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MARTEDÌ 26 GIUGNO 2007
Auto
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MARTEDÌ 26 GIUGNO 2007
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OGGI
IERI
Dalla sicurezza alle prestazioni, così è cambiata l’auto più attesa
Storia di un incredibile fenomeno di mercato e di costume
Simpatia e retro design
il resto è tecnologia
DANIELE P. M. PELLEGRINI
A PRIMA sensazione è una crisi di
identità (o di coscienza?). Un autentico imbarazzo. Si può parlare della nuova 500 avendo conosciuto quell’altra? O, altrimenti, si può parlarne
non avendo conosciuto quell’altra?
Quando si fanno operazioni del genere, come nel caso della New Beetle
o della Mini, che hanno quindi riferimenti storici molto forti, il giochino
sta nello sfruttare e continuare un’eredità di successo. Qui però la cosa è
un po’ più complicata perché la
“Nuovissima 500” (occorre ricordare
che “Nuova” era già quella del 1957 rispetto alla antecedente 500 Topolino) non succede direttamente alla
progenitrice, ma si limita a cavalcarne l’immagine e accarezzare la nostalgia. Come dire: chi c’era la vorrà
per sentirsi ancora giovane, chi non
c’era la vorrà per vivere lo spirito di
un’epoca e di un’auto di cui i “vecchi”
amano tanto parlare.
In mezzo, nel senso della strada, c’è
la concretezza di una nuova automobile che aspira ad un successo immediato in tempi difficili e con una concorrenza super agguerrita che non fa
sconti a nessuno (o, forse, sarebbe
meglio dire che ne fa a tutti).
Essere 500 oggi vuol dire confrontarsi con il resto del mondo prima ancora che con le fantasie degli appassionati e quindi offrire tutto quello
che il pubblico si aspetta da un’automobile piccola, moderna ed efficiente.
Ma non c’era già la Panda, che piace e si vende benissimo? La domanda,
se rivolta agli uomini Fiat, ha una risposta ovvia: «Sì, e infatti è proprio la
Panda a fornire alla 500 quello che
conta: un progetto affidabile, collaudato e di basso costo, vale a dire la base migliore su cui lavorare per realizzare un modello più eccitante e sfizioso da dedicare a una clientela più appassionata ed entusiasta, con un
prezzo un po’ più alto».
Qui esce il ruolo dei tecnici, che le
nostalgie non se le possono permettere ma che devono misurarsi con la
fredda meccanica e la realtà dei numeri. Il compito loro affidato è stato
quello di condurre il progetto originario lungo una sua strada meno modesta rispetto alla brava Pandina, perché con questa 500 bisognava sorprendere e, da un certo punto di vista,
anche esagerare.
Queste cose normalmente eccitano gli ingegneri che un paio di esagerazioni le hanno individuate subito.
Le emissioni? Perché accontentarsi
dei normali motori Euro 4 se fra un
paio d’anni ci saranno gli Euro 5? Tanto vale metterli subito, anche se questo comporterà qualche “problemino” burocratico, perché sul libretto
l’indicazione non potrà esserci ancora e occorrerà procedere alla correzione del documento in tempi successivi.
L’altra esagerazione riguarda la sicurezza per la quale non si è accettato
nessun compromesso e puntato al
massimo: 7 airbag e la prospettiva
delle 5 stelle nella classificazione EuroNCAP, che in questa categoria sono
una vera eccezione.
Il vero bello della 500 probabilmente parte proprio da qui, dalla volontà
di non fermarsi all’aria simpatica e
alle memorie storiche ma creare un
vero e proprio caso
nel segmento con
una super compatta dai contenuti premium. La
gamma parte già
ampia, tre motori (1200, 1400 e
1300 diesel) e
due livelli di allestimento, ma
dietro l’angolo
c’è già una versione naked e
la attesissima
Abarth. L’idea
è di allargare
la scelta a diverse esigenze, infatti se serve solo muoversi in
città il 1200 base va benissimo, se invece si vuole una piccola tuttofare da
usare anche nei viaggi la risposta viene dal diesel, il 1400 da 100 Cv è dedicato ai giovani dentro, soprattutto
maschietti, in cerca di una sportivetta da passeggio con la quale non si potranno fare le corse ma che fa sentire
molto più agili anche nel traffico. Poi
verrà l’Abarth turbo, per quelli che
“non ce n’è per nessuno”.
il cruscotto retrò
tutto in lamiera
Cruscotto e plancia
hanno tutta la
tecnologia
moderna, ma look
anni sessanta. C’è
anche il vezzo del
volante bianco che
nasconde molti
comandi secondari
Cruscotto di
lamiera, volante di
plastica,
strumentazione
ridotta all’osso e gli
ormai celebri
comandi a lancetta:
nasce l’icona delle
utilitarie moderne
Le due
L
500
C’era una volta l’utilitaria
che non ti “tradiva” mai
MASSIMO NASCIMBENE
ORREVA l’anno 1969, facevaC
mo la quarta liceo. L’appuntamento era per le 7 e 15: ci andava-
Gli accessori
internet
la pubblicità
IDEE HI-TECH
La nuova Fiat 500 non fa nulla
per nascondere la vocazione hitech. Molti suggerimenti su
colori, allestimenti e accessori
sono arrivati dal sito
Fiat500.com
ICONE DEL DESIGN
Il diffusore
di profumi
è elettrico
e si carica
con pastiglie
Le chiavi
avranno le
cover
intercambiabili,
come i telefoni
Sotto i
poggiatesta
c’è un
singolare
appendi abiti
Paraspruzzi
di gomma,
facevano tanto
macchina
da rally
Pomello
del cambio
in legno
e plastica
trasparente
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Volantino
microscopico
in alluminio
e rivestito
in finta pelle
La vecchia Fiat 500 è stata una
delle auto più personalizzate: fra
gli accessori c’era davvero di
tutto. Ma all’inizio la
preoccupazione Fiat era quella di
non fare concorrenza alla 600
mo in tre, a scuola, sulla 500 rossa
di un mio compagno, che aveva un
anno in più. 500 L, per la precisione, laddove la “L” stava per lusso.
Che poi voleva dire i rostri ai paraurti, gli schienali ribaltabili, la
selleria in skai e poco altro.
Chiaro, rispetto alla macchina
che aveva debuttato dodici anni
prima era già tutta un’altra storia:
c’era il divanetto posteriore, le
porte non erano più fronte marcia
e avevano pure i finestrini che
scendevano, accompagnati dai
loro bravi deflettori. E poi c’erano
i pneumatici radiali, grande innovazione tecnica dell’epoca; e da 13
che erano in origine, i cavalli erano
diventati la bellezza di 18. Che a
pensarci bene è un bel miracolo, il
40 per cento di potenza in più dal
medesimo motore, la cilindrata
sempre ferma a quota 499,5. Tutto
gratis, oltretutto, visto che era rimasto sostanzialmente fermo anche il prezzo: 525 mila lire, costava
la L (forse però gli schienali ribaltabili andavano pagati a parte) che
in ogni caso era riuscita a rilanciare alla grande l’epopea della 500. E’
vero, non era lei l’auto del ‘68, per
fare gli alternativi ci volevano il
Maggiolino o la R4. Ma la gente
continuava a contendersela comunque, e i tempi di consegna si
allungavano: 4-5 mesi almeno, soprattutto se la volevi blu.
Da Vimercate a Milano, via Vitruvio: poco più di 20 chilometri.
Ci mettevamo meno allora, con la
provinciale, i paesi da attraversare
e tutto il resto, che adesso con la
tangenziale. Puoi anche avere una
X5 da 300 cavalli, ma arrivarci in 45
minuti, la mattina, è diventato impossibile. E non parliamo del tempo che serve per parcheggiare.
Facevamo duemila di super, che
mandavano ben oltre la metà la
lancetta del carburante: c’era anche quella, sulla 500 L, in mezzo a
un quadro strumenti che da rotondo era diventato rettangolare,
in cerca di un’aria un po’ più nobile, da automobile seria. E se non
bastavano per tutta settimana, le
duemila di super, poco ci mancava. Per la verità la 500 si beveva
tranquillamente anche la normale, ma con la super c’era qualche
speranza in più (o almeno, così
sembrava) di vedere la lancetta del
tachimetro tagliare il traguardo
dei 100, magari con l’aiuto di un
po’ di falsopiano, o di un minimo
di scia. Per di più, la normale non
gli faceva neanche tanto bene, al
motore della 500, che già di suo era
notoriamente debole di valvole.
Così com’era un po’ precario l’impianto di alimentazione della benzina, la pompa ma anche la tenuta
delle tubazioni, che alla lunga finivano per soffrire le indimenticabili vibrazioni del bicilindrico Fiat.
E poi, occhio a bloccare bene il
cofano anteriore, dopo il rifornimento: non è che il gancio che lo
chiudeva fosse proprio “di sicurezza”, bastavano i sobbalzi innescati dal pavé metropolitano per
rischiare di ritrovarselo
aperto, a coprire per intero il campo visivo offerto dal minuscolo
parabrezza.
Eravamo in tre, ma
ci si stava anche dietro, e senza troppi
problemi, bastava
mettersi un po’ di traverso. Il difficile casomai era disappannare i vetri, d’inverno, dal momento
che la 500 un impianto di riscaldamento degno di
questo nome non
l’ha mai avuto: c’era solo una levetta
da tirare, sul tunnel, giusto per convogliare verso
l’abitacolo parte del caldo smaltito dal motore. E in una mattina di
nebbia (perché ai quei tempi c’era
ancora la nebbia, quella vera) siamo anche finiti in un fosso. Ma
l’abbiamo rimessa in strada con
una spinta, in quattro: noi tre sbarbati con l’apporto (decisivo, a dirla tutta) del primo furgonaro che
passava di lì. E non siamo neppure arrivati in ritardo a scuola.
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