l’assegnazione, viene altresì fissata una
ulteriore udienza di comparizione del debitore e dei creditori senza titolo, nella quale il
primo potrà riconoscere(79) in tutto o in parte il credito per il quale è stato proposto
l’intervento “non titolato”, ovvero potrà negarne l’esistenza.
Sulla scorta del disposto dell’art.499 c.p.c., può affermarsi che il creditore intervenuto senza
titolo esecutivo può avvalersi del procedimento di riconoscimento soltanto se intervenga
prima della udienza fissata per autorizzare la vendita o disporre l’assegnazione e purché il
(77) Tale notificazione (che segna anche l’avvio del decorso del termine per proporre opposizione ex art.
617 c.p.c.) costituisce un novum nel nostro sistema, avente il fine di rendere il debitore immediatamente
edotto dell’intervento “non titolato” e di stimolare ogni possibile contestazione in merito. Infatti, se il
debitore non fosse messo subito in condizione di contestare l’ammissibilità di tale tipologia di intervento,
l’eventuale fase contenziosa (iniziata dal debitore con un’opposizione agli atti esecutivi) si sposterebbe
inevitabilmente all’udienza fissata per il riconoscimento del debito (della quale si dirà infra), con un
evidente grave ritardo per la definizione di questa fase del processo.
(78) In sintesi, l’accantonamento darà diritto al pagamento della somma accantonata solo ed
esclusivamente se alla scadenza del termine di durata dell’accantonamento stesso (stabilita dal giudice o,
in difetto di espressa previsione, fissata dalla legge) il creditore abbia ottenuto il titolo esecutivo utile a
sostanziare la pretesa fatta valere con l’intervento. In caso contrario, l’accantonamento non sostanzierà
l’effetto prenotativo e le somme “messe da parte” dovranno essere redistribuite tra i creditori muniti di
titolo che in sede di prima distribuzione siano rimasti parzialmente o totalmente insoddisfatti.
(79) Il riconoscimento da parte del debitore esimerà il creditore dal doversi attivare per ottenere il titolo
esecutivo utile per ottenere l’attribuzione delle somme per le quali potrebbe trovare un’utile collocazione
nel progetto di riparto. Come evidenzia SOLDI, op. cit., 365, nota 67, tutti gli interventi “non titolati”
previsti dal 1° comma dell’art.499 c.p.c. possono beneficiare del procedimento di riconoscimento, in
quanto una distinzione tra gli stessi, oltre a non trovare riscontro nel dettato normativo, contrasterebbe
con l’art.3 della Costituzione, traducendosi in una illegittima preferenza di alcuni interventori non titolati
rispetto ad altri.
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ricorso per intervento sia stato notificato al debitore(80).
Se il debitore non compare all’udienza, la legge (art.499, 6° co., c.p.c.) prevede l’effetto del
riconoscimento “implicito” di tutti i crediti per i quali sono stati spiegati interventi senza
titolo(81).
Nel caso di riconoscimento (che per espressa previsione dell’art.499, 6° co., c.p.c., «rileva
ai soli fini dell’esecuzione», assumendo valenza endoprocedimentale(82)) espresso o tacito
che sia, il creditore ha diritto all’immediata attribuzione in fase distributiva, senza dover
svolgere altre attività (per munirsi di titolo esecutivo).
In caso, invece, di disconoscimento del credito da parte del debitore, l’intervenuto ha diritto
all’accantonamento della quota in suo favore, nonché ad essere collocato nella posizione
che gli sarebbe spettata ove egli avesse agito nella procedura munito di titolo esecutivo.
Per ottenere ciò, il creditore dovrà fare istanza di accantonamento e dimostrare di aver
proposto, nei trenta giorni successivi all’udienza fissata per il riconoscimento, «l’azione
necessaria per munirsi del titolo» (art.499, co. 6, c.p.c.). Va da sé che l’effettiva attribuzione
in sede di distribuzione del ricavato sarà subordinata all’ottenimento del titolo nel termine
fissato dal G.E. nel progetto di distribuzione o, al massimo, nei tre anni previsti dalla legge
(art. 510, 3° co. c.p.c.).
Con riferimento specifico all’esecuzione immobiliare, ragioni di carattere sistematico hanno
comportato la modifica degli art. 561, 564, 565 e 566 c.p.c., mentre l’art. 563 (che
prevedeva la facoltà di intervenire anche ai creditori titolari di un credito sottoposto a
termine o a condizione) è stato abrogato.
Da rilevare ancora che nel nuovo sistema non è più consentito l’intervento da parte dei
creditori privilegiati privi di titolo esecutivo ancorché ad essi l’art. 2741 cod. civ. attribuisca
il diritto di essere soddisfatti prima dei chirografi (esattamente come avviene per i creditori
pignoratizi ed ipotecari ai quali soli la riforma consente di intervenire nelle esecuzioni
pendenti pur in assenza di titolo). A mero titolo esemplificativo pensiamo al caso delle
retribuzioni dovute al lavoratore dipendente ovvero dei compensi dei professionisti ovvero
ancora delle provvigioni derivanti da rapporto di agenzia, che costituiscono categorie di
crediti privilegiati ai sensi dell’art. 2751 bis nn. 1, 2 e 3.
Per tutte queste classi di creditori privilegiati la norma in commento impedisce l’intervento
in assenza di titolo esecutivo.
(80) In dottrina, la tesi è sostenuta da BARRECA, L’intervento dei creditori e il piano di riparto nelle
procedure esecutive riformate, in Riv. es. forzata, 2007, 27; SOLDI, op. cit. 365; DE STEFANO,
L’intervento dei creditori, in AA. VV., La riforma del processo esecutivo, Quad. CNN, suppl. fasc.
1/2006, 106 ss..
(81) L’art. 499 co. 7 c.p.c. non contempla, però l’ipotesi in cui il debitore compaia all’udienza, ma non
prenda posizione alcuna. Al riguardo la dottrina (cfr., ad es., SALETTI, op. cit., 208; ACONE, Intervento dei
creditori, in AA. VV., Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006, 80; STORTO, Commento agli
artt. 499, 500 e 510, in Commentario alle riforme del processo civile a cura di BRIGUGLIO-CAPPONI,
Padova, 2007, 163) ritiene che il silenzio del debitore produca lo stesso effetto della sua mancata
comparizione, con la conseguenza che anche in questa ipotesi i crediti debbono ritenersi integralmente
riconosciuti.
(82) Ne consegue infatti che, se il creditore destinatario di un riconoscimento totale del suo credito non
ottiene il soddisfacimento integrale dello stesso in sede distributiva, nel giudizio successivamente
instaurato per munirsi del titolo esecutivo in relazione alla quota non soddisfatta il creditore medesimo
non potrà giovarsi del riconoscimento effettuato in sede esecutiva.
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Ricapitolando la situazione che si viene a creare a seguito dell’intervento delle varie
categorie di creditori, le ipotesi che si configurano sono le seguenti:
1. Creditori muniti di titolo esecutivo: intervengono depositando il ricorso, non hanno
l’obbligo di notifica al debitore e non soggetti alla procedura di verifica di cui all’art 499, 6°
comma, c.p.c.;
2. Creditori sequestratari sui beni pignorati ovvero con diritto di pegno o un diritto di
prelazione risultante da pubblici registri: intervengono con deposito del ricorso e, se
privi di titolo, devono notificarlo al debitore nei 10 giorni successivi al detto deposito e sono
soggetti alla procedura di verifica di cui all’art 499, 6° comma, c.p.c.;
3. Creditori di somme di denaro risultanti da scritture contabili e privi di titolo:
intervengono con ricorso da depositare, a pena di inammissibilità, unitamente all’estratto
autentico delle scritture contabili; hanno l’obbligo di notificare, entro 10 giorni dal deposito,
il ricorso e l’estratto autentico al debitore e sono soggetti alla procedura di verifica di cui
all’art 499, 6° comma c.p.c.;
4. Creditori privi di titolo, siano essi chirografari per somme non risultanti da scritture
autenticate ovvero privilegiati ai sensi degli artt. 2745-2783 cod. civ.: non possono
intervenire.
§ 6.2. - L’INTERVENTO TARDIVO (E L’INTERVENTO TEMPESTIVO)
Malgrado la formulazione dell’art.499 c.p.c. faccia esclusivo riferimento all’intervento dei
creditori “tempestivi”, il legislatore della riforma non ha apportato modifiche rilevanti al
profilo dell’ammissibilità dell’intervento effettuato successivamente al provvedimento del
giudice che autorizza la vendita o l’assegnazione.
Non sono stati, infatti, oggetto di modifiche gli artt. 528 e 565 c.p.c. (che regolano
l’intervento tardivo, stabilendo che i creditori tardivi concorrono alla distribuzione del
ricavato che sopravanza dopo aver soddisfatto i diritti del creditore pignorante, dei
privilegiati e dei creditori intervenuti tempestivamente) e l’art. 566 c.p.c. (che disciplina la
graduazione dei crediti)(83).
Ed allora, con riferimento all’esecuzione forzata immobiliare, dal combinato disposto degli
art.565 e 566 c.p.c. discende pertanto che sono tardivi i creditori che intervengono oltre
l’udienza di autorizzazione alla vendita, ma prima della udienza fissata ai sensi
dell’art. 596 c.p.c. per l’approvazione del piano di riparto.
Dal che consegue che l’intervento è tempestivo se formalizzato entro l’udienza di
autorizzazione alla vendita.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: Concetto di prima udienza fissata per l’autorizzazione alla
vendita
(83) La tesi secondo cui l’art.499 c.p.c., malgrado la sua formulazione, non ha operato alcuna abrogazione
delle norme previgenti, è assolutamente prevalente in dottrina: cfr. ex multis, SALETTI, Le (ultime?) novità
in materia di esecuzione forzata, op. cit., 211; BARRECA, L’intervento dei creditori e il piano di riparto
nelle procedure esecutive riformate, op. cit., 36 ss.; CAPPONI, L’intervento dei creditori dopo le tre
riforme della XIV legislatura, cit., 33-34; DEMARCHI, Il nuovo rito civile, III, Milano 2006, 161-163, ecc..
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La nuova formulazione dell’art.564 c.p.c. ha effetto a decorrere dall’1.03.2006(84) anche per i
procedimenti pendenti a tale data; diversamente che prima della riforma, attualmente i tempi
dell’intervento sono dettati direttamente dalla norma in parola(85).
Va peraltro tenuto presente che all’intervento nell’esecuzione forzata immobiliare trova piena
applicazione l’art.499 c.p.c.(86), il cui 2° comma (quale sostituito dalla L. n°263/2005) stabilisce che il
ricorso per intervento debba essere depositato prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la
vendita: atteso il problema di coordinare le due disposizioni richiamate, si tratta di stabilire in
concreto fino a quando l’intervento possa qualificarsi tempestivo.
Ed allora, per gli atti di intervento depositati fino al 28.02.2006, il problema non sorge, potendo
definirsi tempestivo l’intervento depositato anche nel corso dell’udienza fissata per l’autorizzazione
alla vendita ai sensi dell’art.569 c.p.c., che va individuata in quella in cui il giudice ordini in concreto
la vendita, anche con contestuale delega delle relative operazioni ex art.591 bis c.p.c.(87) e non già
nella prima udienza (in senso cronologico) fissata in seguito al deposito dell’istanza di vendita,
ancorché si sia svolta per la prima volta un’attività di carattere esecutivo o sia stata adottata una
determinazione esecutiva effettiva(88).
Per gli atti di intervento depositati a far data dall’1.03.2006 si è profilata la questione se l’intervento
- per essere tempestivo - debba essere spiegato fino ad un momento prima dell’inizio dell’udienza
ex art.569, in ossequio alla enunciazione letterale dell’art.499 c.p.c.(89) ovvero se possa essere
effettuato anche nel corso dell’udienza stessa e quindi fino al momento in cui il G.E. non abbia
pronunciato l’ordinanza di vendita (soluzione questa ritenuta preferibile), dando cosi prevalenza al
(84) Ai sensi dell’art.2, comma 3 sexies , D.L. 14.03.2005, n°35, introdotto dall’art. 16 L. 28.12.2005,
n°263 e da ultimo modificato dall’art.39 quater D.L. 30.12.2005, n°273, convertito, con modificazioni, in
L. 23.02.2006, n°51, introdotto in fase di conversione, le modifiche apportate (tra gli altri) agli artt.499,
500, 525, 526, 527, 528, 563, 564, 565, 566 si applicano anche alle procedure esecutive pendenti al 1°
marzo 2006; quando tuttavia è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle
norme precedentemente in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva
efficacia se avvenuto prima del 1° marzo 2006.
(85) La nuova formulazione si è resa necessaria a causa dell’abrogazione dell’art.563 c.p.c., cui il 2°
comma del “vecchio” art.564 rinviava per individuare il momento (“non oltre la prima udienza fissata per
l’autorizzazione alla vendita”) per stabilire la tempestività o la tardività dell’intervento.
(86) Così ARIETA, DE SANTIS, MONTESANO, Corso base di diritto processuale civile, Bologna, 2010, 820;
COMOGLIO, FERRI, TARUFFO, Lezioni sul processo civile. Procedimenti speciali, cautelari ed esecutivi, II,
Bologna, 2011, 418; Tribunale di Monza, 5.03.2007, in Pluris.
(87) Si veda, ad es., Tribunale di Roma, 11 aprile 2005, in Redazione Giuffrè 2005 (Juris Data), per la
quale «nel caso di ordinanza di vendita e contestuale delega al notaio per le attività dell'art. 591 bis
c.p.c., il relativo provvedimento costituisce il momento di chiusura della corrispondente fase processuale,
con la conseguenza che è tardivo l’intervento spiegato dopo di esso». In tema, anche le risalenti
Tribunale di Monza, 25.05.1966, in Tem. nap. 1967, I, 386 e Tribunale di Brescia, 27.02.1962, in Giust.
civ., 1962, I, 1806.
(88) In dottrina, è ad es. di parere contrario CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge
14.5.2005 n.80, op. cit., 199, il quale riconosce che non vi è concordia tra gli interpreti sul concetto di
“prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita”, concludendo - sulla scorta del tenore letterale
della norma - che pare preferibile l’interpretazione secondo cui il limite temporale per la tempestività
degli interventi è costituito non già dall’udienza in cui la vendita sia effettivamente disposta (dopo
eventuali rinvii) bensì dalla prima udienza che a tale scopo sia stata fissata (con i relativi adempimenti
pubblicitari) e nella quale si siano svolte attività procedimentali, ancorché siano proseguite in udienza
successive. Osserva SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 376, che in via interpretativa si è
ritenuto che l’intervento nella esecuzione immobiliare può considerarsi tempestivo sino a che non venga
adottata l’ordinanza che dispone la vendita o l’assegnazione, poiché il momento processuale fissato
dall’art. 565 c.p.c. non decorre in caso di rinvio dell’udienza di comparizione delle parti ad altra data.
(89) Così DE STEFANO, L’intervento dei creditori, in AA.VV., La riforma del processo esecutivo, Quad.
C.N.N., 106 ss.).
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tenore letterale degli artt. 564, 565 e 566 e tenuto anche conto della necessità che al G.E. sia
consentito di fissare l’udienza di verifica dei crediti non titolati proprio con l’ordinanza ex art.569
c.p.c.(90). Siffatta ultima soluzione ha trovato l’avallo della giurisprudenza di legittimità, la quale ha
statuito ex professo che In tema di espropriazione immobiliare, l’intervento dei creditori (sia ai
sensi dell’art. 563 c.p.c., applicabile agli interventi avvenuti prima del 1º marzo 2006 (e - come
esposto - successivamente abrogato dalle leggi di riforma del 2005) sia ai sensi del (novellato) art.
564 c.p.c., è tempestivo se avvenuto anche oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della
vendita, quando, per qualsiasi causa, questa sia stata differita, sempreché sia avvenuto prima
dell’emissione dell'ordinanza di vendita(91).
Va poi osservato che se sia stata pronunciata ordinanza di vendita solo relativamente ad alcuni dei
beni compresi nella procedura, l’intervento successivo sarà tardivo rispetto ai beni compresi
nell’ordinanza, ma tempestivo per i beni per i quali non sia stata ancora fissata la vendita.
Nel caso di più procedure riunite, la tempestività dovrà essere verificata con riferimento alla prima
ordinanza di vendita pronunciata per quei beni, anche se emessa prima della riunione: in sostanza,
deve procedersi come se la riunione fosse già avvenuta sin dal primo momento.
Il momento finale per l’ammissibilità dell’intervento è invece costituito non dal deposito in
cancelleria del progetto di distribuzione, bensì dalla udienza destinata alla sua discussione
ed approvazione (92).
L’art. 566 c.p.c. evidenzia che la tardività dell’intervento incide solo sulla posizione dei
creditori chirografari(93), ai quali è riconosciuto il diritto a concorrere nella fase
distributiva sul solo sopravanzo, mentre non produce conseguenze con riguardo ai diritti dei
creditori privilegiati(94).
Il problema interpretativo che potrebbe piuttosto profilarsi è se l’intervento tardivo debba
ritenersi ammissibile per tutte le categorie di creditori ovvero se esso sia limitato solo ad
alcune di esse.
Sicuramente deve ritenersi ammissibile l’intervento tardivo del creditore munito di
titolo (visti gli articoli 528 e 565 c.p.c.), potendo tale creditore concorrere alla distribuzione
del ricavato direttamente, ovvero senza accantonamenti di sorta.
(90) In tal senso BARRECA, L’intervento dei creditori e il piano di riparto nelle procedure esecutive
riformate, op. cit., 37-38, ove si osserva che, tenuto conto del disposto di cui all’art.499, comma 2, c.p.c.,
che fa riferimento all’«udienza in cui è disposta la vendita (..)», conserva efficacia l’orientamento
interpretativo ante novella, secondo cui deve farsi riferimento all’udienza in cui la vendita viene
effettivamente adottata. In senso analogo anche LUISO-SASSANI, La riforma del processo civile, Milano,
2006, 154; VERDE, Diritto processuale civile, Bologna, 2010, vol.IV, 78-79. Contra: PUNZI, Il processo
civile. Sistema e problematiche, IV, Torino, 123; CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione civile,
Torino, 2012, 214, secondo i quali per prima udienza deve intendersi quella fissata per la comparizione
delle parti, indipendentemente dalla concreta fissazione della vendita.
(91) Così Cass. civ., sez. III, 18.01.2012, n°689, in Giust. civ. Mass. 2012, 1, 44.
(92) In questo senso GARBAGNATI, voce Concorso dei creditori, in Enc. dir., VIII, Milano 1961, 541, il
quale ammette che i creditori possano intervenire nel processo esecutivo sino alla chiusura della fase di
approvazione del progetto. Ritengono ammissibili interventi successivi, fino all’effettiva distribuzione del
ricavato, finalizzati ad ottenere l’assegnazione delle somme che dovrebbero essere restituite all’esecutato,
TRAVI, voce Espropriazione presso terzi, in Noviss. dig. it., VI, Torino, 1968, 908 e, di recente, PISANU,
L’intervento dei creditori in AA.VV., La nuova esecuzione forzata dopo la l. 18 giugno 2009, n. 69 a cura
di DEMARCHI, Bologna, 2009, 204 ss..
(93) Vale a dire quei creditori le cui ragioni di credito non sono assistite da alcuna causa di prelazione.
(94) Al riguardo, si veda meglio più avanti, al capitolo 8.
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Le difficoltà potrebbero riguardare la sorte dei creditori che, al momento del pignoramento,
avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati, ovvero avevano un diritto di prelazione o
pegno, ovvero ancora erano titolari di un credito risultante da scritture contabili di cui al
2214 c.c. (in definitiva: per i creditori “non titolati”).
La norma di soccorso è rappresentata dall’ultimo comma dell’art.499 c.p.c., il quale
prescrive che anche i creditori non titolati partecipino alla distribuzione, direttamente o
previo accantonamento, secondo gli esiti del procedimento di riconoscimento, il cui avvio è
collocato dalla legge contestualmente all’ordinanza del giudice dell’esecuzione che
autorizza la vendita.
Dunque, il procedimento de quo sarebbe ammissibile solo per i creditori intervenuti prima
che sia emessa tale ordinanza(95).
Tuttavia, sono state prospettate varie ipotesi per ammettere l’esperibilità dell’intervento
tardivo “non titolato”.
Innanzitutto, si è sostenuto che esso, stante la lettera assolutamente generica dell’art. 510
c.p.c. (che consente l’accantonamento di tutti i crediti non muniti di titolo), potrebbe anche
prescindere dal procedimento di riconoscimento di cui all’ultimo comma dell’art.499 c.p.c.:
tale procedimento, infatti, sarebbe un “vantaggio” (perché il debitore potrebbe,
riconoscendo esplicitamente o implicitamente il credito, provocarne la soddisfazione
immediata) per il solo creditore non titolato tempestivo.
Altra ipotesi prospettata esclude, invece, la possibilità di esperire un intervento “non
titolato” a prescindere dal procedimento di riconoscimento, in quanto i termini (30 gg.
successivi all’udienza per il riconoscimento del debito) per la presentazione dell’istanza e
per fornire la prova di aver iniziato il procedimento volto all’ottenimento del titolo
sarebbero perentori e, dunque, spirati questi, non sarebbe più ammissibile alcun intervento
sprovvisto di titolo esecutivo(96).
La posizione processuale degli intervenuti “tardivi” rispetto ai “tempestivi” ed il principio
secondo il quale l’impulso al compimento degli atti esecutivi rimane di competenza dei soli
“titolati”, siano essi tempestivi o tardivi, sono invece rimasti invariati.
7.- LA GRADUAZIONE DEI CREDITORI (cenni)
La graduazione dei creditori concorrenti dovrà pertanto essere effettuata secondo l’ordine
progressivo di soddisfazione dettato dal codice civile, ossia:
1. Creditori assistiti da privilegi speciali sugli immobili (art. 2771 - 2775 bis)
(95) Osserva CAPPONI, Il processo esecutivo, Bologna, 2008, 151 ss., che il ritardo non produce altra
conseguenza che quella di far perdere al creditore la chance del riconoscimento. La tardività non influisce
quindi sulla possibilità di partecipare al procedimento esecutivo né sul diritto all’accantonamento (la cui
istanza, in siffatta prospettiva, può essere presentata in ogni momento e anche in fase distributiva).
(96) Per completezza, va rilevato che secondo Tribunale di Paola, 26 agosto 2011 (reperibile su
www.ilcaso.it, I, 6543 - pubb. 19.09.2011) «nell’esecuzione immobiliare, il creditore intervenuto senza
titolo esecutivo può beneficiare del procedimento di riconoscimento del credito solo nel caso in cui
intervenga prima dell'udienza fissata ai sensi dell'articolo 569 c.p.c. Conseguentemente, deve tenersi
inammissibile l'intervento non titolato spiegato in epoca successiva all'emissione del provvedimento di
autorizzazione alla vendita del compendio pignorato».
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Creditori assistiti da ipoteca
Creditori con privilegio sussidiario sugli immobili (art. 2776 c.c. )
Creditori chirografari tempestivi
Creditori chirografari tardivi
Ai fini espositivi, la qualificazione dei creditori intervenuti - in ragione del rango di
competenza - sarà preceduta dalla rassegna delle cause di prelazione che possono assistere
le ragioni creditorie azionate nella procedura esecutiva.
8.- I CREDITI ASSISTITI DA CAUSE DI PRELAZIONE (privilegi,
ipoteche, crediti con privilegio sussidiario)
Si è già esposto(97) che, ai sensi dell’art. 2741 c.c., 2° comma, sono cause legittime di
prelazione i privilegi, il pegno (che riguarda le espropriazioni mobiliari) e le ipoteche.
Saranno quindi passate in sintetica rassegna le diverse tipologie di privilegi immobiliari.
§8.1.- CREDITI PRIVILEGIATI CHE LE LEGGI SPECIALI DICHIARANO PREFERITI AD OGNI
ALTRO CREDITO
L’art. 2777, 3° comma, c.c. dispone che «i privilegi che le leggi speciali dichiarano preferiti
ad ogni altro credito sono sempre posposti al privilegio per le spese di giustizia ed ai
privilegi indicati nell'articolo 2751-bis».
Si tratta di crediti piuttosto rari; all’interno di questa tipologia, sono compresi:
o crediti da operazioni di finanziamento alle industrie previsti dall’articolo 3 del
Decreto Legisl. Capo provv. Stato 1° ottobre 1947 n. 1075 che ha modificato
l’articolo 7 del D.L. 1° novembre 1944 n. 364(98);
o crediti dell’Amministrazione Militare per anticipazioni sulla indennità di
espropriazione in caso di occupazione d’urgenza (art. 3 della Legge 25 agosto 1940
n. 1382);
o crediti per finanziamenti ad imprese industriali le quali non abbiano la possibilità di
avvalersi, in tutto o in parte, delle provvidenze stabilite dal decreto legislativo
Luogotenenziale 1° novembre 1944, n. 367, e successive modificazioni, al fine di
consentire alle imprese stesse il ripristino, la riconversione e la continuazione della
propria attività con riguardo all'interesse generale ed a particolari necessità di
carattere economico e sociale;
o ogni altro credito indicato da leggi speciali con tali caratteristiche.
(97) Cfr., Introduzione, alla nota 2 di pag. 2.
(98) Detto decreto era stato abrogato, a decorrere dal 16 dicembre 2009, dall’art.2, comma 1, del D.L.
22.12.2008 n°200; successivamente, la sua efficacia è stata ripristinata dall’art. 1 della legge 18.02.2009,
n°9, in sede di conversione.
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E’ sempre necessario consultare la legge istitutiva del privilegio, anche al fine di prendere in
considerazione eventuali disposizioni speciali riguardanti, ad esempio, i rapporti con i
crediti ipotecari e l’efficacia con riferimento a successivi intestatari dell’immobile.
§8.1.1.- Graduazione interna
In caso di concorso di più privilegi che sono dichiarati preferiti ad ogni altro credito, e di
insufficienza dell’attivo (caso raro) si fa luogo a ripartizione proporzionale (art. 2782 c.c.).
§8.2.- CREDITI ASSISTITI DA PRIVILEGI SPECIALI SUGLI IMMOBILI
I privilegi riguardanti gli immobili si configurano, come è noto, come privilegi speciali
(art.2746 c.c.)(99).
In virtù del disposto dell’art. 2748, 2° comma, c.c. i crediti aventi privilegio speciale sugli
immobili sono preferiti ai crediti ipotecari se la legge non dispone diversamente.
I crediti privilegiati sugli immobili, tenuto conto delle modifiche apportate dall’art.23 del
D.L. 6.07.2011 n°98 (convertito, con modificazioni, in L. 15.07.2011 n°111)(100) sono
previsti dall’art. 2772 all’art. 2775 bis del codice civile.
I crediti in questione riguardano in genere, con riferimento all’immobile:
- tributi indiretti: imposta di registro; imposta di successione e donazione; imposte
catastali e ipotecarie; IVA relativa alla cessione dell’immobile, in caso di responsabilità
solidale del cessionario; Invim, nel caso in cui sia richiesta all’acquirente per mancato
pagamento da parte del venditore; crediti per concessione di acque e contributi per opere di
bonifica e miglioramento.
E’ stato introdotto un ulteriore privilegio a favore del promissario acquirente di
immobile, per i crediti derivanti dalla mancata esecuzione del contratto (e cioè i crediti per
la restituzione delle somme versate in acconto, per il pagamento del doppio della caparra
e/o per il risarcimento danni - art. 2775 bis c.c.).
NOTA: giova precisare che le tasse di registro, l’INVIM (per questa tenendo presente che non è più
dovuta nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si sia verificato dopo il 1° gennaio 2003)
o l’IVA da collocare in questo grado non sono quelle derivanti dalla vendita forzata in corso di
procedura(101), bensì quelle eventualmente maturate in occasione di precedenti vendite (e cioè, in
sostanza, della vendita con la quale il debitore abbia acquistato a suo favore), se impagate e se vi sia
stato intervento da parte del Concessionario per la riscossione tributi.
(99) In questo caso, cioè, la causa legittima di prelazione ha ad oggetto un bene determinato, in qualche
modo connesso con la pretesa creditoria che si vuole garantire (così NERVI, Privilegio generale e speciale,
in Il Diritto, op. cit., pag.473).
(100) L’art.23, comma 38, del D.L. n°98/2011 ha infatti abrogato l’art.2771 c.c., intitolato “Crediti per le
imposte sui redditi immobiliari”, riguardante i tributi diretti (imposte sulle persone fisiche o sulle società,
imposta locale sui redditi, limitatamente alla quota di imposta imputabile ai redditi immobiliari).
(101) Delle quali si è già detto in precedenza, al §4.1., alle note 31 e 32.
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Per le imposte indirette è infatti previsto un diritto di seguito, nel senso che l’esecuzione
per imposte maturate prima o in occasione del trasferimento può essere proseguita a carico
dell’acquirente (fatta eccezione per l’imposta suppletiva di registro)(102).
§8.2.1.- In particolare: i singoli privilegi sugli immobili di cui all’art. 2780 c.c.
L’ordine dei privilegi (cioè la scala legislativa che assegna ad ogni credito privilegiato il
suo grado(103)) sugli immobili è disciplinato dall’art.2780 c.c., che così dispone:
«Quando sul prezzo dello stesso immobile concorrono più crediti privilegiati, la prelazione
ha luogo secondo l’ordine seguente:
1) i crediti per le imposte sui redditi immobiliari, indicati dall’articolo 2771( 104) (abrogato);
(102) Come sarà meglio specificato nel prosieguo, non si ha invece possibilità di esercitare il privilegio
contro terzi che abbiano acquistato il diritto di proprietà o una ipoteca prima del sorgere dell’imposta, e
cioè prima della data dell’atto (mentre è ininfluente la data di registrazione) che abbia fatto sorgere il
tributo (es. atto di vendita, atto di concessione della fornitura di acque pubbliche ecc.) (art. 2772 c.c.).
(103) BIANCA, Diritto civile, op. cit., 127.
(104) L’art.2771 c.c. stabiliva che: «(1) I crediti dello Stato per l’imposta sul reddito delle persone
fisiche, per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l’imposta locale sui redditi, limitatamente
all'imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di
natura fondiaria non determinabili catastalmente, sono privilegiati sopra gli immobili tutti del
contribuente situati nel territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni
degli stessi immobili, senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla legge.
(2) Il privilegio previsto nel primo comma è limitato alle imposte iscritte nei ruoli resi esecutivi nell’anno
in cui il concessionario del servizio di riscossione procede o interviene nell’esecuzione e nell’anno
precedente.
(3) Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo sia stato determinato sinteticamente ai fini
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, la ripartizione proporzionale dell’imposta, prevista dal
primo comma, viene effettuata sulla base dei redditi iscritti o iscrivibili ai fini dell'imposta locale sui
redditi.
(4) I crediti dello Stato per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’imposta sul reddito delle
persone giuridiche e per l’imposta locale sui redditi, limitatamente all’imposta o alla quota
proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di natura fondiaria non
determinabili catastalmente, sono privilegiati sopra gli immobili tutti del contribuente situati nel
territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili,
senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla legge».
L’articolo era stato precedentemente sostituito dall’art. 7 l. 29 luglio 1975, n. 426, e successivamente il
secondo comma era stato sostituito dall’art. 341d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.
Con riferimento all’estensione di questa tipologia di privilegio, la giurisprudenza ha ritenuto che esso si
estendesse all’indennità di mora (sul presupposto che essa assolve alla stessa funzione degli interessi) ma
non alle soprattasse, che hanno natura afflittiva e non risarcitoria [in proposito, cfr. Cass. civ., sez. I,
29.10.1994, n°8930, in Fallimento 1995, 396, secondo cui «il privilegio sui mobili del debitore,
accordato ai crediti dello Stato per Irpef dall'art. 2752 comma 1 c.c. (sostituito dall’art. 3 l. 29 luglio
1975 n. 426) - non suscettibile di applicazione analogica, data l’eccezionalità delle norme istitutive delle
cause di prelazione - mentre si estende agli interessi, ai sensi dell’art. 2749 c.c., e all’indennità di mora,
che assolve alla medesima funzione risarcitoria degli interessi, non si estende, invece, in mancanza di
espressa previsione normativa (contenuta per contro nel comma 3 del citato art. 2752 c.c. relativamente
all’Iva e nella normativa in materia di Invim, di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643) alle soprattasse per
omesso pagamento dell’Irpef, che hanno natura non risarcitoria, ma afflittiva, essendo semplicemente
annoverate tra le sanzioni a carico del contribuente» (nello stesso senso, Cass. civ., sez. I, 28.06.1994,
n°6214, in Fallimento 1995, 68; e, già prima, Cass. SS.UU., 6.05.1993, n°5246, in Giust. civ. 1993, I,
1436, con superamento del precedente orientamento che era nel senso dell’estensibilità del privilegio alla
soprattassa, sul presupposto che questa avesse la stessa natura del tributo principale - cfr. Cass. civ., sez.
I, 10.08.1991, n°8753, in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 8). Per una conferma della estensione del privilegio
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2) i crediti per i contributi, indicati dall’articolo 2775;
3) i crediti dello Stato per le concessioni di acque, indicati dall’articolo 2774;
4) i crediti per i tributi indiretti, indicati dall’articolo 2772;
5) i crediti per l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili;.
5-bis) i crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione dei contratti preliminari,
indicati all’articolo 2775 bis».
Di seguito una sintetica disamina sui privilegi previsti dalla citata disposizione.
§8.2.2.- I crediti per i contributi per opere di bonifica e miglioramento (art. 2775 c.c.)
La norma in esame stabilisce che «i crediti per i contributi indicati dall’articolo 864 sono
privilegiati sugli immobili che traggono beneficio dalle opere di bonifica o di
miglioramento.
La costituzione del privilegio per le opere di miglioramento è subordinata all’osservanza
delle leggi speciali».
La disposizione conferisce rango privilegiato ai crediti dello Stato o di consorzi(105) per i
contributi imposti ai proprietari iscritti in un comprensorio di bonifica oppure ai proprietari
consorziati a scopo di miglioramento fondiario, per far fronte alle spese di esecuzione,
manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario.
Per le opere di bonifica, il privilegio compete sui fondi compresi nel perimetro del
comprensorio (art. 860 c.c.); per le opere di miglioramento, sui fondi di proprietà di
consorziati compresi nell’ambito territoriale del consorzio.
La qualità di consorziato e la collocazione del fondo nella circoscrizione territoriale del
consorzio impositore sono presupposti tassativi per la configurazione del credito
contributivo e la costituzione del privilegio(106).
Il codice civile tace sull’opponibilità ai terzi di questi privilegi. Trova pertanto applicazione
il Testo Unico sulla bonifica integrale (R.D. 13.02.1933 n°215), il quale designa i contributi
dovuti ai consorzi di bonifica per le opere pubbliche come oneri reali, ponendoli a carico di
chiunque sia divenuto proprietario del fondo (art.21, 1° comma, T.U.).
Relativamente al limite temporale del privilegio in esame, mentre secondo alcune opinioni
esso è limitato ai contributi dovuti per l’anno in corso e per quello antecedente
l’espropriazione(107), secondo altri esso assiste invece anche crediti anteriori(108), salva la
prescrizione del credito.
all’indennità di mora, si v. Cass. civ., 25.01.1997, n°780, in Fallimento 1997, 1168 (con nota di
STESURI)].
(105) I consorzi di bonifica sono persone giuridiche pubbliche (art.862, 4° comma, c.c.) mentre quelli di
miglioramento sono generalmente persone giuridiche private, salvo che siano riconosciuti di interesse
nazionale (art.863 c.c.). I contributi sono comunque privilegiati a prescindere dalla natura pubblica o
privata del consorzio.
(106) PRATIS, Della tutela dei diritti. Art.2740-2783, vol.II, Torino 1976, 352.
(107) In tal senso, la risalente Cass. civ., 27.05.1940, n°1680, in Foro it., 1940, I, 1356; in dottrina, RUISIPALERMO, I privilegi, Torino, 1980, 478.
(108) PRATIS, voce Privilegi (Diritto civile e tributario), in Nov. Dig. It., App. 1980, 1288.
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§ 8.2.3.- I crediti dello stato per le concessioni di acque (art. 2774 c.c.)
Secondo l’articolo 2774:
«I crediti dello Stato per i canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o di acque
derivate da canali demaniali ovvero per i lavori eseguiti d’ufficio sono privilegiati sugli
impianti, in conformità delle leggi speciali.
Tale privilegio, per quanto riguarda i canoni, non è opponibile ai terzi che hanno
acquistato diritti sugli immobili anteriormente all’atto di concessione o, trattandosi di
crediti per lavori, anteriormente al sorgere dei crediti stessi».
Le leggi speciali richiamate dalla norma in commento sono rappresentate dal R.D.
11.11.1933 n°1175 ((T.U. acque pubbliche, art.39) e dal R.D. 3.05.1937 n°899
(Disposizioni regolamentari sui canali demaniali, art.23).
Il privilegio dello Stato grava sugli impianti relativi alla concessione indicati agli artt. 25, 28
e 30 del R.D. n°1775/33 e comprende i crediti dello Stato per canoni dovuti dai
concessionari di acque pubbliche o acque derivate da canali demaniali, ovvero per il
corrispettivo di lavori eseguiti d’ufficio(109).
Sono esclusi gli altri crediti in materia di acque pubbliche che riguardano enti o persone
diverse dallo Stato.
Il secondo comma della norma fa salvi i diritti dei terzi acquisiti anteriormente all’atto di
concessione, per quanto concerne i canoni, o anteriormente all’esecuzione dei lavori
d’ufficio, per i crediti ad essi relativi.
§ 8.2.4.- I crediti per i tributi indiretti (art. 2772 c.c.)
Secondo l’articolo 2772 c.c. :
«Hanno pure privilegio i crediti dello Stato per ogni tributo indiretto, nonché quelli
derivanti dall'applicazione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili,
sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce.
I crediti dello Stato, derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, hanno
privilegio, in caso di responsabilità solidale del cessionario, sugli immobili che hanno
formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio prestato.
Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa, verso il cessionario ed il committente, previsti
dalle norme relative all’imposta sul valore aggiunto, sugli immobili che hanno formato
oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio.
Il privilegio non si può esercitare in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno anteriormente
acquistato sugli immobili.
Per le imposte suppletive il privilegio non si può neppure esercitare in pregiudizio dei diritti
acquistati successivamente dai terzi.
Lo stesso privilegio, per quanto riguarda l’imposta di successione, non ha effetto a danno
dei creditori del defunto che hanno iscritto la loro ipoteca nei tre mesi dalla morte di lui, né
ha effetto a danno dei creditori che hanno esercitato il diritto di separazione dei beni del
(109) PARENTE , Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, Napoli, 1981, 277; PRATIS, voce Privilegi
(Diritto civile e tributario), op. cit., 1287.
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defunto da quelli dell’erede».
Va ricordato che, trattandosi di privilegio speciale, tale privilegio immobiliare grava
esclusivamente sull’immobile per cui è dovuta l’imposta e non può farsi valere su immobili
del contribuente diversi rispetto a quelli cui il tributo si riferisce(110); esso trova fondamento
nell’esigenza di assicurare con mezzi efficaci la riscossione dei pubblici proventi(111).
Il privilegio in commento comprende:
o l’imposta di registro(112);
o l’IVA (e relative soprattasse e pene pecuniarie), relativa alla cessione dell’immobile
in caso di responsabilità solidale del cessionario(113);
o l’imposta sulle successioni e donazioni(114);
(110) Così, ad es., TUCCI, I privilegi, in Trattato dir. priv., diretto da P. Rescigno, op. cit., 567; PRATIS,
voce Privilegi (Diritto civile e tributario), cit., 1287; PARENTE, ibidem, 283).
(111) Cfr. PARENTE, ibidem, 283.
(112) Per l’imposta di registro viene in rilievo il D.P.R. 26.04.1986 n°131, e in particolare gli artt.56 e 58.
(113) L’art.2772 c.c. concede il privilegio speciale immobiliare ai crediti dello Stato derivanti
dall’applicazione dell’IVA, in caso di responsabilità solidale del cessionario [sebbene la norma menzioni
il solo cessionario, é indubbio che essa comprenda anche il committente, come si desume dalla
specificazione, in essa contenuta, che il privilegio si esercita sugli immobili che hanno formato oggetto
della cessione o ai quali si riferisce il servizio prestato (art.2772, 2° comma)], nonché ai crediti di rivalsa
per l’IVA spettanti ai sostituti d’imposta. Oggetto del privilegio sono gli immobili ceduti o quelli ai quali
si riferisce il servizio prestato (art.2772, 2° e 3° comma). Si ritiene che il legislatore abbia formulato la
regola della responsabilità solidale del cessionario e del committente, nel caso in cui la fattura non sia
stata emessa o risulti mancante delle prescritte indicazioni (art. 41, 1° comma, D.P.R. n°633/1972), di
fatto parificando le posizioni del cessionario e del committente nella diretta responsabilità per il
pagamento dell’imposta, per costringere il destinatario a pretendere il rilascio delta fattura e a controllare
la veridicità e l’esattezza del suo contenuto (PARENTE, Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata,
op. cit., 287). Il privilegio speciale, inoltre, assiste i crediti di rivalsa verso il cessionario o il committente
sui beni che hanno costituito oggetto della cessione a cui si riferisce il servizio, secondo l’ordinario
meccanismo applicativo dell’imposta (PARENTE, ibidem, 288). Per effetto degli interventi legislativi di
contrasto del fenomeno di evasione dell’iva, contenuti nella L. 24.12.2007, n°244 (c.d. Finanziaria 2008),
l’acquirente di un immobile che non agisce con partita IVA, già sottoposto al regime del reverse charge
(art. 17, 6° comma, lett. a bis), D.P.R. n°633/1972), qualora l’importo del corrispettivo indicato nell’atto
di cessione avente ad oggetto un immobile e nella relativa fattura sia diverso da quello effettivo, è
considerato responsabile in solido con il cedente per il pagamento dell’imposta relativa alla differenza tra
il corrispettivo effettivo e quello indicato, nonché della relativa sanzione (art. 1, 164° comma, L.
n°244/2007) e il credito dello Stato per l’imposta e le sanzioni, nei confronti dell’acquirente, è assistito
dal privilegio speciale immobiliare ex art.2772 c.c. (art.1, 165° comma, L. n°244/2007; art. 62, 5°
comma, D.P.R. n°633/72). In buona sostanza, lo Stato, al fine di ottenere il soddisfacimento del credito di
riscossione dell’IVA e delle sanzioni, può agire nei confronti di chiunque vanti diritti sull’immobile
oggetto di sottofatturazione: «quindi, sia verso chi l’abbia comprato sia verso i suoi successivi futuri
acquirenti, travolgendo anche i diritti che nel frattempo siano stati acquisiti sull’immobile (per esempio,
l’ipoteca iscritta da una banca per garantire un mutuo concesso all’acquirente dell’immobile)» - in
termini, BUSANI, L’evasione dell’Iva sulla casa pesa sugli acquirenti futuri, in Il Sole24ore, 7 febbraio
2008).
(114) L’imposta sulle successioni e sulle donazioni, disciplinata dal D. Lgs. 31.10.1990 n°346, è stata
prima soppressa dall’articolo 13, comma 1, della legge 18.10.2001, n°383, e poi ripristinata dall’articolo
2, comma 47, del D.L. 3.10.2006, n°262 (conv. in legge n°286/2006) con l’introduzione di ulteriori
parametri di calcolo, dipendenti dall’imponibile e dall’intensità del rapporto parentale tra il defunto e il
beneficiario. Il privilegio che assiste l’imposta sulle successioni non è opponibile ai creditori del defunto
che abbiano iscritto ipoteca nei tre mesi dalla sua morte e dalla conseguente apertura della successione
(Cass. civ., 14.12.1971, n°3637 - per PARENTE, ibidem,281, si tratta di una deroga espressa alla regola
legale di risoluzione dei conflitti tra crediti assistiti da privilegio speciale immobiliare e crediti ipotecari
ex art.2748, 2° co., c.c.), né ai terzi cui l’immobile sia stato trasferito dal defunto nell’ultimo semestre di
vita (Cass. civ., sez. I, 5.02.1996, n°945, in Foro it., 1996, I, 2486).
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o l’imposta di bollo(115);
o l’imposta ipotecaria (e catastale);
o l’INVIM(116).
L’art. 2772, 4° e 5° comma, c.c. stabilisce due regole comuni ai privilegi immobiliari che
assistono i crediti per i tributi indiretti: il divieto di esercitare il privilegio in pregiudizio dei
diritti anteriori del terzi sull’immobile e il diritto di seguito contro i terzi subacquirenti (117).
Il privilegio non pregiudica pertanto i diritti acquistati anteriormente dai terzi sugli
immobili(118); l’anteriorità dell’acquisto deve risultare da data certa, ma la norma non
menziona la trascrizione, che si ritiene quindi non occorrente(119).
Al fine poi di valutare l’anteriorità dei diritti dei terzi, va rilevato che il privilegio, in caso di
imposta principale, nasce al momento della formazione dell’atto, non al tempo dalla sua
registrazione: è la data di perfezionamento della fattispecie a rappresentare il parametro
cronologico di qualificazione dell’anteriorità o della succedaneità dei diritti dei terzi(120) .
I terzi acquirenti dell’immobile sottoposto al privilegio non sono debitori d’imposta, ma
soltanto, e limitatamente al valore dell’immobile su cui grava il privilegio, quali terzi
possessori assoggettati all’esecuzione, responsabili della somma dovuta a titolo di imposta
(responsabili di un debito altrui)(121); conseguentemente, essi hanno diritto di regresso nei
(115) Il testo normativo di riferimento è il D.P.R. 26.10.1972 n°642, composto di 42, una Tariffa - Parte
prima (Atti, documenti e registri soggetti all’imposta fin dall’origine), una Tariffa - Parte seconda (Atti e
scritti soggetti all'imposta di bollo solo in caso d’uso) e da una Tabella (Atti documenti e registri esenti in
modo assoluto dall'imposta di bollo).
(116) Con riferimento all’INVIM, si è ritenuto che l’acquirente di un immobile che, in forza del privilegio
gravante sul bene ex art. 2772 c.c., venga escusso per il pagamento dell’imposta dovuta dal venditore,
soddisfa un debito altrui e, pertanto, ha diritto di regresso nei confronti del venditore medesimo, senza che
rilevino le eccezioni da quest’ultimo opponibili all’amministrazione finanziaria (Cass. civ., sez. I,
27.04.1988, n°3177, in Giust. civ., 1988, I, 2281). Qualora l’amministrazione finanziaria, per il
pagamento dell’INVIM dovuta dal venditore di un immobile, si rivolga all’acquirente in forza del
privilegio di cui all’art. 28 D.P.R. 26.10.1972 n°643 e dell’art.2772 c.c., la controversia promossa da
detto acquirente per contestare l’esistenza, l’esigibilità o misura del tributo, ovvero l’esistenza o
legittimità del privilegio, rientra nella giurisdizione delle commissioni tributarie, poiché il suddetto
privilegio integra una qualità intrinseca del credito d'imposta, azionabile contro quel soggetto diverso dal
debitore ma non estraneo al rapporto tributario (Cass. civ., SS.UU., 28.10.1995, n°11302, in Corriere
trib. 1996, 345).
(117) In tema, v. PRATIS, Della tutela dei diritti. Art.2740-2783, vol.II, Torino 1976, 341; RUISI-PALERMO,
I privilegi, op. cit., 480.
(118) Il privilegio non può esercitarsi in pregiudizio delle ipoteche iscritte anteriormente dai terzi, in
quanto l’art.2772 c.c. non distingue tra diritti reali di godimento e diritti reali di garanzia.
(119) PRATIS, op. ult. cit., 342; PAVARIN, Comm. breve al codice civile, op. cit., sub. art. 2772, p. 2308).
(120) Cfr. MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, op. cit., 360.
(121) Così Cass. civ,, sez. I, 27.04.1984, n°2644, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4. Secondo Cass. civ.,
sez. II, 26.04.2005, n°8678, in Giust. civ. 2006, 11, 2492 «il privilegio previsto dall’art. 2772 c.c.
consente al creditore, al pari della ipoteca, di perseguire l’immobile su cui grava anche se sia passato in
proprietà di persona diversa dal debitore di imposta. Il terzo proprietario dell'immobile gravato dal
privilegio per tributi indiretti, peraltro, al pari di quello dell'immobile oggetto di ipoteca, non è debitore
della imposta e, essendo soltanto responsabile del debito nei limiti del valore del bene, è assoggettabile
solo a azione esecutiva, fondata su un titolo formato nei confronti del debitore d’imposta. Deriva da
quanto precede, pertanto, che intervenuto il fallimento del debitore d’imposta, questi deve ritenersi
processualmente capace nel giudizio promosso nei suoi confronti dal creditore, già definitivamente
ammesso al passivo fallimentare, per ottenere una pronuncia sul credito al fine di procedere
esecutivamente nei confronti del terzo proprietario dell'immobile, gravato anteriormente al fallimento da
un privilegio con diritto di seguito».
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confronti degli effettivi debitori d’imposta.
Va poi ribadito che, ai fini dell’opponibilità ai terzi, non si ritiene necessario pubblicizzare il
privilegio: ciò in quanto la trascrizione non è una formalità di natura costitutiva tra le parti,
ma è richiesta solo per l’efficacia nei riguardi dei terzi che intendano entrare in rapporto con
il proprietario dell’immobile per conoscere la reale condizione del bene: nella nozione di
terzi non può includersi il creditore privilegiato(122), il quale è parte del rapporto prelatizio,
sicché gli è estranea la funzione di pubblicità che connota l’istituto della trascrizione(123).
§ 8.2.5.- I crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione dei
contratti preliminari (art.2775 bis c.c.)
Secondo l’art. 2775 bis c.c. (aggiunto dall'art. 3, D.L. 31.12.1996, n°669, convertito, con
modificazioni, in L. 28.12.1997, n°30) :
«Nel caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'articolo
2645-bis, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale
sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della trascrizione
non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data
certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di
condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al
momento dell'intervento nell’esecuzione promossa da terzi.
Il privilegio non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativa a mutui erogati al
promissario acquirente per l'acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da
ipoteca ai sensi dell'articolo 2825-bis».
La norma disciplina il privilegio speciale sui beni immobili oggetto di contratto preliminare
trascritto, a garanzia del credito di restituzione del promissario acquirente per la mancata
esecuzione del contratto.
I crediti del promissario acquirente di immobile riguardano:
la restituzione delle somme versate;
il pagamento del doppio della caparra o per risarcimento danni;
le spese giudiziali conseguenti alla necessità di far valere l’inadempimento.
NOTA: i crediti privilegiati del promissario acquirente cedono di fronte ai crediti garantiti da ipoteca
per mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene (art. 2775-bis comma 2) ovvero di
fronte ai crediti fondiari per il finanziamento dell’intervento edilizio (anche art. 2825-bis); secondo
l’orientamento tradizionale (rappresentato da Cass. civ., 14.11.2003 n°17197, in Riv. notariato 2004,
534) il credito del promissario acquirente (privilegiato ai sensi dell’art.2775 bis c.c.) prevaleva sul
credito dell’ipotecario anche nell’ipotesi in cui l’iscrizione fosse stata eseguita anteriormente alla
trascrizione del contratto preliminare.
(122) Cass. civ., SS.UU., 28.10.1995, n°11302, in Giur. Imposte, 1996, 320.
(123) TUCCI, I privilegi, in Trattato dir. priv., op. cit., 1997, 730 ss.; PRATIS, Della tutela dei diritti.
Art.2740-2783, op. cit., 1976, 342; ANDRIOLI, Dei privilegi, in Comm. Scialoja. e Branca (..), op. cit.,
1958, 249.
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L’indirizzo interpretativo è però mutato a seguito di Cass., Sez. Un., 1.10.2009, n°2145 (in Foro it.
2010, 5, 1550) la quale ha statuito che il privilegio speciale sul bene immobile (che assiste ai sensi
dell'art. 2775-bis c.c. i crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del
contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c.), in quanto subordinato ad una
particolare forma di pubblicità costitutiva come previsto dall'ultima parte dell'art. 2745 c.c., resta
sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio sull’ipoteca (sancita, se non diversamente
disposto, dal comma 2 dell'art. 2748 c.c.) e soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità degli
atti.
In definitiva, i crediti assistiti dal privilegio ex art.2775 c.c. possono prevalere sull’ipoteca solo nel caso
in cui il contratto preliminare sia stato trascritto prima dell’iscrizione dell’ipoteca(124).
La ratio della deroga all’ordine delle prelazioni va individuata nella circostanza che l’acquirente di un
bene, effettuato mediante un mutuo di scopo per provvista del prezzo, fa assumere all’acquirente,
insieme al vantaggio (il diritto di proprietà) anche l’onere (il diritto di ipoteca) gravante sul bene.
§ 8.2.6.- Estinzione del privilegio
Per i tributi indiretti riferibili ad un acquisto immobiliare, il privilegio può essere esercitato
dall’Erario in danno dei terzi nel termine di cinque anni, decorso il quale viene meno la
preferenza riservata al credito erariale.
Nel caso dell’imposta di registro, il privilegio si estingue decorsi cinque anni dalla data di
registrazione dell’atto (art. 56, 4° comma, d.p.r. 131/86); lo stesso termine era esteso
all’Invim (art.31 DPR n°643/1972); per le imposte ipotecarie e catastali, rileva quella stessa
data, o la data in cui è stata eseguita o doveva essere eseguita la formalità o la voltura
(articolo 17, 4° comma, D. Lgs. n°347/90).
Per l’imposta di successione, i cinque anni decorrono dalla data di apertura della
successione, o dal giorno di scadenza dell’ultima rata in caso di dilazione, ovvero dal giorno
di decadenza per l’accertamento in caso di omessa dichiarazione (art.41 D. Lgs. n°346/90);
in tale ultima eventualità, il termine è perciò particolarmente esteso, potendo arrivare allo
spirare dell’undicesimo anno dall’apertura della successione.
Il termine è di decadenza (e non di prescrizione), e perciò non suscettibile di sospensione o
di interruzione(125).
Trascorso il termine senza che l’Amministrazione finanziaria abbia iniziato l’azione
esecutiva sottoponendo l’immobile al pignoramento, il privilegio non è più esercitabile
(124) Il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite è confermato anche dalla più recente giurisprudenza
di legittimità: Cass. civ., Sez. I, 27.11.2012, n°20974 e Cass. civ., sez. I, 9.01.2013 n°341, in Fallimento
n°4/2013, 412 ss..
(125) Cfr. Cass. civ., sez. I, 15.02.1995, n°1622, in Fallimento, 1995, 1109; Cass. civ., sez. I, 27.04.1984
n°2644, in Giur. Impr., 1985, 286. Si veda anche Cass. civ., Sez. Trib., 8.03.2000, n°2608. In dottrina, v.
PARENTE, Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, op. cit., 292). Per l’imposta principale, il
momento costitutivo del privilegio si identifica con il sorgere del credito tributario e quindi con il
verificarsi del presupposto di fatto della registrazione (Cass. civ., sez. I, 26.01.1981, n°571, in Riv. Giur.
Ed., 1981, 1, 696; Cass. civ., sez. I, 11.05.1978, n°2294, in Foro it., 1979, I, 444; contra, Trib. Napoli 15
luglio 1960). Dal momento della registrazione dell’atto nasce invece il contributo suppletivo o
complementare (Cass. civ., n°571/1981, cit.).
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contro le ragioni dell’acquirente, anche se posto a garanzia dell’imposta complementare.
In tali casi, dunque, i relativi crediti vengono posti in progetto al rango chirografario.
§8.2.7.- Estensione del privilegio
Il privilegio del credito principale si estende - comunicando il proprio rango (privilegiato) anche alle spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione e agli interessi per
l’anno in corso alla data del pignoramento e per quello anteriore (2749, 1° comma, c.c.)
[diversamente che per l’ipoteca, in cui si prevedono i due anni anteriori e l’anno in corso].
Gli interessi maturati dopo l’anno in corso sono ammessi al privilegio solo nella misura
legale (art. 2749, 2° comma, c.c.).
Sono coperti dal privilegio:
• interessi (per rateazione, per ritardata iscrizione a ruolo, per mora, ecc.)(126);
• spese ordinarie per l’intervento nel giudizio di esecuzione (spese sostenute dal
creditore nel proprio interesse, compresi gli onorari/compensi di avvocato) ;
• soprattasse per IVA e INVIM (non per gli altri tributi)(127) ;
• pene pecuniarie per IVA (art. 2752 3° comma c.c.) ;
• crediti del promissario acquirente di immobile per la restituzione delle somme
versate, per il pagamento del doppio della caparra o per risarcimento danni.
Non sono coperti dal privilegio:
o indennità di mora (soppressa a decorrere dall’1.01.1990 e sostituita dagli interessi
semestrali di mora in dipendenza dell’entrata in vigore del D.P.R. 28.01.1988
n°43)(128);
(126) In dottrina (RUISI-PALERMO, I privilegi, op. cit., 1980, 439; MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, op. cit.,
1995, 326) si è sostenuto che, in virtù del principio di estensione del privilegio a taluni accessori del
credito (art.2749 c.c.), inserito tra le disposizioni generali in materia di privilegi (Sezione I, Capo II,
Titolo III, Libro VI del codice civile) la questione degli interessi sui crediti tributari sembra trovare
disciplina nella disposizione dell’art. 2749 c.c., che consente di riconoscere agli interessi del credito
d’imposta, a prescindere dal tasso e dal criterio di misurazione, la stessa posizione privilegiata del capitale
imputato al contribuente.
Sull’estensione del privilegio agli interessi, cfr. Cass. civ., n°6214/94 e Cass. SS.UU., n°5246/93,
entrambe citate alla superiore nota 104; anche l’indennità di mora/interessi di mora (art.61 D.P.R.
28.01.1988 n°43), in quanto partecipe della natura accessoria e risarcitoria tipica degli interessi, gode
della tutela privilegiata (Cass. civ. n°8930/94 e Cass. civ. n°780/97, anch’esse richiamate alla nota 104).
(127) Va rilevato che ai sensi dell’art.26, 1° comma, del D. Lgs. 18.12.1997 n°472 «il riferimento alla
soprattassa e alla pena pecuniaria, nonché ad ogni altra sanzione amministrativa, ancorché
diversamente denominata, contenuto nelle leggi vigenti, è sostituito con il riferimento alla sanzione
pecuniaria, di uguale importo».
(128) Così espressamente le circolari dei Tribunali di Pescara e di Savona. Va tuttavia osservato che per
Cass. civ., sez. I, 14.05.1997, n°4255, in Giust. civ. Mass. 1997, 742, «nel regime dell’art. 30 d.P.R. 29
settembre 1973 n. 602 l’indennità di mora (soppressa a far tempo dal 1 gennaio 1990 e sostituita con gli
interessi semestrali di mora, in conseguenza dell’entrata in vigore del d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43)
ragguagliata al fatto oggettivo dell'omesso pagamento nel termine, con due tassi unici e forfettari non
ragguagliati alla durata del ritardo nella soddisfazione, del credito di imposta, costituisce un accessorio
naturale e necessario del tributo come indennizzo forfettario avente il medesimo carattere pubblicistico
del tributo stesso, che fa carico all’obbligato per una causa oggettiva indipendentemente da ogni
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o soprattasse per tributi diversi da Iva e Invim(129);
o pene pecuniarie per tributi diversi dall’Iva(130);
o compensi all’esattore per la riscossione degli importi iscritti a ruolo, come previsti
dal D.P.R. 28.01.1988 n°43(131).
§ 8.2.8.- Concetto di “anno in corso”
Per la determinazione del privilegio si rimanda a quanto sarà esposto in tema di ipoteca.
§ 8.2.9.- Graduazione interna
Come già enunciato, l’ordine dei privilegi sugli immobili (attesa l’avvenuta abrogazione
dell’art. 2771 c.c.) è enunciato dall’art. 2780 c.c. come segue:
1. contributi per opere di bonifica e miglioramento (indicati dall’art. 2775 c.c.)
2. crediti dello Stato per concessione di acque (indicati dall’art. 2774 c.c.)
3. crediti per tributi indiretti (indicati dall’art. 2772 c.c.)
4. crediti per l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (ove ancora
dovuta)
5. crediti del promissario acquirente dell’immobile per mancata esecuzione dei contratti
preliminari (indicati dall’art. 2775-bis c.c.).
soggettiva valutazione del comportamento dell’obbligato e da ogni possibilità di indagine
sull'imputabilità dell’inadempimento, con la conseguente ammissibilità al passivo fallimentare del
credito per la suddetta indennità di mora, maturata successivamente alla sentenza dichiarativa di
fallimento».
(129) Così Cass. civ., SS.UU., n°5246/93, cit.. In dottrina, cfr. MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, op. cit.,
1995, 330, secondo i quali il privilegio ex art.2752 c.c. non può essere riconosciuto alle soprattasse
dell’imposta, la cui origine risale all’art.5, L. 7.01.1929 n°4, attesa la loro natura di sanzioni
amministrative, finalizzate a colpire l’inerzia del debitore e a stimolare la diligenza del contribuente.
(130) Le pene pecuniarie, di regola, vanno escluse dal privilegio in quanto, per la loro natura punitiva, sono
assimilabili alle multe e alle ammende (in dottrina, cfr. GIULIANI, Violazioni e sanzioni delle leggi
tributarie, Milano, 1981, 20; MIGLIETTA E PRANDI, ibidem, 333; in seno alla giurisprudenza, per Cass.
civ., sez. I, 18.09.2008, n°23808, in Giust. civ. Mass. 2008, 9, 1378, «la natura afflittiva e personale della
sanzione (…) in generale esclude la natura privilegiata». In senso analogo, anche Cass. civ., sez. I,
22.07.1995, n°8047, in Giust. civ. Mass. 1995, 1417). Per completezza, si segnala l’orientamento che
sottolinea la competenza esclusiva del legislatore ad esplicitare l’estensione del privilegio agli accessori
del credito, come avviene, per l’appunto nell’art.2752, 3° comma, a proposito dei crediti dello Stato per
l’IVA, il cui privilegio è testualmente riconosciuto alle pene pecuniarie e alle soprattasse dovute
(MIGLIETTA E PRANDI, ibidem, 333). La correttezza dell’impostazione in commento è confermata anche
dalla riscrittura dell’art.2752 c.c. operata dal D.L. 6.07.2011 n°98 (di cui si dirà meglio infra), che ha
esteso espressamente alle sanzioni irrogate relative ai tributi indicati al 1° comma della disposizione in
parola (IRPEF, IRPEG, ILOR, IRAP, IRES) lo stesso privilegio già riconosciuto dall’art.2752, 3° co., c.c.
alle sanzioni in materia di IVA.
(131) Per Tribunale Torino, 08.05.1993, in Fallimento 1993, 1275 (con osservazioni di ANNI), «il credito
per compenso relativo alla riscossione coattiva dei tributi diretti, ai sensi dell’art. 61 comma 6 lett. b) del
d.P.R. n. 43 del 1988, non fa parte dell'obbligazione tributaria, ma deve essere considerato esterno ed
aggiuntivo rispetto a quest’ultima e proprio ed esclusivo del concessionario e non del fisco. Pertanto tale
credito non è assistito da alcun privilegio» (in senso analogo anche Appello Trento, 12.01.1996, in GT
Riv. giur. trib. 1996, 1083, con nota di ANNI).
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Quanto al concorso di crediti ugualmente privilegiati vale il principio del paritario concorso
proporzionale (art. 2782 c.c.)
§8.3.- CREDITI ASSISTITI DA IPOTECA
Dopo i privilegi speciali sugli immobili nell’ordine di graduazione concorrono i crediti
ipotecari.
L’ipoteca può essere volontaria, legale o giudiziale.
L’ipoteca volontaria (che deriva cioè dalla volontà del debitore o di un terzo che la
costituisce a garanzia di un debito altrui - c.d. terzo datore di ipoteca) consegue a un atto di
concessione di ipoteca, generalmente inserito in un altro contratto (es. mutuo) oppure
rappresentato da una dichiarazione unilaterale del costituente (art.2821 c.c.); quella legale è
contemplata e disciplinata dall’art. 2817 c.c. a favore di specifiche categorie di soggetti in
dipendenza della ricorrenza di determinate situazioni giuridiche(132) (può, ad es., conseguire
ad una vendita per la quale non sia stato ancora pagato l’intero prezzo - ipotesi molto rara,
in quanto le compravendite avvengono sempre con il versamento dell’intero prezzo); quella
giudiziale è iscritta sulla base di un provvedimento giudiziale di condanna al pagamento di
una somma di denaro (sentenza, decreto ingiuntivo) ovvero ad adempiere una qualsiasi altra
obbligazione(133) (art.2818 c.c.) .
NOTA: L’IPOTECA DEL CONCESSIONARIO DELLA RISCOSSIONE
Un particolare tipo di ipoteca legale che si riscontra spesso all’interno delle procedure esecutive
immobiliari è quella iscritta dell’Agente della riscossione (in Sicilia, la Riscossione Sicilia S.p.A.,
altrove la holding Equitalia S.p.A. con le società appartenenti al gruppo) in virtù del disposto
dell’art.77 D.P.R. n°602/1973.
Detta norma dispone che: «1. Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il ruolo
costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo
pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede. 1-bis. L’agente della
riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può' iscrivere la
garanzia ipotecaria di cui al comma 1, purchè' l’importo complessivo del credito per cui si procede
non sia inferiore complessivamente a ventimila euro. 2. Se l'importo complessivo del credito per cui
si procede non supera il cinque per cento del valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione
determinato a norma dell'articolo 79, il concessionario, prima di procedere all'esecuzione, deve
iscrivere ipoteca. Decorsi sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario
procede all’espropriazione. 2-bis. L'agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario
dell'immobile una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento
(132) In particolare l’ipoteca legale è prevista in favore dell'alienante sopra gli immobili alienati per
l’adempimento degli obblighi che derivano dall'atto di alienazione (ipoteca dell’alienante) e in favore dei
coeredi, dei soci e degli altri condividenti per il pagamento dei conguagli sopra gli immobili assegnati ai
condividenti ai quali incombe tale obbligo (ipoteca del condividente).
(133) Come pure al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente (art.278 c.p.c.) ed ogni altro
provvedimento giudiziale cui la legge annetta tale capacità (ad es. la sentenza di separazione personale tra
coniugi e quella di divorzio).
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delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1».
Si tratta, come anticipato, di una ipotesi di ipoteca legale, in quanto espressamente prevista dalla
legge al fine di riservare una particolare tutela al credito alla cui garanzia assolve, introdotta allo
scopo di assicurare la riscossione delle entrate; essa attribuisce all’Agente i diritti previsti
dall'art.2808 c.c. e, in particolare, il diritto di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo del
ricavato dall’espropriazione e il diritto di procedere ad esecuzione sul bene anche se la proprietà di
questo venga trasferita ad altri(134).
Ai fini del diritto di prelazione non rileva se una ipoteca sia di un tipo piuttosto che di un
altro.
L’ipoteca si costituisce al momento dell’iscrizione nei pubblici registri immobiliari
(art.2808 c.c.) del luogo in cui si trova l’immobile (art.2827 c.c.): dalla natura pacificamente
costitutiva della pubblicità dell’ipoteca deriva che essa assume il grado dal momento della
sua iscrizione (art.2852 c.c.), sicché diviene essenziale il numero d’ordine dell’iscrizione
(che determina quindi il grado dell’ipoteca): così se un immobile vi sono due ipoteche, una
iscritta il 1° gennaio a favore di Tizio e l’altra iscritta a favore di Caio lo stesso giorno ma
con un numero d’ordine successivo, Tizio avrà ipoteca di primo grado, mentre quella di
Caio sarà di secondo grado.
Ne consegue pertanto che, quando sullo stesso immobile sono iscritte più ipoteche, i crediti
dalle stesse garantiti saranno soddisfatti in base al grado ipotecario di iscrizione di ciascuna
di esse, mentre nell’ipotesi in cui vari crediti siano garantiti da ipoteche aventi il medesimo
grado la distribuzione dovrà essere operata in proporzione dei rispettivi importi (art. 2854
c.c.).
Ai sensi dell’art. 2916 c.c. non danno luogo alla prelazione le ipoteche iscritte in epoca
successiva alla trascrizione dell’atto di pignoramento; tali creditori andranno perciò
collocati in sede di riparto come creditori in chirografo.
A norma dell’art. 2847 c.c. l’iscrizione ipotecaria perde efficacia se non viene rinnovata
nel termine dei venti anni dalla iscrizione(135)(136), anche se il creditore ipotecario abbia
(134) La speciale ipoteca del concessionario della riscossione si caratterizza, in realtà, come un istituto sui
generis, non potendo del tutto essere equiparata ad una ipoteca giudiziale o legale. Infatti, se un
orientamento piuttosto stabile tende ad accostarla all’ipoteca legale ex art.2817 c.c., a differenza di
questa, però, l’ipoteca di cui all’art.77 DPR 602/1973 viene iscritta in base ad un titolo, il ruolo
predisposto dall’Ente impositore, al quale la legge attribuisce espressamente tale effetto, nonché quello
esecutivo, sia pure non sia titolo di provenienza giudiziale.
Essa ha peraltro natura diversa dall'ipoteca prevista dall'art. 26 della legge 7.01.1929, n°4 (c.d. ipoteca
cautelare fiscale) che costituiva una misura cautelare applicabile indipendentemente dall’accertamento
sull’esistenza e sull’entità dell’obbligazione tributaria e che assolveva la stessa funzione del sequestro
conservativo.
(135) Cfr. Cass. civ., sez. I, 01.04.2011, n°7570, in Giust. civ. Mass. 2011, 4, 531, che esamina le
differenze tra l’esecuzione concorsuale (nella quale il credito garantito da ipoteca, una volta ammesso al
passivo al rango ipotecario, non può essere degradato al chirografo, anche se l’ipoteca non viene
successivamente rinnovata; e l’esecuzione individuale, «in cui l’iscrizione non deve aver superato il
ventennio alla data della vendita forzata, che concreta l'espropriazione che il creditore ha diritto di
chiedere, mentre nella procedura concorsuale la vendita è disposta su iniziativa del curatore».
(136) Una eccezione è rappresentata dalle iscrizioni eseguite a garanzia di mutui fondiari stipulati entro il
31.12.93, dal momento che l’art. 19 R.D. 16.07.1905 n°646 dispone(va) che «(I) Le iscrizioni ipotecarie
prese dall’istituto e quelle alle quali esso fosse subentrato per surrogazione o cessione saranno rinnovate
d’ufficio dai conservatori delle ipoteche nei termini e modi stabiliti dalla legge. (II) Senza pregiudizio
dell'obbligo della responsabilità dei conservatori delle ipoteche per la rinnovazione d’ufficio, gl’istituti
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dato avvio alla procedura esecutiva, e fino al momento del versamento del prezzo
dell’immobile esecutato(137): ne consegue che se il decorso del termine ventennale si è
hanno diritto di conseguire, senza spese, la rinnovazione delle ipoteche nei termini e modi stabiliti dalla
legge». L’art.4, 3° comma, del D.P.R. 21.01.1976 n°7 (poi trasfuso nell’art.6, comma 3, L. 6.06.1991
n°175) ha poi stabilito che «le iscrizioni ipotecarie medesime sono rinnovate d’ufficio dai conservatori
dei registri immobiliari nei termini e nei modi stabiliti dalla legge. L'ente ha diritto, in ogni tempo, di
conseguire senza spese la rinnovazione delle ipoteche, ferma restando la responsabilità dei conservatori
per la rinnovazione d’ufficio». Sul punto, e con riferimento all’interpretazione dell’inciso “in ogni tempo”
di cui al citato art.4 L. n°175/1991, va evidenziato che secondo Tribunale di Roma, sentenza depositata il
7.06.2012, inedita (ma reperibile all’indirizzo web http://www.iure.it/pdf/pubblicazioni/pubblicazione
_1.pdf - accesso 10.12.2013), la quale richiama in parte motiva una precedente ordinanza del IV Sez. del
7.02.2012 dello stesso Tribunale, le (previgenti) norme in materia di credito fondiario consentono di
ricavare che «che esse prevedono - a differenza della disciplina generale contenuta nel codice civile - due
diverse modalità di rinnovazione delle ipoteche: quella effettuata d’ufficio ad opera del Conservatore e
quella effettuata a richiesta dell’istituto mutuante gratuitamente ed in ogni tempo. In entrambi i casi,
tuttavia, il legislatore ha chiaramente precisato che la rinnovazione deve avvenire nei termini e nei modi
di legge. Ne consegue che l’unico privilegio che tale normativa accorda al creditore fondiario è quello di
consentire che l’adempimento della rinnovazione avvenga anche d’ufficio ad opera dei conservatori, in
assenza di apposita istanza da parte del creditore che è invece necessaria per qualsiasi altra ipoteca.
Tuttavia, anche in tal caso, la rinnovazione dovrà avvenire nel termine del ventennio dalla prima
iscrizione, a pena dì incorrere nelle conseguenze sfavorevoli previste dall’art. 2848 c.c.». Quanto poi alla
richiamata espressione “in ogni tempo”, secondo il Tribunale capitolino questa va letta con riferimento,
oltre che alla disciplina generale codicistica, con la seconda parte dell’art.4 DPR n°7/76, in tema di
responsabilità del conservatore per l’omissione della rinnovazione d’ufficio, dal momento che «prevedere
una responsabilità del conservatore ha ragion d’essere solo qualora dal suo inadempimento derivi un
danno ai soggetto interessato alla rinnovazione (e cioè l’istituto creditore). Del resto, il danno può
verificarsi nell’ipotesi in cui il Conservatore abbia omesso di rinnovare l’ipoteca nel ventennio ed a tale
rinnovazione si provveda ad istanza di parte, ma successivamente alla scadenza ventennale. In tal caso,
ai sensi dell’art. 2848 c.c., l’ipoteca non può conservare il grado originario, ma prenderà grado dalla
nuova iscrizione e non potrà avere efficacia nei confronti dei terzi acquirenti del bene, che abbiano
trascritto il loro titolo».
Le ipoteche iscritte in base a mutui fondiari stipulati a far data dal 01.01.94 sono invece soggette alla
disciplina ordinaria in tema di rinnovazione dell’iscrizione.
(137) LA RINNOVAZIONE DELL’ISCRIZIONE IPOTECARIA.- Con riferimento al disposto dell’art. 2847 c.c.,
si è posta la questione di individuare il momento - nella pendenza del procedimento esecutivo - a partire
dal quale il creditore ipotecario non è più onerato della rinnovazione dell’ipoteca al fine di mantenere la
propria prelazione.
Secondo alcuni interpreti, occorre fare riferimento al versamento del saldo del prezzo di vendita, perché è
in tale momento che l’aggiudicazione diventa definitiva e si apre la fase dedicata alla distribuzione del
ricavato. Altra opinione individua invece tale momento nella emissione del decreto di trasferimento
dell’immobile ipotecato. Siffatta interpretazione muove dalla considerazione che, ai sensi dell’art.2878
c.c., n°7, l’ipoteca si estingue «con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all’acquirente il
diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche»; in questa prospettiva, il decreto di
trasferimento ex art.586 c.p.c. costituisce titolo idoneo alla cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni
pregiudizievoli annotate sul bene oggetto della procedura esecutiva, a condizione che sia divenuto
definitivo come stabilito dall’art 2884 c.c..
Come è noto, il decreto di trasferimento costituisce l’ultimo atto di una fattispecie complessa, avendo
come presupposto per la sua emissione l’aggiudicazione ed il versamento del prezzo (con verifica delle
predette fasi procedurali). Tale ultima fase, non rilevando dal punto di vista del diritto a procedere ad
esecuzione forzata (e quindi sull’an), ma solamente sul quomodo è opponibile ex art 617 c.p.c. e quindi
nei 5 o 20 giorni (termine dipendente dal fatto che la procedura esecutiva sia regolata dal vecchio o nuovo
rito) successivi a quello in cui l’atto è stato compiuto (a conferma, vale considerare che il competente
cancelliere rilascia la copia del decreto di trasferimento utile alla effettuazione della cancellazione delle
formalità pregiudizievoli solo dopo che sia decorsi 20 gg. dalla emissione del provvedimento e non siano
state proposte opposizione ex art.617 c.p.c. avverso lo stesso).
Qualora il decreto non dovesse essere opposto, questo è comunque revocabile dal giudice dell’esecuzione
fino al momento della sua esecuzione, che si identifica non con quello della sua emanazione, ma con
quello del compimento da parte del cancelliere delle operazioni indicate dall'art. 586 c.p.c. (Cass. civ.,
16.09.2008, n. 23709, in Giust. civ. Mass. 2008, 9, 1368 e - quindi - sino al trasferimento del decreto
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verificato prima del versamento del prezzo/deposito del decreto di trasferimento (si veda,
sul punto, la nota precedente) e il creditore non ha rinnovato l’iscrizione ipotecaria, il suo
credito andrà considerato come chirografario.
§8.4.- CREDITI CON PRIVILEGIO SUSSIDIARIO SUGLI IMMOBILI (art. 2776 c.c.)
Dopo i creditori ipotecari devono essere collocati i crediti che hanno privilegio
sussidiario sugli immobili, previsti dall’art. 2776 c.c. (138).
Siffatta disposizione stabilisce infatti prevede la collocazione sussidiaria sugli immobili, in
caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, di alcuni crediti che già godono del privilegio
generale sui mobili, riconoscendo così un privilegio sugli immobili a favore di questi crediti
(139).
Come già anticipato, il decreto legge del 6.07.2011, n. 98, convertito nella legge
15.07.2011, n°111 (recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria») ha
ampliato la categoria dei crediti muniti di privilegio mobiliare generale(140), collocando tra
all’ufficio del registro per il pagamento della tassa - Cass. Civ., 2.04.1997, n. 2867, in Giust. civ. Mass.
1997, 1449).
Altro indirizzo interpretativo sostiene invece che occorre avere riguardo alla data di emissione del decreto
di trasferimento (cfr. Cass. civ., sez. III, 14.05.2012, n°7498, in Giust. civ. Mass. 2012, 5, 609, secondo
cui «l’efficacia dell’iscrizione di ipoteca, ai sensi dell'art. 2847 c.c., cessa se l'iscrizione non sia
rinnovata entro vent’anni dalla sua data, a nulla rilevando che tale termine spiri in pendenza del
processo di esecuzione, a meno che non sia già stato emesso - prima della scadenza di detto termine
ventennale - il decreto di trasferimento del bene ipotecato». Nello stesso senso anche Tribunale Torino,
26.09.2003, in Giur. merito 2004, 281; Trib. Ragusa 21.6.2002, in Giur. merito, 2002, I, 1189).
(138) ARTICOLO 2776 CODICE CIVILE - COLLOCAZIONE SUSSIDIARIA SUGLI IMMOBILI.
«[I]. I crediti relativi al trattamento di fine rapporto nonché all’indennità di cui all’articolo 2118 sono
collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con
preferenza rispetto ai crediti chirografari.
[II]. I crediti indicati dagli articoli 2751 e 2751-bis, ad eccezione di quelli indicati al precedente comma,
ed i crediti per contributi dovuti a istituti, enti o fondi speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi,
che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, di cui
all'articolo 2753, sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo
degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al primo comma.
[III]. I crediti dello Stato indicati dal primo e dal terzo comma dell’articolo 2752 sono collocati
sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza
rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al comma precedente».
(139) In realtà, la collocazione di tali crediti in posizione successiva ai privilegi speciali immobiliari e ai
crediti ipotecari non appare chiaramente ricavabile dal disposto dell’art. 2777 cod. civ. (ad una prima
lettura del testo sembrerebbe che i privilegi ex art. 2751 bis vengano immediatamente dopo le spese di
giustizia); tuttavia essa è affermata dalla Corte di Cassazione, la quale ha precisato che la preferenza
accordata ai creditori ipotecari ex art. 2808 cod. civ. non è derogata né dall’art. 2776 né dall’art. 2777 del
codice (Cass. civ., sez. I, 10.08.1992, n°9429, in Fallimento 1993, 157).
(140) Come osservano IRRERA-VERDE, Il nuovo regime dei privilegi dei crediti erariali e riflessi in ambito
concorsuale, 1, relazione tenuta al convegno di studi intitolato “Profili fiscali e concorsuali nelle recenti
novelle legislative”, svoltosi in Casale Monferrato il 18 novembre 2011 (reperibile all’indirizzo internet
http://www.odc-casalemonferrato.it/file%20allegati/EVENTI%20FORMATIVI/18%2011%2011-Irrera.
pdf?PHPSESSID=9dde1a3b2f89912df827dbcfc789cb98 -accesso 15.10.2013) la nuova disciplina è stata
emanata «con l’espresso intendimento di valorizzare e velocizzare l’introito erariale nelle procedure
individuali e concorsuali, Come, infatti, recita la Relazione al decreto in commento: “i commi 37- 40
[dell’art. 23] modificano alcune previsioni del codice civile ampliando l’ambito di applicazione dei privilegi già
esistenti per i crediti tributari, consentendo così di conseguire più celermente il soddisfacimento dei crediti
erariali”».
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questi i crediti tributari per imposte dirette - con le relative sanzioni - i quali sono stati,
conseguentemente, esclusi dall’ambito di quelli aventi privilegio immobiliare: ad essi è
stata, comunque, riconosciuta la collocazione sussidiaria (nel caso di infruttuosa
esecuzione relativamente ai mobili) sul prezzo degli immobili.
Nello specifico, l’art. 23, comma 37, D.L. n°98/2011:
• ha disposto l’abrogazione dell’art. 2771 c.c. (141);
• ha modificato l’art. 2780 c.c. (che, come esposto, non menziona più i crediti per le
imposte sui redditi immobiliari tra quelli aventi privilegio sugli immobili);
• ha novellato l’art. 2752 c.c., che, sulla scorta della attuale formulazione, prevede
che il privilegio generale sui mobili del debitore sussiste anche per i crediti dello
Stato per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’imposta sul reddito delle
persone giuridiche e delle società, per l’imposta regionale sulle attività produttive e
per l’imposta locale sui redditi, nonché per i crediti scaturenti dalla applicazione
delle correlate sanzioni;
• ha riformulato l’art. 2776 co. 3 c.c. che, nell’individuare i crediti aventi
collocazione sussidiaria sul prezzo degli immobili, richiama ora l’art. 2752,
comma 1 (modificato)(142)(143).
Altra particolarità da porre in evidenza è che il cennato comma 37 dell’art. 23 della legge in
esame aveva disposto l’efficacia retroattiva della nuova disciplina dei privilegi ed il rilievo
della stessa (art.23, comma 40) non solo in relazione ai crediti già sorti che non fossero stati
ancora azionati esecutivamente, ma anche con riguardo a quei crediti già fatti valere in un
processo esecutivo non ancora concluso con la definitiva approvazione del piano di
(141) Come già evidenziato, l’art.2771 c.c. prevedeva un privilegio speciale immobiliare che, nell’ordine
dei privilegi immobiliari stabilito dall’art. 2780 c.c., si collocava al primo grado (nonché un privilegio
speciale mobiliare sui frutti degli immobili, che nell’ordine dei privilegi mobiliari, ai sensi dell’an. 2778,
n. 2, c.c., si collocava al secondo grado). In realtà l’abrogazione (che opera peraltro per le situazioni
successive all’entrata in vigore del D.L. n°98/2011) ha riguardato un privilegio speciale immobiliare sulla
carta particolarmente “forte” (per la collocazione al primo grado e per la preferenza, in forza dell’art.
2748, comma 2, c.c., sui crediti ipotecari) ma che si collocava di fatto su crediti fiscali (quelli per
l’imposta imputabile ai redditi immobiliari) assai poco remunerativi: in tale privilegio, infatti, non
rientravano i redditi derivanti dagli immobili costituenti beni strumentali per gli imprenditori, che
producono reddito di impresa, bensì unicamente i redditi fondiari che attualmente non rappresentano una
delle componenti più rilevanti del gettito fiscale (così IRRERA-VERDE, Il nuovo regime dei privilegi dei
crediti erariali (..), op. cit., 5).
(142) Vale a dire i crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di
imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito
delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi.
Va altresì ricordato che l’IRPEG è stata sostituita, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dall’IRES (istituita
con il D. Lgs. n°344/2003); quanto all’ILOR, l’imposta è stata abrogata, a partire dal 1° gennaio 1998, dal
D. Lgs. n°446/1997, istitutivo dell’IRAP.
(143) La modifica legislativa operata con il D.L. n°98/2011 determina la nascita di un nuovo privilegio
generale (sui mobili, con collocazione sussidiaria sugli immobili) per i crediti relativi ad imposte dirette e
sanzioni di cui al primo comma dell’an. 2752 cod. civ.; mentre infatti in precedenza godevano della
collocazione sussidiaria sugli immobili soltanto i crediti dello Stato per IVA e sanzioni (terzo comma
dell’art. 2752 cod. civ.), adesso il privilegio sussidiario si estende anche ai crediti ed alle sanzioni per
imposte dirette, che vanno collocati pariteticamente con quelli per l’IVA. Per IRRERA-VERDE, ibidem, 7,
siffatta modifica è peraltro in rapporto di stretta connessione con l’abrogazione dell’art. 2771 c.c., poiché
la “perdita” per l’Erario, sia pur limitata, determinata dall’abrogazione della suddetta disposizione, viene,
infatti, “compensata” con l’estensione del privilegio sussidiario ex art. 2776 c.c. anche ai crediti di cui
all’art. 2752, comma 1, c.c..
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riparto(144).
Tuttavia la Corte Costituzionale, con sentenza 4.07.2013 n°170(145) ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art.23, comma 37, ultimo periodo, e comma 40, del D.L.
6.07.2011, n. 98 (conv., con modificazioni, in L. n°111/2011)(146).
Condizione necessaria per procedere alla collocazione sussidiaria è che il creditore dimostri
di avere tentato l’esecuzione sui beni mobili del debitore con esito negativo.
Il creditore che richieda, in sede di precisazione del suo credito, di essere collocato in via
sussidiaria, dovrà essere invitato a dare prova della preventiva escussione dei beni mobili
(144) Art.23, comma 40, D.L. n°98/2011 (conv. in L. 111/2011): «i titolari di crediti privilegiati,
intervenuti nell'esecuzione o ammessi al passivo fallimentare in data anteriore alla data di entrata in
vigore del presente decreto, possono contestare i crediti che, per effetto delle nuove norme di cui ai
precedenti commi, sono stati anteposti ai loro crediti nel grado del privilegio, valendosi, in sede di
distribuzione della somma ricavata, del rimedio di cui all'articolo 512 del codice di procedura civile,
oppure proponendo l’impugnazione prevista dall'articolo 98, comma 3, del regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267, nel termine di cui all’articolo 99 dello stesso decreto». In tema di conseguenze derivanti
dall’applicazione retroattiva della nuova disciplina, cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit.,
436-437, secondo cui il succitato comma 40 consentiva di ritenere che, per le procedure esecutive non
ancora definite, i progetti di distribuzione già predisposti o in corso di predisposizione dovessero essere
modificati, anche ex officio, qualora non redatti in conformità dell’ordine dei privilegi posto dal novellato
art.2752 c.c.; diversamente, i suddetti piani potevano essere “contestati” dagli interessati ai sensi dell’art.
512 c.p.c. Da quanto esposto conseguiva altresì che, nel procedimento esecutivo immobiliare pendente
ma non ancora definito, la legittimazione a proporre la controversia ex art. 512 c.p.c. spettasse al creditore
chirografario il cui credito fosse stato posposto a quello del concessionario per la riscossione tributi che
aveva agito per una pretesa derivante dal mancato pagamento di imposte dirette, sorto anteriormente alla
legge n.111 del 2011, cui era stato riconosciuto il privilegio sussidiario sul prezzo degli immobili, senza
che fosse stata acquisita prova della infruttuosa esecuzione sui mobili del debitore.
(145) Edita in Diritto & Giustizia 2013 (con nota di CORRADO).
(146) La Corte Costituzionale ha rilevato, in motivazione, che il divieto di retroattività della legge (art. 11
delle disposizioni sulla legge in generale), pur rappresentando un fondamentale valore di civiltà giuridica,
non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost., riservata alla materia penale: per
il che il legislatore - nel rispetto di tale previsione - può sì emanare norme con efficacia retroattiva, anche
di interpretazione autentica, ma a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione
nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilevanza costituzionale, che costituiscono altrettanti
motivi imperativi di interesse generale. E’ tuttavia necessario che la retroattività non sia in contrasto con
altri valori e interessi costituzionalmente protetti, come il rispetto del principio generale di
ragionevolezza, la tutela del legittimo affidamento, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il
rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Del tutto affini, evidenzia la
Corte, sono i principi in tema di leggi retroattive sviluppati dalla giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo.
In applicazione di tali principi la Corte Costituzionale ha ritenuto rilevanti, ai fini della declaratoria di
illegittimità costituzionale, le seguenti circostanze: il consolidamento, conseguito con il cosiddetto
giudicato “endo-fallimentare”, delle aspettative dei creditori incise dalla disposizione retroattiva;
l’imprevedibilità dell’innovazione legislativa; l’alterazione a favore dello Stato - parte della procedura
concorsuale - del rapporto tra creditori concorrenti, determinata dalle norme in esame; l’assenza di
adeguati motivi a giustificazione del regime retroattivo della nuova legge, che non appare diretta a
perseguire interessi di rango costituzionale (che possano in qualche modo sostanziarne la retroattività)
bensì esclusivamente l’interesse economico dello Stato, parte del procedimento concorsuale. Nei fatti,
tuttavia, un simile interesse è di per sé inidoneo a legittimare un intervento normativo come quello in
discussione, che finisce per determinare una disparità di trattamento pregiudizievoli per i creditori
concorrenti con lo Stato, le cui legittime aspettative di utile collocazione nel riparto vengono così
ingiustamente vanificate. In definitiva, la disciplina impugnata disvela pertanto la sua illegittimità sia per
violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., sia per violazione
dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, in considerazione del pregiudizio
che essa arreca alla tutela dell’affidamento legittimo e della certezza delle situazioni giuridiche.
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del debitore(147): a questo scopo, sarà sufficiente un verbale di pignoramento mobiliare
negativo o, se positivo, il provvedimento di assegnazione del ricavo della vendita (ma per
importo non esaustivo del credito). Anche tentativi di notifica di un precedente precetto ai
sensi dell’art. 140 c.p.c. (irreperibilità del debitore al suo luogo di residenza) sono sufficienti
ad evidenziare l’impossibilità per il creditore di soddisfarsi sui beni mobili del debitore.
In caso di assenza di tale prova, il credito vantato deve essere collocato al chirografo
insieme agli altri crediti.
In ordine di grado(148), i crediti con privilegio sussidiario sugli immobili sono così collocati:
Crediti relativi al trattamento di fine rapporto, nonché all’indennità di cui all’art. 2118 c.c.
(indennità di preavviso);
Crediti indicati agli artt. 2751 e 2751 bis c.c.;
In specie:
Crediti ex art.2751 c.c.:
1. Le spese funebri necessarie secondi gli usi;
2. Le spese di infermità fatte negli ultimi sei mesi della vita del debitore;
3. Le somministrazioni di vitto vesti ed alloggio, nei limiti della stretta necessità fatte al
debitore per lui e per la sua famiglia negli ultimi sei mesi;
4. I crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle presone alle quali gli alimenti
sono dovuti per legge;
(147) Sulla necessità, per il creditore, di dover fornire la prova di avere in precedenza infruttuosamente
esperito l’esecuzione mobiliare, la Corte di Cassazione, in epoca risalente, aveva formulato il principio
secondo cui «ai fini dell’art.2776, incombe al creditore, che chiede la collocazione sussidiaria, l’onere di
provare di essere rimasto incapiente nell’esecuzione direttamente promossa e di non essere potuto
intervenire nelle precedenti esecuzioni perché il suo credito non era certo, liquido ed esigibile, ovvero
che il suo intervento era stato o sarebbe stato superfluo per la insufficienza del patrimonio immobiliare
del debitore a soddisfare il suo credito anche se privilegiato» (Cass. civ., 1.03.1968, n°673, in Giust. civ.
1968, I, 798). Pertanto deve essere stata preventivamente iniziata una esecuzione mobiliare infruttuosa,
non essendo sufficiente la sola prevedibilità della incapienza patrimoniale mobiliare (Cass. civ.,
18.10.1958, n°3321, in Giust. civ. 1958, I, 1821). Più di recente, Corte appello Torino, 10 agosto 2004, in
Foro padano 2005, 3-4, 640 (con nota di MELANDRI), ha ribadito che «ai fini del sorgere del privilegio
immobiliare sussidiario di cui all’art. 2776 c.c. (nel caso di specie per credito di professionista) non è
sufficiente la ragionevole certezza "a priori" della incapienza di eventuale esecuzione immobiliare, ma
occorre il previo infruttuoso (in tutto o in parte) esperimento di pignoramento o di intervento
nell'esecuzione. Il creditore non può giovarsi, per il maturare del requisito di sussidiarietà di cui all'art.
2776 c.c., dell’infruttuoso pignoramento mobiliare seguito da un altro creditore» (secondo Tribunale
Bari, sez. II, 10.04.2008, n°910, in Giurisprudenzabarese.it 2008, «la collocazione sussidiaria della
pretesa vantata dal creditore sugli immobili di proprietà del debitore spetta al creditore privilegiato sulla
generalità dei beni mobili in caso d’infruttuosa esecuzione mobiliare, requisito che può dimostrarsi
anche mediante la prova che il credito sarebbe rimasto incapiente qualora si fosse spiegato l’intervento,
non potendo tentarsi l’avvio di una nuova procedura esecutiva ove difettino beni mobili pignorabili in
danno del medesimo debitore»).
(148) La giurisprudenza ha rilevato che i privilegi mobiliari concorrono sussidiariamente sul prezzo degli
immobili secondo il rispettivo ordine e non in misura proporzionale all’entità dei crediti (Cass. civ., sez. I,
05.02.1982, n°654 e n°657, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 2, e n°657; Cass. civ., sez. I, 19.11.1979,
n°6036, in Giust. civ. 1980, I, 1126) e che i crediti assistiti da privilegio mobiliare generale non possano
essere soddisfatti con modalità diverse, a seconda che operino in via principale sul ricavato mobiliare,
ovvero vengano collocati in via sussidiaria sul prezzo degli immobili: l’art.2776 c.c., quindi, non apporta
alcuna modifica all’ordine di tali privilegi stabilito dalla legge (Cass. civ., sez. I, 11.05.1982, n°2924, in
Giust. civ. 1982, I, 2710; Cass. civ., n°654/82, cit.).
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Crediti ex art.2751 bis c.c.:
1. Le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le
indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del
lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione da parte del datore di
lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il
risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o
annullabile;
2. Le retribuzioni dei professionisti ed ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovuti per
gli ultimi due anni di prestazione;
3. Le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione
e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo;
4. I crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario, mezzadro, colono,
soccidario o comunque compartecipante per i corrispettivi della vendita di prodotti,
nonché i crediti del mezzadro o del colono indicati dall’art. 2765 c.c.;
5. I crediti dell’impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di
lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti;
6. I crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della
vendita dei prodotti;
7. I crediti delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo di cui alla legge 24.06.1997 n. 196
per gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici
Crediti per contributi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i
superstiti di cui all’art. 2753 c.c.;
Crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di
imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche,
imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta
locale sui redditi, ai sensi del primo comma dell’art.2752 c.c.;
Crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le
norme relative all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi del terzo comma dell’art.2752
c.c.(149).
(149) Va precisato che non deve trattarsi di Iva relativa alla vendita di beni immobili.
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SCHEMA RIASSUNTIVO DEI PRIVILEGI SUI BENI IMMOBILI
Gradi di
privilegio
1 Immob.
Natura
Articolo
Speciale
2770 c.c.
Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni
•
•
•
•
•
•
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•
•
•
Riproduzione riservata
Art.2770 c.c.
Prededuzione
spese per l’onorario del
professionista delegato alla
vendita (notaio, commercialista, avvocato)
spese di custodia e onorario
del custode (o dell’amministratore giudiziario)
le spese per la stima e
l’onorario dell’esperto stimatore
i compensi per l’attività
svolta da eventuali altri
ausiliari nominati dal G.E.
(ad es., per la predisposizione dello stesso progetto
di distribuzione)
spese per la cancellazione
delle ipoteche e dei pignoramenti già gravanti sul
bene, sostenute dopo la
vendita
spese per imposte (registro,
Iva, Invim fino a quando
dovuta, ecc.) derivanti dalla
vendita forzata in corso di
procedura (presso il Tribunale di Messina poste a
carico dell’aggiudicatario)
spese legali sostenute dal
creditore procedente
spese per la pubblicità,
anche se anticipate dal
creditore
eventuali spese di manutenzione e conservazione del
bene
spese per la regolarizzazione edilizio-urbanistica
degli immobili
spese per il rilascio dell’immobile
spese condominiali sostenute
per la conservazione dell’immobile, qualora disposto
dal G.E. (qualora invece per
dette spese vi sia intervento
dell’aggiudicatario, la collocazione dovrà essere fatta ex
art. 2770 c.c.)
Natale Galipò
•
spese per il primo pignoramento se fruttuoso,
anche se eseguito dopo
l’iscrizione di una ipoteca
(compresa la notifica del
precetto)
• spese per giudizi di surrogazione
che
abbiano
consentito il recupero dell’immobile al patrimonio del
debitore (art.2900 c.c.) (Cass.
17.07.1969 n. 2641)
• spese per azioni revocatorie
(art. 2901 cod. civ.) (Cass.
9.08.1952 n. 2630)
• spese per sequestro conservativo se anteriore al pignoramento, comprese quel- le
di custodia (sola esecu-zione,
nonché convalida o conferma
del sequestro, escluso il
giudizio di merito (importo da
determinarsi in via equitativa
se non indicato analiticamente
in sentenza o provvedimento)
(Cass. 30.10.1959 n. 3194)
• le spese per giudizi di
divisione
necessari
alla
esecuzione su beni indivisi
• le spese per giudizi di
opposizione alla esecuzione,
limitatamente alle eccezioni
concernenti la proprietà o
pignorabilità dei beni o la
prosecuzione della proce-dura
Sono escluse:
• spese per pignoramenti con
risultato comunque negativo
(es. per trascrizione errata o
per notifiche non andate a
buon fine) (al chirografo)
• spese per pignoramenti che
abbiano perduto efficacia
prima dell’inizio della procedura (anch’esse da collocare
al chirografo)
• spese per pignoramenti su beni
già pignorati (collocate però al
medesimo privilegio del credito, ex art. 2749 o 2855 c.c.,
quali spese per intervento nel
processo di esecuzione)
• spese per sequestro convenzionale ex art. 1798 c.c. (in
quanto spese sostenute al di
fuori di un processo)
50
Gradi di
privilegio
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Natura
Articolo
Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni
•
•
•
2 Immob.
spese per opere richieste dal
custode in caso di sequestro
giudiziale (il quale non è
finalizzato alla espropriazione)
(Cass. 24.10.1968 n. 3461)
spese per l’iscrizione di
ipoteca
giudiziale
(Cass.
10.11.1961 1961 n. 2625) (le
spese in questione sono invece
privilegiate ex art. 2855 c.c.)
spese di accertamento del
credito che fonda l’esecuzione
Speciale
Privilegi che le Leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro
2777 c.c. ult. credito (rari nella pratica)
com.
o
o
o
o
3 Immob.
Speciale
2771 c.c.
4 Immob.
Speciale
2775 c.c.
crediti da operazioni di finanziamento alle industrie previsti
dall’articolo 3 del Decreto Legisl. Capo provv. Stato 1° ottobre
1947 n. 1075 che ha modificato l’articolo 7 del D.L. 1° novembre
1944 n. 364;
crediti dell’Amministrazione Militare per anticipazioni sulla
indennità di espropriazione in caso di occupazione d’urgenza (art.
3 della Legge 25 agosto 1940 n. 1382);
crediti per finanziamenti, ad imprese industriali le quali non
abbiano la possibilità di avvalersi, in tutto o in parte, delle
provvidenze stabilite dal decreto legislativo Luogotenenziale 1°
novembre 1944, n. 367, e successive modificazioni, al fine di
consentire alle imprese stesse il ripristino, la riconversione e la
continuazione della propria attività con riguardo all'interesse
generale ed a particolari necessità di carattere economico e
sociale;
ogni altro credito indicato da leggi speciali con tali caratteristiche
[Crediti dello Stato per le imposte sui redditi IRPEF, IRES, IRAP
limitatamente all’imposta o alla quota proporzionale d’imposta
imputabile ai redditi immobiliari compresi quelli di natura fondiaria
non determinabili catastalmente]
Va tenuto presente che l’art. 2771 c.c. è stato abrogato dal D.L.
6.7.2011 n. 98, art. 23, comma 38.
Crediti per i contributi per opere di bonifica e di miglioramento.
Comprende:
crediti per contributi imposti ai proprietari per far fronte alle spese
di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e
di miglioramento fondiario. Per le opere di bonifica il privilegio
compete sui fondi compresi nel perimetro del comprensorio (art.
860 c.c.), mentre per le opere di miglioramento sui fondi di
proprietà di consorziati compresi nell’ambito territoriale del
consorzio.
Esclusioni:
- secondo alcune opinioni (Cass. civ., 27.05.1940, n°1680) è limitato ai
contributi dovuti per l’anno in corso e per quello antecedente
l’espropriazione; secondo parte della dottrina il privilegio de quo non è
soggetto ad alcun limite temporale, salva la prescrizione del credito.
5 Immob.
Speciale
2774 c.c.
Crediti dello Stato per concessioni di acque (R.D. 11/12/33 n° 1775,
che regola la materia delle acque pubbliche ed al quale l’art. 2774 cod.
civ. fa riferimento allorché parla di Leggi speciali).
Comprende:
grava sugli impianti relativi alla concessione indicati agli artt. 25,
28 e 30 del R.D. 11 dicembre 1933 n° 1175 (T.U. acque
pubbliche),
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Gradi di
privilegio
Natura
Articolo
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Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni
i crediti dello Stato per canoni dovuti dai concessionari di acque
pubbliche o acque derivate dei canoni demaniali ovvero per il
corrispettivo di lavori eseguiti d’ufficio.
Esclusioni:
gli altri crediti in materia di acque pubbliche che riguardano enti o
persone diverse dallo Stato.
6 Immob.
Crediti dello Stato per tributi indiretti (sopra gli immobili ai quali si
Speciale
2772 c.c. 1, 2 riferiscono).
Crediti dello Stato per pene pecuniarie e le soprattasse dovute dal
e 3 c.
cessionario e dal committente.
Crediti di rivalsa per I.V.A. per cessione immobili.
Comprende:
•
imposta di registro: non oltre cinque anni dalla data di
registrazione dell’atto (Cass. civi. 15.02.1995 n°1622), tale
termine è considerato di decadenza (Cass. 27.04.1984 n°2644) e
pertanto non subisce interruzioni o sospensioni;
•
Iva su immobili in caso di responsabilità solidale del cessionario e
relative soprattasse e pene pecuniarie;
•
l’imposta di successione e donazione: prevale sui diritti del
legatario, ma non prevale sui crediti separatisti nonché su quelli
vantati da creditori ipotecari che abbiano scritto ipoteca entro 3
mesi dall’apertura della successione (Cass. civ, 14.12.1971
n°3637);
•
imposta di bollo;
•
imposta ipotecaria e catastale.
Esclusioni:
•
soprattasse e pene pecuniarie e mora (tranne per l’Iva) (Cass.
SS.UU. 6.05.1993, n°5246 - v. art. 62, comma 3, D.P.R.
n°633/72).
Trattandosi di privilegio speciale, esso grava esclusivamente
sull’immobile per cui è dovuta l’imposta e non su altri beni del
contribuente.
7 Immob.
8 Immob.
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Speciale
2772 c.c.
1 comma
Speciale
2775 bis c.c.
( e 2780 n.5
bis)
Crediti dello Stato per imposta comunale sull’incremento di valore
degli immobili (INVIM).
Si precisa che l’INVIM è stata soppresa - a decorrere dal 1°
gennaio 2003 - per effetto dell’art.17, comma 6, D. Lgs. 30.12.2002
n°504.
Comprende:
crediti per Invim sull’immobile trasferito.
Il privilegio si estingue con il decorso di 5 anni dal trasferimento.
Esclusioni:
soprattasse e pene pecuniarie
Crediti del promissario acquirente (di cui all’art. 2775 bis c.c.)
derivanti dalla mancata esecuzione dei contratti preliminari trascritti ai
sensi dell’art.2645 bis c.c., sempre che gli effetti della trascrizione non
siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da
atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di
risoluzione del contratto o di condanna di pagamento, ovvero al
momento della trascrizione del pignoramento o al momento
dell’intervento nella esecuzione promossa da terzi.
Il privilegio non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativa a
mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene
immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell’art. 2825
bis c.c. .
In caso di fallimento del costruttore, il credito della banca, garantito da
ipoteca, deve essere soddisfatto con precedenza, rispetto al credito del
promissario acquirente alla restituzione degli acconti versati, anche se
Natale Galipò
52
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Gradi di
privilegio
Natura
Articolo
6 febbraio 2014
Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni
questi abbia trascritto il preliminare nei Registri immobiliari e quindi
vanti un credito dotato di privilegio immobiliare; il promissario
acquirente partecipa quindi alla distribuzione dell’attivo fallimentare
solo se vi è capienza dopo il pagamento dei creditori ipotecari. (Cass.
civ. 1.10.2009, n°21045; Cass. civ., 9.01.2013, n°341; Cass. civ.,
27.11.2012, n°20974).
9 Immob.
Speciale
2783 c.c.
10 Immob.
Speciale
2808 c.c.
e segg.
Generale
2776, co.1, e
2751 c.c.
12 Immob. Generale
2776, co. 2, e
2751 c.c.
Generale
2776, co. 2, e
2751 bis c.c.
11 Immob.
Generale
2776, co. 3, e
2753 c.c.
Generale
13 Immob.
2776, co. 3, e
2752 c.c.
1 e 3 comma
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Crediti assistiti da privilegio sui beni immobili per i quali la Legge
non dispone il grado di preferenza.
Da collocare dopo i creditori precedenti.
Crediti garantiti da ipoteca legale, giudiziale e volontaria secondo
l’ordine di iscrizione nei registri immobiliari.
Il privilegio del promissario acquirente di cui all’art. 2775 bis c.c.,
salvo che si tratti di ipoteca relativa a mutui a lui erogati per l’acquisto
del bene immobile o a favore dei creditori garantiti ai sensi dell’art.
2825 bis c.c., prevale sulle ipoteche iscritte anteriormente o
posteriormente sugli immobili oggetto del preliminare (Trib. Genova
18.01.2001).
La preferenza che l’art. 2808 c.c. attribuisce ai creditori ipotecari
immobiliari, di essere soddisfatti sul prezzo di vendita dei relativi
immobili, si estende al reddito fornito dalla locazione degli immobili
ipotecati, quali frutti civili dei medesimi, anche nel caso in cui tali
immobili costituiscano una delle componenti di una azienda data in
affitto, nonché agli interessi maturati sia sul prezzo di vendita sia sui
frutti civili (Cass. civ., sez. I, 10.08.1992, n.9429).
La garanzia si estende anche agli interessi ai sensi dell’art.2855 c.c..
Va rilevato che l’art.2748, co. 2, c.c. stabilisce che «I creditori che
hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari
se la legge non dispone diversamente».
T.F.R. e indennità sostitutiva di preavviso ex art.2118 c.c..
Crediti per spese funebri, d’infermità e alimenti.
Crediti per retribuzioni e risarcimento danni ai dipendenti.
Crediti dei professionisti per gli ultimi due anni di prestazione.
Crediti dell’agente per l’ultimo anno. Crediti del coltivatore diretto.
Crediti dell’impresa artigiana. Crediti delle società cooperative
agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti
e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo
Crediti per contributi obbligatori di invalidità e vecchiaia.
Hanno privilegio i crediti dello Stato per imposte e sanzioni dovute
per IRPEF, IRES, IRAP, I.V.A..
Il D.L. 6.07.2011, n. 98, art. 23, comma 39, ha esteso il privilegio
sussidiario anche ai crediti per imposte dirette.
Natale Galipò
53
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6 febbraio 2014
9.- GLI “EFFETTI” DEL TEMPO DEGLI INTERVENTI PER I
CREDITORI PRIVILEGIATI E SUSSIDIARI
Richiamando quanto esposto in precedenza (cfr. capitolo 6), va ribadito che l’art.2741 c.c.
consacra il principio in base al quale tutti i creditori, avendo «uguale diritto sui beni del
debitore, salve le cause legittime di prelazione», hanno l’esigenza di partecipare alla
distribuzione del ricavato, o promuovendo la procedura esecutiva o intervenendo nella
stessa ai sensi degli artt.564, 565 e 566 c.p.c. (per l’esecuzione immobiliare).
A norma degli articoli 565 e 566 c.p.c. i creditori le cui pretese sono assistite da cause di
prelazione vengono prioritariamente soddisfatti (secondo l’ordine di graduazione) a
prescindere dal momento in cui sono intervenuti nel procedimento esecutivo.
In sostanza, essi concorrono sul ricavato della vendita in ragione dei loro diritti di prelazione
- e con prevalenza sui creditori chirografari - purché depositino l’atto di intervento prima
dell’udienza fissata per l’approvazione del progetto di distribuzione(150).
Del pari, l’eventuale tardività dell’intervento non impedisce la collocazione privilegiata dei
crediti con privilegio sussidiario sugli immobili ex art. 2776 c.c..
Va peraltro osservato che il creditore privilegiato che interviene “tardivamente” (e cioè oltre
l’udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita) non può considerarsi tempestivo con
riferimento alla parte chirografaria del suo credito, che seguirà pertanto la sorte destinata ai
creditori chirografari tardivi(151).
(150) In giurisprudenza, cfr. ex multis, Cass. civ., 8.06.2012, n°9285, secondo cui «Nel processo esecutivo,
il creditore iscritto o privilegiato, per concorrere alla distribuzione del ricavato, deve intervenire prima
dell'udienza che il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato fissa per l'esame e l'approvazione
del progetto - limite invalicabile oltre il quale l'intervento è precluso - e non già nel corso della stessa.
La distribuzione del ricavato, quale fase che segna l'esaurimento della procedura, deve essere intesa non
letteralmente, come ripartizione effettiva e concreta dell'attivo, ma come ordine di distribuzione e di
pagamento, ordine che, pur essendo previsto dall'art.598 cpc, quale adempimento successivo
all'approvazione del progetto di riparto, può anche essere emesso contemporaneamente». In senso
analogo, già Cass. civ., sez. III, 13.05.2003, n°7296, aveva statuito che «nell'ambito dell'esecuzione
forzata, l'intervento spiegato dal creditore munito del titolo esecutivo e garantito da ipoteca, dopo
l'udienza di autorizzazione alla vendita ma prima della udienza fissata per la distribuzione del ricavato,
per quanto tardivo, produce per tutto il successivo corso della procedura esecutiva gli stessi effetti
dell'intervento tempestivo, ed in particolare abilita il creditore intervenuto al compimento di atti
esecutivi».
(151) Sul punto, in dottrina, cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 440, secondo cui «la
quota parte del credito vantato dall’ipotecario, che non rientra nella previsione dell’art.2855 c.c., può
essere collocata in grado chirografario ma, ai fini della collocazione in grado chirografario. è rilevante
il tempo dell’intervento (che può essere tempestivo o tardivo). Infatti solo nel caso di intervento
tempestivo la parte chirografaria del credito concorre con gli altri creditori chirografari intervenuti
tempestivamente mentre nel caso di intervento tardivo la parte chirografaria si soddisfa solo sul
sopravanzo (cioè sulla parte residua del ricavato in caso di integrale soddisfacimento dei crediti
privilegiati e dei creditori chirografari tempestivi)». In senso analogo anche DE STEFANO, Il progetto di
distribuzione, cit., pag.3 e MASSENZ, Istruzioni per la predisposizione del progetto di distribuzione,
relazione tenuta al convegno organizzato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti di Milano
nel novembre 2007, reperibile all’URL http://www.odcec.mi.it/Libraries/Materiale_Convegni/
progetdistibuzi09.pdf (accesso 9.04.2013) secondo cui «è opportuno evidenziare che, mentre i creditori
privilegiati hanno diritto alla collocazione del loro credito indipendentemente dalla tempestività o
tardività del loro intervento, tuttavia quella parte del loro credito che non gode della collocazione
privilegiata e che quindi andrà collocata al chirografo (cioè il credito per interessi di mora), segue le
stesse previsioni in tema di tempestività e tardività di tutti gli altri creditori». La tesi è ripresa anche nello
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6 febbraio 2014
10.- GLI “EFFETTI” DEL TEMPO DEGLI INTERVENTI PER I
CREDITORI NON ASSISTITI DA CAUSE DI PRELAZIONE
Si è gia detto che sono creditori chirografari tutti coloro che non vantano alcun privilegio,
nonché i creditori - muniti di privilegio - ma per la parte di credito che non è coperta dal
privilegio stesso.
Dopo i creditori assistiti da prelazione, l’ordine di graduazione prevede quindi la
collocazione dei creditori chirografari; per questi ultimi, può poi operarsi l’ulteriore
distinzione tra:
creditori chirografari tempestivi: i quali vengono soddisfatti prima dei creditori
tardivi (ciò vale sia per i pignoranti che per gli intervenienti).
creditori chirografari tardivi: i quali sono gli ultimi a poter essere soddisfatti:
pertanto, nel caso in cui il ricavato della vendita consenta il soddisfacimento del
chirografo, sarà necessario individuare preventivamente, all’interno dei creditori
chirografari, quelli che si sono insinuati tempestivamente e quanti lo hanno fatto invece
tardivamente, anteponendo i primi rispetto a questi ultimi.
studio “La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione” (edizione febbraio 2012)
elaborato dalla competente Commissione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli
Esperti Contabili, cit., pag.10.
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6 febbraio 2014
1.- LA DETERMINAZIONE DEL CREDITO
► INTRODUZIONE
Dopo avere provveduto alla graduazione dei creditori, il professionista delegato (o il
consulente incaricato) dovrà effettuare una compiuta disamina degli atti della procedura
(atto di pignoramento del creditore procedente, atti di intervento, eventuali pignoramenti
successivi - i quali, come detto, si risolvono anch’essi in un intervento): ciò al fine del
completamento di una fase ulteriore dell’attività preordinata alla formazione del progetto,
vale a dire quella dedicata alla verifica dell’esistenza del credito e della esatta
determinazione dell’ammontare dello stesso(152).
§1.1.- LE DIVERSE TIPOLOGIE DI TITOLI FONDATIVI DEL CREDITO
Indipendentemente dal rango del creditore concorrente (privilegiato o chirografario) sarà
opportuno formulare le seguenti considerazioni.
Se l’intervento o il pignoramento si fondano su un titolo esecutivo di formazione giudiziale
(ad esempio, sentenza passata in giudicato, decreto ingiuntivo non opposto, ordinanza
anticipatoria ex art.186 ter o quater c.p.c.) non sono, in linea di principio, suscettibili di
(152) Sarà in altri termini necessario calcolare il “dovuto” con riferimento a ciascun credito, vale a dire
determinarne l’entità al momento della formazione del progetto di distribuzione (meglio ancora sarebbe,
ove di fatto possibile, alla data del presumibile pagamento delle somme in esso riconosciute a ciascun
creditore). Occorrerà pertanto fare riferimento all’entità delle somme indicate nell’atto di precetto (nel
caso del creditore procedente) o nell’atto di intervento (per ciascun interventore), al fine di individuare il
la sorte capitale ed applicare sulla stessa il saggio degli interessi risultante dal titolo, calcolando così
l’importo degli interessi reclamati (i quali decorrono fino al momento della distribuzione - Cass. civ.,
29.03.1978 n°1464). A tal proposito, va evidenziato che il dies a quo per la decorrenza degli interessi
corrisponde, di norma, al giorno successivo all’atto di precetto o di intervento, ovvero va individuato
nella data diversa specificamente indicata negli stessi; il dies ad quem (cioè la data finale di spettanza)
coincide non tanto con quella di formazione del progetto di distribuzione, quanto - come sopra accennato
- con la data di presumibile pagamento delle somme in esso determinate.
Per il calcolo degli interessi può farsi riferimento, in generale, alla formula I = C * r * g /36500, dove “C”
è la sorte capitale, “r” il tasso lordo, “g” il numero dei giorni intercorrenti tra il dies a quo ed il dies ad
quem. Vanno poi presi in considerazione gli esborsi (di cui ciascun creditore dovrà fornire la
documentazione giustificativa) e le spese legali processo esecutivo (attualmente da calcolare sulla scorta
delle previsione del D.M. 20.07.2012 n°140). Andranno infine computati gli eventuali pagamenti
intercorsi, da imputarsi con le regole ordinarie, dapprima alle spese, poi agli interessi e solo
successivamente al capitale (in generale, con riferimento a ciò che spetta al creditore, cfr. CASTORO, Il
processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, op. cit., 306 ss.).
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6 febbraio 2014
contestazione le componenti del credito azionato per capitale, interessi ed accessori(153).
(153) Sul punto, gioverà osservare che per Cass. civ., sez. lav., 14.02.2013, n°3667, in Giust. civ. Mass.
2013, «il titolo esecutivo giudiziale (nella specie, decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo perché non
opposto) copre i fatti estintivi (o modificativi o impeditivi) del credito intervenuti anteriormente alla
formazione del titolo e non può essere rimesso in discussione dinanzi al giudice dell'esecuzione ed a
quello dell’opposizione per fatti anteriori alla sua definitività, in virtù dell’intrinseca riserva di ogni
questione di merito al giudice naturale della causa, per cui, qualora a base di una qualunque azione
esecutiva sia posto un titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell'esecuzione non può effettuare alcun
controllo intrinseco sul titolo, diretto cioè ad invalidarne l'efficacia in base ad eccezioni o difese che
andavano dedotte nel giudizio nel cui corso è stato pronunziato il titolo medesimo, potendo solo
controllare la persistente validità di quest’ultimo ed attribuire rilevanza ai fatti posteriori alla sua
formazione» (sull’acquisto dell’autorità del giudicato da parte del decreto ingiuntivo non opposto, cfr., ex
multis, anche Cass. civ., SS.UU., 1.03.2006, n°4510, in Giust. civ. 2006, 6, 1157, con note di GIACALONE
e CACCAVIELLO; nonché in Corriere del merito 2006, 6, 744, con nota di TRAVAGLINO). Nello stesso
senso si era in precedenza espressa anche Cass. civ., sez. III, 11.05.2010, n°11360, in Giust. civ. Mass.
2010, 5, 718, secondo cui «il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto
ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del
titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e
modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con
l’opposizione, mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un
mutamento del petitum ovvero della causa petendi in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato
dal decreto esecutivo» (in senso conforme alla prima parte della massima cfr. Cass. civ., sez. III,
24.07.2007 n°16319, in Giust. civ. Mass. 2007, 7-8; Cass. civ., sez. III, 24.03.2006 n°6628, in Giust. civ.
Mass. 2006, 3). All’interno della giurisprudenza di merito, tra le più recenti, si segnala anche Tribunale S.
Maria Capua Venere, 26.09.2011, in Redazione Giuffrè 2011 (Juris Data), per la quale «non merita
accoglimento l’opposizione all'esecuzione avente ad oggetto l’inesistenza del diritto a procedere ad
esecuzione forzata per asserita illegittimità o inefficacia di un titolo esecutivo di formazione giudiziale.
Ciò in quanto in sede di opposizione all’esecuzione il controllo attiene alla validità ed esistenza del
titolo, e non ad un controllo intrinseco sul titolo esecutivo diretto ad invalidarne l'efficacia in base ad
eccezioni deducibili nel procedimento in cui esso si è formato». A dimostrazione dell’ampiezza del
dibattito interpretativo sull’argomento, va altresì rilevato che per Cass. civ., sez. III, 18.10.2012,
n°17903, in Giust. civ. Mass. 2012, 10, 1225, «la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore può essere
neutralizzata soltanto con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale consacrato
dal giudicato, che si siano verificati successivamente alla formazione dello stesso. Ne consegue che, in
relazione ad un titolo esecutivo ormai formatosi, non può considerarsi fatto modificativo sopravvenuto la
promulgazione della legge n. 108 del 1996, in quanto gli interessi pretesi con quel titolo non sono
suscettibili di alcuna valutazione in termini di usurarietà alla luce dei criteri della legge sopravvenuta»
(si veda, peraltro, quanto sarà esposto nel prosieguo in tema di rilevanza dell’usurarietà sopravvenuta).
Ancora in materia di decreto ingiuntivo, secondo Tribunale Monza, 24.04.2013, in Redazione Giuffrè
2013, «la mancata opposizione al decreto ingiuntivo determina l’irretrattabilità delle relative statuizioni,
essendo lo strumento giudiziale passibile di acquisire forza ed autorità di cosa giudicata, sotto il profilo
formale, ai sensi dell’art. 324 c.p.c., e sostanziale, ai sensi dell’art. 2909 c.c. (Nella specie, in
accoglimento della eccezione di giudicato, è inammissibile la domanda di accertamento, in relazione ai
contratti di conto corrente ordinario, di indebito computo di poste non dovute in violazione del divieto di
anatocismo ai sensi dell’art. 1283 c.c., in quanto non proposta in opposizione al decreto ingiuntivo)».
Va altresì osservato che secondo Cass. civ., sez. lav., 28 aprile 2010, n. 10164, un titolo, anche di
formazione giudiziale, non può considerarsi esecutivo se non quando consente la determinazione degli
importi dovuti o perché già indicati nel proprio testo, o perché comunque determinabili agevolmente in
base agli elementi numerici contenuti in quel testo attraverso operazioni aritmetiche elementari, oppure
predeterminati per legge, senza fare ricorso ad elementi numerici ulteriori che non risultino dal testo della
pronunzia.
Infine, in materia di integrazione del titolo esecutivo, va osservato che per Cass. Civ., sez. III,
16.04.2013, n°9161, in Guida al diritto, n°22/2013, 59 «il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell’articolo
474, comma 2, n.1, del Cpc, non si identifica né si esaurisce nel documento giudiziario in cui è
consacrato l’obbligo da eseguire, essendo consentita l’integrazione del provvedimento con elementi
extratestuali, purché idoneamente richiamati in modo da rendere possibile l’esecuzione concreta
dell’obbligo; in particolare, l’integrazione della sentenza di appello, costituente titolo esecutivo, può
essere realizzata mediante il richiamo, espresso e in equivoco, della condanna già pronunciata in primo
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6 febbraio 2014
Se l’intervento o il pignoramento si basano su titoli di natura negoziale (come, ad es.,
contratto di mutuo, apertura di credito in conto corrente, finanziamento per anticipi su
crediti, sconto bancario, anticipo su portafoglio commerciale, operazione di factoringleasing, prestito contro cessioni del quinto dello stipendio, operazioni di credito al consumo,
altro finanziamento a breve e medio-lungo termine(154), ecc.), occorre analizzare
attentamente il profilo riguardante la esatta quantificazione degli importi dovuti, non
potendosi in linea di principio escludere che il debitore o uno dei creditori concorrenti possa
muovere contestazioni mirate alla riduzione del quantum portato dal titolo oggetto di
doglianza (con l’ovvia considerazione che, in una simile ipotesi, soltanto la sentenza che
definirà l’opposizione renderà incontestabile il credito accertato).
Altro tema degno di particolare considerazione è quello concernente gli interessi reclamati
(per misura e tipologia) in relazione ai crediti dedotti all’interno del procedimento (con un
occhio anche alla natura dei soggetti titolari degli stessi, ad es. istituto bancario, società di
leasing-factoring, finanziaria).
Le questioni che si profilano al riguardo saranno di seguito passate in rassegna.
§1.1.1.- Gli interessi superiori agli interessi legali
L’art. 1284, terzo comma, c.c. stabilisce che «gli interessi superiori a quelli legali devono
essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale».
La norma è di agevole lettura: la misura di interessi passivi ad un tasso superiore a quello
legale deve essere stabilita per iscritto a pena di nullità(155); in mancanza, sono dovuti
esclusivamente gli interessi legali.
In riferimento ad uno dei contratti bancari più frequentemente “azionati” dagli istituti
bancari, e cioè il conto corrente, va evidenziato che - fino alla emanazione della legge L.
17.02.1992 n°154 (c.d. legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari) - il
requisito della necessaria determinazione scritta degli interessi era aggirato per relationem,
attraverso la previsione convenzionale (ma, di fatto, unilaterale) di una clausola che si
limitava ad operare un mero rinvio agli usi praticati su piazza.
L’operatività dell’art. 4, comma 3, L. n°154/92 (in vigore dal 9.07.1992) ha tuttavia colpito
con espressa sanzione di nullità le clausole di contratti bancari che, per la determinazione
degli interessi, anziché a parametri fissi, richiamavano «le condizioni praticate usualmente
grado, anche quando questa sia contenuta in una sentenza dichiarata nulla in secondo grado, ma
confermata nel merito dal giudice d’appello».
(154) In via generale, possono definirsi finanziamenti a medio-lungo termine quelli contraddistinti da una
scadenza contrattuale superiore a diciotto mesi; a differenza dei finanziamenti bancari a breve termine
(destinati in maniera indifferenziata al finanziamento del capitale di esercizio delle imprese),
rappresentano una tipologia di operazioni indicata come credito di scopo, perché caratterizzata dalla
sussistenza di una stretta correlazione tra il prestito erogato e l’investimento oggetto del finanziamento.
(155) In tema di obbligo della forma scritta per la validità della pattuizione di interessi extra-legali, cfr., ex
plurimis, Cass. civ., sez. III, 29.01.2013, n°2072, in Giust. civ. Mass. 2013, in tema di mutuo; Corte
appello Roma, sez. II, 05.04.2012, n°1907, in Guida al diritto 2012, 25, 66 (s.m.), in materia di conto
corrente; Cass. civ., sez. I, 16.02.2010, n°3619, in Giust. civ. Mass. 2010, 2, 213, in tema di cambiale;
Cass. civ., sez. I, 8.05.2008, n°11466, in Guida al diritto 2008, 31, 75 (s.m.), relativamente all’apertura di
credito.
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6 febbraio 2014
dalla aziende di credito sulla piazza»: tali pattuizioni negoziali(156), ove inserite nel
contratto, dovevano essere dichiarate nulle e considerate come non apposte.
Alla declaratoria di nullità della clausola consegue pertanto che alle somme di cui la banca è
creditrice trova applicazione, ai sensi dell’art. 1284 comma 2 c.c., il tasso legale degli
interessi, senza che tale vizio possa ritenersi superato per l’intervenuta, ancorché ripetuta,
approvazione dei relativi estratti conto(157).
La disposizione di cui all’art. 4, comma 3, della L. n°154/92 è stata riprodotta anche nel D.
Lgs. 1.09.1993 n°385 (c.d. Testo Unico Bancario), il quale all’art. 117, comma 6, stabilisce
che sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la
determinazione di tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizioni praticati(158).
Trattasi di norma non retroattiva, come si ricava dalla previsione dell’art.161, comma 6,
T.U.B. (159).
L’evoluzione normativa richiamata ha posto definitivamente fine al problema della
arbitraria determinazione del tasso di interesse applicabile nei contratti bancari, tutelando la
posizione del cliente quale parte contrattuale più debole, e in precedenza costretto a
fronteggiare condizioni generali di contratto che non indicavano il tasso di interesse debitore
applicato all’apertura del rapporto, rinviando genericamente agli usi di piazza.
In definitiva, la nullità della clausola di rinvio agli usi(160) comporta l’applicazione di
interessi passivi al tasso legale in virtù di quanto disposto dall’art. 1284 cod. civ., con
conseguente ricalcolo delle somme che hanno determinato il saldo debitore apparente (fino
all’8 luglio 1992); per la parte del rapporto successiva (dal 9 luglio 1992) e per i contratti
stipulati dopo questa data si applica l’art. 117 T.U.B. (D.Lgs. n°385/93)(161) il quale
(156) Il tipico tenore letterale di siffatte clausole era il seguente: «gli interessi dovuti dal correntista
all’Azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente
dalle aziende di credito sulla piazza e producono interessi nella stessa misura».
(157) Cfr., solo tra le più recenti, Cass. civ., sez. III, 29.01.2013, n°2072, cit.; Corte appello Roma, sez. II,
05.04.2012, n. 1907, cit.; Corte appello Bari, sez. II, 28.02.2012, n°174, in Giurisprudenzabarese.it 2013;
Tribunale Roma, sez. IX, 14.09.2011, n°17715, in Redazione Giuffrè 2011; Tribunale Salerno, sez. I,
08.09.2010, n°1988, in Redazione Giuffrè 2010; Cass. civ., sez. III, 19.05.2010, n°12276, in Giust. civ.
Mass. 2010, 5, 783 e numerose altre.
(158) Tuttavia, per il comma 7 lettera a) dell’art. 117, il tasso di interesse applicabile, nell’ipotesi in cui vi
sia un rinvio agli usi, non è quello legale - come è previsto, invece, per la mancata determinazione,
dall’art. 1284, comma 2 c.c. - ma quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli
similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro ed emessi nei dodici mesi precedenti la
conclusione del contratto.
(159) Cass. civ., sez. III, 18.04.2001 n°5675, in Giust. civ. Mass. 2001, 812; Tribunale di Piacenza,
22.12.2010, in ilcaso.it, I, 2857, pubbl. il 4.02.2011.
(160) Nullità che può essere rilevata anche d’ufficio, come da ultimo ribadito da Cass. civ., sez. I,
30.10.2013, n°24483, in Guida al diritto, n°47 del 23.11.2013 (s.m.). Va poi evidenziato che per Cass.
civ., sez, I, 4.12.2013, n°27718 (reperibile sul sito Ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9840 - pubb.
19/12/2013) anche prima dell’entrata in vigore della legge n°154/1992 il rinvio contrattuale all’«uso su
piazza» era inficiato di nullità per indeterminatezza ex art. 1346 c.c.: di qui (nella fattispecie esaminata
dal giudice di legittimità) la nullità della pattuizione di massimo scoperto, quale che sia il tempo in cui sia
stata stipulata, che rapporti la misura della sua applicazione alle «condizioni generalmente applicate su
piazza nel periodo».
(161) Paradigmatica delle argomentazioni esposte è Cass. civ., Sez. I, 28.03.2002, n°4490, in Giust. civ.
Mass. 2002, 538., secondo cui «In tema di contratti bancari, la clausola - stipulata anteriormente alla
entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria - che, per la pattuizione
di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle
condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è in ogni caso divenuta inoperante
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stabilisce infatti che nei contratti bancari deve essere indicato «il tasso di interesse ed ogni
altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori
oneri in caso di mora».
§1.1.2.- Gli interessi usurari
Accertata la forma scritta per la determinazione del tasso di interesse debitore, si dovrà
verificare l’eventuale superamento del tasso soglia ai sensi della legge sull’usura (L. 7
marzo 1996, n. 108).
Come è noto, l’art.1 della legge n°108/1996(162), nel modificare l’art.644 c.p., ha statuito
che la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
Il parametro al quale agganciare la valutazione della usurarietà degli interessi è stato
individuato nel tasso effettivo globale medio (comprensivo di commissioni, di
remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse) rilevato
trimestralmente dal Ministero dell’Economia e relativo alla categoria di operazioni in cui il
credito è compreso; nella versione originaria della norma (art.2, comma 4, L. n°108/96) il
T.E.G.M. andava aumentato della metà.
L’attuale formulazione della norma (introdotta dall’art.8, comma 5, lett. d, del decreto legge
13.05.2011 n°70 - c.d. “decreto sviluppo” - convertito con modificazioni dalla L.
12.07.2011, n°106) stabilisce che il limite (previsto dal terzo comma dell'articolo 644 c.p.),
oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio
risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (ai sensi del
comma 1 del medesimo art.2) relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito
è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro
punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore
a otto punti percentuali(163).
a partire dal 9 luglio 1992, data di entrata in vigore dell’indicato “ius superveniens”, atteso che la
previsione imperativa, da esso posta (art. 4 l. 17 febbraio 1992 n. 154, poi trasfuso nell’art. 117 t.u. 1
settembre 1993 n. 385), che sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei
tassi di interesse, se non incide, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, sulla
validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già conclusi, impedisce tuttavia che esse, nei
rapporti ancora in corso, possano produrre per l'avvenire ulteriori effetti».
(162) Nei primi anni ’90 l’andamento negativo del ciclo economico, acuito in Italia dai problemi connessi
al risanamento del deficit pubblico, ha determinato una recrudescenza del fenomeno usura, che aveva
acquistato caratteri del tutto inediti rispetto al passato.
Ben presto la necessità di nuovi strumenti giuridici idonei in qualche modo ad arginare dinamiche
usurarie in costante evoluzione (il superamento della figura del mutuo feneratizio - ipotesi prima
preferenziale del fenomeno usurario - aveva finito per alimentare la c.d. usura reale, tra i punti di forza
della criminalità organizzata, che si procurava in tal modo, anziché somme di denaro, beni mobili o
immobili) è divenuta sempre più stringente: così, in un breve arco di tempo il legislatore (dopo una stasi
durata oltre sessanta anni) è intervenuto in materia per ben due volte: con l’art.11 quinquies del D.L.
8.06.1992 n°306 (convertito, con modificazioni, in legge 7.08.1992 n°356), con cui si aumenta in modo
consistente la pena edittale dell’ipotesi base e viene introdotto l’art. 644 bis, recante la rubrica «usura
impropria»); e, dopo appena quattro anni, tramite l’emanazione della legge 7 marzo 1996 n°108(in G.U.
09.03.1996 n°58) contenente «Disposizioni in materia di usura».
(163) Per fare un esempio, mentre con la versione originaria della legge n°108/1996, assumendo a
riferimento un TEGM del 6%, bastava aumentare del 50% tale valore (e cioè il 3%) per ottenere il tasso
usurario al 9% (6 + 3), a seguito delle modifiche introdotte dal “Decreto Sviluppo” si dovrà aggiungere
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La legge n°108/1996 (entrata in vigore il 24.03.1996 ) ha altresì stabilito, all’art.3, che, fino
all’emanazione del primo Decreto Ministeriale di rilevazione dei tassi effettivi globali medi
(avvenuta con D.M. 22.03.1997), chiunque si fa dare o promettere da soggetto in condizioni
di difficoltà economica o finanziaria, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra
utilità, interessi o altri vantaggi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e ai tassi
praticati per operazioni similari dal sistema bancario e finanziario, risultano sproporzionati
rispetto alla prestazione di denaro o altre utilità, commette il reato di usura.
Sulla scorta del richiamato dato normativo (soprattutto a seguito della “spinta” determinata
dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (164)) si è posto il problema della validità
delle clausole relative alla pattuizione di interessi ad un tasso divenuto successivamente
usurario (la questione riguarda, in sostanza, tutti i contratti stipulati anteriormente al
24.03.1997, nonché quelli a tasso fisso stipulati in epoca successiva).
Il Legislatore ha risolto definitivamente il problema con l’emanazione del D.L. 29
dicembre 2000, n.394 (convertito con modificazione nella Legge 28 febbraio 2001, n.24),
il cui art.1, comma 1, stabilisce che «ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice
penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli
interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o
comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro
pagamento» (la nuova normativa ha superato peraltro, pressoché indenne, le numerose
censure di incostituzionalità mossele contro, dal momento che la Corte Costituzionale, con
la nota sentenza del 25.02.2002 n°29, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità
un quarto del TEGM (nell’esempio in esame, 1/4 del 6%, pari a 1,50%) ottenendo una prima soglia del
7,5%; a questo valore si devono sommare 4 punti percentuali “secchi”, pervenendo così all’11,5%.
Conseguentemente, e con un TEGM del 6%:
- con la legge 108/1996 il tasso usurario era fissato al 9%,
- con la legge 110/2011 il tasso usurario si innalza sino all’11,50%.
Secondo gli operatori finanziari le ragioni che hanno determinato la modifica nella determinazione del
tasso usurario sono da individuare nella situazione di mercato determinatasi per effetto dall’applicazione
della originaria normativa anti-usura, che aveva innestato un trend al ribasso dei tassi di interesse,
causando un sostanziale razionamento del credito: l’eccessivo abbassamento dei tassi non consentiva la
possibilità di finanziare i clienti meno affidabili (applicando tassi più alti ma adeguati alla concreta
situazione economica di costoro) ai quali di fatto veniva sostanzialmente precluso l’accesso al credito. In
pratica per concedere prestiti a soggetti a basso reddito (e per questo meno affidabili) era necessario
aumentare il tasso di interesse applicabile sui relativi finanziamenti, con la conseguenza che le rate
diventavano ancora più insostenibili proprio per soggetti già economicamente svantaggiati. .
Rispetto al precedente sistema di calcolo, sino ad un valore del Tasso effettivo globale medio del 16%, la
soglia d’usura risulta aumentata significativamente per i tassi più bassi, e in misura via via ridotta per i
tassi più elevati. Per valori del TEGM superiori al 16%, invece, il nuovo sistema di calcolo conduce a
valori della soglia più bassi rispetto al precedente: il punto di indifferenza fra il precedente criterio e
quello vigente è posto in corrispondenza della soglia del 24% (TEGM del 16%) (così VIZZARI, Usura:
definizione del tasso soglia, è un meccanismo corretto?, 22.10.2013, reperibile all’URL
http://www.consumatoridiritti mercato.it/assicurazioni-banche-e-servizi-finanziari/usura-definizione-deltasso-soglia-e-un-meccanismo-corretto/).
(164) Cfr., ex plurimis, il fondamentale arresto rappresentato da Cass. Civ., 17.11.2000 n°14899, la quale
ebbe a statuire che «in tema di contratto di mutuo, la pattuizione di interessi moratori a tasso divenuto
usurario a seguito della legge n. 108 del 1996 è illegittima anche se convenuta in epoca antecedente
all'entrata in vigore di detta legge e comporta la sostituzione di un tasso diverso a quello divenuto ormai
usurario, limitatamente alla parte di rapporto a quella data non ancora esaurito» (la sentenza è stata, tra
l’altro, pubblicata su Giust. civ. 2000, I,3099, con nota di DI MARZIO; Banca borsa tit. cred. 2000, II, 621
con nota di DOLMETTA; Foro it. 2001, I, 80, con nota di PALMIERI).
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costituzionale proposte avverso la disciplina in commento)(165).
(165) CENNI SULLE PROBLEMATICHE IN MATERIA DI USURA.- Si è anticipato che la
normativa anti-usura (L. 7 marzo 1996 n°108) ha fissato il principio secondo cui devono considerarsi
usurari i tassi che superano determinati limiti, definiti dalla legge.
LA LEGGE 7 MARZO 1996 N.108.- L’art. 4 della l. 108/96, che ha modificato l’art. 1815, 2° comma c.c.
in materia di mutuo, ha disposto che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola é nulla e non sono
dovuti interessi». Ciò comportava che, qualora fosse stato accertata in sede giudiziale la pattuizione di
interessi a tassi usurari, era dovuta solo ed esclusivamente la restituzione del capitale e non degli interessi,
rendendo così gratuito, di fatto, il mutuo praticato a tassi usurari. Ora, se - con riferimento alla
stipulazione di contratti di finanziamento successivi alla emanazione della legge antiusura - non si è posto
alcun dubbio circa l’applicabilità della nuova normativa, gravi problemi interpretativi si sono invece
delineati in relazione ai contratti stipulati in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge: da qui
l’ovvia contrapposizione tra la posizione della clientela, la quale affermava che i vecchi contratti
avrebbero dovuto essere adeguati alla nuova normativa (con il rispetto dei tassi soglia) e la posizione del
settore bancario, secondo il quale la legge, con i suoi limiti, avrebbe dovuto trovare applicazione ai soli
contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore.
Peraltro, trattandosi nella specie di disposizioni con evidenti implicazioni penali, si è sostenuta la
rilevabilità d’ufficio della violazione del divieto di percepire tassi superiori a quello usurario; dal che
consegue (in un’ottica filoconsumeristica) la riconducibilità nei limiti del tasso soglia - tempo per tempo
vigente - degli interessi richiesti alle parti, anche in caso pattuizione convenzionale di tassi superiori. Ciò
in quanto gli interessi maturano giorno per giorno e quindi le modalità e la misura con cui essi maturano
sono soggetti alla normativa via via vigente.
L’entrata in vigore della nuova normativa antiusura ha da subito rivoluzionato l’interpretazione in tema di
reati di usura, determinando un innalzamento del contenzioso tra clientela ed istituti di credito ed altri
soggetti finanziari, ai quali veniva contestata l’applicazione di tassi di interesse divenuti superiori rispetto
ai limiti stabiliti dalla legge.
LA PRIMA “LETTURA” DELLA CASSAZIONE IN MERITO ALLA LEGGE N.108/96.- La Corte di Cassazione,
chiamata per la prima volta, dopo l’entrata in vigore della riforma, a pronunciarsi sull’applicazione delle
disposizioni della legge n°108/96 relativamente ad un contratto di apertura di conto corrente stipulato
prima dell’entrata in vigore della stessa (e in relazione al quale era stata richiesta l’applicazione di tassi di
interesse usurari) ha stabilito che «nei rapporti di conto corrente bancario, anche se sorti in epoca
anteriore alla legge sull’usura, deve ritenersi illegittima la pretesa di un istituto di credito di riscuotere,
a titolo di scoperto, un interesse superiore al tasso soglia stabilito nei vari periodi di riferimento con
decreto del ministero del Tesoro. Alla stregua della nuova normativa, infatti, non è più possibile
continuare a dare effetto alla pattuizione di interessi superiori alla soglia usuraria a fronte di un
principio introdotto nell’ordinamento con valore generale e di un rapporto non ancora esaurito». (Cass.
civ., sez. I, 22.04.2000, n°5286, pubblicata, tra le tante, in Giust. civ. Mass. 2000, 877 e in Banca borsa
tit. cred. 2000, II, 620, con nota di DOLMETTA). Questo orientamento fu confermato qualche mese dopo
dalla Suprema Corte con la succitata sentenza 17.11.2000 n°14899 proprio in materia di mutuo, con
l’affermazione della illegittimità del tasso oltre-soglia per se la relativa misura fosse stata pattuita in
epoca antecedente alla operatività della normativa anti-usura. Secondo l’indirizzo interpretativo
consacrato dalle richiamate pronunce della Cassazione, dal momento dell’entrata in vigore della nuova
legge n°108/96 tutti i contratti, indipendentemente dalla data di stipula, dovevano essere “adeguati” ai
limiti stabiliti dalla stessa, dovendo la valutazione di usurarietà essere rapportata non al momento di
perfezionamento del negozio, bensì al momento del pagamento degli interessi, ovvero (secondo una
diversa lettura) al momento della relativa maturazione (in dottrina, sul punto, cfr. GIOIA, Usura: nuovi
ritocchi, in Corr. Giur., n.7/1998, 805 e ss.; CARBONE, Interessi usurari dopo la l. n. 108/96, in Corr.
Giur., n.7/1998, 198 e ss.; INZITARI, Il mutuo con riguardo al tasso soglia della disciplina antiusura e al
divieto di anatocismo, in Banca, borsa e tit. cred., 1999, I, 257 e ss.; OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra
diritto civile e penale, in Riv. dir. civ., 1999, 42 e ss.).
LA SOLUZIONE DEL GOVERNO AMATO SUL TEMA DELL’USURA.- All’orientamento della giurisprudenza di
legittimità ha fatto da contraltare, tuttavia, il D.L. 29.12.2000, n°394, convertito, con modificazioni, in L
28.22001, n°24 (interpretazione autentica della legge 7.3.1996, n°108, recante disposizioni in materia di
usura) ha stabilito che «ai fini. dell’applicazione dell’at 644 del codice penale e dell’at 1815, secondo
comma, del codice civile, si intendono usurai gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel
momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal
momento del loro pagamento».
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Per il legislatore, pertanto, soltanto in caso di interessi originariamente usurari trova applicazione la
sanzione della nullità prevista dalla normativa anti-usura.
Malgrado le numerose critiche addensatesi contro l’intervento del Governo, la Corte Costituzionale ha di
fatto “salvato” la Legge n°24/2001, affermando che «nel caso di interessi originariamente usurari pattuiti
dopo l’entrata in vigore della L.7.03.1996 n°108, la nullità della relativa clausola non è preclusa
dall’applicazione dell’art.1, 1° co., d.l. 23.12.2000 n°394, in forza del quale, ai fini dell’applicazione
dell’art. 1815, 2° co., c.c., l’usurarietà degli interessi va valutata esclusivamente al momento della
pattuizione» (con questa considerazione la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile - per difetto
di rilevanza - la q.l.c., in riferimento agli art 3, 24, 35, 41, 47 e 77 Cost, della disposizione di
interpretazione autentica nella causa relativa a contratto di mutuo stipulato nel vigore della I. a 108 del
1996, con cui erano stati convenuti interessi fin d origine usurari). Inoltre, «la norma denunciata trova
giustificazione,. sotto il profilo della ragionevolezza, nell’esistenza di tale obiettivo dubbio ermeneutico
sul significato delle espressioni “si fa dare (…) interessi (…) usurari” e “facendo dare (..) un compenso
usurario” di cui all’art.644 c. p., in rapporto al tenore dell’art.1815, secondo comma, cod. civ. (“se sono
convenuti interessi usurari”) ed agli effetti correlativi sul rapporto di mutuo. L’art.1, 1° co., d.l..
23.12.2000 n°394, nel precisare che le sanzioni penali e civili di cui agli artt. 644 c. p. e 1815,2° co., c.c.
trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, impone - tra
le tante astrattamente possibili - un’interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche,
come modificate dalla legge n°108 del 1996, che non è soltanto pienamente compatibile con il tenore e la
ratio della suddetta legge ma è altresì del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza»
(Corte Cost., 25.2.2002, n°29, in Giust. civ., 2002, 1, 869 e, altresì, in Foro It., 2002, 1, 934; confermata
successivamente da Corte Cost., 31.10.2002, n°436, in Giust. civ., 2002, 3275).
L’intervento “chiarificatore” della Corte Costituzionale ha prodotto un iniziale adeguamento della
giurisprudenza di legittimità a quanto stabilito dal legislatore, venendosi così a configurare l’indirizzo
interpretativo secondo cui i criteri fissati dalla L. n°108/1996 per la determinazione del carattere usurario
degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della
stessa legge: ciò in ossequio alla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art.1, 1° co., D.L.
23.11 2000 n°394 che, come tale, trova applicazione retroattiva alle controversie pendenti, con la
conseguenza che le disposizioni contenute nella L. n°108/1996 non sono applicabili ai contratti stipulati
anteriormente alla sua emanazione (Cass. civ., 26.06.2001, n°8742, in Giust. civ., 2002,1, 116).
Su questa scia, si è statuito che «in tema di contratto di mutuo, l’art.1 L. 108/1996, che prevede la
fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari,
riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori, ma non si applica ai contratti contenenti
tassi usurari stipulati prima della sua entrata in vigore se relativi a rapporti completamente esauriti al
momento della entrata in vigore della legge» [Cass. civ., sez.III, 4.04.2003, n°5324, in Mass. Giust. civ.,
2003, 4. In seno alla più recente giurisprudenza di legittimità, Cass. Civ., sez. III, 25.01.2011, n°1748, in
Guida al diritto, n°11/2011, pag.70, ha ribadito che «la disciplina relativa ai tassi di interesse, introdotta
dalla legge n°108 del 1996, recante disposizioni in materia di usura, e, quindi, anche quella dettata dal
decreto legge n°394 del 2000, convertito dalla legge n°24 del 2001, di interpretazione autentica della
precedente, non può essere applicata ai rapporti completamente esauriti prima della sua entrata in
vigore. E’ irrilevante, per giungere ad una diversa conclusione, la pendenza di una controversia sulle
obbligazioni derivanti dal contratto e rimaste inadempiute le quali non implicano che il rapporto
contrattuale sia ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha lasciato in capo alle parti, o a una di
esse, delle ragioni di credito». Nello stesso senso anche Cass. civ., sez.I, 13.12.2010, n°25182, in
motivazione. Sulla distinzione tra rapporto “esaurito” e rapporto “chiuso”, cfr. DOLMETTA, La Cass.
n.692/2013 e l’usurarietà sopravvenuta, in www.ilcaso.it, Sezione II - Dottrina e opinioni - documento n.
333/2013, il quale segnala che in generale il rapporto «chiuso» è quello in cui, terminata la fase
fisiologica del rapporto (diversamente il rapporto è ancora «aperto»), questo resta però ancora produttivo
di una serie di effetti; nei rapporti «esauriti», invece, tutto è stato compiuto (nel caso dell’usura, l’attore
agisce in ripetizione)].
Non vi è pertanto dubbio, per la Suprema Corte, che siano venuti meno i presupposti per paralizzare
l’operatività della clausole, stipulate prima dell’entrata in vigore della normativa anti-usura (Cass. civ.,
24.09.2002, sez.I, n°13868, in Giust. civ. Mass. 2002, 1707; Cass. civ., sez.III, 25.03.2003, n°4380, in
Giust. civ. Mass. 2003, 600). Ne consegue che deve ritenersi legittima la clausola del contratto bancario
contenente un tasso di interesse che sarebbe usurario secondo il disposto della L.108/1996, qualora
pattuita prima della entrata in vigore di tale legge, essendo irrilevante il momento del pagamento (v. per
tutti, App. Napoli, 01.10.2010, in Dir. Fall., 2011, II, 237, con nota di FASCIANO; ABF, Collegio Milano,
18.11.2011, n°2183, secondo cui «gli interessi, che al tempo della stipula del contratto non sono usurari,
non lo possono in alcun modo diventare in un tempo successivo»; Trib. Napoli 24.03.2003, in Giur.
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merito, 2003, 1725; Trib. Napoli 11.10.2002, in Giur. merito, 2003, 900; App. Roma 13.09.2001, in Giur.
Romana, 2002, 8. Va però segnalato che, malgrado quanto esposto, la tesi della rilevanza della c.d.
usurarietà sopravvenuta comincia ben presto a radicarsi saldamente all’interno della giurisprudenza di
merito: cfr., ad es., Trib. Milano, 15.10.2005, in Giust. Milano, 2006, n.11, p. 75; Trib. Monza,
22.04.2003, in Giur. merito, 2004, 285; Trib. Cagliari, 6,04.2009, in Riv. giur. sarda, 2009, 747; Trib.
Salerno 19.03.2009, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 65; Trib. Benevento, 2.01.2009, in Riv. giur.
molise, 2009, n. 2, 1).
Argomenti favorevoli alla tesi in esame potrebbero peraltro essere rinvenuti nella stessa Relazione
governativa di accompagnamento alla legge n°24/2001 (in Guida al Diritto. n°1/2001, pag. 87 e ss.) dalla
quale emergerebbe che l’intento del legislatore era quello, da un lato, di escludere la possibilità di
applicazione retroattiva della L. n°108/1996; dall’altro, quello di escludere l’ammissibilità dell’ipotesi
della cd. “usura sopravvenuta” concernente i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della l. 108/1996
(così CIVALE, Usura sopravvenuta: la Cassazione riapre il contenzioso banca - cliente, in Riv. dir. banc.,
dirittobancario.it, 7, 2013). E si è pure sostenuto che, nel caso in cui l’obbligazione di pagamento degli
interessi fosse condizionata da un dato accidentale, imprevedibile ed esterno alla volontà delle parti, quale
la riduzione del tasso soglia, la banca - creditrice di interessi pattuiti ab origine ad un tasso inferiore al
tasso soglia rilevato al momento della conclusione del contratto - sarebbe sempre esposta all’alea
ulteriore (rispetto a quella tipicamente insita nei contratti corrispettivi di durata) di non potere ottenere (in
caso di riduzione del tasso soglia) quanto contrattualmente e legittimamente pattuito con il cliente (cfr.
anche GAZZONI, Usura sopravvenuta e tutela del debitore, in Riv. Notariato 2000, 1450).
Per completezza di analisi, va osservato che, all’interno della giurisprudenza di merito, è stato affermato
(v. App. Milano 10.05.2002, in Giur. It., 2003, I, 502; App. Milano 6.03.2002, ibidem, 2003, 92, con nota
di PANDOLFINI) che la legge n°24/2001 opera in esclusivo riferimento ai contratti di mutuo, che
rimangono validi ove stipulati prima della legge n°108/96; in relazione invece a differenti tipologie di
contratti (ad es., apertura di credito), il superamento del tasso soglia comporta la nullità parziale della
prestazione: di qui la sostituzione di un tasso diverso a quello divenuto usurario limitatamente alla parte
di rapporto non ancora esaurita (App. Milano, 10.05.2002, cit.).
Secondo altra (e più radicale) opinione ancora, più radicale, l’interpretazione autentica della L. n°24/2001
è circoscritta alla sola applicazione delle sanzioni civili (art. 1815 c.c.) e penali (art. 644 c.p.) conseguenti
all’accertamento della fattispecie usuraria; diversamente, la disciplina interpretativa non opera “ad altri
fini” diversi dall’irrogazione delle predette sanzioni: «questo comporta che, ove in un contratto di
finanziamento il tasso soglia venga superato, benché non possa farsi applicazione della sanzione civile
della nullità della pattuizione degli interessi, il tasso soglia mantiene intatto il valore normativo “ad altri
fini”, quali la possibilità, per l’obbligato, di risolvere il contratto per impossibilità parziale della
prestazione ex art. 1464 c.c., ovvero di estinguere in ogni caso l’obbligazione mediante la prestazione di
interessi nei limiti del tasso soglia ex art. 1258 c.c.» (così, in termini, Tribunale di Monza, 10.09.2004
n°2461, est. D’AQUINO, a quel che consta inedita ma reperibile all’URL http://www.monza
cameracivile.it/Pages/Osservatorio/?id=370 - accesso 30.10.2013; in dottrina, cfr. PASSAGNOLI, Contratto
usurario e sopravvenienza normativa, Padova, 2005, 85).
LA REVIVISCENZA DELL’USURA SOPRAVVENUTA. Come se lo scenario non fosse già di per sé alquanto
controverso, la Iª Sezione della Cassazione ha ulteriormente rinfocolato le diatribe emanando la sentenza
n°602 dell’11.01.2013 (reperibile all’url http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/8312.pdf - si veda
anche la similare sentenza 11.06.2013 n°603, in Diritto & Giustizia 2013, con nota di VALERIO): nella
pronuncia in commento, la Suprema Corte - chiamata a statuire in relazione ad un rapporto di conto
corrente sorto prima della legge n°108/96 - ha escluso la possibilità di applicazione retroattiva della
normativa de qua, motivando che «giurisprudenza ormai consolidata (da ultimo Cass. n.25182 del 2010)
precisa che, con riferimento a fattispecie anteriore (come - pacificamente - nel caso che ci occupa) alla
L. 108 del 1996 (disciplina “anti-usura”), in mancanza di una previsione di retroattività, la pattuizione
di interessi ultralegali non è viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso di
interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta». Dal ragionamento spiegato
dalla Corte consegue pertanto (attesa la validità delle clausole relative agli oneri economici convenuti tra
le parti) che «è esclusa l’automatica sostituzione del tasso originariamente determinato con quello
legale», ma al contrario «trattandosi di rapporti non esauriti al momento dell’entrata in vigore della L.
n.108 (con la previsione di interessi moratori fino al soddisfo)» occorre piuttosto procedere, ai sensi degli
articoli 1419, secondo comma, c.c. e 1339 c.c., in tema di inserzione automatica di clausole, alla
sostituzione con i tassi soglia in relazione ai diversi periodi.
La irretroattività dei criteri fissati dalla legge n.108 del 1996 per la determinazione del carattere usurario
degli interessi è stata successivamente ribadita da Cass. civ., sez. III, 22.03.2013, n°7243, in Guida al
diritto, n°22/2013, p.59.
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Come osserva DOLMETTA, La Cass. n.692/2013 e l’usurarietà sopravvenuta, cit., la questione non risiede
tanto nel momento della stipulazione, quanto nel momento del pagamento, tenuto anche conto la legge
antiusura aveva come finalità preminente quella di razionalizzare il mercato del credito e di abbassare il
costo del denaro: in questa prospettiva, in cui acquista rilievo decisivo il tempo di maturazione degli
interessi (fenomeno ciclico e non già istantaneo), circoscrivere la rilevanza e l’applicabilità della
disciplina dell’usura al momento costitutivo dei rapporti di credito, equivarrebbe a vanificare gli scopi
della stessa legge.
Secondo l’autore, applicare interessi che secondo la rilevazione trimestrale risultano oggettivamente
usurari non può considerarsi meritevole di tutela ex art. 1322 c.c.: ancora una volta è il principio stabilito
dalla legge penale a fissare la borderline. Né può definirsi conforme al canone di buona fede oggettiva il
comportamento di colui che pretende il pagamento di una somma a titolo di interessi da chi per legge, in
quel momento, non potrebbe promettere quella somma. Corretto ed equo è, piuttosto, riportare la richiesta
al quantum che risulta in quel periodo mediamente normale, vale a dire al TEGM corrente del trimestre.
Il principio di diritto sancito dalle pronunce della Cassazione nn.602-603/2013 è stato immediatamente
condiviso anche dall’Arbitro Bancario e Finanziario (sistema di risoluzione stragiudiziale previsto
dall’art.128 bis della legge sul risparmio n°262/2005, articolato nei tre Collegi giudicanti di Milano,
Roma e Napoli), che ha così pronunciato: «il superamento del tasso soglia sopravvenuto nel corso del
contratto comporta l’inopponibilità al cliente dei tassi eccedenti tale limite. In favore di questa soluzione
depongono, oltre ad esigenze di razionalizzazione del mercato del credito, da un lato, la sentenza della
Corte di Cassazione n. 603/2013; dall’altro, le prescrizioni della Banca d’Italia (in specie, la
Comunicazione 20 aprile 2010) le quali, caratterizzandosi per l’assenza di specificazioni in ordine al
momento del superamento del tasso soglia, si prestano ad una applicazione ultrattiva rispetto alla fase di
costituzione del rapporto» (ABF Napoli, decisione 3.04.2013 n.1796, reperibile all’URL
http://www.arbitrobancariofinanziario.it/ decisioni/categorie/Carte%2520di%2520credito/ Tipologia/Dec20130403-1796.pdf. In precedenza, peraltro, ABF Roma, decisione 29.02.2012 n.620, reperibile su
ilcaso.it., I, 7121 - pubb. 23.04.2012, aveva affermato che «nel caso un contratto preveda un tasso di
interesse non usurario al momento della stipula - perché precedente all’entrata in vigore della legge n.
108/1996 o perché conforme al tasso soglia vigente in quel momento - ma divenuto tale nel corso del
rapporto, non trova applicazione la norma dell’art. 1815, comma 2, c.c., in ragione dell’espressa
disposizione dell’art. 1 d.l. n. 394/2000, come convertito con legge n. 24/2001. Tuttavia, l’effettiva
applicazione di tassi superiori al tasso di usura è in contrasto con l’art. 2 legge n. 108/1996, norma
imperativa ispirata al generale principio di non abuso del diritto, e pure è in contrasto con il canone
della buona fede oggettiva. Di conseguenza, si impone allora una rideterminazione degli interessi entro i
limiti della soglia di usura, nel senso che ogni pretesa ulteriore risulta indebita». Tra la giurisprudenza di
merito successiva alle pronunce della Cassazione, cfr. Tribunale di Pescara, 24.06.2013, edita su
ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9331 - pubb. 24.0,/2013 , secondo cui «la verifica della conformità degli
interessi applicati al meccanismo del tasso soglia, introdotto dalla legge n. 108/1996, non può essere
condotta sui contratti stipulati anteriormente all’entrata un vigore di questa, così come chiarito dall’art.
1, decreto legge n. 394/2000. La verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia va pertanto limitata
ai soli interessi applicati in forza del contratto stipulato dalle parti il 12.12.1997, successivamente
all'entrata in vigore della legge n. 108/1996.»). Nel new deal della Suprema Corte in materia di usura
sopravvenuta si inseriscono, da ultimo, anche Tribunale di Napoli, (ord.) 16.10.2013 (reperibile all’url
http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/tribunale_di_napoli_16_ottobre_2013.pdf- accesso
20.12.2013) il quale, in riferimento ai rapporti non esauriti prima dell’entrata in vigore della legge
antiusura (di cui ha ribadito l’inapplicabilità ai contratti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in
vigore) ha affermato che deve ritenersi operante, ai sensi dell’art. 1 di tale legge e degli artt. 1319 e 1419,
2° comma, cod. civ., la sostituzione automatica dei tassi convenzionali con i tassi soglia applicabili in
relazione ai diversi periodi; ed ancora, Tribunale di Lecce, 2.12.2013, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza,
9932 - pubb. 23.01.2014, che - nel ribadire il carattere di irretroattività delle norme di cui alla legge
n°108/96 - ha precisato altresì che, «con il sopraggiungere dei successivi tassi soglia», le clausole
contenute nei contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge anti-usura, pur essendo valide,
«divengono illegittime negli effetti, generandosi in tal modo un fenomeno di sostituzione automatica ex
art. 1339 c. c. ed applicandosi da tale momento, in conseguenza, il saggio c.d. di soglia (in luogo del
maggiore interesse contrattuale), limitatamente alla “porzione” di rapporto non ancora esaurita».
LE ISTRUZIONI DELLA BANCA D’ITALIA E LA GIURISPRUDENZA SULL’USURA SOPRAVVENUTA. All’interno
della dottrina è stato peraltro segnalata la sussistenza di un evidente “scollamento” tra le istruzioni della
Banca d’Italia in materia di usura e la recente giurisprudenza della Cassazione (cfr., ex multis,
MALVAGNA, A commento della comunicazione Banca d’Italia 3 luglio 2013: sull’usura sopravvenuta,
reperibile all’url http://www.ilcaso.it/articoli/364.pdf; DOLMETTA, A commento della comunicazione
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Banca d’Italia 3 luglio 2013:usura e interessi moratori, reperibile all’URL http://www.ilcaso.it/
articoli/363.pdf; MARCELLI, I chiarimenti della Banca d’Italia in materia di applicazione della legge
antiusura; uno sgarbo alla giurisprudenza, reperibile all’url http://www.ilcaso.it/articoli/368.pdf).
Ed infatti, con la comunicazione del 3 luglio 2013 («Chiarimenti in materia di applicazione della legge
antiusura», reperibile all’URL http://www.bancaditalia.it/media/chiarimenti/030713_antiusura.pdf) la
Banca d’Italia ha formulato alcune precisazioni sulle questioni (attualmente) controverse in materia di
usura.
Nella parte iniziale dei “chiarimenti” (n.1) la Banca d’Italia ribadisce la natura meramente «accertativa»
delle rilevazioni effettuate dalla Vigilanza in ordine ai tassi soglia, che «non sono fissati dalla Banca
d’Italia ma determinati da un automatismo stabilito dalla legge, a partire dai tassi medi di mercato
rilevati trimestralmente». All’autorità giudiziaria, soggiunge la Vigilanza (n.2) competono «la verifica
dell’usurarietà dei tassi applicati a singoli contratti e le conseguenti valutazioni, sotto l’aspetto civile e
penale». Dopo le evidenziate precisazioni, però la Banca d’Italia assume una marcata posizione in
materia di usura, operando una distinzione per i finanziamenti a utilizzo flessibile (vale a dire «le aperture
di credito in conto corrente, gli anticipi su crediti e sconto di portafoglio commerciale, il factoring e il
credit revolving») per i quali l’adeguamento alle recenti decisioni della Cassazione (e dell’ABF) può dirsi
pieno (n.3: «sono rilevati i TEG praticati nel trimestre per tutti i conti in essere anche se si tratta di
contratti stipulati in precedenza», dal momento che «i TEG applicati per tali operazioni sono sensibili
alle variazioni di mercato».); e i finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito (e cioè
«credito personale, credito finalizzato, leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto»), per i quali
sembra riproposta (n.4) la tesi (sconfessata dall’orientamento più recente della giurisprudenza di
legittimità) della «patente d’immunità» per i contratti che nascano non usurari: con riferimento a questi
finanziamenti, infatti, «viene rilevato il TEG relativo ai nuovi contratti stipulati nel trimestre. Per questa
tipologia di crediti la verifica sul rispetto delle soglie è compiuta solo al momento della stipula del
contratto, in cui la misura degli interessi è stabilita». Come correttamente osservato (cfr. MALVAGNA, A
commento della comunicazione Banca d’Italia 3 luglio 2013 (…), op. cit.) la distinzione operata sotto il
profilo della “flessibilità” del finanziamento non pare persuasiva (né è chiarita all’interno della
Comunicazione), dal momento che le ragioni richiamate a fondamento della rilevanza dell’usura
sopravvenuta valgono per un caso come per l’altro. In ogni caso, sarà il caso di evidenziare che la
posizione della giurisprudenza è ben definita, e cioè che «le direttive e le istruzioni della Banca d’Italia,
quale organo di vigilanza ed indirizzo delle banche e degli operatori finanziari, non sono vincolanti per
gli organi giurisdizionali, non essendo fonti normative» (Appello Milano 17.07-22.08.2013, n°3283, in
ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9479 - pubb. 26/09/2013).
USURA E INTERESSI DI MORA. Anche con riferimento a questo considerevole profilo è recentemente
emersa una asimmetria nelle posizioni della Banca d’Italia e della Suprema Corte. La Vigilanza, nella
richiamata Comunicazione del 3 luglio 2013 (n.4) ha chiarito che «i TEG medi rilevati dalla Banca
d’Italia includono, oltre al tasso nominale, tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito», tuttavia
precisando che «gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti dal
momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del
cliente». Così affermando, tuttavia, l’Authority è andata in palese contraddizione con un recentissimo
arresto del Giudice di legittimità: infatti secondo Cass. civ., sez. I, 09.01.2013, n°350, in Guida al diritto
2013, 7, 22 (con nota di SACCHETTINI) e in Diritto & Giustizia 2013 (con nota di VAZZANA), «ai fini
dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p. si considerano usurari gli interessi che superano
il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e
quindi anche a titolo d’interessi moratori (….) In tema di contratto di mutuo, il riferimento contenuto
nell'art. 1, comma 1, d.l. n. 394/2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile senza necessità di specifica motivazione - l’assunto secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli
interessi moratori». Sulla scia della Suprema Corte, anche Corte d’Appello di Venezia, Sez. III civ.,
18.02.2013, n°342, (reperibile all’URL http://www.almaiura.it/ pagina.aspx?a=298 - accesso 30.10.2013)
ha statuito che «la sanzione dell’abbattimento del tasso di interesse usurario si applica a qualunque
somma dovuta a titolo di interessi, legali o convenzionali, corrispettivi e moratori, con la esclusione del
caso in cui il rapporto contrattuale si sia estinto alla data della entrata in vigore della legge 108/1996».
In tema di oneri rilevanti ai fini dell’usura, per Tribunale Busto Arsizio 12 marzo 2013 (in ilcaso.it, Sez.
Giurisprudenza, 8680 - pubb. 25/03/2013) «secondo il chiaro tenore letterale dell’art. 644 comma 3 c.p.,
sono rilevanti, ai fini della determinazione del tasso soglia di cui alla normativa sull’usura, tutti gli oneri
che l’utente sopporti in connessione con l’uso del credito. Tra tali oneri rientra anche il costo della
polizza assicurativa a garanzia del rischio morte, invalidità e perdita di impiego del mutuatario
obbligatoria ex art. 54 D.P.R. n. 180/1950 per ottenere un prestito con cessione del quinto dello
stipendio.(….) In relazione all’individuazione dell’elemento oggettivo del reato di usura, la Banca
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Sulla scorta del dato normativo di riferimento ( e considerato lo scenario interpretativo che
si è venuto a delineare, richiamato in nota) può pertanto ritenersi che il professionista
delegato potrà procedere come segue:
1) se il tasso soglia risultava superato al momento della stipula:
• per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della L. 7 marzo 1996, n.108 non è
dovuto alcun interesse (si dovrà indicare nel progetto di distribuzione solo il
capitale)
• per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della L. 7 marzo 1996, n.108 il
tasso al quale devono essere ridotti (per il periodo successivo all’entrata in vigore
della normativa antiusura) è, appunto, il tasso soglia (determinato, come esposto, in
base alle modifiche introdotte dal “Decreto Sviluppo”n°70/2011 (conv. in L.
n°106/2011).
2) se il superamento del tasso soglia si è avuto in costanza di rapporto occorre operare
la riduzione automatica del tasso degli interessi a quello corrispondente al tasso soglia di
volta in volta rilevato.
§1.1.3.- Gli interessi anatocistici
PREMESSA.
Il fenomeno dell’anatocismo ha rappresentato (specie nell’ultimo quindicennio) un
problema di grande pregnanza sotto il profilo pratico, soprattutto in un contesto socioeconomico all’interno del quale ha acquisito dimensioni sempre più ampie (e toni vieppiù
stridenti) il contrasto tra istituti di credito (da sempre considerati elementi portanti
dell’economia del paese) e clientela; attesa la portata della questione, non minori sono state
le diatribe interpretative ingeneratesi (al fine di focalizzare debitamente sia la sostanza del
meccanismo in commento ma anche tutte le possibili implicazioni dello stesso sul piano
operativo) all’interno della dottrina e della giurisprudenza.
Come è noto, il termine “anatocismo” (166) indica il fenomeno per cui gli interessi maturati
su un capitale dato a prestito si sommano a loro volta al capitale stesso, che dunque
aumenta costituendo la base di calcolo di nuovi interessi.
d’Italia assolve alla limitata funzione di fornire dati statistici al Ministero del Tesoro. E’ evidente dunque
che le opinioni della Banca d’Italia non vincolano il giudice nell’interpretazione della legge» (sulla
inclusione della polizza assicurativa finalizzata al rimborso del mutuo nella determinazione del tasso
applicato, cfr. anche Appello Milano, 22.08.2013 n°3283, cit.)]. Infine, va evidenziato che secondo ABF
Napoli, decisione 20.11.2013, n°5877 (reperibile all’URL http://www.arbitrobancariofinanziario.it/
decisioni/categorie/Contratti%2520bancari%2520in%2520genere/Condizioni%2520economiche/Dec-20131120-5961
.pdf - accesso 29.12.13) «allorquando, nel quadro di pattuizioni contrattuali, l’applicazione dell’interesse
moratorio sia prevista come sostitutiva e non additiva rispetto all’interesse corrispettivo, ai fini della
verifica del superamento del c.d. “tasso soglia anti-usura”, i due tassi non vanno tra loro sommati». Da
ultimo, a dimostrazione dell’estrema vivacità interpretativa che si registra in materia, va richiamata anche
Tribunale di Rovereto, (ord.) 30 dicembre 2013, (reperibile su http://www.dirittobancario.it/sites/
default/files/allegati/tribunale_di_rovereto_30_dicembre_2013.pdf - accesso 18.01.2014) la quale ha
ribadito il principio sancito da Cass. n°350/2013, cit., secondo cui gli interessi di mora devono essere
ricompresi nel calcolo ai fini della verifica del superamento del tasso soglia ex art.108/96.
(166) Il termine “anatocismo” deriva dal composto greco ana tokismós, che ha il significato di “nuovo
interesse” o “nuova usura”.
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In altri termini, l’anatocismo può essere definito come l’applicazione degli interessi sugli
interessi già maturati (o interessi composti)(167).
Da un punto di vista generale, l’art. 1283 cod. civ. stabilisce che, «in mancanza di usi
contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda
giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti
di interessi dovuti almeno per sei mesi».
Malgrado il contenuto della richiamata disposizione codicistica, all’interno dei contratti
bancari oggetto di più frequente stipulazione (mutuo e/o apertura di credito in conto
corrente) sono state per lungo tempo inserite pattuizioni negoziali che prevedevano la
capitalizzazione periodica (in particolare: trimestrale) degli interessi debitori.
La questione ha con ogni probabilità trovato composizione, dopo annose ed alterne vicende,
nelle previsioni della legge 27.12.2013 n°147 («Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato» - c.d. Legge di Stabilità 2014, in Gazzetta Ufficiale,
Serie generale, n°302 del 27.12.2013, Suppl. Ordinario n°87), in vigore dal 1° gennaio
2014, il cui art.1, comma 629, si prefigge (come meglio si dirà nel prosieguo) di introdurre
nel nostro ordinamento il divieto dell’anatocismo bancario.
Attesa la novità dell’intervento legislativo richiamato (che, con ogni probabilità, innesterà come si è verificato per altri interventi in subiecta materia - un fervido dibattito
interpretativo) non sarà pertanto inutile illustrare il contesto normativo (ed esegetico)
venutosi a creare in tema di anatocismo e, soprattutto, le “risposte” date dal sistema ai fini di
una possibile composizione degli interessi in gioco.
§1.1.3.1.- Il nuovo corso della giurisprudenza in tema di capitalizzazione degli
interessi bancari - Il D. Lgs. n°342/99 e la delibe ra CICR del 9.02.2000
La Corte di Cassazione, dopo aver per lungo tempo avallato la legittimità della prassi
dell’anatocismo bancario(168), a partire del 1999(169) ha mutato ex abrupto il proprio
(167) Un esempio chiarirà meglio l’incidenza della capitalizzazione (trimestrale) degli interessi passivo.
1) Tasso di interesse: 5% Capitale a debito: 100.000,00
TRIMESTRE
CAPITALE
INTERESSE
SALDO di C/C
1°
2°
3°
4°
100.000,00
100.000,00
100.000,00
100.000,00
5.000,00
5.000,00
5.000,00
5.000,00
105.000,00
110.000,00
115.000,00
120.000,00
Totale interessi passivi: € 20.000,00 (interesse semplice)
2) Tasso di interesse: 5% Capitale a debito: 100.000,00
TRIMESTRE
CAPITALE
INTERESSE
SALDO di C/C
1°
2°
3°
4°
100.000,00
105.000,00
110.250,00
115.762,50
5.000,00
5.250,00
5.512,50
5.788,13
105.000,00
110.250,00
115.762,50
121.550,63
Totale interessi passivi: € 21.550,63 (interesse composto)
(168) L’orientamento giurisprudenziale assolutamente costante, instauratosi a partire dal 1981 (il leading
case è quello deciso da Cass. civ., 15.12.1981, n°6631, in Giust. civ., 1982, I, 1230, che statuendo in
materia di contratto di mutuo, affermò che «nel campo delle relazioni tra istituti di credito e clienti, in
tutte le operazioni di dare e avere, l’anatocismo trova generale applicazione, in quanto sia le banche sia
i clienti chiedono e riconoscono come legittima la pretesa degli interessi da conteggiarsi alla scadenza
non solo sull'originario importo della somma versata, ma sugli interessi da questa prodotti, e ciò anche a
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orientamento tradizionale, statuendo nel senso della illegittimità delle pattuizioni in tema
di capitalizzazione trimestrale degli interessi e dichiarando per l’effetto illecita la
richiesta di interessi sugli interessi anche nei contratti conclusi dagli operatori soggetti alla
disciplina del T.U. in materia bancaria e creditizia.
Successivamente al mutamento di indirizzo interpretativo del Giudice di legittimità, il
Governo (in attuazione della delega conferita con la Legge 24 aprile 1998, n°128) ha
emanato l’art. 25 del Decreto Legislativo 4 agosto 1999 n°342, il quale dispone
testualmente:
«1. La rubrica dell’articolo 120 del D.lgs. 1° settembre 1993, n.385 è sostituita dalla
seguente: “decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi”.
2. Dopo il comma 1 dell'articolo 120 t.u. è aggiunto il seguente: “2. il CICR stabilisce
modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni
poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle
operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità
nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori”.
3. Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei
contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al
comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate
al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi
dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia
può essere fatta valere solo dal cliente.
Il 9 febbraio 2000 il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) ha
emesso la delibera indicata dall’art.25 D. Lgs. n°342/1999(170).
DELIBERA CICR 9.02.2000 - Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti
nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2,
del testo unico bancario, come modificato dall'art. 25 del decreto legislativo n. 342/1999 (in G.U.
22.02.2000 n°43).
Art.1 (Ambito di applicazione)
1. Nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche e
dagli intermediari finanziari gli interessi possono produrre a loro volta interessi secondo le modalità e i
criteri indicati negli articoli che seguono.
Art.2 (Conto Corrente)
1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base di tassi e con le
periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime
modalità.
prescindere dai requisiti richiesti dall’art. 1283 c.c. Questo dato di comune esperienza ben può essere
utilizzato per identificare la consuetudine») e protrattosi per circa un ventennio, riteneva quindi,
basandosi su un dato di “comune esperienza”, che nei rapporti tra banche e clienti esistessero degli usi
normativi tali da consentire alle prime di pretendere interessi anatocistici anche indipendentemente dai
presupposti richiesti dall’articolo 1283 c.c.
(169) Il riferimento è al noto révirement attuato dalla Suprema Corte con le tre ormai celeberrime sentenze
succedutesi in appena trentadue giorni a partire da Cass. civ., Sez. I, 16.03.1999 n°2374, in Foro It., 1999,
I, 1153, con osservazioni di PALMERI-PARDOLESI; cui fecero subito seguito Cass. civ., Sez. III,
30.03.1999, n°3096, ibidem, e Cass. civ., Sez. I, 17.04.1999, n°3845, ibidem, 1429. Allo stato, la
questione sulla legittimità dell’anatocismo ante delibera CICR 9.02.2000 (sulla quale si dirà meglio infra)
può dirsi chiusa dopo Cass. civ., Sezioni Unite, 04.11.2004, n°21095. in Riv. dir. comm. 2005, 7/8/9,
163 (con nota di COLOMBO).
(170) In generale sulla delibera CICR del 9.02.2000, cfr. DE GIOIA CARABELLESE, L’anatocismo nei
rapporti tra banca e cliente: la delibera del Cicr, in Contratti 2000, p.411 ss..
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2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio
degli interessi creditori e debitori.
3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente può se contrattualmente
stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica.
Art.3 (Finanziamenti con piano di rimborso rateale)
1. Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga
mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del
debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente
stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Su
questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica.
2. Quando il mancato pagamento determina la risoluzione del contratto di finanziamento, l'importo
complessivamente dovuto può se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data
di risoluzione. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica.
3. Quando il pagamento avviene mediante regolamento in conto corrente si applicano le disposizioni
dell'art. 2.
4. Nei contratti che prevedono un periodo di pre-finanziamento, gli interessi maturati alla scadenza di
tale periodo, se contrattualmente stabilito, sono cumulabili all'importo da rimborsare secondo il piano
di ammortamento.
[omissis…]
Art.5 (Domanda giudiziale e convenzioni posteriori alla scadenza)
Gli interessi scaduti possono produrre interessi, oltre che nelle ipotesi e secondo le modalità di cui ai
precedenti articoli, dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla
scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.
[omissis…]
Art.7 (Disposizioni transitorie)
1. Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore
della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno
2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1 luglio.
Art. 8 (Entrata in vigore)
La presente delibera entra in vigore il sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana.
Per i contratti bancari stipulati successivamente al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore
della delibera in parola), pertanto, il meccanismo della capitalizzazione degli interessi deve
essere ritenuto pienamente lecito e si dovrà fare riferimento alle norme regolatrici dei
singoli negozi conclusi tra le parti per verificarne la corretta applicazione.
Per i contratti bancari stipulati anteriormente a tale data, invece la norma di riferimento
era dettata dal 3° comma del citato art. 25 D. Lgs. 342/1999 (sostanzialmente richiamato
dall’art.7 della delibera CICR) il quale, come illustrato, faceva salvo il meccanismo
dell’anatocismo anche con riferimento a quella parte di rapporto negoziale svoltasi nel
pieno vigore dell’art.1283 cod. civ..
Tale norma, tuttavia, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la nota sentenza
della Corte Costituzionale 17.10.2000 n°425(171).
(171) Corte Costituzionale, 17.10.2000, n°425: «È costituzionalmente illegittimo - in riferimento all'art.
76 Cost., per eccesso di delega rispetto all'art. 1, comma 5, l. 24 aprile 1998 n. 128 - l'art. 25, comma 3,
d.lg. 4 agosto 1999 n. 342, nella parte in cui stabilisce che le clausole relative alla produzione di
interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti bancari stipulati anteriormente alla data di
entrata in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (Cicr)
relativa alle modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni
poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria (delibera poi emessa il 9 febbraio 2000 ed entrata in
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Sulla scorta dell’evoluzione normativa illustrata( 172), il meccanismo
dell’anatocismo deve considerarsi lecito solamente per i contratti bancari stipulati
successivamente alla data del 22 aprile 2000(173).
In sintesi:
Contratti di conto corrente stipulati prima del 22.04.2000 (data di entrata in vigore
della delibera CICR del 9 febbraio 2000)
• il meccanismo dell’anatocismo è illecito: pertanto, nel caso in cui la banca abbia
ad es. spiegato intervento chiedendo il soddisfacimento di un credito derivante da
scoperto di conto corrente, il delegato/consulente dovrà ricalcolare il credito
richiesto, scomputando gli eventuali interessi debitori capitalizzati periodicamente e
procedendo quindi a determinare il quantum debeatur sulla scorta degli interessi
debitori convenzionalmente pattuiti(174). Il consulente può richiedere alla banca di
fornire una nuova quantificazione del credito vantato depurato degli interessi
anatocistici.
Contratti di conto corrente stipulati dopo il 22.04.2000 (data di entrata in vigore della
delibera CICR del 9 febbraio 2000)
• il meccanismo dell’anatocismo è lecito: è consentita, quindi, la capitalizzazione
degli interessi sugli interessi e si dovrà fare riferimento alle norme regolatrici dei
singoli negozi conclusi dalle parti per verificarne la corretta applicazione.
NOTA: occorre considerare che, nella quasi totalità dei casi, il creditore agisce in executivis in virtù di
un titolo di formazione giudiziale (decreto ingiuntivo o sentenza) che prevede espressamente tali
modalità di calcolo degli interessi: ne consegue che, in presenza di titolo non impugnato del debitore
vigore il 22 aprile 2000), siano valide ed efficaci fino a tale data e che, dopo di essa, debbono essere
adeguate - a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente - al disposto della menzionata delibera,
con le modalità ed i tempi ivi previsti» (in Giust. civ. 2001, I, 300; Banca borsa tit. cred. 2001, II, 1, con
nota di MUCCIARONE; Fallimento 2001, 19 con nota PANZANI; OLIVA; Dir. banca e mercato fin. 2001,
199, con nota di CAROZZI).
(172) E salvo quanto sarà detto appresso, richiamando la Legge di Stabilità 2014.
(173) In seno alla giurisprudenza di merito, cfr., ad es., Tribunale Torino, sez.VI, 28 aprile 2008, n°3157,
in Guida al diritto 2009, 1, 87 (s.m.), secondo cui «Dopo l'entrata in vigore della delibera del Comitato
interministeriale per il credito e il risparmio del 9 febbraio 2000, la capitalizzazione trimestrale degli
interessi debitori è legittima solo in quanto applicata anche agli interessi creditori ed esplicitamente
approvata dal cliente».
(174) Va rilevato che in conseguenza della ritenuta illegittimità dell’anatocismo trimestrale, non sarà
consentito al delegato/consulente sostituire alcun altro criterio di capitalizzazione degli interessi: sul
punto, varrà quanto statuito da Cassazione Sez. Un. Civili , 02 dicembre 2010, n. 24418, in Guida al
diritto, 2011, 1, pag.74, con nota di MASTROMARTINO, secondo cui «qualora, nell'ambito del contratto di
conto corrente bancario, venga dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione
trimestrale degli interessi, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'articolo 1283 c.c. (il
quale osterebbe anche ad un eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a
debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna». Il principio di
diritto è stato di recente ribadito anche da Cass. civ., VI Sez., ordinanza 3.09.2013, n°20172, (reperibile
all’URL http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/cassazione_civile_sez._vi_03_settembre_
2013_n._20172_0.pdf) la quale ha statuito che «Per i contratti bancari stipulati in data anteriore al 22
aprile 2000 (data di entrata in vigore della delibera CICR 09 febbraio 2000), ove sia accertata la nullità
della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, non è ammessa alcuna altra forma di
capitalizzazione».
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o da terzi, non è possibile - in linea di massima - contestare il diritto all’anatocismo, che verrà
conteggiato(175).
§1.2.- Contratti di mutuo bancario ordinario
Gli effetti conseguenti all’applicazione del divieto di capitalizzazione degli interessi passivi
sono stati più frequentemente esaminati con riguardo al contratto di conto corrente bancario;
le argomentazioni spese al riguardo possono tuttavia ritenersi conducenti (anche alla luce
dei principi elaborati dalla giurisprudenza che si è occupata delle relative problematiche)
anche nel prototipo dei contratti bancari: e cioè il mutuo(176).
E tanto sebbene il divieto di anatocismo debba essere letto diversamente in questa tipologia
di contratti(177).
Va osservato che, nel contratto di mutuo, le rate risultano composte in parte da una quota
capitale e in parte da una quota interessi; questi ultimi non mutano la loro natura anche se
(175) In realtà la questione è lungi dall’essere pacifica, malgrado le sentenze in materia di giudicato
richiamate alla superiore nota 153 del §1.1. Attese le strette attinenze tra anatocismo e usura, si pone la
questione se sia necessario conformarsi a quanto risulta dal titolo, ovvero se vada applicato il tasso-soglia
per l’ipotesi che la formazione del giudicato sia precedente all’entrata in vigore della L. n°108/96.
Parte della dottrina (MENCHINI, Limiti oggettivi del giudicato civile, Milano 1987) è dell’avviso che il
giudicato ceda alla disciplina sopravvenuta che abbia comportato mutamenti della legge sostanziale
rilevante, con la conseguenza che l’applicazione della disciplina sopravvenuta (nella specie, L. n°108/96
in punto di interessi usurari) deve indurre a ritenere l’inesigibilità parziale sopravvenuta - per la parte che
supera il tasso-soglia - e costituisce motivo sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo, rilevabile in
sede di opposizione all’esecuzione (così Tribunale di Padova, 10.08.2001, in Giur. merito 2002, 715;
nello stesso senso anche Tribunale di Monza, 10.09.2004 n°2461, cit.). In questa prospettiva, lo ius
superveniens trova applicazione ai rapporti in corso, quanto meno a quelli ricadenti nel periodo di vigenza
della disciplina sopravvenuta, con operatività del tasso soglia anche in presenza di un precedente
giudicato (cfr. Tribunale Reggio Calabria, 18.02.2003, in Giur. merito 2003, 1726; all’interno della più
recente giurisprudenza di merito, va segnalato che per Tribunale di Pordenone, 7.03.2012, in ilcaso.it, I,
7736 - pubb. 05.09.2012 - ha riproposto la tesi della inesigibilità parziale, statuendo che «con riferimento
a posizioni creditorie oggetto di decreti ingiuntivi definitivi, non potendo più essere proposte questioni
relative alla nullità dei contratti o di clausole dei medesimi per la preclusione che deriva dal giudicato,
gli interessi non potranno comunque essere pretesi, in particolare in sede esecutiva, se non in misura
coincidente (al massimo) con la soglia prevista: si verifica, in conclusione, una inesigibilità parziale (e
conseguente inesecutabilità parziale) degli interessi, nella parte (e solo nella parte) in cui vi è
superamento della soglia». In definitiva, malgrado «la mancata opposizione al decreto ingiuntivo
determina l’irretrattabilità delle relative statuizioni, essendo lo strumento giudiziale passibile di
acquisire forza ed autorità di cosa giudicata» (così ancora Tribunale di Monza, 24.04.2013, cit.) può
ragionevolmente ritenersi che il giudicato renda non più contestabili clausole che potevano essere
dichiarate nulle (ad es., ove proposta opposizione al decreto ingiuntivo) ma non consenta più di
pretendere la dazione di interessi la cui misura sia ormai in contrasto con la norma imperativa.
(176) Sulla qualificazione del mutuo quale prototipo dei contratti bancari, cfr. SIMONETTO, I contratti di
credito, Padova, 1953. Va peraltro considerato che l’incidenza statistica delle procedure esecutive
promosse dalle banche in forza di un contratto di mutuo (specie fondiario, soprattutto dopo l’emanazione
del nuovo TUB) è piuttosto alta; in tali ipotesi occorre peraltro tenere presente che, malgrado la presenza
di un titolo esecutivo a fondamento della pretesa creditoria (contratto di mutuo redatto in forma di atto
pubblico) si tratta pur sempre di un titolo non giudiziale, sulla cui formazione, cioè, non è stata operata
qualsiasi forma di controllo e di sindacato da parte del giudice ed in relazione al cui contenuto, peraltro,
attesa la sostanziale disparità di potere contrattuale tra clientela ed istituto bancario, non è azzardato
ritenere che la parte mutuataria non abbia in alcun modo inciso.
(177) In dottrina, si veda quanto sostenuto, sul punto, da TRAPUZZANO, Anatocismo bancario, in Giur.
merito 2010, 0561.
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se conglobati in rate unitarie(178), le quali assolvono unicamente alla funzione di consentire
di dilazionare nel tempo la restituzione del capitale e del corrispettivo dovuto dal mutuatario
al soggetto che ha erogato il finanziamento.
In questa prospettiva, la condotta della banca di conteggiare gli interessi, a carico del
mutuatario, sulla intera rata rimasta insoluta dà luogo ad un meccanismo anatocistico,
vietato dall’art. 1283 c.c.. (con conseguente nullità della relativa pattuizione contrattuale per
contrasto con una norma imperativa di legge)(179).
Dopo questa precisazione di carattere generale (ed in considerazione del doppio regime
realizzatosi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n°425/2000) anche con
riferimento a questo tipo di contratti va evidenziato che lo spartiacque è stato rappresentato
(178) Cfr. Cass. civ., sez. III, 20.02.2003 n°2593, in Banca borsa tit. cred. 2003, II, 505 (con nota di
TARDIVO), per la quale «in ipotesi di mutuo per il quale sia previsto un piano di restituzione differito nel
tempo, mediante pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi
ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale da restituire al mutuante,
cosicché la convenzione, contestuale alla stipulazione del mutuo, la quale stabilisca che sulle rate
scadute decorrano gli interessi sull’intera somma integra un fenomeno anatocistico, vietato dall’art.
1283 c.c» (la sentenza richiama, in motivazione, anche Cass. civ., 06.05.1977 n°1724 e Cass. civ. n°
3479/1971).
(179) Sempre secondo Cass. civ. n°2593/2003, cit., «In tema di mutuo bancario, e con riferimento al
calcolo degli interessi, devono ritenersi senz'altro applicabili le limitazioni previste dall’art. 1283 c.c.,
non rilevando, in senso opposto, l’esistenza di un uso bancario contrario a quanto disposto dalla norma
predetta; gli usi normativi contrari, cui espressamente fa riferimento il citato art. 1283 c.c., sono, difatti,
soltanto quelli formatisi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile (né usi contrari avrebbero
potuto formarsi in epoca successiva, atteso il carattere imperativo della norma de qua - impeditivo, per
l’effetto, del riconoscimento di pattuizioni e comportamenti non conformi alla disciplina positiva
esistente - norma che si poneva come del tutto ostativa alla realizzazione delle condizioni di fatto idonee
a produrre la nascita di un uso avente le caratteristiche dell'uso normativo), e, nello specifico campo del
mutuo bancario ordinario, non è dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse
l’anatocismo oltre i limiti poi previsti dall’art.1283 c.c.; ne consegue la illegittimità tanto delle
pattuizioni, tanto dei comportamenti - ancorché non tradotti in patti - che si risolvano in una
accettazione reciproca, ovvero in una unilaterale imposizione, di una disciplina diversa da quella
legale» (il principio è sostanzialmente ribadito anche dalla recente Cass. civ., sez. III, 29.012013,
n°2072, in Giust. civ. Mass. 2013). All’interno della giurisprudenza di merito, cfr. - tra le tante Tribunale Bari, Sez. Rutigliano, 29 ottobre 2008, n. 113, in Giur. merito 2009, 1 82 (con nota di
TEDESCHI, SILVESTRI), secondo cui «in un contratto di mutuo a tasso fisso semestrale, in cui sia prevista
la restituzione graduale del capitale in applicazione del sistema di rimborso cosiddetto «francese»
mediante il pagamento di un numero predefinito di rate semestrali costanti, l'interesse applicato al
mutuatario non è l'interesse semplice, ma l'interesse composto, per cui il costo effettivo del prestito è
maggiore del tasso indicato nel contratto; tale divergenza, per un verso, importa violazione del divieto di
anatocismo e, per altro verso, essendo incerta la stessa indicazione numerica del tasso di interesse,
determina la nullità della relativa previsione, con la conseguenza che il piano va ricostruito con
applicazione dell'interesse legale». Per completezza, tuttavia, va precisato che le conclusioni del
Tribunale di Bari in tema di “ammortamento alla francese” non sono condivise da altre pronunce: cfr., ad
es., ABF, Decisione 13.06.2013 n°3208, reperibile all’URL http://www.arbitrobancariofinanziario.it/
decisioni/categorie/Mutuo/Ammortamento/Dec-20130613-3208.pdf (accesso 13.11.2013), che richiama
Tribunale di Benevento 19.11.2012, Tribunale di Arezzo 24.11.2011, Tribunale di Padova 23.02.2009.
Ad intricare il quadro interpretativo, cfr. Tribunale Milano, 30.10.2013, in Il Caso.it, Sez.
Giurisprudenza, 9868 (pubblicata il 08.01.2014), secondo cui «nel contratto di mutuo che prevede un
piano di ammortamento "alla francese" sono nulle le clausole determinative degli interessi che si
risolvono in enunciati non danti luogo ad una univoca applicazione ma richiedenti la necessità di una
scelta applicativa tra più alternative possibili, ciascuna delle quali comportante l’applicazione di tassi di
interessi diversi.»; in questo quadro interpretativo, la nullità della clausola determinativa degli interessi
«non comporta la nullità dell'intero contratto ma la sostituzione di diritto della clausola nulla con la
clausola sostitutiva di cui al terzo comma dell’art.1284 c.c., per cui gli interessi saranno dovuti nella
misura legale»
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dalla delibera del CICR del 9.02.2000 (recte: dalla data di entrata in vigore della
medesima).
► Contratti di mutuo antecedenti al 22.04.2000
Questa categoria di contratti (attesa anche la declaratoria di incostituzionalità dell’art.25, 3°
comma, D. Lgs. n°342/1999, che sanava i precedenti rapporti) è rimasta assoggettata alla
disciplina previgente: di qui la nullità delle clausole anatocistiche contenute nei contratti di
finanziamento con piano di rimborso rateale stipulati anteriormente al 22.04.2000 (nullità ex
tunc, atteso il contrasto di tali pattuizioni con la norma imperativa di cui all’art. 1283 c.c.),
con conseguente diritto del mutuatario di richiedere all’istituto di credito la restituzione
delle somme indebitamente trattenute dalla banca(180).
► Contratti di mutuo successivi al 22.04.2000
Per questa tipologia di contratti può invece osservarsi quanto segue.
Secondo l’art 3 della citata delibera CICR(181) - e con riferimento alle operazioni di
finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il
pagamento di rate con scadenze temporali predefinite (dunque anche nei finanziamenti che
non sono regolati in conto corrente) - verificatosi l’inadempimento del debitore,
sull’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata, ove contrattualmente
stabilito, sono dovuti gli interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del
pagamento.
In buona sostanza, la disposizione del richiamato art.3 ammette(va) la possibilità (in
presenza di una specifica previsione contrattuale, specificamente approvata per iscritto(182))
di conteggiare gli interessi di mora sull’intera rata, includendo cioè nella base di calcolo
anche quella parte della rata comprensiva degli interessi corrispettivi convenzionalmente
pattuiti, in deroga al divieto di anatocismo posto in via generale dall’art.1283 c.c..
Tuttavia «su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica» (art.3, 1°
comma, ultima parte, delibera CICR): con esplicita esclusione, pertanto, della possibilità di
(180) Cfr. in giurisprudenza, Tribunale di Pescara, 23.03.2006, in www.ilcaso.it - Sez. I - Giurisprudenza,
documento 280/2006 (http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/280.php), la quale richiama il
principio di diritto statuito da Cass. civ. n°2593/2000 in fattispecie relativa ad un contratto di mutuo
stipulato sotto la vigenza del D. Lgs. n°385/1993 ma anteriormente alla entrata in vigore della Delibera
CICR 9.2.2000.
(181) Per completezza, può segnalarsi che la Corte Costituzionale, con sentenza 12.10.2007, n°341, in
Giust. civ. 2007, 12, 2662, ha reputato non fondata (in riferimento agli art. 1, 3, 70, 76 e 77 Cost.) la
questione di legittimità costituzionale (sollevata dal Tribunale di Catania con ordinanza del 9.08.2005)
dell’art. 25, comma 2, D. Lgs. n°342/1999 che ha inserito all’art. 120 D. Lgs. n°385/1993 il comma 2
(che demanda al CICR di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi sugli interessi
maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio della attività bancaria, prevedendo in ogni caso che
nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel
conteggio degli interessi sia debitori che creditori) dichiarando che l’anatocismo è materia non presidiata
da alcuna specifica riserva di legge.
(182) Cfr. art.6 Delibera CICR (Trasparenza contrattuale): «1. I contratti relativi alle operazioni di
raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l'entrata in vigore della presente delibera
indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato. Nei casi in cui è
prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base
annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli
interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto».
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applicare qualsivoglia regime di capitalizzazione periodica(183).
In definitiva: sulla rata rimasta insoluta si è ammesso (per i rapporti successivi al
22.04.2000 e sempre ove contrattualmente previsto) il decorso degli interessi moratori (su
base annua), da calcolare sull’intero importo della rata(184).
§1.3.- Contratti di mutuo fondiario
L’anatocismo ha assunto una valenza diversa relativamente ai contratti di mutuo fondiario
(185).
(183) Capitalizzazione consentita dal 22.04.2000 proprio per effetto della novella all’art. 120 TUB.
(184) Per maggiore chiarezza, va ribadito che tali interessi si determineranno (annualmente) in conformità
a quanto previsto dagli artt. 1224 e 1284 c.c.; le somme così maturatesi non potranno però via via
sommarsi e determinare una nuova produzione di interessi, bensì dovranno essere mantenute del tutto
distinte dalla somma che costituisce la rata impagata, la quale soltanto può infatti continuare a produrre
interessi moratori. Va in definitiva esclusa la possibilità che gli interessi tempo per tempo prodotti si
sommino alla rata insoluta e questo qualunque sia il periodo preso in considerazione per la produzione
degli interessi moratori sulla stessa.
La questione può tuttavia complicarsi sol che si osservi che la Delibera CICR, al terzo comma dello
stesso art.3, prevede che quando il pagamento avviene mediante regolamento in conto corrente si
applicano le disposizioni di cui all’art. 2 della medesima delibera, consentendo così la possibilità di
sottoporre l’intera rata insoluta al regime della capitalizzazione stabilito dall’art. 2: in questa ipotesi, il
regolamento del pagamento attraverso addebito sul conto corrente bancario assorbirà la somma
addebitata, facendo sì che essa, al pari di ogni altro addebito ed accredito, sia regolata sia dalla regime di
compensazione contabile proprio del conto corrente, sia dal regime di capitalizzazione trimestrale, ove
prevista e applicabile sulla scorta del disposto dell’art.2. Il che condurrà, in ultima analisi, alla
capitalizzazione degli interessi previsti dal conto corrente bancario anche sull’intero importo delle rate di
mutuo rimaste impagate.
(185) CENNI SUL CREDITO FONDIARIO E SUL MUTUO FONDIARIO.- Non sarà inutile accennare alle
principali questioni in tema di “credito fondiario” e di “mutuo fondiario”, attese le particolarità, anche
processuali, che contraddistinguono queste figure.
Si definisce “mutuo fondiario” il finanziamento a medio o lungo termine, concesso da un istituto di
credito - e garantito da ipoteca di primo grado sopra gli immobili - «in rapporto o al valore degli
immobili ipotecati (c.d. credito fondiario ) o in rapporto al costo delle opere da eseguire sugli stessi»
(c.d. credito edilizio) determinato dalla Banca d’Italia in conformità alle deliberazioni del CICR (l’ultima
è la deliberazione CICR 22 aprile 1995, relativa a norme in materia di credito fondiario). La somma
oggetto del finanziamento non può eccedere una determinata percentuale (80%) rispetto al valore
dell’immobile (che si eleva fino al 100% in presenza di garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni
bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico
dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie).
La definizione (che prende storicamente le mosse dall’originario Testo Unico emanato con R.D.
16.07.1905 n°646) si ricava dal tenore dell’art. 38 del nuovo Testo Unico in materia bancaria e creditizia
approvato con D. Lgs. 01.09.1993 n°385, inserito nella sezione I del capo VI del detto testo unico,
intitolata “Credito fondiario e alle opere pubbliche”. Il R.D. n°646/1905 prevedeva originariamente la
costituzione di un istituto unico a carattere nazionale (l’Istituto Italiano di Credito Fondiario) che aveva la
funzione di erogare mutui finanziati con l’emissione delle c.c.dd. “cartelle fondiarie” (titolo a reddito fisso
che veniva emesso - fino all’emanazione del D.P.R. 21.01.1976 n°7 - “parallelamente” alla stipula dei mutui fondiari
e come mezzo di provvista degli stessi, per cui il mutuo veniva definito “in cartelle”, in quanto al mutuatario
venivano consegnate le cartelle emesse. In realtà tale consegna non aveva quasi mai effettivamente luogo, in
quanto l’istituto mutuante, in forza di una specifica pattuizione del contratto di mutuo, assumeva l’incarico di
negoziare sul mercato finanziario i titoli emessi ed erogava in concreto il “ricavato” dalla suddetta vendita). Il
credito fondiario consisteva pertanto in operazioni di finanziamento (mutui e anticipazioni) per l’acquisto
del valore di una proprietà immobiliare già esistente (fondi rustici o fabbricati ultimati) e in reddito
(questo requisito poi non più richiesto dal D.P.R. 21.01.1976, n°7), potendo però avere anche finalità
diverse da quelle dell’acquisto di immobili.
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La disciplina del credito fondiario e le relative peculiarità in sede esecutiva erano modulate proprio al fine
di assicurare un efficace sistema di garanzie per questo tipo di finanziamenti. Successivamente l’ambito
di applicazione - sia soggettivo [il ruolo di finanziatori era svolto dagli Istituti di Credito Speciale (ICS) e dalle
Sezioni speciali di aziende di credito ordinario esercenti il credito fondiario, istituite presso le banche di
appartenenza] che oggettivo - del credito fondiario è andato ampliandosi e, dopo l’estensione della
disciplina speciale anche al credito edilizio (attuata con la L. 29.07.1949 n°474) e la ridefinizione del
credito fondiario attuata dall’art.2 D.P.R. 21.01.1976 n°7, si è giunti all’attuale enunciazione dell’art.38
T.U.B., che unifica sotto la denominazione di credito fondiario le nozioni di credito fondiario e di credito
edilizio rispettivamente contenute negli articoli 4 e 9 della legge 6 giugno 1991, n. 175, ora abrogata
dall’art. 161 del (nuovo) Testo Unico. La norma non prevede che il credito sia caratterizzato dallo scopo;
non sussistono pertanto vincoli di destinazione ex lege delle somme erogate (cfr. Cass. civ., 18.04.2013
n°9482, in Diritto & Giustizia 2013, che ha ritenuto la validità del mutuo fondiario anche senza causa
tipica). Quanto sopra non esclude ovviamente la possibilità per le parti di concludere contratti di credito
fondiario in cui sia individuata la destinazione dei finanziamenti.
In definitiva, la nozione di credito fondiario che si ritrae dal nuovo T.U.B. si presenta particolarmente
ampia: la Banca d’Italia, nella Comunicazione del febbraio 1994 [in Bollettino di vigilanza n. 2, 1994
(Chiarimenti sul Testo Unico (d. lgs. n.385/93), riportata in TARDIVO, Il credito fondiario nella nuova
legge bancaria, Milano, VIª ed., pag.446 ss.)], ha infatti precisato che, essendo venuta meno la
distinzione tra credito fondiario e credito edilizio, l’espressione “credito fondiario” riassume in sé
finanziamenti di varia natura (es.: acquisto o miglioramento di immobili esistenti, costruzione di nuovi
immobili, smobilizzo di proprietà fondiarie, esercizio di attività industriali, ecc.), ma prevalentemente
rivolti all’esecuzione di opere su immobili.
Per quanto concerne le modalità di perfezionamento delle operazioni di credito fondiario, vanno
menzionate quella del contratto unico (stipulazione del contratto ed erogazione del denaro formano
oggetto di un atto unico) e quella del doppio contratto (art.39, comma 2, TUB) la cui disciplina si articola
nel contratto condizionato di mutuo e nell’atto di erogazione e quietanza.
Attualmente possono accedere al finanziamento fondiario i privati, le imprese industriali, commerciali, di
servizi e di costruzioni, le cooperative edilizie e le altre imprese che realizzino investimenti ad elevata
componente immobiliare; dall’altro, possono esercitare il credito fondiario tutte le banche, e non più solo
gli ex ICS (Istituti di Credito Speciale).
DIFFERENZA TRA MUTUO FONDIARIO E MUTUO IPOTECARIO.- In via di approssimazione il mutuo
fondiario rappresenta una species all’interno del genus mutuo ipotecario.
In virtù di quanto in precedenza esposto, si ha credito fondiario quando ricorrono le seguenti
caratteristiche:
il credito è erogato da una banca (ne restano quindi esclusi gli intermediari finanziari aventi per
oggetto la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma);
il rimborso del credito deve essere a medio o lungo termine lungo termine (la precedente
disciplina limitava le forme tecniche delle operazioni ai mutui e alle anticipazioni - artt. 4 e 9 L.
171/91);
il credito è garantito da iscrizione ipotecaria di primo grado su immobili (delimitazione che
esclude eventuali estensioni della disciplina del credito fondiario a finanziamenti garantiti da
altro genere d’ipoteca (ad es. navale), ribadendone l’originaria natura di operazione legata alla
mobilizzazione della proprietà fondiaria).
Un altro aspetto fondamentale che caratterizza il credito fondiario (e quindi il mutuo fondiario) è
l’applicazione della formula dell’80% (il rapporto tra valore dell'immobile e somme erogate è indicato
con il termine tecnico loan to value - LTV): il limite finanziabile è rappresentato dal valore dell’immobile
o del costo dei lavori da realizzare (incluso il prezzo del terreno o area da ristrutturare) decurtato del 20%,
in base alla delibera CICR del 22 aprile 1995.
In assenza anche di uno solo degli elementi sopra indicati o del limite di finanziabilità (80%) non ricorre
pertanto la figura del credito fondiario (in giurisprudenza, si veda, ad es., Tribunale Padova, 05.06.2003,
in Giur. merito 2004, 925, per la quale, «nel mutuo fondiario: 1) la garanzia deve essere concessa dallo
stesso mutuatario; 2) la somma erogata non deve superare il tetto stabilito dal CICR (oggi l’80% del
valore dell'immobile); 3) la garanzia deve essere contestuale al finanziamento. La mancanza di una di
queste condizioni esclude che si possa applicare la normativa speciale del mutuo fondiario, inclusa
l'irrevocabilità della garanzia e dei pagamenti». Per Cass. civ., sez. I, 28.11.2013, n°26672, in Ilcaso.it,
Sez. Giurisprudenza, 9768 - pubbl. il 02.12.2013, la violazione del limite di finanziabilità non comporta
la nullità del contratto).
Ciò premesso, e con riferimento alla figura del “mutuo ipotecario”, può pertanto rilevarsi che si tratta di
due tipologie di mutuo che vedono la loro differenza non tanto e non solo nella denominazione, bensì
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Con riferimento a tale specie di mutui si deve distinguere tra contratti stipulati
anteriormente al 1° gennaio 1994(data di entrata in vigore del D.Legisl. b°385/1993)(186) e
contratti di mutuo stipulati successivamente.
► Contratti di mutuo fondiario stipulati prima del 01.01.1994 (data di entrata in vigore
del D. Lgs. n°385/1993)
In relazione a tali contratti l’anatocismo è legittimo, essendo previsto dalla legge: la norma
che viene in rilievo è infatti l’art.38 del Regio Decreto n°646/1905, il quale dispone(va) che
il «pagamento di interessi, annualità compensi, diritti di finanza e rimborsi di capitoli
dovuti non può essere ritardato da alcuna opposizione. Le somme dovute per tali titoli
producono di pieno diritto interessi dal giorno della scadenza» (187)(188).
nella finalità e nelle condizioni applicate. Sotto il profilo della finalità, il mutuo fondiario è (specie oggi)
preordinato all’acquisto di un immobile, su cui è iscritta ipoteca, mentre il mutuo ipotecario può essere
utilizzato per acquisti liberi, non finalizzati cioè all’acquisto di un edificio o di un terreno (ad es., spese
e/o investimenti materiali e immateriali), anche se viene comunque iscritta ipoteca su un immobile di
proprietà del richiedente per consentire l’erogazione del mutuo.
Sotto il profilo delle condizioni, considerando che il mutuo fondiario ipotecario è destinato all’acquisto di
una casa (spesso la prima casa) esso gode ordinariamente - proprio perchè destinato a risolvere un
progetto reputato di prima necessità - di particolari agevolazioni fiscali, di costi notarili più contenuti,
nonché di tassi piuttosto contenuti (ad es., dal 2% al 5% nel 2011). Il mutuo ipotecario, invece, viene
spesso concesso a chi già possiede un’immobile, ma necessita di liquidità da destinare ad altre finalità; di
qui l’applicazione di tassi più elevati e nessuna agevolazione fiscale (gli interessi non possono essere
detratti). L’ammontare della somma concedibile per il mutuo fondiario ipotecario è in genere, come
esposto, l’80% del valore dei beni ipotecati (che sale al 100% in presenza di garanzie aggiuntive); sotto
questo aspetto, il mutuo ipotecario si differenzia dal mutuo fondiario per la possibilità di richiedere un
finanziamento fino al 100% del valore del bene ipotecato.
(186) Per una rassegna della questione relativamente ai contratti di mutuo fondiario, si veda TARDIVO,
Brevi note in tema di interessi anatocistici e usurari nel finanziamento fondiario, in Banca borsa tit. cred.
2009, 5, 581, nota a Tribunale di Nuoro, 10 marzo 2008. Si veda anche quanto sarà esposto infra, al
capitolo 3, in tema di collocazione dei crediti ipotecari.
(187) Cfr. Cass. civ., sez. III, 31.01.2006, n°2140, in Giust. civ. Mass. 2006, 1, per la quale «in tema di
credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi del R.D.L. 16 luglio
1905, n. 646, art. 38, l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che
rappresenta gli interessi di ammortamento e ciò in quanto nei mutui fondiari l'anatocismo è previsto
dalla legge» (in senso conforme anche la più recente Cass. civ., sez. III, 03.03.2009, n°5059, in Giust. civ.
Mass. 2009, 3, 369).
Con riferimento ai mutui fondiari l’anatocismo é da ricollegare alla specialità del credito fondiario
nonché, da una prospettiva storica, al sistema dell’emissione delle cartelle fondiarie per il reperimento
della provvista, tanto da aver dato luogo ad un sistema legale delle pratiche anatocistiche, realizzato dalle
normative di settore a tutela del soggetto erogatore del finanziamento (in tal senso, cfr. CAPALDO,
L’anatocismo nei contratti e nelle operazioni bancarie, Padova 2010, 155). Nelle operazioni di credito
fondiario gli interessi pagati dai mutuatari non rappresentano il corrispettivo del godimento di un capitale
o di un servizio erogato dalla banca, bensì lo strumento per consentire all’istituto di credito di fare fronte
al pagamento dell’eguale importo degli interessi passivi ai portatori della cartelle fondiarie (in
giurisprudenza, sul punto, cfr. Cass. civ., 11.11.1969 n°3665, in Giust. civ., 1970, I, 1463. In dottrina, sul
fondamento dell’anatocismo nel credito fondiario, sulla corrispondenza tra interessi e cartelle fondiarie e
sull’esigenza di evitare che sui portatori delle cartelle fondiarie si ripercuotano i ritardi dei mutuatari nel
pagamento delle rate semestrali, cfr. FALASCHI, voce Credito fondiario, in Noviss. dig. ital., Appendice, II,
Torino, 1982, 932).
(188) Con riferimento ai mutui fondiari ante 01.01.1994, va evidenziato che Cass. civ., sez.III, 3.05.2011,
n°9695, in Giust. civ. Mass. 2011, 5, 685, ha statuito che «in tema di credito fondiario, il mancato
pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi dell’art. 38 r.d. 16 luglio 1905 n. 646, l’obbligo di
corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di
ammortamento» (in senso analogo, cfr. Cass. civ., 5.05.2009, n°10297, in Banca borsa tit. cred. 2010, 3,
319, con nota di TARDIVO).
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A ciò si aggiunga che il D. Lgs. n°385/93, all’art. 161, ha fatto salva, per i contratti in essere
alla data di entrata in vigore, la precedente normativa; per i mutui fondiari il nuovo T.U.B.
non prevede più esplicitamente l’anatocismo(189), con la conseguenza che per tale tipologia
di mutui (come per quelli ordinari) - l’anatocismo risulterebbe escluso a partire
dall’1.01.1994 (si veda, in proposito, quanto sarà esposto infra, al punto successivo, con
riferimento alla delibera CICR).
► Contratti di mutuo fondiario stipulati dopo il 01.01.1994 (data di entrata in vigore del
D.lgs 385/1993)
Per questi contratti, poiché la norma originaria sopra richiamata non è stata riprodotta nel
D.lgs. n°385/1993, che ha anzi abrogato l’art.38 del precedente testo unico (che era stato
ripreso dall’art.14, comma 2°, D.P.R. n°7/1976 e, successivamente, dall’art.16, comma 2°,
L. n°175/91(190)), il meccanismo dell’anatocismo tout court deve ritenersi illecito:
troveranno pertanto applicazione le regole in precedenza illustrate per il mutuo bancario
ordinario.
Anche per questo genere di contratti trova applicazione l’art.3 della delibera CICR del
9.02.2000 (già esaminato per i contratti di mutuo ordinario), con previsione quindi
dell’anatocismo (in caso di inadempimento e in presenza di una specifica pattuizione
contrattuale), cioè della possibilità di calcolare gli interessi di mora sull’intera rata scaduta
(comprensiva cioè della quota interessi), sia pure senza applicazione di alcuna
capitalizzazione periodica.
(189) Il nuovo testo unico bancario ha infatti operato una semplificazione e razionalizzazione delle
tipologie di finanziamento speciale susseguitesi, nel corso del tempo, all’interno della legislazione di
settore, determinando il venir meno di ogni riferimento del collegamento causale tra provvista e impiego,
attraverso l’eliminazione di ogni vincolo di destinazione sulle somme erogate (cfr., in proposito,
BERTOLOTTI, Legge Prodi e mutuo fondiario, in Giur. ital., 2007, c.2251; in giurisprudenza, per Tribunale
di Firenze, 18.04.2001, in Gius 2001, 2416, «il credito fondiario, secondo la definizione contenuta nel t.u.
delle leggi in materia bancaria e creditizia (art. 38 ss. d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385), ha ad oggetto la
concessione, da parte delle banche, di finanziamenti a medio e a lungo termine garantiti da ipoteca di
primo grado su immobili. Tali finanziamenti sono caratterizzati dall’irrilevanza dello scopo e dalla
libertà delle parti nella scelta degli strumenti contrattuali con i quali realizzare il finanziamento purché
siano idonei a rivestire le caratteristiche richieste dall'art. 38 t.u. cit.»).
(190) L’art. 14 DPR 21.01.1976 n°7 disponeva: «(I) Il pagamento delle rate di ammortamento dei prestiti
non può essere ritardato da alcuna opposizione.(II) Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno
diritto, interesse dal giorno della scadenza. (III) La misura degli interessi di mora da corrispondersi dai
mutuatari agli enti sulle somme dovute e non pagate, stabilita dal primo comma dell'art. 2 della legge 17
agosto 1974, n. 397, può essere modificata con decreto del Ministro per il tesoro, sentito il Comitato
interministeriale per il credito ed il risparmio».
L’art.16 L. 6.06.1991 n°175 (legge entrata in vigore il 25.06.91, che, all’art.27, ha abrogato il d.p.r.
n°7/1976) stabiliva: «(I). Il pagamento di interessi, rate di ammortamento, compensi e rimborsi di
capitale non può essere ritardato da alcuna opposizione. (II) Le somme dovute a tale titolo producono, di
pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. (III) La misura degli interessi di mora da
corrispondersi dai mutuatari viene fissata con decreto del Ministro del tesoro, sentito il Comitato
interministeriale per il credito ed il risparmio e resa pubblica in ciascun locale, aperto al pubblico,
dell'Ente».
L’art.27, co. 1, L. n°175/91 conteneva la seguente norma transitoria «le operazioni di impiego e provvista
già perfezionate dagli Enti e sezioni opere pubbliche e per le quali sia stato già stipulato il contratto alla
data di entrata in vigore della presente legge continuano ad essere disciplinate dalle norme anteriori».
La legge n°175/91 è stata abrogata dall’art. 161, 1° co., D. Lgs. n°385/1993, con riferimento ai contratti
conclusi dal 01.01.1994.
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In definitiva, a far data dal 22.04.2000 (data di entrata in vigore della delibera CICR),
l’anatocismo (da ritenersi illecito a decorrere dall’1.01.1994 e fino all’efficacia della
suddetta delibera) è stato nuovamente reintrodotto, questa volta su ogni forma di
finanziamento con piano di rimborso rateale.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO.- Il divieto dell’anatocismo sulle rate a scadere.
Meritevole di commento è poi l’ipotesi in cui il contratto di mutuo sia stato risolto dalla
banca, al fine di considerare quali interessi l’istituto possa reclamare per il periodo
successivo alla risoluzione (per solito dichiarata mediante la notificazione dell’atto di
precetto).
Non è infrequente infatti che la banca, una volta risolto il contratto di mutuo, continui però a
pretendere gli interessi corrispettivi e di mora contrattualmente previsti anche per il periodo
successivo alla risoluzione: in buona sostanza, reclamando una prestazione che trova(va)
fondamento in pattuizioni contrattuali che, in quanto non più esistenti proprio per l’avvenuta
risoluzione, non possono più essere invocate a sostegno della richiesta di pagamento.
La Cassazione ha affrontato la questione (relativamente ad un contratto stipulato
nell’operatività del D.P.R. n°7/1976) in un noto arresto(191) nel quale si afferma invece che,
con la notificazione dell’atto di precetto al mutuatario inadempiente, la banca manifesta la
volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dell’art. 15 d.P.R. cit., con la
conseguenza che sul capitale residuo continuano a maturare gli interessi al tasso
convenzionale (in quanto il contratto di mutuo costituisce un contratto di durata e, quindi, la
risoluzione opera per il futuro, determinando l’anticipata scadenza dell’obbligazione di
rimborso del capitale) e ferma l’applicabilità, nel caso di ritardo nel pagamento, degli
interessi di mora al tasso convenuto ex art. 1224 c.c..
La pronuncia esclude altresì il riconoscimento dei medesimi interessi sulle rate a scadere che
comprendono, oltre alla quota capitale, anche gli interessi corrispettivi, in virtù
dell’anatocismo legale previsto dall’art. 14 D.P.R. n°7/1976, ma rimasto privo di ragion
d’essere una volta venuto meno il contratto.
Il principio di diritto elaborato dalla Cassazione ha poi trovato l’autorevole avallo delle
Sezioni Unite che, con la sentenza del 12.05.2008, n°12639(192), ha cristallizzato la tesi
secondo cui laddove la volontà manifestata dall’istituto mutuante sia diretta in maniera
inequivoca alla risoluzione del contratto di mutuo fondiario, con riferimento alle rate non
ancora scadute l’Istituto di credito potrebbe esigere solo il capitale, essendo venuto meno il
meccanismo di rateizzazione previsto nel contratto ormai risolto.
Gli interessi di mora sono pertanto dovuti solo con riferimento alle rate scadute (non
travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quali il
mutuo) ed impagate e non sul capitale residuo; sul credito risultante vanno poi calcolati gli
interessi di mora al tasso contrattuale(193).
(191) Cass. civ., sez. III, 21.10.2005 n°20499, in Giust. civ. Mass. 2005, 10. In precedenza, invece, Cass.
2.11.2000, n°14337 aveva escluso l’estinzione del rapporto di mutuo per effetto della dichiarazione della
banca di volersi avvalere della condizione risolutiva, affermandone la permanenza fino al completo
adempimento delle proprie obbligazioni da parte del mutuatario, e con applicazione - durante tale periodo
- degli interessi convenzionali (ancorché convertiti in interessi di mora) al tasso pattuito.
(192) Edita, tra le tante, in Giust. civ. Mass. 2008, 5, 756; Foro it. 2008, 9, 2500; Guida al diritto 2008, 31,
56 (con nota di CASTRO).
(193) Il principio consacrato dalle Sezioni Unite è, in definitiva, quello secondo cui la risoluzione del
contratto di mutuo fondiario non impedisce l’applicabilità, in caso di ulteriore ritardo nel rimborso stesso,
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degli interessi di mora al tasso in precedenza convenuto nel contratto, ai sensi dell'art. 1224, primo
comma, ult. parte, c.c..
La Corte (in particolare nella richiamata sentenza n°20449/2005) ha debitamente rimarcato che la
clausola risolutiva espressa viene attivata allorché la banca mutuante, a seguito dell’inadempimento del
mutuatario, abbia intimato il precetto per ogni suo credito, comprensivo del capitale residuo; in siffatta
situazione, argomentare nel senso della maturazione degli interessi di mora al solo tasso legale finirebbe
per determinare un ingiustificato pregiudizio per il mutuante, costretto a ricorrere allo strumento della
risoluzione per riottenere il capitale dal mutuatario inadempiente, il quale si troverebbe pertanto in una
situazione di favore parimenti ingiustificato, continuando di fatto a godere del capitale ad un tasso di
interessi più vantaggioso di quello al quale si era contrattualmente obbligato.
La questione merita un ulteriore approfondimento, attese le modifiche alla disciplina della risoluzione
contrattuale introdotte dal nuovo T.U.B.. Ed infatti, nel caso di un contratto di mutuo fondiario stipulato
anteriormente al 01.01.1994 - attesa l’operatività nella previgente disciplina del credito fondiario della
clausola risolutiva espressa del mancato pagamento anche di una sola rata (cf. art. 39 R.D. n°646/1905 e
art. 15 del D.P.R. n°7/1976) - si è dato atto nel testo dell’orientamento prevalente in giurisprudenza
secondo il quale, con la notifica dell’atto di precetto nei confronti del mutuatario inadempiente, il
rapporto di credito fondiario si risolve ex lege ai sensi dell’art. 1456 cod. civ. (così le citate Cass. SS.UU.
n°12639/2008 e Cass. n°20449/2005 e, ancora prima, App. Roma, 18.12.1996, in Giust. civ. 1997, I,
2611, con nota di BIAMONTI).
In questa prospettiva interpretativa può pertanto ritenersi che anche l’intervento spiegato dal creditore
fondiario, sostanziando una forma di esercizio dell’azione esecutiva, determini la risoluzione del contratto
di mutuo.
Per i contratti di mutuo fondiario stipulati dopo il 01.01.1994 (e per i contratti di mutuo ipotecario
ordinario) l’art.40 (comma 2) D. Lgs. n°385/1993 prevede invece che «La banca può invocare come
causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette
volte, anche non consecutive. A tal fine costituisce ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo
e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata». Sulla scorta di quanto esposto, possono quindi
profilarsi dunque le seguenti ipotesi:
• la banca agisce in executivis per le rate scadute (meno di sette), riservandosi ulteriori atti d’intervento
per le successive rate: in questo caso non v’è luogo a risoluzione del contratto di mutuo e l’istituto di
credito vanta un credito al pagamento delle rate di mutuo insolute e degli interessi convenzionali
sulle stesse.
• la banca, sussistendo i presupposti di cui al richiamato art. 40 T.U.B., si avvale della clausola
risolutiva espressa ovvero, nella sussistenza dei presupposti di cui all’art.1186, si avvale della
decadenza del debitore dal beneficio del termine: in queste due ultime ipotesi, l’istituto può
richiedere le rate di mutuo scadute e rimaste impagate, il capitale residuo e gli interessi convenzionali
su entrambe le poste.
Per mera completezza di analisi, si richiama un orientamento di merito (cfr. Tribunale di Roma, Sezione
distaccata di Ostia, ordinanza 23.05.2011, reperibile all’URL http://www.afolostia.com/max2.htm, accesso
19.11.2013) secondo cui, una volta dichiarata la risoluzione del contratto, sia pure - come esposto - senza
effetti retroattivi (vertendosi in tema di contratto di durata - art. 1458, comma 1, c.c.) sulle somme dovute
alla banca (e che comprendono sia le semestralità scadute e sia quelle a scadere) decorrono solo gli
interessi legali fino al saldo. Ed infatti, risolto il contratto (e venuto quindi meno, di solito dalla data di
notifica del precetto, il paradigma contrattuale), per il periodo successivo alla risoluzione il debitore è
obbligato soltanto alla restituzione di quanto a quella data maturato e non ancora rimborsato alla banca
(semestralità scadute a quella data) oltre alla residua porzione di capitale contenuta nelle semestralità a
scadere ed oltre agli interessi legali sul solo capitale. La situazione di ingiustificato vantaggio per il
mutuatario inadempiente, determinata dall’applicazione degli interessi legali, se esatta in linea di
principio, è tuttavia legata alla correttezza del comportamento spiegato dalla banca mutuante all’interno
della procedura esecutiva, nel senso che questa non potrebbe dolersi delle conseguenze di propri
comportamenti errati e/o imprecisi: ciò in quanto nei contratti a prestazioni corrispettive (tra i quali il
mutuo) a fronte dell’inadempimento di una delle parti l’altra può, a sua scelta, chiedere l'adempimento o
la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno ex art.1453 c.c.. Ed allora, se la
banca, in caso di mancata restituzione da parte del mutuatario delle somme ricevute, chiede
l’adempimento, in questa ipotesi è legittima la richiesta degli interessi di mora contrattualmente
convenuti; ove tuttavia l’istituto dovesse invece scegliere di avvalersi della clausola risolutiva, in tale
ipotesi non potrà richiedere prestazioni che nel contratto (ormai venuto meno e privo di ultrattività)
trovino fondamento e relative ad un momento successivo alla risoluzione stessa. Secondo l’indirizzo in
commento, l’istituto di credito potrà richiedere tuttavia il risarcimento dei danni che, nel caso in cui siano
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§1.4.- L’ANATOCISMO E LA LEGGE DI STABILITA’ 2014
Come anticipato, la legge 27.12.2013 n°147 (c.d. Legge di Stabilità 2014), entrata in
vigore il 1° gennaio 2014, ha introdotto, all’art.1, comma 629, una innovativa disposizione
in materia di interessi bancari.
Detto comma ha infatti operato una modifica del 2° comma dell’articolo 120 del D. Lgs.
n°385/1993 (Testo unico bancario), che - come illustrato - nella versione precedente si è
limitata a formulare il principio della parità di trattamento nella capitalizzazione in conto
corrente degli interessi bancari attivi e passivi (in altre parole, la capitalizzazione degli
interessi passivi a carico del cliente doveva essere effettuata con la stessa periodicità di
quella applicata agli interessi che la banca doveva corrispondere allo stesso cliente).
In seguito alla “riscrittura” operata dal comma 629 dell’art.1 della L. n°47/2013, il comma
2 dell’art.120 viene ad essere così sostituito:
art.120 T.U.B. (2° comma) - vecchio testo
Il CICR stabilisce modalità e criteri per la
produzione di interessi sugli interessi maturati
nelle operazioni poste in essere nell'esercizio
dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso
che nelle operazioni in conto corrente sia
assicurata nei confronti della clientela la stessa
periodicità nel conteggio degli interessi sia
debitori sia creditori.
art.120 T.U.B. (2° comma) dopo Legge di Stabilità
Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di
interessi nelle operazioni poste in essere
nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni
caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata,
nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel
conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non
possano produrre interessi ulteriori che, nelle
successive operazioni di capitalizzazione,
sono
calcolati esclusivamente sulla sorte capitale».
La nuova formulazione della norma(194), come si evince dai lavori preparatori(195),
persegue l’obiettivo di sancire il divieto di anatocismo nell’ordinamento bancario(196),
stati previsti interessi moratori, spetteranno senza bisogno di prova nella misura ad essi corrispondente (e
non superiore agli stessi).
(194) In uno dei primissimi commenti alla nuova norma (cfr. PETRELLI, Rassegna normativa 2° semestre
2013, reperibile all’URL http://www.gaetanopetrelli.it/catalog/documenti/00000545/Novita_%20normative
%20secondo%20semestre%202013.pdf - accesso 8.01.2014, pagg. 32-33) si afferma che la nuova norma, in
quanto speciale, prevalga sull’art.1283 c.c. e, in quanto imperativa, prevalga pure (sia perché posteriore,
sia perché contenuta in una fonte gerarchicamente sovraordinata) proprio sulle disposizioni di cui alla
delibera CICR del 9.02.2000, i cui artt.1, 3 e 5 stabiliscono la possibilità (dettandone criteri ed ipotesi)
della produzione degli interessi sugli interessi. La conseguenza è che tutte le predette disposizioni devono
ritenersi tacitamente abrogate a decorrere dal 1° gennaio 2014, anche prima della emanazione della nuova
deliberazione del C.I.C.R. cui fa riferimento il novellato art. 120, comma 2, t.u.b. (la cui mancata
adozione non potrebbe comunque pregiudicare l’applicazione di una norma imperativa come quella in
commento).
L’autore soggiunge altresì che le previsioni dell’art. 120, come pure tutte quelle contenute nel Capo I del
titolo VI, non si applicano invece – salvo espresso richiamo - ai contratti di credito disciplinati dal capo II
(contratti di credito al consumo) (art. 115, comma 3, T.U.B.), per i quali vale pertanto, la disciplina
generale dettata dall’art. 1283 c.c. .
(195) La Vª Commissione permanente della Camera dei deputati ha approvato, nella seduta del 16
dicembre 2013, l’emendamento 1. 1708. (deputati Castricone e Ginefra) che ha di fatto aggiunto la
disposizione poi trasfusa nel comma 629 dell’art.1 della legge di stabilità 2014 (cfr. Bollettino delle
Giunte e delle Commissioni parlamentari del 16.12.2013, pag.117 reperibile all’URL
http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2013/12/16/leg.17.bol0143.data 20131216.pdf
- accesso 8.01.2014). L’emendamento in questione riproduce peraltro - testualmente - il testo della norma
inserita nella proposta di legge C. 1661 (Deputati Boccia ed altri), presentata alla Camera il 4 ottobre
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mirando ad impedire che gli interessi bancari periodicamente “capitalizzati” producano
interessi ulteriori, i quali, nelle successive operazioni di capitalizzazione, andranno calcolati
esclusivamente sulla quota capitale.
In definitiva, può affermarsi che la normativa di attuazione in tema di produzione di
interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria spetta sempre al
CICR, il quale deve adesso attenersi al rispetto di due criteri: il primo richiede che nelle
operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità
nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori (in sostanza, come nella precedente
stesura della norma); il secondo prescrive che, alla fine del periodo stabilito per la
capitalizzazione, l’istituto bancario dovrà procedere al calcolo degli interessi: il risultato,
tuttavia, non rappresenterà la base per il calcolo degli interessi del periodo successivo, in
quanto gli interessi (maturati nel primo periodo) saranno infruttiferi.
In sostanza, il saldo del conto sarà costituito dalla somma degli importi (dare o avere) in
conto capitale e dalla somma degli interessi maturati per ogni singolo periodo di
computo(197).
Considerato che il sistema spiega effetti nei rapporti reciproci tra banca e clientela, ne
deriverà che anche gli interessi attivi per il cliente non produrranno interessi nel periodo
successivo a quello di maturazione.
Alla luce di quanto disposto dalla nuova legge, a far data dal 1° gennaio 2014 il sistema
bancario dovrà pertanto adeguare i contratti di finanziamento nei confronti della clientela, i
2013 ma poi non esaminata, avente ad oggetto “Modifica all’articolo 120 del testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in materia di calcolo
degli interessi” (reperibile all’indirizzo web http://www.camera.it/leg17/126?idDocumento=1661 accesso 10.01.2014), nella cui relazione si precisa che scopo della proposta è quello di «stabilire
l’illegittimità della prassi bancaria in forza della quale vengono applicati sul saldo debitore,
generalmente a cadenza trimestrale, i cosiddetti “interessi composti” (o interessi sugli interessi). In
pratica, gli interessi vengono conteggiati dalla banca ogni trimestre, esposti come “voce”nell’estratto
conto e utilizzati nel trimestre successivo come “debito” sul quale calcolare ulteriori interessi (…) La
proposta di legge, che per la prima volta tipizza l’improduttività degli interessi composti, intende mettere
la parola fine a un comportamento riconosciuto illegittimo dalla giurisprudenza, ma costantemente
tollerato dal legislatore».
(196) La voluntas legis che traspare dai lavori preparatori è proprio nel senso di espungere l’anatocismo
dall’ordinamento: cfr. Resoconto stenografico dell’Assemblea della Camera dei deputati, seduta n.142
del 20 dicembre 2013, pag.26 (reperibile all’indirizzo http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta
=0142&tipo=sommario - accesso 08.01.2014), dove si fa espresso riferimento allo «stop all’anatocismo
degli interessi bancari»; ancora, Camera dei deputati, Documenti per l’esame dei progetti di legge - A.C.
1865-A, Dossier di sintesi del contenuto, n.95/2 del 19 dicembre 2013 (http://documenti.camera.it
/leg17/dossier/Testi/ID0006b.htm - accesso 8.01.2014), laddove si specifica (“Disposizioni in materia
bancaria e finanziaria”) che la nuova formulazione dell’art.120 TUB «mira a introdurre il divieto di
anatocismo nell’ordinamento bancario».
(197) In realtà, a stretto rigore, l’enunciazione della norma non appare perspicua, poiché la stessa utilizza
il termine “capitalizzazione” e fa riferimento agli “interessi periodicamente capitalizzati”. Attesa la ratio
legis in precedenza rimarcata, deve allora ritenersi che il legislatore abbia utilizzato l’espressione
“capitalizzazione”, non già per indicare il meccanismo per cui il reddito prodotto da un capitale si
aggiunge al capitale stesso al termine del periodo di capitalizzazione (cfr. INSOLERA, Trattato di
scienza attuariale. Teorica della capitalizzazione, Torino 1947, 21), per il che quelle che
originariamente sono due poste distinte - interessi da una parte e capitale dall’altra - diventano una
posta unica, ossia capitale; bensì nell’accezione di “capitalizzazione semplice”, vale a dire indicando
quel meccanismo che si risolve nel sommare, al termine del periodo di maturazione (ad es., ogni anno),
al capitale da rimborsare una quota percentuale di interessi costante nel tempo, così che alla fine di
ogni periodo di riferimento il debitore si troverà a pagare la stessa quota di interessi.
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quali dovranno pertanto contenere previsioni dalle quali emerga in modo assolutamente
chiaro che in nessun caso gli interessi dovuti in base a disposizioni contrattuali o legali
possono produrre ulteriori interessi (con conseguente prevalenza sulle diverse clausole
eventualmente previste nei capitolati e condizioni generali di contratto).
2.- COLLOCAZIONE DEI PRIVILEGI IMMOBILIARI
Come già specificato (cfr. ante, §8.2.7) il privilegio del credito principale si estende comunicando il rango privilegiato - anche alle spese ordinarie per l’intervento nel processo
di esecuzione e agli interessi per l’anno in corso alla data del pignoramento e per quello
anteriore (in materia di ipoteca l’estensione riguarda invece i due anni anteriori e l’anno in
corso).
Gli interessi maturati dopo l’anno in corso sono ammessi al privilegio solo nella misura
legale e fino alla data del decreto di trasferimento (art. 2749 c.c.).
Per la nozione di anno in corso si rinvia al paragrafo successivo dedicato al credito
ipotecario.
3.- COLLOCAZIONE DEL CREDITO IPOTECARIO IN VIA
PRIVILEGIATA EX ART.2855 C.C.
Nell’ipotesi di credito garantito da ipoteca, la collocazione del medesimo all’interno del
progetto di distribuzione andrà effettuata in base al disposto dell’art. 2855 c.c.(198), che
stabilisce l’ambito di estensione del privilegio ipotecario(199).
(198) Articolo 2855 codice civile - Estensione degli effetti della iscrizione.
[I]. L'iscrizione del credito fa collocare nello stesso grado le spese dell'atto di costituzione d'ipoteca,
quelle della iscrizione e rinnovazione e quelle ordinarie occorrenti per l'intervento nel processo di
esecuzione. Per il credito di maggiori spese giudiziali le parti possono estendere l'ipoteca con patto
espresso, purché sia presa la corrispondente iscrizione.
[II]. Qualunque sia la specie d’ipoteca, l'iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello
stesso grado gli interessi dovuti, purché ne sia enunciata la misura nell'iscrizione. La collocazione degli
interessi è limitata alle due annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento, ancorché sia
stata pattuita l'estensione a un maggior numero di annualità; le iscrizioni particolari prese per altri
arretrati hanno effetto dalla loro data.
[III]. L'iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi maturati dopo il
compimento dell'annata in corso alla data del pignoramento, però soltanto nella misura legale e fino alla
data della vendita.
(199) Con riferimento ai mutui fondiari ante 01.01.1994, va evidenziato che Cass. civ., 5.05.2009,
n°10297, cit. (pubblicata anche su Giust. civ. Mass. 2009, 5, 720 e Vita not. 2010, 1, 91, sempre con nota
di TARDIVO) ha stabilito che «all’espropriazione immobiliare individuale fondata su credito fondiario, a
cui sia applicabile (come nella specie) “ratione temporis” il r.d. 16 luglio 1905 n. 646, non si estende, in
materia di interessi, la disciplina generale dettata dall’art. 2855 c.c. (che prevede rigorosi limiti con
riguardo agli effetti dell'iscrizione ipotecaria sugli interessi dovuti), bensì la normativa speciale, da
considerarsi prevalente, individuata nello stesso t.u. n. 646 del 1905, in funzione della quale deve
considerarsi garantito il recupero integrale di tutto il dovuto a titolo di interessi al tasso
contrattualmente stabilito». Più di recente, in senso conforme, anche Tribunale Ascoli Piceno, sez. I,
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In virtù di tale disposizione sono considerati assistiti dal privilegio ipotecario:
a) il capitale iscritto nei limiti del credito effettivamente esistente (l’iscrizione può anche
essere maggiore del credito), comprensivo degli interessi maturati sino al momento
dell’iscrizione.
Per i contratti di mutuo il capitale è costituito dal capitale mutuato meno la somma di tutte le
frazioni imputate a capitale delle rate di ammortamento venute a scadenza e pagate.
Nel caso di ipoteca giudiziale iscritta sulla base di debiti derivanti da conto corrente, il
capitale è costituito dall’intero importo del liquidato in decreto o in sentenza; solo su tale
capitale matureranno pertanto gli interessi privilegiati.
b) le spese accessorie:
Vi sono comprese:
le spese per la costituzione di ipoteca volontaria (ma non rientrano in questa
categoria le spese sostenute per la stipula del contratto di mutuo(200) anche se
concluso contestualmente alla costituzione di ipoteca: in tal caso si dovrà
determinare la parte di spese imputabile alla concessione di ipoteca);
le spese di iscrizione (imposta ipotecaria, spese per copie, ecc.) e di rinnovazione;
le spese ordinarie occorrenti per l’intervento nel processo di esecuzione (cioè le
spese legali sostenute nel corso del processo esecutivo eventualmente liquidate dal
Giudice).
Non vi rientrano:
le spese relative alla formazione dell’atto costitutivo del credito (es. contratto di
concessione di mutuo), salvo patto espresso contrario e autonoma iscrizione;
le spese per l’emissione e la registrazione del decreto ingiuntivo o della
sentenza salvo che vi sia specifica iscrizione per esse(201);
05.02.2010, in Giur. merito 2010, 6, 1559, 1. Deve peraltro segnalarsi, in seno alla giurisprudenza di
merito, la prevalenza dell’indirizzo secondo cui la disciplina speciale del credito fondiario anteriore al
t.u.b. non contiene alcuna deroga alla disciplina generale dell'art. 2855 c.c., per il che i crediti rinvenienti
da operazioni di credito fondiario trovano collocazione privilegiata, tanto in sede di esecuzione
individuale come nel fallimento, soltanto nei limiti delle due annualità anteriori e di quella in corso al
giorno del pignoramento (Tribunale Milano 9 settembre 2003, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 64;
Tribunale Napoli 8 giugno 2001, ivi, 2003, II, 90; Appello Milano 16 aprile 1999, ivi, 2001, II, 183)]. Da
ultimo, va ricordato un certo orientamento di merito (Tribunale Napoli, 3 marzo 2009, in Riv. dottori
comm. 2009, 4, 843, s.m.) secondo cui «al cessionario di credito fondiario, qualora non si tratti di
cessione ex art. 58 t.u. n. 385/1993, non competono i privilegi processuali e di tutela espropriativa di cui
all'art. 41 t.u. n. 385/1993, la cui “ratio” deve ravvisarsi proprio nella qualità soggettiva del creditore
procedente (istituto di credito); pertanto tale cessionario non può iniziare o proseguire l'azione esecutiva
anche dopo il fallimento del debitore».
(200) Secondo Cass. civ., sez. I, 29.01.2009, n°2213, in Giust. civ. Mass. 2009, 1, 133, «l’iscrizione al
passivo concorsuale del credito derivante da un mutuo ipotecario non fa collocare nello stesso grado
anche il credito relativo alle spese per l’anticipata estinzione del mutuo, per premi di assicurazione e per
i cd. "rischi di cambio"; ciò in quanto l'art. 2855, comma 1, c.c. fa riferimento a specifiche spese relative
alla costituzione, iscrizione e rinnovazione dell'ipoteca, non assimilabili a quelle garanzie supplementari
correlate a determinati rischi, da cui la banca ha inteso premunirsi».
(201) Sempre in tema di spese, cfr. Corte d’Appello Firenze, 18.11.2009, n°1519, in IlSole24ore, Mass.
Repertorio Lex24, secondo cui «in materia di ammissione al passivo fallimentare, gli importi delle spese
liquidate nel decreto ingiuntivo e di quelle sostenute per la registrazione dello stesso sono escluse dal
privilegio, in quanto limitato il medesimo, ex art.2855, alle spese dell’atto di costituzione dell’ipoteca,
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le spese per l’atto da cui sia derivata l’eventuale ipoteca legale (es.
compravendita).
Lo scopo della norma è quello di inserire automaticamente tra i crediti privilegiati quelli che
presumibilmente sarebbero stati inseriti dalle parti e che sono, comunque, strettamente
inerenti alla tutela del credito principale.
Da sottolineare che queste spese sono comunque comprese nel totale iscritto, nel senso che
non si aggiungono al totale dell’iscrizione, ma sono in esso incluse (con la conseguente
considerazione che, se alcune spese eccedono il totale, le stesse dovranno essere collocate in
via chirografaria).
c) gli interessi convenzionali al tasso enunciato nella iscrizione ipotecaria, per l’anno in
corso e per le due annate anteriori il giorno del pignoramento.
L’enunciazione nella iscrizione ipotecaria della misura degli interessi è condizione per
il riconoscimento della prelazione sugli stessi (202): pertanto, è necessario che nella nota di
iscrizione ipotecaria sia indicato il tasso di interesse, con specificazione della percentuale
oppure con qualsiasi altro elemento che consenta di ricavarne la misura(203).
Se il tasso d’interesse è variabile, è sufficiente l’indicazione, all’interno della nota, del
parametro finanziario che forma la base di calcolo dell’interesse (es.: tasso variabile fissato
in sette punti percentuali oltre il tasso ufficiale di sconto).
Da quanto esposto consegue che, qualora tali interessi non risultassero dalla nota
ipotecaria (o siano stati reclamati interessi più alti rispetto a quelli indicati nella nota) essi
devono essere collocati nel progetto come crediti chirografari.
Non sono considerati crediti assistiti dal privilegio ipotecario gli interessi maturati
anteriormente al biennio.
d) gli interessi legali(204) dalla fine dell’anno in corso alla data del pignoramento e fino alla
data della vendita (che coincide con quella di deposito del decreto di trasferimento(205)).
NOTA: In caso di pluralità di lotti, trasferiti con decreti di trasferimento pubblicati in tempi diversi, e
nelle quali non rientrano le somme di cui innanzi». Nello stesso senso: Tribunale Reggio Emilia,
25.02.2005, in Fallimento 2005, 705, il quale esclude anche il compenso del notaio per l’atto di
surrogazione.
(202) In questo senso, cfr. Cass. civ., 28 giugno 2002, n. 9497, in Giust. civ. 2003, I, 2509; Cass. civ.
28.11.2001, n°15111, in Fallimento 2002, 1291 (con osservazione di CECCHERINI).
(203) In realtà, considerato il software attualmente per la compilazione della nota di iscrizione (Nota, vers.
4.2.2 del 3.03.2006, ancora utilizzabile alla data del 9.12.2013) pare vincolante l’indicazione di un tasso
numerico, salvo aggiungere nell’apposito quadro D eventuali elementi di specificazione.
(204) Si tratta degli interessi previsti dall’art.1284 c.c., con esclusione quindi di «ogni riferimento a saggi
d’interesse stabiliti in misura superiore da norme speciali e, in particolare, ai tassi agevolati (tra i quali
rientrano quelli dovuti ai mutui fondiari) che, a norma della l. 17 agosto 1974 n. 397, sono fissati dal
ministro del tesoro di concerto col ministro competente per la materia» (così Cass. civ., sez. I,
03.12.1986, n°7148, in Fallimento 1987, 912; il principio è stato ribadito anche dalla Cass. civ., sez. III,
15.012013, n° 775, in Diritto & Giustizia 2013, con con nota di TARANTINO).
(205) Principio pacifico in giurisprudenza: cfr. Cass. civ., sez. I, 08.09.1983, n°5526, in Giur. it. 1984, I, 1,
249. Più di recente, in seno alle corti di merito, cfr. Tribunale Padova, 17.10.2005, in Giur. merito 2006,
9, 1933 e 17.05.2004, in Giur. merito 2004, 2224.
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in presenza di progetti di distribuzione parziale approvati, occorre considerare, ai fini del calcolo
degli interessi, che:
- ai sensi dell'art. 1194 c.c. (206), il pagamento parziale va imputato prima agli interessi e poi al
capitale;
- il capitale non pagato produce comunque interessi.
Ne consegue che il calcolo degli interessi legali (spettanti in via ipotecaria) va effettuato fino alla
data del decreto di trasferimento depositato per ultimo(207).
Va infine rilevato, circa l’estensione della ipoteca agli interessi, che il limite dei tre anni
imposto dalla norma riguarda solo gli interessi futuri (cioè non ancora maturati alla data di
iscrizione dell’ipoteca) e non gli interessi già scaduti alla data di iscrizione purché
espressamente indicati nel valore garantito(208).
Ciò significa che, in astratto, dopo la scadenza degli interessi, il creditore potrebbe anche
iscrivere una nuova ipoteca per tali interessi, così superando il limite dei tre anni. Ciò è
ammissibile perché la successiva iscrizione degli interessi scaduti prenderebbe non il grado
dell’ipoteca originaria, ma quello che conseguirebbe in base al momento della nuova
iscrizione: sarebbe cioè, nient’altro che una nuova iscrizione (la prima iscrizione, invece
avrebbe l’effetto di far prevalere gli interessi su tutti i successivi creditori). Nella pratica,
non accade mai (o si verifica molto raramente) che il creditore si avvalga della facoltà di
iscrivere successivamente gli interessi scaduti.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: il superamento del montante ipotecario
Una ipotesi che può profilarsi al momento della predisposizione del progetto di distribuzione è che
il credito assistito dalla prelazione superi, nel quantum precisato in via ipotecaria, l’ammontare
della somma oggetto dell’iscrizione stessa: l’interrogativo che si profila, a questo punto, è se
collocare il credito in via privilegiata entro i limiti della somma iscritta ovvero se riconoscere la
(206) Va per scrupolo osservato che l’applicabilità, in sede esecutiva, dei criteri di imputazione dei
pagamenti stabiliti dagli artt.1193-1194 c.c. è peraltro oggetto di controversia. Per la tesi negativa,
imperniata sul rilievo che i menzionati criteri riguardano i pagamenti volontari, non quelli conseguenti
coattivamente in sede espropriativa, si sono ad es. pronunciate Cass. civ., sez. I, 14.04.1982, n°2222, in
Fallimento 1983, 37; Cass. civ., sez. I, 30.03.1981, n°1815, in Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 3; Cass. civ.,
sez. I, 03.12.1979, n°6282, in Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 11. Per l’applicabilità (dovuta al fatto che
l’art.1194 c.c. enuncia criteri di imputazione di carattere generale, valevoli non solo nel processo di
cognizione ma anche nell’ambito del processo di esecuzione.) si è invece espressa la più recente Cass.
civ., sez. III, 27.07.2001, n° 10281, in Giust. civ. Mass. 2001, 1484 (che richiama in motivazione il
principio di diritto enunciato da Cass. civ., 10.7.1973, n°1994). In dottrina, CAMPESE, L’espropriazione
forzata immobiliare (…), op. cit., 449.
(207) In senso analogo, cfr. D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), op. cit., 264,
afferma che «in caso di liquidazione progressiva dei beni su cui grava il privilegio, gli interessi vanno
pagati in proporzione alla progressiva liquidazione dei beni e fino a che non sia liquidato l’ultimo bene
(c.d. completa liquidazione dell’attivo), ove i beni siano costituiti in diversi lotti e non siano stati tutti
venduti nello stesso momento». In giurisprudenza, cfr. Cass. civ., sez. I, 26.11.1984, n°6112, in Giust. civ.
Mass. 1984, fasc. 11; Cass. civ., sez. I, 27.10.1982, n°5623, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9.
(208) Questo per evitare che il creditore, una volta certo del suo privilegio, resti inerte, lasciando
accumulare interessi privilegiati, così da pregiudicare gli eventuali creditori e da lasciarli nella incertezza
circa la misura del diritto garantito. Poiché lo scopo è soltanto questo, ne deriva che gli interessi già
maturati sino alla data di iscrizione dell’ipoteca ed espressamente compresi in essa, sono comunque
privilegiati (così, ad es., le circolari del Tribunale di Ancona e di Pescara).
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garanzia ipotecaria anche per la parte di credito che eccede il limite anzidetto.
Dalla rubrica e dal tenore letterale dell’art.2855 c.c. si evince che essa disciplina l’estensione degli
effetti dell’ipoteca a determinati accessori del credito oggetto della garanzia, e cioè, oltre alle
spese indicate nel 1° comma della disposizione, agli interessi contemplati nel 2° e 3° comma.
Com’è noto, tra i caratteri salienti dell’ipoteca viene comunemente indicato quello della specialità,
sancito dal 1° comma dell’art.2809 c.c., secondo cui «l’ipoteca deve essere iscritta su beni
specialmente indicati e per una somma determinata in danaro», principio quindi che si riferisce
tanto all’oggetto della garanzia, e cioè alla specificazione dei beni su cui si costituisce l’ipoteca,
quanto al credito garantito, per il quale si richiedono la sua determinatezza e l’indicazione della
somma iscritta(209).
Ne consegue che la prelazione ipotecaria sarà in concreto esercitabile solo fino al valore
corrispondente della somma iscritta - salve tuttavia le estensioni stabilite dalla legge (tra cui quella
realizzata dall’art.2855 c.c.) - pur se inferiore rispetto all’ammontare effettivo del credito garantito,
laddove - in caso contrario (vale a dire nell’ipotesi in cui il credito garantito sia di importo inferiore
rispetto alla somma iscritta) - sarà proprio il credito a porsi quale limite della garanzia
ipotecaria(210).
In relazione al cennato carattere della garanzia ipotecaria, può adesso osservarsi che è consolidato
orientamento dottrinario(211) e giurisprudenziale(212) che l’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, rappresenti
una eccezione al principio di specialità dell’ipoteca, costituendo «una deroga alla regola generale
della inestensibilità dell’ipoteca agli accessori(…)»(213) la quale comporta pertanto che «gli effetti
dell'iscrizione ipotecaria si estendono agli interessi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2855 c.c., senza che
tale estensione possa intendersi contenuta entro i limiti dell'ammontare della somma per la quale
è stata compiuta l'iscrizione ipotecaria, purché la misura degli interessi sia indicata
(209) Sulla “specialità dell’ipoteca, cfr. RUBINO, L’ipoteca immobiliare e mobiliare, in Trattato di diritto
civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1956, 69; GORLA, (Delle ipoteche), in
Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja- G. Branca, libro VI, Tutela dei diritti (art.27402899), IIa ed., Bologna-Roma, 1955, 423; TAMBURRINO, Della tutela dei diritti. (Delle ipoteche), in
Commentario al codice civile, 2a ed., Torino, 1976, 64; MAIORCA, voce Ipoteca (diritto civile), in Noviss.
Digesto it., IX, Torino, 1963, p.58.
(210) Per una rassegna delle conseguenze derivanti dalla difformità tra ammontare del credito e importo
della somma iscritta, si veda BOERO, Le ipoteche, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e
commerciale, fondata da Walter Bigiavi, Torino, 1984,155.
(211) Tra le opinioni dottrinarie favorevoli alla tesi della natura derogatoria dell’art.2855 c.c. rispetto al
principio di specialità possono segnalarsi: DEGNI, Delle ipoteche, in Commento al codice civile, a cura di
D’AMELIO E FINZI, Firenze, 1943, 751; GORLA, (Delle ipoteche), op. cit., 553-554.; RUBINO, L’ipoteca
immobiliare e mobiliare, op. cit., 80; TAMBURRINO , Della tutela dei diritti. (Delle ipoteche), op. cit., 267;
FRAGALI, voce Ipoteca (diritto privato), in Enc. Dir. XXII, 1972, 812; BOERO, Le ipoteche, op. cit., 161;
ALIANELLO, L’art.2855 e la specialità dell’ipoteca, in Giur. It. 1985, IV, 405 ss..
(212) In giurisprudenza, cfr. Cass. civ., sez.III, 22.09.2000, n°12536, in Giust. civ. 2001, I, 398; Cass. civ.,
sez. III, 18.02.2000 n°1869, in Corr. giuridico, n°7/2000, 894, con nota di FORCHINO; Cass. civ.,
1.02.1995, n°1116, in Giust. civ., 1995,1, 1199; in epoca più risalente Cass. civ., 5.01.1067, n°47, in Riv.
dir. ipot., 1968, 209 (con nota di BOSSO, Ancora dell’estensione dell’ipoteca agli interessi) e in Giust.
civ., 1967, I, 1324 (con nota di CIACCIO, Estensibilità della garanzia degli interessi del credito oltre la
somma iscritta).
(213) La regola della inestensibilità dell’ipoteca agli accessori è posta in connessione con il carattere di
specialità dell’ipoteca. Il principio della deroga rappresentata dall’art.2855, commi 2 e 3, è richiamato
testualmente anche da Cass. civ. n°12536/2000, cit..
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nell’iscrizione»(214).
Altro argomento a suffragio della tesi estensiva può ricavarsi dall’esame della disposizione
dell’art.2855 c.c.., la cui rubrica suona "estensione degli effetti della iscrizione": il che è argomento
idoneo a rendere palese la mens legis diretta ad affermare che l’iscrizione ha la capacità di
estendersi, che pare pertanto urtare con l’assunto della sua assoluta invalicabilità e fissità(215)(216).
Ed allora, posto che la norma dettata dall’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, determina una estensione
ope legis della prelazione ipotecaria agli accessori del credito ivi contemplati indipendentemente
dall’ammontare della somma per la quale l’iscrizione è stata presa, il requisito in presenza del
quale detta estensione è che la nota di iscrizione contenga obbligatoriamente l’indicazione della
misura degli interessi(217): con la conseguenza che la mancata enunciazione della stessa nella nota
di iscrizione determina la collocazione ipotecaria del capitale, ma non degli interessi(218).
L’opinione prevalente è poi nel senso che, nel contesto dell’art.2855 c.c., «il termine misura
equivale a tasso (e non ad ammontare) degli interessi»(219): è pertanto sufficiente che nella nota di
iscrizione siano indicati l’esistenza e il saggio degli interessi, senza che sia necessario far ricorso a
formule sacramentali(220) ; la generica avvertenza che il credito è produttivo di interessi impedisce
l’estensione della garanzia ai detti accessori (anche al tasso legale) (221).
(214) La pronuncia sopra richiamata si configura quindi quale gradazione crescente di un indirizzo
interpretativo già consolidato all’interno della Suprema Corte, a rappresentazione del quale può
menzionarsi Cass. civ., n°1116/95, cit., la quale ha formulato verbatim il principio di diritto sopra
richiamato in tema di estensione della garanzia ipotecaria agli interessi. A conferma dello ius receptum
formatosi sulla questione, va osservato che anche i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità
(Cass civ., sez. III, 11.04.2008, n°9674, in Giust. civ. Mass. 2008, 4, 569 e in Giur. it., 2008, 8- 9, 1909
con nota di RUFO SPINA; Cass. civ., sez. III, 18.07.2002, n°10416, in IlSole24ore, Guida al diritto, 2002,
38, p.54) si limitano a richiamare, con motivazione sintetica, le conclusioni sopra illustrate.
(215) Condivide ad es. la conducenza del richiamo al dato testuale e la superabilità della somma iscritta
anche TULLIO, In tema di estensione degli effetti dell’iscrizione ipotecaria agli interessi, nota a Cass. civ.,
se. I, 7.04.1995 n°4069, in Giust. civ. 1995, 12, 3011.
(216) Secondo BREGOLI, Mutuo in ammortamento ed esercizio della prelazione ipotecaria, in Banca borsa
e titoli di credito, 1997, I, 55, mentre con riferimento alle spese e agli interessi convenzionali potrebbe
ritenersi giustificato lasciare al creditore il rischio di fissare la somma da iscrivere (trattandosi di fattori in
qualche modo suscettibili di controllo da parte sua) sarebbe per converso iniquo addossare al medesimo
un simile onere con riferimento agli interessi legali maturati dalla scadenza del triennio fino alla vendita,
atteso che la previsione del loro importo dipende - oltre che da imponderabili scelte legislative - dalla
durata della procedura esecutiva e non può per principio del sistema processuale (anche esecutivo) essere
messa a carico di chi fa valere in giudizio il diritto.
(217) Per BOERO, Le ipoteche op. cit., 168, la prescrizione stabilita dal legislatore va posta in correlazione
con l’esigenza di evitare ai terzi indagini troppo onerose, da effettuare al di fuori delle risultanze dei
registri immobiliari, in ordine all’esistenza e all’entità degli interessi.
(218) In giurisprudenza, propendono per tale soluzione Tribunale di Milano, 16.12.2002, in Banca borsa
tit. cred. 2004, II, 212 (con nota di TARDIVO); Appello di Genova, 5 .02.2002, in Fallimento 2002, 1211
(nota TARZIA). Va evidenziato, sul punto, che per Cass. civ. n°1869/2000 (la quale ripropone in
proposito l’opinione già espressa in dottrina da RUBINO, op. cit., 85 e BOERO, Le ipoteche, op. cit., 169)
«l’insufficiente indicazione della somma non consente una semplice rettifica (con annotazione), ma solo
un’iscrizione suppletiva (o, al più, un’iscrizione di rettifica che richiami la prima) e dalla quale sorge
una distinta ipoteca con relativo nuovo grado, ciò ai fini della tutela dei terzi (e sempre che detta
insufficiente indicazione della somma dipenda dalla volontà unilaterale del creditore e non dalla volontà
delle parti espressa nel titolo che ha costituito l’ipoteca)».
(219) E’ il principio espresso da Cass. civ., sez. I, 7.04.1995 n°4069, cit..
(220) Si veda, in proposito, Cass. civ., 31.05.1966, n°1452, in Riv. dir. ipot., 1968, 202, con nota di BOSSO,
L’entità degli interessi non è legata a particolari formule.
(221) E’ l’opinione che pare prevalente in dottrina e in giurisprudenza: cfr. per la prima, cfr., RUBINO, op.
cit., 84; GORLA, (Delle ipoteche), op. cit., 556, per il quale, mancando l’indicazione del tasso, «non
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Ed allora, poiché l’estensione ex art.2855 c.c. si realizza solo se è enunciato nella nota il tasso di
detti interessi, non può pertanto ritenersi che sia indispensabile l’indicazione del loro importo(222).
Il complesso delle argomentazioni suesposte sottolinea pertanto la rilevanza, ai fini della questione
in commento, delle indicazioni effettuate dal creditore all’atto della compilazione della nota di
iscrizione, al cui esame deve pertanto essere attribuita la massima importanza ai fini della
collocazione in via ipotecaria, in sede di progetto di distribuzione (o di ammissione al passivo del
fallimento), delle varie componenti del credito oggetto della garanzia.
Una questione che viene al riguardo a profilarsi è se, in luogo della semplice indicazione del
capitale (fruttifero) e del tasso degli interessi (pure ammissibile, come in precedenza esposto), sia
possibile effettuare l’iscrizione di una somma globale comprensiva degli interessi “triennali”
previsti dall’art.2855 c.c..
Il quesito è stato specificamente affrontato dalla Corte di Cassazione nella richiamata sentenza
n°1869/2000 e risolto in senso affermativo: sul punto, la Suprema Corte ha ribadito che la ratio del
secondo comma dell’art.2855 c.c. (nella parte in cui stabilisce che debba essere indicata la
“misura” degli interessi) è quella di consentire agli altri creditori o al terzo proprietario di calcolare
quale sia il credito a tale titolo garantito ipotecariamente, sicché appare chiaro che la
determinazione di detti interessi, effettuata direttamente in sede di iscrizione attraverso
l’individuazione di una somma specifica, giova a preservare con maggiore incisività la finalità della
norma(223).
Purtuttavia, anche in una ipotesi come quella in considerazione, sarà sempre operante la
delimitazione sancita dall’art.2855 c.c., vale a dire che l’iscrizione ipotecaria - in punto di interessi -
basterebbe pertanto indicare nell’iscrizione una somma globale per interessi e spese»; TAMBURRINO,
Della tutela dei diritti. (Delle ipoteche), op. cit., 270; BOERO, op. cit., 168. Per la seconda. Trib. Reggio
Emilia, 20.06.1988, cit.; Cass. civ., 18.02.1975, n°641, in Mass. Foro it., 1975; Appello Genova, 5
febbraio 2002, cit., in motivazione).
(222) Così TULLIO, op. cit., 3011 ss.; nello stesso senso, in seno alla dottrina tradizionale, RUBINO,
L’ipoteca immobiliare e mobiliare, op. cit., 85; TAMBURRINO, ibidem, 270; RAVAZZONI, Dell’ipoteca, in
Trattato di diritto privato, diretto da RESCIGNO, 20, Tutela dei diritti, Torino, 1983, op. cit., 40. La tesi
contraria a quella esposta comporterebbe, com’è di tutta evidenza, la difficoltà pratica di individuare
l’ammontare esatto degli interessi garantiti, con gli ovvi problemi applicativi conseguenti alla previsione
di un saggio variabile (legato, ad es., all’andamento del tasso ufficiale di sconto) che non permetterebbe,
all’atto della costituzione del vincolo ipotecario, di fissare il tasso da assumere a riferimento per il
“triennio” previsto dall’art.2855 c.c.: sulla scorta delle considerazioni svolte, può quindi concludersi che
nessuna lesione dei diritti dei terzi viene pertanto a determinarsi per effetto della circostanza che nella
nota non sia stata iscritta una somma distinta per tali interessi, in quanto la relativa collocazione (essendo
limitata, inderogabilmente, ai due anni anteriori e a quello in corso ex art. 2855, comma secondo) rende
agevolmente accertabile l’importo del credito garantito (così, in termini, Cass. civ., 7.04.1995, n°4069,
cit.).
(223) Cfr., in termini, Cass. civ., 22.09.2000, n°12536, cit.. Il principio è ripreso, più di recente, da
COTTONE, La graduazione dei crediti nel piano di riparto (…), op.cit., 11, con richiamo alla tesi
formulata in dottrina da RUBINO, op. cit., p.85, il quale ha espressamente ritenuto che si possa iscrivere
direttamente una somma globale corrispondente alle tre annualità di legge, purché distinta dal capitale e
con espressa imputazione agli interessi. Nello stesso senso, anche BOERO, op. cit., 168, e TAMBURRINO,
op. cit., 270. All’interno della giurisprudenza, cfr. anche Cass. civ., sez. I, 17.11.1999, n°10070, in Mass.
Giust. civ., 1999, 1982; Cass. civ., 20.03.1998, n°2925, Giust. civ. Mass. 1998, 606, che, nell’ipotesi di
ammissione al passivo fallimentare del credito derivante da una rata di mutuo ordinario (con restituzione
del capitale attraverso rate semestrali di ammortamento comprensive di capitale ed interessi) ha applicato
la disciplina dei commi 2 e 3 dell’art.2855 c.c. agli interessi prodotti sul credito principale anche se il loro
importo era stato preventivamente iscritto a titolo di capitale e così già ricompreso nella garanzia
ipotecaria iscritta (su questa linea, anche Cass. civ., 29.08.1998 n°8657, in Mass. Giust. civ., 1998, 1818).
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non potrà che coprire il periodo previsto dalla legge, e cioè il triennio contemplato dal 2° comma
della norma in questione (con esclusione delle annualità precedenti). Anche gli interessi maturati
dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento beneficiano a norma
dell’art.2855 cc., comma 3, dell’estensione degli effetti dell’iscrizione, quanto alla collocazione
nello stesso grado del capitale, ma vi è in questo caso il diverso limite temporale costituito dalla
data della vendita, oltre che quello relativo al tasso (che è quello legale, se inferiore al
convenzionale).
Dalla prospettiva così delineata si è peraltro sostenuto che il creditore, che iscrive ipoteca
volontaria, «possa anche volontariamente limitare l’iscrizione solo a parte degli accessori»(224), nel
senso che egli ben potrebbe iscrivere ipoteca per una somma globale indicando che il relativo
importo copre ogni credito accessorio: con l’ulteriore conseguenza, peraltro, che se in via concreta
siffatta somma globalmente indicata dovesse poi rivelarsi inferiore rispetto all’importo in astratto
ottenibile in virtù del meccanismo dell’art.2855 c.c., ciò impedirebbe l’estendersi della prelazione
ipotecaria a quegli interessi (convenzionali e/o legali) che dovessero rimanere effettivamente al di
fuori della determinazione effettuata ab origine dal creditore all’atto dell’iscrizione. Secondo
l’orientamento in esame, infatti, potrà in tal caso ritenersi - alla stregua dei principi in materia di
interpretazione contrattuale ex art.1362 c.c. e ss. (applicabili anche agli atti unilaterali) - che il
creditore abbia usato quella determinata formulazione per limitare volontariamente gli effetti
estensivi della garanzia ipotecaria.
Di qui l’estrema attenzione con la quale esaminare il contenuto della nota di iscrizione ipotecaria,
al fine di intendere rettamente ciò che - in tema di componenti della somma garantita - il creditore
abbia voluto porre ad oggetto della prelazione ipotecaria(225).
La argomentazioni esposte si pongono nel solco del più recente indirizzo interpretativo della
giurisprudenza di legittimità, a paradigma del quale può richiamarsi quanto statuito da Cass. civ.,
sez. III, 30.03.2012 n°5190 (226), secondo cui l’art.2855 c.c. va interpretato come segue: «ai fini
della collocazione di tutti gli interessi contemplati nell'art. 2855 cod. civ., nello stesso grado del
(224) Così Cass. n°1869/2000, cit., che - esaminando la questione sottoposta al proprio apprezzamento
(quella, cioè, di una iscrizione ipotecaria presa complessivamente per 150 milioni di lire, di cui 100
milioni per capitale e 50 milioni per accessori, con la specificazione - da parte del creditore - che la
somma di 50 milioni per detti accessori comprendeva «qualunque somma….in dipendenza del contratto o
della legge») ha condiviso il principio espresso dalla Corte di merito, ritenendo che la formulazione
adottata dal creditore ipotecario concernesse onnicomprensivamente qualunque accessorio, e quindi anche
gli interessi legali in aggiunta a quelli del triennio.
(225) In questo senso, considerato l’attuale modello meccanizzato (introdotto con decreto del Ministro
delle Finanze di concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia del 10 marzo 1995, pubblicato sul
supplemento n°40 della G.U. del 4.04.1995) utilizzato per le iscrizioni ipotecarie (oltre che per le
trascrizioni e le domande di annotazione) ed imperniato su quattro sezioni (di cui tre, quadri A, B e C, a
forma vincolata; ed una, denominata quadro D, a forma libera) assumono estrema importanza non solo
ciò che il creditore andrà ad indicare nel quadro A (sottomaschera “Dati della iscrizione”) con riferimento
al capitale, al tasso (annuale o semestrale) e alle spese (con relativo totale della somma iscritta), ma anche
le specificazioni che egli effettuerà nel quadro D e che possono essere utilizzate nell’ambito di una
eventuale attività di interpretazione della volontà del creditore. E’ infatti di tutta evidenza che l’attuale
nota meccanizzata, escludendo il ricorso al linguaggio cosiddetto naturale, non consente più quella libertà
“espressiva” nell’indicazione dei dati essenziali dell’iscrizione (e del relativo titolo) che erano invece resi
possibili dalla compilazione manuale della stessa. Se, pertanto, la nota manuale consentiva una maggiore
possibilità di interpretazione (ove necessario) attraverso una lettura complessiva di tutti i dati in essa
descritti, la maggiore sinteticità ed il contenuto “guidato” della nota meccanizzata impongono una
maggiore attenzione nella predisposizione del contenuto della stessa.
(226) Reperibile in De Jure, Archivio sentenze Cassazione civile.
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capitale, è possibile per il creditore indicare nella nota di iscrizione una somma riferita agli interessi
stessi, sia limitandola agli interessi convenzionali c.d. triennali sia comprendendovi anche gli
interessi legali ai sensi del terzo comma ovvero aggiungendo un'ulteriore somma da riferire a
questi ultimi interessi; in siffatte ipotesi, non potrà il creditore pretendere l’estensione della
garanzia oltre la somma iscritta, ai sensi dei comma secondo e terzo dell’art. 2855 cod. civ.,
restando la prelazione limitata alla/e somma/e specificamente indicata/e nella nota per
l'iscrizione; nel caso in cui, invece, il creditore ipotecario voglia avvalersi delle deroghe che le norme
richiamate contemplano alla regola generale della inestensibilità dell'ipoteca agli accessori (regola
che è connessa con il principio di specialità dell'ipoteca), dovrà, nella nota per l'iscrizione ipotecaria,
enunciare che il credito è produttivo di interessi e ne dovrà indicare il tasso» (227).
Il complesso delle argomentazioni suestese induce a concludere, in adesione all’indirizzo
dottrinario e giurisprudenziale consolidato, nel senso della possibilità del superamento della
somma indicata al momento dell’iscrizione ipotecaria; condizione indispensabile è che la nota
rechi l’indicazione del tasso degli interessi(228).
Come suggerito dalla giurisprudenza in precedenza richiamata, in caso di formulazioni diverse,
occorrerà prestare attenzione a quale sia stata la volontà del creditore ipotecario all’atto della
effettuazione dell’iscrizione, indagando - sulla scorta delle parole e delle espressioni utilizzate circa l’intento del soggetto che ha posto in essere l’atto.
§3.1.- LA NOZIONE DI “ANNO IN CORSO”
L’anno in corso alla data del pignoramento non è l’anno solare(229), ma va determinato con
il seguente procedimento:
(227) Nello stesso senso anche Cass. civ., sez. VI, 06,03.2012, n° 3494, in Giust. civ. Mass. 2012, 3,
277.
(228) Una soluzione che, ad avviso di chi scrive (e considerate le limitazioni compilative del software
ancora in utilizzo per la predisposizione della nota di iscrizione) potrebbe eludere dubbi interpretativi,
sarebbe quella di indicare l’importo del capitale, delle spese (presuntivo) e degli interessi triennali
(specificandone il tasso), precisando altresì (nel quadro D) che la garanzia ipotecaria dovrà intendersi
ulteriormente estesa anche agli interessi al tasso legale a far data dalla scadenza del triennio e fino al
momento della vendita (recte: del decreto di trasferimento).
(229) Si veda, ad es., Tribunale di Roma, 4.03.2005, in Giur. merito 2005, 9 1827 (s.m.), secondo cui «Ai
fini dell'estensione agli interessi del diritto di prelazione dei creditori garantiti da ipoteca, la locuzione
"anno in corso" di cui all'art. 2855 c.c. (cui rinvia l'art. 54 l. fall.) va intesa non come anno solare, ma
come arco di tempo della durata di dodici mesi, il cui inizio corrisponde a quello del debito di interessi e,
quindi, nell'ipotesi in cui il credito consegue dalla stipula di un contratto di mutuo, la data di inizio del
debito di interessi deve identificarsi in quella di stipulazione del contratto». Nello stesso senso anche
Cass. civ., sez.I, 26.04.1999, n°4124, in Giust. civ. Mass. 1999, 933; Cass. civ., sez.I, 03.04.1992, n°4079,
in Foro it. 1993, I, 914; Tribunale Ariano Irpino, 18.12.2001, in Giur. merito 2002, 948; Tribunale
Piacenza, 25.11.1997, in Dir. fall. 1998, II, 122. Le prassi applicative riscontrate presso i maggiori
Tribunali aderiscono integralmente alla suddetta impostazione. In dottrina, cfr., ex plurimis,
D’ACQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), op. cit., 264, per il quale «l’anno in
corso va inteso in senso contrattuale e non solare, nel senso che dovendosi avere riguardo al momento
della produzione degli interessi, si procede dal momento della notificazione del pignoramento fino alla
data corrispondente all’insorgenza del credito per interessi (ad es. maturazione del credito tributario) e
poi si retrocede per due annualità». DEL VECCHIO, I privilegi nella legislazione civile fallimentare e
speciale, op. cit., 63, ritiene che possa farsi riferimento all’anno solare quando non sia certa la decorrenza
dell’annualità contrattuale.
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INDIVIDUARE LA DATA DI DECORRENZA
DEGLI INTERESSI DEL DEBITO
• Nel caso di debiti da mutuo: è la data contrattualmente
prevista (data di stipula del contratto di mutuo)
• Nel caso di debiti accertati giudizialmente: è la data della
mora indicata in sentenza o, in mancanza, la data deposito del
provvedimento (decreto ingiuntivo o sentenza)
FASE 1
AGGIUNGERE ALLA DATA DI DECORRENZA DEL DEBITO
TANTI ANNI SINO A QUANDO SIA SUPERATA LA DATA
DEL PIGNORAMENTO
FASE 2
RISULTATO = DATA “C”
SOTTRARRE UN ANNO DALLA DATA “C”
FASE 3
RISULTATO = DATA “B”
DA QUESTO MOMENTO INIZIA “L’ANNO IN CORSO”
SOTTRARRE DUE ANNI DALLA DATA “B”
RISULTATO = DATA “A”
DA QUESTO MOMENTI INIZIA IL “BIENNIO”
FASE 4
DATA A
DATA B
BIENNIO
DATA C
ANNO IN CORSO
Gli interessi maturati successivamente alla data A e sino alla data C sono da collocarsi in
via privilegiata, al tasso convenzionale; gli interessi maturati anteriormente a questa data
andranno collocati al chirografo, al tasso convenzionale.
à ESEMPI DI APPLICAZIONE DELL’ART.2855 C.C.
ESEMPIO N.1 - Ipoteca volontaria - Contratto di mutuo stipulato in data 01.02.1998 (es.
capitale € 51.645,69; durata 10 anni; rata mensile; tasso 6,25% - numero totale rate del
prestito 120) - Notifica del pignoramento 15.08.2001
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rata
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data
prestito
quota
interesse
quota
capitale
debito
residuo
totale
interesse
totale
pagato
1
1 feb 98
51.645,69
268,99
310,89
51.334,80
268,99
579,88
11
1 dic 98
48.462,90
252,41
327,47
48.135,43
2.868,40
6.378,66
12
1 gen 99
48.135,43
250,71
329,17
47.806,26
3.119,11
13
1 feb 99
47.806,26
248,99
330,89
47.475,37
3.368,10
6.958,54
7.538,42
14
1 mar 99
47.475,37
247,27
332,61
47.142,76
3.615,37
8.118,30
15
1 apr 99
47.142,76
245,54
334,34
46.808,42
3.860,90
8.698,17
16
1 mag 99
46.808,42
243,79
336,08
46.472,33
4.104,70
9.278,05
17
1 giu 99
46.472,33
242,04
337,83
46.134,50
4.346,74
9.857,93
18
1 lug 99
46.134,50
240,28
339,59
45.794,91
4.587,02
10.437,81
19
1 ago 99
45.794,91
238,52
341,36
45.453,54
4.825,54
11.017,69
20
1 set 99
45.453,54
236,74
343,14
45.110,40
5.062,28
11.597,57
21
1 ott 99
45.110,40
234,95
344,93
44.765,47
5.297,23
22
1 nov 99
44.765,47
233,15
346,72
44.418,75
5.530,38
12.177,44
12.757,32
23
1 dic 99
44.418,75
231,35
348,53
44.070,22
5.761,73
13.337,20
24
1 gen 00
44.070,22
229,53
350,35
43.719,87
5.991,26
13.917,08
25
1 feb 00
43.719,87
227,71
352,17
43.367,70
6.218,97
14.496,96
26
1 mar 00
43.367,70
225,87
354,00
43.013,70
6.444,84
15.076,84
27
1 apr 00
43.013,70
224,03
355,85
42.657,85
6.668,87
15.656,71
28
1 mag 00
42.657,85
222,18
357,70
42.300,14
6.891,05
16.236,59
29
1 giu 00
42.300,14
220,31
359,57
41.940,58
7.111,36
16.816,47
30
1 lug 00
41.940,58
218,44
361,44
41.579,14
7.329,80
17.396,35
31
1 ago 00
41.579,14
216,56
363,32
41.215,82
7.546,36
17.976,23
32
1 set 00
41.215,82
214,67
365,21
40.850,61
7.761,03
18.556,11
33
1 ott 00
40.850,61
212,76
367,11
40.483,49
7.973,79
19.135,98
34
1 nov 00
40.483,49
210,85
369,03
40.114,47
8.184,64
19.715,86
35
1 dic 00
40.114,47
208,93
370,95
39.743,52
8.393,57
36
39.743,52
207,00
372,88
39.370,64
8.600,57
37
1 gen 01
1 feb 01
20.295,74
20.875,62
39.370,64
205,06
374,82
38.995,82
8.805,62
21.455,50
38
1 mar 01
38.995,82
203,10
376,78
38.619,04
9.008,73
22.035,38
39
1 apr 01
38.619,04
201,14
378,74
38.240,30
9.209,87
22.615,25
40
1 mag 01
38.240,30
199,17
380,71
37.859,59
9.409,03
41
1 giu 01
37.859,59
197,19
382,69
37.476,90
9.606,22
23.195,13
23.775,01
42
43
1 lug 01
1 ago 01
37.476,90
37.092,21
195,19
384,69
37.092,21
9.801,41
24.354,89
15.08.2001
1.02.1999
31.01.2001
biennio
(date A-B)
1.02.2001
inizio anno in corso
(data B)
15.08.2001
NOTIFICA
PIGNORAMENTO
193,19
386,69
36.705,52
9.994,60
24.934,77
PIGNORAMEN
44
1 set 01
36.705,52
191,17
388,70
36.316,82
10.185,78
25.514,65
45
1 ott 01
36.316,82
189,15
390,73
35.926,09
10.374,93
26.094,52
46
1 nov 01
35.926,09
187,12
392,76
35.533,33
10.562,04
47
1 dic 01
35.533,33
185,07
394,81
35.138,52
10.747,11
26.674,40
27.254,28
48
1 gen 02
35.138,52
183,01
396,87
34.741,65
10.930,12
27.834,16
scadenza anno in corso
49
1 feb 02
34.741,65
180,95
398,93
34.342,72
11.111,07
28.414,04
(data C)
31.01.2002
Nell’esempio, l’anno in corso va dall’1.02.2001 al 31.01.2002; il biennio va dall’1.02.1999 al 31.01.2001.
ESEMPIO N.2
Ipoteca giudiziale - decreto ingiuntivo del 26.01.1996; ipoteca iscritta il 15.05.1997 e
pignoramento effettuato il 18.10.1999.
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In questo caso, si dovrà:
INDIVIDUARE
FASE 1
LA
PRIMA
(CHE
SCADENZA
NELL’ESEMPIO IN COMMENTO COINCIDE CON LA
DATA
DI
ISCRIZIONE
IPOTECARIA):
QUINDI
15.05.1997
FASE 2
AGGIUNGERE ALLA SUDDETTA SCADENZA TANTI ANNI
SINO A QUANDO SIA SUPERATA LA DATA DEL
PIGNORAMENTO; IN QUESTO CASO LA DATA “C” SARÀ
PERTANTO IL 15.05.2000
SOTTRARRE UN ANNO DALLA DATA “C”
RISULTATO = DATA “B”, CIOE’ 15.05.1999
DA QUESTO MOMENTO INIZIA “L’ANNO IN CORSO”
FASE 3
SOTTRARRE DUE ANNI DALLA DATA “B”
RISULTATO = DATA “A”, CIOE’ 15.05.1997
DA QUESTO MOMENTI INIZIA IL “BIENNIO”
FASE 4
Nell’esempio preso in considerazione, si avrà pertanto:
15.05.1997
15.05.1999
15.05.2000
ANNO IN CORSO
BIENNIO
ESEMPIO N.3:
Mutuo con rate semestrali: decorrenza contrattuale 10.01.95 (es. capitale € 51.645,69;
durata 10 anni; rata semestrale; tasso 6,25% - numero totale rate del prestito 20) pignoramento del 15.10.99.
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(mutuo con rate semestrali - decorrenza contrattuale 10.01.95 - pignoramento 15.10.99)
rata
1
data
prestito
quota
interesse
quota
capitale
debito
residuo
totale
interesse
totale
pagato
10 gen 95
51.645,69
1.613,93
1.897,72
49.747,97
1.613,93
2
10 lug 95
49.747,97
1.554,62
1.957,02
47.790,95
3.168,55
7.023,29
3
10 gen 96
47.790,95
1.493,47
2.018,18
45.772,78
4.662,02
4
10 lug 96
45.772,78
1.430,40
2.081,24
43.691,53
6.092,42
10.534,93
14.046,58
5
10 gen 97
43.691,53
1.365,36
2.146,28
41.545,25
7.457,78
17.558,22
6
10 lug 97
41.545,25
1.298,29
2.213,35
8.756,07
21.069,86
7
39.331,89
1.229,12
2.282,52
8
10 gen 98
10 lug 98
39.331,89
37.049,37
37.049,37
1.157,79
2.353,85
9.985,19
1.01.1999 24.581,51
anno in corso28.093,15
34.695,52 inizio
11.142,98
9
10
10 gen 99
10 lug 99
34.695,52
32.268,11
1.084,24
2.427,41
32.268,11
(data B)
12.227,22
1.008,38
2.503,27
29.764,85
13.235,60
930,15
2.581,49
27.183,35
14.165,75
15.10.1999
11 10 gen 00
29.764,85
3.511,64
31.604,79
35.116,44
10.01.1997
10.01.1999
biennio
(date A-B)
15.10.1999
NOTIFICA
PIGNORAMENTO
38.628,08
10.01.2000
12
10 lug 00
27.183,35
849,48
2.662,16
24.521,19
15.015,23
42.139,73
scadenza anno in
corso
13
10 gen 01
24.521,19
766,29
2.745,36
21.775,83
15.781,51
45.651,37
(data C)
Nell’esempio in considerazione, pertanto, l’anno in corso va dal 10.01.99 al 10.01.2000; il
biennio va dal 10.01.97 al 10.01.99.
§3.2.-
PROCEDIMENTO DI CALCOLO E COLLOCAZIONE PER I CONTRATTI DI MUTUO
IPOTECARIO
Si è già esposto che il contratto di mutuo prevede la restituzione del finanziamento mediante
rate periodiche, (generalmente mensili o semestrali) comprensive di una quota capitale e di
una quota interessi.
Ed allora mentre le rate che scadono nel biennio e nell’anno in corso (triennio ex art.2855
c.c.) possono essere collocate per l’intero tra i crediti privilegiati, con riferimento alle le rate
anteriori al biennio è invece necessario effettuare una scomposizione, separando la quota
interessi (da porre al chirografo) da quella capitale (da collocare al privilegio).
In presenza pertanto di rate anteriori al biennio occorre sempre richiedere al creditore di
produrre il piano di ammortamento(230) (231).
(230) IL PIANO DI AMMORTAMENTO.- Il piano di ammortamento è un programma di estinzione di un debito o
di abbassamento o estinzione del capitale di credito. Può essere predisposto sia dal creditore (come
nell’ipotesi tipica della erogazione di un mutuo immobiliare o di un finanziamento personale da parte di
una banca) sia dal debitore in sede di studio di fattibilità di investimenti per i quali si richieda
contribuzione.
In sintesi, si tratta di una clausola contrattuale concernente le modalità di rimborso del debito contratto e
consiste in un prospetto analitico dal quale risultino gli impegni del debitore alla scadenza di ogni periodo
e l’importo e la destinazione di ogni rata. Nell’ipotesi del contratto di mutuo, il piano di ammortamento
prevede che il capitale viene restituito in maniera rateale, con quota capitale (fissa, ovvero crescente o
decrescente), abbinata al pagamento di interessi: ogni rata può infatti considerarsi come la somma di due
addendi: una quota-capitale (che va a decurtazione del debito) e una quota-interessi (che si intende
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versata a compenso degli interessi maturati dal debito residuo nel periodo precedente il versamento della
rata considerata).
Il piano più frequentemente utilizzato nel sistema bancario italiano è quello alla francese (utilizzato tanto
per i mutui a tasso fisso che a tasso variabile), cioè a rate costanti. Lo sviluppo del piano è infatti basato
su rate tendenzialmente omogenee e costanti (salvo le possibili fluttuazioni del tasso di interesse nei
mutui a tasso variabile) ciascuna formata da una quota interessi, decrescente, e da una quota capitale,
crescente.
In linea teorica, la diffusione dell’ammortamento alla francese è dovuta al fatto che esso ha il vantaggio di
costituire un ragionevole compromesso tra una restituzione accelerata del capitale (che comporterebbe un
risparmio negli interessi) e una rata sostenibile.
E’ pure previsto il c.d. piano di ammortamento all’italiana, che non presenta differenze sostanziali
rispetto a quello alla francese, ma piuttosto una differenza concettuale, in quanto prevede una restituzione
del finanziamento con quote capitale costanti, mentre a variare è la quota interessi, nel senso che alla fine
del periodo di ammortamento (e a parità di condizioni del mutuo contratto) gli interessi pagati saranno
minori rispetto al piano di ammortamento alla francese a causa della maggiore rapidità con cui viene
abbattuto il capitale.
Va comunque considerato che questo non si traduce, in linea di principio, in una maggiore convenienza
rispetto al piano alla francese, dal momento che anche se gli interessi corrisposti con il mutuo all’italiana
sono minori di quello alla francese, bisogna anche tenere in considerazione l’aspetto concernente la
“sostenibilità” della rata: questa infatti, nel mutuo all’italiana, è all’inizio più alta rispetto a quella del
piano di ammortamento alla francese, ma sarà più bassa alla fine (mentre nel piano alla francese, come
detto, questa è costante per tutto il periodo di ammortamento). L’opzione per un piano piuttosto che per
l’altro sarà allora legata alla situazione economica del mutuatario, il quale dovrà in definitiva valutare la
convenienza di una rata un po’ più alta all’inizio del piano di rientro del finanziamento.
ESEMPIO
a) piano di ammortamento all'italiana per un mutuo di 100.000 euro della durata di 10 anni con un
interesse fisso del 10%
Numero rata
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
TOTALE
Quota
capitale
10.000
10.000
10.000
10.000
10.000
10.000
10.000
10.000
10.000
10.000
100.000
Quota interessi
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
55.000
Debito capitale
residuo
90.000
80.000
70.000
60.000
50.000
40.000
30.000
20.000
10.000
0
0
Tasso
interesse
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
Importo rata
20.000
19.000
18.000
17.000
16.000
15.000
14.000
13.000
12.000
11.000
155.000
b) piano di ammortamento alla francese per un mutuo di 100.000 euro, della durata di 10 anni con un
interesse fisso del 10%
Numero rata
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
TOTALE
Quota
capitale
6.275
6.902
7.592
8.351
9.187
10.105
11.116
12.227
13.450
14.795
100.000
Quota interessi
10.000
9.373
8.682
7.923
7.088
6.169
5.159
4.047
2.825
1.480
62.746
Debito capitale
residuo
93.725
86.823
79.231
70.880
61.693
51.588
40.472
28.245
14.795
0
0
Tasso
interesse
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
Importo rata
16.275
16.275
16.275
16.275
16.275
16.275
16.275
16.275
16.275
16.275
162.750
(231) Con riferimento alla mancata produzione del piano di ammortamento, la circolare del Tribunale di
Savona dispone che «se il creditore non trasmette il piano di ammortamento o il prospetto degli interessi
moratori e il professionista delegato sia nell’impossibilità di determinare aliunde l’importo della quota
capitale e di quella interessi, avviserà l’avvocato via fax che, in mancanza di tali indicazioni, il credito
sarà posto interamente (e quindi anche per la quota capitale) al chirografo e , in mancanza di ulteriore
riscontro provvederà in tal senso».
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NOTA: poiché le rate di mutuo sono normalmente posticipate, e poiché dunque ogni rata contiene gli
interessi relativi al periodo precedente a sé stessa, la prima rata del biennio (i cui interessi vanno
dunque al privilegio) non è quella che scade nel momento di inizio del biennio, ma quella
immediatamente successiva.
Tornando al superiore Esempio n.3 (cfr. pag.97): mutuo con rate semestrali, decorrenza contrattuale
10.01.1995, pignoramento del 15.10.99 (anno in corso dal 10.01.99 al 10.01.2000; biennio 10.01.97 al
10.01.1999)
In questo caso la prima rata da ammettere interamente al privilegio non è quella che scade in data
10.01.97, ma quella che scade il 10.07.97. Infatti la rata del 10.01.97 contiene gli che vanno dalla rata
immediatamente precedente fino sino al 10.01.97 e dunque contiene interessi relativi ad un periodo
fuori dal biennio.
La prima rata che contiene interessi maturati successivamente al 10.1.99 è quella successiva, e cioè
quella del 10.7.99.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: il concetto di “interessi dovuti” ex art.2855 c.c.
Come è noto, il 2° comma dell’art.2855 c.c. dispone che «Qualunque sia la specie d’ipoteca,
l’iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti,
purché ne sia enunciata la misura nell’iscrizione. La collocazione degli interessi è limitata alle due
annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento, ancorché sia stata pattuita
l'estensione a un maggior numero di annualità; le iscrizioni particolari prese per altri arretrati hanno
effetto dalla loro data».
Ai fini che ci occupano, si tratta di stabilire se per “interessi dovuti” debbano intendersi gli interessi
convenzionali corrispettivi ovvero gli interessi convenzionali di mora.
Si tratta in effetti di una questione che ha suscitato ampie controversie sia all’interno della dottrina in
giurisprudenza.
In proposito, può rilevarsi che la soluzione di includere nel concetto di “interessi dovuti” gli interessi di
mora si riscontra all’interno delle prassi applicative e delle indicazioni fornite da diversi Tribunali(232).
Secondo un primo orientamento interpretativo, la prelazione ipotecaria di cui all’art.2855 c.c si
estende a tutti gli interessi (sia corrispettivi che moratori), dal momento che la norma in parola non
opera alcuna distinzione tra le varie categorie di interessi(233).
(232) Cfr, sul punto, circolari dei Tribunali di Roma e Ancona, cit..
(233) Secondo la tradizionale definizione, gli interessi corrispettivi si fondano sul presupposto della
naturale fecondità del danaro, ed assicurano il riequilibrio fra il patrimonio del creditore e quello del
debitore, dal momento che quest’ultimo si avvantaggia della disponibilità di danaro altrui; invece gli
interessi moratori hanno una funzione risarcitoria, essendo destinati a riparare il danno subito dal
creditore per l’ingiustificato ritardo del debitore nell’eseguire la prestazione dovuta (per tutti, cfr. QUADRI,
Le obbligazioni pecuniarie, in Trattato di dir. priv., diretto da RESCIGNO, vol.IX, Torino 1984, 536). In
giurisprudenza, sulla distinzione tra interessi corrispettivi e moratori, cfr. ex multis, Cass. civ., sez. I,
30.08.2007, n°18312, in Giust. civ. Mass. 2007, 7-8. Paradigmatiche dell’indirizzo giurisprudenziale che
ritiene estensibile a tutti gli interessi la prelazione ipotecaria ex art.2855 c.c. sono, ad es., Trib. Napoli,
sez. VII, 7 giugno 2006, in Giur. merito 2007, 6, 1648, 1648; Cass. 8.07.1998, n°6668, in Nuova giur. civ.
comm., 1999, I, 485 (con nota di CAROZZI); Trib. Roma 12 luglio 1989, in Fall., 1990, 405; Trib. Vicenza
2 marzo 1988, ivi, 1222; App. Palermo 5 ottobre 1985, ivi, 1986, 1352; Trib. Roma 18 luglio 1982, ivi,
1983, 524; Trib. Milano 14 maggio 1990, in Dir. fall., 1991, II, 109.
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L’orientamento maggioritario è tuttavia quello che sostiene la collocazione in via ipotecaria dei soli
interessi corrispettivi, come ribadito da ultimo anche da Cass. civ., sez. I, 31.05.2013, n°13831
(reperibile all’url http://www.unijuris.it:80/node/1957 - accesso 5.11.2013), secondo cui «qualora
venga iscritta ipoteca per un capitale, l’estensione del privilegio ipotecario agli interessi - secondo le
condizioni specificate dall’art. 2855, co. 2 e 3, cod. civ., richiamate dalla L. Fall. agli artt. 54, co. 3 e 55,
co. 1 - opera limitatamente agli interessi corrispettivi, con conseguente esclusione di quelli moratori:
l’espressione “capitale che produce interessi”, di cui all’art. 2855 cod. civ., deve, infatti, ritenersi
circoscritta ai soli interessi che costituiscono remunerazione del capitale medesimo, senza che,
neppure in via analogica, possano ritenersi in essi inclusi quegli interessi che trovano fondamento nel
ritardo imputabile al debitore». In senso analogo, Cass. Civ., 15.01.2013, n°775 (in Giust. civ. 2013, 2,
331), ha rimarcato che «l’orientamento maggioritario espresso da questa giurisprudenza di
legittimità» è «fondato su di un argomento di ordine tanto letterale quanto sistematico-interpretativo,
che induce a ritenere il sintagma capitale che produce interessi inequivocabilmente circoscritto ai soli
interessi che, in guisa di frutti civili (art.820 cc, comma 3), costituiscono remunerazione del capitale
medesimo, vale a dire i (soli) interessi corrispettivi (….). D'altra parte, se il legislatore si fosse riferito a
tutti i capitali (anche, cioè a quelli infruttiferi), gli interessi dovuti non avrebbero potuto essere altro che
quelli moratori. Ma, avendo precisato di riferirsi ai soli capitali fruttiferi, gli interessi dovuti devono
ritenersi quelli prodotti dal capitale e non dalla mora» (234)(235)(236).
Ribadito pertanto che, in presenza di contratti di mutuo, appare opportuno che il
professionista delegato/consulente richieda il piano di ammortamento (ove non allegato dal
(234) In precedenza, l’orientamento c.d. maggioritario si era stato anticipato da Cass. civ., sez. III,
24.10.2011 n°21998, in Giust. civ. Mass. 2011, 10, 1502; Cass. civ., sez. III, 15.02.2011 n°3692, in
IlSole24ore, RepertorioLex 24; Tribunale di Ascoli, sez. I, 05.02.2010, in Giur. merito 2010, 6, 1559;
Cass. civ., 30.08.2007, n°18312, cit., Cass. civ., sez. I, 17.09.1999, n°10070, in Fallimento 2000, 1233;
Cass. civ., sez. I, 29.08.1998, n°8657, in Giust. civ. Mass. 1998, 1818; Cass. civ., sez. I, 8.11.1997,
n°11033, in Fall., 1998, 1238, con nota di PETRAGLIA; Trib. Palermo 20 agosto 1991, in Dir. fall., 1992,
III, 300; App. Roma 27 novembre 1990, in Giust. civ., 1991, 1, 200).
(235) Sussiste peraltro un’opinione intermedia (cfr. Tribunale di Monza, 12.03.2005 n°776, inedita, ma
richiamata da D’ACQUINO, La redazione del progetto di distribuzione (…), op. cit., p.267) secondo la
quale all’interno dell’interesse moratorio bisogna distinguere la quota pari all’originario interesse
corrispettivo maturato e la quota ulteriore (c.d. spread di mora) formatasi per effetto della mora, per il che
solo la prima delle due quote risulta comunque riconducibile al principio della naturale fruttuosità del
denaro, rappresentando la perpetuazione, dopo la scadenza del termine, del regime di interessi prima
vigente (cfr., in termini, Tribunale di Nola, ordinanza 13 marzo 2008, reperibile all’indirizzo
http://www.iussit.com/progetto-di-distribuzione-del-ricavato-vendita-privilegio - accesso 16.12.2013).
(236) Non vanno peraltro sottaciute le resistenze interpretative formatesi in ordine all’orientamento oggi
maggioritario. Si è in proposito sostenuto che, accedendo alla tesi della riferibilità ex art.2855 c.c. ai soli
interessi corrispettivi, la disposizione in parola rimarrebbe circoscritta unicamente all’ipotesi dell’ipoteca
volontaria, non potendosi ritenerla estesa alle ipoteche giudiziali, in specie da decreto ingiuntivo (in
particolare, per rapporti bancari girati a sofferenza), che conseguono a rapporti contrattuali risolti per i
quali, successivamente alla risoluzione, maturano solo interessi di mora (per D’AQUINO, La
predisposizione del progetto di distribuzione, cit., 267, nota 45, la questione riguarda anche il caso di
«contratti di mutuo ipotecario per i quali vi sia stata la risoluzione del contratto e la decadenza dal
beneficio del termine, perché -anche in questo caso - successivamente alla risoluzione del rapporto non
possono maturare interessi corrispettivi»). Il che rende difficilmente conciliabile la tesi maggioritaria,
pertanto, con l’indicazione dell’art.2855 circa la possibilità di garantire gli interessi ‘‘qualunque sia la
specie di ipoteca” - per una rassegna delle criticità determinate dalla tesi maggioritaria, cfr. da ultimo,
TARZIA, L’estensione della prelazione ipotecaria al credito per interessi: un intervento chiarificatore
della Cassazione, in nota a Cass. civ., sez. III, 15.01.2013, n°775, cit., in Fallimento, n°11/2013, p. 1359
ss.).
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creditore), si potrà poi procedere (sulla scorta dell’interpretazione adottata in tema di
interessi ex art.2855 c.c.) secondo le seguenti fasi:
1. separare il capitale dagli interessi corrispettivi già maturati;
2. ammettere il capitale al privilegio;
3. determinare il triennio di cui all’art. 2855 c.c.(237);
4. ammettere al privilegio gli interessi corrispettivi convenzionali maturati nel triennio,
(così come riportati nelle rate di ammortamento ed indicati all’atto dell’iscrizione
ipotecaria);
5. ammettere al chirografo gli interessi corrispettivi e moratori maturati anteriormente al
triennio;
6. ammettere al chirografo gli interessi moratori maturati nel triennio sulle quote
interessi(238);
7. ammettere al privilegio gli interessi legali calcolati sul capitale iscritto dopo l’anno in
corso alla data del pignoramento e sino alla data della vendita;
8. ammettere al chirografo la differenza tra gli interessi convenzionali (corrispettivi o
moratori) e gli interessi legali maturati dopo l’anno in corso e sino alla data della vendita
(239).
(237) Nella circolare del Tribunale di Savona è fatto cenno ad una ipotesi particolare, rappresentata
dall’intervento del creditore ipotecario. L’esempio è il seguente:
• pignoramento del 1994
• inizio dell’inadempimento del credito ipotecario: 1998.
In questo caso non appare giustificato che il creditore ipotecario debba rinunciare al meccanismo
dell’art.2855 c.c. (cosa che si verificherebbe assumendo a riferimento, per la determinazione del triennio,
l’effettuazione del pignoramento del 1994) e, per evitare di perdere l’estensione della garanzia ipotecaria
prevista dalla norma richiamata, debba a sua volta procedere al pignoramento. Nell’esempio ipotizzato, si
ritiene che si possa equiparare, ai fini dell’operatività del meccanismo dell’art. 2855 c.c., il pignoramento
all’intervento e quindi far decorrere il triennio, per il creditore ipotecario, dal momento del deposito del
suo intervento (sicché andranno collocati al privilegio gli interessi convenzionali per le due annate
anteriori e quella in corso al momento dell’intervento e, successivamente al compimento dell’annata in
corso al momento dell’intervento, gli interessi legali fino alla data della vendita). Una soluzione simile è
proposta anche nello studio La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, a cura del
CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, ed. febbraio 2012, cit.,
pag.23. In senso conforme, anche DE STEFANO, Il progetto di distribuzione, op. cit., pag.4.
(238) Per l’ipotesi di anatocismo, si veda quanto esposto al paragrafo successivo.
(239) Il conteggio proposto dovrà naturalmente essere eseguito relativamente alle rate scadute e non
pagate, che dovranno essere evidenziate nella nota di precisazione del credito della banca. Se il
delegato/consulente non trova all’interno del fascicolo elementi utili a determinare il triennio in privilegio
o comunque l’ammontare di capitale residuo ancora da pagare, dovrà farne espressa richiesta alla parte
creditrice. Se entro un determinato termine (15-30 giorni) non sono state fornite le informazioni richieste,
ad avviso dello scrivente l’ausiliario dovrà richiedere al G.E. l’emissione degli opportuni provvedimenti,
pur dovendosi ribadire che nelle circolari sul tema emesse da diversi Tribunali si riscontra l’indicazione di
ammettere il credito nella misura risultante dall’atto di pignoramento e/o dall’atto di intervento.
Esempio: a fronte di un contratto di mutuo ipotecario per il quale sia stato trascritto il relativo
pignoramento il 15 agosto 2001 e per il quale sia stato pattuito il versamento degli interessi in misura
annuale con decorrenza dal 1° febbraio 1995, sono interessi garantiti da privilegio ipotecario (facendo
riferimento all’esempio 1 già riportato a pag.92. - anno in corso 1.02.2001-31.01.2002; biennio
1.02.1999-31.01.2001):
a) quelli computati nelle singole rate di mutuo scadute e non pagate dal 1° febbraio 1999 al 31 gennaio
2002 (in pratica, tutto il triennio);
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In caso di liquidazione progressiva dei beni su cui grava il privilegio, gli interessi vanno
pagati in proporzione della progressiva liquidazione dei beni(240).
§3.3.- COLLOCAZIONE IN PRIVILEGIO IPOTECARIO DEGLI INTERESSI ANATOCISTICI
Si è in precedenza rappresentato che, nel caso di mutui fondiari stipulati anteriormente al 1°
gennaio 1994(241) o, in generale, nei contratti bancari successivi al 22 aprile 2000,
l’ordinamento consente la capitalizzazione degli interessi.
Si pone pertanto il problema, in presenza di crediti di tale tipologia, se il privilegio
ipotecario che li assiste si estenda anche agli interessi maturati sugli interessi.
In proposito, varrà osservare che dal momento che l’art. 2855 c.c. stabilisce che l’iscrizione
di un capitale fa collocare al privilegio anche gli interessi, deve ritenersi che il capitale
iscritto non possa subire variazioni nel corso del rapporto.
Pertanto, nel caso di mutuo fondiario stipulato anteriormente al 1° gennaio 1994, gli
interessi moratori maturati nel triennio andranno al privilegio limitatamente alla parte
generata dalla quota capitale compresa nella rata, mentre saranno al chirografo per la
restante parte sorta in relazione alla quota interessi corrispettivi compresa nella rata(242).
Nel caso di ipoteca giudiziale iscritta sulla base di debiti da conto corrente, sarà considerato
capitale l’intero importo del decreto o della sentenza e solo su tale capitale matureranno gli
interessi privilegiati.
La restante parte di interessi derivante dal meccanismo della capitalizzazione dovrà essere
collocata al chirografo.
4.- COLLOCAZIONE DEL CREDITO SUSSIDIARIO EX ART.
2776 C.C. E DEL CREDITO CHIROGRAFARIO
b) gli interessi legali maturati, sul capitale residuo alla data del 31 gennaio 2002, dal 1° febbraio 2002
alla data del decreto di trasferimento dell’immobile garantito da ipoteca
(240) D’ACQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), op. cit., 264.
(241) Per un esempio in tema di mutuo, si veda Tribunale Brindisi, 24.05.2007, n°477, in Redazione
Giuffrè 2008, secondo cui «i contratti di mutuo fondiario stipulati prima dell’entrata in vigore della l. n.
108 del 1996, sono sottoposti ad una speciale disciplina secondo la quale il mutuatario in caso di ritardo
nel pagamento delle rate di ammortamento è tenuto a corrispondere interessi moratori da calcolarsi
sull’intera rata, in deroga al divieto di anatocismo. Alla luce di tali principi è da ritenersi lecita la
clausola con la quale siano stati previsti interessi corrispettivi e moratori in misura ultralegale». Per
Tribunale Nuoro, 10.03.2008, in Banca borsa tit. cred. 2009, 5, 576 (con nota di TARDIVO) «il venir meno
dell’uso normativo in materia di anatocismo nei contratti di conto corrente non incide sulla legittimità
della capitalizzazione degli interessi in materia di finanziamento fondiario (tale regola vale solo per i
contratti di mutuo fondiario stipulati anteriormente al 1 gennaio 1993 ai quali continuano ad applicarsi
perciò gli art. 14 d.P.R. n. 7 del 1976 e 16, comma 2, l. n. 175 del 1991)».
(242) In altre parole, poiché si applica l’anatocismo, gli interessi andranno calcolati sull’intera rata
(quindi, sia sulla quota capitale che sulla quota di interessi corrispettivi): tuttavia, in via ipotecaria
andranno collocati gli interessi di mora calcolati sulla quota capitale, mentre gli interessi moratori
calcolati sugli interessi corrispettivi andranno al chirografo. Sulla prassi bancaria di considerare la rata di
mutuo come un unicum inscindibile, cfr. LENOCI, Gli interessi nei contratti bancari, in Giur. mer., 2005,
p.87.
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Si rinvia alle considerazioni generali espresse nella parte prima, capp.9-10 (a proposito degli
effetti del tempo degli interventi per i creditori privilegiati e sussidiari e per i creditori non assistiti da
cause di prelazione).
5.- L’ASSEGNAZIONE DELLA SOMMA RICAVATA AI CREDITORI
Dopo avere effettuato la graduazione dei creditori e la determinazione dei crediti insinuati
nella procedura, il professionista delegato dovrà procedere all’assegnazione della somma
disponibile e distribuibile in concreto (costituita dalla somma ricavata dalla vendita al netto
delle spese di procedura) in favore dei creditori concorrenti, secondo il seguente ordine:
1. prededuzione/somme privilegiate ex art. 2770 c.c
2. crediti privilegiati che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro credito (rari);
3. crediti muniti di privilegi immobiliari riguardanti contributi, tasse, imposte relative
all’immobile [artt. 2771(abrogato) - 2775 bis];
4. crediti ipotecari;
5. crediti privilegiati ex art. 2776 c.c.;
6. crediti chirografari tempestivi;
7. crediti chirografari tardivi.
Qualora poi, all’esito dell’integrale soddisfacimento di tutti i creditori, dovessero ancora
residuare somme (c.d. sopravanzo) queste andranno restituite al debitore esecutato.
Nella pratica si verifica peraltro ben spesso che l’attivo si riveli insufficiente per il
soddisfacimento di tutti i creditori (pignorante e intervenuti) presenti nella procedura (c.d.
incapienza): in altri termini, può cioè accadere che la somma che residua una volta
effettuato il pagamento dei creditori di grado precedente non basti alla integrale
soddisfazione dei creditori di grado successivo.
La legge prevede espressamente tale evenienza e, a seconda del momento in cui essa si
configura, individua il criterio da seguire per distribuire il residuo tra crediti dello stesso
grado.
Infatti:
• In caso di concorso di più privilegi ex art. 2770 c.c. e di insufficienza dell’attivo
(caso raro) si fa luogo a ripartizione proporzionale (art. 2782 c.c.);
• In caso di concorso di più privilegi che sono dichiarati preferiti ad ogni altro credito
e di insufficienza dell’attivo (caso raro), opera la ripartizione proporzionale in base
all’importo dei crediti (art. 2782 c.c.);
• In caso di concorso di più crediti assistiti da privilegi speciali sugli immobili, tali
privilegi (attesa l’abrogazione dell’art.2771 c.c.) prenderanno il seguente ordine (art.
2780 c.c.)(243):
(243) Si veda quanto esposto in precedenza, PARTE PRIMA, §8.2. e §8.2.1..
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1. contributi per opere di bonifica e miglioramento - art. 2775 c.c.;
2. crediti per concessione di acque - art. 2774 c.c.;
3. crediti per tributi indiretti - art. 2772 c.c.;
4. crediti per l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (ove
ancora dovuta);
5. crediti del promissario acquirente dell’immobile - art. 2775 bis c.c..
Del pari, nell’ipotesi di concorso di crediti ugualmente privilegiati, spiegherà effetto il
principio del concorso proporzionale (art. 2782 c.c.).
• In caso di concorso di più ipoteche, la prelazione viene esercitata in ordine di grado
(art.2852 e ss. cod. civ.); nel caso di grado uguale, i crediti concorrono in
proporzione all’importo relativo (art. 2854 c.c.).
• In caso di concorso di più crediti con privilegio sussidiario sugli immobili, tali
crediti prenderanno il seguente ordine(244):
crediti per il trattamento di fine rapporto e indennità di preavviso ex art. 2118 c.c.
(di rara ricorrenza, essendo l’intervento del fondo Inps possibile anche per crediti di
lavoro insoddisfatti in sede di esecuzione);
crediti ex art. 2751 c.c. nel loro ordine
crediti ex art. 2751 bis c.c. nel loro ordine;
crediti per contributi previdenziali ex art. 2753 c.c.;
crediti di cui al primo (imposte e sanzioni dovute secondo le norme in materia di
IRPEF, IRPEG, IRES, IRAP, ILOR) e al terzo comma dell’art. 2752 c.c.
(imposte, pene pecuniarie e soprattasse in materia di IVA -non relativa a beni
immobili).
• In caso di concorso tra più creditori chirografari tempestivi (o tra più creditori
chirografari tardivi) la distribuzione dovrà essere operata in proporzione ai rispettivi
crediti.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO - COME OPERARE IL CONCORSO TRA CREDITI CHIROGRAFARI.
Nel caso in cui le vicende del riparto dovessero profilare l’eventualità di un concorso tra creditori
chirografari, il professionista delegato/consulente dovrà effettuare la “ripartizione proporzionale”,
ossia dovrà determinare la quota da distribuire ad ognuno dei creditori concorrenti, tramite un
coefficiente di riparto determinato dal rapporto tra la somma che avanza da distribuire e
l’ammontare totale dei crediti in concorso.
Assumendo ad esempio il modello di progetto di distribuzione proposto nel presente studio (v.
sezione “allegati”, pag. 118), dalla somma ricavata [e cioè euro 275.830,20, pari alla somma del prezzo
di aggiudicazione (€ 261.159,70) e degli interessi maturati sul libretto acceso dalla procedura (€
14.670,50)], nell’ordine:
1) si opera la detrazione delle spese per gli annotamenti di cancellazione delle formalità
pregiudizievoli (pignoramento +n.3 ipoteche) gravanti sull’immobile (in ipotesi pari ad euro 2.280,40);
2) si detraggono poi le spese di procedura (compensi del custode giudiziario e del professionista
(244) Si veda ante, PARTE PRIMA, §8.4.
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delegato, complessivamente pari ad euro 14.016,66) e si perviene alla somma effettivamente
disponibile e distribuibile (pari ad euro 259.533,14);
3) si procede quindi al rimborso, in favore del creditore procedente, delle spese sostenute a beneficio
dell’intero ceto creditorio (indicate in euro 17.882,30);
4) si soddisfano a questo punto i crediti privilegiati (pari ad un totale di euro 176.228,74);
5) si soddisfa di seguito il credito vantato in via sussidiaria (pari ad euro 9.435,71).
A questo punto residua la somma di euro 55.986,39, da utilizzare per il soddisfacimento dei creditori
chirografari tempestivi, i cui crediti ammontano complessivamente ad euro 57.699,95.
Il coefficiente di riparto per tali creditori è pari a 0,970302(245) (dato da 55.986,39/57.699,95) e la
somma spettante a ciascuno degli stessi è di seguito riportata:
Creditore
delta spa
banca alfa
banca beta
banca gamma
rossi s.r.l.
TOTALI
Importo
richiesto
12.151,28
4.319,24
24.860,20
10.949,42
5.419,81
57.699,95
Coefficiente
Importo assegnato
0,970302
0,970302
0,970302
0,970302
0,970302
11.790,41
4.190,97
24.121,91
10.624,25
5.258,85
55.986,39
Nell’esempio proposto, nulla spetta al creditore chirografario tardivo Bianchi s.r.l., che
aveva richiesto la somma di € 6.240,30, non essendo residuata alcuna somma a seguito del
soddisfacimento (parziale) dei creditori tempestivi.
6.- L’ACCANTONAMENTO DELLE SOMME EX ARTT. 499 E
510 C.P.C.
Si è già esposto(246) che, prima della riforma del processo esecutivo, tutti coloro che
vantavano ragioni di credito nei confronti del debitore potevano intervenire nell’esecuzione
incardinata e far valere il loro diritto ad essere integralmente soddisfatti, tenendo conto delle
cause legittime di prelazione (e del ricavato della vendita).
(245) Moltiplicando per 100 il coefficiente di riparto, si avrà la percentuale che spetterà ad ogni creditore
sul credito reclamato:
es.: 0,965103 x 100= 97,0302% (percentuale del credito spettante)
quindi, prendendo a riferimento il creditore DELTA S.p.A., che ha fatto richiesta di un credito di €
12.151,28, la percentuale del 97,03023% dello stesso sarà pari a: € (12.151,28:97,0302)x100= € 11.790,41.
Ancora più semplicemente, si potrà fare ricorso alla seguente proporzione matematica:
RESIDUO DISPONIBILE: TOTALE CREDITI CHIROGRAFARI = X: 100
sicché, in termini numerici riferiti all’esempio proposto, si avrà:
55.986,39: 57.699,95=X:100, in cui X rappresenta la percentuale del credito da riconoscere ad ogni
creditore.
Da quanto sopra consegue che: X= (55.986,39 x 100)/57.699,95=97,0302.
(246) Cfr., PARTE PRIMA, capitolo 6.
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Non era pertanto rilevante, ai fini del riparto, che i creditori fossero o meno muniti di titolo
esecutivo, dal momento che il possesso di quest’ultimo consentiva loro soltanto di
promuovere singoli atti della procedura esecutiva (c.d. potere di impulso).
In virtù delle modifiche introdotte dalla normativa vigente, il professionista
delegato/consulente dovrà adesso operare una distinzione tra l’intervento munito di titolo
esecutivo e quello privo di esso.
Attesa infatti la novella dell’art.499 c.p.c.(247), solo i creditori muniti di titolo esecutivo (e i
creditori sforniti di titolo esecutivo ma le cui ragioni di credito sono state riconosciute dal
debitore ai sensi dell’art. 499 c.p.c., 6° comma) hanno il diritto di partecipare alla fase
distributiva e di ottenere l’immediato pagamento delle somme eventualmente loro spettanti.
I creditori sprovvisti di titolo possono lo stesso partecipare alla distribuzione, ma le somme
loro spettanti dovranno essere accantonate, in attesa che essi ottengano un titolo esecutivo
che ne incorpori le ragioni di credito.
Nella prospettiva delineata dalla legge di riforma assume pertanto rilievo determinante - in
caso di presenza di creditori “non titolati” - il c.d. progetto di graduazione dei crediti, che
stabilisce l’ordine progressivo di soddisfacimento dei creditori concorrenti, con possibilità
di assegnare somme anche a creditori diversi da quelli originariamente indicati nel
progetto: ipotesi che si determina se qualcuno dei creditori per i quali era stato inizialmente
effettuato l’accantonamento non si sia poi tempestivamente munito di titolo esecutivo o lo
abbia poi ottenuto per un importo inferiore a quello reclamato nell’intervento.
Dal che consegue, per il professionista delegato, la necessità di predisporre un nuovo
progetto di distribuzione, proprio per la sopravvenuta disponibilità di somme scaturenti
dalla perdita di efficacia totale o parziale degli accantonamenti in precedenza operati(248).
7.- LA DISTRIBUZIONE NEL CASO DI CONVERSIONE AL
PIGNORAMENTO
Nel caso in cui il debitore sia stato ammesso alla conversione del pignoramento ed abbia
versato l’intera somma dovuta, si determina la liberazione del bene staggito dal vincolo del
pignoramento e la sua sostituzione con il denaro.
La procedura esecutiva tuttavia non si estingue e prosegue fino all’integrale ripartizione
delle somme ai creditori.
Il professionista delegato/consulente potrà in tal caso procedere all’assegnazione delle
(247) Si veda, al riguardo, PARTE PRIMA, §6.1..
(248) Tale nuovo progetto non potrà tuttavia che riproporre il programma di graduazione già predisposto ai
sensi dell’art. 596 c.p.c. ed approvato dalle parti alla prima udienza di approvazione del progetto di
distribuzione, per cui le somme recuperate andranno attribuite a tutti i creditori restati insoddisfatti
procedendo secondo l’ordine già fissato.
Alla luce di quanto appena detto è ovvio che - nel tempo che intercorre tra l’approvazione del primo
progetto e l’udienza in cui si decide la sorte per l’accantonamento - non sono ammessi altri interventi, il
cui termine ultimo rimane sempre l’udienza di approvazione del progetto di distribuzione (il primo).
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somme senza dover necessariamente predisporre un progetto di graduazione dei creditori, i
quali sono stati integralmente soddisfatti dagli importi già stabiliti dal G. E. nell’ordinanza
di conversione.
L’unica particolarità conseguente alla nuova disciplina dell’intervento e della distribuzione
è costituita dal fatto che le somme spettanti ai creditori intervenuti senza titolo esecutivo non
possono essere loro attribuite, ma devono essere accantonate in loro favore (si richiama, in
proposito, quanto esposto al paragrafo precedente).
8.- ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE E CREDITO FONDIARIO
In linea generale, la disciplina applicabile in materia di esecuzione forzata promossa in
dipendenza di un credito fondiario(249) è quella ordinaria di cui al libro III del codice di
procedura civile (in particolare, gli artt. 474-512 e gli artt. 555-598); ciò, tuttavia, ad
eccezione dei casi in cui la normativa speciale(250) che connota questa tipologia di crediti
non vi introduca deroghe espresse: il che si verifica, per l’appunto, nelle ipotesi
regolamentate dalla norma che rappresenta l’attuale disposizione di riferimento, vale a dire
l’art.41 del D. Lgs. 1.09.1993 n°385(251).
Il nuovo testo unico ha, da una parte, ribadito alcune disposizioni processuali già introdotte
dalla disciplina precedente; dall’altra, ha operato l’eliminazione di alcune norme anteriori
(le quali trovano applicazione, in virtù della previsione di cui all’art.161, comma 6, T.U.B.,
soltanto alle procedure esecutive pendenti alla data dall’1.01.1994 nonché ai contratti
conclusi fino al 31.12.1993).
Le disposizioni confermate dalla riforma sono contenute proprio nell’art.41 T.U.B., commi
da 1 a 5, e possono così sintetizzarsi:
• esclusione dell’obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo (art. 41,
comma 1);
• possibilità di iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di
finanziamenti fondiari anche nel caso di fallimento del debitore con l’attribuzione al
fallimento della somma ricavata dall’esecuzione ed eccedente la quota che in sede
di riparto risulta spettante alla banca (art. 41, comma 2);
• versamento diretto in favore della banca (da parte del custode dei beni pignorati,
dell’amministratore giudiziario e del curatore del fallimento) delle rendite degli
immobili ipotecati a suo favore, dedotte le spese di amministrazione e i tributi (art.
41, comma 3);
• versamento diretto alla banca (fissato dal G.E. con il provvedimento che dispone la
vendita o l'assegnazione) da parte dell’aggiudicatario (o dell’assegnatario) della
(249) Per la nozione di “credito fondiario” e di “mutuo fondiario”, si rinvia a quanto esposto in precedenza,
alla nota 185 del §1.3.
(250) Cass. civ., sez. I, 18.04.2013, n°9482, in Diritto & Giustizia 2013.
(251) Cfr., tra i tanti, MARICONDA, Banche e immobili: la nuova disciplina delle procedure esecutive,
Bancaria Editrice, Roma, 2000; TERENGHI, Esecuzione di credito fondiario e fallimento, in Fallimento,
1999, 1077.
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parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa (art. 41, comma
4);
• possibilità per l’aggiudicatario o per l’assegnatario di subentrare, senza
autorizzazione del giudice dell’esecuzione, nel contratto di finanziamento stipulato
dal debitore espropriato, dietro pagamento (nel termine previsto dalla norma in
commento) delle rate scadute, degli accessori e delle spese.
Passando ad esaminare la parte della normativa speciale che più strettamente attiene al
profilo della predisposizione del progetto di distribuzione, andrà rimarcato che l’ordinanza
di vendita deve indicare espressamente che l’aggiudicatario (in caso di mancato subingresso
nel contratto di finanziamento stipulato dal debitore esecutato) dovrà provvedere a versare
direttamente al creditore fondiario «la parte del prezzo corrispondente al complessivo
credito» della banca (con fissazione, quindi, del termine e delle modalità del relativo
versamento).
Dubbi interpretativi si sono profilati proprio con riferimento al senso dell’inciso testè
riportato: in buona sostanza, si è posto il problema se - ponendo l’accento sulla
formulazione letterale dell’art.41, comma 4, T.U.B. - al creditore fondiario debba essere
versata la sola parte del prezzo corrispondente al credito garantito da ipoteca(252); ovvero se
debbano attribuirsi al medesimo creditore, in via immediata (e sia pure provvisoria), tutte le
somme rinvenienti dal finanziamento fondiario, tanto in via ipotecaria quanto in via
chirografaria.
L’opinione che sembra comunque trovare maggior seguito è quella secondo cui (muovendo
dal presupposto che solo il credito garantito da ipoteca di primo grado si trova in posizione
di prevalenza rispetto agli altri crediti dedotti all’interno della procedura) il creditore
fondiario ha diritto (attesa l’operatività della disciplina speciale che assiste le sue ragioni di
credito) al versamento della parte di prezzo che corrisponde al suo solo credito ipotecario
(che dovrà determinarsi ai sensi dell’art. 2855 c.c.)(253).
(252) L’applicazione “testuale” del 4° comma dell’art.41 T.U.B. comporterebbe, pertanto, che
l’aggiudicatario dovrebbe versare al creditore fondiario l’importo che questi avrà (in precedenza)
quantificato quale “credito complessivo” rinveniente dal finanziamento fondiario (cioè capitale, interessi
e spese). Presso alcuni Tribunali, invece (tra cui, ad es., i Tribunali di Roma, Monza e Messina),
certamente in considerazione del carattere provvisorio del versamento effettuato in favore del creditore
fondiario (con eventuale obbligo di restituzione all’esito dei conteggi finali), l’ordinanza di delega ex
art.591 bis c.p.c. prevede che l’avviso di vendita deve contenere il termine per il versamento del prezzo
secondo le modalità di cui all’art.41 T.U. n°385/1993 nel caso in cui vi sia un creditore fondiario e «nei
limiti della parte ipotecaria del suo credito».
(253) La tesi in esame si riscontra il alcune pronunce della giurisprudenza di merito: cfr. Tribunale di
Roma, 26.07.2005, in Giur. mer., 2006, 3, 642 («nell'ambito dell'esecuzione individuale il creditore
fondiario ha il diritto di ottenere dall'aggiudicatario, in via provvisoria, l'importo corrispondente al
credito ipotecario vantato») ed è, come detto, recepita nelle ordinanze di delega ex art.591 bis c.p.c. di
diversi Tribunali. In dottrina, aderisce, ad es., a tale impostazione LODOLINI, L’esecuzione individuale del
creditore fondiario, in Riv. esec. forzata, 2009, 570.
SULLA APPLICABILITÀ DELL’ART.2855 AL CREDITO FONDIARIO. Per completezza, va segnalata
l’insorgenza di un contrasto interpretativo con riferimento al rapporto tra la disciplina speciale in materia
di credito fondiario e quella sostanziale ex art.2855 c.c. in relazione al limite della copertura ipotecaria.
La giurisprudenza di legittimità [ sia pure con riferimento alla materia fallimentare: Cass. civ.,
25.10.1973, n°2734; Cass. civ., sez. I, 10.11.1981, n°5944, in Fallimento 1982, 228; Cass. civ., sez.I,
6.11.1986, n°6487, in Fallimento 1987, 800; Cass. civ., sez. I, 3.12.1986, n° 7148, in Giust. civ. 1987, I,
287; Cass. civ., sez. I, 02.03.1988, n°2196, in Fallimento 1988, 557; Cass. civ., sez. I, 20.12.1988,
n°6952, in Fallimento 1989, 383; Cass. civ, sez. I, 8.11.1997, n°11033, in Fallimento 1998, 1238 (con
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In questa prospettiva non avrebbe infatti alcun senso il pagamento diretto in favore del
creditore fondiario di somme (scilicet: della quota del suo credito collocabile in chirografo)
che egli potrebbe poi dover restituire, al momento della distribuzione definitiva, perché o
non spettantigli (in caso di presenza di altri creditori ipotecari di grado successivo) o quanto
meno allo stesso riconoscibili ma in concorso con altri creditori chirografari(254).
9.- ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE E FALLIMENTO
L’art. 51 della legge fallimentare pone il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive
individuali nei confronti dei beni del fallimento(255).
Corollario del cennato divieto (considerata l’invalidità del pignoramento promosso
successivamente alla dichiarazione di fallimento) è che se il fallimento è dichiarato dopo
che sui beni immobili del debitore (poi) fallito è stato eseguito il pignoramento, la procedura
esecutiva deve essere dichiarata improcedibile (su istanza del curatore) da parte del Giudice
dell’esecuzione.
La legge fallimentare consente tuttavia al curatore di giovarsi degli atti esecutivi compiuti,
mediante la possibilità di intervento nell’esecuzione individuale; infatti l’art. 107,
comma 6, L.F. dispone esplicitamente che «se alla data di dichiarazione di fallimento sono
pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le
disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice
dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui
all’articolo 51».
Se non è ancora stato pronunciato il decreto di trasferimento (e, quindi, se non si è ancora
pervenuti alla fase di distribuzione del ricavato) qualora il curatore intervenga nella
procedura dichiarando di non volerla proseguire (ed optando quindi di procedere
osservazioni di PETRAGLIA); Cass. civ., sez. I, 29.08.1998, n°8657, in Giust. civ. Mass. 1998, 1818] ha
elaborato l’indirizzo secondo cui, ai sensi dell’art.2855 c.c., l’iscrizione di ipoteca a garanzia di un credito
per capitale determina una estensione della prelazione ipotecaria nei termini esatti stabiliti dalla norma,
senza che a tale principio facciano eccezione le norme sul credito fondiario che non riguardano la misura
degli interessi e la scadenza degli stessi, né l’estensione della garanzia ai cosiddetti fattori accessori
(interessi di mora, diritti di commissione, provvigioni speciali e simili). Secondo SOLDI, Manuale
dell’esecuzione forzata, op. cit., 1022, «in buona sostanza, quindi, la partecipazione del creditore
fondiario alla fase distributiva dell’esecuzione singolare non modifica in alcun modo le regole generali
sulla graduazione dei crediti». Con riferimento, tuttavia, all’esecuzione individuale, non va sottaciuto
che, secondo Cass. civ., sez. III, 05.05.2009, n°10297, in Banca borsa tit. cred. 2010, 3, 319 (con nota di
TARDIVO) «all’espropriazione immobiliare individuale fondata su credito fondiario, a cui sia applicabile
(come nella specie) “ratione temporis” il r.d. 16 luglio 1905 n. 646, non si estende, in materia di interessi,
la disciplina generale dettata dall'art. 2855 c.c. (che prevede rigorosi limiti con riguardo agli effetti
dell’iscrizione ipotecaria sugli interessi dovuti), bensì la normativa speciale, da considerarsi prevalente,
individuata nello stesso t.u. n. 646 del 1905, in funzione della quale deve considerarsi garantito il
recupero integrale di tutto il dovuto a titolo di interessi al tasso contrattualmente stabilito».
(254) Aderisce a tale soluzione anche SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 1020-1021.
(255) ART.51 R.D. 16.03.1942 n°267 (Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali), quale sostituito
dall’articolo 48 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (con effetto a decorrere dal 16 luglio 2006): «salvo
diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale
esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita
sui beni compresi nel fallimento».
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all’esecuzione in sede concorsuale), il processo esecutivo si arresterà con la declaratoria di
improcedibilità dell’esecuzione, pena la inefficacia di ogni atto di esecuzione nei confronti
della massa(256); diversamente, il procedimento proseguirà il suo iter con la sostituzione del
curatore stesso all’originario creditore procedente(257).
Se invece il decreto di trasferimento è già stato emesso, il procedimento di distribuzione è
integrato con l’intervento del curatore: in tale ipotesi infatti, l’avvenuta liquidazione del
bene assoggettato ad esecuzione non può più essere posta in discussione, essendosi ormai
pervenuti alla fase distributiva del procedimento esecutivo.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO - Interferenze tra esecuzione per credito fondiario e fallimento
Si è già evidenziato che l’art.41, comma 2, prevede la possibilità, per il creditore fondiario, di iniziare
o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia del finanziamento anche nel caso di
fallimento del debitore (l’apertura della procedura concorsuale comporta, in generale, la
declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione individuale, salvo l’intervento ex art.107 L.F. da parte
del curatore).
Va da sé che tale diritto non esclude che il giudice delegato al fallimento possa ugualmente disporre
la vendita coattiva del bene, dal momento che le due procedure espropriative non sono
incompatibili ed il loro concorso va risolto in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la
vendita(258).
E’ peraltro proprio nella definizione del rapporto tra la distribuzione nell’esecuzione individuale per
credito fondiario ed il riparto in sede fallimentare che si addensano i maggiori problemi in tema di
concorso tra procedura esecutiva immobiliare e procedura concorsuale: si tratta, in buona
sostanza, della vexata quaestio concernente la necessità o meno, per il creditore fondiario, al fine di
ottenere il riconoscimento di somme in sede esecutiva, di insinuarsi al passivo fallimentare e
provare di essere stato ammesso al passivo(259).
256
( ) Tra i più recenti contributi sull’argomento, cfr. PALUCHOWSKI, Le interferenze della procedura esecutiva
concorsuale su quella individuale, in Rivista dell’esecuzione forzata, 1/2011, 57 e ss..
(257) Secondo Cass. civ., sez. I, 11.12.2009, n. 25963, in Guida al diritto 2010, 5, 67, «l’art. 107 l. fall.,
quando dispone che il curatore si sostituisce al creditore istante nella espropriazione immobiliare che sia
in corso al momento della dichiarazione del fallimento e che non sia ancora pervenuta alla fase di
distribuzione del prezzo, va interpretato in relazione al divieto di azioni esecutive individuali di cui al
precedente art. 51 della stessa legge, nel senso che la disposizione sancisce inderogabilmente la perdita,
da parte del creditore istante, del potere d'impulso della procedura da lui iniziata e il correlativo
acquisto del potere stesso da parte del curatore, perdita e acquisto che si verificano come conseguenza
automatica e necessaria della dichiarazione di fallimento». Nel senso della sostituzione di diritto del
curatore al creditore procedente (in caso di espropriazione immobiliare promossa anteriormente al
fallimento), senza la necessità di un intervento da parte del curatore o di un provvedimento di sostituzione
da parte del giudice dell’esecuzione, cfr. anche Cass. civ., sez. VI, 02.12.2010, n°24442, in Giust. civ.
Mass. 2010, 12, 1556, per la quale ove il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la
procedura individuale, non proseguita, per sua scelta, dal curatore (né proseguibile, ai sensi dell’art. 51
legge fall., dal creditore istante) diventa improcedibile, senza che tuttavia tale improcedibilità determini la
caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento (in senso sostanzialmente conforme, cfr. Cass. civ.,
sez. I, 8.05.2009 n°10599, in Giust. civ. Mass. 2009, 5, 738; Cass. civ., sez. I, 16.07.2005, n°15103 in
Giust. civ. Mass. 2005, 6; Cass. civ., sez. I, 24.09.2002, n°13865, in Fallimento 2003, 631 e Cass. civ.,
15.04.1999 n°3729, in Giust. civ. 2000, I, 862).
(258) In tal senso, cfr. Cass. civ., sez. I, 28.01.1993 n°1025, in Fallimento 1993, 720.
(259) Cfr., sulla questione, VIGORITO, Le procedure esecutive dopo la riforma: l’esecuzione forzata in
generale, Milano, 2006, 419. In giurisprudenza, propende per la necessità dell’insinuazione al passivo,
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La questione, proprio per l’ampiezza del dibattito suscitato, merita un approfondimento,
Si è sopra anticipato che la disciplina vigente consente, malgrado la pendenza dell’esecuzione
singolare, la possibilità di vendita del bene in sede fallimentare: in questa evenienza, tuttavia, il
curatore non é obbligato a versare alla banca il ricavato dalla vendita del bene ipotecato a garanzia
del credito fondiario, bensì ha solo il dovere di versare le rendite degli immobili ipotecati a suo
favore sino al soddisfacimento del credito vantato.
Per converso, nell’ipotesi di vendita effettuata in sede esecutiva, il creditore fondiario ha il diritto
che l’aggiudicatario gli versi la parte del prezzo corrispondente al credito complessivo vantato: è
questo l’indirizzo univocamente espresso dalla Corte di Cassazione, la quale ha statuito che il
privilegio riconosciuto agli istituti di credito che agiscono in forza di mutuo fondiario ha carattere
meramente processuale, consentendo a detto creditore non solo di iniziare o proseguire l’azione
esecutiva nei confronti del debitore dichiarato fallito, ma anche di conseguire l’assegnazione della
somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore nei limiti del proprio credito, senza che
siffatta assegnazione e il conseguente pagamento possano ritenersi indebiti e senza che sia
configurabile l’obbligo dell’istituto procedente di rimettere immediatamente e
incondizionatamente la somma ricevuta al curatore(260).
Va tuttavia evidenziato che le disposizioni eccezionali in tema di credito fondiario (le quali
riguardano soltanto la fase di liquidazione dei beni del debitore fallito e non anche quella
dell'accertamento del passivo) non concretizzano alcuna deroga al principio di esclusività della
verifica fallimentare ex art.52 L.F.: ne consegue pertanto, non potendosi ritenere che il rispetto di
tali regole sia assicurato nell’ambito della procedura individuale dall'intervento del curatore
fallimentare, che all’assegnazione della somma disposta in sede di esecuzione singolare (e nei limiti
del credito garantito ipotecariamente) va riconosciuto carattere provvisorio, essendo onere
dell’istituto di credito fondiario, per rendere definitiva l’assegnazione interinale, di insinuarsi al
passivo del fallimento, in modo tale da permettere la graduazione dei crediti, cui è finalizzata la
Cass. civ., sez.I, 28.05.1998 n°5267, in Giust. civ. Mass. 1998, 1150; in dottrina, BONFATTI, La disciplina
dei crediti speciali nel “testo unico delle leggi in materia bancarie e creditizia”, in Giur comm., 1994, I,
1019; BOZZA, Il credito fondiario nel Nuovo Testo Unico Bancario, Padova, 1996, 178. Gli argomenti
spiegati a sostegno della tesi in commento possono essere sintetizzati nella considerazione che, proseguita
l’esecuzione singolare dopo il fallimento del debitore, è il giudice delegato ad essere competente in
materia di esistenza ed entità delle cause di prelazione e di distribuzione delle somme ricavate dalla
vendita in sede esecutiva: di qui l’obbligo, per il creditore fondiario, di insinuarsi al passivo del fallimento
al dine di conseguire (in caso di riconoscimento delle sue spettanze nell’esecuzione individuale) il
risultato dell’esecuzione speciale, restituendo alla massa l’eventuale somma ricavata in eccedenza.
In senso contrario: Cass. civ., sez.I, 15.06.1994, n°5806, in Banca borsa tit. cred. 1995, II, 672 (con nota
di TARDIVO); Cass. civ., sez. I, 19.02.1999, n°1395, in Giust. civ. Mass. 1999, 443; Cass. civ., sez. I,
09.10.1998, n°10017, in Fallimento 1999, 1072 (con nota di TERENGHI). In dottrina SALETTI,
L’espropriazione per credito fondiario nella nuova disciplina bancaria, in Riv. dir. proc., 1994, 1001, ss.;
ORIANI, L’espropriazione singolare per credito fondiario, in Corr. giur., 1995, 370. A sostegno
dell’indirizzo contrario si è infatti osservato che il connotato di specialità che caratterizza la disciplina sul
credito fondiario rimarrebbe vanificato ove si imponesse al creditore fondiario l’effettuazione di un onere
processuale ulteriore, rappresentato proprio dall’insinuazione al passivo del fallimento.
(260) Il principio è stato sancito dalla nota sentenza “Rordorf”, Cass. civ., sez. I, 17.12.2004, n°23572, in
Fallimento 2005, 1143 (con nota di PATTI), che ha di fatto composto il conflitto interpretativo sorto
sull’argomento, ribadendo la vigenza del regime di esclusività della verifica dei crediti in sede
concorsuale ed identificando la natura del privilegio ex art.41, comma 2, T.U.B. come privilegio di
riscossione. La tesi è stata peraltro ribadita anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità: Cass.
civ., sez. I, 11.10.2012, n°17368, in Giust. civ. Mass. 2012, 10, 1201; Cass. civ., sez.I, 8.09.2011
n°18436, in Fallimento 2012, 324 (con nota di ABETE); Cass. civ., sez. I, 28.05.2008, n°13996, in Giust.
civ. Mass. 2008, 5, 824; Cass. civ., sez. III, 14.05.2007, n°11014, in Guida al diritto 2007, 28, 44 (s.m.).
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procedura concorsuale, sicché, ove l'insinuazione sia stata effettuata, il curatore che pretenda in
tutto o in parte la restituzione del ricavato ritratto dall’istituto di credito fondiario all’esito della
procedura esecutiva individuale, ha l'onere di dimostrare che la graduazione ha avuto luogo e che il
credito dell’istituto è risultato, in tutto o in parte, incapiente.
La provvisorietà dell’assegnazione in esame è dovuta al fatto che, in sede di riparto fallimentare,
non può escludersi che vengano soddisfatti crediti che prevalgono sul credito fondiario garantito da
ipoteca di primo grado, e che, ove l’attivo fallimentare non consenta la soddisfazione di tali crediti,
la banca possa essere costretta a restituire delle somme che non gli spettano(261).
Nella prospettiva così delineata, acquista rilievo la tesi secondo cui l’insinuazione al passivo del
fallimento non costituisce un presupposto per l’attribuzione provvisoria del ricavato della vendita in
sede esecutiva, come pure si era sostenuto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze
n°5267/98 e n°314/98): l’insinuazione diviene necessaria solo per il riconoscimento definitivo del
credito in sede fallimentare, senza tuttavia spiegare incidenza alcuna sull’applicabilità dell’art.41
T.U.B. in sede esecutiva.
Elementi a suffragio di questa interpretazione possono individuarsi nell’art.110, comma 1, e
nell’art.52, comma 3, della legge fallimentare, nel testo introdotto dal d. lgs. n. 169 del 2007 in
vigore dall’1 gennaio 2008(262).
La prima norma prevede, infatti, che nel progetto di riparto redatto dal curatore «sono collocati
anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’art. 51»; la
seconda stabilisce che le disposizioni, previste dal comma 2 dello stesso articolo, che affermano
l’obbligo dell’accertamento di ogni credito nelle forme dell’insinuazione al passivo, si applicano
anche ai crediti esentati dal divieto di azioni esecutive(263).
Pertanto, solo ove ammesso al passivo del fallimento ed utilmente collocato nel piano di riparto il
creditore fondiario (che, come esposto, può ottenere in ogni caso il versamento anticipato del
proprio credito ex art.41, comma 2, TUB nell’esecuzione singolare) potrà trattenere in via definitiva
le somme che gli sono state (provvisoriamente) assegnate nell’esecuzione singolare.
Si prospettano a questo punto, le seguenti ipotesi.
§ 9.1.- Fallimento dell’unico debitore successivamente al pignoramento
Salva l’ipotesi in cui la procedura esecutiva sia stata promossa (o proseguita) da un creditore
fondiario (fattispecie che concretizza una delle deroghe previste dall’art.51 L.F.), si è detto
che il procedimento esecutivo può continuare soltanto se il curatore abbia optato ex art.107,
(261) Così QUATRARO-DI MUNDO, La verifica dei crediti nelle procedure concorsuali. Contratti bancari,
parabancari e del mercato finanziario, Milano, 2011, 947.
(262) In questo senso SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 1025-1026.
(263) La relazione governativa al D. Lgs. n°169/2007 (reperibile all’url http://www.giurdanella.it/
2007/10/18/la-relazione-illustrativa-sulla-nuova-legge-fallimentare - accesso 30.11.2013) illustra
(all’art.8) che le due disposizioni confermano «che i crediti esentati dal divieto di azioni esecutive e
cautelari fruiscono di un privilegio puramente processuale (il potere di iniziare o proseguire
l’espropriazione pur in pendenza del fallimento del debitore), ma non sono esentati dal “concorso
sostanziale”: come tutti gli altri crediti devono essere ammessi al passivo (“concorso formale”) e poi
devono essere collocati nei riparti (“concorso sostanziale”) per poter trattenere in via definitiva quanto è
stato ricavato dall’espropriazione singolare da loro compiuta».
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comma 6, L.F., per la vendita del bene in sede individuale.
Venduto il bene ed emesso il decreto di trasferimento, il problema che si pone a questo
punto è se dar corso alla fase distributiva ovvero se - configurandosi nella specie l’ipotesi
della liquidazione di un bene di pertinenza dell’amministrazione fallimentare - il ricavato
della vendita debba essere piuttosto interamente versato alla curatela (che andrà così a
ripartirlo non tra i creditori intervenuti nell’esecuzione individuale bensì tra i creditori
ammessi al passivo fallimentare secondo le cause di prelazione ivi riconosciute), con
integrale devoluzione, pertanto, della fase della ripartizione alla sede fallimentare.
Si sostiene infatti che l’improcedibilità deve essere dichiarata sia nel caso in cui la
procedura non sia ancora intervenuta alla fase della vendita, sia nel caso in cui, emesso
l’atto traslativo, si sia già pervenuti alla fase distributiva: ne consegue che, in caso di
mancato subentro, il curatore dovrà proporre istanza per la declaratoria di improcedibilità
della espropriazione nella fase in cui si trova e, qualora la stessa sia giunta allo stadio
trasformativo (con la monetizzazione del bene) l’ufficio non potrà che rimettere il ricavato
alla curatela fallimentare(264).
Ove si ritenesse invece che il professionista delegato debba comunque procedere alla
predisposizione del progetto di distribuzione, questo si risolverebbe nella mera appostazione
delle spese prededucibili (in sede fallimentare) sostenute dopo la sostituzione ex art.107
L.F. della curatela al creditore procedente (spese dell’avvocato, pubblicità, aggiornamento
perizia, custodia e vendita delegata), attesa la necessità di graduazione delle ulteriori spese
in sede di riparto fallimentare.
In questa prospettiva, posto che tali spese sono spese prededucibili che (salva l’ipotesi di cui
all’art. 111 bis, comma 3, L.F.) vanno collocate in sede di riparto (dopo il decreto correttivo
169/2007) ed eventualmente insinuate al passivo in caso di contestazione(265), si è
comunque ritenuto che la liquidazione delle stesse spese possa essere effettuata dal Giudice
dell’Esecuzione(266), in linea di coerenza con la innegabile efficienza (e maggiore praticità)
della procedura individuale nel valutare (e determinare) i costi dei propri ausiliari
(funzionalità che, per forza di cose, non può essere riconosciuta in pari misura al giudice
delegato): ne discende che, in ossequio ad un criterio di mera efficienza, può ben essere il
giudice dell’esecuzione (che ha conferito gli incarichi preordinati all’impulso
dell’esecuzione singolare) a liquidare le dette spese (esperto stimatore, custode, delegato,
costi di pubblicità), senza procedere propriamente alla formazione di un progetto di
distribuzione e senza che detta attività possa ritenersi priva di potere, risolvendosi nel
completamento degli incarichi da parte della stessa autorità giudiziaria che li ha
conferiti(267).
(264) LICCARDO - FEDERICO, in JORIO-FABIANI (a cura di), Il nuovo diritto, Bologna-Roma, 2007, II, 1793.
(265) Cass. civ., Sez. I, 11.06.2007, n°13663, in Giust. civ. Mass. 2007, 6.
(266) PALUCHOWSKI, Le interferenze della procedura esecutiva concorsuale su quella individuale, op. cit.,
73.
(267) Così PALUCHOWSKI, ibidem, 73-74. L’autrice precisa peraltro che tali somme devono poi essere
insinuate al passivo in prededuzione e riconosciute dal giudice fallimentare: soluzione, questa, che
comporta che le parcella liquidate dal g.e. vengano richieste come prededucibili e, ove non contestate dal
curatore), esse vengano soddisfatte integralmente. In caso di contestazione dette spese devono essere
formalmente insinuate ex art. 93 o 101 L.F.. Quanto al credito complessivo del creditore procedente e dei
creditori intervenuti (ivi comprese le spese legali di parte affrontate per il patrocinio) è da ritenersi che
questo (senza alcuna liquidazione del g.e.) vada sin dall’inizio insinuato e valutato integralmente in sede
fallimentare secondo gli artt.51 e 52 L.F., non trattandosi di spese necessarie di procedura, oggetto di
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Il professionista delegato dovrà pertanto chiedere, in tale evenienza, la liquidazione dei
propri compensi, riversando l’intero ricavato alla procedura fallimentare e chiedendo, per
ottenere il pagamento delle proprie spettanze, l’emissione del decreto di prelievo al Giudice
Delegato.
Presso alcuni tribunali(268) si riscontra la prassi di consentire al professionista delegato di
richiedere al G.E. la liquidazione dei propri compensi, che verranno prelevati dal ricavato
della vendita depositato nel libretto giudiziale; all’esito, dovrà predisporre il progetto di
distribuzione che prevede esclusivamente l’assegnazione ai creditori delle spese spettanti in
privilegio ex art.2770 c.c., con attribuzione al curatore fallimentare dell’importo residuo,
che sarà distribuito in sede fallimentare(269).
§ 9.2.- Fallimento di uno dei debitori comproprietari
Nel caso in cui il pignoramento sia eseguito su immobile che appartiene a più
comproprietari e successivamente sia dichiarato il fallimento di uno di essi, il Giudice
dell’Esecuzione ordinerà comunque la vendita dell’intero bene nel caso in cui per il debitore
fallito sia presente un creditore fondiario, ovvero se il curatore del fallimento abbia chiesto
al G.E. di provvedere alla vendita anche della quota di pertinenza del fallito (tenuto peraltro
conto che non potrà invece attirare nel fallimento l’esecuzione a carico del comproprietario
non fallito)(270).
possibile decisione di liquidazione del giudice dell’esecuzione (salvi gli anticipi per la stima o per la
pubblicità).
(268) Cfr., ad es., MASSENZ, Istruzioni per la predisposizione del progetto di distribuzione, novembre 2007,
relazione tenuta al Convegno organizzato dall’ODCEC di Milano «Le esecuzioni immobiliari: il progetto di
distribuzione», reperibile all’url http://www.odcec.mi.it/Libraries/Materiale_Convegni/ progetdistibuzi09.pdf
(accesso 5.11.2013). Nella circolare del Tribunale di Rieti, reperibile all’indirizzo web
http://www.tribunale.rieti.giustizia.it/doc/modulistica/modulistica_per_custodi_e_delegati/Circolare_per_
la_redazione_del_progetto_di_distribuzione.pdf (accesso 5.11.2013) si legge: «Secondo l’opinione che
appare preferibile (..) il giudice dell’esecuzione ha comunque il potere di liquidare le spese di esecuzione
sostenute dal curatore, ovvero da altro creditore procedente (nel caso, non infrequente, di fallimenti privi
di fondi): solo la somma residua al netto di queste spese di giustizia liquidate dal g.e., verrà assegnata al
fallimento. In questi casi, il bene appartenente al fallito, dunque può essere oggetto sia della procedura
esecutiva individuale, che continua ad andare avanti, sia del fallimento (se poi il bene appartenesse a due
soggetti - di cui uno in bonis - in comproprietà e fosse fallito solo uno dei due, ragioni di opportunità
hanno spinto la giurisprudenza a fare in modo che la vendita avvenga unitariamente davanti al giudice
dell’esecuzione, magari previa delega del giudice delegato al giudice dell’esecuzione) e le due procedure
possono proseguire parallelamente. È quindi possibile che vi siano due vendite dello stesso immobile e
per questo è necessario che l’autorità che vende per prima ne dia immediata comunicazione all’altra. In
nessun caso il giudice dell’esecuzione può liquidare al curatore in sede esecutiva le proprie spettanze».
(269) Nello studio La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, a cura del CONSIGLIO
NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, ed. febbraio 2012, cit., pag.35, si
fa riferimento alle prassi operative presso altri tribunali (ad es. quello di Monza), le quali prevedono che è
consentito al professionista delegato (custode) - in caso di accordo con l’organo gestorio - di prelevare dal
libretto/conto della procedura esecutiva l’importo delle spese prededucibili liquidate dal G.E., rimettendo
al fallimento le somme residue, per consentirne il riparto in sede fallimentare.
(270) Nell’ipotesi in cui sia stata promossa una procedura esecutiva in danno di un debitore (in bonis)
comproprietario di una quota dell’immobile e, successivamente, venga dichiarato il fallimento nei
confronti del titolare della quota residua (non assoggettato all’esecuzione), poiché solo la vendita
dell’intero bene può evitare il concreto pericolo di un deprezzamento delle quote, la soluzione preferita in
passato era quella di delegare, ai sensi dell’art. 578 c.p.c. (in precedenza espressamente richiamato
dall’art. 108, co. 2) L.F.), il giudice dell’esecuzione (che si trovava ad operare come longa manus del
giudice delegato) alla vendita della quota (non pignorata) del comproprietario fallito. Secondo PENTA, I
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All’esito della vendita e previa richiesta di liquidazione dei propri compensi, il
professionista delegato provvederà a redigere un progetto di distribuzione parziale,
attribuendo alla curatela del fallimento la quota di ricavato corrispondente alla quota
dell’immobile di pertinenza del fallito e procedendo alla distribuzione relativamente al
ricavato spettante al debitore/comproprietario in bonis.
Quanto alle spese di giustizia ex art. 2770 c.c. (assumendo, ad es., l’ipotesi di unico
immobile appartenente a due soggetti, uno dei quali dichiarato fallito, con progetto di
distribuzione imperniato, quindi, sulla formazione di due masse) le stesse possono essere
collocate (anche in aderenza alle cennate esigenze di funzionalità e semplificazione, poiché
la liquidazione è comunque effettuata dal G.E. delegante), in parti uguali, su entrambe le
masse, in quanto spese sostenute nel comune interesse(271) (ma non manca chi, in adesione
alla tesi più rigorosa esposta nel precedente paragrafo, sostiene che le stesse debbano
gravare soltanto sulla quota del debitore non fallito).
rapporti tra esecuzione concorsuale ed esecuzione individuale. Il credito fondiario, in Dir. Fall., 2010, 34, 291, la soluzione attualmente percorribile sarebbe quella di procedere al giudizio di divisione
all’interno del procedimento esecutivo, al quale parteciperà il curatore per il terzo fallito non esecutato
(art. 181 disp. att. cod. proc. civ.); definito il giudizio divisorio con la vendita dell’intero immobile
indivisibile, al curatore e alla procedura esecutiva verranno assegnate le rispettive quote del ricavato.
(271) Una simile soluzione si trova, ad es., applicata in Tribunale di Torino (ord.), 10.10.2008, in
Fallimento, 2009, 1229 ss..
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ALLEGATO N.1 - Modello richiesta precisazione credito
su carta intestata professionista
……………………., lì ………………
Spett.le
Banca …………… - filiale di ………..
c/o Avv. ……………………………….
via ……………
città ………….
Raccomandata a.r./fax/p.e.c.
Oggetto: procedura esecutiva immobiliare n. ../…. Tribunale di ….............. contro .........
Il sottoscritto professionista delegato alle operazioni di vendita ex art.591 bis c.p.c.,
o visto il verbale di vendita ….. incanto del ………….., con il quale l’immobile
pignorato (………………………………………………………..) è stato
……………….. aggiudicato per la somma di € …………;
o considerato che il saldo prezzo è stato depositato entro il termine previsto
nell’avviso di vendita;
o considerato che, ai sensi dell'art. 596 c.p.c., occorre provvedere alla formazione del
progetto di distribuzione delle somme ricavate;
o considerato che il decreto di trasferimento è stato depositato in cancelleria il
…….. (………………) e che quindi con tale ultima decorrenza è stato trasferita la
proprietà dell’immobile in capo alla parte aggiudicataria,
INVITA
entro e non oltre 30 giorni dalla ricezione della presente, a far pervenire presso lo studio
dello scrivente, sito in …………, via …………… (fax ……… - p.e.c. ………) un
prospetto riepilogativo dei crediti vantati nei confronti del debitore esecutato, specificando
analiticamente:
► In caso di CREDITO IPOTECARIO:
• gli estremi delle iscrizioni ipotecarie con indicazione della data, del titolo,
dell’ammontare della somma capitale e del saggio degli interessi convenzionali (in
caso di mutuo, dovrà prodursi il piano di ammortamento - ove non allegato al titolo
- distinguendo per ogni rata la quota capitale e la quota interessi, e dovranno inoltre
indicarsi gli interessi moratori ed il loro tasso), depositando il titolo e la nota di
iscrizione ipotecaria (e dell’eventuale rinnovazione) in originale;
al fine di consentire la discriminazione tra la parte di credito da collocare in via
ipotecaria e la parte da collocare in via chirografaria, dovrà indicarsi in maniera
specifica:
• l’ammontare del credito vantato in linea capitale;
• l’ammontare degli interessi convenzionali per il periodo di cui all’art. 2855, 2°
comma, c.c., specificando la data di decorrenza;
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• l’ammontare degli interessi legali per il periodo di cui all’art. 2855, 3° comma, c.c.
(e cioè dalla scadenza del triennio ex art.2855 c.c. e fino alla data del decreto di
trasferimento);
• l’ammontare delle spese da collocare nello stesso grado dell’ipoteca, comprese
quelle relative all’intervento nel processo esecutivo, di cui all’art. 2855, 1° comma,
c.c.;
• la differenza tra interessi legali e convenzionali dalla scadenza del triennio alla data
del decreto di trasferimento;
• l’importo giornaliero degli interessi convenzionali per il periodo successivo al
decreto di trasferimento.
- ed altresì:
• l’ammontare delle spese legali - con indicazione della parte da collocare al
privilegio ai sensi dell’art.2770 c.c. - fornendo la prova delle spese vive sostenute.
► IN CASO DI CREDITO PRIVILEGIATO:
• la natura del privilegio ed il relativo grado;
• l’ammontare del credito vantato in linea capitale;
• l’ammontare degli interessi convenzionali per il periodo di cui all’art. 2749, 1°
comma, c.c., specificando la data di decorrenza;
• l’ammontare degli interessi legali per il periodo di cui all’art. 2749, 2° comma, c.c.;
• l’ammontare delle spese da collocare nello stesso grado del privilegio;
• la differenza tra interessi legali e convenzionali dalla scadenza del biennio alla data
del decreto di trasferimento;
• l’importo giornaliero degli interessi convenzionali per il periodo successivo al
decreto di trasferimento;
• in caso di privilegio ex art. 2776 commi 2 e 3 c.c., la documentazione relativa
all’esito infruttuoso dell’esecuzione mobiliare;
• l’ammontare delle spese di giustizia ex art.2770 c.c., fornendo la prova delle spese
vive sostenute.
► IN CASO DI CREDITO CHIROGRAFARIO:
• originale dei titoli giustificativi delle ragioni di credito;
• il conteggio analitico del credito, con dettaglio specifico degli interessi e con
precisazione dei periodi e dei tassi applicati;
• l’ammontare delle spese legali - con indicazione delle parte da collocare
eventualmente al privilegio ai sensi dell’art.2770 c.c. - fornendo la prova delle spese
vive sostenute.
In caso di mancata risposta, i crediti verranno ammessi alla distribuzione solo nella
misura indicata nei relativi atti legali.
Distinti saluti.
timbro e firma
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ALLEGATO N.2 - Modello richiesta documenti integrativi
su carta intestata professionista
……………………., lì ………………
Raccomandata a.r./fax/p.e.c.
Egr. Sig.
avv. ……………………………………
quale difensore di
Banca …………… - Filiale di ………..
via ……………
città ………….
Oggetto: procedura esecutiva immobiliare n. …./…. Tribunale di ............. contro ...............
In qualità di professionista delegato ai sensi dell’art.591 bis c.p.c. nella procedura esecutiva
di cui all’oggetto, giusto provvedimento del G.E. dott. …………………….., emesso
il……… e depositato in cancelleria in data ……………….,
premesso
‐ che il creditore ...................... ha promosso/è intervenuto ….la procedura in oggetto con
atto di pignoramento/intervento del …………, depositato il ………;
‐ che, malgrado la mia precedente richiesta di precisazione del credito del ……, ai fini della
predisposizione del progetto di distribuzione del ricavato, ad oggi non risultano pervenute
presso il mio studio (o depositate in cancelleria) né la Sua nota spese per diritti e onorari
quale procuratore del suddetto creditore, né la specificazione riepilogativa del credito per
sorte capitale, interessi e spese;
tutto ciò premesso, con la presente La
invito
a depositare presso il mio studio in……………… o presso la competente Cancelleria la
nota di precisazione del credito del Suo assistito, avvertendoLa sin d’ora che il mancato
deposito della nota riepilogativa del credito (e della relativa nota spese), entro il termine di
15 giorni dal ricevimento della presente, comporterà il riconoscimento dei soli importi
indicati nell’atto di pignoramento/intervento.
In attesa di cortese riscontro, porgo distinti saluti.
timbro e firma
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ALLEGATO N.3 - MODELLO DI PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
NOTA:
modello di tipo “discorsivo”, impostato sulla graduazione dei creditori e sulla
liquidazione delle quote (si possono ricavare i criteri seguiti nella impostazione del
progetto) - presenta il limite di non consentire una visualizzazione immediata delle somme
che vengono assegnate ai creditori
TRIBUNALE DI ……………….
Esecuzione Immobiliare n…/….. R.G.E.
promossa da
Banca Gamma
contro
MARIO BIANCHI
PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
della somma disponibile e distribuibile di euro 273.549,80, così determinata:
SOMMA RICAVATA = euro 273.549,80, di cui:
‐ euro 261.159,70 quale prezzo di aggiudicazione di n. 1 immobile,
‐ euro 14.670,50 quali competenze nette bancarie maturate alla data del ………(inserire
dato più possibile recente) sul libretto di deposito a risparmio n. …… acceso presso la
banca ………, filiale di...................,
(meno) euro 2.280,40 quali spese per annotamenti di cancellazione
SPESE di PROCEDURA = euro 14.3166,66 di cui:
‐ euro 4.484,400 per custodia,
‐euro 7.325,43 per professionista delegato alla vendita (notaio/ commercialista/ avvocato),
‐euro 2.286,83 per ritenuta d’acconto su compensi liquidati al professionista delegato e al
custode,
Nel processo sono intervenuti i seguenti creditori che hanno prodotto i loro titoli:
in via privilegiata
‐ DELTA S.p.a. creditore privilegiato per concessione di acque ex art. 2774 c.c., munito di
titolo esecutivo;
‐ Banca Alfa, creditore privilegiato‐ipotecario di primo grado e creditore chirografario in
forza di mutuo ipotecario, assistito e rappresentato dall’Avv………., munito di titolo
esecutivo;
‐ Banca Beta, creditore privilegiato‐ipotecario di secondo grado in forza di ipoteca
giudiziale e creditore chirografario, assistito e rappresentato dall’Avv. …, munito di titolo
esecutivo;
‐ Banca Gamma, creditore procedente, privilegiato‐ipotecario di terzo grado e creditore
chirografario, assistito e rappresentato dall’Avv. ………, munito di titolo esecutivo;
in via sussidiaria
‐ RISCUOTI S.p.a., creditore sussidiario ex art. 2776 c.c., munito di titolo esecutivo;
in via chirografaria
‐ ROSSI S.r.l., creditore chirografario tempestivo (intervento del 12.06.2004), assistito e
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rappresentato dall’Avv……, munito di titolo esecutivo;
‐ BIANCHI S.a.s., creditore chirografario tardivo (intervento del 21.07.2005), assistito e
rappresentato dall’Avv……………. , munito di titolo esecutivo;
IL G.E.
esaminati i titoli prodotti colloca:
- in privilegio ex art. 2770 c.c.
‐ BANCA GAMMA quale creditore procedente, per la somma di euro 17.882,30, di cui
€ 9.699,60 per spese e competenze legali, € 3.470,00 per spese di pubblicità, € 2840,70 per
spese di CTU, € 1.872,00 per acconto del professionista delegato;
- in via privilegiata, sussidiaria e chirografaria
‐ DELTA S.p.a., per la somma di euro 12.907,22, di cui euro 755,94 in via privilegiata ed
euro 12.151,28 in via chirografaria;
‐ Banca Alfa, per la somma di euro 22.645,16, di cui euro 18.325,92 in via privilegiata
(spese legali euro 3.843,23) ed euro 4.319,24 in via chirografaria;
‐ Banca Beta, per la somma di euro 117.835,40, di cui euro 92.975,20 in via privilegiata
(spese legali euro 6.324,06) ed euro 24.860,20 in via chirografaria;
‐ Banca Gamma, per la somma di euro 75,121,10, di cui euro 64.171,68 in via privilegiata
ed euro 10.949,42 in via chirografaria;
‐ RISCUOTI S.p.a., per la somma di euro 7.501,80 in via sussidiaria ex art. 2776 c.c.;
‐ ROSSI S.r.l., per la somma di euro 5.419,81 (spese legali euro 1.234,56) in via
chirografaria;
‐ BIANCHI S.a.s.,, per la somma di euro 6.240,30 in via chirografaria;
ed assegna
‐ alla DELTA S.p.a. la somma di euro 12.546,35, rimanendo insoddisfatto il residuo
credito vantato in via chirografaria;
‐ alla Banca Alfa la complessiva somma di euro 22.516,89, restando insoddisfatto il
residuo credito vantato in via chirografaria;
‐ alla Banca Beta la complessiva somma di euro 117.097,11, restando insoddisfatto il
residuo credito vantato in via chirografaria;
‐ alla Banca Gamma la complessiva somma di euro 94.885,06, restando insoddisfatto il
residuo credito vantato in via chirografaria;
‐ alla RISCUOTI S.p.a. la complessiva somma di euro 9.435,71 in via sussidiaria ex art.
2776 c.c.;
‐ alla ROSSI S.r.l., la complessiva somma di euro 5.258,85, restando insoddisfatto il
residuo credito vantato in via chirografaria.
Resta insoddisfatto, per incapienza, il creditore (tardivamente) intervenuto Bianchi s.a.s..
Visto l’art. 596 c.p.c.
Fissa
per la comparizione delle parti l’udienza del ……………………..
……………….. lì ……………….
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ALLEGATO N.4 - MODELLO DI PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
NOTA:
modello basato su un foglio di calcolo - consente, a differenza del precedente, una
agevole visualizzazione dei conteggi e delle somme assegnate ai creditori. Si suggerisce, in vista
dell’esigenza di intelligibilità del progetto di distribuzione più volte segnalata nel testo, di
accompagnare il foglio di calcolo vero e proprio ad una relazione esplicativa nella quale
illustrare i criteri applicati nella predisposizione del progetto di distribuzione.
TRIBUNALE DI _______________
PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
nella procedura esecutiva immobiliare promossa da
BANCA GAMMA
nei confronti di
MARIO BIANCHI
Il giudice dell'esecuzione, lette le note di credito depositate dalle parti;
visto l'art. 596 cod.proc.civ.;
dispone procedersi al riparto come segue:
CALCOLO DELLE SOMME DISPONIBILI PER IL RIPARTO
261.159,70 Prezzo di aggiudicazione della vendita in data
14.670,50 Interessi attivi del conto corrente della procedura
-2.280,40 annotamenti di cancellazione
273.549,80 Totale da distribuire
PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
Importo
Importo
Importo Importo
Creditore
da
Causale
disponibile
richiesto spettante
pagare
273.549,80
custode
4.484,40
4,484,40
4.484,40
spese e compensi del delegato
(al netto della
prededuzione 261.739,97
r.a.) come da
nota spese già
liquidata dal GE
professionista
delegato
7.325,43
7.325,43
7.325,43
261.439,97
banca gamma
850,00
850,00
850,00
260.889,97
banca gamma
1.356,83
1.356,83
259.533,14
banca gamma 17.882,30 17.882,30
delta spa
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755,94
755,94
Disponibil.
Residua
spese e compensi del custode
al netto della r.a.
prededuzione 269.065,40
(come da nota
spese già liquidata dal G.E.)
269.065,40
241.650,84
Privilegio
r.a. su fattura
finale custode
prededuzione 260.889,97
r.a. su fattura a
prededuzione 259.533,14
saldo p.d.
spese legali, di
cui € 9.699,60 x
diritti e compensi, 3.470,00 per
Privilegio ex
17.882,30 spese di pubbli241.650,84
cità, € 2840,70 x art.2770 c.c.
spese di CTU, e
1872,00 per acconto delegato
credito
privilegio ex
privilegiato ex
755,94
240.894,90
art2774 c.c.
art.2774 c.c.
1.356,83
Natale Galipò
120
Importo
disponibile
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Creditore
Importo
richiesto
Importo
spettante
Importo
da
pagare
240.894,90
banca alfa
18.325,92 18.325,92 18.325,92
222.568,98
banca beta
92.975,20 92.975,20 92.975,20
129.593,78
banca gamma 64.171,68 64.171,68 64.171,68
sorte capitale e
interessi
sorte capitale e
interessi
delta spa
12.151,28 12.151,28 11.790,41
sorte capitale e
interessi
banca alfa
4.319,24
sorte capitale e
interessi
riscuoti spa
55.986,39
44.195,98
15.883,10
sorte capitale
14.482,69 , €
3843,23 spese
legali
sorte capitale
86.651,14, €
6.324,06 spese
legali
9.435,71
65.422,10
40.005,01
Causale
banca beta
9.435,71
9.435,71
4.319,24
4.190,97
24.860,20 24.860,20 24.121,91
banca gamma 10.949,42 10.949,42 10.624,25
sorte capitale e
interessi
sorte capitale e
interessi
5.230,67
rossi s.r.l.
5.419,81
5.419,81
5.258,85
sorte capitale,
interessi e spese
x intervento
tempestivo
0,00
bianchi s.a.s.
6.240,30
6.240,30
0,00
sorte capitale e
interessi x intervento tardivo
Privilegio
Disponibil.
Residua
ipoteca di 1°
222.568,98
grado
ipoteca di 2°
129.593,78
grado
ipoteca di 3°
grado
privilegio
sussidiario ex
art.2776 c.c.
chirografo
(pari al
97,030% del
credito
reclamato)
chirografo
(pari al
97,030% del
credito
reclamato)
chirografo
(pari al
97,030% del
credito
reclamato)
chirografo
(pari al
97,030% del
credito
reclamato)
chirografo
(pari al
97,030% del
credito
reclamato)
chirografo
65.422,10
55.986,39
44.195,98
40.005,01
15.883,10
5.258,85
0,00
0,00
RIEPILOGO DELLE SOMME DOVUTE A CIASCUN CREDITORE
4.484,40 Custode giudiziario
7.325,43 Professionista delegato
94.885,06 Banca Gamma
22.516,89 Banca Alfa
117.097,11 Banca Beta
9.435,71 Riscuoti S.p.A.
12.546,35 Delta S.p.A.
5.258,85 Rossi s.r.l.
273.549,80 TOTALE
Resta totalmente insoddisfatto - per incapienza- il creditore (tardivamente) intervenuto Bianchi s.r.l..
_______
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