Glauco Maria Genga
«THE LION KING»: NON SOLO MUSICAL 1
Suggerisco di anteporre alla lettura la visione di questo breve video: è il prologo del musical, in lingua
zulu, composto del musicista sudafricano Lebo Morake:
https://www.youtube.com/watch?v=-pgZtzDj_7o
Lo spettacolo sta per iniziare: le luci in sala si sono spente, a rappresentare la notte della savana.
All’improvviso il silenzio viene squarciato dal grido di Rafiki, il babbuino dalle sembianze di un
simpatico donnone-sciamano, capace di tener testa a Mufasa e a Simba. Le risponde una voce maschile
dalla platea, in un duetto cui si aggiunge il coro:
Nants ingonyama bagithi Baba [Ecco un leone, padre]
Sithi uhm ingonyama [Oh sì, è un leone]
Ingonyama [Un leone]
Siyo Nqoba [Il nostro destino è la conquista]
Ingonyama Ingonyama nengw' enamabala [Un leone e un leopardo sopraggiungono in questo spazio
aperto]
Segue il primo brano, il celebre The Circle of Life, l’inno dell’intera saga. Ma già nei primi versi abbiamo
una sorpresa: Rafiki canta: «There’s more to be seen than can ever be seen», «ci sono più cose da vedere
di quanto sia mai stato visto». E il pensiero va a Shakespeare: «There are more things in heaven and
earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy», «ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di
quante ne sogni la tua filosofia». 2 Il merito è del libretto, opera di Roger Allers e Irene Mecchi, registi e
sceneggiatori statunitensi, autori dei maggiori successi della Walt Disney, compreso il cartone The Lion
King (1994). Il musical, in cartellone a Broadway dal 1997 e dal 1999 a Londra, è molto più che un
adattamento teatrale del cartone: ha ricevuto moltissimi premi ed è uno dei più applauditi di tutti i tempi.
Con ottime ragioni perché ha moltissimi pregi: sorprende, commuove e fa pensare. E’ una miniera di
spunti.
1
Questo articolo pubblicato è stato pubblicato il 4 novembre 2012 nella rubrica Father & Sonì del sito www.culturacattolica.it,
a cura di E. Leonardi. Illustrazione di Chiara Ciceri.
2
Amleto Hamlet Act 1, scene 5, 159–167
La regista Julie Taymor, di origini ebraiche, nella sua carriera si è cimentata più volte con opere di
Shakespeare, oltre che con l’Edipo re musicato da Stravinskij (1992).
Le musiche, stupende, offrono un sapiente mix di generi e sonorità occidentali e africane, e portano la
firma di Elton John, oltre che di Lebo Morake. Alcuni brani erano già contenuti nel cartone; altri sono
stati scritti appositamente per il musical.
I testi sono di Tim Rice, già coautore dei tesi dei musical Jesus Christ Superstar ed Evita e del cartone
Aladdin. Quanto ai rinvii a Shakespeare, oltre all’Amleto già citato, ricordo la scena in cui il malefico
Scar seduce la giovane leonessa Nala, allo stesso modo in cui lo scellerato Riccardo III non esita a
sedurre, durante il funerale del legittimo erede al trono che egli stesso ha fatto uccidere, la vedova del
defunto, Lady Anna.
Scenografie, costumi e coreografie entusiasmano dall’inizio alla fine, oltre ad essere un’opera
impeccabile di ingegneria. Un’occhiata ad altri video su YouTube3 permette di farsi un’idea, ma forse è
meglio arrivare a teatro impreparati, come è successo a me anni fa. 4
Non riassumo la trama, peraltro molto nota. E’ “la” trama per eccellenza, che anima la migliore letteratura
mondiale5 (quella che quasi nessuno legge più): The Lion King ne fa tesoro e la rende accessibile e
godibile al pubblico di tutte le età. Il nucleo risiede nel rapporto padre-figlio, minato dal senso di colpa
che Scar, lo zio regicida, riesce ad inculcare nel giovane Simba, facendogli credere di essere il colpevole
della morte del padre, il re Mufasa. A Simba non resta che... rimuovere. Ottiene così di sospendere il
senso di colpa. Chi non conosce questo genere di vita-senza-pensieri, la filosofia dell’Hakuna Matata? In
lingua swahili significa appunto «non ci pensare» o «non ci sono problemi»: la soluzione di Simba, fino a
qui, è la stessa di Rossella O’Hara in Via col vento.
Ne seguirà l’angoscia, fino all’incubo in cui il padre viene allucinato dal figlio nel cielo pieno di stelle di
una notte senza fine (Endless Night). Per inciso, il nome della nazione ngoni - cui appartiene il gruppo
etnico degli zulu - significa «gente del cielo»: Simba vi si identifica, così sa di appartenere alla sua gente,
un po’ come accade al brutto anatroccolo della fiaba di Andersen.
L’epilogo della storia resta in certo senso sospeso:
- da una parte vi è l’ingresso del figlio nella religione dei padri (they live in you, poi he lives in you):
questi padri celesti ricordano da vicino i Lari e i Penati di casa nostra;
- dall’altra vi è la lotta del figlio per il riscatto dell’intero regno a fianco di Nala, l’amata compagna
dei giochi infantili, ora ritrovata come amica e sposa. L’uscita dalla rimozione è resa possibile
dall’avvento di una nuova relazione uomo-donna.
The Circle of Life - scrivevo all’inizio - è l’inno della saga di questa umanissima foresta: corrisponde ad
una precisa branca della psicologia scientifica dei nostri giorni, detta appunto psicologia del ciclo di vita.
Tuttavia Simba viene rappresentato, come Amleto, alle prese con l’aspirazione alla vendetta e al
successo: proprio per questo la sua vicenda non è riconducibile ad una questione di evoluzione e proprio
per questo ci conquista e ci commuove.
3
https://www.youtube.com/results?search_query=the+lion+king+musical&oq=the+lion+king&gs_l=youtube.1.0.35i39j0l9.676
5.10375.0.13750.12.10.0.0.0.1.109.579.9j1.10.0...0.0...1ac.1.h4K8LvM7nUM
4
Ringrazio Francesca Filippini e Carlos Pinto, che mi hanno consigliato lo spettacolo durante un breve soggiorno a Londra.
Tempo dopo, trovandomi a New York, sono tornato a vederlo a Broadway. Meglio la performance londinese: il palcoscenico
molto più ampio consente un numero maggiore di comparse, il che appaga ancor di più l’occhio.
5
Questo è anche il giudizio di S. Freud, che accomuna in essa Edipo Re, Amleto e I fratelli Karamazov.
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THE LION KING - Studium Cartello