ANTONIA POZZI poetessa senza scampo Profilo di Maria Serritiello Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 - ivi, 3 dicembre 1938) Figlia di Roberto, podestà di Pasturo, importante avvocato milanese, colto e rigido, fiero della figlia poetessa, e della contessa Lina Cavagna Sangiuliani, probabilmente assai distante e impegnata nella vita mondana, - nipote di Tommaso Grossi -, scrive le prime poesie ancora adolescente. Il grande amore Studia nel liceo classico Manzoni di Milano, dove inizia una relazione molto profonda con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, che divenne senza dubbio il grande amore della sua vita. La forte opposizione della sua famiglia alla relazione, le impedi' di sposarsi. Gia' nel '32, quando Antonia aveva 20 anni, il padre aveva imposto ai due innamorati di non frequentarsi piu', ma resistettero ancora molti mesi prima di darsi per vinti. Fu l'inizio della fine? Puo' essere. Il grande amore Almeno lo potrebbe fare supporre lo strazio di quei versi della "Vita sognata" nei quali Antonia augura ad Antonio Maria di trovare una nuova fidanzata "...Oh, possa tu incontrare la donna che ti ridia la creatura che abbiamo sognata e che e' morta..." dalla quale poter avere il figlio cosi' spesso immaginato con le solite frasi "...Voglio che il bambino abbia gli occhi come i tuoi...". La perdita dell'amato, e la conseguente impossibilita' di avere un figlio da lui, segnarono per sempre la vita della scrittrice. La relazione verrà interrotta dal Cervi nel 1933, procurandole la depressione. - e tu sei entrata / nella strada del morire -, scrive di sé in quell'anno che la condurrà al suicidio. Gli studi Nel 1930 si iscrive alla facoltà di filologia dell'Università statale di Milano, frequentando coetanei quali Vittorio Sereni, suo amico fraterno, Enzo Paci, Luciano Anceschi, Remo Cantoni, del quale sembra si innamorasse non ricambiata, le lezioni del germanista Vincenzo Errante e del docente di estetica Antonio Banfi, forse il più aperto e moderno docente universitario italiano del tempo, col quale si laurea nel 1935 con una tesi su Gustave Flaubert. Gli interessi culturali Tiene un diario e scrive lettere che manifestano i tanti interessi culturali, coltiva la fotografia, ama le lunghe escursioni in bicicletta. Progetta un romanzo storico sulla Lombardia, conosce il tedesco, il francese e l'inglese, viaggia, pur brevemente, oltre che in Italia, in Francia, Austria, Germania e Inghilterra. Il rifugio prediletto Il suo luogo prediletto è la settecentesca villa di famiglia, a Pasturo, ai piedi delle Grigne, dove era la sua biblioteca e dove studia, scrive e cerca un sollievo nel contatto con la natura solitaria e severa della montagna. Di questi luoghi si trovano descrizioni, sfondi ed echi espliciti nelle sue poesie; degli eleganti ambienti milanesi, che pure conosceva bene, mai. Un giudizio di Maria Corti La grande italianista Maria Corti che la conobbe all'università, disse che "il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi. Era un'ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo più dei suoi simili". Eugenio Montale e T.S. Eliot Eugenio Montale dirà di lei quando morì che in quella data era morta la più grande poetessa italiana. T.S. Eliot ne esalterà la grande purezza di stile e la grande probità di spirito. Verso la fine Nel suo scritto di addio ai genitori si legge “… fa parte di questa disperazione mortale anche la crudele oppressione che si esercita sulle nostre giovinezze sfiorite …." e si uccide con i barbiturici. Muore senza aver vissuto veramente nessuno dei suoi amori appassionati e infelici, un suicidio annunciato, il cui presagio è il motivo ricorrente nelle sue ultime poesie. La famiglia negherà la circostanza "scandalosa" del suicidio, attribuendo la morte a polmonite; il suo testamento fu distrutto dal padre, che manipolò anche le sue poesie, scritte su quaderni e allora tutte inedite. La storia d'amore con il Cervi sarà falsamente descritta come una relazione platonica. LA PORTA CHE SI CHIUDE, 1931 Ed ogni giorno il varco si stringe. E poi, dietro la porta per sempre chiusa, sarà la notte intera, la frescura, il silenzio. E poi, con le labbra serrate, con gli occhi aperti sull’arcano cielo dell’ombra sarà - tu lo sai – la pace. NOVEMBRE E poi se accadrà ch’io me ne vada resterà qualcosa di me nel mio mondo resterà un’esile scia di silenzio in mezzo alle voci un tenue fiato di bianco in mezzo l’azzurro Le poesie AFA Oggi la mia tristezza esigente a starnazzarmi nell’aria pesantemente come scirocco pregno di salsedine CAPODANNO Se le parole sapessero di neve stasera, che canti e le stelle che non potrò mai dire ..... Volti immoti si intrecciano tra i rami nel mio turchino nero: oscuro ancora, morti ai lumi di case lontane, l’indistrutto sorriso dei miei anni. ALTURA La glicine sfiorì lentamente su di noi. E l’ultimo battello attraversava il lago in fondo ai monti. Petali viola mi raccoglievi in grembo a sera: quando batté il cancello e fu oscura la via del ritorno. FUGA Gracili volti porgono i narcisi alla ventata. Mani di bimbi: e siepi improvvisi si aggrappano ai cancelli. Il respiro si strugge alla mia corsa: sguardi alle cose gettati - Vani pronti mi divora l’abisso fragoroso LA VITA Alle soglie d’autunno in un tramonto muto scopri l’onda del tempo e la tua resa segreta come di ramo in ramo leggero un cadere di uccelli cui le ali non reggono più. NOTTURNO Curva tu suoni ed il canto è un albero d’argento nel silenzio oscuro. Limpido nasce dal tuo labbro il profilo delle vette nel buio. Muoiono le tue note come gocce assorbite dalla terra. La nebbia sopra gli abissi percorsi dal vento sollevano il suono spento nel cielo. L’ERICA Nel prato troppo verde si dibatte la nostra inanità convulsa e si affanna in distole e sistole di spasimo incrociando stormi di monachelle bianche e nere. Nel bosco alla mia animalesca irrequitudine che mordicchia nocciole tu offri l’erica livida dei morti e il mio offuscato amore lustra lavato d’acido pianto. PUDORE Se qualcuna delle mie povere parole ti piace e tu me lo dici sia pure solo con gli occhi io mi spalanco in un sorriso beato ma tremo come una mamma piccola giovane che perfino arrossisce se un passante le dice che il suo bambino è bello. I MIEI PENSIERI I miei pensieri somigliano stasera a quest’acqua bambina che corre a passettini d’argento dietro a tutte le barche …… SECONDO AMORE …benedetti i miei occhi di bimba, arrossati, riarsi – benedetto il soffrire, il morire di tutti i mondi che portai nel cuore – se dalla morte si rinasce un giorno, se dalla morte io rinasco oggi – per te, me stessa offrendo alle tue mani – come una corolla di dissepolte vite (4 dicembre 1934) ANTONIA POZZI “…Perchè la poesia ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci rimbalza nell'anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell'arte, così come sfociano i fiumi nella celeste vastità del mare…“ Antonia Pozzi