STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI La Legge n. 99 del 9 agosto 2013: ecco le principali novità introdotte dalla conversione del c.d. “Decreto Lavoro” (D.L. 28 giugno 2013, n. 76). a cura di Stefano Petri _____________________________ Il 23 agosto 2013 è entrata in vigore la legge di conversione del Decreto Lavoro (legge n. 99/2013). Tra le novità più significative si segnalano: agevolazioni contributive per nuove assunzioni, alcune modifiche alla normativa relativa ai contratti di apprendistato, a tempo determinato e a progetto, modifiche alla procedura conciliativa in caso di licenziamento, nonché alla disciplina dei lavoratori associati in partecipazione. La Legge in oggetto, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 2013, ha convertito con non poche variazioni e integrazioni il D.L. 28 giugno 2013, n. 76 (c.d. Decreto Lavoro), il quale recepiva i primi interventi urgenti promossi dal Governo Letta per la promozione dell’occupazione. Alla luce della situazione come sopra delineata, nella presente newsletter ci soffermeremo sulle disposizioni riguardanti le più significative novità in ambito giuslavoristico, approvate in via definitiva e pubblicate nella summenzionata Gazzetta Ufficiale. 1. Incentivi per l’assunzione di giovani lavoratori. Gli incentivi per i datori di lavoro che procedono a nuove assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni hanno trovato conferma in sede di conversione in legge del D.L. 28 giugno 2013, n. 76. La misura dell’incentivo è pari ad un terzo della retribuzione imponibile fino ad un massimo di 650 euro per ciascun lavoratore, ed è corrisposto al datore di lavoro unicamente mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili del periodo di riferimento (a tal fine le Regioni possono provvedere ad attivare ulteriori finanziamenti per l’incentivo in esame). Per poter disporre delle agevolazioni in esame le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto, calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti all’assunzione. L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni verificatesi in società controllate o collegate o, comunque, facenti capo (anche per interposta persona), allo stesso soggetto. L’agevolazione è corrisposta per un periodo massimo di 18 mesi e spetta per una durata ridotta (12 mesi) anche nel caso di conversione dell’assunzione a tempo indeterminato, sempre che ricorrano le condizioni richieste. Infatti, oltre al requisito base dell’età (1829 anni), è necessario che il giovane lavoratore sia privo di occupazione da almeno sei mesi o per lo meno sia sprovvisto di un diploma di scuola media superiore/professionale. Si riassume infine l’iter procedurale per l’ammissione all’incentivo, secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande: l’Inps deve comunicare al datore di lavoro, entro tre giorni dalla richiesta, la sussistenza dell’effettiva disponibilità delle risorse e Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 1 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI riservare in favore del richiedente le somme corrispondenti; nei successivi sette giorni lavorativi il richiedente deve provvedere, a pena di decadenza dal beneficio, ad assumere il lavoratore e comunicare all’Istituto, entro ulteriori sette giorni, sempre a pena di decadenza, l’avvenuta stipula del contratto. Da tali benefici vengono escluse espressamente le assunzioni con contratto di lavoro domestico. 2. Apprendistato. Prima di analizzare come la L. 99/2013 abbia modificato la disciplina del contratto di apprendistato, è necessario effettuare una breve premessa sul tema. La tipologia contrattuale in esame indica una un rapporto di lavoro finalizzato alla formazione professionale ed all'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani. Attualmente il contratto di apprendistato è il più importante contratto di lavoro con funzione formativa ed è disciplinato dal D.lgs. n. 167 del 2011, che ne individua tre distinte forme: a) apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; b) apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnicoprofessionale; c) apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. In ogni caso di stipula di contratto di apprendistato, l’art. 2, comma 1, lettera a) del D. Lgs. 167/2011, prevedeva, ai fini della validità del contratto stesso, una serie di requisiti, quali “forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto”. La nuova disciplina dettata dalla conversione in legge del Decreto Lavoro prevede una importante deroga alla disciplina sopra riportata. Infatti, il piano formativo individuale del citato art. 2 D. Lgs. 167/2011 (ovvero il documento che definisce il percorso formativo dell'apprendista reso esplicito per tutta la durata del contratto di apprendistato), sarà obbligatorio esclusivamente in relazione alla formazione per l’acquisizione di competenze tecnico-professionali e specialistiche. In tali casi, la L. 99/2013 prevede che: “la registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini contrattuali è effettuata in un documento avente i contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino1; in caso di imprese multi localizzate, la formazione avviene nel rispetto della disciplina della regione ove l’impresa ha la propria sede legale”. 3. Lavoro a tempo determinato. La conversione in legge del c.d. “Decreto Lavoro” (76/2013) ha comportato alcune rilevanti modifiche alla disciplina dettata dal D. Lgs. 368/2001 in tema di contratto di lavoro a tempo determinato. Ecco le due le novità più significative: 1 Il libretto formativo del cittadino è un documento personale predisposto in formato elettronico e cartaceo sul quale vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua del cittadino lavoratore. Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 2 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI a) l’abrogazione dell’art. 4, comma 2-bis del D. Lgs. 368/2001, il quale prevedeva il divieto di proroga del contratto a tempo determinato acausale2 (“Il contratto a tempo determinato di cui all'articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di proroga”); allo stesso tempo infatti, è stato modificato anche l’art. 1, comma 1-bis del medesimo Decreto, il quale dispone espressamente che il primo contratto a tempo determinato acausale può essere stipulato per una durata non superiore a dodici mesi comprensiva di eventuale proroga. Ciò significa che d’ora in avanti possono stipularsi, sempre nel rispetto del termine di dodici mesi complessivi, anche più contratti “acausali”. b) la riduzione dell’intervallo minimo di interruzione tra contratti a termine in successione (c.d. periodo di “vacanza contrattuale”), riportata ai termini originari, ovvero 10 giorni dalla scadenza di un contratto fino a 6 mesi, e 20 giorni dalla scadenza di un contratto di durata più elevata (ricordiamo che la Riforma Fornero prevedeva invece 60 giorni di interruzione per i contratti a tempo determinato di durata inferiore a 6 mesi, e 90 giorni per i contratti di durata superiore ai 6 mesi). In sostanza, se con lo stesso lavoratore vengono stipulati in successione tra loro dei contratti a tempo determinato, prima di stipulare un nuovo contratto a termine bisognerà aspettare 10 o 20 giorni dallo spirare dell’ultimo contratto, in dipendenza della durata dello stesso (inferiore o superiore a 6 mesi). In buona sostanza, sono stati ripristinati gli intervalli più brevi già previsti prima della riforma Fornero. 4. Distacco di personale. Rappresenta una novità della legge di conversione l’inserimento di un nuovo comma all’art. 30 D.Lgs. n. 276/2003 (che testualmente dispone: “L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa”), per chiarire che, in caso di distacco di personale tra aziende che hanno sottoscritto un contratto di rete di impresa3 (art. 3, D.L. n. 5/2009 conv. L. n. 33/2009), l’interesse della parte distaccante, richiesto dal primo comma dello stesso art. 30 per la configurabilità dell’istituto, sorge automaticamente in forza dell’operare della rete di imprese. 5. Lavoro intermittente. Come è noto, il contratto di lavoro intermittente è un rapporto di lavoro che si può attivare qualora si presenti la necessità di utilizzare un lavoratore per prestazioni a carattere discontinuo (ad esempio, addetti ai centralini, guardiani, receptionist, camerieri ecc.). In questo caso il datore di lavoro può usufruire della prestazione del lavoratore, “chiamandolo”, appunto, all’occorrenza. Ciò premesso, in sede di conversione in legge, sono state confermate le disposizioni del testo originario del decreto Lavoro relative: 2 Per contratto “acausale” si intende il rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che viene stipulato tra datore di lavoro e lavoratore, senza necessariamente specificare le ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo” che giustificano l’adozione di tale tipologia contrattuale. 3 Il c.d. “contratto di rete” è quel tipo di contratto con il quale due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 3 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI - al limite al ricorso al lavoro intermittente con il medesimo datore di lavoro, stabilito in 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari; - al termine iniziale per il calcolo (le prestazioni effettuate dopo l’entrata in vigore del D.L.); - alla sanzione per superamento del predetto limite (trasformazione in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato); Una novità di rilievo, introdotta in sede di conversione del D.L. n. 76, è invece costituita dall’esclusione dei settori turismo, pubblici esercizi e spettacolo dal campo di operatività del nuovo limite di durata. E’ stata soppressa invece dal Senato la disposizione del testo originario del decreto Lavoro che escludeva l’applicabilità della sanzione amministrativa (da 400 a 2.400 euro) per mancata comunicazione di inizio della prestazione lavorativa “intermittente” alla Direzione territoriale del lavoro di cui all’art. 35-bis D. Lgs. 276/20034, in quelle fattispecie in cui la volontà di non occultare la prestazione intermittente emergesse dagli adempimenti contributivi precedentemente assolti. Pertanto, anche a seguito della pubblicazione della Legge 99/2013, permane l’obbligo da parte del datore di lavoro di comunicare alla D.T.L. l’inizio della prestazione lavorativa “intermittente”, pena la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 Euro, indipendentemente dal fatto che l’imprenditore abbia correttamente adempiuto agli obblighi contributivi gravanti in capo ad esso. 6. Lavoro a progetto. Trovano conferma le norme originarie del decreto che sono intervenute sui requisiti (art. 61, D.Lgs. n. 276/2003) e sulla forma (art. 62, D.Lgs. cit.) del contratto di lavoro a progetto: con la prima modifica vengono esclusi dalla nozione i rapporti di collaborazione che prevedano l’affidamento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi (e non disgiuntamente “esecutivi o ripetitivi” come nel testo precedentemente introdotto con la Riforma Fornero); con la seconda diventano essenziali per la validità del contratto i contenuti richiesti dall’art. 62 D. Lgs. 276/2003, ovvero: a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro; b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto; c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese; d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa; e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto. Infatti, prima del Decreto Lavoro, l’art. 62 D. Lgs. 276/2003 prevedeva tali contenuti solamente “ai fini della prova”. Ebbene la frase originaria “Il contratto di lavoro a 4 Che testualmente dispone: “Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms, fax o posta elettronica. .. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione”. Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 4 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:..” è stata modificata sopprimendo l’assunto “ai fini della prova”. Da ciò ne consegue che la forma scritta e la presenza dei requisiti indicati dalla legge sono divenuti elementi sostanziali ai fini della validità del contratto in questione. Infine, la novità rilevante introdotta in sede di conversione riguarda la possibilità di proroga automatica dei contratti a progetto che hanno per oggetto un’attività di ricerca scientifica, quando questa venga ampliata per temi connessi o prorogata nel tempo. 7. Lavoro accessorio. Anche il lavoro accessorio è stato oggetto di una importante innovazione introdotta dal Decreto Lavoro e confermata in sede di conversione del decreto in legge. Detta tipologia contrattuale costituisce una categoria speciale all'interno delle collaborazioni occasionali. Si ricorre solitamente a questo tipo di rapporto per soddisfare esigenze professionali e produttive del datore di lavoro che hanno nella generalità dei casi il carattere della “saltuarietà”. Il lampante vantaggio di questo tipo di rapporto riguarda il fatto che il committente può utilizzare il lavoro dei collaboratori in modo estremamente flessibile, senza necessità di particolari formalità, ma comunque nel pieno rispetto della legge. Ad esempio il collaboratore può lavorare ed essere retribuito con un compenso esente da imposizioni fiscali e con una piena copertura INAIL per eventuali infortuni sul lavoro. Brevemente, per chiarire gli aspetti fondamentali di questo rapporto di lavoro, si specifica che il pagamento delle prestazioni di natura “accessoria” avviene attraverso il meccanismo dei c.d. “buoni”, il cui valore nominale è pari a 10 Euro (è, inoltre, disponibile un buono “multiplo”, del valore di 50 Euro equivalente a cinque buoni non separabili). Il valore nominale del buono è comprensivo della contribuzione (pari al 13%) a favore della gestione separata INPS, che viene accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore, di quella in favore dell'INAIL per l'assicurazione antiinfortuni (7%) e di un compenso al concessionario (Inps), per la gestione del servizio, pari al 5%. Il vantaggio diretto per il prestatore di lavoro accessorio deriva dal fatto che egli può integrare le sue entrate attraverso queste prestazioni occasionali, il cui compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. Ciò premesso, venendo all’innovazione introdotta dal Decreto Lavoro, resta confermata nella conversione in legge l’eliminazione del riferimento alla natura “meramente occasionale” delle prestazioni di lavoro accessorio, già contenuta nell’art. 70, c. 1, D.Lgs. n. 276 (“Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell'ambito..”). Viene dunque accolta così dal legislatore la linea interpretativa seguita già da tempo dal Ministero del lavoro, secondo la quale la condizione determinante per poter qualificare il rapporto come accessorio (e pertanto usufruirne lecitamente) è esclusivamente il rispetto del requisito di carattere economico (ovvero il limite complessivo di 5.000 euro/annuo, ridotto a 2.000 euro per le attività svolte a favore di imprenditori o professionisti). Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 5 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI 8. Procedura di conciliazione in caso di licenziamento. Una delle principali novità introdotte dalla Riforma Fornero è stata quella di prevedere una particolare procedura conciliativa innanzi alla Direzione territoriale del lavoro in tutti i quei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per motivi tecnici od economici (purché l’azienda occupi più di quindici dipendenti), pena l’inefficacia dello stesso. In questi casi il licenziamento disposto dal datore di lavoro deve essere preceduto da una comunicazione del datore stesso alla D.T.L. competente (ovvero l'articolazione periferica, generalmente con competenza in ambito provinciale, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) e trasmessa, per conoscenza, al lavoratore. In detta comunicazione l’impresa dovrà indicare l’intenzione di procedere al licenziamento e la relativa motivazione; la D.T.L. convocherà le parti entro 7 giorni dalla ricezione della richiesta per tentare il raggiungimento di un accordo. Nel caso in cui l’esperimento del tentativo di conciliazione dovesse sortire esito negativo, il datore di lavoro sarebbe poi libero di procedere al licenziamento. Ciò premesso, la conversione in legge del Decreto Lavoro ha confermato la limitazione del campo di applicazione della procedura prevista dalla Riforma Fornero, dalla quale vengono esclusi: a) i licenziamenti per superamento del periodo di comporto nelle fattispecie tutelate dall’art. 2110 cod. civ5.; b) i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto con successive assunzioni presso le aziende subentranti; c) le interruzioni del rapporto a tempo indeterminato nel settore edile, per completamento delle attività e chiusura del cantiere. In questi tre casi dunque il datore di lavoro sarà libero di intimare il licenziamento per motivi tecnici od economici al dipendente senza l’obbligo di attivare la prevista dalla Riforma Fornero. 9. Associazione in partecipazione. L’associazione in partecipazione è il negozio giuridico con il quale una parte (l'associante) attribuisce ad un'altra (l'associato) il diritto ad una partecipazione agli utili della propria impresa o, in base alla volontà delle parti contraenti, di uno o più affari determinati, dietro il corrispettivo di un apporto da parte dell'associato. Tale apporto può essere di natura patrimoniale ma potrà anche consistere nell'apporto di lavoro, o nell'apporto misto di capitale e lavoro. La Riforma Fornero, ha limitato fortemente l’apporto di lavoro nelle associazioni in partecipazione, stabilendo un limite al numero degli associati di lavoro, o di capitale e lavoro, pari a tre associati impiegati nella medesima attività lavorativa. Si tratta di una restrizione importante che mira a combattere l’uso elusivo di tale istituto, il quale ha frequentemente nascosto delle vere e proprie attività di lavoro dipendente rese dagli associati. Pertanto, dal 18 giugno 2012, superare tale limite di tre associati in partecipazione, comporta la trasformazione di detti rapporti in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. 5 Ovvero infortunio, malattia, gravidanza e puerperio. Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 6 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI Con la legge di conversione del Decreto Legge n. 76 del 2013 sono state apportate alcune modifiche alle limitazioni numeriche, le quali non si applicano: a) alle imprese a scopo mutualistico per gli associati individuati attraverso l’elezione dall’assemblea ed i cui contratti siano stati certificati6; b) ai rapporti fra produttori ed artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento. Questo è quanto previsto dall’art. 7, comma 5 del Decreto Lavoro, così come modificato dalla Legge di conversione n. 99/2013. 10. Agevolazioni per assunzione di lavoratori disoccupati. Trova conferma in sede di conversione in legge l’art. 7, comma 5 del Decreto Lavoro, il quale attribuisce al datore di lavoro che, senza esservi tenuto, assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscono dell’Aspi7 è concesso, per ogni mensilità di retribuzione erogata, un contributo mensile pari al 50% dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Innanzitutto è opportuno ricordare che l’ammortizzatore sociale in questione (ASpI) è uno strumento che entra in azione, in estrema sintesi, ogni qualvolta un lavoratore abbia perso involontariamente la propria occupazione. Non si applica quindi alle ipotesi di licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo, dimissioni e scioglimento consensuale del rapporto con il datore di lavoro. Per comprendere quale potrebbe essere effettivamente l’incentivo spettante al datore di lavoro che assume un lavoratore percettore di ASpI è necessario conoscere come viene calcolata l’indennità prevista dall’ammortizzatore sociale in esame. L'ASpI prevede infatti il pagamento in favore del lavoratore di un’indennità mensile di disoccupazione (per una durata massima prevista per l’anno 2013 di 8 o 12 mesi in dipendenza del fatto che il lavoratore abbia rispettivamente meno o più di 50 anni d’età) pari al 75% dello stipendio percepito da quest’ultimo. Ebbene, è su tale 75% che andrà calcolato il contributo mensile previsto dalla L. 99/2013 ( e che spetterà, appunto, al datore di lavoro il quale assuma un lavoratore che fruisce dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego). Come già osservato, tale contributo è pari al 50% dell’ammontare dell’indennità erogata dall’ASpI. L’agevolazione non compete con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risultava con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo. 11. Convalida delle dimissioni. La Riforma Fornero (L. 92/2012), al fine di contrastare il fenomeno delle c.d. “dimissioni in bianco”, ha introdotto un procedimento “ad hoc” di convalida delle 6 In merito ai “contratti certificati”, è necessario precisare che la certificazione è una speciale procedura finalizzata ad attestare che il contratto che si vuole sottoscrivere abbia i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge. È una procedura a carattere volontario che può essere eseguita solo su richiesta di entrambe le parti (futuro lavoratore e datore di lavoro) e ha lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione di contratti di lavoro. 7 Acronimo di Assicurazione Sociale per l’impiego, ammortizzatore sociale introdotto dalla “Riforma Fornero” ed entrato in vigore dal 1° gennaio 2013. Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 7 STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI stesse. Esso sostanzialmente prevede che in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro le dimissioni devono essere convalidate presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l'impiego competenti per territorio (o presso altre sedi individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro), presentando un apposito modulo (che il dimissionario deve sottoscrivere). In alternativa, il lavoratore può sottoscrivere una apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro, inviata dall'azienda al centro per l’impiego. In mancanza dell’esperimento di una delle due procedure le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto. Nel quadro sopra delineato, l’innovazione prevista dal Decreto Lavoro (confermata in sede di conversione in legge), estende l’applicazione della procedura di convalida delle dimissioni, in quanto compatibile, ai lavoratori impegnati con contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e con contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Ciò, praticamente, comporta che se il rapporto è anticipatamente risolto da parte del collaboratore prima del naturale spirare del termine (posto che entrambe le tipologie contrattuali sono per natura e per le legge a tempo determinato o “determinabile”), o per decisione consensuale di entrambe le parti, il recesso va convalidato: diversamente esso è inefficace. Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected] 8