Lunedì 9 marzo 2015 il Giornale dell’Umbria Redazione Tel. 075 529111 Fax 075 5295162 [email protected] www.giornaledellumbria.it umbria 3 RISPARMIO LA BATTAGLIA Buoni tagliati, Poste deve pagare Una sentenza della Consulta stabilisce che non si possono cambiare condizioni senza la firma del cliente di FRANCESCA PETRUCCIOLI PERUGIA - «Negli aspetti generali i servizi di bancoposta (emissione di titoli di credito, riscossione di crediti, conti correnti e buoni postali fruttiferi) non si discostano sostanzialmente, per struttura e funzione, dagli analoghi servizi propri dell’attività bancaria». È quanto sancito dalla corte costituzionale nella sentenza 463 del 1997, che è alla base delle motivazioni per cui Poste Italiane, sulla vicenda dei buoni postali fruttiferi “tagliati” (anche del 50%), dovrà risarcire i risparmiatori delle somme decurtate. Il problema è scoppiato negli ultimi mesi del 2014 e che si sta allargando sempre di più. Non solo in Umbria, ma in varie zone d’Italia. Con tanto di decreti ingiuntivi dei vari tribunali nei confronti di Poste Italiane. Vediamo di cosa si tratta. Parliamo dei buoni fruttiferi emessi 20 anni fa e che, appunto, scadevano nel 2014 e il 2015. Sul retro del buono viene indicato l’importo da cui si parte e quello che si sarebbe dovuto riscuotere alla scadenza dei venti anni. Non solo viene indicata la somma da riscuotere, ma anche il tasso di interesse che, ad esempio, parte dal 9% e arriva, negli ultimi quattro anni della scadenza, al 16%. Bene, Poste Italiane ha deciso di decurtare quell’importo. E non di poco: si parla del 40-50%, come spiega Alessandro Petruzzi di Federconsumatori. Queste decurtazioni si riscontrano, soprattut- to, nei buoni fruttiferi appartenenti ad alcuni lotti. Diversi anni fa il ministero del Tesoro ha bloccato il tasso di rendimento per questi lotti, che non è più salito col passare degli anni. “Blocco” che non è stato comunicato ai clienti personalmente, ma pubblicizzato solo tramite manifesti affissi negli uffici postali. Però, in base a quella sentenza della Corte costituzionale, essendo un rapporto “privato” È la sentenza quello stipulato fra Poste e risparmiadella Corte costituzionale tori, non basta - coalla quale si appella me ha fatto Poste Federconsumatori, che italiane - affiggere sta seguendo la vicenda manifesti all’interno degli uffici postali che avvisano del cambio delle condizioni e del “taglio” delle cifre corrisposte per il Buono. In aula Alcuni Ci dev’essere la firma del rispar- dei casi relativi miatore affinché il “cambio” di al taglio di rencondizioni possa essere perfezio- dimento dei buonato. Come in qualunque rapporto ni postali stanno bancario, la comunicazione deve già approdando essere personale e il cliente deve in tribunale o dal accettare, con tanto di firma, le Giudice di pace nuove condizioni e, quindi, far ripartire un nuovo contratto. Infatti, cambiando le condizioni senza che il risparmiatore sia cosciente, viene meno la tutela del risparmio e l’effettiva libertà di scelta: la normativa è chiara e impone l’obbligo di informare personalmente il cliente. L’articolo 146 del codice postale recita infatti: «L’uf- 463/1997 ficio che rilascia il libretto nominativo invita l’intestatario o gli intestatari ad apporre la propria firma sulla corrispondente partita di conto». Essendo poi Poste italiane soggetta a vigilanza, si potrebbe anche ravvedere una sorta di “colpevolezza” da parte degli organismi preposti che dovevano vigilare e tutelare il risparmio. Intanto il problema sta esplodendo, anche perchè iniziano a scadere i buoni postali trentennali per i quali si ripropone lo stesso problema. Così, dopo alcune cause che stanno andando avanti dal giudice di pace, e altre tramite il tribunale ordinario (con sentenze favorevoli a Federconsumatori che ha posto il problema e, quindi, ai risparmiatori), in alcune città italiane “pilota” stanno partendo grandi “pacchetti” di cau- se (raggruppamenti anche di 80 risparmiatori). E il fenomeno non si placa, ma anzi si sta sempre di più allargando. Certo, ora con l’acquisizione dei pareri degli esperti chiamati da Federconsumatori si parte davvero da una base molto positiva. «È necessario che si controllino i buoni posseduti - spiega Alessandro Petruzzi di Federconsumatori - capire quanto si riscuoterà facendosi effettuare il conteggio da Poste italiane e, quindi, aprire il contenzioso». Il rischio, infatti, visto che le cifre di questi eventuali rimborsi sono altissime e, che riguardano la Cassa depositi e prestiti, è che si arrivi a emanare una legge a salvaguardia di tale “pasticcio” che possa azzerare il problema. Così, solo se i contenziosi saranno partiti si potrà sperare di recuperare le somme decurtate.