Atti del Seminario internazionale “Modelli di intervento per un mercato del lavoro inclusivo” Bucarest, 12 Luglio 2012 PROGETTO SOCIAL – STRATEGIA PER L’OCCUPAZIONE E QUALIFICAZIONE TRAMITE L’APPRENDIMENTO ED ATTIVITA’ PER LA LIBERTA’ POSDRU/69/61/S/32810 Az. 3.2.2.1 PROGETTO COFINANZIATO DALL’UNIONE EUROPEA, FONDO SOCIALE EUROPEO, PROGRAMMAZIONE 2007-2013 1 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione Generale per le politiche attive e passive del lavoro Dirigente: Marianna D’Angelo Coordinamento del progetto SOCIAL: Lucilla Di Rico Isfol - Progetto Cooperazione transnazionale Responsabile: Antonella Attanasio Gruppo di lavoro progetto SOCIAL Gianluca Calzolari Giovanna de Mottoni Maria Di Saverio Maria Grazia Mastrangelo Prefazione di Paola Paduano Ricostruzione e trascrizione interventi dei relatori a cura di Maria Grazia Mastrangelo Report dei workshop a cura dei coordinatori dei gruppi Considerazioni finali di Lucilla Di Rico Editing a cura di Giovanna De Mottoni e Maria di Saverio Traduzione in rumeno a cura di Clara Oprea Isfol, Corso d’Italia, 33 - 00198 Roma Tel. +39.06.85.44.71 Web: www.isfol.it I contenuti del presente documento non rispecchiano necessariamente il parere e la posizione della Commissione Europea. 2 Indice PREFAZIONE...................................................................................................................................................................5 SESSIONE PLENARIA......................................................................................................................................................6 Introduzione ai lavori del seminario..............................................................................................................................7 Il ruolo dell’ANP nel reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà.........................................8 Il progetto SOCIAL: strategie per l’occupazione e le competenze attraverso l’apprendimento e il lavoro per la libertà .......................................................................................................................................................................................9 Patto per l’inclusione: Linee Guida per il reinserimento di (ex) detenuti attraverso partenariati locali....................13 Economia sociale – CIRE il supporto di un’istituzione pubblica all’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti ....18 Capacity building - Il Consorzio Le Mat, un brand per imprenditori sociali e un sistema di franchising sociale. ......22 ....................................................................................................................................................................................23 Governance e reti per lo sviluppo locale - DJI a Limburg, la cooperazione tra istituti penitenziari e reti locali nel post pena ...................................................................................................................................................................25 Comunicazione sociale – Ristretti Orizzonti, la sfida di fornire informazioni “oneste” dal carcere ...........................29 Introduzione alla sessione dei gruppi di lavoro .........................................................................................................33 Video: “From prison to social inclusion and job insertion”.........................................................................................34 SESSIONE GRUPPI DI LAVORO.....................................................................................................................................35 Gruppo di lavoro n.1: Economia sociale......................................................................................................................36 Gruppo di lavoro n. 2: Capacity Building.....................................................................................................................43 Gruppo di lavoro n. 3: Governance e reti per lo sviluppo locale ................................................................................46 Gruppo di lavoro n. 4: Comunicazione sociale............................................................................................................49 3 PREFAZIONE Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali tra le sue linee di intervento strategiche e di indirizzo promuove la coesione economica e sociale ed un mercato del lavoro inclusivo, in accordo con le politiche comunitarie, ritenendo ciò una priorità fondamentale a garanzia di quanti sono a rischio di povertà e di emarginazione sociale. Uno dei principali strumenti della politica di coesione è il Fondo Sociale Europeo che sostiene, tra l’altro, azioni mirate per l’inclusione e l’integrazione delle fasce a rischio di emarginazione. Esso supporta, infatti, gli Stati membri nel fornire gli strumenti idonei ad affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro nell’era della globalizzazione, con particolare attenzione alle fasce svantaggiate. E’ in tale ambito che si inserisce il progetto SOCIAL per il reinserimento e l’integrazione degli ex detenuti, cofinanziato dal PON Sviluppo Risorse Umane FSE Romania 2007/2013 e coordinato dall’Amministrazione Penitenziaria Nazionale rumena. L’intervento ha un ampio partenariato rumeno e italiano e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali vi ha aderito con grande interesse ritenendo molto importante la cooperazione transnazionale in tale ambito sulla base di precedenti esperienze maturate nel Programma di iniziativa comunitaria Equal e nell’adesione alla rete europea Ex Offenders Community of Practice – ExOCoP. In occasione del Policy Forum 2012, ExOCoP, ha ribadito attraverso la “Dichiarazione di Berlino” l’impegno della rete a riconoscere il diritto delle persone in esecuzione penale alla riabilitazione e all’accompagnamento per il reinserimento a pieno titolo nella società, attraverso l’istruzione, la formazione e l‘occupazione. La capacità di lavorare in sinergia, di fare rete da parte di tutti i soggetti coinvolti nel trattamento dei detenuti e nel loro reinserimento sociale, al rilascio, è fondamentale e strategica per un percorso positivo che non solo eviti la recidiva, ma che sia anche in grado di restituire dignità, speranza, opportunità di riscatto. Il progetto SOCIAL, partendo dall’esperienza delle cooperative sociali di tipo B maturata nel sistema carcerario italiano, ha voluto individuare e sperimentare in Romania alcuni percorsi innovativi di facilitazione all’inserimento lavorativo attraverso dispositivi di incrocio tra domanda ed offerta di lavoro, nonché di accompagnamento nel percorso post pena, nel passaggio delicato e cruciale verso la libertà. 4 Giunti alla conclusione delle attività affidate dal partenariato al Ministero, è stato realizzato, dall’ISFOL e dall’Amministrazione Penitenziaria Nazionale rumena, il seminario internazionale dal titolo “Modelli di intervento per un mercato del lavoro inclusivo”, dove oltre a diffondere i principali risultati emersi sono state presentate alcune esperienze di successo in Europa, con la finalità di eliminare le barriere sociali ed i pregiudizi, migliorare i servizi e facilitare il reinserimento delle persone in esecuzione penale, attraverso il lavoro, massima espressione di cittadinanza e di effettiva libertà. Cons. Paola Paduano Ministero del Lavoro e delle Politiche Socali Direzione Generale Politiche Attive e Passive del Lavoro Italia 5 SESSIONE PLENARIA 6 Introduzione ai lavori del seminario Buongiorno a tutti. Sono la dott.ssa Maria Di Saverio e lavoro all’ISFOL, ente pubblico di ricerca italiano, organismo in house del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché attuatore per lo stesso Ministero del progetto SOCIAL.. Vorrei innanzitutto portare i saluti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del responsabile del Progetto di Cooperazione transnazionale dell’ISFOL e ringraziare l’Amministrazione Nazionale Penitenziaria rumena per l’organizzazione e l’accoglienza. In linea con le politiche e gli orientamenti comunitari, Il Ministero del Lavoro italiano promuove tra le sue priorità strategiche e d’indirizzo la coesione economica e sociale ed un mercato del lavoro inclusivo per tutti, ciò per garantire a quanti sono a rischio di povertà e di emarginazione sociale, le stesse opportunità e le risorse necessarie per partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale del Paese e vivere dignitosamente. Il Ministero del Lavoro italiano ha, quindi, aderito con grande interesse al progetto SOCIAL, ritenendolo in continuità con la cooperazione transnazionale tra i diversi Stati europei, già da diversi anni avviata, ed affidando ad ISFOL l’attività di ricerca e sperimentazione, in considerazione della sua lunga esperienza maturata nei Programmi FSE, soprattutto nell’Iniziativa comunitaria Equal, sia attraverso interventi che mirano a promuovere nuovi strumenti di lotta contro le discriminazioni e le diseguaglianze sul mercato del lavoro, sia attraverso la partecipazione a numerose reti transnazionali. Il progetto ha inteso sviluppare strumenti legati all’economia sociale per l’inclusione degli ex detenuti ed intervenire sugli attori chiave dei sistemi della giustizia, della formazione e del lavoro in Romania. l’ISFOL, che ha una pluriennale esperienza nel trasferimento di buone prassi a livello transnazionale sulle tematiche in oggetto, ha utilizzato il modello italiano delle imprese sociali e le esperienze sull’inclusione dei soggetti svantaggiati maturate nella precedente e attuale programmazione FSE, per aiutare i partner rumeni nella predisposizione di strumenti di progettazione di percorsi d’inserimento e per l’inclusione di soggetti in uscita dal circuito penale. 7 L’ISFOL ha, inoltre, realizzato quattro pubblicazioni che analizzano ed elaborano i principali risultati emersi dal progetto e che possono rappresentare preziosi strumenti di lavoro e di sensibilizzazione per coloro che operano nel sistema carcerario e nell’economia sociale, quali operatori, formatori, manager, decisori politici. Prima di passare la parola agli altri partner, vorrei illustrare brevemente come si svolgerà la giornata. Dopo i saluti del Vice Direttore generale dell’ANP, Mr. Dorin Gabriel Mureşan e la presentazione del progetto SOCIAL, verranno presentate le Linee guida “Patto per l’inclusione”. Successivamente, verranno illustrate quattro esperienze europee di successo nel campo dell’economia sociale e del reinserimento di soggetti svantaggiati. I temi toccati saranno quelli dell’economia sociale, della capacity building, dello sviluppo di reti e della comunicazione sociale. Nel pomeriggio i partecipanti si divideranno in quattro gruppi di lavoro e avranno l’opportunità di integrare con le loro esperienze i temi affrontati durante la mattinata. I risultati dei gruppi saranno poi riportati in plenaria a fine giornata. Auguro a tutti un buon lavoro! Maria di Saverio ISFOL - Struttura Servizi formativi Italia 8 Il ruolo dell’ANP nel reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà Come Amministrazione Nazionale Penitenziaria rumena (ANP), abbiamo lanciato nel 2010 un documento strategico quale risultato di un processo che, in Romania, ha posto le basi delle future direzioni per l’azione inter-istituzionale, in relazione con la Strategia del Sistema dell'Amministrazione Penitenziaria per il periodo 2010-2013. Quest’ultima, in merito al reinserimento sociale, include l'obiettivo specifico di "Sviluppare, promuovere e attuare, insieme alle strutture e alle istituzioni specifiche (Ministero del Lavoro, della Famiglia e Protezione Sociale, Dipartimento di libertà vigilata, ONG, ecc.) una strategia nazionale per l'inclusione sociale delle persone private della libertà". In base a tale obiettivo è stata elaborata la Strategia nazionale per l’Inserimento sociale delle persone private della libertà nella quale il Sistema dell'Amministrazione penitenziaria rumena, ritiene necessario un nuovo approccio orientato sia alle persone private della libertà, che al completamento delle pratiche di inclusione sociale, avviate durante la fase di esecuzione penale, tramite il contributo delle istituzioni, autorità pubbliche, associazioni e ONG che si possono attivare nel settore dell’assistenza e dell’accompagnamento post rilascio. Il reinserimento sociale delle persone private della libertà è un processo che ha il suo inizio durante la detenzione. Un ruolo essenziale del servizio penitenziario è quello di preparare le persone private della libertà per il periodo post rilascio. Le attività specifiche di formazione e sostegno psicosociale, pur se coordinate da personale estremamente preparato dei servizi della giustizia, durante l’esecuzione penale, sono, infatti, una condizione necessaria ma non sufficiente per il reinserimento sociale dei detenuti. La riconfigurazione della collaborazione interistituzionale in termini di un continuum di servizi sociali, interventi di assistenza e counselling individuale specifico al lavoro con le persone private della libertà o con le persone che hanno eseguito una pena detentiva è diventata imprescindibile. Queste attività dovrebbero soddisfare sia le esigenze specifiche della preparazione per il rilascio, che la fase post rilascio. Inoltre, le reti di supporto al livello della comunità, coinvolgendo la società civile, dovrebbero fornire il supporto necessario a degli interventi efficaci. 9 Gli interventi per l’inclusione si fondano sulla consapevolezza del carattere multidimensionale della condizione di esclusione sociale che implica lo sviluppo integrato di politiche sociali, sanitarie, del lavoro, della formazione e dell’istruzione e lo sviluppo d’interventi di rete in grado di corrispondere alle caratteristiche del fenomeno, in una logica di potenziamento complessivo del sistema territoriale. In questa direzione hanno avuto particolare influenza gli interventi di politica sociale della Comunità Europea con lo stimolo a tutti gli attori sociali, presenti sul territorio, ad assumere iniziative e costituire alleanze sociali efficaci per ottenere risultati durevoli e di sistema. Tutto ciò, peraltro, in attuazione degli obiettivi prioritari stabiliti nella cornice programmatica comunitaria in materia di occupazione e d’inclusione sociale per il periodo 2007-2013, è contenuto negli Orientamenti Strategici Comunitari della Strategia Europea per l’Occupazione e nella Strategia nazionale rumena 2007 – 2013 per l’Occupazione e l’Inclusione sociale. Inoltre, l’inclusione sociale e lavorativa di soggetti privati della libertà è una sfida che non può prescindere dalla comprensione del ruolo che in essa è in grado di svolgere l’economia sociale. Il mondo dell’economia sociale rumena sta muovendo i primi passi ed in questa fase occorre, dunque, incrementare il dibattito sull’economia sociale, perché essa possa essere pienamente recepita come il principale strumento di inclusione socio-lavorativa a favore di soggetti svantaggiati. E’ questo che abbiamo cercato di fare con il progetto SOCIAL di cui l’Amministrazione Nazionale dei Penitenziari rumena è il capofila. Vi ringrazio! Dorin Gabriel Mureşan Vice Direttore generale Amministrazione Nazionale dei Penitenziari Romania 10 Il progetto SOCIAL: strategie per l’occupazione e le competenze attraverso l’apprendimento e il lavoro per la libertà Social è un progetto strategico co-finanziato dal Fondo Sociale Europeo, tramite il Programma Operazionale Settoriale Sviluppo delle Risorse Umane (POS DRU). Si inquadra nell’Asse di priorità 6 “Promuovere l’inclusione Sociale” - DMI 6.1 “Sviluppo dell’economia sociale” Ha un finanziamento complessivo di 18.391.120 Lei pari a circa 4.218.147 Euro. Il periodo di implementazione del progetto va da ottobre 2009 a settembre 2012 (36 mesi). Il beneficiario è l’Amministrazione Nazionale dei Penitenziari, Ministero della Giustizia Rumeno. Le motivazioni all’origine del progetto sono state: - la constatazione del tasso di recidiva: il 50% della popolazione carceraria della Romania è costituita da recidivi - il tasso di recidiva è, in buona parte dovuto, al fatto che gli ex detenuti non hanno alcun sostegno dopo l'uscita dal carcere: alloggi e posti di lavoro. In tale contesto l’impresa sociale è stata individuata quale soluzione per abbassare la recidiva, offrendo opportunità di lavoro agli ex-detenuti. Il progetto ha richiesto il coinvolgimento dell’ANP ben più al di là delle competenze richieste per legge. L’obiettivo generale di SOCIAL è stato quello di ridurre le diseguali opportunità per i detenuti ed ex detenuti nel passaggio dal carcere alla vita comunitaria e al lavoro, sostenendone il reinserimento sociale tramite: la promozione di programmi di sviluppo alternativi per l’occupazione e di servizi di integrazione al lavoro; lo sviluppo dell'occupazione all’interno dell'economia sociale; la creazione di posti di lavoro flessibili e innovativi. Il partenariato del progetto è costituito da: 1. Federaţia Filantropia, Romania 2. Patriarhia Română, Romania 3. Ministero della Giustizia, Ufficio Esecuzione Penale Esterna, Italia 4. Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, con l’ente in house ISFOL (Istituto Formazione e Orientamento Lavoratori), Italia 11 5. Éupolis Lombardia, Italia 6. Obiettivo Lavoro, Italia 7. Unione degli Assessorati alle Politiche Socio-Sanitarie e del Lavoro, Italia Nell’ambito del partenariato, il ruolo degli attori nazionali è stato quello di avviare, sviluppare e gestire due imprese sociali, nonché quello di mobilitare la comunità locale nel sostenere lo sviluppo ed il funzionamento delle strutture dell'economia sociale create. In particolare, il settore di sviluppo delle imprese sociali è quello delle attività di panificazione e prodotti da forno. La loro localizzazione è stata individuata a Timisoara e Craiova, dove attraverso il progetto, sono stati organizzati ed attrezzati i laboratori di produzione. Per la preparazione logistica e strutturale delle due imprese sociali sono stati selezionati 50 detenuti. Le due imprese sociali creeranno 20 nuovi posti di lavoro in cui saranno occupati 20 ex-detenuti. Le imprese sociali create dovranno rimanere in funzione per un minimo di tre anni dall’avvio. Per rafforzare le due imprese sociali create sono state costituite due reti territoriali di supporto, una a Timisoara e l’altra a Craiova. Il ruolo dei partner transnazionali si è concretizzato nel predisporre un modello di economia sociale attraverso la competenza e l’esperienza maturata in Italia e nel sostenere attivamente il trasferimento delle buone prassi italiane in Romania. Tale trasferimento di buone prassi è stato realizzato in tre fasi: 1. apprendimento delle metodologie e degli strumenti di intervento anche attraverso la creazione di una banca dati di buone pratiche sviluppate in Europa in materia di economia sociale e di reinserimento sociale e lavorativo di persone private della libertà; 2. osservazione realizzata attraverso visite di studio effettuate in diverse realtà italiane e una formazione pratica mediante tirocini e stage; 3. adattamento dei modelli identificati in Italia, in materia di economia sociale e di reinserimento di ex-detenuti, alla realtà della società rumena. Vorrei ora illustrare i risultati del progetto SOCIAL, ripercorrendo brevemente le principali attività implementate. Attraverso diverse ricerche comparative: 12 si è cercato di definire la portata dei programmi di riabilitazione nel mercato del lavoro e nell’inclusione sociale; si sono raccolte buone prassi per la formazione degli operatori e per la definizione del modello di occupazione per l'inserimento nell'economia sociale; si è realizzato uno studio di fattibilità per il trasferimento e l’implementazione delle lezioni apprese; è stata realizzata una conferenza nazionale per diffondere i risultati dello studio di fattibilità; sono state effettuate due visite di studio di 3 giorni per 24 membri del team di progetto. Il rafforzamento della capacità organizzativa del partenariato sociale è avvenuta mediante: l’audit organizzativo per i partner del settore non profit la formazione nell’avvio e gestione di imprese sociali di 25 persone appartenenti al non-profit che hanno anche seguito un programma di addestramento pratico in Italia attraverso tirocini e stage. L’applicazione del modello del Case Management ha permesso: 200 valutazioni iniziali dei bisogni e delle competenze dei destinatari finali; la realizzazione di un modello di reinserimento per il progetto; attività di formazione professionale per 80 detenuti; attività di consulenza, mediazione e orientamento per 80 detenuti. Le attività di formazione e diffusione all’interno del sistema penitenziario avevano l’obiettivo di: diffondere i risultati del progetto; organizzare un invito a presentare proposte per misure innovative di reintegrazione da parte dei penitenziari rumeni; realizzare sessioni di formazione pratica in alcune carceri italiane per 15 operatori penitenziari rumeni; formare 60 operatori del sistema carcerario rumeno. La messa a punto dei modelli di intervento è stata realizzata attraverso: lo sviluppo di Raccomandazioni di policy per migliorare la 13 legislazione rumena, promuovere l'occupazione e favorire l'inclusione sociale; la creazione di un catalogo “Pratiche Europee per lo sviluppo locale integrato, per promuovere l'occupazione e l'inclusione sociale“; la definizione di Linee guida per il reinserimento di (ex) detenuti attraverso partenariati locali; il presente seminario internazionale "Modelli di intervento per il mercato del lavoro inclusivo” - sviluppo locale integrato. Molti sono stati gli strumenti per l’informazione e la pubblicizzazione, tra questi posso annoverare: la creazione di un logo di progetto il portale web volantini, manifesti, brochure campagne di informazione conferenze stampa trasmissioni radiofoniche conferenze di diffusione. Grazie! Rodica Popa Manager del progetto Amministrazione Nazionale dei Penitenziari Romania 14 Patto per l’inclusione: Linee Guida per il reinserimento di (ex) detenuti attraverso partenariati locali Buongiorno a tutti! La descrizione che farò delle linee guida per il reinserimento di (ex) detenuti, attraverso partenariati locali sarà quella di illustrarne semplicemente gli elementi costitutivi, con l’auspicio di incuriosirvi e di invogliarvi a leggerle. Prima di presentarle, però, vorrei dire che per noi non è stato semplicissimo scriverle. La nostra preoccupazione era che fossero veramente utili per lo scopo per le quali sono state create, utili soprattutto a voi; la loro utilità richiedeva un’approfondita conoscenza del contesto rumeno, cosa che noi non abbiamo a sufficienza. Abbiamo cercato di fare ogni sforzo in questo senso e speriamo di essere riusciti nell’intento. Per cercare di renderle il più possibile aderenti al contesto rumeno, la stesura ha preso l’avvio a partire da: La Strategia nazionale per l’Inserimento sociale delle persone private della libertà dell’ANP, precedentemente illustrata dal Vice Direttore Mureşan1; Il disegno di Legge rumeno sull’Economia e l’Impresa sociale; Le Linee guida elaborate dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria italiano2, di cui raccolgono spunti, contenuti e stimoli, seppur adattandoli al contesto rumeno per renderli accoglibili e dunque trasferibili. Inoltre, nella loro elaborazione abbiamo cercato di valorizzare le esperienze maturate in SOCIAL e non solo: Lo studio di Éupolis Lombardia - Istituto Superiore per la Ricerca, la Statistica e la Formazione – sui fattori che possono positivamente influenzare in Romania il reinserimento socio-occupazionale dei detenuti e degli ex detenuti; 1 Ministero della Giustizia romeno – Amministrazione Nazionale dei Penitenziari, Strategia nazionale per l’inclusione sociale delle persone private della libertà 2012 – 2016, Bucarest, 2011 2 Ministero della Giustizia italiano, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Linee Guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, Commissione nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti con le Regioni, gli Enti locali ed il volontariato, Roma 2009. 15 Gli studi e le modellizzazioni realizzate dall’ISFOL nell’ambito del progetto quali, o il Toolkit per la valutazione dei fabbisogni e delle competenze di (ex) detenuti, o “Dal carcere al lavoro: percorsi per il reinserimento di persone in esecuzione penale”; o Le Raccomandazioni di policy per il reinserimento di persone in esecuzione penale, la cui formulazione ha coinvolto tutte le organizzazioni partner di SOCIAL, in base alle attività svolte ed alle competenze messe in campo da ognuno. Le Linee guida, qui presentate, hanno la finalità di rafforzare il campo di azione delle politiche d’inclusione, di contrastare i fenomeni di discriminazione sociale e lavorativa, nonché di governare, da parte dell’Autorità Giudiziaria rumena, l’inserimento sociale, formativo e lavorativo delle persone in esecuzione penale, promuovendo, in particolare, l’intervento integrato e “socialmente responsabile” di Istituti penitenziari, ONG, imprese sociali, agenzie e servizi territoriali (sociali e del lavoro), imprese profit. A livello operativo, le indicazioni contenute nelle Linee guida sono da ritenersi come complementari e non sostitutive rispetto a quelle espresse a livello nazionale. Si tratta, dunque, di linee di indirizzo per implementare i modelli organizzativi, per il reinserimento socio-lavorativo degli ex detenuti, migliorandone le potenzialità, adeguandoli ai fabbisogni dei destinatari e delle realtà territoriali coinvolte. Esse vanno, quindi, utilizzate come strumento per disegnare interventi integrati a livello locale e stimolare l’ulteriore sperimentazione di interventi in Romania al fine di individuare uno o più modelli di rete per l’economia sociale e per il reinserimento socio-lavorativo dei soggetti in esecuzione penale. I destinatari delle Linee guida sono a due livelli: 1. il livello politico (decisori dei sistemi giustizia, lavoro, sociale, istruzione, formazione) che è quello deputato ad esprimere la volontà politica per l’implementazione degli interventi; 2. il livello attuativo (operatori pubblici e privati) che ha il responsabilità della progettazione ed erogazione di tali interventi. 16 Vediamo ora brevemente quelli che possono essere definiti i “pilastri” per la programmazione e la progettazione di interventi integrati che, naturalmente, coinvolgono entrambi i livelli di destinatari sopra citati. 1. Il sistema di Governance a garanzia dell’interistituzionalità e del consolidamento delle reti territoriali Si tratta di formalizzare un vero e proprio “Patto per l’Inclusione” basato sul principio di sussidiarietà perché lo scarso raccordo a livello istituzionale e operativo, la carenza da parte degli operatori impegnati nei diversi sistemi, di una cultura condivisa, in termini di metodologie e strumenti di intervento, sono i fattori che, spesso, vanificano l’efficacia degli interventi stessi. La gestione integrata di progetti e interventi d’inclusione socio-lavorativa è un processo complesso che richiede la definizione della struttura di governance delle reti come primo elemento di condivisione, attraverso: l’individuazione degli organismi con i quali è opportuno lavorare in rete; il coinvolgimento degli stakeholder in base a principi chiari e condivisi; la progettazione degli strumenti di controllo e gestione della rete; la programmazione concertata e la concentrazione delle risorse; lo sviluppo della capacità, da parte degli attori coinvolti, a “fare sistema”, a sviluppare l’appartenenza “a…” Il Patto per l’inclusione dovrebbe essere sottoscritto sia a livello nazionale che locale. L’autonomia del territorio nel costruire la risposta ai propri bisogni di coesione e di sviluppo va, infatti, attivata nell’ambito di una cornice nazionale che ne delinei indirizzi strategici e standard minimi uniformi nell’intero paese. 2. L’integrazione tra politiche attive del lavoro e politiche formative, tra servizi per l’occupabilità e servizi sociali, tra pubblico e privato Come precedentemente affermato dal Vice Direttore generale dell’ANP, la marginalità sociale ha carattere multidimensionale. Non è, infatti, solo riferibile a una situazione di esclusione dal mercato del lavoro, ma anche a fragilità familiari, relazionali e sociali, a carenze culturali e formative, allo stato di salute fisica e psichica, alla precarietà della condizione abitativa, alla difficoltà di accesso alle opportunità e ai servizi. 17 Per combattere l’esclusione sociale sono necessari, dunque, interventi multidimensionali che mettano al primo posto la costruzione di sistemi integrati per l’inclusione sociale e lavorativa dei soggetti svantaggiati. Economia sociale e nuovi modelli di welfare 3. Una particolare attenzione nelle linee guida è riservata all’economia sociale quale espressione del capitale sociale del territorio di riferimento, strumento naturale di lotta all’esclusione sociale e lavorativa e quindi capace di disegnare nuovi modelli di welfare. Il mondo delle istituzioni non sempre “guarda” all’economia sociale comprendendone pienamente le potenzialità e, va detto, che l’economia sociale rumena non ha ancora concentrato i propri “sforzi imprenditoriali”, anche a causa dell’incompiutezza del quadro normativo di riferimento. In altri paesi, tra cui l’Italia, l’approccio con cui è nata l’economia sociale è di tipo bottom-up. In generale il policy maker si è posto nella posizione di ascolto e di osservazione della realtà per poi accompagnare l’azione con una legislazione adeguata e politiche pubbliche di supporto e valorizzazione. Nel caso del disegno di legge rumeno, sta avvenendo probabilmente il contrario: l’azione legislativa vuole essere di stimolo all’insorgere dell’economia sociale. E’ possibile, dunque, definire top down l’approccio con cui l’azione del legislatore si sta ponendo come impulso per lo sviluppo del settore in Romania. In tal senso, per indirizzare il completamento del quadro legislativo, gli attori del no profit devono tentare di individuare bacini occupazionali e modelli imprenditoriali innovativi che permettano alle imprese sociali di sperimentare il passaggio da soggetti che assorbono risorse pubbliche a soggetti che creano e valorizzano risorse per uno sviluppo locale inclusivo e sostenibile. Il mantenimento della compatibilità economica nella gestione del welfare è un problema di tutti gli Stati europei nel momento attuale di crisi globale: sono vincenti quelle esperienze in cui le prassi economico-sociali rappresentino un modello che non solo intercetta, ma stimola il cittadino/consumatore. A questo proposito si pensi alle iniziative portate avanti a livello internazionale (Banca Etica attraverso le organizzazioni locali dei soci, le botteghe equosolidali attraverso Agices, i Gruppi di Acquisto solidali, CTM, Fairtrade, Economia di Comunione) e meglio conosciute con “il voto nel portafoglio”. 18 La creazione, poi, di un marchio/etichetta relativa alla responsabilità sociale del prodotto può sicuramente supportare lo sviluppo delle imprese sociali. Economia - impresa sociale e sistema profit 4. Da quanto prima affermato, per lo sviluppo dell’economia sociale in Romania, appaiono decisivi i processi di costituzione di reti nazionali e locali di supporto, nonché la ricerca di reti europee finalizzate, fondamentalmente, a perseguire i seguenti obiettivi: a) aumentare le attività di lobby, per espandere le quote di mercato e favorire la crescita del sistema dell’economia sociale; b) integrare e confrontare esperienze per conoscere potenzialità ed aree di miglioramento; c) combattere l’aggressività dell’economia profit; d) assumere un ruolo di co-progettazione sociale. In Italia abbiamo individuato il modello consortile come rete di supporto all’economia sociale. Voi, per la Romania, individuerete il vostro proprio modello. 1. Approccio olistico ed individualizzato L’accompagnamento dei soggetti in transito nei circuiti detentivi verso la libertà è un itinerario progressivo e complesso che richiede un approccio, al contempo, olistico ed individualizzato. L’approccio olistico (multidisciplinare) fa riferimento al carattere multidimensionale delle problematiche delle persone in esecuzione penale a cui ci si è precedentemente riferiti. L’individualizzazione dei percorsi si fonda sui seguenti elementi: - la diversificazione ed articolazione dell’offerta in un ampio ventaglio di opportunità collegate alle effettive esigenze del mercato del lavoro; - la personalizzazione dell’intervento, centrato sulle caratteristiche della singola persona, sulla sua storia, sulla sua individualità, sull’eventuale diversità culturale e linguistica, nonché sui tempi delle misure processuali e dell’iter penale; - la continuità del percorso e la flessibilità/modularità dei percorsi formativi per renderli fruibili anche oltre la conclusione della detenzione; - la diversificazione di certificazioni spendibili, nel senso della possibilità di conseguire certificazioni di più specie e la loro raccolta in un portfolio/libretto formativo che accompagni il soggetto lungo l’arco della vita; 19 metodologie di erogazione della formazione flessibili e diverse rispetto ai - modelli scolastici tradizionali; Il tutoraggio, trasversale a tutte le fasi del reinserimento. - 2. Formazione congiunta degli operatori La strutturazione di occasioni di formazione congiunta, può consentire agli operatori pubblici e privati, intra ed extra murari, di intervenire in modo coordinato sui bisogni dei destinatari, assicurando risposte unitarie ed integrate. Inoltre, la pianificazione congiunta della formazione rafforza il sistema di Governance dei servizi, favorendo lo sviluppo di competenze sulla concertazione, sulla programmazione partecipata, sulla progettazione a livello locale, sull’economia e l’impresa sociale. Non si tratta di formare “tuttologi” ma équipe/staff multidisciplinari per l’inclusione delle persone soggette a misure privative o limitative della libertà personale. 3. Sistemi informativi e strumenti Per la costruzione di un costante ed efficace rapporto “a rete” tra gli operatori istituzionali e gli operatori del sociale, oltre alla programmazione di una formazione comune, è necessario che essi possano far riferimento ad informazioni rilevanti ed aggiornate e ad alcuni strumenti di lavoro. Per le informazioni mi riferisco a: banche dati aggiornate, studi e ricerche, statistiche demografiche e socio-economiche del territorio, dati sulla popolazione detenuta nell’area geografica, ecc. Tra gli strumenti di lavoro potrebbero essere utili: metodi di analisi del fabbisogno e di progettazione partecipata (es. SWOT), protocolli d’intesa, accordi di cooperazione, commissioni e tavoli di coordinamento. Ed è a proposito della messa in comune di strumenti di lavoro che abbiamo riportato, in allegato alle Linee guida, il fac-simile degli Accordi di Cooperazione stipulati a Craiova e Timisoara tra le due reti territoriali costituitesi nell’ambito del progetto SOCIAL. 4. Sensibilizzazione della collettività Non mi dilungo su questo aspetto perché sarà oggetto di un intervento successivo e di un gruppo di lavoro da me coordinato nel pomeriggio. 20 Vorrei solo dire che per sviluppare una cultura dell’inclusione, della comprensione e dell’accoglienza, con particolare riferimento alla fase del post-rilascio, fondamentali appaiono le azioni di sensibilizzazione della collettività. Per collettività intendiamo scuola, famiglia, luoghi di aggregazione sociale, massmedia. Vi auguro buon lavoro e come ha detto J.M. Keynes: “La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie.” Grazie a tutti per l’attenzione! Maria Grazia Mastrangelo Esperta senior - ISFOL per il progetto SOCIAL 21 Economia sociale – CIRE il supporto di un’istituzione pubblica all’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti Purtroppo, Josep M. Faura Messa, Direttore dell’Istituzione spagnola CIRE, che doveva svolgere questo intervento al seminario, per problemi di salute non è potuto intervenire. Lo spazio dedicato è stato utilizzato per una breve presentazione di CIRE effettuata dalla moderatrice del seminario, Maria Di Saverio, e dalla visione di due video che Josep M. Faura Messa aveva provveduto ad inviare: il primo relativo alle finalità ed alle attività dell’Istituzione spagnola; il secondo che, attraverso immagini molto significative, mostra il rischio di etichettamento e quindi gli stereotipi di cui sono vittime le persone che hanno vissuto l’esperienza del carcere. La descrizione che segue è ricavata dalla presentazione cartacea pervenutaci. CIRE - Centre d’Iniciatives para la Reinserció, è un’istituzione pubblica che dipende dal Dipartimento di Giustizia del Governo della Catalogna. Il Dipartimento di Giustizia ha affidato a CIRE la reintegrazione sociale e lavorativa dei detenuti che stanno scontando una condanna, offrendo loro formazione professionale, nonché lavoro produttivo e retribuito in carcere. L'obiettivo principale di tutti i percorsi progettati da CIRE è quello di dare una seconda possibilità alle persone che hanno avuto una condanna. Le associazioni imprenditoriali più importanti in Spagna, le Camere di Commercio e i sindacati collaborano con CIRE per rompere insieme lo stereotipo del carcere e collegarlo al mondo del lavoro. Le tre principali aree di lavoro di CIRE sono: la formazione professionale, il lavoro in carcere e l'inclusione sociale e lavorativa. Formazione professionale 22 CIRE forma più di 3000 detenuti nelle maggiori attività produttive del Paese in collaborazione con prestigiose organizzazioni e con il sostegno del Dipartimento dell’Industria e dell'Occupazione. La formazione professionale ha un triplice obiettivo: 1. sviluppare l’occupabilità delle persone in esecuzione penale; 2. aumentare la qualificazione, le capacità e i profili professionali dei detenuti; 3. accreditare la formazione professionale realizzata, sia di base che specifica, in modo che abbia un valore aggiunto nel mercato catalano ordinario. Lavoro in carcere CIRE possiede un’Agenzia di Collocamento rivolta ai detenuti adulti ed ai minori autori di reato. CIRE offre lavoro produttivo e retribuito in carcere ai detenuti di tutta la Catalogna. Quando i detenuti sono in regime di libertà vigilata possono lavorare tramite l'Area esterna, CIRE Servizi. CIRE offre servizi che integrano e aggiungono valore alla rete delle aziende coinvolte, facilitando, al contempo, il reinserimento dei detenuti che stanno scontando una pena. L’Agenzia di collocamento CIRE rappresenta il ponte tra il mondo del carcere e le aziende. E’ la prima agenzia di questo tipo in Spagna. CIRE da lavoro in carcere a più di 4.000 detenuti in differenti settori produttivi quali: - assemblaggio industriale; - falegnameria - saldatura; - lavanderia e sartoria; - stamperia; - edilizia. Inclusione sociale e lavorativa Il Dipartimento d’inclusione è l'ultimo passo nel processo di reintegrazione realizzato da CIRE. E’ rivolto alle persone che stanno per terminare la condanna 23 ed offre un monitoraggio ad ampio spettro per la ricerca attiva delle offerte di lavoro, al fine di moltiplicare le possibilità di reinserimento. Professionisti dell’inclusione offrono consulenza durante l'intero processo di ricerca attiva del lavoro: formazione su misura, consulenza legale per gli stranieri, sviluppo dell'occupabilità in raccordo alla domanda di manodopera. I detenuti acquisiscono le regole del mondo del lavoro e le competenze professionali necessarie, comprese quelle per coprire la domanda di alta specializzazione nel mercato del lavoro ordinario. Economia sociale Al giorno d'oggi, l’economia sociale rappresenta una sfida per trovare nuove strategie per promuovere l'occupazione delle persone in esecuzione penale, perché i problemi connessi all'emarginazione sociale, sono aumentati drasticamente: la disoccupazione, le politiche di contrasto ai reati, ecc. Pertanto, gli enti pubblici devono sostenere l’economia sociale e devono pensare al binomio occupazione / esclusione sociale, in modo che le nuove politiche possano offrire nuove opportunità. Per questo, CIRE sostiene e promuove l’economia sociale, quale punto di equilibrio tra l'elemento economico e l'elemento sociale. Essa fornisce opportunità per lo sviluppo personale senza rinunciare (e non rifiutare) alla condizione impresa. Gli enti pubblici possono sostenere l’economia sociale a diversi livelli: 1. sostenendo programmi di transizione in modo che possano competere con le imprese tradizionali; 2. fornendo esempi con l'introduzione di nuove strategie di discriminazione positiva nell’assunzione delle persone a rischio di esclusione sociale o nell'acquisizione di prodotti e servizi. 3. dando bonus alle imprese ordinarie (CIRE Agenzia di collocamento, le aziende per il lavoro in carcere, i servizi interni) al fine di aumentare i contratti di lavoro tra la popolazione a rischio di esclusione sociale. Valore aggiunto Il valore aggiunto di CIRE si può ravvisare: - nell’offrire soluzioni di outsourcing che evitino la delocalizzazione dell’industria; 24 - nel promuovere la crescita dell'industria catalana, aiutando le industrie a tornare in Catalogna; - nell’essere un fornitore locale nella regione catalana; - nella sfida continua per trovare nuove linee di produzione; - nell’offrire prezzi bassi e costi controllati perché il profitto non è l’obiettivo; - nell’andare incontro ai bisogni dei clienti. CIRE è certificata UNE EN ISO 9001 e UNE EN ISO 22000. L’area Qualità di CIRE è uno strumento strategico che l’aiuta a migliorare le sue attività e ad adattarsi ai cambiamenti del mondo produttivo. CIRE Centre d’Iniciatives para la Reinserció Spagna 25 Capacity building - Il Consorzio Le Mat, un brand per imprenditori sociali e un sistema di franchising sociale. Buongiorno sono Angelo Borda del Consorzio Progetto Liguria ed oggi sono qui per presentarvi l’esperienza del Consorzio Le Mat, nato nel 2008. All’origine di questo percorso vi è il progetto comunitario Equal “Albergo in via dei Matti numero 0” avviato nel 2001. Le Mat è un brand sociale, un sistema di affiliazione tra imprenditori sociali che operano nel turismo, un nuovo metodo di ospitalità e accoglienza. Il Consorzio nasce sulla base delle attività dell’Associazione Le Mat che dal 2004, opera per la promozione professionale, sociale e culturale delle persone con disagio fisico e psichico favorendone le opportunità di occupazione qualificata. Il consorzio promuove il marchio “Le Mat – Il franchising alberghiero dell’impresa sociale” per la realizzazione di una rete di strutture alberghiere in franchising, gestite da imprenditori sociali, individuando nella cooperativa di produzione e lavoro e nell’imprenditoria sociale le forme e le esperienze per sviluppare nelle persone capacità di autodeterminazione, di autogestione, di promozione sociale, la partecipazione attiva degli utenti e dei clienti ... insomma, un BRAND per gli imprenditori sociali. Il turismo che ci interessa è sostenibile, fruibile da tutti e responsabile nelle azioni di sviluppo locale e di accoglienza turistica. I soci di Le Mat sono cooperative sociali che operano nel turismo e nella ospitalità, i consorzi di cooperative sociali e le agenzie di sviluppo che sono interessate a sostenere una maggiore e più qualificata attività delle imprese sociali nel turismo. La missione generale di Le Mat è quella di promuovere e potenziare al meglio il valore culturale, sociale, professionale e lavorativo di persone con una storia di disabilità, malattia mentale o di tossicodipendenza, così come tutti coloro che, per una ragione o per un'altra, sono oggetto di discriminazione e / o esclusione dal mercato del lavoro. Molti dei soci delle cooperative, infatti, sono persone con esperienza di disabilità o altre problematiche e che, oltre all'esclusione sociale, rischiano di provare l'esclusione dalla libertà di muoversi e di viaggiare. Questa loro esperienza costituisce per Le Mat una grande risorsa di professionalità. Accanto a loro 26 operano esperti nel turismo e nello sviluppo locale, architetti, albergatori, ristoratori, artisti, comunicatori - tutti soci delle cooperative o delle associazioni aderenti in franchising al marchio Le Mat e, naturalmente i viaggiatori Le Mat. Tutti partecipano pienamente attraverso la loro unicità, le loro idee, i loro progetti, le loro fragilità. Il Consorzio gestisce in proprio strutture (alberghi, ostelli, B&B, ristoranti, spazi), offrendo itinerari e accompagnando turisti a scoprire un’Italia diversa, favorendo la creazione di reti e sistemi locali (tra pubblico e privato sociale) attraverso progettazioni europee, percorsi di formazione imprenditoriale, sostenendo i gestori nella creazione di strutture di qualità e nello sviluppo di piani d'impresa sostenibili, promuovendo e qualificando il marchio Le Mat in Italia e all'estero. Attualmente 14 Hotel, B&B e altre piccole strutture locali, impianti turistici socialmente responsabili in diverse regioni italiane hanno chiesto di diventare un luogo speciale Le Mat e stanno acquisendo il marchio. Le Mat luoghi speciali offre buona ospitalità ai viaggiatori che desiderano trascorrere qualche giorno lontano dal loro contesto per una serie di motivi. I nostri ospiti sono accolti in un luogo che offre comfort ed è accessibile, non troppo costoso e si trova in una posizione da cui è facile spostarsi, apprezzare la cultura locale e raggiungere luoghi di lavoro nelle vicinanze. Le Mat luoghi speciali fornisce servizi di qualità e la cultura dell'impresa sociale. Ogni realtà Le Mat è particolare ed unica ma c'è una responsabilità condivisa della qualità Le Mat! Per questo, oltre all’attività promozionale del marchio, Le Mat offre le proprie consulenze a chi vuole avviare e/o qualificare un’attività turistica sostenibile, a chi opera per lo sviluppo di sistemi locali di turismo responsabile, del turismo comunitario, dell'imprenditorialità inclusiva per tutti. E’ stato, infatti, creato un kit con molti strumenti per personalizzare il processo di franchising per ogni nuovo Le Mat, tra questi: • la raccolta della storia imprenditoriale / delle storie e dei processi di inclusione; • l’autovalutazione della propria attività; • il progetto architettonico e la progettazione collettiva del futuro; • il percorso imprenditoriale, i processi di formazione manageriale e 27 professionale; • le visite di scambio tra gli affiliati; • il marketing e la vendita – apprendere facendo; • il nostro sito web 2.0; • il blog; • il video clip. Ora Le Mat è anche un marchio europeo. E’ infatti nato “Le Mat Trademark” in Svezia: un nome comune, un marchio comune, un futuro comune, ispirato ed in cooperazione con Le Mat Italia. Fondati da Vägen ut!, Solacoop e Coompanion, sono nati a Karlstad e Göteborg due team imprenditoriali. Il franchising sociale è una comunità, può avere varie forme (alberghi, B&B, strutture ricettive, ecc.) e attraverso un trasferimento di conoscenze ed esperienze permette di avviare più imprese sociali e una migliore gestione della concorrenza. Crediamo che il lavoro sull'accoglienza turistica sia un formidabile strumento per uno sviluppo locale capace di creare occupazione di qualità per tutti, di mantenere e promuovere beni culturali e paesaggistici, di rafforzare le comunità locali in luoghi accoglienti e aperti. Per concludere: “A volte capita che la fragilità sia più interessante della forza…” A volte capita che il centro di un'azienda siano le esperienze e il know how dei cosiddetti soggetti svantaggiati ... Quando questo accade ci sono storie meravigliose da raccontare ad un viaggiatore curioso e ci piace molto raccontare le nostre storie ....” Vi ringrazio! Angelo Borda Consorzio Progetto Liguria Italia 28 Governance e reti per lo sviluppo locale - DJI a Limburg, la cooperazione tra istituti penitenziari e reti locali nel post pena Buongiorno sono Rob Platzbeecker, vice direttore degli Istituti penitenziari di Limburg in Olanda. Vi ringrazio per avermi invitato a illustrare la nostra esperienza di cooperazione con una rete di Comuni olandesi nell’assistenza e nell’accompagnamento degli exdetenuti al loro rilascio. Ogni anno, circa 33.000 ex detenuti devono reinserirsi come cittadini nella società. Molti ritornano al comportamento deviante all’uscita dalla detenzione. Secondo il Centro di ricerca e documentazione nazionale (WODC), circa il 70% di adulti ex detenuti recidiva entro sei anni. La recidiva è una delle principali cause di insicurezza sociale e comporta anche notevoli costi, sia per i cittadini, sia per i governi che per le istituzioni. Fino a poco tempo, molti ex detenuti tornavano nella società impreparati e senza avere le necessarie risorse di base a loro disposizione, quali: - documento di identità valido, - reddito, - piano di ristrutturazione del debito, - alloggio, - cure per dipendenza o per i problemi psichiatrici. La ricerca mostra che il rischio di recidiva aumenta se queste risorse di base sono carenti. Il Ministero della Giustizia e l'Associazione dei Comuni olandesi (VNG) si sono, dunque, posti l’ambizioso obiettivo di fornire ad almeno l’80% dei cittadini exdetenuti le risorse necessarie per affrontare la fase del post-rilascio. Questo è stato stabilito nell’accordo “Lavorare insieme” (giugno 2007) ed ha portato all’elaborazione del modello Aftercare per cittadini adulti ex-detenuti da parte del Ministero della Giustizia e dei Comuni Olandesi (luglio 2009). Una buona comunicazione e cooperazione 29 Aftercare, nel senso stretto della parola, significa cura dopo la detenzione. L’assistenza del detenuto al suo rilascio è, in primo luogo, una responsabilità del Comune. Dopo tutto, il Comune ha un dovere di cura nei confronti di tutti i suoi cittadini. I cittadini detenuti e gli ex-detenuti hanno bisogno di un ulteriore supporto al fine di reinserirsi adeguatamente nella società. Per i Comuni è fondamentale conoscere, per tempo, il momento in cui un detenuto viene rilasciato e che tipo di problemi ha. Solo in questo modo possono impostare un percorso di assistenza ed accompagnamento dopo il rilascio, con la finalità di impedirgli il ritorno a comportamenti devianti. Questo non può accadere se non c’è una buona comunicazione ed una buona cooperazione con il sistema carcerario. Inoltre, l'efficacia degli sforzi di altre organizzazioni coinvolte nella gestione successiva al fine pena per cittadini (ex) detenuti, come ad esempio i servizi psichiatrici o per la cura delle dipendenze, possono beneficiare della buona comunicazione e cooperazione tra Comuni e sistema penitenziario. Grazie ad una corretta ed adeguata diffusione delle informazioni, molti Comuni (ora più di 400) hanno istituito un punto di coordinamento Aftercare, locale o regionale. I risultati ottenuti: Il sistema penitenziario, i Comuni e le parti sociali hanno instaurato una cooperazione permanente nel contesto di un Approccio globale al programma Aftercare. La sua attuazione ha dato un significativo contributo alla partecipazione sociale di ex detenuti e alla riduzione della recidività: Riduzione della recidiva del 25% (37% versus 62%); Un recidivismo meno frequente, meno grave nei reati, meno veloce; Un rapporto costi/benefici: 1:3,5. Tra i principali fattori di successo possiamo annoverare: 30 la pianificazione su misura (valutazione dei bisogni, dei rischi, della responsabilizzazione); l’approccio al contempo globale ed individualizzato; la concentrazione sulle competenze e sui comportamenti; la formazione e il coaching, a partire dal periodo di detenzione; la continuità attraverso la cooperazione con i Comuni e le società di edilizia popolare, le istituzioni sanitarie, ecc.; l’orientamento condiviso su obiettivi comuni da parte delle Istituzioni penitenziarie, dei Comuni e dei loro partner di rete; il coraggio e la pazienza. A partire dalla fine del 2003 ad oggi, l’attuazione del programma Aftercare ha portato anche allo sviluppo della vision delle Istituzioni penitenziarie di Limburg,. In particolare, rilevante è stato il contributo alla sicurezza regionale attraverso: un approccio specifico ad ogni persona (fatto su misura); un approccio che considera l’intero percorso della vita (la detenzione è parte del percorso di vita, il carcere è “solo” un contesto); il lavoro insieme con i partner interessati, giudiziari e non giudiziari; l’equilibrio e l’integrazione degli aspetti punitivi e rieducativi della pena. Il punto di partenza di questa nuova vision è stata la modernizzazione del Sistema penitenziario, con le caratteristiche seguenti. Il principale obiettivo: Esistiamo per una detenzione sicura e umana e collaboriamo con i nostri partner e i detenuti per il loro reinserimento professionale. Così contribuiamo ad una società più sicura e protetta. L’arduo obiettivo per il 2020 Attraverso questo approccio efficace, personale e orientato ai bisogni dei detenuti, stiamo raggiungendo l’obiettivo di un’ulteriore riduzione della recidiva del 25%, in collaborazione con i nostri partner. I Valori fondamentali - Sensibilizzazione alla sicurezza - Integrità 31 - Cooperazione - Orientamento alle persone - Assunzione e concessione di responsabilità. Le Qualità di base - Trattamento motivato - Partner affidabile - Lavoro sicuro e clima familiare - Leadership - Coinvolgimento - Flessibilità La nuova vision adottata dal sistema penitenziario olandese, ha determinato anche una modernizzazione dei Servizi in carcere ed in particolare in: ISS: Screening interno & Selezione D&R: Detenzione e reintegrazione attraverso un piano individualizzato per il cittadino detenuto (servizio penitenziario e Comuni); MDC: Consultazione multidisciplinare con la presenza di équipe multidisciplinari all’interno del penitenziari e l’offerta di adeguate informazioni per il passaggio dal dentro al fuori. Ulteriori miglioramenti sono stati apportati attraverso: l’estensione della durata dei programmi giornalieri; l’introduzione di attività per il reinserimento (es. motivational guidance) l’applicazione del case-management; il mentoring Come avete potuto vedere, notevoli sono stati i progressi da noi compiuti di recente nella realizzazione di un approccio globale all’assistenza e all’accompagnamento post rilascio di cittadini ex-detenuti. Molte grazie! Rob Platzbeecker Vice Direttore degli Istituti penitenziari di Limburg Olanda 32 Comunicazione sociale – Ristretti Orizzonti, la sfida di fornire informazioni “oneste” dal carcere Buongiorno sono Elton Kalica e sono qui per presentarvi la nostra esperienza di fare informazione “dal dentro al fuori”. Ristretti Orizzonti è una rivista prodotta da detenuti e volontari della Casa di Reclusione di Padova e del carcere femminile la Giudecca di Venezia. E’ stata fondata nel 1997 all'interno del carcere di Padova da un gruppo di volontari e da persone detenute. Nel 2004, è nata, sempre a Padova, l'associazione no-profit Il Granello di Senape, che, attualmente, gestisce tutti i progetti che Ristretti Orizzonti promuove sia all'interno che all’esterno del carcere. La nostra attività principale è quella di fornire informazioni sul carcere dall'interno. Lo facciamo, appunto, attraverso la rivista, il nostro sito www.ristretti.it e www.ristretti.org, il canale di news settimanali Tg 2 Palazzi (su un canale televisivo locale), una trasmissione radiofonica settimanale Ristretti Radio (su una stazione radio locale), una pagina settimanale su Il Mattino di Padova e il Coordinamento della Federazione Nazionale delle Riviste dal Carcere. Abbiamo anche altri progetti. Alcuni sono volti a fornire servizi per i detenuti, exdetenuti, persone senza fissa dimora e altri gruppi emarginati. Abbiamo un ufficio di assistenza legale e sociale all'interno del carcere (Sportello di Orientamento Giuridico e di segretariato sociale) e uno di assistenza legale esterna (Avvocato di Strada). Tra i progetti che mirano a informare la società in generale, ce n’è uno che si chiama “Il carcere va a scuola, la scuola va in carcere”. Ogni anno si organizzano incontri con studenti delle scuole superiori. Abbiamo incontrato migliaia di studenti, dentro e fuori dal carcere. Questo è il più grande progetto che stiamo seguendo e potete trovarne una descrizione dettagliata nei documenti che vi ho fornito. Ogni anno organizziamo anche una Giornata nazionale di studio all'interno del carcere di Padova. Ad essa partecipano più di 500 persone provenienti da tutta Italia, tra cui studenti, insegnanti, volontari e altri operatori della giustizia. Dal 2008 abbiamo, in questo contesto, anche avviato un processo di mediazione sociale tra autori e vittime di reato (mediazione non diretta). Gli obiettivi Due sono gli obiettivi che Ristretti Orizzonti persegue. 33 Il primo è quello di rendere disponibili le informazioni all'interno del carcere perché in carcere non vi è alcuna informazione, mentre un detenuto informato vive meglio la sua detenzione. Il secondo è quello di aprire canali di informazione corretta che parta dall’interno del carcere e dissipi i luoghi comuni utilizzati dai media, soprattutto dalla televisione: ad esempio che nel nostro paese c'è l'impunità per i criminali, che le sanzioni sono molto leggere, che nessuno va in prigione, che gli immigrati sono la causa dell’insicurezza sociale, che il carcere è costruito per coloro che sono nati con il DNA da criminali. In pratica è come se fossero geneticamente predestinati a commettere reati. La nostra idea, dunque, è quella di produrre una rivista in grado di creare un contatto tra le persone in carcere e la comunità esterna, con una frase: “Voci di dentro, voci di fuori: riannodare il filo spezzato” Il metodo Un gruppo di 34 detenuti è autorizzato a partecipare a questa attività. Abbiamo una sala di redazione al piano terra del carcere. Il detenuto-redattore può andarci quotidianamente e lavorare. Al mattino si è occupati in attività editoriali diverse (scrivere articoli, fare interviste, trascrivere registrazioni audio, ecc.) Nel pomeriggio abbiamo una riunione di redazione in cui discutiamo gli argomenti da trattare in futuro. Oltre alle sedi di Padova, abbiamo uno spazio di redazione all'interno del carcere femminile La Giudecca di Venezia. Tutte le detenute possono partecipare. La rivista Ristretti Orizzonti ha una sezione a loro riservata e quello che scrivono (racconti, articoli e interviste), è pubblicato in uno speciale inserto denominato Donne-Dentro. La vera sfida, nel realizzare un giornale come il nostro, è stata quella di fornire informazioni consapevoli e critiche. In carcere è molto facile atteggiarsi a vittima, perché carceri sovraffollate fanno nascere vissuti persecutori e le proteste hanno spesso motivazioni fondate. Ma, diventare redattori di un giornale per “piagnucolare” e lamentarsi sarebbe stato suicida, perché avrebbe prodotto reazioni del tipo "avresti dovuto pensarci prima!". I fattori di successo I fattori che permettono al nostro lavoro di avere successo sono principalmente tre: 34 a) Le esperienze e un linguaggio chiaro Non è facile ottenere buoni livelli di comunicazione all'interno del carcere. I detenuti non sono professionisti, ma persone che sanno poco o nulla sulla comunicazione. Essi provengono da culture diverse e gli stranieri hanno il problema aggiuntivo delle difficoltà linguistiche. Ma, tutti portano la ricchezza delle loro esperienze. Così, discutendo insieme, detenuti-redattori e volontari, abbiamo capito che è importante utilizzare un linguaggio chiaro che parli alla testa e al cuore delle persone fuori dal carcere. E ci stiamo riuscendo. Ogni anno aumenta il numero degli abbonati, come ad esempio le biblioteche scolastiche, le biblioteche pubbliche, ma anche semplici cittadini che ci hanno contattato perché "sappiamo raccontare il carcere" attraverso le storie di vita. b) Le interviste scritte Un'altra difficoltà è naturalmente il fatto che i detenuti-redattori sono necessariamente "sedentari" (soggetti a misure privative o restrittive della libertà). Non possiamo inviare i nostri "corrispondenti" ovunque, ma quello che possiamo fare è di preparare delle interviste scritte ed inviarle via e-mail. Oppure uno dei volontari fa le interviste per telefono e porta il file audio all'interno del carcere, cosicché il detenuto-redattore possa trascriverle. c) La narrazione autobiografica Il gruppo di detenuti-redattori ha capito che parlare, leggere e conoscere le importanti questioni che hanno a che fare con la vita in carcere come il rapporto con la famiglia, le difficoltà di reinserimento, significa farsi carico del proprio destino. In particolare, ciò che conta, è la comprensione del fatto che la rottura tra loro e la società, causata dal reato commesso, è stata utilizzata dai media per diffondere paura e odio. Per superarli, il gruppo utilizza la narrazione autobiografica nella comunicazione con la società esterna. Questo è, davvero, un paziente lavoro di "tessitura" di un complesso ordito di mediazione collettiva. Un percorso in cui scrivere le storie che li hanno portati in carcere, o fare articoli che informano la comunità su giustizia e vita penitenziaria, "costringe" i “trasgressori” a riflettere sul loro passato e ad assumersi pienamente le loro responsabilità. Hanno capito che scrivere con onestà è un buon modo per 35 spezzare la catena di odio in una società che ha un enorme bisogno di smettere di odiare. I risultati Possiamo ben dire che Ristretti Orizzonti ha ottenuto risultati a diversi livelli. a) Livello individuale A livello individuale, i partecipanti hanno avuto molteplici vantaggi. E’ stata una crescita professionale perché hanno seguito corsi di scrittura, computer e grafica digitale. Sono cresciuti culturalmente attraverso la quotidiana partecipazione alle riunioni di redazione. Utilizzando la narrazione autobiografica per comunicare hanno aumentato la consapevolezza di sé. Quantomeno, hanno imparato che è possibile cercare soluzioni ai problemi oggetto di studio con il ragionamento collettivo e la discussione. b) Livello di gruppo L'obiettivo comune di fare un giornale ha imposto una divisione dei compiti e promosso il lavoro di gruppo, fornendo così uno strumento di apprendimento di cui ognuno avrà bisogno una volta uscito di prigione. c) Livello organizzativo Nel 2001 abbiamo creato un sito internet www.ristretti.it, ora sostituito dal dominio www.ristretti.org, dove pubblichiamo tutti i nostri materiali, che possono essere scaricati gratuitamente. Un sito web significa aumentare la capacità di "parlare" al mondo libero. Ormai, abbiamo uno dei siti più completi in materia di carcere. E le sue pagine sono interamente realizzate da detenuti - redattori, molti dei quali, per ovvi motivi, non hanno mai utilizzato internet. d) Livello editoriale (strutturale) Con la crescita della nostra attività abbiamo anche ampliato la redazione. Ora abbiamo anche un ufficio fuori dal carcere con quattro redattori che vi lavorano. Tre di loro sono ex-detenuti (una donna e due uomini) e uno è agli arresti domiciliari. Questo rende Ristretti Orizzonti un'agenzia di stampa vera e propria. 36 Altri effetti positivi del nostro lavoro di informazione Come accennato all’inizio, negli ultimi otto anni abbiamo gestito un progetto denominato "Il carcere va a scuola, la scuola va in carcere". Diverse classi delle scuole superiori vengono a visitare il nostro carcere ed a incontrare i detenutiredattori di Ristretti Orizzonti. Insieme discutono temi come il rispetto della legalità, i comportamenti a rischio di devianza, il disagio giovanile, la giustizia penale minorile, i percorsi di vita dei detenuti e riflettono sui delitti e sulle pene, così come sulla "questione sicurezza" che, oggi, è pesantemente al centro della pubblica attenzione. Alcuni detenuti hanno un permesso speciale per andare nelle scuole. Durante gli incontri gli studenti possono fare le domande sulla vita dei detenuti in carcere, ma anche sul sistema penitenziario e sulle strade pericolose che possono spingere i giovani sulla strada dell’illegalità. Un effetto positivo che abbiamo già potuto osservare è che gli studenti hanno l'opportunità di vedere i detenuti faccia a faccia, di percepirli come persone reali e di capire, dai loro racconti, quanto sia facile, talvolta, finire in prigione. Questo crea un effettivo contatto tra i detenuti e la comunità esterna ed è importante perché i detenuti, primo o poi usciranno dal carcere e trovare un contesto che non sia ostile è di primario interesse per loro. Negli ultimi tre anni, inoltre, abbiamo collaborato con l'Ordine dei Giornalisti del Veneto e, nel 2009, abbiamo organizzato per la prima volta un seminario per i giornalisti che si occupano di problemi di criminalità e della giustizia. Dopo questa prima esperienza, lo stesso Ordine dei Giornalisti ci ha chiesto di ripetere il seminario. Fino ad ora abbiamo organizzato tre di questi seminari, sempre all'interno del carcere, ai quali quasi 200 giornalisti hanno preso parte. Noi pensiamo che, nel tempo, i giornalisti capiranno qual è la loro responsabilità nel raccontare le notizie di cronaca e l'importanza, per l’intera collettività, di dare una corretta informazione. Moltissime altre sono le cose che potrei raccontarvi del nostro lavoro, ma il tempo a mia disposizione è finito e quindi vi ringrazio per l’attenzione! Elton Kalica Ristretti Orizzonti Italia 37 38 Introduzione alla sessione dei gruppi di lavoro I gruppi di lavoro che si svolgeranno nel pomeriggio verteranno sulle stesse tematiche affrontate nella sessione plenaria attraverso le esperienze portate dai relatori. Per evitare di farvi assistere per l’intera giornata ad una serie di interventi frontali, la conduzione dei gruppi di lavoro sarà, il più possibile, interattattiva. I gruppi di lavoro saranno coordinati dai partner italiani. Gli esperti della plenaria, avranno il ruolo di critical friends: potranno fornire approfondimenti sulla loro esperienza, raccontare possibili soluzioni, o controbattere le perplessità che eventualmente emergeranno, o ancora discutere con i partecipanti sulle criticità che si incontrano, ecc. Nei gruppi saranno portati anche alcuni contributi esperenziali (testimonianze). Per riepilogare, le tematiche che si affronteranno nei gruppi di lavoro sono: Gruppo n. 1 – Economia sociale Gruppo n. 2 – Capacity building Gruppo n. 3 – Governance e reti per lo sviluppo locale Gruppo n. 4 – Comunicazione sociale All’esterno delle sale dedicate, troverete le indicazioni del gruppo che vi si svolgerà. Buon lavoro a tutti! Maria Grazia Mastrangelo Esperta senior - ISFOL per il progetto SOCIAL 39 Video: “From prison to social inclusion and job insertion” Il DVD From prison to social inclusion and job insertion è un prodotto del Progetto SOCIAL realizzato da Francesca Romana Marchionne e Luca Rosetti dell’Isfol, Area Servizio per la comunicazione e divulgazione scientifica con il coordinamento di Giovanna de Mottoni, Gianluca Calzolari e Maria Di Saverio del Progetto “Cooperazione transnazionale”. Le immagini sono tratte dal video “Dall’esperienza del carcere all’inclusione sociolavorativa” realizzato nell’ambito del progetto O.P.E.N., IT-S2-MDL-826 , finanziato nel quadro dell’Iniziativa comunitaria EQUAL II fase - Azione 3 e dal video realizzato nell’ambito del progetto STRADE: sistemi - prodotti integrati dal carcere al lavoro, Rete trasversale rif. P.A. 2006-0397/Rer, sostenuto dalla Regione Emilia - Romagna grazie al Fondo sociale europeo e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato da “Associazione Nuovamente Bologna”, “Techne di Forlì-Cesena” e dal “Consorzio Provinciale Formazione Professionale di Ravenna”. La sessione plenaria del seminario si conclude con la proiezione di questo video. 40 SESSIONE GRUPPI DI LAVORO 41 Gruppo di lavoro n.1: Economia sociale Coordinatore: Matteo Matteini – Ricercatore senior Èupolis Lombardia (IT) Contributo esperenziale: Victor Marusic - Sacosa de Panza (RO) 1. CONTESTO Il progetto SOCIAL mira allo sviluppo di strategie efficaci di reinserimento lavorativo di soggetti privati della libertà, attraverso la formazione e il lavoro. L’obiettivo specifico del progetto è la creazione di due imprese sociali in grado di creare opportunità di lavoro per detenuti ed ex detenuti. Le suddette imprese rappresentano un’applicazione empirica di quello che dovrebbe essere un’impresa sociale in Romania, nella logica in cui si sta consolidando la proposta di legge sull’economia sociale. Essa si propone, infatti, di regolare il settore dell'economia sociale, il quadro generale delle organizzazioni, il funzionamento delle imprese non profit, di stabilire misure per la loro incentivazione, nonché di stabilire le competenze delle autorità locali e centrali della pubblica amministrazione. Nei sistemi di Governance pubblica più maturi, in alcuni settori di servizi si è passati dalla concezione di welfare state a quella di welfare society, immaginando ambiti economici dove l’azione congiunta di pubblico, profit e non profit riesce a convergere creando circuiti virtuosi. Sebbene in Romania il settore sia sottodimensionato, esperienze di altri paesi dimostrano come una crescita del non profit può portare ad una crescita dell’occupazione e del valore sociale. Perché ciò accada sono auspicabili tre fattori: La società deve avere la consapevolezza che l’incremento di valore sociale si realizza attraverso la sinergia di un settore profit che incorpori politiche di responsabilità sociale nei propri piani strategici con politiche pubbliche che sappiano accompagnare i processi di adattamento e sviluppo; Il disegno di Legge deve essere rafforzato da politiche attive di sostegno alle nascenti imprese sociali che operino con logica sussidiaria, valorizzando le iniziative della società civile e favorendone la replicabilità; Il no profit deve assumere un ruolo proattivo ed una mentalità imprenditoriale guidata da figure professionali specificamente formate e motivate. 42 Le istituzioni rumene sembrano aver rilevato le potenzialità sociali ed economiche di un terzo settore forte e organizzato, ma rimane aperta la domanda su come il processo di sviluppo di tale settore possa avvenire. Può essere sufficiente l’impulso legislativo a creare consapevolezza diffusa, sinergie fra soggetti pubblici e privati, un largo bacino di volontariato, professionalità specifiche e un’opinione pubblica favorevole? 2. OBIETTIVI Il workshop era dedicato agli operatori del reinserimento socio-lavorativo in grado di offrire un punto di vista alternativo a quello del legislatore e dell’opinione pubblica. Nel workshop c’è stata una grande maggioranza di operatori del servizio pubblico, rispetto all’impresa privata e al non profit. Questo potrebbe aver limitato la gamma di osservazioni e punti di vista. In apertura di workshop si sono introdotti i temi della proposta di legge rumena sull’economia sociale e alcuni spunti offerti dalle presentazioni delle best practices ascoltate nella conferenza del mattino. Si è poi aperta la discussione orientata a fare emergere alcuni elementi caratteristici del vissuto degli operatori del settore come: - Consapevolezza riguardo le proprie potenzialità e il proprio ruolo; - Idee e giudizi su cosa funziona, cosa non funziona e cosa potrebbe funzionare; - Convinzioni maturate attorno alle esperienze passate; - Aspettative su cosa accadrà a breve, medio e lungo termine. 3. METODOLOGIA Il workshop è stato costruito sulle esigenze specifiche del progetto e ha adottato una metodologia ibrida definita in virtù dagli obiettivi e dalle contingenze. Le contingenze sono soprattutto relative al tempo limitato ad un’ora e mezza, all’utilizzo di uno spazio predefinito e alla traduzione simultanea in cuffia. Fra i vari metodi di gestione del lavoro di gruppo che hanno fornito elementi di ispirazione per la progettazione del workshop si possono menzionare l’Open Space Technology, Il De brifing, il Public speaking. Open Space Technology OST – interagire liberamente con l’ambiente. L’OST è una metodologia adattabile all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione al fine di creare workshop e meeting particolarmente ispirati e produttivi. La 43 caratteristica principale degli OST è l’estrema flessibilità che lo rende ideale per gruppi eterogenei (numero, nazionalità, competenze etc..) e per obiettivi diversi. Si è fatto uso di assunti specifici dell’OST come: Tutte le idee, esperienze, affermazioni sono rilevanti in senso assoluto e - rimangono tali anche in presenza di atteggiamenti differenti. Una fase di lavoro è dedicata alla sintesi e al consenso. - Per le limitazioni di cui sopra non si sono potuti utilizzare appieno le seguenti sotto sessioni: In determinate fasi ogni persona è libera di confrontarsi con qualunque altra - ed anche di cambiare interlocutore al fine di approfondire meglio un’idea. Ognuno è adeguato a dare un contributo, nessuno deve rimanere neutrale. Ne - deriva che ognuno è tenuto a lasciare la riunione avendo almeno dato un contributo e avendo almeno ricevuto un contributo. L’OST suggerisce anche come gestire gli spazi e i movimenti in maniera da rendere la partecipazione al meeting la più confortevole e libera possibile. De brifing riflettere sull’esperienza Il de-briefing è la fase più importante del ciclo esperienziale nella formazione. Le procedure di de briefing vertono a “usare l’informazione generata durante l’attività esperienziale per facilitare l’apprendimento di chi ha vissuto l’esperienza. Nel Workshop si è fatto soprattutto ricorso a elementi quali: • narrazione; • feed back. Il de briefing suggerisce anche pattern di “domande stimolo” per sollecitare i partecipanti ad esprimere tutta la gamma delle emozioni possedute. Nel workshop sull’Economia sociale il de brifing è stato utilizzato sia ripercorrendo insieme contenuti, suggestioni e giudizi sulle esperienze osservate nella conferenza, sia facendo ricorso a esperienze personali. Public speaking comunicare efficacemente Il public speaking è la disciplina che aiuta le persone a comunicare efficacemente in situazioni in cui ci sia più di una persona in ascolto. In particolare nel workshop si è utilizzata la: • struttura narrativa efficace. Alcuni elementi del public speaking sono serviti a fornire una struttura narrativa codificata per favorire in tempi brevi la formulazione di contributi. In particolare si è raggiunto l’obiettivo di chiedere ai partecipanti di esprimere ogni loro concetto con 44 argomentazioni libere e fattuali, salvo poi sintetizzarlo in una frase e/o parola iconica (statement). Contestualizzazione: i partecipanti sono stati messi al corrente della funzione del workshop e di conseguenza dell’opportunità di contribuire con le loro opinioni ed esperienze sia allo svolgimento del progetto stesso, sia al percorso della legislazione sull’economia sociale. Contributo esperienziale: è stato invitato al workshop il sig. Victor Marusic responsabile della ONG Atelierul Sacosa de Panza, che ha raccontato la propria esperienza ed è intervenuto nella discussione in veste di critical friend. Regole del gioco: si è costruito il “patto” con i partecipanti in cui si sono definiti i ruoli, le funzioni, le regole e gli obiettivi. Nella conduzione si sono distinte le seguenti fasi: a) introduzione: struttura del workshop b) tematizzazione: particolari criticità del progetto SOCIAL e della legislazione sull’economia sociale; c) set delle aree di discussione: definizione e re-wording delle parole chiave d) domande stimolo: wording delle domande attorno a cui si è sviluppata la discussione e) discussione aperta: interventi e verbalizzazione degli statement f) visualizzazione: scrittura su poster e disposizione dei poster attorno alla sala g) gerarchia e consenso: scelta da parte dei partecipanti delle priorità fra gli statement espressi. 4. RISULTATI DISCUSSIONE 1 In altri paesi europei è stato possibile arrivare ad un forte radicamento del non profit partendo da esperienze diverse, creando forme organizzative specifiche di aggregazione e produzione dei servizi. Alcuni casi di successo presentati nella conferenza del mattino hanno messo in luce come sia il pubblico che il privato possono essere promotori di imprenditorie sociali. L’esperienza di CIRE in Spagna evidenzia come l’azione pubblica può creare ambiti produttivi efficienti e controllati, in cui persone svantaggiate possono risocializzarsi. L’esperienza di Le Mat ha messo in luce la capacità di utilizzare il capitale fiduciario legato alla mission come elemento di attrattività per l’offerta di 45 servizi. Le Mat ha inoltre mostrato come l’impresa sociale possa creare un “franchising” basandosi sulla forza del brand. Parola chiave: RESPONSABILITA’ Domanda stimolo: nel panorama attuale rumeno quale sarà la forza guida che consentirà al settore di svilupparsi? Statements più discussi in ordine di importanza: Lo Stato ha il dovere di trainare il settore. Gli operatori si aspettano che sia esso a dare strumenti e linee di sviluppo. Alcuni interventi affermano che anche le risorse economiche siano dovere dello stato. Le ONG possono rappresentare la forza guida per il cambiamento. Anche se hanno poca voce e poca visibilità, sono innovative e piene di gente giovane e entusiasta. I giovani possono essere la forza guida perché portatori di una mentalità nuova più allineata con altri paesi europei e sono più inclini al cambiamento Il settore privato: alcune aziende sono viste come potenziali motori del cambiamento qualora decidessero di fornire il proprio know how all’economia sociale. I media possono fare la loro parte per la crescita di consapevolezza fra i cittadini. Statements meno discussi Chiesa intesa non solo come ente assistenziale ma anche come ente morale ANP per lo specifico del reinserimento sociale di ex detenuti Opinione Pubblica intesa come “costituente” capace di influenzare scelte politiche UE intesa come istituzione guida per le politiche sociali Finanziamenti UE visti come un elemento di opportunità per motivare individui e organizzazioni. DISCUSSIONE 2 Lo sviluppo dell’economia sociale ha avuto un decorso specifico in ogni paese a partire dal contesto culturale, dal grado di sviluppo dei corpi sociali intermedi e dalla maturità della pubblica amministrazione. All’interno di queste tre macro46 risorse sociali si possono rilevare molte altre risorse in grado di determinare forme e livelli di sviluppo diversi. Parola chiave: RISORSE Domanda stimolo: quali sono le risorse specifiche che la Romania può mettere in campo per sviluppare l’economia sociale? Statements più discussi in ordine di importanza: Le risorse umane: l’opinione più condivisa è che siano i singoli individui la risorsa più importante per lo sviluppo del settore. Le conoscenze, le capacità e la motivazione delle persone impegnate nel sociale fa la differenza. Il fatto che la Romania sia un paese (relativamente) povero, non è solo un limite. Da larga parte della popolazione toccata dalla povertà provengono risposte significative da cui prendere spunto. Il settore privato: alcune aziende possono fornire risorse materiali e acquistare prodotti etici. Purtroppo sono ancora in minoranza nel paese. Alcuni interventi mettono in luce come anche in Romania potrebbero sorgere istituzioni indipendenti innovative capaci di sviluppare il sistema. Si cita a questo proposito l’esperienza della Grameen Bank in Bangladesh che ha inventato un metodo di credito allo sviluppo basato su fondamenti etici e culturali diversi da qualsiasi forma precedente. Il mercato: anche in Romania sta nascendo una sensibilità al consumo responsabile. Il contenuto etico di prodotti attenti ai risvolti economici, sociali e ambientali può essere un veicolo di persuasione verso i consumatori. La famiglia: è un ambito di relazioni primarie ancora forte. Attorno ad essa si possono immaginare modelli di auto aiuto per le comunità. Anche se alcuni modelli stranieri (si cita il Giappone) hanno evidenziato i limiti di sistemi in cui la famiglia viene utilizzata come riferimento per le strutture produttive organizzate, in Romania persistono ambiti territoriali, soprattutto rurali, dove la famiglia è una risorsa decisiva. Le risorse naturali del paese: le risorse minerarie sono ambiti produttivi in disuso. Le acque e soprattutto boschi e foreste sono ambienti in cui le nuove imprese sociali potrebbero far nascere iniziative socio-economiche legate alla conservazione del territorio. 47 Statements meno discussi Le esperienze di produzione collettiva precedenti prima del 1989 erano attive in Romania le - CAP cooperative agricole di produzione, che accorpavano le proprietà private agricole, riorganizzavano la produzione e ripartivano i prodotti essenziali fra i conferitori. A parte l’aspetto inerente il diritto di proprietà che (anche) in Romania è stato uniformato alla forma di libero mercato in vigore nel resto d’Europa, ci sono elementi mutualistici che possono essere riattualizzati e riscoperti in chiave contemporanea. Anche le - CAR cooperative di aiuto reciproco (ancora in funzione per pensionati ed enti statali) che funzionano come garanzia per prestiti agevolati a piccole imprese, famiglie e individui, possono essere di ispirazione per l’economia sociale. Tradizioni: il recupero delle tradizioni artigianali da una parte e delle forme di supporto alla persona dall’altra, possono essere retroterra per forme organizzate di impresa sociale. DISCUSSIONE 3 L’economia sociale in Romania è un tema dai contorni sfocati. La legge che ne deve regolare il settore è in discussione da molti mesi e non sembra essere entrata definitivamente nell’agenda governativa. Il processo che ha portato alla definizione della bozza di legge è stato interrotto e ripreso più volte, seguendo un approccio top down piuttosto che partecipativo. Parola chiave: PUNTI DEBOLI Domanda stimolo: quali sono le criticità e cosa si sta facendo per superarle? Statements più discussi in ordine di importanza: La mentalità: i rumeni hanno generalmente un approccio passivo anziché proattivo. E’ ancora forte il senso di attesa che i problemi siano gestiti e risolti altrove. Cresce la delusione per il sistema democratico che in 22 anni non ha portato un incremento della qualità della vita. I gruppi di interesse: alcuni gruppi di interesse egemonizzano la politica. La prima bozza di legge sull’impresa sociale era totalmente incentrata sulla responsabilità sociale di impresa, accordando troppi vantaggi economici e fiscali alle aziende e trascurando gli incentivi per l’impresa sociale. Solo grazie 48 all’intervento di un gruppo non organizzato di operatori di ONG si è raggiunto l’obiettivo di riequilibrare il testo di legge. La sproporzione fra la capacità di lobbing dei gruppi industriali rispetto a quella dei soggetti del non profit, anche in un’area come quella dell’economia sociale, è evidente. La mancanza di coinvolgimento dello stato che non ha attuato una decisa politica forte per lo sviluppo dell’economia sociale. La mancanza di spirito imprenditoriale: i rumeni non hanno tradizione di impresa e non capiscono a fondo il possibile meccanismo dell’impresa sociale La legislazione carente che non da certezze. La carenza di informazione i media sono poco interessati al sociale e non promuovono i casi di successo. La visione a breve termine: tutta la società, soprattutto al sopravanzare della crisi, sta assumendo una visione di breve termine, rivolta soprattutto a sopravvivere e a risolvere i problemi immediati, anziché programmare lo sviluppo. Statements meno discussi Il tenore di vita: la povertà dissuade dalla partecipazione sociale e civile. DISCUSSIONE 4 Per incentivare ad un pensiero creativo e positivo si è usato il “gioco” della bacchetta magica, in cui viene dato ai partecipanti il potere di cambiare arbitrariamente le cose. Parola chiave: CAMBIAMENTO Domanda stimolo: se aveste una bacchetta magica che fosse in grado di cambiare un elemento del sistema al fine di sviluppare l’economia sociale, cosa fareste? Statements più discussi in ordine di importanza: Cambiare la mentalità apportando un approccio proattivo e responsabile alle persone protagoniste di iniziative sociali, economiche e politiche. Iniettare il DNA imprenditoriale: ci si immagina di risolvere il problema della scarsa proattività individuale operando in laboratorio, come se si fosse in presenza di un’anomalia genetica. In questa simpatica metafora il soggetto sembra sollevato dalla propria responsabilità. 49 Rimuovere l’apatia: anche in questo caso è come se si fosse in presenza di un fattore congenito che impedisce di raggiungere gli obiettivi. Eliminare la resistenza al cambiamento: in questo caso entra in gioco la volontà dell’individuo di agire in maniera deliberatamente contraria. Fornire istruzione a tutti: l’istruzione è vista come fattore di responsabilizzazione, che fornisce alle persone gli strumenti per capire come funziona l’economia sociale, cos’è un’impresa sociale, facilitando la decisione di impegnarsi nel sociale. Eliminazione della povertà: la povertà incide sulla possibilità di sviluppare una vera e propria economia sociale. Gli individui sono impegnati a procurarsi il sostentamento e non hanno tempo per dedicarsi agli altri. Statements meno discussi Retribuzioni simili al profit: le basse retribuzioni (come il basso riconoscimento sociale) dell’impresa sociale rispetto alla imprese profit, può essere un deterrente per gli individui che ambiscono a lavorarvi. 5. INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO A livello metodologico sarebbe opportuno estendere il worshop ad operatori privati e del non profit, ottenendo così punti di vista diversi e una panoramica più ampia. Dal punto di vista dei contenuti sarebbe interessante confrontarsi con le strutture governative a partire dalle suggestioni del workshop. Dal punto di vista progettuale si potrebbero riprendere alcune dei punti emersi dal workshop in chiave di ricerca azione. 6. CONCLUSIONI A partire dagli obiettivi del workshop si possono trarre alcune conclusioni. L’economia sociale è principalmente vista come un compito dello stato, che può decidere di delegarlo a nuove entità non profit. Le imprese sociali sono ancillari all’azione pubblica. Concetti come produzione equo-solidale, fund raising, responsabilità sociale di impresa non sono ancora nel vocabolario degli operatori. Le imprese in generale sono considerate non propriamente entità economico sociali, ma piuttosto ambiti politico organizzativi. Esse sono detentrici di un potere 50 non facilmente negoziabile. Nei più giovani si nota la consapevolezza che le imprese possono essere interessate ad aspetti sociali, ma anche per loro è difficile vedere la conciliazione fra le mission delle entità profit e non profit. Nella discussione sull’economia sociale si genera un paradosso che risiede nella mancanza della figura dell’imprenditore sociale nell’immaginario dei partecipanti. Come l’impresa profit è basata sull’imprenditore in grado di far fruttare il capitale (finanziario) di rischio per creare valore (finanziario) per gli azionisti, l’impresa sociale è basata sull’idea dell’imprenditore sociale in grado di far fruttare il capitale sociale (fiduciario) per generare valore sociale. Nella discussione con gli operatori, laddove si riesca a definire un profilo di impresa che abbia come finalità il mutuo beneficio e il bene collettivo, è difficile legarlo all’idea di imprenditore e di capitale di rischio. Sul versante della consapevolezza è netto il discrimine fra giovani e adulti. Da una parte c’è il desiderio di “mettersi in gioco” in prima persona e di imparare ad operare con modalità nuove. Dall’altra parte l’atteggiamento é di “nascondersi” nel ruolo e di non prendere iniziative. Le aspettative più realistiche sono quelle attorno alla nascita di una cultura del no profit che può essere appresa, agita e trasmessa col coinvolgimento delle istituzioni. La scuola, i media, le pubbliche amministrazioni locali possono sviluppare un processo di awareness che porterà effetti a lungo termine. Nella discussione è emersa una certa difficoltà degli operatori a riconoscere esperienze positive da replicare e valorizzare come fattori critici di successo. Questa difficoltà di analisi può aver portato il legislatore alla scelta di quello che abbiamo definito approccio top down, cioè porre l’azione legislativa come impulso per lo sviluppo del settore a contrapposizione di un approccio botton up in cui le esperienze positive dal territorio servono a definire la politica pubblica. Tuttavia è necessario considerare che tale approccio potrebbe comportare una lunghezza e articolazione del processo di diffusione verso il basso; una difficoltà nella previsione dell’impatto, costi di transazione relativi alla diffusione verso il basso, costi di transazione relativi al controllo dell’applicazione della legge e dei suoi dispositivi. Gruppo di lavoro n. 2: Capacity Building Coordinatori: Guido Loleo – formatore - Obiettivo Lavoro (IT) Madalina Marcu (respondabile SOCIAL - Obiettivo Lavoro (IT) 51 Esperto: 1. Angelo Bodra – Consorzio Progetto Liguria (IT) CONTESTO Il contesto operativo in cui si è svolto il lavoro del gruppo è stato caratterizzato da un'ampia presenza di “operatori” carcerari e dei servizi collegati e da un limitato apporto del personale dirigente. Il numero degli iscritti era di 28 unità ed è risultato effettivo. Dato il tempo limitato, si è scelto di riportare in aula i risultati di una discussione sul tema della “capacity building” a partire dalle risultanze dei lavori in plenaria e tarando gli apporti su un'interpretazione della capacity building intesa come “capacità di fare”, quindi, di costruire impresa sociale da parte del sistema carcerario e extra carcerario rumeno. La scelta è stata condivisa dal gruppo, orientato da un lato a capire i temi di fondo, sia in riferimento alla tematica specifica del workshop che, in generale, all'impresa sociale. Si è costruito un setting pedagogico basato sull'intervento di un formatore /coordinatore, con lo scopo di chiarire, animare il gruppo e organizzare interventi e conclusioni, insieme all'intervento dell'esperto (Angelo Bodra), con il compito di offrire chiavi di lettura pragmatiche e rapportate alla realtà, e col supporto di Madalina Marcu, responsabile di Social per Obiettivo Lavoro. Gli interventi sono stati numerosi anche se si è dovuto superare un “impasse” relazionale iniziale che attribuiva ad un elemento intangibile, quale la mancanza di adeguata legislazione, il difetto di Capacity Building. E' stato, infatti, scelto di analizzare quali fossero, a giudizio del gruppo gli elementi che osteggiavano la piena realizzazione della capacity building nel contesto rumeno. 2. OBIETTIVO L'obiettivo del gruppo, dato il limitato spazio temporale, è stato quello di determinare quali fossero I 5 elementi che oggi influiscono sul dispiegarsi della capacity building. Lo scopo del lavoro è stato quello di tradurre in pochi passaggi per il report in plenaria, quindi comprensibili ed efficaci, gli elementi che s’intendeva portare all'attenzione dell'autorità di gestione perché potessero essere oggetto di riflessione e ampliamento nei prossimi progetti. 3. METODOLOGIA 52 La metodologia prescelta è stata quella dell'animazione del gruppo a cura del coordinatore, dell'esperto e della responsabile di SOCIAL per Obiettivo Lavoro. Nella prima mezz'ora è stata spiegata la tematica, chiarendo il significato che si intendeva dare al termine “capacity building” tra le diverse possibili accezioni, per poi procedere alla discussione su quali fossero gli elementi che ne limitano il dispiegarsi in merito alla costruzione di imprese sociali in ambito carcerario o extra carcerario. Si è preferito un approccio aperto e provocatorio, per poter avere un’interlocuzione con il numero più ampio possibile di partecipanti. Il clima si è rivelato ottimo e si è sempre mantenuto il reciproco rispetto anche nell’espressione di punti di vista diversificati. Il gruppo ha approvato formalmente la sintesi proposta dal coordinatore. 4. RISULTATI I punti maggiormente focalizzati in merito al rafforzamento della capacity building per l'impresa sociale in ambito carcerario sono stati individuati in: 1) Mancanza di una legge specifica sull'impresa sociale e sulle facilitazioni che si potrebbero ottenere per ottimizzarne lo start up (viene ricordato il parere del CESE dell'ottobre 2011 che auspica lo sviluppo di una unica definizione europea di Impresa Sociale e, quindi, una concezione legislativa europea coerente e comparabile). 2) Cultura della sorveglianza e del controllo (anche se interventi successivi di almeno un dirigente hanno spiegato che questa cultura si è andata affievolendo in favore di una maggiore responsabilizzazione del detenuto) giudicata come ancora prevalente rispetto a quella dello sviluppo delle relazioni e delle motivazioni della persona in carcere. 3) Strutturazione gerarchico piramidale anche se si rileva la presenza di una rete di comunicazione efficace tra operatori che può generare comunicazione trasversale. L'organizzazione carceraria, però, è tipicamente e in ogni contesto territoriale, di tipo piramidale e orientata al controllo (viene riportato in aula il pensiero di Focault “Sorvegliare e punire” che attesta come ogni elemento organizzativo, anche nella struttura fisica degli edifici carcerari riflette questo assunto), ma gli operatori auspicano una maggiore enfasi sugli aspetti collegati alla crescita (sociale e culturale) delle persone, per ottenere maggiori risultati nel combattere la recidiva. Senza interferire sull'organizzazione della burocrazia carceraria, fuori dagli obiettivi e 53 dalle possibilità del progetto, la diffusione di reti di collegamento tra operatori e l'agire di gruppi di lavoro con responsabilità e possibilità di giudizio e scelta viene ritenuto un passaggio possibile. Viene citato come esempio da rafforzare la presenza, già operante, di una rete telematica fra operatori carcerari che viene talvolta utilizzata, ma in forma ancora embrionale, come “forum” di discussione. Questo interscambio, se portato ad agire come forum permanente, potrebbe dare vita ad un potente strumento di progettazione e validazione di esperienze tra le diverse carceri. 4) Difficoltà di engagement degli operatori a causa del basso livello di retribuzione attuale. L'elemento è critico e poco “maneggevole” all'interno del progetto. E' elemento di fondo, insieme alla bassa predisposizione sociale ad occuparsi di chi ha creato “danno sociale” nel momento in cui la crisi mette sotto pressione la vita quotidiana di coloro che rispettano le leggi. 5) Limitata conoscenza del tema “Impresa Sociale” e necessità di maggiore diffusione della formazione a suo sostegno. L'elemento è visto come estremamente importante. Le esperienze ascoltate in plenaria hanno fatto nascere. anche in coloro che non hanno precedentemente partecipato a momenti formativi sul tema, la curiosità e la consapevolezza che manca un elemento di competenza diffuso in merito. Mancano elementi sia di tipo “tecnico” che “culturale” e si lamenta, quindi, la difficoltà stessa di “inquadrare” correttamente il problema per l'impossibilità di avere dei feedback esperienziali. 6) Carenza di dialogo tra sistemi nazionali e locali ed istituzioni territoriali. Risulta evidente al gruppo una frattura nei sistemi relazionali e, quindi, decisionali tra istituzioni centrali e locali, che devono avere un naturale coinvolgimento in azioni “sociali” che incidono sul territorio. Diventa quindi importante stabilire un sistema di relazioni tra operatori sociali delle carceri ed operatori del territorio per poter programmare politiche e azioni che non pecchino di incongruenza e che garantiscano continuità nel passaggio delle persone private della libertà dalla “tutela” carceraria a quella dei servizi sociali. 7) Costruzione e supporto di una rete condivisa di operatori tecnici che strutturi idee imprenditoriali e costituisca una banca dati dei business plan. L'elemento è suggerito da una policy brief aggiuntiva già interna al progetto. La determinazione di un business plan congruo e non velleitario necessita di essere definita da soggetti con competenze specifiche e non può essere lasciata all'improvvisazione (per quanto positivamente orientata) degli operatori. L'obiettivo è quello di poter disporre di un set di business plan di “base”, che determino nei diversi 54 progetti d’impresa le caratteristiche obbligatorie e minimali, illustrando quindi i vincoli economici e funzionali che li caratterizzano. La rete potrebbe essere alimentata dalle business idea presentate dagli operatori delle carceri o da altri soggetti collegati e costituire un prezioso elemento relazionale e tecnico per lo sviluppo di imprese sociali. 5. INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO Come suggerito nel paragrafo precedente, i suggerimenti raccolti sui differenti punti possono essere così sintetizzati: Elementi culturali interni: maggiore spazio organizzativo e di relazione tra operatori e tra gruppi interdisciplinari di lavoro. Introduzione di circoli di qualità e di strutture dedicate alla conduzione di obiettivi e progetti. Elementi culturali esterni: conoscenza dell'impresa sociale. Introduzione di percorsi formativi per soggetti nelle diverse posizioni organizzative all'interno dei sistemi carcerari, con particolare focus sulle direzioni, sui quadri intermedi e sugli operatori sociali. Avvio di percorsi formativi e di coaching tra operatori carcerari ed operatori sociali esterni, appartenenti a sistemi nazionali e locali in merito a politiche attive del lavoro. Ufficializzare e rafforzare gli strumenti di rete attualmente presenti. Avvio di politiche di comunicazione sulla realizzazione di percorsi di economia sociale, non ultima la diffusione del concetto di “cooperativa sociale” che rappresenta un potente strumento per realizzare impresa a basso tasso di capitale e in grado di generare valore sociale aggiunto per il territorio. Operare strategicamente su “Piani di Sviluppo Locale” in modo che contengano azioni a valere sia su l’FSE che sul FESR, per coinvolgere tutti i sistemi locali e offrire spazi paritari anche all'impresa sociale collegata ai sistemi carcerari. L'unificazione degli sforzi sotto una regia “locale” che determini la mission di un territorio anche in termini di economia sociale apre spazi di dialogo tra istituzioni che attualmente risultano carenti. Dare vita ad una banca dati dei business plan rappresenta un elemento fondamentale per non sprecare risorse e generare momenti di apprendimento collettivo sul tema dell'impresa sociale. 6. CONCLUSIONI 55 Esistono problematiche certe in merito alla capacity building legata al tema dello sviluppo di impresa sociale a partire dagli Istituti penitenziari. Tuttavia le problematiche non appaiono sostanzialmente diverse da quelle presenti in altri contesti europei rispetto alle problematiche degli interventi sociali in ambiente carcerario, sottoposto per sua natura a vincoli giudiziari e di controllo che non hanno paragoni in ambienti esterni. Si è potuto, al contrario, rilevare che l'atteggiamento è estremamente positivo e si possono condurre azioni di recupero e miglioramento proprio in forza della volontà di azione che è presente negli operatori. I suggerimenti sopra esposti, uniti alle conclusioni del lavoro di gruppo indicano come i passaggi necessari possano essere facilmente inseriti in un progetto di sistema di secondo livello che esporti il “modello Social” a contesti più allargati, operando quindi direttamente sui sistemi e sulle culture e sostituendo ad azioni “pilota”, come quelle di Social, la strutturazione di interventi a più ampio spettro. Da questo punto di vista, l'eventuale avvio di progetti a carattere generale, sul territorio nazionale, che insista sul “pianeta carcere” integrato nel piano locale con lo strumento dei “Piani di Sviluppo Locale” e con l'intervento concorrente di fondi per le risorse umane (FSE) e per gli investimenti (FESR), già sperimentati in Italia, può rappresentare la chiave di volta per alimentare un volano positivo sulla Capacity Building per l'impresa sociale collegata alle dinamiche carcerarie e alla lotta alla recidiva. 56 Gruppo di lavoro n. 3: Governance e reti per lo sviluppo locale Coordinatori: Antonino Di Liberto – Direttore Unione degli Assessorati delle Politiche Socio Sanitarie e del Lavoro (IT) Neagu Elena Cristina - responsabile attività 6.3 del progetto SOCIAL, Unione degli Assessorati delle Politiche Socio Sanitarie e del Lavoro (RO) Esperto: Rob Platzbeeker - Vice Direttore degli Istituti penitenziari di Limburg (NL) Domenico Balsamo – Sindaco del Comune di Contributi esperenziali: Villafranca Sicula (IT) Salvatore Scimè – Vice Sindaco del Comune di Porto Empedocle (IT) 1. CONTESTO L'attività del gruppo di lavoro é stata caratterizzata da una grande presenza di partecipanti al gruppo. Tra i partecipanti vi erano gli operatori delle carceri e dei servizi penitenziari, compreso il personale di custodia. Il gruppo ha beneficiato anche della presenza di specialisti, un esperto proveniente dall’Olanda, che nella sessione aveva presentato la sua esperienza a Limburg e contributi esperenziali da parte di due attori istituzionali, invitati dall'Italia. La discussione del gruppo è stata aperta dall’esperto olandese, Robert Platzbeeker, che è partito da un punto fondamentale: il tasso di recidiva esistente in Romania. Riprendendo l’esperienza della "Cooperazione Aftercare tra Istituti penitenziari e le reti di Comuni in Limburg", presentata nella sessione plenaria, ha chiesto ai partecipanti se pensavano che questo tipo di cooperazione potesse essere utile a diminuire, anche nel contesto rumeno, il tasso di recidiva, attualmente al 50%. Ha, inoltre, invitato i partecipanti a fare domande su vari aspetti giuridici di tale cooperazione e a effettuare confronti tra le tre realtà: olandese, italiana e rumena, in termini di costruzione di reti locali e nazionali, di partenariati e di accordi nei vari sistemi carcerari. Si e discusso il concetto di ”Aftercare”, nel sistema carcerario olandese, in quello italiano e in quello rumeno. L'obiettivo dei Paesi Bassi è quello di fornire all’80% 57 delle persone che escono dal carcere le risorse di base necessarie (un documento di identità valido, il reddito, orientamento al lavoro o sociale, un piano di ristrutturazione del debito, alloggio, sostegno e adeguate cure psichiatriche e per le dipendenze). In Italia ci sono sia la legislazione che il sistema carcerario che prevedono l’esecuzione penale esterna per i detenuti con condanne fino a tre anni, in modo da facilitare il reinserimento nella società in maniera graduale e sicura. In Romania, invece, il concetto di "Assistenza riabilitativa", che rappresenta un contributo significativo al reinserimento sociale degli ex detenuti e alla riduzione della recidiva é quasi totalmente mancante. Il coordinatore del gruppo, Antonino Di Liberto ha sottolineato l'importanza della percezione di "sicurezza sociale" da parte del cittadino comune e di come il sistema giuridico, compreso il sistema carcerario, contribuisca a questa percezione. Questo al di là di quale sia il paese in cui si vive. Domenico Balsamo e Salvatore Scimè, rappresentanti due Comuni italiani, hanno condiviso con il gruppo la loro esperienza di amministratori pubblici ed in particolare la difficoltà di stanziare fondi, con risorse sempre minori, per l’assistenza di persone svantaggiate, con bisogni sempre maggiori a causa della crisi economica e della specifica situazione della Sicilia. Sono state, inoltre discusse questioni relative a: carceri minorili, sostegno dello Stato per le famiglie con figli minori che hanno commesso un reato, il loro diritto a non essere abbandonati e a rimanere in collegamento con la famiglia, i diritti di genitori dei detenuti adulti, il rispetto del diritto alla riservatezza dei dati personali, ecc. Il problema più dibattuto è stato il tema stesso del workshop: la creazione di sistemi di governance per la gestione di reti per lo sviluppo locale, focalizzando le reti di Craiova e Timisoara, create dal nostro partner del progetto Social, Federatia Filantropia. 2. OBIETTIVI L’obiettivo del workshop, tenendo conto del poco tempo a disposizione, era quello di elaborare gli elementi di base necessari per creare partenariati e sviluppo di reti. Sulla base della presentazione in plenaria dell'esperienza olandese in questo campo, questo workshop è stato completato con l'esperienza italiana, permettendo 58 ai partecipanti di avere una prospettiva più ampia e, nel contempo, sintetica ed efficace su nozioni generali di partnership, network, sviluppo locale ma anche sulle reti concrete già create da Federatia Filantropia, che rappresentano esse stesse un modello di rete. 3. METODOLOGIA La metodologia di lavoro scelta per il workshop è stato il colloquio interattivo tra esperto, coordinatore, responsabile, gli ospiti (contributo esperenziale) e i partecipanti. Si é preferito un dialogo aperto. Tutti i partecipanti sono stati invitati a prendere la parola, allo scopo di far intervenire il maggior numero possibile di loro. Le conversazioni si sono svolte nel rispetto reciproco, anche se sono state espresse opinioni diverse. Gli interventi sono stati numerosi, All’inizio si dovuto superare un momento difficile dal punto di vista dell’interazione, dovuto alla mancanza di traduzione italianorumeno e rumeno-italiano, che è stata, successivamente, effettuata dalla responsabile dell’attività, Elena Cristina Neagu, mentre la traduzione in inglese rumeno, rumeno-inglese è stata fornita dall’organizzatore della conferenza, ANP. 4. RISULTATI Lo sviluppo di partnership in collaborazione con gli attori interessati sul territorio, al fine di creare una rete di sostegno dell'economia sociale, necessita coinvolgere tutte quelle istituzioni che possono dare un contributo significativo e positivo per promuovere lo specifico settore dell'economia sociale, per sostenere lo sviluppo di un quadro legislativo adeguato, per sostenere le imprese sociali e, non ultimo, per promuovere l'inclusione sociale delle persone svantaggiate inserite in queste imprese sociali. 5. INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO Ricerca e condivisione di obiettivi comuni, azioni e strategie di intervento. Un punto di forza nella governance e nel funzionamento dei partenariati e delle reti di sostegno è la capacità degli attori di "fare sistema"; Creare un Networking reale e funzionale. Se il partenariato è concepito per un periodo limitato, temporaneo, strumentale e funzionale a ‘qualcosa’, la Rete è permanente. Il lavoro di rete è complesso e difficile, e deve superare molti ostacoli per la creazione delle migliori prassi; 59 Prevedere il costo delle reti per garantirne il loro funzionamento, una governance adeguata e la loro durata nel tempo; Identificare le organizzazioni con le quali è necessario lavorare in rete: l'identificazione dei "esperti"; Completare il quadro legislativo per l'economia sociale e quindi i modelli di rete a sostegno dell'economia sociale; Fare chiarezza sulle aspettative istituzionali nei confronti delle reti create. 6. CONCLUSIONI E’ necessario sviluppare politiche innovative, basate su interventi policentrici, per lo sviluppo di partenariati locali e internazionali delle reti per l’inclusione sociale e garantire pari opportunità di accesso alla vita sociale e produttiva per i soggetti più vulnerabili e a rischio. E’ necessario avere una cultura comune da parte degli operatori coinvolti nei diversi sistemi, in termini di metodologie e strumenti per il controllo dell’esclusione sociale e dei pregiudizi sociali e dei vincoli istituzionali che tendono a perpetuare l'esclusione sociale delle persone soggette a sanzioni penali. E’ necessario costruire le procedure locali e nazionali per un dialogo comune e sistematico, in conformità con la Strategia Nazionale per il reinserimento sociale dei detenuti. E’ necessario un modello formale d’integrazione istituzionale e sociale - coinvolgendo lo Stato, enti locali, comunità civile, le ONG, il sistema dell'economia sociale, le imprese commerciali - che miri a sviluppare la cooperazione integrata, estesa e qualificata per implementare percorsi di inclusione sociale per le persone in esecuzione penale. E’ necessaria una programmazione economica e finanziaria nazionale, come parte della strategia politica di governo verso l’inclusione sociale, per individuare ulteriori forme di finanziamento, compreso l'accesso ai fondi comunitari, finalizzate alla progettazione di attività da svolgere in partenariato. 60 Gruppo di lavoro n. 4: Comunicazione sociale Coordinatore: Maria Grazia Mastrangelo – Esperto senior per il progetto SOCIAL – ISFOL (IT) Esperto: Elton Kalica - Ristretti Orizzonti (IT) 1. CONTESTO Il gruppo di lavoro è stato realizzato nell’ambito dell’attività 6.3 del progetto SOCIAL. Il partenariato del progetto ha scelto la tematica Comunicazione sociale come uno dei contenuti da approfondire nell’ambito del seminario internazionale ““Modelli di intervento per un mercato del lavoro inclusivo” Nel corso della sua realizzazione SOCIAL ha, infatti, posto una particolare attenzione alla comunicazione dei prodotti e dei risultati ottenuti dal progetto, attraverso dibattiti, seminari locali, conferenze nazionali e transnazionali, workshop con professionisti dell’informazione, partecipazione a programmi radio – TV, articoli sui giornali nazionali e locali, materiale promozionale progettato per prevenire la criminalità e per facilitare il reinserimento sociale delle persone in esecuzione penale. Partendo dalla convinzione che la comunicazione efficace possa aiutare l'opinione pubblica a sviluppare una percezione oggettiva sul sistema penitenziario e sulle persone detenute, lo sforzo in corso di realizzazione, sia attraverso il progetto SOCIAL, sia attraverso la promozione della Strategia Nazionale per il Reinserimento Sociale delle Persone Private della Libertà, riguarda: la formazione di un team di comunicazione specializzato l’avvio di una politica proattiva di comunicazione e sensibilizzazione della società civile; la professionalizzazione del personale che svolge attività di comunicazione istituzionale all’interno dell’Amministrazione nazionale dei Penitenziari - Ministero della Giustizia rumeno. 2. OBIETTIVI Il gruppo di lavoro era rivolto agli operatori del sistema penitenziario (ANP e Istituti di pena), a quelli del privato sociale ed ai professionisti della comunicazione (media, stampa), al fine di rileggere in maniera più allargata le Raccomandazioni di policy elaborate nell’ambito di SOCIAL - arricchite dagli interventi degli esperti in plenaria - ed identificare possibili piste di lavoro per l’attuazione di interventi 61 proattivi di comunicazione in grado di: combattere i pregiudizi nei confronti di chi ha vissuto l’esperienza del carcere e rendere le comunità maggiormente accoglienti nei loro confronti, favorendone il reinserimento sociale; mettere in luce anche le funzioni educative e riabilitative del sistema penitenziario ed il servizio reso alla collettività in termini di maggiore sicurezza e legalità. L’identificazione di possibili piste di lavoro future non poteva prescindere dalle criticità ravvisate dal partenariato, quali: la carenza di risorse (umane e finanziarie) dedicate agli aspetti della comunicazione istituzionale e sociale; l'instabilità di un team di comunicazione e dunque l’improvvisazione quando è necessario; la mancanza di specialisti nella comunicazione con i media. 3. METODOLOGIA La metodologia utilizzata nel gruppo è stata il più possibile interattiva, seppur condizionata dal tempo limitato a disposizione (un’ora e mezza) e dal bisogno della traduzione simultanea in cuffia per le interazioni. I partecipanti al gruppo di lavoro erano tutti appartenenti ad ANP e ai vari Istituti penitenziari della Romania (assistenti sociali, psicologi, polizia penitenziaria), fatta eccezione per la presenza di una giornalista. La completa assenza di operatori del privato sociale oltre ad aver limitato le osservazioni e la raccolta dei diversi punti di vista tra intra ed extra murario, è stata vissuta, nelle percezioni degli operatori penitenziari, come l’assenza di un interlocutore nella società civile: “noi non abbiamo un ricettore, ce lo dice l’assenza del privato sociale”, è stato il commento di uno dei partecipanti. Elton Kalica, l’esperto di Ristretti Orizzonti ha svolto il ruolo di critical friend fornendo ulteriori approfondimenti sull’esperienza raccontata, mentre un contributo esperenziale è stato fornito da Maurizio Artale, presidente del Centro Don Puglisi nel quartiere Brancaccio a Palermo, presente al seminario per l’Unione Assessorati. Punto di partenza per il lavoro sono stati: 62 Il policy brief su “Comunicazione sociale e mass media”3 (preventivamente a) distribuito ai partecipanti) che pone l’accento sull’importanza di: creare una maggiore sensibilizzazione pubblica, come strumento di tutela di persone coinvolte nei procedimenti penali; ‘educare i media’ a una deontologia specifica nel raccontare i fatti concernenti la devianza e le persone che vi sono coinvolte; evidenziare le funzioni riabilitative e non solo punitive, del sistema della Giustizia. L’esperienza di Ristretti Orizzonti (ascoltata nella sessione plenaria e prima b) descritta nel presente documento) che ha narrato la sfida di una rivista - prodotta all’interno di due Istituti penitenziari da detenuti e volontari - di fornire informazioni corrette dal “dentro al fuori” attraverso il racconto di storie di vita e di esperienze da ristretti. La rivista svolge, così, una funzione di in-formazione nei confronti della collettività e dei media, ma ha anche una funzione rieducativa degli stessi detenuti – redattori. La conduzione si è articolata nelle seguenti fasi: I. Introduzione al gruppo di lavoro: contestualizzazione ed articolazione; II. Tematizzazione attraverso i contenuti del policy brief “Comunicazione sociale e mass media” e l’esperienza di Ristretti Orizzonti; III. Proposta di domande stimolo attraverso cui definire le aree di discussione IV. Interventi liberi con la tecnica del brain storming e visualizzazione degli stessi con l’ausilio della lavagna a fogli; Sintesi degli elementi emersi dagli interventi per il report in plenaria, attraverso V. l’identificazione di parole chiave per una più veloce esposizione. 4. RISULTATI TEMA DI DISCUSSIONE 1 Con il termine comunicazione sociale si è inteso, negli ultimi anni, un insieme di fenomeni e realtà molto diverse. Nel passato molti autori che si sono occupati dei processi comunicativi hanno inteso il termine sociale nel senso di diffuso o comune, utilizzando comunicazione sociale come sinonimo di comunicazione, cioè con questa formula si indicava la comunicazione diffusa nella società. Un più recente e più specifico utilizzo del termine è quello della pubblicità sociale e dalle campagne di pubblica utilità (pubblicità progresso). Una comunicazione, realizzata 3 Cfr. ISFOL, “Raccomandazioni di policy per il reinserimento di persone in esecuzione penale”, elaborate nell’ambito del progetto SOCIAL 63 principalmente attraverso spot radiotelevisivi o messaggi mirati al grande pubblico e finalizzati a promuovere argomenti, atteggiamenti o comportamenti. Sostanzialmente, un tipo di comunicazione che ha come obiettivo delle finalità collettive ed è quindi da inserire nell’ambito della comunicazione pubblica, realizzata principalmente dalle pubbliche amministrazioni, da organizzazioni non profit ma anche da imprese private. Lo spostamento dal riferimento alle campagne sociali al concetto di comunicazione sociale, intesi ancora spesso come sinonimi, coincide con l’allargamento dello spettro di strumenti, linguaggi e contenuti utilizzati che vedono aggiungersi alle campagne radio-televisive e della stampa, numerosi altri canali e modalità di trasmissione (web, blog, social network, …). Attualmente, il trend è quello di mettere in maggiore evidenza la socialità e relazionalità tipiche dei nuovi approcci alla comunicazione. Domanda stimolo: Nell’ambito del reinserimento sociale e lavorativo di persone in esecuzione penale, quale significato diamo al termine comunicazione sociale? Elementi emersi: - Un’interazione tra attori diversi che dialogano tra loro secondo una serie di regole comunicative, alcune scritte, altre no. Nella comunicazione c’è un emittente ed un ricevente. - Uno scambio formale ed informale. - Promuovere l’idea che tutti potremo aver bisogno di una seconda chance. Finire in carcere è molto più facile di quel che si pensi. - Un flusso di informazioni che parta dal penitenziario verso la comunità e faccia capire alla collettività che queste persone meritano una seconda opportunità. - Sensibilizzazione della società sul fatto che il penitenziario svolge un servizio per la collettività. Per questo è necessario che i messaggi che partono dal penitenziario siano efficaci. - Una comunicazione che miri a fornire informazioni utili per ovviare a disuguaglianze di accesso alla vita sociale. - Una comunicazione dei bisogni, facendo emergere nell'immaginario collettivo e nell'opinione pubblica i diritti e promuovendo intorno a questi, mediante azioni e reti di solidarietà, inclusione e coesione. - Provocazione vs rivendicazione. La comunicazione sociale è provocazione, rivoluzione degli immaginari collettivi mediante la proposta di nuovi bisogni e la 64 costruzione condivisa di stili di vita e pratiche solidali intorno a nuove emergenze e soggetti svantaggiati. Non rivendicazione di assistenza pubblica. Parola chiave: COMUNICAZIONE SOCIALE TEMA DI DISCUSSIONE 2 Per sviluppare una cultura dell’inclusione, della comprensione e dell’accoglienza, con particolare riferimento alla fase del post-rilascio, fondamentali appaiono le azioni di sensibilizzazione della collettività. E’ nelle dinamiche locali che si favorisce la rappresentazione sociale della norma, del crimine, dell’autore di reato. Ed è solo attraverso processi di conoscenza reciproca che si può riuscire ad aggregare le persone sui problemi del carcere e del reinserimento sociale e lavorativo degli ex-detenuti. Domanda stimolo: Quali azioni di sensibilizzazione rivolte alla collettività possono favorire una cultura dell’inclusione, della comprensione e dell’accoglienza, con particolare riferimento alla fase del post-rilascio? Elementi emersi: - Maggiore apertura del carcere all’esterno per chiedere alla comunità di farsi carico del reinserimento, attraverso l’organizzazione di attività condivise (es. workshop, spettacoli teatrali, cineforum organizzati nei penitenziari, ecc.). La distanza tra il carcere e la comunità non è solo il muro di cinta, è soprattutto una distanza culturale fatta di non conoscenza reciproca. - Creare occasioni di dialogo tra i detenuti e la comunità esterna attraverso il racconto di storie di vita e delle esperienze, utilizzando il potere dell’esempio, della narrazione autobiografica ed evidenziandone gli aspetti positivi. - Nella scelta di cosa si comunica, fare attenzione a non mandare messaggi negativi, (in particolare non pubblicizzare modelli negativi per i giovani), perché comunicare è importante ma può essere pericoloso. - Per dare visibilità all’aspetto rieducativo e di servizio alla comunità del penitenziario, si potrebbe utilizzare la narrazione di ciò che si fa. - Bisogna credere nel messaggio che si comunica. - Bisognerebbe invitare giornalisti e magistrati a passare una giornata nel penitenziario. 65 Parola chiave: UMANIZZAZIONE TEMA DI DISCUSSIONE 3 La comunicazione sociale è un progetto di innovazione culturale. È prendersi cura del tessuto sociale di un territorio, ascoltando le voci più marginali del bisogno, per proporre all'attenzione pubblica generale, mediante il racconto della propria esperienza, mediante la forza dell'esempio, nuove forme di convivenza per una società più giusta e solidale. Domanda stimolo: Qual è il valore aggiunto, per la società nel suo complesso, derivante dalla costruzione di una cultura dell’inclusione, della comprensione e dell’accoglienza nella fase del post-rilascio? Elementi emersi: - Valore culturale: l’innovazione La comunicazione sociale è la più innovativa delle comunicazioni, almeno sotto il profilo dei temi proposti, perché lavora sulle emergenze e sui bisogni nascosti della società, tratta spesso temi di frontiera, che la politica e le amministrazioni pubbliche, spesso, non hanno ben presenti. - Valore sociale: la coesione. La comunicazione sociale promuove nuovi valori “dal basso”, costruendo consenso e partecipazione. - Valore economico: il risparmio. Se si perviene allo stesso risultato senza conflitti, ma invece recuperando e attivando risorse e facendo rete, si abbattono i costi dei conflitti, delle diseguaglianze, delle resistenze, degli immobilismi. Parola chiave: VALORE TEMA DI DISCUSSIONE 4 L’efficacia della comunicazione verso la collettività è un riflesso della chiarezza della comunicazione interna, ovvero di quegli elementi strategici attorno ai quali si aggrega il consenso e la motivazione di chi opera. Mission, vision, valori e obiettivi, chiari, condivisi e diffusi fungono da bussola anche per la gestione della comunicazione esterna. Investire in comunicazione è costruire una società più giusta e solidale, non farlo potrebbe essere uno spreco di risorse e potrebbe provocare effetti negativi di 66 ritorno. Domanda stimolo: Cosa sarebbe necessario nel sistema penitenziario rumeno per costruire un’efficace comunicazione sociale in tema di reinserimento sociale degli ex-detenuti? Elementi emersi Sono necessarie competenze comunicative e l’aiuto di professionisti della - comunicazione. Gli operatori che hanno partecipato ai corsi di formazione SOCIAL - potrebbero dare una mano. C’è differenza fra informare e comunicare. Nell’informazione bisogna stare - attenti a non metterci del proprio. La comunicazione implica vicinanza e comprensione del contesto in cui ci si trova. Servono competenze da professionisti perché fare comunicazione sociale è - un'azione più complessa di quella di promuovere un servizio, fare un comunicato stampa, gestire un sito, tutte attività che possono essere strumenti di una strategia di comunicazione, ma che non devono essere confuse con l'obiettivo. Parola chiave: COMPETENZA 5. INDICAZIONI E PROPOSTE PER IL LAVORO FUTURO Dato il poco tempo disposizione e a partire dai risultati del gruppo di lavoro, le proposte si riferiscono alle azioni percorribili nel breve termine: a) Promuovere la sensibilizzazione e il cambiamento del comportamento della collettività verso le persone che hanno vissuto l’esperienza del carcere, mediante strategie o tecniche di marketing sociale (pubblicità progresso, web, blog, ecc.) b) Rafforzare il marketing istituzionale, cioè promuovere e realizzare modalità pubbliche di rendicontabilità dell'operato del sistema penitenziario, quali il “company profile”, fatto da professionisti. c) Individuare persone che possano essere dei riferimenti stabili per ognuno 67 dei luoghi di detenzione e per il rapporto tra questi luoghi, il mondo dei media e quello della società locale esterna. Ciò favorirà la creazione di una “rete virtuale di comunicatori” che potranno contribuire - congiuntamente alle altre forme di intervento messe in campo - a far nascere nuove conoscenze nell’opinione pubblica e a superare gli stereotipi culturali. Intessere uno scambio permanente fra il dentro ed il fuori, fra “pianeta d) carcere” e società civile con il coinvolgimento del privato sociale. Condividere i contenuti emersi dal gruppo con i livelli dirigenziali del e) sistema penitenziario, per evitare il rischio che la motivazione degli operatori possa venir frustrata dalle decisioni politiche dei vertici. Fornire ulteriori occasioni di discussione ed approfondimento sulla f) tematica, coinvolgendo professionisti della comunicazione. 6. CONCLUSIONI Dai contenuti emersi nel gruppo di lavoro si possono trarre alcune conclusioni. Per quanto sia forte, da parte dell’ANP, il desiderio di impegnarsi nell’attuare una politica proattiva di comunicazione che favorisca il reinserimento sociale degli ex detenuti e contribuisca a combattere la recidiva, molte sono ancora le problematiche: l'instabilità del team di comunicazione e il problema della sua stabilizzazione; la mancanza di specialisti nella comunicazione; la scarsa apertura alla collaborazione e allo scambio tra il carcere e la società civile organizzata. Nella realtà rumena, è’ ancora molto forte una rigida divisione di compiti e competenze tra sistema penitenziario e società civile: gli operatori penitenziari si occupano del “dentro” curando gli aspetti di custodia, vigilanza, rieducazione per il rilascio; gli operatori del privato sociale si occupano del “fuori”, al termine della detenzione, curando i bisogni i primari e lavorativi per il reinserimento. In mezzo, per lo più, non c’è dialogo, cooperazione, programmazione di interventi condivisi. Fanno eccezione le sporadiche iniziative di sensibilizzazione della comunità che alcuni operatori, per vocazione, formazione o perché coinvolti da progettualità come SOCIAL, portano avanti insieme al lavoro di routine. In Italia, questo processo di compenetrazione è stato, sicuramente, facilitato dall’ordinamento penitenziario vigente che prevede, anche, l’esecuzione penale esterna; l’impoverimento di vasti ceti sociali e l’aumento delle fragilità individuali e di massa, a causa della grave crisi economica, alimentano comportamenti indifferenti, cinici, individualisti, 68 di paura, condizionati dalle influenze mediatiche. Questo rende difficile o fa percepire come superfluo l’investimento sulla comunicazione sia interna che esterna. Quest’ultima, spesso, viene limitata ad attività di informazione, diffusione e pubblicizzazione delle iniziative messe in campo. Fare comunicazione sociale significa, invece, sforzarsi di credere che i valori e le iniziative della cittadinanza attiva possano trasformarsi da buone pratiche di nicchia a modelli di comportamento collettivi. Significa costruire e diffondere, storie, linguaggi, format convincenti e capaci di parlare innanzitutto a chi il mondo del bisogno e della marginalità non lo conosce, non lo frequenta, non lo cerca. E’ una comunicazione che ha come protagonisti i nuclei più intraprendenti e solidali della società, siano essi pubbliche amministrazioni collaborative, ONG, singoli cittadini, gruppi informali, strutture dell’economia sociale o imprese che decidono di partecipare a progetti di responsabilità sociale. 69 Considerazioni finali L’economia sociale e il mondo dell’associazionismo e del volontariato favoriscono, per la loro stessa natura, l’ inclusione socio-lavorativa delle fasce a rischio di emarginazione, a beneficio dell’intera collettività. Come evidenziato dalle esperienze di altri Paesi, la crescita del no profit può generare un aumento dell’occupazione e del valore sociale, in grado di temperare anche le conseguenze dell’attuale crisi economica. L’economia sociale svolge un ruolo essenziale in Europa e potrà prosperare e sviluppare tutto il suo potenziale soltanto se beneficerà di premesse e condizioni politiche, legislative ed operative adeguate, quali l'accesso agevolato al credito, sgravi fiscali, lo sviluppo del microcredito, finanziamenti adeguati, in primis i fondi strutturali, come ampiamente riconosciuto sia dal Parlamento che dalla Commissione Europea. Il settore va, dunque, sostenuto e valorizzato. Per quanto concerne l’inserimento sociale, formativo e lavorativo di detenuti ed ex detenuti, occorrono migliori politiche inclusive da tradurre, poi, in interventi integrati sul territorio. Determinante é il lavoro sinergico e di rete tra istituti penitenziari, ONG, agenzie e servizi territoriali, imprese profit e no profit. Le linee guida, in questa sede presentate ed esaminate, potranno agevolare le istituzioni e le organizzazioni coinvolte nel reinserimento di persone in uscita dal circuito penale, nella condivisione di un percorso che tenga conto delle istanze economiche ma che allo stesso tempo rispetti le esigenze sociali ed ambientali per uno sviluppo intelligente, inclusivo e sostenibile, come delineato nella Strategia Europa 2020. Le linee guida sono, quindi, un importante riferimento per ideare e sviluppare interventi integrati a livello locale in un’ottica di prevenzione della recidiva. In Romania è forte l’esigenza di cambiamento verso un nuovo modello di welfare che veda l’azione congiunta di pubblico e privato, di profit e no profit. La delicata ed importante fase di transizione del Paese nell’ambito delle politiche inclusive per gli ex detenuti potrebbe aprire a nuovi scenari. La recente “Strategia nazionale per l’inserimento sociale delle persone private della libertà”, dà nuovi orientamenti per un quadro normativo ed un sistema interistituzionale più interattivi e funzionali, in un contesto in cui il tasso di recidiva si attesta intorno al 50%. Il Disegno di Legge per regolamentare e sviluppare l’economia e l’impresa sociale, dovrebbe prevedere misure incentivanti per sviluppare un settore 70 economico con notevoli potenzialità, capace di creare nuovi posti di lavoro di qualità e di rafforzare la coesione sociale, economica e territoriale. Nonostante gli evidenti segnali di apertura e di cambiamento, si riscontra nella società rumena una certa difficoltà a comprendere appieno ed a fare proprio il concetto di economia sociale, nonché una carenza di spirito imprenditoriale. Lo scarso interesse dei media al sociale non facilita la situazione. Eppure le passate esperienze di produzione collettiva potrebbero essere riattualizzate e riscoperte, magari attraverso il recupero delle tradizioni artigianali e l’offerta dei servizi di cura alla persona, attività tipiche di impresa sociale. Lo sviluppo di una capacity building nel settore può avvenire attraverso un’azione di sistema che trasferisca il modello SOCIAL a contesti più ampi per la realizzazione di interventi integrati, sostenibili ed a lungo termine. Il ruolo della governance e delle reti per lo sviluppo locale è di primaria importanza. Accanto alla promozione di politiche innovative occorre un forte raccordo a livello istituzionale ed operativo attraverso lo sviluppo di partenariati locali, nazionali ed internazionali tra realtà impegnate a vario titolo nella lotta all’esclusione sociale ed accomunate da una stessa cultura e sensibilità. La comunicazione riveste un ruolo essenziale: essa necessita di investimenti significativi, di personale esperto e di una proficua collaborazione tra le istituzioni. Per diffondere nel Paese una cultura del no profit sui valori fondanti della solidarietà e della riduzione delle diseguaglianze sociali, sarà indispensabile che i sistemi locali in genere, lavorino insieme strategicamente per lo sviluppo dell’impresa sociale e la sensibilizzazione del territorio. L’esperienza di SOCIAL rappresenta un primo importante passo in tale direzione ed apre a nuove opportunità anche per altri target a rischio di emarginazione. Lucilla Di Rico Coordinatrice del Progetto SOCIAL per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 71 PROGETTO SOCIAL – STRATEGIA PER L’OCCUPAZIONE E QUALIFICAZIONE TRAMITE L’APPRENDIMENTO ED ATTIVITA’ PER LA LIBERTA’ - POSDRU/69/61/S/32810 Az. 3.2.2.1 72