L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO 4 – ANNO 2 DEDICATA ALL’EMERGENTE D.O.C. GIOVANI TALENTI: SUSANNA PARIGI Cantante esordiente ESSERE CHARLES BUKOWSKI UN PIEDE AL LINGOTTO PAY PER PUBLISH: INTERVISTA A GIULIO PERRONE L’INTERVISTA: GIULIO LEONI Premio Tedeschi 2000 IL DANTE DEL DELITTO www.emergentesgomita.com ALL’INTERNO LA SECONDA PUNTATA L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 Un anno di progressi con voi L’Emergente sgomita torna protagonista sulla scena editoriale on line, do- po una lunga pausa di silenzio che si giustifica con l’impegno sotterraneo e non solo, volto a consolidare i successi conseguiti in un anno di lavoro dalla fondazione del magazine. Tra i più significativi, l’attenzione che abbiamo risvegliato negli esperti del settore; tra tutti, Marsilio Editori, la scrittrice pluripremiata Antonia Arslan e il professor Turchetta, docente all’Università Stradale di Milano, nonché nota personalità nel mondo della critica letteraria. Ottimi anche i riscontri in termini di diffusione e visibilità, visto che molti media (in cima alla lista Il Gazzettino, la rivista Inchiostro e Radio RAI 2) ci hanno ospitato nei loro spazi dando modo al progetto di radicare ed evolversi; lo confermano i numeri: L’Emergente sgomita 3 ha fatto la sua comparsa nei computer di oltre settemila persone, che l’hanno scaricato dai cinque siti che, oltre al nostro, lo distribuiscono gratuitamente. Tra le importanti collaborazioni da segnalare, quella in via di perfezionamento con Giulio Perrone, giovane e intraprendente titolare dell’omonima casa editrice romana (presentata all’interno), che si concretizzerà con la realizzazione di un’antologia poetica cartacea – curata dal sottoscritto e da Laura Onofri – prevista per i prossimi mesi, assieme a molte altre iniziative letterarie e culturali. Con grande soddisfazione vi informo inoltre che è confermata la presenza, nel nostro team redazionale (http:// www.emergentesgomita.com/redazione.htm), di Roberto Malini, artista poliedrico nonché amico e sostenitore che io e Laura abbiamo avuto l’onore d’incontrare alla 62° mostra internazionale del cinema di Venezia. Un’occasione imperdibile, che ci ha permesso di presenziare alla conferenza stampa di domenica 4 settembre 2005, tenutasi presso la Villa degli Autori al Lido, dove Roberto ha presentato, insieme al regista Dario Picciau e all’entourage di artisti della 263 Films di Milano – presente anche il produttore Andrea Jarach – il teaser trailer di Dear Anne. The gift of Hope (http://www.dearannemovie.com), il film d’animazione 3D su Anne Frank, in uscita in tutte la sale a Natale 2006, di cui ha curato la spettacolare sceneggiatura. Questo evento, assieme alla toccante rappresentazione teatrale Anne in the Sky, al teatro delle Fondamenta Nove di Venezia, curata da Roberto ed Edna Angelica Calò Livine’, sarà il topic di uno speciale previsto per fine ottobre e distribuito in formato e-book da diversi portali on line. Così come accadrà per il racconto vincitore del Premio L’Emergente 2005, che verrà pubblicato prossimamente in formato PDF assieme a un’intervista all’autore. A presto dunque, in attesa di succulente novità. Matteo Pegoraro Un piede al Lingotto Andrea Galla è andato per noi al Salone di Torino per documentarci quanto la manifestazione risponda alle esigenze del pubblico A pag. 13 1 SOMMARIO 1 Editoriale di Matteo Pegoraro 2 Il punto di vista di Laura Onofri 3 Alla riscoperta dei classici: Essere Carles Bukowski a cura di Giulio Serafino 7 Penombra a cura di Andrea Galla 9 Narrativa: “Il grande mecenate” di Pasquale Giannino 10 Giudicate voi: Giulio Perrone a cura di Matteo Pegoraro 15 Vintage, l’assaggio di Andrea Coco 16 Anne’s Door: lezione di pittura Yddish a cura di Roberto Malini 17 Narrativa: Poesia creativa? di Francesco Dell’Olio 20 La fantasia della scienza: Comunicare è ridere a cura di Andrea Coco 25 L’intervista: Giulio Leoni Giallista, premio Tedeschi 2000 a cura di Andrea Galla 27 Prosit! di Maddalena Mongiò 28 Il calamaio in rete: Laura Cherri a cura di Matteo Pegoraro 29 Insoliti eventi: II puntata di Andrea Galla 34 Giovani talenti: Susanna Parigi a cura di Alberto Barina 39 Slam Poetry a cura di Alberto Barina 41 Narrativa: In memoria del sindacalista Dimitri di Lorenzo Mazzoni 44 Pellicole a cura di Maurizio Aschieri e Fulvio Gatti 47 Recensioni a cura della Redazione 2 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 IL PUNTO DI VISTA di LAURA ONOFRI Dell’occhio dell’aquila Io criptica? Non me lo ero mai detto nemmeno da sola. Al massimo m’incoronavo con un, che so, travolgente, viscerale, vorticante, complessa! Tagliente, aspra e perfino arguta sì, lo riconosco. Ma criptica m’intriga. Mi fa sentire un po’ come un codice antico, un rotolo del Mar Morto. Ma ancora non vedo difetti gravi. Sarebbe peggio se fossi smielata, accondiscendente e “sciuscià”. Sono un’appassionata, umilissima lettrice di buoni libri. Sono nata con le Fiabe dei Fratelli Grimm e Andersen a fianco del letto e ho camminato sottobraccio a Màrquez, Yourcenar, Miller, Bellow, Bellonci, Borgès, Duras, Eco, Hesse, Bach, Yogananda, Calasso, Rushdie, Michener, Singer, Schuré, Kundera, Steiner, Castaneda, Coelho, Uris, Camus, Lawrence, Waltari, Amado, Woolf e tantissimi altri che hanno nutrito l’amore per il pensiero universale. Ho sviluppato sensibilità e un fiuto tale che potrei sniffare un imbroglio letterario senza tema di smentita. Posso dire che in giro si spaccia alla grande, e non solo eroina pura. Un sacco di crack. Per esempio, saltando di palo in frasca, quando vedo un quadro delle dimensioni 4x4 con su un punto o una rigolina sbilenca, esposto in una fondazione internazionale, dico ugualmente che è una gran presa per i fondelli. Probabilmente è per questo che sembro infierire. Non è così. Di certo non digerisco le balle e non le racconto. Quando tasto una buona stoffa ne riconosco la preziosità e non lesino sugli apprezzamenti. Di me è stato detto che metto i piedi nel piatto. E’ vero. Il fatto è che quando scrivo entro nel cosiddetto flusso di coscienza, laddove non esiste censura poiché il contatto con una dimensione che non è più soltanto mia, è totale. Non è questione di maturità anagrafica, bensì di crescita interiore – si può essere grandi anche al primo vagito, dipende dal numero di reincarnazioni (ndr), e di vera umiltà, da non confondersi con l’ipocrisia. Scrivo, lo faccio con passione e questa è la mia ricchezza. Non sono usa a misurarmi con gli altri, poiché ciascuno plasma la creta che possiede. Nelle recensioni, relative a libri e a film, esprimo il punto di vista dell’occhio d’aquila. Se mi trovo davanti al qualunquismo gli artigli del rapace si tendono per ghermire, poiché lo reputo un virus infettante. Qualcuno dice: “più semplice e diretta?”. La soddisfazione di arrivare in cima la si prova maggiormente quando la parete con cui ci si è confrontati era aspra. Se ponete una domanda potete fidarvi della mia risposta, che non sarà mai banale. Se è un parere che chiedete, siate saldi sulle vostre gambe: se mi capita di bastonare non è per ferire, bensì per rafforzare i muscoli onde spingere a meglio procedere in un bosco di rovi. In quanto a me, posso essere simpatica, venir recepita come odiosa, ma cerco sempre di essere obiettiva. Pensierino in chiusura: comunque sia, comunque vada, se abbiamo un talento, questo non ci appartiene. Esprimiamolo al meglio delle nostre possibilità. E sarà già così una cosa preziosa. PS: quando dico che la poesia è praticamente la cinderella della letteratura moderna non intendo che pochi autori siano ispirati da tale forma espressiva. Il popolo dei poetanti annovera un numero incalcolabile di appassionati… scrittori, ma l’editoria sembra avara, in questo settore, e c’è maggior tendenza a spingere gli scritti di tiratura popolare. Chi produce vuole vendere. Diciamolo pure, ha necessità di vendere. SCRIVI A LAURA ONOFRI [email protected] L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 3 ALLA RISCOPERTA DEI CLASSICI a cura di GIULIO SERAFINO Essere Charles Bukowski Henry Charles Bukowski nasce ad Andernach, in tempo nei bar a ubriacarsi o a scommettere sui cavalGermania, il 16 Agosto 1920, da padre americano e madre tedesca. Nel 1922, a causa della pessima situazione economica, la famiglia Bukowski si trasferisce in America, a Los Angeles. Un padre violento, una madre depressa e passiva contribuiscono a irradiare in Charles una mentalità ribelle e anticonformista che tuttavia non sarà accompagnata da un carattere estroverso ma da una pacata timidezza, nascosta con maestria dietro a quel suo sguardo pazzo alla Mickey Rourke. Il carattere introverso è diretta conseguenza delle sue esperienze giovanili; da bambino crebbe isolato, iniziò a costruirsi un mondo eretto su idee e libri, e abitato dalla sua fedele compagna, la macchina da scrivere. Alla Junior High School mette in mostra il suo talento letterario; nel frattempo è colpito da una violenta forma di acne che lo rende irriconoscibile e lo terrà lontano dalle ragazze per qualche tempo. Il giovane Henry si richiude in se stesso e diventa sempre più insicuro, fino a quando scopre l’alcool insieme a una banda di teppistelli. Tutto questo prima di abbandonare casa, a vent’anni. È allora che, libero di affrontare il mondo, comincia il periodo maledetto dello scrittore che inizia a battere a macchina i primi scritti, continua a bere e scopre la passione per le corse dei cavalli. Fa l’amore per la prima volta a ventitrè anni, con una donna che pesa più di cento chili, e lo descrive in un romanzo; questo è il periodo del Bukowski che è diventato leggenda, dello scrittore che pratica alla perfezione l’arte dell’arrangiarsi. Il giovane Henry si sottopone ai più disparati lavori, vivendo alla giornata; nonostante passi gran parte del li, sopravvive fino al 1952, anno in cui, in seguito a una relazione con una ragazza di nome Jane, decide di trovarsi un posto fisso ed entra alle poste, al servizio delle quali rimarrà, anche se non continuativamente, per dodici anni. Dopo aver rischiato di morire prematuramente, tronca il rapporto con Jane e inizia a pubblicare sulla rivista Harlequin, la cui redattrice, Barbara Frye, si dimostra entusiasta dello scrittore. Henry la conosce e poco dopo i due si sposano, accasandosi in Texas. Nonostante il ricco patrimonio monetario dei genitori, Barbara vuole essere indipendente e costringe Henry a riprendere il lavoro; nel 1958, pochi mesi dopo la scomparsa della madre di Buk, lo scrittore riprende infatti l’impiego alle poste. L’occupazione non gli va a genio e dedica sempre più tempo alla scrittura, con risultati sempre più visibili. Inizia a farsi un nome nell’ambiente underground grazie alle sue poesie – raccolte sotto il titolo di Taccuino di un vecchio porco – e durante uno dei suoi celebri reading conosce Francis Smith, che gli darà una figlia. La rinuncia al lavoro e la sua sregolatezza lo allontana ben presto dalla figlia e dalla compagna che lo lasciano e si trasferiscono a Washington. Nel 1969 Buk incontra John Martin, manager appassionato di letteratura con il quale firma il suo primo contratto, e poco dopo pubblica i suoi primi due romanzi, Post Office e Factotum, che riscuotono grande successo. Licenziatosi, nel 1976 conosce Linda Lee, l’unica compagna capace di porre un freno alla vita dissoluta che lo avrebbe portato all’autodistruzione. Bukowski dà alle stampe una serie di romanzi tra cui 4 Donne e Shakespeare non l’ha mai fatto e lavora ai primi film sulla sua vita. Il vecchio Henry cambia, abbandona il suo precedente stile di vita e, sistematosi economicamente grazie alle vendite dei suoi romanzi (molto apprezzati in Europa) e alla notorietà pubblica, sposa Linda Lee nel 1985; trascorre così gli ultimi anni in una villa a San Pedro, California, ad aspettare con serenità, compiaciuto della sua esistenza, la morte, alla quale tante volte era sfuggito e che stavolta arriva per davvero, magari bussando alla sua porta, per avvertirlo, e dargli il tempo di farsi un’ultima bevuta. Perché scrivere di Charles Bukowski? Ciò che ha fatto pendere l’ago della bilancia a favore dello scrittore americano d’adozione, convincendomi a leggere le sue opere, è stata in primo luogo la sua vita, che conobbi prima della sua arte. La vita stessa di Bukowski è un opera d’arte, fuori da ogni canone o modello; autodistruttivo e anticonformista, anche nella più banale delle sue battute, in essa egli si dimostra coerente con se stesso. Tutto si può dire sulla vita di quest’uomo, sui suoi vizzi, le sue donne, il suo particolarissimo way of life antisociale e antieconomico; eppure non si può disconoscere il fatto che abbia avuto un’esistenza interessante. Essendo curioso per natura e affascinato da storie di uomini come Buk più di ogni altra cosa, avrei scritto di Charles Bukowski anche se fosse rimasto un vagabondo ubriacone, un Chinaski qualsiasi insomma. Il fatto poi che riuscisse ad abbinare la vita maledetta, decadente, a uno stile di scrittura del tutto unico mi ha definitivamente fatto appassionare alla sua opera, portandomi alla scoperta di un uomo che ha fatto della coerenza e dell’onestà intellettuale la sua chimera e che paradossalmente si è ritrovato a incarnare, con l’avvento del successo, il tanto vituperato (da lui stesso) mito dell’American Dream. Su Bukowski si è L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 detto molto, forse troppo, sta di fatto che la sua originale carriera fu oggetto di aspre critiche da parte dell’ala intellettual-conservatrice. Innanzitutto consideriamo il problema più dibattuto, quello dello stile. È opinione diffusa che Bukowski non sapeva scrivere, né in prosa né in poesia. Certamente la sua scrittura si discosta il più delle volte dalla perfezione grammaticale, da certi canoni che si potrebbero definire riconosciuti, il che lo rese facile bersaglio di gran parte della critica e nello stesso tempo lo elevò a paladino di una sorta di contro-scrittura. Le sue giovani letture, da Hemingway a Dostoevskij, fino ad arrivare a Miller, lo influenzarono profondamente (anche se lui fu sempre restio nell’ammetterlo), aiutandolo a orientarsi verso uno stile poco ricamato, aggressivo, diretto e volgare. La sua volontà principale era quella di apparire come un nuovo poeta maledetto, una sorta di precursore in anticipo sul tempo, un Baudelaire di metà Novecento capace di portare in letteratura una nuova gamma di sensazioni ed emozioni che sono uniche non per la loro universalità o astrattezza ma perché riguardano lo scrittore stesso. Voleva apparire un artista puro, affascinato ma non contaminato dalle opere di altri grandi del suo tempo. Alla base di questo tentativo c’è l’idea di una nuova poetica, di una teoria letteraria che si richiama vagamente all’ir- razionalismo di fine Ottocento e all’anticonformismo delle avanguardie novecentesche, la quale propone il rifiuto dell’idea stessa di genere o modello letterario in favore di una scrittura svincolata dalle convenzioni e libera di poter essere applicata scatenando il più alto grado di creatività possibile. Il vagabondo con la machina da scrivere Bukowski diventa il creatore di un nuovo modo di scrivere che ricorda stilisticamente anche, per certi aspetti, l’automatismo Joyciano, specie in poesia. La sua scrittura è irrazionale, vernacolare, ritmata, e come tutti i ritmi e le melodie è imprevedibile ma anche forte e pungente, satirica e onesta, di una sincerità critica che spaventa, e riflette la difficile infanzia dello scrittore. Spogliando la poesia dei suoi ricami, delle sue sonorità elevate e enigmatiche, dello stesso linguaggio poetico, Bukowski comunica direttamente con il lettore, rendendolo partecipe di ciò che descrive, creando una forte tensione emotiva e melodica; e non è un caso che Buk scrivesse con un disco di Brahms in sotto fondo, a illuminarlo. La scrittura pare riflettere il suo stile di vita, diviso tra improbabili occupazioni e desideri dell’uomo di strada, pieno di filosofia spicciola ma efficace. Non ha fatto altro che raccontarci nelle sue opere la sua vita; è rimasto sempre lo stesso, è Bukowski, l’ubriacone squattrinato, scommettitore, il donnaiolo, il genio autodistruttivo che ha saputo essere onesto, e l’onesta lo ha ripagato. La sincerità gli ha permesso in fin dei conti di parlare di se stesso e trasformare così la sua vita in un’autentica opera d’arte. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 Bukowski è romantico ma mai sentimentale; è l’emblema del tramonto della vecchia scuola Beat, consapevole che non si può fuggire dalla realtà: si limita a osservarla e a descriverla cosi come gli appare. L’emozione della terra promessa, sicuro rifugio dalla realtà sociale, è svanita: non c’è più spazio per la languida visione, rimpiazzata da un onesto giudizio sulla realtà; le lunghe traversate da Detroit a San Francisco alla ricerca di nuovi territori inesplorati, incontaminati, si trasformano in piccoli e rapidi spostamenti da un pub all’altro nella convinzione che il mondo va in una direzione sbagliata ma precisa e che gran parte delle persone la segue senza domandarsi perché. Bukowski fu comunque costretto a entrare nella tanto odiata società dal successo che alimentò il suo mito, avversato dagli intellettuali che gli rimproverano di non conoscere le basi di letteratura e storia dei generi, osannato da tutti coloro che credono prima di tutto a una scrittura dell’anima, onesta e istintiva. Arrivò tardi al successo perché non lo cercava, e nonostante la popolarità non cambiò il suo atteggiamento; rimase sempre il vecchio ubriacone, un po’ più attento ai soldi, adesso che ne aveva. Continuò a pubblicare la storia della sua vita in romanzi, e videro la luce anche le prime raccolte di poesie. La fama lo allontanò per sempre dai bassifondi, da cui traeva energia creativa, per portarlo in una villa californiana alle porte di San Pedro a godersi la sua pensione dorata. Se da un lato l’arrivo del successo e l’incontro con Linda Lee contribuirono ad allungargli la vita, dall’altro sarebbe stato fantastico osservare ancora il vecchio Buk alle prese con le difficoltà di ogni giorno, squattrinato e ubriaco fino ai sessanta e ancora ispirato come quand’era giovane, pronto a raccontarci le 5 sulla macchina da scrivere come posseduto dalla musica che lo circonda, quasi voglia sfogare tutta la rabbia e le emozioni che ha accumulato pensando al mondo. Lontano anni luce dall’idea di poter far qualche soldo con quella sua passione. Lontasue avventure da vecchio vagabon- no anni luce dai fan, dalle televido. Ci siamo dovuti accontentare di sioni, dalla notorietà. un Bukowski che nonostante l’inserimento forzato nel mondo dello Dai due lavori che ho deciso di spettacolo ha continuato a seguire recensire scorgiamo un aspetto l’iter dello scrittore maledetto che si del carattere di Charles Bupresenta ubriaco ai reading, ingaggia kowski a cui ho già accennato, duelli verbali e non solo con i pre- che merita di essere approfondisenti, insomma fa il Bukowski, fa to. Nonostante le apparenze, ciò che la gente vuole. Eppure il Buk era un tipo timido, ma era Buk che voglio ricordare è quello abilissimo a celare questa sua casconosciuto al mondo, giovane e in- ratteristica dietro a una bottiglia cosciente a sufficienza per vivere al- di birra che gli stimola quel ghila giornata e adulto abbastanza per gno beffardo sulla faccia. Si caessere consapevole delle sue scelte. pisce da subito che per lui l’alIl Buk che voglio dimenticare è cool è, più che una via di fuga, quello dell’ultima stagione, quello di un supporto alla sua condizione Hollywood Holly- esistenziale. Bukowski non bevewood, romanzo- va per divertirsi o per dimenticadedica all’editore, re ma perché è sempre stato spacompiacente e ventato, terrorizzato e nello stesimpastato; è il Bu- so tempo affascinato dalla gente; kowski attento ai non va alle corse di cavalli persoldi, a pagare le ché gli piacciono questi animali tasse, a firmare ma semplicemente per osservare contratti. Sarò an- la gente impegnata nella vita di che spietato ma tutti i giorni. È come se lui vomi sono talmente lesse creare dei mondi artificiali, avvicinato allo dei piccoli microcosmi (il pub, scrittore giovane, l’ippodromo) nei quali è facile talmente colto dal trovare un principio ordinatorio, suo coraggioso nei quali si sente a casa. Il suo stile, da non ri- tentativo fallì ed egli ne era ben uscire a girare la medaglia per veder- conscio, era ben consapevole ne il lato pulito e sobrio. Provo allo- che il mondo esterno, vero, fosra a immaginarmi Bukowski dentro se caotico e difficile da interprea un pub decadente alla periferia di tare, e fece la scelta più geniale, Los Angeles, tranquillo come al suo se ne allontanò; divenne il protosolito, a sorseggiare una birra, sedu- tipo dell’essere antisociale, prese to su uno sgabello, vestito da far ri- una macchina da scrivere, una dere; lo seguo, e me lo immagino la birra e, sedendosi su un piedisera stessa, rinchiuso in una camera, stallo, riuscì finalmente a raccona sudare e a battere nervosamente tarci la vita, sua e della gente, L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 6 con occhio critico e obiettivo che solo camente la raccolta ci fornisce impor- squattrinato si ritrova impiegato in tanti spunti dal punto di vista delle in- un lavoro piatto alle dipendenze di l’outsider può possedere. Il dito tra le pagine Quando eravamo giovani Raccolta di poesie pubblicata solo nel 1997 ma scritta a inizio carriera da Bukowski che, prima di essere romanziere, fu poeta, il che non sorprende. La poesia è il genere che più gli assomiglia, permettendo alla sua scrittura, semplice e diretta, di assumere una dimensione elevata, contemplativa. La sua figura di poeta esibizionista, anticonformista e sporcaccione lo avvicinò parecchio all’ambiente poetico Beat, anche se il suo stile è diverso, più diretto, meno emozionale, più viscerale, collegato all’età della giovinezza, ripercorsa in questa raccolta. Come affermò lo stesso scrittore: “Sono molto semplice, e quando scrivo tratto cose semplici”. Leggendo le sue poesie ci si rende presto conto di quanto siano familiari ai lettori i personaggi e i luoghi, gli stessi dei suoi tanti romanzi. Siamo nell’America degli anni Quaranta, e Bukowski usa il linguaggio del popolo per rendere l’ambiente che vuole descrivere. Non esistono artifizi tecnici, giochi di rime, addirittura molte poesie assomigliano a dei racconti brevi, eppure ogni parola è la nota di una melodia che procede a ritmo sincopato, il ritmo del jazz e della musica classica. Come la musica, sono più da ascoltare che da leggere, sono poesie da reading. Lo stile di Buk è semplice, a volte superficiale e impreciso ma nello stesso tempo drammaticamente onesto, ironico, sincero in maniera spietata, romantico mai all’eccesso. Scrittore approssimativo, poco dotato tecnicamente, portavoce di quell’esistenzialismo spicciolo che è la voce del popolo; intenso, capace di mostrare la realtà come potrebbe apparire dietro una cinepresa e nello stesso tempo presentarla agli occhi del lettore caricata di un ardore giovanile, diversa. Ancora una volta il giovane poeta fa il Bukowski, come nella vita così nell’arte, con i suoi pregi e i suoi difetti. Temati- fluenze letterarie: Dostoevskij, Hemingway, John Fante, Verlaine, maestri più volte citati che lo convinsero a diventare uno scrittore. Le poesie aprono diverse finestre sul mondo del Bukowski a cavallo fra adolescenza e maturità, un’età nella quale ci si interroga insieme agli amici sul significato della vita, un’esistenza immersa nel popolo dei perdenti, tra una bevuta e l’altra, a lanciare i primi sguardi incuriositi alla scoperta delle donne e le prime occhiate critiche e beffarde al mondo. Post Office Bukowski trascorse dodici anni della sua vita al servizio delle poste degli Stati Uniti, a imbucare lettere da mattina a sera, e decise di raccontarci la sua esperienza scrivendo un romanzo autobiografico, nello stile del diario. Pubblicato nel 1970, Post Office è il primo romanzo di Bukowski, scritto in venti giorni dalla penna di uno scrittore ancora semisconosciuto. Racconta dell’impiego nelle poste di Henry Chinaski, il famoso alter-ego di Buk, trasportando il lettore a contatto con l’ambiente nel quale il genio adulto e ribelle ha mosso i suoi primi passi. Tema fondamentale è, neanche a dirlo, la vita del protagonista: il suo rapporto problematico con il lavoro da un lato (“Il lavoro ti ruba la vita, non ti permette di fare le cose che vuoi”) e quello in apparenza più sereno e liberatorio con l’altro sesso, l’incapacità di rinunciare all’alcool e l’insaziabile voglia di sperperare gran parte dei soldi sudati nelle scommesse. La vita di Chinaski (Buk) è divisa fra semplici piaceri: le donne (“Ogni tanto ho delle donne, ma non dura. Le donne sono un lavoro a tempo pieno. Bisogna scegliere”), le corse di cavalli (“Lo scommettitore è un misto di estrema presunzione, pazzia e avidità”) e l’alcool (“Certifico la mia esistenza in vita. Sono vivo e bevo birra”); vive una vita pazza, alla giornata, capi prepotenti e senza scrupoli. Sua unica consolazione sono le donne. Prima fra tutte Betty, compagna di tante bevute; poi Joyce (sarà un caso?), miliardaria; e infine Fay, dalla quale avrà una figlia che non potrà mai amare. La consolazione è solo apparente, lo dimostra l’epilogo del romanzo che mostra un Henry solo in casa, ubriaco, incapace di salire sul letto per dormire, quello stesso letto che la mattina dopo troverà lì insieme a tutto il resto a ricordargli che la vita va vissuta, come sempre, giorno per giorno. Rispetto alle poesie di Quando Eravamo Giovani, Post Office è meno adrenalinico e impetuoso; il tono è generalmente pacato, ma già carico del carattere anarchico individualista e ribelle verso la società e il suo stesso lavoro. Tuttavia, Post Office si allontana dai successivi lavori dello scrittore perché non ancora saturo dell’odio e della negatività verso la società; non c’è ancora spazio per l’ironia fatalista e il sentimento disillusorio di completa impotenza e contemplazione irridente verso il mondo, che caratterizzerà in crescendo i lavori successivi. Al contrario, aleggia una velata speranza verso la possibilità di riscatto del genere umano, una speranza mai portata all’eccesso, alla luce del sole, ma coperta sotto un velo di foschia che non permette di distinguerne la consistenza. Bukowski riproduce chiaramente, attraverso dialoghi e monologhi particolarmente efficaci per la loro potenza, l’ambiente di lavoro e dopolavoro frequentato da Chinaski, rendendo al meglio le impressioni e le situazioni che lo stesso Buk ha vissuto in prima persona. Ancora una volta il vecchio ubriacone ha colpito e lo ha fatto restando semplicemente se stesso. I COLOSSI DA LEGGERE DISCUSSIONI LETTERARIE emergente.mastertopforum.com L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 7 PENOMBRA a cura di ANDREA GALLA Rispolverando il GIALLO e NOIR Stavo seguendo un uomo, per conto di una mo- Un’altra porta sul passato, che dagli inizi del Noglie ricca e gelosa. Un lavoretto facile, ma non avevo fatto i conti con loro, i libri. Questo signore di mezza età entra quasi per caso in una libreria, forse cercando la sua amante, forse alla ricerca di evasione. Io mi nascondo là, in quella zona della libreria dove la polvere si accumula, dove la luce diventa fioca. Un luogo che ormai conoscete anche voi. Nella penombra, dove il fascino di belle gambe e il battito accelerato del cuore si fondono e confondono. Dove ogni libro dalla scura copertina ci chiama, avvertendoci: statevene alla larga, se ci tenete alle coronarie. Quando cerco l’uomo, è ormai già uscito, lontano. Non importa, in fondo il mio orario di lavoro è finito. Bene, se ci siete e avete spento le luci, iniziamo. Non è facile districarsi tra i molti libri quasi monotematici che affollano i nostri amati scaffali. Veri e propri emuli di Dan Brown stanno sfornando ogni genere di testo che accenni o approfondisca il mistero di scienza, alchimia, religione o quant’altro. Nascosto tra questi volumi, mediocri e leggeri, possiamo però trovare I delitti della luce, di Giulio Leoni (edizioni Mondadori). L’autore, con sicurezza e bravura, disegna una nuova indagine di Dante Alighieri, nelle vesti poco consuete di detective, che tra delitti misteriosi e incredibili personaggi ci terrà compagnia per alcune notti, senza lasciarci delusi. vecento ci accompagna lungo tutto il secolo, ce la regala Luca di Fulvio nel suo recente bel romanzo La scala di Dioniso, edizioni Mondadori. Uno stile particolare e una storia ricca di richiami e simboli, insieme coinvolgente e paurosa, ci narra le vicende dell’ispettore Milton Germinal, tra indagini a tinte fosche e richiami storici mai noiosi. I diritti di questo libro affascinante sono stati acquistati dalla Colorado Film, che ne trarrà una pellicola diretta da Gabriele Salvatores. Ma lasciamo il passato per trovare una bella novità, presente già da qualche tempo in tutte le librerie: la nuova linea editoriale di Fanucci. Di cosa parlo? Dopo aver regalato ai lettori italiani molti capolavori fantasy e di fantascienza, l’editore romano ha deciso di riempire le nostre nottate con i testi dei più grandi maestri del noir, in edizioni curate e preziose. Dal grande Jim Thompson, con monumenti di genere quali L’assassino che è in me, Colpo di spugna, E’ buio dolcezza; a Ruth Rendell, con i suoi gialli godibili e freschi, mai banali (La bottega dei delitti, La morte in versi, Con la morte nel cuore). Senza dimenticare Lansdale, Woolrich, e Matheson, che con il loro libri completano un nuovo panorama di ombre e chiaroscuri, che con un pizzico di coraggio e molta lungimiranza l’editore ha deciso di offrirci. 8 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 Ma se lasciamo per un attimo i nostri amati scaffali per spaziare tra gli altri volumi, ci si accorge che alcune opere sono sfuggite alla normale catalogazione, ed ecco allora comparire i profondi romanzi di Massimo Carlotto, edito dai tipi della e/o. Piccoli libri tascabili che, da una parte, ci narrano le avventure di un anomalo e credibile investigatore nostrano, l’Alligatore, col suo fido braccio armato Rossini, che tra malavita e intrecci politici e criminali del Nordest riescono nel duplice compito di divertire e farci pensare alle verità velate che ci circondano. E davvero non è poco. Dall’altra, l’autore ci racconta storie nere a se stanti, come L’oscura immensità della notte, o Arrivederci amore, ciao, con assoluta padronanza della scrittura e uno stile asciutto e scorrevole, senza fronzoli ma diretto e vero. Un autore da scoprire assolutamente, capace come pochi di riscrivere la nostra realtà rendendola più vera, e cruda, ai nostri occhi. A settembre è uscito l’atteso nuovo romanzo, assolutamente da non perdere: Nordest, edizioni e/o. E ora, avvicinandoci all’uscita, non possiamo non notare le pile di volumi super economici della Piemme, che ripubblica, a un prezzo davvero risibile, le avventure dei molti personaggi creati dalla penna di Michael Connelly (La memoria del topo, Debito di sangue, Ghiaccio nero e molti altri). Sono libri non sempre all’altezza della bravura dello scrittore: ne è un caso Il Poeta, romanzo mediocre che dopo averci presi per mano per quasi cinquecento pagine ci lascia con l’amaro in bocca; il tono dell’opera si fa scontato, la narrazione è pervasa da un senso di stagnazione e i personaggi principali sono privi di originalità. Consigliato, insomma, solo a chi è alle prime armi con questo genere dalle mille sfaccettature e colori. Tuttavia, una collana nel complesso piacevole da leggere; presentata poi a un prezzo così, è difficile resistere! lo, ma di sicuro già domani passerò ad acquistarlo. Ormai delle edizioni Marsilio Black mi fido come della mia Beretta. Esco dalla libreria e una fine pioggia mi rinfresca il viso. Domani dovrò ricominciare a seguire quell’uomo, o forse no. Il destino vuole che sia lì, fermo a sfogliare un libro, come in attesa. Sono strani i fili che intessano le nostre vite, strani e grotteschi. Nonostante l’ora il mio lavoro continua, e almeno per stanotte pensateci voi a quei vicoli tortuosi e misteriosi che sono le nostre letture preferite. Perché anche sotto il sole più luminoso si creano ombre e penombre. Fortunatamente. L’urlo del destino Un romanzo di Matteo Pegoraro “Uno degli eventi editoriali più intriganti dell’anno nel panorama delle opere di autori veneti emergenti” Il Gazzettino In vendita solo su www.delosstore.it SCRIVERE Prima di rimanere chiuso in libreria, mi avvio all’ingresso e noto, disperso e pronto per essere inserito negli scaffali, il nuovo romanzo edito da Marsilio Black, Anche una sola lacrima, di Franco Limardi. Purtroppo non riesco a rubarne una copia al vo- DISCUSSIONI LETTERARIE Non lezioni, ma esercizi di scrittura on line a cura di Andrea Galla Iscriviti al nostro forum e partecipa anche tu: emergente.mastertopforum.com L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 9 GIUDICATE VOI Il grande mecenate Un racconto di PASQUALE GIANNINO Fuori piove. Sono già le dodici ma buon lavoro. A Milano, lasciando a Un giorno fu colpito da un’inser- Luigi ha voglia di rimanere sotto le coperte. Ha trascorso la notte a rileggere il suo manoscritto. È l’ennesima volta, ma c’è ancora qualche frase da limare, qualche aggettivo da sostituire. E poi il ritmo… lui ama le frasi scorrevoli, il suo libro dovrà farsi leggere tutto d’un fiato! Sono trascorsi circa dieci anni da quando iniziò a scrivere. Conserva ancora le prime bozze e quando le rilegge prova quasi fastidio, non gli pare possibile che quella prosa incerta fosse la sua. Era il frutto di una vicenda umana intensa, una vita segnata dall’estraneità e dal dolore. Aveva trovato nella scrittura il modo di esprimere ciò che un mondo sempre più frenetico e distratto non gli lasciava dire. Era il periodo degli studi universitari. Tra un esame e l’altro, riusciva a ritagliarsi la sua libertà. Nel corso degli anni imparò ad amare i grandi autori della letteratura mondiale: lo affascinarono i libri di Hemingway, frammenti di una vita irripetibile, raccontati con semplicità e naturalezza; meditò a lungo sui temi esistenziali di Buzzati e su quelli sociali di Silone; si inerpicò tra i virtuosismi linguistici di Gadda e i sentieri lugubri di Poe; fu ammaliato dalla prosa di Kipling e di Conrad. Frattanto la sua scrittura diveniva più fluida, rappresentare su carta il suo mondo diventava una ragione di vita. Tutto ciò non lo distolse dagli studi e laurearsi rimase il suo scopo. Riuscì subito a trovare un più di mille chilometri gli affetti, i ricordi, la sua gente. D’altra parte, un impiego così non avrebbe certo potuto trovarlo nel profondo sud. Ma era contento, entusiasta di raggiungere la metropoli, la speranza di incontrare un editore che lo avrebbe capito e valorizzato. Le passeggiate in centro diventarono una consuetudine. Si soffermava dinanzi alle vetrine delle librerie, sognando di vedere presto il suo romanzo tra i best seller esposti. In fondo era soddisfatto del proprio lavoro, di aver raggiunto un traguardo che era costato fatica, rinunce, sacrifici da parte sua e degli umili genitori, orgogliosi di avere un figlio impiegato presso un’importante multinazionale. Nondimeno, il desiderio di farsi pubblicare diveniva sempre più forte. Inviò il manoscritto alle case editrici più note, una delle quali glielo restituì dopo qualche mese, praticamente integro. Dalle altre non ottenne risposta. Accantonato così il sogno di vedere il proprio romanzo nelle vetrine delle librerie, si orientò verso le piccole case editrici. Ne aveva sentito parlare, sapeva della loro abitudine di chiedere un contributo agli autori – generalmente la copertura totale delle spese – in cambio di stampa, editing e, talvolta, una distribuzione limitata a poche librerie cittadine; nella maggior parte dei casi, la semplice consegna all’autore delle copie stampate. zione particolare: “Nuovi Scrittori Edizioni – Dal 1979 pubblichiamo opere di autori esordienti o non ancora affermati.” Inviò il manoscritto. Dopo una ventina di giorni trovò nella cassetta delle lettere un voluminoso plico. Pensò inizialmente a un altro rifiuto con la restituzione del testo. Era invece una proposta di pubblicazione: un parere molto lusinghiero sul valore del romanzo, seguito da un elenco interminabile di “padrini letterari” illustri e di scrittori noti che avevano pubblicato con l’editore F. A.; un elenco altrettanto cospicuo di suoi autori che avevano partecipato a importanti trasmissioni televisive; un plico di recensioni e articoli che magnificavano l’opera di F. A., “l’editore degli sconosciuti”. Luigi ne rimase particolarmente impressionato. Nello stesso tempo osservò che F. A., pur dichiarandosi milanese – come si evidenziava in gran parte della pubblicità acclusa alla lettera – era l’omonimo di un boss mafioso sanguinario. In ogni caso decise di chiedere un appuntamento. Quando giunse presso la sede dell’editrice, faticò a individuare l’etichetta “Nuovi Scrittori” sul citofono di un anonimo palazzo nei pressi dei Navigli. F. A. gli andò incontro con un sorriso rassicurante. Alla soglia degli ottanta, voce suadente, la prima impressione 10 fu quella di un uomo che – dopo una vita trascorsa nell’editoria – aveva effettivamente deciso di adoperarsi, nella fase conclusiva dell’esistenza, per lanciare quei talenti letterari che sono ignorati dai grandi editori. Luigi provò persino simpatia verso quel vecchietto che avrebbe potuto godersi tranquillamente la pensione, anziché continuare a spendersi per aiutare gli aspiranti scrittori. Così, quando F. A. lo invitò a firmare il contratto, pensò che i seimila Euro richiesti fossero una somma onesta. Per un’editrice, unica in Italia, che potesse offrire tanto prestigio a degli sconosciuti. Non firmò solo perché non aveva con sé il denaro: fissò un altro appuntamento. Ritornando a casa, però, ripensava al nome dell’anziano editore, uguale a quello del mafioso sanguinario… ripensava a quanto fosse modesta e anonima la sede. Qualche giorno dopo lesse un articolo sconcertante: “Milano: arrestato sedicente editore. Da oltre vent’anni prometteva notorietà e successo agli aspiranti scrittori. Magnificando prestigio e collaborazioni illustri, estorceva loro somme spropositate. Le copie realmente stampate erano solo poche centinaia, anziché le migliaia previste. I suoi ‘padrini letterari’ hanno dichiarato di non averlo mai conosciuto e di ignorare che usurpasse da così tanto tempo il loro nome. In considerazione dell’età avanzata, gli sono stati concessi gli arresti domiciliari.” Fuori piove. Luigi non ha voglia di alzarsi. Ha tra le mani il suo manoscritto. Lo accarezza. Ci sono ancora tante frasi da limare, tanti aggettivi da sostituire… L’ESPERIENZA COL TUO EDITORE Hai pubblicato un libro? Com’è stato l’approccio con il tuo editore? Raccontacelo on line su emergente.mastertopforum.com o scrivi una mail a: [email protected] L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 E’ opportuno, a mio parere, rimarcare il messaggio di questo racconto: l’esistenza di certi editori truffaldini che utilizzano l’ignobile mezzo della “pubblicità ingannevole” per illudere l’esordiente sulla possibilità di lanci strepitosi, riuscendo così ad estorcergli diverse migliaia di Euro – in generale senza garantire alcun controllo sulle copie effettivamente stampate e con vaghi impegni promozionali e di distribuzione – in modo tale da assicurarsi non solo la copertura delle spese, ma anche un ampio margine di guadagno. – m.p. Pay per Publish: è polemica con l’Emergente a cura di MATTEO PEGORARO Chi si aspettava che una testimonianza sull’editoria a pagamento apparsa per caso sul numero tre dell’e-zine risvegliasse così tanto interesse? Di certo non io, abituato come sono, attraverso la mia Guida Scrittori Emergenti in superEva, a imbattermi in autori truffati o presi in giro da sedicenti editori quasi ogni giorno. Di certo non mi aspettavo di essere inondato letteralmente di testimonianze, e-mail tracotanti di giustificabile rancore nei confronti di finte promesse. Molti editori che ho avuto l’opportunità di conoscere, o incontrare personalmente negli ultimi tempi, mi chiedevano perché L’Emergente sgomita ce l’abbia così tanto col mondo dell’editoria: in fin dei conti fare l’editore non è facile, servono investimenti, espe- rienza e una buona dose d’intraprendenza mista a consapevolezza del rischio che non è poi così comune trovare. Ebbene, se L’Emergente sgomita fungesse da crociata contro gli editori non avrebbe certo lunga vita; se continuiamo a espandere questa realtà è proprio per i rapporti di collaborazione e sinergia che abbiamo stabilito con alcune frange più o meno note, ma serie, dell’editoria nazionale. L’Emergente sgomita non è paladino di nessuno: è una comunità che ha deciso di mettersi al servizio prima di tutto degli amanti della letteratura, e dunque dei lettori, e in secondo luogo di supportare quegli aspiranti autori, consapevoli dei loro limiti ma comunque validi, che vogliano piano piano inserirsi nel panorama editoriale con una buona prova, che non tema il confronto con il pubblico. E’ un punto di riferimento solido non per chi abbia la smania di farsi pubblicare convinto, a torto o a ragione, di essere un nuovo Rimbaud, ma per chi, avendo tra le mani un manoscritto, sia prima di tutto disposto a migliorarsi e, come affermava nel precedente numero Antonia Arslan, abbia l’umiltà di farsi correggere. Il che significa talvolta riscrivere il proprio lavoro, accantonarlo per qualche tempo e riprenderlo in mano quando si è acquisita maggiore maturità non solo nel proprio stile di scrittura ma anche nel percorso di letture formative che s’intraprende. L’editoria che abbiamo ironicamente chiamato pay per publish rappresenta in tutto ciò uno scoglio non indifferente: gli autori si vedono il più delle volte adescati da fantomatici promotori dei loro scritti, che, anziché invitare l’autore a un esame approfondito del proprio elaborato volto all’apporto sostanziale di modifiche per la leggibilità e l’apprezzamento del testo, inviano pareri molto lusinghieri sul valore dell’opera, chiedendo però un contributo all’autore. “In generale si tratta di case editrici L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 con pochi mezzi, adducendo la motivazione che altrimenti non potrebbero sopravvivere” – ci ha detto Pasquale Giannino, autore esordiente lui stesso e nostro collaboratore – “Su questa impostazione si può essere d’accordo o meno. C’è chi sostiene che tali piccoli editori hanno in ogni caso il merito di dare un minimo di visibilità (in generale verso amici e conoscenti, niente di più) ad autori che non avrebbero alcuna chance di essere pubblicati dai grandi. Io personalmente reputo che un editore può ritenersi tale solo se è disposto ad assumersi il rischio di impresa e a scommettere sugli autori, puntando su un pubblico vero e non già sugli autori stessi, che sono in genere gli unici acquirenti. Altrimenti, il servizio offerto è quello che si otterrebbe da un qualsiasi tipografo per molto meno”. E sta proprio qui la questione: in Italia evidentemente non è chiara la funzione che l’editore deve rivestire; se fosse altrimenti, di certo le mille e passa aziende, cooperative o associazioni che si definiscono “casa editrice” sarebbero molte di meno, e il settore letterario non si troverebbe di certo nella crisi che sta attraversando. L’Emergente sgomita non è dunque una spada atta a debellare chi pubblica autori affermati e rifiuta sconosciuti esordienti, e nemmeno chi, meglio che editore, si definisce stampatore, e non illude inutilmente il cliente; è più che altro uno strumento fruibile ai più che rappresenti un’alternativa efficace alla strada di un’effettiva autoproduzione che rimanga isolata dall’iniziale confronto con un pubblico di veri lettori. Qui non si tratta di insegnare, ma di imparare; cooperare insieme in un terreno comunque non facile per essere indirizzati a letture interessanti o indispensabili, per iniziare un primo raffronto tra autore e fruitore di un’opera ed acquisire consapevolezza delle proprie capacità e mancanze. spazio a un giovane “emergente” nel campo editoriale italiano, Giulio Perrone, in grado di darci le risposte che cerchiamo. 11 perché la si vuole rilanciare sul mercato editoriale? E soprattutto come attirare i lettori senza rischiare di affossarsi come editore? La Giulio Perrone Editore nasce da qualcuno che ha già una lun- Diciamo che è stata incentrata per ga esperienza alle spalle, mi sba- i primi due/tre mesi di attività glio? perché da settembre sono partite altre due collane di narrativa, oltre In realtà no, nel senso che sono a quella già esistente (maDonna) e ormai dieci anni che mi occupo di per la primavera del nuovo anno letteratura (prima in radio, poi attra- ne prevediamo altre tre. Di conseverso riviste e infine con una casa guenza, come del resto tutti faneditrice), e quattro, appunto, di edino, ci muotoria. Anche se l’esperienza più imv e r e m o portante resta quella conclusa mesi sempre più fa con le Edizioni Il Filo, che ho verso la procontribuito a fondare e in cui ho laduzione in vorato per quasi tre anni. prosa. Questo, però, Una collana di classici curata da non significa Walter Mauro: idea indubbiache non cremente originale e curiosa ma… diamo nella Non si rischia di soffocare ultepoesia e non riormente quei pochi esordienti Come campa un uomo senza continueresoldi, raccolta di racconti mo a farla, meritevoli? che ha inaugurato la col- un po’ per lana Contemporanea Direi di no, anzi la presenza di granpassione, un di classici da una parte e, come ci po’ perché è un settore che conoauguriamo a breve, di autori già noti sciamo da anni e non ci piace e importanti dall’altra non può che l’idea di abbandonarlo. Quanto a arricchire il progetto e favorire an- un suo possibile rilancio sul merche l’emergere di chi è meno noto. cato editoriale, credo che sia neFermo restando che, come sostengo cessario rimanere realisti e capire d a t e m p o , i l c o n c e t to d i che esistono dei limiti commer“emergente” va applicato solamente ciali e distributivi invalicabili. da un punto di vista nominale a chi L’obiettivo è quello di premiare, è meno esperto, perché meno cono- con poche pubblicazioni, solo gli scitore di un mondo, non dal punto autori realmente validi e meritedi vista letterario, perché in quel voli, farli sostenere dalla critica e campo esistono solo buoni e cattivi portarli pian piano al contatto con scrittori. Il fatto che abbiano pubbli- il pubblico attraverso reading, letcato decine di libri o una sola pla- ture ed eventi che restano lo struquette non fa differenza. Anche per- mento migliore, se non unico, per ché, come sapete bene, oggi pubbli- fare poesia e soprattutto venderla. care a “certe condizioni” non è assolutamente un problema. Pubblicate senza contributo, e questo vi fa onore. Ma come riLa vostra linea editoriale è stata uscire a investire in un mondo E ora, dopo questa premessa, lasciamo incentrata anche sulla poesia: così rischioso, specie in una si- 12 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 tuazione di crisi quale quella in cui materiali scadenti. Si può stampare si trova l’industria editoriale del no- anche in digitale ma con veri professtro paese? sionisti e salvaguardando la qualità del prodotto). Tornando all’editing La scelta del “con o senza contributo” non si può pensare che il libro scritè, a mio parere, una scelta di libertà to di getto da un autore possa essere che permette all’editore di seguire sola- già perfetto. Le ripetizioni, le descrimente le proprie scelte, le proprie idee, zioni troppo ridondanti, il filo rosso le proprie intuizioni. Non è più tollera- del racconto… sono tutte cose che bile, infatti, la politica di certe case edi- vanno verificate a quattro mani con trici che fanno scegliere persino la co- l’autore e rese perfette. pertina all’autore con risultati vergognosi che inquinano il mercato di pro- Tra i dattiloscritti che ricevete dotti scadenti e portano distributori e qual’è la percentuale media di librai a diffidare dei piccoli editori. Qui materiale pubblicabile? non si tratta più di un problema etico perché in molti casi gli autori sono i Molto bassa direi. Ecco perché ci si principali complici di questa particola- affida sempre più ad una re realtà visto che arrivano a pubblica- “preselezione” e si dà spazio e priore anche sette, otto o venti libri a paga- rità soprattutto ai testi segnalati da mento. Bisogna far sì che certi progetti persone di fiducia o addetti ai lavori. “validi” non vengano confusi con il Non si tratta di nepotismo, ma di sottobosco, quindi grande selezione e necessità operativa e di costi, perché grande professionalità nel proporsi al- nonostante si tenda sempre più sui l’esterno, sia verso il pubblico che ver- siti a specificare che devono essere so gli addetti ai lavori. Quanto al pro- inviati solo testi in linea con le collablema degli investimenti, credo che ne e via dicendo… le persone non nessuno nella vita sia costretto a fare sembrano accorgersene e mandano l’editore, quindi chi inizia questa pro- di tutto. E la lettura “seria” di un lafessione deve sapere che i rischi esisto- voro costa molto tempo e impegno no, che le battaglie vanno combattute soprattutto alla redazione di una pice che è necessario investire tempo e cola casa editrice. Proprio per quedenaro per vedere dei buoni risultati. sto la nostra politica è di investire molto su concorsi letterari che rapGiulio Perrone cosa pensa dell’edi- presentano un’occasione assolutating di un testo letterario? E’ un mente “democratica” di selezionare fattore importante per una buona autori lasciando però il giudizio agli resa finale del romanzo? esperti che certifichino da subito la qualità di un poeta o di un narratore. Direi che l’editing è assolutamente In questo modo anche l’eventuale fondamentale e la vera differenza tra “esordiente” avrà subito l’appoggio un “libro vero” di una casa editrice im- dei critici e dei giornalisti che lo portante, e per importante non inten- hanno scelto, permettendogli di indo per forza una major, ma una struttu- serirsi con più facilità nel mondo letra seria, e quello di una improvvisata lo terario che conta. fanno proprio tre caratteristiche: il contenuto (dove editing e correzione Un consiglio all’esordiente inebozze hanno un peso decisivo), la gra- sperto, che sa poco o nulla del fica (che deve essere originale, impec- mondo editoriale. cabile e definente il taglio della collana) e la veste tipografica (bando quindi a La prima cosa che mi viene in men- te è di spingerlo a non inviare a una casa editrice la prima cosa che ha scritto. Poi di rivedere con grande attenzione il proprio lavoro prima di inviarlo in lettura e se possibile di fargli dare un’occhiata non agli amici, ma a qualche addetto ai lavori, non per forza un critico di grido, va bene anche un giovane ma che abbia una certa dose di esperienza. Negli ultimi anni per esempio non sono pochi i siti Internet che fanno questo lavoro di consulenza con ottimi risultati. Scegliere inoltre con cura la casa editrice cui inviare un lavoro, informandosi bene sulle sue collane e perché no, leggendo qualche libro, anche per rendersi conto della qualità e della serietà di un editore. I suoi libri sono sicuramente la cartina tornasole di ogni sua iniziativa o progetto. Infine, anche se forse è la cosa più importante, di leggere molto, anche i nuovi autori e di non aver paura del confronto, perché soprattutto nei primi tempi, quelli della formazione, è uno strumento fondamentale di crescita. Per il futuro che cosa ci riserva la Giulio Perrone Editore? I nostri principali obiettivi per il prossimo anno sono il completamento del catalogo con il lancio delle nuove collane che abbiamo in mente, compresa quella internazionale, e la creazione di una rete distributiva capillare. Quest’ultima resta, infatti, la vera battaglia che ogni vero editore deve combattere per riuscire a imporsi. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 UN PIEDE AL LINGOTTO 13 di ANDREA GALLA In Italia si legge poco. Poco più del eventi. cinquanta per cento degli italiani legge solo un libro l’anno. Siamo il fanalino di coda dei lettori europei. E allora come spiegare le duecentoventicinquemila persone che prendono d’assalto il Lingotto per assistere alla Fiera del Libro di Torino? Forse è per la fiera in sé, con gli autori che camminano tra gli stand, gli editori che accolgono e invitano, e gli ospiti che spaziano dai personaggi dello spettacolo ai politici; forse tutto questo attira le persone. Oppure sono loro, i libri, che più di ogni altro attraggono: ve ne sono di tutti i tipi alla Fiera. Da quelli più famosi a quelli che di solito non si vedono sugli scaffali delle librerie. Pile di scritti che ci chiamano, ammiccano, irresistibili. Come ogni anno la Fiera del Libro di Torino si è svolta a maggio, dal 5 al 9. Il tema conduttore della manifestazione è stato il sogno, e, partendo da questa base, la Fiera si è snocciolata in svariati eventi e dibattiti, tracciando tra sogni e parole, con molta professionalità e un certo spensierato divertimento, la realtà e il futuro della letteratura. Già prendendo e sfogliando il programma della Fiera ci si accorge di uno dei maggior pregi, ma anche forse dei difetti, di questa rassegna: gli Ogni giorno, per tutta la permanenza del Salone, da mattina a sera i visitatori non sono mai lasciati soli al loro vagare: in tutti i padiglioni si susseguono eventi di ogni genere. Ci sono presentazioni di libri, alcuni sconosciuti, altri così famosi che per riuscire ad assistere all’incontro si deve arrivare tre ore prima; poi ci sono le discussioni, colte o ironiche, sull’editoria o sui temi più disparati, con l’unico legame conduttore che è il sogno; infine ci sono le serate, con concerti e dibattiti, sempre all’altezza. Ogni evento, anche il più piccolo, è stato curato in modo eccellente dagli organizzatori, e ha regalato a chi ha assistito momenti di rara intensità e interesse. Tutto questo ha però un risvolto negativo: un leggero disordine creato nella mente del visitatore. Personalmente mi sono avvicinato al programma (ben sessantaquattro pagine) cinque giorni prima dell’inizio della Fiera, e mi ci sono volute molte ore per riuscire a trovare ciò che mi interessava davvero. L’avventore occasionale si troverà spaesato di fronte alle troppe opportunità, e sarà costretto a scegliere durante la manifestazione se dedicare qualche ora ad ascoltare la presentazione di un libro o altro, col rischio di accorgersi di aver perso un autore a lui caro, o una discussione interessante. Tutto ciò, ahimé, è inevitabile, ma è comunque un peccato. Un’altra piccola critica, che deriva dalle proporzioni grandiose dell’evento, è la distanza che si crea tra autori e lettori. Nonostante le presentazioni dei libri, nonostante a volte si possa incrociare qualche scrittore tra gli stand, è difficile una fusione o un confronto diretto. In altri festival (quello di Mantova su tutti), certamente più piccoli e meno profondi, si riesce però a creare con gli scrittori un vero e proprio dialogo, che qui a Tornio purtroppo manca. Ma alla fine e’ un prezzo che si paga volentieri una volta varcato il confine del Lingotto, ed entrati nella Fiera del Libro: infatti, a parte i programmi e gli incontri, a fare da padroni sono loro, i libri, mai così tanti e mai così eterogenei. La Fiera, non bisogna scordarlo, è soprattutto questo. Gli stand a disposizione, che esibiscono ogni possibile e immaginabile volume, sono quasi mille, tra editori, associazioni e 14 piccoli negozi. Poter respirare la cultura, sentire il profumo della carta sfiorarci la pelle, è una sensazione che vale il prezzo del biglietto. Si può trovare ogni cosa, dal libro antico e raro al bestseller appena pubblicato. Inoltre tutti quei libri che negli scaffali delle librerie si confondono, perché poco noti o di editori appena nati, qui sono ordinatamente disposti, in bella mostra per essere apprezzati. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 anche educativo del Salone di Torino. Quindi tutto oro quel che luccica? Quasi. Oltre al fattore confusione, in molti criticano il prezzo del biglietto (dai tre euro per i bambini ai sette per gli adulti, cinque euro per gli studenti), che non ti concede nemmeno un piccolo sconto sui libri acquistati. Questo fa sì che alcuni, non trovando eventi di loro gradimento, scelgano di non partecipare, preferendo usare i soldi risparmiati per una spesa in libreria. Inoltre, nei giorni di punta (sabato e domenica), il caos generato dalla folla che si aggira nei Per ogni amante delle parole scritte la Fiera è come un eden. Basta avere tempo e molta curiosità, e per qualche ora sembrerà di varcare la barriera illusoria che ci separa dalle parole e dalle vicende della carta stampata. Nelle nostre passeggiate, inoltre, non è raro incontrare gli editori (uno tra tutti Sergio Fanucci, sempre disponibile a uno scambio di battute, a un consiglio o a un semplice sorriso), che supervisionano ogni cosa, regalano qualche annuncio su uscite future o semplicemente ascoltano pazienti le proposte di giovani autori in cerca di editore. Per finire, un po’ separata dagli altri stand, c’è la parte dedicata ai ragazzi delle scuole. La Fiera si trasforma in laboratorio e gioco, per avvicinare i giovani studenti (anche giovanissimi) alla lettura; e tutto questo non fa che aumentare lo spessore padiglioni rende difficile assaporare per bene le molte sfumature dalla Fiera. Peccati veniali, insomma, di una Fiera del Libro ogni anno più completa e ben organizzata, che riesce ad attirare anche chi di libri ne legge pochi, per il semplice fatto di esistere. E poi, per noi che non ci muoviamo senza avere un libro nella borsa, è ossigeno puro, al cento per cento, di quello che quando l’hai respirato ti lascia un piacevole e vago mal di testa. L’OPINIONE di Jacopo De Michelis Come viene considerata e vissuta questa manifestazione da un addetto ai lavori? Lo abbiamo chiesto a Jacopo De Michelis, curatore della collana Black di Marsilio Editori. “La Fiera di Torino è sempre interessante perché se non altro dà modo di esaminare in maniera organica le proposte e i cataloghi di medie e piccole case editrici che soffrono cronicamente di scarsa visibilità, ma nella sostanza finisce per non essere molto più di una enorme, e un po’ dispersiva, libreria, con decine e decine di migliaia di libri esposti. Per un addetto ai lavori è molto più importante e stimolante un appuntamento come la Buchmesse di Francoforte, dove ci si confronta con editori e agenti letterari di tutto il mondo, e forse, dal mio punto di vista, la Fiera torinese dovrebbe assomigliarle di più. ” L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 15 VINTAGE L’assaggio Henry Glassie Leggende popolari irlandesi Oscar Mondadori – 1999; p. 415 € 8,26 “Il buon Patrizio di Macha si fermò dopo aver compiuto la propria missione. Aveva costruito settecento chiese e ordinato tremila preti. Ora l’Irlanda era una terra cristiana, libera da idoli di pietra, spettri e serpenti. Davanti a lui stava Oisin, l’ultimo dei guerrieri Fenian, piegato, distrutto, vecchio. San Patrizio gli comandò di riferirgli gli antichi racconti, i racconti degli uomini e delle donne d’Irlanda, delle sue montagne e dei suoi fiumi. Brogan, lo scriba di San Patrizio, ne trascrisse a migliaia. Poi Patrizio si ritrasse inorridito dinanzi al piacere che quelle cose pagane gli procuravano. Comunicò perciò la propria preoccupazione ai suoi angeli custodi. Non temere, gli dissero loro, ascolta pure i racconti, e registrali nelle esatte parole dei loro narratori, perchè si riveleranno un grande piacere per la brava gente di questo mondo fino alla fine dei tempi.” Leggende popolari irlandesi di Henry Glassie inizia proprio con questo aneddoto per spiegare non solo l’origine delle leggende popolari, ma anche l’importante contributo che hanno dato i monaci di San Patrizio alla loro conservazione nel corso dei secoli. Si tratta di un cospicuo patrimonio culturale, arricchitosi con il passare del tempo di nuove storie cristiane, vichinghe, normanne e inglesi, custodito gelosamente dagli irlandesi, che lo hanno difeso e tramandato come simbolo della loro identità culturale e diversità rispetto agli invadenti e bellicosi inglesi. di ANDREA COCO no state ritrovate ai quattro angoli della terra, ma io le ho scelte per il contributo che danno alla definizione del profilo della coscienza irlandese.” Per realizzare quest’antologia, Glassie ha riunito racconti provenienti da quaranta opere diverse e da un paio di “ottime riviste irlandesi”, con l’eccezione del libro Racconti folkloristici dell’Irlanda di Sean O’Sullivan, lasciato volutamente intatto in modo che le due opere possano essere lette assieme e una servire da appendice all’altra. Peraltro le due raccolte sono così diverse fra loro da essere complementari: tutte le storie presenti nel libro di O’Sullivan furono registrate tra il 1930 e il 1948, mentre Henry Glassie ne raccoglie che coprono l’intera storia della tradizione di reperti folkloristici orali dal 1825 ai giorni nostri. Inoltre, per rendere più simili le leggende tramandate in forma scritta a quelle udite di persona, lo scrittore ha spezzato alcuni paragrafi in frasi più brevi, dando maggiore regolarità alla punteggiatura. Nell’edizione originale ha mantenuto le caratteristiche distintive del dialetto irlandese nella sintassi e nelle opzioni lessicali. Ha inventato i titoli ai racconti che non ne avevano uno e per ciascuna narrazione ha inserito alcune informazioni: prima il nome di un narratore e di un paese, poi il nome di uno scrittore e una data. Le storie sono state infine raggruppate in capitoli, che non devono però essere ritenuti come muri invalicabili – alcuni racconti sono trasversali a essi – ma devono essere considerati nient’altro che suggerimenti per aiutare il lettore a entrare nella cultura folk irlandese. Il percorso suggerito da Henry Glassie è il seguente: Vecchie storie, Fede, Vivacità di spirito, Mistero, Henry Glassie, folklorista americano di origini irlande- Storia, Racconti del focolare. si, collezionista di libri sull’Irlanda, è rimasto così affascinato da queste fiabe e leggende, che rivelano al let- “Un avvincente e completo repertorio che svaria dalle vecchie tore arguzia e profonda umanità, da volerle riunire in storie di santi e sacerdoti, stolti e saggi, alle leggende di fantaun lavoro sistematico per farle conoscere e apprezzare smi, fate e tesori nascosti, alle narrazioni dei molteplici eventi storici e politici che hanno segnato l’Irlanda” – si legge in fuori dai confini dell’isola di smeraldo. quarta di copertina. “Vivamente consigliato a chi ama l’Ir“Ho composto questo libro per condurre il lettore alla compren- landa e la letteratura popolare” – aggiungo io. sione della cultura irlandese tradizionale. – spiega – Alcune delle storie che vi figurano sono incredibilmente antiche, altre so- 16 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 ANNE’S DOOR La cultura a difesa della vita a cura di ROBERTO MALINI Lezione di pittura Yddish Una rubrica in collaborazione con il portale www.annesdoor.com Negli shtetl , i villaggi ebraici dell’est europeo, si prega- necessità del suo essere unico e “diverso”. Di tutte va, si suonava, si cantava e si dipingeva. La tragedia della vita quotidiana, delle persecuzioni, dei pogrom e dell’antisemitismo, che erano tristi realtà anche prima dell’avvento del nazionalsocialismo, non impediva agli ebrei di gioire del dono della vita. Negli shtetl gli ebrei scherzavano con la vita, con la morte e con Dio e loro – Dio, la vita e la morte – scherzavano con i rabbini, i violinisti sul tetto, i macellai rituali e gli altri abitanti dello shtetl. “La Kabbalah insegna che la prima parola della Bibbia, Bereshith (In principio), si può anagrammare in tahev shir (voluttà di canto)” notò lo scrittore yiddish premio Nobel Isaak Bashevis Singer. Ecco l’umorismo yiddish, la spontaneità yiddish, la sapienza yiddish. La pittura dei villaggi e delle comunità askenazite era così: entusiastica e spontanea come una preghiera, gioiosa come una danza o una canzone. Gli artisti e i critici d’arte dell’Europa antisemita, che usavano il termine yiddish applicato all’arte come sinonimo di ‘imperfetto’, ‘degenerato’, ‘ridicolo’, inseguivano una forma che racchiudesse la purezza della loro razza e della loro tradizione. Fu Adolf Hitler stesso, pittore di nessun genio, nel 1937 a definire l’avvento della Volkskunst , l’arte del popolo tedesco. le forme d’arte non conformi alle aspettative autocelebrative dei nazisti, quella yiddish era la più combattuta. Con l’etichetta di “dipinti alla maniera yiddish” si bollavano le opere destinate al rogo. In realtà la pittura yiddish, inascoltata e incompresa, si rivolgeva all’anima dell’umanità: S’iz an emese mayse, così diceva. “Questa è una storia vera”. Tutto vive, tutto esiste, tutto cresce. Ma tutto, come se fosse lieve e alato, non permane. Se passa il vento, niente è più sicuro di vivere, di esistere né di crescere. Ecco perché il disegno, il colore, le pennellate dell’arte yiddish colgono la realtà nell’attimo in cui essa si illumina di vita, ma non la definiscono, perché la sua gioia è impermanente. Danza la mano del pittore che impugna il pennello; canta il colore sulla carta, sulla tela; niente si ferma, ogni creatura, ogni cosa nascono e muoiono con ali visibili o invisibili. “Bisogna dipingere come se si rivolgesse a Dio un ringraziamento” spiega il maestro all’allievo. “Non riflettere sul giorno, perché arriva la notte. Non fermare il pensiero sulla natura, perché arriva la carovana degli uomini. Non dire ‘fiori’, perché sono già frutti. Non dire ‘foglie’, perché è già autunno. E soprattutto, non dire ‘domani’, perché è già ieri”. Rappresentazione di famiglie ariane prospere e sorridenti, di una natura asservita all’uomo, di donne dagli ampi bacini: pronte per arricchire la progenie tedesca. Contemporaneamente, il capo dei nazisti definì Entartete Kunst, arte degenerata, quella che esprimeva la sofferen- (Nelle foto: opere di Marc Chagall, Moshe Rosentalis, Issachar za dell’essere umano, la profondità della sua anima, la Ber Ryback). L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 POESIA CREATIVA? 17 Un racconto di FRANCESCO DELL’OLIO “Allora, stasera ce ne andiamo al corso ché c’è divieto!” faccio io. di poesia creativa della professoressa Carlino. Mi raccomando. E’ un pozzo di scienza. E’ una cosa con i controcoglioni, la professoressa Carlino. Mi raccomando, puntuale.” “Cazzo, la professoressa Carlino” dice Berto. “Già, proprio lei. Un bel corso di poesia creativa. E’ ora che facciamo un salto di qualità. Basta con quelle insulse poesie in cui non si capisce nulla. Merda, le ho lette le tue ultime cose. Ogni tre versi c’è la parola cazzo” faccio io. “Be’ ma… Io scrivo così. Ho sempre scritto così.” “Ed è ora che cambi. E’ ora che scriviamo qualcosa che possa interessare al grande pubblico. E’ ora di puntare in alto” chiudo io. Questo alle sette di sera. Alle otto e venti siamo in macchina a sfidare la nebbia. “Al liceo classico. La professoressa Carlino tiene il suo corso al liceo classico” dico. “Ho portato questo bottiglione di vino” fa Berto “credo che dovremmo presentarci con qualcosa. Non ci siamo neanche iscritti, al corso…” “Uhm” farfuglio io “non credo che la professoressa Carlino sia un’amante dell’alcool…” “Be’” fa Berto “in tal caso scoliamocelo noi.” Questo alle otto e trenta minuti. Alle otto e quarantacinque siamo davanti al liceo classico. Mezzi sbronzi. “Non c’è un posto libero a pagarlo oro” dico. “Dove cazzo parcheggiamo?” “Lì, lì è libero” biascica Berto. “Ma è davanti all’entrata. E’ libero per- Con una manovra alcolica sistemo la Panda alla meno peggio davanti all’entrata. Intanto Berto ha cominciato a scrivere su un foglietto. Me lo legge: “Per il vigile, siamo al corso di poesia al liceo. Non ci sono altri posti liberi. Siamo in ritardo. Poche palle.” “Merda, tu ci vuoi far mettere dentro!” urlo. “No, non capisci, bisogna mostrare sicurezza, sennò è multa assicurata.” “Hum” borbotto io “forse non hai tutti i torti. Ma almeno mettici un grazie.” “Okay” accetta Berto. Scrive a chiusura: grazie di tutto. E infila il foglietto tra il vetro e il tergicristallo. Varchiamo il portone del liceo classico ondeggiando. “Forse abbiamo esagerato un po’, col vino.” “No, no” mi rassicura Berto. “Vedrai, faremo un figurone. Ci scambieranno per dei poeti maledetti.” Alle nove entriamo nell’aula del corso, Berto davanti spavaldo, io a seguirlo. “Buongiorno a tutti” biascica Berto. Le quattro persone presenti, sedute in ordine sparso fra i banchi, si voltano a guardarci. Una quinta persona si alza, ci scruta con sguardo sospettoso e dice: “I signori desiderano?” “Siamo qua per il corso” comincia Berto. “Siamo un po’ in ritardo, è vero, e ce ne scusiamo. Siamo dei suoi ammiratori, professoressa.” E’ un treno, fila via dritto che è un piacere. “Be’, ecco, io…” farfuglia la professoressa Carlino. “In effetti non ci siamo iscritti” intervengo io. “Abbiamo saputo del corso in ritardo.” La professoressa Carlino mi guarda. E’ una donnetta spigolosa con occhi da furetto dietro un paio di occhiali pesanti ed enormi. “Be’, non sarebbe la prassi…” comincia la Carlino “Ma dal momento che siete qua… Prego, scegliete un posto.” Lo dice con un tono di voce poco convinto, come sospinta in quella direzione da eventi imprevedibili. Seguo Berto che si infiltra tra i banchi e gli sussurro: “Che cazzo vai a dire buongiorno che sono le nove di sera!” “Ah già” mormora lui “Poco male, avranno capito di che pasta siamo fatti.” “Sei sbronzo” gli sussurro di rimando. Mi ritrovo seduto accanto all’unica ragazza presente. Una bonazza in minigonna con maglietta striminzita e attillata. Una di quelle con piercing al naso e capelli lisci lunghi fino alle tette. “Allora” dice la professoressa Carlino “riprendiamo da dove eravamo rimasti: l’incipit poetico.” La professoressa comincia a sproloquiare e io mi deconcentro immediatamente, non seguo nemmeno una frase, non raccolgo nemmeno un consiglio per migliorare le mie merdone poesie. Mi perdo a osservare i presenti. 18 C’è un vecchietto bianco e avvizzito, un ciccione che sbuffa a prendere appunti, un ragazzo slavato con barba incolta e lei. La mora alla mia destra. Una cosa d’altri tempi. Due autostrade al posto delle gambe, due tette dritte e massicce, due biglie nere negli occhi. “Interessante” le dico a bassa voce strisciando i miei occhi sulle sue cosce. La mora si volta dalla mia parte ma pare non capirmi. “La lezione” faccio. La mora sospira e alza le spalle. “…ed è per questo” continua intanto la Carlino “che ora chiedo a ognuno di voi di alzarsi e dire a tutti gli altri che cos’è, in definitiva, secondo il proprio parere, la poesia.” Tra i presenti scende il gelo. “Ben detto” dice Berto stravaccato sulla sedia, accanto al barbuto; gli da una pacca sulle spalle. Il barbuto si volta a guardarlo ed emette una specie di singulto. “Tosta la tipa, eh?” gli dice Berto. “Bene” fa la professoressa Carlino “comincia pure tu”. Si alza il ciccione ma non dice nulla. Guarda in basso, non sa cosa dire. “Che cos’è per te la poesia” lo spinge la Carlino con un sorriso tirato. Silenzio. Silenzio assoluto e fastidioso. Berto comincia a sghignazzare. La Carlino si sta per spazientire. “Avanti” gli dice con una tonalità di voce più alta, trattenuta a stento. “Quello che ti viene in mente.” Ma il ciccione se ne sta muto a guardare il pavimento. Praticamente è una balena arenata sulla spiaggia. La mora intanto si sposta verso di me e mi dice all’orecchio: “Che domanda del cazzo. La poesia è nulla. Tutto e il contrario di tutto.” “Già, è vero” asserisco io. Del suo discorso ho capito soltanto le ultime due parole, di tutto, il resto non è stato altro che il soffio della sua voce a stuzzicarmi l’orecchio e vampate del suo profumo a obnubilarmi la mente. Mi assale il terrore di non riuscire a trattenermi e L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 di saltarle addosso. Mi immagino la Carlino inorridita che chiama rinforzi o la Carlino sbiancata che cade svenuta o Berto ubriaco che grida rivoluzione. Intanto il ciccione si è seduto e ora c’è Berto in piedi: “La poesia è…” comincia. Poi si ferma per qualche secondo. “La poesia è…” riprende. “No, non posso. Non posso rispondere a una tale domanda in questo momento. Avrei bisogno di… Stimoli maggiori alle spalle, avrei bisogno di un contesto diverso, non so se mi capisce, professoressa. Mi spiace, non posso proprio rispondere. Nulla di personale.” Dice così e si siede. La Carlino ora è senza parole. Non sa più che pesci pigliare. “Comunque” sussurro intanto alla mora “sei di qua? non ti ho mai vista in giro.” “Non ho nessun giro” risponde lapidaria. Mi fa male guardarla, comincio a pensare a come uscircene insieme da quel covo di pazzi. “Insomma” alza la voce la professoressa Carlino, ora pare sul punto di esplodere “c’è qualcuno, qua dentro, che mi sappia dire che cosa è la poesia?” Nessuno si fa avanti per un tempo indefinito. Poi si alza il vecchietto canuto. Si schiarisce la voce e parte: “Ecco, egregia signora, non per contestare la sua domanda, ma… L’unica risposta che mi sovviene è la seguente; le riporto una citazione datata XVIII secolo. Questo disse Jhonson, e cioè che è molto più facile dire che cosa non è, la poesia. Noi tutti sappiamo che cosa è la luce, ma non è facile dire che cosa essa sia”. La Carlino rimane allibita. “Be’, ma… Questo… Che significa, non…” comincia imbarazzata. “Infatti” esclama allora il ciccione “io questo volevo dire. Allora non ho sbagliato!” “E’ una domanda del cazzo, signora” interviene la mora. “La poesia è tutto e il contrario di tutto”. “Già” faccio io dandole a priori ragione. L’unico a rimanere zitto è il barbuto. La professoressa Carlino comincia ad annusare aria di ammutinamento e anarchia. Sa bene che se non riprende in mano la situazione quell’aula potrebbe trasformarsi in una bomba a orologeria. “Okay” dice cercando di nascondere la bile che le sta salendo. “Forse non siete ancora pronti. E’stato un mio errore di valutazione. Mea culpa.” Sorride ma è tutta un nervo, è tesa come una corda di violino. “Faremo allora un esercizio. Vi farò toccare con mano la poesia, cercherò di farvi utilizzare…” continua così per un po’ ma ancora una volta non la ascolto, la mora mi attira gli sguardi e i pensieri. Ora accavalla le gambe, fa il gesto di tirarsi giù al ginocchio la sua micro gonna. Penso: ma che cazzo vuoi tirare giù, saranno al massimo cinque centimetri di stoffa. Intanto la Carlino ha spento la luce. E’ buio totale, non si vede a un palmo. “Che succede?” chiedo alla mora. “L’esercizio” mi risponde “Quale esercizio?” “Quello che dobbiamo fare ora. Non hai ascoltato?” “No, effettivamente stasera ho forti problemi di concentrazione.” “Be’, in pratica ora la Carlino passa e lascia sul banco di ognuno di noi un oggetto. Lo devi toccare, tastare e annusare per poi scrivere, sempre al buio, quello che ti viene in mente.” “Cazzo” dico io. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 Intanto la Carlino è passata anche da noi. Prendo in mano quello che al tatto mi pare essere una puntatrice. “Tu che cos’hai?” mi chiede la mora spostandosi lievemente dalla mia parte e sferzandomi le narici con una ventata di profumo. Perdo il controllo. “Ho voglia di te, ecco cosa ho” le sussurro accarezzandole una coscia. La mora lascia fare, non mi dice nulla. Imbaldanzito dal suo tacito consenso vado avanti e supero l’orlo della gonna e punto in alto. “Ehi” dice lei stringendo le gambe “non starai correndo un po’ troppo?” “Sì, ma troppo poco per una come te” sparo fuori. Nel contempo ride e mi allontana la mano. “Andiamocene fuori” dico. “Fuori?” “Fuori, andiamo da qualche altra parte. Andiamo da te.” “E la Carlino?” dice lei. “Fanculo la Carlino.” In un attimo ci alziamo e sgattaioliamo dall’aula, abbandonando alle nostre spalle lo stupore della professoressa. “Ho la macchina. Proprio davanti qua” dico. Ma ovviamente, una volta fuori dal portone, della macchina nessuna traccia. “Cazzo” dico. “Fottuto d’un vigile.” “E’ rimozione forzata, qua” dice la mora indicando la segnaletica. “Pure il biglietto gli avevamo lasciato. Bastardo.” “Poco male” fa la mora. “Ho qua vicino lo scooter.” La bonazza guida da spavento, pesta il gas che è un piacere, tira dritto per le curve e sorpassa a pelo le biciclette. Io le sto aggrappato dietro e sbircio le sue gambe. In meno di dieci minuti siamo su da lei. Mi porta diritto in camera. “Ecco dove sto” mi dice. Ora viene l’ostacolo maggiore: devo trovare un appiglio per portarla sul letto senza che se ne accorga. Mi guardo attorno. Scaffali pieni di libri. Qualche CD. Lo stereo. Sulla scrivania un libro aperto. Leopardi. “Pessimismo cosmico. Ci vai giù pesante.” “Che?” sputa fuori la mora, non capisce. “Leopardi” dico io afferrando il libro e muovendomi verso di lei con noncuranza. “Leopardi, uno dei miei preferiti” butto là sfiorandole la spalla e dirigendomi al letto. “Ah, il libro” fa la mora. “Deve averlo lasciato qua mio padre. I miei li vedi lassù.” In uno scaffale sopra al letto campeggia una serie di libri di cucina. “Ah… Ti interessa il mondo culinario” faccio cercando una nota di interesse. “Sì” dice la bonazza stirandosi e mettendo in mostra ancor più quelle meraviglie che si ritrova sul davanti. “In effetti mi ero iscritta al corso di cucina creativa, ma per errore hanno inserito il mio nominativo in quello di poesia. Io non ho contestato, mica bisogna scherzarci, col destino. Sarà stato il mio karma, mi sono detta.” “Già” dico. “Cucina creativa, eh?” “Sì, quello della cucina è un mondo astruso… E’ tutto e il contrario di tutto.” “Ma va?” dico. “E poi ho sempre desiderato una ragazza cuoca.” “Ora ce l’hai qua davanti a te.” “Già… Ma sempre troppo distante” sussurro e mi avvicino. La mora socchiude gli occhi e io lo prendo come un invito. In qualche secondo le sono appiccicato contro e vortico le mani su tutto quel ben di Dio. Le sfilo la maglietta. Reggiseno nero di pizzo: come previsto. L’aria si fa calda. Sfilo anche il reggiseno. Due tette dritte e grosse, previsto pure questo. Comincio a divertirmi sul serio. In quel mentre: “Malika? Sei in camera?” 19 La mora si stacca fulmineamente da me e si riveste in un sospiro. “Sì, pa’, con un amico”. Okay, non si combina più niente, questo è chiaro. Infatti: “Be’, credo sia meglio che non ci vediamo più” mi dice. “Uhm, io non sarei così frettoloso. Ti chiami Malika?” “Malika. Con la elle. Comunque… No, è meglio di no. Si vede che non era destino. Mica posso andare contro il destino, io. Poi che succede al mio karma?” Insomma, eccomi fuori nella nebbia, e per di più a piedi. Telefono a Berto. “Berto? Che fai?” “Il corso è finito. Ci hanno inculato la macchina. Fottuto d’un vigile.” “Lo so” sospiro. “Allora, la moraccia?” “Niente da fare, dice che non era destino.” “Tutte uguali queste strafighe.” “E la lezione?” chiedo. “Niente. Quando siete usciti alla Carlino le è preso un colpo. Non è più riuscita a tenere banco. L’abbiamo rovinata, cazzo. Stroncata. Pareva sul punto di piangere. Non ha carisma, quella donna.” Saluto Berto e me ne torno a casa a piedi. Che serata di merda. In qualche modo devo esorcizzarla, però. Non mi rimane altro che scriverci una poesia. O magari uno schifo di racconto. L’AUTORE Nasce, vive e scrive a Ravenna. Al suo attivo vari concorsi vinti, pubblicazioni su Scrittinediti, ProA spektiva, Il CORRI Foglio Clandestino. Ha COMMENTARLO pubblicato per i tipi di ProspettiNEL va Editrice la FORUM raccolta di poesie emergente.mastertopforum.com L’ombra sul cuore. 20 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 La FANTASIA della SCIENZA a cura di ANDREA COCO Comunicare è ridere Ovvero come la fantascienza umoristica, ridendo e scherzando, riesca a dire la verità Proseguendo il nostro viaggio all’interno della fanta- inatteso, poiché Adams tratta la fantascienza da un scienza, una tappa obbligatoria è costituita proprio dal surreale mondo della SF umoristica e demenziale, che ha avuto (e ha tuttora) numerosi e celebri sostenitori. L’umorismo, oltre a mettere di buonumore chi legge, ha il pregio di far conoscere a un vasto pubblico di lettori un genere letterario che diversamente troverebbe fatica a farsi accettare. Inoltre, con il pretesto di una storiella divertente, lo scrittore trova il modo di far passare concetti profondi e impegnati, che altrimenti verrebbero rifiutati perché considerati noiosi. Come direbbe il buon Pulcinella, “ridendo e scherzando dico la verità”. Dopotutto se il primo assioma della comunicazione di Watzlawick sancisce che “E’ impossibile non comunicare”, perché non utilizzare l’umorismo e la fantascienza umoristica come veicolo per lanciare dei messaggi? Al lettore la volontà di recepirli o meno. E a questo punto vi invito ad allacciare le cinture di sicurezza perché inizia il viaggio nella SF umoristica/demenziale e, come diceva Douglas Adams nella Guida Galattica per Autostoppisti, “don’t panic”. punto di vista del tutto nuovo, demenziale. Prende in giro i cliché della SF, mettendo alla berlina alieni, turisti, viaggi più veloci della luce, robot, imperi galattici. Dopo il primo romanzo scrive altri quattro libri tutti legati alle avventure di Arthur Dent e Ford Prefect, i due surreali viaggiatori delle galassie: Il ristorante al termine dell’universo (1980), La vita, l’universo e tutto quanto (1982), Addio, e grazie per tutto il pesce (1985) e Fondamentalmente innocuo (1992). La fortunata serie parte da un’idea semplicemente folle: la Terra deve essere distrutta per fare spazio a una superstrada iperspaziale. Arthur Dent diventa così l’unico essere umano in vita dopo la scomparsa del pianeta e affronta un tour galattico con lo scrittore Ford Prefect, incontrando buffi alieni, folli pianeti e situazioni al limite del paradosso. Il successo del libro è così grande da spingere Adams a preparare una sceneggiatura cinematografiDouglas Adams: ca, senza riuscire tuttavia a realizzarla… Ma – e qui un genio del paradosso sembra di essere all’interno di un suo beffardo racconto – nella primavera del 2005 il film viene distriDouglas Adams (1952-2001) inizia la buito nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti sua attività di scrittore nel 1978 come con un discreto successo di botteghino, ben quattro sceneggiatore della serie TV Doctor anni dopo la sua morte! Who, andato in onda dal 1978 al 1980. Nel medesimo anno presenta in radio, la BBC, il suo sceneggiato radiofonico Fredric Brown: finale a Apocalisse fantastica, una commedia spa- sorpresa e humor nero ziale demenziale di grande successo che lo spinge dapprima a realizzare Fredric Brown (1906-1972) è stato un fecondo rouna miniserie televisiva e poi l’opera Guida Galattica per manziere americano, famoso sia per i suoi sorprengli Autostoppisti, che vende oltre quindici milioni di copie denti romanzi a intreccio (gialli e di fantascienza) sia in tutto il mondo. Il trionfo del primo libro è del tutto per i racconti brevi, il più celebre dei quali è Sentinella. Negli anni Trenta e Quaranta, Brown scrive so- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 prattutto short stories, passando al romanzo nel dopoguerra con un memorabile noir, Il sangue nel vicolo, con cui ha vinto il premio Edgar Allan Poe. Le sue storie sono caratterizzate da finali a sorpresa e da una vena di umorismo nero. Per esempio, nel racconto Sentinella il lettore capisce solo nell’ultima riga che il personaggio principale dell’opera è… Una creatura extraterreste disgustata dai versi umani che emettono i nemici mentre muoiono. Nel genere della fantascienza Fredric Borwn scrive Assurdo universo, Marziani, andate a casa!, Il vagabondo dello spazio, Progetto Giove e Gli stani suicidi di Bartlesville, opere venate da un paradossale e provocatorio umorismo. Robert Sheckley: il maestro della satira 21 solo per la mansione di porta lettere, non aiuta il cercatore sperduto nel deserto, al quale consegna una lettera d’auguri per il suo compleanno, e si rifiuta di accettare la richiesta d’aiuto perché sprovvista di francobollo. Insomma, ricorrendo a diverse forme narrative, Sheckley riesce a scrivere storie pungenti e fulminanti lontane dagli stereotipi della fantascienza tradizionale. Per chi volesse conoscere Robert Sheckley le opere migliori sono l’antologia A.A.A. Asso, i romanzi Scambio mentale e Il difficile ritorno del signor Carmody, quest’ultimo considerato dalla critica una delle opere più divertenti da lui realizzate. Donato Altomare: il Fredric Brown italiano Donato Altomare è nato a Molfetta nel 1951, dove risiede tuttora, e finora ha pubblicato circa duecento tra romanzi e racconti, vincendo nel 2000 il premio Urania con l’opera Mater Maxima. E la padella disse… è una raccolta di ventuno racconti umoristici, scritti tra il 1982 e il 2004, che affrontano i temi classici della fantascienza, come l'invasione dei pianeti, l'esplorazione del sistema solare e gli alieni nascosti tra di noi. Una raccolta di vecchi cliché, che Altomare demolisce, riuscendo a sorprendere e divertire il lettore con battute e trovate fulminanti. Robert Sheckley nasce a New York nel 1928 da genitori russi e, dopo aver conseguito la laurea, si dedica alla letteratura fantascientifica. Il suo debutto avviene nel 1952 sulla rivista Imagination con il racconto Final Examination e poco più tardi diviene ospite fisso di Galaxy, che in quegli anni ospita altri grandi scrittori come Alfred Bester (L’uomo disintegrato e Destinazione stelle) e Frederick Pohl (Gateway). Robert Sheckley mostra subito una capacità creativa unica e una causticità senza uguali che lo rendono molto apprezzato da Horace Gold, il direttore di Galaxy, il quale gli chiede continuamente delle storie da pubblicare sul giornale. Nei suoi romanzi è sottintesa una dura critica del costume americano e delle tendenze razziste presenti nella società. La sua analisi drammatica della realtà si unisce all’amore per gli altri popoli e a uno humor spesso pungente che spinge alla riflessione. E adesso tocca a me! A volte il suo umorismo può apparire come l’argomento principale della storia, fermo restando che non viene mai meno il valore della trama. E’ il caso di Salvataggio pericoloso dove l’intelligenza artificiale di una scialuppa, studiata per le esigenze di una razza extraterreste ormai estinta, espelle in mare due uomini, che si sono finti morti, dopo aver letto loro il servizio funebre cosmico. Un sense of humor così sottile da ispirare la storia del robot-postino che, programmato Dopo tanti padri nobili, vorrei contribuire anche io al filone della fantascienza umoristica/demenziale con un paio di racconti incentrati su un personaggio di mia invenzione: Nando Carsilian. Questi rappresenta il volto umano della scienza, quella felicemente rappresentata dalla fantascienza degli anni Cinquanta. Ottimista e ben disposto verso il prossimo, Nando è all’eterna ricerca di invenzioni che possano aiutare l’Umanità, ma la sua voglia di riuscirci a tutti i costi, unita a un candore che sfiora l’innocenza (o l’inconscienza), lo portano a causare disastri, per fortuna senza conseguenze mortali per chi lo circonda. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 22 Immancabile la punizione, un contrappasso per i suoi strafalcioni, che fornisce l’occasione per riflettere sulle tematiche di pubblico interesse, domani come oggi. A conclusione di questo mio intervento sulla fantascienza umoristica desidero spiegare l’insolita forma narrativa adottata per questi miei due brevi componimenti: un comunicato stampa seguito da un articolo di giornale. Per il racconto d’esordio ho voluto porre in evidenza una forma di comunicazione, quella d’impresa, ben conosciuta dai giornalisti e dagli addetti ai lavori, che si caratterizza per un’accurata e a volte ripetitiva descrizione del prodotto, per i toni trionfalistici e volutamente enfatizzati. A seguire una relazione cronaca, che racconta con un taglio mordace come è andata la presentazione del rasoio multifunzionale TCO95… E mi auguro che, ridendo e scherzando, questi due miei racconti riescano a strapparvi almeno un sorriso. Operazione “Arca di Noè” Un romanzo di Andrea Coco Una guerra non dichiarata tra le due organizzazioni che nel futuro avranno in mano il destino della razza umana. E solo Aner Sims può decidere come finirà lo scontro. In vendita solo su www.delosstore.it Buona lettura. COMUNICATO STAMPA Tecnodromo di Toriv Reg Industries Inc. Presentata dalla Reg Industries l’ultima mirabolante invenzione di Nando Carsilian: il rasoio multifunzionale! Al Planetario del Tecnodromo di Toriv, l’illustre scienziato ha spiegato al pubblico, giornalisti, studiosi e curiosi, le magnifiche potenzialità della sua nuova invenzione. I presenti hanno molto apprezzato il modello, che verrà commercializzato a breve con una campagna pubblicitaria ricca di sorprese. Toriv, 11.25.4002 – L’ambiente era quello giusto, il suggestivo ed elegante Planetario parte integrante del Tecnodromo, il pubblico ideale, numeroso e avido di conoscenza, e il Professor Nando Carsilian vulcanico e smagliante come sempre, quando si tratta di presentare una delle sue “mirabolanti invenzioni”. Alle 20.00 in punto è iniziata la conferenza stampa: le luci sono calate d’intensità fino a spegnersi del tutto e la cupola del planetario si è aperta, consentendo ai presenti di ammirare il cielo stellato. All’improvviso un corpo celeste si è mosso avvicinandosi al pubblico. Tra i presenti c’è stato un breve attimo di panico, prontamente fugato dall’intervento delle hostess e del personale della sicurezza. Era Nando Carsilian che scendeva dal cielo, sostenuto da un seggiolino anti-gravità. Non appena ha toccato il pavimento, due assistenti lo hanno aiutato a togliersi di dosso l’imbracatura del veicolo, mentre una hostess gli ha portato un astuccio argentato. Con un gesto ha chiesto alla regia di togliere la musica di sottofondo e con un altro ha invitato le persone ad avvicinarsi a lui. “Gentili signore e signori – ha esordito Carsilian - vi ho invitato in questo luogo, consacrato alla ricerca scientifica e alla sua applicazione pratica, la tecnica, per mostrarvi la mia ultima mirabolante invenzione: il rasoio multifunzionale Tco95, un modello perfettamente in grado di svolgere diverse mansioni.” L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 23 Lo scienziato ha aperto l’astuccio e, alzato il braccio in altro, ha mostrato ai presenti il rasoio. “La sua prima caratteristica - ha spiegato - è quella di funzionare a energia stellare. Insomma non ha bisogno di prese elettriche o energetiche.” A dimostrazione di quanto sostenuto, ha chiesto alla regia di avvicinargli una fonte di energia luminosa fluttuante: un globo di luce tra i tanti che illuminavano il perimetro del planetario. Con grande stupore dei presenti il rasoio si è acceso ed è rimasto fermo a mezz’aria in attesa di istruzioni. Carsilian ha aperto uno scomparto dell’apparecchio per mettere in mostra il display e i tasti funzionali. “Il rasoio, grazie alle sue batterie ricaricabili, dispone di un’autonomia pari a nove ore in stand-by e tre ore in attività – ha aggiunto – Inoltre può essere comandato a voce oppure, una volta stabilito un buon transfer mentale, le medesime funzioni possono venire ordinate con la sola forza del pensiero.” Davanti al pubblico la scienziato ha dato una rapida dimostrazione, rasando dapprima la sua barba e tagliando successivamente i capelli a un’hostess. “Come avete potute notare, Tco95 dispone di numerose opzioni – ha dichiarato Nando Carsilian – mediante le quali è possibile scegliere la forma della barba oppure il taglio di capelli che più si adatta a noi. Grazie al programma “imagineface”, è possibile, infatti, vedere in anteprima sul display del rasoio multifunzionale la propria testa, per verificare che il risultato finale sia quello confacente alla propria persona”. E se le acconciature dovessero passare di moda? Niente paura, ha spiegato lo scienziato. “Tramite uno stick di memoria esterno è possibile aggiornare gli archivi di tutte le funzioni esistenti, davvero tante.” Tco95 dispone, infatti, di una radio incorporata e di un lettore in grado di eseguire qualsiasi genere di musica, nonché una memoria dedicata dove caricare nuovi file, più di mille. Tanto per dare un esempio, Nando Carsilian ha invitato il pubblico a formulare delle domande e gli ha fatto ascoltare i brani richiesti. Al momento è prevista la commercializzazione di due modelli: uno basico e l’altro avanzato, al costo rispettivamente di 882 e 1882 Rehian. “Ma non escludiamo in un prossimo futuro – ha spiegato il Direttore Commerciale della Reg Industries, Mark Lex - di realizzare una versione low cost e una deluxe con lo chassis in oro tempestato di diamanti”. Per quanto riguarda la campagna pubblicitaria, infine, Lex ha spiegato che “si baserà su una caccia al tesoro ambientata nel futuro, per l’esattezza nel 8004 d.C. Un ladro particolarmente abile e geniale, Malachy Malone, compierà un furto su commissione, ordinato dal sanguigno Rudolf Rughan, sottraendo dal museo dell’arte tecnologica di Toriv un prezioso Tco95. Il compito di recuperare l’inestimabile oggetto verrà affidato a una investigatrice della Galactical Police, l’ingegnosa e seducente Ludovica Borea”. La campagna pubblicitaria, del tutto simile a un action movie, si baserà su una serie di dieci episodi, il cui esito finale dipenderà dalla volontà del pubblico, manifestata tramite un televoto interplanetario. Dopo le prime cinque puntate, i telespettori saranno invitati a scegliere il luogo dove si svolgerà l’episodio successivo. Infine, in occasione dell’ultima puntata, potranno decidere se l’investigatore riuscirà a recuperare il prezioso oggetto e se tra i due personaggi sboccerà una storia d’amore. La conferenza stampa di presentazione del nuovo rasoio multifunzionale Tco95 si è conclusa con la proiezione di un trailer della campagna pubblicitaria dal nome “Geniale e seducente come un Tco95”. Reg Industries Inc. Press Office Universal Phone: M32.TRV.1400.21.3900.2097 www.reg.com.toriv.m32 e-mail: [email protected] L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 24 THE TIMES OF TORIV Established since 2556 A.D. Monday, 11.26.4002 O’ Riordan: basta con gli esperimenti sulle persone! ARRESTATO CARSILIAN Il celebre scienziato vittima dalla sua ultima mirabolante invenzione Aveva promesso che la sua nuova invenzione avrebbe fatto prodigi e in un certo senso è stato di parola. Nando Carsilian è famoso su Toriv per le sue invenzioni, a volte un po’ bislacche, ma senza dubbio utili e innocue... Almeno fino a oggi. L’ultima in ordine di tempo è un rasoio, Tco95, che funziona a energia stellare, in grado di tagliare i capelli e la barba in modo eccellente. Secondo il suo inventore, lo strumento multifunzionale, prodotto e commercializzato dalla Reg Industries Inc. di Toriv, dovrebbe funzionare mediante comandi vocali o, addirittura, con la forza del pensiero. Tra le sue tante peculiarità, Tco 95 dispone di un programma, “imagineface”, con il quale verificare in anteprima se il taglio suggerito dalla macchina sia quello adatto alla propria persona. Infine il mirabile oggetto, tra un taglio e una rasatura, sarebbe in grado di allietare il cliente con news e brani musicali. Insomma una bella invenzione se avesse funzionato a dovere! Ieri Carsilian aveva invitato i maggiorenti della capitale, New Baile Átha Cliath, nella sala congressi della City Hall per assistere a una dimostrazione operativa. All’inizio Tco95 ha fatto il suo dovere, poi è successo qualcosa che lo ha mandato in tilt. Dopo un paio di violenti scossoni, la macchina ha preso di mira le chiome delle persone più vicine e, ispirata dalla canzone, The fly of the bumblebee, ha cominciato a tagliare a caso, compiendo una serie di touch and go sulle teste dei presenti. Così facendo, tra il fuggi fuggi generale, ha rapato a zero un paio di religiosi, sfumato, passando al volo, le tempie di qualche lord, ed è, infine, atterrata sulle lunghe chiome di una delle amazzoni del battaglione “Lara Croft”, che scortavano il sindaco della città, Ernest O’ Riordan. Allo sceriffo, che tentava di acciuffarlo, ha rasato i folti baffi e al suo assistente, che è corso prontamente in aiuto, ha tracciato un lungo solco centrale tra i capelli a zazzera. All’improvviso, quando tutti i presenti erano rassegnati al peggio, Tco95 ha esaurito le sue batterie ed è stato prontamente catturato assieme all’inventore che stava tentando di filarsela all’inglese. Il commento del sindaco è stato lapidario: “Basta con questi esperimenti sulla pelle delle persone! D’ora in poi, ogni nuovo prodotto, prima di venire commercializzato dovrà essere testato a lungo in laboratorio.” Una decisione approvata da tutti i presenti con una lunga standing ovation. Nando Carsilian è stato processato in direttissima e condannato a diciassette mesi e ventitrè giorni di lavori socialmente utili, mentre la Reg Industries è stata obbligata a risarcire i danni morali e materiali nonché diffidata dall’introdurre in commercio una simile invenzione, almeno fino a quando non sarà collaudata alla perfezione. Per la cronaca, la condanna dello scienziato consiste nel lavorare per quattro ore al giorno come ragazzo di bottega alle dipendenze di un barbiere. Senza dubbio, una volta scontata la pena, Carsilian avrà le idee ben chiare sugli aspetti veramente importanti di un simile lavoro. – Eoin Cannon News da FUTURE SHOCK – http://www.futureshock-online.info/index.html Appello per l’istituzione di cattedre di fantascienza Per poter educare i giovani all’uso corretto (umanistico) della scienza, la fantascienza ha bisogno di essere accolta nel mondo accademico italiano. Si rende dunque indispensabile l’istituzione di cattedre universitarie, come normalmente avviene nel mondo anglosassone. Ma è anche indispensabile l’appoggio di quanti credono nella bontà del nostro progetto, sia divulgando la nostra iniziativa, sia dando la propria adesione al seguente link: http://www.mooncity.it/ public/contatti.html. Il Comitato organizzatore, composto da Roberto Furlani (direttore della rivista fantascientifica on line Continuum), Enrico Leonardi (docente di lettere, collaboratore di Cultura Cattolica e critico di fantascienza), Luciano Nardelli (scrittore di fantascienza), Michele Nigro (redattore di Nugae e scrittore di fantascienza), Guido Pagliarino (scrittore), Annarita Petrino (scrittrice di fantascienza) e Luigi Picchi (insegnante liceale di Materie Letterarie e critico letterario), raccoglierà le adesioni pervenute e le presenterà, a corredo del piano di studio, agli organi competenti. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 25 Giulio Leoni Il Dante del delitto Intervista a cura di ANDREA GALLA Vincitore Premio Tedeschi 2000 Un incontro con il giallista Giulio Leoni. Nato a Roma, laureato in Lettere, si occupa di Poesia e avanguardie, fondando e dirigendo negli anni Ottanta la rivista Symbola, dedicata alla poesia sperimentale. Appassionato di esoterismo, di letteratura del Duecento e avanguardie del Novecento. Nel 2000, con Dante Alighieri e i delitti della medusa, vince il premio Tedeschi, e inizia la sua avventura nel Giallo storico italiano. Come nasce il Giulio Leoni scrittore di gialli? Amo moltissimo tutti gli scrittori “inattuali”. I classici, naturalmente, e Si è trattato di una sorta di evolu- poi i grandi dell’Otto-Novecento, zione naturale della mia preceden- Nietzsche, Mann e Proust in testa. E te attività di saggista. Anche nel poi tutti gli scrittori in qualche modo trattare temi diversi, fossero cul- “labirintici”: Borges, Calvino, Severiturali o politici, mi è sempre pia- no (è un filosofo, ma dalla prosa affaciuto adottare uno stile narrativo, scinante…). nell’idea che proprio il racconto fosse alla fine il mezzo migliore L’editoria italiana, in questo moper analizzare la realtà. Negli anni mento, è trascinata dal fenomeno questa inclinazione si è saldata Dan Brown, e gli scaffali delle licon la parallela passione per l’illu- brerie straripano di gialli zeppi di sionismo e per l’insolito, e l’ap- esoterismo, religione e arte. Come prodo al giallo è avvenuto quasi giudica, anche qualitativamente, inavvertitamente. questi testi e questa scelta editoQuali scrittori ama leggere, e riale, da scrittore e da appassionada quali prende ispirazione per to di esoterismo? i suoi libri? Con favore. Si tratta naturalmente di opere di valore alterno, ma il fatto che ci sia comunque un forte ritorno del racconto di avventura e di intrigo non può che farmi piacere. Io sono convinto del forte valore etico del racconto d’avventure, l’idea soggiacente che in ogni modo l’ignoto debba essere affrontato. Ha iniziato la sua carriera di scrittore di genere aggiudicandosi il prestigioso premio Tedeschi, vinto in precedenza dai più grandi autori di gialli e noir nostrani (da Macchiavelli a Lucarelli). Quanta importanza può avere la vittoria di un premio letterario prestigioso come il Tedeschi per un emergente, e perché, invece, si sostiene che gli editori preferiscano pubblicare autori che non abbiano vinto alcun premio? Non saprei giudicare quanto la vittoria di premi possa aiutare la “carriera” di scrittore. Certo aiutano quelli, come il Tedeschi, il cui premio è la pubblicazione dell’opera vincente. Per gli altri il discorso cambia da caso a caso. La differenza la fanno le giurie: solo se composte di tecnici della mate- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 26 ria, il responso può valere come indi- sposta è semplicissima: il poeta Molto, ma senza le ossessioni cazione per gli editori. aveva davvero tutte quelle doti dello storico. Il narratore deve (esperienza del male, acume, intelli- soltanto evitare palesi inconI suoi roman- genza, cultura, abilità, ostinazione gruenze, e rispettare un quadro zi hanno am- eccetera) che normalmente vengo- di generale plausibilità di ciò che b i e n t a z i o n i no attribuite agli investigatori di racconta. Per il resto può perstoriche parti- fantasia. Non c’è stato bisogno di mettersi quasi tutto, perché il colari: il Due- aggiungere nulla. suo scopo non è quello di accercento di Dantare la verità. Il Medioevo di te, la seconda Quanto c’è di vero nel suo Dan- Scott o la Roma antica di ShaGuerra Mon- te detective e quanto di inventa- kespeare sono errati sotto il prodiale e il nazi- to? filo storico, ma solo un ingenuo smo (Donna leggerebbe Ivanhoe o assisterebsulla Luna), e E’ tutto vero e tutto inventato. Per be al Giulio Cesare per prepararl’epoca Fiu- descriverlo sono partito, più che si a un esame universitario. mana d i dalle tutto sommato scarse testiD ’ A n n u n z io monianze dei contemporanei, dalla Quali consigli darebbe a uno (E trentuno con la morte). Come lettura delle sue opere. E ho cerca- scrittore esordiente, e in partimai queste scelte, e quali delle tre to di immaginare come potesse es- colare a uno scrittore di letsere un uomo capace di scrivere teratura gialla? l’ha affascinata di più? contemporaneamente il Fiore e il Mi affascinano tutte le epoche di crisi Paradiso, la Vita nuova e le Rime pie- Scrivere molto, continuamente e e di transizione. È vero che in un cer- trose, gli insulti a Forese Donati e il senza interruzione. Scrivere semto senso tutte le epoche sono crisi e canto di Francesca. Pronto a com- pre, non nei momenti liberi. E transizione, ma nel Trecento e nel muoversi estasiato alla voce di Ca- tener conto che, specie agli inizi, primo Novecento c’è qualcosa in più. sella, e a sfondare a colpi di lancia il rapporto tra scritto e pubblicato è di dieci a uno. Forse il presagio dell’oscurità che sta per abIl narratore deve soltanto evitare palesi Un’ultima domanda: quali battersi su di noi. Quanto alle tre storie, a me piace incongruenze, e rispettare un quadro di sono i progetti per il futuro? Ci dovremo aspettare una giocare con personaggi inquieti e inquietanti. In generale plausibilità di ciò che racconta. nuova indagine di Dante, questo senso La Donna Per il resto può permettersi quasi tutto, oppure vedremo qualche altro celebre personaggio Sulla Luna, che si svolge perché il suo scopo non è quello di nelle vesti di detective? negli anni della presa del potere del Nazismo ma accertare la verità. Entro l’anno dovrebbero uscidurante le riprese di un re due storie, in cui ricomparifilm (dunque il massimo della tragicità in un contesto apparen- le linee aretine a Campaldino. Il ri- ranno i personaggi di E Trentuno temente frivolo) riassume bene i temi sultato è il personaggio della trilo- con la morte e di La donna sulla luna. Sto poi lavorando a un’opera gia. della mia narrativa. collettiva, coordinata da Cecilia Il libro I delitti della luce, uscito Scrivere un romanzo con perso- Scerbanenco, di ambientazione da poco nelle librerie per Monda- naggi e ambientazioni storiche rinascimentale, in cui comparirà dori, rappresenta la terza indagine è comunque pericoloso: il ri- un nuovo personaggio famoso del suo Dante Alighieri detective. schio di trovarsi addosso storici in veste di investigatore. Ma non Cosa l’ha convinta e affascinata e critici pronti a notare ogni pic- voglio rovinare la sorpresa! nel Sommo Poeta per trasformarlo cola incongruenza è alto. Quanto è importante nel suo lavoro la in un investigatore? ricerca e la documentazione? Quanto a Dante investigatore, la ri- “ ” L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 27 PROSIT! Clara Nubile Io ti attacco al sangue La grafica è accattivante, il titolo ti si attacca addosso; questo ho pensato quando l’ho avuto tra le mani. Questo romanzo di Clara Nubile è come la tela di un ragno, pagine e pagine ben scritte a narrare la storia di Laura e Maja, alias Cosimo da Porto Badisco, a narrare un viaggio in un’India piovosa e lamentosa, a narrare le storie di un gruppo di ragazzi e poi… D’un tratto, proprio come in una tela di ragno ti ritrovi invischiato a palpitare insieme a Laura, a Ernestina la nonna, a Rosaluna la madre; ti ritrovi avviluppato in questo incastro di vite disperate. C’è il Sud: il Sud della criminalità organizzata, del mondo contadino, dell’immancabile taranta, un Sud che si confronta con altre latitudini e longitudini: l’India, Giacarta, Bologna. Un Sud che di questo mondo “ai margini”, di questo mondo “irregolare”, ne ha fatto un mito. Un Sud che prima o poi noi sbranaparole di periferia dovremo raccontare per quello che le pagine della cultura cattedratica dimenticano: il Sud dei poeti, dei letterati, della gente operosa, dei mecenati. Nessun luogo è patria per Laura, protagonista di Io ti attacco al sangue, in nessun luogo si sente a casa: Brindisi un posto da dimenticare, questo afferma categorica; ma odia anche Bologna, l’India e ama-odia anche Maja, il suo fidanzato. Il filo conduttore del romanzo è il mal di testa che l’accompagna come un vicino inopportuno; anche questo gli si è attaccato addosso e non la lascia: un dolore che a fare del facile psicologismo potremmo dire figlio del conflitto. Tuttavia, in questa storia amara e tragica, quel che vi è da sottolineare è la leggerezza della scrittura. Clara Nubile sfiora i personaggi e gli eventi, e lascia parlare chi di norma non ha voce, per liberarsi dalla trappola dell’intimismo. Così sono le ortiche o un neonato o una audiocassetta a raccontare semplicemente e senza affanno i momenti più tormentati e tormentosi di questa storia. Allora sei tu, tu che sei lì incollata alle pagine a volerla aiutare, a chiudere per un attimo gli occhi e il libro e sperare che lei, l’autrice, la salvi, la soccorra, le dia una chance; una chance a que- di MADDALENA MONGIO’ sta giovane donna, una chance a Laura che ha giocato la vita nella partita sbagliata. Un romanzo non è mai solo un plot, una storia; l’intreccio narrativo è solo il velo. Basta fermarsi un attimo, lasciare che il vento dei pensieri smuova la patina superficiale, e subito si delineano i segreti, i pensieri nascosti. Così, in questo vagare tra città e continenti, ripensi a questa nuova forma di emigrazione che noi del Sud ben conosciamo: l’emigrazione dei nipoti, delle valigie di cartone, l’emigrazione per studiare, conoscere; un’emigrazione fatta di tempi veloci ché basta un volo per andare dall’altra parte del mondo. Un’emigrazione lontana anni luce da quelle navi che partivano cariche di uomini e aglio e sudore e speranze e ricordi. In questo vagare tra città e continenti ritrovi il filo rosso dell’irrazionalità che agita uomini e donne e diviene rito, simbolo, simbolismo; una irrazionalità che attiene tutta alla sfera della sessualità e dell’amore, perché il romanzo è un concatenarsi di amori dannati, di amori rubati, di donne che subiscono e fanno subire; che si concedono interamente a un uomo e si negano totalmente a un altro. Vi sono storie e tante e tante voci a raccontarle, perché è narrato tutto in prima persona con continui cambi di prospettiva. Vi sono luoghi, tanti luoghi, eppure sono appena accennati – Bologna fredda, l’India piovosa e fangosa, Brindisi da dimenticare, Parigi con le strade di cioccolato; pochi cenni per lasciare il primo piano a loro, solo a loro: a Don Pizzica, camorrista crudele ma palpitante per le sue donne; al padre debole, pavido ma con un guizzo finale di tragico coraggio; a Ernestina la nonna, che incombe con il suo passato di travolgente femminilità; a Rosaluna che voleva solo un uomo che le spezzasse la schiena a furia d’amore; a Boris Vian, il pallido francese che ama Laura ma non tanto da poter rinunciare a lei. Nessuno è completamente buono o cattivo, credo lo abbia affermato per primo Dostojeski. Così loro non sono mai completamente buoni o cattivi; sono come i corpi immersi in un liquido che ricevono una spinta verso l’alto. Sono quelli che ti restituiscono fame d’amore perché sono stati affamati, vendetta perché sono stati saccheggiati. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 28 IL CALAMAIO In rete Laura Cherri: un nome che spesso s’incontra nel web, specie in quei siti che distribuiscono gratuitamente e-book. Ci puoi raccontare chi sei? Sono una scrittrice che cerca di farsi strada, con le unghie e con i denti. Pubblicare e-book scaricabili gratuitamente è stato un primo passo, un modo per farsi conoscere. Così come pubblicare su varie riviste cartacee e in vari siti internet. È una bella soddisfazione, anche se poi ogni scrittore che si rispetti punta a fare della propria arte un lavoro vero e proprio con il quale campare. Così la mossa successiva è stata quella di pubblicare un ebook (Riflessi Neri) con la casa editrice on line Arpanet. E-book scaricabile a pagamento, stavolta, anche se a un prezzo irrisorio. Infine, lo scorso anno, ho pubblicato il mio primo libro di carta, un romanzo breve dal titolo Jeremy, con la Ferrara Edizioni, una giovane casa editrice creata da persone che hanno creduto in me e nella mia opera. Voglio sottolineare che non c’è stato alcun contributo economico da parte mia, quindi la soddisfazione è stata totale. Quali e-book hai pubblicato, e di cosa trattano le tue storie? Ho pubblicato un e-book dal titolo Riflessi Neri scaricabile al sito della Arpanet: http://www.arpabook.com/ scheda.asp?IDTitolo=198. Inoltre, per chi volesse conoscermi meglio come artista, esiste un e-book dal titolo Ombre che urlano scaricabile a questo indirizzo: http://www.latelanera.com/ebook/ ebook03.htm. Infine, sul mio sito personale http://utenti.lycos.it/ lauracherri/ ci sono ben nove racconti da leggere per capire come e di cosa scrivo. Nelle mie storie la normalità si mescola con il mistero, l’horror, il thriller, il noir. Non è facile etichettare con una sola definizione il genere letterario di cui mi occupo. Molti mi definiscono una scrittrice horror. È un po’ riduttivo, ma almeno serve a far capire che non sono una scrittrice di libri Harmony! a cura di MATTEO PEGORARO La mia e-mail appare ovunque ci sia una mia opera e questo vuol dire che sono facilmente raggiungibile da chiunque voglia dirmi cosa pensa dei miei scritti. Sono sempre disponibile a ricevere le opinioni di chi mi legge. Ogni tanto mi arrivano dei messaggi da parte di lettori che vogliono farmi i complimenti. Hai preferito il web come mezzo di diffusione delle tue opere. Perché questa scelta, indubbiamente intelligente? Come ho detto prima, il web è un inizio, un modo molto efficace per cominciare a fare esperienze, per confrontarsi con altri scrittori. Partecipare a concorsi, pubblicare e-book gratuiti, tutto serve a crescere come artisti, a diventare più consapevoli del proprio potenziale e del proprio talento. A quel punto sorge l’esigenza di rivolgersi a degli editori per vedere se è possibile diventare scrittori professionisti. È quello che ho fatto io. Dopo tanti piccoli successi (concorsi vinti, ripetuti commenti favorevoli da parte dei lettori) mi sentivo più sicura di me stessa e ho spedito il mio materiale alle case editrici. Lo faccio ancora, ben inteso. Sono appena agli inizi! Secondo te l’e-book andrà a sostituire, con il tempo, il libro stampato, o il fascino della carta è tutt’altro che destinato a svanire? Il fascino della carta non svanirà finché non ci sarà un vero e proprio cambiamento di mentalità, ovvero finché i palmari non diventeranno oggetti di uso quotidiano, e per “quotidiano” intendo proprio indispensabili e utilizzati da chiunque. Ci vorrà un bel po’ di tempo e forse allora, chissà, i libri diventeranno obsoleti. Nascerà una nuova categoria di persone, i nostalgici della cellulosa, così come oggi ci sono i nostalgici del vinile. Che cosa ci riservi per il futuro, ancora opere on line o qualche pubblicazione cartacea? Un mio nuovo romanzo horror è partito in una busta verso un discreto numero di case editrici, assieme a un romanzo fantasy. Ora si tratta di attendere. Ti è possibile venire a contatto con il pubblico, Se son rose... confrontarti e ricevere commenti su ciò che di tuo viene letto? L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 TRASPARENZE Un racconto a puntate di ANDREA GALLA *Continua dal numero 3 on line* Salendo le scale verso l’ufficio di Rainelli, ricordai il mio primo giorno nei laboratori Sullivan, quasi un mese prima. Ero agitato, ma sapevo che avrei potuto far bene, e con la mia unica cravatta mi sentivo sicuro e al posto giusto. Ora invece un tarlo stava banchettando con la mia coscienza, rendendomi nervoso. Bussai due volte alla porta ed entrai. Il mio capo era occupato al telefono; a un suo cenno mi sedetti, cercando di rilassarmi: in fondo non avevo nulla di cui esser preoccupato. In questi miei primi giorni avevo lavorato davvero bene, e Rainelli non poteva che essere contento del mio operato. Mise giù il telefono, alzò la testa verso di me e il suo sguardo si addolcì un poco. Non c’era niente per cui essere preoccupato. - Ciao Andrea, eccoti qua, finalmente. Allora, dimmi, come ti trovi nella mia fabbrichetta? - Buongiorno, Dottore. La sua “fabbrichetta”, come la chiama lei, mi piace molto. Inoltre lavorare al microscopio è sempre stata la mia passione. - Ne sono felice. Angelo Biglietti, il capo reparto, mi dice che ti dai molto da fare. Sapevo che non mi avresti deluso. Sorrisi compiaciuto, e la mia ansia incominciò lentamente a sciogliersi. “Dannato idiota che non sei altro, tutto tranquillo. Ora sparerà la sua solita barzelletta e mi parlerà di un nuovo stupendo microscopio” pensai per un istante, illudendomi. Invece niente battutaccia o microscopi, anzi. - Ti devo parlare, Andrea. - Mi dica. - Tu sei nuovo in questo paese e non sai come vanno certe cose. Qui, oltre a lavorare bene, e tu lo stai facendo, ci si aspetta che i dipendenti si comportino con decoro anche al di fuori della fabbrica. Si fermò un momento, il tempo di pulire le lenti dei suoi occhiali. 29 - Non voglio giudicare la tua vita privata, e poi sono stato giovane anch’io, ma noi ci teniamo molto alla discrezione. Sai, questo è un paese piccolo, molto diverso dalla città da cui arrivi. - Capisco - dissi sicuro, ma non era vero. - Volevo solo avvertirti di andarci piano con la gente del posto, solo questo. Mi dispiacerebbe perdere un così bravo biologo per una sciocchezza. - La ringrazio dell’interessamento, Dottore. Cercherò di seguire i suoi consigli. - Sono contento. Tra l’altro, - e qui il suo tono tornò a essere quello di sempre, gioviale e paterno - ho sentito in televisione una barzelletta incredibile! Ascoltai l’ultima battutaccia di Pippo Franco sorridendo cordiale. Ci stringemmo la mano e uscii tra gli auguri di buon lavoro. Tutto tornato alla normalità. Ma cosa c’era davvero dietro a quelle parole allusive? Forse aveva saputo del mio incontro con Franca, la sera precedente, e voleva avvertirmi di lasciare in pace i suoi compaesani. O forse mi aveva gettato un avvertimento casuale, per il futuro? Di certo non ero preparato a quelle parole, e rimasi quasi stordito. Ma se volevo tenermi il lavoro, che davvero mi piaceva molto, avrei dovuto attenermi a quelle regole. In fondo, di ragazze e di divertimenti Torino era piena, e cercarli in queste quattro case chiamate “paese”, be’, era meglio lasciar perdere. Forse il mio capo non aveva tutti i torti. Senza pensare nemmeno un secondo all’assurdità dei miei pensieri tornai a lavorare, e non staccai gli occhi dal mio amato 30 microscopio fino alle sei e mezza di sera. Mi sentivo meglio, stanco e ripulito, pronto per una serata condita da un film e da una cena ben fatta. Lasciai l’ufficio che il sole ancora illuminava le strade e il solito silenzio, quando il mio telefonino iniziò a gridare la sua sinfonia. Un “Numero sconosciuto” mi cercava, lampeggiando. Ci pensai un attimo e risposi, con quell’attesa leggera che ti riserva una telefonata anonima. - Pronto? - Andrea? Sei tu, maledetto biologo solitario? - Sandro, che bello sentirti! - Posso stare solo un attimo perché sto lavorando. Volevo avvertirti che domani o domenica verrò a trovarti. - Davvero? - E ho anche una sorpresa: ti abbiamo comprato, usata a dir la verità, una Playstation 2! - Non ci credo. - Fai come vuoi, io te la porto e poi vedi se crederci o no! - Non so cosa dire, grazie, ma… - Allora stai zitto e preparami un bel pranzo per quando arrivo, e se hai anche una bella ragazza da presentarmi, tanto meglio. - Si, come no. - Ora scappo, ti chiamo quando arrivo in paese, così mi dici dove abiti esattamente. - Grazie, Sandro. Ti aspetto. Attaccai che quasi tremavo dalla gioia. Il mio più caro amico sarebbe venuto a trovarmi, e per di più con una bellissima console che prometteva di riempire le mie serate. Salendo le scale ero persino pronto ad affrontare la mia vicina di casa, ma stranamente non c’era. Il pianerottolo sembrava vuoto senza quella balena e fui quasi tentato di suonarle il campanello, per vedere se si sentiva bene. Ero davvero di ottimo umore! Rinunciai con una scrollata di spalle e raggiunsi il mio appartamento con il L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 sorriso tra le labbra. Dopo una cena degna di questo nome, spostai i mobili del mio piccolo salotto, in modo tale da poter accogliere comodamente la Play e i due pad. Non avevo davvero niente di meglio da fare, e oltretutto non riuscivo a stare fermo, preso com’ero da un’eccitazione infantile. Quando riuscii a calmarmi accesi il televisore, lasciandomi ipnotizzare da un programma di comici abbastanza stupido, e quando ormai ero sulle soglie del sogno qualcuno bussò alla porta. Probabilmente era la mia cara vicina. Aprii, e davanti a me solo il piccolo pianerottolo di piastrelle scure ad attendermi, e il suono di passi che scendevano frettolosi le scale. Il cigolio urlato del portone d’ingresso e di nuovo il silenzio della sera. Uno scherzo. Uno stupido scherzo di qualche bambino ancora incredibilmente sveglio. Mi sbagliavo: posato sullo zerbino c’era un piccolo biglietto. Poche parole in una grafia pulita e ricercata, da maestro delle elementari. “Ciao Andrea, oggi non ti ho visto e allora ti lascio questo biglietto. Ti aspetto domani alle dieci da me -Via Oleandri 13. Ti fermi a pranzo, così ti presento a mio padre. Vestiti bene. Ti penso sempre, Franca.” Rilessi quelle parole tre volte, senza riuscire a crederci. “Ti presento a mio padre?” Ma cosa si era messa in testa quella là? C’eravamo scambiati solo un bacio veloce, o meglio, lei me l’aveva estorto in cambio di un favore (ah, quella maledetta partita!). Le parole del mio capo, Rainelli, mi tornarono alla mente come i versi di una profezia, e il lieve divertimento che avevo provato leggendo quel biglietto scemò fino a trasformarsi in una desolante constatazione, quella di aver fatto davvero una cazzata, la sera prima. Decisi che darci un taglio netto sarebbe stata l’idea migliore, così da stroncare ogni possibile equivoco sul nascere. Strappai il biglietto promettendomi di fare un salto da Franca, al bar, il mattino seguente, chiarendo la questione. Immaginavo la faccia di Sandro appena gli avessi raccontato la cosa. Si sarebbe pisciato sotto dal ridere. E probabilmente era quella la reazione migliore. Ripresi a sorbirmi la tele pensando al week end che avrei passato con il mio amico: ci saremmo divertiti, e la cosa mi avrebbe fatto un gran bene. I piccoli accadimenti degli ultimi due giorni erano stati stranamente insoliti, quasi irreali, e mi avevano lasciato un po’ scosso. Ma qualche partita a un bel videogioco avrebbero sistemato tutto. Mi addormentai per quelle che mi sembrarono poche ore, quando un bussare sommesso alla porta mi svegliò. Saltai giù dal letto, assonnato ma allegro, pronto a prendere a male parole il mio amico per avermi svegliato all’alba, ma quando aprii la porta rimasi senza fiato. Franca, sudata e affannata, immobile nel suo vestito migliore. Si mordeva le unghie nervosa, gli occhi lucidi a fissare il pavimento. Io in boxer e maglietta, con le palle di fuori e con la faccia da ebete: una bella coppia, davvero. Appena mi vide sembrò destarsi e riprendersi leggermente. - Andrea, cosa ci fai ancora a letto? Mio padre ti sta aspettando! - Franca, ma che ore sono? - Sono le dodici e quattro minuti, e tra mezz’ora dobbiamo essere a tavola, sbrigati. La guardai e il suo turbamento mi colpì. Era sconvolta, probabilmente era venuta di corsa da L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 casa sua per chiamarmi e farmi arrivare in tempo per il pranzo. Mi dispiaceva, soprattutto per quello sguardo misto di paura e preghiera, ma la faccenda dai toni così ufficiali mi metteva a disagio. Inoltre avevo deciso di chiarire tutto, prima che fosse troppo tardi. Non mi sarei mosso da casa, non quella mattina. Qui inizia a farsi tutto annebbiato; da quel momento ogni ricordo, ogni immagine, è come un capillare che esplode nella mia mente. Dolore, e sangue che riempie e confonde. Cosa mi hanno fatto, cosa sono diventato? E le campane hanno ripreso il loro funereo ululato. Ma gli occhi di Franca, quel giorno, racchiudevano ben altro che agitazione: erano un oceano di puro terrore. Se non fossi andato con lei suo padre l’avrebbe presa male, e lei ne avrebbe subito le dure conseguenze. - Non immagini di cosa è capace di fare quell’uomo, ti prego, sbrigati! Tentennai, guardai il cellulare per vedere se Sandro si era fatto sentire, e infine decisi per il pranzo. Fossi stato meno addormentato avrei rifiutato. Ma in quel momento tutto aveva i contorni di un sogno irreale e grottesco. E poi, sarebbe stato solo un pranzo, nulla più. In strada ero ancora confuso, e i miei vestiti stropicciati stonavano con la perfezione di Franca. L’ansia che risaliva, un sibilo che diventa rantolo e ci chiude lo stomaco, pesando come un macigno, aveva a che fare con gli occhi scuri della mia futura fidanzata. Avevo visto gente terrorizzata, da piccole e grandi tragedie personali, ma mai, ne sono certo, una paura così reale come in quelle due pupille. Il padre ci stava aspettando, mi aveva detto tra respiri affannati e preghiere a mezzavoce, ed eravamo in ritardo, e questo era inammissibile. La mia famiglia, che ora riesco solo a immaginare come contorno vago e indistinto, non mi aveva mai imposto orari, e anche se facevo tardi non avevo paura delle piccole tirate d’orecchie di mia madre. Ma in questo paese le ore e gli anni scorrono più lenti che nel resto del mondo, e la puntualità è ancora un dogma fondamentale, una base solida fatta di rispetto e educazione. L’avrei imparato, e mai lezione sarebbe stata così dolorosa. La casa di Franca era a qualche decina di metri dal centro del paese, cohttp://nerotorino.splinder.com Nero Torino Colori di una città, la notte Il blog di Andrea Galla HAP COLLINS RACCONTA Cronaca, giallo e noir, recensioni, narrativa me a dire la prima casa che incroci se arrivavi dalla statale di Torino. Due piani fatti di mattoni rossi chiari, scoloriti dal sole e dal tempo. Da un balcone pendevano grembiuli bianchi e grandi pezzi di biancheria; un vento stanco li rendeva vivi, facendoli vibrare e litigare tra loro. Un posto qualunque, in un piccolo paesino di provincia. Solo una cosa a spezzare l’armonia di quella casa. Una croce nera, appesa sopra la porta d’ingresso, ti attendeva come un monito duro e severo. Non c’era un Cristo appeso, solo la croce nuda, di ferro e legno, nero su nero. - Tu aspetta fuori, che prima cerco di calmare mio padre - sussurrò la ragazza, ed entrò, lasciandomi solo. Mi fermai sull’uscio, e cercai di sbirciare o ascoltare, ma la croce sopra di me sembrava catturare ogni suono o colore, come un buco nero, tra le campagne del cuneese. 31 Poi uno sbattere, pugno su legno, una voce roca, e il suono di uno schiaffo. Attesi, con l’istinto che vibrava: “Che stai facendo? Cosa stai aspettando? Vattene!” ma come al solito non lo ascoltai. Una donna sui quaranta comparve sulla soglia, e senza guardarmi nemmeno mi diede il benvenuto, facendomi entrare. Un vestito a fiori l’avvolgeva, lasciando solo le caviglie scoperte, e due piccoli piedi che si muovevano veloci e sicuri dentro scarpe nuove e pulite. L’odore era quello della casa dei miei nonni. Come le pareti tappezzate di passato, con gloriose foto in bianco e nero, pose casuali con un ciclista famoso, ormai morto; vecchi parenti e una bambina pacioccosa, Franca, su un girello, con l’aria stupita. Poi arrivò la voce, profonda e autoritaria. Solo al pensiero sento il ricordo di ogni sillaba viaggiare tra le pieghe del mio cervello, insinuandosi dure, senza scampo. Era seduto a capotavola, baffetti pettinati, e tovagliolo sulla camicia. Quadri rossi e bianchi, con una cravatta sporca di vino rosso ben stretta sul collo. Il padre di Franca. - Eccoti qui, finalmente, in puntuale ritardo. Accomodati pure. Cercai di salutare e sedermi, insieme, ma dalla bocca mi uscì un grugnito che si confuse con il silenzio teso e lo strisciare della sedia sul pavimento di linoleum. Ci sedemmo e, come ad aspettare qualcosa, rimanemmo in silenzio, immobili. Mi guardai intorno, e vedere Franca lì, tremante, con una guancia gonfia mi riempì di pena e rabbia. Quell’uomo era un ba- 32 stardo della peggior specie, e con me non l’avrebbe avuta vinta. Ero determinato, ma a volte questo non basta, semplicemente. - Padre nostro, tu che hai aspettato la mia sciagurata figlia e il suo fidanzato, grazie della pazienza, e perdonali, se ci riesci. Ti offro questo pranzo, accoglici nella tua mensa. Amen. Un coro di amen a concludere e ringraziare, tranne il mio. Io non credo in Dio, o almeno così pensavo. Franca mi lanciò un’occhiata disperata, ma finsi di non vederla. Ma non potei ignorare quegli occhi chiari, a capotavola, che mi perforavano, vibranti di rabbia e disprezzo. Fanculo, pensai, e iniziai a sgranocchiare un po’ di pane per muovere un po’ le mani. Gli altri mi imitarono. Mi credevo forte, superiore a quella barbarie psicologica. Dovevo reagire, spiegare che io, lì, non c’entravo niente. Non ero il fidanzato di nessuno, tanto meno di Franca, ero solo un vago conoscente, nemmeno un amico. Comunque, grazie per il buon pranzo e arrivederci. Ma il padre di Franca anticipò le mie parole e prese a parlare. E la spirale iniziò a lambirmi i piedi, prima lenta poi sempre più forte, fino a sommergermi. - Allora ragazzo, cosa ne dici di presentarti, finalmente? - Mi chiamo Andrea, signore. Masticò saliva e cibo e continuò il suo interrogatorio. - Franca mi ha detto che lavori da Rainelli. E cosa fai nella sua fabbrica, l’operaio? Il bastrardo sapeva benissimo che ero un biologo, ma ci teneva a guardarmi dall’alto in basso, a mettermi in ridicolo. Mi stavo incazzando, e la mia voce uscì di un tono più alta. - Lavoro come ricercatore. - Già, ricercatore. E cosa ricerchi?sussurrò a mezza voce. Non risposi e lasciai perdere. Che ne poteva sapere un tipo così del mio la- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 voro? Finimmo il pranzo in silenzio, e i rumori di stoviglie si confondevano con i battiti del cuore di Franca, che non alzava lo sguardo dal piatto. La madre, esile e tirata, non perdeva l’occasione di muovere le mani nervosa, contro ogni mia parola o gesto. Un clima ancora sopportabile, ma solo per poco. Poi anche il dolce finì, e tirai un sospiro di sollievo pensando che tra qualche minuto avrei potuto ricominciare a respirare. Lì per me c’era solo odio e diffidenza, mischiati a qualche grammo di ossigeno di seconda mano. L’orologio appeso al muro urlava ogni secondo, calcando e stridendo lentamente il tempo, dilatandolo a dismisura. Era ancora l’una e dieci, ma per me sarebbero potute essere già la sei. Feci per alzarmi ma ancora una volta quell’uomo mi anticipò. Si alzò dal tavolo, dritto nel suo metro e sessantatrè, fatto di ossa, muscoli e tendini tirati allo spasimo, e iniziò a camminarci intorno. Portava dei mocassini neri, all’antica, da film anni Trenta, che risuonavano a ogni passo. - E così, il mio futuro genero si presenta da me in ritardo e in disordine! Le sue parole, per quanto assurde, mi fecero bruciare di vergogna, inspiegabilmente. Ma non potevo fare altro che chinare il capo e rimanere in silenzio. - Cosa dovrei pensare? Dimmi, che idea dovrei farmi di te, biologo dei miei stivali? - Guardi, - riuscii infine a sussurrare - credo che ci sia una specie di equivoco. Io suo figlia la conosco appena e… Mi bloccai, non potei farne a meno. I suoi occhi erano diventati due lame nere, e la sua mano aveva afferrato un fine bastone da passeggio, stringendolo con rabbia. - Cercherò di far finta di non avere sentito queste tue sciocche parole. E tu, Franca, - e si girò verso sua figlia, tremante e con le lacrime agli occhi - che mi porti a casa questo mezzo uomo, che nemmeno ha la barba fatta? Cosa devo fare con te? Poi successe, all’improvviso. Un attimo prima stava gesticolando contro sua figlia, sputando saliva e bile, un attimo dopo il bastone mi colpì al costato, come una sciabolata. Dolore, nero. Gridai e mi piegai cadendo dalla sedia. La sorpresa aveva acuito un dolore che adesso pulsava e succhiava ogni mia energia. Quasi non mi accorgevo dei miei lamenti, che sembravano ululati, e si spargevano per la casa. - Alzati, mezz’uomo! Questo era ciò che mi dovevi per il ritardo. Alzati o sarò costretto ad aiutarti con il bastone. Aspettò che mi alzassi e riprendessi fiato, per darmi il tempo di capire di avere almeno una costola rotta e che i prossimi respiri avrebbero portato poca aria e tanto dolore, e mi colpì ancora, alle mani. Sentii l’indice andare in frantumi, un rumore raccapricciante, da macellaio. Lacrime di frustrazione e impotenza mi scesero mischiandosi con fila di muco, e con le sue parole marziali e tranquille. - Questo è per la tua totale mancanza di rispetto verso mia figlia, e verso sua madre e suo padre. Che ti serva da lezione! Mi alzai urlando contro quelle parole, che sembravano uscite da un passato anacronistico. Che cazzo avevo mai fatto? E come poteva colpirmi in quel modo? Ma non mi lanciai contro quel- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 l’uomo per dargli ciò che si meritava, il nero dell’odio che provavo era annacquato dal giallo della paura. Lo fissai, e cercai di scivolare fuori da quella casa, da quelle torture. - Te ne stai andando senza salutare. Maleducato. Il bastone calò ancora, centrandomi la coscia di striscio. E già un secondo colpo vibrava nell’aria densa. - Vaffanculo - urlai, e scappai correndo verso l’uscita. Finalmente in strada mi voltai, e il sorriso di quell’uomo brillava compiaciuto sulla soglia, e sembrava dirmi: “Tornerai, stanne certo.” Senza perdere tempo mi allontanai, passo dopo passo. Non mi ero accorto di quanto gravi fossero le lesioni fino a quando notai di non riuscire quasi a camminare, dal dolore. La mano si stava gonfiando, e il dito indice era inerte e gobbo. Il costato mordeva a ogni respiro con sibili e rantoli che sembravano alimentati dall’eco di quella voce. Dovevo andare in ospedale, ma non ero in grado di guidare, e per ora volevo solo essere al sicuro, di nuovo, nella mia stanza. Avrei chiamato Sandro pregandolo di venire al più presto. Con lui magari avrei dato anche una lezione a quel vecchio bastardo. Erano pensieri vigliacchi, lo sapevo, ma almeno mi allontanavano dal quel presente, troppo angosciante e assurdo per non farmi uscire di testa. Ma ancora non era tutto. Salendo a fatica le scale verso il mio appartamento, ad attendermi c’era, riverso al suolo, il corpo della mia vicina. Era distesa a terra e mi dava le spalle, immobile senza nemmeno respirare, in una posizione fetale grottesca. Il suo viso era bagnato da saliva e vomito, e qualche traccia di sangue macchiava il pavimento e i suoi capelli stopposi e viscidi. 33 Pensai fosse morta, ma quando fui a CONCORSO un palmo dalla sua bocca si mosse “SI PARTE all’improvviso, stringendo il mio DALL’INCIPIT” braccio in una morsa d’acciaio. Non aprì gli occhi e disse solo “Portami Costruisci un racconto di dentro. Per piacere.” lunghezza minima di 5000 L’idea di spostare quel corpo con la mia mano rotta e le mie costole battute e una massima di 13500 spezzate era folle, ma nonostante spazi compresi (incluso fosse una stronza di dimensione epil'incipit, escluso il titolo), che, non potevo lasciarla lì a respirapartendo dall’incipit fornito re il suo vomito. all’indirizzo web: E poi nelle sue parole c’era stata una traccia di umanità che sembrava negata a ogni abitante di questo fottuto www.emergentesgomita.com/ incipit.htm paese. Così iniziai: centimetro dopo centiInvialo, completo di dati metro la spostai, tirando e spingenanagrafici, breve nota do, fin dentro il suo appartamento, buio e malsano; cercai una poltrona biografica e autorizzazione alla abbastanza grande e la issai gridanpubblicazione a: do, adagiandola mollemente. [email protected] Ci misi almeno un’ora, di cui ho solo un vago ricordo. Il racconto giudicato migliore Mi torna in mente il sudore che mi dal comitato di lettura, il cui sporcava la camicia, le fitte alla magiudizio è insindacabile, sarà no e le lacrime, e i suoi gorgoglii. pubblicato in un numero de Ma ciò che ricordo meglio sono le L'Emergente sgomita, previo parole di gratitudine, che mi accomavviso all’autore vincitore. pagnano ancora adesso, che sono qui, inerte, seduto ad aspettare che la giornata finisca. Per qualsiasi informazione non Parole sussurrate, strozzate in gola, esitare a contattarci. come un avvertimento. - Vattene, giovane bastardo, vattene finché sei in tempo. Qui c’è solo la SILVIA ZANETTO morte, per te. La vita è in un’altra direzione. Stremato e stordito me ne andai, e raggiunsi la mia camera, finalmente. Cercai di chiamare il mio amico, ma una voce metallica mi ripeteva che il telefono era spento o non raggiungibile. Mi accasciai sul letto con le lacrime agli occhi. La storia Erano solo le due e mezza di pomedi un’anima. riggio, ma fuori la notte sembrava Gesti e sguardi di una già scesa a darmi il benvenuto. malinconia contemporanea L’Alpino sulla riva del mare CONTINUA… In vendita su www.ibs.it L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 34 Giovani talenti Cantare è scrivere Intervista a cura di ALBERTO BARINA SUSANNA PARIGI – Cantante “Cos’è più importante scrivere in una biografia? Che ho lavorato con Cocciante e Baglioni o che mia madre era operaia a catena in un sottosuolo di Firenze? E’ più importante dire che ho un diploma in pianoforte al Cherubini o che mio padre era camionista, pittore e onesto? Che ho alle spalle due CD o che la musica mi assale e mi si attacca addosso?...” Quattro chiacchiere con la cantautrice e musicista fiorentina Susanna Parigi. Anzitutto, prima ancora di partire con la vera e propria intervista, vorrei che tu ci parlassi di questi concerti che hai tenuto in giro per l’Italia, per promuovere (scusami se utilizzo questo termine commerciale) il tuo ultimo CD, uscito oramai un anno fa, In differenze. Ho avuto il privilegio di portare la mia musica nei più bei teatri d’Italia e la sorpresa è stata grande. Grande e inaspettata, perché senza i grossi mezzi di comunicazione delle multinazionali mai ci saremmo aspettati questa affluenza di pubblico e soprattutto un affetto che commuove. Commuove e rafforza la convinzione che ESISTE un pubblico vivo, un pubblico che cerca quello che vuole comprare e non lo assorbe totalmente come imposizione dai messaggi pubblicitari; un pubblico che desidererebbe qualcosa di diverso (nel cinema, nella letteratura, nel teatro, nella musica) ma non riesce a trovarlo. Il grande problema della discografia non è la masterizzazione, è la disaffezione del pubblico. Non si dice mai per esempio che molti anni fa non si poteva masterizzare ma si facevano una marea di cassette dal vinile. Perché allora la gente comprava comunque i dischi? Perché dopo che hanno assistito al mio concerto le persone vanno a ricercare anche il mio primo e secondo CD? Costruendo solo plastica, vendendo a prezzi altissimi CD dove al massimo c'è una canzone decente e dove persino il libretto è ridotto a sette pagine, le case discografiche hanno allontanato le persone. Quello che non capisco è quanto sia stata inettitudine o quanto volontà di affossare un veicolo di cultura quale è la musica. Come definiresti la tua musica? Uno sguardo dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso? Qualche volta sento il mio corpo come tramite. Ogni volta che salgo sul palco vorrei che fosse non un corpo che si esibisce ma un veicolo per la musica. Allora accade qualcosa di strano: sembra che arrivi qual- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 cosa dall’alto, che si espanda verso il basso per poi tornare ingigantito verso l’alto. Non so cosa sia ma lo percepisco così. Riccardo Cocciante e Claudio Baglioni, due personaggi della musica italiana con i quali hai lavorato, e che giustamente affiorano e fanno parte dei tuoi tratti biografici; però ultimamente so che ami utilizzare un altro tipo di biografia “più personale”, quella in cui ti definisci con… “Un’anima da operaia e la scrittura (dicono) da intellettuale…”. Ti va di parlarcene? sentivo. I pensieri del fiore… Forse hai letto La nausea di Sartre e tutto questo masticare, masticare e toccare, toccare senza rispetto per i pensieri del fiore… Anche se chissà quante volte ti è stata fatta questa domanda, ti chiedo di spiegarci il significato del titolo del tuo ultimo album, In differenze. Come ti dicevo prima, ci sono momenti in cui sembra che ti arrivi qualcosa da qualcuno e questo titolo è venuto in uno di quei momenti. Racchiudeva in Non ne posso più! Ho distrutto la vecchia biografia, l’ho pestata, l’ho arrotolata e mangiata, fatta sparire ovunque e puntualmente me la ritrovo tra i piedi. Non perchè me ne vergogno ma perché vorrei essere apprezzata per quello che sono e non farmi strada sul nome di altri. Vorrei che tu ci parlassi de I pensieri del fiore e Selina, due canzoni del tuo primo album che forse non tutti conoscono ma che a mio avviso già denotano un certo spessore artistico e un tono simile a quello che si respira in In differenze, anche se le due canzoni sopra citate risalgono al 1995… A Selina sono molto affezionata perché mi ha permesso di essere prodotta da Vince Tempera e Massimo Luca. Non so perché ho scritto dello strazio di una madre che dà in adozione la figlia, però lo 35 avremmo alcun bisogno (e oggi purtroppo anche perché non si arriva alla fine del mese); lavorando, lavorando e tornando in coda e facendo la spesa e accompagnando i figli a scuola e passando a trovare la nonna e portando la macchina dal meccanico e facendo la fila alla posta e perdendo una mattinata in coda alla cassa della Asl e stando un’ora al telefono per prenotare un’ecografia che ti danno fra tre mesi, si arriva al divano, e al divano e alla televisione ti ci aggrappi come la zecca al cane. Beccato, non hai più scampo! Sei preso! E’ molto faticoso non essere indifferenti. Per poter attuare questo esercizio bisogna avere anche tempo a disposizione. Io ho scelto: meno danaro, però più tempo. Per ciò che concerne il tuo modo di scrivere, il tuo modo di fare musica, si potrebbe parlare di una “Scomposta in differenza” (ricollegandomi ai titoli dei tuoi due ultimi lavori)? sé tutto il mondo dell’album, e questa spiacevole sensazione che sento fortissima sulla mia pelle di “indifferenza” intorno, ovunque e per qualsiasi cosa. Questo è un periodo storico molto pericoloso. Credo bisogni stare con gli occhi ben aperti. Le manovre di rincoglionimento sono pesanti e le persone sono anestetizzate. Il gioco è questo: si lavora, si lavora per comprare cose di cui non Sono scomposta in tutti i sensi. Mi sento frammentata in porzioni di donne assolutamente diverse e non mi piace stare “composta”. Amo chi ha cercato nei secoli di vedere le cose da un’angolazione inusuale e mi distrugge la ripetizione. C’è chi dice che la cultura annoia; a me annoia l’ignoranza. Nella scrittura cerco parole un po’ meno 36 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 abusate, un po’ meno date in pasto al popolo della corrida. Nella musica cerco di essere libera; ancora non ci sono riuscita del tutto ma sono sulla buona strada. Spero di non riuscirci del tutto, perché questo, forse, vorrebbe dire smettere di cantare poiché la totale libertà e sincerità spesso fanno cenno al silenzio di avvicinarsi. tra Peter Gabriel e DJ France- La sua coerenza lo porta a sco?” una sincerità disarmante e se ti presenti con delle mascheIl brano La fatica e la pa- re te le disintegra in un sezienza è un brano dedicato a condo. Forse io ne ho di taluna persona a te molto cara: mente incorporate che non tuo padre. le ha viste… O forse ha fatto Sempre in questo brano, finta di non vederle. La sua parlando di chi non c’è più, filosofia aderisce alla terra e dici: “La fine cambia verbi, come la poesia di Neruda la prospettive, angolazioni.” In sento molto vicina alla gente Entrando più dettagliatamente conseguenza a ciò, credi che che lavora. nell’analisi delle canzoni di In dif- il tuo approccio alla musica ferenze, nel brano Opera buffa dici: “Rido e mi pento di non aver ucciso chi ha licenziato talento e sorriso…” Vuoi dunque dirci chi secondo te ha licenziato talento e sorriso? Vuoi fare dei nomi? Credo che chi ostacola un talento offende l’anima di Dio; qualsiasi talento in qualsiasi campo. Questo paese è vecchio, prima almeno esistevano i cervelli da esportare, oggi pare che la richiesta di “menti” italiane sia molto diminuita; un po’ perché dove si va avanti per mafia e non per talento viene a mancare la materia prima, un po’ perché (e questo è ancora più grave e ne ho il riscontro tutti i giorni), i ragazzi sono molto sensibili, molto di più di quanto si possa pensare. Se il messaggio che passa ogni giorno è che “tanto a esser bravi non si va da nessuna parte”, loro pensano: “Chi me lo fa fare di impegnarmi, di sacrificarmi, di diventare eccezionale in quello che faccio, tanto non conosco le persone giuste e, bene che vada, chi potrebbe apprezzarlo, dove non si riconosce la differenza tra un premio Nobel e una velina, o tra le Memorie di Adriano e l'ultimo libro del comico tormentone, o, ancora, abbia subito dei cambiamenti in termini di “prospettive e angolazioni”? E, in particolar modo, In differenze può essere considerato il frutto bellissimo in parte attribuibile a questo doloroso distacco? Nelle foto interne del booklet di In differenze che ti ritraggono il tuo sguardo è sempre rivolto altrove; non guardi mai dritto verso l’obiettivo di chi ti sta fotografando. E’ casuale o voluto? Questo tuo “guardare altrove” fa parte Sì! dei messaggi che vuoi esprimere con In differenCome nasce la tua collabora- ze? zione (anche per il testo di False) e amicizia con Um- Non mi piace stare in posa. berto Galimberti, uno dei fi- Il mio amico Max, che speslosofi italiani più apprezzati? so mi fotografa, sa che è un macello e allora prima mi fa Umberto, come molti grandi, degli scatti in posa, che punha un carattere molto difficile. tualmente buttiamo via per L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 tenere quelli che fa quando non me ne accorgo, nelle pause, mentre cammino, mentre suono o mentre mi arrampico per gioco sul pianoforte e mi si rompe uno stivale. Donne d’amore, Tre passi indietro, Amada sono alcune tra le tue canzoni in cui la protagonista è proprio la donna, di cui spesso tu metti in luce le incertezze, le debolezze; donne che raccontano soprusi e umiliazioni spesso indotte da altri o dalla società stessa in cui si trovano a vivere. Ma io ti chiedo, più in generale, quanto e perché è importante parlare delle donne in una canzone? A giudicare dal numero delle aspiranti veline direi parecchio. E’ triste che non ci si renda conto di una verità elementare: che se giochi tutto sul tuo corpo crei immediatamente la tua sostituibilità. Una stagione all’inferno, can- zone portentosa che sicuramente emerge nel CD non solo per la tua voce ma anche per la “costruzione musicale” e l’arrangiamento: le ritmiche di tamburi e il coro bizantino. Sono curioso di sapere come sei riuscita a coinvolgere i Tamburi di San Marino e il coro bizantino; immagino anche l’affollamento di persone nello studio durante la registrazione del brano o mi sbaglio? Vuoi parlarci anche del contenuto del testo? Tutta la canzone nasce da una domanda: “E se l'inferno fosse questo?” E’ tale a volte il dolore in questa nostra terra, che sembrerebbe una punizione esserci. Per questo disco ho scelto solo collaboratori vicini di spirito; ho scelto accuratamente tutte le persone che ci hanno lavorato. L’esempio del figlio calza molto. Non vorresti che tuo figlio fosse avvicinato da persone che non ti piacciono, e così ogni nota del disco doveva essere suonata in un certo modo; sono stata attenta a ogni dettaglio rifacendo il missaggio anche per cinque volte, scegliendo degli amici meravigliosi per la grafica del libretto, dei musicisti dei quali conosco il totale rispetto per la musica, un coro di bambini di nazionalità diversa per Cinì Cinì; le mie compagne di viaggio Alice e Aurora Bisanti a viola e violino, e un’orchestra sinfonica dove il direttore si è messo a piangere quando ha eseguito Le valigie che lasci. A proposito de Le valigie che lasci… Senti di aver di aver perso, abbandonato delle valigie da qualche parte? Di avere valigie che vorresti volentieri smarrire, o di avere valigie che si sono spezzate? Ci sono valigie che si spezzano perché rovinate dalle distanze, dai lunghi percorsi, dalla fatica, di queste narra la canzone. Nel mio caso si sono rotte non per questo motivo, ma semplicemente perché non erano buone. Erano difettose fin dall’inizio, di plastica, anche se me le hanno vendute per pelle. Non le rimpiangi certo quando le butti via. 37 Tu sei sicuramente una persona che ama leggere molto, dunque ti chiedo di darmi il titolo di qualche libro di cui consiglieresti a tutti la lettura. Uno l’ho citato prima: Memorie di Adriano di M. Yourcenar, poi le poesie di Gabriela Mistral e magari I beati anni del castigo di Fleur Jaeggy. Nel brano Il doppio segreto dici “La storia è solo inganno”, e in Opera buffa “Rido alla storia, rido alla memoria…”; eppure nei brani Più grandi di Dio e anche in In differenze, come già avevo avuto modo di dirti, sembrano affiorare, più o meno nitidamente, delle immagini e dei richiami ad alcuni momenti storici precisi e terribili, e nemmeno poi così lontani. Mi riferisco al dramma dell’olocausto, della deportazione… Vedi anche l’effetto sonoro del treno, della folla e della porta che si chiude in In differenze. Vorrei che tu ci spiegassi come senti e vivi nei tuoi pensieri la storia del passato e quella presente, e se le mie sensazioni sono fondate o meno. Le tue sensazioni sono vere. La storia che conosciamo è solo “narrazione”, “inganno”, ed è a questa sto- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 38 ria che rido, perché sento che la storia vera sfugge, perché può essere stata narrata da impostori; perché l’intrigo spesso ha la meglio e… Cenerentola non sposò mai il Principe Azzurro. Ho troppo rispetto per chi è stato sgomitato in disparte e accolgo le parole di Bertolt Brecht: La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente. Nome artista: SUSANNA PARIGI TITOLO ALBUM: IN DIFFERENZE Casa discografica: Sette Ottavi/Delta dischi Data di uscita: 6 febbraio 2004 La Bulgarian Simphony Orchestra, un coro bizantino, un carillon, la voce di Flavio Oreglio, musicisti di fama internazionale come Tony Levin e Pat Methney sono solo alcuni “sfiziosi elementi” che caratterizzano questo terzo interessantissimo lavoro discografico della cantautrice e musicista fiorentina Susanna Parigi. Prima ancora di addentrarci nelle musiche e nei contenuti dell’album, appare giusto soffermarci sulla foto di copertina del grande Sebastiao Salgado, che ritrae una bambina brasiliana; foto, questa, che ha ispirato il testo della canzone che da il titolo all’album: In differenze. Oltre alla straordinaria e particolare vocalità di Susanna, l’altro punto forte dell’album sta nel contenuto dei testi, scritti quasi tutti in collaborazione con il cantautore siciliano Kaballà. Attraverso i vari brani, Susanna evidenzia il disagio, la miseria del nostro vivere quotidiano, la superficialità, dove apparenza, potere e denaro hanno vinto sulla morale comune e sui sentimenti. Susanna descrive il suo disorientamento nel far parte delle statiche, il suo sentirsi disadattata, “incasellata” dentro un mondo-sistema che non porta da nessuna parte, ma che fa salpare la sua vita per… “terribili naufragi”, dove spera che “il mio stupore non possa diventare mai certezza”, perché “le certezze sono veleno”. E con ironia dice: “Rido di questo tempo insapore… Dell’orrore della nuova economia” (Opera buffa); “Cammino sospesa tra grafici e misure… E raddoppio nelle statistiche la mia unità” (42,3%); oppure ancora in False (scritta in collaborazione con il filosofo Umberto Galimberti), fanno la loro comparsa “Culose parodie di bambole… Sulle prime pagine”, legate a quell’imperversare di nudo e malcostume televisivo che ci viene svenduto senza oramai alcun ritegno. Ma c’è posto anche per una dolce poesia erotica quasi in chiave rap in Amore che m’invita. Musicalmente il CD si muove in un bel connubio di ritmiche e atmosfere elettroniche, talvolta dal sapore etnico, partiture sinfoniche, partiture al pianoforte e atmosfere che ricordano gli chansonnier parigini (complice la fisarmonica, secondo strumento suonato da Susanna nell’album assieme al pianoforte). Tra gli altri brani meritano una segnalazione la bellissima La fatica e la pazienza, dedicato al padre, Più grandi di Dio, Una stagione all’inferno, per la serratissima ritmica di tamburi, il poetico recitativo di Le valigie che lasci e la liberatoria e ariosa finale Cinì, cinì. Il titolo dell’album, come sottolinea la stessa Parigi, ha due significati: “Il primo è che stiamo diventando indifferenti a tutto e il secondo è che non sappiamo neppure più cogliere il valore delle differenze, che dovrebbero invece essere la nostra forza più viva perché contengono il nuovo, la creatività, la sfida, l'invenzione”. Di questi tempi così fragili musicalmente parlando, questo è progetto discografico oltreché culturale, lontano dagli stereotipati meccanismi del marketing, che pulsa di vita, di cuore, di umiltà, di sentimenti, di forza, e che c r e d o n e m m e n o una “recensione” come la mia basti a svelare e a spiegare fino in fondo. C’è molto di più! A voi scoprirlo. – a.b. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 SLAM POETRY 39 a cura di ALBERTO BARINA La voce di Nunzio Festa La poe- con il cuore di agnello). sia in d i a l e tto lucano torna a farsi apprezzare. La voce di Assunta Finiguerra, poetessa di San Fele (PZ), che vive a Roma, intonava in passato: “È sscesë a lunë indë Sandë Félë / rë cchianë nda rë vvijë forë i pannë / restënë a gguardà i cuorvë ngiélë / ca strafochënë ciacëlijannë.” (È scesa la luna dentro San Fele / i sassi nelle vie fuori dai panni / restano a guardare i corvi in cielo / che si alimentano ciarlando). La nuova raccolta di versi pubblicata nelle preziose collane della LietoColle esprime una tensione poetica, condita da un pizzico di sana irriverenza. Come si può ben godere da questi versi “Aggia stà qua fine a fine d’u munne / pe vvedé a reazione de Dije / quanne s’accorge ca chhiù nun sò ije / ma ni zémmere cu còre d’agnelle” (Starò qui fino alla fine del mondo / per vedere la reazione di Dio / quando s’accorge che non sono più io / ma un capro La lingua parlata e sentita dall’autrice sa di tinte forti e antiche; la nuova esperienza della poetessa lucana arriva e si fa notare nuovamente. Oltre alle raccolte Se avrò il coraggio del sole (Basiliskos, 1995), in lingua però in quell’occasione, Puozzë Arrabbià (La Valliva, 1999), Rësciddë (Zone editrice, 2001), in dialetto sanfelese, l’autrice ha ottenuto diversi riconoscimenti letterari fra i quali il premio “Giuseppe Jovine” e il “Premio Pascoli 2004”. Suoi testi sono apparsi su importanti riviste come: Poesia, Lo Specchio e Pagine. Inoltre, è stata ospite del Dialect Poetry of Northern and Central Italy (a cura di L. Bonaffini e A. Serrao, Legas, New York, 2003 ). È stata recensita su Il sole 24 ore, Nuova Antologia, La Vallisa, Nuova Tribuna Letteraria, Incroci, Il Segnalë, Capoverso eccetera. È presente pure nell’antologia Nuovi Poeti Italiani, curata da Franco Loi. Suoi scritti sono stati tradotti in polacco. Per Assunta Finiguerra la poesia è un tunnel di luce, un campo di grano verde nel deserto, o una tovaglia di bisso lino sui tulipani delle stelle. Ma la definizione più particolare è contenuta nella frase “risata argentina di bimbi alle falde dell’ignoto”. Poi, sempre la poetessa Finiguerra appella la poesia con un nome non proprio originale, ma che rivela la sua concezione della passione letteraria: “La considero la preghiera dell’anima – scrive – estrema dichiarazione di vita alle porte della morte, conforto al mio cuore in guerra per non avergli saputo dare il mondo”. Indubbiamente, in queste parole c’è qualcosa di infinitamente grande; e lo chiariscono benissimo le ultimissime parole della testimonianza. Probabilmente si tratta di un vizio di tante poetesse e di tanti poeti quel desiderio di esprimere, in molte occasioni, un concetto che sia il “più possibile” universale. La poesia nasce dal fermento della terra, che è elemento naturale fondamentale, quindi la loro voglia potrebbe essere addirittura condivisibile. Alle lettrici e ai lettori il piacere e l’avventura di leggere o non leggere. Ma sempre incantandosi. POETANDO IN FORUM emergente.mastertoforum.com E’ la sezione del forum in cui ogni autore iscritto può inserire i propri elaborati, senza limite di spazio, e ricevere per ognuno i commenti dei lettori e dei frequentatori. Tutte le informazioni on line. 40 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 A(i)utocoscienza Senza titolo di Lorenzo Zanierato di Fabiano Campo Prima di morire adagerei l'ultima fobia su lenzuola consumate dal nostro implacabile distacco. Ogni frazione pungente del mio orgoglio ammutolirebbe la tua immobile inibizione, fingendomi lacrima del mio ultimo sbadiglio. L’aria della sera mi attente: i suoi profumi, i suoi colori un paesaggio unico, ma dove saranno le nostre speranze? Estraneo fingo ore d’appartenenza frustando la mia schiena con gesti infanticidi e risvegli corrotti Terrorista setaccio il confine, idolatrando immagini di crateri che ne devono ancora infettare lo spazio. di Emmenunz “Ottima la breve disposizione grafica dei versi, in un avvicendarsi e compenetrarsi di forza e fragilità poetica dalle vaghe suggestioni filosofiche.” – a.b. Scende dolcemente il sole dopo le lunghe fatiche del giorno in una sera stanca e rilassata senza pensieri, senza un futuro solo il presente. Ora… Dove troviamo le nostre speranze? Ora si levano le stelle e poi la luna, dei bambini chiedono di lei piccoli pargoli puri forse loro saranno la nostra speranza. “Testo prettamente poetico dall’andamento descrittivo, dai toni malinconici e dall’ambientazione crepuscolare che sembra coincidere perfettamente con lo stato d’animo dell’autore. Possiamo intendere le speranze come le probabili poesie che si fondono e nascono dalla candida luce di una luna… Bambina.” – a.b. Futuro anteriore di Nunzio Festa Lacrime al sole riapparso di Giorgia Salvatelli Fosti genio custodito fra le Mie labbra che mai urtavano dolci le Tue labbra Io ridicola ti riconobbi tardi io ridicola capii tardi che sei un’onda senza oceano e mi sento lasciata alle Tue onde nel Mio oceano. La lampada accanto alla casa scucita nel bosco il rospo che si spacca le corde vocali sono entrambi animali in via di estinzione e una sensazione di vuoto stordisce le fughe rughe che tocco sul volto pensando a domani tra qualche anno forse se i piani della vita (della morte pure) non saranno altri magari più chiari “L’iniziale metafora pulsante appare quasi un fotogramma che piano si allarga e ci fa intuire la sequenza di un amore finito o non corrisposto. In poche parole l’autrice riesce ad essere poeticamente molto efficace.” – a.b. “Immagini dal fascino inconsueto accompagnano dall’inizio alla fine il testo, descrittivo e a tratti fotografico, in un’interessante commistione di giochi di parole (fughe-rughe), di passato e di presente, di vita e di morte.” – a.b. Carico l’arma Slegherò l’uomo più crudo, il cenno più secco per salvare il bambino, il mio solo autentico lampo. “Linguaggio vigoroso, attuale, quotidiano. E immagini forti, spietatamente poetiche, nelle quali non è difficile individuare tracce di deflagranti cronache odierne. ” – a.b. PER INVIARE UNA TUA POESIA [email protected] Ogni elaborato deve avere lunghezza inferiore ai 30 versi ed essere incollato sul corpo della mail e non in allegato, completo di breve nota biografica e autorizzazione alla pubblicazione. ROBERTO ESTAVIO I tasti estremi di un pianoforte Brevi racconti, come dice Francesco Gazzè, “dal respiro largo”, nei quali l’occhio curioso dell’autore osserva una varia umanità. Deliri o personaggi che vivono e si agitano in una città falsamente normale. On line su www.clubghost.it L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 IN MEMORIA DEL SINDACALISTA DIMITRI Guarda, va passando la processione, si trascina come un cobra per terra, e le persone che vanno passando Credono alle cose del cielo. Procissao (Gilberto Gil) Dimitri entrò in casa. Si levò le scarpe. Si stiracchiò. Andò a farsi un tè al gelsomino. Mise sul piatto un disco di Toquino e iniziò a danzare per la stanza. Era il primo giorno di pensione e lo voleva festeggiare così: un po’ Lord e un po’ Saudade. Guardò fuori dalla finestra e vide, seduti sui gradini della casa di fronte, due persone. Un uomo immerso dentro a un logoro cappotto grigio e una donna avvolta in uno scialle colorato. Li salutò con la mano, loro non reagirono. Non ci fece caso, l’indifferenza era l’ultima moda in città. Si riempì una seconda tazza di tè e riprese a danzare. Adesso ne aveva di tempo per dimenarsi. Ne aveva quanto voleva di tempo. Avrebbe potuto prendersi un biglietto di sola andata per Rio de Janeiro e iscriversi a un corso di samba. Piroettò verso il frigorifero, poi verso il tavolo e infine incespicò e sbatté contro il vetro della finestra chiusa. Dopo aver imprecato si accorse che i due tizi seduti di fronte alla sua abitazione erano ancora lì, immobili, le facce spente, i muscoli rigidi. L’uomo assomigliava vagamente a Tolstoj, la barba lunga, il corpo possente; la donna non assomigliava a nessuno, i lineamenti del volto venivano cancellati da quello scialle colorato, talmente acceso da sembrare il quadro di un bambino in acido. Provò a salutarli ancora con la mano ma loro non risposero. Rassegnato, spense 41 Un racconto di LORENZO MAZZONI la luce, andò a farsi i gargarismi sul lavandino e si tuffò a letto. Alle tre del mattino si svegliò per andare in bagno. Diede un occhiata fuori: illuminati da un lampione un po’ retrò i due erano ancora seduti. Iniziavano a irritarlo. L’uomo assomigliava davvero a Tolstoj e Dimitri odiava Tolstoj perché lo trovava lungo ed estenuante. Meglio tornare a dormire e concentrasi sulle pecorelle bianche. Domani uno sguardo agli annunci sul giornale per iscriversi, finalmente, a un corso di balli latino-americani, in attesa di una sempre più probabile partenza per il Brasile dei fondoschiena danzanti e dei pappagalli verdi. Si svegliò verso le sette, ormai assuefatto ai ritmi che il lavoro gli aveva imposto per quasi quarant’anni. Un tè al ginepro, un disco di Airto Moreira e un saluto al mattino ancora tiepido. I due erano ancora lì, vestiti nello stesso modo, messi nello stesso modo. Forse erano dei manichini? Bussarono alla porta. Aprì. Era la signora Ivana, la sclerotica del piano di sopra. - Li ha visti quei due? - chiese la signora Ivana sporgendo in fuori la dentiera. - Sì. - Devono essere dei drogati… - Credo siano troppo vecchi per essere dei drogati. - E Burroughs dove lo mette? Era colta la signora Ivana. - In ogni caso se non sono drogati sono sicuramente comunisti. - Lei dice? - Solo i rossi si vestono in quel modo. Dimitri si guardò i vestiti. No, era troppo sobrio per apparire un comunista agli occhi della signora Ivana. - Dice? - chiese, un po’ a disagio. - Sono l’avanguardia di un qualcosa di marcio che sta arrivando fino a qui… Da lontano… Molto lontano. La signora Ivana fece il saluto romano e poi scese le scale. Dimitri guardò fuori dalla finestra. I due non sembravano né comunisti, né drogati… Il loro nichilismo appariva estraneo a ogni classificazione. Suonarono di nuovo al campanello. La signora Ivana, il signor Willer con consorte e Suor Sabrina, la religiosa dell’ultimo piano, guardarono con facce serie Dimitri. - Ci siamo consultati, lei deve andare a parlare con quei due disse il signor Willer. - Io? - Sì, lei è il più giovane, in caso quei due reagiscano avrà abbastanza forza per fermarne almeno uno - disse la signora Ivana. - Prenda questo - disse il signor Willer allungandogli un pugno di ferro. - Magari sono mansueti - ribatté Dimitri a disagio. - Allora non ha capito? Quelli sono sovversivi… I sovversivi non sono mai mansueti. Dietro l’apparenza si nasconde l’odio verso noi brava gente - lo ammonì immediatamente la signora Ivana. 42 - Forse sono arabi! - disse inorridita la suora facendosi il segno della croce. Gli altri si inginocchiarono a pregare. Dimitri li guardò sconcertato. - Okay… Ci vado - disse, sospirando. Scese le scale, attraversò la strada e si avvicinò ai due. Puzzavano come una fogna africana a cielo aperto. Erano pallidi e nodosi. Potevano avere un età indefinibile che andava dagli ottanta ai centotrenta anni. Tolstoj sulla mano aveva tatuata un’ancora, la donna portava orecchini argentati a forma di mezza luna. - Buongiorno, serve aiuto? - chiese Dimitri. Non risposero. - Io e l’altra gente del vicinato ci chiedevamo se avevate bisogno di qualcosa. Sono due giorni che ve ne state qui… I due non risposero. Osservavano il vuoto alle spalle di Dimitri. - E’ per la casa, vero? - chiese lui, indicando l’abitazione. - Anche voi senza una casa… Se volete io posso aiutarvi, lavoravo nel sindacato. I due non risposero. Dimitri sospirò e tornò in casa. - Non mi hanno detto nulla… Forse non parlano la nostra lingua. - Lo avevo detto, sono terroristi - disse il signor Willer. - Dobbiamo chiamare la polizia! squittì la sua rinsecchita consorte. - Ma no, non è il caso - disse Dimitri. Il vetusto club dei condomini ebbe un collettivo sussulto di sorpresa: il signor Dimitri collaborava coi sovversivi? Qualcuno si inchinò a pregare per la sua anima, qualcun altro se ne andò disgustato. Gli sbirri arrivarono dopo mezz’ora. Parlottarono coi due, poi li trascinarono sulla volante. - Abbiamo fatto la nostra parte per debellare il terrorismo; avevano senz’altro dell’esplosivo sotto quei vestiti laceri - disse il signor Willer con soddisfazione mentre se ne stava con gli altri sul marciapiede ad assistere all’arre- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 sto. - Magari erano solo dei barboni disse amaramente Dimitri. - E i barboni non sono forse potenziali terroristi? - chiese la signora Ivana. Se ne andarono tutti. Scese il tramonto. Dimitri tornò in casa, si fece un tè all’ortica verde e pensò che era arrivato il momento di lasciare quel quartiere di reazionari fanatici, aveva la possibilità di andarsene a Rio e vivere come un nababbo, non avrebbe più aspettato… Far arrestare così dei poveracci. Guardò fuori e, incredibilmente, i due sconosciuti erano davanti alla casa, al freddo. Non erano stati trattenuti dalla polizia. Dimitri, in quel momento, si dimenticò di Copacabana, di culetti sodi e roteanti, di balli sfrenati e di noci di cocco. Non aveva nessun diritto di andarsela a spassare mentre ancora le gente moriva al freddo, senza un posto dove andare. Si mise il cappotto e tornò dai due. - Vi aiuterò io a trovare casa - disse con decisione. - Ho lavorato nel sindacato tutta la vita e so come si mettono in piedi le battaglie. I due non lo guardarono nemmeno. Dimitri interpretò la cosa come una disperazione lancinante che non permetteva nemmeno di annuire a quei due poveri cristi. - Governo ladro! - imprecò Dimitri tornandosene in casa per progettare la lotta. Organizzò le cose per bene. Un presidio settimanale, con due, tre compagni del sindacato, davanti ai due sconosciuti. Una manifestazione il primo sabato di ogni mese con i soliti due, tre compagni del sindacato. Il signore e la signora X vogliono una casa era il nome della campagna pubblicitaria messa in piedi da Dimitri. La gente della strada aveva iniziato a ipotizzare che fossero davvero una coppia di mansueti senzatetto. Le persone iniziarono a lasciare, davan- ti ai gradini, piatti di pasta, bottiglie di latte, frutta. Oltre ai signori X si creò un’immensa colonia felina. Il signor Willer si convertì all’islam e, in un delirio allucinante di credi, miti, usanze, portava ai due, tutti i giorni, petali di rosa e incenso. Buddha è grande! - diceva, per confermare la sua confusione mistica. La sua rinsecchita consorte preparava lasagne e spezzatino e, prima di cenare, ne portava ai signori X abbondanti porzioni; non si dimenticava mai di baciargli i piedi prima di tornarsene in casa. La signora Ivana non aveva smesso di fare il saluto romano ma lo indirizzava ai due, erano diventati la sua icona. Suor Sabrina si limitava a pregare in ginocchio. I signori X non la guardavano nemmeno quando la religiosa sussurrava “benedici queste povere anime”. Passarono parecchi anni. Dimitri per stare in piedi aveva ormai bisogno del suo bastone da passeggio, gli amici del sindacato riposavano in pace, i signori X erano ancora al loro posto. Dimitri, una mattina, guardò fuori, i due erano là, invecchiati certo, ma in splendida forma. La signora Ivana gli aveva appena portato dei biscotti e il signor Willer stava accendendo l’incenso. Dimitri sorrise. Stava per mettere su un disco di Gilberto Gil quando cadde fulminato dalla vecchiaia. Poche ore dopo, il comune fece sapere, attraverso due sbirri, che quella cosa, adesso che il mattatore era morto stecchito, doveva finire. Quei due dovevano andarsene, quel santuario all’aria aperta doveva essere smantellato e i gatti dell’oasi felina annegati nel fiume o dati come cavie alla Facoltà di Medicina. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 Gli abitanti ascoltarono indifferenti. Poi presero la bara di Dimitri e la trasportarono in giro per il quartiere fino a che al tramonto non concessero di seppellirlo nel cimitero comunale. Il quartiere ormai era ingestibile, un delirio di mistici e gatti. Fu un furbo assessore che propose di dare la casa ai due, nessuno avrebbe più potuto fare nulla, fine delle mistiche esaltazioni estatiche, dei miagolii, della puzza di latte rancido e di cibo andato a male. L’assessore, accompagnato dai due soliti sbirri, si presentò una mattina di sole davanti ai signori X. - Questa casa è vostra - disse, mentre un gatto gli pisciava sui pantaloni. I signori X si alzarono. - Ma perché proprio questa? - chiese l’assessore incuriosito. I signori X all’unisono allargarono le braccia e poi indicarono il cielo, dimora di qualche sconosciuta divinità. Quando gli abitanti del quartiere si accorsero che i due avevano preso possesso della casa, caddero nello sconforto più nero. In un delirio collettivo intitolarono la casa Tempio Popolare Dimitri, accesero incenso e zampironi, cosparsero di latte le pareti interne, depositarono i signori X al centro di una grande stanza con i muri aggrediti dalla muffa, dalle ragnatele, dalla polvere grigia. Era giunta voce che in città altri senzatetto si erano messi davanti alle case. Il club dei coinquilini si mise in marcia e si unì all’esercito di cittadini in cerca dei propri santuari. Gente normale deponeva davanti a coppie di sconosciuti rose, incensi, giocattoli, mutandine. Si creò una completa esaltazione mistica. Il folle carnevale degli invasati durò nove giorni e otto notti. Si concluse davanti alla tomba di Dimitri. Migliaia di persone deposero fiori. Un’orchestrina di profughi cileni intonò un requiem disperato. Intanto, in città, sui gradini delle case, non c’era più nessuno. Dietro al vetro di una finestra, nasco- sto dalla penombra, un uomo che assomigliava vagamente a Tolstoj osservava la strada deserta. Lontano, verso il cimitero, provenivano canzoni e pianti. Invocavano Dimitri, il ballerino di samba, stroncato inesorabilmente a metà dell’opera. L’AUTORE 43 COME INVIARCI UN RACCONTO Manda un elaborato di massimo 5 cartelle (30 righe per 60 battute), completo di dati anagrafici, breve nota biografica e autorizzazione alla pubblicazione a: [email protected] Nato a Ferrara il 20/12/1974, si è laureato in DAMS Cinema. Attualmente laureando in Storia ContemIl comitato di lettura, il cui poranea, lavora come maschera in giudizio è insindacabile, un cinema. Ha vissuto a Londra, Padeciderà sull’inserimento o rigi, Hurghada; ha viaggiato in Vietmeno dello stesso in uno nam, Laos, Nord Africa, Kurdistan. dei numeri della rivista, e ti Ha pubblicato il racconto La nonna informerà solo se il tuo racconto cocalera dei desperados nell’antologia sarà stato accettato. Natale che palle (Leconte Editore, 2004); ha vinto il concorso Nuova Poesia ItaIl tema di ogni racconto liana edizione 1998 indetto dal quotidiano La Repubblica e dall’editore al momento è libero, ma non LIE di Ragusa con il libro in versi si escludono cambiamenti Lo scarafaggio sul comodino blu. Sono nel corso dei diversi numeri. uscite recensioni di suoi racconti su Vi consigliamo pertanto di Storie, Enzimi, Il vascello di carta; ha tenervi aggiornati tramite il noscritto tre romanzi attualmente inestro Forum all’indirizzo web: diti. Collabora al sito Viaggiatori-on- emergente.mastertopforum.com line per cui ha scritto il reportage Quang Ngai corredato dalle fotograPer qualsiasi informazione fie di Tommy Graziani. Ha pubblinon esitare a contattarci. cato l’e book Il sole sorge sul Vietnam insieme a Tommy Graziani per la La Redazione Kult Virtual Press (il libro è stato recensito su La Repubblica da FranceGIULIO MARCHETTI sca Mazzucato) e il racconto Eskimo Blu Day in Spazio Autori, il contenitore virtuale di Stampa Alternativa. E’ in via di pubblicazione l’e-book Le bestie presso Edizioni La Tela Nera e WoL Editore. Attualmente vive a Ferrara insieme alla sua musa e alla Una favola sua collezione completa dei testi di filosofica. Ho Chi Minh. In Circolo CORRI A COMMENTARLO SUL FORUM emergente.mastertopforum.com Una metafora sul flusso della vita. In vendita su www.parmaest.it/ incircolo L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 44 PELLICOLE Io non ho paura Può essere una favola. Nera però. Ci sono i bambini e ci sono gli orchi e c’è un qualcuno da salvare, ma non è una principessa; è un bambino, biondo e del Nord. E comunque, chi cerca di salvarlo non è un principe, ma un altro bambino, scuro, del Sud. Per un grande ciò che salta all’occhio sono le tante differenze: il colore dei capelli, della carnagione, degli occhi, la parlata, il ceto sociale… Ma ciò che notano i bambini è diverso da quello che colpisce i grandi. Loro hanno tutti e due dieci anni e perciò tutti e due fanno la quinta, sono uguali, come dice, sorridendo, il biondo, quello dentro al buco, quello da salvare dagli orchi. “Siamo uguali” come dice, sorridendo, il moro, il figlio degli orchi. Questa brevissima scena mi ha commosso e mi è rimasta dentro più di tante altre e, al di là di tutte le considerazioni su ciò che intendeva dire il regista, so solo che mi ha commosso e che è una scena perfetta, è così come “cosmicamente” il Dio del cinema aveva stabilito che dovesse essere fatta. Il film inizia con una scena che è la stessa del bel romanzo di Niccolò Ammaniti, la lunga corsa nei campi di grano dorato. Altra scena perfetta girata con la steadycam che sfiora le spighe di quel mare biondo di grano con i bambini che si aprono una strada correndo e lasciando scie nella distesa gial- di MAURIZIO ASCHIERI la. La musica di questo momento è potentissima, coinvolgente e ossessionante di violini. Tutto è guardato e registrato dal punto di vista dei bambini, quindi anche le telecamere sono tenute a un’altezza da “occhi di bambino”. Qualcuno dei critici scrisse che questo esaltare tutti quei lucenti campi di grano era un ingentilire e appiattire la storia. Io non sono d’accordo. Il fatto di rappresentare tutta questa bellezza esteriore dei luoghi in cui si svolge l’azione non fa che sottolineare l’orrore intrinseco della storia. Inoltre, i genitori dei bambini del piccolo paese in cui il bambino viene tenuto prigioniero sono essi stessi un Inganno. Mentre sono a casa, insieme ai loro figli, non sono altro che amorevoli genitori, con le normali preoccupazioni dei grandi per i propri bambini; poi, però, si scopre che sono anche gli stessi schifosi individui che fanno da carcerieri al bambino nel buco. Di nuovo un confronto stridente. Io non ho paura parla dell’infanzia violata, dei difficili rapporti familiari, di lealtà e tradimento, della cupidigia che non si ferma di fronte a niente e nessuno. Gabriele Salvatores ha firmato un bel film riuscendo anche a non stravolgere quanto si legge nel bel romanzo di Ammaniti (che è anche co- L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 grafia a Italo Petriccion; nastro d’argento 2003 per miglior attore non protagonista Diego Abatantuono; David di Donatello 2004 per la miglior fotografia a Italo Petriccione. Fra le altre cose che colpiscono, sceneggiatore e forse ciò ha aiuta- una è molto sottile ma persistento). te: vi è un’atmosfera, uno “spirito del luogo” che sono tipici di un Gli interpreti sono tutti bravi e co- certo Stephen King; e questo, se me si suol dire “tengono botta”. mai ve ne fosse bisogno, è un alPrimo fra tutti Giuseppe Cristiano tro pregio innegabile. nella parte di Michele Amitrano, il figlio degli orchi, colui che cerca di La storia si svolge nel 1978 e il salvare il suo “uguale”, bravissimo film ricrea minuziosamente tutti i nel rendere la parte con una intensi- più minimi particolari che rendatà e una naturalezza che non ci si no l’ambiente anni Settanta, dalla potevano aspettare da un esordien- Fiat 127 alle canzoni di Mina e te. Ivan Graziani, dagli abiti indossaMa anche tutti gli altri sono merite- ti dai personaggi alle immagini di voli: Mattia Di Pierro, che interpre- repertorio dei telegiornali. ta Filippo, il ragazzino rapito con perfetta e indifesa angelicità; Dino Di solito il cinema non racconta i Abbrescia che interpreta il papà di bambini, ma li usa solo per far riMichele Amitrano, con i suoi slanci dere o piangere. di ruvido buon padre verso il figlio Ma non è questo il caso; questo è e la figlia e la sua seconda persona- un film “sui bambini”. lità di carceriere/carnefice dolente e impotente; Aitana Sanchez-Gijon, Di solito un regista, quando adatla mamma di Michele dalla bellezza ta un romanzo per lo schermo, dolente e tormentata e comunque rischia di tradirlo troppo, snatucomplice del marito; Diego Abatan- randolo, oppure troppo poco, lituono che fa il capo banda scalcina- mitandosi a un piatto riassuntino to di una banda di rapitori scalcinati descrittivo. e disperati, ma che comunque è ca- Salvatores in Io non ho paura riesce rogna che più carogna non si può. nel difficile miracolo di equilibrio che tutti i registi cercano, traduce Questo film ha vinto, per quello in immagini il bel romanzo di che può valere, anche dei premi, Ammaniti senza tradirlo e lo fa parecchi e prestigiosi, tra cui: diventare puro cinema. nastro d’argento 2003 per la regia a Gabriele Salvatores; nastro d’argento 2003 per la foto- 45 OLTRE L’animazione di FULVIO GATTI Con Madagascar in sala, continua inarrestabile la produzione di lungometraggi in animazione 3D, ormai sinonimo di divertimento al di là dell’età anagrafica e successo assicurato sul versante economico. I film animati, con l’affermazione del megacolosso Disney, erano andati via via ritirandosi in una nicchia destinata ai soli bambini. Poi, il boom dei film 3D, nato con Toy Story dalla Pixar, ha scardinato tutte le barriere precedenti. Complice l’attuale ristagno del cinema a stelle e strisce, è naturale che il filone sia andato via via affollandosi, ma le difficoltà tecniche nella realizzazione fanno sì che siano solo due giganti a sfidarsi, con un piccolo outsider che non ha però saputo ripetere il brillante exploit. Mi riferisco rispettivamente alla già citata Pixar, alla concorrente Dreamworks, e a Chris Wedge, suo quel piccolo gioiello naif di L'era glaciale. Ma qual è il segreto di questi film 3D? Essenzialmente quello di aver occupato un settore, quello del cinema di genere, meglio ancora se blockbuster, le cui attuali pellicole hanno perso diverso prestigio nei confronti del pubblico, affogate tra effetti speciali, riciclo di idee e smania di piacere (sintomatico è che la Dreamworks sia quasi in fallimento per il flop di The Island, aggrappandosi agli introiti di Madagascar). Capostipite dei 46 blockbuster moderni è il primo Guerre Stellari, che seppe miscelare con ammirevole abilità azione, spettacolarità e cura dei personaggi, ricombinati a partire da stereotipi (gli archetipi) antichi come il tempo. Questo tipo di pellicole fa uso abbondante di apparenti luoghi comuni: c’è sempre un eroe giovane, un maestro, un avversario, delle prove da superare affinché l’eroe acquisti la piena maturità. La difficoltà nell’applicare questi elementi sta nell’allontanarli il più possibile dalla forma più semplice: non c’è niente di più insopportabile, in un film, di un personaggio stereotipato, di cui sappiamo già il destino alla prima apparizione. I personaggi umani, e gli umani disegnati di casa Disney, hanno un difetto, ogni volta che si usa un archetipo: richiedono una vasta caratterizzazione, al di là degli elementi di archetipici. Naturale, non appena a un eroe diamo il volto di Mark Hamill, Will Smith o Tom Cruise, il suo personaggio diviene persona, e deve essere credibile in quanto tale. Ma se il nostro eroe è una formica, un orco verde, un pesce pagliaccio? Non abbiamo bisogno di una profonda caratterizzazione per gli animali, per quanto antropomorfi siano; addirittura accettiamo stereotipi (lo stupido, il cattivo, l’ingenuo) che se applicati a persone rifiuteremmo. Proprio da qui nasce il punto forte dei lungometraggi 3D: personaggi animati divengono protagonisti di avventure in senso classico (quasi sempre viaggi di ricerca), da cinema blockbuster, e ogni piccolo dettaglio di caratterizzazione è un plusvalore eccellente, che attribuisce spessore e L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 vitalità all’intera pellicola. Pensiamo a Shrek, l’orco verde protagonista del film omonimo e del suo sequel, che nel suo essere un personaggio burbero e asociale ribalta gli stereotipi ormai troppo melensi di c as a Disney, affermando nel contempo un importante messaggio sulla tolleranza. Ma il singolo eroe in un viaggio di maturazione non è più sufficiente a sostenere un lungometraggio, a meno di un’attenzione millimetrica ai dettagli: la Pixar ci è riuscita con A bug's life e In cerca di Nemo, ma in tempi recentissimi il gruppo guidato da Chris Wedge ha fallito, proponendo quell’accozzaglia di banalità che è Robots, a oggi il peggior film 3D in assoluto. La ricerca già in partenza di nuove strade ha fatto attingere a quello che in gergo si chiama “buddy-buddy movie”, film con protagonisti due uomini e incentrato sull’amicizia tra i due, ognuno a suo modo eroe del proprio viaggio. Non suona strano ritrovare coppie di personaggi quasi sovrapponibili come Shrek e Ciuchino, il mammuth e il bradipo di L'era glaciale, i due mostri, l’uno grosso e silenzioso, l’altro piccolo e ciarliero, di Monster&Co. Anche qui si cerca di sfondare il sistema duplice già nella sua genesi (vedi la tigre dai denti a sciabola nel film di Wedge, terzo protagonista e cattivo in redenzione), ma le analogie forti non possono essere ignorate. I lungometraggi animati basano la propria varietà nell’inserire una struttura analoga in un differente universo narrativo: siamo partiti dai giocattoli di Toy Story, per passare al mondo degli insetti, dei pesci, dei mostri sotto il letto, delle fiabe. Ma nulla è infinito, e i film più recenti, ritrovando l’affollamento (Shark Tale della Dreamworks ritorna sul fondo del mare dove la Pixar aveva già ambientato Nemo) cercano nuove vie. Delle ultime quattro produzio ni precedenti a Madagascar, abbiamo già visto come le meno riuscite siano quelle che non sanno rinnovarsi con abbastanza forza: il pessimo Shrek 2, che pur essendo buono su molti fronti, soffre della carenza cronica di idee. Più interessanti sono invece le ultime uscite dei due colossi rivali, The Incredibles per la Pixar, Shark Tale per la Dreamworks. Il primo rischia con personaggi umani, per quanto straordinari, e la caratterizzazione psicologica; avvicinandosi così tanto alle persone, rischia di non avere più nulla di “incredibile”. Il secondo gioca invece una carta del tutto inedita nell’animazione, introducendo il divismo vero e proprio: se prima il nome celebre era solo nella voce dei personaggi, ora i pesci protagonisti si conformano ai volti famosi che prestano loro la voce, da Will Smith ad Angelina Jolie. Inedito anche è il genere, che da avventura di viaggio diviene una commedia sociale sullo scontro tra due gruppi umani, gli squali-prepotenti e i pescioppressi. Viene da chiedersi con curiosità quali saranno i prossimi passi avanti, e se davvero i lungometraggi 3D sapranno ancora superare se stessi. Oppure se resteranno ancorati alla medesima struttura, sterili ripetizioni dello stesso film come i sequel a cui ormai siamo tanto abituati. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 47 RECENSIONI Cose preziose di Stephen King Sperling Paperback Romanzo – 1991 768 pagine € 10,50 Hai scaricato il terzo numero de L’emergente sgomita e ti ha folgorato la recensione di On Writing. Sei subito andato a comprarlo, o magari te lo sei fatto prestare, a ogni modo… L’hai divorato. Non riuscivi a smettere e quando hai superato la parola fine ti sei reso conto di voler leggere qualcos’altro di Stephen King. Sei corso in libreria, o in biblioteca, e lì qualcuno ti ha indicato lo scaffale dedicato al Re del brivido. L’hai raggiunto con il fiato corto e il cuore in gola, ma poi cosa è successo? Ti sei lasciato sopraffare dall’enorme quantità di libri che ti si è parata di fronte, e quella sorta di folle desiderio che ti aveva portato fin li è scemato. Da dove comincio? E se inizio dal libro sbagliato e rovino tutto? Come faccio a scegliere? Sono tutte domande lecite da porsi. Non ti preoccupare. Potresti procedere in ordine cronologico e partire, quindi, da Carrie, ma poi saresti così tenace da arrivare fino ai grandi capolavori? Oppure potresti chiudere gli occhi e lasciare ogni responsabilità al caso, ma ti potrebbe capitare il volume due di qualche saga. Il rischio sarebbe notevole. L’indecisione ti ha assillato e alla fine sei giunto a una delle conclusioni più logiche: Aspetto… ché magari sul prossimo numero de “L’emergente sgomita” troverò qualche consiglio utile. Ed ecco che viene esaudito il tuo desiderio. Cose preziose è il libro che eri obbligato a scegliere. Avresti dovuto prenderlo dallo scaffale e stringerlo al petto come Gollum con il suo “tesssoro”. Perché? Continua a leggere e lo saprai. a cura della REDAZIONE “Sei già stato qui.” Una sorta di narratore-cicerone ti accoglie non appena incominci la lettura, dandoti il benvenuto nella cittadina di Castel Rock, stato del Maine. “Sì che ci sei già stato. Sicuro. Io non dimentico mai una faccia. Vieni, vieni, qua la mano! Ti dirò, guarda, ti ho riconosciuto da come camminavi prima ancora di vederti in faccia. Non avresti potuto scegliere un giorno migliore per tornare a Castel Rock. Non è un bijou? […] Adesso è ottobre, e alla Rocca ce lo teniamo buono, l’ottobre, che resti pure quanto vuole.” Ma per quale motivo se lì? Perché “in provincia, l’apertura di un negozio nuovo fa notizia”, soprattutto se il proprietario ha scelto un nome singolare come Cose preziose. E’ la vigilia dell’inaugurazione, nessuno conosce il nuovo venuto, né tanto meno la merce che ben presto si appresterà a vendere, ma tutti sono incuriositi dall’aura di mistero che circonda le vetrine offuscate e l’elegante tenda verde che sovrasta l’ingresso di quella che una volta era la Western Maine, agenzia immobiliare e assicurativa. Ora immagina che il forestiero in questione, tipo strano e viscido con mani gelide e sguardo seducente, sia il più abile venditore a memoria d’uomo, e che, nel suo negozio, possieda “quell’unica cosa al mondo, quell’unica cosa inutile e senza valore, che diventa immensamente preziosa solo per il desiderio incontenibile che hai di possederla”. Quale immenso potere avrebbe sulla gente? E se poi fosse disposto a vendere gli oggetti tanto agognati a cifre irrisorie in cambio di piccoli scherzi innocui da fare a persone sconosciute? Chi potrebbe rifiutare? Attraverso oltre settecento pagine Stephen King è riuscito a creare una storia perfetta, dove le vite dei cittadini di Castel Rock s’intrecciano in una trama imbastita in modo accurato e mai noioso. Non si parla di vampiri, licantropi o non morti. Il male che si diffonderà tra le strade della Rocca avrà i connotati dell’invidia e della cupidigia, e il misterioso commerciante (spacciatore?) quelli dell’abile stratega (burattinaio?). L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 48 Se non avete dimestichezza con lo stile dell’autore americano, imparerete a distinguere i tratti caratteristici del suo modo di scrivere, diretto e privo di fronzoli, e magari sarete anche nauseati dalla nitidezza che dona alle sue amate scene cruente. “Dovette tirare con entrambe le mani e quando finalmente riuscì a disincagliare la lama dall’osso, dallo squarcio insanguinato che aveva nel vestito traboccò un gomitolo di viscidi intestini che le rimase appeso davanti alla pancia come un sacchetto luccicante” Tuttavia non commettete l’errore di considerarlo solo uno scribacchino trash. In più di un’intervista lui si descrive come un abile narratore di storie, ma la sua vera arte è quella di descrivere la realtà senza filtro alcuno. Durante la lettura state inoltre attenti al modo in cui usa il “e quella fu l’ultima volta che lo vide”, una trovata letteraria che è divenuta uno dei suoi marchi di fabbrica. In conclusione, il maestro incontrastato dell’horror ha creato un romanzo avvincente e, attraverso la sua consueta maestria di narratore, gli ha infuso un ritmo incalzante, a tratti ipnotico, che t’incatena sull’ottovolante del brivido costringendoti a raggiungere la fine della giostra. Probabilmente uno dei migliori libri di King, da leggere nonostante il rischio di notti insonni. – Filippo Skindrak Latte di serpe di Laura Onofri I Delfini – Delos Books Romanzo – 2004 129 pagine – € 10,99 In vendita solo su www.delosstore.it Negli ultimi tre giorni ho mangiato solo cipolla! Scusami se mi sono permesso di scrivere questa cosa. Ma è andata davvero così. Ti abbraccio: è un racconto-romanzo-storia bellissima! Sì, cipolla! Mi riferisco all’impressione che ha suscitato in me la lettura di Latte di serpe di Laura Onofri. Una lettura iniziata quasi per caso e che da principio mi ha fatto pensare di essere alla presenza di un romanzo “pulizia-di -camino” (come si definiscono in psicoterapia i racconti dei propri vissuti più reconditi, fatti con solo intento di sfogarsi e basta). Invece, la trama in un primo tempo lineare, pur se a tinte fosche e crude, dopo un po’ mi ha “preso” a tal punto che non ho potuto fare a meno di non andare avanti a tappe forzate. Sì, proprio come quando mangio cipolla! Mi lascio prendere dal gusto forte e deciso, a volte fastidioso, ma non posso fare a meno di finirla tutta. Peggio per chi accetta di baciarmi dopo! E io ho dovuto, come per la cipolla, finire questo romanzo tutto e subito, preso dal sapore del sesso, dallo scoprirsi attraverso di esso e dal vedere la vita attraverso la sua lente, senza bugie e ipocrisie. Ma si badi bene, non è un romanzo “sessuale”. E’ un romanzo che si può leggere a livelli estremamente differenti e per contenuto e per profondità. E’ un andare dentro e scavare e scoprire i moti dell’anima, guardandoli con una tale chiarezza che rasenta la crudeltà. Non è un romanzo per tutti! E’ un romanzo per coraggiosi, com’è coraggiosa chi lo ha scritto. Sì, perché Latte di serpe è anche un viaggio, un viaggio per strade impervie e pericolose, che si snoda e si sviluppa in strati concentrici. Come, appunto, dicevo prima: una cipolla i cui strati sono via via più interni, e quindi sempre meno condivisibili e visibili agli altri; ma più si va giù nel contenuto e più si muovonosmuovono corde personalissime, segrete e dotate di odori via via sempre più pungenti. Per tre giorni mi sono nutrito solo di questa “cipolla”. Per tre giorni non sono riuscito a pensare ad altro. Fino a che ho creduto di avere assaggiato tutti i pezzi del puzzle che compone questo quadro apparentemente semplice, ma in realtà tanto complesso da fare sospettare una struttura nascosta dotata di coordinate precisissime. Ci ho pensato, quasi ininterrottamente per tre giorni, non riuscendo a occuparmi di altro. Laura Onofri, mi devi tre giorni di lavoro. Ma io molto, molto di più. L’ho detto già, dovevo finirlo, non riuscivo a pensare ad altro, dovevo correre a leggerlo. Poche volte mi succede questo (sai, le cose della vita assorbono sempre!). Col tuo Latte di Serpe è accaduto, è stata quasi un’ossessione. Mi ha cambiato in qualche cosa, non so precisamente in cosa, ma mi ha cambiato. Mi hai fatto un bel regalo. – Bruno Pica I VOSTRI EDITI SEGNALA IL TUO ROMANZO NEL FORUM emergente.mastertopforum.com L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 La biblioteca dell’alchimista di Jon Fasmab Rizzoli Editore Romanzo – 2005 448 pagine – € 18,00 In tutte le librerie, o nei reparti dedicati dei grandi supermercati, potete trovare una sezione per le “novità”. Spesso è solo una catasta di libri che sono stati pubblicati negli ultimi sette od otto mesi e, quindi, per un lettore accanito, tutt’altro che ultime uscite; tuttavia qualche volta contengono effettivamente dei libri freschi di stampa. Ora, immaginate di entrare nella vostra libreria preferita. Visto che ormai non siamo più nel periodo caldo dell’anno, probabilmente sarete accolti dal fresco. Confortante, vero? Se vi concentrate potreste addirittura sentire l’odore della carta che aleggia per il negozio. Sia che seguiate i cartelli, sia che conosciate il percorso a memoria, presto v’imbattete nella famigerata classifica settimanale delle vendite. Se osservate con attenzione, tra i libri di Dan Brown e quelli dei comici di Zelig, troverete La biblioteca dell’Alchimista di Jon Fasman. Non conoscete né il libro né l’autore e non avete voglia di spendere diciotto euro per un libro che “forse” vi piacerà. Per quella cifra volete essere certi della vostra soddisfazione futura, ma in questo modo come fa un autore emergente a finire sugli scaffali di casa vostra? “Cara H, pensavo che ormai fossi morta. Di sicuro non mi sarei mai aspettato di ricevere ancora tue notizie. E forse non le ho ricevute: la calligrafia sembra familiare, ma la contraffazione figura probabilmente tra i crimini meno gravi dei tuoi nuovi amici. Ti concederò tuttavia il beneficio del dubbio. Un’ipotesi infondata mi pare il modo migliore per renderti omaggio. Allego quanto mi hai chiesto: <<Un resoconto esauriente e obbiettivo dei giorni passati insieme>>.” Quello che scrive questa lettera è Paul Tomm, cronista alle prime armi del Carrier, piccolo giornale di Lincoln, stato del Connecticut. La quantità di domande che questo breve prologo suscita nel lettore è uguale, in numero, a quelle presenti sul taccuino del giovane giornalista dopo essersi imbattuto nella 49 morte del suo concittadino Jaan Puhapaev, professore ordinario di storia baltica al vicino Wickenden College. Un uomo d’età indefinibile, riservato, paranoico e completamente solo. Non si conosce nulla del suo passato e troppo poco dei suoi ultimi giorni di vita. E cosa c’entra tutto questo con la storia di quindici misteriosi oggetti d’antichità, collegati in qualche maniera alla leggendaria scienza alchimistica? In un’alternanza regolare tra passato e presente, Jon Fasman racconta con abilità, ma soprattutto con astuzia, una vicenda lineare rendendola incerta e avvincente. L’uso della prima persona per lo svolgersi del resoconto risulta brillante e scorrevole. Il protagonista è verosimile e, soprattutto, comune. L’immedesimazione del lettore è immediata. Le parti riguardanti i misteriosi oggetti sono scritte in maniera diversa (alcuni sotto forma di lettera, altri in terza persona), ma attraverso l’introduzione di note sempre presenti come “luogo di provenienza”, “data di fabbricazione” o “costruttore” sembrano appunti presi da un ricercatore entusiasta, coinvolgenti al punto di creare l’illusione della partecipazione a uno studio appassionante. Grazie a quest’insolita tecnica narrativa, Jon Fasman nasconde la storia in una spessa coltre di nebbia, in cui il lettore perde immediatamente l’orientamento. Immerso nel mistero non potrà fare a meno di procedere nella lettura, riuscendo, proprio nell’ultima pagina, a distinguere quei particolari che lacereranno il velo enigmatico con cui l’autore ha reso unico questo romanzo. In un campo coltivato con semi tratti da una sola pianta, La biblioteca dell’alchimista è un germoglio sfuggito al controllo del contadino, un esempio d’originalità che ogni lettore dovrebbe apprezzare. – Filippo Skindrak Barbara Giambartolomei La casa dell’ospite In vendita su www.ibs.it L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 50 Tua, con tutto il corpo AA. VV. a cura di Francesca Mazzuccato Lietocolle Edizioni – Storie Antologia di racconti – 2005 112 pagine – € 13,00 Undici giovani scrittrici per undici racconti che mozzano il fiato. Ogni prova letteraria presenta un imprevisto che sconvolge la lettrice o il lettore. Una invenzione creativa che gela il sangue. Elisabetta Pendola, Eliselle, Tiziana Cerquetti, Angela Buccella, Alina Rizzi, Manila Benedetto, Monica Maggi, Laura Guglielmi, Daniela Gambino, Rosanna Figna e Deborah Rim Moiso hanno un talento che nella maggior parte dei casi sconvolge. La curatrice della pubblicazione, poi, l’attentissima Francesca Mazzuccato, ha il potere di presentare le opere e le autrici in maniera raffinata. Concentrando la sua introduzione sull’idea che ha fatto nascere il volume e le caratteristiche migliori delle scrittrici ospitate all’interno. L’antologia dei testi fa parte della collezione eros di LietoColle ed è contenuta nella collana Il Delta di Venere. Al centro di tutti i racconti brevi vi è la donna; e le scrittrici sono in grado di parlare del loro genere senza produrre noia o aggrapparsi ai luoghi comuni. Così, semplicemente, nascono le narrazioni di autrici che incantano. Fra i racconti spiccano quelli di Daniela Gambino, Monica Maggi, Manila Benedetto, Angela Buccella. Molte delle abili voci provengono dal mondo del giornalismo e hanno a che fare, chi in un modo e chi in un altro, con il mondo di Internet. E la prosa non nasconde queste peculiarità. La Mazzuccato parte da Gina Pane e Margherite Duras per chiare qual’è la visione dell’erotismo sulla quale si poggia il libro; poi continua più esplicita.: “Immagini corpi. Corpi accompagnati ad altri, avvinghiati ad altri. Corpi feticcio, corpi in piano sequenza. Il senso dell’arte e della scrittura erotica si definisce a partire dal corpo. Il corpo è l’inquadratura su cui puntare diverse diottrie.” Infine specifica: “Il libro nasce con il preciso desiderio dell’editore di dare spazio a un erotismo che rappresenti il contemporaneo e i lati oscuri del cuore, come diceva Anais Nin, nella maniera più raffinata e precisa. Nasce dalla volontà di trovare un modo sinfonico per raccontare come è facile sguscia- re fuori da questa vita che viviamo e diventare sabbia calda che scivola fra le mani.” Sin dai primi sorsi che si possono far cadere dolcemente in gola, l’opera offre grandi dosi di sensualità. Già dalle righe di Francesca Mazzuccato è difficile distogliere l’attenzione. Molti si potranno ritrovane negli spazi modellati e vissuti dalle scrittrici. Forse non c’è bisogno, per forza, di essere donna per ricevere i doni di questo omaggio letterario; i signori maschietti dovrebbero provare a leggere Reginald guarda le stelle della Gambino o Incorretto della Pendola, per capire meglio come le donne percepiscono loro stesse e, ancora meglio, come percepiscono gli uomini. In copertina campeggia un quadro di Modigliani estremamente eloquente. Che dice, anch’esso, dell’opera antologica. – Nunzio Festa Cobain. Più pesante del cielo di Charles R. Cross Arcana Libri 391 pagine – € 18,00 L’8 aprile 1994 una tragica notizia sconvolse il mondo della musica e dello spettacolo. Kurt Cobain, leader dei Nirvana, si era tolto la vita sparandosi alla testa con un fucile Remington. L’annuncio rimbalzò da un notiziario all’altro provocando un’eco disperata che aleggiò per giorni su tutto il Pianeta. Radio e televisioni trasmisero “non stop” interviste, apparizioni pubbliche e canzoni. Tutti vennero a conoscenza del triste evento. Quando la tempesta mediatica si placò, la storia divenne mito e il suo viso un simbolo per magliette, poster e quaderni. I media e gli oscuri signori del merchandising si gettarono sulla carcassa ancora calda come avvoltoi famelici. Ascoltare i Nirvana divenne di moda. “Fare l’alternativo” era la maniera omologata per diventare popolare pur distinguendosi dalle persone “commerciali”. Adolescenti ancora senza un pelo in faccia iniziarono ad adorare Kurt Cobain con la stessa intensità con cui i loro genitori lo odiarono per il cattivo esempio che aveva dato. L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 Poi il periodo del “grunge” finì, la moda cambiò direzione e gli unici che continuarono ad ascoltare i suoi CD furono quelli che, ancora oggi, hanno bisogno di sentire la sua musica per purificarsi le orecchie dai rumorosi tormentoni da classifica. Sono passati undici anni da quella dolorosa vicenda, ma quanti conoscono la vera storia del carismatico frontman dei Nirvana? Chi può affermare di conoscere la sua vita depurata dai fronzoli romanzati che, molto spesso, lui stesso aveva contribuito a divulgare? Scrivendo Cobain. Più pesante del cielo, Charles R. Cross, giornalista nonché scrittore, si è assunto il compito di colmare questa lacuna, narrando la normalità costretta e sofferta che ha caratterizzato la breve vita del cantante. “La prima volta che ha visto il cielo è stato esattamente sei ore è cinquantasette minuti dopo che un’intera generazione si è innamorata di lui.” Era la notte del 12 gennaio 1992. I Nirvana si erano esibiti per la prima volta al Saturday Night Live. Il loro secondo album, Nevermind, stava scalando le classifiche e Smells Like Teen Spirit era il pezzo più ascoltato del 1991. Quella sera tutto era andato per il meglio, ma all’alba la sua compagna, Courtney Love, lo trovò riverso sul pavimento in overdose da eroina. “Nel giro di una sola giornata Kurt era nato per il pubblico, era morto nell’intimità delle sue tenebre ed era risorto grazie all’amore (Love).” Dopo questo breve prologo inizia la narrazione cronologica a partire dal 12 febbraio 1967, giorno in cui il cantante vide la luce nell’ospedale di Aberdeen, stato di Washington. Attraversando l’infanzia e la difficile adolescenza, assistiamo all’incontro con il bassista Krist Novoselic e al loro primo concerto nel marzo del 1987 in una casa privata a Raymond, piccolo paese a mezz’ora dalla città natia. Quella fu un’esibizione tutt’altro che memorabile, ma “gli aveva offerto un piccolo assaggio di una cosa che bramava più di qualsiasi altra: il narcotico dell’attenzione”; e soprattutto fu l’inizio della parabola ascendete dei Nirvana in cui dovettero lottare contro pregiudizi etici, in quanto il punk, “nonostante fosse etichettato come musica liberatoria, aveva stilemi e usanze sociali, spesso più rigidi delle convenzioni contro cui in teoria si ribellava”, e i continui problemi di alcool e droga di Cobain stesso. Grazie a interviste e racconti inediti di situazioni avvenute lontano dallo sguardo delle telecamere, Cross ci racconta dell’incredibile e inaspettato successo che li fece osannare dal pubblico, ma che deteriorò i 51 rapporti tra i membri della band, tanto che Novoselic afferma: “Non eravamo più la stessa vecchia band. Kurt si richiuse in se stesso. C’erano tante implicazioni personali. Era tutto più complicato. Era più di quello che avevamo chiesto.” Come è consueto ogni salita è seguita da una discesa e questa storia non fa eccezione. Mantenendosi distaccato, grazie a una solida e asettica impalcatura di oggettività, Cross trascina il lettore nel baratro che accolse Cobain, un abisso profondo, scavato da problemi di tossicodipendenza e depressione, nonché da incomprensioni e aspri litigi. Con descrizioni reali e, per questo, cruente, che sconvolgono e stordiscono, si giunge all’ultimo tragico giorno, nella serra della sua casa di Seattle, dove la fatale pallottola uscì dal Remington M-11 calibro 20 per finire la sua corsa nella testa del cantante. Cobain. Più pesante del cielo è una biografia accurata che straccia l’icona patinata del mito per mostrare l’uomo nella sua imperfetta realtà. Charles R. Cross non da giudizi, né cerca spiegazioni. Espone semplicemente i fatti così come è riuscito a ricostruire in quattro anni di interviste e ricerche. Questo libro deve essere letto da quelli che amano i Nirvana, per ridare dimensione umana al loro mito; da coloro che li censurano sotto ogni aspetto, per comprendere le mille facce di una verità; e, soprattutto, da coloro che non hanno mai sentito parlare di Kurt Cobain, per conoscere la tragica storia di un uomo che in soli ventisette anni di vita ha cambiato per sempre il panorama musicale, diventando immortale. – Filippo Skindrak Il portone sulla piazza Un romanzo di Maddalena Mongiò In vendita su www.ibs.it 52 L’EMERGENTE SGOMITA NUMERO QUATTRO – ANNO 2 La redazione Sito ufficiale www.emergentesgomita.com Forum http://emergente.mastertopforum.com Nata da un’idea di Matteo Pegoraro Guida Scrittori Emergenti http://guide.supereva.it/scrittori_emergenti Vietata la riproduzione di testi e foto senza l’autorizzazione della Direzione. Ogni singolo autore è responsabile di quanto pubblicato. L’emergente sgomita © Dedicata all’emergente D.O.C. 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