avv. Natale Galipò LA PREDISPOSIZIONE DEL PROGETTO DI DISTRIBUZIONE NELLE PROCEDURE ESECUTIVE IMMOBILIARI Orientamenti - Linee guida - Questioni controverse a cura di Natale Galipò Gennaio 2014 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 INDICE Introduzione ............................................................................................... pag. 1 1. In sintesi: sulla fase di distribuzione del ricavato...................................... pag. 1 PARTE PRIMA 1.- La norma di riferimento ......................................................................... .. pag. 4 2.- Individuazione delle masse......................................................................... pag.6 3.- Determinazione della massa attiva ............................................................. pag.9 4.- La collocazione dei crediti privilegiati ex art.2770 c.c. (differenze tra “prededuzione” e collocabilità ex art.2770 c.c.) .................................. pag.11 §4.1.- La prededuzione ................................................................................. pag.12 §4.2.- Le spese ex art.2770 c.c. ...................................................................... pag.16 5.- Graduazione interna.................................................................................. pag.22 6.- Individuazione dei creditori intervenuti.................................................... pag.22 §6.1.- La rivisitazione dell’intervento dei creditori ......................................... pag.22 §6.1.1. - L’intervento non titolato. L’accantonamento .............................. pag.24 §6.2.- L’intervento tardivo (e l’intervento tempestivo) .................................. pag.27 ► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL CONCETTO DI “PRIMA” UDIENZA FISSATA PER L’AUTORIZZAZIONE ALLA VENDITA .................................. pag.27 7.- La graduazione dei creditori (cenni) ......................................................... pag.30 8.- I crediti assistiti da cause di prelazione..................................................... pag.31 §8.1.- Crediti privilegiati che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro credito ............................................................................ pag.31 §8.1.1.- Graduazione interna .................................................................... pag.32 §8.2.- I crediti assistiti da privilegio speciale sugli immobili................................ pag.32 §8.2.1.- In particolare: i singoli privilegi sugli immobili di cui all’art.2780 c.c. ..................................................................... pag.33 §8.2.2.- I crediti per i contributi per opere di bonifica e miglioramento (art.2775 c.c.)..................................................... pag.34 §8.2.3.- I crediti dello Stato per concessioni di acque (art.2774 c.c.)................................................................. pag.35 §8.2.4. - I crediti per i tributi indiretti........................................................ pag.35 §8.2.5.- I crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione dei contratti preliminari (art.2775 bis c.c.) .................. pag.38 §8.2.6.- Estinzione del privilegio ................................................................ pag.39 §8.2.7.- Estensione del privilegio ............................................................... pag.40 §8.2.8.- Concetto di anno in corso ............................................................. pag.41 §8.2.9.- Graduazione interna .................................................................... pag.41 §8.3.- Crediti assistiti da ipoteca ................................................................... pag.42 §8.4.- Crediti con privilegio sussidiario sugli immobili ..................................... pag.45 ► SCHEMA RIASSUNTIVO DEI PRIVILEGI SUI BENI IMMOBILI ....................... pag.50 Riproduzione riservata Natale Galipò I Il Caso.it [Documenti] 6 febbraio 2014 9.- Gli effetti del tempo degli interventi per i creditori privilegiati e sussidiari............................................................................. pag.54 10.- Gli effetti del tempo degli interventi per i creditori non assistiti da cause di prelazione......................................................... pag.55 PARTE SECONDA 1.- La determinazione del credito................................................................... pag.56 ► Introduzione.......................................................................................... pag.56 §1.1.- Le diverse tipologie di titoli fondativi del credito ................................... pag.56 §1.1.1.- Gli interessi superiori agli interessi legali ....................................... pag.58 §1.1.2.- Gli interessi usurari ...................................................................... pag.60 §1.1.3.- Gli interessi anatocistici ................................................................ pag.67 PREMESSA.................................................................................... pag.67 §1.1.3.1.- Il nuovo corso della giurisprudenza in tema di capitalizzazione degli interessi bancari. Il D. Lgs. n°344/99 e la delibera del CICR del 9.02.2000........................................ pag.68 §1.2.- I contratti di mutuo bancario ordinario ................................................ pag.72 §1.3.- I contratti di mutuo fondiario .............................................................. pag.75 ► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL DIVIETO DI ANATOCISMO SULLE RATE A SCADERE .............................................................................. pag.79 §1.4.- L’anatocismo e la Legge di Stabilità 2014..................................................... pag.81 2.- Collocazione dei privilegi immobiliari ..................................................... pag.83 3.- Collocazione del credito ipotecario in via privilegiata ex art.2855 c.c..... pag.79 ► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL SUPERAMENTO DEL MONTANTE IPOTECARIO ........................................................................ pag.86 §3.1.- Nozione di anno in corso ..................................................................... pag.91 §3.2.- Procedimento di calcolo e collocazione per i contratti di mutuo ipotecario ............................................................................... pag.95 ► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL CONCETTO DI “INTERESSI DOVUTI” EX ART.2855 C.C. ........................................................................................ pag.97 §3.3.- Collocazione in privilegio degli interessi anatocistici ............................ pag.100 4.- Collocazione del credito sussidiario ....................................................... pag.100 5.- Assegnazione della somma ricavata ai creditori..................................... pag.101 ► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: COME OPERARE IL CONCORSO TRA CREDITI CHIROGRAFARI .......................................................................................... pag.102 6.- L’accantonamento delle somme ex artt.499 e 510 c.p.c. ........................ pag.103 7.- La distribuzione nel caso di conversione al pignoramento.................... pag.104 8.- Espropriazione immobiliare e credito fondiario .................................... pag.105 9.- Espropriazione immobiliare e fallimento .............................................. pag.107 Riproduzione riservata Natale Galipò II [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 ► SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: INTERFERENZE TRA ESECUZIONE PER CREDITO FONDIARIO E FALLIMENTO ....................................................................................... pag.108 §9.1.- Fallimento dell’unico debitore successivamente al pignoramento .......... pag.110 §9.2.- Fallimento di uno dei debitori comproprietari ......................................... pag.112 ALLEGATI • Allegato 1: modello richiesta precisazione del credito ............................. pag.115 • Allegato 2: modello richiesta documenti integrativi banca. ..................... pag.117 • Allegato 3: modello progetto di distribuzione ........................................... pag.118 • Allegato 4: modello progetto di distribuzione ........................................... pag.120 Riproduzione riservata Natale Galipò III [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 INTRODUZIONE Scopo del presente studio è quello di mettere in luce i criteri di riferimento che possano indirizzare il professionista delegato (o il custode o il consulente) - incaricato della formazione del progetto di distribuzione del ricavato - nell’affrontare le difficoltà connesse all’espletamento del compito in esame, nel quale non di rado questioni di diritto sostanziale si intrecciano a problematiche di diritto processuale, passando per la risoluzione/impostazione di quesiti di tipo matematico-aritmetico. E’ infatti innegabile che il progetto di distribuzione debba essere predisposto in modo chiaro ed intelligibile, seguendo un percorso elaborativo all’interno del quale siano applicati principi uniformi ed omogenei: obiettivo non di poco conto, sol che si osservi che un progetto di agevole “lettura” (e comprensione) facilita la rapida definizione delle operazioni distributive, riduce la possibilità di contestazioni sia da parte dei creditori concorrenti che dello stesso debitore esecutato (che rifluirebbero negativamente sull’iter di approvazione del riparto) consentendo pertanto di pervenire in tempi ragionevoli alla realizzazione (anche parziale) delle istanze creditorie ed alla estinzione della procedura esecutiva. L’impostazione seguita nel testo é pertanto quella di illustrare i principi e le fasi fondamentali intorno ai quali articolare la redazione del progetto (con suddivisione dello studio in due parti): in tale prospettiva, si è così cercato di conferire all’esposizione un taglio prevalentemente “pratico”, al fine di focalizzare con immediatezza gli argomenti di volta in volta trattati. Alle (numerose) note che corredano il testo (ed intese non sempre come mere specificazioni bibliografiche) é affidato ora il compito di rappresentare dei brevi approfondimenti teorici sugli istituti e sulle figure del procedimento esecutivo che hanno più stretta attinenza con la predisposizione del riparto; altre volte quello di fornire una sintetica analisi del complesso quadro interpretativo determinato sia dall’elevato tecnicismo della materia sia dall’importanza degli interessi riferibili alle parti coinvolte nell’esecuzione forzata: a tal fine sono stati pertanto richiamati sia gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali (anche) più recentemente formatisi in ordine al processo esecutivo (specie dopo la riforma del 2005), sia le fondamentali prassi applicative riscontrate presso diversi Tribunali. La parte finale (sezione “Allegati”) contiene alcuni modelli di corrispondenza utilizzabili dal professionista delegato per l’attività propedeutica alla formazione del piano di riparto. La chiusura della guida è dedicata alla predisposizione di un progetto di distribuzione, redatto secondo due diverse modalità di elaborazione e con illustrazione dei criteri impostazione applicati. 1.- IN SINTESI: SULLA FASE DI DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO La distribuzione del ricavato costituisce il “culmine” del procedimento di esecuzione forzata, preordinato al soddisfacimento (nei limiti dell’effettivo conseguimento di una somma di denaro) delle ragioni di credito vantate da quanti hanno promosso l’esecuzione Riproduzione riservata Natale Galipò 1 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 (con il pignoramento) o vi si sono successivamente inseriti (depositando l’atto di intervento). E’, in concreto, l’attività che si svolge sulla somma ricavata dalla vendita (a seguito della liquidazione del compendio pignorato: c.d. fase trasformativa) e che trova pertanto nel progetto di distribuzione lo strumento tipico di realizzazione delle pretese creditorie (c.d. momento satisfattivo). E’ in questa fase pertanto che si realizza il concorso dei creditori, vale a dire l’esigenza che tutti partecipino alla distribuzione del ricavato, sulla scorta del principio - sancito dall’art.2741 c.c. - che «i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore» (salve le cause legittime di prelazione). Le norme che regolamentano, in generale, la fase distributiva sono gli artt. 510 e 512 c.p.c., sui quali ha profondamente inciso la legge di riforma n°80 del 2005. Con riferimento all’esecuzione forzata immobiliare viene poi in rilievo l’art.596 c.p.c., ma assume rilevanza anche l’art.179 disp. att. c.p.c., che ammette la possibilità della formazione del progetto di distribuzione in due fasi: una dedicata al progetto di graduazione (che contiene la collocazione dei creditori in base alla “precedenza” determinata dalle rispettive ragioni di prelazione) e l’altra (complementare alla prima e concernete la determinazione dei singoli importi da attribuire concretamente agli aventi diritto) destinata alla c.d. liquidazione delle quote (a ciascuno di questi progetti si applica l’art.596 c.p.c., ed essi sono oggetto di autonoma discussione ed approvazione)(1). In breve: la predisposizione del progetto di distribuzione muove dall’individuazione della massa attiva, dalla quale vanno detratte tutte le spese inerenti la procedura (custodia, stima dell’immobile, onorario del professionista delegato, oneri per la cancellazione dei gravami pregiudizievoli, adempimenti pubblicitari, ecc.). Effettuata la detrazione delle spese (in prededuzione e/o in privilegio ex art.2770 c.c.), la distribuzione procede tenendo conto delle cause legittime di prelazione (2). (1) Secondo diversi autori (SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, XIIIª ed., Padova, 2000, 487; COMOGLIO, FERRI, TARUFFO, Lezioni sul processo civile. Procedimento speciali, cautelari ed esecutivi, vol. II, IIIª ed., Bologna, 2011, 434), la distribuzione del ricavato nell’esecuzione immobiliare si caratterizza per una maggiore complessità rispetto alle altre forme di espropriazione, proprio perché può verificarsi l’ipotesi della presenza (e della conseguente collocazione) di creditori ipotecari di grado diverso e di creditori chirografari. (2) Secondo la previsione dell’art. 2741 c.c., 2° comma, sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno (in materia di espropriazioni mobiliari) e le ipoteche. Il privilegio «è un diritto di prelazione che la legge accorda al creditore in riguardo alla causa del credito» [questa definizione risale all’art.1952 del codice civile del 1865 (titolo XXIII - Dei privilegi e delle ipoteche), in quanto il codice vigente non detta alcuna definizione del privilegio, ma la nozione è rimasta praticamente immutata]. E’ stato osservato (NERVI, Responsabilità patrimoniale del debitore, in Il Diritto, Enciclopedia giuridica del Sole24ore, 2007, vol. XII, pag.412 ss.) che la regola di cui all’art.2741, 2° co., c.c. introduce una eccezione al principio di concorsualità, attribuendo a determinati creditori (per l’appunto, quelli muniti di privilegio) una posizione preferenziale (una sorta di precedenza) circa la possibilità di ottenere il soddisfacimento coattivo delle proprie pretese sul patrimonio del debitore. In questa prospettiva, il credito assistito da una causa di prelazione, in considerazione della sua causa (cioè del titolo di esso, nell’accezione di fonte specifica del credito) si configura come una specie di credito rafforzato, poiché consente a quei particolari creditori il diritto di soddisfarsi sul cespite vincolato dalla prelazione escludendo il concorso degli altri creditori (quelli non muniti di garanzie specifiche e denominati chirografari - da chirographum, promessa scritta di pagamento rilasciata al creditore - cfr. GUARINO, Diritto privato Riproduzione riservata Natale Galipò 2 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Dopo i creditori muniti di prelazione, il riparto prevede la collocazione dei creditori chirografari tempestivi, con la precisazione - per siffatta categoria di creditori - che se la somma residuata (dal pagamento dei precedenti creditori) non è sufficiente alla loro integrale soddisfazione, la distribuzione tra questi ultimi dovrà essere operata in proporzione all’entità dei rispettivi crediti. Le eventuali somme residuate dal soddisfacimento dei creditori presenti nell’esecuzione e dal pagamento delle spese dovranno essere restituite al debitore esecutato. Come anticipato, legittimati a partecipare alla distribuzione sono i creditori pignoranti e i creditori intervenuti, nei limiti e con le modalità del novellato art. 499 c.p.c. . La riforma del procedimento esecutivo ha infatti introdotto nella fase della distribuzione modifiche pregnanti che incidono sui tempi e le modalità con cui procedere sia alla predisposizione del piano di riparto che alla risoluzione dei contrasti insorti al momento della discussione dello stesso. È stato previsto che la fase della distribuzione possa svolgersi in più riprese in attesa che tutti i creditori intervenuti risultino muniti di titolo esecutivo. L’art. 510 c.p.c. invero stabilisce che il G.E. nel procedere al riparto tra gli aventi diritto debba provvedere all’accantonamento delle somme spettanti ai creditori sequestranti o a quelli titolari di garanzie reali che non siano provvisti di titolo esecutivo e siano intervenuti nel procedimento. Con riferimento al quadro giuridico sopra delineato il presente studio si prefigge di costituire un utile supporto di lavoro per gli ausiliari del Giudice dell’Esecuzione incaricati di redigere il piano di distribuzione, al fine di agevolarne una stesura quanto più possibile uniforme alla luce dei criteri e delle linee guida elaborati dalla giurisprudenza dominante in materia, nonché sulla scorta delle indicazioni e delle prassi adottate dai maggiori Tribunali proprio in vista della fase “nevralgica” del soddisfacimento delle pretese creditorie all’interno del procedimento esecutivo. romano, Napoli, 1977, 877), almeno fino a quando la posizione creditoria privilegiata non abbia trovato integrale realizzazione. In questa prospettiva, il privilegio si configura come un diritto soggettivo di natura sostanziale (BIANCA, Diritto civile, vol. VII, Le garanzie reali - La prescrizione, Milano, 2012, 17), che è normalmente fatto valere all’interno di un procedimento esecutivo, ma senza per questo assumere connotazione processuale, dal momento che la precedenza conseguente al privilegio è pur sempre posta dalla legge sostanziale. Riproduzione riservata Natale Galipò 3 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 1.- LA NORMA DI RIFERIMENTO - La formazione del progetto di distribuzione Secondo l’art.596 c.p.c.: «Se non si può provvedere a norma dell’articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell’articolo 591 bis(3), non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l’udienza per la loro audizione. Tra la comunicazione dell'invito e l’udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni». L’ipotesi contemplata dalla norma è quella in cui, oltre al creditore pignorante, siano intervenuti nel procedimento esecutivo anche altri creditori, sicché - non essendo pertanto possibile provvedere ai sensi del comma 1 dell’art. 510 c.p.c.(4) - e profilandosi l’insorgenza di difficoltà per la collocazione dei creditori concorrenti (sia in relazione all’ordine di precedenza che in riferimento all’ammontare delle somme da liquidare), il giudice dell’esecuzione «o il professionista delegato a norma dell’art. 591-bis», provvede d’ufficio a formare il progetto di distribuzione e a depositarlo in cancelleria, entro il termine di trenta giorni dal versamento del prezzo(5), al fine di consentirne l’esame a tutti i creditori che partecipano alla procedura (con fissazione di un’apposita udienza per la loro audizione). Al riguardo è prassi consolidata quella di invitare i creditori a depositare note contenenti la precisazione dei rispettivi crediti (suddistinti per capitale e interessi), con indicazione delle spese sostenute nel corso del procedimento esecutivo e delle quali richiedere la (3) Le parole «o il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis» sono state inserite, in sede di conversione, dall’art. 2, comma 3, lett. e) n.34 D.L. 14 marzo 2005, n°35, conv. con modif., in L. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2, comma 3 sexies, D.L. n°35/05, cit.. (4) Che riguarda l’ipotesi in cui sia presente un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, sicchè «il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese». In questa ipotesi appare più corretto parlare non di distribuzione (alla quale si procede solo in presenza di una pluralità di creditori), bensì di attribuzione della somma (CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano 2010, 303; DE STEFANO, Il progetto di distribuzione, relazione tenuta in Salerno al seminario del 23 marzo 2010 “Il ruolo del dottore commercialista nelle procedure esecutive”, pag.3, il cui testo è reperibile all’URL http://www.centrostudinesos.it /detail.asp?iArt=685&iType=69). (5) Il termine di 30 giorni per il deposito del progetto di distribuzione è pacificamente considerato ordinatorio (cfr., ex multis, MONTESANO-ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, vol. III, L’esecuzione forzata, tomo II, Padova, 2007, 128; CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005 n.80, IIª ed., 434). Riproduzione riservata Natale Galipò 4 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 liquidazione(6). Va peraltro evidenziato che la richiesta di precisazione dei crediti non è formalmente prevista da alcuna norma, sicché il mancato deposito della relativa nota nel termine fissato dal giudice (o dal professionista delegato) non comporta per il creditore alcuna conseguenza pregiudizievole, nel senso che questi non decade dalla possibilità di contestare successivamente il progetto di distribuzione, una volta depositato in cancelleria(7). Come accennato in precedenza, il progetto si compone di due parti: la graduazione dei creditori e la liquidazione delle quote spettanti a ciascuno di essi. La graduazione determina l’ordine in cui i creditori partecipanti all’esecuzione devono essere soddisfatti all’interno del piano di riparto e viene quindi formata tenendo conto sia delle norme di diritto sostanziale, relative alle cause legittime di prelazione, sia delle norme processuali, riguardanti il tempo degli interventi (vale a dire la tempestività o meno degli stessi). La liquidazione della quota consiste nella determinazione della somma concretamente distribuibile al singolo creditore, configurandosi quindi come la “misura” del soddisfacimento (integrale o parziale) della ragione creditoria originariamente azionata dal medesimo. Va poi tenuto presente che gli interessi sui crediti azionati nella procedura continuano a maturare fino a che il creditore non sia immesso nella disponibilità giuridica della somma (6) La nota di precisazione dei crediti dovrebbe essere quanto più possibile analitica, al fine di consentire a ciascun creditore di evidenziare tutte le componenti del credito di cui si è chiesto il soddisfacimento in sede esecutiva, agevolando di fatto la formazione (e l’intelligibilità) del progetto di distribuzione e riducendo l’area delle possibili controversie ex art.512 c.p.c. (cc.dd. controversie distributive - cfr. CAMPESE, ibidem, 434). Si veda, al riguardo, il modello di richiesta di precisazione del credito inserito nella sezione “allegati” della presente guida. (7) LE CONSEGUENZE DEL MANCATO DEPOSITO DELLA NOTA DI PRECISAZIONE DEI CREDITI.- Il termine che viene in proposito indicato solitamente nelle varie ordinanze di delega è di 30 giorni; la soluzione più di sovente riscontrata nelle prassi applicate dai maggiori Tribunali, per l’ipotesi di mancato deposito della nota di precisazione dei crediti (che può essere anche dovuto al fatto che alcuni creditori, convinti di non partecipare utilmente alla distribuzione - perché chirografari o tardivi - omettono tale adempimento per non sostenere ulteriori inutili spese) è quella di sollecitare il creditore a effettuare la chiesta precisazione entro un ulteriore termine (ad es., 15 giorni), decorso infruttuosamente anche il quale si procederà alla collocazione del credito nella misura risultante dall’atto di pignoramento o di intervento, oltre gli interessi successivi, eventualmente dovuti, risultanti dai predetti atti o dal titolo [cfr., al riguardo, ex multis, le “Indicazioni in tema di riparto” emanate dal Tribunale di Monza - che ha segnato la strada per le c. best practices in materia di esecuzioni immobiliari - reperibile su internet al sito http://www.judicium.it/old_site/newtitta/altra_modulistica /042_r_circol.html; (accesso 2.04.2013); ed ancora, la “Direttiva per il professionista delegato per la formazione del piano di riparto” emanata dal Tribunale di Savona, reperibile all’indirizzo internet http://www.tribunale.savona.it/it/Content/Modulistica/13230? idarea=10030 (accesso 9.04.2013)]. Sono stati comunque rilevati anche orientamenti più rigorosi: così, ad es., in tema di mancata indicazione delle spese giudiziali, nelle istruzioni emanate dal Tribunale di Roma, reperibili all’indirizzo web www.tribunale.roma.it/documentazione/ModuliPDFNuovi/Modulo911.pdf, si specifica che «Il mancato invio della nota spese deve essere considerata come rinuncia alla liquidazione. La mancata analitica indicazione di spese sostenute nell’interesse di tutti i creditori (accompagnata da adeguata documentazione giustificativa) deve essere considerata come rinuncia alla refusione» (nella richiamata circolare del Tribunale di Monza, si rappresenta al riguardo che se la notula non è stata inviata, il consulente dovrà sollecitare il creditore a mezzo fax, avvertendolo che in mancanza di invio entro 15 giorni gli onorari saranno liquidati d’ufficio nei minimi di legge; e, ove detto creditore non dovesse ricevere nulla, dovrà richiedere al giudice la liquidazione). Riproduzione riservata Natale Galipò 5 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] riconosciutagli in sede di distribuzione e quindi (salvo, ovviamente, l’ipotesi di incapienza) fino all’emissione del provvedimento che dispone il pagamento in suo favore ai sensi dell’art. 510 ovvero dell’art. 598 c.p.c.(8). Ne consegue che gli interessi maturati sul libretto della procedura nel periodo intercorrente tra la predisposizione del piano di riparto e l’emissione dell’ordine di pagamento vanno assegnati ai creditori secondo l’ordine di graduazione in precedenza formato. 2.- INDIVIDUAZIONE DELLE MASSE La prima operazione che il professionista delegato incaricato della formazione del progetto di distribuzione è chiamato a compiere consiste nella c.d. formazione delle masse in cui dovrà essere articolato il piano. § 2.1.- Per “massa” si intende (a seguito della trasformazione del compendio pignorato in denaro) il complesso delle somme ricavate dall’esecuzione e disponibili per la distribuzione ai creditori. Se la procedura esecutiva riguarda un unico immobile non sorgono problemi di sorta per l’individuazione della massa, che sarà una sola. Se vi però più immobili assoggettati alla medesima procedura (o perché è stato in origine eseguito un unico pignoramento su più beni, o perché è stata disposta la riunione di più procedure) occorre allora individuare preliminarmente le singole masse che dovranno connotare il progetto di distribuzione al fine del soddisfacimento delle ragioni creditorie azionate esecutivamente. In questa prospettiva, appare pertanto corretto - in linea di massima - considerare come singola massa ciascun bene (1 immobile = 1 massa = 1 lotto). È tuttavia possibile accorpare in una unica massa quei beni su cui concorrano i medesimi crediti (per numero e qualità). Esempio: Tizio, Caio e Sempronio concorrono con un privilegio speciale sul bene A e concorrono inoltre in via chirografaria sul bene B; Tizio e Caio (ma non Sempronio) hanno anche un credito chirografario sul bene C. In questo caso le masse sono due: bene A+B (massa 1) e bene C (massa 2). Tizio bene A Caio Sempronio bene B bene C MASSA 1 (A+B) MASSA 2 (8) Cass. civ., 29.03.1978, n°1464. Riproduzione riservata Natale Galipò 6 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] § 2.2.- Può peraltro verificarsi che un bene venduto unitariamente dia luogo alla formazione di più masse(9). Infatti, nel caso in cui vi sia una pluralità di debitori comproprietari dell’immobile (con riferimento ai quali agiscano creditori diversi), si dovrà suddividere il ricavato formando una singola massa per ogni debitore. Esempio: l’immobile è di proprietà di A e B al 50%. Creditore di entrambi è il procedente Tizio; intervengono Caio, creditore di A; Sempronio, creditore di B e Mevio, creditore di entrambi A e B. Si ricavano dalla vendita 100.000,00 euro. Sul 50% del ricavato (50.000,00 euro) concorrono Tizio, Caio e Mevio, creditori di A; sul restante 50% del ricavato concorrono Tizio, Sempronio e Mevio, creditori di B. Immobile pignorato Debitore A comproprietario al 50% Debitore B comproprietario al 50% Creditore Tipologia Debitore Tizio Procedente AeB Caio Intervenuto Solo A Sempronio Intervenuto Solo B Mevio Intervenuto AeB Ricavato della vendita € 100.000,00 Massa Debitore A : € 50.000,00 Massa Debitore B: € 50.000,00 Tipologia creditore/Masse Massa Debitore A Massa Debitore B Tizio - procedente Caio - intervenuto Sempronio - intervenuto Mevio - intervenuto (9) SUGGERIMENTI PRATICI. - Nel caso in cui sia sottoposto a pignoramento un bene in comproprietà e ciascuno dei comproprietari esecutati abbia sia creditori comuni con altri comproprietari, sia creditori esclusivamente propri, sarebbe opportuno predisporre un progetto di distribuzione strutturato in distinti sotto-progetti in relazione a ciascun debitore, frazionando poi la somma ricavata dalla vendita in proporzione alle quote di comproprietà. Un caso analogo si ha qualora occorra distribuire il ricavato delle vendita di più lotti di proprietà di un unico debitore, ma sui quali siano iscritte ipoteche da parte di creditori diversi: anche in tal caso, infatti, sarà opportuno articolare il progetto di distribuzione in tanti sotto-progetti quanti sono i lotti, in modo da tener conto per ciascuno di essi del grado delle singole ipoteche. Riproduzione riservata Natale Galipò 7 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Ipotesi analoga a quella sopra prospettata (bene venduto unitariamente che determina più masse in sede di distribuzione) si ha anche quando vi sono creditori che insistono solamente su una parte del bene (ad es., stabile ceduto per l’intero con crediti ipotecari soltanto su alcuni appartamenti): anche in questo caso sarà necessario procedere con la distinzione delle singole masse, suddividendo poi il complessivo ricavato proporzionalmente al valore di stima dei singoli cespiti. §2.3.- Per individuare quali creditori concorrano sui diversi beni e quindi per individuare la massa (o le masse) con riferimento alle quali formare il progetto di distribuzione, è necessario esaminare il contenuto dell’atto di pignoramento eseguito ad istanza del creditore procedente, quello degli atti di intervento, nonché degli eventuali pignoramenti successivi (che si risolvono anch’essi in un intervento)(10). Al riguardo va peraltro osservato che mentre il pignoramento grava sempre su un determinato bene(11), molto spesso l’atto di intervento non fa riferimento ad alcun bene specifico(12): in tal caso ipotesi, occorrerà allora verificare a quale degli immobili assoggettati ad esecuzione si riferisce il credito reclamato con l’intervento (in particolare, ciò vale per i creditori ipotecari e privilegiati, in quanto i creditori chirografari concorrono sull’intero ricavato). NOTA.- LA RIUNIONE DI PIU’ PROCEDURE. Può in concreto verificarsi che risultino pendenti più procedimenti esecutivi aventi ad oggetto beni (differenti) appartenenti allo stesso debitore: in questo caso sarà opportuno richiedere la riunione delle procedure (per c.d. connessione soggettiva) in modo da consentirne la trattazione simultanea (anche per motivi di economia processuale) e pervenire ad una gestione congiunta della fase liquidativa e di quella distributiva. Si tratta invero di una ipotesi di riunione non contemplata dalla legge (e realizzata accedendo ad una interpretazione “elastica” dell’art.274 c.p.c.), con riferimento alla quale si profilano le ipotesi che seguono: (10) L’ipotesi del pignoramento successivo è disciplinata, in via generale, dall’art.493, 2° comma c.p.c. («Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori»), e - con riferimento all’esecuzione immobiliare, dall’art.561 c.p.c. Se un creditore procede a pignorare un bene immobile che è stato già staggito da un altro creditore, i due pignoramenti saranno riuniti, pur mantenendo la loro autonomia ed il creditore che ha pignorato successivamente rivestirà, nel procedimento espropriativo, il ruolo di creditore intervenuto (cfr. artt.524 e 561 c.p.c.) La riforma del procedimento esecutivo non ha modificato la figura del pignoramento successivo ex art.493 c.p.c., ma è intervenuta sui suoi effetti attraverso la modifica dell’art.564 c.p.c., fissando il limite temporale per valutare se il pignoramento successivo debba essere considerato alla stregua di un intervento tempestivo o tardivo (su questo, si dirà più specificamente infra, nel prosieguo del presente studio), con le relative conseguenze in sede di distribuzione del ricavato. (11) Oggetto dell’esecuzione forzata è il diritto (suscettibile, dal punto di vista sostanziale, di trasferimento) che il debitore esecutato ha su un determinato immobile, la cui individuazione avviene secondo il disposto dell’art.555 c.p.c.: la descrizione del bene è effettuata dal creditore procedente con gli estremi richiesti dal codice civile per l’individuazione dell’immobile ipotecato (art.2826 c.c.), e cioè la tipologia del bene (terreno, fabbricato, ecc.), il comune in cui si trova e i dati catastali (cfr. LUISO, Diritto processuale civile, III, Il processo esecutivo, Milano, 2009, 79-80). (12) Finalità primaria dell’intervento nella procedura espropriativa è quello di consentire a creditori (diversi dal pignorante) di partecipare ad una esecuzione già pendente, risolvendosi in sostanza in uno strumento - che assolve anche una funzione di economia processuale - che permette il soddisfacimento di più creditori su beni già pignorati da altri, senza dover promuovere ulteriori procedimenti esecutivi (in tal senso, v. GIUSTI, Il pignoramento immobiliare, in Fatto & Diritto, diretto da CENDON, Milano, 2012, 121. Riproduzione riservata Natale Galipò 8 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 ► Interventi e pignoramenti antecedenti alla riunione I pignoramenti e gli interventi effettuati nelle singole procedure non si estendono - al momento della riunione - ai beni dell’altra procedura che non siano comuni alle due esecuzioni. Ciò comporta che il creditore pignorante e i creditori intervenuti nella prima procedura, al fine di poter validamente concorrere alla distribuzione del ricavato dalla vendita dei beni (diversi e ulteriori) pignorati nella seconda procedura, devono - ove lo ritengano opportuno - spiegare atto di intervento in quest’ultima e saranno considerati intervenienti tempestivi o tardivi ai fini del riparto del ricavato di quei beni in base al momento in cui avranno depositato tale atto(13). ► Interventi successivi alla riunione Gli interventi effettuati successivamente alla riunione delle due procedure consentono invece di partecipare alla distribuzione del ricavato di tutti i beni oggetto dei procedimenti riuniti, in quanto la domanda satisfattoria, ove non contenga restrizioni, è da riferire implicitamente a tutti i beni costituenti il complessivo compendio assoggettato ad esecuzione. 3.- DETERMINAZIONE DELLA MASSA ATTIVA (art. 2912 c.c.) La formazione del progetto di distribuzione comporta in primo luogo la determinazione della massa attiva(14) (ovvero la somma complessivamente ricavata dall’esecuzione), la quale (secondo quanto si ricava dall’art.509 c.p.c. e nei casi più semplici) risulta così composta: • prezzo del bene trasferito (indicato nel decreto di trasferimento); • competenze nette bancarie (interessi attivi, meno oneri e spese) maturate nel libretto acceso nell’interesse della procedura Alle componenti sopraddette possono aggiungersi, in base alle circostanze che caratterizzano la procedura esecutiva: • ricavato (rendite o proventi) dalla custodia (o dall’amministrazione) giudiziaria, come risultante dal rendiconto dell’ausiliare (ad es., fitti attivi); • somme versate in forza dell’istanza di conversione che non si sia conclusa con la liberazione del bene dal pignoramento; • decimo della cauzione versata da chi, ammesso all’incanto, abbia poi omesso di partecipare al medesimo, senza documentato e giustificato motivo (art. 580, 2° comma, c.p.c.)(15); • cauzione versata da chi ha presentato offerte dopo l’incanto senza poi partecipare (salvo documentato e giustificato motivo) alla gara in aumento (art. 584, ultimo comma, c.p.c.)(16); • cauzione versata dall’aggiudicatario inadempiente che sia stato dichiarato decaduto (13) Sul concetto di intervento “tempestivo” e “tardivo”, si veda infra, § 6.2. (14) Di contro, si definisce massa passiva il complesso dei creditori che dovrà essere soddisfatto nella fase distributiva (cfr. BONSIGNORI, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 238). (15) La versione originaria dell’art.580 c.p.c. è stata sostituita con quella attuale (che prevede la confisca del decimo della cauzione) dall’art.2, comma 3, lett. c), n.30) del D.L. 14.03.2005, n°35, convertito, con modificazioni, nella L. 14.05.1005, n°80. (16) Anche questa ipotesi di confisca è stata introdotta dalle leggi di riforma del processo esecutivo richiamate alla nota precedente. Riproduzione riservata Natale Galipò 9 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 dall’aggiudicazione (art. 587, 1° comma, c.p.c.); • risarcimento dell’aggiudicatario inadempiente (art. 587, 2° comma, c.p.c.)(17). Per determinare l’esatto ammontare della massa attiva, è necessario detrarre dal prezzo di aggiudicazione (quale risultante dal verbale di vendita e dal decreto di trasferimento) l’importo delle spese di procedura o della massa(18), e cioè: o le spese e i compensi relativi alla custodia, da imputarsi alle singole masse attive (in generale, in proporzione al peso complessivo, secondo il valore di aggiudicazione, dei beni rispetto al coacervo pignorato); o le spese e i compensi del professionista delegato; o le spese e i compensi dell’esperto stimatore o di un eventuale, ovvero le altre spese di procedura, ove non anticipate dal creditore procedente o surrogante (il quale le includerebbe peraltro tra i propri esborsi, in via privilegiata ex art.2770 c.c.); o le spese per la cancellazione delle formalità pregiudizievoli sui beni aggiudicati (a seconda delle prassi interpretative applicate nei singoli Tribunali); o le spese per l’accensione del libretto giudiziario (nel quale versare la cauzione prestata dall’aggiudicatario e il successivo saldo prezzo). All’importo così ottenuto dopo lo scorporo delle suindicate spese devono poi essere aggiunti gli eventuali frutti civili riscossi (interessi maturati sulla somma depositata dall’aggiudicatario ed eventuali rendite percepite e depositate dal custode giudiziale derivanti dall’amministrazione del bene pignorato)(19)(20). Nel caso in cui la procedura abbia avuto ad oggetto beni pignorati per quota indivisa, fanno parte dell’attivo anche le somme ricavate dal giudizio di divisione per la parte di spettanza del solo esecutato(21). NOTA: In sostanza, prima di procedere alla determinazione della somma da ripartire concretamente tra i creditori, bisogna operare il coacervo delle “prededuzioni”: se il totale non supera la massa attiva, vanno attribuite per intero ai singoli creditori che ne hanno diritto le somme spettanti a ciascuno di essi a tale titolo; se il totale delle prededuzioni è superiore alla massa attiva, (17) Il parametro per calcolare la responsabilità dell’aggiudicatario inadempiente è dato dalla differenza tra il prezzo da lui originariamente offerto e quello minore per il quale si è poi avuta l’aggiudicazione, aumentato dalla cauzione incamerata (Cass. civ., sez. III, 08.04.2003, n°5506, in Giust. civ. Mass. 2003, 4). (18) Per un più specifico approfondimento sulle c.d. spese di procedura e sul relativo privilegio si veda al punto successivo. (19) In caso di custodia giudiziale conferita a persona diversa dal delegato alle operazioni di vendita, qualora il custode non abbia ancora reso il conto finale della gestione, il delegato dovrà provvedere a sollecitarne il deposito presso di sé allegandolo (per la successiva approvazione) al progetto di distribuzione. (20) La circolare del Tribunale di Roma evidenzia che nel computo della massa attiva devono essere conteggiate anche le somme eventualmente già corrisposte dall’aggiudicatario, ai sensi dell’art. 41 Dl Lgs. 1.09.1993, n°385 (recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, c.d. T.U.B.), in favore degli istituti di credito fondiario; detto versamento vale infatti in via meramente provvisoria, essendo soggetto al controllo successivo del Giudice dell’Esecuzione in sede di approvazione del progetto di distribuzione e di liquidazione delle spese. (21) Cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, IIIª ed., Padova 2011, p. 430. Riproduzione riservata Natale Galipò 10 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 questa andrà ripartita in proporzione ai singoli creditori aventi diritto alle prededuzioni(22). 4.- LA COLLOCAZIONE DEI CREDITI PRIVILEGIATI EX ART.2770 C.C. (DIFFERENZA TRA “PREDEDUZIONE” E COLLOCABILITÀ EX ART.2770 C.C.) Dopo aver determinato la massa netta attiva della procedura, il delegato (o il custode o il consulente incaricato della predisposizione del progetto di distribuzione) dovrà procedere alla graduazione dei crediti reclamanti nell’esecuzione: è questo il momento in cui assume rilievo la considerazione delle cause legittime di prelazione. Preliminare alla detta operazione sarà peraltro la collocazione (con conseguente detrazione) delle c.d. spese in prededuzione(23). Sul punto, occorre peraltro evidenziare che, a stretto rigore, nell’esecuzione forzata individuale non ricorre, a differenza dell’esecuzione concorsuale, il concetto di “prededuzione” (che individua la posizione di coloro che vanno soddisfatti prima della vera e propria graduazione dei crediti): ciò malgrado, è tuttavia possibile individuare alcune spese (le c.d. spese di procedura) che devono essere soddisfatte con priorità sugli altri crediti, al di fuori di ogni operatività di specifiche cause di prelazione(24), venendosi a configurare come operazioni di prelievo in ragione di oneri sostenuti nell’interesse comune di tutti i creditori per giungere alla fase liquidativa(25). (22) Così, ad es., nelle circolari del Tribunali di Tivoli [Raccomandazioni generali per la predisposizione del progetto di distribuzione, reperibile all’URL http://www.aderc.info/aderc/index.php? option= com_content&task =view&id=277&Itemid=2 (10.04.2011)] e del Tribunale di Catania [Raccomandazioni generali per la predisposizione del progetto di distribuzione, reperibile all’URL http://www.uproma.com/utilita/sestasezionecivele_esecuzioni/mod_prof_delegati/ModC3.doc (9.04.2013)]. (23) La esatta determinazione e collocazione delle spese non è questione di poco conto, dal momento che sovente le “spese di procedura” rappresentano una percentuale consistente da detrarre dalla somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati, che va ad assottigliare la massa attiva concretamente distribuibile tra i creditori. (24) Così PAVARIN, in Comm. breve al codice civile, (a cura di) Cian e Trabucchi, Padova, 1992, sub art.2755, p. 2295. (25) Nelle circolari di alcuni Tribunali [cfr. ad es., Tribunale di Monza, «indicazioni in tema di piani di riparto» del 18.07.2000, reperibile all’indirizzo web http://www.judicium.it/old_site/newtitta/altra_modulistica/ 042_r_circol.html (accesso 2.04.2013) cit.; Tribunale di Vibo Valentia, «CIRCOLARE - Formazione dei progetti di distribuzione delle somme ricavate dalle procedure di esecuzione forzata su immobili», reperibile all’indirizzo http://www.tribunaledivibovalentia.net/doc/circolare_riparto.pdf (accesso 2.04.2013); Tribunale di Savona, «Direttiva per il professionista delegato per la formazione del piano di riparto», reperibile all’URL http://www.tribunale.savona.it/it/Content/Modulistica/13230?idarea=10030 (9.04.2013); Tribunale di Ancona, «Formazione dei progetti di distribuzione delle somme ricavate dalle procedura di esecuzione forzata su immobili», reperibile all’indirizzo web http://www.ordineavvocati.ancona.it/index.php?option=com_content&task =view&id=97 &Itemid=97 (2.04.2013); Tribunale di Pescara, «Linee guida dell’Ufficio per la formazione dei piani di riparto nelle espropriazioni immobiliari» reperibile all’indirizzo http://tribunale.pescara.it/ Documenti/Moduli/F21.doc (2.04.2013), e numerose altre, tra cui le indicazioni emesse dal Tribunale di Patti e di Barcellona P.G., inedite)] si afferma che le spesso le parti non distinguono, nella pratica, tra spese in prededuzione e spese ex art. 2770 c.c., con la conseguenza che appare possibile indicare all’interno del progetto di distribuzione le spese in prededuzione unitamente a quelle in via privilegiata ex art.2770 c.c., sempre che ciò non comporti pregiudizio per alcun credito. Per BIANCA, Diritto civile, vol. VII, op. cit., 91, la distinzione tra spese in prededuzione e spese privilegiate è priva di valore sostanziale, trattandosi in Riproduzione riservata Natale Galipò 11 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 §4.1.- LA PREDEDUZIONE Effettuata la superiore precisazione, possono pertanto farsi rientrare nelle “spese in prededuzione” (ritenendosi spese effettuate nell’interesse comune dei creditori): • le spese per l’onorario del professionista delegato alla vendita (notaio, commercialista, avvocato)( 26) definitiva di crediti nei confronti del debitore esecutato che godono di una ragione di preferenza rispetto ad altri crediti. Nella circolare del Tribunale di Monza si distingue tra spese in prededuzione, definite come quelle «inerenti il procedimento in corso», e le spese ex art.2770 c.c., definite come le «spese per atti conservativi e di esecuzione sostenute in altri e diversi giudizi rispetto a quello di esecuzione in corso». In detto documento, però, le spese del 1° pignoramento vengono riportate tra le spese ex art.2770 c.c. (pur facendo parte del procedimento in corso). In dottrina, per una esaustiva disamina della questione, cfr. D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione: questioni sostanziali e processuali, in Riv. es. forzata, n.2/2007, pag.257 ss.. Sulla distinzione tra spese in prededuzione (cioé rimborsabili mediante prelievi diretti sull’attivo dell’esecuzione) - relative al procedimento in corso - e spese privilegiate ex art.2770, sostenute al di fuori del procedimento in corso, cfr. PAVARIN, in Comm. breve al codice civile, op. cit., sub art.2755, p. 2295. 26 ( ) Cfr. La predisposizione del progetto di distribuzione nelle esecuzioni immobiliari, a cura dalla Commissione Sudio “Esecuzioni Immobiliari” dell’UNIONE GIOVANI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI DI TERAMO, novembre 2009 (d’ora in avanti “Circolare Teramo”) reperibile all’URL http://www.giustizia.abruzzo.it/Distretto/formazione_magistrati.aspx?file_allegato=1216 (accesso 30.11.2013). Anche la circolare del Tribunale di Ancona pone le dette spese in prededuzione, sia pure considerando l’ipotesi del Notaio delegato incaricato della predisposizione del progetto di distribuzione. NOTA.- IL COMPENSO DEL PROFESSIONISTA DELEGATO. Il meccanismo della delega ex art.591 bis c.p.c. per le operazioni di vendita riscontrato nella prassi di molti Tribunali prevede che i compensi e le spese richiesti dal professionista (con apposita notula) all’esito del compimento della sua attività vengano liquidati dal Giudice dell’Esecuzione (al netto dell’acconto che il delegato avrà già ricevuto dal creditore procedente o da un altro creditore a quello surrogatosi, il quale dovrà inserire l’importo del detto acconto - al lordo della ritenuta d’acconto - nella nota riepilogativa delle sue spese); detti compensi vengono poi prelevati (su autorizzazione dello stesso G.E.) dal prezzo ricavato dalla vendita e depositato nel libretto all’uopo acceso a nome della procedura. Formalmente il credito del professionista è il primo dei crediti privilegiati ai sensi dell’art. 2770 c.c. (accedendo alla tesi rigorosa della insussistenza - nel processo esecutivo - del concetto di “prededuzione”, tipico del fallimento), e comunque il primo dei crediti da soddisfare in prededuzione (muovendo dalla tesi più elastica esposta nel testo); nella pratica esso, come esposto, viene liquidato dal Giudice dell’Esecuzione con decreto, senza essere sottoposto al preventivo assenso dei creditori in sede di approvazione del progetto di distribuzione (anche se, ovviamente, i creditori possono sempre contestare la relativa liquidazione). Per quanto riguarda le somme liquidate al delegato alla vendita, la normativa di riferimento comunemente applicato è il Decreto Ministeriale 29.05.1999 n°313 (“Determinazione dei compensi spettanti ai Notai per le operazioni di vendita con incanto di beni immobili”), che prevede (art.7) la liquidazione a carico dei creditori; detto provvedimento, previsto in origine soltanto per i notai, è stato poi costantemente utilizzato (a seguito dell’ampliamento del novero dei professionisti delegabili effettuato dalle leggi di riforma del processo esecutivo) per la liquidazione del compenso di ogni professionista delegato [ malgrado l’art.179 bis c.p.c. - a seguito dell’allargamento del novero dei professionisti delegabili preveda che, in tema di determinazione dei compensi dovuti a notai, avvocati e commercialisti per il compimento delle operazioni delegate, il compenso per l’attività svolta sia stabilito con cadenza triennale con Decreto del Ministro della Giustizia - Cfr. nota 6 dicembre 2006 - Prot. n. m_dg.DAG.06/12/2006.129650.U, che, al punto 7 (tariffe professionisti), prevede che «in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 179-bis delle nuove disposizioni di attuazione, le tariffe da applicare per l'espletamento dell’incarico delegato al professionista resteranno quelle stabilite dal D.M. 25 maggio 1999 n.313.» (la nota può essere reperita all’URL http://www.giustizia.it/ giustizia/it/mg_1_8_1.wp?facetNode_1=1_1(2006)&previsiousPage=mg_1_8&contentId=SDC31817) ]. Il D.M. n°313/1999 disciplina, suddividendola in sette voci [art.2, comma 1, lett. da a) a g)], la tipologia di attività svolta dal notaio (recte: dal professionista) delegato alle operazioni di vendita di beni immobili, determinandone altresì i criteri di liquidazione: in sostanza, il decreto prevede direttamente la misura del Riproduzione riservata Natale Galipò 12 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 compenso (con onorari fissi) in tre ipotesi (art.2, 1° comma, lett. a, b, e), mentre nelle altre quattro (art.2, 1° comma, lett. c, d, f, g) rinvia alla tariffa notarile (richiamando onorari graduali) [ il provvedimento contempla altresì un compenso aggiuntivo unitario (onorario) per le altre attività delegate ai sensi dell’art.591 bis c.p.c. e non previste dal provvedimento (art.2, comma 2), nonché il rimborso per intero delle spese documentate relative agli atti ed agli adempimenti delegati (art. 4, comma 1), nonché un rimborso forfettario delle spese generali (art.4, comma 2) ]. Le voci del D.M. n°313/99 che rinviano alla tariffa notarile sono le seguenti: • art.2 lett. C: riguarda le attività previste dall’art. 591 bis, 2° comma, n.2, c.p.c. (attualmente corrispondente all’art.591 bis, 2° co., n°10 c.p.c.): assunzione di debiti da parte dell’aggiudicatario [ il D.M. 313/99 prevede(va) per tale attività il 50% dell’onorario graduale previsto dalla tariffa notarile per gli atti pubblici ]; • art.2 lett. D: riguarda le attività previste dall’art. 591 bis, 2° comma, n.5, c.p.c. (oggi corrispondente all’art.591 bis, 2° co., n.11 cpc): esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento; comunicazione dello stesso a pubbliche amministrazioni; espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento [ il D.M. 313/99 prevede(va) per tali attività gli onorari, i compensi e le indennità previsti dalla tariffa notarile]; • art.2 lett. F : predisposizione del decreto di trasferimento [ il D.M. 313/99 prevede(va) il 50% dell'onorario graduale previsto dalla tariffa notarile per gli atti pubblici] • art.2 lett. G: riguarda l’attività di cui all’art. 591 bis, 2° comma, n.7, c.p.c. (oggi corrispondente all’art.591 bis, 2° co., n.12 c.p.c.): formazione del progetto di distribuzione. [ Il D.M. 313/99 prevede(va) dal 25% al 50% dell’onorario graduale previsto dalla tariffa notarile per gli atti pubblici]. Nel contesto delineato è tuttavia sopravvenuta, per effetto dell’art.9 co.1° del D.L. 24.01.2012 n°1, convertito con modifiche nella legge 24.03.2012 n°27, l’abrogazione delle tariffe ordinistiche. Il 5° comma del predetto art.9 ha altresì disposto che «sono abrogate tutte le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1» (vale a dire alle “tariffe delle professioni regolamentate dal sistema ordinistico”). Sulla scorta della normativa in commento (art.9, comma 2, D.L. n°1/2012, secondo cui «ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista e' determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare nel termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto») è stato successivamente emanato il Decreto Ministero della Giustizia 20.07.2012 n°140, contenente il “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”: detto provvedimento, peraltro, non prende espressamente il compenso da liquidare in favore dei professionisti delegati per le operazioni di vendita di beni immobili ai sensi dell’art.591 bis c.p.c.; l’art.1 seconda parte del D.M. n°140/2012 stabilisce tuttavia che «L’organo giurisdizionale può sempre applicare analogicamente le disposizioni del presente decreto ai casi non espressamente regolati dallo stesso». Come è noto, il capo IV del suddetto D.M. 140/2012 contiene «Disposizioni concernenti i Notai» (artt.3032) e l’allegato 2 al provvedimento prevede quattro tabelle (A-B-C-D) concernenti la specificazione dei parametri previsti per le varie tipologie di atti notarili (sull’applicazione dei nuovi parametri ai procedimenti in corso, si dirà più estesamente infra, alla nota 64). Alla luce di quanto esposto, attesa l’operatività dei nuovi parametri in materia di compensi professionali, a sommesso avviso dell’odierno esponente deve ritenersi che: le quattro voci del DM n°313/99 che per la determinazione del compenso rinviano alla tariffa ordinistica notarile (art.2 lett.c, d, f, g) sono da intendersi abrogate per effetto dell’art.9 co.5° del D.L. n°1/12; ogni altra voce di liquidazione diretta è ancora vigente. Nel quadro così sintetizzato è adesso (ulteriormente) intervenuto il Decreto Ministero della Giustizia 2 agosto 2013 n°106 (in G.U n°223 del 23 settembre 2013), in vigore dal 24 settembre 2013, recante «(..) integrazioni e modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n.140 (…)» il quale ha (tra l’altro) “corretto” i parametri previsti ab origine per la categoria dei notai. Essendo la materia di stretta determinazione del Giudice dell’Esecuzione, cui compete in concreto la liquidazione del compenso del professionista delegato, è da prevedere che la questione sarà ben presto Riproduzione riservata Natale Galipò 13 [Documenti] • • • • • Il Caso.it 6 febbraio 2014 le spese di custodia e l’onorario del custode(27) (o dell’amministratore giudiziario) le spese per la stima e l’onorario dell’esperto stimatore(28) i compensi per l’attività svolta da eventuali altri ausiliari nominati dal G.E. (ad es., per la predisposizione dello stesso progetto di distribuzione)(29) le spese per la cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti già gravanti sul bene, sostenute dopo la vendita(30) le spese per imposte (bolli, registro, Iva, Invim fino a quando dovuta, ecc.(31)) oggetto delle prassi applicative dei vari Tribunali; a sommesso avviso dello scrivente, il compenso del delegato dovrà determinarsi attraverso una combinazione delle disposizioni del “vecchio” D.M. n°313/99 (quelle, come esposto, che possono ritenersi ancora in vigore) e delle previsioni del “nuovo” D.M. n°140/2012 (e successive modifiche e integrazioni) applicate in via analogica alla materia in esame. (27) Cfr. Circolare del Tribunale di Teramo, cit.. Secondo D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), cit., 260, le spese di custodia sono sempre collocate in prededuzione se autorizzate dal G.E. In caso contrario potrebbe sorgere in sede distributiva un conflitto in ordine alla prededucibilità astratta di tali anticipazioni, per es. per la stipula di una polizza assicurativa dell’immobile, per il cambio di serrature o porte, per l’installazione di mezzi di vigilanza. In assenza di provvedimento autorizzatorio, sarà valutato in sede di distribuzione il vantaggio arrecato ai creditori. Nello stesso senso, cfr. La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, a cura del CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, ed. febbraio 2012, reperibile all’URL http://www.cndcec.it/MediaContent Resource.ashx?/PortalResources/Document/Attachment/91a11271-8d6145a2-a690-833da2cc1c16/documento%20progetto%20di%20distribuzione%20C%20N%20def.pdf (2.04.2013). (28) Circolari dei Tribunali di Monza, Pescara, Teramo, Ancona, Vibo Valentia. (29) Circolari dei Tribunali di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. (30) Circolari dei Tribunali di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. Va evidenziato che, per quanto riguarda le spese per la cancellazione - dopo la vendita - delle ipoteche già iscritte sul bene (come pure dei pignoramenti trascritti sullo stesso), la Corte di Cassazione ha statuito che il giudice dell’esecuzione (o quello delegato al fallimento) può, con proprio provvedimento porre le spese per la cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni gravanti sull’immobile trasferito a carico dell’aggiudicatario, anziché a carico del debitore (o della massa fallimentare), come disposto dagli art. 2878 c.c. e 586 c.p.c. (nonché dall’art. 105 della L. Fall.), non essendo inderogabile (attesa la mancanza di una specifica norma di legge in tal senso) il principio dell’obbligo di pagamento delle predette spese a carico del debitore (o della massa fallimentare) e non avendo esso ad oggetto situazioni soggettive indisponibili (Cass. civ., sez. I, 25.07.2002, n°10909, in Mass. Giust. civ., 2002, 1339). Può altresì osservarsi che secondo Cass. civ., sez. I, 11.02.1980, n°929, in Giust. civ., 1980, 1, 336 «le spese incontrate dall’aggiudicatario per la cancellazione delle ipoteche iscritte sull’immobile sottoposto ad espropriazione forzata, in conformità dell’ordine impartito dal giudice della esecuzione con il decreto di trasferimento (art. 586 c.p.c.) godono del privilegio ex art. 2770 c.c., come spese di giustizia sostenute per l’espropriazione di beni immobili nell'interesse comune dei creditori». Ancora, per Cass. civ., sez. III, 03.08.2012, n. 13995, in Giust. civ. Mass. 2012, 7-8, 1018, «in tema di spese del processo di esecuzione, gli esborsi sostenuti dall’aggiudicatario per i compensi del notaio delegato alla vendita e per gli adempimenti conseguenti all'emissione del decreto di trasferimento non sono spese del processo esecutivo, il cui regime debba essere regolato ai sensi dell’art. 632 c.p.c., trattandosi di esborsi sostenuti nell'interesse proprio dell'aggiudicatario e non di anticipazioni che egli compie nell'interesse della procedura o delle parti di questa, rispetto alle quali l’una o le altre abbiano un obbligo di ripristino interno al processo esecutivo». (31) L’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (INVIM), già prevista per le vendite forzate dall’art. 2 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 non è più dovuta, essendo stata soppressa - con effetto dal 1° gennaio 1993 - dall’art.17 (6° comma) del D. Lgs. 30.12.1992, n°504. Lo stesso articolo 17 ha, inoltre, disposto che l'imposta continua ad essere dovuta nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si è verificato anteriormente alla predetta data; ha inoltre disposto (7° comma) che l’imposta continua ad essere dovuta, con le aliquote massime e l’integrale acquisizione del relativo gettito al bilancio dello Stato, anche nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si verifica dal 1° gennaio 1993 fino al 1° gennaio 2003 limitatamente all’incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992. Per l’imposta di registro si veda l’art. 44, comma 1, D.P.R. 26.04.1986, n°131: «Per la vendita di beni mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di Riproduzione riservata Natale Galipò 14 [Documenti] • • • • • Il Caso.it 6 febbraio 2014 derivanti dalla vendita forzata in corso di procedura(32) le spese legali sostenute dal creditore procedente(33) (34) le spese per la pubblicità, anche se anticipate dal creditore(35) eventuali spese di manutenzione e conservazione del bene(36) le spese per la regolarizzazione edilizio-urbanistica degli immobili(37) le spese per il rilascio dell’immobile(38) aggiudicazione, diminuito, nell'ipotesi prevista dall’art. 587 del codice di procedura civile, della parte già assoggettata all'imposta». Per quanto riguarda l’IVA può farsi riferimento agli artt. 1 e 6 D.P.R. n°633/1972: il primo stabilisce il principio per cui l’imposta si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate (quindi se l’esecutato è imprenditore); il secondo (dopo avere fissato la regola per cui le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione - se riguardano beni immobili - e nel momento della consegna o spedizione - se riguardano beni mobili) precisa che l’operazione si considera effettuata, per le cessioni di beni per atto della pubblica autorità, all’atto del pagamento del corrispettivo. In relazione alle vendite forzate, possono in questa sede richiamarsi la risoluzione della Direzione Centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate del 26.11.2001, n°193, nonché Cass. civ., sez. I, 12.08.1997, n°7528, in Riv. legisl. fiscale 1998, 890, al fine di potere affermare che gli atti autoritativi della Pubblica Amministrazione, come espropriazione e requisizione in proprietà, nonché gli atti giurisdizionali come le vendite forzate e le sentenze che importano trasferimento di proprietà o costituzione di diritti reali di godimento sono astrattamente sussumibili nella categoria delle cessioni di beni di cui al comma 1 dell’art 2 DPR 633/72, se tali cessioni sono effettuate nell’esercizio di impresa, ovvero se il debitore esecutato sia qualificato come soggetto passivo d’imposta e che i beni siano inerenti l’attività esercitata dallo stesso. Al riguardo, non rileva la circostanza che le operazioni di vendita siano effettuate coattivamente, con l’intervento del Giudice dell’Esecuzione (o del professionista delegato alla vendita) in considerazione del fatto che tali cessioni dispiegano i loro effetti giuridici ed economici direttamente sul patrimonio dell’imprenditore esecutato che è e resta il soggetto passivo d’imposta. (32) Circolari Tribunali di Monza, Ancona, Vibo Valentia. NOTA: presso il Tribunale di Messina (nella cui circoscrizione opera lo scrivente) queste spese sono poste a carico dell’acquirente, il quale deve corrispondere al professionista delegato un fondo spese a tale titolo. Secondo questa impostazione, le imposte sul trasferimento, quali l’IVA e l’imposta di registro, sono a carico dell’aggiudicatario. (33) Così, specificamente, le circolari dei Tribunali di Ancona, Vibo Valentia. A chi scrive appare più corretto collocare dette spese in via privilegiata ex art.2770 c.c. (sul punto, si veda infra, nel corso del testo). (34) Nella «circolare sul progetto di distribuzione - istruzioni operative» del Tribunale d Rieti [reperibile all’URL http://www.tribunale.rieti.giustizia.it/doc/modulistica/modulistica_per_custodi_e_delegati/ Circolare _ per _ la_redazione_del_progetto_di_distribuzione.pdf (accesso 31.10.2013)] si specifica che l’iva sulle spese legali del creditore procedente non va riconosciuta (e va quindi detratta dalla relativa notula) tutte le volte in cui il creditore (che incassa una somma, anche se a parziale soddisfacimento del credito) è un’impresa ed è quindi un soggetto passivo di imposta, dal momento che l’iva pagata al prorio difensore non rappresenta per lui un costo, potendo portarla in detrazione ai sensi dell’art.19 D.P.R. n°633/72 (cfr. Cass. civ., sez. III, 01.04.2011, n°7551, in Giust. civ. Mass. 2011, 4, 528; Cass. civ., sez. III, 31.03.2010, n°7806, in Diritto & Giustizia 2010; Cass. civ., sez. II, 27.04.2009, n°9904, in Giust. civ. ass. 2009, 4, 682; Cass. civ., sez. III, 22.03.2007, n°6974, in Giust. civ. Mass. 2007, 3; Cass. civ., sez. III, 25.07.2000, n°9730, in Giust. civ. Mass. 2000, 1620; Cass. civ., sez. III, 24.03.2000, n°3536, in Giust. civ. Mass. 2000, 629, e numerose altre). Secondo la richiamata circolare (che propone una tesi condivisa anche nelle circolari del Tribunale di Savona e di Milano) il principio trova applicazione (cfr. Risoluzione del Ministero delle Finanze 24.07.98 n°91 e Circolare del Ministero delle Finanze 06.12.94 n°203) in caso di distrazione delle spese processuali a favore del difensore del creditore che eserciti un’impresa o un’arte o professione (e quindi quando il creditore abbia la possibilità di portare in detrazione l’iva pagata al proprio difensore) ma, per consentire al professionista di incassare immediatamente l’iva spettantegli, il corrispondente importo va detratto dal credito che in sede di progetto di distribuzione spetterebbe al creditore (e riconosciuto invece al difensore). (35) Circolari dei Tribunale di Monza, Pescara, Teramo, Ancona, Vibo Valentia. (36) Circolari dei Tribunale di Monza, Pescara, Teramo, Ancona, Vibo Valentia. (37) Circolari dei Tribunale di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. Riproduzione riservata Natale Galipò 15 [Documenti] • Il Caso.it 6 febbraio 2014 le spese condominiali sostenute per la conservazione dell’immobile, qualora disposto dal G.E. (nel caso in cui per dette spese vi sia invece intervento dell’aggiudicatario, la collocazione dovrà essere operata ai sensi dell’art. 2770 c.c.)(39). Naturalmente, se qualche creditore avesse anticipato tali spese (come accade per il compenso dell’esperto stimatore) sarà ammesso al privilegio spettante ex art.2770 c.c. (così come lo sarà l’aggiudicatario che, come già esposto, si fosse fatto carico delle spese per la cancellazione delle formalità pregiudizievoli - pignoramenti e ipoteche - cfr. Cass. Civ. n°929/1980, cit.). §4.2. - LE SPESE EX ART. 2770 C.C. Secondo l’art.2770 c.c., i crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi o per l’espropriazione di beni immobili nell’interesse comune dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili stessi: all’interno dello stato di graduazione, pertanto, i crediti per dette spese devono essere collocati in privilegio dopo le spese a carico della massa e sono preferiti a tutti gli altri crediti anche pignoratizi o ipotecari (art.2777, 1° comma, c.c.)40. Si tratta in sostanza delle spese per atti(41) finalizzati a conservare la garanzia patrimoniale costituita dai beni del debitore (art.2740 c.c.)(42) ovvero a realizzare coattivamente il valore (38) Circolari dei Tribunale di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. (39) Circolari dei Tribunali di Teramo, Ancona, Vibo Valentia. Sul punto, in dottrina, cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 430-431, ove si segnala che le spese relative agli oneri condominiali ordinari riguardanti l’immobile subastato non devono essere anticipate dal custode giudiziario (non rientrando nel novero delle spese “prededucibili”) dal momento che, in siffatta eventualità, si finirebbe con l’attribuire al condominio un privilegio non previsto dalle norme di legge in materia di cause di prelazione. Nel caso in cui si tratti di spese dirette a conservare l’integrità fisica del bene pignorato,evitando che lo stesso perisca (con esclusione, dunque, delle spese dirette a preservarne il valore commerciale, come la pittura delle facciate, la manutenzione delle parti comuni) dette spese - ove vi siano fondi disponibili per la procedura e vi sia la preventiva autorizzazione del custode da parte del G.E. - rientrano tra le spese prededucibili; ovvero dovranno essere rimborsate - in via privilegiata ex art.2770 c.c. - al creditore che le abbia anticipate (in adempimento ad uno specifico provvedimento del G.E.) per garantire la conservazione del compendio pignorato. (40) Nel medesimo rango delle spese per atti di giustizia è collocato il privilegio del credito dell’acquirente di un un immobile per la dichiarazione di liberazione di esso dall’ipoteca (art.2770, 2° comma, c.c.). La norma pone problemi di coordinamento con l’analoga disposizione del codice di procedura civile in materia di liberazione degli immobili dalle ipoteche (art.795) la quale stabilisce (4° comma) che quando è presentata istanza di espropriazione l’acquirente dell'immobile ipotecato «ha diritto di essere collocato nella graduazione con privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di liberazione». In dottrina si sono registrate, sul punto, opinioni contrastanti: così, secondo alcuni, il privilegio del codice di rito si applicherebbe nel caso di procedimenti di liberazione trasformati in processi di espropriazione, mentre il privilegio previsto dal codice civile si applicherebbe nel caso di procedimenti di liberazione conclusi con la distribuzione del prezzo offerto dal terzo (cfr., in argomento, ANDRIOLI, Dei privilegi, in Commentario Scialoja-Branca, artt. 2745-2783, Bologna 1958, 224). Secondo BIANCA, diritto civile, op. cit., 120, poiché i privilegi sono sanciti esclusivamente dalla legge sostanziale, si può più semplicemente ritenere che il codice di procedura civile (che non può porre privilegi) abbia fatto applicazione in ambito processuale di un privilegio di matrice civilistica. (41) Come sopra anticipato, secondo la tesi elaborata dal Tribunale di Monza, «in altri e diversi giudizi rispetto a quello di esecuzione in corso». (42) Sul concetto di “atti conservativi”, cfr. COTTONE, La graduazione dei crediti nel piano di riparto. Le cause di prelazione: effetti nel processo esecutivo. I privilegi del creditore fondiario, relazione tenuta in Riproduzione riservata Natale Galipò 16 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 di essi (art.2910 c.c.). In altri termini, consistono in spese affrontate esclusivamente da chi riveste la posizione di creditore e che sono, almeno potenzialmente, idonee ad avvantaggiare non solo chi le ha sostenute ma anche gli altri creditori: godono pertanto del privilegio in esame le spese affrontate nell’interesse comune, anche soltanto potenziale, dei creditori concorrenti e ne restano escluse quelle per gli atti compiuti a vantaggio esclusivo di uno dei essi(43). Fondamento di tale privilegio è pertanto il vantaggio che da tali atti traggono i creditori che concorrono nella espropriazione del bene al quale gli atti si riferiscono(44). Dette spese rappresentano quindi un credito accessorio al credito azionato dal creditore procedente, che riceve una tutela privilegiata a prescindere dal contenuto del credito principale, in quanto indispensabile all’esecuzione nell’interesse di tutti i creditori(45). E’ bene precisare che il privilegio spetta anche se chi ha erogato tali oneri è un creditore chirografario; non spetta per spese che non sono state sostenute in pendenza di un procedimento giudiziale (es. per un sequestro convenzionale). E’ altresì il caso di notare che queste spese si distinguono dalle spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione di cui agli artt. 2749 e 2855 c.c., perché queste ultime spese giovano esclusivamente al creditore che le eroga, e non anche agli altri creditori(46)(47). occasione dell’incontro studio “La riforma del processo esecutivo”, organizzato dal CSM a Roma il 6-8 giugno 2007 (la relazione può essere reperita all’url http://www.ircri.it/wp-content/uploads/2011/09/ studio_CSM_privilegi_credito_fondiario.pdf - accesso 21.10.2013), L’autore esclude che per atti conservativi debbano intendersi quelli finalizzati alla conservazione materiale del bene, richiamando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (che può farsi risalire a Cass. civ., 17.07.1969, n°2641) secondo cui «per spese di giustizia “per atti conservativi” ex art. 2770 c.c. devono intendersi unicamente quelle incontrate dai creditori per atti di conservazione giuridica del bene, vale a dire quegli atti (ad es., le spese dell'azione surrogatoria o del sequestro conservativo) che, mirando ad impedire la sottrazione del bene alla garanzia dei creditori, siano valsi o comunque preordinati a consentirne l’espropriazione». (43) Così Cass. civ., sez. III, 04.02.1980, n°763, in Foro it. 1982, I, 2930. Va evidenziato che per Tribunale Milano, 27.11.1979, in Fallimento 1979, 515 «il concetto di conservazione dei beni in relazione al quale la legge assicura al creditore procedente il privilegio di cui all'art. 2770 c.c. va inteso nel senso dell’idoneità astratta che l'atto posto in essere ha in sè di evitare che i cespiti patrimoniali possano uscire dalla sfera di disponibilità del suo titolare, senza alcun riferimento al vantaggio che in concreto può derivare agli altri creditori. Pertanto non può assumere rilevanza alcuna, ai fini della esistenza del privilegio predetto, il fatto che i beni oggetto della conservazione o dell'espropriazione risultino colpiti da precedenti iscrizioni ipotecarie». (44) A questo fondamento fa diretto riferimento la Relazione al codice civile (n.1130), secondo cui « la causa di favore di dette spese, sia che esse riguardino i mobili sia che esse concernano gli immobili, risiede sempre nel vantaggio che procurano alla massa dei creditori concorrenti sul prezzo della cosa espropriata» (cfr. MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, Codice civile, Relazione ministeriale, Roma, 1943) (45) Così D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (…), op. cit., pag.258. (46) Secondo D’AQUINO, op. ult. cit., le spese della fase espropriativa sostenute da creditori diversi dal procedente, come pure le spese sostenute dallo stesso procedente ma non assistite dal privilegio ex art.2770 c.c. godono dell’eventuale privilegio accordato al credito principale. In tal caso il credito è privilegiato ai sensi dell’art.2749 c.c., cioè per le spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione e per quelle dell’eventuale pignoramento successivo, il quale agli effetti dell’art.2749 c.c. equivale sostanzialmente ad un intervento. Quanto all’atto di precetto, l’autore ritiene che la spesa di redazione e notificazione dell’atto di precetto non sia spesa ordinaria per intervenire nel processo di esecuzione, sicché non gode della collocazione privilegiata ex art.2749 c.c. . Non sono del pari assimilabili alle spese ordinarie nel processo di esecuzione i compensi per la riscossione (ordinari e integrativi ex art.61 D.P.R. 28.01.1988 n°43) (cfr. Appello Trento, 12.01.1996, in GT Riv. giur. trib. 1996, 1083, con nota di ANNI). Riproduzione riservata Natale Galipò 17 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Vanno quindi ricomprese in queste spese(48): • le spese per il primo pignoramento, se fruttuoso, anche se eseguito dopo l’iscrizione di una ipoteca (compresa la notifica del precetto)(49) • le spese per giudizi di surrogazione che abbiano consentito il recupero dell’immobile al patrimonio del debitore (art. 2900 c.c.) (50) • le spese per azioni revocatorie (art. 2901 c.c.) (51) • le spese per sequestro conservativo(52) se anteriore al pignoramento (art.671 c.p.c.), comprese quelle di custodia (sola esecuzione, nonché convalida o conferma del sequestro, escluso il giudizio di merito) (l’importo deve determinarsi in via equitativa se non indicato analiticamente in sentenza o provvedimento) (53) (47) Le spese legali sostenute dal creditore intervenuto (che non si è surrogato al creditore procedente nel dare impulso al procedimento esecutivo) o dal creditore secondo pignorante vanno collocate in privilegio o in via chirografaria a seconda della natura del credito principale, di cui - come esposto nel testo costituiscono un accessorio, ai sensi degli artt. 2749 c.c. e 2855, comma 1, c.c. In questo caso le spese del precetto, anche ad accedere alla tesi che le qualifica come funzionali all’inizio dell’attività esecutiva, non possono essere tuttavia considerate come aventi natura privilegiata (ex artt. 2749 e 2855, 1° co., c.c.) poiché l’atto di precetto non costituisce presupposto per intervenire in una procedura già pendente, sicché le stesse andranno collocate in progetto in via chirografaria (in tal senso, ad es., cfr. circolare del Tribunale di Biella). (48) Per l’elenco base di dette spese, potrà farsi riferimento alle Circolari del Tribunale di Teramo e del Tribunale di Monza. (49) Così, testualmente, le circolari dei Tribunale di Monza, Savona e Biella [per quest’ultima, v. «CIRCOLARE N.7-BIS.- Appendice istruzioni e direttive in materia di vendita e di custodia»., reperibile all’indirizzo http://www.tribunale.biella.it/FileTribunali/171/Sito/ESECUZIONI%20IMMOBILIARI/Circolare% 207-bis.pdf (accesso 30.09.2013)]. In realtà, con riferimento alle spese del creditore procedente e alle spese per il precetto (in queste ultime compresi anche i compensi dell’intimazione) pare opportuno operare qualche precisazione. In dottrina (cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 431; CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005 n.80, Milano 2006, 450) si osserva che tra le spese di giustizia ex art.2770 c.c. vanno ricomprese quelle sostenute per l’intimazione dell’atto di precetto, per il pignoramento ed il compimento degli atti successivi finalizzati alla vendita del bene pignorato. Rientrano in questa categoria, le spese borsuali e i compensi di avvocato (attualmente liquidabili, attesa l’abrogazione delle tariffe professionali, ai sensi del D.M. 20.07.2012 n°140). Le spese di giustizia per la fase successiva al pignoramento (custodia, pubblicità, compensi del delegato e di eventuali altri ausiliari) - poiché possono essere sostenute anche da uno qualsiasi degli altri creditori “titolati” presenti nell’esecuzione - vanno rimborsate a chi le abbia concretamente sostenute. Non mancano però autori (cfr. COTTONE, La graduazione dei crediti nel piano di riparto (…), op. cit.) secondo cui non sono coperte dal privilegio ex art.2770 c.c. «le spese per la redazione dell’atto di precetto e per la notifica del titolo esecutivo», trattandosi di spese che «seppur propedeutiche all’inizio del processo esecutivo sono ad esso estranee» (contra: DEL VECCHIO, I privilegi nella legislazione civile fallimentare e speciale, Milano 1994, 179, per il quale il precetto - in quanto atto propedeutico - è necessariamente strumentale all’azione esecutiva). In giurisprudenza, aderisce alla tesi negativa anche Tribunale Torino, 10.07.2002, in Fallimento 2003, 329. (50) Cass. civ., 17.07.1969, n°2641, in Dir. Fall., II, 1970, 366. (51) Cass. civ., 9.09.1952, n°2630. (52) Secondo MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, Torino, 1995, 199, spese per atti conservativi sono i costi del procedimento cautelare diretto al sequestro conservativo del bene: si tratta di spese funzionali al processo esecutivo e che risultano privilegiate solo in quanto il processo esecutivo segua e si concluda. Per BIANCA, Diritto civile, op. cit., 90, deve ritenersi che il privilegio non spetti soltanto al creditore sequestrante che abbia promosso il processo esecutivo, dal momento che la spesa per il sequestro risulta infatti utile agli altri creditori anche se il procedimento esecutivo sia promosso da un creditore diverso dal sequestrante. (53) Cass. 30.10.1959 n°3194. Riproduzione riservata Natale Galipò 18 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 • le spese per giudizi di divisione necessari alla esecuzione su beni indivisi(54) • le spese per giudizi di opposizione alla esecuzione, limitatamente alle eccezioni concernenti la proprietà o pignorabilità dei beni o la prosecuzione della procedura(55) • le spese relative ai processi esecutivi, sostenute dall’Erario per effetto dell’ammissione del creditore al gratuito patrocinio (art.135, comma 2, del D.P.R. 30.05.2002, n°115 - c.d. T.U. in materia di spese di giustizia): hanno diritto di prelazione, ai sensi dell’art. 2770 c.c., sul prezzo ricavato dalla vendita o sul prezzo dell’assegnazione o sulle rendite riscosse dall’amministratore giudiziario(56). Non vi sono invece comprese (57): • spese per pignoramenti con risultato comunque negativo (es. per trascrizione errata o per notifiche non andate a buon fine) (tali spese sono ammesse, ma in via chirografaria) • spese per pignoramenti che abbiano perduto efficacia prima dell’inizio della procedura (anch’esse da collocare al chirografo) • spese per pignoramenti su beni già pignorati (collocate però al medesimo privilegio del credito, ex art. 2749 o 2855 c.c., quali spese per intervento nel processo di esecuzione)(58) • le spese per sequestro convenzionale ex art. 1798 c.c. (in quanto spese sostenute al (54) Va evidenziato che secondo Cass. civ., sez. II, 8.10.2013, n°22903, in Guida al diritto, n°1/2014, 49 (s.m.), «in caso di divisione giudiziale le spese occorrenti allo scioglimento della divisione delle comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune interesse dei condividenti. Solo con riferimento a quelle conseguenti alle eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione, possono trovare applicazione il principio della soccombenza e la facoltà di disporne la compensazione». (55) Più in dettaglio, con riferimento alle spese sostenute nei giudizi di opposizione alla esecuzione, se essi riguardano eccezioni concernenti la proprietà o pignorabilità dei beni, o fatte per il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, che riguardano la validità del pignoramento, va richiamata la posizione della Suprema Corte, per la quale il privilegio di cui all’art. 2770 c.c. spetta in relazione alle spese utili alla conservazione deI patrimonio del debitore nell’interesse di tutti i creditori (fra cui possono farsi rientrare le spese per i giudizi detti) (Cass. 24.10.1968 n°3461, in Giust. civ., 1969,1, 1334; Trib. Bari, 10.04.2008, n°918, in Giurisprudenzabarese.it 2008, secondo cui rientrano tra le spese utili alla conservazione del patrimonio del debitore sostenute nell'interesse di tutti i creditori anche quelle per l’eventuale sequestro conservativo proposto; App. Genova 15.04.1991, in Banca borsa e tit. cred., 1992, 11, 208). Per converso, non possono ritenersi privilegiate le spese sostenute in giudizi di opposizione in cui la difesa del creditore sia diretta a contrastare una eccezione personale rivolta contro di lui (ad es., l’opposizione agli atti esecutivi finalizzata a contestare l’ammissibilità dell’intervento di quel creditore così DEL VECCHIO, I privilegi, op. cit., 176). Secondo D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (…), op. cit., 260, non possono considerarsi privilegiate le spese riguardanti le cosiddette contestazioni distributive ex art.512 c.p.c. (che vanno collocate nei progetti di distribuzione successivi alle stesse) trattandosi di giudizi diretti a definire le contestazioni della fase distributiva e che non hanno pertanto alcuna attinenza con la funzione espropriativa e/o conservativa nell’interesse della massa dei creditori (secondo l’autore il giudice dell’esecuzione potrebbe effettuare un accantonamento cautelare in vista del soddisfacimento di tali spese, una volta definito il giudizio ex art.512). (56) In dottrina, cfr. CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005 n.80, op. cit., 450; SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 433; DE STEFANO, Il progetto di distribuzione, op. cit., pag.5. (57) Anche per l’elenco base delle spese escluse dal privilegio ex art.2770 c.c., potrà farsi riferimento alla circolare del Tribunale di Monza, quasi integralmente richiamata da quelle di altri Tribunali. (58) Si veda infra la nota di approfondimento sulle spese dei pignoramenti successivi (tema trattato specificamente nelle circolari dei Tribunali di Monza e di Savona) Riproduzione riservata Natale Galipò 19 [Documenti] • • • • Il Caso.it 6 febbraio 2014 di fuori di un processo giudiziale) le spese per opere richieste dal custode in caso di sequestro giudiziale (il quale non è finalizzato alla espropriazione) (59) le spese per l’iscrizione di ipoteca giudiziale(60) (le spese in questione sono invece privilegiate ex art. 2855 c.c.) (61) le spese di accertamento del credito che fonda l’esecuzione (cioè quelle relative al giudizio all’esito del quale è stata emessa la condanna al pagamento)(62) le spese sostenute dal creditore per il riconoscimento, in sede di giudizio di merito, della fondatezza del proprio diritto(63). In definitiva: il creditore che richiede il rimborso delle spese previste dall’art. 2770 c.c. dovrà indicare analiticamente nella propria nota spese gli esborsi anticipati, supportati da adeguata documentazione giustificativa, nonché i compensi professionali(64) relativi a quegli atti compiuti nell’interesse comune di tutti i creditori (che vanno in privilegio ex art. 2770) debitamente distinti dalle spese/compensi relativi al processo di esecuzione (che seguono il grado del credito che assistono). NOTA.- Le spese dei pignoramenti successivi. Nell’ipotesi di pignoramenti su beni già pignorati (cc.dd. pignoramenti successivi), i quali devono (59) Cass. civ., 24.10.1968, n°3461. Per ANDRIOLI, Dei privilegi, in Comm. Scialoja. e Branca, sub. artt. 2749-2783, Bologna 1958, 124, le spese del sequestro giudiziario, che non attiene al processo esecutivo, sono estranee al privilegio [«questa misura cautelare ha tratto al possesso e alla proprietà della cosa controversa (art.670 cod. proc. civ.), e non ha alcun riferimento alla espropriazione dei beni del debitore»]. (60) Cass. civ., 10.11.1961, n°2625. (61) Per questa voce si deve precisare che le spese necessarie al decreto ingiuntivo (ed all’eventuale giudizio di opposizione allo stesso) in base al quale è stata iscritta ipoteca giudiziaria, saranno da ammettere in privilegio ex art.2855 c.c. solo se espressamente indicate nella nota di iscrizione ipotecaria (art. 2855, l co., c.c.), altrimenti andranno indicate in chirografo. Per spese devono intendersi sia quelle vive che i diritti ed onorari (rectius: i compensi) dell’avvocato che ha seguito il procedimento. (62) Così anche TUCCI, I privilegi, in Trattato dir. priv., diretto da P. Rescigno, XIX, Torino 1997, 674. (63) Cass. civ., 9.02.2001, n.1837, in Giust. civ. Mass. 2001, 230 (nella specie si trattava di giudizio di merito instaurato a seguito di procedimento cautelare per sequestro conservativo). (64) L’ABROGAZIONE DELLE TARIFFE PROFESSIONALI.- Si è già accennato all’abrogazione delle tariffe professionali, ora sostituite dalle previsioni del D.M. 20.07.2012 n°140/2012, che ha introdotto, a seguito dell’abrogazione delle tariffe ordinistiche (disposta per effetto dell’art.9 co.1° del D.L. 24.01.2012 n°1, convertito con modifiche nella legge 24.03.2012 n°27), il nuovo criterio dei parametri per la determinazione del compenso del professionista da parte degli organi giurisdizionali. Il nuovo criterio è stato recepito anche dalla Corte di Cassazione, la quale ha sin da subito sottoposto a verifica la questione della operatività temporale dei parametri per la determinazione del compenso professionale: ed infatti le sentenze «gemelle» delle Sezioni Unite del 12.10.2012 nn.17405 (in Giust. civ. Mass. 2012, 10, 1203) e 17406 (in Foro it. 2012, 11, 2953) hanno sancito che i nuovi parametri vanno applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale (23 agosto 2012) e si riferisca al compenso spettante al professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché la stessa abbia avuto inizio e si sia anche solo in parte svolta in epoca precedente, quando ancora erano in vigore le tariffe professionali abrogate. Da ultimo, la Corte Costituzionale, con ordinanza 7.11.2013 n°261 (reperibile sul sito www.cortecostituzionale.it), ha sancito che è legittima l’applicazione dei nuovi parametri forensi anche ai processi in corso e alle attività già svolte prima della loro entrata in vigore, dichiarando la manifesta infondatezza della questione sollevata dal tribunale di Cremona con riguardo all’articolo 9, commi 1, 2 e 5 del D.L. n°1/2012 e del D.M. n°140/2012. Riproduzione riservata Natale Galipò 20 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 essere riuniti al procedimento esecutivo trascritto per primo (con conseguente efficacia di intervento nella medesima procedura) le spese relative potranno essere poste in privilegio ex art.2749 o 2855 cc., quali spese per intervento nel processo di esecuzione(65). Rimane ovviamente salva l’ipotesi di separazione delle procedure, con liquidazione dei beni a seguito del pignoramento successivo, che rende le spese dello stesso privilegiate a norma dell’art. 2770 c.c. . Diversamente, se il creditore ha ritenuto di procedere ad autonomo pignoramento malgrado il bene fosse stato già colpito da altro pignoramento precedente (risultante, ad es., dalle visure eseguite prima di incardinare il suo pignoramento e, comunque, ai sensi dell’art.561, comma 1, c.p.c., dalla nota di trascrizione di detto pignoramento che gli sarà restituita dalla Conservatoria dei RR.II.) le spese di tale secondo pignoramento potranno essere escluse dal riparto, visto che possono ritenersi superflue(66) (argomentando ex art.92,1° co., c.p.c.) considerata la necessità che i pignoramenti successivi vengano riuniti al primo eseguito in ordine temporale (artt.561 e 274 c.p.c.): ne consegue che le spese relative al pignoramento, alla sua notificazione, alla documentazione ipocatastale, alla istanza di vendita, al compenso per la stima di beni già valutati nella precedente procedura, nonché le spese per la pubblicità della vendita potranno essere escluse, salvo che il secondo pignorante non provi che alcune di queste spese sono andate a vantaggio di tutti i creditori procedenti (ad es., quelle della relazione di stima effettuata nel secondo procedimento ma acquisita al primo). NOTA.- Pluralità di lotti, progetto di distribuzione (parziale o finale) e spese in prededuzione e/o in privilegio ex art.2770 c.c. In caso di pluralità di lotti e di predisposizione del progetto di distribuzione (parziale o finale): - vanno poste interamente a carico del ricavato dalla vendita dei lotti (per l’appunto, venduti) le spese che si riferiscono esclusivamente a quei lotti (ad es., integrazione perizia, ecc.) - vanno ripartite pro quota (assumendo come parametro di riferimento, per i lotti venduti, il prezzo di aggiudicazione; per i lotti non venduti - in caso di riparto parziale - il prezzo base fissato per la vendita successiva al progetto di distribuzione) le spese che si riferiscono all’intera procedura (relazione di stima, se riferita sia ai lotti venduti che a quelli non venduti; pubblicità; spese processuali del creditore procedente, certificati notarili). Da un prospettiva più generale, infine, può rilevarsi che il credito concernente le spese di esecuzione (anticipate dal creditore ex art.90 c.p.c. - attualmente abrogato e sostituito dall’art.3 D.P.R. n°115/2002) sorge non già al momento della effettuazione dei singoli esborsi, bensì «nel momento in cui viene emessa l’ordinanza di distribuzione, con la quale il giudice dell’esecuzione accerta e liquida le spese anticipate dal creditore e destina al soddisfacimento del relativo credito, con privilegio (artt. 2755, 2770 cod. civ.), una parte (65) Nella circolare del Tribunale di Savona si precisa che tali spese non devono essere collocate ex art.2770 c.c. neppure nel caso di rinuncia da parte del creditore primo pignorante. (66) Secondo la circolare del Tribunale di Savona, in questo caso dovranno essere esclusi le spese e i compensi relativi a: notifica pignoramento; trascrizione; istanza di vendita; documentazione ipocatastale o certificato notarile; compenso versato allo stimatore; pubblicità istanza di vendita; pubblicità della vendita. Ed anche qualora la spesa duplicata sia stata sostenuta per primo dal creditore che ha pignorato dopo, tale esborso non deve comunque essere ammesso in prededuzione, perché il creditore che ha pignorato in presenza di un precedente pignoramento aveva l’onere preventivo di verificarne l’esistenza e di richiedere o l’inserimento (da parte del cancelliere) del suo pignoramento nel fascicolo del primo, ai sensi dell’art. 561 c.p.c. ovvero di richiedere al giudice di disporre la riunione ex art.274 c.p.c.. Riproduzione riservata Natale Galipò 21 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 della somma ricavata»(67). Da quanto esposto consegue pertanto che, allorquando il giudice dell’esecuzione provvede a liquidare - in sede di riparto - le spese sostenute dal creditore procedente e dagli intervenuti(68), siffatta liquidazione, costituendo un accertamento strumentale alla distribuzione, è «insuscettibile di acquisire forza di giudicato al di fuori del processo in cui è fatta» (69). 5. - GRADUAZIONE INTERNA In caso di concorso di più privilegi ex art. 2770 c.c. e di insufficienza dell’attivo (ipotesi rara) si fa luogo a ripartizione proporzionale (art. 2782 c.c.) 6.- INDIVIDUAZIONE DEI CREDITORI INTERVENUTI Il principio della par condicio creditorum (quale ricavabile dall’art.2741, 1° co., c.c.) deve essere inteso alla luce delle disposizioni del codice di rito che regolano l’intervento dei creditori nell’esecuzione individuale. Il professionista delegato, sulla base degli atti di intervento, dell’atto di pignoramento del creditore procedente, nonché degli eventuali pignoramenti successivi (che, come già evidenziato, si risolvono anch’essi in un intervento) depositati in cancelleria, dovrà pertanto elencare i creditori intervenuti tenendo conto dei crediti assistiti o meno dalle cause di prelazione e del tempo degli interventi. Atteso il significativo restyling dell’intervento nell’esecuzione forzata operato dalle leggi di riforma del processo esecutivo(70) (di cui è espressione la nuova stesura dell’art.499 c.p.c.) appare opportuno formulare alcune considerazioni con riferimento all’istituto. § 6.1.- LA RIVISITAZIONE DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI Come è noto, prima delle richiamate modifiche, l’art. 499 c.p.c. consentiva la possibilità di intervenire nell’esecuzione pendente a tutti i creditori che vantassero un credito nei confronti del debitore esecutato, ancorché siffatto credito non fosse supportato da un titolo esecutivo. A tale disposizione erano correlate quelle dell’art. 525 per l’espropriazione mobiliare (67) Così Cass. civ., sez. III, 7.12.1977, n°5310. (68) Per Cass. civ., sez. III, 5.03.2007, n°5061, in Guida al diritto 2007, 42 (s.m.) «nel procedimento esecutivo l’onere delle spese non segue il principio della soccombenza come nel giudizio di cognizione, ma quello della soggezione del debitore all’esecuzione». (69) In termini, Cass. civ., sez.III, 18.03.2003, n°3985, in Giust. civ. Mass. 2003, 541; nello stesso senso, cfr. anche Cass. civ., sez.III, 25.06.2003, n°10129, in Giust. civ. Mass. 2003, 6) (70) Attuate, come già evidenziato, dapprima con la L. 14 maggio n.80, di conversione del d.l. 14 marzo 2005, n.35, e successivamente con la L.28 dicembre 2005, n. 263. Riproduzione riservata Natale Galipò 22 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 (secondo cui potevano intervenire a norma dell’art. 499 tutti coloro che nei confronti del debitore avevano un credito certo, liquido ed esigibile) e dell’art. 563 per l’espropriazione immobiliare (per il quale potevano intervenire a norma dell’art. 499 tutti coloro che nei confronti del debitore vantavano un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione). A seguito delle innovazioni operate dalla riforma, il testo ridisegnato dell’art. 499 prevede, al 1° comma, che «possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile». In buona sostanza, possono attualmente spiegare intervento: • i creditori muniti di titolo esecutivo • i creditori che hanno eseguito un sequestro sui beni successivamente pignorati • i creditori titolari di un diritto di pegno o di prelazione risultante da pubblici registri(71) • i creditori di somme di denaro risultanti dalle scritture contabili(72). (71) L’enunciazione letterale dell’art. 499 co. 1 c.p.c. induce ad affermare che non sono legittimati all’intervento, se sprovvisti di titolo esecutivo, i creditori muniti di causa di prelazione connessa ad un privilegio, generale o speciale, per il quale non è prevista alcuna forma pubblicitaria. Siffatta conclusione ha peraltro alimentato in dottrina un ampio dibattito interpretativo: così, secondo alcuni autori (SALETTI, Le (ultime?) novità in materia di esecuzione forzata, in Riv. dir. proc., 2006, 200; CANALE, Commento all’art. 499 c.p.c., in AA. VV. Le recenti riforme del processo civile, a cura di CHIARLONI, Bologna, 2006, 200) la previsione dell’art.499 è legittima (pur nella parte in cui esclude dalla categoria dei creditori legittimati all’intervento “non titolato” i titolari di privilegi non pubblicizzati), costituendo espressione della discrezionalità riservata al legislatore circa i modi di attuazione del principio di cui art. 2741 c.c.; altri interpreti (ACONE, Intervento dei creditori, in AA. VV., Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006, 65 ss.; STORTO, Commento agli artt. 499, 500 e 510, in Commentario alle riforme del processo civile a cura di BRIGUGLIO-CAPPONI, Padova, 2007, 144), hanno per converso affermato che, sebbene libero di individuare i criteri con cui realizzare la cosiddetta par condicio creditorum, il legislatore deve esercitare siffatta libertà in ossequio ad un criterio di ragionevolezza, al fine di non incorrere nella violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.. In questa prospettiva, siffatto criterio di ragionevolezza risulterebbe disatteso ove si riservi un trattamento deteriore ai creditori titolari di prelazione quando quest’ultima, pur determinando uno speciale rapporto di garanzia con determinati beni (ed essendo assistita da un diritto di sequela destinato ad estinguersi per effetto della vendita forzata), si differenzia dalla causa di prelazione iscritta per il solo fatto che il privilegio non necessita di pubblicità. La soluzione preferibile appare senza dubbio la seconda (SOLDI, op. cit., 353) e sotto questo profilo sembrano concreti gli adombrati dubbi di legittimità costituzionale della norma. (72) Il richiamo generico all’art.2214 c.c. consente in primo luogo di ritenere che possono spiegare intervento, in virtù delle risultanze delle scritture contabili, gli imprenditori commerciali o, più generalmente, i titolari di imprese soggette a registrazione, compreso l’institore nei limiti dell’impresa o sede secondaria cui è preposto (art.2250 c.c.). In secondo luogo, che possono legittimamente fondare l’intervento tutti i tipi di scritture contabili, siano esse “generalmente obbligatorie” (libro giornale, libro degli inventari e fascicolo della corrispondenza) ovvero “relativamente obbligatorie” (libri sociali, libro mastro, libro cassa, libro magazzino, libro delle scadenze cambiarie, ecc.). Tra le altre questioni configurabili in proposito (per una più esaustiva trattazione delle quali, cfr. SOLDI, op. cit., 353 ss.) si segnala che deve escludersi che l’intervento sulla base delle scritture di cui al 2214 c.c. possa essere eseguito dagli imprenditori solo in danno di altri imprenditori, attesa la genericità dell’art. 499 c.p.c., nonché avuto riguardo alla ratio della norma, diretta a fornire agli imprenditori commerciali un valido strumento di recupero dei crediti contro tutti i debitori, siano essi imprenditori o meno. Sempre sulla scorta del tenore letterale dell’art.499 c.p.c. (che testualmente si riferisce ai creditori «titolari di un credito di somma di denaro risultante da scritture contabili») deve del pari escludersi che i crediti Riproduzione riservata Natale Galipò 23 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Da quanto esposto consegue che non sono più ammessi, di regola, interventi da parte di creditori chirografari privi di titolo esecutivo(73) (escluse, per l’appunto, le ipotesi dei creditori sequestratari e/o titolari di un diritto di pegno o di prelazione risultante dai pubblici registri e di quelli il cui credito risulti dalle scritture contabili)(74). L’intervento supportato da titolo esecutivo dà diritto a partecipare alla distribuzione del ricavato, nonché a partecipare all’espropriazione, provocandone i singoli atti (in surroga al creditore procedente)(75). §6.1.1.- L’intervento non titolato. L’accantonamento Il legislatore della riforma non ha tuttavia escluso la possibilità di un intervento “non titolato”: il 3° comma del nuovo art.499 c.p.c. prevede, infatti, che, il creditore privo di titolo esecutivo che voglia intervenire nell’esecuzione deve notificare al debitore, entro i 10 giorni successivi al deposito in cancelleria(76), una copia del ricorso ed una copia dell’estratto azionabili siano riferibili a tutti gli ipotetici crediti dell’impresa, ma consistono unicamente in crediti pecuniari. Ancora, va evidenziato che le scritture possono prodursi in estratto autentico solo se il notaio attesta che l’estratto è stato redatto in forza di scritture contabili regolarmente tenute e vidimate, e ciò sia per l’indubbio vantaggio concesso all’imprenditore di disporre con assoluta celerità di un titolo (non nel senso “tecnico” del termine, trattandosi nella specie di intervento comunque “non titolato”) per procedere ad esecuzione, sia per un principio di ragionevolezza. Da ultimo, sarà il caso di rilevare che tra le scritture utilizzabili non sono comprese quelle prescritte dalle leggi tributarie, anche perché l’art. 634 c.p.c. le richiama espressamente, ma solo ai fini del procedimento monitorio. (73) A titolo esemplificativo (cfr., SALA, Le esecuzioni immobiliari dopo le varie leggi di riforma del processo civile ed esecutivo in particolare, maggio 2006, reperibile all’URL http://www.professionisti.it/ vetrine/232690/file/e8d7505f16780e9c2817ef2485524f84.pdf - accesso 12.04.2013) non è più consentito l’intervento da parte di creditori privi di titolo esecutivo ma il cui credito risulti, ad esempio, da un riconoscimento di debito ovvero da cambiali o assegni che abbiano perso l’esecutività. Del pari, non é ammissibile l’intervento da parte del condominio per il pagamento dei contributi condominiali risultanti da verbale regolarmente approvato dall’assemblea, come pure quello degli istituti di credito sulla base degli estratti conto emessi ai sensi dell’art 50 del d. lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (che, notoriamente, è sufficiente per l’emissione di decreti ingiuntivi), i quali avranno pertanto bisogno dell’estratto notarile delle scritture contabili. (74) Sul punto, va per completezza segnalato che l’opinione maggioritaria in dottrina (cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op, cit., 351; SALETTI, Le (ultime?) novità in materia di esecuzione forzata, op. cit., 200; CANALE, Commento all’art. 499 c.p.c., , in AA. VV. Le recenti riforme del processo civile, op. cit., 699; VIGORITO, Le procedure esecutive dopo la riforma: l’esecuzione forzata in generale, Milano, 2006, 346) è nel senso che la situazione legittimante l’intervento deve sussistere, per il creditore, già al momento del perfezionarsi del pignoramento: ne consegue l’inammissibilità dell’intervento senza titolo esecutivo al creditore il cui sequestro sia stato eseguito dopo il pignoramento o al creditore titolare di causa di prelazione iscritta dopo il pignoramento ovvero al creditore titolare di una pretesa che trovi evidenza nelle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c. in virtù di annotazione successiva al pignoramento. (75) Va in proposito osservato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 7.01.2014, n°61 (reperibile, tra i tanti, all’indirizzo http://www.eius.it/giurisprudenza/2014/001.asp - accesso 24.01.2014), componendo un contrasto nella giurisprudenza della Corte, hanno statuito ex professo che nel procedimento esecutivo cui partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non impediscono la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato forza esecutiva, a meno che il difetto del titolo posto a fondamento dell’azione esecutiva del creditore procedente sia originario. (76) Termine non perentorio: cfr., ex multis, SOLDI, op. cit., 361. Riproduzione riservata Natale Galipò 24 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 autentico notarile attestante il credito(77). L’intervento “non titolato”, diversamente da quello eseguito in forza del titolo esecutivo, non conferisce al creditore il diritto all’immediato soddisfacimento del credito dopo l’approvazione del progetto di distribuzione, bensì gli attribuisce una tutela di tipo “prenotativo”: infatti, le somme che gli spetterebbero in caso di utile collocazione nel riparto vengono momentaneamente accantonate, in attesa che egli dispieghi l’attività giudiziaria diretta a sostanziare il credito in un provvedimento esecutivo. In proposito, il 3° co. dell’art. 510 c.p.c. stabilisce che: «l’accantonamento è disposto dal giudice dell’esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché i...creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni»(78). Una volta decorso tale termine, il giudice, su istanza di parte o anche ex officio, dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti (con l'eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti) e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che sia decorso il termine fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano munirsi di titolo esecutivo (art.510, 3° comma, c.p.c.). Il 5° comma dell’art.499 c.p.c. stabilisce poi che, con l’emissione dell’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione dispone la vendita o l’assegnazione, viene altresì fissata una ulteriore udienza di comparizione del debitore e dei creditori senza titolo, nella quale il primo potrà riconoscere(79) in tutto o in parte il credito per il quale è stato proposto l’intervento “non titolato”, ovvero potrà negarne l’esistenza. Sulla scorta del disposto dell’art.499 c.p.c., può affermarsi che il creditore intervenuto senza titolo esecutivo può avvalersi del procedimento di riconoscimento soltanto se intervenga prima della udienza fissata per autorizzare la vendita o disporre l’assegnazione e purché il (77) Tale notificazione (che segna anche l’avvio del decorso del termine per proporre opposizione ex art. 617 c.p.c.) costituisce un novum nel nostro sistema, avente il fine di rendere il debitore immediatamente edotto dell’intervento “non titolato” e di stimolare ogni possibile contestazione in merito. Infatti, se il debitore non fosse messo subito in condizione di contestare l’ammissibilità di tale tipologia di intervento, l’eventuale fase contenziosa (iniziata dal debitore con un’opposizione agli atti esecutivi) si sposterebbe inevitabilmente all’udienza fissata per il riconoscimento del debito (della quale si dirà infra), con un evidente grave ritardo per la definizione di questa fase del processo. (78) In sintesi, l’accantonamento darà diritto al pagamento della somma accantonata solo ed esclusivamente se alla scadenza del termine di durata dell’accantonamento stesso (stabilita dal giudice o, in difetto di espressa previsione, fissata dalla legge) il creditore abbia ottenuto il titolo esecutivo utile a sostanziare la pretesa fatta valere con l’intervento. In caso contrario, l’accantonamento non sostanzierà l’effetto prenotativo e le somme “messe da parte” dovranno essere redistribuite tra i creditori muniti di titolo che in sede di prima distribuzione siano rimasti parzialmente o totalmente insoddisfatti. (79) Il riconoscimento da parte del debitore esimerà il creditore dal doversi attivare per ottenere il titolo esecutivo utile per ottenere l’attribuzione delle somme per le quali potrebbe trovare un’utile collocazione nel progetto di riparto. Come evidenzia SOLDI, op. cit., 365, nota 67, tutti gli interventi “non titolati” previsti dal 1° comma dell’art.499 c.p.c. possono beneficiare del procedimento di riconoscimento, in quanto una distinzione tra gli stessi, oltre a non trovare riscontro nel dettato normativo, contrasterebbe con l’art.3 della Costituzione, traducendosi in una illegittima preferenza di alcuni interventori non titolati rispetto ad altri. Riproduzione riservata Natale Galipò 25 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 ricorso per intervento sia stato notificato al debitore(80). Se il debitore non compare all’udienza, la legge (art.499, 6° co., c.p.c.) prevede l’effetto del riconoscimento “implicito” di tutti i crediti per i quali sono stati spiegati interventi senza titolo(81). Nel caso di riconoscimento (che per espressa previsione dell’art.499, 6° co., c.p.c., «rileva ai soli fini dell’esecuzione», assumendo valenza endoprocedimentale(82)) espresso o tacito che sia, il creditore ha diritto all’immediata attribuzione in fase distributiva, senza dover svolgere altre attività (per munirsi di titolo esecutivo). In caso, invece, di disconoscimento del credito da parte del debitore, l’intervenuto ha diritto all’accantonamento della quota in suo favore, nonché ad essere collocato nella posizione che gli sarebbe spettata ove egli avesse agito nella procedura munito di titolo esecutivo. Per ottenere ciò, il creditore dovrà fare istanza di accantonamento e dimostrare di aver proposto, nei trenta giorni successivi all’udienza fissata per il riconoscimento, «l’azione necessaria per munirsi del titolo» (art.499, co. 6, c.p.c.). Va da sé che l’effettiva attribuzione in sede di distribuzione del ricavato sarà subordinata all’ottenimento del titolo nel termine fissato dal G.E. nel progetto di distribuzione o, al massimo, nei tre anni previsti dalla legge (art. 510, 3° co. c.p.c.). Con riferimento specifico all’esecuzione immobiliare, ragioni di carattere sistematico hanno comportato la modifica degli art. 561, 564, 565 e 566 c.p.c., mentre l’art. 563 (che prevedeva la facoltà di intervenire anche ai creditori titolari di un credito sottoposto a termine o a condizione) è stato abrogato. Da rilevare ancora che nel nuovo sistema non è più consentito l’intervento da parte dei creditori privilegiati privi di titolo esecutivo ancorché ad essi l’art. 2741 cod. civ. attribuisca il diritto di essere soddisfatti prima dei chirografi (esattamente come avviene per i creditori pignoratizi ed ipotecari ai quali soli la riforma consente di intervenire nelle esecuzioni pendenti pur in assenza di titolo). A mero titolo esemplificativo pensiamo al caso delle retribuzioni dovute al lavoratore dipendente ovvero dei compensi dei professionisti ovvero ancora delle provvigioni derivanti da rapporto di agenzia, che costituiscono categorie di crediti privilegiati ai sensi dell’art. 2751 bis nn. 1, 2 e 3. Per tutte queste classi di creditori privilegiati la norma in commento impedisce l’intervento in assenza di titolo esecutivo. (80) In dottrina, la tesi è sostenuta da BARRECA, L’intervento dei creditori e il piano di riparto nelle procedure esecutive riformate, in Riv. es. forzata, 2007, 27; SOLDI, op. cit. 365; DE STEFANO, L’intervento dei creditori, in AA. VV., La riforma del processo esecutivo, Quad. CNN, suppl. fasc. 1/2006, 106 ss.. (81) L’art. 499 co. 7 c.p.c. non contempla, però l’ipotesi in cui il debitore compaia all’udienza, ma non prenda posizione alcuna. Al riguardo la dottrina (cfr., ad es., SALETTI, op. cit., 208; ACONE, Intervento dei creditori, in AA. VV., Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006, 80; STORTO, Commento agli artt. 499, 500 e 510, in Commentario alle riforme del processo civile a cura di BRIGUGLIO-CAPPONI, Padova, 2007, 163) ritiene che il silenzio del debitore produca lo stesso effetto della sua mancata comparizione, con la conseguenza che anche in questa ipotesi i crediti debbono ritenersi integralmente riconosciuti. (82) Ne consegue infatti che, se il creditore destinatario di un riconoscimento totale del suo credito non ottiene il soddisfacimento integrale dello stesso in sede distributiva, nel giudizio successivamente instaurato per munirsi del titolo esecutivo in relazione alla quota non soddisfatta il creditore medesimo non potrà giovarsi del riconoscimento effettuato in sede esecutiva. Riproduzione riservata Natale Galipò 26 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Ricapitolando la situazione che si viene a creare a seguito dell’intervento delle varie categorie di creditori, le ipotesi che si configurano sono le seguenti: 1. Creditori muniti di titolo esecutivo: intervengono depositando il ricorso, non hanno l’obbligo di notifica al debitore e non soggetti alla procedura di verifica di cui all’art 499, 6° comma, c.p.c.; 2. Creditori sequestratari sui beni pignorati ovvero con diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri: intervengono con deposito del ricorso e, se privi di titolo, devono notificarlo al debitore nei 10 giorni successivi al detto deposito e sono soggetti alla procedura di verifica di cui all’art 499, 6° comma, c.p.c.; 3. Creditori di somme di denaro risultanti da scritture contabili e privi di titolo: intervengono con ricorso da depositare, a pena di inammissibilità, unitamente all’estratto autentico delle scritture contabili; hanno l’obbligo di notificare, entro 10 giorni dal deposito, il ricorso e l’estratto autentico al debitore e sono soggetti alla procedura di verifica di cui all’art 499, 6° comma c.p.c.; 4. Creditori privi di titolo, siano essi chirografari per somme non risultanti da scritture autenticate ovvero privilegiati ai sensi degli artt. 2745-2783 cod. civ.: non possono intervenire. § 6.2. - L’INTERVENTO TARDIVO (E L’INTERVENTO TEMPESTIVO) Malgrado la formulazione dell’art.499 c.p.c. faccia esclusivo riferimento all’intervento dei creditori “tempestivi”, il legislatore della riforma non ha apportato modifiche rilevanti al profilo dell’ammissibilità dell’intervento effettuato successivamente al provvedimento del giudice che autorizza la vendita o l’assegnazione. Non sono stati, infatti, oggetto di modifiche gli artt. 528 e 565 c.p.c. (che regolano l’intervento tardivo, stabilendo che i creditori tardivi concorrono alla distribuzione del ricavato che sopravanza dopo aver soddisfatto i diritti del creditore pignorante, dei privilegiati e dei creditori intervenuti tempestivamente) e l’art. 566 c.p.c. (che disciplina la graduazione dei crediti)(83). Ed allora, con riferimento all’esecuzione forzata immobiliare, dal combinato disposto degli art.565 e 566 c.p.c. discende pertanto che sono tardivi i creditori che intervengono oltre l’udienza di autorizzazione alla vendita, ma prima della udienza fissata ai sensi dell’art. 596 c.p.c. per l’approvazione del piano di riparto. Dal che consegue che l’intervento è tempestivo se formalizzato entro l’udienza di autorizzazione alla vendita. SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: Concetto di prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita (83) La tesi secondo cui l’art.499 c.p.c., malgrado la sua formulazione, non ha operato alcuna abrogazione delle norme previgenti, è assolutamente prevalente in dottrina: cfr. ex multis, SALETTI, Le (ultime?) novità in materia di esecuzione forzata, op. cit., 211; BARRECA, L’intervento dei creditori e il piano di riparto nelle procedure esecutive riformate, op. cit., 36 ss.; CAPPONI, L’intervento dei creditori dopo le tre riforme della XIV legislatura, cit., 33-34; DEMARCHI, Il nuovo rito civile, III, Milano 2006, 161-163, ecc.. Riproduzione riservata Natale Galipò 27 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 La nuova formulazione dell’art.564 c.p.c. ha effetto a decorrere dall’1.03.2006(84) anche per i procedimenti pendenti a tale data; diversamente che prima della riforma, attualmente i tempi dell’intervento sono dettati direttamente dalla norma in parola(85). Va peraltro tenuto presente che all’intervento nell’esecuzione forzata immobiliare trova piena applicazione l’art.499 c.p.c.(86), il cui 2° comma (quale sostituito dalla L. n°263/2005) stabilisce che il ricorso per intervento debba essere depositato prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita: atteso il problema di coordinare le due disposizioni richiamate, si tratta di stabilire in concreto fino a quando l’intervento possa qualificarsi tempestivo. Ed allora, per gli atti di intervento depositati fino al 28.02.2006, il problema non sorge, potendo definirsi tempestivo l’intervento depositato anche nel corso dell’udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita ai sensi dell’art.569 c.p.c., che va individuata in quella in cui il giudice ordini in concreto la vendita, anche con contestuale delega delle relative operazioni ex art.591 bis c.p.c.(87) e non già nella prima udienza (in senso cronologico) fissata in seguito al deposito dell’istanza di vendita, ancorché si sia svolta per la prima volta un’attività di carattere esecutivo o sia stata adottata una determinazione esecutiva effettiva(88). Per gli atti di intervento depositati a far data dall’1.03.2006 si è profilata la questione se l’intervento - per essere tempestivo - debba essere spiegato fino ad un momento prima dell’inizio dell’udienza ex art.569, in ossequio alla enunciazione letterale dell’art.499 c.p.c.(89) ovvero se possa essere effettuato anche nel corso dell’udienza stessa e quindi fino al momento in cui il G.E. non abbia pronunciato l’ordinanza di vendita (soluzione questa ritenuta preferibile), dando cosi prevalenza al (84) Ai sensi dell’art.2, comma 3 sexies , D.L. 14.03.2005, n°35, introdotto dall’art. 16 L. 28.12.2005, n°263 e da ultimo modificato dall’art.39 quater D.L. 30.12.2005, n°273, convertito, con modificazioni, in L. 23.02.2006, n°51, introdotto in fase di conversione, le modifiche apportate (tra gli altri) agli artt.499, 500, 525, 526, 527, 528, 563, 564, 565, 566 si applicano anche alle procedure esecutive pendenti al 1° marzo 2006; quando tuttavia è già stata ordinata la vendita, la stessa ha luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1° marzo 2006. (85) La nuova formulazione si è resa necessaria a causa dell’abrogazione dell’art.563 c.p.c., cui il 2° comma del “vecchio” art.564 rinviava per individuare il momento (“non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita”) per stabilire la tempestività o la tardività dell’intervento. (86) Così ARIETA, DE SANTIS, MONTESANO, Corso base di diritto processuale civile, Bologna, 2010, 820; COMOGLIO, FERRI, TARUFFO, Lezioni sul processo civile. Procedimenti speciali, cautelari ed esecutivi, II, Bologna, 2011, 418; Tribunale di Monza, 5.03.2007, in Pluris. (87) Si veda, ad es., Tribunale di Roma, 11 aprile 2005, in Redazione Giuffrè 2005 (Juris Data), per la quale «nel caso di ordinanza di vendita e contestuale delega al notaio per le attività dell'art. 591 bis c.p.c., il relativo provvedimento costituisce il momento di chiusura della corrispondente fase processuale, con la conseguenza che è tardivo l’intervento spiegato dopo di esso». In tema, anche le risalenti Tribunale di Monza, 25.05.1966, in Tem. nap. 1967, I, 386 e Tribunale di Brescia, 27.02.1962, in Giust. civ., 1962, I, 1806. (88) In dottrina, è ad es. di parere contrario CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005 n.80, op. cit., 199, il quale riconosce che non vi è concordia tra gli interpreti sul concetto di “prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita”, concludendo - sulla scorta del tenore letterale della norma - che pare preferibile l’interpretazione secondo cui il limite temporale per la tempestività degli interventi è costituito non già dall’udienza in cui la vendita sia effettivamente disposta (dopo eventuali rinvii) bensì dalla prima udienza che a tale scopo sia stata fissata (con i relativi adempimenti pubblicitari) e nella quale si siano svolte attività procedimentali, ancorché siano proseguite in udienza successive. Osserva SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 376, che in via interpretativa si è ritenuto che l’intervento nella esecuzione immobiliare può considerarsi tempestivo sino a che non venga adottata l’ordinanza che dispone la vendita o l’assegnazione, poiché il momento processuale fissato dall’art. 565 c.p.c. non decorre in caso di rinvio dell’udienza di comparizione delle parti ad altra data. (89) Così DE STEFANO, L’intervento dei creditori, in AA.VV., La riforma del processo esecutivo, Quad. C.N.N., 106 ss.). Riproduzione riservata Natale Galipò 28 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 tenore letterale degli artt. 564, 565 e 566 e tenuto anche conto della necessità che al G.E. sia consentito di fissare l’udienza di verifica dei crediti non titolati proprio con l’ordinanza ex art.569 c.p.c.(90). Siffatta ultima soluzione ha trovato l’avallo della giurisprudenza di legittimità, la quale ha statuito ex professo che In tema di espropriazione immobiliare, l’intervento dei creditori (sia ai sensi dell’art. 563 c.p.c., applicabile agli interventi avvenuti prima del 1º marzo 2006 (e - come esposto - successivamente abrogato dalle leggi di riforma del 2005) sia ai sensi del (novellato) art. 564 c.p.c., è tempestivo se avvenuto anche oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita, quando, per qualsiasi causa, questa sia stata differita, sempreché sia avvenuto prima dell’emissione dell'ordinanza di vendita(91). Va poi osservato che se sia stata pronunciata ordinanza di vendita solo relativamente ad alcuni dei beni compresi nella procedura, l’intervento successivo sarà tardivo rispetto ai beni compresi nell’ordinanza, ma tempestivo per i beni per i quali non sia stata ancora fissata la vendita. Nel caso di più procedure riunite, la tempestività dovrà essere verificata con riferimento alla prima ordinanza di vendita pronunciata per quei beni, anche se emessa prima della riunione: in sostanza, deve procedersi come se la riunione fosse già avvenuta sin dal primo momento. Il momento finale per l’ammissibilità dell’intervento è invece costituito non dal deposito in cancelleria del progetto di distribuzione, bensì dalla udienza destinata alla sua discussione ed approvazione (92). L’art. 566 c.p.c. evidenzia che la tardività dell’intervento incide solo sulla posizione dei creditori chirografari(93), ai quali è riconosciuto il diritto a concorrere nella fase distributiva sul solo sopravanzo, mentre non produce conseguenze con riguardo ai diritti dei creditori privilegiati(94). Il problema interpretativo che potrebbe piuttosto profilarsi è se l’intervento tardivo debba ritenersi ammissibile per tutte le categorie di creditori ovvero se esso sia limitato solo ad alcune di esse. Sicuramente deve ritenersi ammissibile l’intervento tardivo del creditore munito di titolo (visti gli articoli 528 e 565 c.p.c.), potendo tale creditore concorrere alla distribuzione del ricavato direttamente, ovvero senza accantonamenti di sorta. (90) In tal senso BARRECA, L’intervento dei creditori e il piano di riparto nelle procedure esecutive riformate, op. cit., 37-38, ove si osserva che, tenuto conto del disposto di cui all’art.499, comma 2, c.p.c., che fa riferimento all’«udienza in cui è disposta la vendita (..)», conserva efficacia l’orientamento interpretativo ante novella, secondo cui deve farsi riferimento all’udienza in cui la vendita viene effettivamente adottata. In senso analogo anche LUISO-SASSANI, La riforma del processo civile, Milano, 2006, 154; VERDE, Diritto processuale civile, Bologna, 2010, vol.IV, 78-79. Contra: PUNZI, Il processo civile. Sistema e problematiche, IV, Torino, 123; CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2012, 214, secondo i quali per prima udienza deve intendersi quella fissata per la comparizione delle parti, indipendentemente dalla concreta fissazione della vendita. (91) Così Cass. civ., sez. III, 18.01.2012, n°689, in Giust. civ. Mass. 2012, 1, 44. (92) In questo senso GARBAGNATI, voce Concorso dei creditori, in Enc. dir., VIII, Milano 1961, 541, il quale ammette che i creditori possano intervenire nel processo esecutivo sino alla chiusura della fase di approvazione del progetto. Ritengono ammissibili interventi successivi, fino all’effettiva distribuzione del ricavato, finalizzati ad ottenere l’assegnazione delle somme che dovrebbero essere restituite all’esecutato, TRAVI, voce Espropriazione presso terzi, in Noviss. dig. it., VI, Torino, 1968, 908 e, di recente, PISANU, L’intervento dei creditori in AA.VV., La nuova esecuzione forzata dopo la l. 18 giugno 2009, n. 69 a cura di DEMARCHI, Bologna, 2009, 204 ss.. (93) Vale a dire quei creditori le cui ragioni di credito non sono assistite da alcuna causa di prelazione. (94) Al riguardo, si veda meglio più avanti, al capitolo 8. Riproduzione riservata Natale Galipò 29 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Le difficoltà potrebbero riguardare la sorte dei creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati, ovvero avevano un diritto di prelazione o pegno, ovvero ancora erano titolari di un credito risultante da scritture contabili di cui al 2214 c.c. (in definitiva: per i creditori “non titolati”). La norma di soccorso è rappresentata dall’ultimo comma dell’art.499 c.p.c., il quale prescrive che anche i creditori non titolati partecipino alla distribuzione, direttamente o previo accantonamento, secondo gli esiti del procedimento di riconoscimento, il cui avvio è collocato dalla legge contestualmente all’ordinanza del giudice dell’esecuzione che autorizza la vendita. Dunque, il procedimento de quo sarebbe ammissibile solo per i creditori intervenuti prima che sia emessa tale ordinanza(95). Tuttavia, sono state prospettate varie ipotesi per ammettere l’esperibilità dell’intervento tardivo “non titolato”. Innanzitutto, si è sostenuto che esso, stante la lettera assolutamente generica dell’art. 510 c.p.c. (che consente l’accantonamento di tutti i crediti non muniti di titolo), potrebbe anche prescindere dal procedimento di riconoscimento di cui all’ultimo comma dell’art.499 c.p.c.: tale procedimento, infatti, sarebbe un “vantaggio” (perché il debitore potrebbe, riconoscendo esplicitamente o implicitamente il credito, provocarne la soddisfazione immediata) per il solo creditore non titolato tempestivo. Altra ipotesi prospettata esclude, invece, la possibilità di esperire un intervento “non titolato” a prescindere dal procedimento di riconoscimento, in quanto i termini (30 gg. successivi all’udienza per il riconoscimento del debito) per la presentazione dell’istanza e per fornire la prova di aver iniziato il procedimento volto all’ottenimento del titolo sarebbero perentori e, dunque, spirati questi, non sarebbe più ammissibile alcun intervento sprovvisto di titolo esecutivo(96). La posizione processuale degli intervenuti “tardivi” rispetto ai “tempestivi” ed il principio secondo il quale l’impulso al compimento degli atti esecutivi rimane di competenza dei soli “titolati”, siano essi tempestivi o tardivi, sono invece rimasti invariati. 7.- LA GRADUAZIONE DEI CREDITORI (cenni) La graduazione dei creditori concorrenti dovrà pertanto essere effettuata secondo l’ordine progressivo di soddisfazione dettato dal codice civile, ossia: 1. Creditori assistiti da privilegi speciali sugli immobili (art. 2771 - 2775 bis) (95) Osserva CAPPONI, Il processo esecutivo, Bologna, 2008, 151 ss., che il ritardo non produce altra conseguenza che quella di far perdere al creditore la chance del riconoscimento. La tardività non influisce quindi sulla possibilità di partecipare al procedimento esecutivo né sul diritto all’accantonamento (la cui istanza, in siffatta prospettiva, può essere presentata in ogni momento e anche in fase distributiva). (96) Per completezza, va rilevato che secondo Tribunale di Paola, 26 agosto 2011 (reperibile su www.ilcaso.it, I, 6543 - pubb. 19.09.2011) «nell’esecuzione immobiliare, il creditore intervenuto senza titolo esecutivo può beneficiare del procedimento di riconoscimento del credito solo nel caso in cui intervenga prima dell'udienza fissata ai sensi dell'articolo 569 c.p.c. Conseguentemente, deve tenersi inammissibile l'intervento non titolato spiegato in epoca successiva all'emissione del provvedimento di autorizzazione alla vendita del compendio pignorato». Riproduzione riservata Natale Galipò 30 [Documenti] 2. 3. 4. 5. Il Caso.it 6 febbraio 2014 Creditori assistiti da ipoteca Creditori con privilegio sussidiario sugli immobili (art. 2776 c.c. ) Creditori chirografari tempestivi Creditori chirografari tardivi Ai fini espositivi, la qualificazione dei creditori intervenuti - in ragione del rango di competenza - sarà preceduta dalla rassegna delle cause di prelazione che possono assistere le ragioni creditorie azionate nella procedura esecutiva. 8.- I CREDITI ASSISTITI DA CAUSE DI PRELAZIONE (privilegi, ipoteche, crediti con privilegio sussidiario) Si è già esposto(97) che, ai sensi dell’art. 2741 c.c., 2° comma, sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno (che riguarda le espropriazioni mobiliari) e le ipoteche. Saranno quindi passate in sintetica rassegna le diverse tipologie di privilegi immobiliari. §8.1.- CREDITI PRIVILEGIATI CHE LE LEGGI SPECIALI DICHIARANO PREFERITI AD OGNI ALTRO CREDITO L’art. 2777, 3° comma, c.c. dispone che «i privilegi che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro credito sono sempre posposti al privilegio per le spese di giustizia ed ai privilegi indicati nell'articolo 2751-bis». Si tratta di crediti piuttosto rari; all’interno di questa tipologia, sono compresi: o crediti da operazioni di finanziamento alle industrie previsti dall’articolo 3 del Decreto Legisl. Capo provv. Stato 1° ottobre 1947 n. 1075 che ha modificato l’articolo 7 del D.L. 1° novembre 1944 n. 364(98); o crediti dell’Amministrazione Militare per anticipazioni sulla indennità di espropriazione in caso di occupazione d’urgenza (art. 3 della Legge 25 agosto 1940 n. 1382); o crediti per finanziamenti ad imprese industriali le quali non abbiano la possibilità di avvalersi, in tutto o in parte, delle provvidenze stabilite dal decreto legislativo Luogotenenziale 1° novembre 1944, n. 367, e successive modificazioni, al fine di consentire alle imprese stesse il ripristino, la riconversione e la continuazione della propria attività con riguardo all'interesse generale ed a particolari necessità di carattere economico e sociale; o ogni altro credito indicato da leggi speciali con tali caratteristiche. (97) Cfr., Introduzione, alla nota 2 di pag. 2. (98) Detto decreto era stato abrogato, a decorrere dal 16 dicembre 2009, dall’art.2, comma 1, del D.L. 22.12.2008 n°200; successivamente, la sua efficacia è stata ripristinata dall’art. 1 della legge 18.02.2009, n°9, in sede di conversione. Riproduzione riservata Natale Galipò 31 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 E’ sempre necessario consultare la legge istitutiva del privilegio, anche al fine di prendere in considerazione eventuali disposizioni speciali riguardanti, ad esempio, i rapporti con i crediti ipotecari e l’efficacia con riferimento a successivi intestatari dell’immobile. §8.1.1.- Graduazione interna In caso di concorso di più privilegi che sono dichiarati preferiti ad ogni altro credito, e di insufficienza dell’attivo (caso raro) si fa luogo a ripartizione proporzionale (art. 2782 c.c.). §8.2.- CREDITI ASSISTITI DA PRIVILEGI SPECIALI SUGLI IMMOBILI I privilegi riguardanti gli immobili si configurano, come è noto, come privilegi speciali (art.2746 c.c.)(99). In virtù del disposto dell’art. 2748, 2° comma, c.c. i crediti aventi privilegio speciale sugli immobili sono preferiti ai crediti ipotecari se la legge non dispone diversamente. I crediti privilegiati sugli immobili, tenuto conto delle modifiche apportate dall’art.23 del D.L. 6.07.2011 n°98 (convertito, con modificazioni, in L. 15.07.2011 n°111)(100) sono previsti dall’art. 2772 all’art. 2775 bis del codice civile. I crediti in questione riguardano in genere, con riferimento all’immobile: - tributi indiretti: imposta di registro; imposta di successione e donazione; imposte catastali e ipotecarie; IVA relativa alla cessione dell’immobile, in caso di responsabilità solidale del cessionario; Invim, nel caso in cui sia richiesta all’acquirente per mancato pagamento da parte del venditore; crediti per concessione di acque e contributi per opere di bonifica e miglioramento. E’ stato introdotto un ulteriore privilegio a favore del promissario acquirente di immobile, per i crediti derivanti dalla mancata esecuzione del contratto (e cioè i crediti per la restituzione delle somme versate in acconto, per il pagamento del doppio della caparra e/o per il risarcimento danni - art. 2775 bis c.c.). NOTA: giova precisare che le tasse di registro, l’INVIM (per questa tenendo presente che non è più dovuta nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si sia verificato dopo il 1° gennaio 2003) o l’IVA da collocare in questo grado non sono quelle derivanti dalla vendita forzata in corso di procedura(101), bensì quelle eventualmente maturate in occasione di precedenti vendite (e cioè, in sostanza, della vendita con la quale il debitore abbia acquistato a suo favore), se impagate e se vi sia stato intervento da parte del Concessionario per la riscossione tributi. (99) In questo caso, cioè, la causa legittima di prelazione ha ad oggetto un bene determinato, in qualche modo connesso con la pretesa creditoria che si vuole garantire (così NERVI, Privilegio generale e speciale, in Il Diritto, op. cit., pag.473). (100) L’art.23, comma 38, del D.L. n°98/2011 ha infatti abrogato l’art.2771 c.c., intitolato “Crediti per le imposte sui redditi immobiliari”, riguardante i tributi diretti (imposte sulle persone fisiche o sulle società, imposta locale sui redditi, limitatamente alla quota di imposta imputabile ai redditi immobiliari). (101) Delle quali si è già detto in precedenza, al §4.1., alle note 31 e 32. Riproduzione riservata Natale Galipò 32 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Per le imposte indirette è infatti previsto un diritto di seguito, nel senso che l’esecuzione per imposte maturate prima o in occasione del trasferimento può essere proseguita a carico dell’acquirente (fatta eccezione per l’imposta suppletiva di registro)(102). §8.2.1.- In particolare: i singoli privilegi sugli immobili di cui all’art. 2780 c.c. L’ordine dei privilegi (cioè la scala legislativa che assegna ad ogni credito privilegiato il suo grado(103)) sugli immobili è disciplinato dall’art.2780 c.c., che così dispone: «Quando sul prezzo dello stesso immobile concorrono più crediti privilegiati, la prelazione ha luogo secondo l’ordine seguente: 1) i crediti per le imposte sui redditi immobiliari, indicati dall’articolo 2771( 104) (abrogato); (102) Come sarà meglio specificato nel prosieguo, non si ha invece possibilità di esercitare il privilegio contro terzi che abbiano acquistato il diritto di proprietà o una ipoteca prima del sorgere dell’imposta, e cioè prima della data dell’atto (mentre è ininfluente la data di registrazione) che abbia fatto sorgere il tributo (es. atto di vendita, atto di concessione della fornitura di acque pubbliche ecc.) (art. 2772 c.c.). (103) BIANCA, Diritto civile, op. cit., 127. (104) L’art.2771 c.c. stabiliva che: «(1) I crediti dello Stato per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l’imposta locale sui redditi, limitatamente all'imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di natura fondiaria non determinabili catastalmente, sono privilegiati sopra gli immobili tutti del contribuente situati nel territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili, senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla legge. (2) Il privilegio previsto nel primo comma è limitato alle imposte iscritte nei ruoli resi esecutivi nell’anno in cui il concessionario del servizio di riscossione procede o interviene nell’esecuzione e nell’anno precedente. (3) Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo sia stato determinato sinteticamente ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, la ripartizione proporzionale dell’imposta, prevista dal primo comma, viene effettuata sulla base dei redditi iscritti o iscrivibili ai fini dell'imposta locale sui redditi. (4) I crediti dello Stato per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l’imposta locale sui redditi, limitatamente all’imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di natura fondiaria non determinabili catastalmente, sono privilegiati sopra gli immobili tutti del contribuente situati nel territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili, senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla legge». L’articolo era stato precedentemente sostituito dall’art. 7 l. 29 luglio 1975, n. 426, e successivamente il secondo comma era stato sostituito dall’art. 341d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Con riferimento all’estensione di questa tipologia di privilegio, la giurisprudenza ha ritenuto che esso si estendesse all’indennità di mora (sul presupposto che essa assolve alla stessa funzione degli interessi) ma non alle soprattasse, che hanno natura afflittiva e non risarcitoria [in proposito, cfr. Cass. civ., sez. I, 29.10.1994, n°8930, in Fallimento 1995, 396, secondo cui «il privilegio sui mobili del debitore, accordato ai crediti dello Stato per Irpef dall'art. 2752 comma 1 c.c. (sostituito dall’art. 3 l. 29 luglio 1975 n. 426) - non suscettibile di applicazione analogica, data l’eccezionalità delle norme istitutive delle cause di prelazione - mentre si estende agli interessi, ai sensi dell’art. 2749 c.c., e all’indennità di mora, che assolve alla medesima funzione risarcitoria degli interessi, non si estende, invece, in mancanza di espressa previsione normativa (contenuta per contro nel comma 3 del citato art. 2752 c.c. relativamente all’Iva e nella normativa in materia di Invim, di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643) alle soprattasse per omesso pagamento dell’Irpef, che hanno natura non risarcitoria, ma afflittiva, essendo semplicemente annoverate tra le sanzioni a carico del contribuente» (nello stesso senso, Cass. civ., sez. I, 28.06.1994, n°6214, in Fallimento 1995, 68; e, già prima, Cass. SS.UU., 6.05.1993, n°5246, in Giust. civ. 1993, I, 1436, con superamento del precedente orientamento che era nel senso dell’estensibilità del privilegio alla soprattassa, sul presupposto che questa avesse la stessa natura del tributo principale - cfr. Cass. civ., sez. I, 10.08.1991, n°8753, in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 8). Per una conferma della estensione del privilegio Riproduzione riservata Natale Galipò 33 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 2) i crediti per i contributi, indicati dall’articolo 2775; 3) i crediti dello Stato per le concessioni di acque, indicati dall’articolo 2774; 4) i crediti per i tributi indiretti, indicati dall’articolo 2772; 5) i crediti per l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili;. 5-bis) i crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione dei contratti preliminari, indicati all’articolo 2775 bis». Di seguito una sintetica disamina sui privilegi previsti dalla citata disposizione. §8.2.2.- I crediti per i contributi per opere di bonifica e miglioramento (art. 2775 c.c.) La norma in esame stabilisce che «i crediti per i contributi indicati dall’articolo 864 sono privilegiati sugli immobili che traggono beneficio dalle opere di bonifica o di miglioramento. La costituzione del privilegio per le opere di miglioramento è subordinata all’osservanza delle leggi speciali». La disposizione conferisce rango privilegiato ai crediti dello Stato o di consorzi(105) per i contributi imposti ai proprietari iscritti in un comprensorio di bonifica oppure ai proprietari consorziati a scopo di miglioramento fondiario, per far fronte alle spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario. Per le opere di bonifica, il privilegio compete sui fondi compresi nel perimetro del comprensorio (art. 860 c.c.); per le opere di miglioramento, sui fondi di proprietà di consorziati compresi nell’ambito territoriale del consorzio. La qualità di consorziato e la collocazione del fondo nella circoscrizione territoriale del consorzio impositore sono presupposti tassativi per la configurazione del credito contributivo e la costituzione del privilegio(106). Il codice civile tace sull’opponibilità ai terzi di questi privilegi. Trova pertanto applicazione il Testo Unico sulla bonifica integrale (R.D. 13.02.1933 n°215), il quale designa i contributi dovuti ai consorzi di bonifica per le opere pubbliche come oneri reali, ponendoli a carico di chiunque sia divenuto proprietario del fondo (art.21, 1° comma, T.U.). Relativamente al limite temporale del privilegio in esame, mentre secondo alcune opinioni esso è limitato ai contributi dovuti per l’anno in corso e per quello antecedente l’espropriazione(107), secondo altri esso assiste invece anche crediti anteriori(108), salva la prescrizione del credito. all’indennità di mora, si v. Cass. civ., 25.01.1997, n°780, in Fallimento 1997, 1168 (con nota di STESURI)]. (105) I consorzi di bonifica sono persone giuridiche pubbliche (art.862, 4° comma, c.c.) mentre quelli di miglioramento sono generalmente persone giuridiche private, salvo che siano riconosciuti di interesse nazionale (art.863 c.c.). I contributi sono comunque privilegiati a prescindere dalla natura pubblica o privata del consorzio. (106) PRATIS, Della tutela dei diritti. Art.2740-2783, vol.II, Torino 1976, 352. (107) In tal senso, la risalente Cass. civ., 27.05.1940, n°1680, in Foro it., 1940, I, 1356; in dottrina, RUISIPALERMO, I privilegi, Torino, 1980, 478. (108) PRATIS, voce Privilegi (Diritto civile e tributario), in Nov. Dig. It., App. 1980, 1288. Riproduzione riservata Natale Galipò 34 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 § 8.2.3.- I crediti dello stato per le concessioni di acque (art. 2774 c.c.) Secondo l’articolo 2774: «I crediti dello Stato per i canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o di acque derivate da canali demaniali ovvero per i lavori eseguiti d’ufficio sono privilegiati sugli impianti, in conformità delle leggi speciali. Tale privilegio, per quanto riguarda i canoni, non è opponibile ai terzi che hanno acquistato diritti sugli immobili anteriormente all’atto di concessione o, trattandosi di crediti per lavori, anteriormente al sorgere dei crediti stessi». Le leggi speciali richiamate dalla norma in commento sono rappresentate dal R.D. 11.11.1933 n°1175 ((T.U. acque pubbliche, art.39) e dal R.D. 3.05.1937 n°899 (Disposizioni regolamentari sui canali demaniali, art.23). Il privilegio dello Stato grava sugli impianti relativi alla concessione indicati agli artt. 25, 28 e 30 del R.D. n°1775/33 e comprende i crediti dello Stato per canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o acque derivate da canali demaniali, ovvero per il corrispettivo di lavori eseguiti d’ufficio(109). Sono esclusi gli altri crediti in materia di acque pubbliche che riguardano enti o persone diverse dallo Stato. Il secondo comma della norma fa salvi i diritti dei terzi acquisiti anteriormente all’atto di concessione, per quanto concerne i canoni, o anteriormente all’esecuzione dei lavori d’ufficio, per i crediti ad essi relativi. § 8.2.4.- I crediti per i tributi indiretti (art. 2772 c.c.) Secondo l’articolo 2772 c.c. : «Hanno pure privilegio i crediti dello Stato per ogni tributo indiretto, nonché quelli derivanti dall'applicazione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce. I crediti dello Stato, derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, hanno privilegio, in caso di responsabilità solidale del cessionario, sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio prestato. Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa, verso il cessionario ed il committente, previsti dalle norme relative all’imposta sul valore aggiunto, sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio. Il privilegio non si può esercitare in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili. Per le imposte suppletive il privilegio non si può neppure esercitare in pregiudizio dei diritti acquistati successivamente dai terzi. Lo stesso privilegio, per quanto riguarda l’imposta di successione, non ha effetto a danno dei creditori del defunto che hanno iscritto la loro ipoteca nei tre mesi dalla morte di lui, né ha effetto a danno dei creditori che hanno esercitato il diritto di separazione dei beni del (109) PARENTE , Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, Napoli, 1981, 277; PRATIS, voce Privilegi (Diritto civile e tributario), op. cit., 1287. Riproduzione riservata Natale Galipò 35 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 defunto da quelli dell’erede». Va ricordato che, trattandosi di privilegio speciale, tale privilegio immobiliare grava esclusivamente sull’immobile per cui è dovuta l’imposta e non può farsi valere su immobili del contribuente diversi rispetto a quelli cui il tributo si riferisce(110); esso trova fondamento nell’esigenza di assicurare con mezzi efficaci la riscossione dei pubblici proventi(111). Il privilegio in commento comprende: o l’imposta di registro(112); o l’IVA (e relative soprattasse e pene pecuniarie), relativa alla cessione dell’immobile in caso di responsabilità solidale del cessionario(113); o l’imposta sulle successioni e donazioni(114); (110) Così, ad es., TUCCI, I privilegi, in Trattato dir. priv., diretto da P. Rescigno, op. cit., 567; PRATIS, voce Privilegi (Diritto civile e tributario), cit., 1287; PARENTE, ibidem, 283). (111) Cfr. PARENTE, ibidem, 283. (112) Per l’imposta di registro viene in rilievo il D.P.R. 26.04.1986 n°131, e in particolare gli artt.56 e 58. (113) L’art.2772 c.c. concede il privilegio speciale immobiliare ai crediti dello Stato derivanti dall’applicazione dell’IVA, in caso di responsabilità solidale del cessionario [sebbene la norma menzioni il solo cessionario, é indubbio che essa comprenda anche il committente, come si desume dalla specificazione, in essa contenuta, che il privilegio si esercita sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio prestato (art.2772, 2° comma)], nonché ai crediti di rivalsa per l’IVA spettanti ai sostituti d’imposta. Oggetto del privilegio sono gli immobili ceduti o quelli ai quali si riferisce il servizio prestato (art.2772, 2° e 3° comma). Si ritiene che il legislatore abbia formulato la regola della responsabilità solidale del cessionario e del committente, nel caso in cui la fattura non sia stata emessa o risulti mancante delle prescritte indicazioni (art. 41, 1° comma, D.P.R. n°633/1972), di fatto parificando le posizioni del cessionario e del committente nella diretta responsabilità per il pagamento dell’imposta, per costringere il destinatario a pretendere il rilascio delta fattura e a controllare la veridicità e l’esattezza del suo contenuto (PARENTE, Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, op. cit., 287). Il privilegio speciale, inoltre, assiste i crediti di rivalsa verso il cessionario o il committente sui beni che hanno costituito oggetto della cessione a cui si riferisce il servizio, secondo l’ordinario meccanismo applicativo dell’imposta (PARENTE, ibidem, 288). Per effetto degli interventi legislativi di contrasto del fenomeno di evasione dell’iva, contenuti nella L. 24.12.2007, n°244 (c.d. Finanziaria 2008), l’acquirente di un immobile che non agisce con partita IVA, già sottoposto al regime del reverse charge (art. 17, 6° comma, lett. a bis), D.P.R. n°633/1972), qualora l’importo del corrispettivo indicato nell’atto di cessione avente ad oggetto un immobile e nella relativa fattura sia diverso da quello effettivo, è considerato responsabile in solido con il cedente per il pagamento dell’imposta relativa alla differenza tra il corrispettivo effettivo e quello indicato, nonché della relativa sanzione (art. 1, 164° comma, L. n°244/2007) e il credito dello Stato per l’imposta e le sanzioni, nei confronti dell’acquirente, è assistito dal privilegio speciale immobiliare ex art.2772 c.c. (art.1, 165° comma, L. n°244/2007; art. 62, 5° comma, D.P.R. n°633/72). In buona sostanza, lo Stato, al fine di ottenere il soddisfacimento del credito di riscossione dell’IVA e delle sanzioni, può agire nei confronti di chiunque vanti diritti sull’immobile oggetto di sottofatturazione: «quindi, sia verso chi l’abbia comprato sia verso i suoi successivi futuri acquirenti, travolgendo anche i diritti che nel frattempo siano stati acquisiti sull’immobile (per esempio, l’ipoteca iscritta da una banca per garantire un mutuo concesso all’acquirente dell’immobile)» - in termini, BUSANI, L’evasione dell’Iva sulla casa pesa sugli acquirenti futuri, in Il Sole24ore, 7 febbraio 2008). (114) L’imposta sulle successioni e sulle donazioni, disciplinata dal D. Lgs. 31.10.1990 n°346, è stata prima soppressa dall’articolo 13, comma 1, della legge 18.10.2001, n°383, e poi ripristinata dall’articolo 2, comma 47, del D.L. 3.10.2006, n°262 (conv. in legge n°286/2006) con l’introduzione di ulteriori parametri di calcolo, dipendenti dall’imponibile e dall’intensità del rapporto parentale tra il defunto e il beneficiario. Il privilegio che assiste l’imposta sulle successioni non è opponibile ai creditori del defunto che abbiano iscritto ipoteca nei tre mesi dalla sua morte e dalla conseguente apertura della successione (Cass. civ., 14.12.1971, n°3637 - per PARENTE, ibidem,281, si tratta di una deroga espressa alla regola legale di risoluzione dei conflitti tra crediti assistiti da privilegio speciale immobiliare e crediti ipotecari ex art.2748, 2° co., c.c.), né ai terzi cui l’immobile sia stato trasferito dal defunto nell’ultimo semestre di vita (Cass. civ., sez. I, 5.02.1996, n°945, in Foro it., 1996, I, 2486). Riproduzione riservata Natale Galipò 36 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 o l’imposta di bollo(115); o l’imposta ipotecaria (e catastale); o l’INVIM(116). L’art. 2772, 4° e 5° comma, c.c. stabilisce due regole comuni ai privilegi immobiliari che assistono i crediti per i tributi indiretti: il divieto di esercitare il privilegio in pregiudizio dei diritti anteriori del terzi sull’immobile e il diritto di seguito contro i terzi subacquirenti (117). Il privilegio non pregiudica pertanto i diritti acquistati anteriormente dai terzi sugli immobili(118); l’anteriorità dell’acquisto deve risultare da data certa, ma la norma non menziona la trascrizione, che si ritiene quindi non occorrente(119). Al fine poi di valutare l’anteriorità dei diritti dei terzi, va rilevato che il privilegio, in caso di imposta principale, nasce al momento della formazione dell’atto, non al tempo dalla sua registrazione: è la data di perfezionamento della fattispecie a rappresentare il parametro cronologico di qualificazione dell’anteriorità o della succedaneità dei diritti dei terzi(120) . I terzi acquirenti dell’immobile sottoposto al privilegio non sono debitori d’imposta, ma soltanto, e limitatamente al valore dell’immobile su cui grava il privilegio, quali terzi possessori assoggettati all’esecuzione, responsabili della somma dovuta a titolo di imposta (responsabili di un debito altrui)(121); conseguentemente, essi hanno diritto di regresso nei (115) Il testo normativo di riferimento è il D.P.R. 26.10.1972 n°642, composto di 42, una Tariffa - Parte prima (Atti, documenti e registri soggetti all’imposta fin dall’origine), una Tariffa - Parte seconda (Atti e scritti soggetti all'imposta di bollo solo in caso d’uso) e da una Tabella (Atti documenti e registri esenti in modo assoluto dall'imposta di bollo). (116) Con riferimento all’INVIM, si è ritenuto che l’acquirente di un immobile che, in forza del privilegio gravante sul bene ex art. 2772 c.c., venga escusso per il pagamento dell’imposta dovuta dal venditore, soddisfa un debito altrui e, pertanto, ha diritto di regresso nei confronti del venditore medesimo, senza che rilevino le eccezioni da quest’ultimo opponibili all’amministrazione finanziaria (Cass. civ., sez. I, 27.04.1988, n°3177, in Giust. civ., 1988, I, 2281). Qualora l’amministrazione finanziaria, per il pagamento dell’INVIM dovuta dal venditore di un immobile, si rivolga all’acquirente in forza del privilegio di cui all’art. 28 D.P.R. 26.10.1972 n°643 e dell’art.2772 c.c., la controversia promossa da detto acquirente per contestare l’esistenza, l’esigibilità o misura del tributo, ovvero l’esistenza o legittimità del privilegio, rientra nella giurisdizione delle commissioni tributarie, poiché il suddetto privilegio integra una qualità intrinseca del credito d'imposta, azionabile contro quel soggetto diverso dal debitore ma non estraneo al rapporto tributario (Cass. civ., SS.UU., 28.10.1995, n°11302, in Corriere trib. 1996, 345). (117) In tema, v. PRATIS, Della tutela dei diritti. Art.2740-2783, vol.II, Torino 1976, 341; RUISI-PALERMO, I privilegi, op. cit., 480. (118) Il privilegio non può esercitarsi in pregiudizio delle ipoteche iscritte anteriormente dai terzi, in quanto l’art.2772 c.c. non distingue tra diritti reali di godimento e diritti reali di garanzia. (119) PRATIS, op. ult. cit., 342; PAVARIN, Comm. breve al codice civile, op. cit., sub. art. 2772, p. 2308). (120) Cfr. MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, op. cit., 360. (121) Così Cass. civ,, sez. I, 27.04.1984, n°2644, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4. Secondo Cass. civ., sez. II, 26.04.2005, n°8678, in Giust. civ. 2006, 11, 2492 «il privilegio previsto dall’art. 2772 c.c. consente al creditore, al pari della ipoteca, di perseguire l’immobile su cui grava anche se sia passato in proprietà di persona diversa dal debitore di imposta. Il terzo proprietario dell'immobile gravato dal privilegio per tributi indiretti, peraltro, al pari di quello dell'immobile oggetto di ipoteca, non è debitore della imposta e, essendo soltanto responsabile del debito nei limiti del valore del bene, è assoggettabile solo a azione esecutiva, fondata su un titolo formato nei confronti del debitore d’imposta. Deriva da quanto precede, pertanto, che intervenuto il fallimento del debitore d’imposta, questi deve ritenersi processualmente capace nel giudizio promosso nei suoi confronti dal creditore, già definitivamente ammesso al passivo fallimentare, per ottenere una pronuncia sul credito al fine di procedere esecutivamente nei confronti del terzo proprietario dell'immobile, gravato anteriormente al fallimento da un privilegio con diritto di seguito». Riproduzione riservata Natale Galipò 37 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 confronti degli effettivi debitori d’imposta. Va poi ribadito che, ai fini dell’opponibilità ai terzi, non si ritiene necessario pubblicizzare il privilegio: ciò in quanto la trascrizione non è una formalità di natura costitutiva tra le parti, ma è richiesta solo per l’efficacia nei riguardi dei terzi che intendano entrare in rapporto con il proprietario dell’immobile per conoscere la reale condizione del bene: nella nozione di terzi non può includersi il creditore privilegiato(122), il quale è parte del rapporto prelatizio, sicché gli è estranea la funzione di pubblicità che connota l’istituto della trascrizione(123). § 8.2.5.- I crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione dei contratti preliminari (art.2775 bis c.c.) Secondo l’art. 2775 bis c.c. (aggiunto dall'art. 3, D.L. 31.12.1996, n°669, convertito, con modificazioni, in L. 28.12.1997, n°30) : «Nel caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis, i crediti del promissario acquirente che ne conseguono hanno privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell'intervento nell’esecuzione promossa da terzi. Il privilegio non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativa a mutui erogati al promissario acquirente per l'acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell'articolo 2825-bis». La norma disciplina il privilegio speciale sui beni immobili oggetto di contratto preliminare trascritto, a garanzia del credito di restituzione del promissario acquirente per la mancata esecuzione del contratto. I crediti del promissario acquirente di immobile riguardano: la restituzione delle somme versate; il pagamento del doppio della caparra o per risarcimento danni; le spese giudiziali conseguenti alla necessità di far valere l’inadempimento. NOTA: i crediti privilegiati del promissario acquirente cedono di fronte ai crediti garantiti da ipoteca per mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene (art. 2775-bis comma 2) ovvero di fronte ai crediti fondiari per il finanziamento dell’intervento edilizio (anche art. 2825-bis); secondo l’orientamento tradizionale (rappresentato da Cass. civ., 14.11.2003 n°17197, in Riv. notariato 2004, 534) il credito del promissario acquirente (privilegiato ai sensi dell’art.2775 bis c.c.) prevaleva sul credito dell’ipotecario anche nell’ipotesi in cui l’iscrizione fosse stata eseguita anteriormente alla trascrizione del contratto preliminare. (122) Cass. civ., SS.UU., 28.10.1995, n°11302, in Giur. Imposte, 1996, 320. (123) TUCCI, I privilegi, in Trattato dir. priv., op. cit., 1997, 730 ss.; PRATIS, Della tutela dei diritti. Art.2740-2783, op. cit., 1976, 342; ANDRIOLI, Dei privilegi, in Comm. Scialoja. e Branca (..), op. cit., 1958, 249. Riproduzione riservata Natale Galipò 38 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 L’indirizzo interpretativo è però mutato a seguito di Cass., Sez. Un., 1.10.2009, n°2145 (in Foro it. 2010, 5, 1550) la quale ha statuito che il privilegio speciale sul bene immobile (che assiste ai sensi dell'art. 2775-bis c.c. i crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c.), in quanto subordinato ad una particolare forma di pubblicità costitutiva come previsto dall'ultima parte dell'art. 2745 c.c., resta sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio sull’ipoteca (sancita, se non diversamente disposto, dal comma 2 dell'art. 2748 c.c.) e soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità degli atti. In definitiva, i crediti assistiti dal privilegio ex art.2775 c.c. possono prevalere sull’ipoteca solo nel caso in cui il contratto preliminare sia stato trascritto prima dell’iscrizione dell’ipoteca(124). La ratio della deroga all’ordine delle prelazioni va individuata nella circostanza che l’acquirente di un bene, effettuato mediante un mutuo di scopo per provvista del prezzo, fa assumere all’acquirente, insieme al vantaggio (il diritto di proprietà) anche l’onere (il diritto di ipoteca) gravante sul bene. § 8.2.6.- Estinzione del privilegio Per i tributi indiretti riferibili ad un acquisto immobiliare, il privilegio può essere esercitato dall’Erario in danno dei terzi nel termine di cinque anni, decorso il quale viene meno la preferenza riservata al credito erariale. Nel caso dell’imposta di registro, il privilegio si estingue decorsi cinque anni dalla data di registrazione dell’atto (art. 56, 4° comma, d.p.r. 131/86); lo stesso termine era esteso all’Invim (art.31 DPR n°643/1972); per le imposte ipotecarie e catastali, rileva quella stessa data, o la data in cui è stata eseguita o doveva essere eseguita la formalità o la voltura (articolo 17, 4° comma, D. Lgs. n°347/90). Per l’imposta di successione, i cinque anni decorrono dalla data di apertura della successione, o dal giorno di scadenza dell’ultima rata in caso di dilazione, ovvero dal giorno di decadenza per l’accertamento in caso di omessa dichiarazione (art.41 D. Lgs. n°346/90); in tale ultima eventualità, il termine è perciò particolarmente esteso, potendo arrivare allo spirare dell’undicesimo anno dall’apertura della successione. Il termine è di decadenza (e non di prescrizione), e perciò non suscettibile di sospensione o di interruzione(125). Trascorso il termine senza che l’Amministrazione finanziaria abbia iniziato l’azione esecutiva sottoponendo l’immobile al pignoramento, il privilegio non è più esercitabile (124) Il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite è confermato anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità: Cass. civ., Sez. I, 27.11.2012, n°20974 e Cass. civ., sez. I, 9.01.2013 n°341, in Fallimento n°4/2013, 412 ss.. (125) Cfr. Cass. civ., sez. I, 15.02.1995, n°1622, in Fallimento, 1995, 1109; Cass. civ., sez. I, 27.04.1984 n°2644, in Giur. Impr., 1985, 286. Si veda anche Cass. civ., Sez. Trib., 8.03.2000, n°2608. In dottrina, v. PARENTE, Nuovo ordine dei privilegi e autonomia privata, op. cit., 292). Per l’imposta principale, il momento costitutivo del privilegio si identifica con il sorgere del credito tributario e quindi con il verificarsi del presupposto di fatto della registrazione (Cass. civ., sez. I, 26.01.1981, n°571, in Riv. Giur. Ed., 1981, 1, 696; Cass. civ., sez. I, 11.05.1978, n°2294, in Foro it., 1979, I, 444; contra, Trib. Napoli 15 luglio 1960). Dal momento della registrazione dell’atto nasce invece il contributo suppletivo o complementare (Cass. civ., n°571/1981, cit.). Riproduzione riservata Natale Galipò 39 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 contro le ragioni dell’acquirente, anche se posto a garanzia dell’imposta complementare. In tali casi, dunque, i relativi crediti vengono posti in progetto al rango chirografario. §8.2.7.- Estensione del privilegio Il privilegio del credito principale si estende - comunicando il proprio rango (privilegiato) anche alle spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione e agli interessi per l’anno in corso alla data del pignoramento e per quello anteriore (2749, 1° comma, c.c.) [diversamente che per l’ipoteca, in cui si prevedono i due anni anteriori e l’anno in corso]. Gli interessi maturati dopo l’anno in corso sono ammessi al privilegio solo nella misura legale (art. 2749, 2° comma, c.c.). Sono coperti dal privilegio: • interessi (per rateazione, per ritardata iscrizione a ruolo, per mora, ecc.)(126); • spese ordinarie per l’intervento nel giudizio di esecuzione (spese sostenute dal creditore nel proprio interesse, compresi gli onorari/compensi di avvocato) ; • soprattasse per IVA e INVIM (non per gli altri tributi)(127) ; • pene pecuniarie per IVA (art. 2752 3° comma c.c.) ; • crediti del promissario acquirente di immobile per la restituzione delle somme versate, per il pagamento del doppio della caparra o per risarcimento danni. Non sono coperti dal privilegio: o indennità di mora (soppressa a decorrere dall’1.01.1990 e sostituita dagli interessi semestrali di mora in dipendenza dell’entrata in vigore del D.P.R. 28.01.1988 n°43)(128); (126) In dottrina (RUISI-PALERMO, I privilegi, op. cit., 1980, 439; MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, op. cit., 1995, 326) si è sostenuto che, in virtù del principio di estensione del privilegio a taluni accessori del credito (art.2749 c.c.), inserito tra le disposizioni generali in materia di privilegi (Sezione I, Capo II, Titolo III, Libro VI del codice civile) la questione degli interessi sui crediti tributari sembra trovare disciplina nella disposizione dell’art. 2749 c.c., che consente di riconoscere agli interessi del credito d’imposta, a prescindere dal tasso e dal criterio di misurazione, la stessa posizione privilegiata del capitale imputato al contribuente. Sull’estensione del privilegio agli interessi, cfr. Cass. civ., n°6214/94 e Cass. SS.UU., n°5246/93, entrambe citate alla superiore nota 104; anche l’indennità di mora/interessi di mora (art.61 D.P.R. 28.01.1988 n°43), in quanto partecipe della natura accessoria e risarcitoria tipica degli interessi, gode della tutela privilegiata (Cass. civ. n°8930/94 e Cass. civ. n°780/97, anch’esse richiamate alla nota 104). (127) Va rilevato che ai sensi dell’art.26, 1° comma, del D. Lgs. 18.12.1997 n°472 «il riferimento alla soprattassa e alla pena pecuniaria, nonché ad ogni altra sanzione amministrativa, ancorché diversamente denominata, contenuto nelle leggi vigenti, è sostituito con il riferimento alla sanzione pecuniaria, di uguale importo». (128) Così espressamente le circolari dei Tribunali di Pescara e di Savona. Va tuttavia osservato che per Cass. civ., sez. I, 14.05.1997, n°4255, in Giust. civ. Mass. 1997, 742, «nel regime dell’art. 30 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 l’indennità di mora (soppressa a far tempo dal 1 gennaio 1990 e sostituita con gli interessi semestrali di mora, in conseguenza dell’entrata in vigore del d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43) ragguagliata al fatto oggettivo dell'omesso pagamento nel termine, con due tassi unici e forfettari non ragguagliati alla durata del ritardo nella soddisfazione, del credito di imposta, costituisce un accessorio naturale e necessario del tributo come indennizzo forfettario avente il medesimo carattere pubblicistico del tributo stesso, che fa carico all’obbligato per una causa oggettiva indipendentemente da ogni Riproduzione riservata Natale Galipò 40 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 o soprattasse per tributi diversi da Iva e Invim(129); o pene pecuniarie per tributi diversi dall’Iva(130); o compensi all’esattore per la riscossione degli importi iscritti a ruolo, come previsti dal D.P.R. 28.01.1988 n°43(131). § 8.2.8.- Concetto di “anno in corso” Per la determinazione del privilegio si rimanda a quanto sarà esposto in tema di ipoteca. § 8.2.9.- Graduazione interna Come già enunciato, l’ordine dei privilegi sugli immobili (attesa l’avvenuta abrogazione dell’art. 2771 c.c.) è enunciato dall’art. 2780 c.c. come segue: 1. contributi per opere di bonifica e miglioramento (indicati dall’art. 2775 c.c.) 2. crediti dello Stato per concessione di acque (indicati dall’art. 2774 c.c.) 3. crediti per tributi indiretti (indicati dall’art. 2772 c.c.) 4. crediti per l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (ove ancora dovuta) 5. crediti del promissario acquirente dell’immobile per mancata esecuzione dei contratti preliminari (indicati dall’art. 2775-bis c.c.). soggettiva valutazione del comportamento dell’obbligato e da ogni possibilità di indagine sull'imputabilità dell’inadempimento, con la conseguente ammissibilità al passivo fallimentare del credito per la suddetta indennità di mora, maturata successivamente alla sentenza dichiarativa di fallimento». (129) Così Cass. civ., SS.UU., n°5246/93, cit.. In dottrina, cfr. MIGLIETTA E PRANDI, I privilegi, op. cit., 1995, 330, secondo i quali il privilegio ex art.2752 c.c. non può essere riconosciuto alle soprattasse dell’imposta, la cui origine risale all’art.5, L. 7.01.1929 n°4, attesa la loro natura di sanzioni amministrative, finalizzate a colpire l’inerzia del debitore e a stimolare la diligenza del contribuente. (130) Le pene pecuniarie, di regola, vanno escluse dal privilegio in quanto, per la loro natura punitiva, sono assimilabili alle multe e alle ammende (in dottrina, cfr. GIULIANI, Violazioni e sanzioni delle leggi tributarie, Milano, 1981, 20; MIGLIETTA E PRANDI, ibidem, 333; in seno alla giurisprudenza, per Cass. civ., sez. I, 18.09.2008, n°23808, in Giust. civ. Mass. 2008, 9, 1378, «la natura afflittiva e personale della sanzione (…) in generale esclude la natura privilegiata». In senso analogo, anche Cass. civ., sez. I, 22.07.1995, n°8047, in Giust. civ. Mass. 1995, 1417). Per completezza, si segnala l’orientamento che sottolinea la competenza esclusiva del legislatore ad esplicitare l’estensione del privilegio agli accessori del credito, come avviene, per l’appunto nell’art.2752, 3° comma, a proposito dei crediti dello Stato per l’IVA, il cui privilegio è testualmente riconosciuto alle pene pecuniarie e alle soprattasse dovute (MIGLIETTA E PRANDI, ibidem, 333). La correttezza dell’impostazione in commento è confermata anche dalla riscrittura dell’art.2752 c.c. operata dal D.L. 6.07.2011 n°98 (di cui si dirà meglio infra), che ha esteso espressamente alle sanzioni irrogate relative ai tributi indicati al 1° comma della disposizione in parola (IRPEF, IRPEG, ILOR, IRAP, IRES) lo stesso privilegio già riconosciuto dall’art.2752, 3° co., c.c. alle sanzioni in materia di IVA. (131) Per Tribunale Torino, 08.05.1993, in Fallimento 1993, 1275 (con osservazioni di ANNI), «il credito per compenso relativo alla riscossione coattiva dei tributi diretti, ai sensi dell’art. 61 comma 6 lett. b) del d.P.R. n. 43 del 1988, non fa parte dell'obbligazione tributaria, ma deve essere considerato esterno ed aggiuntivo rispetto a quest’ultima e proprio ed esclusivo del concessionario e non del fisco. Pertanto tale credito non è assistito da alcun privilegio» (in senso analogo anche Appello Trento, 12.01.1996, in GT Riv. giur. trib. 1996, 1083, con nota di ANNI). Riproduzione riservata Natale Galipò 41 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Quanto al concorso di crediti ugualmente privilegiati vale il principio del paritario concorso proporzionale (art. 2782 c.c.) §8.3.- CREDITI ASSISTITI DA IPOTECA Dopo i privilegi speciali sugli immobili nell’ordine di graduazione concorrono i crediti ipotecari. L’ipoteca può essere volontaria, legale o giudiziale. L’ipoteca volontaria (che deriva cioè dalla volontà del debitore o di un terzo che la costituisce a garanzia di un debito altrui - c.d. terzo datore di ipoteca) consegue a un atto di concessione di ipoteca, generalmente inserito in un altro contratto (es. mutuo) oppure rappresentato da una dichiarazione unilaterale del costituente (art.2821 c.c.); quella legale è contemplata e disciplinata dall’art. 2817 c.c. a favore di specifiche categorie di soggetti in dipendenza della ricorrenza di determinate situazioni giuridiche(132) (può, ad es., conseguire ad una vendita per la quale non sia stato ancora pagato l’intero prezzo - ipotesi molto rara, in quanto le compravendite avvengono sempre con il versamento dell’intero prezzo); quella giudiziale è iscritta sulla base di un provvedimento giudiziale di condanna al pagamento di una somma di denaro (sentenza, decreto ingiuntivo) ovvero ad adempiere una qualsiasi altra obbligazione(133) (art.2818 c.c.) . NOTA: L’IPOTECA DEL CONCESSIONARIO DELLA RISCOSSIONE Un particolare tipo di ipoteca legale che si riscontra spesso all’interno delle procedure esecutive immobiliari è quella iscritta dell’Agente della riscossione (in Sicilia, la Riscossione Sicilia S.p.A., altrove la holding Equitalia S.p.A. con le società appartenenti al gruppo) in virtù del disposto dell’art.77 D.P.R. n°602/1973. Detta norma dispone che: «1. Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede. 1-bis. L’agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può' iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, purchè' l’importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro. 2. Se l'importo complessivo del credito per cui si procede non supera il cinque per cento del valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione determinato a norma dell'articolo 79, il concessionario, prima di procedere all'esecuzione, deve iscrivere ipoteca. Decorsi sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all’espropriazione. 2-bis. L'agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario dell'immobile una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento (132) In particolare l’ipoteca legale è prevista in favore dell'alienante sopra gli immobili alienati per l’adempimento degli obblighi che derivano dall'atto di alienazione (ipoteca dell’alienante) e in favore dei coeredi, dei soci e degli altri condividenti per il pagamento dei conguagli sopra gli immobili assegnati ai condividenti ai quali incombe tale obbligo (ipoteca del condividente). (133) Come pure al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente (art.278 c.p.c.) ed ogni altro provvedimento giudiziale cui la legge annetta tale capacità (ad es. la sentenza di separazione personale tra coniugi e quella di divorzio). Riproduzione riservata Natale Galipò 42 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1». Si tratta, come anticipato, di una ipotesi di ipoteca legale, in quanto espressamente prevista dalla legge al fine di riservare una particolare tutela al credito alla cui garanzia assolve, introdotta allo scopo di assicurare la riscossione delle entrate; essa attribuisce all’Agente i diritti previsti dall'art.2808 c.c. e, in particolare, il diritto di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo del ricavato dall’espropriazione e il diritto di procedere ad esecuzione sul bene anche se la proprietà di questo venga trasferita ad altri(134). Ai fini del diritto di prelazione non rileva se una ipoteca sia di un tipo piuttosto che di un altro. L’ipoteca si costituisce al momento dell’iscrizione nei pubblici registri immobiliari (art.2808 c.c.) del luogo in cui si trova l’immobile (art.2827 c.c.): dalla natura pacificamente costitutiva della pubblicità dell’ipoteca deriva che essa assume il grado dal momento della sua iscrizione (art.2852 c.c.), sicché diviene essenziale il numero d’ordine dell’iscrizione (che determina quindi il grado dell’ipoteca): così se un immobile vi sono due ipoteche, una iscritta il 1° gennaio a favore di Tizio e l’altra iscritta a favore di Caio lo stesso giorno ma con un numero d’ordine successivo, Tizio avrà ipoteca di primo grado, mentre quella di Caio sarà di secondo grado. Ne consegue pertanto che, quando sullo stesso immobile sono iscritte più ipoteche, i crediti dalle stesse garantiti saranno soddisfatti in base al grado ipotecario di iscrizione di ciascuna di esse, mentre nell’ipotesi in cui vari crediti siano garantiti da ipoteche aventi il medesimo grado la distribuzione dovrà essere operata in proporzione dei rispettivi importi (art. 2854 c.c.). Ai sensi dell’art. 2916 c.c. non danno luogo alla prelazione le ipoteche iscritte in epoca successiva alla trascrizione dell’atto di pignoramento; tali creditori andranno perciò collocati in sede di riparto come creditori in chirografo. A norma dell’art. 2847 c.c. l’iscrizione ipotecaria perde efficacia se non viene rinnovata nel termine dei venti anni dalla iscrizione(135)(136), anche se il creditore ipotecario abbia (134) La speciale ipoteca del concessionario della riscossione si caratterizza, in realtà, come un istituto sui generis, non potendo del tutto essere equiparata ad una ipoteca giudiziale o legale. Infatti, se un orientamento piuttosto stabile tende ad accostarla all’ipoteca legale ex art.2817 c.c., a differenza di questa, però, l’ipoteca di cui all’art.77 DPR 602/1973 viene iscritta in base ad un titolo, il ruolo predisposto dall’Ente impositore, al quale la legge attribuisce espressamente tale effetto, nonché quello esecutivo, sia pure non sia titolo di provenienza giudiziale. Essa ha peraltro natura diversa dall'ipoteca prevista dall'art. 26 della legge 7.01.1929, n°4 (c.d. ipoteca cautelare fiscale) che costituiva una misura cautelare applicabile indipendentemente dall’accertamento sull’esistenza e sull’entità dell’obbligazione tributaria e che assolveva la stessa funzione del sequestro conservativo. (135) Cfr. Cass. civ., sez. I, 01.04.2011, n°7570, in Giust. civ. Mass. 2011, 4, 531, che esamina le differenze tra l’esecuzione concorsuale (nella quale il credito garantito da ipoteca, una volta ammesso al passivo al rango ipotecario, non può essere degradato al chirografo, anche se l’ipoteca non viene successivamente rinnovata; e l’esecuzione individuale, «in cui l’iscrizione non deve aver superato il ventennio alla data della vendita forzata, che concreta l'espropriazione che il creditore ha diritto di chiedere, mentre nella procedura concorsuale la vendita è disposta su iniziativa del curatore». (136) Una eccezione è rappresentata dalle iscrizioni eseguite a garanzia di mutui fondiari stipulati entro il 31.12.93, dal momento che l’art. 19 R.D. 16.07.1905 n°646 dispone(va) che «(I) Le iscrizioni ipotecarie prese dall’istituto e quelle alle quali esso fosse subentrato per surrogazione o cessione saranno rinnovate d’ufficio dai conservatori delle ipoteche nei termini e modi stabiliti dalla legge. (II) Senza pregiudizio dell'obbligo della responsabilità dei conservatori delle ipoteche per la rinnovazione d’ufficio, gl’istituti Riproduzione riservata Natale Galipò 43 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 dato avvio alla procedura esecutiva, e fino al momento del versamento del prezzo dell’immobile esecutato(137): ne consegue che se il decorso del termine ventennale si è hanno diritto di conseguire, senza spese, la rinnovazione delle ipoteche nei termini e modi stabiliti dalla legge». L’art.4, 3° comma, del D.P.R. 21.01.1976 n°7 (poi trasfuso nell’art.6, comma 3, L. 6.06.1991 n°175) ha poi stabilito che «le iscrizioni ipotecarie medesime sono rinnovate d’ufficio dai conservatori dei registri immobiliari nei termini e nei modi stabiliti dalla legge. L'ente ha diritto, in ogni tempo, di conseguire senza spese la rinnovazione delle ipoteche, ferma restando la responsabilità dei conservatori per la rinnovazione d’ufficio». Sul punto, e con riferimento all’interpretazione dell’inciso “in ogni tempo” di cui al citato art.4 L. n°175/1991, va evidenziato che secondo Tribunale di Roma, sentenza depositata il 7.06.2012, inedita (ma reperibile all’indirizzo web http://www.iure.it/pdf/pubblicazioni/pubblicazione _1.pdf - accesso 10.12.2013), la quale richiama in parte motiva una precedente ordinanza del IV Sez. del 7.02.2012 dello stesso Tribunale, le (previgenti) norme in materia di credito fondiario consentono di ricavare che «che esse prevedono - a differenza della disciplina generale contenuta nel codice civile - due diverse modalità di rinnovazione delle ipoteche: quella effettuata d’ufficio ad opera del Conservatore e quella effettuata a richiesta dell’istituto mutuante gratuitamente ed in ogni tempo. In entrambi i casi, tuttavia, il legislatore ha chiaramente precisato che la rinnovazione deve avvenire nei termini e nei modi di legge. Ne consegue che l’unico privilegio che tale normativa accorda al creditore fondiario è quello di consentire che l’adempimento della rinnovazione avvenga anche d’ufficio ad opera dei conservatori, in assenza di apposita istanza da parte del creditore che è invece necessaria per qualsiasi altra ipoteca. Tuttavia, anche in tal caso, la rinnovazione dovrà avvenire nel termine del ventennio dalla prima iscrizione, a pena dì incorrere nelle conseguenze sfavorevoli previste dall’art. 2848 c.c.». Quanto poi alla richiamata espressione “in ogni tempo”, secondo il Tribunale capitolino questa va letta con riferimento, oltre che alla disciplina generale codicistica, con la seconda parte dell’art.4 DPR n°7/76, in tema di responsabilità del conservatore per l’omissione della rinnovazione d’ufficio, dal momento che «prevedere una responsabilità del conservatore ha ragion d’essere solo qualora dal suo inadempimento derivi un danno ai soggetto interessato alla rinnovazione (e cioè l’istituto creditore). Del resto, il danno può verificarsi nell’ipotesi in cui il Conservatore abbia omesso di rinnovare l’ipoteca nel ventennio ed a tale rinnovazione si provveda ad istanza di parte, ma successivamente alla scadenza ventennale. In tal caso, ai sensi dell’art. 2848 c.c., l’ipoteca non può conservare il grado originario, ma prenderà grado dalla nuova iscrizione e non potrà avere efficacia nei confronti dei terzi acquirenti del bene, che abbiano trascritto il loro titolo». Le ipoteche iscritte in base a mutui fondiari stipulati a far data dal 01.01.94 sono invece soggette alla disciplina ordinaria in tema di rinnovazione dell’iscrizione. (137) LA RINNOVAZIONE DELL’ISCRIZIONE IPOTECARIA.- Con riferimento al disposto dell’art. 2847 c.c., si è posta la questione di individuare il momento - nella pendenza del procedimento esecutivo - a partire dal quale il creditore ipotecario non è più onerato della rinnovazione dell’ipoteca al fine di mantenere la propria prelazione. Secondo alcuni interpreti, occorre fare riferimento al versamento del saldo del prezzo di vendita, perché è in tale momento che l’aggiudicazione diventa definitiva e si apre la fase dedicata alla distribuzione del ricavato. Altra opinione individua invece tale momento nella emissione del decreto di trasferimento dell’immobile ipotecato. Siffatta interpretazione muove dalla considerazione che, ai sensi dell’art.2878 c.c., n°7, l’ipoteca si estingue «con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all’acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche»; in questa prospettiva, il decreto di trasferimento ex art.586 c.p.c. costituisce titolo idoneo alla cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli annotate sul bene oggetto della procedura esecutiva, a condizione che sia divenuto definitivo come stabilito dall’art 2884 c.c.. Come è noto, il decreto di trasferimento costituisce l’ultimo atto di una fattispecie complessa, avendo come presupposto per la sua emissione l’aggiudicazione ed il versamento del prezzo (con verifica delle predette fasi procedurali). Tale ultima fase, non rilevando dal punto di vista del diritto a procedere ad esecuzione forzata (e quindi sull’an), ma solamente sul quomodo è opponibile ex art 617 c.p.c. e quindi nei 5 o 20 giorni (termine dipendente dal fatto che la procedura esecutiva sia regolata dal vecchio o nuovo rito) successivi a quello in cui l’atto è stato compiuto (a conferma, vale considerare che il competente cancelliere rilascia la copia del decreto di trasferimento utile alla effettuazione della cancellazione delle formalità pregiudizievoli solo dopo che sia decorsi 20 gg. dalla emissione del provvedimento e non siano state proposte opposizione ex art.617 c.p.c. avverso lo stesso). Qualora il decreto non dovesse essere opposto, questo è comunque revocabile dal giudice dell’esecuzione fino al momento della sua esecuzione, che si identifica non con quello della sua emanazione, ma con quello del compimento da parte del cancelliere delle operazioni indicate dall'art. 586 c.p.c. (Cass. civ., 16.09.2008, n. 23709, in Giust. civ. Mass. 2008, 9, 1368 e - quindi - sino al trasferimento del decreto Riproduzione riservata Natale Galipò 44 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 verificato prima del versamento del prezzo/deposito del decreto di trasferimento (si veda, sul punto, la nota precedente) e il creditore non ha rinnovato l’iscrizione ipotecaria, il suo credito andrà considerato come chirografario. §8.4.- CREDITI CON PRIVILEGIO SUSSIDIARIO SUGLI IMMOBILI (art. 2776 c.c.) Dopo i creditori ipotecari devono essere collocati i crediti che hanno privilegio sussidiario sugli immobili, previsti dall’art. 2776 c.c. (138). Siffatta disposizione stabilisce infatti prevede la collocazione sussidiaria sugli immobili, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, di alcuni crediti che già godono del privilegio generale sui mobili, riconoscendo così un privilegio sugli immobili a favore di questi crediti (139). Come già anticipato, il decreto legge del 6.07.2011, n. 98, convertito nella legge 15.07.2011, n°111 (recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria») ha ampliato la categoria dei crediti muniti di privilegio mobiliare generale(140), collocando tra all’ufficio del registro per il pagamento della tassa - Cass. Civ., 2.04.1997, n. 2867, in Giust. civ. Mass. 1997, 1449). Altro indirizzo interpretativo sostiene invece che occorre avere riguardo alla data di emissione del decreto di trasferimento (cfr. Cass. civ., sez. III, 14.05.2012, n°7498, in Giust. civ. Mass. 2012, 5, 609, secondo cui «l’efficacia dell’iscrizione di ipoteca, ai sensi dell'art. 2847 c.c., cessa se l'iscrizione non sia rinnovata entro vent’anni dalla sua data, a nulla rilevando che tale termine spiri in pendenza del processo di esecuzione, a meno che non sia già stato emesso - prima della scadenza di detto termine ventennale - il decreto di trasferimento del bene ipotecato». Nello stesso senso anche Tribunale Torino, 26.09.2003, in Giur. merito 2004, 281; Trib. Ragusa 21.6.2002, in Giur. merito, 2002, I, 1189). (138) ARTICOLO 2776 CODICE CIVILE - COLLOCAZIONE SUSSIDIARIA SUGLI IMMOBILI. «[I]. I crediti relativi al trattamento di fine rapporto nonché all’indennità di cui all’articolo 2118 sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari. [II]. I crediti indicati dagli articoli 2751 e 2751-bis, ad eccezione di quelli indicati al precedente comma, ed i crediti per contributi dovuti a istituti, enti o fondi speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi, che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, di cui all'articolo 2753, sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al primo comma. [III]. I crediti dello Stato indicati dal primo e dal terzo comma dell’articolo 2752 sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al comma precedente». (139) In realtà, la collocazione di tali crediti in posizione successiva ai privilegi speciali immobiliari e ai crediti ipotecari non appare chiaramente ricavabile dal disposto dell’art. 2777 cod. civ. (ad una prima lettura del testo sembrerebbe che i privilegi ex art. 2751 bis vengano immediatamente dopo le spese di giustizia); tuttavia essa è affermata dalla Corte di Cassazione, la quale ha precisato che la preferenza accordata ai creditori ipotecari ex art. 2808 cod. civ. non è derogata né dall’art. 2776 né dall’art. 2777 del codice (Cass. civ., sez. I, 10.08.1992, n°9429, in Fallimento 1993, 157). (140) Come osservano IRRERA-VERDE, Il nuovo regime dei privilegi dei crediti erariali e riflessi in ambito concorsuale, 1, relazione tenuta al convegno di studi intitolato “Profili fiscali e concorsuali nelle recenti novelle legislative”, svoltosi in Casale Monferrato il 18 novembre 2011 (reperibile all’indirizzo internet http://www.odc-casalemonferrato.it/file%20allegati/EVENTI%20FORMATIVI/18%2011%2011-Irrera. pdf?PHPSESSID=9dde1a3b2f89912df827dbcfc789cb98 -accesso 15.10.2013) la nuova disciplina è stata emanata «con l’espresso intendimento di valorizzare e velocizzare l’introito erariale nelle procedure individuali e concorsuali, Come, infatti, recita la Relazione al decreto in commento: “i commi 37- 40 [dell’art. 23] modificano alcune previsioni del codice civile ampliando l’ambito di applicazione dei privilegi già esistenti per i crediti tributari, consentendo così di conseguire più celermente il soddisfacimento dei crediti erariali”». Riproduzione riservata Natale Galipò 45 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 questi i crediti tributari per imposte dirette - con le relative sanzioni - i quali sono stati, conseguentemente, esclusi dall’ambito di quelli aventi privilegio immobiliare: ad essi è stata, comunque, riconosciuta la collocazione sussidiaria (nel caso di infruttuosa esecuzione relativamente ai mobili) sul prezzo degli immobili. Nello specifico, l’art. 23, comma 37, D.L. n°98/2011: • ha disposto l’abrogazione dell’art. 2771 c.c. (141); • ha modificato l’art. 2780 c.c. (che, come esposto, non menziona più i crediti per le imposte sui redditi immobiliari tra quelli aventi privilegio sugli immobili); • ha novellato l’art. 2752 c.c., che, sulla scorta della attuale formulazione, prevede che il privilegio generale sui mobili del debitore sussiste anche per i crediti dello Stato per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e delle società, per l’imposta regionale sulle attività produttive e per l’imposta locale sui redditi, nonché per i crediti scaturenti dalla applicazione delle correlate sanzioni; • ha riformulato l’art. 2776 co. 3 c.c. che, nell’individuare i crediti aventi collocazione sussidiaria sul prezzo degli immobili, richiama ora l’art. 2752, comma 1 (modificato)(142)(143). Altra particolarità da porre in evidenza è che il cennato comma 37 dell’art. 23 della legge in esame aveva disposto l’efficacia retroattiva della nuova disciplina dei privilegi ed il rilievo della stessa (art.23, comma 40) non solo in relazione ai crediti già sorti che non fossero stati ancora azionati esecutivamente, ma anche con riguardo a quei crediti già fatti valere in un processo esecutivo non ancora concluso con la definitiva approvazione del piano di (141) Come già evidenziato, l’art.2771 c.c. prevedeva un privilegio speciale immobiliare che, nell’ordine dei privilegi immobiliari stabilito dall’art. 2780 c.c., si collocava al primo grado (nonché un privilegio speciale mobiliare sui frutti degli immobili, che nell’ordine dei privilegi mobiliari, ai sensi dell’an. 2778, n. 2, c.c., si collocava al secondo grado). In realtà l’abrogazione (che opera peraltro per le situazioni successive all’entrata in vigore del D.L. n°98/2011) ha riguardato un privilegio speciale immobiliare sulla carta particolarmente “forte” (per la collocazione al primo grado e per la preferenza, in forza dell’art. 2748, comma 2, c.c., sui crediti ipotecari) ma che si collocava di fatto su crediti fiscali (quelli per l’imposta imputabile ai redditi immobiliari) assai poco remunerativi: in tale privilegio, infatti, non rientravano i redditi derivanti dagli immobili costituenti beni strumentali per gli imprenditori, che producono reddito di impresa, bensì unicamente i redditi fondiari che attualmente non rappresentano una delle componenti più rilevanti del gettito fiscale (così IRRERA-VERDE, Il nuovo regime dei privilegi dei crediti erariali (..), op. cit., 5). (142) Vale a dire i crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi. Va altresì ricordato che l’IRPEG è stata sostituita, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dall’IRES (istituita con il D. Lgs. n°344/2003); quanto all’ILOR, l’imposta è stata abrogata, a partire dal 1° gennaio 1998, dal D. Lgs. n°446/1997, istitutivo dell’IRAP. (143) La modifica legislativa operata con il D.L. n°98/2011 determina la nascita di un nuovo privilegio generale (sui mobili, con collocazione sussidiaria sugli immobili) per i crediti relativi ad imposte dirette e sanzioni di cui al primo comma dell’an. 2752 cod. civ.; mentre infatti in precedenza godevano della collocazione sussidiaria sugli immobili soltanto i crediti dello Stato per IVA e sanzioni (terzo comma dell’art. 2752 cod. civ.), adesso il privilegio sussidiario si estende anche ai crediti ed alle sanzioni per imposte dirette, che vanno collocati pariteticamente con quelli per l’IVA. Per IRRERA-VERDE, ibidem, 7, siffatta modifica è peraltro in rapporto di stretta connessione con l’abrogazione dell’art. 2771 c.c., poiché la “perdita” per l’Erario, sia pur limitata, determinata dall’abrogazione della suddetta disposizione, viene, infatti, “compensata” con l’estensione del privilegio sussidiario ex art. 2776 c.c. anche ai crediti di cui all’art. 2752, comma 1, c.c.. Riproduzione riservata Natale Galipò 46 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 riparto(144). Tuttavia la Corte Costituzionale, con sentenza 4.07.2013 n°170(145) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.23, comma 37, ultimo periodo, e comma 40, del D.L. 6.07.2011, n. 98 (conv., con modificazioni, in L. n°111/2011)(146). Condizione necessaria per procedere alla collocazione sussidiaria è che il creditore dimostri di avere tentato l’esecuzione sui beni mobili del debitore con esito negativo. Il creditore che richieda, in sede di precisazione del suo credito, di essere collocato in via sussidiaria, dovrà essere invitato a dare prova della preventiva escussione dei beni mobili (144) Art.23, comma 40, D.L. n°98/2011 (conv. in L. 111/2011): «i titolari di crediti privilegiati, intervenuti nell'esecuzione o ammessi al passivo fallimentare in data anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono contestare i crediti che, per effetto delle nuove norme di cui ai precedenti commi, sono stati anteposti ai loro crediti nel grado del privilegio, valendosi, in sede di distribuzione della somma ricavata, del rimedio di cui all'articolo 512 del codice di procedura civile, oppure proponendo l’impugnazione prevista dall'articolo 98, comma 3, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nel termine di cui all’articolo 99 dello stesso decreto». In tema di conseguenze derivanti dall’applicazione retroattiva della nuova disciplina, cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 436-437, secondo cui il succitato comma 40 consentiva di ritenere che, per le procedure esecutive non ancora definite, i progetti di distribuzione già predisposti o in corso di predisposizione dovessero essere modificati, anche ex officio, qualora non redatti in conformità dell’ordine dei privilegi posto dal novellato art.2752 c.c.; diversamente, i suddetti piani potevano essere “contestati” dagli interessati ai sensi dell’art. 512 c.p.c. Da quanto esposto conseguiva altresì che, nel procedimento esecutivo immobiliare pendente ma non ancora definito, la legittimazione a proporre la controversia ex art. 512 c.p.c. spettasse al creditore chirografario il cui credito fosse stato posposto a quello del concessionario per la riscossione tributi che aveva agito per una pretesa derivante dal mancato pagamento di imposte dirette, sorto anteriormente alla legge n.111 del 2011, cui era stato riconosciuto il privilegio sussidiario sul prezzo degli immobili, senza che fosse stata acquisita prova della infruttuosa esecuzione sui mobili del debitore. (145) Edita in Diritto & Giustizia 2013 (con nota di CORRADO). (146) La Corte Costituzionale ha rilevato, in motivazione, che il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), pur rappresentando un fondamentale valore di civiltà giuridica, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost., riservata alla materia penale: per il che il legislatore - nel rispetto di tale previsione - può sì emanare norme con efficacia retroattiva, anche di interpretazione autentica, ma a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilevanza costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale. E’ tuttavia necessario che la retroattività non sia in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, come il rispetto del principio generale di ragionevolezza, la tutela del legittimo affidamento, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Del tutto affini, evidenzia la Corte, sono i principi in tema di leggi retroattive sviluppati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. In applicazione di tali principi la Corte Costituzionale ha ritenuto rilevanti, ai fini della declaratoria di illegittimità costituzionale, le seguenti circostanze: il consolidamento, conseguito con il cosiddetto giudicato “endo-fallimentare”, delle aspettative dei creditori incise dalla disposizione retroattiva; l’imprevedibilità dell’innovazione legislativa; l’alterazione a favore dello Stato - parte della procedura concorsuale - del rapporto tra creditori concorrenti, determinata dalle norme in esame; l’assenza di adeguati motivi a giustificazione del regime retroattivo della nuova legge, che non appare diretta a perseguire interessi di rango costituzionale (che possano in qualche modo sostanziarne la retroattività) bensì esclusivamente l’interesse economico dello Stato, parte del procedimento concorsuale. Nei fatti, tuttavia, un simile interesse è di per sé inidoneo a legittimare un intervento normativo come quello in discussione, che finisce per determinare una disparità di trattamento pregiudizievoli per i creditori concorrenti con lo Stato, le cui legittime aspettative di utile collocazione nel riparto vengono così ingiustamente vanificate. In definitiva, la disciplina impugnata disvela pertanto la sua illegittimità sia per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., sia per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, in considerazione del pregiudizio che essa arreca alla tutela dell’affidamento legittimo e della certezza delle situazioni giuridiche. Riproduzione riservata Natale Galipò 47 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 del debitore(147): a questo scopo, sarà sufficiente un verbale di pignoramento mobiliare negativo o, se positivo, il provvedimento di assegnazione del ricavo della vendita (ma per importo non esaustivo del credito). Anche tentativi di notifica di un precedente precetto ai sensi dell’art. 140 c.p.c. (irreperibilità del debitore al suo luogo di residenza) sono sufficienti ad evidenziare l’impossibilità per il creditore di soddisfarsi sui beni mobili del debitore. In caso di assenza di tale prova, il credito vantato deve essere collocato al chirografo insieme agli altri crediti. In ordine di grado(148), i crediti con privilegio sussidiario sugli immobili sono così collocati: Crediti relativi al trattamento di fine rapporto, nonché all’indennità di cui all’art. 2118 c.c. (indennità di preavviso); Crediti indicati agli artt. 2751 e 2751 bis c.c.; In specie: Crediti ex art.2751 c.c.: 1. Le spese funebri necessarie secondi gli usi; 2. Le spese di infermità fatte negli ultimi sei mesi della vita del debitore; 3. Le somministrazioni di vitto vesti ed alloggio, nei limiti della stretta necessità fatte al debitore per lui e per la sua famiglia negli ultimi sei mesi; 4. I crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle presone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge; (147) Sulla necessità, per il creditore, di dover fornire la prova di avere in precedenza infruttuosamente esperito l’esecuzione mobiliare, la Corte di Cassazione, in epoca risalente, aveva formulato il principio secondo cui «ai fini dell’art.2776, incombe al creditore, che chiede la collocazione sussidiaria, l’onere di provare di essere rimasto incapiente nell’esecuzione direttamente promossa e di non essere potuto intervenire nelle precedenti esecuzioni perché il suo credito non era certo, liquido ed esigibile, ovvero che il suo intervento era stato o sarebbe stato superfluo per la insufficienza del patrimonio immobiliare del debitore a soddisfare il suo credito anche se privilegiato» (Cass. civ., 1.03.1968, n°673, in Giust. civ. 1968, I, 798). Pertanto deve essere stata preventivamente iniziata una esecuzione mobiliare infruttuosa, non essendo sufficiente la sola prevedibilità della incapienza patrimoniale mobiliare (Cass. civ., 18.10.1958, n°3321, in Giust. civ. 1958, I, 1821). Più di recente, Corte appello Torino, 10 agosto 2004, in Foro padano 2005, 3-4, 640 (con nota di MELANDRI), ha ribadito che «ai fini del sorgere del privilegio immobiliare sussidiario di cui all’art. 2776 c.c. (nel caso di specie per credito di professionista) non è sufficiente la ragionevole certezza "a priori" della incapienza di eventuale esecuzione immobiliare, ma occorre il previo infruttuoso (in tutto o in parte) esperimento di pignoramento o di intervento nell'esecuzione. Il creditore non può giovarsi, per il maturare del requisito di sussidiarietà di cui all'art. 2776 c.c., dell’infruttuoso pignoramento mobiliare seguito da un altro creditore» (secondo Tribunale Bari, sez. II, 10.04.2008, n°910, in Giurisprudenzabarese.it 2008, «la collocazione sussidiaria della pretesa vantata dal creditore sugli immobili di proprietà del debitore spetta al creditore privilegiato sulla generalità dei beni mobili in caso d’infruttuosa esecuzione mobiliare, requisito che può dimostrarsi anche mediante la prova che il credito sarebbe rimasto incapiente qualora si fosse spiegato l’intervento, non potendo tentarsi l’avvio di una nuova procedura esecutiva ove difettino beni mobili pignorabili in danno del medesimo debitore»). (148) La giurisprudenza ha rilevato che i privilegi mobiliari concorrono sussidiariamente sul prezzo degli immobili secondo il rispettivo ordine e non in misura proporzionale all’entità dei crediti (Cass. civ., sez. I, 05.02.1982, n°654 e n°657, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 2, e n°657; Cass. civ., sez. I, 19.11.1979, n°6036, in Giust. civ. 1980, I, 1126) e che i crediti assistiti da privilegio mobiliare generale non possano essere soddisfatti con modalità diverse, a seconda che operino in via principale sul ricavato mobiliare, ovvero vengano collocati in via sussidiaria sul prezzo degli immobili: l’art.2776 c.c., quindi, non apporta alcuna modifica all’ordine di tali privilegi stabilito dalla legge (Cass. civ., sez. I, 11.05.1982, n°2924, in Giust. civ. 1982, I, 2710; Cass. civ., n°654/82, cit.). Riproduzione riservata Natale Galipò 48 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Crediti ex art.2751 bis c.c.: 1. Le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile; 2. Le retribuzioni dei professionisti ed ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovuti per gli ultimi due anni di prestazione; 3. Le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo; 4. I crediti del coltivatore diretto, sia proprietario che affittuario, mezzadro, colono, soccidario o comunque compartecipante per i corrispettivi della vendita di prodotti, nonché i crediti del mezzadro o del colono indicati dall’art. 2765 c.c.; 5. I crediti dell’impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti; 6. I crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti; 7. I crediti delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo di cui alla legge 24.06.1997 n. 196 per gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici Crediti per contributi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti di cui all’art. 2753 c.c.; Crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi, ai sensi del primo comma dell’art.2752 c.c.; Crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le norme relative all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi del terzo comma dell’art.2752 c.c.(149). (149) Va precisato che non deve trattarsi di Iva relativa alla vendita di beni immobili. Riproduzione riservata Natale Galipò 49 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] SCHEMA RIASSUNTIVO DEI PRIVILEGI SUI BENI IMMOBILI Gradi di privilegio 1 Immob. Natura Articolo Speciale 2770 c.c. Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni • • • • • • • • • • • • Riproduzione riservata Art.2770 c.c. Prededuzione spese per l’onorario del professionista delegato alla vendita (notaio, commercialista, avvocato) spese di custodia e onorario del custode (o dell’amministratore giudiziario) le spese per la stima e l’onorario dell’esperto stimatore i compensi per l’attività svolta da eventuali altri ausiliari nominati dal G.E. (ad es., per la predisposizione dello stesso progetto di distribuzione) spese per la cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti già gravanti sul bene, sostenute dopo la vendita spese per imposte (registro, Iva, Invim fino a quando dovuta, ecc.) derivanti dalla vendita forzata in corso di procedura (presso il Tribunale di Messina poste a carico dell’aggiudicatario) spese legali sostenute dal creditore procedente spese per la pubblicità, anche se anticipate dal creditore eventuali spese di manutenzione e conservazione del bene spese per la regolarizzazione edilizio-urbanistica degli immobili spese per il rilascio dell’immobile spese condominiali sostenute per la conservazione dell’immobile, qualora disposto dal G.E. (qualora invece per dette spese vi sia intervento dell’aggiudicatario, la collocazione dovrà essere fatta ex art. 2770 c.c.) Natale Galipò • spese per il primo pignoramento se fruttuoso, anche se eseguito dopo l’iscrizione di una ipoteca (compresa la notifica del precetto) • spese per giudizi di surrogazione che abbiano consentito il recupero dell’immobile al patrimonio del debitore (art.2900 c.c.) (Cass. 17.07.1969 n. 2641) • spese per azioni revocatorie (art. 2901 cod. civ.) (Cass. 9.08.1952 n. 2630) • spese per sequestro conservativo se anteriore al pignoramento, comprese quel- le di custodia (sola esecu-zione, nonché convalida o conferma del sequestro, escluso il giudizio di merito (importo da determinarsi in via equitativa se non indicato analiticamente in sentenza o provvedimento) (Cass. 30.10.1959 n. 3194) • le spese per giudizi di divisione necessari alla esecuzione su beni indivisi • le spese per giudizi di opposizione alla esecuzione, limitatamente alle eccezioni concernenti la proprietà o pignorabilità dei beni o la prosecuzione della proce-dura Sono escluse: • spese per pignoramenti con risultato comunque negativo (es. per trascrizione errata o per notifiche non andate a buon fine) (al chirografo) • spese per pignoramenti che abbiano perduto efficacia prima dell’inizio della procedura (anch’esse da collocare al chirografo) • spese per pignoramenti su beni già pignorati (collocate però al medesimo privilegio del credito, ex art. 2749 o 2855 c.c., quali spese per intervento nel processo di esecuzione) • spese per sequestro convenzionale ex art. 1798 c.c. (in quanto spese sostenute al di fuori di un processo) 50 Gradi di privilegio 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] Natura Articolo Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni • • • 2 Immob. spese per opere richieste dal custode in caso di sequestro giudiziale (il quale non è finalizzato alla espropriazione) (Cass. 24.10.1968 n. 3461) spese per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (Cass. 10.11.1961 1961 n. 2625) (le spese in questione sono invece privilegiate ex art. 2855 c.c.) spese di accertamento del credito che fonda l’esecuzione Speciale Privilegi che le Leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro 2777 c.c. ult. credito (rari nella pratica) com. o o o o 3 Immob. Speciale 2771 c.c. 4 Immob. Speciale 2775 c.c. crediti da operazioni di finanziamento alle industrie previsti dall’articolo 3 del Decreto Legisl. Capo provv. Stato 1° ottobre 1947 n. 1075 che ha modificato l’articolo 7 del D.L. 1° novembre 1944 n. 364; crediti dell’Amministrazione Militare per anticipazioni sulla indennità di espropriazione in caso di occupazione d’urgenza (art. 3 della Legge 25 agosto 1940 n. 1382); crediti per finanziamenti, ad imprese industriali le quali non abbiano la possibilità di avvalersi, in tutto o in parte, delle provvidenze stabilite dal decreto legislativo Luogotenenziale 1° novembre 1944, n. 367, e successive modificazioni, al fine di consentire alle imprese stesse il ripristino, la riconversione e la continuazione della propria attività con riguardo all'interesse generale ed a particolari necessità di carattere economico e sociale; ogni altro credito indicato da leggi speciali con tali caratteristiche [Crediti dello Stato per le imposte sui redditi IRPEF, IRES, IRAP limitatamente all’imposta o alla quota proporzionale d’imposta imputabile ai redditi immobiliari compresi quelli di natura fondiaria non determinabili catastalmente] Va tenuto presente che l’art. 2771 c.c. è stato abrogato dal D.L. 6.7.2011 n. 98, art. 23, comma 38. Crediti per i contributi per opere di bonifica e di miglioramento. Comprende: crediti per contributi imposti ai proprietari per far fronte alle spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario. Per le opere di bonifica il privilegio compete sui fondi compresi nel perimetro del comprensorio (art. 860 c.c.), mentre per le opere di miglioramento sui fondi di proprietà di consorziati compresi nell’ambito territoriale del consorzio. Esclusioni: - secondo alcune opinioni (Cass. civ., 27.05.1940, n°1680) è limitato ai contributi dovuti per l’anno in corso e per quello antecedente l’espropriazione; secondo parte della dottrina il privilegio de quo non è soggetto ad alcun limite temporale, salva la prescrizione del credito. 5 Immob. Speciale 2774 c.c. Crediti dello Stato per concessioni di acque (R.D. 11/12/33 n° 1775, che regola la materia delle acque pubbliche ed al quale l’art. 2774 cod. civ. fa riferimento allorché parla di Leggi speciali). Comprende: grava sugli impianti relativi alla concessione indicati agli artt. 25, 28 e 30 del R.D. 11 dicembre 1933 n° 1175 (T.U. acque pubbliche), Riproduzione riservata Natale Galipò 51 Il Caso.it [Documenti] Gradi di privilegio Natura Articolo 6 febbraio 2014 Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni i crediti dello Stato per canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o acque derivate dei canoni demaniali ovvero per il corrispettivo di lavori eseguiti d’ufficio. Esclusioni: gli altri crediti in materia di acque pubbliche che riguardano enti o persone diverse dallo Stato. 6 Immob. Crediti dello Stato per tributi indiretti (sopra gli immobili ai quali si Speciale 2772 c.c. 1, 2 riferiscono). Crediti dello Stato per pene pecuniarie e le soprattasse dovute dal e 3 c. cessionario e dal committente. Crediti di rivalsa per I.V.A. per cessione immobili. Comprende: • imposta di registro: non oltre cinque anni dalla data di registrazione dell’atto (Cass. civi. 15.02.1995 n°1622), tale termine è considerato di decadenza (Cass. 27.04.1984 n°2644) e pertanto non subisce interruzioni o sospensioni; • Iva su immobili in caso di responsabilità solidale del cessionario e relative soprattasse e pene pecuniarie; • l’imposta di successione e donazione: prevale sui diritti del legatario, ma non prevale sui crediti separatisti nonché su quelli vantati da creditori ipotecari che abbiano scritto ipoteca entro 3 mesi dall’apertura della successione (Cass. civ, 14.12.1971 n°3637); • imposta di bollo; • imposta ipotecaria e catastale. Esclusioni: • soprattasse e pene pecuniarie e mora (tranne per l’Iva) (Cass. SS.UU. 6.05.1993, n°5246 - v. art. 62, comma 3, D.P.R. n°633/72). Trattandosi di privilegio speciale, esso grava esclusivamente sull’immobile per cui è dovuta l’imposta e non su altri beni del contribuente. 7 Immob. 8 Immob. Riproduzione riservata Speciale 2772 c.c. 1 comma Speciale 2775 bis c.c. ( e 2780 n.5 bis) Crediti dello Stato per imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (INVIM). Si precisa che l’INVIM è stata soppresa - a decorrere dal 1° gennaio 2003 - per effetto dell’art.17, comma 6, D. Lgs. 30.12.2002 n°504. Comprende: crediti per Invim sull’immobile trasferito. Il privilegio si estingue con il decorso di 5 anni dal trasferimento. Esclusioni: soprattasse e pene pecuniarie Crediti del promissario acquirente (di cui all’art. 2775 bis c.c.) derivanti dalla mancata esecuzione dei contratti preliminari trascritti ai sensi dell’art.2645 bis c.c., sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna di pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell’intervento nella esecuzione promossa da terzi. Il privilegio non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca relativa a mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell’art. 2825 bis c.c. . In caso di fallimento del costruttore, il credito della banca, garantito da ipoteca, deve essere soddisfatto con precedenza, rispetto al credito del promissario acquirente alla restituzione degli acconti versati, anche se Natale Galipò 52 Il Caso.it [Documenti] Gradi di privilegio Natura Articolo 6 febbraio 2014 Descrizione - Giurisprudenza e Osservazioni questi abbia trascritto il preliminare nei Registri immobiliari e quindi vanti un credito dotato di privilegio immobiliare; il promissario acquirente partecipa quindi alla distribuzione dell’attivo fallimentare solo se vi è capienza dopo il pagamento dei creditori ipotecari. (Cass. civ. 1.10.2009, n°21045; Cass. civ., 9.01.2013, n°341; Cass. civ., 27.11.2012, n°20974). 9 Immob. Speciale 2783 c.c. 10 Immob. Speciale 2808 c.c. e segg. Generale 2776, co.1, e 2751 c.c. 12 Immob. Generale 2776, co. 2, e 2751 c.c. Generale 2776, co. 2, e 2751 bis c.c. 11 Immob. Generale 2776, co. 3, e 2753 c.c. Generale 13 Immob. 2776, co. 3, e 2752 c.c. 1 e 3 comma Riproduzione riservata Crediti assistiti da privilegio sui beni immobili per i quali la Legge non dispone il grado di preferenza. Da collocare dopo i creditori precedenti. Crediti garantiti da ipoteca legale, giudiziale e volontaria secondo l’ordine di iscrizione nei registri immobiliari. Il privilegio del promissario acquirente di cui all’art. 2775 bis c.c., salvo che si tratti di ipoteca relativa a mutui a lui erogati per l’acquisto del bene immobile o a favore dei creditori garantiti ai sensi dell’art. 2825 bis c.c., prevale sulle ipoteche iscritte anteriormente o posteriormente sugli immobili oggetto del preliminare (Trib. Genova 18.01.2001). La preferenza che l’art. 2808 c.c. attribuisce ai creditori ipotecari immobiliari, di essere soddisfatti sul prezzo di vendita dei relativi immobili, si estende al reddito fornito dalla locazione degli immobili ipotecati, quali frutti civili dei medesimi, anche nel caso in cui tali immobili costituiscano una delle componenti di una azienda data in affitto, nonché agli interessi maturati sia sul prezzo di vendita sia sui frutti civili (Cass. civ., sez. I, 10.08.1992, n.9429). La garanzia si estende anche agli interessi ai sensi dell’art.2855 c.c.. Va rilevato che l’art.2748, co. 2, c.c. stabilisce che «I creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari se la legge non dispone diversamente». T.F.R. e indennità sostitutiva di preavviso ex art.2118 c.c.. Crediti per spese funebri, d’infermità e alimenti. Crediti per retribuzioni e risarcimento danni ai dipendenti. Crediti dei professionisti per gli ultimi due anni di prestazione. Crediti dell’agente per l’ultimo anno. Crediti del coltivatore diretto. Crediti dell’impresa artigiana. Crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo Crediti per contributi obbligatori di invalidità e vecchiaia. Hanno privilegio i crediti dello Stato per imposte e sanzioni dovute per IRPEF, IRES, IRAP, I.V.A.. Il D.L. 6.07.2011, n. 98, art. 23, comma 39, ha esteso il privilegio sussidiario anche ai crediti per imposte dirette. Natale Galipò 53 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 9.- GLI “EFFETTI” DEL TEMPO DEGLI INTERVENTI PER I CREDITORI PRIVILEGIATI E SUSSIDIARI Richiamando quanto esposto in precedenza (cfr. capitolo 6), va ribadito che l’art.2741 c.c. consacra il principio in base al quale tutti i creditori, avendo «uguale diritto sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione», hanno l’esigenza di partecipare alla distribuzione del ricavato, o promuovendo la procedura esecutiva o intervenendo nella stessa ai sensi degli artt.564, 565 e 566 c.p.c. (per l’esecuzione immobiliare). A norma degli articoli 565 e 566 c.p.c. i creditori le cui pretese sono assistite da cause di prelazione vengono prioritariamente soddisfatti (secondo l’ordine di graduazione) a prescindere dal momento in cui sono intervenuti nel procedimento esecutivo. In sostanza, essi concorrono sul ricavato della vendita in ragione dei loro diritti di prelazione - e con prevalenza sui creditori chirografari - purché depositino l’atto di intervento prima dell’udienza fissata per l’approvazione del progetto di distribuzione(150). Del pari, l’eventuale tardività dell’intervento non impedisce la collocazione privilegiata dei crediti con privilegio sussidiario sugli immobili ex art. 2776 c.c.. Va peraltro osservato che il creditore privilegiato che interviene “tardivamente” (e cioè oltre l’udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita) non può considerarsi tempestivo con riferimento alla parte chirografaria del suo credito, che seguirà pertanto la sorte destinata ai creditori chirografari tardivi(151). (150) In giurisprudenza, cfr. ex multis, Cass. civ., 8.06.2012, n°9285, secondo cui «Nel processo esecutivo, il creditore iscritto o privilegiato, per concorrere alla distribuzione del ricavato, deve intervenire prima dell'udienza che il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato fissa per l'esame e l'approvazione del progetto - limite invalicabile oltre il quale l'intervento è precluso - e non già nel corso della stessa. La distribuzione del ricavato, quale fase che segna l'esaurimento della procedura, deve essere intesa non letteralmente, come ripartizione effettiva e concreta dell'attivo, ma come ordine di distribuzione e di pagamento, ordine che, pur essendo previsto dall'art.598 cpc, quale adempimento successivo all'approvazione del progetto di riparto, può anche essere emesso contemporaneamente». In senso analogo, già Cass. civ., sez. III, 13.05.2003, n°7296, aveva statuito che «nell'ambito dell'esecuzione forzata, l'intervento spiegato dal creditore munito del titolo esecutivo e garantito da ipoteca, dopo l'udienza di autorizzazione alla vendita ma prima della udienza fissata per la distribuzione del ricavato, per quanto tardivo, produce per tutto il successivo corso della procedura esecutiva gli stessi effetti dell'intervento tempestivo, ed in particolare abilita il creditore intervenuto al compimento di atti esecutivi». (151) Sul punto, in dottrina, cfr. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 440, secondo cui «la quota parte del credito vantato dall’ipotecario, che non rientra nella previsione dell’art.2855 c.c., può essere collocata in grado chirografario ma, ai fini della collocazione in grado chirografario. è rilevante il tempo dell’intervento (che può essere tempestivo o tardivo). Infatti solo nel caso di intervento tempestivo la parte chirografaria del credito concorre con gli altri creditori chirografari intervenuti tempestivamente mentre nel caso di intervento tardivo la parte chirografaria si soddisfa solo sul sopravanzo (cioè sulla parte residua del ricavato in caso di integrale soddisfacimento dei crediti privilegiati e dei creditori chirografari tempestivi)». In senso analogo anche DE STEFANO, Il progetto di distribuzione, cit., pag.3 e MASSENZ, Istruzioni per la predisposizione del progetto di distribuzione, relazione tenuta al convegno organizzato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti di Milano nel novembre 2007, reperibile all’URL http://www.odcec.mi.it/Libraries/Materiale_Convegni/ progetdistibuzi09.pdf (accesso 9.04.2013) secondo cui «è opportuno evidenziare che, mentre i creditori privilegiati hanno diritto alla collocazione del loro credito indipendentemente dalla tempestività o tardività del loro intervento, tuttavia quella parte del loro credito che non gode della collocazione privilegiata e che quindi andrà collocata al chirografo (cioè il credito per interessi di mora), segue le stesse previsioni in tema di tempestività e tardività di tutti gli altri creditori». La tesi è ripresa anche nello Riproduzione riservata Natale Galipò 54 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 10.- GLI “EFFETTI” DEL TEMPO DEGLI INTERVENTI PER I CREDITORI NON ASSISTITI DA CAUSE DI PRELAZIONE Si è gia detto che sono creditori chirografari tutti coloro che non vantano alcun privilegio, nonché i creditori - muniti di privilegio - ma per la parte di credito che non è coperta dal privilegio stesso. Dopo i creditori assistiti da prelazione, l’ordine di graduazione prevede quindi la collocazione dei creditori chirografari; per questi ultimi, può poi operarsi l’ulteriore distinzione tra: creditori chirografari tempestivi: i quali vengono soddisfatti prima dei creditori tardivi (ciò vale sia per i pignoranti che per gli intervenienti). creditori chirografari tardivi: i quali sono gli ultimi a poter essere soddisfatti: pertanto, nel caso in cui il ricavato della vendita consenta il soddisfacimento del chirografo, sarà necessario individuare preventivamente, all’interno dei creditori chirografari, quelli che si sono insinuati tempestivamente e quanti lo hanno fatto invece tardivamente, anteponendo i primi rispetto a questi ultimi. studio “La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione” (edizione febbraio 2012) elaborato dalla competente Commissione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, cit., pag.10. Riproduzione riservata Natale Galipò 55 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 1.- LA DETERMINAZIONE DEL CREDITO ► INTRODUZIONE Dopo avere provveduto alla graduazione dei creditori, il professionista delegato (o il consulente incaricato) dovrà effettuare una compiuta disamina degli atti della procedura (atto di pignoramento del creditore procedente, atti di intervento, eventuali pignoramenti successivi - i quali, come detto, si risolvono anch’essi in un intervento): ciò al fine del completamento di una fase ulteriore dell’attività preordinata alla formazione del progetto, vale a dire quella dedicata alla verifica dell’esistenza del credito e della esatta determinazione dell’ammontare dello stesso(152). §1.1.- LE DIVERSE TIPOLOGIE DI TITOLI FONDATIVI DEL CREDITO Indipendentemente dal rango del creditore concorrente (privilegiato o chirografario) sarà opportuno formulare le seguenti considerazioni. Se l’intervento o il pignoramento si fondano su un titolo esecutivo di formazione giudiziale (ad esempio, sentenza passata in giudicato, decreto ingiuntivo non opposto, ordinanza anticipatoria ex art.186 ter o quater c.p.c.) non sono, in linea di principio, suscettibili di (152) Sarà in altri termini necessario calcolare il “dovuto” con riferimento a ciascun credito, vale a dire determinarne l’entità al momento della formazione del progetto di distribuzione (meglio ancora sarebbe, ove di fatto possibile, alla data del presumibile pagamento delle somme in esso riconosciute a ciascun creditore). Occorrerà pertanto fare riferimento all’entità delle somme indicate nell’atto di precetto (nel caso del creditore procedente) o nell’atto di intervento (per ciascun interventore), al fine di individuare il la sorte capitale ed applicare sulla stessa il saggio degli interessi risultante dal titolo, calcolando così l’importo degli interessi reclamati (i quali decorrono fino al momento della distribuzione - Cass. civ., 29.03.1978 n°1464). A tal proposito, va evidenziato che il dies a quo per la decorrenza degli interessi corrisponde, di norma, al giorno successivo all’atto di precetto o di intervento, ovvero va individuato nella data diversa specificamente indicata negli stessi; il dies ad quem (cioè la data finale di spettanza) coincide non tanto con quella di formazione del progetto di distribuzione, quanto - come sopra accennato - con la data di presumibile pagamento delle somme in esso determinate. Per il calcolo degli interessi può farsi riferimento, in generale, alla formula I = C * r * g /36500, dove “C” è la sorte capitale, “r” il tasso lordo, “g” il numero dei giorni intercorrenti tra il dies a quo ed il dies ad quem. Vanno poi presi in considerazione gli esborsi (di cui ciascun creditore dovrà fornire la documentazione giustificativa) e le spese legali processo esecutivo (attualmente da calcolare sulla scorta delle previsione del D.M. 20.07.2012 n°140). Andranno infine computati gli eventuali pagamenti intercorsi, da imputarsi con le regole ordinarie, dapprima alle spese, poi agli interessi e solo successivamente al capitale (in generale, con riferimento a ciò che spetta al creditore, cfr. CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, op. cit., 306 ss.). Riproduzione riservata Natale Galipò 56 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 contestazione le componenti del credito azionato per capitale, interessi ed accessori(153). (153) Sul punto, gioverà osservare che per Cass. civ., sez. lav., 14.02.2013, n°3667, in Giust. civ. Mass. 2013, «il titolo esecutivo giudiziale (nella specie, decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo perché non opposto) copre i fatti estintivi (o modificativi o impeditivi) del credito intervenuti anteriormente alla formazione del titolo e non può essere rimesso in discussione dinanzi al giudice dell'esecuzione ed a quello dell’opposizione per fatti anteriori alla sua definitività, in virtù dell’intrinseca riserva di ogni questione di merito al giudice naturale della causa, per cui, qualora a base di una qualunque azione esecutiva sia posto un titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell'esecuzione non può effettuare alcun controllo intrinseco sul titolo, diretto cioè ad invalidarne l'efficacia in base ad eccezioni o difese che andavano dedotte nel giudizio nel cui corso è stato pronunziato il titolo medesimo, potendo solo controllare la persistente validità di quest’ultimo ed attribuire rilevanza ai fatti posteriori alla sua formazione» (sull’acquisto dell’autorità del giudicato da parte del decreto ingiuntivo non opposto, cfr., ex multis, anche Cass. civ., SS.UU., 1.03.2006, n°4510, in Giust. civ. 2006, 6, 1157, con note di GIACALONE e CACCAVIELLO; nonché in Corriere del merito 2006, 6, 744, con nota di TRAVAGLINO). Nello stesso senso si era in precedenza espressa anche Cass. civ., sez. III, 11.05.2010, n°11360, in Giust. civ. Mass. 2010, 5, 718, secondo cui «il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione, mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato dal decreto esecutivo» (in senso conforme alla prima parte della massima cfr. Cass. civ., sez. III, 24.07.2007 n°16319, in Giust. civ. Mass. 2007, 7-8; Cass. civ., sez. III, 24.03.2006 n°6628, in Giust. civ. Mass. 2006, 3). All’interno della giurisprudenza di merito, tra le più recenti, si segnala anche Tribunale S. Maria Capua Venere, 26.09.2011, in Redazione Giuffrè 2011 (Juris Data), per la quale «non merita accoglimento l’opposizione all'esecuzione avente ad oggetto l’inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata per asserita illegittimità o inefficacia di un titolo esecutivo di formazione giudiziale. Ciò in quanto in sede di opposizione all’esecuzione il controllo attiene alla validità ed esistenza del titolo, e non ad un controllo intrinseco sul titolo esecutivo diretto ad invalidarne l'efficacia in base ad eccezioni deducibili nel procedimento in cui esso si è formato». A dimostrazione dell’ampiezza del dibattito interpretativo sull’argomento, va altresì rilevato che per Cass. civ., sez. III, 18.10.2012, n°17903, in Giust. civ. Mass. 2012, 10, 1225, «la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore può essere neutralizzata soltanto con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale consacrato dal giudicato, che si siano verificati successivamente alla formazione dello stesso. Ne consegue che, in relazione ad un titolo esecutivo ormai formatosi, non può considerarsi fatto modificativo sopravvenuto la promulgazione della legge n. 108 del 1996, in quanto gli interessi pretesi con quel titolo non sono suscettibili di alcuna valutazione in termini di usurarietà alla luce dei criteri della legge sopravvenuta» (si veda, peraltro, quanto sarà esposto nel prosieguo in tema di rilevanza dell’usurarietà sopravvenuta). Ancora in materia di decreto ingiuntivo, secondo Tribunale Monza, 24.04.2013, in Redazione Giuffrè 2013, «la mancata opposizione al decreto ingiuntivo determina l’irretrattabilità delle relative statuizioni, essendo lo strumento giudiziale passibile di acquisire forza ed autorità di cosa giudicata, sotto il profilo formale, ai sensi dell’art. 324 c.p.c., e sostanziale, ai sensi dell’art. 2909 c.c. (Nella specie, in accoglimento della eccezione di giudicato, è inammissibile la domanda di accertamento, in relazione ai contratti di conto corrente ordinario, di indebito computo di poste non dovute in violazione del divieto di anatocismo ai sensi dell’art. 1283 c.c., in quanto non proposta in opposizione al decreto ingiuntivo)». Va altresì osservato che secondo Cass. civ., sez. lav., 28 aprile 2010, n. 10164, un titolo, anche di formazione giudiziale, non può considerarsi esecutivo se non quando consente la determinazione degli importi dovuti o perché già indicati nel proprio testo, o perché comunque determinabili agevolmente in base agli elementi numerici contenuti in quel testo attraverso operazioni aritmetiche elementari, oppure predeterminati per legge, senza fare ricorso ad elementi numerici ulteriori che non risultino dal testo della pronunzia. Infine, in materia di integrazione del titolo esecutivo, va osservato che per Cass. Civ., sez. III, 16.04.2013, n°9161, in Guida al diritto, n°22/2013, 59 «il titolo esecutivo giudiziale, ai sensi dell’articolo 474, comma 2, n.1, del Cpc, non si identifica né si esaurisce nel documento giudiziario in cui è consacrato l’obbligo da eseguire, essendo consentita l’integrazione del provvedimento con elementi extratestuali, purché idoneamente richiamati in modo da rendere possibile l’esecuzione concreta dell’obbligo; in particolare, l’integrazione della sentenza di appello, costituente titolo esecutivo, può essere realizzata mediante il richiamo, espresso e in equivoco, della condanna già pronunciata in primo Riproduzione riservata Natale Galipò 57 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Se l’intervento o il pignoramento si basano su titoli di natura negoziale (come, ad es., contratto di mutuo, apertura di credito in conto corrente, finanziamento per anticipi su crediti, sconto bancario, anticipo su portafoglio commerciale, operazione di factoringleasing, prestito contro cessioni del quinto dello stipendio, operazioni di credito al consumo, altro finanziamento a breve e medio-lungo termine(154), ecc.), occorre analizzare attentamente il profilo riguardante la esatta quantificazione degli importi dovuti, non potendosi in linea di principio escludere che il debitore o uno dei creditori concorrenti possa muovere contestazioni mirate alla riduzione del quantum portato dal titolo oggetto di doglianza (con l’ovvia considerazione che, in una simile ipotesi, soltanto la sentenza che definirà l’opposizione renderà incontestabile il credito accertato). Altro tema degno di particolare considerazione è quello concernente gli interessi reclamati (per misura e tipologia) in relazione ai crediti dedotti all’interno del procedimento (con un occhio anche alla natura dei soggetti titolari degli stessi, ad es. istituto bancario, società di leasing-factoring, finanziaria). Le questioni che si profilano al riguardo saranno di seguito passate in rassegna. §1.1.1.- Gli interessi superiori agli interessi legali L’art. 1284, terzo comma, c.c. stabilisce che «gli interessi superiori a quelli legali devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale». La norma è di agevole lettura: la misura di interessi passivi ad un tasso superiore a quello legale deve essere stabilita per iscritto a pena di nullità(155); in mancanza, sono dovuti esclusivamente gli interessi legali. In riferimento ad uno dei contratti bancari più frequentemente “azionati” dagli istituti bancari, e cioè il conto corrente, va evidenziato che - fino alla emanazione della legge L. 17.02.1992 n°154 (c.d. legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari) - il requisito della necessaria determinazione scritta degli interessi era aggirato per relationem, attraverso la previsione convenzionale (ma, di fatto, unilaterale) di una clausola che si limitava ad operare un mero rinvio agli usi praticati su piazza. L’operatività dell’art. 4, comma 3, L. n°154/92 (in vigore dal 9.07.1992) ha tuttavia colpito con espressa sanzione di nullità le clausole di contratti bancari che, per la determinazione degli interessi, anziché a parametri fissi, richiamavano «le condizioni praticate usualmente grado, anche quando questa sia contenuta in una sentenza dichiarata nulla in secondo grado, ma confermata nel merito dal giudice d’appello». (154) In via generale, possono definirsi finanziamenti a medio-lungo termine quelli contraddistinti da una scadenza contrattuale superiore a diciotto mesi; a differenza dei finanziamenti bancari a breve termine (destinati in maniera indifferenziata al finanziamento del capitale di esercizio delle imprese), rappresentano una tipologia di operazioni indicata come credito di scopo, perché caratterizzata dalla sussistenza di una stretta correlazione tra il prestito erogato e l’investimento oggetto del finanziamento. (155) In tema di obbligo della forma scritta per la validità della pattuizione di interessi extra-legali, cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 29.01.2013, n°2072, in Giust. civ. Mass. 2013, in tema di mutuo; Corte appello Roma, sez. II, 05.04.2012, n°1907, in Guida al diritto 2012, 25, 66 (s.m.), in materia di conto corrente; Cass. civ., sez. I, 16.02.2010, n°3619, in Giust. civ. Mass. 2010, 2, 213, in tema di cambiale; Cass. civ., sez. I, 8.05.2008, n°11466, in Guida al diritto 2008, 31, 75 (s.m.), relativamente all’apertura di credito. Riproduzione riservata Natale Galipò 58 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 dalla aziende di credito sulla piazza»: tali pattuizioni negoziali(156), ove inserite nel contratto, dovevano essere dichiarate nulle e considerate come non apposte. Alla declaratoria di nullità della clausola consegue pertanto che alle somme di cui la banca è creditrice trova applicazione, ai sensi dell’art. 1284 comma 2 c.c., il tasso legale degli interessi, senza che tale vizio possa ritenersi superato per l’intervenuta, ancorché ripetuta, approvazione dei relativi estratti conto(157). La disposizione di cui all’art. 4, comma 3, della L. n°154/92 è stata riprodotta anche nel D. Lgs. 1.09.1993 n°385 (c.d. Testo Unico Bancario), il quale all’art. 117, comma 6, stabilisce che sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione di tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizioni praticati(158). Trattasi di norma non retroattiva, come si ricava dalla previsione dell’art.161, comma 6, T.U.B. (159). L’evoluzione normativa richiamata ha posto definitivamente fine al problema della arbitraria determinazione del tasso di interesse applicabile nei contratti bancari, tutelando la posizione del cliente quale parte contrattuale più debole, e in precedenza costretto a fronteggiare condizioni generali di contratto che non indicavano il tasso di interesse debitore applicato all’apertura del rapporto, rinviando genericamente agli usi di piazza. In definitiva, la nullità della clausola di rinvio agli usi(160) comporta l’applicazione di interessi passivi al tasso legale in virtù di quanto disposto dall’art. 1284 cod. civ., con conseguente ricalcolo delle somme che hanno determinato il saldo debitore apparente (fino all’8 luglio 1992); per la parte del rapporto successiva (dal 9 luglio 1992) e per i contratti stipulati dopo questa data si applica l’art. 117 T.U.B. (D.Lgs. n°385/93)(161) il quale (156) Il tipico tenore letterale di siffatte clausole era il seguente: «gli interessi dovuti dal correntista all’Azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e producono interessi nella stessa misura». (157) Cfr., solo tra le più recenti, Cass. civ., sez. III, 29.01.2013, n°2072, cit.; Corte appello Roma, sez. II, 05.04.2012, n. 1907, cit.; Corte appello Bari, sez. II, 28.02.2012, n°174, in Giurisprudenzabarese.it 2013; Tribunale Roma, sez. IX, 14.09.2011, n°17715, in Redazione Giuffrè 2011; Tribunale Salerno, sez. I, 08.09.2010, n°1988, in Redazione Giuffrè 2010; Cass. civ., sez. III, 19.05.2010, n°12276, in Giust. civ. Mass. 2010, 5, 783 e numerose altre. (158) Tuttavia, per il comma 7 lettera a) dell’art. 117, il tasso di interesse applicabile, nell’ipotesi in cui vi sia un rinvio agli usi, non è quello legale - come è previsto, invece, per la mancata determinazione, dall’art. 1284, comma 2 c.c. - ma quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro ed emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. (159) Cass. civ., sez. III, 18.04.2001 n°5675, in Giust. civ. Mass. 2001, 812; Tribunale di Piacenza, 22.12.2010, in ilcaso.it, I, 2857, pubbl. il 4.02.2011. (160) Nullità che può essere rilevata anche d’ufficio, come da ultimo ribadito da Cass. civ., sez. I, 30.10.2013, n°24483, in Guida al diritto, n°47 del 23.11.2013 (s.m.). Va poi evidenziato che per Cass. civ., sez, I, 4.12.2013, n°27718 (reperibile sul sito Ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9840 - pubb. 19/12/2013) anche prima dell’entrata in vigore della legge n°154/1992 il rinvio contrattuale all’«uso su piazza» era inficiato di nullità per indeterminatezza ex art. 1346 c.c.: di qui (nella fattispecie esaminata dal giudice di legittimità) la nullità della pattuizione di massimo scoperto, quale che sia il tempo in cui sia stata stipulata, che rapporti la misura della sua applicazione alle «condizioni generalmente applicate su piazza nel periodo». (161) Paradigmatica delle argomentazioni esposte è Cass. civ., Sez. I, 28.03.2002, n°4490, in Giust. civ. Mass. 2002, 538., secondo cui «In tema di contratti bancari, la clausola - stipulata anteriormente alla entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria - che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è in ogni caso divenuta inoperante Riproduzione riservata Natale Galipò 59 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 stabilisce infatti che nei contratti bancari deve essere indicato «il tasso di interesse ed ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora». §1.1.2.- Gli interessi usurari Accertata la forma scritta per la determinazione del tasso di interesse debitore, si dovrà verificare l’eventuale superamento del tasso soglia ai sensi della legge sull’usura (L. 7 marzo 1996, n. 108). Come è noto, l’art.1 della legge n°108/1996(162), nel modificare l’art.644 c.p., ha statuito che la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Il parametro al quale agganciare la valutazione della usurarietà degli interessi è stato individuato nel tasso effettivo globale medio (comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse) rilevato trimestralmente dal Ministero dell’Economia e relativo alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso; nella versione originaria della norma (art.2, comma 4, L. n°108/96) il T.E.G.M. andava aumentato della metà. L’attuale formulazione della norma (introdotta dall’art.8, comma 5, lett. d, del decreto legge 13.05.2011 n°70 - c.d. “decreto sviluppo” - convertito con modificazioni dalla L. 12.07.2011, n°106) stabilisce che il limite (previsto dal terzo comma dell'articolo 644 c.p.), oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (ai sensi del comma 1 del medesimo art.2) relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali(163). a partire dal 9 luglio 1992, data di entrata in vigore dell’indicato “ius superveniens”, atteso che la previsione imperativa, da esso posta (art. 4 l. 17 febbraio 1992 n. 154, poi trasfuso nell’art. 117 t.u. 1 settembre 1993 n. 385), che sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, se non incide, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, sulla validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già conclusi, impedisce tuttavia che esse, nei rapporti ancora in corso, possano produrre per l'avvenire ulteriori effetti». (162) Nei primi anni ’90 l’andamento negativo del ciclo economico, acuito in Italia dai problemi connessi al risanamento del deficit pubblico, ha determinato una recrudescenza del fenomeno usura, che aveva acquistato caratteri del tutto inediti rispetto al passato. Ben presto la necessità di nuovi strumenti giuridici idonei in qualche modo ad arginare dinamiche usurarie in costante evoluzione (il superamento della figura del mutuo feneratizio - ipotesi prima preferenziale del fenomeno usurario - aveva finito per alimentare la c.d. usura reale, tra i punti di forza della criminalità organizzata, che si procurava in tal modo, anziché somme di denaro, beni mobili o immobili) è divenuta sempre più stringente: così, in un breve arco di tempo il legislatore (dopo una stasi durata oltre sessanta anni) è intervenuto in materia per ben due volte: con l’art.11 quinquies del D.L. 8.06.1992 n°306 (convertito, con modificazioni, in legge 7.08.1992 n°356), con cui si aumenta in modo consistente la pena edittale dell’ipotesi base e viene introdotto l’art. 644 bis, recante la rubrica «usura impropria»); e, dopo appena quattro anni, tramite l’emanazione della legge 7 marzo 1996 n°108(in G.U. 09.03.1996 n°58) contenente «Disposizioni in materia di usura». (163) Per fare un esempio, mentre con la versione originaria della legge n°108/1996, assumendo a riferimento un TEGM del 6%, bastava aumentare del 50% tale valore (e cioè il 3%) per ottenere il tasso usurario al 9% (6 + 3), a seguito delle modifiche introdotte dal “Decreto Sviluppo” si dovrà aggiungere Riproduzione riservata Natale Galipò 60 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 La legge n°108/1996 (entrata in vigore il 24.03.1996 ) ha altresì stabilito, all’art.3, che, fino all’emanazione del primo Decreto Ministeriale di rilevazione dei tassi effettivi globali medi (avvenuta con D.M. 22.03.1997), chiunque si fa dare o promettere da soggetto in condizioni di difficoltà economica o finanziaria, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e ai tassi praticati per operazioni similari dal sistema bancario e finanziario, risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altre utilità, commette il reato di usura. Sulla scorta del richiamato dato normativo (soprattutto a seguito della “spinta” determinata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (164)) si è posto il problema della validità delle clausole relative alla pattuizione di interessi ad un tasso divenuto successivamente usurario (la questione riguarda, in sostanza, tutti i contratti stipulati anteriormente al 24.03.1997, nonché quelli a tasso fisso stipulati in epoca successiva). Il Legislatore ha risolto definitivamente il problema con l’emanazione del D.L. 29 dicembre 2000, n.394 (convertito con modificazione nella Legge 28 febbraio 2001, n.24), il cui art.1, comma 1, stabilisce che «ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento» (la nuova normativa ha superato peraltro, pressoché indenne, le numerose censure di incostituzionalità mossele contro, dal momento che la Corte Costituzionale, con la nota sentenza del 25.02.2002 n°29, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità un quarto del TEGM (nell’esempio in esame, 1/4 del 6%, pari a 1,50%) ottenendo una prima soglia del 7,5%; a questo valore si devono sommare 4 punti percentuali “secchi”, pervenendo così all’11,5%. Conseguentemente, e con un TEGM del 6%: - con la legge 108/1996 il tasso usurario era fissato al 9%, - con la legge 110/2011 il tasso usurario si innalza sino all’11,50%. Secondo gli operatori finanziari le ragioni che hanno determinato la modifica nella determinazione del tasso usurario sono da individuare nella situazione di mercato determinatasi per effetto dall’applicazione della originaria normativa anti-usura, che aveva innestato un trend al ribasso dei tassi di interesse, causando un sostanziale razionamento del credito: l’eccessivo abbassamento dei tassi non consentiva la possibilità di finanziare i clienti meno affidabili (applicando tassi più alti ma adeguati alla concreta situazione economica di costoro) ai quali di fatto veniva sostanzialmente precluso l’accesso al credito. In pratica per concedere prestiti a soggetti a basso reddito (e per questo meno affidabili) era necessario aumentare il tasso di interesse applicabile sui relativi finanziamenti, con la conseguenza che le rate diventavano ancora più insostenibili proprio per soggetti già economicamente svantaggiati. . Rispetto al precedente sistema di calcolo, sino ad un valore del Tasso effettivo globale medio del 16%, la soglia d’usura risulta aumentata significativamente per i tassi più bassi, e in misura via via ridotta per i tassi più elevati. Per valori del TEGM superiori al 16%, invece, il nuovo sistema di calcolo conduce a valori della soglia più bassi rispetto al precedente: il punto di indifferenza fra il precedente criterio e quello vigente è posto in corrispondenza della soglia del 24% (TEGM del 16%) (così VIZZARI, Usura: definizione del tasso soglia, è un meccanismo corretto?, 22.10.2013, reperibile all’URL http://www.consumatoridiritti mercato.it/assicurazioni-banche-e-servizi-finanziari/usura-definizione-deltasso-soglia-e-un-meccanismo-corretto/). (164) Cfr., ex plurimis, il fondamentale arresto rappresentato da Cass. Civ., 17.11.2000 n°14899, la quale ebbe a statuire che «in tema di contratto di mutuo, la pattuizione di interessi moratori a tasso divenuto usurario a seguito della legge n. 108 del 1996 è illegittima anche se convenuta in epoca antecedente all'entrata in vigore di detta legge e comporta la sostituzione di un tasso diverso a quello divenuto ormai usurario, limitatamente alla parte di rapporto a quella data non ancora esaurito» (la sentenza è stata, tra l’altro, pubblicata su Giust. civ. 2000, I,3099, con nota di DI MARZIO; Banca borsa tit. cred. 2000, II, 621 con nota di DOLMETTA; Foro it. 2001, I, 80, con nota di PALMIERI). Riproduzione riservata Natale Galipò 61 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 costituzionale proposte avverso la disciplina in commento)(165). (165) CENNI SULLE PROBLEMATICHE IN MATERIA DI USURA.- Si è anticipato che la normativa anti-usura (L. 7 marzo 1996 n°108) ha fissato il principio secondo cui devono considerarsi usurari i tassi che superano determinati limiti, definiti dalla legge. LA LEGGE 7 MARZO 1996 N.108.- L’art. 4 della l. 108/96, che ha modificato l’art. 1815, 2° comma c.c. in materia di mutuo, ha disposto che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola é nulla e non sono dovuti interessi». Ciò comportava che, qualora fosse stato accertata in sede giudiziale la pattuizione di interessi a tassi usurari, era dovuta solo ed esclusivamente la restituzione del capitale e non degli interessi, rendendo così gratuito, di fatto, il mutuo praticato a tassi usurari. Ora, se - con riferimento alla stipulazione di contratti di finanziamento successivi alla emanazione della legge antiusura - non si è posto alcun dubbio circa l’applicabilità della nuova normativa, gravi problemi interpretativi si sono invece delineati in relazione ai contratti stipulati in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge: da qui l’ovvia contrapposizione tra la posizione della clientela, la quale affermava che i vecchi contratti avrebbero dovuto essere adeguati alla nuova normativa (con il rispetto dei tassi soglia) e la posizione del settore bancario, secondo il quale la legge, con i suoi limiti, avrebbe dovuto trovare applicazione ai soli contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore. Peraltro, trattandosi nella specie di disposizioni con evidenti implicazioni penali, si è sostenuta la rilevabilità d’ufficio della violazione del divieto di percepire tassi superiori a quello usurario; dal che consegue (in un’ottica filoconsumeristica) la riconducibilità nei limiti del tasso soglia - tempo per tempo vigente - degli interessi richiesti alle parti, anche in caso pattuizione convenzionale di tassi superiori. Ciò in quanto gli interessi maturano giorno per giorno e quindi le modalità e la misura con cui essi maturano sono soggetti alla normativa via via vigente. L’entrata in vigore della nuova normativa antiusura ha da subito rivoluzionato l’interpretazione in tema di reati di usura, determinando un innalzamento del contenzioso tra clientela ed istituti di credito ed altri soggetti finanziari, ai quali veniva contestata l’applicazione di tassi di interesse divenuti superiori rispetto ai limiti stabiliti dalla legge. LA PRIMA “LETTURA” DELLA CASSAZIONE IN MERITO ALLA LEGGE N.108/96.- La Corte di Cassazione, chiamata per la prima volta, dopo l’entrata in vigore della riforma, a pronunciarsi sull’applicazione delle disposizioni della legge n°108/96 relativamente ad un contratto di apertura di conto corrente stipulato prima dell’entrata in vigore della stessa (e in relazione al quale era stata richiesta l’applicazione di tassi di interesse usurari) ha stabilito che «nei rapporti di conto corrente bancario, anche se sorti in epoca anteriore alla legge sull’usura, deve ritenersi illegittima la pretesa di un istituto di credito di riscuotere, a titolo di scoperto, un interesse superiore al tasso soglia stabilito nei vari periodi di riferimento con decreto del ministero del Tesoro. Alla stregua della nuova normativa, infatti, non è più possibile continuare a dare effetto alla pattuizione di interessi superiori alla soglia usuraria a fronte di un principio introdotto nell’ordinamento con valore generale e di un rapporto non ancora esaurito». (Cass. civ., sez. I, 22.04.2000, n°5286, pubblicata, tra le tante, in Giust. civ. Mass. 2000, 877 e in Banca borsa tit. cred. 2000, II, 620, con nota di DOLMETTA). Questo orientamento fu confermato qualche mese dopo dalla Suprema Corte con la succitata sentenza 17.11.2000 n°14899 proprio in materia di mutuo, con l’affermazione della illegittimità del tasso oltre-soglia per se la relativa misura fosse stata pattuita in epoca antecedente alla operatività della normativa anti-usura. Secondo l’indirizzo interpretativo consacrato dalle richiamate pronunce della Cassazione, dal momento dell’entrata in vigore della nuova legge n°108/96 tutti i contratti, indipendentemente dalla data di stipula, dovevano essere “adeguati” ai limiti stabiliti dalla stessa, dovendo la valutazione di usurarietà essere rapportata non al momento di perfezionamento del negozio, bensì al momento del pagamento degli interessi, ovvero (secondo una diversa lettura) al momento della relativa maturazione (in dottrina, sul punto, cfr. GIOIA, Usura: nuovi ritocchi, in Corr. Giur., n.7/1998, 805 e ss.; CARBONE, Interessi usurari dopo la l. n. 108/96, in Corr. Giur., n.7/1998, 198 e ss.; INZITARI, Il mutuo con riguardo al tasso soglia della disciplina antiusura e al divieto di anatocismo, in Banca, borsa e tit. cred., 1999, I, 257 e ss.; OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e penale, in Riv. dir. civ., 1999, 42 e ss.). LA SOLUZIONE DEL GOVERNO AMATO SUL TEMA DELL’USURA.- All’orientamento della giurisprudenza di legittimità ha fatto da contraltare, tuttavia, il D.L. 29.12.2000, n°394, convertito, con modificazioni, in L 28.22001, n°24 (interpretazione autentica della legge 7.3.1996, n°108, recante disposizioni in materia di usura) ha stabilito che «ai fini. dell’applicazione dell’at 644 del codice penale e dell’at 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurai gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento». Riproduzione riservata Natale Galipò 62 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Per il legislatore, pertanto, soltanto in caso di interessi originariamente usurari trova applicazione la sanzione della nullità prevista dalla normativa anti-usura. Malgrado le numerose critiche addensatesi contro l’intervento del Governo, la Corte Costituzionale ha di fatto “salvato” la Legge n°24/2001, affermando che «nel caso di interessi originariamente usurari pattuiti dopo l’entrata in vigore della L.7.03.1996 n°108, la nullità della relativa clausola non è preclusa dall’applicazione dell’art.1, 1° co., d.l. 23.12.2000 n°394, in forza del quale, ai fini dell’applicazione dell’art. 1815, 2° co., c.c., l’usurarietà degli interessi va valutata esclusivamente al momento della pattuizione» (con questa considerazione la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile - per difetto di rilevanza - la q.l.c., in riferimento agli art 3, 24, 35, 41, 47 e 77 Cost, della disposizione di interpretazione autentica nella causa relativa a contratto di mutuo stipulato nel vigore della I. a 108 del 1996, con cui erano stati convenuti interessi fin d origine usurari). Inoltre, «la norma denunciata trova giustificazione,. sotto il profilo della ragionevolezza, nell’esistenza di tale obiettivo dubbio ermeneutico sul significato delle espressioni “si fa dare (…) interessi (…) usurari” e “facendo dare (..) un compenso usurario” di cui all’art.644 c. p., in rapporto al tenore dell’art.1815, secondo comma, cod. civ. (“se sono convenuti interessi usurari”) ed agli effetti correlativi sul rapporto di mutuo. L’art.1, 1° co., d.l.. 23.12.2000 n°394, nel precisare che le sanzioni penali e civili di cui agli artt. 644 c. p. e 1815,2° co., c.c. trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, impone - tra le tante astrattamente possibili - un’interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche, come modificate dalla legge n°108 del 1996, che non è soltanto pienamente compatibile con il tenore e la ratio della suddetta legge ma è altresì del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza» (Corte Cost., 25.2.2002, n°29, in Giust. civ., 2002, 1, 869 e, altresì, in Foro It., 2002, 1, 934; confermata successivamente da Corte Cost., 31.10.2002, n°436, in Giust. civ., 2002, 3275). L’intervento “chiarificatore” della Corte Costituzionale ha prodotto un iniziale adeguamento della giurisprudenza di legittimità a quanto stabilito dal legislatore, venendosi così a configurare l’indirizzo interpretativo secondo cui i criteri fissati dalla L. n°108/1996 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge: ciò in ossequio alla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art.1, 1° co., D.L. 23.11 2000 n°394 che, come tale, trova applicazione retroattiva alle controversie pendenti, con la conseguenza che le disposizioni contenute nella L. n°108/1996 non sono applicabili ai contratti stipulati anteriormente alla sua emanazione (Cass. civ., 26.06.2001, n°8742, in Giust. civ., 2002,1, 116). Su questa scia, si è statuito che «in tema di contratto di mutuo, l’art.1 L. 108/1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori, ma non si applica ai contratti contenenti tassi usurari stipulati prima della sua entrata in vigore se relativi a rapporti completamente esauriti al momento della entrata in vigore della legge» [Cass. civ., sez.III, 4.04.2003, n°5324, in Mass. Giust. civ., 2003, 4. In seno alla più recente giurisprudenza di legittimità, Cass. Civ., sez. III, 25.01.2011, n°1748, in Guida al diritto, n°11/2011, pag.70, ha ribadito che «la disciplina relativa ai tassi di interesse, introdotta dalla legge n°108 del 1996, recante disposizioni in materia di usura, e, quindi, anche quella dettata dal decreto legge n°394 del 2000, convertito dalla legge n°24 del 2001, di interpretazione autentica della precedente, non può essere applicata ai rapporti completamente esauriti prima della sua entrata in vigore. E’ irrilevante, per giungere ad una diversa conclusione, la pendenza di una controversia sulle obbligazioni derivanti dal contratto e rimaste inadempiute le quali non implicano che il rapporto contrattuale sia ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha lasciato in capo alle parti, o a una di esse, delle ragioni di credito». Nello stesso senso anche Cass. civ., sez.I, 13.12.2010, n°25182, in motivazione. Sulla distinzione tra rapporto “esaurito” e rapporto “chiuso”, cfr. DOLMETTA, La Cass. n.692/2013 e l’usurarietà sopravvenuta, in www.ilcaso.it, Sezione II - Dottrina e opinioni - documento n. 333/2013, il quale segnala che in generale il rapporto «chiuso» è quello in cui, terminata la fase fisiologica del rapporto (diversamente il rapporto è ancora «aperto»), questo resta però ancora produttivo di una serie di effetti; nei rapporti «esauriti», invece, tutto è stato compiuto (nel caso dell’usura, l’attore agisce in ripetizione)]. Non vi è pertanto dubbio, per la Suprema Corte, che siano venuti meno i presupposti per paralizzare l’operatività della clausole, stipulate prima dell’entrata in vigore della normativa anti-usura (Cass. civ., 24.09.2002, sez.I, n°13868, in Giust. civ. Mass. 2002, 1707; Cass. civ., sez.III, 25.03.2003, n°4380, in Giust. civ. Mass. 2003, 600). Ne consegue che deve ritenersi legittima la clausola del contratto bancario contenente un tasso di interesse che sarebbe usurario secondo il disposto della L.108/1996, qualora pattuita prima della entrata in vigore di tale legge, essendo irrilevante il momento del pagamento (v. per tutti, App. Napoli, 01.10.2010, in Dir. Fall., 2011, II, 237, con nota di FASCIANO; ABF, Collegio Milano, 18.11.2011, n°2183, secondo cui «gli interessi, che al tempo della stipula del contratto non sono usurari, non lo possono in alcun modo diventare in un tempo successivo»; Trib. Napoli 24.03.2003, in Giur. Riproduzione riservata Natale Galipò 63 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 merito, 2003, 1725; Trib. Napoli 11.10.2002, in Giur. merito, 2003, 900; App. Roma 13.09.2001, in Giur. Romana, 2002, 8. Va però segnalato che, malgrado quanto esposto, la tesi della rilevanza della c.d. usurarietà sopravvenuta comincia ben presto a radicarsi saldamente all’interno della giurisprudenza di merito: cfr., ad es., Trib. Milano, 15.10.2005, in Giust. Milano, 2006, n.11, p. 75; Trib. Monza, 22.04.2003, in Giur. merito, 2004, 285; Trib. Cagliari, 6,04.2009, in Riv. giur. sarda, 2009, 747; Trib. Salerno 19.03.2009, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 65; Trib. Benevento, 2.01.2009, in Riv. giur. molise, 2009, n. 2, 1). Argomenti favorevoli alla tesi in esame potrebbero peraltro essere rinvenuti nella stessa Relazione governativa di accompagnamento alla legge n°24/2001 (in Guida al Diritto. n°1/2001, pag. 87 e ss.) dalla quale emergerebbe che l’intento del legislatore era quello, da un lato, di escludere la possibilità di applicazione retroattiva della L. n°108/1996; dall’altro, quello di escludere l’ammissibilità dell’ipotesi della cd. “usura sopravvenuta” concernente i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della l. 108/1996 (così CIVALE, Usura sopravvenuta: la Cassazione riapre il contenzioso banca - cliente, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 7, 2013). E si è pure sostenuto che, nel caso in cui l’obbligazione di pagamento degli interessi fosse condizionata da un dato accidentale, imprevedibile ed esterno alla volontà delle parti, quale la riduzione del tasso soglia, la banca - creditrice di interessi pattuiti ab origine ad un tasso inferiore al tasso soglia rilevato al momento della conclusione del contratto - sarebbe sempre esposta all’alea ulteriore (rispetto a quella tipicamente insita nei contratti corrispettivi di durata) di non potere ottenere (in caso di riduzione del tasso soglia) quanto contrattualmente e legittimamente pattuito con il cliente (cfr. anche GAZZONI, Usura sopravvenuta e tutela del debitore, in Riv. Notariato 2000, 1450). Per completezza di analisi, va osservato che, all’interno della giurisprudenza di merito, è stato affermato (v. App. Milano 10.05.2002, in Giur. It., 2003, I, 502; App. Milano 6.03.2002, ibidem, 2003, 92, con nota di PANDOLFINI) che la legge n°24/2001 opera in esclusivo riferimento ai contratti di mutuo, che rimangono validi ove stipulati prima della legge n°108/96; in relazione invece a differenti tipologie di contratti (ad es., apertura di credito), il superamento del tasso soglia comporta la nullità parziale della prestazione: di qui la sostituzione di un tasso diverso a quello divenuto usurario limitatamente alla parte di rapporto non ancora esaurita (App. Milano, 10.05.2002, cit.). Secondo altra (e più radicale) opinione ancora, più radicale, l’interpretazione autentica della L. n°24/2001 è circoscritta alla sola applicazione delle sanzioni civili (art. 1815 c.c.) e penali (art. 644 c.p.) conseguenti all’accertamento della fattispecie usuraria; diversamente, la disciplina interpretativa non opera “ad altri fini” diversi dall’irrogazione delle predette sanzioni: «questo comporta che, ove in un contratto di finanziamento il tasso soglia venga superato, benché non possa farsi applicazione della sanzione civile della nullità della pattuizione degli interessi, il tasso soglia mantiene intatto il valore normativo “ad altri fini”, quali la possibilità, per l’obbligato, di risolvere il contratto per impossibilità parziale della prestazione ex art. 1464 c.c., ovvero di estinguere in ogni caso l’obbligazione mediante la prestazione di interessi nei limiti del tasso soglia ex art. 1258 c.c.» (così, in termini, Tribunale di Monza, 10.09.2004 n°2461, est. D’AQUINO, a quel che consta inedita ma reperibile all’URL http://www.monza cameracivile.it/Pages/Osservatorio/?id=370 - accesso 30.10.2013; in dottrina, cfr. PASSAGNOLI, Contratto usurario e sopravvenienza normativa, Padova, 2005, 85). LA REVIVISCENZA DELL’USURA SOPRAVVENUTA. Come se lo scenario non fosse già di per sé alquanto controverso, la Iª Sezione della Cassazione ha ulteriormente rinfocolato le diatribe emanando la sentenza n°602 dell’11.01.2013 (reperibile all’url http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/8312.pdf - si veda anche la similare sentenza 11.06.2013 n°603, in Diritto & Giustizia 2013, con nota di VALERIO): nella pronuncia in commento, la Suprema Corte - chiamata a statuire in relazione ad un rapporto di conto corrente sorto prima della legge n°108/96 - ha escluso la possibilità di applicazione retroattiva della normativa de qua, motivando che «giurisprudenza ormai consolidata (da ultimo Cass. n.25182 del 2010) precisa che, con riferimento a fattispecie anteriore (come - pacificamente - nel caso che ci occupa) alla L. 108 del 1996 (disciplina “anti-usura”), in mancanza di una previsione di retroattività, la pattuizione di interessi ultralegali non è viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta». Dal ragionamento spiegato dalla Corte consegue pertanto (attesa la validità delle clausole relative agli oneri economici convenuti tra le parti) che «è esclusa l’automatica sostituzione del tasso originariamente determinato con quello legale», ma al contrario «trattandosi di rapporti non esauriti al momento dell’entrata in vigore della L. n.108 (con la previsione di interessi moratori fino al soddisfo)» occorre piuttosto procedere, ai sensi degli articoli 1419, secondo comma, c.c. e 1339 c.c., in tema di inserzione automatica di clausole, alla sostituzione con i tassi soglia in relazione ai diversi periodi. La irretroattività dei criteri fissati dalla legge n.108 del 1996 per la determinazione del carattere usurario degli interessi è stata successivamente ribadita da Cass. civ., sez. III, 22.03.2013, n°7243, in Guida al diritto, n°22/2013, p.59. Riproduzione riservata Natale Galipò 64 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Come osserva DOLMETTA, La Cass. n.692/2013 e l’usurarietà sopravvenuta, cit., la questione non risiede tanto nel momento della stipulazione, quanto nel momento del pagamento, tenuto anche conto la legge antiusura aveva come finalità preminente quella di razionalizzare il mercato del credito e di abbassare il costo del denaro: in questa prospettiva, in cui acquista rilievo decisivo il tempo di maturazione degli interessi (fenomeno ciclico e non già istantaneo), circoscrivere la rilevanza e l’applicabilità della disciplina dell’usura al momento costitutivo dei rapporti di credito, equivarrebbe a vanificare gli scopi della stessa legge. Secondo l’autore, applicare interessi che secondo la rilevazione trimestrale risultano oggettivamente usurari non può considerarsi meritevole di tutela ex art. 1322 c.c.: ancora una volta è il principio stabilito dalla legge penale a fissare la borderline. Né può definirsi conforme al canone di buona fede oggettiva il comportamento di colui che pretende il pagamento di una somma a titolo di interessi da chi per legge, in quel momento, non potrebbe promettere quella somma. Corretto ed equo è, piuttosto, riportare la richiesta al quantum che risulta in quel periodo mediamente normale, vale a dire al TEGM corrente del trimestre. Il principio di diritto sancito dalle pronunce della Cassazione nn.602-603/2013 è stato immediatamente condiviso anche dall’Arbitro Bancario e Finanziario (sistema di risoluzione stragiudiziale previsto dall’art.128 bis della legge sul risparmio n°262/2005, articolato nei tre Collegi giudicanti di Milano, Roma e Napoli), che ha così pronunciato: «il superamento del tasso soglia sopravvenuto nel corso del contratto comporta l’inopponibilità al cliente dei tassi eccedenti tale limite. In favore di questa soluzione depongono, oltre ad esigenze di razionalizzazione del mercato del credito, da un lato, la sentenza della Corte di Cassazione n. 603/2013; dall’altro, le prescrizioni della Banca d’Italia (in specie, la Comunicazione 20 aprile 2010) le quali, caratterizzandosi per l’assenza di specificazioni in ordine al momento del superamento del tasso soglia, si prestano ad una applicazione ultrattiva rispetto alla fase di costituzione del rapporto» (ABF Napoli, decisione 3.04.2013 n.1796, reperibile all’URL http://www.arbitrobancariofinanziario.it/ decisioni/categorie/Carte%2520di%2520credito/ Tipologia/Dec20130403-1796.pdf. In precedenza, peraltro, ABF Roma, decisione 29.02.2012 n.620, reperibile su ilcaso.it., I, 7121 - pubb. 23.04.2012, aveva affermato che «nel caso un contratto preveda un tasso di interesse non usurario al momento della stipula - perché precedente all’entrata in vigore della legge n. 108/1996 o perché conforme al tasso soglia vigente in quel momento - ma divenuto tale nel corso del rapporto, non trova applicazione la norma dell’art. 1815, comma 2, c.c., in ragione dell’espressa disposizione dell’art. 1 d.l. n. 394/2000, come convertito con legge n. 24/2001. Tuttavia, l’effettiva applicazione di tassi superiori al tasso di usura è in contrasto con l’art. 2 legge n. 108/1996, norma imperativa ispirata al generale principio di non abuso del diritto, e pure è in contrasto con il canone della buona fede oggettiva. Di conseguenza, si impone allora una rideterminazione degli interessi entro i limiti della soglia di usura, nel senso che ogni pretesa ulteriore risulta indebita». Tra la giurisprudenza di merito successiva alle pronunce della Cassazione, cfr. Tribunale di Pescara, 24.06.2013, edita su ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9331 - pubb. 24.0,/2013 , secondo cui «la verifica della conformità degli interessi applicati al meccanismo del tasso soglia, introdotto dalla legge n. 108/1996, non può essere condotta sui contratti stipulati anteriormente all’entrata un vigore di questa, così come chiarito dall’art. 1, decreto legge n. 394/2000. La verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia va pertanto limitata ai soli interessi applicati in forza del contratto stipulato dalle parti il 12.12.1997, successivamente all'entrata in vigore della legge n. 108/1996.»). Nel new deal della Suprema Corte in materia di usura sopravvenuta si inseriscono, da ultimo, anche Tribunale di Napoli, (ord.) 16.10.2013 (reperibile all’url http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/tribunale_di_napoli_16_ottobre_2013.pdf- accesso 20.12.2013) il quale, in riferimento ai rapporti non esauriti prima dell’entrata in vigore della legge antiusura (di cui ha ribadito l’inapplicabilità ai contratti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore) ha affermato che deve ritenersi operante, ai sensi dell’art. 1 di tale legge e degli artt. 1319 e 1419, 2° comma, cod. civ., la sostituzione automatica dei tassi convenzionali con i tassi soglia applicabili in relazione ai diversi periodi; ed ancora, Tribunale di Lecce, 2.12.2013, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9932 - pubb. 23.01.2014, che - nel ribadire il carattere di irretroattività delle norme di cui alla legge n°108/96 - ha precisato altresì che, «con il sopraggiungere dei successivi tassi soglia», le clausole contenute nei contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge anti-usura, pur essendo valide, «divengono illegittime negli effetti, generandosi in tal modo un fenomeno di sostituzione automatica ex art. 1339 c. c. ed applicandosi da tale momento, in conseguenza, il saggio c.d. di soglia (in luogo del maggiore interesse contrattuale), limitatamente alla “porzione” di rapporto non ancora esaurita». LE ISTRUZIONI DELLA BANCA D’ITALIA E LA GIURISPRUDENZA SULL’USURA SOPRAVVENUTA. All’interno della dottrina è stato peraltro segnalata la sussistenza di un evidente “scollamento” tra le istruzioni della Banca d’Italia in materia di usura e la recente giurisprudenza della Cassazione (cfr., ex multis, MALVAGNA, A commento della comunicazione Banca d’Italia 3 luglio 2013: sull’usura sopravvenuta, reperibile all’url http://www.ilcaso.it/articoli/364.pdf; DOLMETTA, A commento della comunicazione Riproduzione riservata Natale Galipò 65 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Banca d’Italia 3 luglio 2013:usura e interessi moratori, reperibile all’URL http://www.ilcaso.it/ articoli/363.pdf; MARCELLI, I chiarimenti della Banca d’Italia in materia di applicazione della legge antiusura; uno sgarbo alla giurisprudenza, reperibile all’url http://www.ilcaso.it/articoli/368.pdf). Ed infatti, con la comunicazione del 3 luglio 2013 («Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura», reperibile all’URL http://www.bancaditalia.it/media/chiarimenti/030713_antiusura.pdf) la Banca d’Italia ha formulato alcune precisazioni sulle questioni (attualmente) controverse in materia di usura. Nella parte iniziale dei “chiarimenti” (n.1) la Banca d’Italia ribadisce la natura meramente «accertativa» delle rilevazioni effettuate dalla Vigilanza in ordine ai tassi soglia, che «non sono fissati dalla Banca d’Italia ma determinati da un automatismo stabilito dalla legge, a partire dai tassi medi di mercato rilevati trimestralmente». All’autorità giudiziaria, soggiunge la Vigilanza (n.2) competono «la verifica dell’usurarietà dei tassi applicati a singoli contratti e le conseguenti valutazioni, sotto l’aspetto civile e penale». Dopo le evidenziate precisazioni, però la Banca d’Italia assume una marcata posizione in materia di usura, operando una distinzione per i finanziamenti a utilizzo flessibile (vale a dire «le aperture di credito in conto corrente, gli anticipi su crediti e sconto di portafoglio commerciale, il factoring e il credit revolving») per i quali l’adeguamento alle recenti decisioni della Cassazione (e dell’ABF) può dirsi pieno (n.3: «sono rilevati i TEG praticati nel trimestre per tutti i conti in essere anche se si tratta di contratti stipulati in precedenza», dal momento che «i TEG applicati per tali operazioni sono sensibili alle variazioni di mercato».); e i finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito (e cioè «credito personale, credito finalizzato, leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto»), per i quali sembra riproposta (n.4) la tesi (sconfessata dall’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità) della «patente d’immunità» per i contratti che nascano non usurari: con riferimento a questi finanziamenti, infatti, «viene rilevato il TEG relativo ai nuovi contratti stipulati nel trimestre. Per questa tipologia di crediti la verifica sul rispetto delle soglie è compiuta solo al momento della stipula del contratto, in cui la misura degli interessi è stabilita». Come correttamente osservato (cfr. MALVAGNA, A commento della comunicazione Banca d’Italia 3 luglio 2013 (…), op. cit.) la distinzione operata sotto il profilo della “flessibilità” del finanziamento non pare persuasiva (né è chiarita all’interno della Comunicazione), dal momento che le ragioni richiamate a fondamento della rilevanza dell’usura sopravvenuta valgono per un caso come per l’altro. In ogni caso, sarà il caso di evidenziare che la posizione della giurisprudenza è ben definita, e cioè che «le direttive e le istruzioni della Banca d’Italia, quale organo di vigilanza ed indirizzo delle banche e degli operatori finanziari, non sono vincolanti per gli organi giurisdizionali, non essendo fonti normative» (Appello Milano 17.07-22.08.2013, n°3283, in ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9479 - pubb. 26/09/2013). USURA E INTERESSI DI MORA. Anche con riferimento a questo considerevole profilo è recentemente emersa una asimmetria nelle posizioni della Banca d’Italia e della Suprema Corte. La Vigilanza, nella richiamata Comunicazione del 3 luglio 2013 (n.4) ha chiarito che «i TEG medi rilevati dalla Banca d’Italia includono, oltre al tasso nominale, tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito», tuttavia precisando che «gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente». Così affermando, tuttavia, l’Authority è andata in palese contraddizione con un recentissimo arresto del Giudice di legittimità: infatti secondo Cass. civ., sez. I, 09.01.2013, n°350, in Guida al diritto 2013, 7, 22 (con nota di SACCHETTINI) e in Diritto & Giustizia 2013 (con nota di VAZZANA), «ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p. si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori (….) In tema di contratto di mutuo, il riferimento contenuto nell'art. 1, comma 1, d.l. n. 394/2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile senza necessità di specifica motivazione - l’assunto secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori». Sulla scia della Suprema Corte, anche Corte d’Appello di Venezia, Sez. III civ., 18.02.2013, n°342, (reperibile all’URL http://www.almaiura.it/ pagina.aspx?a=298 - accesso 30.10.2013) ha statuito che «la sanzione dell’abbattimento del tasso di interesse usurario si applica a qualunque somma dovuta a titolo di interessi, legali o convenzionali, corrispettivi e moratori, con la esclusione del caso in cui il rapporto contrattuale si sia estinto alla data della entrata in vigore della legge 108/1996». In tema di oneri rilevanti ai fini dell’usura, per Tribunale Busto Arsizio 12 marzo 2013 (in ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 8680 - pubb. 25/03/2013) «secondo il chiaro tenore letterale dell’art. 644 comma 3 c.p., sono rilevanti, ai fini della determinazione del tasso soglia di cui alla normativa sull’usura, tutti gli oneri che l’utente sopporti in connessione con l’uso del credito. Tra tali oneri rientra anche il costo della polizza assicurativa a garanzia del rischio morte, invalidità e perdita di impiego del mutuatario obbligatoria ex art. 54 D.P.R. n. 180/1950 per ottenere un prestito con cessione del quinto dello stipendio.(….) In relazione all’individuazione dell’elemento oggettivo del reato di usura, la Banca Riproduzione riservata Natale Galipò 66 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Sulla scorta del dato normativo di riferimento ( e considerato lo scenario interpretativo che si è venuto a delineare, richiamato in nota) può pertanto ritenersi che il professionista delegato potrà procedere come segue: 1) se il tasso soglia risultava superato al momento della stipula: • per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della L. 7 marzo 1996, n.108 non è dovuto alcun interesse (si dovrà indicare nel progetto di distribuzione solo il capitale) • per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della L. 7 marzo 1996, n.108 il tasso al quale devono essere ridotti (per il periodo successivo all’entrata in vigore della normativa antiusura) è, appunto, il tasso soglia (determinato, come esposto, in base alle modifiche introdotte dal “Decreto Sviluppo”n°70/2011 (conv. in L. n°106/2011). 2) se il superamento del tasso soglia si è avuto in costanza di rapporto occorre operare la riduzione automatica del tasso degli interessi a quello corrispondente al tasso soglia di volta in volta rilevato. §1.1.3.- Gli interessi anatocistici PREMESSA. Il fenomeno dell’anatocismo ha rappresentato (specie nell’ultimo quindicennio) un problema di grande pregnanza sotto il profilo pratico, soprattutto in un contesto socioeconomico all’interno del quale ha acquisito dimensioni sempre più ampie (e toni vieppiù stridenti) il contrasto tra istituti di credito (da sempre considerati elementi portanti dell’economia del paese) e clientela; attesa la portata della questione, non minori sono state le diatribe interpretative ingeneratesi (al fine di focalizzare debitamente sia la sostanza del meccanismo in commento ma anche tutte le possibili implicazioni dello stesso sul piano operativo) all’interno della dottrina e della giurisprudenza. Come è noto, il termine “anatocismo” (166) indica il fenomeno per cui gli interessi maturati su un capitale dato a prestito si sommano a loro volta al capitale stesso, che dunque aumenta costituendo la base di calcolo di nuovi interessi. d’Italia assolve alla limitata funzione di fornire dati statistici al Ministero del Tesoro. E’ evidente dunque che le opinioni della Banca d’Italia non vincolano il giudice nell’interpretazione della legge» (sulla inclusione della polizza assicurativa finalizzata al rimborso del mutuo nella determinazione del tasso applicato, cfr. anche Appello Milano, 22.08.2013 n°3283, cit.)]. Infine, va evidenziato che secondo ABF Napoli, decisione 20.11.2013, n°5877 (reperibile all’URL http://www.arbitrobancariofinanziario.it/ decisioni/categorie/Contratti%2520bancari%2520in%2520genere/Condizioni%2520economiche/Dec-20131120-5961 .pdf - accesso 29.12.13) «allorquando, nel quadro di pattuizioni contrattuali, l’applicazione dell’interesse moratorio sia prevista come sostitutiva e non additiva rispetto all’interesse corrispettivo, ai fini della verifica del superamento del c.d. “tasso soglia anti-usura”, i due tassi non vanno tra loro sommati». Da ultimo, a dimostrazione dell’estrema vivacità interpretativa che si registra in materia, va richiamata anche Tribunale di Rovereto, (ord.) 30 dicembre 2013, (reperibile su http://www.dirittobancario.it/sites/ default/files/allegati/tribunale_di_rovereto_30_dicembre_2013.pdf - accesso 18.01.2014) la quale ha ribadito il principio sancito da Cass. n°350/2013, cit., secondo cui gli interessi di mora devono essere ricompresi nel calcolo ai fini della verifica del superamento del tasso soglia ex art.108/96. (166) Il termine “anatocismo” deriva dal composto greco ana tokismós, che ha il significato di “nuovo interesse” o “nuova usura”. Riproduzione riservata Natale Galipò 67 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] In altri termini, l’anatocismo può essere definito come l’applicazione degli interessi sugli interessi già maturati (o interessi composti)(167). Da un punto di vista generale, l’art. 1283 cod. civ. stabilisce che, «in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi». Malgrado il contenuto della richiamata disposizione codicistica, all’interno dei contratti bancari oggetto di più frequente stipulazione (mutuo e/o apertura di credito in conto corrente) sono state per lungo tempo inserite pattuizioni negoziali che prevedevano la capitalizzazione periodica (in particolare: trimestrale) degli interessi debitori. La questione ha con ogni probabilità trovato composizione, dopo annose ed alterne vicende, nelle previsioni della legge 27.12.2013 n°147 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» - c.d. Legge di Stabilità 2014, in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n°302 del 27.12.2013, Suppl. Ordinario n°87), in vigore dal 1° gennaio 2014, il cui art.1, comma 629, si prefigge (come meglio si dirà nel prosieguo) di introdurre nel nostro ordinamento il divieto dell’anatocismo bancario. Attesa la novità dell’intervento legislativo richiamato (che, con ogni probabilità, innesterà come si è verificato per altri interventi in subiecta materia - un fervido dibattito interpretativo) non sarà pertanto inutile illustrare il contesto normativo (ed esegetico) venutosi a creare in tema di anatocismo e, soprattutto, le “risposte” date dal sistema ai fini di una possibile composizione degli interessi in gioco. §1.1.3.1.- Il nuovo corso della giurisprudenza in tema di capitalizzazione degli interessi bancari - Il D. Lgs. n°342/99 e la delibe ra CICR del 9.02.2000 La Corte di Cassazione, dopo aver per lungo tempo avallato la legittimità della prassi dell’anatocismo bancario(168), a partire del 1999(169) ha mutato ex abrupto il proprio (167) Un esempio chiarirà meglio l’incidenza della capitalizzazione (trimestrale) degli interessi passivo. 1) Tasso di interesse: 5% Capitale a debito: 100.000,00 TRIMESTRE CAPITALE INTERESSE SALDO di C/C 1° 2° 3° 4° 100.000,00 100.000,00 100.000,00 100.000,00 5.000,00 5.000,00 5.000,00 5.000,00 105.000,00 110.000,00 115.000,00 120.000,00 Totale interessi passivi: € 20.000,00 (interesse semplice) 2) Tasso di interesse: 5% Capitale a debito: 100.000,00 TRIMESTRE CAPITALE INTERESSE SALDO di C/C 1° 2° 3° 4° 100.000,00 105.000,00 110.250,00 115.762,50 5.000,00 5.250,00 5.512,50 5.788,13 105.000,00 110.250,00 115.762,50 121.550,63 Totale interessi passivi: € 21.550,63 (interesse composto) (168) L’orientamento giurisprudenziale assolutamente costante, instauratosi a partire dal 1981 (il leading case è quello deciso da Cass. civ., 15.12.1981, n°6631, in Giust. civ., 1982, I, 1230, che statuendo in materia di contratto di mutuo, affermò che «nel campo delle relazioni tra istituti di credito e clienti, in tutte le operazioni di dare e avere, l’anatocismo trova generale applicazione, in quanto sia le banche sia i clienti chiedono e riconoscono come legittima la pretesa degli interessi da conteggiarsi alla scadenza non solo sull'originario importo della somma versata, ma sugli interessi da questa prodotti, e ciò anche a Riproduzione riservata Natale Galipò 68 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 orientamento tradizionale, statuendo nel senso della illegittimità delle pattuizioni in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi e dichiarando per l’effetto illecita la richiesta di interessi sugli interessi anche nei contratti conclusi dagli operatori soggetti alla disciplina del T.U. in materia bancaria e creditizia. Successivamente al mutamento di indirizzo interpretativo del Giudice di legittimità, il Governo (in attuazione della delega conferita con la Legge 24 aprile 1998, n°128) ha emanato l’art. 25 del Decreto Legislativo 4 agosto 1999 n°342, il quale dispone testualmente: «1. La rubrica dell’articolo 120 del D.lgs. 1° settembre 1993, n.385 è sostituita dalla seguente: “decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi”. 2. Dopo il comma 1 dell'articolo 120 t.u. è aggiunto il seguente: “2. il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori”. 3. Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente. Il 9 febbraio 2000 il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) ha emesso la delibera indicata dall’art.25 D. Lgs. n°342/1999(170). DELIBERA CICR 9.02.2000 - Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2, del testo unico bancario, come modificato dall'art. 25 del decreto legislativo n. 342/1999 (in G.U. 22.02.2000 n°43). Art.1 (Ambito di applicazione) 1. Nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche e dagli intermediari finanziari gli interessi possono produrre a loro volta interessi secondo le modalità e i criteri indicati negli articoli che seguono. Art.2 (Conto Corrente) 1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base di tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità. prescindere dai requisiti richiesti dall’art. 1283 c.c. Questo dato di comune esperienza ben può essere utilizzato per identificare la consuetudine») e protrattosi per circa un ventennio, riteneva quindi, basandosi su un dato di “comune esperienza”, che nei rapporti tra banche e clienti esistessero degli usi normativi tali da consentire alle prime di pretendere interessi anatocistici anche indipendentemente dai presupposti richiesti dall’articolo 1283 c.c. (169) Il riferimento è al noto révirement attuato dalla Suprema Corte con le tre ormai celeberrime sentenze succedutesi in appena trentadue giorni a partire da Cass. civ., Sez. I, 16.03.1999 n°2374, in Foro It., 1999, I, 1153, con osservazioni di PALMERI-PARDOLESI; cui fecero subito seguito Cass. civ., Sez. III, 30.03.1999, n°3096, ibidem, e Cass. civ., Sez. I, 17.04.1999, n°3845, ibidem, 1429. Allo stato, la questione sulla legittimità dell’anatocismo ante delibera CICR 9.02.2000 (sulla quale si dirà meglio infra) può dirsi chiusa dopo Cass. civ., Sezioni Unite, 04.11.2004, n°21095. in Riv. dir. comm. 2005, 7/8/9, 163 (con nota di COLOMBO). (170) In generale sulla delibera CICR del 9.02.2000, cfr. DE GIOIA CARABELLESE, L’anatocismo nei rapporti tra banca e cliente: la delibera del Cicr, in Contratti 2000, p.411 ss.. Riproduzione riservata Natale Galipò 69 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori. 3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente può se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica. Art.3 (Finanziamenti con piano di rimborso rateale) 1. Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica. 2. Quando il mancato pagamento determina la risoluzione del contratto di finanziamento, l'importo complessivamente dovuto può se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di risoluzione. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica. 3. Quando il pagamento avviene mediante regolamento in conto corrente si applicano le disposizioni dell'art. 2. 4. Nei contratti che prevedono un periodo di pre-finanziamento, gli interessi maturati alla scadenza di tale periodo, se contrattualmente stabilito, sono cumulabili all'importo da rimborsare secondo il piano di ammortamento. [omissis…] Art.5 (Domanda giudiziale e convenzioni posteriori alla scadenza) Gli interessi scaduti possono produrre interessi, oltre che nelle ipotesi e secondo le modalità di cui ai precedenti articoli, dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi. [omissis…] Art.7 (Disposizioni transitorie) 1. Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1 luglio. Art. 8 (Entrata in vigore) La presente delibera entra in vigore il sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Per i contratti bancari stipulati successivamente al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore della delibera in parola), pertanto, il meccanismo della capitalizzazione degli interessi deve essere ritenuto pienamente lecito e si dovrà fare riferimento alle norme regolatrici dei singoli negozi conclusi tra le parti per verificarne la corretta applicazione. Per i contratti bancari stipulati anteriormente a tale data, invece la norma di riferimento era dettata dal 3° comma del citato art. 25 D. Lgs. 342/1999 (sostanzialmente richiamato dall’art.7 della delibera CICR) il quale, come illustrato, faceva salvo il meccanismo dell’anatocismo anche con riferimento a quella parte di rapporto negoziale svoltasi nel pieno vigore dell’art.1283 cod. civ.. Tale norma, tuttavia, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la nota sentenza della Corte Costituzionale 17.10.2000 n°425(171). (171) Corte Costituzionale, 17.10.2000, n°425: «È costituzionalmente illegittimo - in riferimento all'art. 76 Cost., per eccesso di delega rispetto all'art. 1, comma 5, l. 24 aprile 1998 n. 128 - l'art. 25, comma 3, d.lg. 4 agosto 1999 n. 342, nella parte in cui stabilisce che le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti bancari stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (Cicr) relativa alle modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria (delibera poi emessa il 9 febbraio 2000 ed entrata in Riproduzione riservata Natale Galipò 70 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Sulla scorta dell’evoluzione normativa illustrata( 172), il meccanismo dell’anatocismo deve considerarsi lecito solamente per i contratti bancari stipulati successivamente alla data del 22 aprile 2000(173). In sintesi: Contratti di conto corrente stipulati prima del 22.04.2000 (data di entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000) • il meccanismo dell’anatocismo è illecito: pertanto, nel caso in cui la banca abbia ad es. spiegato intervento chiedendo il soddisfacimento di un credito derivante da scoperto di conto corrente, il delegato/consulente dovrà ricalcolare il credito richiesto, scomputando gli eventuali interessi debitori capitalizzati periodicamente e procedendo quindi a determinare il quantum debeatur sulla scorta degli interessi debitori convenzionalmente pattuiti(174). Il consulente può richiedere alla banca di fornire una nuova quantificazione del credito vantato depurato degli interessi anatocistici. Contratti di conto corrente stipulati dopo il 22.04.2000 (data di entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000) • il meccanismo dell’anatocismo è lecito: è consentita, quindi, la capitalizzazione degli interessi sugli interessi e si dovrà fare riferimento alle norme regolatrici dei singoli negozi conclusi dalle parti per verificarne la corretta applicazione. NOTA: occorre considerare che, nella quasi totalità dei casi, il creditore agisce in executivis in virtù di un titolo di formazione giudiziale (decreto ingiuntivo o sentenza) che prevede espressamente tali modalità di calcolo degli interessi: ne consegue che, in presenza di titolo non impugnato del debitore vigore il 22 aprile 2000), siano valide ed efficaci fino a tale data e che, dopo di essa, debbono essere adeguate - a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente - al disposto della menzionata delibera, con le modalità ed i tempi ivi previsti» (in Giust. civ. 2001, I, 300; Banca borsa tit. cred. 2001, II, 1, con nota di MUCCIARONE; Fallimento 2001, 19 con nota PANZANI; OLIVA; Dir. banca e mercato fin. 2001, 199, con nota di CAROZZI). (172) E salvo quanto sarà detto appresso, richiamando la Legge di Stabilità 2014. (173) In seno alla giurisprudenza di merito, cfr., ad es., Tribunale Torino, sez.VI, 28 aprile 2008, n°3157, in Guida al diritto 2009, 1, 87 (s.m.), secondo cui «Dopo l'entrata in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 9 febbraio 2000, la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori è legittima solo in quanto applicata anche agli interessi creditori ed esplicitamente approvata dal cliente». (174) Va rilevato che in conseguenza della ritenuta illegittimità dell’anatocismo trimestrale, non sarà consentito al delegato/consulente sostituire alcun altro criterio di capitalizzazione degli interessi: sul punto, varrà quanto statuito da Cassazione Sez. Un. Civili , 02 dicembre 2010, n. 24418, in Guida al diritto, 2011, 1, pag.74, con nota di MASTROMARTINO, secondo cui «qualora, nell'ambito del contratto di conto corrente bancario, venga dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale degli interessi, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'articolo 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna». Il principio di diritto è stato di recente ribadito anche da Cass. civ., VI Sez., ordinanza 3.09.2013, n°20172, (reperibile all’URL http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/cassazione_civile_sez._vi_03_settembre_ 2013_n._20172_0.pdf) la quale ha statuito che «Per i contratti bancari stipulati in data anteriore al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore della delibera CICR 09 febbraio 2000), ove sia accertata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, non è ammessa alcuna altra forma di capitalizzazione». Riproduzione riservata Natale Galipò 71 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 o da terzi, non è possibile - in linea di massima - contestare il diritto all’anatocismo, che verrà conteggiato(175). §1.2.- Contratti di mutuo bancario ordinario Gli effetti conseguenti all’applicazione del divieto di capitalizzazione degli interessi passivi sono stati più frequentemente esaminati con riguardo al contratto di conto corrente bancario; le argomentazioni spese al riguardo possono tuttavia ritenersi conducenti (anche alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza che si è occupata delle relative problematiche) anche nel prototipo dei contratti bancari: e cioè il mutuo(176). E tanto sebbene il divieto di anatocismo debba essere letto diversamente in questa tipologia di contratti(177). Va osservato che, nel contratto di mutuo, le rate risultano composte in parte da una quota capitale e in parte da una quota interessi; questi ultimi non mutano la loro natura anche se (175) In realtà la questione è lungi dall’essere pacifica, malgrado le sentenze in materia di giudicato richiamate alla superiore nota 153 del §1.1. Attese le strette attinenze tra anatocismo e usura, si pone la questione se sia necessario conformarsi a quanto risulta dal titolo, ovvero se vada applicato il tasso-soglia per l’ipotesi che la formazione del giudicato sia precedente all’entrata in vigore della L. n°108/96. Parte della dottrina (MENCHINI, Limiti oggettivi del giudicato civile, Milano 1987) è dell’avviso che il giudicato ceda alla disciplina sopravvenuta che abbia comportato mutamenti della legge sostanziale rilevante, con la conseguenza che l’applicazione della disciplina sopravvenuta (nella specie, L. n°108/96 in punto di interessi usurari) deve indurre a ritenere l’inesigibilità parziale sopravvenuta - per la parte che supera il tasso-soglia - e costituisce motivo sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo, rilevabile in sede di opposizione all’esecuzione (così Tribunale di Padova, 10.08.2001, in Giur. merito 2002, 715; nello stesso senso anche Tribunale di Monza, 10.09.2004 n°2461, cit.). In questa prospettiva, lo ius superveniens trova applicazione ai rapporti in corso, quanto meno a quelli ricadenti nel periodo di vigenza della disciplina sopravvenuta, con operatività del tasso soglia anche in presenza di un precedente giudicato (cfr. Tribunale Reggio Calabria, 18.02.2003, in Giur. merito 2003, 1726; all’interno della più recente giurisprudenza di merito, va segnalato che per Tribunale di Pordenone, 7.03.2012, in ilcaso.it, I, 7736 - pubb. 05.09.2012 - ha riproposto la tesi della inesigibilità parziale, statuendo che «con riferimento a posizioni creditorie oggetto di decreti ingiuntivi definitivi, non potendo più essere proposte questioni relative alla nullità dei contratti o di clausole dei medesimi per la preclusione che deriva dal giudicato, gli interessi non potranno comunque essere pretesi, in particolare in sede esecutiva, se non in misura coincidente (al massimo) con la soglia prevista: si verifica, in conclusione, una inesigibilità parziale (e conseguente inesecutabilità parziale) degli interessi, nella parte (e solo nella parte) in cui vi è superamento della soglia». In definitiva, malgrado «la mancata opposizione al decreto ingiuntivo determina l’irretrattabilità delle relative statuizioni, essendo lo strumento giudiziale passibile di acquisire forza ed autorità di cosa giudicata» (così ancora Tribunale di Monza, 24.04.2013, cit.) può ragionevolmente ritenersi che il giudicato renda non più contestabili clausole che potevano essere dichiarate nulle (ad es., ove proposta opposizione al decreto ingiuntivo) ma non consenta più di pretendere la dazione di interessi la cui misura sia ormai in contrasto con la norma imperativa. (176) Sulla qualificazione del mutuo quale prototipo dei contratti bancari, cfr. SIMONETTO, I contratti di credito, Padova, 1953. Va peraltro considerato che l’incidenza statistica delle procedure esecutive promosse dalle banche in forza di un contratto di mutuo (specie fondiario, soprattutto dopo l’emanazione del nuovo TUB) è piuttosto alta; in tali ipotesi occorre peraltro tenere presente che, malgrado la presenza di un titolo esecutivo a fondamento della pretesa creditoria (contratto di mutuo redatto in forma di atto pubblico) si tratta pur sempre di un titolo non giudiziale, sulla cui formazione, cioè, non è stata operata qualsiasi forma di controllo e di sindacato da parte del giudice ed in relazione al cui contenuto, peraltro, attesa la sostanziale disparità di potere contrattuale tra clientela ed istituto bancario, non è azzardato ritenere che la parte mutuataria non abbia in alcun modo inciso. (177) In dottrina, si veda quanto sostenuto, sul punto, da TRAPUZZANO, Anatocismo bancario, in Giur. merito 2010, 0561. Riproduzione riservata Natale Galipò 72 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 se conglobati in rate unitarie(178), le quali assolvono unicamente alla funzione di consentire di dilazionare nel tempo la restituzione del capitale e del corrispettivo dovuto dal mutuatario al soggetto che ha erogato il finanziamento. In questa prospettiva, la condotta della banca di conteggiare gli interessi, a carico del mutuatario, sulla intera rata rimasta insoluta dà luogo ad un meccanismo anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c.. (con conseguente nullità della relativa pattuizione contrattuale per contrasto con una norma imperativa di legge)(179). Dopo questa precisazione di carattere generale (ed in considerazione del doppio regime realizzatosi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n°425/2000) anche con riferimento a questo tipo di contratti va evidenziato che lo spartiacque è stato rappresentato (178) Cfr. Cass. civ., sez. III, 20.02.2003 n°2593, in Banca borsa tit. cred. 2003, II, 505 (con nota di TARDIVO), per la quale «in ipotesi di mutuo per il quale sia previsto un piano di restituzione differito nel tempo, mediante pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale da restituire al mutuante, cosicché la convenzione, contestuale alla stipulazione del mutuo, la quale stabilisca che sulle rate scadute decorrano gli interessi sull’intera somma integra un fenomeno anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c» (la sentenza richiama, in motivazione, anche Cass. civ., 06.05.1977 n°1724 e Cass. civ. n° 3479/1971). (179) Sempre secondo Cass. civ. n°2593/2003, cit., «In tema di mutuo bancario, e con riferimento al calcolo degli interessi, devono ritenersi senz'altro applicabili le limitazioni previste dall’art. 1283 c.c., non rilevando, in senso opposto, l’esistenza di un uso bancario contrario a quanto disposto dalla norma predetta; gli usi normativi contrari, cui espressamente fa riferimento il citato art. 1283 c.c., sono, difatti, soltanto quelli formatisi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile (né usi contrari avrebbero potuto formarsi in epoca successiva, atteso il carattere imperativo della norma de qua - impeditivo, per l’effetto, del riconoscimento di pattuizioni e comportamenti non conformi alla disciplina positiva esistente - norma che si poneva come del tutto ostativa alla realizzazione delle condizioni di fatto idonee a produrre la nascita di un uso avente le caratteristiche dell'uso normativo), e, nello specifico campo del mutuo bancario ordinario, non è dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse l’anatocismo oltre i limiti poi previsti dall’art.1283 c.c.; ne consegue la illegittimità tanto delle pattuizioni, tanto dei comportamenti - ancorché non tradotti in patti - che si risolvano in una accettazione reciproca, ovvero in una unilaterale imposizione, di una disciplina diversa da quella legale» (il principio è sostanzialmente ribadito anche dalla recente Cass. civ., sez. III, 29.012013, n°2072, in Giust. civ. Mass. 2013). All’interno della giurisprudenza di merito, cfr. - tra le tante Tribunale Bari, Sez. Rutigliano, 29 ottobre 2008, n. 113, in Giur. merito 2009, 1 82 (con nota di TEDESCHI, SILVESTRI), secondo cui «in un contratto di mutuo a tasso fisso semestrale, in cui sia prevista la restituzione graduale del capitale in applicazione del sistema di rimborso cosiddetto «francese» mediante il pagamento di un numero predefinito di rate semestrali costanti, l'interesse applicato al mutuatario non è l'interesse semplice, ma l'interesse composto, per cui il costo effettivo del prestito è maggiore del tasso indicato nel contratto; tale divergenza, per un verso, importa violazione del divieto di anatocismo e, per altro verso, essendo incerta la stessa indicazione numerica del tasso di interesse, determina la nullità della relativa previsione, con la conseguenza che il piano va ricostruito con applicazione dell'interesse legale». Per completezza, tuttavia, va precisato che le conclusioni del Tribunale di Bari in tema di “ammortamento alla francese” non sono condivise da altre pronunce: cfr., ad es., ABF, Decisione 13.06.2013 n°3208, reperibile all’URL http://www.arbitrobancariofinanziario.it/ decisioni/categorie/Mutuo/Ammortamento/Dec-20130613-3208.pdf (accesso 13.11.2013), che richiama Tribunale di Benevento 19.11.2012, Tribunale di Arezzo 24.11.2011, Tribunale di Padova 23.02.2009. Ad intricare il quadro interpretativo, cfr. Tribunale Milano, 30.10.2013, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9868 (pubblicata il 08.01.2014), secondo cui «nel contratto di mutuo che prevede un piano di ammortamento "alla francese" sono nulle le clausole determinative degli interessi che si risolvono in enunciati non danti luogo ad una univoca applicazione ma richiedenti la necessità di una scelta applicativa tra più alternative possibili, ciascuna delle quali comportante l’applicazione di tassi di interessi diversi.»; in questo quadro interpretativo, la nullità della clausola determinativa degli interessi «non comporta la nullità dell'intero contratto ma la sostituzione di diritto della clausola nulla con la clausola sostitutiva di cui al terzo comma dell’art.1284 c.c., per cui gli interessi saranno dovuti nella misura legale» Riproduzione riservata Natale Galipò 73 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 dalla delibera del CICR del 9.02.2000 (recte: dalla data di entrata in vigore della medesima). ► Contratti di mutuo antecedenti al 22.04.2000 Questa categoria di contratti (attesa anche la declaratoria di incostituzionalità dell’art.25, 3° comma, D. Lgs. n°342/1999, che sanava i precedenti rapporti) è rimasta assoggettata alla disciplina previgente: di qui la nullità delle clausole anatocistiche contenute nei contratti di finanziamento con piano di rimborso rateale stipulati anteriormente al 22.04.2000 (nullità ex tunc, atteso il contrasto di tali pattuizioni con la norma imperativa di cui all’art. 1283 c.c.), con conseguente diritto del mutuatario di richiedere all’istituto di credito la restituzione delle somme indebitamente trattenute dalla banca(180). ► Contratti di mutuo successivi al 22.04.2000 Per questa tipologia di contratti può invece osservarsi quanto segue. Secondo l’art 3 della citata delibera CICR(181) - e con riferimento alle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite (dunque anche nei finanziamenti che non sono regolati in conto corrente) - verificatosi l’inadempimento del debitore, sull’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata, ove contrattualmente stabilito, sono dovuti gli interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. In buona sostanza, la disposizione del richiamato art.3 ammette(va) la possibilità (in presenza di una specifica previsione contrattuale, specificamente approvata per iscritto(182)) di conteggiare gli interessi di mora sull’intera rata, includendo cioè nella base di calcolo anche quella parte della rata comprensiva degli interessi corrispettivi convenzionalmente pattuiti, in deroga al divieto di anatocismo posto in via generale dall’art.1283 c.c.. Tuttavia «su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica» (art.3, 1° comma, ultima parte, delibera CICR): con esplicita esclusione, pertanto, della possibilità di (180) Cfr. in giurisprudenza, Tribunale di Pescara, 23.03.2006, in www.ilcaso.it - Sez. I - Giurisprudenza, documento 280/2006 (http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/280.php), la quale richiama il principio di diritto statuito da Cass. civ. n°2593/2000 in fattispecie relativa ad un contratto di mutuo stipulato sotto la vigenza del D. Lgs. n°385/1993 ma anteriormente alla entrata in vigore della Delibera CICR 9.2.2000. (181) Per completezza, può segnalarsi che la Corte Costituzionale, con sentenza 12.10.2007, n°341, in Giust. civ. 2007, 12, 2662, ha reputato non fondata (in riferimento agli art. 1, 3, 70, 76 e 77 Cost.) la questione di legittimità costituzionale (sollevata dal Tribunale di Catania con ordinanza del 9.08.2005) dell’art. 25, comma 2, D. Lgs. n°342/1999 che ha inserito all’art. 120 D. Lgs. n°385/1993 il comma 2 (che demanda al CICR di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio della attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori) dichiarando che l’anatocismo è materia non presidiata da alcuna specifica riserva di legge. (182) Cfr. art.6 Delibera CICR (Trasparenza contrattuale): «1. I contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l'entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato. Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto». Riproduzione riservata Natale Galipò 74 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 applicare qualsivoglia regime di capitalizzazione periodica(183). In definitiva: sulla rata rimasta insoluta si è ammesso (per i rapporti successivi al 22.04.2000 e sempre ove contrattualmente previsto) il decorso degli interessi moratori (su base annua), da calcolare sull’intero importo della rata(184). §1.3.- Contratti di mutuo fondiario L’anatocismo ha assunto una valenza diversa relativamente ai contratti di mutuo fondiario (185). (183) Capitalizzazione consentita dal 22.04.2000 proprio per effetto della novella all’art. 120 TUB. (184) Per maggiore chiarezza, va ribadito che tali interessi si determineranno (annualmente) in conformità a quanto previsto dagli artt. 1224 e 1284 c.c.; le somme così maturatesi non potranno però via via sommarsi e determinare una nuova produzione di interessi, bensì dovranno essere mantenute del tutto distinte dalla somma che costituisce la rata impagata, la quale soltanto può infatti continuare a produrre interessi moratori. Va in definitiva esclusa la possibilità che gli interessi tempo per tempo prodotti si sommino alla rata insoluta e questo qualunque sia il periodo preso in considerazione per la produzione degli interessi moratori sulla stessa. La questione può tuttavia complicarsi sol che si osservi che la Delibera CICR, al terzo comma dello stesso art.3, prevede che quando il pagamento avviene mediante regolamento in conto corrente si applicano le disposizioni di cui all’art. 2 della medesima delibera, consentendo così la possibilità di sottoporre l’intera rata insoluta al regime della capitalizzazione stabilito dall’art. 2: in questa ipotesi, il regolamento del pagamento attraverso addebito sul conto corrente bancario assorbirà la somma addebitata, facendo sì che essa, al pari di ogni altro addebito ed accredito, sia regolata sia dalla regime di compensazione contabile proprio del conto corrente, sia dal regime di capitalizzazione trimestrale, ove prevista e applicabile sulla scorta del disposto dell’art.2. Il che condurrà, in ultima analisi, alla capitalizzazione degli interessi previsti dal conto corrente bancario anche sull’intero importo delle rate di mutuo rimaste impagate. (185) CENNI SUL CREDITO FONDIARIO E SUL MUTUO FONDIARIO.- Non sarà inutile accennare alle principali questioni in tema di “credito fondiario” e di “mutuo fondiario”, attese le particolarità, anche processuali, che contraddistinguono queste figure. Si definisce “mutuo fondiario” il finanziamento a medio o lungo termine, concesso da un istituto di credito - e garantito da ipoteca di primo grado sopra gli immobili - «in rapporto o al valore degli immobili ipotecati (c.d. credito fondiario ) o in rapporto al costo delle opere da eseguire sugli stessi» (c.d. credito edilizio) determinato dalla Banca d’Italia in conformità alle deliberazioni del CICR (l’ultima è la deliberazione CICR 22 aprile 1995, relativa a norme in materia di credito fondiario). La somma oggetto del finanziamento non può eccedere una determinata percentuale (80%) rispetto al valore dell’immobile (che si eleva fino al 100% in presenza di garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie). La definizione (che prende storicamente le mosse dall’originario Testo Unico emanato con R.D. 16.07.1905 n°646) si ricava dal tenore dell’art. 38 del nuovo Testo Unico in materia bancaria e creditizia approvato con D. Lgs. 01.09.1993 n°385, inserito nella sezione I del capo VI del detto testo unico, intitolata “Credito fondiario e alle opere pubbliche”. Il R.D. n°646/1905 prevedeva originariamente la costituzione di un istituto unico a carattere nazionale (l’Istituto Italiano di Credito Fondiario) che aveva la funzione di erogare mutui finanziati con l’emissione delle c.c.dd. “cartelle fondiarie” (titolo a reddito fisso che veniva emesso - fino all’emanazione del D.P.R. 21.01.1976 n°7 - “parallelamente” alla stipula dei mutui fondiari e come mezzo di provvista degli stessi, per cui il mutuo veniva definito “in cartelle”, in quanto al mutuatario venivano consegnate le cartelle emesse. In realtà tale consegna non aveva quasi mai effettivamente luogo, in quanto l’istituto mutuante, in forza di una specifica pattuizione del contratto di mutuo, assumeva l’incarico di negoziare sul mercato finanziario i titoli emessi ed erogava in concreto il “ricavato” dalla suddetta vendita). Il credito fondiario consisteva pertanto in operazioni di finanziamento (mutui e anticipazioni) per l’acquisto del valore di una proprietà immobiliare già esistente (fondi rustici o fabbricati ultimati) e in reddito (questo requisito poi non più richiesto dal D.P.R. 21.01.1976, n°7), potendo però avere anche finalità diverse da quelle dell’acquisto di immobili. Riproduzione riservata Natale Galipò 75 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 La disciplina del credito fondiario e le relative peculiarità in sede esecutiva erano modulate proprio al fine di assicurare un efficace sistema di garanzie per questo tipo di finanziamenti. Successivamente l’ambito di applicazione - sia soggettivo [il ruolo di finanziatori era svolto dagli Istituti di Credito Speciale (ICS) e dalle Sezioni speciali di aziende di credito ordinario esercenti il credito fondiario, istituite presso le banche di appartenenza] che oggettivo - del credito fondiario è andato ampliandosi e, dopo l’estensione della disciplina speciale anche al credito edilizio (attuata con la L. 29.07.1949 n°474) e la ridefinizione del credito fondiario attuata dall’art.2 D.P.R. 21.01.1976 n°7, si è giunti all’attuale enunciazione dell’art.38 T.U.B., che unifica sotto la denominazione di credito fondiario le nozioni di credito fondiario e di credito edilizio rispettivamente contenute negli articoli 4 e 9 della legge 6 giugno 1991, n. 175, ora abrogata dall’art. 161 del (nuovo) Testo Unico. La norma non prevede che il credito sia caratterizzato dallo scopo; non sussistono pertanto vincoli di destinazione ex lege delle somme erogate (cfr. Cass. civ., 18.04.2013 n°9482, in Diritto & Giustizia 2013, che ha ritenuto la validità del mutuo fondiario anche senza causa tipica). Quanto sopra non esclude ovviamente la possibilità per le parti di concludere contratti di credito fondiario in cui sia individuata la destinazione dei finanziamenti. In definitiva, la nozione di credito fondiario che si ritrae dal nuovo T.U.B. si presenta particolarmente ampia: la Banca d’Italia, nella Comunicazione del febbraio 1994 [in Bollettino di vigilanza n. 2, 1994 (Chiarimenti sul Testo Unico (d. lgs. n.385/93), riportata in TARDIVO, Il credito fondiario nella nuova legge bancaria, Milano, VIª ed., pag.446 ss.)], ha infatti precisato che, essendo venuta meno la distinzione tra credito fondiario e credito edilizio, l’espressione “credito fondiario” riassume in sé finanziamenti di varia natura (es.: acquisto o miglioramento di immobili esistenti, costruzione di nuovi immobili, smobilizzo di proprietà fondiarie, esercizio di attività industriali, ecc.), ma prevalentemente rivolti all’esecuzione di opere su immobili. Per quanto concerne le modalità di perfezionamento delle operazioni di credito fondiario, vanno menzionate quella del contratto unico (stipulazione del contratto ed erogazione del denaro formano oggetto di un atto unico) e quella del doppio contratto (art.39, comma 2, TUB) la cui disciplina si articola nel contratto condizionato di mutuo e nell’atto di erogazione e quietanza. Attualmente possono accedere al finanziamento fondiario i privati, le imprese industriali, commerciali, di servizi e di costruzioni, le cooperative edilizie e le altre imprese che realizzino investimenti ad elevata componente immobiliare; dall’altro, possono esercitare il credito fondiario tutte le banche, e non più solo gli ex ICS (Istituti di Credito Speciale). DIFFERENZA TRA MUTUO FONDIARIO E MUTUO IPOTECARIO.- In via di approssimazione il mutuo fondiario rappresenta una species all’interno del genus mutuo ipotecario. In virtù di quanto in precedenza esposto, si ha credito fondiario quando ricorrono le seguenti caratteristiche: il credito è erogato da una banca (ne restano quindi esclusi gli intermediari finanziari aventi per oggetto la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma); il rimborso del credito deve essere a medio o lungo termine lungo termine (la precedente disciplina limitava le forme tecniche delle operazioni ai mutui e alle anticipazioni - artt. 4 e 9 L. 171/91); il credito è garantito da iscrizione ipotecaria di primo grado su immobili (delimitazione che esclude eventuali estensioni della disciplina del credito fondiario a finanziamenti garantiti da altro genere d’ipoteca (ad es. navale), ribadendone l’originaria natura di operazione legata alla mobilizzazione della proprietà fondiaria). Un altro aspetto fondamentale che caratterizza il credito fondiario (e quindi il mutuo fondiario) è l’applicazione della formula dell’80% (il rapporto tra valore dell'immobile e somme erogate è indicato con il termine tecnico loan to value - LTV): il limite finanziabile è rappresentato dal valore dell’immobile o del costo dei lavori da realizzare (incluso il prezzo del terreno o area da ristrutturare) decurtato del 20%, in base alla delibera CICR del 22 aprile 1995. In assenza anche di uno solo degli elementi sopra indicati o del limite di finanziabilità (80%) non ricorre pertanto la figura del credito fondiario (in giurisprudenza, si veda, ad es., Tribunale Padova, 05.06.2003, in Giur. merito 2004, 925, per la quale, «nel mutuo fondiario: 1) la garanzia deve essere concessa dallo stesso mutuatario; 2) la somma erogata non deve superare il tetto stabilito dal CICR (oggi l’80% del valore dell'immobile); 3) la garanzia deve essere contestuale al finanziamento. La mancanza di una di queste condizioni esclude che si possa applicare la normativa speciale del mutuo fondiario, inclusa l'irrevocabilità della garanzia e dei pagamenti». Per Cass. civ., sez. I, 28.11.2013, n°26672, in Ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9768 - pubbl. il 02.12.2013, la violazione del limite di finanziabilità non comporta la nullità del contratto). Ciò premesso, e con riferimento alla figura del “mutuo ipotecario”, può pertanto rilevarsi che si tratta di due tipologie di mutuo che vedono la loro differenza non tanto e non solo nella denominazione, bensì Riproduzione riservata Natale Galipò 76 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Con riferimento a tale specie di mutui si deve distinguere tra contratti stipulati anteriormente al 1° gennaio 1994(data di entrata in vigore del D.Legisl. b°385/1993)(186) e contratti di mutuo stipulati successivamente. ► Contratti di mutuo fondiario stipulati prima del 01.01.1994 (data di entrata in vigore del D. Lgs. n°385/1993) In relazione a tali contratti l’anatocismo è legittimo, essendo previsto dalla legge: la norma che viene in rilievo è infatti l’art.38 del Regio Decreto n°646/1905, il quale dispone(va) che il «pagamento di interessi, annualità compensi, diritti di finanza e rimborsi di capitoli dovuti non può essere ritardato da alcuna opposizione. Le somme dovute per tali titoli producono di pieno diritto interessi dal giorno della scadenza» (187)(188). nella finalità e nelle condizioni applicate. Sotto il profilo della finalità, il mutuo fondiario è (specie oggi) preordinato all’acquisto di un immobile, su cui è iscritta ipoteca, mentre il mutuo ipotecario può essere utilizzato per acquisti liberi, non finalizzati cioè all’acquisto di un edificio o di un terreno (ad es., spese e/o investimenti materiali e immateriali), anche se viene comunque iscritta ipoteca su un immobile di proprietà del richiedente per consentire l’erogazione del mutuo. Sotto il profilo delle condizioni, considerando che il mutuo fondiario ipotecario è destinato all’acquisto di una casa (spesso la prima casa) esso gode ordinariamente - proprio perchè destinato a risolvere un progetto reputato di prima necessità - di particolari agevolazioni fiscali, di costi notarili più contenuti, nonché di tassi piuttosto contenuti (ad es., dal 2% al 5% nel 2011). Il mutuo ipotecario, invece, viene spesso concesso a chi già possiede un’immobile, ma necessita di liquidità da destinare ad altre finalità; di qui l’applicazione di tassi più elevati e nessuna agevolazione fiscale (gli interessi non possono essere detratti). L’ammontare della somma concedibile per il mutuo fondiario ipotecario è in genere, come esposto, l’80% del valore dei beni ipotecati (che sale al 100% in presenza di garanzie aggiuntive); sotto questo aspetto, il mutuo ipotecario si differenzia dal mutuo fondiario per la possibilità di richiedere un finanziamento fino al 100% del valore del bene ipotecato. (186) Per una rassegna della questione relativamente ai contratti di mutuo fondiario, si veda TARDIVO, Brevi note in tema di interessi anatocistici e usurari nel finanziamento fondiario, in Banca borsa tit. cred. 2009, 5, 581, nota a Tribunale di Nuoro, 10 marzo 2008. Si veda anche quanto sarà esposto infra, al capitolo 3, in tema di collocazione dei crediti ipotecari. (187) Cfr. Cass. civ., sez. III, 31.01.2006, n°2140, in Giust. civ. Mass. 2006, 1, per la quale «in tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi del R.D.L. 16 luglio 1905, n. 646, art. 38, l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento e ciò in quanto nei mutui fondiari l'anatocismo è previsto dalla legge» (in senso conforme anche la più recente Cass. civ., sez. III, 03.03.2009, n°5059, in Giust. civ. Mass. 2009, 3, 369). Con riferimento ai mutui fondiari l’anatocismo é da ricollegare alla specialità del credito fondiario nonché, da una prospettiva storica, al sistema dell’emissione delle cartelle fondiarie per il reperimento della provvista, tanto da aver dato luogo ad un sistema legale delle pratiche anatocistiche, realizzato dalle normative di settore a tutela del soggetto erogatore del finanziamento (in tal senso, cfr. CAPALDO, L’anatocismo nei contratti e nelle operazioni bancarie, Padova 2010, 155). Nelle operazioni di credito fondiario gli interessi pagati dai mutuatari non rappresentano il corrispettivo del godimento di un capitale o di un servizio erogato dalla banca, bensì lo strumento per consentire all’istituto di credito di fare fronte al pagamento dell’eguale importo degli interessi passivi ai portatori della cartelle fondiarie (in giurisprudenza, sul punto, cfr. Cass. civ., 11.11.1969 n°3665, in Giust. civ., 1970, I, 1463. In dottrina, sul fondamento dell’anatocismo nel credito fondiario, sulla corrispondenza tra interessi e cartelle fondiarie e sull’esigenza di evitare che sui portatori delle cartelle fondiarie si ripercuotano i ritardi dei mutuatari nel pagamento delle rate semestrali, cfr. FALASCHI, voce Credito fondiario, in Noviss. dig. ital., Appendice, II, Torino, 1982, 932). (188) Con riferimento ai mutui fondiari ante 01.01.1994, va evidenziato che Cass. civ., sez.III, 3.05.2011, n°9695, in Giust. civ. Mass. 2011, 5, 685, ha statuito che «in tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi dell’art. 38 r.d. 16 luglio 1905 n. 646, l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento» (in senso analogo, cfr. Cass. civ., 5.05.2009, n°10297, in Banca borsa tit. cred. 2010, 3, 319, con nota di TARDIVO). Riproduzione riservata Natale Galipò 77 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 A ciò si aggiunga che il D. Lgs. n°385/93, all’art. 161, ha fatto salva, per i contratti in essere alla data di entrata in vigore, la precedente normativa; per i mutui fondiari il nuovo T.U.B. non prevede più esplicitamente l’anatocismo(189), con la conseguenza che per tale tipologia di mutui (come per quelli ordinari) - l’anatocismo risulterebbe escluso a partire dall’1.01.1994 (si veda, in proposito, quanto sarà esposto infra, al punto successivo, con riferimento alla delibera CICR). ► Contratti di mutuo fondiario stipulati dopo il 01.01.1994 (data di entrata in vigore del D.lgs 385/1993) Per questi contratti, poiché la norma originaria sopra richiamata non è stata riprodotta nel D.lgs. n°385/1993, che ha anzi abrogato l’art.38 del precedente testo unico (che era stato ripreso dall’art.14, comma 2°, D.P.R. n°7/1976 e, successivamente, dall’art.16, comma 2°, L. n°175/91(190)), il meccanismo dell’anatocismo tout court deve ritenersi illecito: troveranno pertanto applicazione le regole in precedenza illustrate per il mutuo bancario ordinario. Anche per questo genere di contratti trova applicazione l’art.3 della delibera CICR del 9.02.2000 (già esaminato per i contratti di mutuo ordinario), con previsione quindi dell’anatocismo (in caso di inadempimento e in presenza di una specifica pattuizione contrattuale), cioè della possibilità di calcolare gli interessi di mora sull’intera rata scaduta (comprensiva cioè della quota interessi), sia pure senza applicazione di alcuna capitalizzazione periodica. (189) Il nuovo testo unico bancario ha infatti operato una semplificazione e razionalizzazione delle tipologie di finanziamento speciale susseguitesi, nel corso del tempo, all’interno della legislazione di settore, determinando il venir meno di ogni riferimento del collegamento causale tra provvista e impiego, attraverso l’eliminazione di ogni vincolo di destinazione sulle somme erogate (cfr., in proposito, BERTOLOTTI, Legge Prodi e mutuo fondiario, in Giur. ital., 2007, c.2251; in giurisprudenza, per Tribunale di Firenze, 18.04.2001, in Gius 2001, 2416, «il credito fondiario, secondo la definizione contenuta nel t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia (art. 38 ss. d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385), ha ad oggetto la concessione, da parte delle banche, di finanziamenti a medio e a lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. Tali finanziamenti sono caratterizzati dall’irrilevanza dello scopo e dalla libertà delle parti nella scelta degli strumenti contrattuali con i quali realizzare il finanziamento purché siano idonei a rivestire le caratteristiche richieste dall'art. 38 t.u. cit.»). (190) L’art. 14 DPR 21.01.1976 n°7 disponeva: «(I) Il pagamento delle rate di ammortamento dei prestiti non può essere ritardato da alcuna opposizione.(II) Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. (III) La misura degli interessi di mora da corrispondersi dai mutuatari agli enti sulle somme dovute e non pagate, stabilita dal primo comma dell'art. 2 della legge 17 agosto 1974, n. 397, può essere modificata con decreto del Ministro per il tesoro, sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio». L’art.16 L. 6.06.1991 n°175 (legge entrata in vigore il 25.06.91, che, all’art.27, ha abrogato il d.p.r. n°7/1976) stabiliva: «(I). Il pagamento di interessi, rate di ammortamento, compensi e rimborsi di capitale non può essere ritardato da alcuna opposizione. (II) Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. (III) La misura degli interessi di mora da corrispondersi dai mutuatari viene fissata con decreto del Ministro del tesoro, sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio e resa pubblica in ciascun locale, aperto al pubblico, dell'Ente». L’art.27, co. 1, L. n°175/91 conteneva la seguente norma transitoria «le operazioni di impiego e provvista già perfezionate dagli Enti e sezioni opere pubbliche e per le quali sia stato già stipulato il contratto alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad essere disciplinate dalle norme anteriori». La legge n°175/91 è stata abrogata dall’art. 161, 1° co., D. Lgs. n°385/1993, con riferimento ai contratti conclusi dal 01.01.1994. Riproduzione riservata Natale Galipò 78 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 In definitiva, a far data dal 22.04.2000 (data di entrata in vigore della delibera CICR), l’anatocismo (da ritenersi illecito a decorrere dall’1.01.1994 e fino all’efficacia della suddetta delibera) è stato nuovamente reintrodotto, questa volta su ogni forma di finanziamento con piano di rimborso rateale. SCHEDA DI APPROFONDIMENTO.- Il divieto dell’anatocismo sulle rate a scadere. Meritevole di commento è poi l’ipotesi in cui il contratto di mutuo sia stato risolto dalla banca, al fine di considerare quali interessi l’istituto possa reclamare per il periodo successivo alla risoluzione (per solito dichiarata mediante la notificazione dell’atto di precetto). Non è infrequente infatti che la banca, una volta risolto il contratto di mutuo, continui però a pretendere gli interessi corrispettivi e di mora contrattualmente previsti anche per il periodo successivo alla risoluzione: in buona sostanza, reclamando una prestazione che trova(va) fondamento in pattuizioni contrattuali che, in quanto non più esistenti proprio per l’avvenuta risoluzione, non possono più essere invocate a sostegno della richiesta di pagamento. La Cassazione ha affrontato la questione (relativamente ad un contratto stipulato nell’operatività del D.P.R. n°7/1976) in un noto arresto(191) nel quale si afferma invece che, con la notificazione dell’atto di precetto al mutuatario inadempiente, la banca manifesta la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dell’art. 15 d.P.R. cit., con la conseguenza che sul capitale residuo continuano a maturare gli interessi al tasso convenzionale (in quanto il contratto di mutuo costituisce un contratto di durata e, quindi, la risoluzione opera per il futuro, determinando l’anticipata scadenza dell’obbligazione di rimborso del capitale) e ferma l’applicabilità, nel caso di ritardo nel pagamento, degli interessi di mora al tasso convenuto ex art. 1224 c.c.. La pronuncia esclude altresì il riconoscimento dei medesimi interessi sulle rate a scadere che comprendono, oltre alla quota capitale, anche gli interessi corrispettivi, in virtù dell’anatocismo legale previsto dall’art. 14 D.P.R. n°7/1976, ma rimasto privo di ragion d’essere una volta venuto meno il contratto. Il principio di diritto elaborato dalla Cassazione ha poi trovato l’autorevole avallo delle Sezioni Unite che, con la sentenza del 12.05.2008, n°12639(192), ha cristallizzato la tesi secondo cui laddove la volontà manifestata dall’istituto mutuante sia diretta in maniera inequivoca alla risoluzione del contratto di mutuo fondiario, con riferimento alle rate non ancora scadute l’Istituto di credito potrebbe esigere solo il capitale, essendo venuto meno il meccanismo di rateizzazione previsto nel contratto ormai risolto. Gli interessi di mora sono pertanto dovuti solo con riferimento alle rate scadute (non travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quali il mutuo) ed impagate e non sul capitale residuo; sul credito risultante vanno poi calcolati gli interessi di mora al tasso contrattuale(193). (191) Cass. civ., sez. III, 21.10.2005 n°20499, in Giust. civ. Mass. 2005, 10. In precedenza, invece, Cass. 2.11.2000, n°14337 aveva escluso l’estinzione del rapporto di mutuo per effetto della dichiarazione della banca di volersi avvalere della condizione risolutiva, affermandone la permanenza fino al completo adempimento delle proprie obbligazioni da parte del mutuatario, e con applicazione - durante tale periodo - degli interessi convenzionali (ancorché convertiti in interessi di mora) al tasso pattuito. (192) Edita, tra le tante, in Giust. civ. Mass. 2008, 5, 756; Foro it. 2008, 9, 2500; Guida al diritto 2008, 31, 56 (con nota di CASTRO). (193) Il principio consacrato dalle Sezioni Unite è, in definitiva, quello secondo cui la risoluzione del contratto di mutuo fondiario non impedisce l’applicabilità, in caso di ulteriore ritardo nel rimborso stesso, Riproduzione riservata Natale Galipò 79 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 degli interessi di mora al tasso in precedenza convenuto nel contratto, ai sensi dell'art. 1224, primo comma, ult. parte, c.c.. La Corte (in particolare nella richiamata sentenza n°20449/2005) ha debitamente rimarcato che la clausola risolutiva espressa viene attivata allorché la banca mutuante, a seguito dell’inadempimento del mutuatario, abbia intimato il precetto per ogni suo credito, comprensivo del capitale residuo; in siffatta situazione, argomentare nel senso della maturazione degli interessi di mora al solo tasso legale finirebbe per determinare un ingiustificato pregiudizio per il mutuante, costretto a ricorrere allo strumento della risoluzione per riottenere il capitale dal mutuatario inadempiente, il quale si troverebbe pertanto in una situazione di favore parimenti ingiustificato, continuando di fatto a godere del capitale ad un tasso di interessi più vantaggioso di quello al quale si era contrattualmente obbligato. La questione merita un ulteriore approfondimento, attese le modifiche alla disciplina della risoluzione contrattuale introdotte dal nuovo T.U.B.. Ed infatti, nel caso di un contratto di mutuo fondiario stipulato anteriormente al 01.01.1994 - attesa l’operatività nella previgente disciplina del credito fondiario della clausola risolutiva espressa del mancato pagamento anche di una sola rata (cf. art. 39 R.D. n°646/1905 e art. 15 del D.P.R. n°7/1976) - si è dato atto nel testo dell’orientamento prevalente in giurisprudenza secondo il quale, con la notifica dell’atto di precetto nei confronti del mutuatario inadempiente, il rapporto di credito fondiario si risolve ex lege ai sensi dell’art. 1456 cod. civ. (così le citate Cass. SS.UU. n°12639/2008 e Cass. n°20449/2005 e, ancora prima, App. Roma, 18.12.1996, in Giust. civ. 1997, I, 2611, con nota di BIAMONTI). In questa prospettiva interpretativa può pertanto ritenersi che anche l’intervento spiegato dal creditore fondiario, sostanziando una forma di esercizio dell’azione esecutiva, determini la risoluzione del contratto di mutuo. Per i contratti di mutuo fondiario stipulati dopo il 01.01.1994 (e per i contratti di mutuo ipotecario ordinario) l’art.40 (comma 2) D. Lgs. n°385/1993 prevede invece che «La banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine costituisce ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata». Sulla scorta di quanto esposto, possono quindi profilarsi dunque le seguenti ipotesi: • la banca agisce in executivis per le rate scadute (meno di sette), riservandosi ulteriori atti d’intervento per le successive rate: in questo caso non v’è luogo a risoluzione del contratto di mutuo e l’istituto di credito vanta un credito al pagamento delle rate di mutuo insolute e degli interessi convenzionali sulle stesse. • la banca, sussistendo i presupposti di cui al richiamato art. 40 T.U.B., si avvale della clausola risolutiva espressa ovvero, nella sussistenza dei presupposti di cui all’art.1186, si avvale della decadenza del debitore dal beneficio del termine: in queste due ultime ipotesi, l’istituto può richiedere le rate di mutuo scadute e rimaste impagate, il capitale residuo e gli interessi convenzionali su entrambe le poste. Per mera completezza di analisi, si richiama un orientamento di merito (cfr. Tribunale di Roma, Sezione distaccata di Ostia, ordinanza 23.05.2011, reperibile all’URL http://www.afolostia.com/max2.htm, accesso 19.11.2013) secondo cui, una volta dichiarata la risoluzione del contratto, sia pure - come esposto - senza effetti retroattivi (vertendosi in tema di contratto di durata - art. 1458, comma 1, c.c.) sulle somme dovute alla banca (e che comprendono sia le semestralità scadute e sia quelle a scadere) decorrono solo gli interessi legali fino al saldo. Ed infatti, risolto il contratto (e venuto quindi meno, di solito dalla data di notifica del precetto, il paradigma contrattuale), per il periodo successivo alla risoluzione il debitore è obbligato soltanto alla restituzione di quanto a quella data maturato e non ancora rimborsato alla banca (semestralità scadute a quella data) oltre alla residua porzione di capitale contenuta nelle semestralità a scadere ed oltre agli interessi legali sul solo capitale. La situazione di ingiustificato vantaggio per il mutuatario inadempiente, determinata dall’applicazione degli interessi legali, se esatta in linea di principio, è tuttavia legata alla correttezza del comportamento spiegato dalla banca mutuante all’interno della procedura esecutiva, nel senso che questa non potrebbe dolersi delle conseguenze di propri comportamenti errati e/o imprecisi: ciò in quanto nei contratti a prestazioni corrispettive (tra i quali il mutuo) a fronte dell’inadempimento di una delle parti l’altra può, a sua scelta, chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno ex art.1453 c.c.. Ed allora, se la banca, in caso di mancata restituzione da parte del mutuatario delle somme ricevute, chiede l’adempimento, in questa ipotesi è legittima la richiesta degli interessi di mora contrattualmente convenuti; ove tuttavia l’istituto dovesse invece scegliere di avvalersi della clausola risolutiva, in tale ipotesi non potrà richiedere prestazioni che nel contratto (ormai venuto meno e privo di ultrattività) trovino fondamento e relative ad un momento successivo alla risoluzione stessa. Secondo l’indirizzo in commento, l’istituto di credito potrà richiedere tuttavia il risarcimento dei danni che, nel caso in cui siano Riproduzione riservata Natale Galipò 80 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 §1.4.- L’ANATOCISMO E LA LEGGE DI STABILITA’ 2014 Come anticipato, la legge 27.12.2013 n°147 (c.d. Legge di Stabilità 2014), entrata in vigore il 1° gennaio 2014, ha introdotto, all’art.1, comma 629, una innovativa disposizione in materia di interessi bancari. Detto comma ha infatti operato una modifica del 2° comma dell’articolo 120 del D. Lgs. n°385/1993 (Testo unico bancario), che - come illustrato - nella versione precedente si è limitata a formulare il principio della parità di trattamento nella capitalizzazione in conto corrente degli interessi bancari attivi e passivi (in altre parole, la capitalizzazione degli interessi passivi a carico del cliente doveva essere effettuata con la stessa periodicità di quella applicata agli interessi che la banca doveva corrispondere allo stesso cliente). In seguito alla “riscrittura” operata dal comma 629 dell’art.1 della L. n°47/2013, il comma 2 dell’art.120 viene ad essere così sostituito: art.120 T.U.B. (2° comma) - vecchio testo Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. art.120 T.U.B. (2° comma) dopo Legge di Stabilità Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale». La nuova formulazione della norma(194), come si evince dai lavori preparatori(195), persegue l’obiettivo di sancire il divieto di anatocismo nell’ordinamento bancario(196), stati previsti interessi moratori, spetteranno senza bisogno di prova nella misura ad essi corrispondente (e non superiore agli stessi). (194) In uno dei primissimi commenti alla nuova norma (cfr. PETRELLI, Rassegna normativa 2° semestre 2013, reperibile all’URL http://www.gaetanopetrelli.it/catalog/documenti/00000545/Novita_%20normative %20secondo%20semestre%202013.pdf - accesso 8.01.2014, pagg. 32-33) si afferma che la nuova norma, in quanto speciale, prevalga sull’art.1283 c.c. e, in quanto imperativa, prevalga pure (sia perché posteriore, sia perché contenuta in una fonte gerarchicamente sovraordinata) proprio sulle disposizioni di cui alla delibera CICR del 9.02.2000, i cui artt.1, 3 e 5 stabiliscono la possibilità (dettandone criteri ed ipotesi) della produzione degli interessi sugli interessi. La conseguenza è che tutte le predette disposizioni devono ritenersi tacitamente abrogate a decorrere dal 1° gennaio 2014, anche prima della emanazione della nuova deliberazione del C.I.C.R. cui fa riferimento il novellato art. 120, comma 2, t.u.b. (la cui mancata adozione non potrebbe comunque pregiudicare l’applicazione di una norma imperativa come quella in commento). L’autore soggiunge altresì che le previsioni dell’art. 120, come pure tutte quelle contenute nel Capo I del titolo VI, non si applicano invece – salvo espresso richiamo - ai contratti di credito disciplinati dal capo II (contratti di credito al consumo) (art. 115, comma 3, T.U.B.), per i quali vale pertanto, la disciplina generale dettata dall’art. 1283 c.c. . (195) La Vª Commissione permanente della Camera dei deputati ha approvato, nella seduta del 16 dicembre 2013, l’emendamento 1. 1708. (deputati Castricone e Ginefra) che ha di fatto aggiunto la disposizione poi trasfusa nel comma 629 dell’art.1 della legge di stabilità 2014 (cfr. Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 16.12.2013, pag.117 reperibile all’URL http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2013/12/16/leg.17.bol0143.data 20131216.pdf - accesso 8.01.2014). L’emendamento in questione riproduce peraltro - testualmente - il testo della norma inserita nella proposta di legge C. 1661 (Deputati Boccia ed altri), presentata alla Camera il 4 ottobre Riproduzione riservata Natale Galipò 81 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 mirando ad impedire che gli interessi bancari periodicamente “capitalizzati” producano interessi ulteriori, i quali, nelle successive operazioni di capitalizzazione, andranno calcolati esclusivamente sulla quota capitale. In definitiva, può affermarsi che la normativa di attuazione in tema di produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria spetta sempre al CICR, il quale deve adesso attenersi al rispetto di due criteri: il primo richiede che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori (in sostanza, come nella precedente stesura della norma); il secondo prescrive che, alla fine del periodo stabilito per la capitalizzazione, l’istituto bancario dovrà procedere al calcolo degli interessi: il risultato, tuttavia, non rappresenterà la base per il calcolo degli interessi del periodo successivo, in quanto gli interessi (maturati nel primo periodo) saranno infruttiferi. In sostanza, il saldo del conto sarà costituito dalla somma degli importi (dare o avere) in conto capitale e dalla somma degli interessi maturati per ogni singolo periodo di computo(197). Considerato che il sistema spiega effetti nei rapporti reciproci tra banca e clientela, ne deriverà che anche gli interessi attivi per il cliente non produrranno interessi nel periodo successivo a quello di maturazione. Alla luce di quanto disposto dalla nuova legge, a far data dal 1° gennaio 2014 il sistema bancario dovrà pertanto adeguare i contratti di finanziamento nei confronti della clientela, i 2013 ma poi non esaminata, avente ad oggetto “Modifica all’articolo 120 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in materia di calcolo degli interessi” (reperibile all’indirizzo web http://www.camera.it/leg17/126?idDocumento=1661 accesso 10.01.2014), nella cui relazione si precisa che scopo della proposta è quello di «stabilire l’illegittimità della prassi bancaria in forza della quale vengono applicati sul saldo debitore, generalmente a cadenza trimestrale, i cosiddetti “interessi composti” (o interessi sugli interessi). In pratica, gli interessi vengono conteggiati dalla banca ogni trimestre, esposti come “voce”nell’estratto conto e utilizzati nel trimestre successivo come “debito” sul quale calcolare ulteriori interessi (…) La proposta di legge, che per la prima volta tipizza l’improduttività degli interessi composti, intende mettere la parola fine a un comportamento riconosciuto illegittimo dalla giurisprudenza, ma costantemente tollerato dal legislatore». (196) La voluntas legis che traspare dai lavori preparatori è proprio nel senso di espungere l’anatocismo dall’ordinamento: cfr. Resoconto stenografico dell’Assemblea della Camera dei deputati, seduta n.142 del 20 dicembre 2013, pag.26 (reperibile all’indirizzo http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta =0142&tipo=sommario - accesso 08.01.2014), dove si fa espresso riferimento allo «stop all’anatocismo degli interessi bancari»; ancora, Camera dei deputati, Documenti per l’esame dei progetti di legge - A.C. 1865-A, Dossier di sintesi del contenuto, n.95/2 del 19 dicembre 2013 (http://documenti.camera.it /leg17/dossier/Testi/ID0006b.htm - accesso 8.01.2014), laddove si specifica (“Disposizioni in materia bancaria e finanziaria”) che la nuova formulazione dell’art.120 TUB «mira a introdurre il divieto di anatocismo nell’ordinamento bancario». (197) In realtà, a stretto rigore, l’enunciazione della norma non appare perspicua, poiché la stessa utilizza il termine “capitalizzazione” e fa riferimento agli “interessi periodicamente capitalizzati”. Attesa la ratio legis in precedenza rimarcata, deve allora ritenersi che il legislatore abbia utilizzato l’espressione “capitalizzazione”, non già per indicare il meccanismo per cui il reddito prodotto da un capitale si aggiunge al capitale stesso al termine del periodo di capitalizzazione (cfr. INSOLERA, Trattato di scienza attuariale. Teorica della capitalizzazione, Torino 1947, 21), per il che quelle che originariamente sono due poste distinte - interessi da una parte e capitale dall’altra - diventano una posta unica, ossia capitale; bensì nell’accezione di “capitalizzazione semplice”, vale a dire indicando quel meccanismo che si risolve nel sommare, al termine del periodo di maturazione (ad es., ogni anno), al capitale da rimborsare una quota percentuale di interessi costante nel tempo, così che alla fine di ogni periodo di riferimento il debitore si troverà a pagare la stessa quota di interessi. Riproduzione riservata Natale Galipò 82 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 quali dovranno pertanto contenere previsioni dalle quali emerga in modo assolutamente chiaro che in nessun caso gli interessi dovuti in base a disposizioni contrattuali o legali possono produrre ulteriori interessi (con conseguente prevalenza sulle diverse clausole eventualmente previste nei capitolati e condizioni generali di contratto). 2.- COLLOCAZIONE DEI PRIVILEGI IMMOBILIARI Come già specificato (cfr. ante, §8.2.7) il privilegio del credito principale si estende comunicando il rango privilegiato - anche alle spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione e agli interessi per l’anno in corso alla data del pignoramento e per quello anteriore (in materia di ipoteca l’estensione riguarda invece i due anni anteriori e l’anno in corso). Gli interessi maturati dopo l’anno in corso sono ammessi al privilegio solo nella misura legale e fino alla data del decreto di trasferimento (art. 2749 c.c.). Per la nozione di anno in corso si rinvia al paragrafo successivo dedicato al credito ipotecario. 3.- COLLOCAZIONE DEL CREDITO IPOTECARIO IN VIA PRIVILEGIATA EX ART.2855 C.C. Nell’ipotesi di credito garantito da ipoteca, la collocazione del medesimo all’interno del progetto di distribuzione andrà effettuata in base al disposto dell’art. 2855 c.c.(198), che stabilisce l’ambito di estensione del privilegio ipotecario(199). (198) Articolo 2855 codice civile - Estensione degli effetti della iscrizione. [I]. L'iscrizione del credito fa collocare nello stesso grado le spese dell'atto di costituzione d'ipoteca, quelle della iscrizione e rinnovazione e quelle ordinarie occorrenti per l'intervento nel processo di esecuzione. Per il credito di maggiori spese giudiziali le parti possono estendere l'ipoteca con patto espresso, purché sia presa la corrispondente iscrizione. [II]. Qualunque sia la specie d’ipoteca, l'iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, purché ne sia enunciata la misura nell'iscrizione. La collocazione degli interessi è limitata alle due annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento, ancorché sia stata pattuita l'estensione a un maggior numero di annualità; le iscrizioni particolari prese per altri arretrati hanno effetto dalla loro data. [III]. L'iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi maturati dopo il compimento dell'annata in corso alla data del pignoramento, però soltanto nella misura legale e fino alla data della vendita. (199) Con riferimento ai mutui fondiari ante 01.01.1994, va evidenziato che Cass. civ., 5.05.2009, n°10297, cit. (pubblicata anche su Giust. civ. Mass. 2009, 5, 720 e Vita not. 2010, 1, 91, sempre con nota di TARDIVO) ha stabilito che «all’espropriazione immobiliare individuale fondata su credito fondiario, a cui sia applicabile (come nella specie) “ratione temporis” il r.d. 16 luglio 1905 n. 646, non si estende, in materia di interessi, la disciplina generale dettata dall’art. 2855 c.c. (che prevede rigorosi limiti con riguardo agli effetti dell'iscrizione ipotecaria sugli interessi dovuti), bensì la normativa speciale, da considerarsi prevalente, individuata nello stesso t.u. n. 646 del 1905, in funzione della quale deve considerarsi garantito il recupero integrale di tutto il dovuto a titolo di interessi al tasso contrattualmente stabilito». Più di recente, in senso conforme, anche Tribunale Ascoli Piceno, sez. I, Riproduzione riservata Natale Galipò 83 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 In virtù di tale disposizione sono considerati assistiti dal privilegio ipotecario: a) il capitale iscritto nei limiti del credito effettivamente esistente (l’iscrizione può anche essere maggiore del credito), comprensivo degli interessi maturati sino al momento dell’iscrizione. Per i contratti di mutuo il capitale è costituito dal capitale mutuato meno la somma di tutte le frazioni imputate a capitale delle rate di ammortamento venute a scadenza e pagate. Nel caso di ipoteca giudiziale iscritta sulla base di debiti derivanti da conto corrente, il capitale è costituito dall’intero importo del liquidato in decreto o in sentenza; solo su tale capitale matureranno pertanto gli interessi privilegiati. b) le spese accessorie: Vi sono comprese: le spese per la costituzione di ipoteca volontaria (ma non rientrano in questa categoria le spese sostenute per la stipula del contratto di mutuo(200) anche se concluso contestualmente alla costituzione di ipoteca: in tal caso si dovrà determinare la parte di spese imputabile alla concessione di ipoteca); le spese di iscrizione (imposta ipotecaria, spese per copie, ecc.) e di rinnovazione; le spese ordinarie occorrenti per l’intervento nel processo di esecuzione (cioè le spese legali sostenute nel corso del processo esecutivo eventualmente liquidate dal Giudice). Non vi rientrano: le spese relative alla formazione dell’atto costitutivo del credito (es. contratto di concessione di mutuo), salvo patto espresso contrario e autonoma iscrizione; le spese per l’emissione e la registrazione del decreto ingiuntivo o della sentenza salvo che vi sia specifica iscrizione per esse(201); 05.02.2010, in Giur. merito 2010, 6, 1559, 1. Deve peraltro segnalarsi, in seno alla giurisprudenza di merito, la prevalenza dell’indirizzo secondo cui la disciplina speciale del credito fondiario anteriore al t.u.b. non contiene alcuna deroga alla disciplina generale dell'art. 2855 c.c., per il che i crediti rinvenienti da operazioni di credito fondiario trovano collocazione privilegiata, tanto in sede di esecuzione individuale come nel fallimento, soltanto nei limiti delle due annualità anteriori e di quella in corso al giorno del pignoramento (Tribunale Milano 9 settembre 2003, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 64; Tribunale Napoli 8 giugno 2001, ivi, 2003, II, 90; Appello Milano 16 aprile 1999, ivi, 2001, II, 183)]. Da ultimo, va ricordato un certo orientamento di merito (Tribunale Napoli, 3 marzo 2009, in Riv. dottori comm. 2009, 4, 843, s.m.) secondo cui «al cessionario di credito fondiario, qualora non si tratti di cessione ex art. 58 t.u. n. 385/1993, non competono i privilegi processuali e di tutela espropriativa di cui all'art. 41 t.u. n. 385/1993, la cui “ratio” deve ravvisarsi proprio nella qualità soggettiva del creditore procedente (istituto di credito); pertanto tale cessionario non può iniziare o proseguire l'azione esecutiva anche dopo il fallimento del debitore». (200) Secondo Cass. civ., sez. I, 29.01.2009, n°2213, in Giust. civ. Mass. 2009, 1, 133, «l’iscrizione al passivo concorsuale del credito derivante da un mutuo ipotecario non fa collocare nello stesso grado anche il credito relativo alle spese per l’anticipata estinzione del mutuo, per premi di assicurazione e per i cd. "rischi di cambio"; ciò in quanto l'art. 2855, comma 1, c.c. fa riferimento a specifiche spese relative alla costituzione, iscrizione e rinnovazione dell'ipoteca, non assimilabili a quelle garanzie supplementari correlate a determinati rischi, da cui la banca ha inteso premunirsi». (201) Sempre in tema di spese, cfr. Corte d’Appello Firenze, 18.11.2009, n°1519, in IlSole24ore, Mass. Repertorio Lex24, secondo cui «in materia di ammissione al passivo fallimentare, gli importi delle spese liquidate nel decreto ingiuntivo e di quelle sostenute per la registrazione dello stesso sono escluse dal privilegio, in quanto limitato il medesimo, ex art.2855, alle spese dell’atto di costituzione dell’ipoteca, Riproduzione riservata Natale Galipò 84 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 le spese per l’atto da cui sia derivata l’eventuale ipoteca legale (es. compravendita). Lo scopo della norma è quello di inserire automaticamente tra i crediti privilegiati quelli che presumibilmente sarebbero stati inseriti dalle parti e che sono, comunque, strettamente inerenti alla tutela del credito principale. Da sottolineare che queste spese sono comunque comprese nel totale iscritto, nel senso che non si aggiungono al totale dell’iscrizione, ma sono in esso incluse (con la conseguente considerazione che, se alcune spese eccedono il totale, le stesse dovranno essere collocate in via chirografaria). c) gli interessi convenzionali al tasso enunciato nella iscrizione ipotecaria, per l’anno in corso e per le due annate anteriori il giorno del pignoramento. L’enunciazione nella iscrizione ipotecaria della misura degli interessi è condizione per il riconoscimento della prelazione sugli stessi (202): pertanto, è necessario che nella nota di iscrizione ipotecaria sia indicato il tasso di interesse, con specificazione della percentuale oppure con qualsiasi altro elemento che consenta di ricavarne la misura(203). Se il tasso d’interesse è variabile, è sufficiente l’indicazione, all’interno della nota, del parametro finanziario che forma la base di calcolo dell’interesse (es.: tasso variabile fissato in sette punti percentuali oltre il tasso ufficiale di sconto). Da quanto esposto consegue che, qualora tali interessi non risultassero dalla nota ipotecaria (o siano stati reclamati interessi più alti rispetto a quelli indicati nella nota) essi devono essere collocati nel progetto come crediti chirografari. Non sono considerati crediti assistiti dal privilegio ipotecario gli interessi maturati anteriormente al biennio. d) gli interessi legali(204) dalla fine dell’anno in corso alla data del pignoramento e fino alla data della vendita (che coincide con quella di deposito del decreto di trasferimento(205)). NOTA: In caso di pluralità di lotti, trasferiti con decreti di trasferimento pubblicati in tempi diversi, e nelle quali non rientrano le somme di cui innanzi». Nello stesso senso: Tribunale Reggio Emilia, 25.02.2005, in Fallimento 2005, 705, il quale esclude anche il compenso del notaio per l’atto di surrogazione. (202) In questo senso, cfr. Cass. civ., 28 giugno 2002, n. 9497, in Giust. civ. 2003, I, 2509; Cass. civ. 28.11.2001, n°15111, in Fallimento 2002, 1291 (con osservazione di CECCHERINI). (203) In realtà, considerato il software attualmente per la compilazione della nota di iscrizione (Nota, vers. 4.2.2 del 3.03.2006, ancora utilizzabile alla data del 9.12.2013) pare vincolante l’indicazione di un tasso numerico, salvo aggiungere nell’apposito quadro D eventuali elementi di specificazione. (204) Si tratta degli interessi previsti dall’art.1284 c.c., con esclusione quindi di «ogni riferimento a saggi d’interesse stabiliti in misura superiore da norme speciali e, in particolare, ai tassi agevolati (tra i quali rientrano quelli dovuti ai mutui fondiari) che, a norma della l. 17 agosto 1974 n. 397, sono fissati dal ministro del tesoro di concerto col ministro competente per la materia» (così Cass. civ., sez. I, 03.12.1986, n°7148, in Fallimento 1987, 912; il principio è stato ribadito anche dalla Cass. civ., sez. III, 15.012013, n° 775, in Diritto & Giustizia 2013, con con nota di TARANTINO). (205) Principio pacifico in giurisprudenza: cfr. Cass. civ., sez. I, 08.09.1983, n°5526, in Giur. it. 1984, I, 1, 249. Più di recente, in seno alle corti di merito, cfr. Tribunale Padova, 17.10.2005, in Giur. merito 2006, 9, 1933 e 17.05.2004, in Giur. merito 2004, 2224. Riproduzione riservata Natale Galipò 85 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 in presenza di progetti di distribuzione parziale approvati, occorre considerare, ai fini del calcolo degli interessi, che: - ai sensi dell'art. 1194 c.c. (206), il pagamento parziale va imputato prima agli interessi e poi al capitale; - il capitale non pagato produce comunque interessi. Ne consegue che il calcolo degli interessi legali (spettanti in via ipotecaria) va effettuato fino alla data del decreto di trasferimento depositato per ultimo(207). Va infine rilevato, circa l’estensione della ipoteca agli interessi, che il limite dei tre anni imposto dalla norma riguarda solo gli interessi futuri (cioè non ancora maturati alla data di iscrizione dell’ipoteca) e non gli interessi già scaduti alla data di iscrizione purché espressamente indicati nel valore garantito(208). Ciò significa che, in astratto, dopo la scadenza degli interessi, il creditore potrebbe anche iscrivere una nuova ipoteca per tali interessi, così superando il limite dei tre anni. Ciò è ammissibile perché la successiva iscrizione degli interessi scaduti prenderebbe non il grado dell’ipoteca originaria, ma quello che conseguirebbe in base al momento della nuova iscrizione: sarebbe cioè, nient’altro che una nuova iscrizione (la prima iscrizione, invece avrebbe l’effetto di far prevalere gli interessi su tutti i successivi creditori). Nella pratica, non accade mai (o si verifica molto raramente) che il creditore si avvalga della facoltà di iscrivere successivamente gli interessi scaduti. SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: il superamento del montante ipotecario Una ipotesi che può profilarsi al momento della predisposizione del progetto di distribuzione è che il credito assistito dalla prelazione superi, nel quantum precisato in via ipotecaria, l’ammontare della somma oggetto dell’iscrizione stessa: l’interrogativo che si profila, a questo punto, è se collocare il credito in via privilegiata entro i limiti della somma iscritta ovvero se riconoscere la (206) Va per scrupolo osservato che l’applicabilità, in sede esecutiva, dei criteri di imputazione dei pagamenti stabiliti dagli artt.1193-1194 c.c. è peraltro oggetto di controversia. Per la tesi negativa, imperniata sul rilievo che i menzionati criteri riguardano i pagamenti volontari, non quelli conseguenti coattivamente in sede espropriativa, si sono ad es. pronunciate Cass. civ., sez. I, 14.04.1982, n°2222, in Fallimento 1983, 37; Cass. civ., sez. I, 30.03.1981, n°1815, in Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 3; Cass. civ., sez. I, 03.12.1979, n°6282, in Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 11. Per l’applicabilità (dovuta al fatto che l’art.1194 c.c. enuncia criteri di imputazione di carattere generale, valevoli non solo nel processo di cognizione ma anche nell’ambito del processo di esecuzione.) si è invece espressa la più recente Cass. civ., sez. III, 27.07.2001, n° 10281, in Giust. civ. Mass. 2001, 1484 (che richiama in motivazione il principio di diritto enunciato da Cass. civ., 10.7.1973, n°1994). In dottrina, CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare (…), op. cit., 449. (207) In senso analogo, cfr. D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), op. cit., 264, afferma che «in caso di liquidazione progressiva dei beni su cui grava il privilegio, gli interessi vanno pagati in proporzione alla progressiva liquidazione dei beni e fino a che non sia liquidato l’ultimo bene (c.d. completa liquidazione dell’attivo), ove i beni siano costituiti in diversi lotti e non siano stati tutti venduti nello stesso momento». In giurisprudenza, cfr. Cass. civ., sez. I, 26.11.1984, n°6112, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 11; Cass. civ., sez. I, 27.10.1982, n°5623, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9. (208) Questo per evitare che il creditore, una volta certo del suo privilegio, resti inerte, lasciando accumulare interessi privilegiati, così da pregiudicare gli eventuali creditori e da lasciarli nella incertezza circa la misura del diritto garantito. Poiché lo scopo è soltanto questo, ne deriva che gli interessi già maturati sino alla data di iscrizione dell’ipoteca ed espressamente compresi in essa, sono comunque privilegiati (così, ad es., le circolari del Tribunale di Ancona e di Pescara). Riproduzione riservata Natale Galipò 86 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 garanzia ipotecaria anche per la parte di credito che eccede il limite anzidetto. Dalla rubrica e dal tenore letterale dell’art.2855 c.c. si evince che essa disciplina l’estensione degli effetti dell’ipoteca a determinati accessori del credito oggetto della garanzia, e cioè, oltre alle spese indicate nel 1° comma della disposizione, agli interessi contemplati nel 2° e 3° comma. Com’è noto, tra i caratteri salienti dell’ipoteca viene comunemente indicato quello della specialità, sancito dal 1° comma dell’art.2809 c.c., secondo cui «l’ipoteca deve essere iscritta su beni specialmente indicati e per una somma determinata in danaro», principio quindi che si riferisce tanto all’oggetto della garanzia, e cioè alla specificazione dei beni su cui si costituisce l’ipoteca, quanto al credito garantito, per il quale si richiedono la sua determinatezza e l’indicazione della somma iscritta(209). Ne consegue che la prelazione ipotecaria sarà in concreto esercitabile solo fino al valore corrispondente della somma iscritta - salve tuttavia le estensioni stabilite dalla legge (tra cui quella realizzata dall’art.2855 c.c.) - pur se inferiore rispetto all’ammontare effettivo del credito garantito, laddove - in caso contrario (vale a dire nell’ipotesi in cui il credito garantito sia di importo inferiore rispetto alla somma iscritta) - sarà proprio il credito a porsi quale limite della garanzia ipotecaria(210). In relazione al cennato carattere della garanzia ipotecaria, può adesso osservarsi che è consolidato orientamento dottrinario(211) e giurisprudenziale(212) che l’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, rappresenti una eccezione al principio di specialità dell’ipoteca, costituendo «una deroga alla regola generale della inestensibilità dell’ipoteca agli accessori(…)»(213) la quale comporta pertanto che «gli effetti dell'iscrizione ipotecaria si estendono agli interessi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2855 c.c., senza che tale estensione possa intendersi contenuta entro i limiti dell'ammontare della somma per la quale è stata compiuta l'iscrizione ipotecaria, purché la misura degli interessi sia indicata (209) Sulla “specialità dell’ipoteca, cfr. RUBINO, L’ipoteca immobiliare e mobiliare, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1956, 69; GORLA, (Delle ipoteche), in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja- G. Branca, libro VI, Tutela dei diritti (art.27402899), IIa ed., Bologna-Roma, 1955, 423; TAMBURRINO, Della tutela dei diritti. (Delle ipoteche), in Commentario al codice civile, 2a ed., Torino, 1976, 64; MAIORCA, voce Ipoteca (diritto civile), in Noviss. Digesto it., IX, Torino, 1963, p.58. (210) Per una rassegna delle conseguenze derivanti dalla difformità tra ammontare del credito e importo della somma iscritta, si veda BOERO, Le ipoteche, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da Walter Bigiavi, Torino, 1984,155. (211) Tra le opinioni dottrinarie favorevoli alla tesi della natura derogatoria dell’art.2855 c.c. rispetto al principio di specialità possono segnalarsi: DEGNI, Delle ipoteche, in Commento al codice civile, a cura di D’AMELIO E FINZI, Firenze, 1943, 751; GORLA, (Delle ipoteche), op. cit., 553-554.; RUBINO, L’ipoteca immobiliare e mobiliare, op. cit., 80; TAMBURRINO , Della tutela dei diritti. (Delle ipoteche), op. cit., 267; FRAGALI, voce Ipoteca (diritto privato), in Enc. Dir. XXII, 1972, 812; BOERO, Le ipoteche, op. cit., 161; ALIANELLO, L’art.2855 e la specialità dell’ipoteca, in Giur. It. 1985, IV, 405 ss.. (212) In giurisprudenza, cfr. Cass. civ., sez.III, 22.09.2000, n°12536, in Giust. civ. 2001, I, 398; Cass. civ., sez. III, 18.02.2000 n°1869, in Corr. giuridico, n°7/2000, 894, con nota di FORCHINO; Cass. civ., 1.02.1995, n°1116, in Giust. civ., 1995,1, 1199; in epoca più risalente Cass. civ., 5.01.1067, n°47, in Riv. dir. ipot., 1968, 209 (con nota di BOSSO, Ancora dell’estensione dell’ipoteca agli interessi) e in Giust. civ., 1967, I, 1324 (con nota di CIACCIO, Estensibilità della garanzia degli interessi del credito oltre la somma iscritta). (213) La regola della inestensibilità dell’ipoteca agli accessori è posta in connessione con il carattere di specialità dell’ipoteca. Il principio della deroga rappresentata dall’art.2855, commi 2 e 3, è richiamato testualmente anche da Cass. civ. n°12536/2000, cit.. Riproduzione riservata Natale Galipò 87 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 nell’iscrizione»(214). Altro argomento a suffragio della tesi estensiva può ricavarsi dall’esame della disposizione dell’art.2855 c.c.., la cui rubrica suona "estensione degli effetti della iscrizione": il che è argomento idoneo a rendere palese la mens legis diretta ad affermare che l’iscrizione ha la capacità di estendersi, che pare pertanto urtare con l’assunto della sua assoluta invalicabilità e fissità(215)(216). Ed allora, posto che la norma dettata dall’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, determina una estensione ope legis della prelazione ipotecaria agli accessori del credito ivi contemplati indipendentemente dall’ammontare della somma per la quale l’iscrizione è stata presa, il requisito in presenza del quale detta estensione è che la nota di iscrizione contenga obbligatoriamente l’indicazione della misura degli interessi(217): con la conseguenza che la mancata enunciazione della stessa nella nota di iscrizione determina la collocazione ipotecaria del capitale, ma non degli interessi(218). L’opinione prevalente è poi nel senso che, nel contesto dell’art.2855 c.c., «il termine misura equivale a tasso (e non ad ammontare) degli interessi»(219): è pertanto sufficiente che nella nota di iscrizione siano indicati l’esistenza e il saggio degli interessi, senza che sia necessario far ricorso a formule sacramentali(220) ; la generica avvertenza che il credito è produttivo di interessi impedisce l’estensione della garanzia ai detti accessori (anche al tasso legale) (221). (214) La pronuncia sopra richiamata si configura quindi quale gradazione crescente di un indirizzo interpretativo già consolidato all’interno della Suprema Corte, a rappresentazione del quale può menzionarsi Cass. civ., n°1116/95, cit., la quale ha formulato verbatim il principio di diritto sopra richiamato in tema di estensione della garanzia ipotecaria agli interessi. A conferma dello ius receptum formatosi sulla questione, va osservato che anche i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass civ., sez. III, 11.04.2008, n°9674, in Giust. civ. Mass. 2008, 4, 569 e in Giur. it., 2008, 8- 9, 1909 con nota di RUFO SPINA; Cass. civ., sez. III, 18.07.2002, n°10416, in IlSole24ore, Guida al diritto, 2002, 38, p.54) si limitano a richiamare, con motivazione sintetica, le conclusioni sopra illustrate. (215) Condivide ad es. la conducenza del richiamo al dato testuale e la superabilità della somma iscritta anche TULLIO, In tema di estensione degli effetti dell’iscrizione ipotecaria agli interessi, nota a Cass. civ., se. I, 7.04.1995 n°4069, in Giust. civ. 1995, 12, 3011. (216) Secondo BREGOLI, Mutuo in ammortamento ed esercizio della prelazione ipotecaria, in Banca borsa e titoli di credito, 1997, I, 55, mentre con riferimento alle spese e agli interessi convenzionali potrebbe ritenersi giustificato lasciare al creditore il rischio di fissare la somma da iscrivere (trattandosi di fattori in qualche modo suscettibili di controllo da parte sua) sarebbe per converso iniquo addossare al medesimo un simile onere con riferimento agli interessi legali maturati dalla scadenza del triennio fino alla vendita, atteso che la previsione del loro importo dipende - oltre che da imponderabili scelte legislative - dalla durata della procedura esecutiva e non può per principio del sistema processuale (anche esecutivo) essere messa a carico di chi fa valere in giudizio il diritto. (217) Per BOERO, Le ipoteche op. cit., 168, la prescrizione stabilita dal legislatore va posta in correlazione con l’esigenza di evitare ai terzi indagini troppo onerose, da effettuare al di fuori delle risultanze dei registri immobiliari, in ordine all’esistenza e all’entità degli interessi. (218) In giurisprudenza, propendono per tale soluzione Tribunale di Milano, 16.12.2002, in Banca borsa tit. cred. 2004, II, 212 (con nota di TARDIVO); Appello di Genova, 5 .02.2002, in Fallimento 2002, 1211 (nota TARZIA). Va evidenziato, sul punto, che per Cass. civ. n°1869/2000 (la quale ripropone in proposito l’opinione già espressa in dottrina da RUBINO, op. cit., 85 e BOERO, Le ipoteche, op. cit., 169) «l’insufficiente indicazione della somma non consente una semplice rettifica (con annotazione), ma solo un’iscrizione suppletiva (o, al più, un’iscrizione di rettifica che richiami la prima) e dalla quale sorge una distinta ipoteca con relativo nuovo grado, ciò ai fini della tutela dei terzi (e sempre che detta insufficiente indicazione della somma dipenda dalla volontà unilaterale del creditore e non dalla volontà delle parti espressa nel titolo che ha costituito l’ipoteca)». (219) E’ il principio espresso da Cass. civ., sez. I, 7.04.1995 n°4069, cit.. (220) Si veda, in proposito, Cass. civ., 31.05.1966, n°1452, in Riv. dir. ipot., 1968, 202, con nota di BOSSO, L’entità degli interessi non è legata a particolari formule. (221) E’ l’opinione che pare prevalente in dottrina e in giurisprudenza: cfr. per la prima, cfr., RUBINO, op. cit., 84; GORLA, (Delle ipoteche), op. cit., 556, per il quale, mancando l’indicazione del tasso, «non Riproduzione riservata Natale Galipò 88 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Ed allora, poiché l’estensione ex art.2855 c.c. si realizza solo se è enunciato nella nota il tasso di detti interessi, non può pertanto ritenersi che sia indispensabile l’indicazione del loro importo(222). Il complesso delle argomentazioni suesposte sottolinea pertanto la rilevanza, ai fini della questione in commento, delle indicazioni effettuate dal creditore all’atto della compilazione della nota di iscrizione, al cui esame deve pertanto essere attribuita la massima importanza ai fini della collocazione in via ipotecaria, in sede di progetto di distribuzione (o di ammissione al passivo del fallimento), delle varie componenti del credito oggetto della garanzia. Una questione che viene al riguardo a profilarsi è se, in luogo della semplice indicazione del capitale (fruttifero) e del tasso degli interessi (pure ammissibile, come in precedenza esposto), sia possibile effettuare l’iscrizione di una somma globale comprensiva degli interessi “triennali” previsti dall’art.2855 c.c.. Il quesito è stato specificamente affrontato dalla Corte di Cassazione nella richiamata sentenza n°1869/2000 e risolto in senso affermativo: sul punto, la Suprema Corte ha ribadito che la ratio del secondo comma dell’art.2855 c.c. (nella parte in cui stabilisce che debba essere indicata la “misura” degli interessi) è quella di consentire agli altri creditori o al terzo proprietario di calcolare quale sia il credito a tale titolo garantito ipotecariamente, sicché appare chiaro che la determinazione di detti interessi, effettuata direttamente in sede di iscrizione attraverso l’individuazione di una somma specifica, giova a preservare con maggiore incisività la finalità della norma(223). Purtuttavia, anche in una ipotesi come quella in considerazione, sarà sempre operante la delimitazione sancita dall’art.2855 c.c., vale a dire che l’iscrizione ipotecaria - in punto di interessi - basterebbe pertanto indicare nell’iscrizione una somma globale per interessi e spese»; TAMBURRINO, Della tutela dei diritti. (Delle ipoteche), op. cit., 270; BOERO, op. cit., 168. Per la seconda. Trib. Reggio Emilia, 20.06.1988, cit.; Cass. civ., 18.02.1975, n°641, in Mass. Foro it., 1975; Appello Genova, 5 febbraio 2002, cit., in motivazione). (222) Così TULLIO, op. cit., 3011 ss.; nello stesso senso, in seno alla dottrina tradizionale, RUBINO, L’ipoteca immobiliare e mobiliare, op. cit., 85; TAMBURRINO, ibidem, 270; RAVAZZONI, Dell’ipoteca, in Trattato di diritto privato, diretto da RESCIGNO, 20, Tutela dei diritti, Torino, 1983, op. cit., 40. La tesi contraria a quella esposta comporterebbe, com’è di tutta evidenza, la difficoltà pratica di individuare l’ammontare esatto degli interessi garantiti, con gli ovvi problemi applicativi conseguenti alla previsione di un saggio variabile (legato, ad es., all’andamento del tasso ufficiale di sconto) che non permetterebbe, all’atto della costituzione del vincolo ipotecario, di fissare il tasso da assumere a riferimento per il “triennio” previsto dall’art.2855 c.c.: sulla scorta delle considerazioni svolte, può quindi concludersi che nessuna lesione dei diritti dei terzi viene pertanto a determinarsi per effetto della circostanza che nella nota non sia stata iscritta una somma distinta per tali interessi, in quanto la relativa collocazione (essendo limitata, inderogabilmente, ai due anni anteriori e a quello in corso ex art. 2855, comma secondo) rende agevolmente accertabile l’importo del credito garantito (così, in termini, Cass. civ., 7.04.1995, n°4069, cit.). (223) Cfr., in termini, Cass. civ., 22.09.2000, n°12536, cit.. Il principio è ripreso, più di recente, da COTTONE, La graduazione dei crediti nel piano di riparto (…), op.cit., 11, con richiamo alla tesi formulata in dottrina da RUBINO, op. cit., p.85, il quale ha espressamente ritenuto che si possa iscrivere direttamente una somma globale corrispondente alle tre annualità di legge, purché distinta dal capitale e con espressa imputazione agli interessi. Nello stesso senso, anche BOERO, op. cit., 168, e TAMBURRINO, op. cit., 270. All’interno della giurisprudenza, cfr. anche Cass. civ., sez. I, 17.11.1999, n°10070, in Mass. Giust. civ., 1999, 1982; Cass. civ., 20.03.1998, n°2925, Giust. civ. Mass. 1998, 606, che, nell’ipotesi di ammissione al passivo fallimentare del credito derivante da una rata di mutuo ordinario (con restituzione del capitale attraverso rate semestrali di ammortamento comprensive di capitale ed interessi) ha applicato la disciplina dei commi 2 e 3 dell’art.2855 c.c. agli interessi prodotti sul credito principale anche se il loro importo era stato preventivamente iscritto a titolo di capitale e così già ricompreso nella garanzia ipotecaria iscritta (su questa linea, anche Cass. civ., 29.08.1998 n°8657, in Mass. Giust. civ., 1998, 1818). Riproduzione riservata Natale Galipò 89 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 non potrà che coprire il periodo previsto dalla legge, e cioè il triennio contemplato dal 2° comma della norma in questione (con esclusione delle annualità precedenti). Anche gli interessi maturati dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento beneficiano a norma dell’art.2855 cc., comma 3, dell’estensione degli effetti dell’iscrizione, quanto alla collocazione nello stesso grado del capitale, ma vi è in questo caso il diverso limite temporale costituito dalla data della vendita, oltre che quello relativo al tasso (che è quello legale, se inferiore al convenzionale). Dalla prospettiva così delineata si è peraltro sostenuto che il creditore, che iscrive ipoteca volontaria, «possa anche volontariamente limitare l’iscrizione solo a parte degli accessori»(224), nel senso che egli ben potrebbe iscrivere ipoteca per una somma globale indicando che il relativo importo copre ogni credito accessorio: con l’ulteriore conseguenza, peraltro, che se in via concreta siffatta somma globalmente indicata dovesse poi rivelarsi inferiore rispetto all’importo in astratto ottenibile in virtù del meccanismo dell’art.2855 c.c., ciò impedirebbe l’estendersi della prelazione ipotecaria a quegli interessi (convenzionali e/o legali) che dovessero rimanere effettivamente al di fuori della determinazione effettuata ab origine dal creditore all’atto dell’iscrizione. Secondo l’orientamento in esame, infatti, potrà in tal caso ritenersi - alla stregua dei principi in materia di interpretazione contrattuale ex art.1362 c.c. e ss. (applicabili anche agli atti unilaterali) - che il creditore abbia usato quella determinata formulazione per limitare volontariamente gli effetti estensivi della garanzia ipotecaria. Di qui l’estrema attenzione con la quale esaminare il contenuto della nota di iscrizione ipotecaria, al fine di intendere rettamente ciò che - in tema di componenti della somma garantita - il creditore abbia voluto porre ad oggetto della prelazione ipotecaria(225). La argomentazioni esposte si pongono nel solco del più recente indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità, a paradigma del quale può richiamarsi quanto statuito da Cass. civ., sez. III, 30.03.2012 n°5190 (226), secondo cui l’art.2855 c.c. va interpretato come segue: «ai fini della collocazione di tutti gli interessi contemplati nell'art. 2855 cod. civ., nello stesso grado del (224) Così Cass. n°1869/2000, cit., che - esaminando la questione sottoposta al proprio apprezzamento (quella, cioè, di una iscrizione ipotecaria presa complessivamente per 150 milioni di lire, di cui 100 milioni per capitale e 50 milioni per accessori, con la specificazione - da parte del creditore - che la somma di 50 milioni per detti accessori comprendeva «qualunque somma….in dipendenza del contratto o della legge») ha condiviso il principio espresso dalla Corte di merito, ritenendo che la formulazione adottata dal creditore ipotecario concernesse onnicomprensivamente qualunque accessorio, e quindi anche gli interessi legali in aggiunta a quelli del triennio. (225) In questo senso, considerato l’attuale modello meccanizzato (introdotto con decreto del Ministro delle Finanze di concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia del 10 marzo 1995, pubblicato sul supplemento n°40 della G.U. del 4.04.1995) utilizzato per le iscrizioni ipotecarie (oltre che per le trascrizioni e le domande di annotazione) ed imperniato su quattro sezioni (di cui tre, quadri A, B e C, a forma vincolata; ed una, denominata quadro D, a forma libera) assumono estrema importanza non solo ciò che il creditore andrà ad indicare nel quadro A (sottomaschera “Dati della iscrizione”) con riferimento al capitale, al tasso (annuale o semestrale) e alle spese (con relativo totale della somma iscritta), ma anche le specificazioni che egli effettuerà nel quadro D e che possono essere utilizzate nell’ambito di una eventuale attività di interpretazione della volontà del creditore. E’ infatti di tutta evidenza che l’attuale nota meccanizzata, escludendo il ricorso al linguaggio cosiddetto naturale, non consente più quella libertà “espressiva” nell’indicazione dei dati essenziali dell’iscrizione (e del relativo titolo) che erano invece resi possibili dalla compilazione manuale della stessa. Se, pertanto, la nota manuale consentiva una maggiore possibilità di interpretazione (ove necessario) attraverso una lettura complessiva di tutti i dati in essa descritti, la maggiore sinteticità ed il contenuto “guidato” della nota meccanizzata impongono una maggiore attenzione nella predisposizione del contenuto della stessa. (226) Reperibile in De Jure, Archivio sentenze Cassazione civile. Riproduzione riservata Natale Galipò 90 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 capitale, è possibile per il creditore indicare nella nota di iscrizione una somma riferita agli interessi stessi, sia limitandola agli interessi convenzionali c.d. triennali sia comprendendovi anche gli interessi legali ai sensi del terzo comma ovvero aggiungendo un'ulteriore somma da riferire a questi ultimi interessi; in siffatte ipotesi, non potrà il creditore pretendere l’estensione della garanzia oltre la somma iscritta, ai sensi dei comma secondo e terzo dell’art. 2855 cod. civ., restando la prelazione limitata alla/e somma/e specificamente indicata/e nella nota per l'iscrizione; nel caso in cui, invece, il creditore ipotecario voglia avvalersi delle deroghe che le norme richiamate contemplano alla regola generale della inestensibilità dell'ipoteca agli accessori (regola che è connessa con il principio di specialità dell'ipoteca), dovrà, nella nota per l'iscrizione ipotecaria, enunciare che il credito è produttivo di interessi e ne dovrà indicare il tasso» (227). Il complesso delle argomentazioni suestese induce a concludere, in adesione all’indirizzo dottrinario e giurisprudenziale consolidato, nel senso della possibilità del superamento della somma indicata al momento dell’iscrizione ipotecaria; condizione indispensabile è che la nota rechi l’indicazione del tasso degli interessi(228). Come suggerito dalla giurisprudenza in precedenza richiamata, in caso di formulazioni diverse, occorrerà prestare attenzione a quale sia stata la volontà del creditore ipotecario all’atto della effettuazione dell’iscrizione, indagando - sulla scorta delle parole e delle espressioni utilizzate circa l’intento del soggetto che ha posto in essere l’atto. §3.1.- LA NOZIONE DI “ANNO IN CORSO” L’anno in corso alla data del pignoramento non è l’anno solare(229), ma va determinato con il seguente procedimento: (227) Nello stesso senso anche Cass. civ., sez. VI, 06,03.2012, n° 3494, in Giust. civ. Mass. 2012, 3, 277. (228) Una soluzione che, ad avviso di chi scrive (e considerate le limitazioni compilative del software ancora in utilizzo per la predisposizione della nota di iscrizione) potrebbe eludere dubbi interpretativi, sarebbe quella di indicare l’importo del capitale, delle spese (presuntivo) e degli interessi triennali (specificandone il tasso), precisando altresì (nel quadro D) che la garanzia ipotecaria dovrà intendersi ulteriormente estesa anche agli interessi al tasso legale a far data dalla scadenza del triennio e fino al momento della vendita (recte: del decreto di trasferimento). (229) Si veda, ad es., Tribunale di Roma, 4.03.2005, in Giur. merito 2005, 9 1827 (s.m.), secondo cui «Ai fini dell'estensione agli interessi del diritto di prelazione dei creditori garantiti da ipoteca, la locuzione "anno in corso" di cui all'art. 2855 c.c. (cui rinvia l'art. 54 l. fall.) va intesa non come anno solare, ma come arco di tempo della durata di dodici mesi, il cui inizio corrisponde a quello del debito di interessi e, quindi, nell'ipotesi in cui il credito consegue dalla stipula di un contratto di mutuo, la data di inizio del debito di interessi deve identificarsi in quella di stipulazione del contratto». Nello stesso senso anche Cass. civ., sez.I, 26.04.1999, n°4124, in Giust. civ. Mass. 1999, 933; Cass. civ., sez.I, 03.04.1992, n°4079, in Foro it. 1993, I, 914; Tribunale Ariano Irpino, 18.12.2001, in Giur. merito 2002, 948; Tribunale Piacenza, 25.11.1997, in Dir. fall. 1998, II, 122. Le prassi applicative riscontrate presso i maggiori Tribunali aderiscono integralmente alla suddetta impostazione. In dottrina, cfr., ex plurimis, D’ACQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), op. cit., 264, per il quale «l’anno in corso va inteso in senso contrattuale e non solare, nel senso che dovendosi avere riguardo al momento della produzione degli interessi, si procede dal momento della notificazione del pignoramento fino alla data corrispondente all’insorgenza del credito per interessi (ad es. maturazione del credito tributario) e poi si retrocede per due annualità». DEL VECCHIO, I privilegi nella legislazione civile fallimentare e speciale, op. cit., 63, ritiene che possa farsi riferimento all’anno solare quando non sia certa la decorrenza dell’annualità contrattuale. Riproduzione riservata Natale Galipò 91 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] INDIVIDUARE LA DATA DI DECORRENZA DEGLI INTERESSI DEL DEBITO • Nel caso di debiti da mutuo: è la data contrattualmente prevista (data di stipula del contratto di mutuo) • Nel caso di debiti accertati giudizialmente: è la data della mora indicata in sentenza o, in mancanza, la data deposito del provvedimento (decreto ingiuntivo o sentenza) FASE 1 AGGIUNGERE ALLA DATA DI DECORRENZA DEL DEBITO TANTI ANNI SINO A QUANDO SIA SUPERATA LA DATA DEL PIGNORAMENTO FASE 2 RISULTATO = DATA “C” SOTTRARRE UN ANNO DALLA DATA “C” FASE 3 RISULTATO = DATA “B” DA QUESTO MOMENTO INIZIA “L’ANNO IN CORSO” SOTTRARRE DUE ANNI DALLA DATA “B” RISULTATO = DATA “A” DA QUESTO MOMENTI INIZIA IL “BIENNIO” FASE 4 DATA A DATA B BIENNIO DATA C ANNO IN CORSO Gli interessi maturati successivamente alla data A e sino alla data C sono da collocarsi in via privilegiata, al tasso convenzionale; gli interessi maturati anteriormente a questa data andranno collocati al chirografo, al tasso convenzionale. à ESEMPI DI APPLICAZIONE DELL’ART.2855 C.C. ESEMPIO N.1 - Ipoteca volontaria - Contratto di mutuo stipulato in data 01.02.1998 (es. capitale € 51.645,69; durata 10 anni; rata mensile; tasso 6,25% - numero totale rate del prestito 120) - Notifica del pignoramento 15.08.2001 Riproduzione riservata Natale Galipò 92 rata 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] data prestito quota interesse quota capitale debito residuo totale interesse totale pagato 1 1 feb 98 51.645,69 268,99 310,89 51.334,80 268,99 579,88 11 1 dic 98 48.462,90 252,41 327,47 48.135,43 2.868,40 6.378,66 12 1 gen 99 48.135,43 250,71 329,17 47.806,26 3.119,11 13 1 feb 99 47.806,26 248,99 330,89 47.475,37 3.368,10 6.958,54 7.538,42 14 1 mar 99 47.475,37 247,27 332,61 47.142,76 3.615,37 8.118,30 15 1 apr 99 47.142,76 245,54 334,34 46.808,42 3.860,90 8.698,17 16 1 mag 99 46.808,42 243,79 336,08 46.472,33 4.104,70 9.278,05 17 1 giu 99 46.472,33 242,04 337,83 46.134,50 4.346,74 9.857,93 18 1 lug 99 46.134,50 240,28 339,59 45.794,91 4.587,02 10.437,81 19 1 ago 99 45.794,91 238,52 341,36 45.453,54 4.825,54 11.017,69 20 1 set 99 45.453,54 236,74 343,14 45.110,40 5.062,28 11.597,57 21 1 ott 99 45.110,40 234,95 344,93 44.765,47 5.297,23 22 1 nov 99 44.765,47 233,15 346,72 44.418,75 5.530,38 12.177,44 12.757,32 23 1 dic 99 44.418,75 231,35 348,53 44.070,22 5.761,73 13.337,20 24 1 gen 00 44.070,22 229,53 350,35 43.719,87 5.991,26 13.917,08 25 1 feb 00 43.719,87 227,71 352,17 43.367,70 6.218,97 14.496,96 26 1 mar 00 43.367,70 225,87 354,00 43.013,70 6.444,84 15.076,84 27 1 apr 00 43.013,70 224,03 355,85 42.657,85 6.668,87 15.656,71 28 1 mag 00 42.657,85 222,18 357,70 42.300,14 6.891,05 16.236,59 29 1 giu 00 42.300,14 220,31 359,57 41.940,58 7.111,36 16.816,47 30 1 lug 00 41.940,58 218,44 361,44 41.579,14 7.329,80 17.396,35 31 1 ago 00 41.579,14 216,56 363,32 41.215,82 7.546,36 17.976,23 32 1 set 00 41.215,82 214,67 365,21 40.850,61 7.761,03 18.556,11 33 1 ott 00 40.850,61 212,76 367,11 40.483,49 7.973,79 19.135,98 34 1 nov 00 40.483,49 210,85 369,03 40.114,47 8.184,64 19.715,86 35 1 dic 00 40.114,47 208,93 370,95 39.743,52 8.393,57 36 39.743,52 207,00 372,88 39.370,64 8.600,57 37 1 gen 01 1 feb 01 20.295,74 20.875,62 39.370,64 205,06 374,82 38.995,82 8.805,62 21.455,50 38 1 mar 01 38.995,82 203,10 376,78 38.619,04 9.008,73 22.035,38 39 1 apr 01 38.619,04 201,14 378,74 38.240,30 9.209,87 22.615,25 40 1 mag 01 38.240,30 199,17 380,71 37.859,59 9.409,03 41 1 giu 01 37.859,59 197,19 382,69 37.476,90 9.606,22 23.195,13 23.775,01 42 43 1 lug 01 1 ago 01 37.476,90 37.092,21 195,19 384,69 37.092,21 9.801,41 24.354,89 15.08.2001 1.02.1999 31.01.2001 biennio (date A-B) 1.02.2001 inizio anno in corso (data B) 15.08.2001 NOTIFICA PIGNORAMENTO 193,19 386,69 36.705,52 9.994,60 24.934,77 PIGNORAMEN 44 1 set 01 36.705,52 191,17 388,70 36.316,82 10.185,78 25.514,65 45 1 ott 01 36.316,82 189,15 390,73 35.926,09 10.374,93 26.094,52 46 1 nov 01 35.926,09 187,12 392,76 35.533,33 10.562,04 47 1 dic 01 35.533,33 185,07 394,81 35.138,52 10.747,11 26.674,40 27.254,28 48 1 gen 02 35.138,52 183,01 396,87 34.741,65 10.930,12 27.834,16 scadenza anno in corso 49 1 feb 02 34.741,65 180,95 398,93 34.342,72 11.111,07 28.414,04 (data C) 31.01.2002 Nell’esempio, l’anno in corso va dall’1.02.2001 al 31.01.2002; il biennio va dall’1.02.1999 al 31.01.2001. ESEMPIO N.2 Ipoteca giudiziale - decreto ingiuntivo del 26.01.1996; ipoteca iscritta il 15.05.1997 e pignoramento effettuato il 18.10.1999. Riproduzione riservata Natale Galipò 93 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] In questo caso, si dovrà: INDIVIDUARE FASE 1 LA PRIMA (CHE SCADENZA NELL’ESEMPIO IN COMMENTO COINCIDE CON LA DATA DI ISCRIZIONE IPOTECARIA): QUINDI 15.05.1997 FASE 2 AGGIUNGERE ALLA SUDDETTA SCADENZA TANTI ANNI SINO A QUANDO SIA SUPERATA LA DATA DEL PIGNORAMENTO; IN QUESTO CASO LA DATA “C” SARÀ PERTANTO IL 15.05.2000 SOTTRARRE UN ANNO DALLA DATA “C” RISULTATO = DATA “B”, CIOE’ 15.05.1999 DA QUESTO MOMENTO INIZIA “L’ANNO IN CORSO” FASE 3 SOTTRARRE DUE ANNI DALLA DATA “B” RISULTATO = DATA “A”, CIOE’ 15.05.1997 DA QUESTO MOMENTI INIZIA IL “BIENNIO” FASE 4 Nell’esempio preso in considerazione, si avrà pertanto: 15.05.1997 15.05.1999 15.05.2000 ANNO IN CORSO BIENNIO ESEMPIO N.3: Mutuo con rate semestrali: decorrenza contrattuale 10.01.95 (es. capitale € 51.645,69; durata 10 anni; rata semestrale; tasso 6,25% - numero totale rate del prestito 20) pignoramento del 15.10.99. Riproduzione riservata Natale Galipò 94 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] (mutuo con rate semestrali - decorrenza contrattuale 10.01.95 - pignoramento 15.10.99) rata 1 data prestito quota interesse quota capitale debito residuo totale interesse totale pagato 10 gen 95 51.645,69 1.613,93 1.897,72 49.747,97 1.613,93 2 10 lug 95 49.747,97 1.554,62 1.957,02 47.790,95 3.168,55 7.023,29 3 10 gen 96 47.790,95 1.493,47 2.018,18 45.772,78 4.662,02 4 10 lug 96 45.772,78 1.430,40 2.081,24 43.691,53 6.092,42 10.534,93 14.046,58 5 10 gen 97 43.691,53 1.365,36 2.146,28 41.545,25 7.457,78 17.558,22 6 10 lug 97 41.545,25 1.298,29 2.213,35 8.756,07 21.069,86 7 39.331,89 1.229,12 2.282,52 8 10 gen 98 10 lug 98 39.331,89 37.049,37 37.049,37 1.157,79 2.353,85 9.985,19 1.01.1999 24.581,51 anno in corso28.093,15 34.695,52 inizio 11.142,98 9 10 10 gen 99 10 lug 99 34.695,52 32.268,11 1.084,24 2.427,41 32.268,11 (data B) 12.227,22 1.008,38 2.503,27 29.764,85 13.235,60 930,15 2.581,49 27.183,35 14.165,75 15.10.1999 11 10 gen 00 29.764,85 3.511,64 31.604,79 35.116,44 10.01.1997 10.01.1999 biennio (date A-B) 15.10.1999 NOTIFICA PIGNORAMENTO 38.628,08 10.01.2000 12 10 lug 00 27.183,35 849,48 2.662,16 24.521,19 15.015,23 42.139,73 scadenza anno in corso 13 10 gen 01 24.521,19 766,29 2.745,36 21.775,83 15.781,51 45.651,37 (data C) Nell’esempio in considerazione, pertanto, l’anno in corso va dal 10.01.99 al 10.01.2000; il biennio va dal 10.01.97 al 10.01.99. §3.2.- PROCEDIMENTO DI CALCOLO E COLLOCAZIONE PER I CONTRATTI DI MUTUO IPOTECARIO Si è già esposto che il contratto di mutuo prevede la restituzione del finanziamento mediante rate periodiche, (generalmente mensili o semestrali) comprensive di una quota capitale e di una quota interessi. Ed allora mentre le rate che scadono nel biennio e nell’anno in corso (triennio ex art.2855 c.c.) possono essere collocate per l’intero tra i crediti privilegiati, con riferimento alle le rate anteriori al biennio è invece necessario effettuare una scomposizione, separando la quota interessi (da porre al chirografo) da quella capitale (da collocare al privilegio). In presenza pertanto di rate anteriori al biennio occorre sempre richiedere al creditore di produrre il piano di ammortamento(230) (231). (230) IL PIANO DI AMMORTAMENTO.- Il piano di ammortamento è un programma di estinzione di un debito o di abbassamento o estinzione del capitale di credito. Può essere predisposto sia dal creditore (come nell’ipotesi tipica della erogazione di un mutuo immobiliare o di un finanziamento personale da parte di una banca) sia dal debitore in sede di studio di fattibilità di investimenti per i quali si richieda contribuzione. In sintesi, si tratta di una clausola contrattuale concernente le modalità di rimborso del debito contratto e consiste in un prospetto analitico dal quale risultino gli impegni del debitore alla scadenza di ogni periodo e l’importo e la destinazione di ogni rata. Nell’ipotesi del contratto di mutuo, il piano di ammortamento prevede che il capitale viene restituito in maniera rateale, con quota capitale (fissa, ovvero crescente o decrescente), abbinata al pagamento di interessi: ogni rata può infatti considerarsi come la somma di due addendi: una quota-capitale (che va a decurtazione del debito) e una quota-interessi (che si intende Riproduzione riservata Natale Galipò 95 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] versata a compenso degli interessi maturati dal debito residuo nel periodo precedente il versamento della rata considerata). Il piano più frequentemente utilizzato nel sistema bancario italiano è quello alla francese (utilizzato tanto per i mutui a tasso fisso che a tasso variabile), cioè a rate costanti. Lo sviluppo del piano è infatti basato su rate tendenzialmente omogenee e costanti (salvo le possibili fluttuazioni del tasso di interesse nei mutui a tasso variabile) ciascuna formata da una quota interessi, decrescente, e da una quota capitale, crescente. In linea teorica, la diffusione dell’ammortamento alla francese è dovuta al fatto che esso ha il vantaggio di costituire un ragionevole compromesso tra una restituzione accelerata del capitale (che comporterebbe un risparmio negli interessi) e una rata sostenibile. E’ pure previsto il c.d. piano di ammortamento all’italiana, che non presenta differenze sostanziali rispetto a quello alla francese, ma piuttosto una differenza concettuale, in quanto prevede una restituzione del finanziamento con quote capitale costanti, mentre a variare è la quota interessi, nel senso che alla fine del periodo di ammortamento (e a parità di condizioni del mutuo contratto) gli interessi pagati saranno minori rispetto al piano di ammortamento alla francese a causa della maggiore rapidità con cui viene abbattuto il capitale. Va comunque considerato che questo non si traduce, in linea di principio, in una maggiore convenienza rispetto al piano alla francese, dal momento che anche se gli interessi corrisposti con il mutuo all’italiana sono minori di quello alla francese, bisogna anche tenere in considerazione l’aspetto concernente la “sostenibilità” della rata: questa infatti, nel mutuo all’italiana, è all’inizio più alta rispetto a quella del piano di ammortamento alla francese, ma sarà più bassa alla fine (mentre nel piano alla francese, come detto, questa è costante per tutto il periodo di ammortamento). L’opzione per un piano piuttosto che per l’altro sarà allora legata alla situazione economica del mutuatario, il quale dovrà in definitiva valutare la convenienza di una rata un po’ più alta all’inizio del piano di rientro del finanziamento. ESEMPIO a) piano di ammortamento all'italiana per un mutuo di 100.000 euro della durata di 10 anni con un interesse fisso del 10% Numero rata 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 TOTALE Quota capitale 10.000 10.000 10.000 10.000 10.000 10.000 10.000 10.000 10.000 10.000 100.000 Quota interessi 10.000 9.000 8.000 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 55.000 Debito capitale residuo 90.000 80.000 70.000 60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 0 0 Tasso interesse 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% Importo rata 20.000 19.000 18.000 17.000 16.000 15.000 14.000 13.000 12.000 11.000 155.000 b) piano di ammortamento alla francese per un mutuo di 100.000 euro, della durata di 10 anni con un interesse fisso del 10% Numero rata 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 TOTALE Quota capitale 6.275 6.902 7.592 8.351 9.187 10.105 11.116 12.227 13.450 14.795 100.000 Quota interessi 10.000 9.373 8.682 7.923 7.088 6.169 5.159 4.047 2.825 1.480 62.746 Debito capitale residuo 93.725 86.823 79.231 70.880 61.693 51.588 40.472 28.245 14.795 0 0 Tasso interesse 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% 10% Importo rata 16.275 16.275 16.275 16.275 16.275 16.275 16.275 16.275 16.275 16.275 162.750 (231) Con riferimento alla mancata produzione del piano di ammortamento, la circolare del Tribunale di Savona dispone che «se il creditore non trasmette il piano di ammortamento o il prospetto degli interessi moratori e il professionista delegato sia nell’impossibilità di determinare aliunde l’importo della quota capitale e di quella interessi, avviserà l’avvocato via fax che, in mancanza di tali indicazioni, il credito sarà posto interamente (e quindi anche per la quota capitale) al chirografo e , in mancanza di ulteriore riscontro provvederà in tal senso». Riproduzione riservata Natale Galipò 96 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 NOTA: poiché le rate di mutuo sono normalmente posticipate, e poiché dunque ogni rata contiene gli interessi relativi al periodo precedente a sé stessa, la prima rata del biennio (i cui interessi vanno dunque al privilegio) non è quella che scade nel momento di inizio del biennio, ma quella immediatamente successiva. Tornando al superiore Esempio n.3 (cfr. pag.97): mutuo con rate semestrali, decorrenza contrattuale 10.01.1995, pignoramento del 15.10.99 (anno in corso dal 10.01.99 al 10.01.2000; biennio 10.01.97 al 10.01.1999) In questo caso la prima rata da ammettere interamente al privilegio non è quella che scade in data 10.01.97, ma quella che scade il 10.07.97. Infatti la rata del 10.01.97 contiene gli che vanno dalla rata immediatamente precedente fino sino al 10.01.97 e dunque contiene interessi relativi ad un periodo fuori dal biennio. La prima rata che contiene interessi maturati successivamente al 10.1.99 è quella successiva, e cioè quella del 10.7.99. SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: il concetto di “interessi dovuti” ex art.2855 c.c. Come è noto, il 2° comma dell’art.2855 c.c. dispone che «Qualunque sia la specie d’ipoteca, l’iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, purché ne sia enunciata la misura nell’iscrizione. La collocazione degli interessi è limitata alle due annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento, ancorché sia stata pattuita l'estensione a un maggior numero di annualità; le iscrizioni particolari prese per altri arretrati hanno effetto dalla loro data». Ai fini che ci occupano, si tratta di stabilire se per “interessi dovuti” debbano intendersi gli interessi convenzionali corrispettivi ovvero gli interessi convenzionali di mora. Si tratta in effetti di una questione che ha suscitato ampie controversie sia all’interno della dottrina in giurisprudenza. In proposito, può rilevarsi che la soluzione di includere nel concetto di “interessi dovuti” gli interessi di mora si riscontra all’interno delle prassi applicative e delle indicazioni fornite da diversi Tribunali(232). Secondo un primo orientamento interpretativo, la prelazione ipotecaria di cui all’art.2855 c.c si estende a tutti gli interessi (sia corrispettivi che moratori), dal momento che la norma in parola non opera alcuna distinzione tra le varie categorie di interessi(233). (232) Cfr, sul punto, circolari dei Tribunali di Roma e Ancona, cit.. (233) Secondo la tradizionale definizione, gli interessi corrispettivi si fondano sul presupposto della naturale fecondità del danaro, ed assicurano il riequilibrio fra il patrimonio del creditore e quello del debitore, dal momento che quest’ultimo si avvantaggia della disponibilità di danaro altrui; invece gli interessi moratori hanno una funzione risarcitoria, essendo destinati a riparare il danno subito dal creditore per l’ingiustificato ritardo del debitore nell’eseguire la prestazione dovuta (per tutti, cfr. QUADRI, Le obbligazioni pecuniarie, in Trattato di dir. priv., diretto da RESCIGNO, vol.IX, Torino 1984, 536). In giurisprudenza, sulla distinzione tra interessi corrispettivi e moratori, cfr. ex multis, Cass. civ., sez. I, 30.08.2007, n°18312, in Giust. civ. Mass. 2007, 7-8. Paradigmatiche dell’indirizzo giurisprudenziale che ritiene estensibile a tutti gli interessi la prelazione ipotecaria ex art.2855 c.c. sono, ad es., Trib. Napoli, sez. VII, 7 giugno 2006, in Giur. merito 2007, 6, 1648, 1648; Cass. 8.07.1998, n°6668, in Nuova giur. civ. comm., 1999, I, 485 (con nota di CAROZZI); Trib. Roma 12 luglio 1989, in Fall., 1990, 405; Trib. Vicenza 2 marzo 1988, ivi, 1222; App. Palermo 5 ottobre 1985, ivi, 1986, 1352; Trib. Roma 18 luglio 1982, ivi, 1983, 524; Trib. Milano 14 maggio 1990, in Dir. fall., 1991, II, 109. Riproduzione riservata Natale Galipò 97 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 L’orientamento maggioritario è tuttavia quello che sostiene la collocazione in via ipotecaria dei soli interessi corrispettivi, come ribadito da ultimo anche da Cass. civ., sez. I, 31.05.2013, n°13831 (reperibile all’url http://www.unijuris.it:80/node/1957 - accesso 5.11.2013), secondo cui «qualora venga iscritta ipoteca per un capitale, l’estensione del privilegio ipotecario agli interessi - secondo le condizioni specificate dall’art. 2855, co. 2 e 3, cod. civ., richiamate dalla L. Fall. agli artt. 54, co. 3 e 55, co. 1 - opera limitatamente agli interessi corrispettivi, con conseguente esclusione di quelli moratori: l’espressione “capitale che produce interessi”, di cui all’art. 2855 cod. civ., deve, infatti, ritenersi circoscritta ai soli interessi che costituiscono remunerazione del capitale medesimo, senza che, neppure in via analogica, possano ritenersi in essi inclusi quegli interessi che trovano fondamento nel ritardo imputabile al debitore». In senso analogo, Cass. Civ., 15.01.2013, n°775 (in Giust. civ. 2013, 2, 331), ha rimarcato che «l’orientamento maggioritario espresso da questa giurisprudenza di legittimità» è «fondato su di un argomento di ordine tanto letterale quanto sistematico-interpretativo, che induce a ritenere il sintagma capitale che produce interessi inequivocabilmente circoscritto ai soli interessi che, in guisa di frutti civili (art.820 cc, comma 3), costituiscono remunerazione del capitale medesimo, vale a dire i (soli) interessi corrispettivi (….). D'altra parte, se il legislatore si fosse riferito a tutti i capitali (anche, cioè a quelli infruttiferi), gli interessi dovuti non avrebbero potuto essere altro che quelli moratori. Ma, avendo precisato di riferirsi ai soli capitali fruttiferi, gli interessi dovuti devono ritenersi quelli prodotti dal capitale e non dalla mora» (234)(235)(236). Ribadito pertanto che, in presenza di contratti di mutuo, appare opportuno che il professionista delegato/consulente richieda il piano di ammortamento (ove non allegato dal (234) In precedenza, l’orientamento c.d. maggioritario si era stato anticipato da Cass. civ., sez. III, 24.10.2011 n°21998, in Giust. civ. Mass. 2011, 10, 1502; Cass. civ., sez. III, 15.02.2011 n°3692, in IlSole24ore, RepertorioLex 24; Tribunale di Ascoli, sez. I, 05.02.2010, in Giur. merito 2010, 6, 1559; Cass. civ., 30.08.2007, n°18312, cit., Cass. civ., sez. I, 17.09.1999, n°10070, in Fallimento 2000, 1233; Cass. civ., sez. I, 29.08.1998, n°8657, in Giust. civ. Mass. 1998, 1818; Cass. civ., sez. I, 8.11.1997, n°11033, in Fall., 1998, 1238, con nota di PETRAGLIA; Trib. Palermo 20 agosto 1991, in Dir. fall., 1992, III, 300; App. Roma 27 novembre 1990, in Giust. civ., 1991, 1, 200). (235) Sussiste peraltro un’opinione intermedia (cfr. Tribunale di Monza, 12.03.2005 n°776, inedita, ma richiamata da D’ACQUINO, La redazione del progetto di distribuzione (…), op. cit., p.267) secondo la quale all’interno dell’interesse moratorio bisogna distinguere la quota pari all’originario interesse corrispettivo maturato e la quota ulteriore (c.d. spread di mora) formatasi per effetto della mora, per il che solo la prima delle due quote risulta comunque riconducibile al principio della naturale fruttuosità del denaro, rappresentando la perpetuazione, dopo la scadenza del termine, del regime di interessi prima vigente (cfr., in termini, Tribunale di Nola, ordinanza 13 marzo 2008, reperibile all’indirizzo http://www.iussit.com/progetto-di-distribuzione-del-ricavato-vendita-privilegio - accesso 16.12.2013). (236) Non vanno peraltro sottaciute le resistenze interpretative formatesi in ordine all’orientamento oggi maggioritario. Si è in proposito sostenuto che, accedendo alla tesi della riferibilità ex art.2855 c.c. ai soli interessi corrispettivi, la disposizione in parola rimarrebbe circoscritta unicamente all’ipotesi dell’ipoteca volontaria, non potendosi ritenerla estesa alle ipoteche giudiziali, in specie da decreto ingiuntivo (in particolare, per rapporti bancari girati a sofferenza), che conseguono a rapporti contrattuali risolti per i quali, successivamente alla risoluzione, maturano solo interessi di mora (per D’AQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione, cit., 267, nota 45, la questione riguarda anche il caso di «contratti di mutuo ipotecario per i quali vi sia stata la risoluzione del contratto e la decadenza dal beneficio del termine, perché -anche in questo caso - successivamente alla risoluzione del rapporto non possono maturare interessi corrispettivi»). Il che rende difficilmente conciliabile la tesi maggioritaria, pertanto, con l’indicazione dell’art.2855 circa la possibilità di garantire gli interessi ‘‘qualunque sia la specie di ipoteca” - per una rassegna delle criticità determinate dalla tesi maggioritaria, cfr. da ultimo, TARZIA, L’estensione della prelazione ipotecaria al credito per interessi: un intervento chiarificatore della Cassazione, in nota a Cass. civ., sez. III, 15.01.2013, n°775, cit., in Fallimento, n°11/2013, p. 1359 ss.). Riproduzione riservata Natale Galipò 98 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 creditore), si potrà poi procedere (sulla scorta dell’interpretazione adottata in tema di interessi ex art.2855 c.c.) secondo le seguenti fasi: 1. separare il capitale dagli interessi corrispettivi già maturati; 2. ammettere il capitale al privilegio; 3. determinare il triennio di cui all’art. 2855 c.c.(237); 4. ammettere al privilegio gli interessi corrispettivi convenzionali maturati nel triennio, (così come riportati nelle rate di ammortamento ed indicati all’atto dell’iscrizione ipotecaria); 5. ammettere al chirografo gli interessi corrispettivi e moratori maturati anteriormente al triennio; 6. ammettere al chirografo gli interessi moratori maturati nel triennio sulle quote interessi(238); 7. ammettere al privilegio gli interessi legali calcolati sul capitale iscritto dopo l’anno in corso alla data del pignoramento e sino alla data della vendita; 8. ammettere al chirografo la differenza tra gli interessi convenzionali (corrispettivi o moratori) e gli interessi legali maturati dopo l’anno in corso e sino alla data della vendita (239). (237) Nella circolare del Tribunale di Savona è fatto cenno ad una ipotesi particolare, rappresentata dall’intervento del creditore ipotecario. L’esempio è il seguente: • pignoramento del 1994 • inizio dell’inadempimento del credito ipotecario: 1998. In questo caso non appare giustificato che il creditore ipotecario debba rinunciare al meccanismo dell’art.2855 c.c. (cosa che si verificherebbe assumendo a riferimento, per la determinazione del triennio, l’effettuazione del pignoramento del 1994) e, per evitare di perdere l’estensione della garanzia ipotecaria prevista dalla norma richiamata, debba a sua volta procedere al pignoramento. Nell’esempio ipotizzato, si ritiene che si possa equiparare, ai fini dell’operatività del meccanismo dell’art. 2855 c.c., il pignoramento all’intervento e quindi far decorrere il triennio, per il creditore ipotecario, dal momento del deposito del suo intervento (sicché andranno collocati al privilegio gli interessi convenzionali per le due annate anteriori e quella in corso al momento dell’intervento e, successivamente al compimento dell’annata in corso al momento dell’intervento, gli interessi legali fino alla data della vendita). Una soluzione simile è proposta anche nello studio La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, a cura del CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, ed. febbraio 2012, cit., pag.23. In senso conforme, anche DE STEFANO, Il progetto di distribuzione, op. cit., pag.4. (238) Per l’ipotesi di anatocismo, si veda quanto esposto al paragrafo successivo. (239) Il conteggio proposto dovrà naturalmente essere eseguito relativamente alle rate scadute e non pagate, che dovranno essere evidenziate nella nota di precisazione del credito della banca. Se il delegato/consulente non trova all’interno del fascicolo elementi utili a determinare il triennio in privilegio o comunque l’ammontare di capitale residuo ancora da pagare, dovrà farne espressa richiesta alla parte creditrice. Se entro un determinato termine (15-30 giorni) non sono state fornite le informazioni richieste, ad avviso dello scrivente l’ausiliario dovrà richiedere al G.E. l’emissione degli opportuni provvedimenti, pur dovendosi ribadire che nelle circolari sul tema emesse da diversi Tribunali si riscontra l’indicazione di ammettere il credito nella misura risultante dall’atto di pignoramento e/o dall’atto di intervento. Esempio: a fronte di un contratto di mutuo ipotecario per il quale sia stato trascritto il relativo pignoramento il 15 agosto 2001 e per il quale sia stato pattuito il versamento degli interessi in misura annuale con decorrenza dal 1° febbraio 1995, sono interessi garantiti da privilegio ipotecario (facendo riferimento all’esempio 1 già riportato a pag.92. - anno in corso 1.02.2001-31.01.2002; biennio 1.02.1999-31.01.2001): a) quelli computati nelle singole rate di mutuo scadute e non pagate dal 1° febbraio 1999 al 31 gennaio 2002 (in pratica, tutto il triennio); Riproduzione riservata Natale Galipò 99 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 In caso di liquidazione progressiva dei beni su cui grava il privilegio, gli interessi vanno pagati in proporzione della progressiva liquidazione dei beni(240). §3.3.- COLLOCAZIONE IN PRIVILEGIO IPOTECARIO DEGLI INTERESSI ANATOCISTICI Si è in precedenza rappresentato che, nel caso di mutui fondiari stipulati anteriormente al 1° gennaio 1994(241) o, in generale, nei contratti bancari successivi al 22 aprile 2000, l’ordinamento consente la capitalizzazione degli interessi. Si pone pertanto il problema, in presenza di crediti di tale tipologia, se il privilegio ipotecario che li assiste si estenda anche agli interessi maturati sugli interessi. In proposito, varrà osservare che dal momento che l’art. 2855 c.c. stabilisce che l’iscrizione di un capitale fa collocare al privilegio anche gli interessi, deve ritenersi che il capitale iscritto non possa subire variazioni nel corso del rapporto. Pertanto, nel caso di mutuo fondiario stipulato anteriormente al 1° gennaio 1994, gli interessi moratori maturati nel triennio andranno al privilegio limitatamente alla parte generata dalla quota capitale compresa nella rata, mentre saranno al chirografo per la restante parte sorta in relazione alla quota interessi corrispettivi compresa nella rata(242). Nel caso di ipoteca giudiziale iscritta sulla base di debiti da conto corrente, sarà considerato capitale l’intero importo del decreto o della sentenza e solo su tale capitale matureranno gli interessi privilegiati. La restante parte di interessi derivante dal meccanismo della capitalizzazione dovrà essere collocata al chirografo. 4.- COLLOCAZIONE DEL CREDITO SUSSIDIARIO EX ART. 2776 C.C. E DEL CREDITO CHIROGRAFARIO b) gli interessi legali maturati, sul capitale residuo alla data del 31 gennaio 2002, dal 1° febbraio 2002 alla data del decreto di trasferimento dell’immobile garantito da ipoteca (240) D’ACQUINO, La predisposizione del progetto di distribuzione (..), op. cit., 264. (241) Per un esempio in tema di mutuo, si veda Tribunale Brindisi, 24.05.2007, n°477, in Redazione Giuffrè 2008, secondo cui «i contratti di mutuo fondiario stipulati prima dell’entrata in vigore della l. n. 108 del 1996, sono sottoposti ad una speciale disciplina secondo la quale il mutuatario in caso di ritardo nel pagamento delle rate di ammortamento è tenuto a corrispondere interessi moratori da calcolarsi sull’intera rata, in deroga al divieto di anatocismo. Alla luce di tali principi è da ritenersi lecita la clausola con la quale siano stati previsti interessi corrispettivi e moratori in misura ultralegale». Per Tribunale Nuoro, 10.03.2008, in Banca borsa tit. cred. 2009, 5, 576 (con nota di TARDIVO) «il venir meno dell’uso normativo in materia di anatocismo nei contratti di conto corrente non incide sulla legittimità della capitalizzazione degli interessi in materia di finanziamento fondiario (tale regola vale solo per i contratti di mutuo fondiario stipulati anteriormente al 1 gennaio 1993 ai quali continuano ad applicarsi perciò gli art. 14 d.P.R. n. 7 del 1976 e 16, comma 2, l. n. 175 del 1991)». (242) In altre parole, poiché si applica l’anatocismo, gli interessi andranno calcolati sull’intera rata (quindi, sia sulla quota capitale che sulla quota di interessi corrispettivi): tuttavia, in via ipotecaria andranno collocati gli interessi di mora calcolati sulla quota capitale, mentre gli interessi moratori calcolati sugli interessi corrispettivi andranno al chirografo. Sulla prassi bancaria di considerare la rata di mutuo come un unicum inscindibile, cfr. LENOCI, Gli interessi nei contratti bancari, in Giur. mer., 2005, p.87. Riproduzione riservata Natale Galipò 100 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Si rinvia alle considerazioni generali espresse nella parte prima, capp.9-10 (a proposito degli effetti del tempo degli interventi per i creditori privilegiati e sussidiari e per i creditori non assistiti da cause di prelazione). 5.- L’ASSEGNAZIONE DELLA SOMMA RICAVATA AI CREDITORI Dopo avere effettuato la graduazione dei creditori e la determinazione dei crediti insinuati nella procedura, il professionista delegato dovrà procedere all’assegnazione della somma disponibile e distribuibile in concreto (costituita dalla somma ricavata dalla vendita al netto delle spese di procedura) in favore dei creditori concorrenti, secondo il seguente ordine: 1. prededuzione/somme privilegiate ex art. 2770 c.c 2. crediti privilegiati che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro credito (rari); 3. crediti muniti di privilegi immobiliari riguardanti contributi, tasse, imposte relative all’immobile [artt. 2771(abrogato) - 2775 bis]; 4. crediti ipotecari; 5. crediti privilegiati ex art. 2776 c.c.; 6. crediti chirografari tempestivi; 7. crediti chirografari tardivi. Qualora poi, all’esito dell’integrale soddisfacimento di tutti i creditori, dovessero ancora residuare somme (c.d. sopravanzo) queste andranno restituite al debitore esecutato. Nella pratica si verifica peraltro ben spesso che l’attivo si riveli insufficiente per il soddisfacimento di tutti i creditori (pignorante e intervenuti) presenti nella procedura (c.d. incapienza): in altri termini, può cioè accadere che la somma che residua una volta effettuato il pagamento dei creditori di grado precedente non basti alla integrale soddisfazione dei creditori di grado successivo. La legge prevede espressamente tale evenienza e, a seconda del momento in cui essa si configura, individua il criterio da seguire per distribuire il residuo tra crediti dello stesso grado. Infatti: • In caso di concorso di più privilegi ex art. 2770 c.c. e di insufficienza dell’attivo (caso raro) si fa luogo a ripartizione proporzionale (art. 2782 c.c.); • In caso di concorso di più privilegi che sono dichiarati preferiti ad ogni altro credito e di insufficienza dell’attivo (caso raro), opera la ripartizione proporzionale in base all’importo dei crediti (art. 2782 c.c.); • In caso di concorso di più crediti assistiti da privilegi speciali sugli immobili, tali privilegi (attesa l’abrogazione dell’art.2771 c.c.) prenderanno il seguente ordine (art. 2780 c.c.)(243): (243) Si veda quanto esposto in precedenza, PARTE PRIMA, §8.2. e §8.2.1.. Riproduzione riservata Natale Galipò 101 Il Caso.it [Documenti] 6 febbraio 2014 1. contributi per opere di bonifica e miglioramento - art. 2775 c.c.; 2. crediti per concessione di acque - art. 2774 c.c.; 3. crediti per tributi indiretti - art. 2772 c.c.; 4. crediti per l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (ove ancora dovuta); 5. crediti del promissario acquirente dell’immobile - art. 2775 bis c.c.. Del pari, nell’ipotesi di concorso di crediti ugualmente privilegiati, spiegherà effetto il principio del concorso proporzionale (art. 2782 c.c.). • In caso di concorso di più ipoteche, la prelazione viene esercitata in ordine di grado (art.2852 e ss. cod. civ.); nel caso di grado uguale, i crediti concorrono in proporzione all’importo relativo (art. 2854 c.c.). • In caso di concorso di più crediti con privilegio sussidiario sugli immobili, tali crediti prenderanno il seguente ordine(244): crediti per il trattamento di fine rapporto e indennità di preavviso ex art. 2118 c.c. (di rara ricorrenza, essendo l’intervento del fondo Inps possibile anche per crediti di lavoro insoddisfatti in sede di esecuzione); crediti ex art. 2751 c.c. nel loro ordine crediti ex art. 2751 bis c.c. nel loro ordine; crediti per contributi previdenziali ex art. 2753 c.c.; crediti di cui al primo (imposte e sanzioni dovute secondo le norme in materia di IRPEF, IRPEG, IRES, IRAP, ILOR) e al terzo comma dell’art. 2752 c.c. (imposte, pene pecuniarie e soprattasse in materia di IVA -non relativa a beni immobili). • In caso di concorso tra più creditori chirografari tempestivi (o tra più creditori chirografari tardivi) la distribuzione dovrà essere operata in proporzione ai rispettivi crediti. SCHEDA DI APPROFONDIMENTO - COME OPERARE IL CONCORSO TRA CREDITI CHIROGRAFARI. Nel caso in cui le vicende del riparto dovessero profilare l’eventualità di un concorso tra creditori chirografari, il professionista delegato/consulente dovrà effettuare la “ripartizione proporzionale”, ossia dovrà determinare la quota da distribuire ad ognuno dei creditori concorrenti, tramite un coefficiente di riparto determinato dal rapporto tra la somma che avanza da distribuire e l’ammontare totale dei crediti in concorso. Assumendo ad esempio il modello di progetto di distribuzione proposto nel presente studio (v. sezione “allegati”, pag. 118), dalla somma ricavata [e cioè euro 275.830,20, pari alla somma del prezzo di aggiudicazione (€ 261.159,70) e degli interessi maturati sul libretto acceso dalla procedura (€ 14.670,50)], nell’ordine: 1) si opera la detrazione delle spese per gli annotamenti di cancellazione delle formalità pregiudizievoli (pignoramento +n.3 ipoteche) gravanti sull’immobile (in ipotesi pari ad euro 2.280,40); 2) si detraggono poi le spese di procedura (compensi del custode giudiziario e del professionista (244) Si veda ante, PARTE PRIMA, §8.4. Riproduzione riservata Natale Galipò 102 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] delegato, complessivamente pari ad euro 14.016,66) e si perviene alla somma effettivamente disponibile e distribuibile (pari ad euro 259.533,14); 3) si procede quindi al rimborso, in favore del creditore procedente, delle spese sostenute a beneficio dell’intero ceto creditorio (indicate in euro 17.882,30); 4) si soddisfano a questo punto i crediti privilegiati (pari ad un totale di euro 176.228,74); 5) si soddisfa di seguito il credito vantato in via sussidiaria (pari ad euro 9.435,71). A questo punto residua la somma di euro 55.986,39, da utilizzare per il soddisfacimento dei creditori chirografari tempestivi, i cui crediti ammontano complessivamente ad euro 57.699,95. Il coefficiente di riparto per tali creditori è pari a 0,970302(245) (dato da 55.986,39/57.699,95) e la somma spettante a ciascuno degli stessi è di seguito riportata: Creditore delta spa banca alfa banca beta banca gamma rossi s.r.l. TOTALI Importo richiesto 12.151,28 4.319,24 24.860,20 10.949,42 5.419,81 57.699,95 Coefficiente Importo assegnato 0,970302 0,970302 0,970302 0,970302 0,970302 11.790,41 4.190,97 24.121,91 10.624,25 5.258,85 55.986,39 Nell’esempio proposto, nulla spetta al creditore chirografario tardivo Bianchi s.r.l., che aveva richiesto la somma di € 6.240,30, non essendo residuata alcuna somma a seguito del soddisfacimento (parziale) dei creditori tempestivi. 6.- L’ACCANTONAMENTO DELLE SOMME EX ARTT. 499 E 510 C.P.C. Si è già esposto(246) che, prima della riforma del processo esecutivo, tutti coloro che vantavano ragioni di credito nei confronti del debitore potevano intervenire nell’esecuzione incardinata e far valere il loro diritto ad essere integralmente soddisfatti, tenendo conto delle cause legittime di prelazione (e del ricavato della vendita). (245) Moltiplicando per 100 il coefficiente di riparto, si avrà la percentuale che spetterà ad ogni creditore sul credito reclamato: es.: 0,965103 x 100= 97,0302% (percentuale del credito spettante) quindi, prendendo a riferimento il creditore DELTA S.p.A., che ha fatto richiesta di un credito di € 12.151,28, la percentuale del 97,03023% dello stesso sarà pari a: € (12.151,28:97,0302)x100= € 11.790,41. Ancora più semplicemente, si potrà fare ricorso alla seguente proporzione matematica: RESIDUO DISPONIBILE: TOTALE CREDITI CHIROGRAFARI = X: 100 sicché, in termini numerici riferiti all’esempio proposto, si avrà: 55.986,39: 57.699,95=X:100, in cui X rappresenta la percentuale del credito da riconoscere ad ogni creditore. Da quanto sopra consegue che: X= (55.986,39 x 100)/57.699,95=97,0302. (246) Cfr., PARTE PRIMA, capitolo 6. Riproduzione riservata Natale Galipò 103 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Non era pertanto rilevante, ai fini del riparto, che i creditori fossero o meno muniti di titolo esecutivo, dal momento che il possesso di quest’ultimo consentiva loro soltanto di promuovere singoli atti della procedura esecutiva (c.d. potere di impulso). In virtù delle modifiche introdotte dalla normativa vigente, il professionista delegato/consulente dovrà adesso operare una distinzione tra l’intervento munito di titolo esecutivo e quello privo di esso. Attesa infatti la novella dell’art.499 c.p.c.(247), solo i creditori muniti di titolo esecutivo (e i creditori sforniti di titolo esecutivo ma le cui ragioni di credito sono state riconosciute dal debitore ai sensi dell’art. 499 c.p.c., 6° comma) hanno il diritto di partecipare alla fase distributiva e di ottenere l’immediato pagamento delle somme eventualmente loro spettanti. I creditori sprovvisti di titolo possono lo stesso partecipare alla distribuzione, ma le somme loro spettanti dovranno essere accantonate, in attesa che essi ottengano un titolo esecutivo che ne incorpori le ragioni di credito. Nella prospettiva delineata dalla legge di riforma assume pertanto rilievo determinante - in caso di presenza di creditori “non titolati” - il c.d. progetto di graduazione dei crediti, che stabilisce l’ordine progressivo di soddisfacimento dei creditori concorrenti, con possibilità di assegnare somme anche a creditori diversi da quelli originariamente indicati nel progetto: ipotesi che si determina se qualcuno dei creditori per i quali era stato inizialmente effettuato l’accantonamento non si sia poi tempestivamente munito di titolo esecutivo o lo abbia poi ottenuto per un importo inferiore a quello reclamato nell’intervento. Dal che consegue, per il professionista delegato, la necessità di predisporre un nuovo progetto di distribuzione, proprio per la sopravvenuta disponibilità di somme scaturenti dalla perdita di efficacia totale o parziale degli accantonamenti in precedenza operati(248). 7.- LA DISTRIBUZIONE NEL CASO DI CONVERSIONE AL PIGNORAMENTO Nel caso in cui il debitore sia stato ammesso alla conversione del pignoramento ed abbia versato l’intera somma dovuta, si determina la liberazione del bene staggito dal vincolo del pignoramento e la sua sostituzione con il denaro. La procedura esecutiva tuttavia non si estingue e prosegue fino all’integrale ripartizione delle somme ai creditori. Il professionista delegato/consulente potrà in tal caso procedere all’assegnazione delle (247) Si veda, al riguardo, PARTE PRIMA, §6.1.. (248) Tale nuovo progetto non potrà tuttavia che riproporre il programma di graduazione già predisposto ai sensi dell’art. 596 c.p.c. ed approvato dalle parti alla prima udienza di approvazione del progetto di distribuzione, per cui le somme recuperate andranno attribuite a tutti i creditori restati insoddisfatti procedendo secondo l’ordine già fissato. Alla luce di quanto appena detto è ovvio che - nel tempo che intercorre tra l’approvazione del primo progetto e l’udienza in cui si decide la sorte per l’accantonamento - non sono ammessi altri interventi, il cui termine ultimo rimane sempre l’udienza di approvazione del progetto di distribuzione (il primo). Riproduzione riservata Natale Galipò 104 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 somme senza dover necessariamente predisporre un progetto di graduazione dei creditori, i quali sono stati integralmente soddisfatti dagli importi già stabiliti dal G. E. nell’ordinanza di conversione. L’unica particolarità conseguente alla nuova disciplina dell’intervento e della distribuzione è costituita dal fatto che le somme spettanti ai creditori intervenuti senza titolo esecutivo non possono essere loro attribuite, ma devono essere accantonate in loro favore (si richiama, in proposito, quanto esposto al paragrafo precedente). 8.- ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE E CREDITO FONDIARIO In linea generale, la disciplina applicabile in materia di esecuzione forzata promossa in dipendenza di un credito fondiario(249) è quella ordinaria di cui al libro III del codice di procedura civile (in particolare, gli artt. 474-512 e gli artt. 555-598); ciò, tuttavia, ad eccezione dei casi in cui la normativa speciale(250) che connota questa tipologia di crediti non vi introduca deroghe espresse: il che si verifica, per l’appunto, nelle ipotesi regolamentate dalla norma che rappresenta l’attuale disposizione di riferimento, vale a dire l’art.41 del D. Lgs. 1.09.1993 n°385(251). Il nuovo testo unico ha, da una parte, ribadito alcune disposizioni processuali già introdotte dalla disciplina precedente; dall’altra, ha operato l’eliminazione di alcune norme anteriori (le quali trovano applicazione, in virtù della previsione di cui all’art.161, comma 6, T.U.B., soltanto alle procedure esecutive pendenti alla data dall’1.01.1994 nonché ai contratti conclusi fino al 31.12.1993). Le disposizioni confermate dalla riforma sono contenute proprio nell’art.41 T.U.B., commi da 1 a 5, e possono così sintetizzarsi: • esclusione dell’obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo (art. 41, comma 1); • possibilità di iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari anche nel caso di fallimento del debitore con l’attribuzione al fallimento della somma ricavata dall’esecuzione ed eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca (art. 41, comma 2); • versamento diretto in favore della banca (da parte del custode dei beni pignorati, dell’amministratore giudiziario e del curatore del fallimento) delle rendite degli immobili ipotecati a suo favore, dedotte le spese di amministrazione e i tributi (art. 41, comma 3); • versamento diretto alla banca (fissato dal G.E. con il provvedimento che dispone la vendita o l'assegnazione) da parte dell’aggiudicatario (o dell’assegnatario) della (249) Per la nozione di “credito fondiario” e di “mutuo fondiario”, si rinvia a quanto esposto in precedenza, alla nota 185 del §1.3. (250) Cass. civ., sez. I, 18.04.2013, n°9482, in Diritto & Giustizia 2013. (251) Cfr., tra i tanti, MARICONDA, Banche e immobili: la nuova disciplina delle procedure esecutive, Bancaria Editrice, Roma, 2000; TERENGHI, Esecuzione di credito fondiario e fallimento, in Fallimento, 1999, 1077. Riproduzione riservata Natale Galipò 105 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa (art. 41, comma 4); • possibilità per l’aggiudicatario o per l’assegnatario di subentrare, senza autorizzazione del giudice dell’esecuzione, nel contratto di finanziamento stipulato dal debitore espropriato, dietro pagamento (nel termine previsto dalla norma in commento) delle rate scadute, degli accessori e delle spese. Passando ad esaminare la parte della normativa speciale che più strettamente attiene al profilo della predisposizione del progetto di distribuzione, andrà rimarcato che l’ordinanza di vendita deve indicare espressamente che l’aggiudicatario (in caso di mancato subingresso nel contratto di finanziamento stipulato dal debitore esecutato) dovrà provvedere a versare direttamente al creditore fondiario «la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito» della banca (con fissazione, quindi, del termine e delle modalità del relativo versamento). Dubbi interpretativi si sono profilati proprio con riferimento al senso dell’inciso testè riportato: in buona sostanza, si è posto il problema se - ponendo l’accento sulla formulazione letterale dell’art.41, comma 4, T.U.B. - al creditore fondiario debba essere versata la sola parte del prezzo corrispondente al credito garantito da ipoteca(252); ovvero se debbano attribuirsi al medesimo creditore, in via immediata (e sia pure provvisoria), tutte le somme rinvenienti dal finanziamento fondiario, tanto in via ipotecaria quanto in via chirografaria. L’opinione che sembra comunque trovare maggior seguito è quella secondo cui (muovendo dal presupposto che solo il credito garantito da ipoteca di primo grado si trova in posizione di prevalenza rispetto agli altri crediti dedotti all’interno della procedura) il creditore fondiario ha diritto (attesa l’operatività della disciplina speciale che assiste le sue ragioni di credito) al versamento della parte di prezzo che corrisponde al suo solo credito ipotecario (che dovrà determinarsi ai sensi dell’art. 2855 c.c.)(253). (252) L’applicazione “testuale” del 4° comma dell’art.41 T.U.B. comporterebbe, pertanto, che l’aggiudicatario dovrebbe versare al creditore fondiario l’importo che questi avrà (in precedenza) quantificato quale “credito complessivo” rinveniente dal finanziamento fondiario (cioè capitale, interessi e spese). Presso alcuni Tribunali, invece (tra cui, ad es., i Tribunali di Roma, Monza e Messina), certamente in considerazione del carattere provvisorio del versamento effettuato in favore del creditore fondiario (con eventuale obbligo di restituzione all’esito dei conteggi finali), l’ordinanza di delega ex art.591 bis c.p.c. prevede che l’avviso di vendita deve contenere il termine per il versamento del prezzo secondo le modalità di cui all’art.41 T.U. n°385/1993 nel caso in cui vi sia un creditore fondiario e «nei limiti della parte ipotecaria del suo credito». (253) La tesi in esame si riscontra il alcune pronunce della giurisprudenza di merito: cfr. Tribunale di Roma, 26.07.2005, in Giur. mer., 2006, 3, 642 («nell'ambito dell'esecuzione individuale il creditore fondiario ha il diritto di ottenere dall'aggiudicatario, in via provvisoria, l'importo corrispondente al credito ipotecario vantato») ed è, come detto, recepita nelle ordinanze di delega ex art.591 bis c.p.c. di diversi Tribunali. In dottrina, aderisce, ad es., a tale impostazione LODOLINI, L’esecuzione individuale del creditore fondiario, in Riv. esec. forzata, 2009, 570. SULLA APPLICABILITÀ DELL’ART.2855 AL CREDITO FONDIARIO. Per completezza, va segnalata l’insorgenza di un contrasto interpretativo con riferimento al rapporto tra la disciplina speciale in materia di credito fondiario e quella sostanziale ex art.2855 c.c. in relazione al limite della copertura ipotecaria. La giurisprudenza di legittimità [ sia pure con riferimento alla materia fallimentare: Cass. civ., 25.10.1973, n°2734; Cass. civ., sez. I, 10.11.1981, n°5944, in Fallimento 1982, 228; Cass. civ., sez.I, 6.11.1986, n°6487, in Fallimento 1987, 800; Cass. civ., sez. I, 3.12.1986, n° 7148, in Giust. civ. 1987, I, 287; Cass. civ., sez. I, 02.03.1988, n°2196, in Fallimento 1988, 557; Cass. civ., sez. I, 20.12.1988, n°6952, in Fallimento 1989, 383; Cass. civ, sez. I, 8.11.1997, n°11033, in Fallimento 1998, 1238 (con Riproduzione riservata Natale Galipò 106 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 In questa prospettiva non avrebbe infatti alcun senso il pagamento diretto in favore del creditore fondiario di somme (scilicet: della quota del suo credito collocabile in chirografo) che egli potrebbe poi dover restituire, al momento della distribuzione definitiva, perché o non spettantigli (in caso di presenza di altri creditori ipotecari di grado successivo) o quanto meno allo stesso riconoscibili ma in concorso con altri creditori chirografari(254). 9.- ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE E FALLIMENTO L’art. 51 della legge fallimentare pone il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive individuali nei confronti dei beni del fallimento(255). Corollario del cennato divieto (considerata l’invalidità del pignoramento promosso successivamente alla dichiarazione di fallimento) è che se il fallimento è dichiarato dopo che sui beni immobili del debitore (poi) fallito è stato eseguito il pignoramento, la procedura esecutiva deve essere dichiarata improcedibile (su istanza del curatore) da parte del Giudice dell’esecuzione. La legge fallimentare consente tuttavia al curatore di giovarsi degli atti esecutivi compiuti, mediante la possibilità di intervento nell’esecuzione individuale; infatti l’art. 107, comma 6, L.F. dispone esplicitamente che «se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51». Se non è ancora stato pronunciato il decreto di trasferimento (e, quindi, se non si è ancora pervenuti alla fase di distribuzione del ricavato) qualora il curatore intervenga nella procedura dichiarando di non volerla proseguire (ed optando quindi di procedere osservazioni di PETRAGLIA); Cass. civ., sez. I, 29.08.1998, n°8657, in Giust. civ. Mass. 1998, 1818] ha elaborato l’indirizzo secondo cui, ai sensi dell’art.2855 c.c., l’iscrizione di ipoteca a garanzia di un credito per capitale determina una estensione della prelazione ipotecaria nei termini esatti stabiliti dalla norma, senza che a tale principio facciano eccezione le norme sul credito fondiario che non riguardano la misura degli interessi e la scadenza degli stessi, né l’estensione della garanzia ai cosiddetti fattori accessori (interessi di mora, diritti di commissione, provvigioni speciali e simili). Secondo SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 1022, «in buona sostanza, quindi, la partecipazione del creditore fondiario alla fase distributiva dell’esecuzione singolare non modifica in alcun modo le regole generali sulla graduazione dei crediti». Con riferimento, tuttavia, all’esecuzione individuale, non va sottaciuto che, secondo Cass. civ., sez. III, 05.05.2009, n°10297, in Banca borsa tit. cred. 2010, 3, 319 (con nota di TARDIVO) «all’espropriazione immobiliare individuale fondata su credito fondiario, a cui sia applicabile (come nella specie) “ratione temporis” il r.d. 16 luglio 1905 n. 646, non si estende, in materia di interessi, la disciplina generale dettata dall'art. 2855 c.c. (che prevede rigorosi limiti con riguardo agli effetti dell’iscrizione ipotecaria sugli interessi dovuti), bensì la normativa speciale, da considerarsi prevalente, individuata nello stesso t.u. n. 646 del 1905, in funzione della quale deve considerarsi garantito il recupero integrale di tutto il dovuto a titolo di interessi al tasso contrattualmente stabilito». (254) Aderisce a tale soluzione anche SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 1020-1021. (255) ART.51 R.D. 16.03.1942 n°267 (Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali), quale sostituito dall’articolo 48 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (con effetto a decorrere dal 16 luglio 2006): «salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento». Riproduzione riservata Natale Galipò 107 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 all’esecuzione in sede concorsuale), il processo esecutivo si arresterà con la declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione, pena la inefficacia di ogni atto di esecuzione nei confronti della massa(256); diversamente, il procedimento proseguirà il suo iter con la sostituzione del curatore stesso all’originario creditore procedente(257). Se invece il decreto di trasferimento è già stato emesso, il procedimento di distribuzione è integrato con l’intervento del curatore: in tale ipotesi infatti, l’avvenuta liquidazione del bene assoggettato ad esecuzione non può più essere posta in discussione, essendosi ormai pervenuti alla fase distributiva del procedimento esecutivo. SCHEDA DI APPROFONDIMENTO - Interferenze tra esecuzione per credito fondiario e fallimento Si è già evidenziato che l’art.41, comma 2, prevede la possibilità, per il creditore fondiario, di iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia del finanziamento anche nel caso di fallimento del debitore (l’apertura della procedura concorsuale comporta, in generale, la declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione individuale, salvo l’intervento ex art.107 L.F. da parte del curatore). Va da sé che tale diritto non esclude che il giudice delegato al fallimento possa ugualmente disporre la vendita coattiva del bene, dal momento che le due procedure espropriative non sono incompatibili ed il loro concorso va risolto in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita(258). E’ peraltro proprio nella definizione del rapporto tra la distribuzione nell’esecuzione individuale per credito fondiario ed il riparto in sede fallimentare che si addensano i maggiori problemi in tema di concorso tra procedura esecutiva immobiliare e procedura concorsuale: si tratta, in buona sostanza, della vexata quaestio concernente la necessità o meno, per il creditore fondiario, al fine di ottenere il riconoscimento di somme in sede esecutiva, di insinuarsi al passivo fallimentare e provare di essere stato ammesso al passivo(259). 256 ( ) Tra i più recenti contributi sull’argomento, cfr. PALUCHOWSKI, Le interferenze della procedura esecutiva concorsuale su quella individuale, in Rivista dell’esecuzione forzata, 1/2011, 57 e ss.. (257) Secondo Cass. civ., sez. I, 11.12.2009, n. 25963, in Guida al diritto 2010, 5, 67, «l’art. 107 l. fall., quando dispone che il curatore si sostituisce al creditore istante nella espropriazione immobiliare che sia in corso al momento della dichiarazione del fallimento e che non sia ancora pervenuta alla fase di distribuzione del prezzo, va interpretato in relazione al divieto di azioni esecutive individuali di cui al precedente art. 51 della stessa legge, nel senso che la disposizione sancisce inderogabilmente la perdita, da parte del creditore istante, del potere d'impulso della procedura da lui iniziata e il correlativo acquisto del potere stesso da parte del curatore, perdita e acquisto che si verificano come conseguenza automatica e necessaria della dichiarazione di fallimento». Nel senso della sostituzione di diritto del curatore al creditore procedente (in caso di espropriazione immobiliare promossa anteriormente al fallimento), senza la necessità di un intervento da parte del curatore o di un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell’esecuzione, cfr. anche Cass. civ., sez. VI, 02.12.2010, n°24442, in Giust. civ. Mass. 2010, 12, 1556, per la quale ove il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la procedura individuale, non proseguita, per sua scelta, dal curatore (né proseguibile, ai sensi dell’art. 51 legge fall., dal creditore istante) diventa improcedibile, senza che tuttavia tale improcedibilità determini la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento (in senso sostanzialmente conforme, cfr. Cass. civ., sez. I, 8.05.2009 n°10599, in Giust. civ. Mass. 2009, 5, 738; Cass. civ., sez. I, 16.07.2005, n°15103 in Giust. civ. Mass. 2005, 6; Cass. civ., sez. I, 24.09.2002, n°13865, in Fallimento 2003, 631 e Cass. civ., 15.04.1999 n°3729, in Giust. civ. 2000, I, 862). (258) In tal senso, cfr. Cass. civ., sez. I, 28.01.1993 n°1025, in Fallimento 1993, 720. (259) Cfr., sulla questione, VIGORITO, Le procedure esecutive dopo la riforma: l’esecuzione forzata in generale, Milano, 2006, 419. In giurisprudenza, propende per la necessità dell’insinuazione al passivo, Riproduzione riservata Natale Galipò 108 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 La questione, proprio per l’ampiezza del dibattito suscitato, merita un approfondimento, Si è sopra anticipato che la disciplina vigente consente, malgrado la pendenza dell’esecuzione singolare, la possibilità di vendita del bene in sede fallimentare: in questa evenienza, tuttavia, il curatore non é obbligato a versare alla banca il ricavato dalla vendita del bene ipotecato a garanzia del credito fondiario, bensì ha solo il dovere di versare le rendite degli immobili ipotecati a suo favore sino al soddisfacimento del credito vantato. Per converso, nell’ipotesi di vendita effettuata in sede esecutiva, il creditore fondiario ha il diritto che l’aggiudicatario gli versi la parte del prezzo corrispondente al credito complessivo vantato: è questo l’indirizzo univocamente espresso dalla Corte di Cassazione, la quale ha statuito che il privilegio riconosciuto agli istituti di credito che agiscono in forza di mutuo fondiario ha carattere meramente processuale, consentendo a detto creditore non solo di iniziare o proseguire l’azione esecutiva nei confronti del debitore dichiarato fallito, ma anche di conseguire l’assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore nei limiti del proprio credito, senza che siffatta assegnazione e il conseguente pagamento possano ritenersi indebiti e senza che sia configurabile l’obbligo dell’istituto procedente di rimettere immediatamente e incondizionatamente la somma ricevuta al curatore(260). Va tuttavia evidenziato che le disposizioni eccezionali in tema di credito fondiario (le quali riguardano soltanto la fase di liquidazione dei beni del debitore fallito e non anche quella dell'accertamento del passivo) non concretizzano alcuna deroga al principio di esclusività della verifica fallimentare ex art.52 L.F.: ne consegue pertanto, non potendosi ritenere che il rispetto di tali regole sia assicurato nell’ambito della procedura individuale dall'intervento del curatore fallimentare, che all’assegnazione della somma disposta in sede di esecuzione singolare (e nei limiti del credito garantito ipotecariamente) va riconosciuto carattere provvisorio, essendo onere dell’istituto di credito fondiario, per rendere definitiva l’assegnazione interinale, di insinuarsi al passivo del fallimento, in modo tale da permettere la graduazione dei crediti, cui è finalizzata la Cass. civ., sez.I, 28.05.1998 n°5267, in Giust. civ. Mass. 1998, 1150; in dottrina, BONFATTI, La disciplina dei crediti speciali nel “testo unico delle leggi in materia bancarie e creditizia”, in Giur comm., 1994, I, 1019; BOZZA, Il credito fondiario nel Nuovo Testo Unico Bancario, Padova, 1996, 178. Gli argomenti spiegati a sostegno della tesi in commento possono essere sintetizzati nella considerazione che, proseguita l’esecuzione singolare dopo il fallimento del debitore, è il giudice delegato ad essere competente in materia di esistenza ed entità delle cause di prelazione e di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita in sede esecutiva: di qui l’obbligo, per il creditore fondiario, di insinuarsi al passivo del fallimento al dine di conseguire (in caso di riconoscimento delle sue spettanze nell’esecuzione individuale) il risultato dell’esecuzione speciale, restituendo alla massa l’eventuale somma ricavata in eccedenza. In senso contrario: Cass. civ., sez.I, 15.06.1994, n°5806, in Banca borsa tit. cred. 1995, II, 672 (con nota di TARDIVO); Cass. civ., sez. I, 19.02.1999, n°1395, in Giust. civ. Mass. 1999, 443; Cass. civ., sez. I, 09.10.1998, n°10017, in Fallimento 1999, 1072 (con nota di TERENGHI). In dottrina SALETTI, L’espropriazione per credito fondiario nella nuova disciplina bancaria, in Riv. dir. proc., 1994, 1001, ss.; ORIANI, L’espropriazione singolare per credito fondiario, in Corr. giur., 1995, 370. A sostegno dell’indirizzo contrario si è infatti osservato che il connotato di specialità che caratterizza la disciplina sul credito fondiario rimarrebbe vanificato ove si imponesse al creditore fondiario l’effettuazione di un onere processuale ulteriore, rappresentato proprio dall’insinuazione al passivo del fallimento. (260) Il principio è stato sancito dalla nota sentenza “Rordorf”, Cass. civ., sez. I, 17.12.2004, n°23572, in Fallimento 2005, 1143 (con nota di PATTI), che ha di fatto composto il conflitto interpretativo sorto sull’argomento, ribadendo la vigenza del regime di esclusività della verifica dei crediti in sede concorsuale ed identificando la natura del privilegio ex art.41, comma 2, T.U.B. come privilegio di riscossione. La tesi è stata peraltro ribadita anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità: Cass. civ., sez. I, 11.10.2012, n°17368, in Giust. civ. Mass. 2012, 10, 1201; Cass. civ., sez.I, 8.09.2011 n°18436, in Fallimento 2012, 324 (con nota di ABETE); Cass. civ., sez. I, 28.05.2008, n°13996, in Giust. civ. Mass. 2008, 5, 824; Cass. civ., sez. III, 14.05.2007, n°11014, in Guida al diritto 2007, 28, 44 (s.m.). Riproduzione riservata Natale Galipò 109 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 procedura concorsuale, sicché, ove l'insinuazione sia stata effettuata, il curatore che pretenda in tutto o in parte la restituzione del ricavato ritratto dall’istituto di credito fondiario all’esito della procedura esecutiva individuale, ha l'onere di dimostrare che la graduazione ha avuto luogo e che il credito dell’istituto è risultato, in tutto o in parte, incapiente. La provvisorietà dell’assegnazione in esame è dovuta al fatto che, in sede di riparto fallimentare, non può escludersi che vengano soddisfatti crediti che prevalgono sul credito fondiario garantito da ipoteca di primo grado, e che, ove l’attivo fallimentare non consenta la soddisfazione di tali crediti, la banca possa essere costretta a restituire delle somme che non gli spettano(261). Nella prospettiva così delineata, acquista rilievo la tesi secondo cui l’insinuazione al passivo del fallimento non costituisce un presupposto per l’attribuzione provvisoria del ricavato della vendita in sede esecutiva, come pure si era sostenuto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze n°5267/98 e n°314/98): l’insinuazione diviene necessaria solo per il riconoscimento definitivo del credito in sede fallimentare, senza tuttavia spiegare incidenza alcuna sull’applicabilità dell’art.41 T.U.B. in sede esecutiva. Elementi a suffragio di questa interpretazione possono individuarsi nell’art.110, comma 1, e nell’art.52, comma 3, della legge fallimentare, nel testo introdotto dal d. lgs. n. 169 del 2007 in vigore dall’1 gennaio 2008(262). La prima norma prevede, infatti, che nel progetto di riparto redatto dal curatore «sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’art. 51»; la seconda stabilisce che le disposizioni, previste dal comma 2 dello stesso articolo, che affermano l’obbligo dell’accertamento di ogni credito nelle forme dell’insinuazione al passivo, si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di azioni esecutive(263). Pertanto, solo ove ammesso al passivo del fallimento ed utilmente collocato nel piano di riparto il creditore fondiario (che, come esposto, può ottenere in ogni caso il versamento anticipato del proprio credito ex art.41, comma 2, TUB nell’esecuzione singolare) potrà trattenere in via definitiva le somme che gli sono state (provvisoriamente) assegnate nell’esecuzione singolare. Si prospettano a questo punto, le seguenti ipotesi. § 9.1.- Fallimento dell’unico debitore successivamente al pignoramento Salva l’ipotesi in cui la procedura esecutiva sia stata promossa (o proseguita) da un creditore fondiario (fattispecie che concretizza una delle deroghe previste dall’art.51 L.F.), si è detto che il procedimento esecutivo può continuare soltanto se il curatore abbia optato ex art.107, (261) Così QUATRARO-DI MUNDO, La verifica dei crediti nelle procedure concorsuali. Contratti bancari, parabancari e del mercato finanziario, Milano, 2011, 947. (262) In questo senso SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, op. cit., 1025-1026. (263) La relazione governativa al D. Lgs. n°169/2007 (reperibile all’url http://www.giurdanella.it/ 2007/10/18/la-relazione-illustrativa-sulla-nuova-legge-fallimentare - accesso 30.11.2013) illustra (all’art.8) che le due disposizioni confermano «che i crediti esentati dal divieto di azioni esecutive e cautelari fruiscono di un privilegio puramente processuale (il potere di iniziare o proseguire l’espropriazione pur in pendenza del fallimento del debitore), ma non sono esentati dal “concorso sostanziale”: come tutti gli altri crediti devono essere ammessi al passivo (“concorso formale”) e poi devono essere collocati nei riparti (“concorso sostanziale”) per poter trattenere in via definitiva quanto è stato ricavato dall’espropriazione singolare da loro compiuta». Riproduzione riservata Natale Galipò 110 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 comma 6, L.F., per la vendita del bene in sede individuale. Venduto il bene ed emesso il decreto di trasferimento, il problema che si pone a questo punto è se dar corso alla fase distributiva ovvero se - configurandosi nella specie l’ipotesi della liquidazione di un bene di pertinenza dell’amministrazione fallimentare - il ricavato della vendita debba essere piuttosto interamente versato alla curatela (che andrà così a ripartirlo non tra i creditori intervenuti nell’esecuzione individuale bensì tra i creditori ammessi al passivo fallimentare secondo le cause di prelazione ivi riconosciute), con integrale devoluzione, pertanto, della fase della ripartizione alla sede fallimentare. Si sostiene infatti che l’improcedibilità deve essere dichiarata sia nel caso in cui la procedura non sia ancora intervenuta alla fase della vendita, sia nel caso in cui, emesso l’atto traslativo, si sia già pervenuti alla fase distributiva: ne consegue che, in caso di mancato subentro, il curatore dovrà proporre istanza per la declaratoria di improcedibilità della espropriazione nella fase in cui si trova e, qualora la stessa sia giunta allo stadio trasformativo (con la monetizzazione del bene) l’ufficio non potrà che rimettere il ricavato alla curatela fallimentare(264). Ove si ritenesse invece che il professionista delegato debba comunque procedere alla predisposizione del progetto di distribuzione, questo si risolverebbe nella mera appostazione delle spese prededucibili (in sede fallimentare) sostenute dopo la sostituzione ex art.107 L.F. della curatela al creditore procedente (spese dell’avvocato, pubblicità, aggiornamento perizia, custodia e vendita delegata), attesa la necessità di graduazione delle ulteriori spese in sede di riparto fallimentare. In questa prospettiva, posto che tali spese sono spese prededucibili che (salva l’ipotesi di cui all’art. 111 bis, comma 3, L.F.) vanno collocate in sede di riparto (dopo il decreto correttivo 169/2007) ed eventualmente insinuate al passivo in caso di contestazione(265), si è comunque ritenuto che la liquidazione delle stesse spese possa essere effettuata dal Giudice dell’Esecuzione(266), in linea di coerenza con la innegabile efficienza (e maggiore praticità) della procedura individuale nel valutare (e determinare) i costi dei propri ausiliari (funzionalità che, per forza di cose, non può essere riconosciuta in pari misura al giudice delegato): ne discende che, in ossequio ad un criterio di mera efficienza, può ben essere il giudice dell’esecuzione (che ha conferito gli incarichi preordinati all’impulso dell’esecuzione singolare) a liquidare le dette spese (esperto stimatore, custode, delegato, costi di pubblicità), senza procedere propriamente alla formazione di un progetto di distribuzione e senza che detta attività possa ritenersi priva di potere, risolvendosi nel completamento degli incarichi da parte della stessa autorità giudiziaria che li ha conferiti(267). (264) LICCARDO - FEDERICO, in JORIO-FABIANI (a cura di), Il nuovo diritto, Bologna-Roma, 2007, II, 1793. (265) Cass. civ., Sez. I, 11.06.2007, n°13663, in Giust. civ. Mass. 2007, 6. (266) PALUCHOWSKI, Le interferenze della procedura esecutiva concorsuale su quella individuale, op. cit., 73. (267) Così PALUCHOWSKI, ibidem, 73-74. L’autrice precisa peraltro che tali somme devono poi essere insinuate al passivo in prededuzione e riconosciute dal giudice fallimentare: soluzione, questa, che comporta che le parcella liquidate dal g.e. vengano richieste come prededucibili e, ove non contestate dal curatore), esse vengano soddisfatte integralmente. In caso di contestazione dette spese devono essere formalmente insinuate ex art. 93 o 101 L.F.. Quanto al credito complessivo del creditore procedente e dei creditori intervenuti (ivi comprese le spese legali di parte affrontate per il patrocinio) è da ritenersi che questo (senza alcuna liquidazione del g.e.) vada sin dall’inizio insinuato e valutato integralmente in sede fallimentare secondo gli artt.51 e 52 L.F., non trattandosi di spese necessarie di procedura, oggetto di Riproduzione riservata Natale Galipò 111 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 Il professionista delegato dovrà pertanto chiedere, in tale evenienza, la liquidazione dei propri compensi, riversando l’intero ricavato alla procedura fallimentare e chiedendo, per ottenere il pagamento delle proprie spettanze, l’emissione del decreto di prelievo al Giudice Delegato. Presso alcuni tribunali(268) si riscontra la prassi di consentire al professionista delegato di richiedere al G.E. la liquidazione dei propri compensi, che verranno prelevati dal ricavato della vendita depositato nel libretto giudiziale; all’esito, dovrà predisporre il progetto di distribuzione che prevede esclusivamente l’assegnazione ai creditori delle spese spettanti in privilegio ex art.2770 c.c., con attribuzione al curatore fallimentare dell’importo residuo, che sarà distribuito in sede fallimentare(269). § 9.2.- Fallimento di uno dei debitori comproprietari Nel caso in cui il pignoramento sia eseguito su immobile che appartiene a più comproprietari e successivamente sia dichiarato il fallimento di uno di essi, il Giudice dell’Esecuzione ordinerà comunque la vendita dell’intero bene nel caso in cui per il debitore fallito sia presente un creditore fondiario, ovvero se il curatore del fallimento abbia chiesto al G.E. di provvedere alla vendita anche della quota di pertinenza del fallito (tenuto peraltro conto che non potrà invece attirare nel fallimento l’esecuzione a carico del comproprietario non fallito)(270). possibile decisione di liquidazione del giudice dell’esecuzione (salvi gli anticipi per la stima o per la pubblicità). (268) Cfr., ad es., MASSENZ, Istruzioni per la predisposizione del progetto di distribuzione, novembre 2007, relazione tenuta al Convegno organizzato dall’ODCEC di Milano «Le esecuzioni immobiliari: il progetto di distribuzione», reperibile all’url http://www.odcec.mi.it/Libraries/Materiale_Convegni/ progetdistibuzi09.pdf (accesso 5.11.2013). Nella circolare del Tribunale di Rieti, reperibile all’indirizzo web http://www.tribunale.rieti.giustizia.it/doc/modulistica/modulistica_per_custodi_e_delegati/Circolare_per_ la_redazione_del_progetto_di_distribuzione.pdf (accesso 5.11.2013) si legge: «Secondo l’opinione che appare preferibile (..) il giudice dell’esecuzione ha comunque il potere di liquidare le spese di esecuzione sostenute dal curatore, ovvero da altro creditore procedente (nel caso, non infrequente, di fallimenti privi di fondi): solo la somma residua al netto di queste spese di giustizia liquidate dal g.e., verrà assegnata al fallimento. In questi casi, il bene appartenente al fallito, dunque può essere oggetto sia della procedura esecutiva individuale, che continua ad andare avanti, sia del fallimento (se poi il bene appartenesse a due soggetti - di cui uno in bonis - in comproprietà e fosse fallito solo uno dei due, ragioni di opportunità hanno spinto la giurisprudenza a fare in modo che la vendita avvenga unitariamente davanti al giudice dell’esecuzione, magari previa delega del giudice delegato al giudice dell’esecuzione) e le due procedure possono proseguire parallelamente. È quindi possibile che vi siano due vendite dello stesso immobile e per questo è necessario che l’autorità che vende per prima ne dia immediata comunicazione all’altra. In nessun caso il giudice dell’esecuzione può liquidare al curatore in sede esecutiva le proprie spettanze». (269) Nello studio La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, a cura del CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, ed. febbraio 2012, cit., pag.35, si fa riferimento alle prassi operative presso altri tribunali (ad es. quello di Monza), le quali prevedono che è consentito al professionista delegato (custode) - in caso di accordo con l’organo gestorio - di prelevare dal libretto/conto della procedura esecutiva l’importo delle spese prededucibili liquidate dal G.E., rimettendo al fallimento le somme residue, per consentirne il riparto in sede fallimentare. (270) Nell’ipotesi in cui sia stata promossa una procedura esecutiva in danno di un debitore (in bonis) comproprietario di una quota dell’immobile e, successivamente, venga dichiarato il fallimento nei confronti del titolare della quota residua (non assoggettato all’esecuzione), poiché solo la vendita dell’intero bene può evitare il concreto pericolo di un deprezzamento delle quote, la soluzione preferita in passato era quella di delegare, ai sensi dell’art. 578 c.p.c. (in precedenza espressamente richiamato dall’art. 108, co. 2) L.F.), il giudice dell’esecuzione (che si trovava ad operare come longa manus del giudice delegato) alla vendita della quota (non pignorata) del comproprietario fallito. Secondo PENTA, I Riproduzione riservata Natale Galipò 112 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 All’esito della vendita e previa richiesta di liquidazione dei propri compensi, il professionista delegato provvederà a redigere un progetto di distribuzione parziale, attribuendo alla curatela del fallimento la quota di ricavato corrispondente alla quota dell’immobile di pertinenza del fallito e procedendo alla distribuzione relativamente al ricavato spettante al debitore/comproprietario in bonis. Quanto alle spese di giustizia ex art. 2770 c.c. (assumendo, ad es., l’ipotesi di unico immobile appartenente a due soggetti, uno dei quali dichiarato fallito, con progetto di distribuzione imperniato, quindi, sulla formazione di due masse) le stesse possono essere collocate (anche in aderenza alle cennate esigenze di funzionalità e semplificazione, poiché la liquidazione è comunque effettuata dal G.E. delegante), in parti uguali, su entrambe le masse, in quanto spese sostenute nel comune interesse(271) (ma non manca chi, in adesione alla tesi più rigorosa esposta nel precedente paragrafo, sostiene che le stesse debbano gravare soltanto sulla quota del debitore non fallito). rapporti tra esecuzione concorsuale ed esecuzione individuale. Il credito fondiario, in Dir. Fall., 2010, 34, 291, la soluzione attualmente percorribile sarebbe quella di procedere al giudizio di divisione all’interno del procedimento esecutivo, al quale parteciperà il curatore per il terzo fallito non esecutato (art. 181 disp. att. cod. proc. civ.); definito il giudizio divisorio con la vendita dell’intero immobile indivisibile, al curatore e alla procedura esecutiva verranno assegnate le rispettive quote del ricavato. (271) Una simile soluzione si trova, ad es., applicata in Tribunale di Torino (ord.), 10.10.2008, in Fallimento, 2009, 1229 ss.. Riproduzione riservata Natale Galipò 113 [Documenti] Il Caso.it Riproduzione riservata Natale Galipò 6 febbraio 2014 114 [Documenti] 6 febbraio 2014 Il Caso.it ALLEGATO N.1 - Modello richiesta precisazione credito su carta intestata professionista ……………………., lì ……………… Spett.le Banca …………… - filiale di ……….. c/o Avv. ………………………………. via …………… città …………. Raccomandata a.r./fax/p.e.c. Oggetto: procedura esecutiva immobiliare n. ../…. Tribunale di ….............. contro ......... Il sottoscritto professionista delegato alle operazioni di vendita ex art.591 bis c.p.c., o visto il verbale di vendita ….. incanto del ………….., con il quale l’immobile pignorato (………………………………………………………..) è stato ……………….. aggiudicato per la somma di € …………; o considerato che il saldo prezzo è stato depositato entro il termine previsto nell’avviso di vendita; o considerato che, ai sensi dell'art. 596 c.p.c., occorre provvedere alla formazione del progetto di distribuzione delle somme ricavate; o considerato che il decreto di trasferimento è stato depositato in cancelleria il …….. (………………) e che quindi con tale ultima decorrenza è stato trasferita la proprietà dell’immobile in capo alla parte aggiudicataria, INVITA entro e non oltre 30 giorni dalla ricezione della presente, a far pervenire presso lo studio dello scrivente, sito in …………, via …………… (fax ……… - p.e.c. ………) un prospetto riepilogativo dei crediti vantati nei confronti del debitore esecutato, specificando analiticamente: ► In caso di CREDITO IPOTECARIO: • gli estremi delle iscrizioni ipotecarie con indicazione della data, del titolo, dell’ammontare della somma capitale e del saggio degli interessi convenzionali (in caso di mutuo, dovrà prodursi il piano di ammortamento - ove non allegato al titolo - distinguendo per ogni rata la quota capitale e la quota interessi, e dovranno inoltre indicarsi gli interessi moratori ed il loro tasso), depositando il titolo e la nota di iscrizione ipotecaria (e dell’eventuale rinnovazione) in originale; al fine di consentire la discriminazione tra la parte di credito da collocare in via ipotecaria e la parte da collocare in via chirografaria, dovrà indicarsi in maniera specifica: • l’ammontare del credito vantato in linea capitale; • l’ammontare degli interessi convenzionali per il periodo di cui all’art. 2855, 2° comma, c.c., specificando la data di decorrenza; Riproduzione riservata Natale Galipò 115 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 • l’ammontare degli interessi legali per il periodo di cui all’art. 2855, 3° comma, c.c. (e cioè dalla scadenza del triennio ex art.2855 c.c. e fino alla data del decreto di trasferimento); • l’ammontare delle spese da collocare nello stesso grado dell’ipoteca, comprese quelle relative all’intervento nel processo esecutivo, di cui all’art. 2855, 1° comma, c.c.; • la differenza tra interessi legali e convenzionali dalla scadenza del triennio alla data del decreto di trasferimento; • l’importo giornaliero degli interessi convenzionali per il periodo successivo al decreto di trasferimento. - ed altresì: • l’ammontare delle spese legali - con indicazione della parte da collocare al privilegio ai sensi dell’art.2770 c.c. - fornendo la prova delle spese vive sostenute. ► IN CASO DI CREDITO PRIVILEGIATO: • la natura del privilegio ed il relativo grado; • l’ammontare del credito vantato in linea capitale; • l’ammontare degli interessi convenzionali per il periodo di cui all’art. 2749, 1° comma, c.c., specificando la data di decorrenza; • l’ammontare degli interessi legali per il periodo di cui all’art. 2749, 2° comma, c.c.; • l’ammontare delle spese da collocare nello stesso grado del privilegio; • la differenza tra interessi legali e convenzionali dalla scadenza del biennio alla data del decreto di trasferimento; • l’importo giornaliero degli interessi convenzionali per il periodo successivo al decreto di trasferimento; • in caso di privilegio ex art. 2776 commi 2 e 3 c.c., la documentazione relativa all’esito infruttuoso dell’esecuzione mobiliare; • l’ammontare delle spese di giustizia ex art.2770 c.c., fornendo la prova delle spese vive sostenute. ► IN CASO DI CREDITO CHIROGRAFARIO: • originale dei titoli giustificativi delle ragioni di credito; • il conteggio analitico del credito, con dettaglio specifico degli interessi e con precisazione dei periodi e dei tassi applicati; • l’ammontare delle spese legali - con indicazione delle parte da collocare eventualmente al privilegio ai sensi dell’art.2770 c.c. - fornendo la prova delle spese vive sostenute. In caso di mancata risposta, i crediti verranno ammessi alla distribuzione solo nella misura indicata nei relativi atti legali. Distinti saluti. timbro e firma Riproduzione riservata Natale Galipò 116 [Documenti] 6 febbraio 2014 Il Caso.it ALLEGATO N.2 - Modello richiesta documenti integrativi su carta intestata professionista ……………………., lì ……………… Raccomandata a.r./fax/p.e.c. Egr. Sig. avv. …………………………………… quale difensore di Banca …………… - Filiale di ……….. via …………… città …………. Oggetto: procedura esecutiva immobiliare n. …./…. Tribunale di ............. contro ............... In qualità di professionista delegato ai sensi dell’art.591 bis c.p.c. nella procedura esecutiva di cui all’oggetto, giusto provvedimento del G.E. dott. …………………….., emesso il……… e depositato in cancelleria in data ………………., premesso ‐ che il creditore ...................... ha promosso/è intervenuto ….la procedura in oggetto con atto di pignoramento/intervento del …………, depositato il ………; ‐ che, malgrado la mia precedente richiesta di precisazione del credito del ……, ai fini della predisposizione del progetto di distribuzione del ricavato, ad oggi non risultano pervenute presso il mio studio (o depositate in cancelleria) né la Sua nota spese per diritti e onorari quale procuratore del suddetto creditore, né la specificazione riepilogativa del credito per sorte capitale, interessi e spese; tutto ciò premesso, con la presente La invito a depositare presso il mio studio in……………… o presso la competente Cancelleria la nota di precisazione del credito del Suo assistito, avvertendoLa sin d’ora che il mancato deposito della nota riepilogativa del credito (e della relativa nota spese), entro il termine di 15 giorni dal ricevimento della presente, comporterà il riconoscimento dei soli importi indicati nell’atto di pignoramento/intervento. In attesa di cortese riscontro, porgo distinti saluti. timbro e firma Riproduzione riservata Natale Galipò 117 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 ALLEGATO N.3 - MODELLO DI PROGETTO DI DISTRIBUZIONE NOTA: modello di tipo “discorsivo”, impostato sulla graduazione dei creditori e sulla liquidazione delle quote (si possono ricavare i criteri seguiti nella impostazione del progetto) - presenta il limite di non consentire una visualizzazione immediata delle somme che vengono assegnate ai creditori TRIBUNALE DI ………………. Esecuzione Immobiliare n…/….. R.G.E. promossa da Banca Gamma contro MARIO BIANCHI PROGETTO DI DISTRIBUZIONE della somma disponibile e distribuibile di euro 273.549,80, così determinata: SOMMA RICAVATA = euro 273.549,80, di cui: ‐ euro 261.159,70 quale prezzo di aggiudicazione di n. 1 immobile, ‐ euro 14.670,50 quali competenze nette bancarie maturate alla data del ………(inserire dato più possibile recente) sul libretto di deposito a risparmio n. …… acceso presso la banca ………, filiale di..................., (meno) euro 2.280,40 quali spese per annotamenti di cancellazione SPESE di PROCEDURA = euro 14.3166,66 di cui: ‐ euro 4.484,400 per custodia, ‐euro 7.325,43 per professionista delegato alla vendita (notaio/ commercialista/ avvocato), ‐euro 2.286,83 per ritenuta d’acconto su compensi liquidati al professionista delegato e al custode, Nel processo sono intervenuti i seguenti creditori che hanno prodotto i loro titoli: in via privilegiata ‐ DELTA S.p.a. creditore privilegiato per concessione di acque ex art. 2774 c.c., munito di titolo esecutivo; ‐ Banca Alfa, creditore privilegiato‐ipotecario di primo grado e creditore chirografario in forza di mutuo ipotecario, assistito e rappresentato dall’Avv………., munito di titolo esecutivo; ‐ Banca Beta, creditore privilegiato‐ipotecario di secondo grado in forza di ipoteca giudiziale e creditore chirografario, assistito e rappresentato dall’Avv. …, munito di titolo esecutivo; ‐ Banca Gamma, creditore procedente, privilegiato‐ipotecario di terzo grado e creditore chirografario, assistito e rappresentato dall’Avv. ………, munito di titolo esecutivo; in via sussidiaria ‐ RISCUOTI S.p.a., creditore sussidiario ex art. 2776 c.c., munito di titolo esecutivo; in via chirografaria ‐ ROSSI S.r.l., creditore chirografario tempestivo (intervento del 12.06.2004), assistito e Riproduzione riservata Natale Galipò 118 [Documenti] Il Caso.it 6 febbraio 2014 rappresentato dall’Avv……, munito di titolo esecutivo; ‐ BIANCHI S.a.s., creditore chirografario tardivo (intervento del 21.07.2005), assistito e rappresentato dall’Avv……………. , munito di titolo esecutivo; IL G.E. esaminati i titoli prodotti colloca: - in privilegio ex art. 2770 c.c. ‐ BANCA GAMMA quale creditore procedente, per la somma di euro 17.882,30, di cui € 9.699,60 per spese e competenze legali, € 3.470,00 per spese di pubblicità, € 2840,70 per spese di CTU, € 1.872,00 per acconto del professionista delegato; - in via privilegiata, sussidiaria e chirografaria ‐ DELTA S.p.a., per la somma di euro 12.907,22, di cui euro 755,94 in via privilegiata ed euro 12.151,28 in via chirografaria; ‐ Banca Alfa, per la somma di euro 22.645,16, di cui euro 18.325,92 in via privilegiata (spese legali euro 3.843,23) ed euro 4.319,24 in via chirografaria; ‐ Banca Beta, per la somma di euro 117.835,40, di cui euro 92.975,20 in via privilegiata (spese legali euro 6.324,06) ed euro 24.860,20 in via chirografaria; ‐ Banca Gamma, per la somma di euro 75,121,10, di cui euro 64.171,68 in via privilegiata ed euro 10.949,42 in via chirografaria; ‐ RISCUOTI S.p.a., per la somma di euro 7.501,80 in via sussidiaria ex art. 2776 c.c.; ‐ ROSSI S.r.l., per la somma di euro 5.419,81 (spese legali euro 1.234,56) in via chirografaria; ‐ BIANCHI S.a.s.,, per la somma di euro 6.240,30 in via chirografaria; ed assegna ‐ alla DELTA S.p.a. la somma di euro 12.546,35, rimanendo insoddisfatto il residuo credito vantato in via chirografaria; ‐ alla Banca Alfa la complessiva somma di euro 22.516,89, restando insoddisfatto il residuo credito vantato in via chirografaria; ‐ alla Banca Beta la complessiva somma di euro 117.097,11, restando insoddisfatto il residuo credito vantato in via chirografaria; ‐ alla Banca Gamma la complessiva somma di euro 94.885,06, restando insoddisfatto il residuo credito vantato in via chirografaria; ‐ alla RISCUOTI S.p.a. la complessiva somma di euro 9.435,71 in via sussidiaria ex art. 2776 c.c.; ‐ alla ROSSI S.r.l., la complessiva somma di euro 5.258,85, restando insoddisfatto il residuo credito vantato in via chirografaria. Resta insoddisfatto, per incapienza, il creditore (tardivamente) intervenuto Bianchi s.a.s.. Visto l’art. 596 c.p.c. Fissa per la comparizione delle parti l’udienza del …………………….. ……………….. lì ………………. Riproduzione riservata Natale Galipò Il G.E. 119 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] ALLEGATO N.4 - MODELLO DI PROGETTO DI DISTRIBUZIONE NOTA: modello basato su un foglio di calcolo - consente, a differenza del precedente, una agevole visualizzazione dei conteggi e delle somme assegnate ai creditori. Si suggerisce, in vista dell’esigenza di intelligibilità del progetto di distribuzione più volte segnalata nel testo, di accompagnare il foglio di calcolo vero e proprio ad una relazione esplicativa nella quale illustrare i criteri applicati nella predisposizione del progetto di distribuzione. TRIBUNALE DI _______________ PROGETTO DI DISTRIBUZIONE nella procedura esecutiva immobiliare promossa da BANCA GAMMA nei confronti di MARIO BIANCHI Il giudice dell'esecuzione, lette le note di credito depositate dalle parti; visto l'art. 596 cod.proc.civ.; dispone procedersi al riparto come segue: CALCOLO DELLE SOMME DISPONIBILI PER IL RIPARTO 261.159,70 Prezzo di aggiudicazione della vendita in data 14.670,50 Interessi attivi del conto corrente della procedura -2.280,40 annotamenti di cancellazione 273.549,80 Totale da distribuire PROGETTO DI DISTRIBUZIONE Importo Importo Importo Importo Creditore da Causale disponibile richiesto spettante pagare 273.549,80 custode 4.484,40 4,484,40 4.484,40 spese e compensi del delegato (al netto della prededuzione 261.739,97 r.a.) come da nota spese già liquidata dal GE professionista delegato 7.325,43 7.325,43 7.325,43 261.439,97 banca gamma 850,00 850,00 850,00 260.889,97 banca gamma 1.356,83 1.356,83 259.533,14 banca gamma 17.882,30 17.882,30 delta spa Riproduzione riservata 755,94 755,94 Disponibil. Residua spese e compensi del custode al netto della r.a. prededuzione 269.065,40 (come da nota spese già liquidata dal G.E.) 269.065,40 241.650,84 Privilegio r.a. su fattura finale custode prededuzione 260.889,97 r.a. su fattura a prededuzione 259.533,14 saldo p.d. spese legali, di cui € 9.699,60 x diritti e compensi, 3.470,00 per Privilegio ex 17.882,30 spese di pubbli241.650,84 cità, € 2840,70 x art.2770 c.c. spese di CTU, e 1872,00 per acconto delegato credito privilegio ex privilegiato ex 755,94 240.894,90 art2774 c.c. art.2774 c.c. 1.356,83 Natale Galipò 120 Importo disponibile 6 febbraio 2014 Il Caso.it [Documenti] Creditore Importo richiesto Importo spettante Importo da pagare 240.894,90 banca alfa 18.325,92 18.325,92 18.325,92 222.568,98 banca beta 92.975,20 92.975,20 92.975,20 129.593,78 banca gamma 64.171,68 64.171,68 64.171,68 sorte capitale e interessi sorte capitale e interessi delta spa 12.151,28 12.151,28 11.790,41 sorte capitale e interessi banca alfa 4.319,24 sorte capitale e interessi riscuoti spa 55.986,39 44.195,98 15.883,10 sorte capitale 14.482,69 , € 3843,23 spese legali sorte capitale 86.651,14, € 6.324,06 spese legali 9.435,71 65.422,10 40.005,01 Causale banca beta 9.435,71 9.435,71 4.319,24 4.190,97 24.860,20 24.860,20 24.121,91 banca gamma 10.949,42 10.949,42 10.624,25 sorte capitale e interessi sorte capitale e interessi 5.230,67 rossi s.r.l. 5.419,81 5.419,81 5.258,85 sorte capitale, interessi e spese x intervento tempestivo 0,00 bianchi s.a.s. 6.240,30 6.240,30 0,00 sorte capitale e interessi x intervento tardivo Privilegio Disponibil. Residua ipoteca di 1° 222.568,98 grado ipoteca di 2° 129.593,78 grado ipoteca di 3° grado privilegio sussidiario ex art.2776 c.c. chirografo (pari al 97,030% del credito reclamato) chirografo (pari al 97,030% del credito reclamato) chirografo (pari al 97,030% del credito reclamato) chirografo (pari al 97,030% del credito reclamato) chirografo (pari al 97,030% del credito reclamato) chirografo 65.422,10 55.986,39 44.195,98 40.005,01 15.883,10 5.258,85 0,00 0,00 RIEPILOGO DELLE SOMME DOVUTE A CIASCUN CREDITORE 4.484,40 Custode giudiziario 7.325,43 Professionista delegato 94.885,06 Banca Gamma 22.516,89 Banca Alfa 117.097,11 Banca Beta 9.435,71 Riscuoti S.p.A. 12.546,35 Delta S.p.A. 5.258,85 Rossi s.r.l. 273.549,80 TOTALE Resta totalmente insoddisfatto - per incapienza- il creditore (tardivamente) intervenuto Bianchi s.r.l.. _______ Riproduzione riservata il Giudice dell'Esecuzione Natale Galipò 121 [Documenti] Il Caso.it Riproduzione riservata Natale Galipò 6 febbraio 2014 122