Note di produzione
INDICE
sinossi
04
Interviste con i filmmaker
Danny Boyle (regista)
05
Aaron Sorkin (sceneggiatore) 10
Interviste con gli attori
Michael Fassbender 14
Kate Winslet 19
Seth Rogen 22
Jeff Daniels 24
Michael Stuhlbarg 26
Katherine Waterston 28
Perla Haney-Jardine 30
Interviste con i capi reparto
Alwin Kuechler (direttore della fotografia) 32
Guy Hendrix Dyas (scenografo) 35
Elliot Graham (montatore) 38
Suttirat Larlarb (costumista) 40
Daniel Pemberton (compositore) 43
biografie attori & filmmaker
il cast 46
i filmmaker 52
SINOSSI
Steve Jobs si svolge nei backstage pochi minuti prima dei lanci
dei tre prodotti più rappresentativi nell’arco della carriera di
Jobs – partendo con il Macintosh nel 1984 e finendo con la
presentazione dell’iMac nel 1998 – portandoci, appunto, dietro le
quinte della rivoluzione digitale, per tratteggiare un ritratto
intimo dell’uomo geniale che è stato il suo epicentro.
Steve Jobs è diretto dal regista premio Oscar® Danny Boyle e
scritto dal premio Oscar® Aaron Sorkin, che ha lavorato sulla base
della biografia, che ha venduto milioni di copie, del fondatore
della Apple scritta da Walter Isaacson. I produttori sono Mark
Gordon, Guymon Casady, Scott Rudin, Danny Boyle, e il vincitore
dell’Oscar® Christian Colson.
Michael Fassbender interpreta Steve Jobs, il pionieristico
fondatore della Apple, con l’attrice premio Oscar® Kate Winslet
nella parte di Joanna Hoffman, l’ex direttrice marketing della
Macintosh. Steve Wozniak, co-fondatore della Apple, è interpretato
da Seth Rogen, e Jeff Daniels veste i panni dell’ex CEO della
Apple, John Sculley. Il film è interpretato anche da Katherine
Waterston nel ruolo di Chrisann Brennan, l’ex fidanzata di Jobs, e
da Michael Stuhlbarg nei panni di Andy Hertzfeld, uno dei membri
della squadra di sviluppo della Apple Macintosh originaria.
Intervista con il regista Danny Boyle
Ci racconti cosa Le è passato per la testa quando ha ricevuto la
sceneggiatura di Aaron Sorkin e l’ha letta per la prima volta.
Cosa c’era nel copione che Le ha fatto venir voglia di fare questo
film?
Ho letto la sceneggiatura e ho pensato che sarei stato un pazzo a
non fare il film. Mi ha lasciato senza fiato. Ho pensato che non
avevo mai fatto nulla di simile prima. Le sfide che presentava –
il suo essere completa e autosufficiente, il suo meraviglioso
esercizio linguistico—mi intrigavano immensamente. Anche il
personaggio di Steve Jobs che Aaron aveva creato – lo Steve che
esiste nel copione che, per certi versi, combacia con quello
storico e per altri no —mi affascinava enormemente. E’ un
personaggio di proporzioni shakespeariane. E’ ipnotizzante,
violento e divertente. Ho visto nella sceneggiatura di Sorkin
molte persone orbitanti intorno a questo pianeta straordinario,
che è il personaggio di Steve Jobs. Nella vita esistono persone
come lui intorno alle quali finiamo per orbitare; le nostre vite
sono vissute per certi versi nel loro riflesso e spesso siamo
incapaci di staccarci da loro. Hanno una grande forza
gravitazionale. Sono persone che ispirano devozione. Come
personaggi sono affascinanti da esaminare. Ci sono persone nella
vita di Jobs che gli sono chiaramente e profondamente devote.
Altri personaggi lo ritengono un mostro. E, in un certo senso, lui
è un mostro reso bello dalla lingua … e da due donne.
Lei ha detto che il film non è un biopic e che non è un tentativo
di raccontare una storia che si attiene rigidamente ai fatti della
vita di Jobs. Nonostante questo Lei descrive figure vere e
realmente esistenti. Quali elementi delle figure reali – di Steve
Jobs, e dei vari membri della sua squadra – ha incorporato nella
storia?
Siamo molto grati al libro di Walter Isaacson e alla profondità
delle sue ricerche, ma volevamo che il film fosse un viaggio
diverso. Sorkin descrive il film come un “ritratto
impressionista”. Ci sono idee che vengono chiaramente dalla vita
reale, ma il film è un’astrazione. Prende gli eventi – alcuni
veri, altri immaginati – e li comprime all’interno di tre atti,
strutturati intorno ai lanci del Macintosh nel 1984, del NeXTcube
nel 1988 e dell’ iMac nel 1998. Per tre volte compaiono sei
personaggi, 40 minuti prima che ogni prodotto venga lanciato, e
parlano semplicemente tra loro. Questa non è vita vera; è una
versione amplificata della vita vera. Il copione di Sorkin parla
di molto più che di Steve Jobs come persona. Lui ha cambiato una
delle cose più preziose e vitali delle nostre vite, che è il modo
in cui comunichiamo, in cui interagiamo gli uni con gli altri –
eppure molti dei suoi rapporti erano profondamente disfunzionali.
Il film parla anche di team – e con questo voglio dire che parla
di una persona che è stata capace di spingere gruppi e individui a
creare. Nel nostro personaggi di Steve c’è ingegno e umorismo, e
una comprensione di quanto le persone amino trovare qualcuno che
le incoraggi a sforzarsi. Jobs era quasi maniacale nella sua
determinazione a trasformare le persone.
Prima delle riprese, ha messo in bilancio lunghi periodi di prove
e ha provato e girato ogni atto separatamente, in sequenza. Può
parlarci un po’ del perché è arrivato a questo piano e di come il
film finito, e le interpretazioni degli attori, ne hanno tratto
vantaggio?
Una delle cose straordinarie della lingua di Aaron è il ritmo, la
sua propulsione. Non vedevo l’ora di vedere gli attori parlare
quella lingua ma sapevo anche che sarebbe stato molto impegnativo
per loro.
Visto che ci sono tre lanci, ci siamo concentrati su una parte per
volta, provando e poi filmando ogni atto separatamente e in
sequenza. E’ molto raro nel cinema che si giri in sequenza, ma
questo ha dato alle interpretazioni e alla storia una specie di
slancio. Ha permesso agli attori di impegnarsi su quell’unico atto
e di concentrarsi sul modo in cui sarebbero apparsi, su come
sarebbero suonati e sul modo in cui si sarebbero sentiti in quel
momento della vita del loro personaggio. Ha permesso loro di
fermarsi e di fare il punto della situazione. Gli attori sono
sempre in movimento, durante tutto il corso di ognuno di questi
atti. Questo succede in parte, ovviamente, perché queste persone
si trovano nel bel mezzo dei preparativi finali per un lancio e ci
sono cose dell’ultimo minuto di cui occuparsi, ma è anche molto
intenzionale perché fa parte della filosofia di Jobs. Lui
camminava e parlava. Non voleva sedersi e fare meeting o riunioni
noiose. Voleva sempre camminare e parlare perché questo dava un
certo slancio all’iniziativa, qualsiasi essa fosse. Abbiamo
affrontato le prove e le riprese in un modo che mi auguravo fosse
fisicamente liberatorio per gli attori. Sul set non volevo creare
spazi chiusi, ma dare piuttosto un senso di libertà e apertura.
Non volevo che gli attori si preoccupassero troppo di dove
stavano, di dove stavano andando. All’inizio delle prove abbiamo
lasciato che ognuno si muovesse dove voleva. Gradualmente, mentre
si avvicinava il giorno delle riprese, abbiamo trovato il nostro
modo per bloccare le scene. La libertà di movimento che cercavamo
è stata enormemente aiutata dal nostro uso della Steadicam, che di
solito si riserva solo alle sequenze d’azione o alle scene di
inseguimenti. a Steadicam si prestava a questo senso di moto
perpetuo e di libert . l nostro operatore Steadicam, eoff
Heale , è un artista e - insieme alle luci di Al in
chler - il
suo lavoro ci ha permesso di costruire delle scene fluide e belle
in cui gli attori si muovevano attraverso i tre spazi e i tre
atti.
Perché ha deciso di girare tutto il film a San Francisco?
San Francisco è la Betlemme dell’era digitale, la patria della
seconda rivoluzione industriale. Io vengo dal nord
dell’ nghilterra, da Manchester, nota come il luogo in cui è nata
la Rivoluzione Industriale 200 anni fa. E proprio come Manchester,
San Francisco è impregnata della sua storia e del suo proprio
mito. Mi sono subito identificato con l’idea di fare questo film a
San Francisco. Spero che il film, per qualche strana sorta di
osmosi, prenda qualcosa da questo. Ho sempre pensato che se si
rispetta il luogo in cui si fa un film, questo ti ricompenser …
attraverso la comprensione e l’apprezzamento tuo e degli attori di
quello stesso luogo. Durante le riprese, ci sono state anche
persone che erano presenti ai tre lanci originali che, per nostro
volere o per caso, abbiamo conosciuto.
Ha marcatamente differenziato i tre spazi nei suoi tre atti.
Perché?
E’ vero. Quello che sin dall’inizio mi ha attirato del copione è
stato proprio questo: mi sono chiesto come avrei potuto presentare
queste tre scene dietro le quinte in maniera dinamica e con la
maggiore tensione possibile. E abbiamo deciso di ambientarle in
tre luoghi differenti, ognuno dei quali dava qualcosa di
particolare – un sentimento particolare, una storia particolare –
a ogni atto.
Come siete arrivati alla scelta dell’Auditorium Flint come luogo
per il lancio del Macintosh nel primo atto?
’Auditorium Flint al Communit College De Anza, nel cuore di
Cupertino, è il luogo in cui, nel 1984, si è svolto il lancio del
Macintosh nella realtà. Quel palco è stato quello da cui Steve
Jobs quel giorno ha presentato il Macintosh. Stavamo ripercorrendo
i suoi passi, anche letteralmente, perché essendo un teatro
semplice, funzionale è un po’ casereccio, basico e rozzo. Ha
un’atmosfera quasi dozzinale … i primi tempi delle presentazioni!
’Atto Primo, il lancio del Mac, è il mito della creazione della
nostra epoca moderna. E’ Steve Jobs che come per magia fa apparire
il futuro del mondo dei computer – il primo computer davvero
‘personal’, il primo computer umano — dal nulla. Per la prima
volta qualcuno aveva pensato a creare un computer che sembrasse
una parte di noi. Come dice Steve nel film, fino ad allora, nel
1984, Hollywood aveva reso i computer degli oggetti spaventosi,
lui voleva invece che ci appartenessero, che diventassero
familiari. Anche se i tempi non erano ancora pronti per questo e
infatti ancora non funzionò. Ci è riuscito più tardi.
Perché avete scelto l’Opera di San Francisco come location per il
secondo atto? Cos’è che rende l’Opera il luogo giusto per questa
parte della storia, il lancio di NeXT?
Si può dibattere a lungo su quanto Steve Jobs, nella realtà,
avesse avuto veramente intenzione di produrre il computer NeXT
come atto di vendetta contro la Apple. Alla fine, il sistema
operativo NeXT lo ha riportato alla Apple. E’ stato capace di
vendere NeXT alla Apple quando la Apple aveva bisogno di un nuovo
sistema operativo, e un sistema operativo era esattamente quello
che la NeXT aveva da offrire. Jobs è stato capace di prendere
dalla NeXT qualcosa che è ancora il centro dei sistemi operativi
di tutti i prodotti Apple che esistono oggi.
Volevamo che l’ambiente rispecchiasse questo sentimento di
vendetta teatrale, che è il motivo per cui abbiamo scelto l’Opera
House, con i suoi sipari viola con i bordi dorati. ’Atto Secondo
richiedeva un’atmosfera più indulgente, quasi romantica. o
abbiamo girato in 35mm, che è un po’ liquido, bello, morbido – di
sicuro lo è se paragonato ai 16mm della prima parte. La
scenografia, i movimenti di macchina, la musica – tutto è stato
pensato per descrivere una sorta di messa in scena della vendetta.
Volevamo che il pubblico si risvegliasse gradualmente con il piano
ad orologeria della vendetta di Steve, mentre questo si rivela nel
corso dell’atto. Tutto in questo atto si sviluppa verso e intorno
alla vendetta; la vendetta è dietro a ogni mossa e monta fino al
confronto finale tra Steve e John Sculley prima che si abbassi il
sipario.
Quali considerazioni – sulle scene e sulla fotografia – hanno
portato allo schema del terzo atto, quello in cui viene lanciato
l’iMac?
Il terzo atto è più sul futuro, sui mezzi di comunicazione puliti,
e sul nostro moderno controllo dei dati. ’iMac ha veramente
introdotto Internet nel nostro quotidiano. Abbiamo girato
quest’atto nella futuristica Davies S mphon Hall a San Francisco.
E l’abbiamo girato con l’A EXA—una telecamera digitale moderna che
ha pixel quasi infiniti e una risoluzione altissima. Ci stiamo
muovendo verso possibilità infinite nel terzo atto, e questo è
quello che hanno significato il ritorno di Jobs alla Apple e
l’iMac, il suo prodotto inaugurale.
Abbiamo parlato delle considerazioni che sono dietro ai lunghi
periodi di prove, può parlarci, invece, del Suo lavoro con Michael
Fassbender?
Che cosa di lui Le ha fatto credere che fosse quello giusto, in
grado di dare vita a questo personaggio?
Non ho mai lavorato con un attore che ha fatto un percorso come
quello di Michael o che ha una dedizione così intensa. Non l’ho
mai visto guardare il copione, e aveva battute alla Amleto o Re
Lear da recitare ogni singolo giorno. Ha assorbito il copione in
un modo che non ha nulla a che fare con l’imparare a memoria, non
è mai stata una questione di ricordare quando dire una cosa.
Conosceva quel copione come se l’avesse scritto lui, e questo ha
dato alla sua recitazione una forza che dava l’impressione che lui
fosse capace di creare qualcosa davanti a te dal nulla. Ho sempre
pensato che ci fosse qualcosa di molto jobsiano in Michael. Ha una
gran dote che è l’incredibile intensit che mette nell’applicarsi
in quello che sta facendo. E’ davvero un attore che intimorisce.
Ma, grazie a Dio, ha spirito. Questo è un copione molto acuto e
Michael tira fuori l’umorismo in maniera molto dettagliata e la
commedia quando vuole. Nella sua applicazione però fa paura e l’ha
mostrato nella sua preparazione. Sono stato fortunato ad avere la
possibilità di mettere insieme la sceneggiatura di Sorkin e un
attore come lui. l mio lavoro è stato ‘solo’ quello di
assicurarmi che niente fosse d’intralcio o d’ostacolo.
Nel suo ruolo di Joanna Hoffman, Kate Winslet subisce una
trasformazione. Ci può parlare un po’ di come si è avvicinata a
questa parte?
Beh, se hai Fassbender è meglio avere qualcuno che sia ugualmente
dotato per lavorare con lui. E noi l’abbiamo avuta. ate è
straordinaria. Ha un talento unico, naturalmente, ma non mi ero
mai accorto di quanto il suo approccio fosse completo e
approfondito. E’ una partner fantastica da avere sul set ed è
instancabilmente positiva e ottimista riguardo a tutti gli
elementi che fare un film comprende, anche il riorganizzare le
comparse tra un ciak e l’altro! Joanna Hoffman è la guardiana e la
salvatrice che cerca di organizzare quest’uomo impossibile, e ate
ha vissuto brillantemente questo ruolo in ogni dettaglio che fosse
sul set o nella storia.
Come Michael, Kate ha assorbito il linguaggio del copione con
un’avidit che l’ha fatto sembrare semplice.
grandi attori sono
così: la musicalità della scrittura di Sorkin per loro è naturale,
la sentono subito e la fanno loro, e subito la trasmettono a noi.
E’ molto simile ad ascoltare un gran musicista – gli dai un po’
Mozart e lui parte e… vola.
Sorkin è stato profondamente influenzato dalle sue conversazioni
con la vera Joanna Hoffman e dal tempo speso con lei, e ha reso il
suo personaggio una persona fondamentale nel copione, anche se nel
libro di Walter ha solo poche pagine. Nella nostra storia c’è
anche la sua storia. Joanna, alla fine, si rende conto di essere
anche lei colpevole di non aver costretto Steve a sistemare il suo
rapporto con Lisa prima che lei vada al college. Questo è quello
che lo rende un copione commovente e una splendida interpretazione
da parte di Kate: lei si rende conto della sua complicità in
questo.
Ci può parlare dell’approccio di Seth Rogen al ruolo di Steve
Wozniak?
Avere il vero Steve Wozniak con noi durante le prove a parlarci
della sua esperienza con Jobs e con la Apple è stata una cosa di
inestimabile valore. Seth aveva l’essenza di Woz, fin dall’inizio.
Non riesco a spiegarlo; nell’interpretazione di Seth c’è qualcosa
che raggiunge la radice del personaggio di Woz. Come spesso
fortunatamente capita di trovare, nelle persone molto divertenti
c’è anche un attore molto serio e ambizioso, istintivo e
competente. Woz crede che si possa, allo stesso tempo, avere
talento ed essere una persona perbene, e questa è l’idea che corre
come un filo d’oro nel corso di tutto il film. a croce che Woz
deve portare nel corso della storia è che lui cerca di far capire
a Steve l’importanza del passato —cerca di convincere Steve che il
passato gioca un ruolo importante nel processo creativo, proprio
come l’innovazione. Ma Steve ha in testa una cosa sola:
l’innovazione. Per Steve c’è solo il futuro, e quello è il suo
obiettivo. Quello che dice Woz è: sì, certo, l’innovazione ha un
ruolo nella creazione, ma la creazione dipende anche dalle persone
che vengono prima di te. Ci si appoggia sempre sulle spalle di
qualcuno, e il garbo di rispettare questa realtà ti permette di
essere uno di loro. Che il suo miglior amico, e l’uomo con il
quale ha inventato il personal computer, non si renda conto di
questo gli causa un conflitto tremendo. Seth trasmette l’ottimismo
senza fine e l’angoscia di questa amicizia in maniera splendida.
Che storia racconta la musica in ognuno degli atti? Può parlarci
del suo approccio, e di quello del compositore Daniel Pemberton,
alla colonna sonora?
Il primo atto è stato influenzato dai primi suoni dei computer.
Gli spettatori sono nella stragrande maggioranza nativi digitali,
e questo è sempre più vero, ogni anno che passa. Non si ricordano
com’erano i primi tempi della rivoluzione digitale, la nascita di
un sound digitale che, a quel tempo, sembrava quasi futuristico.
Questo mi interessava, e Daniel ha utilizzato questa sorta di
suoni retrò in modo bellissimo.
Ci sono due movimenti musicali nel secondo atto. Uno è una specie
di operetta – l’allegro all’inizio è spensierato e quasi
capriccioso. Anche il secondo movimento è operistico, ma ha un
peso maggiore dato che l’atto procede verso la sua vigorosa
conclusione. Questo atto viene anche integrato con un numero di
scene che vedono Sculley e Jobs insieme nel corso degli anni che
intercorrono tra questo e il 1984.
l terzo atto è molto minimale ma elegante. E’ sobrio e
semplice…un po’ come i prodotti di Jobs.
A un certo punto del film, Steve si paragona a un direttore
d’orchestra, dove l’analogia è che dato che lui non è un musicista
e non suona uno strumento, il suo lavoro non è suonare uno
strumento, è suonare l’orchestra. Ci può spiegare che cosa vuole
dire con questo?
Jobs non era un ingegnere o un programmatore. Le sue conoscenze
come ingegnere erano basiche, ma lui era capace di sintetizzare
tutte le sue altre abilità. Questo è quello che fai da regista,
veramente. Io non capisco le cineprese o le luci nel modo in cui
le conoscono un capo dipartimento o uno specialista in uno di
questi campi. Di sicuro non so fare un costume, ma so sintetizzare
le abilità di tutti questi esperti, o almeno spero.
Cosa spera che gli spettatori portino via dal film?
Spero che quando gli spettatori vedranno il film vedranno come il
mondo sia stato cambiato da quello che questo personaggio è stato
in grado di fare grazie alla sua energia, alla sua forte
motivazione, alla sua intelligenza e alla sua folle dedizione e
passione – ma anche il prezzo che ha pagato a livello personale.
Per quanto sia un genio visionario, la misura della vera
conoscenza di sé e l’umanit arrivano solo quando Steve capisce di
essere malato.
In realtà, io non sono in grado di dirvi cosa farvene del film
proprio come Steve Jobs non può dirvi cosa scrivere sui vostri
iPad! Come narratore di storie, vuoi lavorare su qualcosa di
bello, per poi darlo alla gente; quello che le persone ci trovano
– e questo è il bello e il brutto di questo lavoro - dipende da
loro.
Intervista con lo sceneggiatore Aaron Sorkin
Quale è stato il suo approccio alla biografia “Steve Jobs” scritta
da Walter Isaacson come materiale originario per questo film? E
quanto pensa che il personaggio cinematografico di Steve Jobs sia
vicino allo Steve Jobs vero?
l libro “Steve Jobs” è essenzialmente un pezzo di giornalismo in
una forma più lunga scritto da un giornalista di prim’ordine.
Walter è l’ex capo della CNN e l’ex caporedattore del TIME. Walter
aveva l’obbligo di essere oggettivo. Io ho il dovere di essere
soggettivo, invece, perché faccio arte. Questa è la mia
interpretazione di un uomo complicato e dei suoi rapporti
marginali. Tutti quelli che hanno collaborato al film, a loro
volta, hanno aggiunto le loro interpretazioni soggettive—Danny
Boyle, Michael Fassbender, lo scenografo Guy Dyas, il compositore
Daniel Pemberton, il montatore Elliot Graham e dozzine di altre
persone.
Io e Danny eravamo convintissimi che non stavamo cercando una
riproduzione di Steve Jobs, una copia di Steve Wozniak, una copia
di John Sculley. Come ho detto, Steve Jobs ha voluto essere fin
dall’inizio un quadro, non una fotografia. ’unico evento che ha
avuto luogo nello stesso ambiente in cui ha avuto luogo nella
realtà è il lancio del Macintosh, nel quale non sono riusciti a
far dire al Mac “Hello” ai suoi azionisti. li altri due lanci
hanno sì avuto luogo, ma in ambienti diversi, e sono sicuro che si
sono svolti in maniera molto differente da come li ho immaginati.
Tutti gli avvenimenti che vorticano intorno a questi lanci sono la
mia combinazione dei conflitti della vita di Steve che ho scelto
di rappresentare, condensati in azioni di 40 minuti di tempo
reale.
Spero che l’impressione che resta sia quella di un uomo
estremamente complicato e intensamente brillante – pieno di
difetti, sì, ma che cionondimeno ha sognato in grande e ha
spronato gli altri a fare grandi azioni. Alla fine, spero che gli
spettatori lo trovino anche umano, una persona che avrebbe
probabilmente potuto essere più felice se non avesse creduto che
la bontà e il genio fossero qualità binarie.
Può parlarci della struttura caratteristica del film? In che modo
permette a Lei e a Danny Boyle di raccontare la storia che
volevate raccontare? E il vostro procedimento molto specifico
riguardo alle prove come ha giovato al racconto?
Io sono essenzialmente un drammaturgo. Mi sento più a mio agio in
luoghi claustrofobici, con una sveglia che ticchetta in uno spazio
chiaramente definito e circoscritto. Inoltre, ho pensato che
sarebbe stato molto più interessante se questo personaggio, in
qualche modo monolitico, venisse osservato durante tre momenti di
svolta della sua carriera.
Ho proposto questo approccio alla società di produzione e loro mi
hanno dato il via libera.
Leggendo a analizzando il libro di Isaacson — e anche parlando con
Steve Wozniak,
Joanna Hoffman, John Sculley, Andy Hertzfeld, Lisa Jobs e Chrisann
Brennan — ho identificato cinque conflitti interpersonali chiave
nella vita di Steve e ho trovato dei modi per mostrarli ai lanci
di questi prodotti. Tutti i miei pensieri sono congetture basate
in egual misura sul libro di Walter e sul materiale che ho
raccolto attraverso delle interviste personali con i colleghi e i
familiari di Steve. La risultante sceneggiatura di 182 pagine è
fatta esclusivamente di dialoghi. Alla maggior parte dei registi
questa sarebbe potuta sembrare una giungla impenetrabile, una
sfida impossibile, ma Dann Bo le l’ha sposata con grande
passione. Ha preso queste parole e le ha incastonate in qualcosa
di incredibilmente cinematografico e visivamente affascinante. Può
prendere una cosa apparente innocua come fare il debug di un
programma demo vocale e girarla in un modo in cui altri registi
girerebbero una sequenza d’azione. Abbiamo filmato ogni atto come
un film separato, in ordine cronologico e in ambienti diversi. La
produzione ha dato tre settimane di prove prima di girare l’Atto
Primo, e due blocchi di due settimane di prove prima di girare gli
Atti Secondo e Terzo. Abbiamo pensato che questo desse agli attori
l’opportunit di non imparare il dialogo e basta, ma di assorbire
e fare proprio il linguaggio rendendolo naturale. Hanno imparato a
vivere i personaggi per prolungati periodi di tempo, molto oltre i
pochi secondi che un’inquadratura o un ciak richiedono.
Nel film, Jobs usa la paura, l’inganno e la manipolazione, tra le
altre cose, per ottenere i risultati che vuole. Quanto è vera la
vostra descrizione dei suoi metodi?
Steve credeva sinceramente che i suoi metodi tirassero fuori il
meglio dai suoi dipendenti. Spesso, mandava indietro una prima
presentazione dicendo, “Puoi fare meglio. Riprova.” Dopo aver
ottenuto una seconda versione, la portava indietro e diceva, “Puoi
fare meglio. Riprova.” Tre volte, quattro volte. n realt , non
guardava nemmeno mai la prima, la seconda, la terza e la quarta
versione. La sua aspettativa – legittima più spesso che non – era
che chiunque potesse fare meglio. Questo potrebbe sembrare
insopportabile. In realtà, invece, avere qualcuno che ti sprona a
fare del tuo meglio è un gran regalo. E aveva ragione. Io credo
che una parte del suo comportamento impopolare avesse a che fare
più con la sua personalità che con la sua determinazione a
ottenere il meglio da ogni persona. Avrebbe potuto conoscere – e
usare - altre tattiche manageriali, certo, ma ottenne i risultati
che voleva.
Nel film Woz dice questa battuta, “I tuoi prodotti sono meglio di
te, fratello,” e Steve risponde, “E’ questa l’idea, fratello.”
Perché è stato importante per lei includere questo scambio?
Gli artisti incanalano nelle loro creazioni una versione migliore
di loro stessi. Cerchiamo di trovare una certa perfezione che
nella vita non può esistere, e questo è esattamente quello che
Steve tenta con i suoi prodotti. Steve si arrabbia molto già negli
anni ’70 quando Woz dice: “ computer non sono quadri.” Desumere
che quello che Steve stava creando non era arte lo faceva
infuriare. Il suo desiderio di rimediare ai suoi difetti personali
con quello che dava al mondo era una motivazione fondamentale.
Nel corso di tutta la sua vita, credo, Steve ha sempre cercato il
potere. Non gli piaceva affatto non avere il controllo all’inizio
della sua vita – la storia della sua burrascosa adozione ha avuto
delle ripercussioni su tutta la sua esistenza. La sua intera vita
creativa è stata una crociata per mantenere sempre il potere, cosa
che, secondo lui, garantiva che i suoi prodotti uscissero dalla
parte migliore di sé.
Che cosa ha da dire questo film sulla potenza dell’idea di un
uomo, e sull’ambizione e l’imprenditorialità americana in
generale?
Steve Jobs potrebbe essere stato uno degli ultimi grandi inventori
di questo Paese. Ha cercato di costruire quello che al tempo molti
consideravano castelli in aria. Ha sviluppato quello che sarebbe
poi stato chiamato il “campo di distorsione della realt ”, che gli
è stato molto utile. Si avvicinava a un progettista, o a un
programmatore, o a un ingegnere e diceva, “Voglio che questo
apparecchio sia grande così e voglio che sia capace di fare
questo.” Il progettista poteva allora controbattere che non
sarebbe stato possibile portare a termine il compito con quella
misura o, magari, che se lui voleva veramente che funzionasse come
sperava avrebbe dovuto avere una misura differente. La risposta di
Steve era una cosa del tipo, “Allora tu sei un filisteo; non sai
quello che stai facendo e quindi io troverò qualcuno che sappia
realizzare quello che ho chiesto.” Alla fine, il progettista ce
l’avrebbe fatta e avrebbe portato a termine cose che tutti gli
altri dicevano che non potevano essere fatte.
Nel corso del film ci sono numerose volte in cui viene fatta
questa domanda su Steve, “Che cos’è che fa esattamente?” ui non
sapeva programmare. Non era nemmeno un ingegnere esperto, né un
informatico. Non c’era nessuno “strumento” dell’orchestra che
Steve sapeva suonare… ma essendo al comando di una moltitudine di
menti creative, ha diretto tutti perfettamente.
Intervista con Michael Fassbender
La biografia di più di 570 pagine di Steve Jobs scritta da Walter
Isaacson segue le opere dell’autore su Albert Einstein e Benjamin
Franklin. Che cosa rende Steve Jobs (e i suoi traguardi) degno di
trovarsi in una così spettabile compagnia?
’idea di Steve Jobs era che i computer dovessero essere per la
maggioranza, non solo per gli amatori. Quello che lo ha
appassionato sin dall’inizio era l’idea che i computer fossero
oggetti facili da comprendere e da utilizzare per noi, e non cose
che facevano paura. Questa storia è importante perché Steve Jobs
ha cambiato tutte le nostre vite. Ha cambiato il modo in cui
funziona il mondo, il modo in cui comunichiamo e interagiamo l’uno
con l’altro, come guardiamo i film, come ascoltiamo la musica e
come compriamo le cose. Una persona che ha avuto questo impatto
merita una riflessione.
La scrittura di Aaron Sorkin ha le caratteristiche di quella dei
grandi sceneggiatori di Hollywood come Wilder e Hecht: veloce,
divertente e intelligente. Cosa ha pensato del copione quando l’ha
letto la prima volta?
Sono state 197 pagine di dialoghi che scorrevano velocemente. La
scrittura di Aaron ha un certo ritmo, per questo ho trascorso
molte ore da solo a lavorare sul copione. Per fortuna, Danny ha
avuto la lungimiranza di programmare un periodo di prove tra la
ripresa di un atto e l’atto successivo, cosa rarissima. Anzi, che
non succede mai. Io gli sarò eternamente grato, perché non sarei
mai stato in grado di girare a questo passo senza quelle prove.
Pochi possono contestare i risultati di Jobs, molti invece ci
tengono a notare che non tutti i suoi metodi erano popolari,
soprattutto le sue tattiche più machiavelliane. Lei che ne pensa?
Anch’io penso che ci fosse un lato machiavelliano in Steve Jobs.
C’erano delle parti della sua personalit che erano crudeli?
Forse. E’ necessario rimproverare le persone in quel modo? Forse
no… ma talvolta la personalit e i risultati che si raggiungono
sono interconnessi. Talvolta le persone hanno bisogno di
provocazioni e manipolazioni. E da attore, io so bene che talvolta
i registi usano questa tattica. Quando si lavora tanto, la soglia
della nostra pazienza si abbassa molto, e qui abbiamo un uomo che
lavora molte, moltissime ore, senza sosta. Credo che prima del
lancio del Macintosh abbiano lavorato 20 ore al giorno per tre,
quattro settimane di seguito. In ogni campo, se stai fermo troppo
a lungo, la competizione ti supera e ti fa fuori. Steve Jobs era
molto cosciente della necessità di muoversi costantemente, di
andare avanti. Quanti giorni di vacanza dal lavoro si è preso
quest’uomo in 40 anni? Scommetto pochissimi. Se hai un’idea che
stai cercando di realizzare, e trascorri circa 40 anni
cavalcandola, non è un’impresa da poco. C’era qualcosa in Steve
Jobs che lo rendeva capace di cavalcare quest’idea incessantemente
per decenni. Lungo la strada, talvolta, delle persone venivano
calpestate. Uno dei membri del team originale di progettisti del
Mac ha detto che Jobs operava all’interno di un “campo di
distorsione della realt ”, e questo voleva dire che se lui diceva
per un po’ di volte che il cielo era verde, tutti intorno a lui
cominciavano a credere che fosse vero. Ora, questa è la ragione
per cui Jobs è stato capace di volere che la sua idea dei personal
computer e di come dovremmo relazionarci a loro esistesse. Sarebbe
stato capace di realizzare quello che ha realizzato senza quella
forza di volontà? Non lo so. Ma le due cose sembrano interconnesse
– era un essere umano molto complesso.
Questa è la sceneggiatura più lunga che Danny Boyle abbia mai
girato. Boyle è famoso per il fantastico senso cinetico del suo
modo visivo di raccontare. Che cosa ha portato Danny di suo al
copione di Sorkin?
Danny è positivo e incoraggiante ed è pieno di energia. Penso che
inietti le stesse qualit nel suo cinema. ’energia che da’ alla
macchina da presa è incredibilmente importante per un pezzo come
questo, dove ci sono essenzialmente delle persone che parlano
moltissimo per quasi due ore. Danny ha un background teatrale; è
in teatro che ha cominciato veramente a farsi le ossa e conosce
quel mondo. Sotto molti aspetti questa sceneggiatura è molto
teatrale. Per gran parte del tempo, sembra che i personaggi
entrino ed escano dalle quinte; si può facilmente immaginare come
uno spettacolo teatrale.
Era noto a tutti all’interno della Apple che solo una persona
poteva discutere con Jobs al suo livello e talvolta vincere – la
responsabile marketing Joanna Hoffman. Che cosa ha dato Kate
Winslet alla sua interpretazione del personaggio di Joanna?
Penso che Joanna avesse una grande influenza su Steve. Ci sono
delle riprese di un ritiro della NeXT dopo che Jobs è stato
cacciato dalla Apple, dove si vede che lei va diretta al dunque
senza risparmiargli colpi. Joanna lo porta a comportarsi in
maniera onesta, e io credo che Kate abbia davvero colto questo
spirito nella sua interpretazione. Per il modo in cui è
interpretata nel film, Joanna è l’unica persona capace di fargli
fare un passo indietro.
Per noi questa è stata una bella dinamica su cui lavorare. Joanna
gli tira fuori tutta la sua umanità, e io credo che ce ne avesse
parecchia, solo che era nascosta. Per me, per la maggior parte del
tempo Steve tiene la guardia alta e questo talvolta sconfina quasi
in una forma di disturbo. Ha un blocco che rende quasi impossibile
per lui essere vulnerabile o aperto emotivamente con le persone.
Ho guardato molte sue interviste e ho notato che aveva questo tipo
di scudo, di corazza, tutte le volte.
Devo ammettere che devo molto a Kate per la mia performance.
Ricordo quando sono arrivato alla lettura delle battute prima di
iniziare le prove e lei era un personaggio completamente
sviluppato con questo leggero accento, impeccabile. E io ho
pensato, “Oddio, sono fritto!” e sue doti da attrice non sono
seconde a nessuno. Quando è arrivato il momento di girare, ci
siamo divertiti molto. Potevamo contare uno sull’altra, e questo è
quello che vuoi quando lavori con un partner – vuoi sentirti
supportato, vuoi sentire che vieni provocato nel modo giusto; vuoi
sentire che l’altra persona è fluida e reattiva a quello che fai
tu e non vuoi una che, invece, rimane rigida e non si smuove dalle
scelte che ha fatto prima ancora di arrivare in scena. Kate è
molto intuitiva e tecnicamente bravissima.
Considerando che aveva già lavorato con Aaron, Jeff Daniels è
arrivato pronto per interpretare John Scullay e per il brevettato
ritmo di Sorkin? Che cosa è stato fondamentale per lei nel
comprendere il rapporto tra il suo personaggio e quello di
Daniels?
C’è l’ironia, e poi c’è Jeff Daniels. ui ha l’umorismo più
caustico che io conosca. Quello che ha portato con sé è stata
questa sua incredibile intelligenza. o fa da un bel po’ di tempo
– ha una compagnia teatrale in Michigan, e conosce tutti gli
elementi che compongono il raccontare una storia. Sono le piccole
cose che fa ad essere rivelatrici. Nel primo atto, quando Jobs
sorseggia il vino, Sculley lo osserva bere. Sono le sfumature
interessanti come questa, solo dei piccoli momenti, a far muovere
le cose. Si vede che c’è qualcosa in quel rapporto che è più
complessa di quello che viene presentato in superficie. Credo che
Jobs fosse attratto da Sculley perché lui veniva da un mondo
all’estremo opposto del mondo di Steve.
loro background non
avrebbero potuto essere più diversi. Sculley veniva da un ambiente
molto privilegiato della East Coast —famiglia benestante, ottima
istruzione —e, in un certo senso, Jobs si ribellava contro questo
tipo di cose. Ma nel profondo c’era un’ammirazione vera; lui
guardava a Sculley con ammirazione. E questo si può vedere nel
modo in cui Steve si veste per il lancio della Apple: sta cercando
di emulare lo stile di John.
C’è una storia che illustra alcune delle dicotomie nel rapporto di
Steve con Sculley. Quando John ha portato Steve al quartier
generale della Pepsi, lui ha visto quest’area molto lussuosa,
sfarzosa di John in cui i normali dipendenti non avevano il
permesso di entrare. Questo ha fatto arrabbiare Steve – non
riusciva a capire questo tipo di separazione all’interno di una
societ . Dall’altra parte, a Steve piaceva il fatto che John
guidasse una Mercedes e che avesse stile e buon gusto – questo era
importante per Jobs che amava i begli oggetti e il grande design.
Quindi c’era dell’ambivalenza.
Il punto era che Jobs aveva bisogno di qualcuno che gestisse il
Consiglio d’Amministrazione della Apple. Per quanto riguardava il
Consiglio, loro rispettavano Jobs come un genio anticonformista
del mondo della tecnologia, ma lo trovavano un tipo difficile con
cui avere a che fare – non lo vedevano come un CEO. ’idea di
Steve era che Sculley potesse controllare il Consiglio – lui
incuteva rispetto e loro rispettavano la sua autorità – ma Sculley
non sapeva niente di computer e quindi Jobs poteva manipolarlo.
Ovviamente, questo non ha funzionato. Il Macintosh è stato
l’inizio e la fine del loro rapporto.
Il rapporto tra Steve Jobs e Steve Wozniak—interpretato da Seth
Rogen—è trattato in maniera molto sfaccettata nel film. E’ stato
ovviamente un rapporto molto complicato; le collaborazioni
creative lo sono spesso. Come vede il loro rapporto? E come è
stato lavorare con Seth?
Credo che Steve sapesse di aver incontrato una persona veramente
speciale in Steve Wozniak. Sapeva che per lui Woz sarebe stato il
mezzo per entrare nel business. Penso che Steve Jobs fosse un
bravo venditore, un bravo negoziatore e un grande osservatore del
talento. Steve Wozniak era ovviamente quello che aveva il know-how
in termini di comprensione dei computer e del loro modo di
funzionare. Ma Steve Wozniak sapeva veramente vendere il prodotto
e pubblicizzarlo nel mondo? Possedeva la visione d’insieme del
vero futuro del personal computing? Non ne sono sicuro. Credo che
fossero il classico duo, e credo che questa sia la ragione per cui
hanno lavorato bene insieme. Uno era un genio nel progettare, se
parliamo di costruire l’Apple
, ma aveva bisogno di un
visionario come Steve per portarlo poi fin dove è arrivato. Per
Jobs, era solo l’inizio: lui era in grado di vedere tutte le
infinite possibilità e questo lo elettrizzava. Quando le persone
uscivano da una conversazione con lui, sentivano di aver visto il
futuro.
Penso che tutti i set dovrebbero avere una persona come Seth. E’
straordinario e molto professionale. E’ molto generoso, rilassato
e tranquillo, ma è anche una delle persone più stacanoviste con le
quali io abbia lavorato. E’ una persona incredibile e lavorare con
lui è molto facile. Riesce a fare tutte le cose che fa e sembra
che se la stia prendendo comoda, ma noi sappiamo che invece
scrive, produce, dirige, recita, e con ottimi risultati. Da’ ai
suoi personaggi umanità e genuinità. Per Wozniak, ha inserito
nella sua interpretazione questi minuscoli manierismi e delle
piccole mosse quasi impercettibili in maniera splendida – come il
modo in cui tiene le mani – senza mai diventare goffo o maldestro.
Mi è piaciuto moltissimo lavorare con lui. ’unica cosa difficile
quando lavori con Seth è cercare di non ridere quando stai facendo
delle scene insieme a lui.
Andy Hertzfeld sembra essere uno dei pochi nella vita di Jobs che
è stato in grado di superare il confine professionale/personale –
era un programmatore brillante, uno dei membri della squadra
originale del Mac, oltre che uno che si considerava amico di
Steve. Che cosa da’ Michael Stuhlbarg a questo personaggio?
Michael è un attore molto serio. La produzione era strutturata in
modo che c’erano delle pause tra le riprese, e durante queste
pause, o addirittura durante i periodi di prova, ha trascorso
molto tempo con And Hertzfeld. E’ stato molto tecnico e specifico
nel costruire il suo personaggio, e voleva assorbire il più
possibile. Se ci fate caso, lui è quello che rompe leggermente il
ritmo, la cadenza di Sorkin. Non è che lo rompa davvero, lo cambia
però. Lo rispetta ma ci mette delle pause. Con Hertzfeld porta
dentro il suo proprio passo.
In un punto verso la fine dle film, Woz dice a Steve, “I tuoi
prodotti sono meglio di te, fratello”, e Steve ribatte, “Questa è
l’idea, fratello.” Che cosa pensa che voglia dire questo?
A Jobs è sempre piaciuto parlare degli esseri umani in termini
della loro efficienza misurata in confronto con altri animali:
l’energia che investono in relazione all’effetto che hanno. Quindi
diciamo, per esempio, che un condor è l’animale più efficiente del
pianeta, in termini di quanto viaggia lontano e di quanta energia
consuma per arrivarci. Gli esseri umani, in realtà, sono in coda
alla lista, ma un essere umano in bicicletta diventa un animale
più efficiente. Jobs aveva letto questo concetto la prima volta su
Scientific American e l’idea degli esseri umani come costruttori
di strumenti, e quella che i nostri strumenti ci permettono di
trascendere i nostri limiti ed espandere le nostre capacità
naturali, gli è rimasta molto impressa. Questo è il senso che io
ho dato a questo dialogo tra i due Steve.
Quando Steve Jobs è morto, c’è stato un ampio sfogo di dolore su
scala globale. Questo ha sorpreso alcune persone: sembrava più il
dolore che ci si aspetta quando muore una rockstar o uno stimato
leader mondiale. Che cosa di Jobs ha commosso così tanto la gente?
Era siuramente un visionario a vari livelli, non solo rispetto al
personal computer. Steve ha immaginato i computer come oggetti
facili da comprendere con i quali si poteva avere un rapporto
personale – non quelle spaventose macchine orwelliane che stanno
bene in un angolo. Oggi, ovunque si vada, le persone camminano per
strada guardando i loro iPhone—registrano, fotografano, scrivono e
ricevono messaggi, t ittano. ’ iPhone, questo computer in
miniatura, è quasi come una seconda mano – è difficile trovare un
essere umano che non ne abbia uno. Io lo considero un Henry Ford
moltiplicato per mille – quello che ha fatto ha cambiato il nostro
modo di vivere la nostra vita. E’ molto semplice e, nello stesso
tempo, di enorme portata.
Intervista con Kate Winslet
Quali sono stati i suoi pensieri sul copione?
Ho letto il copione a metà dicembre mentre ero in una parte remota
dell’Australia e sapevo che, se tutto fosse andato come doveva, mi
sarei trovata in una sala prove il nove gennaio a San Francisco.
Sembrava un’impresa titanica ma anche molto eccitante. Ho pensato
che la sceneggiatura di Aaron Sorkin fosse complessa - ha
quest’atmosfera molto amplificata, stressante, creata
dall’intensit e dal ritmo della scrittura. Ho pensato che sarebbe
stato un progetto stimolante e volevo sinceramente accompagnare
Michael in questo colossale viaggio. Accentando il ruolo ho dovuto
confrontarmi con tutto questo dialogare che, però, suonava molto
naturale. Questo è il modo di scrivere di Aaron. Alle prove poi,
ho chiesto consiglio a Jeff su come trattare il materiale, dato
che lui ha lavorato con Aaron per anni. Mi ha detto: “ mpara le
tue battute – impara semplicemente le tue battute. Non perdere un
colpo, non cercare di cambiare niente. Impara solo le battute come
sono scritte sulla dannata pagina. Non lasciare niente al caso,
credimi.” E aveva perfettamente ragione.
Potrebbe descriverci più dettagliatamente il processo delle prove?
Le prove integrate hanno funzionato molto bene. Abbiamo avuto il
tempo di mettere tutto insieme. Abbiamo provato davvero tutto e
bene, così quando arrivava il momento di girare ogni atto,
conoscevamo tutte le nostre battute e sapevamo esattamente cosa
stavamo facendo. E’ stato un lusso ed è anche servito a
dimostrare, come spesso capita, che più fai i compiti a casa, più
spazio hai per gettare via tutto e lasciare che il copione ti si
riveli. Non voglio suonare troppo attrice, ma quel periodo ha
riunito tutti e ci ha messo sulla stessa lunghezza d’onda – a
prescindere dall’importanza del ruolo – e ci ha fatto ritrovare
tutti in quello spazio insieme. Le stanze delle prove avevano
corridoi e poi stanze ed entrate, tutto segnato con del nastro
adesivo sul pavimento. Dann diceva: “Allora, quando attraversi
quel pezzo di nastro vuol dire che passi attraverso la prima
porta. Quel pezzo di nastro è la seconda porta, e quando arrivi a
quella cosa a forma di piccola scatola, quella è la scala a
chiocciola.” l tempo delle prove è stato fondamentale, perché
c’erano scene enormi che andavano avanti per 13, 14 pagine – che
si traducevano in una ripresa di 10 minuti di dialogo continuo
mentre si camminava – e se non l’avessimo conosciute alla
perfezione non sarebbero mai potute venire. Tutto sarebbe andato
in fumo.
Così Lei ha avuto la possibilità di conoscere Joanna e di vedere
delle riprese in cui ci sono Joanna e Steve e il team? Chi è il
personaggio di Joanna in questo film?
I vecchi filmini sono stati una gran risorsa, perché mi hanno dato
la reale immagine non solo di com’era Joanna durante quegli
specifici periodi di tempo, ma anche le sue maniere, il modo in
cui parlava. Dava l’impressione di un personaggio piuttosto
grande, anche se, fisicamente, è alquanto bassa, circa 1,60,
credo. C’erano però questi gesti enormi, e un calore e un
entusiasmo incredibili. Quando ho parlato con la vera Joanna
Hoffman di questo personaggio, siamo state molto attente a parlare
di lei in terza persona. Il personaggio di Joanna si ispira molto
alla vera Joanna Hoffman e alle sue storie, ma io ho cercato di
catturare e rispettare il suo spirito. Joanna era divertita alla
descrizione di lei come la ”moglie del lavoro” di Steve all’inizio
del film, dato che lei non lo è mai stata davvero. Ha detto che
nessuno avrebbe mai scelto una persona tanto disorganizzata e
distratta quanto lei come moglie lavorativa! In verit , c’erano
tante donne forti e capaci che, insieme, hanno svolto quel ruolo
professionale. Aaron ha usato questo personaggio per rappresentare
un insieme composito di queste donne.
Quali sono stati i suoi pensieri sulle capacità di Michael
Fassbender di affrontare il suo ruolo?
Michael è stato un professionista—su questo non ci sono dubbi. Si
è semplicemente rimboccato le maniche e ha usato il suo sistema
unico per portare a termine il lavoro. Ricordo nitidamente tutti
noi che entriamo nella sala prove, avendo filmato gli Atti Uno e
Due, per cominciare le prove per l’Atto Tre. Per la lettura del
copione eravamo tutti seduti intorno al tavolo e ogni singolo
attore – me compresa – aveva il suo copione davanti. Michael non
ha nemmeno tirato fuori il suo dalla borsa, e questo perché sapeva
tutte le sue battute e voleva dimostrare a se stesso – credo solo
a se stesso – che ce l’aveva fatta. Non stava solo alzando
moltissimo l’asticella per tutti noi, stava anche facendo il
possibile per consolidare la fiducia in se stesso rispetto alla
sua capacità di interpretare quel ruolo.
Come è stato lavorare con Danny Boyle?
Danny era determinato nel suo desiderio di raccontare la storia
nel modo più autentico possibile, a cominciare dall’essere a San
Francisco. Noi attori e i membri della troupe non eravamo molti.
Spesso, di notte, dopo la fine degli spettacoli e quando i
cantanti d’opera e i ballerini se ne erano andati, ci
intrufolavamo in questi ambienti a respirare quell’atmosfera da
dopo-spettacolo che era ancora nell’aria. Durante le riprese, ho
apprezzato il fatto che molto del film sarebbe stato girato con la
Steadicam che, per me, da’ grande fluidit alla narrazione.
Sembrava quasi che le scene fossero tra me e Michael, l’operatore
Steadicam e il microfonista. Poco prima della fine, ho avuto
l’opportunit di ringraziare Dann . Mi sono ritrovata a dire,
“Tutti sono fieri di essere qui perché ci sei tu.” E’ un uomo
delizioso che ha fatto sentire tutti a proprio agio e ascoltati –
e per un regista far sentire così gli attori e la troupe è una
grande cosa.
Può parlarci di come ha curato il suo look, specifico di
quell’epoca, nel film?
Sono stata fortunata a venir inclusa nel processo di mettere
insieme il look di Joanna. Abbiamo messo insieme il maggior numero
possibile di filmati e immagini di lei.
La stessa Joanna ci ha prestato alcuni dei vestiti che aveva
tenuto. Parlandoci, lei ci descriveva i vestiti che portava fin
nei minimi dettagli, come le spalline e il suo paio di stivali
preferiti. Ci ha detto anche che, visto che era “disturbata” dalla
simmetria, ha cominciato a portare un solo orecchino, o due
orecchini diversi. Questo ci ha portato all’idea per la
pettinatura asimmetrica anni ’80 dell’Atto Secondo. Suttirat
Larlarb, la nostra costumista, ha fatto tantissime ricerche e ha
pure portato alcuni dei suoi vecchi abiti anni ’80 per trarne
ispirazione. Nell’Atto Terzo, volevo davvero cogliere il senso
della sua età, e anche il fatto che era una madre – le forme
cambiano dopo il parto – e che era diventata più materna in
generale. La costumista e la truccatrice, Ivana Primorac, hanno
condiviso la mia idea – credo che sia per questo che le abbiamo
aggiunto un paio di capelli grigi, per togliere la parte lucida,
patinata, dal look nero corvino che avevamo usato negli Atti Uno e
Due.
In questo film, che impressione avrà di Steve Jobs uno spettatore
che non lo conosce?
Credo che lui fosse un genio notevole che, forse a dispetto
dell’opinione di alcuni, possedeva una grandissima quantit di
calore che nel film viene fuori. Era appassionato e determinato, e
voleva il meglio dalle persone. Trovava difficile lavorare con
qualcuno che lui pensava non stesse lavorando al suo massimo.
Spesso ha creduto che la forza avrebbe tirato fuori dagli altri il
meglio, che lui pensava di meritare perché lui stesso dava sempre
il meglio. I suoi dipendenti erano lì perché erano il meglio nei
loro campi. Aveva degli standard tremendamente alti che spesso per
qualcuno erano difficili da sostenere. Sono sicura che fosse
difficile lavorare in quelle condizioni, ma questo era Steve. E
guardate che cosa ha realizzato.
Intervista con Seth Rogen
Nel mondo dei computer e in quello tecnico, il nome di Steve
Wozniak è noto. Al di fuori di questi circoli, quando si chiede a
qualcuno della Apple, in genere il primo nome che viene fuori è
Steve Jobs.
E’ vero. Credo sia difficile dire chi era cosa della Apple. La
questione è ancora aperta. Anche mentre stavamo facendo il film,
facevamo ipotesi su cosa i personaggi avranno pensato durante
questi lanci importanti. Io devo includermi nel secondo gruppo –
non avevo capito quanto Steve Wozniak fosse stato importante nel
fare la Apple fino a quando non ho iniziato a lavorare sul film.
Per quanto riguarda il mio personaggio, sembra che sia stato
Wozniak quello che probabilmente ha detto: “Tutti possono avere un
computer”. E’ come se oggi qualcuno dicesse: “Ognuno dovrebbe
avere un aeroplano nel cortile di casa”. Sarebbe ugualmente
assurdo. Ma era quello che lui voleva, e per questo ha trovato un
modo per fare un aereo che costava poche migliaia di dollari e che
riusciva a entrare nel nostro garage. E’ stata un’impresa
importante. Credo anche che dica molto il fatto che, anche se ha
lasciato il suo lavoro full-time alla Apple all’inizio degli anni
’80, Steve Wozniak rimanga l’unico dipendente della societ che è
stato – ed è ancora – sul libro paga dal primo giorno di esistenza
della Apple.
Oggi, i traguardi di Jobs sono praticamente dati per scontati –
non possiamo immaginare una vita senza i dispositivi che lui ha
lanciato. Tutte queste cose, però, non sarebbero state possibili
senza i due “Steve” nel garage della famiglia Jobs.
Sembra che la Silicon Valle negli anni ‘70 e ‘80 fosse come
Hollywood. Sembrava una comunità isolata di persone creative, la
maggior parte delle quali aveva lo stesso bagaglio di competenze e
gli stessi interessi. Ci si immagina che tutte le persone che si
trovavano sia a Hollywood che nella Silicon Valley in quel tempo
fossero nel ‘business’– tra l’altro sono gli unici due business
che vengono chiamati letteralmente come il posto in cui si
trovano. Per me una delle cose più sorprendenti della
sceneggiatura di Aaron Sorkin è che molto poco va nella direzione
di un’esposizione lineare, incluso un momento di scoperta e di
svolta nel garage. E’ molto più una storia umana. Credo che il
pubblico scoprirà che Steve Jobs era un tizio molto imperfetto
che, nonostante ciò, ha sognato in grande, ha migliorato altre
persone e… probabilmente avrebbe potuto essere più felice lui
stesso se non avesse creduto che la bontà e il genio fossero due
qualità binarie.
Può spiegare quest’ultimo commento?
Steve Jobs aveva il suo modo di procedere nella vita e di motivare
quelli che gli stavano intorno, che alla fine venivano spinti a
realizzare l’impossibile. Jobs aveva la reputazione di essere un
capo veramente molto difficile, per usare un eufemismo. Lui
pensava che al servizio del genio, prendersi del tempo extra per
aggiungere un po’ di gentilezza alle sue interazioni giornaliere
non fosse un uso del tempo redditizio. Nel suo universo, queste
due qualità, genio e gentilezza, esistevano in un sistema binario
dove c’è l’una o l’altra – zero o uno, sì o no. Woz è un uomo
estremamente gentile, e questo è il modo in cui ho deciso di
interpretarlo.
E come è stato lavorare con Danny Boyle? Che impressione le ha
lasciato?
Se dovessi partire per una spedizione in una giungla inesplorata,
vorrei sicuramente Dann Bo le al comando. E’ un maestro nel
mantenere le cose in movimento e nel trovare delle piccole
opportunità per aggiungere interesse o significati extra a questi
piccoli momenti. E’ come quando a scuola si facevano quegli
esercizi che servivano a imparare a velocizzare la lettura e la
comprensione: le parole ti apparivano davanti agli occhi per un
attimo e tu le dovevi leggere e capire davvero velocemente. Poi le
mandavano ancora più veloci. E se non seguivi e prestavi
attenzione, molto presto perdevi qualcosa di veramente importante.
Danny ha preso tutte le parole di Aaron e le ha messe nelle bocche
di questi personaggi che si muovono costantemente, e poi ha
aumentato la velocità e queste idee vengono fuori veloci e furiose
(fast and furious), ma non in una maniera che spaventa. Capisci
cosa succede e pensi che sì, è una corsa velocissima ma pure
fantastica. Danny è consapevole che stare dietro le quinte, con le
persone che camminano per il corridoio parlando di computer
potrebbe risultare limitante, addirittura soffocante, ma è anche
la parte innovativa. Cercava costantemente di spingere, renderlo
interessante e di tenere i fuochi d’artificio mentali sempre
scoppiettanti.
Una delle cose che emerge durante questi fuochi d’artificio da
backstage è un diverbio tra Woz e Jobs. Che cosa ha portato a
questa loro divergenza?
Questa è una delle cose che amo di questo copione: invece di
raccontare la storia di Jobs in maniera diretta e lineare –
nascita, adozione, scuola, Woz, ah-ah! – vediamo il personaggio di
Steve passare sotto le forche caudine di tutti i conflitti di quel
momento della sua vita appena prima del lancio di un prodotto. Se
questo pover’uomo avesse davvero vissuto anche lontanamente questa
follia tutte le volte che aveva una nuova invenzione da
presentare, non credo che sarebbe arrivato sul palco tutte le
infinite volte in cui lo ha fatto in realtà. Allora, Woz ha
qualcosa su cui discutere con Steve – Danny ha finito per
chiamarla la “croce di Woz”. l prodotto di maggiore successo
della Apple fino all’iMac è stato l’Apple
, che era la macchina
del mio personaggio e non aveva il controllo end-to-end –
funzionava bene con tutti i tipi di hardware, non solo con quelli
della Apple. Steve ha insistito perché i suoi computer avessero il
controllo end-to-end. E nel copione, Woz di solito dice una cosa
tipo, “Ma è quello che vogliono i consumatori!” Steve odiava
l’Apple
, anche se fino a quel momento era la gallina dalle uova
d’oro, quello che faceva fare i soldi alla societ . Nel copione il
mio personaggio chiede solo una piccola cosa, e cioè che vengano
ringraziati pubblicamente i ragazzi del team della Apple II per il
loro lavoro. D’altro canto erano loro quelli che veramente
pagavano le bollettte e gli stipendi. Ma dato che questo non va
con la sua visione – questo computer non è un purosangue – Steve
non vuole annacquare la sua presentazione anche solo citandolo.
Così è diventata una richiesta fissa: “Per favore, puoi…?” “No.”
“Dai, solo…” “No.” a croce di Woz. E nelle mani di Aaron e Dann
è un momento che dice tantissimo su chi sono e sul loro rapporto.
Intervista con Jeff Daniels
La prima lettura della sceneggiatura di Aaron Sorkin le ha
ricordato qualcosa, vista la sua passata collaborazione con lui?
Sì, la scrittura di Aaron ha una certa musicalità, come quella di
tutti i grandi scrittori. E una volta trovata la musica, il ritmo
che Aaron incorpora, canta. Mi ricordo quando abbiamo fatto la
lettura del copione prima delle prove, prima di cominciare a
girare, e sentivi Michael e Kate, poi Seth, tutti, saltarci dentro
e, improvvisamente, era come un’orchestra con tanti musicisti che
suonavano con la stessa chiave e tutti contemporaneamente. C’erano
le entrate e le uscite, i duetti, i trii… è scritta così, non
c’erano ad lib. Ero anche molto cosciente della pratica e delle
prove che quel linguaggio richiede; specialmente per Michael, che
è al centro di ogni scambio in ogni pagina, sarebbe stata una
montagna molto ripida da scalare. Un’orchestra non prende i suoi
strumenti e suona una perfetta Nona Sinfonia sin da subito. Danny
ci ha reso un gran servizio pianificando che le prove si
svolgessero prima delle riprese di ogni atto. Questo ha dato a
tutti la possibilità di abituare la bocca a quel linguaggio e
anche di alzarsi e muoversi perché nessuno sta fermo o almeno, non
a lungo.
Chi è il suo personaggio e come compare nell’universo di Steve
Jobs?
Steve Jobs ha portato via John Sculley dal suo posto di C.E.O.
della Pepsi-Cola per guidare la Apple nel 1983, circa otto mesi
prima del famoso spot pubblicitario “1984” e del lancio del
Macintosh al meeting con gli azionisti. John è stato chiamato per
gestire la parte commerciale/economica delle cose. A Steve piaceva
molto il genio di John nel marketing. C’era lui durante la
campagna della Pepsi Generation che ha venduto così bene. Quindi,
Steve in fondo ha decretato che lui sarebbe stato il visionario e
John avrebbe gestito l’impresa. E’ stato, come si dice ora, un
‘bromance’. A entrambi piaceva la compagnia dell’altro ed è
piuttosto chiaro che, sotto molti aspetti, John divenne una figura
paterna per Steve, il tipo di padre che un piccolo genio cresciuto
nel nord della California avrebbe immaginato per sé: intelligente,
sofisticato, stimato, abile, benestante. Da quello che ho letto,
Steve era un grande venditore che ha convinto Sculley dicendogli:
“Non sei stanco di vendere acqua zuccherata? Hai la possibilità di
cambiare il mondo.” C’è un giovane visionario che, più o meno,
chiede a Sculley se vuole ritornare giovane. Più tardi Sculley ha
detto: “Un genio è una persona che vede oggi dove saremo fra 20
anni e sa come arrivarci.” Credo che Sculle fosse elettrizzato
dall’idea di fare qualcosa di importante, non solo di spingere un
prodotto in modo da far felici gli azionisti – e questo è ironico
perché questa è la vera ragione per cui era là. Ma è stata davvero
l’eccitante idea di cambiare il mondo a sedurre Sculley, che era
felice di farlo.
Ha conosciuto John Sculley?
Sì. —Dann non voleva un’imitazione, ma un personaggio fedele ai
sentimenti delle specifiche situazioni. Ci sono elementi di Steve
che ci ha messo Michael e ci sono cose di Sculley che io ho
aggiunto… ma non al fine di farne un’imitazione. Questo sarebbe
stato uno dei modi per farlo, e ci sono state tante ri-creazioni
di persone vere sullo schermo molto riuscite; quello che stiamo
facendo con Steve Jobs , invece, è interpretare la verità dei
nostri personaggi, i sentimenti nelle situazioni che Aaron ha
messo insieme in questi stressanti momenti concentrati nel tempo.
Una delle cose chiave nel conoscere John per me è stato vedere il
senso di perdita che prova ancora oggi.
Si è fatto un’idea sul perché?
Intorno al1985, era chiaro che alla Apple si dovevano prendere
delle difficili decisioni finanziarie – decisioni che erano
appesantite dalle emozioni e dai sentimenti, sia per Steve che per
John. Erano sostanzialmente arrivati ad un bivio: far continuare
ad esistere la Apple come societ o, dall’altra parte, chiudere.
a strada della sopravvivenza guardava all’Apple
come quello
che portava a casa la pagnotta, e voleva concentrarsi sulle
vendite di quel computer; Steve invece odiava quel computer perché
non era una sua creatura. Steve voleva quindi che più risorse
venissero spostate verso la sua creazione, il Macintosh, che non
andava come la societ aveva sperato. John spingeva per l’Apple
II, e il consiglio d’amministrazione era d’accordo. Steve allora
li ha costretti a votare – lui e il suo Macintosh, o John e
l’Apple
— e Sculley ha accettato la sfida. Il Consiglio è stato
dalla parte di Sculley e Steve è stato rimosso dalla direzione
della divisione Macintosh. Cinque mesi dopo, Steve ha lasciato la
Apple e fondato la NeXT, Inc. Quello che è venuto fuori dalla
stampa e che è diventata opinione pubblica – alimentata da Jobs
per tutta la sua vita – è stato che Sculley ha licenziato Jobs.
Ora, io penso che John non fosse lo stereotipo del CEO freddo e
senza cuore. E’ una persona a cui piaceva veramente cambiare
l’universo con Steve Jobs, che ha fatto quello che pensava fosse
giusto sulla base della situazione finanziaria della Apple, e ha
preso una decisone che per lui era puramente d’affari. Per Steve,
invece, è diventato un tradimento di proporzioni shakespeariane.
John ha capito dopo che non era possibile per lui riparare il loro
rapporto – e questo senso di perdita lo ha perseguitato. Quando la
stella di Steve è esplosa e lui è diventato “Steve Jobs”, Sculle
e la sua famiglia sono diventati una calamita che attirava
critiche, derisione, malvagità gratuite e odio. Aaron fa fare a
John appello a Steve perché sistemi le cose, perché dica la
verità. Quando ho conosciuto John ho avuto l’impressione che,
anche se è andato avanti, se si occupa di altre cose, la ferita
faccia ancora male. Nella mani di Aaron diventa la rovina del re
per mano del principe emergente.
Intervista con Michael Stuhlbarg
Quali sono state le sue impressioni sul copione per Steve Jobs?
Avevo letto la biografia di Walter Isaacson e sono rimasto colpito
dal fatto che Aaron abbia preso un libro di 570 pagine e, in due
ore, sia stato capace di trasmettere così tante informazioni sulla
vita di una persona con così tanto umorismo e tanta umanità.
Tratta dettagliatamente molti argomenti in maniera quasi astratta,
senza fare ricorso a una cronologia, a una catena di eventi da A a
B a C. Quello che veniamo a sapere lo conosciamo, invece,
attraverso le interazioni non-stop di Steve con i suoi colleghi –
e con alcuni membri della sua famiglia – nei 40 minuti che
precedono la presentazione di tre nuovi prodotti. C’è il
Macintosh, poi il cube NeXT, poi l’ iMac. l prima di ogni lancio,
nel copione, è un atto pieno di dialoghi serratissimi tra tutti
quelli che incrociano il cammino di Steve.
Questa storia coinvolge molte personalità forti. In che cosa
spicca il personaggio di Andy? Cos’è che ammira di più del suo
personaggio?
Il personaggio di Andy è quello che dice la verità; dice sempre
quello che pensa noncurante delle conseguenze. Dice tutto, sia le
cose belle che brutte. Non è cattivo o maligno, è semplicemente se
stesso. Credo che questa sia una delle cose che a Steve piacciono
di lui. Andy dice che di solito parla troppo ma io lo trovo
simpatico. Quando è con Steve lui porta leggerezza e io credo che
tiri fuori dei lati del carattere di Steve che agli altri non
capitava di vedere tanto spesso.
Il suo personaggio gioca un ruolo fondamentale nella storia e
nello sviluppo del Mac. Ci può parlare un po’ di questo?
And era un membro del team originale del Mac. All’inizio del
copione, alla vigilia del lancio del Mac, Andy è nel panico perché
c’è un elemento nella dimostrazione che non funziona e Steve ha
dato a lui la responsabilità di farlo funzionare. Precedentemente,
Steve aveva chiesto al team del Mac di contribuire alla
presentazione del prodotto, e Andy aveva dato una mano con la
parte musicale. Steve insiste sul fatto che il computer si
presenti dicendo “Hello” al pubblico. E And deve far sì che
questo succeda. Quando non funziona, Steve usa l’intimidazione per
spronare Andy a farlo funzionare. Lo minaccia dicendo che dirà
davanti a tutti che And è stato l’unico responsabile della
fallimentare dimostrazione vocale. Io le provo tutte, e alla fine
riesco a trovare qualcosa che consente al Mac di dire “Hello”.
In che modo, secondo lei, il Mac rispecchia i suoi inventori?
Steve era uno snob, e voleva essere sicuro che le sue creazioni
non potessero subire abusi o usi impropri. Per salvaguardare il
Mac da chiunque – ad eccezione dei dipendenti della Apple –
volesse aprirlo, per fare cose come tentare di aggiungere più
memoria, la Apple lo ha reso impossibile se non con degli attrezzi
speciali; gli attrezzi che possiamo trovare in una normale
cassetta non funzionano. Questo tipo di misure venivano chiamate
controllo “end-to-end” e sono state una cosa per cui Steve ha
esercitato forti pressioni. Più tardi ha messo alcune capacità
esclusorie di questo tipo nel suo progetto successivo, il computer
NeXT – le e-mail inviate da un NeXT potevano essere ricevute solo
da un altro NeXT, almeno all’inizio. Per contrasto, la creatura di
Steve Wozniak, l’Apple
, non aveva nessun controllo end-to-end
perché secondo lui i consumatori non lo volevano. Quindi sì, io
penso che le invenzioni possano portare i tratti dei loro
inventori. Il bisogno di controllare e comandare di Steve è un
conflitto presente in tutta la nostra storia come il fatto che
questo dominio sugli altri ha influenzato i suoi rapporti.
Qualcuno riesce a prenderlo per come è, altri invece si
allontanano da lui.
Qual’è stata la sua esperienza con il vero Andy Hertzfeld prima
delle riprese? Quali cose venute fuori nel tempo che avete
trascorso insieme ha inserito nella sua caratterizzazione del
personaggio?
Mentre raccoglieva materiale per la sceneggiatura, Aaron Sorkin
aveva portato a termine delle interviste con Andy. Più tardi, Andy
è venuto a parlare con noi durante il nostro primo periodo di
prove. Per lui è una storia molto personale e io ho sentito la
responsabilità di contribuire a raccontarla. Nel corso delle mie
successive conversazioni con Andy, una delle cose che mi ha
offerto la chiave per entrare nella sua dinamica è stata che Andy
ha mantenuto l’amicizia con Steve, per la maggior parte, alle
condizioni di Steve. Credo davvero che nella loro amicizia ci
fosse rispetto reciproco ma ogni volta che Andy programmava di
vedere Steve, Steve si tirava indietro… o semplicemente non
succedeva. Di solito la dinamica era che Steve compariva davanti
alla porta di Andy e i due facevano delle cose insieme. Andy
accettava completamente Steve per quello che era. Lo spirito di
And viene fuori nell’entusiasmo per il suo lavoro, e nella sua
fissazione e il suo stupore per quello che i computer possono
fare. Ha sempre mantenuto il senso della meraviglia per quello che
fa, e questo è stata una bella esperienza per me.
Intervista con Katherine Waterston
Qual è stata la sua prima reazione alla sceneggiatura di Aaron
Sorkin?
Mi è sembrato di averla letta in cinque minuti, senza respirare
mai; era davvero intensa ed emozionante. Aaron ha uno stile di
scrittura unico; tutti i suoi personaggi sono davvero complicati e
intelligenti e lui non li tradisce e il ritmo è vorticoso. Leggere
una bella sceneggiatura è seducente. Ti fa venir vogli di
recitarla, di metterci sopra le mani, di giocarci e di cercare di
immaginare come farla cantare. Fa paura quando ami un progetto e
speri che ti scelgano per la parte, ma credo di essere stata
troppo eccitata per sentire la paura. Credo che in questa
produzione tutti si siano prefissi uno standard molto alto e tutti
volevamo esserne all’altezza.
Chrisann Brennan è la ragazza di Steve Jobs del liceo e la madre
della sua prima figlia, Lisa. Descriva il suo personaggio e il suo
rapporto con Steve Jobs.
Se il mio personaggio di Chrisann dovesse descriversi, credo che
direbbe che è per prima cosa una madre. Gran parte della sua
identità, nel bene e nel male, è quella di custode e protettrice
di sua figlia. Tutte le madri lo fanno in qualche modo, ma io
penso che la posizione in cui viene messa costringa Chrisann a
fare di Lisa il suo unico pensiero. Chrisann è stata la fidanzata
di Steve Jobs e i due hanno avuto una relazione fatta di tira e
molla per anni e poi lei è rimasta incinta. Penso che lui abbia
avuto un’interessante reazione a questo: ha prontamente negato la
paternità e non si è assunto nessuna responsabilità per il
bambino. All’inizio del film, troviamo il mio personaggio molto
frustrato e in una situazione tragica e disperata. Compare con
isa al lancio del Macintosh per cercare l’aiuto di Steve. E’
anche molto arrabbiata per alcune delle cose che lui ha detto di
lei pubblicamente e che l’hanno umiliata. Quindi è lì anche per
confrontarsi con lui su questo.
Com’è il rapporto di Steve con Lisa nel film?
Quando vediamo Lisa e Steve insieme per la prima volta, il modo in
cui si relazionano uno con l’altra è un po’ goffo, imbarazzato —
non hanno mai passato molto tempo insieme.
Credo che, da una parte, lui sia per lei una figura affascinante
ma che, allo stesso tempo, la spaventa perché lei non sa che cosa
è per lui. E lui non è particolarmente, o tipicamente, paterno con
isa. ’interessante in questa dinamica è che lui le parla come se
lei fosse intelligente, come se fosse una persona. Lui riconosce
quanto lei è intelligente, e questo è fantastico, ma poi comunica
con lei come fa con tutte le altre persone intelligenti della sua
vita; è piuttosto insensibile, spesso indelicato. Sembra non
saperle dare quello di cui lei ha chiaramente bisogno, e cioè,
ovviamente, un po’ di attenzione. Mentre giravamo queste scene, la
parte femminile di me si è quasi ammalata per quello che io
consideravo uno scioccante modo di trattarla —la parte di me
attrice lo ha usato per seguire Michael.
Com’è stato essere diretta da Danny Boyle, e che tipo di energia
ha portato sul set?
Sul set Dann è generoso e di supporto. E’ collaborativo e per
un’artista questo è il meglio che si può sperare: sentirsi
sostenuti nelle proprie scelte e liberi di osare. Credo che la
cosa che Danny porta con sé e che io apprezzo di più sia la
pazienza. In ogni film si riesce quasi a sentire il ticchettio di
una sveglia: tutti sanno di avere una finita quantità di tempo per
azzeccare le scene. Con Danny, invece, non ho mai sentito questa
pressione anche se per tutto il tempo sapevo che lui stava facendo
contemporaneamente altre dozzine di cose, di cui neanche
immaginavo l’esistenza. Manteneva il suo aplomb per tutta la
ripresa. E’ davvero ammirevole.
I personaggi di Chrisann e Steve hanno un rapporto molto
complicato e conflittuale. Com’è recitare con(tro) Michael
Fassbender?
Una delle capacità che da attore affini è la fede totale nel ‘qui
e ora’ e nella verit del momento. Dovevo rimanere all’interno di
quella verità perché se mi fossi accorta che stavo lavorando con
Michael Fassbender, il timore reverenziale mi avrebbe sopraffatto.
Timore reverenziale per le capacità e il talento che possiede. A
essere onesti, lo trovo fastidioso: l’ho visto in quell’indie in
cui indossava una testa di cartapesta per tutto il film ed è stato
assolutamente coinvolgente. Da’ tantissimo a questo ruolo. Credo
che un altro attore si sarebbe lasciato intimidire dai lati più
discutibili e oscuri di Steve Jobs, Michael invece li ha sposati.
E’ disposto a essere sgradevole. E’ molto coraggioso e
semplicemente straordinario.
Quale pensa sia, nel mondo, l’impatto del lavoro fatto da questo
piccolo gruppo di persone che seguiamo in questo film, e come ha
cambiato il modo in cui la gente vive oggi?
E’ davero sbalorditivo pensare all’impatto che così poche persone
hanno avuto sul modo in cui tutti noi viviamo oggi. I bambini oggi
sono quasi naturalmente portati per la tecnologia, e la mia
generazione non lo è mai stata. Sono state rese possibili
rivoluzioni perché la gente è stata in grado di comunicare con
questi piccoli apparecchi che si tengono in una mano. Come sarebbe
stato il nostro mondo se questo folle visionario non fosse
arrivato, se non avesse seguito il percorso che ha seguito e non
ci avesse creduto così tanto? Che cosa sarebbe successo se la
persona che invece è arrivata non avesse avuto la capacità di
presentare questa tecnologia in un modo che fosse così appetibile,
attraente e accessibile? Steve ha umanizzato questi apparecchi e
ha fatto sembrare tutto possibile.
Intervista con Perla Haney-Jardine
Cosa ha pensato quando ha letto il copione per Steve Jobs la prima
volta? Di cosa parla il film, secondo lei?
Quando ho letto il copione ho sentito un’affinit con isa, perché
abbiamo più o meno la stessa età e a lei piace scrivere; ho
pensato che fossimo molto simili. Penso che, nella sostanza, il
film parli dell’impatto che una persona può avere. E’ un film su
Steve Jobs, un genio che ha progettato computer all’avanguardia, e
sul suo rapporto con la gente che gli sta intorno. Anche se si
potrebbe mettere chiunque in questa dinamica: tutti hanno un
gruppo di amici e una famiglia sui quali possono avere un effetto
come quello che ha avuto Steve. Il film parla quindi di rapporti,
e delle conseguenze dell’essere miopi come era Steve.
Prima di questo film, conoscevi la storia della carriera di Steve
Jobs, o l’uomo Steve Jobs?
Sapevo chi era Steve Jobs, come quasi tutti, e che non era il
preferito di molti, ma non avevo idea che i suoi rapporti con i
suoi dipendenti e i suoi pari e con la sua famiglia fossero così
complicati. ui è stato davvero un’icona, ma di lui prima sapevo
solo che era il genio che aveva realizzato questi prodotti
straordinari.
Come sono state le prove? E com’è lavorare con Danny Boyle e
Michael Fassbender?
La mia parte preferita è stata guardare le attrici che
interpretano le versioni più giovani del mio personaggio, Makenzie
Moss (Lisa a 5 anni) e Ripley Sobo (Lisa a 9 anni). Sono andata a
vederle provare per prendere Ie loro piccole stranezze e le loro
buffe maniere e pose. E’ stata un’esperienza interessante. Non ho
mai lavorato a un film che avesse così tante prove ed è stato
davvero utile. n qualche modo, Dann ha trovato l’equilibrio
perfetto tra la regia e il farti fare le tue cose. Quando mi hanno
chiamato, sono volata a L.A. e ho fatto questa scena per lui. Mi
ha detto che gli era piaciuta molto l’ultima parte e mi ha dato
delle indicazioni per la prima parte. Poi mi ha detto di andarmene
per un paio d’ore – solo per pensarci su – e poi di tornare. E’
stato grande da parte sua darmi questa opportunità. Credo che in
qualche modo lui sapesse che pensarci e ripensarci e ripensarci
ancora e rimuginare ancora e ancora mi avrebbe davvero aiutato.
Per quanto riguarda Michael Fassbender, lui porta con sé
un’energia rilassata ma, allo stesso tempo, è un attore molto
meticoloso. Gli piace analizzare il suo personaggio, ritornare
alle radici delle cose e farsi delle domande. Mi piace lavorare
con lui perché parliamo molto dei nostri personaggi e del loro
rapporto – anche di cose che non sono neanche lontanamente nel
copione. Vuole che tutti facciano bene e vuole che tutti sappiano
precisamente perché stanno dicendo una cosa. Apprezzo questa
attenzione ai dettagli e questa chiarezza.
Che cosa muoveva Steve Jobs, secondo lei?
La possiamo mettere così: Steve Jobs era un egocentrico. Era mosso
dal suo perfezionismo. Aveva anche bisogno di conferme da parte
dei suoi pari e della sua famiglia, ma per lui era difficile
trovarle perché era come se non avesse gli strumenti giusti né per
chiederle, né per riceverle se gli fossero state date. Immagino
che sapesse che non poteva impressionare la gente con la sua
gentilezza o bontà e quindi ha imparato a impressionare la gente
essendo eccezionale.
Qual è, secondo lei, l’eredità che ha lasciato il gruppo di
persone di cui parla il film, e l’influenza che ha avuto sul
mondo? E che ruolo gioca questa tecnologia nella sua vita?
’eredit della squadra originale della Apple è quasi un monopolio
sull’industria tecnologica. Hanno costruito questo incredibile
marchio che è diventato molto più che solo i computer Apple – è
una parte enorme della cultura popolare, con la gente che aspetta
in fila per ore per comprare il nuovo prodotto Apple. Prima della
Apple, la gente pensava che i computer servissero per programmare
e per progettare giochi – cose per nerd. Ora invece, l’uomo medio
vede la tecnologia come qualcosa da poter utilizzare in una
maniera creativa: sa usare queste macchine che prima sembravano
così incomprensibili e che ora sanno fare così tante cose, incluso
permettergli di restare in contatto con le persone che sono molto
lontane.
Se questa squadra non fosse mai esistita, se questa tecnologia non
fosse mai esistita – niente iPhones, niente computer Mac, niente
FaceTime— si sarebbe persa la sensazione di fare parte di una
comunità più grande, del mondo intero. Io personalmente ho un
rapporto di amore/odio con la tecnologia; mi meraviglia che
possiamo avere accesso a un gran numero di informazioni da un
minuscolo computer ma, allo stesso tempo, riconosco il distacco
che questo porta con sé. Vedere tutti i tuoi amici intorno al
tavolo che guardano il loro cellulare è la rappresentazione del
pericolo insito nella tecnologia; senza di essa potremmo avere una
società più vicina, più intima, nella quale interagire con i
nostri simili faccia a faccia o per niente… ma perderemmo questa
connessione con il mondo. Secondo me, un mondo senza tecnologia,
sarebbe un mondo molto isolato.
Intervista con il direttore della fotografia Alwin
Küchler
Come si sono svolte le sue discussioni iniziali con Danny a
proposito della fotografia per Steve Jobs? In cosa sarà diverso
questo progetto dalle sue precedenti collaborazioni con Boyle?
Già dalla prima volta in cui abbiamo parlato del film, abbiamo
parlato di movimento,
e cioè che avrei dovuto pensare a un piano operativo per la
cinepresa che andasse oltre al “fissa, punta e gira”. e manovre
delle telecamere sarebbero state un esercizio coreografato, che
gira intorno al personaggio di Steve abbastanza velocemente da
vedere tutti gli altri che si catapultano dentro e fuori
dall’inquadratura.
movimenti di camera erano fondamentali –
dovevano reagire direttamente alla recitazione. C’era bisogno di
un controllo costante sulla distanza fisica tra gli attori e tra
gli attori e la cinepresa. Anche se la Steadicam di solito viene
utilizzata per le sequenze d’azione o per gli inseguimenti, con
Jobs in movimento perpetuo, era ia scelta giusta. In questo film
si sta molto in piedi e si cammina molto. Inoltre, abbiamo parlato
di usare degli zoom sulla Steadicam, oltre ad altri tipi di
obiettivi, per poter intensificare, rallentare o velocizzare i
movimenti. Eravamo d’accordo sul fatto che tutto quello che
facevamo doveva dare priorità agli attori e dare loro una giusta
piattaforma sulla quale agire. Ironicamente, più ci addentravamo
nelle riprese, più restavo affascinato da come l’attivit dietrole-quinte rispecchiasse sempre più l’azione davanti alla
cinepresa.
Nel copione tutti devono stare dietro a Steve che è sempre il
centro e sempre in movimento. C’è una cinepresa che circola e le
persone appaiono dentro e scompaiono fuori dall’inquadratura
tentando soltanto di tenere il passo con lui. Danny era
estremamente preparato ed è arrivato con le idee molto chiare, e
quindi dietro la macchina da presa è stato per tutti i reparti una
correre per stare dietro al nostro cinetico regista.
Come altro avete realizzato questa filosofia di un “movimento
perpetuo” nel film?
Per molti versi, io ho trattato Steve Jobs come un thriller. C’è
un continuo catapultarsi di parole, con persone estremamente
intelligenti che si tirano parole e frasi l’una all’altra –
nascono idee, si lanciano sfide. C’è un’energia e un’atmosfera da
corsa di velocità, un orologio che ticchetta e che pretende che
tutti mettano ancora più sforzo nel compito che stanno svolgendo.
E’ un’atmosfera da “dobbiamo farcela o peggio per noi!”
E dentro questi spazi monta la pressione, lo stress. Credo che
l’energia che Steve Jobs metteva in ogni interazione spingeva la
gente verso di lui. Credo che molte persone andavano a lavorare
per la curiosità di scoprire cosa poteva essere realizzato in quel
giorno. l bombardamento di idee creava un’atmosfera che
costringeva tutti a tentare di superare gli altri. Tutti erano
costantemente ‘on’, in funzione. Volevano essere il meglio di loro
stessi e i più intelligenti per Steve. La biografia dice che
Steve non era mai statico, fermo, e noi l’abbiamo presa alla
lettera. Ci sono pochissimi momenti in questo film in cui qualcuno
si ferma per fare un bel respiro. Il nostro operatore Steadicam,
Geoffrey Haley, si è rivelato un vero artista e il suo lavoro ci
ha permesso di costruire le scene e di dare scorrevolezza al
movimento attraverso i tre spazi e i tre atti. Durante il
colloquio per avere questo lavoro, Geoff ha parlato della sua
reazione al copione, alle parole di Aaron, mostrando un rispetto
profondo per la lingua. Avevo bisogno di qualcuno che fosse
veramente motivato per tenere il passo e avere l’energia fisica
che ci sarebbe voluta per stare in mezzo a questo ambiente carico
ed elettrizzante di attori e parole in movimento.
Se siamo stati capaci di realizzare quello che abbiamo realizzato,
molto è per merito di Geoff.
Come sarebbero stati differenziati dal punto di vista visivo i
lanci dei tre prodotti?
In che modo le diverse tecniche cinematografiche supportano la
narrazione?
Volevamo che la fotografia rispecchiasse gli ambienti in cui si
svolge l’azione: l’Atto Primo nel 1984 è ambientato in un luogo
che ha un’atmosfera molto istituzionale, l’Auditorium Fint al De
Anza Community College, e qui abbiamo girato in 16mm perché la
sgranatura da’ un tocco improvvisato e rudimentale a questa
presentazione da parte di un gruppo preoccupato di creativi
deprivati del sonno; quattro anni più tardi, la grandiosità della
War Memorial Opera House di San Francisco sarebbe stata
immortalata in 35mm, con le sue belle qualità cinematografiche che
enfatizzano i temi operistici di questo atto, oltre che la
crescita di Steve da geek a mattatore; e per l’Atto Terzo nel
1998, con il lancio dell’iMac nella Davies S mphon Hall di San
Francisco, abbiamo usato il camera system digitale stile cinema
ALEXA, esso stesso un risultato tecnologico al quale Jobs ha
aperto la strada.
’Atto Primo è stato quello che più di tutti somigliava a un set
cinematografico dove le riprese sono l’unica cosa che determina la
pianificazione. Eravamo soli e questo è stato un gran regalo
perché ci ha dato la possibilità di impratichirci col nostro modo
di girare in perpetuo movimento. Gli Atti Due e Tre sono stati
considerevolmente più complessi, perché giravamo all’interno di
sale in funzione, con un programma completo di prove, incontri e
concerti che noi abbiamo dovuto aggirare. Alla fine è stato un
piano di battaglia messo insieme in maniera intricatissima. Danny
diceva che era come se la produzione fosse inseguita da un branco
di cani. Avevamo pochissimo tempo per essere fuori da uno spazio e
in pochissimi minuti lo spazio che avevamo appena evacuato si
riempiva di ballerini, musicisti o attori. Tutto quello che
avevamo imparato durante le riprese dell’Atto Uno è stato messo a
dura prova all’interno dell’Opera House e della S mphon Hall.
Alla situazione già complessa si aggiungeva la limitazione
nell’uso delle luci. Per esempio non potevamo appendere luci
nell’auditorium. C’erano alcuni spazi in cui ci permettevano di
cambiare le luci, e altri dove potevamo aggiungere un paio di luci
extra. n certi spazi dovevamo portare le luci la notte prima. E’
stato un lavoro molto diverso da tutti quelli che ho fatto prima.
l mio tecnico delle luci doveva provare l’allestimento e
smantellare le luci con un cronometro, e ha dovuto continuare a
fare pratica per riuscire a farlo nel minor tempo possibile –
sempre più velocemente, più velocente! Alla fine siamo arrivati
al punto in cui non entravamo in uno spazio prima che venisse
completamente svuotato e eravamo fuori prima che chiunque nella
Symphony Hall potesse seccarsi di noi!
Qual è stato per lei il più impegnativo – e il più singolare –
aspetto nel girare Steve Jobs?
E’ strano, ma io penso che la risposta a entrambe le domande sia
la stessa. Credo che probabilmente la cosa più fantastica di
questo film sia la brillante accoppiata Danny Boyle—che, si può
dire, è noto per i suoi fuochi d’artificio visivi – e Aaron
Sorkin—il cui biglietto da visita è lo stile iperintelligente e
centrato sulle parole. Pensandola in questi termini è una
combinazione in qualche modo inaspettata, in realtà. Ma vedere le
loro due visioni unirsi è stato stimolante e motivante. Detto ciò,
come accennavo prima a proposito della corsa contro il tempo che è
stata l’agenda delle riprese per il secondo e terzo atto … tutto è
stato fatto sempre per assicurarsi che la fotografia fosse al
servizio delle parole. In alcuni casi forse sarebbe più giusto e
veritiero dire che avevamo bisogno di assicurarci che la
fotografia tenesse il passo con le parole. E’ stato brillante e
impegnativo allo stesso tempo.
Intervista con lo scenografo Guy Hendrix Dyas
Cosa ha provato ad affrontare un progetto che si svolge in tre
ambienti specifici in tre anni diversi?
Credo che la cosa che ho trovato più eccitante del copione sia
stata proprio questa limitazione dal punto di vista visivo, il
fatto cioè che si svolgeva in tre ambienti – tre luoghi ad
esattamente la stessa ora del mattino in tre periodi differenti:
il 1984, il 1988 e il 1998. Da scenografo, come puoi far
funzionare questa cosa? Come fai a mantenere vivo l’interesse del
pubblico sapendo che stai lavorando con un’icona come Dann Bo le,
che si aspetta una struttura, un progetto visivo speciale? E
avendo anche una sceneggiatura straordinaria di Aaron Sorkin,
scritta nel suo stile ormai famoso, e cioè fatta di pagine e
pagine di dialoghi brillanti. Danny ha letto il copione e ha
deciso che Steve Jobs non era un uomo che stava seduto a
contemplare. Era sempre in movimento e sarebbe sempre stato così.
Così il ritmo del film, per molti versi, era diverso da tutto
quello che avevo fatto prima: parlare e camminare, ma in tre
luoghi diversi. Lavorare con dei parametri come questi mi ha dato
l’opportunit di dare il meglio per trovare soluzioni sempre
migliori attraverso le scenografie.
Come ha proceduto per arrivare a differenziare i tre atti dal
punto di vista visivo?
Il primo atto riguarda la creatura di Steve, il Macintosh, il
prodotto che ha annunciato il suo arrivo nel mondo dei computer e
che lo ha fatto conoscere. Questo a seguito dello spot
rivoluzionario “1984” che lo ha marchiato come il nuovo
innovatore. Questo sarebbe stato il primo di innumerevoli lanci
per i media, e lui si trova nel suo elemento come brillante
venditore e showman in crescita. Quindi, anche con le sfide
personali e professionali che lo attanagliano e che gli si
ripresentano continuamente, lui è a suo agio.
Saltiamo al secondo atto, tre anni dopo il suo licenziamento barra
defezione dalla stessa società che lui aveva creato. E vediamo un
uomo che vuole vendicarsi: sebbene sia mascherato da lancio del
computer della sua nuova società, la NeXT, in realtà è per mettere
in imbarazzo la Apple. Dopo una brutta separazione, se sai che ti
imbatterai nella tua ex, ti assicuri di essere fantastico e che la
persona che sta con te sia uno schianto, no?
Il terzo atto è un decennio più tardi, e Steve Jobs sta davanti a
noi come un uomo del rinascimento che ci indica la via verso un
futuro reso più facile e migliore dalla corrente di suoi
straordinari congegni – e sta per mostrarci la macchina che darà
inizio a tutto.
Non ci sono, quindi, solo differenze nei periodi e nelle diverse
location, abbiamo anche umori e toni completamente diversi. E’
fantastico avere tanti professionisti e capi reparto straordinari
come è capitato a me, tutti che contribuiscono con le loro idee a
rendere ogni scena e ambiente al meglio. Il modo in cui Alwin ha
girato gli atti – e il suo utilizzo delle diverse cineprese,
telecamere e sistemi – da agli spettatori ‘lenti’ diverse
attraverso le quali vedere questi lanci. Più che semplicemente
riprodurre la moda dei tempi e i vari look immortalati in
fotografie vere di queste persone, Suttirat ha vestito i nostri
attori con gli scopi e le verità dei loro personaggi. Daniel addirittura durante le riprese – produceva un paesaggio musicale
che amplificava le situazioni e i conflitti che entravano in
campo, senza togliere nulla all’immensa quantit di lingua parlata
dai personaggi e alle informazioni rivelate.
Talvolta, una scelta ovvia si rivela essere la migliore: il colore
sarebbe stato per me il modo per delineare i diversi atti. Se si
sfoglia qualsiasi materiale storico, si trovano in ogni periodo
dei colori dominanti nella moda, nell’architettura e nella
cultura. Il colore sarebbe stato sia il barometro del tempo che
l’indicatore del luogo. Per l’Auditorium Flint nel 1984, abbiamo
scelto gli istituzionali verdi e grigi. Nel 1988 all’Opera House
dovevano esserci i rossi – il colore della passione, della
vendetta – e gli ori, che indicano la grandeur. La Symphony Hall
nel 1998 è una tavolozza di toni naturali in questo spazio aperto
che sembra dare il benvenuto e indicare il futuro. Per me, come
scenografo, si è trattato di “dipingere” gli sfondi per dare più
intensità a quello che pensavo raccontasse ogni atto.
Gli Atti Due e Tre sono stati girati in sale per spettacoli aperte
al pubblico che richiedevano un immenso lavoro di preparazione
solo per entrarci e filmare. Naturalmente, lei e il suo reparto
non siete corsi dentro con vernici spray e teli protettivi.
E’ vero, se siamo riusciti a fare molto con l’arredo e la
decorazione, il resto è stato più un evidenziare i colori che
avevamo scelto già presenti in questi luoghi. Nell’Atto Primo c’è
stata più libert d’azione. Flint ha questo aspetto più vecchio e
istituzionale e quindi i grigi, i verdi e il mostarda lì
sembravano molto naturali. Abbiamo anche incluso della grafica
dipinta e delle strisce, che erano molto popolari alla fine degli
anni ’70 e all’inizio degli ’80. Se si vuole essere puntigliosi
sulla sequenza girata al Flint, si può notare che i colori sono
più fine anni ’70, ma questo ha funzionato molto bene per noi. l
lancio riguardava anche il far saltare gli ultimi residui del
passato – e quindi eccoli lì. Inoltre, non mi è dispiaciuto
affatto creare una distanza maggiore dall’Atto Secondo, in modo da
creare anche una distanza più simile tra i tre lanci. E’ stato un
vero dono poter usare la War Memorial Opera House di San
Francisco, che è un edificio splendido, glorioso e bellissimo ed è
profondamente radicato nella storia della città. Ci siamo
divertiti a intensificare gli ori e i rossi, e abbiamo lavorato a
rafforzare il backstage. Volevamo dei valori da opera.
La Louise M. Davies Symphony Hall è un edificio più nuovo, è
aperto, è luminoso. Mescola tutti questi legni dal colore molto
chiaro con queste tegole acustiche di plexiglas sospese sopra al
palco all’interno di questa sala meravigliosamente progettata.
C’è anche il grigio-blu del cemento. Tutti questi materiali
creano, stranamente, un’atmosfera molto naturale. Credo che a
questo punto vediamo Steve un po’ più come è, e percepiamo anche
che lui si sente più a suo agio con la persona che è diventato. Il
design suggerisce allo stesso modo il futuro, senza nessun
modernismo intenzionale. Speriamo che quando si guarda il film
nella sua interezza ci sia un ritmo anche nell’uso dei materiali e
dei colori e in come li abbiamo affrontati in ognuno degli atti.
Quanto è stato attento a non incorrere in nessun anacronismo
visivo?
Sono sempre paranoico. Per me è stato molto interessante osservare
le sottili differenze culturali e i progressi tecnologici di
ciascun periodo, anche se sono piuttosto vicini tra loro.
Camminavo in continuazione intorno a questi spazi, prestando
attenzione a cose come gli impianti e i dispositivi di sicurezza
per assicurarmi che fossero di quel periodo. Dovevamo verificare
quando certi tipi di allarmi per il fuoco e il fumo –che nell’Atto
Uno neanche c’erano - sono entrati in uso. A quel tempo, stavamo
appena rendendoci conto delle necessità dei disabili, per cui non
c’erano rampe, corrimano, interruttori più bassi, tutte cose che
esistono oggi. Le persone potevano fumare quasi dove volevano –
abbiamo dovuto andare in giro a togliere tutti i cartelli “vietato
fumare”. Quello che mi ha veramente colpito è stato quanto più
“intelligenti” siano diventati gli spazi intorno a noi nel corso
dei decenni – edifici, luoghi pubblici, anche le nostre case – e
quanto di questo Steve Jobs aveva visto arrivare.
Intervista con il montatore Elliot Graham
Leggendo Steve Jobs qual è stata la sua prima reazione? E quali
sono stati i suoi pensieri sul montaggio di un film così?
Lavorandoci con tutti e parlando di come avremmo affrontato il
film, ho capito che ognuno aveva il suo pensiero e le sue idee sul
copione, ma tutti condividevano una cosa: il copione era centrato
sulle parole. Tutto il resto – la trama, la Storia, i conflitti –
veniva da lì. Nella mia testa ci pensavo come a un “film action di
parole”. l dialogo è un incessante setup di una battuta e
chiusura, setup e chiusura. Devi mantenerlo vivo, farlo fluire.
Dovevamo creare una corrente di energia dall’inizio alla fine che
portasse lo spettatore attraverso questi dialoghi mentre i
personaggi viaggiano di stanza in stanza. E’ nostra responsabilit
rendere ogni entrata in una stanza diversa o in un corridoio in
qualche modo rivelatrice - tutto si svolge in spazi di backstage
prima di questi tre importanti momenti nella vita di Jobs – in
modo che lo spettatore segua le idee e il linguaggio. Credo che in
certi copioni si arrivi a un certo punto in cui si deve far
riprendere fiato al dialogo, prendersi un momento per far sì che
questa piccola magia che gli attori hanno creato si posi, arrivi.
Il copione era di 190 pagine e noi volevamo che il film durasse
all’incirca 2 ore – in generale ci vuole un minuto per pagina.
Facendo i calcoli, questo significava che i dialoghi dovevano
essere ‘veloci e furiosi’.
copioni di Aaron sono pieni di
meravigliose premesse e risoluzioni di una battuta e c’è un
timing, è una specie di tip-tap: bisogna seguire rigorosamente il
ballo oppure si perdono delle cose. Per questo quando con il
montaggio ci fermiamo un momento, questo ha un peso molto più
forte, perché non ci sono state tante pause prima.
Grazie al cielo abbiamo avuto il tecnico del suono Lisa Pinero a
disposizione—lei ha davvero aiutato gli attori a restare fedeli
alla musicalità della scrittura. Il copione è pieno di
sovrapposizioni volute, e Danny non voleva che scomparissero. Lisa
le ha registrate e così io ho potuto montarle. Sapevamo di volere
pochissimo ADR in questo film, per questo abbiamo fatto recitare
agli attori le scene in modo da evitarlo. E questo è stato
fondamentale per riuscire a catturare il linguaggio di Aaron.
Per i montatori è diventata un’abitudine mettere insieme un cut
preliminare del film mentre si sta ancora girando. Il suo non è
stato, invece, una versione molto più raffinata?
Sì, infatti. Dopo che gli attori hanno completato il loro primo
periodo di prove - hanno trascorso tre settimane a provare prima
di girare l’Atto Primo – e siamo entrati nella location, era
essenziale che tutte le parti lavorassero insieme come una cosa
sola. Le operazioni di fissaggio, illuminazione e quelle della
cinepresa e della telecamera – insieme alla musica e al montaggio
– tutto doveva contribuire a produrre questi 40 minuti circa senza
sbavature. Tutti erano preparatissimi a farlo e hanno fatto di
tutto – anche Daniel Pemberton, il compositore, ha scritto la sua
musica, che era temporanea, sin dall’inizio. ’unico modo per
accertarsi veramente del successo dei nostri sforzi era vedere
l’Atto Uno, e doveva essere la versione più vicina a quella
definitiva pronta per lo schermo. Così io ho messo insieme un
montaggio e io, Dann e i produttori l’abbiamo visionato. Non
volevamo solo vedere come funzionava tutto insieme prima di andare
avanti, volevamo anche vedere se avevamo realizzato il tono e la
qualità che cercavamo, perché ogni atto doveva essere
completamente diverso dagli altri. Lo spettatore deve fare
esperienza di ogni atto come se fosse nuovo. E dato che Danny ha
girato ogni pezzo in maniera diversa, io li ho montati in maniera
diversa. Per esempio, c’è moltissima energia, quasi una frenesia,
nei movimenti di macchina nell’Atto Primo, in più è stato girato
in 16mm che gli da quel tocco da cinema verité e richiama un tempo
meno esperto in campo tecnico; l’Atto Secondo usa una tecnica più
classica per cui il montaggio ha un passo più lento. Per avere
un’idea di quello che stava funzionando, e di cosa magari non
funzionava, è stato utile definire come avremmo girato i
successivi due atti e assicurarci che stavamo creando
un’evoluzione per il personaggio e per la storia. E questo non
avremmo potuto farlo se non avessimo girato questo film in ordine
cronologico, che è un insolito modo di girare un film.
Come è stato lavorare con Danny Boyle? Che impressione le ha
lasciato?
La sua reputazione di artista che apprezza la collaborazione è ben
guadagnata. Credo che quello che Danny apprezza di meno sia la
conformità alle sue idee – in netto contrasto con il nostro
protagonista. Lui non vuole che tu segua lui, vuole che metti
qualcosa di tuo. Quello che lui apprezza di più nei suoi
collaboratori è che ognuno arriva con una visione unica. Lui ti
sollecita ad avere qualcosa di nuovo da suggerire – non è in
nessun modo un one-man show. Credo che lui sia veramente contento
quando gli mostri qualcosa che non si aspetta. Gli piace molto
essere sorpreso. Ho tentato di farlo sempre – naturalmente non
tutto può essere una grande sorpresa, ma è divertente provarci,
vederla così. Con lui c’è grande libert , e ti è permesso fare
degli errori perché c’è una rete di sicurezza. Non gli importa se,
per esempio, 10 cose sono sbagliate, se ce n’è una che è unica,
interessante e differente. E’ l’atmosfera migliore per stimolare
la creatività. Spero che ognuna delle mie esperienze lavorative
sia artisticamente gratificante come lo è stata questa
Alla fine, come descriverebbe Steve Jobs?
E’ molto diverso da quello che uno si aspetterebbe – penso che
questo sia il motivo per cui sono stati fatti grandi sforzi da
parte di tutti per dare il meglio possibile a questo film.
Naturalmente Steve jobs ha vissuto, è stata una persona vera, ma
ho la sensazione che quello che ci siamo ritrovati a fare è stata
più un’istantanea dell’anima di quest’uomo. E’ uno sguardo su di
lui come persona più che un racconto degli eventi tipo “è successo
questo e poi questo e questo.” Si capisce qualcosa su Jobs
attraverso il suo venire in contatto con tutte queste persone e il
suo mettere in gioco qualunque conflitto esistesse. Credo che la
domanda sia piuttosto ‘perché’ e non ‘chi’: perché questa persona,
il cui impatto sulle nostre vite è smisurato, era come era? Io
credo che abbiamo cercato di guardare la sua anima più che
tracciare la storia della sua vita.
Intervista con la costumista Suttirat Larlarb
I costumi e lo stile dell’abbigliamento, forse più di ogni altra
cosa, collocano lo spettatore in un’epoca.
Steve Jobs si svolge nel 1984, nel 1988, e nel 1998. Oltre agli
ovvi riferimenti a quei periodi, cos’altro ha influenzato la sua
scelta dei costumi per i tre atti?
Più che in ogni altro atto, il periodo si annuncia chiaramente nel
1984. Nell’Atto Primo, invece di indicare semplicemente che ci si
trova negli anni ’80, per la scelta dei costumi è stato più
importante capire cosa significasse questo lancio per i
partecipanti, in particolare per Steve. Tutto in questa
presentazione del 1984 rappresenta un guardare al futuro. Gli
abiti delle persone che presentano il Macintosh, quindi, come
quelli delle persone che sono presenti al lancio, devono trovarsi
in un continuum in cui quella macchina è la cosa più futuristica
nella stanza. Tutto ciò che quelle persone sapevano nel 1984
stava per essere sovvertito da questa finestra sul futuro e da
questa macchina nuova di zecca. Steve assumeva quasi la parte di
leader della società – guardava a John Sculley come modello, e
sembra che abbia seguito una lista molto lunga e dettagliata di
come ci si deve vestire a un meeting con gli azionisti. Questo è
quello che lui pensa si debba indossare per presentarsi al mondo:
un completo doppio-petto con le spalle molto ampie. Io ci penso
come al suo momento alla Enrico VIII— grande e mascolino —e poi lo
showman che è in lui aggiunge un papillon.
Nell’Atto Secondo invece di cercare di realizzare le tendenze
della moda di quattro anni più tardi, abbiamo lavorato a rendere
visibili i reali cambiamenti che erano avvenuti in Michael, e
come i suoi rapporti con il suo team si erano sviluppati. Nel
1984, i membri del team dormivano vestiti per far partire questo
prodotto. Quindi nessuno – a parte Joanna che ha molto gusto per
la moda, e pochi altri soggetti chiave per il marketing – si era
vestito bene per il Flint. Nel 1988, invece, Steve ha emesso un
editto che diceva che tutti dovevano vestirsi eleganti. ’idea mi
è venuta perché ho trovato una foto di Steve con qualcuno dei suoi
uomini al lancio del NeXT. C’era un tizio che non riconoscevamo,
che ci sembrava di non aver mai visto nelle foto precedenti, fino
a che non abbiamo capito che era uno degli ingegnieri, solo che
non lo avevamo mai visto con un vestito. Ho cercato di portare le
qualità estetiche che loro stavano cercando di infondere nel cubo
NeXT nel modo in cui gli stessi Jobs e il suo gruppo sceglievano
di presentarsi. E’ più teatrale, più da presentazione, più netto
di quello che abbiamo visto nell’84. uardando le fotografie di
Steve a entrambi i lanci, ho notato la differenza nelle giacche
che indossa – c’è uno spostamento verso quello che sembra essere
il suo gusto, che va poco oltre il periodo che sta per finire e
verso il nuovo taglio di abiti che sta per andare di moda. Lui è
più sicuro di sé, più vanitoso, e questo si riflette nella sua
scelta di un completo nero brillante; sta per cominciare a fare di
se stesso, sia all’interno che all’esterno, un brand. l tenore
visivo dell’intero atto è più lucido, non solo perché riflette il
cube che è perfettamente minimale ma anche perché ben si addice
all’ambiente dell’Opera House. Tutto in questo atto – l’ambiente,
la scenografia, lo stesso prodotto — è teatrale e di facciata.
Un decennio più tardi, nell’Atto Terzo, vediamo uno Steve più
rilassato. Non tenta più di imprimere sul pubblico il suo ruolo da
imperatore del design tecnologico. Questo ormai è noto. Il suo
ritorno alla Apple è un motivo per celebrare. Il mondo attende con
ansia la sua nuova visione. Per quel che riguarda la sua immagine,
è uno stimato leader del business e può rilassarsi e fare quello
che vuole, è lui a dettare le regole. Nel primo atto tentava di
emulare Sculley: il secondo atto lo vede cercare di prendere le
distanze e creare il suo marchio; ora nel terzo atto, è arrivato
al livello di Sculley.
E’ stata una bella opportunit per tradurre bene il materiale, le
foto, e guardare le espressioni facciali, le dinamiche di gruppo,
perfino le composizioni di alcune foto di gruppo e chiedersi:
perché scegliere quel posto, quella posa, quelle posizioni in quel
dato ritratto di gruppo? Dare un senso a questi momenti ha
veramente contribuito alle scelte dei costumi, nella maggior parte
dei casi molto più di quanto non abbia fatto la moda reale di quel
determinato periodo.
A differenza della maggior parte dei film, dove si vede un
personaggio cambiarsi forse 37 costumi, il nostro film presenta
questi personaggi in uno spazio di 40 minuti per tre volte, con
ogni blocco separato dal precedente da anni. Quindi gli sviluppi
degli anni che intercorrono tra un momento e l’altro, e gli
effetti di questi sviluppi, sono visibili, si spera, attraverso le
scelte che abbiamo fatto sull’aspetto dei personaggi e su come si
presentano.
Parte della trappola di occuparsi in un film dell’aspetto di una
persona iconica come Steve Jobs in questa epoca digitale è che
tutti quelli che hanno una connessione internet pensano di sapere
che aspetto aveva Steve, e tanti addirittura quello che indossava.
Come ci si allontana dalla mera ri-creazione di un personaggio e
si arriva, invece, alla propria interpretazione dello stesso?
Da icona e figura pubblica qual’era, il personaggio di Steve
arriva già con vari tipi di idee preconcette. Per cui sono
d’accordo sul fatto che la sfida consista nel farlo nostro
rimanendo fedeli alla verit , senza ridurlo a un’imitazione o a
una ri-creazione. Avevamo a disposizione tantissimo materiale e il
punto era: come farlo passare attraverso il nostro filtro e
raccontare la nostra versione della storia in una maniera
specifica che sia coinvolgente e diversa dai modi in cui di solito
si racconta una biografia in un film? Beh, abbiamo tutti preso
spunto dalla sceneggiatura di Aaron, poi dall’interpretazione di
Danny: raccontare questa storia particolare in un modo
particolare. Quando hai questo tipo di esempio dato a te dal tuo
regista e dallo sceneggiatore, l’artista che è in te vuole
aggiungere la sua propria interpretazione e alzare la posta in
gioco.
Vi faccio un esempio: quando lavoravo per il 1988, ho iniziato con
una foto dell’iMac. Poi l’ho circondata da foto di Steve che
scopriva l’iMac. ndossava un completto con giacca a tre bottoni
con una camicia sportiva aperta, senza cravatta. Sembra rilassato
anche se indossa un completo… ma questo non è necessariamente il
modo in cui pensiamo a Steve Jobs. Vedere queste foto è quasi
stridente perché la reazione è, “Ah, si vestiva così?” Non
l’avevamo colto. Non volevamo che il film finisse per farci fare
la stessa domanda. Per noi era più onesto presentare Steve come
noi, il pubblico, lo abbiamo nella nostra mente dal punto di vista
visivo, ossia con il classico dolcevita nero e i jeans. Non si può
vedere l’iMac è non vedere immediatamente nella propria testa le
centinaia di versioni che sarebbero state fatte, oltre a tutti gli
altri prodotti che Steve ha lanciato. E quando la mente vede
velocemente, come un flash, tutto questo ti spinge naturalmente
verso il futuro, avanti fino a quell’apparecchio che hai
silenziato e messo in tasca prima dell’inizio del film. E immagini
Steve nel suo look distintivo, che è l’immagine con la quale ti
abbiamo lasciato e quindi ha senso sia visivamente che
storicamente.
Lei ha detto anche che ogni periodo ha una sua tonalità. Come ha
influenzato questo le sue scelte rispetto ai costumi?
Penso con molta attenzione a come stanno i personaggi uno accanto
all’altro in termini di abbigliamento, in modo che niente possa
distogliere da quello che viene fuori dalle loro bocche o da
quello che stanno dicendo con il linguaggio del corpo. Talvolta un
copione richiede un certo tipo di costume o di look e indica che
questo dovrebbe essere il centro di parte dell’attenzione. n
Steve Jobs, invece, vogliamo che l’attenzione degli spettatori si
concentri su chi sono questi personaggi e su cosa stanno dicendo —
non voglio che qualcosa che faccio rubi neanche un po’
d’attenzione da questo. Senza tentare di sminuirlo, il nostro
lavoro per molto versi è invisibile. E’ qualcosa che fa da
supporto agli attori e a loro lavoro, ai loro personaggi, al
linguaggio e alla storia che viene raccontata. Se qualcosa non si
accordasse con tutto questo, si noterebbe. Se qualcosa fosse
goffamente appariscente, si noterebbe. Ma se qualcosa è ben
pensata e inserita all’interno dello schema con tutto il resto e
tutto funziona come una visione unitaria, allora esci apprezzando
l’arte. Una volta ho sentito qualcuno dire: “Se esci da un film
parlando prima dei costumi e poi del contenuto, qualcuno non ha
fatto bene il suo lavoro.”
Intervista con il compositore Daniel Pemberton
Che effetto ha avuto su di lei la sceneggiatura di Steve Jobs e
quali sono stati i suoi primi pensieri sulla colonna sonora?
’ho letta tutta di un fiato, era veramente coinvolgente. Sono
stato trasportato dalla corrente degli straordinari dialoghi. Ho
sentito delle possibili musiche mentre leggevo, ma sapevo di non
voler togliere niente a tutto quello che veniva detto. I
compositori di colonne sonore cercano istintivamente degli spazi
dove la musica può espandere la storia nel corso di scene senza
parole, sequenze d’azione, o cose simili. Qui, ogni pagina è
guidata dal dialogo. Allora ho iniziato a pensare al dialogo come
al soprano della colonna sonora, in un certo senso. E’ un flusso
di informazioni veloce e incessante e ho sentito che aveva bisogno
di uno spazio per respirare. Allo stesso tempo, però, non volevamo
che la musica diventasse così vaga, indefinita o anonima da non
avere un’identita. a sfida è diventata dunque capire come
comporre una musica con un’identit unica che avrebbe supportato
il dialogo e gli avrebbe permesso di “cantarle sopra”.
Che tipo di discussione ha avuto con Danny a proposito della
struttura peculiare del film e del suo effetto sulla sua
composizione della musica?
Danny ha cominciato dicendo che il film è molto chiaramente diviso
in tre atti, e che ogni atto sarebbe stato differenziato non solo
dalla fotografia – ogni atto sarebbe stato girato con sistemi
diversi – ma anche dal suono. Quindi, il film aveva
sostanzialmente bisogno di tre colonne sonore separate. Il primo
atto si svolge nel 1984, quando il concetto del Macintosh era
completamente nuovo, una promessa di possibilità illimitate
attraverso la nuova tecnologia, per cui il sound doveva essere
“ottimismo elettronico”. l secondo atto, quattro anni più tardi,
è ambientata in un teatro dell’opera dove Steve lancia un nuovo
prodotto… e noi abbiamo deciso di inetrpretarlo come un atto di
vendetta contro la societ che lo aveva “cacciato” e questo
legittimava una musica operistica in tono e scala. Il terzo atto
si svolge nel 1998, tempo in cui ormai intere colonne sonore
vengono composte al computer. La maggior parte della musica di
questo atto l’ho quindi prodotta usando un soft are Apple.
Come sarebbero stati differenziati i tre lanci dei prodotti
attraverso la musica? E la sua musica come rispecchia il
protagonista in ogni diverso periodo?
Abbiamo realizzato il concetto dell’Atto Primo usando
sintetizzatori di quel periodo. Dato che la tecnologia obsoleta
limitava il modo in cui si poteva comporre al tempo, abbiamo
sfruttato questo – la musica elettronica era costruita a strati e
ogni nota venita suonata a mano. Ho iniziato ad avere una frenesia
da sintetizzatore e ne ho comprati una grande varietà, inclusi
modelli come lo Yamaha CS-80, che compare soprattutto nella musica
di Vangelis; e Steve Jobs era un grandissimo fan di Vangelis. Ha
inserito “Chariots of Fire” nel lancio dell’84, e il CS-80 è
dappertutto nel famoso spot “1984”. Abbiamo fondamentalmente
messo su un’orchestra di sintetizzatori, con parti che si
sovrapongono suonate con il CS-80; il Juno-60, uno strumento
Roland del tempo; l’SH-1000, che era datato gi nel el’84 perché
poteva suonare una sola nota alla volta; insieme ad altri modelli.
Abbiamo parlato del secondo atto come un atto operistico, che
parla di vendetta, ma parla anche di rapporti umani. Per questo la
musica sarebbe stata composta con strumenti classici e,
naturalmente, avrebbe compreso le voci. Come Steve cresce come
sho man dall’Atto Primo al Secondo, la colonna sonora si espande
dal minimalismo elettronico all’opulenza dell’orchestra. noltre,
nel bel mezzo di questo atto, Steve e Sculley vengono trascinati
in una lite accesa, che è accompagnata ed enfatizzata da una
sinfonia di 10 minuti. Io e Danny abbiamo avuto tante idee e
abbiamo pensato e ripensato perché non eravamo sicuri di quali
avrebbero veramente funzionato; quindi c’è stata molta
sperimentazione all’inizio e io ho composto molta opera. Una
piccola cosa: il coro dell’opera canta veramente di computer.
Abbiamo pure scritto il libretto in italiano, e parla di macchine.
Non si sente davvero, ma io volevo che fosse autentico. C’è
attenzione al dettaglio in ogni aspetto di questa colonna sonora.
’Atto Terzo è quasi una chiusura del cerchio, un ritorno a creare
la maggior parte della musica possibile al computer. Nel 1998 si
poteva campionare, si poteva progettare il suono, e creare quasi
tutto, non ci si doveva affidare solo ai sintetizzatori o alle
orchestre. La musica qui è più elaborata a livello di suono e
sembra più interiore, leggermente più astratta, in qualche modo
rappresentativa dei cambiamenti e dei movimenti interiori che sono
avvenuti in Steve. l terzo atto è molto minimale ma elegante. E’
asciutto e semplice, proprio come i prodotti di Jobs.
Quali altre influenze sono presenti nella musica? Quali momenti
della colonna sonora spiccano per Lei?
Se era fondamentale che la colonna sonora supportasse il
linguaggio e fornisse un paesaggio musicale per i personaggi
mentre evolvono, abbiamo anche cercato di portarci dentro l’epoca,
il 1984 soprattutto, il primo atto, dove ho veramente voluto
catturare il suono di quel periodo. La presentazione al mondo
della Apple attraverso il Macintosh, l’ottimismo nei confronti
della tecnologia, anche l’epocale spot “1984”, sono tutti
inesorabilmente legati a quello specifico anno. ’uso del
sintetizzatore non ha solamente catturato l’atmosfera di quel
momento storico, mi ha anche dato l’opportunit di comporre come
se fossi nel 1984. Lavorare con una tecnologia obsoleta mi ha
fatto capire quanto siamo diventati viziati con i grandi progressi
di cui possiamo usufruire oggi, molti dei quali sono stati
possibili grazie a Steve. Andando indietro nell 1984 ho voluto
usare la tecnologia del 1984 e lavorare come se quella fosse
all’avanguardia. Questo ha trasformato la mia prospettiva e ha
cambiato il modo in cui ho lavorato alla musica di questo Atto.
Più di tutto credo che, comporre con le limitazioni di quel
periodo, mi abbia aiutato a penetrare nell’estetica di quel sound.
Per il secondo atto, l’obiettivo primario era trasmettere
l’atmosfera dell’evento, in quel luogo, e dove Steve si trovava
nella sua vita. Per questo motivo, invece di includere cenni che
ci fanno capire che siamo nel 1988, la musica sottolinea il tono
maestoso di Steve nella sua presentazione di NeXT, la sua vendetta
contro la societ che aveva fondato e che non dirige più. E’
un’orchestra di 74 strumenti più coro. Mi piace moltissimo il
momento in cui Steve batte le mani e questo pezzo di grand opera
comincia — nella sua carriera lui è stato spesso paragonato a un
maestro, e qui, dal punto di vista cinematografico, lo è davvero.
Il terzo atto si muove quasi nel regno del design del suono, più
che del comporre una colonna sonora. E’ il 1998, ma per le
intenzioni e gli obiettivi, è il futuro. Vediamo Steve come
l’icona che è, che è diventata, anche nel suo famoso dolcevita
nero, più a suo agio di prima nella sua pelle e in cerca di una
riconciliazione, di cui prima non aveva alcun desiderio.
a mia parte preferita forse è proprio l’inizio del film. Comincia
con uno strano tipo di suono – una macchina che fa un ronzio e
sopra dei toni elettronici. Mi piace il modo in cui funziona, è
completamente diversa. Ci sono forse tre note in questa musica;
nell’opera ce ne sono circa 700. E quando isa gioca per la prima
volta col computer, c’è un’onda di suono, il suono più basilare
che si può avere su un sintetizzatore. Sembra l’inizio dell’era
del computer, in qualche modo. E’ semplice, ma delle note che si
alzano di qualche ottava, se sono le note giuste, diventano molto
più evocative dell’uso di un’intera orchestra.
Come hanno influenzato la sua vita di musicista e compositore Jobs
e i suoi traguardi?
Per molti versi, una partitura per orchestra è una dei più vecchi
pezzi di codice computer. Il codice di un computer è
un’istruzione. Ma con l’orchestra, hai il più straordinario
computer che sia mai stato inventato: 74 esseri umani che
rispondono a quello che, in effetti, è un codice mettendoci dentro
la loro personalità e le loro emozioni. Questo è il motivo per cui
ancora esistono le orchestre, perché niente ha mai battuto
quell’effetto.
’impatto che Jobs ha avuto su di me come compositore è che posso
scrivere per un minuto musica operistica e poi improvvisamente
cambiare e progettare suoni elettronici o comporre per
sintetizzatori. Ora, da solo, posso sognare e comporre tutto – e
poi suonarlo e ascoltarlo, ogni singola nota, senza dover
coinvolgere nessun altro e senza dover mai lasciare la mia stanza.
Non fraintendetemi – non c’è nulla come sentire la tua musica
suonata da 74 musicisti. Ma è fantastico non dover contare su di
loro per ascoltare la tua ultima composizione, specialmente quando
l’hai appena finita e sono le 3:30 del mattino! Per la
composizione, questa è libertà.
Il cast - biografie
Michael Fassbender (Steve Jobs) è un attore e produttore
pluripremiato.
Nel 2001, Fassbender è stato visto nel ruolo della sua svolta in
Band of Brothers – Fratelli al fronte di Steven Spielberg e Tom
Hanks. Nel 2007, ha esordito sul grande schermo come Spartan
Stelios in 300 di Zack Snyder.
’interpretazione di Fassbender come Bobb Sands in Hunger di
Steve McQueen ha ricevuto il plauso della critica e, dopo che il
film ha vinto la Caméra d’Or a Cannes nel
2008, Fassbender ha accumulato numerosi premi internazionali come
miglior attore, tra cui il British Independent Film Award (BIFA),
l’ rish Film & Television A ard ( FTA), il ondon Film Critics’
Circle Award, e premi ai Festival cinematografici di Stoccolma e
di Chicago del 2008. Fassbender è stato premiato al festival di
Chicago l’anno successivo come miglior attore non protagonista per
la sua interpretazione nel film di Andrea Arnold Fish Tank.
’interpretazione di Fassbender in Fish Tank gli è anche valsa
nomination ai BIFA e agli IFTA, oltre al suo secondo London Film
Critics’ A ard.
Fassbender ha vissuto il successo della critica e del pubblico nei
panni di Magneto nella saga X-Men (X-Men – L’inizio, X-Men –
Giorni di un futuro passato, X-Men: Apocalypse di prossima
uscita); in quelli di David in Prometheus di Ridley Scott; e come
Carl Jung in A Dangerous Method di David Cronenberg.
Nel 2014, Fassbender è stato candidato a un Oscar®, un Golden
Globe e a un British Academy of Film and Television Arts (BAFTA),
come miglior attore non protagonista per il suo ruolo come Edwin
Epps in 12 anni schiavo.
12 anni schiavo ha segnato la terza collaborazione di Fassbender
con McQueen, dopo Shame nel 2012, per il quale ha ricevuto una
nomination ai Golden Globe.
Gli altri crediti cinematografici di Fassbender comprendono:
Inglourious Basterds – Bastardi senza gloria, Jane Eyre, Knockout
- Resa dei conti, The Counselor – Il procuratore e Frank.
Fassbender è stato visto di recente in Slow West, che ha aperto
con l’acclamazone della critica ad aprile, e sar il protagonista
di Macbeth, che uscirà negli U.S.A per dicembre.
Al momento sta girando Assassin’s Creed, che sta anche producendo
con la sua società, la DMC Film Limited, con Ubisoft e New
Regency, e che uscirà nelle sale americane a dicembre 2016.
’attrice premio Oscar® Kate Winslet (Joanna Hoffman) ha dato vita
ad alcuni dei ruoli più affascinanti e memorabili della storia del
cinema.
Candidata per sei volte all’Oscar®, Winslet ne ha vinto uno per la
sua interpretazione di Hanna Schmitz in The Reader – Ad alta voce
di Stephen Daldry. Per questo ruolo, Winslet ha anche vinto un
Golden Globe, uno Screen Actors Guild (SAG), un British Academy of
Film and Television Arts (BAFTA) e un Critics’ Choice Movie A ard.
In quello stesso anno, Winslet ha interpretato April Wheeler in
Revolutionary Road, basato sull’acclamato romanzo di Richard Yates
e diretto da Sam Mendes, film che le è valso un secondo Golden
Globe.
Winslet è cresciuta in una famiglia di attori e ha cominciato a
recitare per la televisione inglese a 13 anni. A 17, si è fatta
conoscere in tutto il mondo in Creature del cielo di Peter
Jackson. ’anno successivo ha interpretato il ruolo di Marianne
Dashwood in Ragione e sentimento di Ang Lee; per la sua
interpretazione ha ricevuto la sua prima nomination agli Oscar®.
E’ stata anche candidata per un olden lobe e ha vinto un BAFTA e
un SAG.
Winslet ha poi recitato con Christopher Eccleston in Jude di
Michael Winterbottom
E poi come Ofelia in Hamlet di enneth Branagh. E’ stata Rose in
Titanic di James Cameron, e per questo ruolo ha ricevuto la sua
seconda nomination agli Oscar®.
Al tempo aveva 22 anni ed è diventata l’attrice più giovane ad
aver ricevuto due nomination agli Oscar®.
Nel 1999, Winslet ha interpretato Julia in Hideous Kinky – Un
treno per Marrakech, diretto da Gillies MacKinnon, e nel 2000, è
stata la protagonista del film di Jane Campion Holy Smoke – Fuoco
sacro. Ha anche interpretato il film in costume di Philip Kaufman
Quills – La penna dello scandalo.
Nel 2001, Winslet ha interpretato la giovane Iris Murdoch nel film
di Richard Eyre
Iris – Un amore vero, ricevendo nomination ai Golden Globe, ai
BAFTA e agli Oscar®. Successivamente è stata la protagonista del
film di spionaggio di Michael Apted Enigma, che racconta di alcune
persone che hanno decifrato codici durante la Seconda Guerra
Mondiale, e ha interpretato The Life of David Gale.
Nel 2004, Winslet si è tinta i capelli di blu e arancione per
interpretare la bizzarra Clementine in Se mi lasci ti cancello,
ricevendo nomination agli Oscar®, ai Golden Globe, ai SAG e ai
BAFTA come miglior attrice. Poi ha interpretato Neverland – Un
sogno per la vita, nominato Miglior Film del 2004 dalla National
Board of Review.
Nel 2006, Winslet è stata vista in Tutti gli uomini del re di
Steven Zaillian, ha prestato la sua voce al personaggio di Rita
nel film d’animazione Giù per il tubo, e ha concluso l’anno con la
commedia romantica L’amore non va in vacanza. Winslet ha ricevuto
la sua quinta nomination agli Oscar® per la sua interpretazione
nel ruolo della protagonista in Little Children di Todd Field.
Nel 2010, Winslet ha interpretato il ruolo della protagonista
nella miniserie in cinque parti della HBO Mildred Pierce, per il
quale ha vinto un Primetime Emmy, un Golden Globe e un SAG come
miglior attrice. Si è unita al cast corale di Contagion di Steven
Soderbergh
ed è stata la protagonista di Carnage di Roman Polanski,
presentato in anteprima in concorso al festival di Venezia nel
2011.
Più recentemente, Winslet ha interpretato: il film di Jason
Reitman Un giorno come tanti; gli adattamenti cinematografici dei
popolarissimi romanzi per giovani adulti di Veronica Roth
Divergent (2014), diretto da Neil Burger, e Insurgent (2015),
diretto da Robert Schwentke; e Le regole del caos, con la regia di
Alan Rickman.
Prossimamente, Winslet sarà la protagonista del film di Jocelyn
Moorhouse The Dressmaker, e di Triple Nine di John Hillcoat.
Per il suo contributo all’arte, Winslet è stata insignita
Comandante dell’Ordine dell’impero Britannico (CBE),
riconoscimento ricevuto dalla Regina Elisabetta in una cerimonia
che ha avuto luogo a Buckingham Palace.
Seth Rogen (Steve “Woz” Wozniak) è emerso come figura di spicco di
una nuova generazione di eclettici come attore, sceneggiatore,
produttore e regista capace di dare vita al suo stesso materiale.
Nel 2011, Rogen, insieme al suo amico di vecchia data e cosceneggiatore Evan Goldberg, ha fondato la Point Grey Pictures, la
società di produzione che sta dietro a film come The Interview,
Cattivi vicini, Facciamola finita e 50 e 50.
Rogen ha interpretato e prodotto The Night Before della Sony
Pictures, una commedia che racconta di tre grandi amici che
partono per trascorrere la migliore delle vigilie di Natale perché
quella potrebbe essere l’ultima delle loro ormai tradizionali
riunioni annuali in quella data. Il film uscirà nelle sale
americane il 25 novembre 2015.
A maggio 2016, Rogen apparirà in Cattivi vicini 2, il sequel della
commedia di enorme successo dell’estate 2014 Cattivi vicini.
Recentemente, Rogen ha co-diretto, prodotto e interpretato la
controversa, quasi mai vista, commedia action The Interview.
Uscita il giorno di Natale simultaneamente al cinema e online, The
Interview ha guadagnato più di 40 milioni di dollari di vendite in
digitale, diventando il film di maggiore incasso online della Sony
Pictures.
Nel 2013, Rogen ha fatto il suo debutto alla regia, dirigendo
insieme a Goldberg la commedia apocalittica della Sony Pictures
Facciamola finita.
Nel 2011, Rogen ha prodotto esecutivamente e co-interpretato la
commedia drammatica
50/50, che si ispira alle reali esperienze di vita del suo miglior
amico. Rogen ha continuati a dare dimostrazione dei suoi tanti
talenti co-sceneggiando, producendo esecutivamente e interpretando
il personaggio principale, Britt Reid, nel film action The Green
Hornet.
Nello stesso anno, Rogen ha prestato la sua voce al film,
candidato all’Oscar®, Kung Fu Panda, per poi riprendere il suo
ruolo come voce della sarcastica Mantide nel sequel del film Kung
Fu Panda 2.
Candidato a un Primetime Emmy Award nel 2005 per la scrittura di
uno spettacolo di varietà, musicale o comico per Da Ali G Show,
Rogen ha cominciato la sua carriera facendo il comico stand-up a
Vancouver, in Canada, a 13 anni. Dopo essersi trasferito a
Los Angeles, Rogen ha ottenuto ruoli secondari nelle due commedie
televisive di Judd Apatow, acclamate dalla critica, Freaks and
Geeks e Undeclared. Per quest’ultima Rogen è stato anche assunto
come staff writer all’et di 18 anni.
Poco dopo, Rogen è stato guidato da Apatow verso una carriera
cinematografica, cominciata con 40 Anni Vergine nel 2005.
Nel 2007, Rogen è stato l’attrazione principale di due blockbuster
dell’estate: Molto incinta e Suxbad – Tre menti sopra il pelo, e
di quest’ultimo è stato anche co-sceneggiatore.
Nel 2008, Rogen ha trovato il successo con la commedia action
Strafumati.
Rogen attualmente vive a Los Angeles.
Jeff Daniels (John Sculley) si è distinto recitando per più di 38
anni in teatro e per il grande e piccolo schermo. Per il suo
ritratto di Will McAvoy in The Newsroom della HBO, Daniels ha
vinto un Primetime Emmy Award come miglior attore protagonista in
una serie drammatica nel 2013; è stato nominato nella stessa
categoria nel 2014 e nel 2015 e ha ricevuto anche nomination ai
Golden Globe, ai Satellite e agli Screen Actors Guild (SAG).
In teatro, Daniels è stato candidato al Tony Award come miglior
attore per la sua interpretazione nel celebrato spettacolo di
Broadway God of Carnage. Ha ricevuto nomination ai premi Drama
League e Drama Desk per il suo ruolo in Blackbird al
Manhattan Theatre Club, e nomination al Drama Desk per le sue
interpretazioni in Lemon Sky al Second Stage Theatre e in Fifth of
July a Broadway. Daniels ha vinto un Obie Award per il suo ruolo
nell’adattamento per un solo attore di Johnny Got His Gun di
Dalton Trumbo al Circle Repertor Compan . E’ il fondatore della
compagnia teatrale Purple Rose di Chelsea, in Michigan, per la
quale ha scritto 15 pièce.
Il lungo elenco di crediti cinematografici di Daniels include: Il
calamaro e la balena, che gli è valso nomination all’ ndependent
Spirit e al Golden Globe, oltre alla nomination come Attore
dell’Anno del ondon Film Critics’ Circe e il primo posto nella
classifica dei cinque migliori attori di Newsweek; Qualcosa di
travolgente, che gli è valso una nomination al Golden Globe; La
rosa purpurea del Cairo, che gli è fruttato una nomination al
Golden Globe; Gettysburg; Good Night, and Good Luck.; Looper;
Sguardo nel vuoto; The Hours; Pleasantville; La carica dei 101 –
Questa volta la magia è vera; L’incredibile volo; Speed;
Aracnofobia; Debito di sangue; Voglia di tenerezza; Ragtime; Scemo
& + scemo, per il quale ha condiviso con Jim Carrey una nomination
al MTV Movie Award per Miglior Duo dello Schermo nel 1995; e Scemo
& + scemo 2. Daniels è nelle sale in Sopravvissuto -The Martian
della 20th Century Fox e verrà visto nel terzo episodio della
serie Divergent della Lionsgate, Allegiant: Part 1, che uscirà
nelle sale americane a marzo 2016.
A ottobre 2014, Daniels ha pubblicato “Da s ike These”, il suo
sesto album, e al momento è in tournee per promuoverlo.
Attore noto per la sua versatilità e la sua abilità di
trasformarsi con ogni personaggio che interpreta, Michael
Stuhlbarg (Andy Hertzfeld) continua ad essere uno degli attori più
richiesti della sua generazione.
Per anni, Stuhlbarg è stato un elogiato attore teatrale, ma è
stato il suo ritratto di Larry Gopnik, il protagonista del film di
Joel e Ethan Coen A Serious Man, a fruttargli lodi e
riconoscimenti all’interno della comunit cinematografica oltre
che una nomination al Golden Globe come Miglior Attore.
Stuhlbarg sta attualmente girando il film di Denis Villeneuve
Story of Your Life, con Amy Adams, Jeremy Renner e Forest
Whitaker, che uscirà con la Paramount Pictures nel 2016. Il film
racconta la storia di una linguista esperta (Adams) che viene
reclutata dai militari per determinare se gli alieni sulla Terra
vengono in pace o sono una minaccia.
Questo autunno, Stuhlbarg verrà visto in una gran varietà di film,
tutti diretti da stimati registi. Il primo è Pawn Sacrifice di
Edward Zwick, nela quale recita accanto a Tobey Maguire e Peter
Sarsgaard. Il film è uscito per la Bleecker Street Media a Los
Angeles e New York il 16 settembre. A seguire, Stuhlbarg sarò
visto nell’esordio alla regia di Don Cheadle, Miles Ahead, con
Ewan McGregor e lo stesso Cheadle. Il film è uscito nelle sale
americane per la Sony Pictures Classics il 10 ottobre. Infine,
apparirà nel ruolo di Edward G. Robinson, insieme a Bryan
Cranston, John Goodman e Diane Lane, in Trumbo di Jay Roach. Il
film era stato presentato in anteprima al Festival Internazionale
di Toronto del 2015 ed è uscito in alcune città scelte per la
Bleecker Street Media il 6 novembre.
I precedenti crediti cinematografici di Stuhlbarg includono:
Lincoln di Steven Spielberg,
Blue Jasmine di Woody Allen, Hugo Cabret di Martin Scorsese, Men
in Black 3 di Barry Sonnenfeld, 7 psicopatici di Martin McDonagh,
Cut Bank, Hitchcock, Nessuna verità di Ridley Scott, La zona
grigia di Tim Blake Nelson, Cold Souls di Sophie Barthes e il
corto omaggio a Alfred Hitchcock, The Key to Reserva.
Per quattro stagioni, Stuhlbarg ha interpretato Arnold Rothstein,
il notorio cervello di Ne York Cit , accanto a Enoch “Nuck ”
Thompson interpretato da Steve Buscemi, nella pluripremiata serie
della HBO Boardwalk Empire – L’impero del crimine.
Nel 2005, Stuhlbarg è stato candidato a un Tony Award e ha vinto
un Drama Desk Award per la sua interpretazione in The Pillowman di
McDonagh (accanto a Billy Crudup). I suoi altri crediti di
Broadway includono: The Invention of Love di Tom Stoppard, il
revival di Sam Mendes di Cabaret, Taking Sides di Ronald Harwood,
Saint Joan di Bernard Shaw, Timon of Athens di Shakespeare, The
Government Inspector di Nikolai Gogol e Three Men on a Horse di
John Cecil Holm.
Stuhlbarg è apparso numerose volta allo Shakespeare Festival di
New York.
I suoi ruoli, acclamati dalla critica, comprendono: Sir Andrew
Aguecheek in La dodicesima notte e i ruoli dei protagonisti di La
tragedia di Riccardo II, diretto da Steven Berkoff, e Amleto di
Oskar Eustis, per cui ha vinto un premio della Drama League.
I numerosi crediti off-Broadway di Stuhlbarg includono: The Voysey
Inheritance di David Warren (Premi Obie e Joe A. Callaway e una
nomination al Lucille Lortel); Old Wicked Songs (premio della
Drama League); Measure for Pleasure (nomination al Lucille Lortel
Award); Cymbeline alla Royal Shakespeare Company a Stratford-uponAvon e The Grey Zone. E’ stato premiato con il Charles Bo den
Actor A ard dei Ne Dramatists e con l’ Elliot Norton A ard della
Boston Theater Critics Association, quest’ultimo per la sua
interpretazione in Long Day’s Journey Into Night insieme a Claire
Bloom.
Stuhlbarg ha frequentato la UCLA per due anni e ha poi ricevuto il
suo BFA dalla Juilliard School. Ha studiato anche Chekhov al
Conservatorio di Vilnius in Lituania; Shakespeare alla British
American Drama Academy di Balliol e al Keble Colleges di Oxford; e
con Marcel Marceau al World Centre.
Katherine Waterston (Chrisann Brennan) sta attualmente girando
Fantastic Beasts and Where to Find Them di David Yates, basato sul
romanzo di J.K. Rowling. Reciterà accanto a Eddie Redmayne.
Waterston è stata vista di recente nel film indipendente di Alex
Ross Perry Queen of Earth, con Elisabeth Moss. Nel 2014, ha avuto
la svolta grazie al film giallo pieno di droga ambientato negli
anni ’70 di Paul Thomas Anderson Vizio di forma, con Joaquin
Phoenix, per la Warner Bros.
Precedentemente, Waterston è stata vista accanto a Jessica
Chastain e James McAvoy
in La scomparsa di Eleanor Rigby, presentato in anteprima al
Festival cinematografico di Toronto nel 2013 e distribuito dalla
Weinstein Compan . E’ anche apparsa in Night Moves di Kelly
Reichardt, con Dakota Fanning, Peter Sarsgaard e Jesse Eisenberg,
anche questo presentato al festival di Toronto nel 2013 e
distribuito dalla Cinedigm.
Gli altri crediti di Waterston includono: Michael Clayton di Tony
Gilroy, Motel Woodstock di Ang Lee e Being Flynn di Paul Weitz.
Nel 2013, Waterston è stata vista sul piccolo schermo in un ruolo
ricorrente nell’acclamata serie della HBO Boardwalk Empire. Ha
anche molti crediti teatrali, tra cui l’aver recitato in Il
giardino dei ciliegi.
Nel 2014, Sarah Snook (Andrea “Andy” Cunningham) ha vinto un
Australian Academy
of Cinema and Television Arts (AACTA) Award come miglior attrice
per la sua interpretazione in Predestination dei fratelli Spierig,
interpretato anche da Ethan Hawke e
Noah Taylor. Sempre nel 2014, Snook è stata scelta come
protagonista per il pilot della ABC Clementine, oltre a
interpretare il film di Kevin Greutert per la Lionsgate Oscure
presenze.
Snook reciterà accanto a Kate Winslet in The Dressmaker di Jocelyn
Moorhouse, e verrà vista a teatro nel ruolo della protagonista
femminile, accanto a Ralph Fiennes, in Il costruttore Solness di
Henrik Ibsen.
Nel 2012, Snook è apparsa nella commedia romantica Not Suitable
for Children accanto a Ryan Kwanten. Nel 2010, ha vinto un AACTA
Award come migliore attrice in un film per la televisione e ha
ricevuto una nomination per un TV Week Logie Award come miglior
attrice esordiente per il suo lavoro nel telefilm Sisters of War.
Snook è stata una delle cinque finaliste per Millennium – Uomini
che odiano le donne di David Fincher ed ha conquistato il secondo
posto per la Heath Ledger Scholarship degli Australians in Film
del 2011. Snook è australiana ma ha un accento americano
impeccabile.
Perla Haney-Jardine (Lisa Brennan a 19 anni) è nata su un’isola
davanti alle coste di
Rio de Janeiro, in Brasile, nel 1997 da un padre venezuelano e una
madre americana. Haney-Jardine ha cominciato sotto i migliori
auspici la sua carriera apparendo in Kill Bill: Vol. 2 di Quentin
Tarantino nel ruolo della figlia di Uma Thurman. Haney-Jardine ha
poi lavorato con Sam Raimi in Spider-Man 3, Walter Salles in Dark
Water (accanto a Jennifer Connelly) e Michael Winterbottom in
Genova – Un luogo per ricominciare (accanto a Colin Firth e
Catherine Keener).
Gli altri crediti cinematografici di Haney-Jardine includono ruoli
importanti nei film indipendenti Future Weather e Anywhere, USA
che hanno goduto di una buona risposta sia di pubblico che da
parte dei critici. Di recente, Haney-Jardine si è diplomata in un
liceo in North Carolina, dove ha brillato in scrittura e arti
visive. Non vede l’ora di frequentare il college e di continuare a
recitare in film che fanno riflettere, realizzati da voci fuori
dal coro.
Ripley Sobo (Lisa Brennan a 9 anni) ha di recente finito di girare
Kid Witness, con
Susan Sarandon, e prima di questo ha girato Batman v Superman:
Dawn of Justice, con Ben Affleck, di prossima uscita. Sobo ha
anche avuto un piccolo ruolo accanto a
Meryl Streep in Dove eravamo rimasti di Jonathan Demme.
Sobo è stata una delle due giovani attrici in lizza per il ruolo
principale della serie della FOX Believe, creata da Alfonso Cuarón
e Mark Friedman. Ha appena terminato un anno in cui ha
interpretato il ruolo della protagonista in Matilda the Musical a
Broadway, dopo aver debuttato a teatro in Once. Sobo ha anche
recitato accanto a Jennifer Connelly in Storia d’inverno di Akiva
Goldsman per la Warner Bros.
Nata a Los Angeles, California, Makenzie Moss (Lisa Brennan a 5
anni) ha mostrato molto presto il suo desiderio di intrattenere
gli altri. Con un lungo elenco di spot alle spalle, Moss è stata
vista di recente nel film Do You Believe? con Mira Sorvino e Sean
Astin. Moss jha appena finito di girare il thriler psicologico The
Charnel House, che uscirà nelle sale americane nel 2016.
Moss ama ballare, cantare e giocare con le sue amiche e con
Olivia, la sua sorella maggiore. Ama i suoi cani Pickles e
Lambchop e spera un giorno di diventare una veterinaria.
I filmmaker – biografie
Danny Boyle, p.g.a. (Diretto da/Prodotto da) ha curato la regia
della cerimonia d’apertura per i iochi Olimpici di ondra nel
2012, lasciando a bocca aperta i critici e il pubblico di tutto il
mondo.
Nel 2008, Bo le ha vinto l’Oscar® come Miglior Regista per il film
The Millionaire. Il film ha vinto otto statuette, tra cui quella
come Miglior Film, e più di100 altri premi. Il suo film
successivo, 127 ore, interpretato da James Franco, è stato
candidato a sei Oscar®, compreso quello per Miglior Film, e a otto
British Academy of Film and Television Arts (BAFTA). Nel 2013,
Boyle ha diretto il thriller mystery In trance, interpretato da
James McAvoy, Vincent Cassel e Rosario Dawson.
I due primi film di Boyle con lo sceneggiatore John Hodge, Piccoli
omicidi tra amici e Trainspotting, hanno vinto due BAFTA e
ricevuto una nomination agli Oscar®. Trainspotting rimane uno dei
film indipendenti inglesi più amato e che ha incassato di più di
tutti i tempi.
Inoltre, Boyle ha diretto i film 28 giorni dopo, Millions, The
Beach, Una vita esagerata, Alien Love Triangle e Sunshine. Ha
anche diretto lavori molto acclamati per la televisione e per il
teatro, incluso Frankenstein nel 2011 al Royal National Theatre,
interpretato da Benedict Cumberbatch and Jonny Lee Miller.
Lo sceneggiatore premio Oscar® Aaron Sorkin (Sceneggiatura di) si
è laureato in teatro alla Syracuse University nel 1983.
Sorkin ha debuttato a Broadway a 28 anni scrivendo il dramma di
due militari accusati di aver ucciso un commilitone, Codice
d’onore, per il quale ha ricevuto il John Gassner A ard dell’Outer
Critics Circle, come migliore piece americana scritta da un
drammaturgo esordiente. ’anno successivo ha debuttato la sua
piece off-Broadway, Making Movies, e nel 2007, è ritornato a
Broadway con The Farnsworth Invention, diretto da Des McAnuff.
Più recentemente, Sorkin ha ricevuto una nomination agli Oscar®
nella categoria miglior sceneggiatura non originale per L'arte di
vincere, che gli è valsa anche riconoscimenti come miglior
sceneggiatura non originale dalle associazioni Broadcast Film
Critics, New York Film Critics, e Chicago Film Critics, oltre a
nomination ai Golden Globe e al Writers Guild Award.
Per The Social Network del 2010, Sorkin ha vinto un Oscar®, un
Golden Globe, un
Critics’ Choice Movie e un British Academ of Film and Television
Arts (BAFTA) per miglior sceneggiatura non originale. Inoltre, ha
anche vinto il Writers uild of America A ard (W A) e l’USC
Scripter Award. Il film, diretto da David Fincher, è stato
candidato a otto Oscar®, incluso quello come miglior film,
categoria nella quale ha vinto un Golden Globe. Il film è apparso
in più di 350 liste di critici fra i 10 migliori film del 2010. Il
suo adattamento cinematografico di Codice d’onore è stato
candidato a quattro Oscar®, incluso quello come miglior film, e a
cinque Golden Globe, incluso quello per miglior sceneggiatura. Ha
dato seguito al suo successo con la sceneggiatura di Malice – Il
sospetto, interpretato da Alec Baldwin e Nicole Kidman e di Il
presidente - Una storia d'amore, con Michael Douglas e Annette
Bening.
Sorkin ha prodotto e scritto la serie televisiva Sports Night per
la ABC per due anni, vincendo l’Humanitas Prize e il Television
Critics Association Award. Ha trascorso i successivi quattro anni
scrivendo e producendo la serie della NBC West Wing - Tutti gli
uomini del Presidente, che ha vinto un Emmy Primetime come miglior
serie per tutti e quattro gli anni. Per il suo lavoro su West
Wing, Sorkin ha anche ricevuto due volte il Peabody Award e
l’Humanitas Prize, e tre Television Critics Association Awards. Ha
anche vinto un Golden Globe, un Writers Guild, e tre Producers
Guild Awards. Nel 2006, Sorkin ha scritto e prodotto la serie
televisiva per la NBC Studio 60 on the Sunset Strip.
Successivamente ha scritto la sceneggiatura per La guerra di
Charlie Wilson del 2007, diretto da Mike Nichols e interpretato da
Tom Hanks, Philip Seymour Hoffman e Julia Roberts. Più
recentemente, Sorkin ha scritto e prodotto tre stagioni della
serie della HBO, candidata al Golden Globe, The Newsroom,
interpretata da Jeff Daniels.
Walter Isaacson (Basato sul libro di) è il presidente e CEO
dell’Aspen nstitute, un’organizzazione internazionale non profit,
che si occupa di politica, istruzione e tematiche conteporanee con
sede a Washington, D.C. Isaacson è stato presidente e e CEO della
CNN e caporedattore del Time.
Il libro più recente di Isaacson, “The nnovators: Ho a roup of
Hackers, eniuses, and eeks Created the Digital Revolution”
(2014) è un racconto biografico sulle persone che hanno inventato
il computer, nternet e molte altre grandi innovazioni dell’era
digitale.
saacson è l’autore di “Steve Jobs” (2013), “Einstein: His ife
and Universe” (Einstein: La sua vita, il suo universo) (2008),
“Benjamin Franklin: An American ife” (2004), e “ issinger: A
Biograph ” (1992). E’ anche autore, insieme a Evan Thomas, di
“The Wise Men: Six Friends and the World The Made” (1986).
Isaacson è nato il 20 maggio 1952 a New Orleans, in Louisiana. Si
è laureato a Harvard e al Pembroke College dell’Universit di
Oxford. Isaacson ha cominciato la sua carriera al Sunday Times nel
Regno Unito e al Times-Picayune di Ne Orleans. E’ entrato al Time
nel 1978 lavorando come corrispondente politico, editor nazionale
e editor di media digitali prima di diventare il redattore della
rivista nel 1996.
Isaacson è presidente emerito di Teach for America, che recluta
giovani neodiplomati al college per insegnare nelle comunità più
disagiate. Dal 2005 al 2007, Isaacson è stato vicepresidente della
ouisiana Recover Authorit , l’ente preposto alla supervisione
della ricostruzione dello Stato dopo l’uragano atrina. E’ stato
nominato dal Presidente Barack Obama e confermato dal Senato
presidente della Broadcasting Board of Governors, che gestisce
Voice of America, Radio Free Europe e altre trasmissioni
internazionali degli Stati Uniti, posizione che ha mantenuto dal
2009 al 2012. saacson è nel Consiglio d’Amministrazione della
United Airlines, della Tulane University, degli Overseers of
Harvard University, della New Orleans Tricentennial Commission, di
Bloomberg Philanthropies, della Society of American Historians e
di M Brother’s eeper Alliance.
Come CEO della Mark Gordon Company, Mark Gordon, p.g.a. (Prodotto
da) è un produttore cinematografico e televisivo pluripremiato con
più di 100 film al suo attivo.
Attualmente Gordon sta producendo Arms and the Dudes, interpretato
da Jonah Hill
e Miles Teller, per la regia di Todd Phillips. I suoi passati
crediti cinematografici includono: Salvate il soldato Ryan (che
gli è valso nomination agli Oscar® e ai British Academy of Film
and Television Arts (BAFTA), oltre a un Golden Globe per Miglior
Film Drammatico;
2012; The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo; Speed;
Source Code; The Messenger e The Patriot. Come produttore
esecutivo e finanziatore, i crediti di Gordono includono: Lara
Croft-Tomb Raider, Wonder Boys, Il velo dipinto, Soldi sporchi e I
colori della vittoria.
Per quanto riguarda la televisione, Gordon sta attualmente
lavorando come produttore esecutivo su varie serie, incluse Grey’s
Anatomy, Criminal Minds e Ray Donovan, oltre alla serie che andrà
in onda prossimamente su ABC, Quantico, e lo spin-off Criminal
Minds: Beyond Borders per la CBS. Nel 2015, Gordon è stato
premiato dalla Producers Guild of America (PGA) con il Norman Lear
Achievement A ard per la televisione. E’ stato anche candidato
cinque volte al Primetime Emmy e lo ha vinto due volte, ha vinto
un Golden Globe per il suo lavoro su Grey’s Anatomy. Alcuni dei
sooui altri crediti televisivi comprendono: il vincitore del
Primetime Emmy Award Warm Springs, Private Practice, Army Wives e
Reaper.
Nel 2015, la Mark Gordon Company si è associata con la
Entertainment One (eOne) per creare una società di produzione
televisiva e cinematografica indipendente che produrrà contenuti
per la televisione broadcast e via cavo, per le major
cinematografiche e per la piattaforma di distribuzione globale
della eOne. Gordon ne è il CEO.
Attivo filantropo e sostenitore dell’istruzione pubblica, ordon è
il fondatore delle Citizens of the World Charter Schools (CWC),
che serve 1.400 studenti di cinque scuole a Los Angeles e
Brooklyn. Nel 2016, la CWC aprirà nuove scuole a Kansas City e
crescerà a Los Angeles per servire gli studenti delle scuole
medie. Gordon è un ex membro del consiglio della Archer School for
Girls ed ex presidente dei Teach for America Los Angeles. Gordon
ha occupato posizioni nei Consigli di varie istituzioni, tra cui:
Virginia Film Festival, Chrysalis, the Motion Picture and
Television Fund, e UCLA Lab School.
Guymon Casady, p.g.a. (Prodotto da) è un socio fondatore
dell’azienda leader di talent management, la Management 360, e
lavora come produttore per la sua divisione produzione, la
Entertainment 360. Casady ha prodotto il film di David Frankel,
candidato al Golden Globe, Hope Springs, con protagonista Meryl
Streep. E’ anche un co-produttore esecutivo, vincitore del
Primetime Emmy, della serie pluripremiata della HBO Il trono di
spade (Game of Thrones).
I crediti cinematografici di Scott Rudin, p.g.a. (Produced by)
includono: Ex Machina; Top Five; Giovani si diventa; Vizio di
forma; Grand Budapest Hotel; Captain Phillips – Attacco in mare
aperto; A proposito di Davis; Frances Ha; Moonrise Kingdom;
Millennium - Uomini che odiano le donne; L'arte di vincere;
Margaret; The Social Network; Il Grinta; Lo stravagante mondo di
Greenberg; E’ complicato; Fantastic Mr. Fox; Julie & Julia; Il
dubbio; Non è un paese per vecchi; Il petroliere; The Queen;
Diario di uno scandalo; Closer; Team America: World Police; School
of Rock; The Hours; I Tenenbaum; Zoolander; Il mistero di Sleepy
Hollow; Wonder Boys; South Park - Il film: più grosso, più lungo &
tutto intero; The Truman Show; In & Out; Ransom – Il riscatto; Il
club delle prime mogli; Ragazze a Beverly Hills; La vita a modo
mio; Il socio; In cerca di Bobby Fischer; Sister Act; e La
famiglia Addams.
Quelli teatrali comprendono: Hamlet; Seven Guitars; A Funny Thing
Happened on the Way to the Forum; The Chairs; The Blue Room;
Closer; Amy’s View; Copenhagen; The Designated Mourner; The Goat,
or Who Is Sylvia?; Caroline, or Change; The Normal Heart; Who’s
Afraid of Virginia Woolf?; Doubt; Faith Healer; The History Boys;
Shining City; Stuff Happens; The Vertical Hour; The Year of
Magical Thinking; Gypsy; God of Carnage; Fences; Jerusalem; The
Motherf**ker With the Hat; The Book of Mormon; One Man, Two
Guvnors; Death of a Salesman; The Testament of Mary; Betrayal; A
Raisin in the Sun;
This Is Our Youth; The Curious Incident of the Dog in the NightTime; A Delicate Balance; Fish in the Dark; The Audience; The
Iceman Cometh; Between Riverside and Crazy; Skylight; The Flick; e
The Crucible.
Christian Colson, p.g.a. (Prodotto da) è il produttore, vincitore
dell’Oscar®, di The Millionaire. Colson ha prodotto anche 127 ore
di Danny Boyle, che ha ricevuto una nomination agli Oscar® come
Miglior Film, e nel 2013, In Trance. Nel 2014, ha prodotto
l’acclamato Selma - La strada per la libertà, che ha ricevuto una
nomination agli Oscar® coem Miglior Film. Colson ha cominciato la
sua carriera nel 1994 all’agenzia per talenti ondon Management.
Nel 1998, è diventato responsabile per lo sviluppo della Miramax
Films Inghilterra di Bob e Harvey Weinstein. Tra il 2002 e il
2009, ha gestito la Celador Films, per la quale ha prodotto sette
film, incluso l’horror del 2005 di Neil Marshall, che ha riscosso
un grande successo mondiale, The Descent – Discesa nelle tenebre.
Ha fondato la Cloud Eight Films nel 2009. Colson, insieme a Boyle,
produrrà a breve Battle of the Sexes per la Fox Searchlight, sulla
famigerata partita di tennis tra Billie Jean King e Bobby Riggs
trasmessa in TV nel 1973, che è stata la trasmissione più seguita
dai tempi dell’atterraggio sulla luna. Simon Beaufo è lo
sceneggiatore e la regia sarà di Jonathan Dayton e Valerie Faris.
Bernard Bellew (Produttore esecutivo) ha cominciato la sua
carriera mentre era ancora a scuole, lavorando come protezionista
in un piccolo cinema indipendente a Brighton, in Inghilterra.
Bellew ha poi iniziato a lavorare nel mondo del cinema come
assistente di produzione per poi arrivare a lavorare come secondo
aiuto regia in numerosi film, tra cui Mary Shelley’s Frankenstein,
Ragione e sentimento, Dredd – La legge sono io, Kundun, Star Wars:
Episodio I — La minaccia fantasma e Notting Hill.
Il lavoro di Bellew come responsabile di produzione include: About
a Boy – Un ragazzo, Harry Potter e la camera dei segreti e Band of
Brothers della HBO. I titoli come line producer e co-produttore
comprendono: Che pasticcio, Bridget Jones, Sunshine, 28 settimane
dopo e i film candidati all’Oscar® 127 ore e Les Misérables. I
crediti più recenti come produttore esecutivo includono In trance
di Danny Boyle e Tomorrowland – Il mondo di domani di Brad Bird.
Nel corso della sua carriera, Belle ha avuto l’opportunit di
lavorare con registi come Martin Scorsese, George Lucas, Ang Lee,
Roger Michell, Kenneth Branagh, James Ivory e Tom Hooper, e per
lavoro ha girato il mondo: Stati Uniti, Repubblica Ceca, Spagna
Kenya, Etiopia, Bermuda, Francia, Russia, Marocco, Tunisia,
Tailandia, Austria e Svezia. Bellew è membro della Production
Guild of Great Britain e della Directors Guild of America.
Bryan Zuriff (Produttore esecutivo) è il produttore esecutivo
della serie di Showtime Ray Donovan. Zuriff, inoltre, sta
producendo esecutivamente il film per il grande schermo di
prossima uscita della Warner Bros. Arms and the Dudes, basato
sull’articolo di u
a son con lo stesso titolo per la rivista
Rolling Stone. Il film sarà interpretato da Jonah Hill e Miles
Teller e diretto da Todd Phillips. Zuriff sta lavorando anche allo
sviluppo dell’attesissimo film Cowboy Ninja Viking per la
Universal Pictures. Il film, scritto da Craig Mazin sarà
interpretato da Chris Pratt, e la regia sarà di David Leitch e
Chad Stahelski.
Come ex manager di talenti e vicepresidente del marketing alla
Content Partners LLC, Zuriff ha esperienze e conoscenze diverse
nell’industria dell’intrattenimento. E’ stato il produttore
esecutivo del film di Oren Moverman The Messenger, interpretato da
Woody Harrelson e Ben Foster. Il film ha ricevuto nomination agli
Oscar® per la Miglior Sceneggiatura Originale (Moverman e
Alessandro Camon) e Miglior Attore non Protagonista (Woody
Harrelson) nel 2009 ed è stato premiato con numerosi altri
riconoscimenti prestigiosi.
Zuriff ha anche prodotto la dark comedy di Jacob Aaron Estes The
Details, interpretata da Tobey Maguire, Elizabeth Banks, Laura
Linney e Ray Liotta. La Weinstein Company ha acquistato i diritti
di distribuzione del film al Sundance Film Festival del 2011 per
9,2 milioni di dollari, rendendolo così il film di maggiore
successo del festival. Zuriff è cresciuto a New York City e ora
vive a Los Angeles con sua moglie e i loro quattro figli.
I crediti di Eli Bush (Produttore esecutivo) come produttore
includono Giovani si diventa e Top Five; come produttore esecutivo
Ex Machina, Captain Phillips – Attacco in mare aperto e Rosewater;
e come co-produttore Mistress America, Vizio di forma, The Grand
Budapest Hotel, Frances Ha, Moonrise Kingdom, Millennium - Uomini
che odiano le donne, Molto forte, incredibilmente vicino e The
Newsroom della HBO.
Per il palcoscenico, Bush è stato produttore associato su The Book
of Mormon; produttore per A View from the Bridge, The Flick, Fish
in the Dark, Skylight, A Delicate Balance, This Is Our Youth, A
Raisin in the Sun, Betrayal, Death of a Salesman e The Testament
of Mary.
Al in
chler, BSC (Direttore della fotografia) ha vinto un
British Independent
Film Award (BIFA) per il suo primo film da direttore della
fotografia per l’esordio alla regia di Lynne Ramsay, Ratcatcher.
Il duo ha cominciato a collaborare alla National Film and
Television School di Londra, dove hanno fatto un gran numero di
corti premiati, tra cui Gasman, Small Deaths e Kill the Day.
Dopo Ratcatcher, i film di
chler come direttore della fotografia
hanno compreso: Un giorno a settembre di Kevin Macdonald, che ha
vinto l’Oscar® come miglior documentario; e Le bianche tracce
della vita di Michael Winterbottom, per il quale ha vinto il
premio per la fotografia al Festival cinematografico di
Valladolid.
I suoi altri crediti includono: Codice 46 di Winterbottom; Hanna
di Joe Wright; The Mother e Il buongiorno del mattino di Roger
Michell; il telefilm di Stephen Frears The Deal; Proof – La prova
di John Madden; Sunshine di Danny Boyle; Lucky Break di Peter
Cattaneo; Heartlands di Damien O’Donnell; Solitary Man di Brian
Koppelman e David Levien; il documentario di Macdonald Marley; e
Morvern Callar di Ramsay con il quale la sua fotografia ha vinto
un BIFA, ha ricevuto una nomination all’European Film A ard e
premi ai Festival di Stoccolma e Dinard.
chler è anche un pluripremiato direttore della fotografia di
pubblicità, compresi quelli di alto profilo per il Super Bowl,
oltre a spot per società della Fortune 500, come Audi, Nike e
Coca-Cola. Ha vinto il prestigioso Creative Circle Silver Award
per la fotografia per il suo lavoro sullo spot “Rescue” per
Carling, diretto da Fredrik Bond.
Nel 2013,
chler ha collaborato con Robert Sch entke su R.I.P.D.
- Poliziotti dall'aldilà per la Universal Pictures e il produttore
Neal H. Moritz, interpretato da Jeff Bridges e Ryan Reynolds. Più
recentemente è stato il direttore della fotografia
dell’adattamento cinematografico di grandissimo successo
Divergent.
Guy Hendrix Dyas (Scenografo) ha realizzato le scenografie per
l’ambizioso thriller fantascientifico di Christopher Nolan
Inception, che gli è valso una nomination all’Oscar®,
al British Academy of Film and Television Arts (BAFTA) Award e
all’Art Directors uild (AD ) A ard per miglior scenografia. Nel
2010, Dyas è stato il primo scenografo inglese a vincere un
premio Goya per miglior direzione artistica per il suo lavoro sul
film epico storico di Alejandro Amenábar Agora, presentato in
anteprima al Festival di Cannes come selezione ufficiale. Il suo
lavoro è stato visto di recente in Blackhat di Michael Mann,
interpretato da Chris Hemsworth.
Dyas aveva precedentemente ricevuto tre nomination consecutive
all’AD A ard per il suo lavoro su Indiana Jones e il regno del
teschio di cristallo di Steven Spielberg, Elizabeth: The Golden
Age di Shekhar Kapur e Superman Returns di Bryan Singer. Ha anche
ricevuto una nomination al BAFTA nel 2008 per Elizabeth: The
Golden Age. Dyas è stato inserito nella lista del Sunday Times dei
10 britannici Top che lavorano dietro la cinepresa per quattro
anni di seguito.
Dyas ha conseguito un master al Royal College of Art di Londra e
si è laureato al Chelsea College of Art. Ha cominciato la sua
carriera a Tokyo lavorando come designer industriale per la Sony
sotto la supervisione del leggendario fondatore della società,
Akio Morita. Durante quel periodo, una mostra di suoi lavori
personali ha portato a un invito da parte della Industrial Light &
Magic di unirsi al loro team in California, dove Dyas ha
cominciato la sua carriera cinematografica come direttore
artistico degli effetti visivi su Twister. Da qui, Dyas ha
sviluppato le sue abilità come artista concettuale su un gran
numero di film, inclusi Il pianeta delle scimmie di Tim Burton,
Matrix Reloaded dei Wachowskis e Mimic
di Guillermo del Toro. Il suo primo lavoro come scenografo è stato
X-Men 2 di Br an Singer, seguito dall’estroso fantas di Terr
Gilliam, I fratelli Grimm.
Elliot Graham, ACE (Montatore) ha ricevuto una nomination
all’Oscar® per il montaggio per il suo lavoro sull’acclamato
biopic del 2008 di Gus Van Sant, Milk. Graham ha montato anche il
film successivo di Van Sant, L'amore che resta.
Più recentemente, Graham ha montato Trash di Stephen Daldry, una
storia d’avventura in lingua portoghese che ha ricevuto una
nomination al British Academy of Film and Television Arts (BAFTA)
per miglior film in lingua non inglese. Graham ha anche
collaborato varie volte con il regista Bryan Singer, montando i
blockbuster X- Men 2 e Superman Returns, oltre al pilot della
serie televisiva hit Dr. House – Medical Division.
Ad agosto 2007, Hollywood Reporter ha scelto Graham come uno dei
tre montatori cinematografici portati sotto i riflettori nel loro
numero speciale “Future of Craft”.
Graham è anche un pluripremiato montatore di spot pubblicitari,
avendo vinto il Next A ard dell’Association of ndependent
Commercial Producers per il montaggio nel 2009 di “America” di
Car Fukunaga per evi’s.
Graham è laureato in storia alla New York University (NYU), e in
cinema alla Tisch School of the Arts sempre della NYU.
Suttirat Larlarb (Costumista) collabora con Danny Boyle da circa
un decennio su progetti che hanno incluso: la Cerimonia d’Apertura
dei Giochi Olimpici di Londra del 2012 per la quale ha vinto un
Primetime Emmy Award per la direzione artistica nel 2013; il film
vincitore dell’ Oscar® The Millionaire, che le è valso un Costume
Designers Guild Award per Eccellenza nel cinema contemporaneo nel
2009; e 127 Hours dove ha lavorato sia come scenografa – ricevendo
una nomination dell’Art Directors uild nel 2010 – che come
costumista; oltre a In trance, Sunshine e alla produzione per il
National Theatre di
Frankenstein.
I suoi altri crediti cinematografici comprendono: The Walk, Ten
Thousand Saints, The Good Lie, The American, Un perfetto
gentiluomo e il film della HBO Cinema Verite, per il quale ha
ricevuto una nomination al Primetime Emmy Award.
I suoi recenti crediti tealtrali includono: Uomini e topi a
Broadway, The Killer al Polonsky Shakespeare Center, e il nuovo
musical Waitress all’American Repertor Theater.
Riuscendo sempre a eccitare e meravigliare con la sua splendida
musica per film esclusivi sia per il grande che per il piccolo
schermo, Daniel Pemberton (Musica di) è uno dei più interessanti
compositori musicali del momento. Di recente ha composto la
colonna sonora per il remake di Guy Ritchie della popolare serie
televisiva Operazione U.N.C.L.E. per la Warner Bros. Nel 2013,
Pemberton ha lavorato con il famoso regista Ridley Scott su due
progetti: The Counselor – Il procuratore e il film TV The Vatican.
Gli altri crediti televisivi di Pemberton comprendono: Desperate
Romantics della BBC
(per il quale ha vinto il premio Ivor Novello per miglior colonna
sonora televisiva ed è stato candidato al Royal Television Society
A ard per la miglior musica originale); il vincitore dell’Emm
International Forgiven; e il vincitore del BAFTA Peep Show. E’
stato anche candidato al Royal Television Society Award per la
miglior colonna sonora per la sua musica per Occupation di BBC
One.
l talento, l’expertise e l’approccio innovativo alla musica per
film di Pemberton non è mai sopravvalutato. E’ davvero un talento
straordinario.
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