indag ine su l bene ssere organ izzativ o Premessa IL BENESSERE ORGANIZZATIVO TRA UTOPIA E REALTÀ Le organizzazioni più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo. Diversi studi hanno dimostrato infatti che “un buon ambiente lavorativo (in termini di motivazione, collaborazione, leadership, coinvolgimento, flessibilità e fiducia delle persone) può aumentare la customer satisfaction (soddisfazione dei clienti/utenti/cittadini) fino al 47% e la produttività fino al 27,8%“ (Fonte: Il Sole24Ore). Ma come e perché il miglioramento della qualità di vita dei dipendenti può contribuire al successo dell’Organizzazione? E, soprattutto: perché è importante che un’azienda si impegni a costruire un ambiente di lavoro sereno e collaborativo? Per rispondere a questa domanda basta immaginare come ci sentiamo, o potremmo sentirci, a lavorare in un ufficio in cui il nostro operato sia valorizzato, in cui i rapporti con i nostri colleghi siano sereni e in cui si percepisca un significativo spirito di appartenenza nell’organizzazione. Sicuramente i nostri stati d’animo trarrebbero estremo beneficio da ambienti in cui almeno parte di questi aspetti fossero presenti! benessere organizzativo: è l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro, promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative. (cfr: Presidenza del Consiglio dei Ministri – “Benessere Organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche” – a cura di Francesco Avallone e Mauro Bonaretti – Rubbettino Editore, Roma, 2003) disagio organizzativo Per disagio organizzativo è possibile intendere qualsiasi dinamica – di natura personale, sociale o istituzionale – che impedisca sistematicamente il raggiungimento degli obiettivi organizzativi e/o che incrini la salute psico-fisica dei collaboratori dell’organizzazione (Vianello, 2004). L’importanza del benessere organizzativo e le sue dimensioni nelle P.A. 1. Comfort Ambientale 2. Chiarezza obiettivi 14. Apertura all’innovazione 3. Valorizzazione 13. Utilità sociale 12. Caratteristiche dei compiti 4. Ascolto BENESSERE ORGANIZZATIVO 5. Informazioni 6. Conflittualità 11. Equità 7. Sicurezza 10. Fattori di stress (rischio burnout) 9. Operatività 8. Relazioni interpersonali Le CONSEGUENZE del BENESSERE organizzativo: La soddisfazione lavorativa Si riferisce ad uno stato emozionale piacevole o positivo che deriva dalla valutazione o dall'esperienza del proprio lavoro. La soddisfazione lavorativa può essere studiata focalizzando l’attenzione sulle sue diverse dimensioni (il lavoro in sé, la retribuzione, la supervisione, le relazioni con i colleghi, ...). L’altruismo È uno dei tipici atti lavorativi discrezionali non esplicitamente inclusi nel sistema di ricompense ma che ha un’influenza positiva sull’efficienza organizzativa (aumenta l’efficacia della performance e diminuisce il turnover). L’altruismo si riferisce all’aiuto rivolto a persone specifiche, mentre la compliance è una forma impersonale di aiuto rivolta all’organizzazione in generale (ad es. sono sempre puntuale, avviso in anticipo quando non posso recarmi al lavoro, non perdo tempo in conversazioni inutili, non mi concedo pause oltre a quelle previste, ...). Il commitment organizzativo Si riferisce all’impegno dei dipendenti nei confronti dell’organizzazione di cui fanno parte. Le CONSEGUENZE del MALESSERE organizzativo: Stress/Strain Turnover Burnout Mobbing Il questionario di rilevazione del benessere organizzativo(messo a punto dalla Cattedra di Psicologia del Lavoro, della Facoltà di Psicologia, dell’Università di Roma “La Sapienza”) nel corso del tempo è stato adattato alle specifiche esigenze espresse dalle amministrazioni pubbliche. La struttura Il questionario, nella sua versione aggiornata, si compone di 67 domande relative a comportamenti e condizioni osservabili nell’ambiente di lavoro e riconducibili all’insieme dei fattori e degli indicatori che compongono il costrutto di benessere organizzativo. Parte prima: Dati anagrafici La prima parte del questionario raccoglie una serie di dati sulla persona che compila il questionario. Le informazioni che si intendono acquisire in questa parte riguardano sia l’aspetto anagrafico (sesso, età, titolo di studio) che quello relativo alla professione del soggetto intervistato. Questa parte è molto importante e va intesa nell’ottica di lettura finale dei risultati e non di acquisizione del singolo dato. Parte seconda: Caratteristiche dell’ambiente di lavoro La seconda parte del questionario focalizza l’attenzione sulle caratteristiche del lavoro. E’ la parte più corposa del questionario (da domanda n° 16 a domanda n° 57) ed intende misurare alcuni fattori del benessere. Il comfort: ai lavoratori viene chiesto di esprimere un giudizio sul comfort dell’ambiente di lavoro (domanda n° 16), relativamente ad alcuni ambiti specifici (Pulizia, Illuminazione, Temperatura, Silenziosità, Condizioni dell’edificio, Gradevolezza ambiente e arredi, Spazio disponibile per persona, Servizi igienici). Gli altri fattori del benessere: questi fattori sono monitorati attraverso una batteria di domande (da domanda n° 17 a domanda n° 56). Ai lavoratori viene chiesto in che misura percepiscono la presenza di alcuni fenomeni all’interno della propria amministrazione. E’ bene precisare che i quesiti posti in queste parte si riferiscono all’organizzazione nel suo complesso e non all’ufficio/settore/servizio di appartenenza dell’intervistato. Parte terza: La sicurezza La terza parte del questionario si sofferma sui temi della sicurezza del lavoro: impianti elettrici, illuminazione, rumorosità, temperatura, polveri, pc e videoterminali. Parte quarta: Caratteristiche del proprio lavoro L’interesse verte sui compiti svolti dal lavoratore e sulle eventuali difficoltà che questi generano nello svolgimento delle proprie mansioni. Parte quinta: Indicatori positivi e negativi del benessere organizzativo La quinta parte individua alcune condizioni di benessere e malessere nel contesto organizzativo e chiede al soggetto intervistato quanto questi fenomeni siano presenti all’interno della propria organizzazione. Parte sesta: Il benessere psicofisico Nella sesta parte si indaga la percezione che i lavoratori hanno del proprio benessere psicofisico e del rapporto esistente tra l’attività lavorativa e gli eventuali disturbi psicosomatici. Parte settima: L’apertura all’innovazione Nella penultima parte si indaga l’apertura all’innovazione dell’amministrazione ed in particolare l’efficacia delle strategie che sono alla base dei percorsi di cambiamento organizzativo Parte ottava: Suggerimenti L’ultima parte è dedicata ai suggerimenti. Si tratta di una domanda semi-aperta. Nell’ambito di una classificazione che considera diversi aspetti viene chiesto alle persone di indicare le tre aree dell’organizzazione considerate maggiormente critiche. Comune di Rovigo: Analisi dei dati e osservazioni Spunti per una riflessione: nulla è cambiato nella pubblica amministrazione ? “In genere, se Madre Natura vi ha concesso in misura superiore al normale, l’intelligenza, l’intuizione, la facoltà di rapida decisione, la capacità di appassionarvi al proprio lavoro e di portare un contributo di idee nuove, cercate, per l’amor del cielo, di mascherare queste vostre qualità, almeno fin tanto che non sarete bene avanti con la carriera. Altrimenti si formeranno contro di voi, spontaneamente e quasi inconsciamente, la coalizione di tutte le mediocrità. Poiché nessuno si preoccupa seriamente dei servizi che, grazie alle vostre qualità, potreste rendere alla amministrazione qualora vi trovaste in una posizione più elevata, colleghi e superiori non avranno difficoltà ad accordarsi tacitamente per relegarvi per sempre nei gradini più bassi della carriera; per impedire che le loro abitudini, le loro posizioni, e i loro piani siano messi in pericolo da critiche, da iniziative, da idee nuove. (…) Certo se sei, come chi scrive, ormai piuttosto anziano e fossilizzato, se sei di salute malferma e di fisico debole, la tua sorte è segnata. Ma se sei ancora giovane e forte e non privo di spirito di iniziativa, lascia, per carità, il mestiere dell’impiegato; ribellati all’idea di far parte forse per tutta la vita dell’immane piovra burocratica, che succhia il sangue delle nazioni, che ha per solo compito quello di mettere ostacoli a chi vuol produrre e rendersi utile ai propri simili, che fa della legge e del regolamento uno strumento di ricatto contro il prossimo. Abbandona gli uffici e mettiti a fare qualche cosa d’altro: che so io? L’elettricista, l’autista, il contadino. Solo così potrai salire nella stima di te stesso, che è l’unico vero modo di far carriera. Questo è il solo consiglio sincero che ti posso dare”. Quello che avete appena letto è un passo di un breve saggio che il poeta Giorgio Voghera fece pubblicare a sue spese nel 1959, con lo pseudonimo di Libero Poverelli. Il libretto dal titolo“Come far carriera nelle grandi amministrazioni”, nasceva dall’esperienza personale dell’autore, che fu impiegato per più di vent’anni in una grande azienda. Una copia fu ritrovata da Stelio Vinci e fu ripubblicata in edizione anastatica nel 1996. Nel saggio vengono tratteggiate le caratteristiche principali delle grandi amministrazioni dell’epoca e individuati come distintivi i caratteri di autoreferenzialità, di chiusura verso l’innovazione, del culto ottuso della circolare e del regolamento a scapito della risoluzione dei problemi e della qualità dei servizi. L’autore infine elabora una sorta di educazione alla scelta delle professioni espressamente dedicata alle giovani generazioni, di cui riportiamo alcuni passi che ci sembrano illuminanti sul clima dell’epoca. A ben guardare in molte amministrazioni pubbliche il contesto culturale e le modalità di relazione non si discostano molto dall’analisi di Giorgio Voghera, anche se è proprio l’attuale livello di disordine raggiunto dall’organizzazione aziendale pubblica ad essere il miglior presupposto in favore del cambiamento. Il filosofo e psicologo Paul Watzlawick rammenta che il nuovo per manifestarsi ha bisogno della qualità emergente e questa a sua volta nasce da un certo grado di disordine. William Ross Ashby, cofondatore della cibernetica, ci ricorda che le qualità emergenti possono determinarsi solo laddove sussista un certo grado di disordine.