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John Carlsson
Ladri di biciclette
Dispiace anche a me sentire piangere un bambino, ma questo cominciava a darmi ai
nervi.
“Uaa-aaa-aaa-iaaa.” Il suono sgorgava a fiotti dal fondo del corridoio, irrompendo nel
soggiorno come lava. Seguiva una pausa per riprendere fiato, poi il lamento ricominciava. Un’altra pausa, un altro grido. Pausa, grido, pausa, grido.
Sentivo i capelli rizzarmisi sulla testa, ma mi sforzavo di sorridere alla coppia seduta
di fronte.
– Herby è in questo stato da due giorni – spiegò il signor Peters. Aveva
un’espressione preoccupata... e un naso strano, che gli nasceva dalla faccia come un
naso normale e alla punta faceva una brusca svolta a destra.
Accesi una sigaretta per impedire a me stesso di fissarlo, soffiai un po’ di fumo dal
naso mio, che non ha niente di speciale, e dissi: – Doveva volere un gran bene a
quella bicicletta.
– Oh, eccome! – assicurò la signora Peters, scostandosi una ciocca biondo-sporco
dalla fronte. Aveva la pelle intorno agli occhi arrossata e gonfia. – Era un regalo che
gli aveva fatto il nonno prima di morire.
Assentii, serio serio, mi guardai intorno alla ricerca di un portacenere e alla fine mi
misi il fiammifero bruciato in tasca. – E dite di sapere chi l’ha rubata?
– È stato quel piccolo delinquente di Buddy Jablonski! – disse lei. – Herby ha visto
tutta la scena!
Quando domandai perché non andassero a farsela ridare, Peters guardò come se
l’avessi invitato ad affrontare le cascate del Niagara dentro una botte1.
Quella è tutta una famiglia di delinquenti, signor Stone. La mia salute è già
abbastanza malandata.
– Potrebbero picchiarlo – aggiunse la signora Peters.
Tenevo una mano a coppa per farvi cadere dentro la cenere. – Perché non chiamare la
polizia?
– Se creassimo delle noie a quel mostriciattolo di Buddy Jablonski, lui renderebbe la
vita di Herby un incubo – mi spiegò la signora Peters, con le lacrime agli occhi. – Tra
l’altro, sono compagni di classe.
Peters infilò le mani giunte tra le ginocchia e si protese in avanti. – Allora, signor
Stone, lo farete? Ci riporterete la bicicletta di Herby?
– Naturalmente, siamo disposi a darvi trecento dollari.
1. le cascate del Niagara... botte: le cascate del Niagara, al confine tra Canada e Stati Uniti, sono
fra le più grandi e più potenti del mondo; precipitare chiusi dentro una botte per questa cascata
sarebbe un’impresa molto rischiosa.
Mi sentivo sciocco mentre incrociavo lentamente nei pressi di casa Jablonski, nel
crepuscolo, uomo adulto alla ricerca di una Major Mike Mini Missile colore azzurro
metallizzato, con i cerchioni gialli. Quella sensazione cessò, però, una volta che mi
ritrovai all’interno del garage.
Appena si era fatto buio, avevo parcheggiato tre case più in là, avevo aperto il baule
dell’auto così da potervi infilare la bicicletta in fretta e furia, poi di buon passo mi ero
diretto verso la porta laterale del garage. Non era chiusa a chiave. Rimasi un
momento a respirare l’odore di erba falciata2 e di olio di motori, e intanto ripetevo a
me stesso che era assurdo. D’altro canto, era assurdo anche il fatto d’essere stato
licenziato dall’acciaieria dopo dodici anni di duro lavoro.
Assurdo, inoltre, era il fatto che avessi avviato una mia piccola agenzia d’investigazioni.
Ma più assurdo di tutto era il mio libretto in banca, dal quale risultava che stavo per
addentrarmi nella mezz’età con 47 dollari di risparmi.
Presi a farmi strada a tentoni nel buio e inciampai in qualcosa, forse un dondolo da
giardino. Mandò un cigolio da far invidia a un concerto di campane.
– Porc... – imprecai tra i denti, tastandomi le tasche della camicia e dei calzoni per
cercare la mia lampadina tascabile a forma di stilografica. Subito dopo averla accesa,
però, non potei fare a meno di sorridere. Là, nel suo raggio, c’era una biciclettina
azzurra, metallizzata. L’essermi concesso un profondo sospiro fu la sola ragione per
la quale non svenni quando un motore cominciò a ronzare, lassù tra le travi, e a tirar
su la saracinesca del garage.
Dieci secondi dopo, ero a faccia a faccia con una coppia di abbaglianti e mi sentivo
ipnotizzato.
Una voce d’uomo tuonò: – Che cosa ci fai nel mio garage? – e un bambino di
rimando strillò: – Papà! Vuole rubarmi la bicicletta!
Mi disipnotizzai in fretta e furia e in men che non si dica ero fuori di là, con le
ginocchia che ballavano il tip-tap sul manubrio. Al primo incrocio mi buttai a destra,
schivai una GTO che mi voleva come ornamento per il cofano, poi rallentai per
riprendere fiato. Non sentii che il padre del bambino stava affiancandosi a me finché
lui non disse: – Accosta sulla destra, delinquente.
Lo accontentai con una sterzata a destra di novanta gradi che mi sparò sopra il
marciapiede come una palla da ping-pong, mi fiondò3 al di là di tre giardinetti e
nascose me e la bicicletta dentro alcuni cespugli che crescevano di fianco a una casa.
Passò un’ora prima che lui smettesse di andare su e giù con l’auto lungo quella
strada, e altre due prima che le cifre luminose del mio orologio digitale segnassero la
mezzanotte. Con una cauta sbirciatina oltre i rami, sgusciai fuori dal cespuglio e
saltai in sella. Anche facendo il giro più largo, di lì a pochi minuti ero alla mia
macchina. Sistemai la bicicletta nel portabagagli e mi misi al volante. Stavo infilando
la chiave nell’accensione e domandandomi quando s’era bruciata la lampadina in
2. falciata: tagliata.
3. fiondò: lanciò, scaraventò.
alto, quando qualcuno disse: – Indovina chi c’è?
Mi voltai e... vidi le stelle.
Jablonski mi scortò fin dentro il commissariato, sempre torcendomi un braccio dietro
la schiena. Compresi d’essere in guai seri quando l’agente di piantone disse: –
L’avete beccato, eh, sergente?
– Sergente? – ripetei.
– Zitto – ordinò Jablonskj – o ti arriva un’altra sventola.
Salimmo con un ascensore sgangherato fino al terzo piano, poi entrammo in una
stanza. C’era un sacco di gente, là dentro, e tutti portavano la pistola. Ora, sono il
primo ad ammettere che, dal primo momento, neppure a me era piaciuta del tutto
l’idea di recuperare in quel modo la bicicletta di Herby, ma quei tipi lì si comportavano come se fossi uscito da Fort Knox con una valigia piena di lucenti
souvenir4.
Jablonski mi spinse a sedere su una sedia e accostò la faccia alla mia. Aveva gli occhi
duri e la fronte bassa. – Ehi, grand’uomo – disse. – Ti diverti a rubare le biciclette da
bambino? Ti diverte far soffrire i ragazzini? Io invece mi diverto a pestare i piedi ai
grandi.
Posò un piede sul mio ma, proprio mentre stava per gravano di tutto il suo peso, una
porta si spalancò alle mie spalle e lui si affrettò a indietreggiare.
– ’sera, capitano – disse qualcuno.
Un uomo alto e brizzolato, con un abito di tessuto acrilico5, bevve qualche sorso
d’acqua da una fontanella, si avvicinò a noi e girò una sedia in modo da potermi
guardare bene in faccia.
– È lui quello che ha rubato la bicicletta di Buddy? – domandò, sedendosi.
– È lui, sì – rispose Jablonski.
– Sei stupido, matto, o cosa sei? – domandò il capitano.
I piedi mi dolevano da morire. – Comincio a domandarmelo anch’io.
– Tra l’altro, perché prendersela proprio con il figlio di un poliziotto?
Ricominciai a raccontare tutta la storia, dalla prima telefonata fino a quando il pugno
di Jablonski mi aveva messo K.O.
– E chi ti aveva ingaggiato? Sentiamo.
– Un tale di nome Peters e sua moglie.
– Abbiamo già controllato – interloquì uno degli agenti. – Non c’è nessuno con quel
nome all’indirizzo che ci ha dato questo bel tomo6.
Cominciavo a pensare al genere di assistenza legale che avrei potuto procurarmi con i
miei 47 dollari.
– Lui così mi ha detto di chiamarsi – dissi, scuotendo la testa. – Un piccoletto: mingherlino, con i capelli neri e unti e un naso piuttosto strano.
Nello sguardo del capitano si era accesa una vaga luce d’interesse.
– Perché, cos’aveva il suo naso?
4. uscito da... souvenir: Fort Knox è il luogo dove vengono custodite le riserve di oro degli Stati
Uniti, una enorme quantità di lingotti d’oro (a questi si riferisce l’espressione “lucenti souvenir”).
5. acrilico: sintetico.
6. bel tomo: tipo bizzarro, strano.
– Non so... alla punta faceva una specie di deviazione, come se glielo avessero rotto
in passato.
Lui mi fissò ancora per qualche secondo, poi si alzò e fece segno a due dei poliziotti
di seguirlo. Un quarto d’ora dopo era di ritorno, con una tazza di caffè per me e una
sigaretta.
– Sta bene, signor Stone – disse, offrendomi anche il fuoco. – È stato chiarito tutto.
Combinazione, conosco i Peters, e ho telefonato. Hanno confermato quello che avete
detto.
All’istante Jablonski scattò in piedi. – Un momento! Il mio bambino non ha rubato un
bel...
Il capitano, agitando una mano, non gli lasciò il tempo di finire la frase. – Andiamo
Joe, i bambini sono bambini. E va bene, voleva una bicicletta nuova. E con ciò?
– Ma lui...
– È andata così, Joe – tagliò corto il capitano. – Capito?
Jablonski ricadde a sedere. Il capitano mi accompagnò alla mia macchina con una
vettura senza contrassegni della polizia, poi mi aiutò a caricare la bicicletta nel
portabagagli.
Erano in attesa dietro la porta di rete metallica, sottobraccio e sorridenti, mentre io
spingevo la bicicletta lungo il vialetto di accesso. – Avete fatto felice un bambino –
disse la signora Peters, afferrando la bicicletta per il manubrio e tirandola dentro casa.
Poi si diresse verso il corridoio, canterellando: – Herby! Herby, tesoro della mamma!
Peters tenne la porta per fare entrare me, poi andò a prendere un grosso boccale da
birra tedesco, di peltro7, da uno degli scaffali della libreria e ne estrasse un fascio di
banconote.
– Così com’eravamo rimasti d’accordo, signor Stone – disse, offrendomi il denaro.
Me lo misi in tasca, lo ringraziai, gli strinsi la mano e percorsi il breve tratto fino alla
porta. Avevo già le dita intorno alla maniglia, quando Peters s’informò se vi fossero
state complicazioni.
Risi, poi vidi che lui era serio. – Solo quel malinteso con la polizia, ma di questo
sapete già tutto. Impallidì. – La polizia?
– Sì, quel capitano che vi ha telefonato, ricordate?
– Sheila! – urlò, e cominciai a pensare che non se ne ricordasse. L’istante dopo, lei
urlò di rimando: – Tony! – e a questo punto non sapevo più cosa pensare. Poi
qualcuno di cui non conoscevo la voce gridò: – Agguanta quei bastardi! – e pensai
che fosse tempo di levare le tende.
Peters aveva altre idee. Mi afferrò da dietro, serrandomi un braccio intorno al collo e
prendendosi una gomitata all’inguine per il suo disturbo. Subito dopo fu la volta di
lei, che mi arrivò davanti a tutta corsa, sbucando dal corridoio, e mi sferrò un pugno.
Mi prese al mento di striscio e io ricambiai di colpo. Andò giù, tramortita. Aspettai
che apparisse l’individuo corrispondente all’altra voce, ma rimasi sorpreso nel vedere
7. peltro: lega di stagno, piombo, antimonio e una piccola quantità di argento, con cui si realizzano
vassoi e vasellame.
Herby piombare nel vestibolo... con una pistola in mano.
Urlando qualcosa che assomigliava molto al pianto di Herby, ma più forte, mi
scaraventai fuori della porta e via dal portico. Stavo divorando il prato a salti da
canguro, quando le pallottole cominciarono a volare.
Due metri, quattro, sei. Ero certo che un proiettile mi avrebbe abbattuto, ma non
accadde. Quando mi arrischiai a voltare un attimo la testa per vedere come mai,
Herby stava cadendo al suolo tra spruzzi di sangue.
– State bene? – s’informò il capitano, rimettendo un revolver dentro la fondina sotto
la giacca.
Lottai contro la nausea che mi attanagliava lo stomaco. – Cosa cavolo è successo?
– È successo che abbiamo appena messo nel sacco Tony Reuben e Sheila Wexel, due
dei maggiori spacciatori di droga che si siano mai visti in questa parte dello Stato.
Rimasi a guardare mentre i Peters, o chi diavolo erano, venivano caricati su un’auto
di pattuglia e portati via. – Volete scherzare?
– Tutt’altro – assicurò il capitano, offrendomi una sigaretta. – Eravamo stati lì lì per
acciuffarli sei mesi fa, ma inaspettatamente presero il volo. Avevano un problemino
da risolvere.
– Che problemino?
– Si erano lasciati sgraffignare cocaina della mala8 per un valore di circa mezzo
milione di dollari. Correva voce che, se non avessero trovato il modo di riparare,
potevano dirsi già belli e morti.
– E allora?
– Allora pensavamo che li avessero già liquidati... ma ecco che Jablonski ha arrestato
voi e voi avete descritto la persona per cui lavoravate: l’uomo col naso strano.
Reuben per poco non se l’era visto portar via di netto durante una zuffa tra ragazzi.
Gli si era rimarginato in modo strano, appunto, tanto da renderlo famoso. Ad ogni
modo questo ci ha suggerito di interessarci di quella bicicletta. – Jablonski l’aveva
comperata per il suo bambino a un’asta della polizia – continuò. – Il che significava
che il dipartimento aveva avuto a che fare, in qualche modo, con quella bicicletta.
Infatti è risultato che era stata abbandonata sul lungolago circa sei mesi fa. Ieri sera,
l’abbiamo smontata tutta. Non immaginereste mai che cosa abbiamo trovato.
Non ci provai nemmeno.
– I tubi del telaio erano imbottiti di sacchetti di plastica contenenti cocaina. Secondo
le nostre ipotesi, qualcuno faceva da tramite, qui in città, per consegnare quella merce
con la bicicletta. A quale agente verrebbe in mente mai di fermare un ciclista?
Sennonché, qualcun altro ha rubato e poi abbandonato la bicicletta, che abbiamo
ritrovato noi. Reuben e la Wexel devono averlo immaginato, probabilmente dalla
descrizione degli oggetti in vendita a quell’asta pubblicata sul giornale. Poco dopo,
sempre sul giornale, è stata pubblicata una foto di Buddy Jablonski sulla sua bicicletta nuova.
– Perché non hanno cercato di accaparrarsela loro, all’asta?
– Prima di tutto, qualcuno poteva riconoscerli. In secondo luogo, non potevano
8. mala: abbreviazione di malavita, l’insieme di coloro che sono fuorilegge.
sapere se per caso non era una trappola. Potevamo avere già trovato la droga, giusto?
Non mi restava che un’ultima domanda da porre, ma la risposta la conoscevo già.
– Chi smerciava materialmente la droga?
Accennò verso il punto dov’era caduto il piccolo Herby.
All’improvviso, provai un senso di pena per quel ragazzino. – Non è giusto – dissi –
implicare9 un bambino in una faccenda del genere. Così piccolo, che speranze aveva
mai di costruirsi una vita decente?
– Non sprecate la vostra compassione per lui – disse il capitano. Mi guidò verso il
cadaverino, e quando sollevò il drappo io avrei voluto non guardare. Ma una volta
che l’ebbi guardato, non mi riuscì più di distogliere lo sguardo.
Perfino nella morte, Herby aveva lineamenti duri, tutt’altro che infantili. La fronte era
solcata da rughe e il labbro superiore ombreggiato da peli ispidi.
– Sappiamo per certo che ha ucciso quattro persone e forse cinque – disse il capitano.
– Il vero nome è Tommy Malone, ma noi lo conosciamo come il Nano.
AA.VV., Due stagioni per un delitto
9. implicare: coinvolgere.
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