Anno 1 - numero 03
Anno 1 - numero 02
VeronaOltre
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VeronaOltre - Periodico di attualità, società e cultura • Giugno 2012 • Copia gratuita - Editore: Ipertesto Edizioni, Verona
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© Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Palazzo Venier dei Leoni dal Canal Grande. Foto Andrea Sarti/
CAST1466. © The Peggy Guggenheim Collection, Venice. Palazzo Venier dei Leoni from the Grand Canal.
Photo Andrea Sarti/CAST1466
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VeronaOltre • giugno 2012
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VeronaOltre
6.
© Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Salotto.
Sala dell’Astrattismo. In primo piano: Antoine
Pevsner, Superficie sviluppabile, 1941; Sullo sfondo
da sinistra a destra: Piet Mondrian, Impalcatura:
Studio per Tableau III, 1914; Piet Mondrian,
Oceano 5, 1915. Foto Andrea Sarti/CAST1466. ©
The Peggy Guggenheim Collection, Venice. Drawing
room. Abstractism room. Close- up on the left:
Antoine Pevsner, Developable Surface, 1941; In
the background, from left to right: Piet Mondrian,
Scaffold: Study for Tableau III, 1914; Piet Mondrian,
Ocean 5, 1915. Photo Andrea Sarti/CAST1466
sommario
VeronaOltre
Periodico di Attualità, società e cultura
Anno I - Numero 02 - Giugno 2012
Numero iscrizione Tribunale di
Verona 1951 del 25/05/2012
Direttore responsabile
Enzo Righetti
6.
Direttore editoriale
Francesco Fontana
Hanno collaborato:
Anna Chiara Bozza
Giovanni Avesani
Iltorcolo.it
Luciana, Roberto e Umberto
Granati
Sara Meneghetti
Ilaria Piacenza
Stefano Soardo
Nicola Richard Zanotto
Progetto grafico e stampa
Verona Grafica Srl
Via Bionde, 122 – 37139 Verona
Società editrice
Ipertesto Edizioni
Via Bionde, 122 – 37139 Verona
Proprietà della testata
Francesco Fontana
Giovanni Avesani
Foto Mattia Brunelli
LAVA LAVA LOVE
Giro d’Italia
Guggenheim
pag. 06
pag. 20
pag. 21
Editoriale
pag. 05
pag. 08
Fondazione Arena di Verona
Estate teatrale e 64° festival Shakespeariano
Fotografie
Mattia Borghesi
Passavamo per Gioco
Contatti
Per la pubblicità:
[email protected]
Per abbonamenti:
[email protected]
Per info e consigli:
[email protected]
Mirò a Verona
Tel. 045 8919665
Arti Marziali
Chiuso in redazione il 25/05/2012
Antologia e Tecnica del Giornalismo
VeronaOltre • giugno 2012
pag. 10
pag. 11
pag. 12
Dal Tamigi all’Adige
Turismo Oltre
pag. 09
pag. 14
pag. 16
To Rome with love
pag. 18
Sound Vito 2012
Gustosamente Oltre
pag. 23
pag. 17
pag. 22
3
Per non dimenticare...
Di fronte a queste catastrofi è difficile trovare parole che non siano le solite che abbiamo già sentito più volte in questi giorni. Ma, forse, tante parole non servono.
Fra qualche tempo, quando le parole saranno diventate poche e poco si parlerà
di loro, ricordiamoci che molti saranno
ancora senza casa e senza lavoro, che le
madri piangeranno ancora i figli e i figli le
madri.
Allora non dimentichiamoci di loro e facciamo sentire le nostre, di parole.
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VeronaOltre • giugno 2012
VeronaOltre
editoriale
Il primo numero di VeronaOltre
è andato.
Il 3 maggio, infatti, in una Sala
Zanotto gremita di ospiti, abbiamo
dato il via ufficiale alla nostra avventura.
Ci permettiamo di ringraziare,
qui e ancora, Monsignor Gianni
Ballarini, abate di San Zeno, che ci
ha messo a disposizione la prestigiosa location per la presentazione
del nostro numero di esordio.
Sala gremita, dicevamo, e platea attenta a quanto l’editore e il
direttore editoriale avevano da dire
sul nostro nuovo modo di vedere
Oltre, sul nostro modo di fare cultura Oltre.
Abbiamo raccolto molti pareri
favorevoli ed entusiasmo dai presenti, oltre a qualche utile consiglio, che ci fa ben sperare, e pensare, di essere sulla strada giusta.
Uno dei commenti che più ci
ha fatto piacere, come ha ricordato l’editore nel suo intervento, è
stato: «finalmente una rivista dove
non si vedono i soliti nomi e le solite facce».
VeronaOltre • giugno 2012
Questo, è il punto fondamentale della nostra mission: andare
Oltre, entrare nei particolari, come
ha evidenziato il direttore editoriale: «Vogliamo comunicarvi il nostro
amore per il dettaglio, per tutto
quello che, seppur meno noto,
porta con sé un notevole bagaglio
culturale. Non ci saranno rubriche
fisse nel giornale, pubblicheremo
ciò che riterremo culturalmente
valido. Vogliamo fare un giornale
diverso, che invogli alla lettura, un
giornale i cui punti di forza siano
servizi esclusivi, foto inedite e collaboratori pieni di entusiasmo».
Vorremmo concludere con un
ringraziamento a tutti gli intervenuti, tra i quali importanti figure
della cultura e della medicina veronese - dei quali non facciamo i
nomi per non dimenticare nessuno - pregandoli di sostenerci, sia
con la lettura del nostro giornale,
sia con i consigli, utili, oltreché graditi, che riterranno opportuno inviarci.
Arrivederci a presto.
VeronaOltre
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In attesa dell’uscita del loro secondo album, abbiamo intervistato
Florencia Di Stefano, cantante della band veronese
I Lava Lava Love nascono nell’estate 2010 dall’incontro tra Vittorio Pozzato e Massimo Fiorio con
il produttore Matteo Cantaluppi. Dopo la registrazione dei primi tre pezzi, si aggiungono alla
band Florencia Di Stefano, Oliviero Farneti e
Luca Valentini, sostituito poi da Andrea Sbrogiò.
Dopo il primo EP intitolato Their First Extended
Play, nel settembre 2011 esce A Bunch of Love
Songs and Zombies, il primo album. In seguito
la band pubblica il suo secondo EP, dal titolo Remixes, e registra inoltre un’apprezzata versione
della canzone Bella Vera di Max Pezzali.
Partiamo dall’inizio. Scegliere il nome di un
gruppo è sempre un momento importante. Il
vostro è molto curioso, come mai Lava Lava
Love?
Il nome Lava Lava Love è stato scelto da Massimo,
il bassista, durante la prima sessione di registrazioni
a Milano, al Mono Studio di Matteo Cantaluppi. Sia
Massimo che la moglie di Matteo stavano leggendo
lo stesso libro, Toxic di Hallgrimur Helgason, e il titolo
di uno dei capitoli era Lava Love. Il nome era molto
accattivante, ma purtroppo una band dal nome Lava
Love esisteva già! Allora si è deciso per Lava Lava
Love, nome che comunque è piaciuto molto, anche
perché è orecchiabile e rimane in testa.
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Quando vi esibite, oltre ai vostri pezzi, c’è qualche cover che vi piace interpretare?
Noi suoniamo quasi esclusivamente i nostri pezzi, anche se durante i concerti ci divertiamo, ogni tanto, a
suonare un paio di cover. Ultimamente, verso metà
scaletta, ci piazziamo la nostra versione di Material
Girl di Madonna: è una splendida canzone pop, e
Madonna è una delle mie artiste di riferimento. Durante i nostri primi concerti avevamo anche fatto una
cover di Fat Bottomed Girls dei Queen, altro gruppo
che personalmente adoro: anzi, a dirla tutta, i Queen
sono stati i primi artisti che hanno fatto scattare in
me la passione per la musica, devo loro moltissimo.
Ultimamente ci siamo cimentati con un esperimento
un po’ particolare: Rockit ci ha invitati a partecipare
alla compilation Con Due Deca, ovvero un omaggio
agli 883 e al ventennale dell’uscita di Hanno Ucciso l’Uomo Ragno, e dunque insieme ad altri venti
artisti della scena indie italiana abbiamo realizzato
una cover: nel nostro caso è stata Bella Vera! Non ci
aspettavamo ricevesse così tanti consensi, e invece la
nostra cover è stata molto apprezzata, sia dai nostri
fan che dai fan degli stessi 883. Addirittura in un’intervista Max Pezzali ha dichiarato di essere “letteralmente impazzito” per la nostra cover, giudicandola la
migliore della compilation! Per noi è stata ovviamente
un’enorme soddisfazione.
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Foto: Mattia Brunelli
Illustrazione copertina di Serena Micieli
Dove vi esibite di solito? Avete preferenze per
alcuni contesti piuttosto che per altri?
Siamo molto flessibili e ci siamo esibiti in tanti contesti diversi, dal “normale” club fino ai palchi più grandi e tra i più importanti d’Italia, e anche in contesti
all’aperto in occasione di festival estivi, senza disdegnare ovviamente i piccoli locali dove fare troppo rumore non è consentito, e bisogna quindi adattare la
propria performance alla situazione: in più momenti
abbiamo portato avanti un nostro progetto, “Lava
Lava Love In Your Bed”, con performance acustiche a
domicilio, ovvero siamo andati a suonare nel salotto
di casa dei nostri fan. E sono state serate bellissime!
E le vostre influenze stilistiche?
Non abbiamo delle influenze stilistiche particolari, diciamo piuttosto che le nostre canzoni sono il risultato della commistione di vari percorsi individuali: ogni
componente del gruppo ha un background personale e musicale diverso, e questo non ha mai rappresentato un ostacolo per noi, anzi ci ha sempre permesso di arricchire la nostra musica con le suggestioni più disparate. Ci diverte molto, inoltre, quando chi
ci ascolta cerca di paragonarci a qualche altro artista
del passato o della scena musicale contemporanea:
talvolta sono gruppi che conosciamo poco o cui non
avevamo mai pensato, quindi per noi è un’ulteriore
occasione di arricchimento.
ciò che siamo e ciò che facciamo a livello musicale:
ce n’è però una che prediligo, anche solo per una
pura ragione affettiva, ed è Nothing Special. Infatti
questa canzone è... un regalo di compleanno! Vittorio l’aveva composta pensando a me, l’ha arrangiata,
registrata e spedita via mail come regalo per il mio
ventiduesimo compleanno. La canzone poi era così
bella che sarebbe stato un peccato non condividerla,
e così abbiamo deciso di sistemarla, adattarla alla mia
voce, e ora è la quinta traccia del disco, nonché forse
il pezzo più romantico e “sentimentale” dell’album.
Progetti per il futuro?
Nell’immediato futuro ci sono le prossime date del
tour estivo, tra tutte quella del 17 giugno, dove avremo l’onore di poter suonare a Milano al “Miami”, il
più importante festival di musica indipendente italiana, insieme a tanti altri gruppi della scena indie italiana che conosciamo e stimiamo. Verso luglio poi ci
chiuderemo in studio per registrare il nuovo disco,
che speriamo di far uscire entro la fine del 2012, e
speriamo che possa regalarci le stesse soddisfazioni
del primo.
Francesco Fontana
A proposito di “A Bunch Of Love Songs and
Zombies”, sei affezionata a qualche pezzo in
particolare dell’album?
Ogni canzone del nostro disco è rappresentativa di
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Fondazione
Arena di Verona
Una panoramica della stagione lirica estate 2012
Il tema portante che attraversa le opere scelte per il 90°
Festival Lirico dell’Arena è l’amore e, ad eccezione della Turandot, l’amore senza lieto fine: dal libertino Don
Giovanni, alla favola d’amore che più ha diritto di tornare a essere raccontata lì, dove il suo primo autore l’ha
immaginata, Romeo e Giulietta.
Il 22 giugno sarà il Don Giovanni di Mozart ad
aprire la stagione lirica della città di Verona, con un
nuovo allestimento, inedito nello scenario dell’Arena,
messo in scena da Franco Zeffirelli e diretto dall’affezionata bacchetta Daniel Oren. L’opera, composta sul
libretto di Lorenzo da Ponte, annovera, tra gli interpreti principali, Ildebrando D’arcangelo nel ruolo di Don
Giovanni e Bruno De Simone nelle vesti del servitore
Leporello. L’ampiezza degli spazi areniani e la sontuosità di allestimento a cui ci ha abituati Zeffirelli lasciano
sperare in uno spettacolo da non perdere; Da Ponte,
dal canto suo, accentua quelle sfumature sataniche che
Mozart aveva reso in musica con una bravura paragonabile solo ai risultati in poesia dell’Alighieri.
Dal 23 giugno seguirà l’immortale caposaldo del
Festival, l’Aida di Giuseppe Verdi, che, forte del continuo successo (una media di 11.000 spettatori a serata,
durante la stagione 2011) si impone anche quest’anno
con sedici repliche, nella storica rievocazione dell’allestimento del 1913, suo debutto nell’anfiteatro. La regia è
di Gianfranco De Bosio e il direttore nuovamente Daniel Oren. La schiava egiziana sarà interpretata da Hui
He, giovane soprano emergente sulla scena internazionale, già presenza confermata e apprezzatissima sul palco areniano; accanto a lei, il tenore Marco Berti vestirà i
panni di Radames.
Dal 30 giugno, poi, un altro caposaldo areniano:
Carmen, di George Bizet, regia di Zeffirelli e direzione di Julian Kovatchev. Si esibiranno sul palcoscenico la
giovanissima Anita Rachvelishvili, che nelle vesti di Carmen ha debuttato nel 2009 alla Scala, e l’eccezionale
Marcelo Alvarez nel ruolo di Don José.
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Dal 7 luglio ritornerà, dopo il successo di critica e
pubblico dello scorso anno, il visionario Roméo et Juliette di Charles Gounoud, scritto nel 1867 su libretto
di Barbier e Carré. La non convenzionale messinscena
porta la firma del giovane Francesco Micheli ed è stata definita su Repubblica come lo spettacolo simbolo
del nuovo corso areniano, con una Fondazione Arena
in accordo con l’efficace tendenza del mondo lirico a
schiudere sempre più spazi di espressione ai giovani talenti. Sul podio F. Mastrangelo dirigerà Aleksandra Kurzac e John Osborn nel ruolo dei due amanti; le coreografie, infine, saranno affidate a Nikos Lagousakos.
Una presenza giovane comparirà anche nell’allestimento della Turandot, una delle più affezionate opere
dell’anfiteatro, diretta, dal 4 agosto, dalla bacchetta
del nostro Andrea Battistoni. Il libretto porta la firma di
due artisti veronesi, Renato Simoni e Giuseppe Adami,
la musica, che Puccini non riuscì suo malgrado a terminare, fu completata da Franco Alfano sulla base delle
bozze del Maestro, e debuttò alla Scala nel 1926. Impreziosita dalla magica regia di Franco Zeffirelli, la Turandot avrà come interpreti principali Giovanna Casolla nel ruolo della crudele principessa e Carlo Ventre in
quello di Calaf.
Dal 18 agosto, a concludere la serie delle eroine
infelici, troveremo la Tosca di Puccini, composta sul libretto di Illica e Giacosa su richiesta dello stesso compositore, il quale, dopo aver visto la celebre Sarah Bernardt interpretare quel ruolo – scritto appositamente
per lei dal francese V. Sardou – si innamorò della storia
e decise di farne a tutti i costi un’opera. Per l’esuberante
regia, già comparsa in Arena, di Hugo De Ana, dirigerà
l’orchestra il maestro M. Armiliato. A dar voce a Tosca
sarà Martina Serafin, al pittore Mario Cavaradossi Aleksandrs Antonenko, al barone Scarpia l’ottimo Alberto
Mastromarino.
Sara Meneghetti
VeronaOltre • giugno 2012
Estate teatrale
veronese 64° Festival
Shakespeariano
Al via anche quest’anno la nuova stagione dell’Estate Teatrale Veronese, che si aprirà il 28 giugno con
il concerto jazz Sbibu & Zeno Fatti Duo – Chris
Connel Acoustic, nella splendida cornice di Teatro
Romano.
Come ogni estate, le rappresentazioni verranno ospitate non solo da Teatro Romano, ma anche dalla suggestiva Corte Mercato Vecchio dove, dal 6 al 31 luglio, si alterneranno sei spettacoli di danza e quattro di
prosa. Ad aprire la sezione ballettistica, il 6 e 7 luglio,
sarà Ersiliadanza con la prima nazionale di Cappuccetto rosso di Laura Corradi. Per quanto riguarda la
sezione della prosa, invece, Fondazione Aida propone
sia spettacoli pensati per bambini e ragazzi – Hansel e
Gretel e Marcovaldo – che spettacoli sperimentali –
Punto in Movimento e Teatro Scientifico -.
A Teatro Romano si alterneranno, invece, la grande musica di VeronaJazz, la sezione prosa con undici
delle quattordici serate dedicate a William Shakespeare, e quindici serate di danza: in scena la Spagna,
l’Argentina, la musica di Rota e i “classici” del ‘900.
Una riflessione particolare la meritano, senza dubbio, le serate dedicate a Shakespeare, che rientrano
nell’ambito del 64° Festival Shakespeariano. Gli spettacoli che verranno messi in scena sono, come sempre,
vivaci ed ambiziosi, ad iniziare proprio dal primo lavoro
che inaugurerà il Festival il 12-13-14 luglio: Tutto
Shakespeare in 90 minuti, opera di Adam Long,
in prima nazionale nell’edizione italiana, una parodia
dei drammi scritti dal bardo. La produzione è di a•Artisti
Associati e del Teatro Stabile di Verona, la regia di Paolo
Valerio e Alessandro Benvenuti, gli attori, nella versione veronese, saranno i comici Zuzzurro e Gaspare, con
Maurizio Lombardi. I tre, oltre ad assumere di volta in
volta i ruoli dei personaggi, si rivolgeranno direttamente alla platea, interpretando sé stessi, improvvisando e
coinvolgendo il pubblico in più di una scena.
Il 18-19-20-21 luglio, poi, ritornerà l’ultima opera
di Shakespeare: La tempesta, nella messinscena della
VeronaOltre • giugno 2012
Popular Shakespeare Company, diretta da Valerio Binasco, che vestirà anche i panni di Prospero. Binasco stesso ha detto che intende mettere in scena l’opera «come
se lo spettacolo non fosse mai esistito prima d’ora e soprattutto capendo fino in fondo i personaggi per farli
essere reali».
L’1-2-3-4 agosto, sarà Re Lear a chiudere il festival, regia di Michele Placido e Francesco Manetti;
un’opera densa di significati che porta con sé la tragedia dell’amore, poiché «tutti i personaggi sono mossi
dall’amore: misterioso, tenero, spietato quello che lega
il Matto al suo Re, estremo e disposto a ogni sacrificio
quello di Edgar per il padre, virile e diretto quello di
Kent per il suo signore, libidinoso quello delle sorelle Reagan e Goneril per il giovane Edmund, redentore quello di Cordelia che morirà per il bene sia dei buoni che
dei cattivi». Da non dimenticare lo spettacolo che aprirà la stagione estiva di prosa del Teatro Romano: Milione,
quaderno veneziano dell’attore e drammaturgo veneto Marco Paolini. A quattordici anni dalla prima, Paolini riallestirà la sua storia, che, nelle parole del drammaturgo, ha in Venezia il suo “delicato oggetto d’amore”.
Una vicenda raccontata dagli occhi di Campagne, un
contadino che ha, allo stesso tempo, bisogno di sentire la terra sotto i piedi e voglia di viaggiare, e che ripercorrerà, quindi, i passi di Marco Polo, visitando terre
vicine e lontane, sconosciute o rese nuove dagli occhi
curiosi di chi le descrive. «Al termine – afferma Paolini –
aggiungerò, nello spirito del festival shakespeariano in
programma dopo le mie serate, alcuni sonetti del Bardo, nella traduzione di Isabella Panfido, in veneziano».
Quella del 2012 sarà, quindi, un’estate ricca di eventi teatrali, di drammi, commedie, concerti jazz e spettacoli di danza, resi unici dalla scelta di due location eccezionali come Teatro Romano e Corte Mercato Vecchio.
Sara Meneghetti
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A sinistra la sala del Dodici Apostoli; al centro la copertina di “Barnabo
delle montagne”; a destra Dino Buzzati.
ARTICOLO REDAZIONALE
Passavamo per Gioco
Il Dodici Apostoli e i suoi ospiti più illustri
Continua la nostra rassegna degli
ospiti illustri di passaggio al 12 Apostoli. Questo mese è il turno di Dino
Buzzati: leggenda del giornalismo e
della letteratura italiana, era solito
fermarsi a Verona di ritorno dal Cadore, sulla strada per Milano, e non
mancava mai di far visita alla cucina
di Giorgio Gioco.
Dino Buzzati (1906 –1972)
“Ho fatto la sua conoscenza a Milano. Era una persona minuta, taciturna, ma con carisma silenzioso riempiva qualsiasi stanza in cui entrasse.
Mi ricordava una parabola ebraica
che divide gli uomini in 4 categorie
di rami: i rami di salice, senza profumo né gusto; quelli di mirto, che
emanano profumo ma non hanno
gusto; i rami di palma, che pur senza profumare hanno un gusto intenso, e quelli di cedro, che riempiono
l’aria di fragranza e allietano col loro
gusto.
Buzzati era puro cedro: grande fuori e dentro. All’inizio mi rapportai
con lui da una cauta distanza ma,
un pomeriggio, Buzzati capitò nel
ristorante con la cucina chiusa e io,
spiazzato, gli servii una merenda
a base di pane, formaggio e olio
d’oliva di Grezzana. Lo scrittore apprezzò tanto il pasto frugale, che, a
suo dire, non fu più possibile non
darsi del tu. Benedetta come un
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sacramento dall’olio, nacque quel
giorno la nostra amicizia. Quando
veniva al ristorante, sedeva senza parlare molto; prediligeva piatti
tradizionali,come pasta e fasoi e
ossibuchi. Poi mi sedevo al suo tavolo: si parlava principalmente di
giornalismo; dei suoi libri, invece,
non parlava mai. Di lui la moglie
mi narrò un aneddoto: quando la
redazione commissionava un pezzo
inaspettato, lui si chiudeva nello studio davanti alla finestra, chiusa dalle
tende. Quelle tende, impedendo la
vista come la siepe di Leopardi, permettevano al suo mondo di schiudersi alla sua mente e lasciar fiorire
la sua ispirazione”.
INVITO ALLA LETTURA
Dino Buzzati, Barnabo delle Montagne, ed. Oscar Mondadori, pp.
109, € 8,00
“Intanto viene giù la polvere; da
un giorno all’altro non si vede, ma
dopo qualche settimana ha riempito tutto. Ce n’è sui libri vecchi,
sui cornicioni, sui mobili, e dentro
l’orologio a quattro quadranti che
c’è in cima al campanile di San Nicola. Il campanaro tende qualche
volta, di notte, le orecchie; gli pare
che l’orologio ogni tanto si metta
ad ansimare. Il battito davvero aumenta così da far risuonare tutta la
torre. Poi, a poco a poco si affie-
volisce, diventa lontano lontano,
forse lo porta via il vento.”
Dino Buzzati rappresenta un capitolo personale e unico della storia
letteraria del ‘900. Barnabo delle
Montagne è il suo primo successo.
La narrazione, in una prosa asciutta
e pulita, racchiude e sviluppa alcune delle tematiche che troveranno
ne Il deserto dei Tartari il loro magistrale svolgimento. L’atmosfera
del romanzo è rarefatta e sospesa,
in un mondo che è fantastico nelle componenti, ma realistico nelle
dinamiche. È in sostanza la storia
di un guardaboschi, del suo errore
e della punizione che lo purifica. Si
può definire un romanzo “purgatoriale”, dove lo scorrere del tempo,
avvertito con angosciosa sorpresa
dagli uomini, è il motore principale
della redenzione. Un frugale inno di
amore alle montagne, e una grandiosa quanto semplice apologia del
perdono, pensato in un’epoca in
cui era facile risolvere le divergenze
in punta di fucile. È un capolavoro,
perfettamente autonomo, da non
percepire solo come anticipazione
del Deserto: la distinzione è proprio
la figura di Barnabo, che non permette che la vita gli scorra addosso
senza agire, ma si adopera per dare
un senso al susseguirsi dei giorni.
Stefano Soardo
VeronaOltre • giugno 2012
Dal 22 giugno al 9 settembre 2012, al palazzo della Gran
Guardia di Verona, al via la mostra “Mirò. Poesia e luce”
L’arte forte e intensa
di Mirò a Verona
«Maiorca è la poesia, è la luce». È Joan Mirò stesso
che, con questa affermazione, suggerisce il titolo della mostra che raccoglie la maggior parte delle opere
alle quali l’artista diede vita durante la permanenza a
Maiorca. La mostra, prodotta e organizzata da Arthemisia Group, 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, in
collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró e l’assessorato alla Cultura del Comune di Verona - Galleria d’Arte Moderna Palazzo Forti e con il patrocinio
dell’Ambasciata di Spagna, approderà nella città di
Verona il 22 giugno e sarà ospitata dal palazzo della
Gran Guardia fino al 9 settembre.
L’esposizione comprenderà una selezione di 80 opere
- alcune delle quali mai esposte in Italia - tra le quali
50 dipinti ad olio di grande formato, terracotte, bronzi e acquarelli. Punti forti dell’esposizione saranno gli
olii Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978); il
bronzo Donna (1967) e gli schizzi, tra cui quello per
la decorazione murale della Harkness Commons-Harvard University, tutti provenienti da Palma di Maiorca,
dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere dell’artista. All’interno degli spazi espositivi, inoltre,
sarà ricostruito lo studio d’arte che Mirò realizzò nel
1956 a Maiorca e saranno esposti anche tutti gli oggetti, i pennelli e gli strumenti che l’artista usava per
creare le sue opere, conservatisi grazie all’attività della
fondazione catalana.
L’artista spagnolo aveva sognato quello studio per
anni: «Quando potrò stabilirmi da qualche parte, il
mio sogno è avere un grande studio [...]. Vorrei ci-
mentarmi nella scultura, nella ceramica, nella stampa, avere un torchio. Vorrei anche, per quanto possibile, andare oltre la pittura da cavalletto». Joan Mirò
fu, infatti, un artista eclettico e originale, la cui carriera artistica iniziò proprio nel periodo in cui in Europa
esplodevano le avanguardie. Dopo il suo primo viaggio a Parigi nel 1920, dadaismo e surrealismo rimpiazzarono immediatamente il futurismo, il cubismo
e il fauvismo con i quali per primi l’artista catalano si
era confrontato. Fondamentali nell’arte di Mirò furono l’intervento del caso e il suo spirito trasgressivo,
che lo portarono a sperimentare forme d’arte sempre
più coinvolgenti: dalla pittura da cavalletto a progetti
d’arte pubblica, dalla passione per l’arte primitiva a
quella per la scultura, dal dipingere con i pennelli allo
stendere i colori con le dita e con il pugno.
“Mirò. Poesia e luce” sarà, dunque, un momento unico per ammirare le opere dell’artista catalano, spesso
anticonformista e ruvido, e per confrontarci con le rivendicazioni di Sebastià Gasch del 1930, fatte proprie
da Joan Mirò: «L’arte deve produrre emozioni. Quanto più intensa è l’opera artistica, tanto più intensa
sarà l’emozione. Pertanto è necessario esigere un’arte intensa. Un’arte forte, […] ricca di pathos, aspra
e barbara, senza attenuanti. Un’arte che ci inebri di
profumi, finché non ci metterà fuori combattimento
con un vigoroso pugno».
Ilaria Piacenza
Da sinistra a destra: Joan Miró, Senza Titolo, 1978, Olio su tela, 92 x 73 cm, Fundació Pilar i Joan
Miró, Mallorca, © Successió Miró by SIAE 2012, Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca • Joan Miró, Femme dans la rue, 1973, Olio,
guazzo e acrilico su tela, 195 x 130 cm, Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca, © Successió Miró
by SIAE 2012, Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan
Miró a Mallorca • Joan Miró, Sketch for Harkness Commons, Harvard University, 1950, Inchiostro e
matita su carta, 26,8 x 61 cm, Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca, © Successió Miró by SIAE 2012,
Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca
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DAL TAMIGI LONDINESE...
MATTIA BORGHESI & DAVIDE FORTUNA | PHOTOGRAPHY
London Bridge - London
© MADFOCUS - MATTIA BORGHESI & DAVIDE FORTUNA
Regent Street - London
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VeronaOltre • giugno 2012
...ALL’ADIGE VERONESE
MATTIA BORGHESI & DAVIDE FORTUNA | PHOTOGRAPHY
Ponte Pietra, Lungadige Re Teodorico
Quartiere Carega, Via San Mamaso
© MADFOCUS - MATTIA BORGHESI & DAVIDE FORTUNA
VeronaOltre • giugno 2012
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TURISMO OLTRE
Lago di Garda • II parte
Cosa, dove e come passare una giornata sul Lago di Garda
MUSEI, MONUMENTI, CENTRI CULTURALI E DI SVAGO
Località
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MUSEI, MONUMENTI, CENTRI CULTURALI E DI SVAGO
Peschiera
Fortezza
Giardino di Sigurtà e Parco Acquatico Cavour Valeggio sul Mincio • Zoo Safari • Gardaland
Sirmione
Terme di Catullo (Centro Storico) • Terme di Virgilio (in località Colombare)
Rocca Scaligera • Belvedere Catullo • Villa romana
Desenzano
Museo • Duomo • Villa Romana
Mercatino antiquariato (1^ domenica del mese)
Padenghe
Castello del X Secolo • Chiesa barocca dell’Assunta (tavole del ‘500)
Moniga
Torri del castello medievale • Villa palladiana Bertanzi • Panorama
Manerba
Panorama • Rocca • Museo Archeologico della Valtenesi
S.Felice Benaco
Panorama a Punta Portese
Salò
Ville lungolago • Borgo medievale • Duomo (portale – dipinti)
Vallio
Terme e Castello
Gardone Riviera
Vittoriale • Museo • Panorama • Giardino Botanico Hruska • Villa Alba
Toscolano Maderno
Toscolano: Chiesa SS Pietro e Paolo • Maderno: Chiesa di Sant’Andrea
Porticciolo turistico
Bogliasco
Villa Feltrinelli
Gargnano
Villa Bettoni • Promontorio: porticciolo turistico
Riva del Garda
Palazzo Pretorio • Palazzo del Municipio • Rocca (Museo) • Parrocchiale • Porto
Cascata del Varone
Torbole
Strada panoramica per Nago • Marmitte dei Giganti
Malcesine
Centro Storico • Palazzo dei Capitani del Lago • Castello Scaligero • Parrocchiale
Escursione sul M.Baldo in Teleferica • Panorami
Torri del Benaco
Castello Scaligero
Escursione sul M. Baldo (dir. Caprino) • Panorami
San Vigilio
Porticciolo e statua di San Marco • Villa Guarienti
Panorama
Garda
Villa Alberini • Parrocchiale
Bardolino
Chiesa di San Zeno • Chiesa di San Severo
Pastrengo
Parco Natura Viva (loc.Figara)
Cisano
Pieve di Santa Maria
Lazise
Mura medievali • Castello • Palazzo della Dogana Vecchia • Porticciolo Turistico
Parco Termale del Garda (loc.Colà)
Canevaworld • Acquaparadise • Medieval Times • Movieland studios
VeronaOltre • giugno 2012
Turismo:
guardiamo al futuro!
L’Italia attraversa un periodo di
crisi globale, che ci costringerà
a trovare il sistema di uscirne se
non vogliamo trovarci nel mondo dei paesi sottosviluppati. Noi
abbiamo la possibilità di contare
sul turismo che già ci assicura il
10% del PIL, come dichiarato recentemente dai Tecnici del settore economico nazionale, i quali
affermano che potremmo arrivare agevolmente al 15/18% e superarlo anche, a condizione che
venga attuata una politica incisiva
nello specifico settore, rivolta particolarmente al nostro Meridione
e alle Isole Maggiori. Quando,
30 anni or sono, affrontammo
l’argomento turismo, iniziammo
dalle assolate e splendide coste
del nostro Sud, rilevando che la
stagione balneare era molto più
corta nelle apriche spiagge della Sicilia e della Calabria, rispetto
ad altre Regioni del Nord (come
la Romagna o la Liguria) dove
il mare è più freddo, il clima ovviamente meno favorevole e che
tale divario non era giustificabile.
La realtà è che gli impianti logistici
e di svago vengono sfruttati per
un tempo minimo nel meridione.
Inoltre il turismo balneare non si
limita alla sola spiaggia, ma il vacanziero cerca anche divertimenti, sport e cultura. Molti Operatori
Turistici e Amministratori Locali
non hanno ancora compreso che
i Turisti, pure quelli orientati a preferire le zone favorite dalla natura, cercano la vacanza intelligente
e divertente, ma anche svago e
cultura; come conseguenza optano per località meno dotate dalla
natura, ma più confortevoli. A ciò
aggiungiamo il malcontento di
coloro che, allettati dal miraggio
delle attrattive pubblicizzate, trovano una situazione assai meno
seducente. Quasi metà dei turisti
stranieri intervistati in questi anni
hanno lamentato la carenza degli
aspetti culturali e di divertimento
che erano stati propagandati ed
evidentemente attesi. In pratica,
per loro l’Italia, invece della Nazione ricca di una natura splendida
e colma di opere d’arte create da
geni che nel corso di 3 millenni
hanno lasciato ai posteri un’ine-
guagliabile impronta di civiltà,
appariva, in molte zone, solo una
spiaggia gradevole e anche rilassante, ma simile a tanti altri lidi,
inoltre più economici. Questa è la
realtà, quella stessa che, da primi
che eravamo, ci ha relegato al 3°
posto, tallonati da presso da altre
Nazioni assai meno dotate dell’Italia in questo settore. Noi abbiamo
un inestimabile tesoro di civiltà
non saputa sfruttare: Musei poco
accoglienti o addirittura chiusi,
Zone Archeologiche abbandonate e saccheggiate, oltre a Castelli, splendidi Palazzi, Chiese, tutto
retaggio della passata civiltà e poi
monti, laghi, magnifiche città,
dolci colline e parchi, non solo
spiagge. Se i ministeri del Turismo e dei Beni Culturali agissero
di concerto, l’auspicato 15/18 %
del PIL fornito dal Turismo potrebbe essere superato, diventando
determinante per la nostra economia. Non si può sempre e solo
contare sullo Stellone d’Italia!
Umberto, Roberto
e Luciana Granati
Il piacere di scrivere...
... Il gusto di leggere.
w w w. i p e re d i z i o n i . i t
i n f o @ i p e re d i z i o n i . i t
VeronaOltre • giugno 2012
15
in funzione della sua capacità e maturità nel campo
delle arti marziali. Con la pace forzata imposta dal
regime degli Shogun Tokugawa, a partire dal 1600
divenne poi necessario per tutte le scuole che si erano sviluppate e perfezionate nei secoli di lotta interna
del Giappone, sviluppare in seno al proprio sistema
di lotta delle filosofie che permettessero di incanalare la naturale propensione bellica dei samurai in un
autocontrollo adatto ad un periodo di relativa pace
dove anche i duelli erano vincolati a rigide condotte
e regole. Di questa tradizione quasi millenaria noi occidentali abbiamo potuto usufruire grazie al fatto che
Il problema culturale
delle arti marziali
Nell’immaginario collettivo il termine arte marziale riporta alla mente normalmente qualche vecchio film
d’azione. In fondo per anni, nel contesto occidentale, le tradizioni orientali sono state spesso abbinate
a fenomeni cinematografici come Bruce Lee e tutti i
suoi omologhi che negli anni seguenti fino ad oggi si
sono cimentate in variopinte pellicole dove a farla da
padrone erano mirabolanti acrobazie che condivano
scene di violenza e combattimento degne dei vecchi
film “cappa e spada”. Sicuramente buona parte della
moderna considerazione che in occidente si ha delle forme marziali sono tributarie di tali pellicole, ma
molto si deve anche ad alcuni di coloro che per primi
portarono da noi tali forme e le insegnarono. L’impostazione didattica fu, più per mancanza di preparazione culturale da parte di molti di questi “pionieri”,
che per scelta, quella meramente fisica. Questo però
arrecò un danno immenso alle arti marziali che ancora oggi tende purtroppo a relegare questo mondo nel limbo delle attività fisiche alla stregua di tanti
altri sport. Le arti marziali invece, soprattutto quelle
più diffuse di origine giapponese, sono non solo un
metodo di combattimento individuale, ma rappresentano un lascito culturale raffinatissimo. Il Budo,
termine con il quale si identifica tale tradizione, è il
risultato di ottocento anni di dominio di una classe,
quella Bushi, meglio noti come samurai. Dal 1185 al
1876 essi rappresentarono oltre che la più raffinata
forma di combattente mai esistita, anche l’elite politica e di conseguenza con il tempo anche culturale
di una nazione. In tale contesto le discipline da combattimento, che erano fonte dell’essere stesso dei samurai, avevano un ruolo centrale. Un Bushi era tale
16
tale classe è arrivata intatta fino all’epoca contemporanea e dopo la sconfitta del Giappone nel secondo
conflitto mondiale, anche gli occidentali hanno potuto abbondantemente accedere a questo sapere. Sapere che però richiede una base culturale solida per
essere ritrasmesso, altrimenti, tramandandone solo la
componente di confronto fisico, viene a mancare tutto un substrato culturale che ne è collante e ragione
d’essere. Una preparazione di base nella cultura del
popolo che ha generato un certo sapere è condizione necessaria per compenetrare tale conoscenza. Altrimenti sarebbe come voler insegnare filosofia senza
aver mai studiato la storia della Grecia classica. Il giorno che comprenderemo questo, riusciremo a sdoganare le arti marziali dal limbo di mediocre fisicità nel
quale la maggior parte della popolazione involontariamente le relega.
Roberto Granati
www.taki-no-kan.org [email protected]
VeronaOltre • giugno 2012
Cenni di storia e tecnica
del giornalismo e
Antologia storica del
giornalismo: due manuali
per aspiranti giornalisti.
Cenni di Storia e Tecnica del
Giornalismo, pag. 274, euro 18,00
Antologia Storica del Giornalismo,
pag. 192, euro 14,00
www.iperedizioni.it
Domenico Fiordelisi insegna come
entrare nelle redazioni giornalistiche
Quanti sono i giovani che sognano di diventare famosi giornalisti,
reporter di guerra, critici d’arte e
letteratura? Tantissimi, troppi da
contare! È proprio a loro che pensava l’Ing. Domenico Fiordelisi,
iscritto all’Albo dei Giornalisti della Lombardia dal 1951, quando
ha deciso di pubblicare due libri
pratici sulla scrittura giornalistica:
Cenni di storia e tecnica del giornalismo e Antologia storica del
giornalismo, editi entrambi da
Ipertesto Edizioni.
Il primo manuale è una raccolta
di dispense realizzate dall’autore
a cavallo dagli anni ‘80 e ‘90, per
gli studenti italiani di Scienze della
Comunicazione della Sersi Universität di Herisau, in Svizzera. I primi
capitoli del libro illustrano la storia
del giornalismo dai Greci, ai Romani, fino al Medioevo rischiarato
dalla novità della carta stampata.
Focus dell’autore, in particolar
modo, la stampa svizzera, i maggiori quotidiani esteri, il giornalismo femminile e quello fumàno e,
per finire, lo studio dell’opinione
VeronaOltre • giugno 2012
pubblica. A conclusione di questa
parentesi storica, Fiordelisi dà vita
a un dizionario/glossario del giornalista: un insieme di vocaboli ed
espressioni provenienti da dispense in circolazione in Italia - Glossario del giornalista, Dizionario
del giornalista, Inciallah! Sì, ma
‘ndu’è-l? ed I dossier di tabloid che iniziano l’aspirante giornalista
a questo particolare linguaggio. L’Antologia storica del giornalismo si apre, invece, con argomenti molto pratici: l’autore ci parla di cosa sia la notizia e di come
la si debba scrive, descrive la struttura e il linguaggio di un articolo
giornalistico e come si organizza
la pagina di un quotidiano, spiega i criteri in base ai quali si decidono i titoli, analizza la diffusione
dei giornali nel mondo, con un
focus sull’Italia, e conclude con
un paragrafo che riguarda l’obiettività di chi scrive, chiedendosi
se sia realtà o utopia. Il manuale
prosegue con una parte dedicata
all’Ordine dei giornalisti e ai suoi
elenchi: Elenco Speciale, Elenco
Pubblicisti e Professionisti. Questa
sezione è resa dinamica dall’inserimento di interventi di giornalisti
iscritti all’Elenco Speciale e a quello dei Pubblicisti, con lo scopo
di animare la diatriba che li vede
contrapposti ai Professionisti. Nella parte finale del libro Domenico
Fiordelisi raccoglie prima pareri di
giornalisti riguardanti la revisione
o l’abolizione dell’ordine stesso,
poi alcuni casi di giornalisti che
hanno colpito l’attenzione dei media - Farina, Mughini, Feltri - per finire con un’appendice che spiega
per filo e per segno come si scrive
su un giornale: dalle sigle agli accenti, dagli articoli agli ausiliari.
I manuali di Domenico Fiordelisi risultano essere, dunque, un
grande aiuto al quale ricorrere
quando si è di fronte alla pagina
bianca e non si sa come affrontarla, nonché ottime armi da usare
per sconfiggere le insicurezze e le
incertezze che attanagliano quasi
tutti gli aspiranti giornalisti.
Ilaria Piacenza
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Dopo Incontrerai
l’uomo dei tuoi sogni
e Midnight in Paris,
Woody Allen
firma un omaggio alla
Città Eterna
Sulle note di Nel blu dipinto di blu
scorrono i titoli di testa di To Rome
with love, che dissolvono sulle
prime immagini di una stupenda
Roma baciata dal sole. Poi un vigile urbano, di sordiana memoria,
giunto con la moglie a Roma per
conoscere la famiglia italiana del
fidanzato della figlia. Angosciato
dalla vita da pensionato e desideroso di tornare alla ribalta, il personaggio di Allen scopre nel futuro
consuocero uno strepitoso talento
vocale, trovando anche un’originale soluzione per fargli vincere
la timidezza che gli permetteva di
cantare bene solamente sotto la
doccia. Jerry avrà così una nuova
opportunità di successo.
Jack (Jesse Eisenberg), fidanzato
con Sally (Greta Gerwig), è un giovane americano che studia architettura a Roma. Passeggiando per
i vicoli della città incontra il famoso
architetto statunitense John (Alec
La locandina del film
To Rome with love
impegnato a dirigere il traffico in
Piazza Venezia, dalla sua pedana si
rivolge direttamente alla macchina
da presa per introdurre il racconto
delle “storie di Roma”.
Dopo questa sequenza introduttiva, condita da stereotipi, ci ritroviamo nel bel mezzo di quattro storie
che si sviluppano tra le vie della
Capitale.
Antonio (Alessandro Tiberi) e Milly (Alessandra Mastronardi) sono
due sposini di Pordenone, giunti a
Roma in cerca di un’opportunità di
lavoro. I due ingenui protagonisti
si perdono di vista quasi subito e,
come nella più classica delle commedie degli equivoci, si ritrovano
travolti da una serie di eventi e
coincidenze che li portano anche
a tradirsi reciprocamente. A irrompere nella vicenda un’avvenente
escort di nome Anna (Penelope
Cruz) e un rapinatore, interpretato
da Riccardo Scamarcio.
Poi l’episodio di Woody Allen. Il
regista torna a recitare e interpreta Jerry, ex impresario musicale
18
Baldwin), nostalgico turista nella
città che lo aveva ospitato ai tempi
dell’università. A raggiungerli c’è
Monica (Ellen Page), affascinante
amica di Sally, che finirà per far innamorare Jack, nonostante i consigli di John, che rivede nel ragazzo
se stesso e lo mette in allerta dalla
bella seduttrice.
Roberto Benigni è, invece, l’italiano medio Leopoldo Pisanello, un
impiegato che si ritrova improvvisamente travolto da un successo
inatteso quanto ingiustificato. Il
protagonista diventa l’uomo più
inseguito e conteso dai media e
finisce per trovarsi in un vortice di
popolarità che inizialmente rigetta
e poi, quando improvvisamente si
dissolve, rimpiange.
Quella di Woody Allen, come
esprime il titolo, vuole essere
una vera e propria testimonianza
d’amore alla Città Eterna. Seppur
troppo caricaturale, non è quindi
del tutto da condannare la rappresentazione nostalgica della Capitale italiana proposta dal regista
di New York. Tra gli stupendi mo-
numenti e le stradine della città si
respirano atmosfere di una Roma
anni Cinquanta, che restituiscono
l’idea, comunque ricca di fascino,
che Allen ha voluto esprimere.
L’eccessivo carico di stereotipi e le
trame inconsistenti e poco divertenti degli episodi sembrano invece essere il vero punto debole del
film. L’episodio degli sposini di Pordenone, provinciali disorientati dai
ritmi e dai personaggi della grande città, diverte solo a tratti, risollevato dall’interpretazione di una
Penelope Cruz in ottima forma.
La storiella dei due fidanzatini
americani ha nei personaggi del
surreale John e della nevrotica ed
eclettica Monica (un concentrato di elementi alleniani), gli unici
punti di forza, all’interno di una
vicenda prevedibile e piuttosto noiosa.
Anche il tema della popolarità senza apparente motivo e dell’esaltazione, da parte dei media, della
normalità (critica alla televisione di
oggi?) dell’episodio di Roberto Benigni, sono sviluppati in modo non
abbastanza pungente, se quello
VeronaOltre • giugno 2012
era l’intento, e poco brillante, con
l’attore italiano imbrigliato in un
ruolo che sembra tarpargli le ali.
Nell’insistenza di Jerry per convincere il talentuoso consuocero a
salire sul palco ritroviamo invece
affrontato il tema, caro al regista
newyorchese, della paura di invecchiare e, nel caso specifico, di
morire artisticamente, con qualche
azzeccata battuta a supporto.
La consueta cifra stilistica del regista sembra nel complesso però
piuttosto appannata. La comicità
leggera, tipica della commedia
all’italiana, e la ricerca della battuta facile non sembrano sostituire
in modo appropriato ciò che ci si
aspetta da un film di Allen. Forse
mantenendo una maggiore coerenza stilistica e limitando i cliché,
il tributo di Allen a Roma sarebbe
stato meglio accolto anche in Italia, mentre, probabilmente, questo
film sarà piaciuto di più all’estero.
Francesco Fontana
A giugno in sala
• Il cinema d’estate inizia con alcune
proposte interessanti. Killer Elite è
il film d’azione di Gary Mckendry,
ispirato al romanzo The Feather
Men di Ranulph Fiennes. Il cast è di
spessore, con interpreti quali Robert
de Niro e Clive Owen, protagonisti
di una storia di mercenari e
complotti, in uscita il primo giugno.
•A
mbientata nella New York degli
anni Ottanta, Love & Secrets è
invece una vicenda ricca di mistero
e sentimento. La pellicola di Andrew
Jarecki, con protagonisti Ryan
Gosling e Kirsten Dunst, racconta
la sparizione di una donna, le
indagini riaperte dopo anni e i
risvolti inattesi. Il film sarà nelle sale
dal primo giugno.
•N
ello stesso giorno uscirà anche
un altro film molto atteso: Viaggio
in paradiso, di Adrian Grunberg.
Il regista narra la vicenda di Driver,
un criminale interpretato da Mel
Gibson, bloccato alla frontiera
messicana con la macchina carica
di denaro e condotto in un carcere
di massima sicurezza.
• S ette giorni per sette registi in 7 days
in Havana. La pellicola, in uscita l’8
giugno, narra una settimana di vita
nella metropoli cubana, attraverso
appunto il racconto di sette storie
firmate da altrettanti registi.
•C
’era una volta in Anatolia è il
film del regista turco Nuri Bilge
Ceylan. Al centro della narrazione
c’è la vicenda di un assassino che
accompagna la polizia sul luogo
VeronaOltre • giugno 2012
dove è seppellita la sua vittima. Nel
percorso emergono nuove verità.
La pellicola sarà nei cinema a partire
dal 15 giugno.
• Commedia curiosa Il dittatore,
firmata Larry Charles e con
protagonista Sacha Baron Cohen.
Il film mette in scena la storia di
un dittatore che fa di tutto pur di
mantenere intatto il suo regime a
scapito della democrazia.
• Sono due i film biografici in
programma: uno dedicato a Marilyn
Monroe, in uscita il 1 giugno, e
l’altro a Bob Marley, in programma
dal 26 del mese.
• Grandi star del cinema per Rock
of Ages, una pellicola che unisce
commedia, dramma e musical,
firmata da Adam Shankman,
con celebri interpreti quali Tom
Cruise, Catherine Zeta-Jones e Alec
Baldwin. Il film uscirà in Italia il 20
giugno.
• Il cammino per Santiago, nelle sale
dal 29 giugno, è il film drammatico
di Emilio Estevez. Il regista racconta
la storia di un padre che va a
recuperare il corpo del figlio morto
durante un pellegrinaggio verso
Santiago De Compostela. Con le
ceneri con sé proseguirà il viaggio
che il figlio aveva intrapreso e
interrotto, in un percorso alla ricerca
di se stesso e dei valori della vita.
Francesco Fontana
19
Team di Damiano Cunego (Lampre)
Giro d’Italia
2012
Cronistoria di una Crono-Tappa a Verona
9 Maggio 2012
Team di Ivan Basso (Liquigas)
In partenza cronometrata da San Zeno
A guardarli sfrecciare così velocemente, almeno per la mia discreta inesperienza nel settore,
viene veramente da chiedersi
se possa essere più dura una
salita vertiginosa fatta su due
ruote, oppure il resistere ai nostri tempi di crisi economiche,
crisi del tempo e crisi delle velocità stesse. Nella loro fatica, comunque, ci ritroviamo. E quindi, Viva l’Italia, che tappa per
tappa, passando per Verona, si
ritrova tutta diversamente unita
per le strade a tifare per i propri beniamini, a credere che, a
tagliare il traguardo lì, nella bellissima Piazza Bra, possa seguire veramente un cambiamento. È normale, perché sognare
è umano. Durante le fasi più
concitate di quella che è stata comunque una gara molto
avvincente, vedevo facce non
spente. Occhi non rassegnati,
diversi. Occhi che vogliono e
pretendono di vedersi di fronte
un futuro non dettato dall'alto,
ma costruito con le mani della
propria esperienza, con gli errori e con le virtù che caratterizzano ognuno di noi.
Il Giro d'Italia si compone di 21
tappe. Le nostre potrebbero essere di più.
E allora complimenti alla Maglia
Rosa della giornata, il Lituano
Ramūnas Navardauskas, del
team Garmin-Barracuda.
Nicola Richard Zanotto
In partenza cronometrata da San Zeno
Verona Grafica s.r.l. società unipersonale Servizi integrati
Via Bionde, 122 • I • 37139 Verona
Tel. 045 8904969 • Fax 045 8919665
Il traguardo in piazza Brà
20
di stampa ed editoria
tradizionale e digitale
[email protected]
VeronaOltre • giugno 2012
© Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Nasher
Sculpture Garden. Foto Andrea Sarti/CAST1466.
© The Peggy Guggenheim Collection, Venice. The
Nasher Sculpture Garden. Photo Andrea Sarti/
CAST1466
Quella di oggi non è l’età della creazione, ma del collezionismo, che, se non altro,
ci consente di preservare tutti i grandi tesori che abbiamo e di presentarli in maniera degna alle masse. (Peggy Guggenheim)
© Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Collezione Gianni Mattioli.
Foto Andrea Sarti/CAST1466
© The Peggy Guggenheim Collection, Venice. Gianni Mattioli Collection.
Photo Andrea Sarti/CAST1466
© Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Corridoio occidentale. In primo
piano: Francis Bacon, Studio per scimpanzé, 1957. Foto Andrea Sarti/
CAST1466. © The Peggy Guggenheim Collection, Venice. West Corridor.
Close- up: Francis Bacon, Study for Chimpanzee, 1957. Photo Andrea
Sarti/CAST1466
© Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Una delle sale di Palazzo Venier
dei Leoni. Da destra verso sinistra La Maiastra, Constantin Brancusi,
1912; Il sole nel suo portagioie, Yves Tanguy, 1937; Oceano 5, Piet
Mondrian, 1915; La torre rossa, Giorgio De Chirico, 1913. Foto Andrea
Sarti/CAST1466. © The Peggy Guggenheim Collection, Venice. Palazzo
Venier dei Leoni, right to left: Constantin Brancusi Maiastra, 1912; Yves
Tanguy, The Sun in Its Jewel Case, 1937; Piet Mondrian Ocean 5, 1915;
Giorgio De Chirico, The Red Tower, 1913. Photo Andrea Sarti/CAST1466 Collezione
Peggy Guggenheim
«Si è sempre dato per scontato
che Venezia è la città ideale per
una luna di miele, ma è un grave
errore. Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta
più posto per altro». Peggy Guggenheim aveva le idee chiare sulla città lagunare e sull’amore che
nutriva per essa. Fu proprio questa
passione una delle cause che la
spinse a dar vita alla Collezione a
Palazzo Venier dei Leoni che ancor
oggi porta il suo nome.
Già sfogliando la biografia di Peggy Guggenheim ci si rende conto
di quanto l’arte contasse per lei.
Immaginate la sua vita, quella di
una donna cresciuta tra gli esponenti dei circoli artistici di New
York e la Parigi bohémienne degli
espatriati americani, una donna influenzata da artisti della levatura di
Marcel Duchamp, Samuel Beckett,
Andrè Breton, Max Ernst e molti
altri ancora, una donna scossa da
forti passioni, divisa tra l’amore per
l’arte e quello per i numerosi mariti, tra i quali Laurence Vail, John
Holms e lo stesso Max Ernst.
Peggy Guggenheim influenzò il
VeronaOltre • giugno 2012
mondo intero con il suo interesse per l’arte moderna: a Londra
aprì la sua prima galleria d’arte,
la Guggenheim Jeune; nella nativa New York inaugurò la sua galleria/museo Art of This Century,
dove espose la propria collezione
di arte cubista, astratta e surrealista
- Jackson Pollock e gli altri pionieri
dell’Espressionismo Astratto americano lì esposti furono le stelle della
galleria - e a Venezia, infine, Peggy
acquistò Palazzo Venier dei Leoni;
inizialmente si trasferì lì con la sua
collezione e, alcuni anni più tardi,
donò il palazzo alla Fondazione
Solomon R. Guggenheim, creata
da suo zio.
Questa è la storia dalla quale prende vita uno dei maggiori musei
d’arte moderna al mondo, punto
d’incontro tra la collezione personale di Peggy Guggenheim, le
opere donate alla Fondazione Solomon R. Guggenheim dopo la
morte di Peggy e i prestiti a lungo
termine da parte di collezioni private. Della collezione personale
della donna fanno parte capolavori di Cubismo, Futurismo, Pittura Metafisica, Astrattismo europeo,
Amore per l’arte
e per la città di Venezia
scultura d’avanguardia, Surrealismo ed Espressionismo Astratto
americano, con artisti del calibro
di Picasso, Braque, Duchamp, Picabia, de Chirico, Mondrian, Kandinsky, Miró, Klee, Ernst, Magritte,
Dalí, Pollock e molti altri ancora.
I ventisei dipinti della famosa Collezione Gianni Mattioli, tra i quali
alcuni capolavori del Futurismo
italiano, sono, invece, un esempio
delle prestigiose collezioni private
ospitate dal museo.
Sarà forse la location inimitabile, che dà direttamente sul Canal
Grande, oppure gli arredi originali
della casa e le foto storiche di Peggy che fanno assaporare ai visitatori la turbolenta vita della donna,
o forse sarà che la collezione esposta è stupenda e che gli artisti non
hanno certo bisogno di presentazioni. Quale che sia la causa, certo è che la Collezione Peggy Guggenheim a Venezia risulta essere
unica nel suo genere: una piccola
perla d’arte incastonata nel Canal
Grande.
Ilaria Piacenza
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Mojomatics and The Bud
Spencer Blues Explosion
ecco gli artisti di punta per il SoundVito 2012
I ragazzi che hanno dato il via a tutto ci raccontano
i retroscena nell’organizzazione dell’evento
Il popolare festival legnaghese,
giunto ormai all’ottava edizione, si
conferma uno dei più importanti
rock festival del Nord-Est Italia.
Durante il corso degli anni, il palco
ha visto succedersi artisti di fama
nazionale e internazionale, attirando sempre di più il favore del pubblico, che ogni anno riconferma la
sua presenza massiccia.
I cancelli quest’anno apriranno Venerdì 8 giugno alle 19. Durante
le due serate si alterneranno sulla scena diversi gruppi emergenti
fino ad arrivare alle esibizioni di
punta dei Mojomatics e dei Bud
Spencer Blues Explosion.
In attesa dell’evento, per conoscere meglio l’organizzazione che si
cela dietro una manifestazione di
queste proporzioni, siamo andati
a fare qualche domanda a Luca,
il Vice presidente dell’Associazione Culturale SoundVito, nonché
membro fondatore del festival.
Sono ormai parecchi anni che
organizzate il Sound Vito, cosa
vi ha spinto a cominciare?
SoundVito nasce nel 2002, quasi
22
per scherzo. Eravamo un gruppetto di ragazzi neppure ventenni che si trovavano spesso nella
piazza della nostra piccola frazione
(S.Vito di Legnago) a chiacchierare
e far passare il tempo. Una sera,
discutendo, ci chiedemmo, ma
perché dobbiamo sempre fare chilometri su chilometri per andare a
vedere un concerto - visto che eravamo e siamo tutti appassionati di
musica - perché non lo organizziamo qua?
Quanto è complicato organizzare eventi di questo tipo in
una cittadina come Legnago?
Cosa vi ha spinto a continuare
per tutti questi anni? E soprattutto, come riuscite ad organizzare questa serie di concerti
ad ingresso gratuito?
Legnago, e ancor di più San Vito
(ricordiamo che è una comunità
che non supera i 1.500 abitanti),
non sono luoghi che sulla carta si
prestano a manifestazioni del genere, però dobbiamo ammettere
che tanta tenacia, impegno e voglia di credere in questo progetto
ci ha portato negli anni a crescere.
Sicuramente siamo grati a tutte le
persone che ci sono state vicine,
sostenendoci e dandoci fiducia.
Inoltre, parlo da “anzianotto” del
gruppo, ci ha fatto molto piacere
il coinvolgimento attivo di alcuni
ragazzi molto più giovani rispetto
a quelli del nucleo iniziale.
Riusciamo a lasciare l’entrata gratis,
perché con largo anticipo chiediamo collaborazione a sponsor e/o
simili che riescono a sostenerci fi-
nanziariamente, poi ogni più piccola spesa è controllata (ovviamente con piena coscienza di tutto lo
staff) grazie all’abile gestione del
nostro attuale presidente Daniele,
e soprattutto perché le band locali
vengono a suonare a cachet zero,
dandoci quindi la possibilità di chiamare band di caratura nazionale.
Come mai quest’anno la scelta è ricaduta su gruppi come
i Mojomatics e i Bud Spencer
Blues Explosion?
Abbiamo scelto queste band in
quanto le consideriamo due tra
le più interessanti realtà italiane
in ambito rock “alternativo”. Sono
progetti musicali che hanno avuto
negli ultimi anni un ottimo riscontro sia a livello di pubblico, sia da
parte degli addetti ai lavori. Inoltre non nascondiamo che hanno
entrambi sonorità “orecchiabili”,
quindi potenzialmente apprezzabili da chiunque possa passare dal
SoundVito. Fatalità sono entrambe
formazioni a due elementi, mancano solo gli White Stripes!!!
L’anno scorso l’evento è stato
accolto con successo, quest’anno vi aspettate un aumento
del pubblico?
Ovviamente speriamo che ogni
edizione possa andare sempre
meglio, visto il crescere della fama
del festival, ma senza presunzione, ci basterebbe vedere l’affluenza dell’anno scorso per essere più
che contenti.
Anna Chiara Bozza
VeronaOltre • giugno 2012
GUSTOSAMENTE OLTRE
Polenta Maridà
Un po’ di storia
Questo piatto, tipico della provincia di Verona, è localizzato prevalentemente in due ben precise
aree geografiche della nostra provincia: la città di Verona, in modo
particolare Avesa, da una parte e
la zona tra i comuni di Villafranca, Castel d’Azzano e Povegliano
dall’altra. Le due ricette sono un
po’ diverse tra loro e possono essere definite come un “piatto della
festa”, all’interno della cucina “povera” veronese. La ricetta descritta e illustrata è quella tramandata
oralmente dai nostri nonni e fa
capo alla zona di Castel d’Azzano
e Povegliano Veronese. Si tratta
quindi di polenta di riso in gnocchetti che vengono conditi a strati
con ragù, parmigiano ed abbondante cannella. Questo piatto si è
tramandato di padre in figlio e, pur
di non perdere la tradizione, spesse volte a prepararlo erano proprio
gli uomini, che l’avevano visto fare
dalla loro mamma e desideravano
che venisse imparato anche dai figli. La variante di Verona ed Avesa
viene cucinata nello stesso modo,
ma la polenta di riso che si ottiene
viene servita effettivamente come
una polenta, sulla tradizionale “panara” e viene poi tagliata a fette,
condita con salsiccia fatta rosolare
in abbondante burro e cosparsa di
parmigiano.
VeronaOltre • giugno 2012
Ingredienti per 4 persone
400 gr. di Vialone Nano
1 lt di acqua
4 cucchiai di farina
400 gr. carne macinata
sedano, carota, cipolla
750 ml di salsa di pomodoro
100 gr. di formaggio grana
2 cucchiaini colmi di cannella in
polvere
mezzo bicchiere di vino bianco
sale
Preparazione
Nella preparazione di questo piatto, le dosi degli ingredienti per la
cottura del riso devono essere rispettate per permettere al riso di
assorbire tutta l’acqua.
Preparazione del ragù di carne:
soffriggi cipolla, carota e sedano a
pezzetti in un filo di olio; aggiungi
la carne macinata e falla rosolare.
Sfuma con il vino bianco e, quando sarà evaporato, aggiungi la salsa di pomodoro. Regola di sale e
pepe e aggiungi un pizzico di cannella. Fai cuocere a fuoco lento
per almeno un’ora.
Preparazione del riso: fai bollire
l’acqua per il riso, aggiungi il sale
e il riso. Fai cuocere a fuoco medio, con il coperchio, mescolando
di tanto in tanto. Dopo circa 15
minuti, quando il riso è al dente e
ha assorbito l’acqua (ma non tutta,
una piccola parte di umidità deve
rimanere prima di mettere la farina), aggiungi la farina a pioggia,
continuando a mescolare con un
cucchiaio di legno per un paio di
minuti, otterrai una “polentina”.
Togli la pentola dal fuoco.
Condimento del riso: in una ciotola mescola il formaggio grattugiato con la cannella in polvere, l’aroma di cannella è essenziale per la
riuscita di questo piatto. Spolvera il
fondo di una capiente terrina con
una parte del formaggio grattugiato, con l’aiuto di due cucchiai forma degli gnocchi di riso e disponili
sul fondo della terrina. Ricopri questo primo strato di gnocchi con il
ragù di carne e verdure preparato in precedenza. Spolvera il tutto
con il formaggio grana alla cannella. Fai un altro strato di gnocchi, ragù, formaggio e cannella e
prosegui così fino ad esaurimento
degli ingredienti. Porta in tavola
la terrina e servi la polenta maridà
calda nei piatti.
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VeronaOltre • giugno 2012
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