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RISPARMIO LA BATTAGLIA
Buoni tagliati, Poste deve pagare
Una sentenza della Consulta
stabilisce che non si possono cambiare
condizioni senza la firma del cliente
di FRANCESCA PETRUCCIOLI
PERUGIA - «Negli aspetti generali i servizi di bancoposta (emissione di titoli di credito, riscossione di
crediti, conti correnti e buoni postali fruttiferi) non si discostano sostanzialmente, per struttura e funzione, dagli analoghi servizi propri
dell’attività bancaria». È quanto
sancito dalla corte costituzionale
nella sentenza 463 del 1997, che è
alla base delle motivazioni per cui
Poste Italiane, sulla vicenda dei
buoni postali fruttiferi “tagliati”
(anche del 50%), dovrà risarcire i
risparmiatori delle somme decurtate.
Il problema è scoppiato negli ultimi mesi del 2014 e che si sta allargando sempre di più. Non solo in
Umbria, ma in varie zone d’Italia.
Con tanto di decreti ingiuntivi dei
vari tribunali nei confronti di Poste
Italiane. Vediamo di cosa si tratta.
Parliamo dei buoni fruttiferi emessi 20 anni fa e che, appunto, scadevano nel 2014 e il 2015. Sul retro
del buono viene indicato l’importo
da cui si parte e quello che si sarebbe dovuto riscuotere alla scadenza
dei venti anni. Non solo viene indicata la somma da riscuotere, ma anche il tasso di interesse che, ad
esempio, parte dal 9% e arriva, negli ultimi quattro anni della scadenza, al 16%. Bene, Poste Italiane ha
deciso di decurtare quell’importo.
E non di poco: si parla del 40-50%,
come spiega Alessandro Petruzzi
di Federconsumatori. Queste decurtazioni si riscontrano, soprattut-
to, nei buoni fruttiferi appartenenti
ad alcuni lotti. Diversi anni fa il ministero del Tesoro ha bloccato il
tasso di rendimento per questi lotti,
che non è più salito col passare degli anni. “Blocco” che non è stato
comunicato ai clienti personalmente, ma pubblicizzato solo tramite manifesti affissi negli
uffici postali.
Però, in base a quella sentenza della
Corte costituzionale, essendo un rapporto
“privato”
È la sentenza
quello stipulato fra
Poste e risparmiadella Corte costituzionale
tori, non basta - coalla quale si appella
me ha fatto Poste
Federconsumatori, che
italiane - affiggere
sta seguendo la vicenda
manifesti all’interno
degli uffici postali che
avvisano del cambio delle condizioni e del “taglio”
delle cifre corrisposte per il Buono. In aula Alcuni
Ci dev’essere la firma del rispar- dei casi relativi
miatore affinché il “cambio” di al taglio di rencondizioni possa essere perfezio- dimento dei buonato. Come in qualunque rapporto ni postali stanno
bancario, la comunicazione deve già approdando
essere personale e il cliente deve in tribunale o dal
accettare, con tanto di firma, le Giudice di pace
nuove condizioni e, quindi, far ripartire un nuovo contratto.
Infatti, cambiando le condizioni
senza che il risparmiatore sia cosciente, viene meno la tutela del risparmio e l’effettiva libertà di scelta: la normativa è chiara e impone
l’obbligo di informare personalmente il cliente. L’articolo 146 del
codice postale recita infatti: «L’uf-
463/1997
ficio che rilascia il libretto nominativo invita l’intestatario o
gli intestatari ad apporre la propria
firma sulla corrispondente partita
di conto».
Essendo poi Poste italiane soggetta a vigilanza, si potrebbe anche
ravvedere una sorta di “colpevolezza” da parte degli organismi
preposti che dovevano vigilare e
tutelare il risparmio.
Intanto il problema sta esplodendo, anche perchè iniziano a scadere
i buoni postali trentennali per i quali si ripropone lo stesso problema.
Così, dopo alcune cause che stanno
andando avanti dal giudice di pace,
e altre tramite il tribunale ordinario
(con sentenze favorevoli a Federconsumatori che ha posto il problema e, quindi, ai risparmiatori), in
alcune città italiane “pilota” stanno
partendo grandi “pacchetti” di cau-
se (raggruppamenti anche di 80 risparmiatori). E il fenomeno non si
placa, ma anzi si sta sempre di più
allargando. Certo, ora con l’acquisizione dei pareri degli esperti
chiamati da Federconsumatori si
parte davvero da una base molto
positiva. «È necessario che si controllino i buoni posseduti - spiega
Alessandro Petruzzi di Federconsumatori - capire quanto si riscuoterà facendosi effettuare il conteggio da Poste italiane e, quindi, aprire il contenzioso». Il rischio, infatti, visto che le cifre di questi eventuali rimborsi sono altissime e, che
riguardano la Cassa depositi e prestiti, è che si arrivi a emanare una
legge a salvaguardia di tale “pasticcio” che possa azzerare il problema. Così, solo se i contenziosi saranno partiti si potrà sperare di recuperare le somme decurtate.
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