Atti del
Seminario internazionale
“Modelli di intervento per un mercato del lavoro
inclusivo”
Bucarest, 12 Luglio 2012
PROGETTO SOCIAL – STRATEGIA PER L’OCCUPAZIONE E QUALIFICAZIONE TRAMITE
L’APPRENDIMENTO ED ATTIVITA’ PER LA LIBERTA’
POSDRU/69/61/S/32810 Az. 3.2.2.1
PROGETTO COFINANZIATO DALL’UNIONE EUROPEA, FONDO SOCIALE EUROPEO, PROGRAMMAZIONE 2007-2013
1
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione Generale per le politiche attive e passive del lavoro
Dirigente: Marianna D’Angelo
Coordinamento del progetto SOCIAL: Lucilla Di Rico
Isfol - Progetto Cooperazione transnazionale
Responsabile: Antonella Attanasio
Gruppo di lavoro progetto SOCIAL
Gianluca Calzolari
Giovanna de Mottoni
Maria Di Saverio
Maria Grazia Mastrangelo
Prefazione di Paola Paduano
Ricostruzione e trascrizione interventi dei relatori a cura di Maria Grazia
Mastrangelo
Report dei workshop a cura dei coordinatori dei gruppi
Considerazioni finali di Lucilla Di Rico
Editing a cura di Giovanna De Mottoni e Maria di Saverio
Traduzione in rumeno a cura di Clara Oprea
Isfol, Corso d’Italia, 33 - 00198 Roma
Tel. +39.06.85.44.71
Web: www.isfol.it
I contenuti del presente documento non rispecchiano necessariamente il parere e la posizione della
Commissione Europea.
2
Indice
PREFAZIONE...................................................................................................................................................................5
SESSIONE PLENARIA......................................................................................................................................................6
Introduzione ai lavori del seminario..............................................................................................................................7
Il ruolo dell’ANP nel reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà.........................................8
Il progetto SOCIAL: strategie per l’occupazione e le competenze attraverso l’apprendimento e il lavoro per la libertà
.......................................................................................................................................................................................9
Patto per l’inclusione: Linee Guida per il reinserimento di (ex) detenuti attraverso partenariati locali....................13
Economia sociale – CIRE il supporto di un’istituzione pubblica all’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti ....18
Capacity building - Il Consorzio Le Mat, un brand per imprenditori sociali e un sistema di franchising sociale. ......22
....................................................................................................................................................................................23
Governance e reti per lo sviluppo locale - DJI a Limburg, la cooperazione tra istituti penitenziari e reti locali nel
post pena ...................................................................................................................................................................25
Comunicazione sociale – Ristretti Orizzonti, la sfida di fornire informazioni “oneste” dal carcere ...........................29
Introduzione alla sessione dei gruppi di lavoro .........................................................................................................33
Video: “From prison to social inclusion and job insertion”.........................................................................................34
SESSIONE GRUPPI DI LAVORO.....................................................................................................................................35
Gruppo di lavoro n.1: Economia sociale......................................................................................................................36
Gruppo di lavoro n. 2: Capacity Building.....................................................................................................................43
Gruppo di lavoro n. 3: Governance e reti per lo sviluppo locale ................................................................................46
Gruppo di lavoro n. 4: Comunicazione sociale............................................................................................................49
3
PREFAZIONE
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali tra le sue linee di intervento
strategiche e di indirizzo promuove la coesione economica e sociale ed un
mercato del lavoro inclusivo, in accordo con le politiche comunitarie, ritenendo ciò
una priorità fondamentale a garanzia di quanti sono a rischio di povertà e di
emarginazione sociale. Uno dei principali strumenti della politica di coesione è il
Fondo Sociale Europeo che sostiene, tra l’altro, azioni mirate per l’inclusione e
l’integrazione delle fasce a rischio di emarginazione. Esso supporta, infatti, gli Stati
membri nel fornire gli strumenti idonei ad affrontare le nuove sfide del mercato del
lavoro nell’era della globalizzazione, con particolare attenzione alle fasce
svantaggiate.
E’ in tale ambito che si inserisce il progetto SOCIAL per il reinserimento e
l’integrazione degli ex detenuti, cofinanziato dal PON Sviluppo Risorse Umane
FSE Romania 2007/2013 e coordinato dall’Amministrazione Penitenziaria
Nazionale rumena. L’intervento ha un ampio partenariato rumeno e italiano e il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali vi ha aderito con grande interesse
ritenendo molto importante la cooperazione transnazionale in tale ambito sulla
base di precedenti esperienze maturate nel Programma di iniziativa comunitaria
Equal e nell’adesione alla rete europea Ex Offenders Community of Practice –
ExOCoP. In occasione del Policy Forum 2012, ExOCoP, ha ribadito attraverso la
“Dichiarazione di Berlino” l’impegno della rete a riconoscere il diritto delle persone
in esecuzione penale alla riabilitazione e all’accompagnamento per il reinserimento
a pieno titolo nella società, attraverso l’istruzione, la formazione e l‘occupazione.
La capacità di lavorare in sinergia, di fare rete da parte di tutti i soggetti coinvolti
nel trattamento dei detenuti e nel loro reinserimento sociale, al rilascio, è
fondamentale e strategica per un percorso positivo che non solo eviti la recidiva,
ma che sia anche in grado di restituire dignità, speranza, opportunità di riscatto.
Il progetto SOCIAL, partendo dall’esperienza delle cooperative sociali di tipo B
maturata nel sistema carcerario italiano, ha voluto individuare e sperimentare in
Romania alcuni percorsi innovativi di facilitazione all’inserimento lavorativo
attraverso dispositivi di incrocio tra domanda ed offerta di lavoro, nonché di
accompagnamento nel percorso post pena, nel passaggio delicato e cruciale verso
la libertà.
4
Giunti alla conclusione delle attività affidate dal partenariato al Ministero, è stato
realizzato, dall’ISFOL e dall’Amministrazione Penitenziaria Nazionale rumena, il
seminario internazionale dal titolo “Modelli di intervento per un mercato del lavoro
inclusivo”, dove oltre a diffondere i principali risultati emersi sono state presentate
alcune esperienze di successo in Europa, con la finalità di eliminare le barriere
sociali ed i pregiudizi, migliorare i servizi e facilitare il reinserimento delle persone
in esecuzione penale, attraverso il lavoro, massima espressione di cittadinanza e
di effettiva libertà.
Cons. Paola Paduano
Ministero del Lavoro e delle Politiche Socali
Direzione Generale Politiche Attive e Passive del Lavoro
Italia
5
SESSIONE PLENARIA
6
Introduzione ai lavori del seminario
Buongiorno a tutti. Sono la dott.ssa Maria Di Saverio e lavoro all’ISFOL, ente
pubblico di ricerca italiano, organismo in house del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, nonché attuatore per lo stesso Ministero del progetto SOCIAL..
Vorrei innanzitutto portare i saluti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
del responsabile del Progetto di Cooperazione transnazionale dell’ISFOL e
ringraziare l’Amministrazione Nazionale Penitenziaria rumena per l’organizzazione
e l’accoglienza.
In linea con le politiche e gli orientamenti comunitari, Il Ministero del Lavoro italiano
promuove tra le sue priorità strategiche e d’indirizzo la coesione economica e
sociale ed un mercato del lavoro inclusivo per tutti, ciò per garantire a quanti sono
a rischio di povertà e di emarginazione sociale, le stesse opportunità e le risorse
necessarie per partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale del
Paese e vivere dignitosamente.
Il Ministero del Lavoro italiano ha, quindi, aderito con grande interesse al progetto
SOCIAL, ritenendolo in continuità con la cooperazione transnazionale tra i diversi
Stati europei, già da diversi anni avviata, ed affidando ad ISFOL l’attività di ricerca
e sperimentazione, in considerazione della sua lunga esperienza maturata nei
Programmi FSE, soprattutto nell’Iniziativa comunitaria Equal, sia attraverso
interventi che mirano a promuovere nuovi strumenti di lotta contro le
discriminazioni e le diseguaglianze sul mercato del lavoro, sia attraverso la
partecipazione a numerose reti transnazionali.
Il progetto ha inteso sviluppare strumenti legati all’economia sociale per
l’inclusione degli ex detenuti ed intervenire sugli attori chiave dei sistemi della
giustizia, della formazione e del lavoro in Romania.
l’ISFOL, che ha una pluriennale esperienza nel trasferimento di buone prassi a
livello transnazionale sulle tematiche in oggetto, ha utilizzato il modello italiano
delle imprese sociali e le esperienze sull’inclusione dei soggetti svantaggiati
maturate nella precedente e attuale programmazione FSE, per aiutare i partner
rumeni nella predisposizione di strumenti di progettazione di percorsi d’inserimento
e per l’inclusione di soggetti in uscita dal circuito penale.
7
L’ISFOL ha, inoltre, realizzato quattro pubblicazioni che analizzano ed elaborano i
principali risultati emersi dal progetto e che possono rappresentare preziosi
strumenti di lavoro e di sensibilizzazione per coloro che operano nel sistema
carcerario e nell’economia sociale, quali operatori, formatori, manager, decisori
politici.
Prima di passare la parola agli altri partner, vorrei illustrare brevemente come si
svolgerà la giornata.
Dopo i saluti del Vice Direttore generale dell’ANP, Mr. Dorin Gabriel Mureşan e la
presentazione del progetto SOCIAL, verranno presentate le Linee guida “Patto
per l’inclusione”. Successivamente, verranno illustrate quattro esperienze europee
di successo nel campo dell’economia sociale e del reinserimento di soggetti
svantaggiati. I temi toccati saranno quelli dell’economia sociale, della capacity
building, dello sviluppo di reti e della comunicazione sociale.
Nel pomeriggio i partecipanti si divideranno in quattro gruppi di lavoro e avranno
l’opportunità di integrare con le loro esperienze i temi affrontati durante la
mattinata. I risultati dei gruppi saranno poi riportati in plenaria a fine giornata.
Auguro a tutti un buon lavoro!
Maria di Saverio
ISFOL - Struttura Servizi formativi
Italia
8
Il ruolo dell’ANP nel reinserimento sociale e
lavorativo delle persone private della libertà
Come Amministrazione Nazionale Penitenziaria rumena (ANP), abbiamo lanciato
nel 2010 un documento strategico quale risultato di un processo che, in Romania,
ha posto le basi delle future direzioni per l’azione inter-istituzionale, in relazione
con la Strategia del Sistema dell'Amministrazione Penitenziaria per il periodo
2010-2013. Quest’ultima, in merito al reinserimento sociale, include l'obiettivo
specifico di "Sviluppare, promuovere e attuare, insieme alle strutture e alle
istituzioni specifiche (Ministero del Lavoro, della Famiglia e Protezione Sociale,
Dipartimento di libertà vigilata, ONG, ecc.) una strategia nazionale per l'inclusione
sociale delle persone private della libertà".
In base a tale obiettivo è stata elaborata la Strategia nazionale per l’Inserimento
sociale
delle
persone
private
della
libertà
nella
quale
il
Sistema
dell'Amministrazione penitenziaria rumena, ritiene necessario un nuovo approccio
orientato sia alle persone private della libertà, che al completamento delle pratiche
di inclusione sociale, avviate durante la fase di esecuzione penale, tramite il
contributo delle istituzioni, autorità pubbliche, associazioni e ONG che si possono
attivare nel settore dell’assistenza e dell’accompagnamento post rilascio.
Il reinserimento sociale delle persone private della libertà è un processo che ha il
suo inizio durante la detenzione. Un ruolo essenziale del servizio penitenziario è
quello di preparare le persone private della libertà per il periodo post rilascio.
Le attività specifiche di formazione e sostegno psicosociale, pur se coordinate da
personale estremamente preparato dei servizi della giustizia, durante l’esecuzione
penale, sono, infatti, una condizione necessaria ma non sufficiente per il
reinserimento sociale dei detenuti.
La riconfigurazione della collaborazione interistituzionale in termini di un
continuum di servizi sociali, interventi di assistenza e counselling individuale
specifico al lavoro con le persone private della libertà o con le persone che hanno
eseguito una pena detentiva è diventata imprescindibile. Queste attività
dovrebbero soddisfare sia le esigenze specifiche della preparazione per il rilascio,
che la fase post rilascio. Inoltre, le reti di supporto al livello della comunità,
coinvolgendo la società civile, dovrebbero fornire il supporto necessario a degli
interventi efficaci.
9
Gli interventi per l’inclusione si fondano sulla consapevolezza del carattere
multidimensionale della condizione di esclusione sociale che implica lo sviluppo
integrato di politiche sociali, sanitarie, del lavoro, della formazione e dell’istruzione
e lo sviluppo d’interventi di rete in grado di corrispondere alle caratteristiche del
fenomeno, in una logica di potenziamento complessivo del sistema territoriale.
In questa direzione hanno avuto particolare influenza gli interventi di politica
sociale della Comunità Europea con lo stimolo a tutti gli attori sociali, presenti sul
territorio, ad assumere iniziative e costituire alleanze sociali efficaci per ottenere
risultati durevoli e di sistema. Tutto ciò, peraltro, in attuazione degli obiettivi
prioritari stabiliti nella cornice programmatica comunitaria in materia di
occupazione e d’inclusione sociale per il periodo 2007-2013, è contenuto negli
Orientamenti Strategici Comunitari della Strategia Europea per l’Occupazione e
nella Strategia nazionale rumena 2007 – 2013 per l’Occupazione e l’Inclusione
sociale.
Inoltre, l’inclusione sociale e lavorativa di soggetti privati della libertà è una sfida
che non può prescindere dalla comprensione del ruolo che in essa è in grado di
svolgere l’economia sociale.
Il mondo dell’economia sociale rumena sta muovendo i primi passi ed in questa
fase occorre, dunque, incrementare il dibattito sull’economia sociale, perché essa
possa essere pienamente recepita come il principale strumento di inclusione
socio-lavorativa a favore di soggetti svantaggiati.
E’ questo che abbiamo cercato di fare con il progetto SOCIAL di cui
l’Amministrazione Nazionale dei Penitenziari rumena è il capofila.
Vi ringrazio!
Dorin Gabriel Mureşan
Vice Direttore generale
Amministrazione Nazionale dei Penitenziari
Romania
10
Il
progetto
SOCIAL:
strategie
per
l’occupazione e le competenze attraverso
l’apprendimento e il lavoro per la libertà
Social è un progetto strategico co-finanziato dal Fondo Sociale Europeo, tramite il
Programma Operazionale Settoriale Sviluppo delle Risorse Umane (POS DRU). Si
inquadra nell’Asse di priorità 6 “Promuovere l’inclusione Sociale” - DMI 6.1
“Sviluppo dell’economia sociale”
Ha un finanziamento complessivo di 18.391.120 Lei pari a circa 4.218.147 Euro.
Il periodo di implementazione del progetto va da ottobre 2009 a settembre 2012
(36 mesi). Il beneficiario è l’Amministrazione Nazionale dei Penitenziari, Ministero
della Giustizia Rumeno.
Le motivazioni all’origine del progetto sono state:
-
la constatazione del tasso di recidiva: il 50% della popolazione carceraria della
Romania è costituita da recidivi
-
il tasso di recidiva è, in buona parte dovuto, al fatto che gli ex detenuti non
hanno alcun sostegno dopo l'uscita dal carcere: alloggi e posti di lavoro.
In tale contesto l’impresa sociale è stata individuata quale soluzione per abbassare
la recidiva, offrendo opportunità di lavoro agli ex-detenuti.
Il progetto ha richiesto il coinvolgimento dell’ANP ben più al di là delle competenze
richieste per legge.
L’obiettivo generale di SOCIAL è stato quello di ridurre le diseguali
opportunità per i detenuti ed ex detenuti nel passaggio dal carcere alla vita
comunitaria e al lavoro, sostenendone il reinserimento sociale tramite:

la promozione di programmi di sviluppo alternativi per l’occupazione e di servizi di
integrazione al lavoro;

lo sviluppo dell'occupazione all’interno dell'economia sociale;

la creazione di posti di lavoro flessibili e innovativi.
Il partenariato del progetto è costituito da:
1.
Federaţia Filantropia, Romania
2.
Patriarhia Română, Romania
3.
Ministero della Giustizia, Ufficio Esecuzione Penale Esterna, Italia
4.
Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, con l’ente in house ISFOL (Istituto
Formazione e Orientamento Lavoratori), Italia
11
5.
Éupolis Lombardia, Italia
6.
Obiettivo Lavoro, Italia
7.
Unione degli Assessorati alle Politiche Socio-Sanitarie e del Lavoro, Italia
Nell’ambito del partenariato, il ruolo degli attori nazionali è stato quello di avviare,
sviluppare e gestire due imprese sociali, nonché quello di mobilitare la
comunità locale nel sostenere lo sviluppo ed il funzionamento delle strutture
dell'economia sociale create.
In particolare, il settore di sviluppo delle imprese sociali è quello delle attività di
panificazione e prodotti da forno.
La loro localizzazione è stata individuata a Timisoara e Craiova, dove attraverso il
progetto, sono stati organizzati ed attrezzati i laboratori di produzione.
Per la preparazione logistica e strutturale delle due imprese sociali sono stati
selezionati 50 detenuti. Le due imprese sociali creeranno 20 nuovi posti di lavoro
in cui saranno occupati 20 ex-detenuti.
Le imprese sociali create dovranno rimanere in funzione per un minimo di tre anni
dall’avvio.
Per rafforzare le due imprese sociali create sono state costituite due reti territoriali
di supporto, una a Timisoara e l’altra a Craiova.
Il ruolo dei partner transnazionali si è concretizzato nel predisporre un modello
di economia sociale attraverso la competenza e l’esperienza maturata in Italia e
nel sostenere attivamente il trasferimento delle buone prassi italiane in Romania.
Tale trasferimento di buone prassi è stato realizzato in tre fasi:
1.
apprendimento delle metodologie e degli strumenti di intervento anche
attraverso la creazione di una banca dati di buone pratiche sviluppate in Europa in
materia di economia sociale e di reinserimento sociale e lavorativo di persone private
della libertà;
2.
osservazione realizzata attraverso visite di studio effettuate in diverse realtà
italiane e una formazione pratica mediante tirocini e stage;
3.
adattamento dei modelli identificati in Italia, in materia di economia sociale e di
reinserimento di ex-detenuti, alla realtà della società rumena.
Vorrei ora illustrare i risultati del progetto SOCIAL, ripercorrendo brevemente le
principali attività implementate.
Attraverso diverse ricerche comparative:
12

si è cercato di definire la portata dei programmi di riabilitazione nel mercato
del lavoro e nell’inclusione sociale;

si sono raccolte buone prassi per la formazione degli operatori e per la
definizione del modello di occupazione per l'inserimento nell'economia sociale;

si è realizzato uno studio di fattibilità per il trasferimento e l’implementazione
delle lezioni apprese;

è stata realizzata una conferenza nazionale per diffondere i risultati dello
studio di fattibilità;

sono state effettuate due visite di studio di 3 giorni per 24 membri del team di
progetto.
Il rafforzamento della capacità organizzativa del partenariato sociale è
avvenuta mediante:

l’audit organizzativo per i partner del settore non profit

la
formazione
nell’avvio
e
gestione
di
imprese
sociali
di
25
persone appartenenti al non-profit che hanno anche seguito un programma di
addestramento pratico in Italia attraverso tirocini e stage.
L’applicazione del modello del Case Management ha permesso:

200 valutazioni iniziali dei bisogni e delle competenze dei destinatari finali;

la realizzazione di un modello di reinserimento per il progetto;

attività di formazione professionale per 80 detenuti;

attività di consulenza, mediazione e orientamento per 80 detenuti.
Le attività di formazione e diffusione all’interno del sistema penitenziario
avevano l’obiettivo di:

diffondere i risultati del progetto;

organizzare un invito a presentare proposte per misure innovative di
reintegrazione da parte dei penitenziari rumeni;

realizzare sessioni di formazione pratica in alcune carceri italiane per 15
operatori penitenziari rumeni;

formare 60 operatori del sistema carcerario rumeno.
La messa a punto dei modelli di intervento è stata realizzata attraverso:

lo
sviluppo di
Raccomandazioni
di
policy
per migliorare
la
13
legislazione rumena, promuovere l'occupazione e favorire l'inclusione sociale;

la creazione di un catalogo “Pratiche Europee per lo sviluppo locale
integrato, per promuovere l'occupazione e l'inclusione sociale“;

la definizione di Linee guida per il reinserimento di (ex) detenuti attraverso
partenariati locali;

il presente seminario internazionale "Modelli di intervento per il mercato del
lavoro inclusivo” - sviluppo locale integrato.
Molti sono stati gli strumenti per l’informazione e la pubblicizzazione, tra questi
posso annoverare:

la creazione di un logo di progetto

il portale web

volantini, manifesti, brochure

campagne di informazione

conferenze stampa

trasmissioni radiofoniche

conferenze di diffusione.
Grazie!
Rodica Popa
Manager del progetto
Amministrazione Nazionale dei Penitenziari
Romania
14
Patto per l’inclusione: Linee Guida per il
reinserimento di (ex) detenuti attraverso
partenariati locali
Buongiorno a tutti!
La descrizione che farò delle linee guida per il reinserimento di (ex) detenuti,
attraverso partenariati locali sarà quella di illustrarne semplicemente gli elementi
costitutivi, con l’auspicio di incuriosirvi e di invogliarvi a leggerle.
Prima di presentarle, però, vorrei dire che per noi non è stato semplicissimo
scriverle. La nostra preoccupazione era che fossero veramente utili per lo scopo
per le quali sono state create, utili soprattutto a voi; la loro utilità richiedeva
un’approfondita conoscenza del contesto rumeno, cosa che noi non abbiamo a
sufficienza. Abbiamo cercato di fare ogni sforzo in questo senso e speriamo di
essere riusciti nell’intento.
Per cercare di renderle il più possibile aderenti al contesto rumeno, la stesura ha
preso l’avvio a partire da:

La Strategia nazionale per l’Inserimento sociale delle persone private della
libertà dell’ANP, precedentemente illustrata dal Vice Direttore Mureşan1;

Il disegno di Legge rumeno sull’Economia e l’Impresa sociale;

Le Linee guida elaborate dal Ministero della Giustizia – Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria italiano2, di cui raccolgono spunti, contenuti e
stimoli, seppur adattandoli al contesto rumeno per renderli accoglibili e dunque
trasferibili.
Inoltre, nella loro elaborazione abbiamo cercato di valorizzare le esperienze
maturate in SOCIAL e non solo:

Lo studio di Éupolis Lombardia - Istituto Superiore per la Ricerca, la Statistica
e la Formazione – sui fattori che possono positivamente influenzare in Romania il
reinserimento socio-occupazionale dei detenuti e degli ex detenuti;
1 Ministero della Giustizia romeno – Amministrazione Nazionale dei Penitenziari, Strategia nazionale
per l’inclusione sociale delle persone private della libertà 2012 – 2016, Bucarest, 2011
2 Ministero della Giustizia italiano, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Linee Guida in
materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità
Giudiziaria, Commissione nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti con le Regioni, gli
Enti locali ed il volontariato, Roma 2009.
15
Gli studi e le modellizzazioni realizzate dall’ISFOL nell’ambito del progetto

quali,
o
il Toolkit per la valutazione dei fabbisogni e delle competenze di (ex) detenuti,
o
“Dal carcere al lavoro: percorsi per il reinserimento di persone in esecuzione
penale”;
o
Le Raccomandazioni di policy per il reinserimento di persone in esecuzione penale,
la cui formulazione ha coinvolto tutte le organizzazioni partner di SOCIAL, in base
alle attività svolte ed alle competenze messe in campo da ognuno.
Le Linee guida, qui presentate, hanno la finalità di rafforzare il campo di azione
delle politiche d’inclusione, di contrastare i fenomeni di discriminazione sociale e
lavorativa, nonché di governare, da parte dell’Autorità Giudiziaria rumena,
l’inserimento sociale, formativo e lavorativo delle persone in esecuzione penale,
promuovendo, in particolare, l’intervento integrato e “socialmente responsabile” di
Istituti penitenziari, ONG, imprese sociali, agenzie e servizi territoriali (sociali e del
lavoro), imprese profit.
A livello operativo, le indicazioni contenute nelle Linee guida sono da ritenersi
come complementari e non sostitutive rispetto a quelle espresse a livello
nazionale. Si tratta, dunque, di linee di indirizzo per implementare i modelli
organizzativi,
per
il
reinserimento
socio-lavorativo
degli
ex
detenuti,
migliorandone le potenzialità, adeguandoli ai fabbisogni dei destinatari e delle
realtà territoriali coinvolte. Esse vanno, quindi, utilizzate come strumento per
disegnare interventi integrati a livello locale e stimolare l’ulteriore sperimentazione
di interventi in Romania al fine di individuare uno o più modelli di rete per
l’economia sociale e per il reinserimento socio-lavorativo dei soggetti in
esecuzione penale.
I destinatari delle Linee guida sono a due livelli:
1.
il livello politico (decisori dei sistemi giustizia, lavoro, sociale, istruzione,
formazione) che è quello deputato ad esprimere la volontà politica per
l’implementazione degli interventi;
2.
il livello attuativo (operatori pubblici e privati) che ha il responsabilità della
progettazione ed erogazione di tali interventi.
16
Vediamo ora brevemente quelli che possono essere definiti i “pilastri” per la
programmazione e la progettazione di interventi integrati che, naturalmente,
coinvolgono entrambi i livelli di destinatari sopra citati.
1.
Il sistema di Governance a garanzia dell’interistituzionalità e del
consolidamento delle reti territoriali
Si tratta di formalizzare un vero e proprio “Patto per l’Inclusione” basato sul
principio di sussidiarietà perché lo scarso raccordo a livello istituzionale e
operativo, la carenza da parte degli operatori impegnati nei diversi sistemi, di una
cultura condivisa, in termini di metodologie e strumenti di intervento, sono i fattori
che, spesso, vanificano l’efficacia degli interventi stessi.
La gestione integrata di progetti e interventi d’inclusione socio-lavorativa è un
processo complesso che richiede la definizione della struttura di governance delle
reti come primo elemento di condivisione, attraverso:

l’individuazione degli organismi con i quali è opportuno lavorare in rete;

il coinvolgimento degli stakeholder in base a principi chiari e condivisi;

la progettazione degli strumenti di controllo e gestione della rete;

la programmazione concertata e la concentrazione delle risorse;

lo sviluppo della capacità, da parte degli attori coinvolti, a “fare sistema”, a sviluppare
l’appartenenza “a…”
Il Patto per l’inclusione dovrebbe essere sottoscritto sia a livello nazionale che
locale. L’autonomia del territorio nel costruire la risposta ai propri bisogni di
coesione e di sviluppo va, infatti, attivata nell’ambito di una cornice nazionale che
ne delinei indirizzi strategici e standard minimi uniformi nell’intero paese.
2.
L’integrazione tra politiche attive del lavoro e politiche formative, tra
servizi per l’occupabilità e servizi sociali, tra pubblico e privato
Come precedentemente affermato dal Vice Direttore generale dell’ANP, la
marginalità sociale ha carattere multidimensionale. Non è, infatti, solo riferibile a
una situazione di esclusione dal mercato del lavoro, ma anche a fragilità familiari,
relazionali e sociali, a carenze culturali e formative, allo stato di salute fisica e
psichica, alla precarietà della condizione abitativa, alla difficoltà di accesso alle
opportunità e ai servizi.
17
Per
combattere
l’esclusione
sociale
sono
necessari,
dunque,
interventi
multidimensionali che mettano al primo posto la costruzione di sistemi integrati per
l’inclusione sociale e lavorativa dei soggetti svantaggiati.
Economia sociale e nuovi modelli di welfare
3.
Una particolare attenzione nelle linee guida è riservata all’economia sociale quale
espressione del capitale sociale del territorio di riferimento, strumento naturale di
lotta all’esclusione sociale e lavorativa e quindi capace di disegnare nuovi modelli
di welfare.
Il
mondo
delle
istituzioni
non
sempre
“guarda”
all’economia
sociale
comprendendone pienamente le potenzialità e, va detto, che l’economia sociale
rumena non ha ancora concentrato i propri “sforzi imprenditoriali”, anche a causa
dell’incompiutezza del quadro normativo di riferimento.
In altri paesi, tra cui l’Italia, l’approccio con cui è nata l’economia sociale è di tipo
bottom-up. In generale il policy maker si è posto nella posizione di ascolto e di
osservazione della realtà per poi accompagnare l’azione con una legislazione
adeguata e politiche pubbliche di supporto e valorizzazione.
Nel caso del disegno di legge rumeno, sta avvenendo probabilmente il contrario:
l’azione legislativa vuole essere di stimolo all’insorgere dell’economia sociale. E’
possibile, dunque, definire top down l’approccio con cui l’azione del legislatore si
sta ponendo come impulso per lo sviluppo del settore in Romania.
In tal senso, per indirizzare il completamento del quadro legislativo, gli attori del no
profit devono tentare di individuare bacini occupazionali e modelli imprenditoriali
innovativi che permettano alle imprese sociali di sperimentare il passaggio da
soggetti che assorbono risorse pubbliche a soggetti che creano e valorizzano
risorse per uno sviluppo locale inclusivo e sostenibile.
Il mantenimento della compatibilità economica nella gestione del welfare è un
problema di tutti gli Stati europei nel momento attuale di crisi globale: sono vincenti
quelle esperienze in cui le prassi economico-sociali rappresentino un modello che
non solo intercetta, ma stimola il cittadino/consumatore.
A questo proposito si pensi alle iniziative portate avanti a livello internazionale
(Banca Etica attraverso le organizzazioni locali dei soci, le botteghe equosolidali
attraverso Agices, i Gruppi di Acquisto solidali, CTM, Fairtrade, Economia di
Comunione) e meglio conosciute con “il voto nel portafoglio”.
18
La creazione, poi, di un marchio/etichetta relativa alla responsabilità sociale del
prodotto può sicuramente supportare lo sviluppo delle imprese sociali.
Economia - impresa sociale e sistema profit
4.
Da quanto prima affermato, per lo sviluppo dell’economia sociale in Romania,
appaiono decisivi i processi di costituzione di reti nazionali e locali di supporto,
nonché la ricerca di reti europee finalizzate, fondamentalmente, a perseguire i
seguenti obiettivi:
a)
aumentare le attività di lobby, per espandere le quote di mercato e favorire la crescita
del sistema dell’economia sociale;
b)
integrare e confrontare esperienze per
conoscere potenzialità ed aree di
miglioramento;
c)
combattere l’aggressività dell’economia profit;
d)
assumere un ruolo di co-progettazione sociale.
In Italia abbiamo individuato il modello consortile come rete di supporto
all’economia sociale. Voi, per la Romania, individuerete il vostro proprio modello.
1.
Approccio olistico ed individualizzato
L’accompagnamento dei soggetti in transito nei circuiti detentivi verso la libertà è
un itinerario progressivo e complesso che richiede un approccio, al contempo,
olistico ed individualizzato.
L’approccio olistico (multidisciplinare) fa riferimento al carattere multidimensionale
delle problematiche delle persone in esecuzione penale a cui ci si è
precedentemente riferiti.
L’individualizzazione dei percorsi si fonda sui seguenti elementi:
-
la diversificazione ed articolazione dell’offerta in un ampio ventaglio di
opportunità collegate alle effettive esigenze del mercato del lavoro;
-
la personalizzazione dell’intervento, centrato sulle caratteristiche della singola
persona, sulla sua storia, sulla sua individualità, sull’eventuale diversità culturale e
linguistica, nonché sui tempi delle misure processuali e dell’iter penale;
-
la continuità del percorso e la flessibilità/modularità dei percorsi formativi per
renderli fruibili anche oltre la conclusione della detenzione;
-
la diversificazione di certificazioni spendibili, nel senso della possibilità di
conseguire certificazioni di più specie e la loro raccolta in un portfolio/libretto
formativo che accompagni il soggetto lungo l’arco della vita;
19
metodologie di erogazione della formazione flessibili e diverse rispetto ai
-
modelli scolastici tradizionali;
Il tutoraggio, trasversale a tutte le fasi del reinserimento.
-
2.
Formazione congiunta degli operatori
La strutturazione di occasioni di formazione congiunta, può consentire agli
operatori pubblici e privati, intra ed extra murari, di intervenire in modo coordinato
sui bisogni dei destinatari, assicurando risposte unitarie ed integrate.
Inoltre, la pianificazione congiunta della formazione rafforza il sistema di
Governance dei servizi, favorendo lo sviluppo di competenze sulla concertazione,
sulla
programmazione
partecipata,
sulla
progettazione
a
livello
locale,
sull’economia e l’impresa sociale.
Non si tratta di formare “tuttologi” ma équipe/staff multidisciplinari per l’inclusione
delle persone soggette a misure privative o limitative della libertà personale.
3.
Sistemi informativi e strumenti
Per la costruzione di un costante ed efficace rapporto “a rete” tra gli operatori
istituzionali e gli operatori del sociale, oltre alla programmazione di una formazione
comune, è necessario che essi possano far riferimento ad
informazioni rilevanti
ed aggiornate e ad alcuni strumenti di lavoro.
Per le informazioni mi riferisco a: banche dati aggiornate, studi e ricerche,
statistiche demografiche e socio-economiche del territorio, dati sulla popolazione
detenuta nell’area geografica, ecc.
Tra gli strumenti di lavoro potrebbero essere utili: metodi di analisi del fabbisogno e
di progettazione partecipata (es. SWOT), protocolli d’intesa, accordi di
cooperazione, commissioni e tavoli di coordinamento.
Ed è a proposito della messa in comune di strumenti di lavoro che abbiamo
riportato, in allegato alle Linee guida, il fac-simile degli Accordi di Cooperazione
stipulati a Craiova e Timisoara tra le due reti territoriali costituitesi nell’ambito del
progetto SOCIAL.
4.
Sensibilizzazione della collettività
Non mi dilungo su questo aspetto perché sarà oggetto di un intervento successivo
e di un gruppo di lavoro da me coordinato nel pomeriggio.
20
Vorrei solo dire che per sviluppare una cultura dell’inclusione, della comprensione
e dell’accoglienza, con particolare riferimento alla fase del post-rilascio,
fondamentali appaiono le azioni di sensibilizzazione della collettività. Per
collettività intendiamo scuola, famiglia, luoghi di aggregazione sociale, massmedia.
Vi auguro buon lavoro e come ha detto J.M. Keynes: “La difficoltà non sta nel
credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie.”
Grazie a tutti per l’attenzione!
Maria Grazia Mastrangelo
Esperta senior - ISFOL
per il progetto SOCIAL
21
Economia sociale – CIRE il supporto di
un’istituzione pubblica all’inserimento sociale
e lavorativo dei detenuti
Purtroppo, Josep M. Faura Messa, Direttore dell’Istituzione spagnola CIRE, che
doveva svolgere questo intervento al seminario, per problemi di salute non è
potuto intervenire.
Lo spazio dedicato è stato utilizzato per una breve presentazione di CIRE
effettuata dalla moderatrice del seminario, Maria Di Saverio, e dalla visione di due
video che Josep M. Faura Messa aveva provveduto ad inviare:

il primo relativo alle finalità ed alle attività dell’Istituzione spagnola;

il secondo che, attraverso immagini molto significative, mostra il rischio di
etichettamento e quindi gli stereotipi di cui sono vittime le persone che hanno vissuto
l’esperienza del carcere.
La descrizione che segue è ricavata dalla presentazione cartacea pervenutaci.
CIRE - Centre d’Iniciatives para la Reinserció, è un’istituzione pubblica che
dipende dal Dipartimento di Giustizia del Governo della Catalogna.
Il Dipartimento di Giustizia ha affidato a CIRE la reintegrazione sociale e lavorativa
dei detenuti che stanno scontando una condanna, offrendo loro formazione
professionale, nonché lavoro produttivo e retribuito in carcere.
L'obiettivo principale di tutti i percorsi progettati da CIRE è quello di dare una
seconda possibilità alle persone che hanno avuto una condanna.
Le associazioni imprenditoriali più importanti in Spagna, le Camere di Commercio
e i sindacati collaborano con CIRE per rompere insieme lo stereotipo del carcere e
collegarlo al mondo del lavoro.
Le tre principali aree di lavoro di CIRE sono: la formazione professionale, il lavoro
in carcere e l'inclusione sociale e lavorativa.
Formazione professionale
22
CIRE forma più di 3000 detenuti nelle maggiori attività produttive del Paese in
collaborazione con prestigiose organizzazioni e con il sostegno del Dipartimento
dell’Industria e dell'Occupazione.
La formazione professionale ha un triplice obiettivo:
1.
sviluppare l’occupabilità delle persone in esecuzione penale;
2.
aumentare la qualificazione, le capacità e i profili professionali dei detenuti;
3.
accreditare la formazione professionale realizzata, sia di base che specifica, in
modo
che
abbia
un
valore
aggiunto
nel
mercato
catalano
ordinario.
Lavoro in carcere
CIRE possiede un’Agenzia di Collocamento rivolta ai detenuti adulti ed ai minori
autori di reato.
CIRE offre lavoro produttivo e retribuito in carcere ai detenuti di tutta la Catalogna.
Quando i detenuti sono in regime di libertà vigilata possono lavorare tramite l'Area
esterna, CIRE Servizi.
CIRE offre servizi che integrano e aggiungono valore alla rete delle aziende
coinvolte, facilitando, al contempo, il reinserimento dei detenuti che stanno
scontando una pena.
L’Agenzia di collocamento CIRE rappresenta il ponte tra il mondo del carcere e le
aziende. E’ la prima agenzia di questo tipo in Spagna.
CIRE da lavoro in carcere a più di 4.000 detenuti in differenti settori produttivi
quali:
-
assemblaggio industriale;
-
falegnameria
-
saldatura;
-
lavanderia e sartoria;
-
stamperia;
-
edilizia.
Inclusione sociale e lavorativa
Il Dipartimento d’inclusione è l'ultimo passo nel processo di reintegrazione
realizzato da CIRE. E’ rivolto alle persone che stanno per terminare la condanna
23
ed offre un monitoraggio ad ampio spettro per la ricerca attiva delle offerte di
lavoro, al fine di moltiplicare le possibilità di reinserimento.
Professionisti dell’inclusione offrono consulenza durante l'intero processo di ricerca
attiva del lavoro: formazione su misura, consulenza legale per gli stranieri,
sviluppo dell'occupabilità in raccordo alla domanda di manodopera.
I detenuti acquisiscono le regole del mondo del lavoro e le competenze
professionali necessarie, comprese quelle per coprire la domanda di alta
specializzazione nel mercato del lavoro ordinario.
Economia sociale
Al giorno d'oggi, l’economia sociale rappresenta una sfida per trovare nuove
strategie per promuovere l'occupazione delle persone in esecuzione penale,
perché
i
problemi
connessi
all'emarginazione
sociale,
sono
aumentati
drasticamente: la disoccupazione, le politiche di contrasto ai reati, ecc.
Pertanto, gli enti pubblici devono sostenere l’economia sociale e devono pensare
al binomio occupazione / esclusione sociale, in modo che le nuove politiche
possano offrire nuove opportunità.
Per questo, CIRE sostiene e promuove l’economia sociale, quale punto di
equilibrio tra l'elemento economico e l'elemento sociale. Essa fornisce opportunità
per lo sviluppo personale senza rinunciare (e non rifiutare) alla condizione
impresa.
Gli enti pubblici possono sostenere l’economia sociale a diversi livelli:
1.
sostenendo programmi di transizione in modo che possano competere con le
imprese tradizionali;
2.
fornendo esempi con l'introduzione di nuove strategie di discriminazione
positiva nell’assunzione delle persone a rischio di esclusione sociale
o
nell'acquisizione di prodotti e servizi.
3.
dando bonus alle imprese ordinarie (CIRE Agenzia di collocamento, le
aziende per il lavoro in carcere, i servizi interni) al fine di aumentare i contratti di
lavoro tra la popolazione a rischio di esclusione sociale.
Valore aggiunto
Il valore aggiunto di CIRE si può ravvisare:
-
nell’offrire
soluzioni
di
outsourcing
che
evitino
la
delocalizzazione
dell’industria;
24
-
nel promuovere la crescita dell'industria catalana, aiutando le industrie a
tornare in Catalogna;
-
nell’essere un fornitore locale nella regione catalana;
-
nella sfida continua per trovare nuove linee di produzione;
-
nell’offrire prezzi bassi e costi controllati perché il profitto non è l’obiettivo;
-
nell’andare incontro ai bisogni dei clienti.
CIRE è certificata UNE EN ISO 9001 e UNE EN ISO 22000. L’area Qualità di
CIRE è uno strumento strategico che l’aiuta a migliorare le sue attività e ad
adattarsi ai cambiamenti del mondo produttivo.
CIRE
Centre d’Iniciatives para la Reinserció
Spagna
25
Capacity building - Il Consorzio Le Mat, un
brand per imprenditori sociali e un sistema di
franchising sociale.
Buongiorno sono Angelo Borda del Consorzio Progetto Liguria ed oggi sono qui
per presentarvi l’esperienza del Consorzio Le Mat, nato nel 2008. All’origine di
questo percorso vi è il progetto comunitario Equal “Albergo in via dei Matti
numero 0” avviato nel 2001.
Le Mat è un brand sociale, un sistema di affiliazione tra imprenditori sociali che
operano nel turismo, un nuovo metodo di ospitalità e accoglienza. Il Consorzio
nasce sulla base delle attività dell’Associazione Le Mat che dal 2004, opera per la
promozione professionale, sociale e culturale delle persone con disagio fisico e
psichico favorendone le opportunità di occupazione qualificata. Il consorzio
promuove il marchio “Le Mat – Il franchising alberghiero dell’impresa sociale” per
la realizzazione di una rete di strutture alberghiere in franchising, gestite da
imprenditori sociali, individuando nella cooperativa di produzione e lavoro e
nell’imprenditoria sociale le forme e le esperienze per sviluppare nelle persone
capacità di autodeterminazione, di autogestione, di promozione sociale, la
partecipazione attiva degli utenti e dei clienti ... insomma, un BRAND per gli
imprenditori sociali.
Il turismo che ci interessa è sostenibile, fruibile da tutti e responsabile nelle azioni
di sviluppo locale e di accoglienza turistica.
I soci di Le Mat sono cooperative sociali che operano nel turismo e nella ospitalità,
i consorzi di cooperative sociali e le agenzie di sviluppo che sono interessate a
sostenere una maggiore e più qualificata attività delle imprese sociali nel turismo.
La missione generale di Le Mat è quella di promuovere e potenziare al meglio il
valore culturale, sociale, professionale e lavorativo di persone con una storia di
disabilità, malattia mentale o di tossicodipendenza, così come tutti coloro che, per
una ragione o per un'altra, sono oggetto di discriminazione e / o esclusione dal
mercato del lavoro.
Molti dei soci delle cooperative, infatti, sono persone con esperienza di disabilità o
altre problematiche e che, oltre all'esclusione sociale, rischiano di provare
l'esclusione dalla libertà di muoversi e di viaggiare. Questa loro esperienza
costituisce per Le Mat una grande risorsa di professionalità. Accanto a loro
26
operano esperti nel turismo e nello sviluppo locale, architetti, albergatori,
ristoratori, artisti, comunicatori - tutti soci delle cooperative o delle associazioni
aderenti in franchising al marchio Le Mat e, naturalmente i viaggiatori Le Mat.
Tutti partecipano pienamente attraverso la loro unicità, le loro idee, i loro progetti,
le loro fragilità.
Il Consorzio gestisce in proprio strutture (alberghi, ostelli, B&B, ristoranti, spazi),
offrendo itinerari e accompagnando turisti a scoprire un’Italia diversa, favorendo la
creazione di reti e sistemi locali (tra pubblico e privato sociale) attraverso
progettazioni europee, percorsi di formazione imprenditoriale, sostenendo i gestori
nella creazione di strutture di qualità e nello sviluppo di piani d'impresa sostenibili,
promuovendo e qualificando il marchio Le Mat in Italia e all'estero.
Attualmente 14 Hotel, B&B e altre piccole strutture locali, impianti turistici
socialmente responsabili in diverse regioni italiane hanno chiesto di diventare un
luogo
speciale
Le
Mat
e
stanno
acquisendo
il
marchio.
Le Mat luoghi speciali offre buona ospitalità ai viaggiatori che desiderano
trascorrere qualche giorno lontano dal loro contesto per una serie di motivi. I nostri
ospiti sono accolti in un luogo che offre comfort ed è accessibile, non troppo
costoso e si trova in una posizione da cui è facile spostarsi, apprezzare la cultura
locale e raggiungere luoghi di lavoro nelle vicinanze.
Le Mat luoghi speciali fornisce servizi di qualità e la cultura dell'impresa sociale.
Ogni realtà Le Mat è particolare ed unica ma c'è una responsabilità condivisa della
qualità Le Mat!
Per questo, oltre all’attività promozionale del marchio, Le Mat offre le proprie
consulenze a chi vuole avviare e/o qualificare un’attività turistica sostenibile, a chi
opera per lo sviluppo di sistemi locali di turismo responsabile, del turismo
comunitario, dell'imprenditorialità inclusiva per tutti.
E’ stato, infatti, creato un kit con molti strumenti per personalizzare il processo di
franchising per ogni nuovo Le Mat, tra questi:
•
la raccolta della storia imprenditoriale / delle storie e dei processi di inclusione;
•
l’autovalutazione della propria attività;
•
il progetto architettonico e la progettazione collettiva del futuro;
•
il percorso imprenditoriale, i processi di formazione manageriale e
27
professionale;
•
le visite di scambio tra gli affiliati;
•
il marketing e la vendita – apprendere facendo;
•
il nostro sito web 2.0;
•
il blog;
•
il video clip.
Ora Le Mat è anche un marchio europeo. E’ infatti nato “Le Mat Trademark” in
Svezia: un nome comune, un marchio comune, un futuro comune, ispirato ed in
cooperazione con Le Mat Italia.
Fondati da Vägen ut!, Solacoop e Coompanion, sono nati a Karlstad e Göteborg
due team imprenditoriali.
Il franchising sociale è una comunità, può avere varie forme (alberghi, B&B,
strutture ricettive, ecc.) e attraverso un trasferimento di conoscenze ed esperienze
permette di avviare più imprese sociali e una migliore gestione della concorrenza.
Crediamo che il lavoro sull'accoglienza turistica sia un formidabile strumento per
uno sviluppo locale capace di creare occupazione di qualità per tutti, di mantenere
e promuovere beni culturali e paesaggistici, di rafforzare le comunità locali in
luoghi accoglienti e aperti.
Per concludere:
“A volte capita che la fragilità sia più interessante della forza…”
A volte capita che il centro di un'azienda siano le esperienze e il know how dei
cosiddetti soggetti svantaggiati ...
Quando questo accade ci sono storie meravigliose da raccontare ad un
viaggiatore curioso e ci piace molto raccontare le nostre storie ....”
Vi ringrazio!
Angelo Borda
Consorzio Progetto Liguria
Italia
28
Governance e reti per lo sviluppo locale - DJI a
Limburg,
la
cooperazione
tra
istituti
penitenziari e reti locali nel post pena
Buongiorno sono Rob Platzbeecker, vice direttore degli Istituti penitenziari di
Limburg in Olanda.
Vi ringrazio per avermi invitato a illustrare la nostra esperienza di cooperazione
con una rete di Comuni olandesi nell’assistenza e nell’accompagnamento degli exdetenuti al loro rilascio.
Ogni anno, circa 33.000 ex detenuti devono reinserirsi come cittadini nella società.
Molti ritornano al comportamento deviante all’uscita dalla detenzione. Secondo il
Centro di ricerca e documentazione nazionale (WODC), circa il 70% di adulti ex
detenuti recidiva entro sei anni.
La recidiva è una delle principali cause di insicurezza sociale e comporta anche
notevoli costi, sia per i cittadini, sia per i governi che per le istituzioni.
Fino a poco tempo, molti ex detenuti tornavano nella società impreparati e senza
avere le necessarie risorse di base a loro disposizione, quali:
-
documento di identità valido,
-
reddito,
-
piano di ristrutturazione del debito,
-
alloggio,
-
cure per dipendenza o per i problemi psichiatrici.
La ricerca mostra che il rischio di recidiva aumenta se queste risorse di base sono
carenti.
Il Ministero della Giustizia e l'Associazione dei Comuni olandesi (VNG) si sono,
dunque, posti l’ambizioso obiettivo di fornire ad almeno l’80% dei cittadini exdetenuti le risorse necessarie per affrontare la fase del post-rilascio.
Questo è stato stabilito nell’accordo “Lavorare insieme” (giugno 2007) ed ha
portato all’elaborazione del modello Aftercare per cittadini adulti ex-detenuti da
parte del Ministero della Giustizia e dei Comuni Olandesi (luglio 2009).
Una buona comunicazione e cooperazione
29
Aftercare, nel senso stretto della parola, significa cura dopo la detenzione.
L’assistenza del detenuto al suo rilascio è, in primo luogo, una responsabilità del
Comune. Dopo tutto, il Comune ha un dovere di cura nei confronti di tutti i suoi
cittadini.
I cittadini detenuti e gli ex-detenuti hanno bisogno di un ulteriore supporto al fine di
reinserirsi adeguatamente nella società.
Per i Comuni è fondamentale conoscere, per tempo, il momento in cui un detenuto
viene rilasciato e che tipo di problemi ha.
Solo in questo modo possono impostare un percorso di assistenza ed
accompagnamento dopo il rilascio, con la finalità di impedirgli il ritorno a
comportamenti devianti.
Questo non può accadere se non c’è una buona comunicazione ed una buona
cooperazione con il sistema carcerario.
Inoltre, l'efficacia degli sforzi di altre organizzazioni coinvolte nella gestione
successiva al fine pena per cittadini (ex) detenuti, come ad esempio i servizi
psichiatrici o per la cura delle dipendenze, possono beneficiare
della buona
comunicazione e cooperazione tra Comuni e sistema penitenziario.
Grazie ad una corretta ed adeguata diffusione delle informazioni, molti Comuni
(ora più di 400) hanno istituito un punto di coordinamento Aftercare, locale o
regionale.
I risultati ottenuti:
Il sistema penitenziario, i Comuni e le parti sociali hanno instaurato una
cooperazione permanente nel contesto di un Approccio globale al programma
Aftercare.
La sua attuazione ha dato un significativo contributo alla partecipazione sociale di
ex detenuti e alla riduzione della recidività:

Riduzione della recidiva del 25% (37% versus 62%);

Un recidivismo meno frequente, meno grave nei reati, meno veloce;

Un rapporto costi/benefici: 1:3,5.
Tra i principali fattori di successo possiamo annoverare:
30

la pianificazione su misura (valutazione dei bisogni, dei rischi, della
responsabilizzazione);

l’approccio al contempo globale ed individualizzato;

la concentrazione sulle competenze e sui comportamenti;

la formazione e il coaching, a partire dal periodo di detenzione;

la continuità attraverso la cooperazione con i Comuni e le società di edilizia
popolare, le istituzioni sanitarie, ecc.;

l’orientamento condiviso su obiettivi comuni da parte delle Istituzioni
penitenziarie, dei Comuni e dei loro partner di rete;

il coraggio e la pazienza.
A partire dalla fine del 2003 ad oggi, l’attuazione del programma Aftercare ha
portato anche allo sviluppo della vision delle Istituzioni penitenziarie di Limburg,.
In particolare, rilevante è stato il contributo alla sicurezza regionale attraverso:

un approccio specifico ad ogni persona (fatto su misura);

un approccio che considera l’intero percorso della vita (la detenzione è parte
del percorso di vita, il carcere è “solo” un contesto);

il lavoro insieme con i partner interessati, giudiziari e non giudiziari;

l’equilibrio e l’integrazione degli aspetti punitivi e rieducativi della pena.
Il punto di partenza di questa nuova vision è stata la modernizzazione del Sistema
penitenziario, con le caratteristiche seguenti.
Il principale obiettivo:
Esistiamo per una detenzione sicura e umana e collaboriamo con i nostri partner e
i detenuti per il loro reinserimento professionale. Così contribuiamo ad una società
più sicura e protetta.
L’arduo obiettivo per il 2020
Attraverso questo approccio efficace, personale e orientato ai bisogni dei detenuti,
stiamo raggiungendo l’obiettivo di un’ulteriore riduzione della recidiva del 25%, in
collaborazione con i nostri partner.
I Valori fondamentali
-
Sensibilizzazione alla sicurezza
-
Integrità
31
-
Cooperazione
-
Orientamento alle persone
-
Assunzione e concessione di responsabilità.
Le Qualità di base
-
Trattamento motivato
-
Partner affidabile
-
Lavoro sicuro e clima familiare
-
Leadership
-
Coinvolgimento
-
Flessibilità
La nuova vision adottata dal sistema penitenziario olandese, ha determinato anche
una modernizzazione dei Servizi in carcere ed in particolare in:

ISS: Screening interno & Selezione

D&R: Detenzione e reintegrazione attraverso un piano individualizzato per il
cittadino detenuto (servizio penitenziario e Comuni);

MDC:
Consultazione
multidisciplinare
con
la
presenza
di
équipe
multidisciplinari all’interno del penitenziari e l’offerta di adeguate informazioni per il
passaggio dal dentro al fuori.
Ulteriori miglioramenti sono stati apportati attraverso:

l’estensione della durata dei programmi giornalieri;

l’introduzione di attività per il reinserimento (es. motivational guidance)

l’applicazione del case-management;

il mentoring
Come avete potuto vedere, notevoli sono stati i progressi da noi compiuti di
recente
nella
realizzazione
di
un
approccio
globale
all’assistenza
e
all’accompagnamento post rilascio di cittadini ex-detenuti.
Molte grazie!
Rob Platzbeecker
Vice Direttore degli Istituti penitenziari di Limburg
Olanda
32
Comunicazione sociale – Ristretti Orizzonti, la
sfida di fornire informazioni “oneste” dal
carcere
Buongiorno sono Elton Kalica e sono qui per presentarvi la nostra esperienza di
fare informazione “dal dentro al fuori”. Ristretti Orizzonti è una rivista prodotta da
detenuti e volontari della Casa di Reclusione di Padova e del carcere femminile la
Giudecca di Venezia. E’ stata fondata nel 1997 all'interno del carcere di Padova da
un gruppo di volontari e da persone detenute. Nel 2004, è nata, sempre a Padova,
l'associazione no-profit Il Granello di Senape, che, attualmente, gestisce tutti i
progetti che Ristretti Orizzonti promuove sia all'interno che all’esterno del carcere.
La nostra attività principale è quella di fornire informazioni sul carcere dall'interno.
Lo facciamo, appunto, attraverso la rivista, il nostro sito www.ristretti.it e
www.ristretti.org, il canale di news settimanali Tg 2 Palazzi (su un canale televisivo
locale), una trasmissione radiofonica settimanale Ristretti Radio (su una stazione
radio locale), una pagina settimanale su Il Mattino di Padova e il Coordinamento
della Federazione Nazionale delle Riviste dal Carcere.
Abbiamo anche altri progetti. Alcuni sono volti a fornire servizi per i detenuti, exdetenuti, persone senza fissa dimora e altri gruppi emarginati. Abbiamo un ufficio
di assistenza legale e sociale all'interno del carcere (Sportello di Orientamento
Giuridico e di segretariato sociale) e uno di assistenza legale esterna (Avvocato di
Strada).
Tra i progetti che mirano a informare la società in generale, ce n’è uno che si
chiama “Il carcere va a scuola, la scuola va in carcere”. Ogni anno si organizzano
incontri con studenti delle scuole superiori. Abbiamo incontrato migliaia di studenti,
dentro e fuori dal carcere. Questo è il più grande progetto che stiamo seguendo e
potete trovarne una descrizione dettagliata nei documenti che vi ho fornito.
Ogni anno organizziamo anche una Giornata nazionale di studio all'interno del
carcere di Padova. Ad essa partecipano più di 500 persone provenienti da tutta
Italia, tra cui studenti, insegnanti, volontari e altri operatori della giustizia. Dal 2008
abbiamo, in questo contesto, anche avviato un processo di mediazione sociale tra
autori e vittime di reato (mediazione non diretta).
Gli obiettivi
Due sono gli obiettivi che Ristretti Orizzonti persegue.
33
Il primo è quello di rendere disponibili le informazioni all'interno del carcere perché
in carcere non vi è alcuna informazione, mentre un detenuto informato vive meglio
la sua detenzione.
Il secondo è quello di aprire canali di informazione corretta che parta dall’interno
del carcere e dissipi i luoghi comuni utilizzati dai media, soprattutto dalla
televisione: ad esempio che nel nostro paese c'è l'impunità per i criminali, che le
sanzioni sono molto leggere, che nessuno va in prigione, che gli immigrati sono la
causa dell’insicurezza sociale, che il carcere è costruito per coloro che sono nati
con il DNA da criminali. In pratica è come se fossero geneticamente predestinati a
commettere reati.
La nostra idea, dunque, è quella di produrre una rivista in grado di creare un
contatto tra le persone in carcere e la comunità esterna, con una frase: “Voci di
dentro, voci di fuori: riannodare il filo spezzato”
Il metodo
Un gruppo di 34 detenuti è autorizzato a partecipare a questa attività. Abbiamo
una sala di redazione al piano terra del carcere. Il detenuto-redattore può andarci
quotidianamente e lavorare. Al mattino si è occupati in attività editoriali diverse
(scrivere articoli, fare interviste, trascrivere registrazioni audio, ecc.) Nel
pomeriggio abbiamo una riunione di redazione in cui discutiamo gli argomenti da
trattare in futuro.
Oltre alle sedi di Padova, abbiamo uno spazio di redazione all'interno del carcere
femminile La Giudecca di Venezia. Tutte le detenute possono partecipare. La
rivista Ristretti Orizzonti ha una sezione a loro riservata e quello che scrivono
(racconti, articoli e interviste), è pubblicato in uno speciale inserto denominato
Donne-Dentro.
La vera sfida, nel realizzare un giornale come il nostro, è stata quella di fornire
informazioni consapevoli e critiche. In carcere è molto facile atteggiarsi a vittima,
perché carceri sovraffollate fanno nascere vissuti persecutori e le proteste hanno
spesso motivazioni fondate. Ma, diventare redattori di un giornale per
“piagnucolare” e lamentarsi sarebbe stato suicida, perché avrebbe prodotto
reazioni del tipo "avresti dovuto pensarci prima!".
I fattori di successo
I fattori che permettono al nostro lavoro di avere successo sono principalmente tre:
34
a)
Le esperienze e un linguaggio chiaro
Non è facile ottenere buoni livelli di comunicazione all'interno del carcere. I
detenuti non sono professionisti, ma persone che sanno poco o nulla sulla
comunicazione. Essi provengono da culture diverse e gli stranieri hanno il
problema aggiuntivo delle difficoltà linguistiche.
Ma, tutti portano la ricchezza delle loro esperienze. Così, discutendo insieme,
detenuti-redattori e volontari, abbiamo capito che è importante utilizzare un
linguaggio chiaro che parli alla testa e al cuore delle persone fuori dal carcere.
E ci stiamo riuscendo. Ogni anno aumenta il numero degli abbonati, come ad
esempio le biblioteche scolastiche, le biblioteche pubbliche, ma anche semplici
cittadini che ci hanno contattato perché "sappiamo raccontare il carcere"
attraverso le storie di vita.
b)
Le interviste scritte
Un'altra
difficoltà
è
naturalmente
il
fatto
che
i
detenuti-redattori
sono
necessariamente "sedentari" (soggetti a misure privative o restrittive della libertà).
Non possiamo inviare i nostri "corrispondenti" ovunque, ma quello che possiamo
fare è di preparare delle interviste scritte ed inviarle via e-mail. Oppure uno dei
volontari fa le interviste per telefono e porta il file audio all'interno del carcere,
cosicché il detenuto-redattore possa trascriverle.
c)
La narrazione autobiografica
Il gruppo di detenuti-redattori ha capito che parlare, leggere e conoscere le
importanti questioni che hanno a che fare con la vita in carcere come il rapporto
con la famiglia, le difficoltà di reinserimento, significa farsi carico del proprio
destino.
In particolare, ciò che conta, è la comprensione del fatto che la rottura tra loro e la
società, causata dal reato commesso, è stata utilizzata dai media per diffondere
paura e odio. Per superarli, il gruppo utilizza la narrazione autobiografica nella
comunicazione con la società esterna. Questo è, davvero, un paziente lavoro di
"tessitura" di un complesso ordito di mediazione collettiva.
Un percorso in cui scrivere le storie che li hanno portati in carcere, o fare articoli
che informano la comunità su giustizia e vita penitenziaria, "costringe" i
“trasgressori” a riflettere sul loro passato e ad assumersi pienamente le loro
responsabilità. Hanno capito che scrivere con onestà è un buon modo per
35
spezzare la catena di odio in una società che ha un enorme bisogno di smettere di
odiare.
I risultati
Possiamo ben dire che Ristretti Orizzonti ha ottenuto risultati a diversi livelli.
a)
Livello individuale
A livello individuale, i partecipanti hanno avuto molteplici vantaggi. E’ stata una
crescita professionale perché hanno seguito corsi di scrittura, computer e grafica
digitale. Sono cresciuti culturalmente attraverso la quotidiana partecipazione alle
riunioni di redazione. Utilizzando la narrazione autobiografica per comunicare
hanno aumentato la consapevolezza di sé. Quantomeno, hanno imparato che è
possibile cercare soluzioni ai problemi oggetto di studio con il ragionamento
collettivo e la discussione.
b)
Livello di gruppo
L'obiettivo comune di fare un giornale ha imposto una divisione dei compiti e
promosso il lavoro di gruppo, fornendo così uno strumento di apprendimento di cui
ognuno avrà bisogno una volta uscito di prigione.
c)
Livello organizzativo
Nel 2001 abbiamo creato un sito internet www.ristretti.it, ora sostituito dal dominio
www.ristretti.org, dove pubblichiamo tutti i nostri materiali, che possono essere
scaricati gratuitamente. Un sito web significa aumentare la capacità di "parlare" al
mondo libero. Ormai, abbiamo uno dei siti più completi in materia di carcere. E le
sue pagine sono interamente realizzate da detenuti - redattori, molti dei quali, per
ovvi motivi, non hanno mai utilizzato internet.
d)
Livello editoriale (strutturale)
Con la crescita della nostra attività abbiamo anche ampliato la redazione. Ora
abbiamo anche un ufficio fuori dal carcere con quattro redattori che vi lavorano.
Tre di loro sono ex-detenuti (una donna e due uomini) e uno è agli arresti
domiciliari. Questo rende Ristretti Orizzonti un'agenzia di stampa vera e propria.
36
Altri effetti positivi del nostro lavoro di informazione
Come accennato all’inizio, negli ultimi otto anni abbiamo gestito un progetto
denominato "Il carcere va a scuola, la scuola va in carcere". Diverse classi delle
scuole superiori vengono a visitare il nostro carcere ed a incontrare i detenutiredattori di Ristretti Orizzonti. Insieme discutono temi come il rispetto della legalità,
i comportamenti a rischio di devianza, il disagio giovanile, la giustizia penale
minorile, i percorsi di vita dei detenuti e riflettono sui delitti e sulle pene, così come
sulla "questione sicurezza" che, oggi, è pesantemente al centro della pubblica
attenzione.
Alcuni detenuti hanno un permesso speciale per andare nelle scuole. Durante gli
incontri gli studenti possono fare le domande sulla vita dei detenuti in carcere, ma
anche sul sistema penitenziario e sulle strade pericolose che possono spingere i
giovani sulla strada dell’illegalità.
Un effetto positivo che abbiamo già potuto osservare è che gli studenti hanno
l'opportunità di vedere i detenuti faccia a faccia, di percepirli come persone reali e
di capire, dai loro racconti, quanto sia facile, talvolta, finire in prigione. Questo crea
un effettivo contatto tra i detenuti e la comunità esterna ed è importante perché i
detenuti, primo o poi usciranno dal carcere e trovare un contesto che non sia ostile
è di primario interesse per loro.
Negli ultimi tre anni, inoltre, abbiamo collaborato con l'Ordine dei Giornalisti del
Veneto e, nel 2009, abbiamo organizzato per la prima volta un seminario per i
giornalisti che si occupano di problemi di criminalità e della giustizia. Dopo questa
prima esperienza, lo stesso Ordine dei Giornalisti ci ha chiesto di ripetere il
seminario. Fino ad ora abbiamo organizzato tre di questi seminari, sempre
all'interno del carcere, ai quali quasi 200 giornalisti hanno preso parte.
Noi pensiamo che, nel tempo, i giornalisti capiranno qual è la loro responsabilità
nel raccontare le notizie di cronaca e l'importanza, per l’intera collettività, di dare
una corretta informazione.
Moltissime altre sono le cose che potrei raccontarvi del nostro lavoro, ma il tempo
a mia disposizione è finito e quindi vi ringrazio per l’attenzione!
Elton Kalica
Ristretti Orizzonti
Italia
37
38
Introduzione alla sessione dei gruppi di lavoro
I gruppi di lavoro che si svolgeranno nel pomeriggio verteranno sulle stesse
tematiche affrontate nella sessione plenaria attraverso le esperienze portate dai
relatori.
Per evitare di farvi assistere per l’intera giornata ad una serie di interventi frontali,
la conduzione dei gruppi di lavoro sarà, il più possibile, interattattiva.
I gruppi di lavoro saranno coordinati dai partner italiani. Gli esperti della plenaria,
avranno il ruolo di critical friends: potranno fornire approfondimenti sulla loro
esperienza, raccontare possibili soluzioni, o controbattere le perplessità che
eventualmente emergeranno, o ancora discutere con i partecipanti sulle criticità
che si incontrano, ecc.
Nei gruppi saranno portati anche alcuni contributi esperenziali (testimonianze).
Per riepilogare, le tematiche che si affronteranno nei gruppi di lavoro sono:
Gruppo n. 1 – Economia sociale
Gruppo n. 2 – Capacity building
Gruppo n. 3 – Governance e reti per lo sviluppo locale
Gruppo n. 4 – Comunicazione sociale
All’esterno delle sale dedicate, troverete le indicazioni del gruppo che vi si
svolgerà.
Buon lavoro a tutti!
Maria Grazia Mastrangelo
Esperta senior - ISFOL
per il progetto SOCIAL
39
Video: “From prison to social inclusion and job
insertion”
Il DVD From prison to social inclusion and job insertion è un prodotto del Progetto
SOCIAL realizzato da Francesca Romana Marchionne e Luca Rosetti dell’Isfol,
Area Servizio per la comunicazione e divulgazione scientifica con il coordinamento
di Giovanna de Mottoni, Gianluca Calzolari e Maria Di Saverio del Progetto
“Cooperazione transnazionale”.
Le immagini sono tratte dal video “Dall’esperienza del carcere all’inclusione sociolavorativa” realizzato nell’ambito del progetto O.P.E.N., IT-S2-MDL-826 , finanziato
nel quadro dell’Iniziativa comunitaria EQUAL II fase - Azione 3 e dal video
realizzato nell’ambito del progetto STRADE: sistemi - prodotti integrati dal carcere
al lavoro, Rete trasversale rif. P.A. 2006-0397/Rer, sostenuto dalla Regione Emilia
- Romagna grazie al Fondo sociale europeo e al Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali e realizzato da “Associazione Nuovamente Bologna”, “Techne di
Forlì-Cesena” e dal “Consorzio Provinciale Formazione Professionale di Ravenna”.
La sessione plenaria del seminario si conclude con la proiezione di questo video.
40
SESSIONE GRUPPI DI LAVORO
41
Gruppo di lavoro n.1: Economia sociale
Coordinatore: Matteo Matteini – Ricercatore senior Èupolis Lombardia (IT)
Contributo esperenziale: Victor Marusic - Sacosa de Panza (RO)
1.
CONTESTO
Il progetto SOCIAL mira allo sviluppo di strategie efficaci di reinserimento
lavorativo di soggetti privati della libertà, attraverso la formazione e il lavoro.
L’obiettivo specifico del progetto è la creazione di due imprese sociali in grado di
creare opportunità di lavoro per detenuti ed ex detenuti. Le suddette imprese
rappresentano un’applicazione empirica di quello che dovrebbe essere un’impresa
sociale in Romania, nella logica in cui si sta consolidando la proposta di legge
sull’economia sociale. Essa si propone, infatti, di regolare il settore dell'economia
sociale, il quadro generale delle organizzazioni, il funzionamento delle imprese
non profit, di stabilire misure per la loro incentivazione, nonché di stabilire le
competenze delle autorità locali e centrali della pubblica amministrazione.
Nei sistemi di Governance pubblica più maturi, in alcuni settori di servizi si è
passati dalla concezione di welfare state a quella di welfare society, immaginando
ambiti economici dove l’azione congiunta di pubblico, profit e non profit riesce a
convergere creando circuiti virtuosi.
Sebbene in Romania il settore sia sottodimensionato, esperienze di altri paesi
dimostrano come una crescita del non profit può portare ad una crescita
dell’occupazione e del valore sociale. Perché ciò accada sono auspicabili tre
fattori:

La società deve avere la consapevolezza che l’incremento di valore sociale si
realizza attraverso la sinergia di un settore profit che incorpori politiche di
responsabilità sociale nei propri piani strategici con politiche pubbliche che sappiano
accompagnare i processi di adattamento e sviluppo;

Il disegno di Legge deve essere rafforzato da politiche attive di sostegno alle
nascenti imprese sociali che operino con logica sussidiaria, valorizzando le iniziative
della società civile e favorendone la replicabilità;

Il no profit deve assumere un ruolo proattivo ed una mentalità imprenditoriale
guidata da figure professionali specificamente formate e motivate.
42
Le istituzioni rumene sembrano aver rilevato le potenzialità sociali ed economiche
di un terzo settore forte e organizzato, ma rimane aperta la domanda su come il
processo di sviluppo di tale settore possa avvenire.
Può essere sufficiente l’impulso legislativo a creare consapevolezza diffusa,
sinergie fra soggetti pubblici e privati, un largo bacino di volontariato,
professionalità specifiche e un’opinione pubblica favorevole?
2.
OBIETTIVI
Il workshop era dedicato agli operatori del reinserimento socio-lavorativo in grado
di offrire un punto di vista alternativo a quello del legislatore e dell’opinione
pubblica. Nel workshop c’è stata una grande maggioranza di operatori del servizio
pubblico, rispetto all’impresa privata e al non profit. Questo potrebbe aver limitato
la gamma di osservazioni e punti di vista.
In apertura di workshop si sono introdotti i temi della proposta di legge rumena
sull’economia sociale e alcuni spunti offerti dalle presentazioni delle best practices
ascoltate nella conferenza del mattino. Si è poi aperta la discussione orientata a
fare emergere alcuni elementi caratteristici del vissuto degli operatori del settore
come:
-
Consapevolezza riguardo le proprie potenzialità e il proprio ruolo;
-
Idee e giudizi su cosa funziona, cosa non funziona e cosa potrebbe
funzionare;
-
Convinzioni maturate attorno alle esperienze passate;
-
Aspettative su cosa accadrà a breve, medio e lungo termine.
3.
METODOLOGIA
Il workshop è stato costruito sulle esigenze specifiche del progetto e ha adottato
una metodologia ibrida definita in virtù dagli obiettivi e dalle contingenze. Le
contingenze sono soprattutto relative al tempo limitato ad un’ora e mezza,
all’utilizzo di uno spazio predefinito e alla traduzione simultanea in cuffia. Fra i vari
metodi di gestione del lavoro di gruppo che hanno fornito elementi di ispirazione
per la progettazione del workshop si possono menzionare l’Open Space
Technology, Il De brifing, il Public speaking.
Open Space Technology OST – interagire liberamente con l’ambiente.
L’OST è una metodologia adattabile all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione al
fine di creare workshop e meeting particolarmente ispirati e produttivi. La
43
caratteristica principale degli OST è l’estrema flessibilità che lo rende ideale per
gruppi eterogenei (numero, nazionalità, competenze etc..) e per obiettivi diversi.
Si è fatto uso di assunti specifici dell’OST come:
Tutte le idee, esperienze, affermazioni sono rilevanti in senso assoluto e
-
rimangono tali anche in presenza di atteggiamenti differenti.
Una fase di lavoro è dedicata alla sintesi e al consenso.
-
Per le limitazioni di cui sopra non si sono potuti utilizzare appieno le seguenti sotto
sessioni:
In determinate fasi ogni persona è libera di confrontarsi con qualunque altra
-
ed anche di cambiare interlocutore al fine di approfondire meglio un’idea.
Ognuno è adeguato a dare un contributo, nessuno deve rimanere neutrale. Ne
-
deriva che ognuno è tenuto a lasciare la riunione avendo almeno dato un contributo e
avendo almeno ricevuto un contributo.
L’OST suggerisce anche come gestire gli spazi e i movimenti in maniera da
rendere la partecipazione al meeting la più confortevole e libera possibile.
De brifing riflettere sull’esperienza
Il de-briefing è la fase più importante del ciclo esperienziale nella formazione. Le
procedure di de briefing vertono a “usare l’informazione generata durante l’attività
esperienziale per facilitare l’apprendimento di chi ha vissuto l’esperienza. Nel
Workshop si è fatto soprattutto ricorso a elementi quali:
•
narrazione;
•
feed back.
Il de briefing suggerisce anche pattern di “domande stimolo” per sollecitare i
partecipanti ad esprimere tutta la gamma delle emozioni possedute. Nel workshop
sull’Economia sociale il de brifing è stato utilizzato sia ripercorrendo insieme
contenuti, suggestioni e giudizi sulle esperienze osservate nella conferenza, sia
facendo ricorso a esperienze personali.
Public speaking comunicare efficacemente
Il public speaking è la disciplina che aiuta le persone a comunicare efficacemente
in situazioni in cui ci sia più di una persona in ascolto. In particolare nel workshop
si è utilizzata la:
•
struttura narrativa efficace.
Alcuni elementi del public speaking sono serviti a fornire una struttura narrativa
codificata per favorire in tempi brevi la formulazione di contributi. In particolare si è
raggiunto l’obiettivo di chiedere ai partecipanti di esprimere ogni loro concetto con
44
argomentazioni libere e fattuali, salvo poi sintetizzarlo in una frase e/o parola
iconica (statement).
Contestualizzazione: i partecipanti sono stati messi al corrente della funzione del
workshop e di conseguenza dell’opportunità di contribuire con le loro opinioni ed
esperienze sia allo svolgimento del progetto stesso, sia al percorso della
legislazione sull’economia sociale.
Contributo esperienziale: è stato invitato al workshop il sig. Victor Marusic
responsabile della ONG Atelierul Sacosa de Panza, che ha raccontato la propria
esperienza ed è intervenuto nella discussione in veste di critical friend.
Regole del gioco: si è costruito il “patto” con i partecipanti in cui si sono definiti i
ruoli, le funzioni, le regole e gli obiettivi.
Nella conduzione si sono distinte le seguenti fasi:
a)
introduzione: struttura del workshop
b)
tematizzazione: particolari criticità del progetto SOCIAL e della legislazione
sull’economia sociale;
c)
set delle aree di discussione: definizione e re-wording delle parole chiave
d)
domande stimolo: wording delle domande attorno a cui si è sviluppata la
discussione
e)
discussione aperta: interventi e verbalizzazione degli statement
f)
visualizzazione: scrittura su poster e disposizione dei poster attorno alla sala
g)
gerarchia e consenso: scelta da parte dei partecipanti delle priorità fra gli
statement espressi.
4.
RISULTATI
DISCUSSIONE 1
In altri paesi europei è stato possibile arrivare ad un forte radicamento del non
profit partendo da esperienze diverse, creando forme organizzative specifiche di
aggregazione e produzione dei servizi.
Alcuni casi di successo presentati nella conferenza del mattino hanno messo in
luce come sia il pubblico che il privato possono essere promotori di imprenditorie
sociali. L’esperienza di CIRE in Spagna evidenzia come l’azione pubblica può
creare ambiti produttivi efficienti e controllati, in cui persone svantaggiate possono
risocializzarsi. L’esperienza di Le Mat ha messo in luce la capacità di utilizzare il
capitale fiduciario legato alla mission come elemento di attrattività per l’offerta di
45
servizi. Le Mat ha inoltre mostrato come l’impresa sociale possa creare un
“franchising” basandosi sulla forza del brand.
Parola chiave: RESPONSABILITA’
Domanda stimolo: nel panorama attuale rumeno quale sarà la forza guida che
consentirà al settore di svilupparsi?
Statements più discussi in ordine di importanza:
Lo Stato ha il dovere di trainare il settore. Gli operatori si aspettano che sia esso a
dare strumenti e linee di sviluppo. Alcuni interventi affermano che anche le risorse
economiche siano dovere dello stato.
Le ONG possono rappresentare la forza guida per il cambiamento. Anche se
hanno poca voce e poca visibilità, sono innovative e piene di gente giovane e
entusiasta.
I giovani possono essere la forza guida perché portatori di una mentalità nuova
più allineata con altri paesi europei e sono più inclini al cambiamento
Il settore privato: alcune aziende sono viste come potenziali motori del
cambiamento qualora decidessero di fornire il proprio know how all’economia
sociale.
I media possono fare la loro parte per la crescita di consapevolezza fra i cittadini.
Statements meno discussi
Chiesa intesa non solo come ente assistenziale ma anche come ente morale
ANP per lo specifico del reinserimento sociale di ex detenuti
Opinione Pubblica intesa come “costituente” capace di influenzare scelte
politiche
UE intesa come istituzione guida per le politiche sociali
Finanziamenti UE visti come un elemento di opportunità per motivare individui e
organizzazioni.
DISCUSSIONE 2
Lo sviluppo dell’economia sociale ha avuto un decorso specifico in ogni paese a
partire dal contesto culturale, dal grado di sviluppo dei corpi sociali intermedi e
dalla maturità della pubblica amministrazione. All’interno di queste tre macro46
risorse sociali si possono rilevare molte altre risorse in grado di determinare forme
e livelli di sviluppo diversi.
Parola chiave: RISORSE
Domanda stimolo: quali sono le risorse specifiche che la Romania può mettere in
campo per sviluppare l’economia sociale?
Statements più discussi in ordine di importanza:
Le risorse umane: l’opinione più condivisa è che siano i singoli individui la risorsa
più importante per lo sviluppo del settore. Le conoscenze, le capacità e la
motivazione delle persone impegnate nel sociale fa la differenza. Il fatto che la
Romania sia un paese (relativamente) povero, non è solo un limite. Da larga parte
della popolazione toccata dalla povertà provengono risposte significative da cui
prendere spunto.
Il settore privato: alcune aziende possono fornire risorse materiali e acquistare
prodotti etici. Purtroppo sono ancora in minoranza nel paese. Alcuni interventi
mettono in luce come anche in Romania potrebbero sorgere istituzioni indipendenti
innovative capaci di sviluppare il sistema. Si cita a questo proposito l’esperienza
della Grameen Bank in Bangladesh che ha inventato un metodo di credito allo
sviluppo basato su fondamenti etici e culturali diversi da qualsiasi forma
precedente.
Il mercato: anche in Romania sta nascendo una sensibilità al consumo
responsabile. Il contenuto etico di prodotti attenti ai risvolti economici, sociali e
ambientali può essere un veicolo di persuasione verso i consumatori.
La famiglia: è un ambito di relazioni primarie ancora forte. Attorno ad essa si
possono immaginare modelli di auto aiuto per le comunità. Anche se alcuni modelli
stranieri (si cita il Giappone) hanno evidenziato i limiti di sistemi in cui la famiglia
viene utilizzata come riferimento per le strutture produttive organizzate, in
Romania persistono ambiti territoriali, soprattutto rurali, dove la famiglia è una
risorsa decisiva.
Le risorse naturali del paese: le risorse minerarie sono ambiti produttivi in
disuso. Le acque e soprattutto boschi e foreste sono ambienti in cui le nuove
imprese sociali potrebbero far nascere iniziative socio-economiche legate alla
conservazione del territorio.
47
Statements meno discussi
Le esperienze di produzione collettiva precedenti prima del 1989 erano attive
in Romania le - CAP cooperative agricole di produzione, che accorpavano le
proprietà private agricole, riorganizzavano la produzione e ripartivano i prodotti
essenziali fra i conferitori. A parte l’aspetto inerente il diritto di proprietà che
(anche) in Romania è stato uniformato alla forma di libero mercato in vigore nel
resto d’Europa, ci sono elementi mutualistici che possono essere riattualizzati e
riscoperti in chiave contemporanea. Anche le - CAR cooperative di aiuto reciproco
(ancora in funzione per pensionati ed enti statali) che funzionano come garanzia
per prestiti agevolati a piccole imprese, famiglie e individui, possono essere di
ispirazione per l’economia sociale.
Tradizioni: il recupero delle tradizioni artigianali da una parte e delle forme di
supporto alla persona dall’altra, possono essere retroterra per forme organizzate di
impresa sociale.
DISCUSSIONE 3
L’economia sociale in Romania è un tema dai contorni sfocati. La legge che ne
deve regolare il settore è in discussione da molti mesi e non sembra essere
entrata definitivamente nell’agenda governativa. Il processo che ha portato alla
definizione della bozza di legge è stato interrotto e ripreso più volte, seguendo un
approccio top down piuttosto che partecipativo.
Parola chiave: PUNTI DEBOLI
Domanda stimolo: quali sono le criticità e cosa si sta facendo per superarle?
Statements più discussi in ordine di importanza:
La mentalità: i rumeni hanno generalmente un approccio passivo anziché
proattivo. E’ ancora forte il senso di attesa che i problemi siano gestiti e risolti
altrove. Cresce la delusione per il sistema democratico che in 22 anni non ha
portato un incremento della qualità della vita.
I gruppi di interesse: alcuni gruppi di interesse egemonizzano la politica. La
prima bozza di legge sull’impresa sociale era totalmente incentrata sulla
responsabilità sociale di impresa, accordando troppi vantaggi economici e fiscali
alle aziende e trascurando gli incentivi per l’impresa sociale. Solo grazie
48
all’intervento di un gruppo non organizzato di operatori di ONG si è raggiunto
l’obiettivo di riequilibrare il testo di legge. La sproporzione fra la capacità di lobbing
dei gruppi industriali rispetto a quella dei soggetti del non profit, anche in un’area
come quella dell’economia sociale, è evidente.
La mancanza di coinvolgimento dello stato che non ha attuato una decisa
politica forte per lo sviluppo dell’economia sociale.
La mancanza di spirito imprenditoriale: i rumeni non hanno tradizione di
impresa e non capiscono a fondo il possibile meccanismo dell’impresa sociale
La legislazione carente che non da certezze.
La carenza di informazione i media sono poco interessati al sociale e non
promuovono i casi di successo.
La visione a breve termine: tutta la società, soprattutto al sopravanzare della
crisi, sta assumendo una visione di breve termine, rivolta soprattutto a
sopravvivere e a risolvere i problemi immediati, anziché programmare lo sviluppo.
Statements meno discussi
Il tenore di vita: la povertà dissuade dalla partecipazione sociale e civile.
DISCUSSIONE 4
Per incentivare ad un pensiero creativo e positivo si è usato il “gioco” della
bacchetta magica, in cui viene dato ai partecipanti il potere di cambiare
arbitrariamente le cose.
Parola chiave: CAMBIAMENTO
Domanda stimolo: se aveste una bacchetta magica che fosse in grado di
cambiare un elemento del sistema al fine di sviluppare l’economia sociale, cosa
fareste?
Statements più discussi in ordine di importanza:
Cambiare la mentalità apportando un approccio proattivo e responsabile alle
persone protagoniste di iniziative sociali, economiche e politiche.
Iniettare il DNA imprenditoriale: ci si immagina di risolvere il problema della
scarsa proattività individuale operando in laboratorio, come se si fosse in presenza
di un’anomalia genetica. In questa simpatica metafora il soggetto sembra sollevato
dalla propria responsabilità.
49
Rimuovere l’apatia: anche in questo caso è come se si fosse in presenza di un
fattore congenito che impedisce di raggiungere gli obiettivi.
Eliminare la resistenza al cambiamento: in questo caso entra in gioco la volontà
dell’individuo di agire in maniera deliberatamente contraria.
Fornire istruzione a tutti: l’istruzione è vista come fattore di responsabilizzazione,
che fornisce alle persone gli strumenti per capire come funziona l’economia
sociale, cos’è un’impresa sociale, facilitando la decisione di impegnarsi nel sociale.
Eliminazione della povertà: la povertà incide sulla possibilità di sviluppare una
vera e propria economia sociale. Gli individui sono impegnati a procurarsi il
sostentamento e non hanno tempo per dedicarsi agli altri.
Statements meno discussi
Retribuzioni simili al profit: le basse retribuzioni (come il basso riconoscimento
sociale) dell’impresa sociale rispetto alla imprese profit, può essere un deterrente
per gli individui che ambiscono a lavorarvi.
5.
INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO
A livello metodologico sarebbe opportuno estendere il worshop ad operatori
privati e del non profit, ottenendo così punti di vista diversi e una panoramica più
ampia.
Dal punto di vista dei contenuti sarebbe interessante confrontarsi con le
strutture governative a partire dalle suggestioni del workshop.
Dal punto di vista progettuale si potrebbero riprendere alcune dei punti emersi
dal workshop in chiave di ricerca azione.
6.
CONCLUSIONI
A partire dagli obiettivi del workshop si possono trarre alcune conclusioni.
L’economia sociale è principalmente vista come un compito dello stato, che può
decidere di delegarlo a nuove entità non profit. Le imprese sociali sono ancillari
all’azione pubblica. Concetti come produzione equo-solidale, fund raising,
responsabilità sociale di impresa non sono ancora nel vocabolario degli operatori.
Le imprese in generale sono considerate non propriamente entità economico
sociali, ma piuttosto ambiti politico organizzativi. Esse sono detentrici di un potere
50
non facilmente negoziabile. Nei più giovani si nota la consapevolezza che le
imprese possono essere interessate ad aspetti sociali, ma anche per loro è difficile
vedere la conciliazione fra le mission delle entità profit e non profit.
Nella discussione sull’economia sociale si genera un paradosso che risiede nella
mancanza della figura dell’imprenditore sociale nell’immaginario dei partecipanti.
Come l’impresa profit è basata sull’imprenditore in grado di far fruttare il capitale
(finanziario) di rischio per creare valore (finanziario) per gli azionisti, l’impresa
sociale è basata sull’idea dell’imprenditore sociale in grado di far fruttare il capitale
sociale (fiduciario) per generare valore sociale. Nella discussione con gli operatori,
laddove si riesca a definire un profilo di impresa che abbia come finalità il mutuo
beneficio e il bene collettivo, è difficile legarlo all’idea di imprenditore e di capitale
di rischio.
Sul versante della consapevolezza è netto il discrimine fra giovani e adulti. Da una
parte c’è il desiderio di “mettersi in gioco” in prima persona e di imparare ad
operare con modalità nuove. Dall’altra parte l’atteggiamento é di “nascondersi” nel
ruolo e di non prendere iniziative.
Le aspettative più realistiche sono quelle attorno alla nascita di una cultura del no
profit che può essere appresa, agita e trasmessa col coinvolgimento delle
istituzioni. La scuola, i media, le pubbliche amministrazioni locali possono
sviluppare un processo di awareness che porterà effetti a lungo termine.
Nella discussione è emersa una certa difficoltà degli operatori a riconoscere
esperienze positive da replicare e valorizzare come fattori critici di successo.
Questa difficoltà di analisi può aver portato il legislatore alla scelta di quello che
abbiamo definito approccio top down, cioè porre l’azione legislativa come impulso
per lo sviluppo del settore a contrapposizione di un approccio botton up in cui le
esperienze positive dal territorio servono a definire la politica pubblica.
Tuttavia è necessario considerare che tale approccio potrebbe comportare una
lunghezza e articolazione del processo di diffusione verso il basso; una difficoltà
nella previsione dell’impatto, costi di transazione relativi alla diffusione verso il
basso, costi di transazione relativi al controllo dell’applicazione della legge e dei
suoi dispositivi.
Gruppo di lavoro n. 2: Capacity Building
Coordinatori: Guido Loleo – formatore - Obiettivo Lavoro (IT)
Madalina Marcu (respondabile SOCIAL - Obiettivo Lavoro (IT)
51
Esperto:
1.
Angelo Bodra – Consorzio Progetto Liguria (IT)
CONTESTO
Il contesto operativo in cui si è svolto il lavoro del gruppo è stato caratterizzato da
un'ampia presenza di “operatori” carcerari e dei servizi collegati e da un limitato
apporto del personale dirigente.
Il numero degli iscritti era di 28 unità ed è risultato effettivo.
Dato il tempo limitato, si è scelto di riportare in aula i risultati di una discussione sul
tema della “capacity building” a partire dalle risultanze dei lavori in plenaria e
tarando gli apporti su un'interpretazione della capacity building intesa come
“capacità di fare”, quindi, di costruire impresa sociale da parte del sistema
carcerario e extra carcerario rumeno. La scelta è stata condivisa dal gruppo,
orientato da un lato a capire i temi di fondo, sia in riferimento alla tematica
specifica del workshop che, in generale, all'impresa sociale.
Si è costruito un setting pedagogico basato sull'intervento di un formatore
/coordinatore, con lo scopo di chiarire, animare il gruppo e organizzare interventi e
conclusioni, insieme all'intervento dell'esperto (Angelo Bodra), con il compito di
offrire chiavi di lettura pragmatiche e rapportate alla realtà, e col supporto di
Madalina Marcu, responsabile di Social per Obiettivo Lavoro.
Gli interventi sono stati numerosi anche se si è dovuto superare un “impasse”
relazionale iniziale che attribuiva ad un elemento intangibile, quale la mancanza di
adeguata legislazione, il difetto di Capacity Building.
E' stato, infatti, scelto di analizzare quali fossero, a giudizio del gruppo gli elementi
che osteggiavano la piena realizzazione della capacity building nel contesto
rumeno.
2.
OBIETTIVO
L'obiettivo del gruppo, dato il limitato spazio temporale, è stato quello di
determinare quali fossero I 5 elementi che oggi influiscono sul dispiegarsi della
capacity building. Lo scopo del lavoro è stato quello di tradurre in pochi passaggi
per il report in plenaria, quindi comprensibili ed efficaci, gli elementi che
s’intendeva portare all'attenzione dell'autorità di gestione perché potessero essere
oggetto di riflessione e ampliamento nei prossimi progetti.
3.
METODOLOGIA
52
La metodologia prescelta è stata quella dell'animazione del gruppo a cura del
coordinatore, dell'esperto e della responsabile di SOCIAL per Obiettivo Lavoro.
Nella prima mezz'ora è stata spiegata la tematica, chiarendo il significato che si
intendeva dare al termine “capacity building” tra le diverse possibili accezioni, per
poi procedere alla discussione su quali fossero gli elementi che ne limitano il
dispiegarsi in merito alla costruzione di imprese sociali in ambito carcerario o extra
carcerario.
Si è preferito un approccio aperto e provocatorio, per poter avere un’interlocuzione
con il numero più ampio possibile di partecipanti.
Il clima si è rivelato ottimo e si è sempre mantenuto il reciproco rispetto anche
nell’espressione di punti di vista diversificati.
Il gruppo ha approvato formalmente la sintesi proposta dal coordinatore.
4.
RISULTATI
I punti maggiormente focalizzati in merito al rafforzamento della capacity building
per l'impresa sociale in ambito carcerario sono stati individuati in:
1)
Mancanza di una legge specifica sull'impresa sociale e sulle facilitazioni
che si potrebbero ottenere per ottimizzarne lo start up (viene ricordato il parere del
CESE dell'ottobre 2011 che auspica lo sviluppo di una unica definizione europea di
Impresa Sociale e, quindi, una concezione legislativa europea coerente e
comparabile).
2)
Cultura della sorveglianza e del controllo (anche se interventi successivi di
almeno un dirigente hanno spiegato che questa cultura si è andata affievolendo in
favore di una maggiore responsabilizzazione del detenuto) giudicata come ancora
prevalente rispetto a quella dello sviluppo delle relazioni e delle motivazioni della
persona in carcere.
3)
Strutturazione gerarchico piramidale anche se si rileva la presenza di una
rete di comunicazione efficace tra operatori che può generare comunicazione
trasversale. L'organizzazione carceraria, però, è tipicamente e in ogni contesto
territoriale, di tipo piramidale e orientata al controllo (viene riportato in aula il pensiero
di Focault “Sorvegliare e punire” che attesta come ogni elemento organizzativo,
anche nella struttura fisica degli edifici carcerari riflette questo assunto), ma gli
operatori auspicano una maggiore enfasi sugli aspetti collegati alla crescita (sociale
e culturale) delle persone, per ottenere maggiori risultati nel combattere la recidiva.
Senza interferire sull'organizzazione della burocrazia carceraria, fuori dagli obiettivi e
53
dalle possibilità del progetto, la diffusione di reti di collegamento tra operatori e l'agire
di gruppi di lavoro con responsabilità e possibilità di giudizio e scelta viene ritenuto un
passaggio possibile. Viene citato come esempio da rafforzare la presenza, già
operante, di una rete telematica fra operatori carcerari che viene talvolta utilizzata,
ma in forma ancora embrionale, come “forum” di discussione. Questo interscambio,
se portato ad agire come forum permanente, potrebbe dare vita ad un potente
strumento di progettazione e validazione di esperienze tra le diverse carceri.
4)
Difficoltà di engagement degli operatori a causa
del basso livello di
retribuzione attuale. L'elemento è critico e poco “maneggevole” all'interno del
progetto. E' elemento di fondo, insieme alla bassa predisposizione sociale ad
occuparsi di chi ha creato “danno sociale” nel momento in cui la crisi mette sotto
pressione la vita quotidiana di coloro che rispettano le leggi.
5)
Limitata conoscenza del tema “Impresa Sociale” e necessità di maggiore
diffusione della formazione a suo sostegno. L'elemento è visto come estremamente
importante. Le esperienze ascoltate in plenaria hanno fatto nascere. anche in coloro
che non hanno precedentemente partecipato a momenti formativi sul tema, la
curiosità e la consapevolezza che manca un elemento di competenza diffuso in
merito. Mancano elementi sia di tipo “tecnico” che “culturale” e si lamenta, quindi, la
difficoltà stessa di “inquadrare” correttamente il problema per l'impossibilità di avere
dei feedback esperienziali.
6)
Carenza di dialogo tra sistemi nazionali e locali ed istituzioni territoriali.
Risulta evidente al gruppo una frattura nei sistemi relazionali e, quindi, decisionali tra
istituzioni centrali e locali, che devono avere un naturale coinvolgimento in azioni
“sociali” che incidono sul territorio. Diventa quindi importante stabilire un sistema di
relazioni tra operatori sociali delle carceri ed operatori del territorio per poter
programmare politiche e azioni che non pecchino di incongruenza e che garantiscano
continuità nel passaggio delle persone private della libertà dalla “tutela” carceraria a
quella dei servizi sociali.
7)
Costruzione e supporto di una rete condivisa di operatori tecnici che
strutturi idee imprenditoriali e costituisca una banca dati dei business plan.
L'elemento è suggerito da una policy brief aggiuntiva già interna al progetto. La
determinazione di un business plan congruo e non velleitario necessita di essere
definita da soggetti con competenze specifiche e non può essere lasciata
all'improvvisazione (per quanto positivamente orientata) degli operatori. L'obiettivo è
quello di poter disporre di un set di business plan di “base”, che determino nei diversi
54
progetti d’impresa le caratteristiche obbligatorie e minimali, illustrando quindi i vincoli
economici e funzionali che li caratterizzano. La rete potrebbe essere alimentata dalle
business idea presentate dagli operatori delle carceri o da altri soggetti collegati e
costituire un prezioso elemento relazionale e tecnico per lo sviluppo di imprese
sociali.
5.
INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO
Come suggerito nel paragrafo precedente, i suggerimenti raccolti sui differenti
punti possono essere così sintetizzati:

Elementi culturali interni: maggiore spazio organizzativo e di relazione tra
operatori e tra gruppi interdisciplinari di lavoro. Introduzione di circoli di qualità e di
strutture dedicate alla conduzione di obiettivi e progetti.

Elementi culturali esterni: conoscenza dell'impresa sociale. Introduzione di
percorsi formativi per soggetti nelle diverse posizioni organizzative all'interno dei
sistemi carcerari, con particolare focus sulle direzioni, sui quadri intermedi e sugli
operatori sociali.

Avvio di percorsi formativi e di coaching tra operatori carcerari ed operatori
sociali esterni, appartenenti a sistemi nazionali e locali in merito a politiche attive del
lavoro. Ufficializzare e rafforzare gli strumenti di rete attualmente presenti.

Avvio di politiche di comunicazione sulla realizzazione di percorsi di
economia sociale, non ultima la diffusione del concetto di “cooperativa sociale” che
rappresenta un potente strumento per realizzare impresa a basso tasso di capitale e
in grado di generare valore sociale aggiunto per il territorio.

Operare strategicamente su “Piani di Sviluppo Locale” in modo che
contengano azioni a valere sia su l’FSE che sul FESR, per coinvolgere tutti i sistemi
locali e offrire spazi paritari anche all'impresa sociale collegata ai sistemi carcerari.
L'unificazione degli sforzi sotto una regia “locale” che determini la mission di un
territorio anche in termini di economia sociale apre spazi di dialogo tra istituzioni che
attualmente risultano carenti.

Dare vita ad una banca dati dei business plan rappresenta un elemento
fondamentale per non sprecare risorse e generare momenti di apprendimento
collettivo sul tema dell'impresa sociale.
6.
CONCLUSIONI
55
Esistono problematiche certe in merito alla capacity building legata al tema dello
sviluppo di impresa sociale a partire dagli Istituti penitenziari.
Tuttavia le problematiche non appaiono sostanzialmente diverse da quelle presenti
in altri contesti europei rispetto alle problematiche degli interventi sociali in
ambiente carcerario, sottoposto per sua natura a vincoli giudiziari e di controllo che
non hanno paragoni in ambienti esterni.
Si è potuto, al contrario, rilevare che l'atteggiamento è estremamente positivo e si
possono condurre azioni di recupero e miglioramento proprio in forza della volontà
di azione che è presente negli operatori.
I suggerimenti sopra esposti, uniti alle conclusioni del lavoro di gruppo indicano
come i passaggi necessari possano essere facilmente inseriti in un progetto di
sistema di secondo livello che esporti il “modello Social” a contesti più allargati,
operando quindi direttamente sui sistemi e sulle culture e sostituendo ad azioni
“pilota”, come quelle di Social, la strutturazione di interventi a più ampio spettro.
Da questo punto di vista, l'eventuale avvio di progetti a carattere generale, sul
territorio nazionale, che insista sul “pianeta carcere” integrato nel piano locale con
lo strumento dei “Piani di Sviluppo Locale” e con l'intervento concorrente di fondi
per le risorse umane (FSE) e per gli investimenti (FESR), già sperimentati in Italia,
può rappresentare la chiave di volta per alimentare un volano positivo sulla
Capacity Building per l'impresa sociale collegata alle dinamiche carcerarie e alla
lotta alla recidiva.
56
Gruppo di lavoro n. 3: Governance e reti per lo
sviluppo locale
Coordinatori:
Antonino Di Liberto – Direttore Unione degli
Assessorati delle Politiche Socio Sanitarie e del
Lavoro (IT)
Neagu Elena Cristina - responsabile attività 6.3 del
progetto SOCIAL, Unione degli Assessorati delle
Politiche Socio Sanitarie e del Lavoro (RO)
Esperto:
Rob Platzbeeker - Vice Direttore degli Istituti
penitenziari di Limburg (NL)
Domenico Balsamo – Sindaco del Comune di
Contributi
esperenziali:
Villafranca Sicula (IT)
Salvatore Scimè – Vice Sindaco del Comune di
Porto Empedocle (IT)
1.
CONTESTO
L'attività del gruppo di lavoro é stata caratterizzata da una grande presenza di
partecipanti al gruppo. Tra i partecipanti vi erano gli operatori delle carceri e dei
servizi penitenziari, compreso il personale di custodia. Il gruppo ha beneficiato
anche della presenza di specialisti, un esperto proveniente dall’Olanda, che nella
sessione aveva presentato la sua esperienza a Limburg e contributi esperenziali
da parte di due attori istituzionali, invitati dall'Italia.
La discussione del gruppo è stata aperta dall’esperto olandese, Robert
Platzbeeker, che è partito da un punto fondamentale: il tasso di recidiva esistente
in Romania. Riprendendo l’esperienza della "Cooperazione Aftercare tra Istituti
penitenziari e le reti di Comuni in Limburg", presentata nella sessione plenaria, ha
chiesto ai partecipanti se pensavano che questo tipo di cooperazione potesse
essere utile a diminuire, anche nel contesto rumeno, il tasso di recidiva,
attualmente al 50%. Ha, inoltre, invitato i partecipanti a fare domande su vari
aspetti giuridici di tale cooperazione e a
effettuare confronti tra le tre realtà:
olandese, italiana e rumena, in termini di costruzione di reti locali e nazionali, di
partenariati e di accordi nei vari sistemi carcerari.
Si e discusso il concetto di ”Aftercare”, nel sistema carcerario olandese, in quello
italiano e in quello rumeno. L'obiettivo dei Paesi Bassi è quello di fornire all’80%
57
delle persone che escono dal carcere le risorse di base necessarie (un documento
di identità valido, il reddito, orientamento al lavoro o sociale, un piano di
ristrutturazione del debito, alloggio, sostegno e adeguate cure psichiatriche e per
le dipendenze). In Italia ci sono sia la legislazione che il sistema carcerario che
prevedono l’esecuzione penale esterna per i detenuti con condanne fino a tre anni,
in modo da facilitare il reinserimento nella società in maniera graduale e sicura. In
Romania, invece, il concetto di "Assistenza riabilitativa", che rappresenta un
contributo significativo al reinserimento sociale degli ex detenuti e alla riduzione
della recidiva é quasi totalmente mancante.
Il coordinatore del gruppo, Antonino Di Liberto ha sottolineato l'importanza della
percezione di "sicurezza sociale" da parte del cittadino comune e di come il
sistema giuridico, compreso il sistema carcerario, contribuisca a questa
percezione. Questo al di là di quale sia il paese in cui si vive.
Domenico Balsamo e Salvatore Scimè, rappresentanti due Comuni italiani, hanno
condiviso con il gruppo la loro esperienza di amministratori pubblici ed in
particolare la difficoltà di stanziare fondi, con risorse sempre minori, per
l’assistenza di persone svantaggiate, con bisogni sempre maggiori a causa della
crisi economica e della specifica situazione della Sicilia.
Sono state, inoltre discusse questioni relative a: carceri minorili, sostegno dello
Stato per le famiglie con figli minori che hanno commesso un reato, il loro diritto a
non essere abbandonati e a rimanere in collegamento con la famiglia, i diritti di
genitori dei detenuti adulti, il rispetto del diritto alla riservatezza dei dati personali,
ecc. Il problema più dibattuto è stato il tema stesso del workshop: la creazione di
sistemi di governance per la gestione di reti per lo sviluppo locale, focalizzando le
reti di Craiova e Timisoara, create dal nostro partner del progetto Social, Federatia
Filantropia.
2.
OBIETTIVI
L’obiettivo del workshop, tenendo conto del poco tempo a disposizione, era quello
di elaborare gli elementi di base necessari per creare partenariati e sviluppo di reti.
Sulla base della presentazione in plenaria dell'esperienza olandese in questo
campo, questo workshop è stato completato con l'esperienza italiana, permettendo
58
ai partecipanti di avere una prospettiva più ampia e, nel contempo, sintetica ed
efficace su nozioni generali di partnership, network, sviluppo locale ma anche sulle
reti concrete già create da Federatia Filantropia, che rappresentano esse stesse
un modello di rete.
3.
METODOLOGIA
La metodologia di lavoro scelta per il workshop è stato il colloquio interattivo tra
esperto, coordinatore, responsabile, gli ospiti (contributo esperenziale) e i
partecipanti.
Si é preferito un dialogo aperto. Tutti i partecipanti sono stati invitati a prendere la
parola, allo scopo di far intervenire il maggior numero possibile di loro. Le
conversazioni si sono svolte nel rispetto reciproco, anche se sono state espresse
opinioni diverse.
Gli interventi sono stati numerosi, All’inizio si dovuto superare un momento difficile
dal punto di vista dell’interazione, dovuto alla mancanza di traduzione italianorumeno e rumeno-italiano, che è stata, successivamente, effettuata dalla
responsabile dell’attività, Elena Cristina Neagu, mentre la traduzione in inglese rumeno, rumeno-inglese è stata fornita dall’organizzatore della conferenza, ANP.
4.
RISULTATI
Lo sviluppo di partnership in collaborazione con gli attori interessati sul territorio, al
fine di creare una rete di sostegno dell'economia sociale, necessita coinvolgere
tutte quelle istituzioni che possono dare un contributo significativo e positivo per
promuovere lo specifico settore dell'economia sociale, per sostenere lo sviluppo di
un quadro legislativo adeguato, per sostenere le imprese sociali e, non ultimo, per
promuovere l'inclusione sociale delle persone svantaggiate inserite in queste
imprese sociali.
5.

INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO
Ricerca e condivisione di obiettivi comuni, azioni e strategie di intervento. Un
punto di forza nella governance e nel funzionamento dei partenariati e delle reti di
sostegno è la capacità degli attori di "fare sistema";

Creare un Networking reale e funzionale. Se il partenariato è concepito per un
periodo limitato, temporaneo, strumentale e funzionale a ‘qualcosa’, la Rete è
permanente. Il lavoro di rete è complesso e difficile, e deve superare molti ostacoli
per la creazione delle migliori prassi;
59

Prevedere il costo delle reti per garantirne il loro funzionamento, una
governance adeguata e la loro durata nel tempo;

Identificare le organizzazioni con le quali è necessario lavorare in rete:
l'identificazione dei "esperti";

Completare il quadro legislativo per l'economia sociale e quindi i modelli di
rete a sostegno dell'economia sociale;

Fare chiarezza sulle aspettative istituzionali nei confronti delle reti create.
6.

CONCLUSIONI
E’ necessario sviluppare politiche innovative, basate su interventi policentrici,
per lo sviluppo di partenariati locali e internazionali delle reti per l’inclusione sociale e
garantire pari opportunità di accesso alla vita sociale e produttiva per i soggetti più
vulnerabili e a rischio.

E’ necessario avere una cultura comune da parte degli operatori coinvolti nei
diversi sistemi, in termini di metodologie e strumenti per il controllo dell’esclusione
sociale e dei pregiudizi sociali e dei vincoli istituzionali che tendono a perpetuare
l'esclusione sociale delle persone soggette a sanzioni penali.

E’ necessario costruire le procedure locali e nazionali per un dialogo comune
e sistematico, in conformità con la Strategia Nazionale per il reinserimento sociale dei
detenuti.

E’ necessario un modello formale d’integrazione istituzionale e sociale -
coinvolgendo lo Stato, enti locali, comunità civile, le ONG, il sistema dell'economia
sociale, le imprese commerciali - che miri a sviluppare la cooperazione integrata,
estesa e qualificata per implementare percorsi di inclusione sociale per le persone in
esecuzione penale.

E’ necessaria una programmazione economica e finanziaria nazionale, come
parte della strategia politica di governo verso l’inclusione sociale, per individuare
ulteriori forme di finanziamento, compreso l'accesso ai fondi comunitari, finalizzate
alla progettazione di attività da svolgere in partenariato.
60
Gruppo di lavoro n. 4: Comunicazione sociale
Coordinatore:
Maria Grazia Mastrangelo – Esperto senior per il
progetto SOCIAL – ISFOL (IT)
Esperto:
Elton Kalica - Ristretti Orizzonti (IT)
1.
CONTESTO
Il gruppo di lavoro è stato realizzato nell’ambito dell’attività 6.3 del progetto
SOCIAL. Il partenariato del progetto ha scelto la tematica Comunicazione sociale
come uno dei contenuti da approfondire nell’ambito del seminario internazionale
““Modelli di intervento per un mercato del lavoro inclusivo”
Nel corso della sua realizzazione SOCIAL ha, infatti, posto una particolare
attenzione alla comunicazione dei prodotti e dei risultati ottenuti dal progetto,
attraverso dibattiti, seminari locali, conferenze nazionali e transnazionali, workshop
con professionisti dell’informazione, partecipazione a programmi radio – TV, articoli
sui giornali nazionali e locali, materiale promozionale progettato per prevenire la
criminalità e per facilitare il reinserimento sociale delle persone in esecuzione
penale.
Partendo dalla convinzione che la comunicazione efficace possa aiutare l'opinione
pubblica a sviluppare una percezione oggettiva sul sistema penitenziario e sulle
persone detenute, lo sforzo in corso di realizzazione, sia attraverso il progetto
SOCIAL, sia attraverso la promozione della Strategia Nazionale per il
Reinserimento Sociale delle Persone Private della Libertà, riguarda:

la formazione di un team di comunicazione specializzato

l’avvio di una politica proattiva di comunicazione e sensibilizzazione della
società civile;

la professionalizzazione del personale che svolge attività di comunicazione istituzionale
all’interno dell’Amministrazione nazionale dei Penitenziari - Ministero della Giustizia rumeno.
2.
OBIETTIVI
Il gruppo di lavoro era rivolto agli operatori del sistema penitenziario (ANP e Istituti
di pena), a quelli del privato sociale ed ai professionisti della comunicazione
(media, stampa), al fine di rileggere in maniera più allargata le Raccomandazioni
di policy elaborate nell’ambito di SOCIAL - arricchite dagli interventi degli esperti in
plenaria - ed identificare possibili piste di lavoro per l’attuazione di interventi
61
proattivi di comunicazione in grado di:

combattere i pregiudizi nei confronti di chi ha vissuto l’esperienza del carcere
e rendere le comunità maggiormente accoglienti nei loro confronti, favorendone il
reinserimento sociale;

mettere in luce anche le funzioni educative e riabilitative del sistema
penitenziario ed il servizio reso alla collettività in termini di maggiore sicurezza e
legalità.
L’identificazione di possibili piste di lavoro future non poteva prescindere dalle
criticità ravvisate dal partenariato, quali:

la carenza di risorse (umane e finanziarie) dedicate agli aspetti della comunicazione
istituzionale e sociale;

l'instabilità di un team di comunicazione e dunque l’improvvisazione quando è
necessario;

la mancanza di specialisti nella comunicazione con i media.
3.
METODOLOGIA
La metodologia utilizzata nel gruppo è stata il più possibile interattiva, seppur
condizionata dal tempo limitato a disposizione (un’ora e mezza) e dal bisogno
della traduzione simultanea in cuffia per le interazioni.
I partecipanti al gruppo di lavoro erano tutti appartenenti ad ANP e ai vari Istituti
penitenziari della Romania (assistenti sociali, psicologi, polizia penitenziaria), fatta
eccezione per la presenza di una giornalista.
La completa assenza di operatori del privato sociale oltre ad aver limitato le
osservazioni e la raccolta dei diversi punti di vista tra intra ed extra murario, è stata
vissuta, nelle percezioni degli operatori penitenziari, come l’assenza di un
interlocutore nella società civile: “noi non abbiamo un ricettore, ce lo dice
l’assenza del privato sociale”, è stato il commento di uno dei partecipanti.
Elton Kalica, l’esperto di Ristretti Orizzonti ha svolto il ruolo di critical friend
fornendo ulteriori approfondimenti sull’esperienza raccontata, mentre un contributo
esperenziale è stato fornito da Maurizio Artale, presidente del Centro Don Puglisi
nel quartiere Brancaccio a Palermo, presente al seminario per l’Unione
Assessorati.
Punto di partenza per il lavoro sono stati:
62
Il policy brief su “Comunicazione sociale e mass media”3 (preventivamente
a)
distribuito ai partecipanti) che pone l’accento sull’importanza di: creare una maggiore
sensibilizzazione pubblica, come strumento di tutela di persone coinvolte nei
procedimenti penali; ‘educare i media’ a una deontologia specifica nel raccontare i
fatti concernenti la devianza e le persone che vi sono coinvolte; evidenziare le
funzioni riabilitative e non solo punitive, del sistema della Giustizia.
L’esperienza di Ristretti Orizzonti (ascoltata nella sessione plenaria e prima
b)
descritta nel presente documento) che ha narrato la sfida di una rivista - prodotta
all’interno di due Istituti penitenziari da detenuti e volontari - di fornire informazioni
corrette dal “dentro al fuori” attraverso il racconto di storie di vita e di esperienze da
ristretti. La rivista svolge, così, una funzione di in-formazione nei confronti della
collettività e dei media, ma ha anche una funzione rieducativa degli stessi detenuti –
redattori.
La conduzione si è articolata nelle seguenti fasi:
I.
Introduzione al gruppo di lavoro: contestualizzazione ed articolazione;
II.
Tematizzazione attraverso i contenuti del policy brief “Comunicazione sociale
e mass media” e l’esperienza di Ristretti Orizzonti;
III.
Proposta di domande stimolo attraverso cui definire le aree di discussione
IV.
Interventi liberi con la tecnica del brain storming e visualizzazione degli stessi
con l’ausilio della lavagna a fogli;
Sintesi degli elementi emersi dagli interventi per il report in plenaria, attraverso
V.
l’identificazione di parole chiave per una più veloce esposizione.
4.
RISULTATI
TEMA DI DISCUSSIONE 1
Con il termine comunicazione sociale si è inteso, negli ultimi anni, un insieme di
fenomeni e realtà molto diverse. Nel passato molti autori che si sono occupati dei
processi comunicativi hanno inteso il termine sociale nel senso di diffuso o
comune, utilizzando comunicazione sociale come sinonimo di comunicazione, cioè
con questa formula si indicava la comunicazione diffusa nella società. Un più
recente e più specifico utilizzo del termine è quello della pubblicità sociale e dalle
campagne di pubblica utilità (pubblicità progresso). Una comunicazione, realizzata
3 Cfr. ISFOL, “Raccomandazioni di policy per il reinserimento di persone in esecuzione penale”, elaborate
nell’ambito del progetto SOCIAL
63
principalmente attraverso spot radiotelevisivi o messaggi mirati al grande pubblico
e
finalizzati
a
promuovere
argomenti,
atteggiamenti
o
comportamenti.
Sostanzialmente, un tipo di comunicazione che ha come obiettivo delle finalità
collettive ed è quindi da inserire nell’ambito della comunicazione pubblica,
realizzata principalmente dalle pubbliche amministrazioni, da organizzazioni non
profit ma anche da imprese private. Lo spostamento dal riferimento alle campagne
sociali al concetto di comunicazione sociale, intesi ancora spesso come sinonimi,
coincide con l’allargamento dello spettro di strumenti, linguaggi e contenuti
utilizzati che vedono aggiungersi alle campagne radio-televisive e della stampa,
numerosi altri canali e modalità di trasmissione (web, blog, social network, …).
Attualmente, il trend è quello di mettere in maggiore evidenza la socialità e
relazionalità tipiche dei nuovi approcci alla comunicazione.
Domanda stimolo: Nell’ambito del reinserimento sociale e lavorativo di persone in
esecuzione penale, quale significato diamo al termine comunicazione sociale?
Elementi emersi:
-
Un’interazione tra attori diversi che dialogano tra loro secondo una serie di
regole comunicative, alcune scritte, altre no. Nella comunicazione c’è un emittente ed
un ricevente.
-
Uno scambio formale ed informale.
-
Promuovere l’idea che tutti potremo aver bisogno di una seconda chance.
Finire in carcere è molto più facile di quel che si pensi.
-
Un flusso di informazioni che parta dal penitenziario verso la comunità e
faccia capire alla collettività che queste persone meritano una seconda opportunità.
-
Sensibilizzazione della società sul fatto che il penitenziario svolge un
servizio per la collettività. Per questo è necessario che i messaggi che partono dal
penitenziario siano efficaci.
-
Una comunicazione che miri a fornire informazioni utili per ovviare a
disuguaglianze di accesso alla vita sociale.
-
Una comunicazione dei bisogni, facendo emergere nell'immaginario
collettivo e nell'opinione pubblica i diritti e promuovendo intorno a questi, mediante
azioni e reti di solidarietà, inclusione e coesione.
-
Provocazione vs rivendicazione. La comunicazione sociale è provocazione,
rivoluzione degli immaginari collettivi mediante la proposta di nuovi bisogni e la
64
costruzione condivisa di stili di vita e pratiche solidali intorno a nuove emergenze e
soggetti svantaggiati. Non rivendicazione di assistenza pubblica.
Parola chiave: COMUNICAZIONE SOCIALE
TEMA DI DISCUSSIONE 2
Per sviluppare una cultura dell’inclusione, della comprensione e dell’accoglienza,
con particolare riferimento alla fase del post-rilascio, fondamentali appaiono le
azioni di sensibilizzazione della collettività. E’ nelle dinamiche locali che si
favorisce la rappresentazione sociale della norma, del crimine, dell’autore di reato.
Ed è solo attraverso processi di conoscenza reciproca che si può riuscire ad
aggregare le persone sui problemi del carcere e del reinserimento sociale e
lavorativo degli ex-detenuti.
Domanda stimolo: Quali azioni di sensibilizzazione rivolte alla collettività possono
favorire una cultura dell’inclusione, della comprensione e dell’accoglienza, con
particolare riferimento alla fase del post-rilascio?
Elementi emersi:
-
Maggiore apertura del carcere all’esterno per chiedere alla comunità di
farsi carico del reinserimento, attraverso l’organizzazione di attività condivise (es.
workshop, spettacoli teatrali, cineforum organizzati nei penitenziari, ecc.). La distanza
tra il carcere e la comunità non è solo il muro di cinta, è soprattutto una distanza
culturale fatta di non conoscenza reciproca.
-
Creare occasioni di dialogo tra i detenuti e la comunità esterna attraverso
il racconto di storie di vita e delle esperienze, utilizzando il potere dell’esempio, della
narrazione autobiografica ed evidenziandone gli aspetti positivi.
-
Nella scelta di cosa si comunica, fare attenzione a non mandare messaggi
negativi, (in particolare non pubblicizzare modelli negativi per i giovani), perché
comunicare è importante ma può essere pericoloso.
-
Per dare visibilità all’aspetto rieducativo e di servizio alla comunità del
penitenziario, si potrebbe utilizzare la narrazione di ciò che si fa.
-
Bisogna credere nel messaggio che si comunica.
-
Bisognerebbe invitare giornalisti e magistrati a passare una giornata nel
penitenziario.
65
Parola chiave: UMANIZZAZIONE
TEMA DI DISCUSSIONE 3
La comunicazione sociale è un progetto di innovazione culturale. È prendersi cura
del tessuto sociale di un territorio, ascoltando le voci più marginali del bisogno, per
proporre all'attenzione pubblica generale, mediante il racconto della propria
esperienza, mediante la forza dell'esempio, nuove forme di convivenza per una
società più giusta e solidale.
Domanda stimolo: Qual è il valore aggiunto, per la società nel suo complesso,
derivante dalla costruzione di una cultura dell’inclusione, della comprensione e
dell’accoglienza nella fase del post-rilascio?
Elementi emersi:
-
Valore culturale: l’innovazione La comunicazione sociale è la più innovativa
delle comunicazioni, almeno sotto il profilo dei temi proposti, perché lavora sulle
emergenze e sui bisogni nascosti della società, tratta spesso temi di frontiera, che la
politica e le amministrazioni pubbliche, spesso, non hanno ben presenti.
-
Valore sociale: la coesione. La comunicazione sociale promuove nuovi
valori “dal basso”, costruendo consenso e partecipazione.
-
Valore economico: il risparmio. Se si perviene allo stesso risultato senza
conflitti, ma invece recuperando e attivando risorse e facendo rete, si abbattono i
costi dei conflitti, delle diseguaglianze, delle resistenze, degli immobilismi.
Parola chiave: VALORE
TEMA DI DISCUSSIONE 4
L’efficacia della comunicazione verso la collettività è un riflesso della chiarezza
della comunicazione interna, ovvero di quegli elementi strategici attorno ai quali si
aggrega il consenso e la motivazione di chi opera. Mission, vision, valori e obiettivi,
chiari, condivisi e diffusi fungono da bussola anche per la gestione della
comunicazione esterna.
Investire in comunicazione è costruire una società più giusta e solidale, non farlo
potrebbe essere uno spreco di risorse e potrebbe provocare effetti negativi di
66
ritorno.
Domanda stimolo: Cosa sarebbe necessario nel sistema penitenziario rumeno
per costruire un’efficace comunicazione sociale in tema di reinserimento sociale
degli ex-detenuti?
Elementi emersi
Sono necessarie competenze comunicative e l’aiuto di professionisti della
-
comunicazione.
Gli operatori che hanno partecipato ai corsi di formazione SOCIAL
-
potrebbero dare una mano.
C’è differenza fra informare e comunicare. Nell’informazione bisogna stare
-
attenti a non metterci del proprio. La comunicazione implica vicinanza e
comprensione del contesto in cui ci si trova.
Servono competenze da professionisti perché fare comunicazione sociale è
-
un'azione più complessa di quella di promuovere un servizio, fare un comunicato
stampa, gestire un sito, tutte attività che possono essere strumenti di una strategia di
comunicazione, ma che non devono essere confuse con l'obiettivo.
Parola chiave: COMPETENZA
5.
INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO
Dato il poco tempo disposizione e a partire dai risultati del gruppo di lavoro, le
proposte si riferiscono alle azioni percorribili nel breve termine:
a)
Promuovere la sensibilizzazione e il cambiamento del comportamento
della collettività verso le persone che hanno vissuto l’esperienza del carcere,
mediante strategie o tecniche di marketing sociale (pubblicità progresso, web, blog,
ecc.)
b)
Rafforzare il marketing istituzionale, cioè promuovere e realizzare modalità
pubbliche di rendicontabilità dell'operato del sistema penitenziario, quali il “company
profile”, fatto da professionisti.
c)
Individuare persone che possano essere dei riferimenti stabili per ognuno
67
dei luoghi di detenzione e per il rapporto tra questi luoghi, il mondo dei media e
quello della società locale esterna. Ciò favorirà la creazione di una “rete virtuale di
comunicatori” che potranno contribuire - congiuntamente alle altre forme di intervento
messe in campo - a far nascere nuove conoscenze nell’opinione pubblica e a
superare gli stereotipi culturali.
Intessere uno scambio permanente fra il dentro ed il fuori, fra “pianeta
d)
carcere” e società civile con il coinvolgimento del privato sociale.
Condividere i contenuti emersi dal gruppo con i livelli dirigenziali del
e)
sistema penitenziario, per evitare il rischio che la motivazione degli operatori possa
venir frustrata dalle decisioni politiche dei vertici.
Fornire ulteriori occasioni di discussione ed approfondimento sulla
f)
tematica, coinvolgendo professionisti della comunicazione.
6.
CONCLUSIONI
Dai contenuti emersi nel gruppo di lavoro si possono trarre alcune conclusioni.
Per quanto sia forte, da parte dell’ANP, il desiderio di impegnarsi nell’attuare una
politica proattiva di comunicazione che favorisca il reinserimento sociale degli ex
detenuti e contribuisca a combattere la recidiva, molte sono ancora le
problematiche:

l'instabilità del team di comunicazione e il problema della sua stabilizzazione;

la mancanza di specialisti nella comunicazione;

la scarsa apertura alla collaborazione e allo scambio tra il carcere e la società civile
organizzata. Nella realtà rumena, è’ ancora molto forte una rigida divisione di compiti e
competenze tra sistema penitenziario e società civile: gli operatori penitenziari si occupano
del “dentro” curando gli aspetti di custodia, vigilanza, rieducazione per il rilascio; gli operatori
del privato sociale si occupano del “fuori”, al termine della detenzione, curando i bisogni i
primari e lavorativi per il reinserimento. In mezzo, per lo più, non c’è dialogo, cooperazione,
programmazione di interventi condivisi. Fanno eccezione le sporadiche iniziative di
sensibilizzazione della comunità che alcuni operatori, per vocazione, formazione o perché
coinvolti da progettualità come SOCIAL, portano avanti insieme al lavoro di routine. In Italia,
questo processo di compenetrazione è stato, sicuramente, facilitato dall’ordinamento
penitenziario vigente che prevede, anche, l’esecuzione penale esterna;

l’impoverimento di vasti ceti sociali e l’aumento delle fragilità individuali e di massa, a
causa della grave crisi economica, alimentano comportamenti indifferenti, cinici, individualisti,
68
di paura, condizionati dalle influenze mediatiche. Questo rende difficile o fa percepire come
superfluo l’investimento sulla comunicazione sia interna che esterna. Quest’ultima, spesso,
viene limitata ad attività di informazione, diffusione e pubblicizzazione delle iniziative messe
in campo.
Fare comunicazione sociale significa, invece, sforzarsi di credere che i valori e le
iniziative della cittadinanza attiva possano trasformarsi da buone pratiche di
nicchia a modelli di comportamento collettivi.
Significa costruire e diffondere, storie, linguaggi, format convincenti e capaci di
parlare innanzitutto a chi il mondo del bisogno e della marginalità non lo conosce,
non lo frequenta, non lo cerca.
E’ una comunicazione che ha come protagonisti i nuclei più intraprendenti e
solidali della società, siano essi pubbliche amministrazioni collaborative, ONG,
singoli cittadini, gruppi informali, strutture dell’economia sociale o imprese che
decidono di partecipare a progetti di responsabilità sociale.
69
Considerazioni finali
L’economia sociale e il mondo dell’associazionismo e del volontariato
favoriscono, per la loro stessa natura, l’ inclusione socio-lavorativa delle fasce a
rischio di emarginazione, a beneficio dell’intera collettività. Come evidenziato
dalle esperienze di altri Paesi, la crescita del no profit può generare un aumento
dell’occupazione e del valore sociale, in grado di temperare anche le
conseguenze dell’attuale crisi economica.
L’economia sociale svolge un ruolo essenziale in Europa e potrà prosperare e
sviluppare tutto il suo potenziale soltanto se beneficerà di premesse e condizioni
politiche, legislative ed operative adeguate, quali l'accesso agevolato al credito,
sgravi fiscali, lo sviluppo del microcredito, finanziamenti adeguati, in primis i fondi
strutturali, come ampiamente riconosciuto sia dal Parlamento che dalla
Commissione Europea.
Il settore va, dunque, sostenuto e valorizzato.
Per quanto concerne l’inserimento sociale, formativo e lavorativo di detenuti ed
ex detenuti, occorrono migliori politiche inclusive da tradurre, poi, in interventi
integrati sul territorio. Determinante é il lavoro sinergico e di rete tra istituti
penitenziari, ONG, agenzie e servizi territoriali, imprese profit e no profit.
Le linee guida, in questa sede presentate ed esaminate, potranno agevolare le
istituzioni e le organizzazioni coinvolte nel reinserimento di persone in uscita dal
circuito penale, nella condivisione di un percorso che tenga conto delle istanze
economiche ma che allo stesso tempo rispetti le esigenze sociali ed ambientali
per uno sviluppo intelligente, inclusivo e sostenibile, come delineato nella
Strategia Europa 2020.
Le linee guida sono, quindi, un importante riferimento per ideare e sviluppare
interventi integrati a livello locale in un’ottica di prevenzione della recidiva. In
Romania è forte l’esigenza di cambiamento verso un nuovo modello di welfare
che veda l’azione congiunta di pubblico e privato, di profit e no profit.
La delicata ed importante fase di transizione del Paese nell’ambito delle politiche
inclusive per gli ex detenuti potrebbe aprire a nuovi scenari. La recente
“Strategia nazionale per l’inserimento sociale delle persone private della libertà”,
dà nuovi orientamenti per un quadro normativo ed un sistema interistituzionale
più interattivi e funzionali, in un contesto in cui il tasso di recidiva si attesta
intorno al 50%.
Il Disegno di Legge per regolamentare e sviluppare l’economia e l’impresa
sociale, dovrebbe prevedere misure incentivanti per sviluppare un settore
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economico con notevoli potenzialità, capace di creare nuovi posti di lavoro di
qualità e di rafforzare la coesione sociale, economica e territoriale.
Nonostante gli evidenti segnali di apertura e di cambiamento, si riscontra nella
società rumena una certa difficoltà a comprendere appieno ed a fare proprio il
concetto di economia sociale, nonché una carenza di spirito imprenditoriale. Lo
scarso interesse dei media al sociale non facilita la situazione.
Eppure le passate esperienze di produzione collettiva potrebbero essere
riattualizzate e riscoperte, magari attraverso il recupero delle tradizioni artigianali
e l’offerta dei servizi di cura alla persona, attività tipiche di impresa sociale.
Lo sviluppo di una capacity building nel settore può avvenire attraverso un’azione
di sistema che trasferisca il modello SOCIAL a contesti più ampi per la
realizzazione di interventi integrati, sostenibili ed a lungo termine.
Il ruolo della governance e delle reti per lo sviluppo locale è di primaria
importanza. Accanto alla promozione di politiche innovative occorre un forte
raccordo a livello istituzionale ed operativo attraverso lo sviluppo di partenariati
locali, nazionali ed internazionali tra realtà impegnate a vario titolo nella lotta
all’esclusione sociale ed accomunate da una stessa cultura e sensibilità.
La comunicazione riveste un ruolo essenziale: essa necessita di investimenti
significativi, di personale esperto e di una proficua collaborazione tra le
istituzioni.
Per diffondere nel Paese una cultura del no profit sui valori fondanti della
solidarietà e della riduzione delle diseguaglianze sociali, sarà indispensabile che
i sistemi locali in genere, lavorino insieme strategicamente per lo sviluppo
dell’impresa sociale e la sensibilizzazione del territorio.
L’esperienza di SOCIAL rappresenta un primo importante passo in tale direzione
ed apre a nuove opportunità anche per altri target a rischio di emarginazione.
Lucilla Di Rico
Coordinatrice del Progetto SOCIAL per il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
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PROGETTO SOCIAL – STRATEGIA PER L’OCCUPAZIONE E QUALIFICAZIONE TRAMITE
L’APPRENDIMENTO ED ATTIVITA’ PER LA LIBERTA’ - POSDRU/69/61/S/32810 Az. 3.2.2.1
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Atti del Seminario internazionale