DIE ZAUBERFLÖTE (Il flauto magico), KV 620 Stagione 2008/2009 Sovrintendente e Direttore Artistico Prosa Michele Mirabella Direttore Artistico Musica e Danza Daniele Spini 22-25 26 ottobre 27 ottobre 29 ottobre ore 20.45 domenica ore 16.00 16 ottobre 2008 - ore 20.00 opera tedesca in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder Edizione Bärenreiter Verlag, Kassel - Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano Fabrizio Celestini & Andrea Maia - ATI Il Sistina IL LETTO OVALE musica di WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo 1756 – Vienna 1791) di Ray Cooney e John Chapman con Maurizio Micheli e Marialaura Baccarini regia di Gino Landi Prevendita spettacoli di novembre Alice, Arturo nei giardini Europa; Ritter Dene Voss; Pascal Rioult Dance Theatre Serata Stravinskij; Orchestra Sinfonica FVG / Kawka / Quarta; Arlecchino servitore di due padroni mercoledì ore 20.45 ORCHESTRA GIOVANILE “LUIGI CHERUBINI” Alexander Lonquich direttore e pianoforte solista ROBERT SCHUMANN Introduzione e Allegro, op. 134 per pianoforte e orchestra FRANZ SCHUBERT Sinfonia n. 4, D 417 “Tragica” LUDWIG VAN BEETHOVEN Concerto n. 1, op. 15 per pianoforte e orchestra 1 novembre sabato ore 20.45 DIE ZAUBERFLÖTE (Il flauto magico) Civica Accademia d’Arte Drammatica ”Nico Pepe” di Udine ALICE, ARTURO NEI GIARDINI EUROPA (EPPURE COSÌ REALI...) il mondo alla rovescia, e la rovescia del mondo Sarastro Tamino Oratore Primo Sacerdote e Secondo Armigero Secondo Sacerdote e Primo Armigero Regina della notte Pamina, sua figlia Prima Dama Seconda Dama erza Dama Primo fanciullo Secondo fanciullo Terzo fanciullo Papagena Papageno Monostatos Michael Eder Bernard Berchtold Thomas Laske Dominik Rieger Krystian Krzeszowiak Ekaterina Lekina Sofia Solovy Petra Van der Mieden Anna Manasyants Monika Wäckerle Paola Valentina Molinari Silvia Piccollo Caroline Germond Caterina Di Tonno Filippo Bettoschi Steven Cole maestro concertatore e direttore Diego Fasolis regia, scene e costumi Eugenio Monti Colla luci Roberto Gritti Orchestra da Camera Europea violino di spalla Duilio Galfetti con gli allievi che hanno concluso il 2° e 3°corso drammaturgia e regia di Claudio de Maglio regia di Piero Maccarinelli Coro della Radio Svizzera novembre ore 20.45 in lingua originale con sopratitoli traduzione di Eugenio Bernardi con Massimo Popolizio, Maria Paiato, Manuela Mandracchia regia di Piero Maccarinelli TEATRO NUOVO GIOVANNI DA UDINE Udine, via Trento, 4 tel. 0432 248411 - fax 0432 248452 www.teatroudine.it - [email protected] Direzione centrale istruzione, cultura, sport e pace Servizio attività culturali Provincia di Udine Grafica S. Conti - Stampa La Tipografica srl 5-9 Teatro di Roma RITTER DENE VOSS di Thomas Bernhard coproduzione tra Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatri S.p.A. di Treviso in collaborazione con RSI Radio Svizzera di lingua Italiana, Rete 2 allestimento Teatri S.p.A. Treviso iniziativa realizzata con il sostegno della L’idea di affrontare l’intrigante mondo delle Zauberopern, le rappresentazioni fiabesche che tanto piacevano al pubblico viennese, a Mozart venne probabilmente in seguito all’incontro e alla collaborazione con Emanuel Schikaneder, autore del libretto del Flauto magico, che a Vienna dirigeva un piccolo teatro popolare alla periferia della città, talvolta esibendosi anche come attore. Dopo il successo conseguito con Il ratto dal serraglio, Mozart continuava a coltivare il desiderio di comporre un’opera tedesca e lo realizzò adottando la forma del Singspiel. Per molti versi, ancor oggi Il flauto magico risulta essere pervaso dal mistero, e solo accettando l’aura favolosa di cui sono pervasi i suoi due atti è possibile accedere al suo universo, che rifugge dalla tradizionale logica drammatica dov’è previsto un racconto coerente e unitario, caratterizzato da accadimenti dinamici e consequenziali. Assumendo la forma del Singspiel, nel quale l’azione prevede l’alternanza fra le parti parlate e quelle cantate, e lo stile della Zauberoper, nella quale il tragico e il comico, il meraviglioso e il triviale si danno reciprocamente la mano, Mozart crea un’opera caratterizzata da elementi fiabeschi e da caratteri allegorici, i cui avvenimenti sembrano disporsi in maniera atemporale e senza un luogo ben definito. I limiti del Singspiel sono così trascesi non solo per la complessità del linguaggio adottato, ma anche per il ventaglio di stili espressivi presenti al suo interno. Qui troviamo un caleidoscopio di situazioni che vanno dal Lied popolare nella sua accezione più semplice, basti pensare ai couplets di Papageno e alla loro svisceratezza giocosa, alle reminiscenze dell’opera buffa che Papageno e Papagena lasciano trasparire nei loro duetti; dal virtuosismo abbagliante che appartiene all’opera seria, presente nelle arie della Regina della Notte, alla vocalità “eletta” che invece è tipica di Sarastro. A completare questo straordinario affresco, che proietta la storia della musica tedesca fino alle soglie del Romanticismo, non mancano alcuni momenti ieratici che riportano alla tragédie lyrique e allo stile chiesastico. La fiaba in musica Il Singspiel, facendo costantemente riferimento ai soggetti desunti dalla cultura popolare, spesso si è confrontato con raccolte e repertori fiabeschi. L’assunzione dell’universo iconico della fiaba, oggetto d’ispirazione di molti compositori, non sempre ha però comportato un’analoga assunzione della sua sostanza che, come molti studiosi hanno insegnato, utilizza percorsi narrativi molto definiti e ben caratterizzati. Se il Romanticismo farà del Märchen il riferimento programmatico di molte pagine della sua sconfinata letteratura, gli esponenti della scuola russa, pronti a rivendicare la legittimità e l’importanza di tutte le espressioni autoctone, hanno invece ripetutamente attinto alle raccolte di Nicolai Afanas’ev. Senza trascurare quanto è accaduto nel corso del secolo ventesimo, con la frequente ripresa di soggetti desunti dal teatro di Carlo Gozzi - autore della celeberrima Turandot - e con le comparse dei protagonisti delle raccolte di Charles Perrault che giungeranno a ispirare anche Le Jardin féerique di Maurice Ravel. Non solo. Risalendo a ritroso, anche i primi spettacoli operistici, nel voler rinunciare alle “meste e lagrimose scene”, avevano fatto anch’essi riferimento alla favola, qui adoperata come sinonimo di “mito”, che ben si prestava a sostenere la funzione di “muovere gli affetti” di cui la musica allora iniziava a farsi carico. In tutte queste operazioni, la fiaba è stata quasi sempre ridotta a semplice pretesto, e molti hanno sostenuto che nel momento in cui è stata “messa in musica” ha dovuto obbedire a leggi artificiali che talvolta sono entrate in contrasto con il suo carattere narrativo originario. Il flauto magico di Mozart, da questo punto di vista, rappresenta un’eccezione. Per quanto si mantenga molto distante dalle farse fantastiche della cultura musicale viennese, e per quanto la sua struttura risulti essere piuttosto complessa, è innegabile che al suo interno si possono cogliere alcuni ingredienti tipici del racconto fiabesco, come l’archetipo del percorso di vita il cui superamento comporta il raggiungimento della verità. I suoi protagonisti, Tamino e Pamina, possono pertanto essere accomunati ai tanti eroi fiabeschi che, dopo aver attraversato molte difficoltà e nonostante la “strega cattiva” che vorrebbe impedire la loro felicità, alla fine possono ricongiungersi. Il libretto di Schikaneder accoglie una serie di presenze eterogenee, fra le quali spiccano quelle desunte dalle Raccolte di fiabe di fate e di spiriti di Christoph Martin Wieland e, in particolare, la fiaba Lulu ovvero Il flauto magico di August Jakob Liebeskind. Accanto a questa, andrebbe citato un lungo seguito di fonti secondarie, a cui il librettista può essersi ispirato per la tessitura dei misteri iniziatici che troviamo nel corso dell’azione e per la definizione dell’ambientazione orientaleggiante e dell’ethos di natura illuminista di cui sono pervasi alcuni momenti. Il tutto a creare un racconto molto distante dai modelli tradizionali che, non solo, stupì coloro che videro l’opera al momento della sua rappresentazione ma anche i posteri, tra cui anche Richard Strauss che giudicherà il libretto del Flauto magico “confuso e strampalato”, riscattato solo dalla musica sublime di Mozart. Stupiva, in particolar modo, l’improvviso mutamento di rotta del racconto per cui alcuni personaggi improvvisamente cambiano le loro caratteristiche e i loro ruoli sono letteralmente ribaltati. Si consideri l’inizio dell’opera. Il principe Tamino, inseguito da un mostro, è salvato da tre giovani Dame che corrono a informare la loro sovrana Astrifiammante, la Regina della notte. Sopraggiunge poi Papageno, un uccellatore vagabondo vestito di piume che canta accompagnandosi con un piccolo flauto di Pan; Astrifiammante appare nel cielo con un fragore di tuono, spiega a Tamino che la figlia le è stata rapita dal malvagio Sarastro e gli chiede di liberarla, promettendogliela in sposa. Le dame donano al giovane un flauto d’oro dai poteri magici e, liberato Papageno dal lucchetto che gli avevano imposto per frenare la sua loquacità gli consegnano in dono un carillon fatato ordinandogli di accompagnare Tamino nell’impresa. Giunti nel regno di Sarastro, i due scoprono che si tratta di un saggio sacerdote di Iside e che a insidiare Pamina è invece la sua stessa madre, la Regina della notte, genio del male. Sarastro e la Regina della notte cambiano quindi i loro ruoli e le loro sembianze. Tamino e Papageno giungono nel Palazzo di Sarastro e scoprono che Sarastro non è un essere malvagio e che Pamina è stata sottratta all’influenza materna per superiori, giusti motivi. Una leggenda… La leggenda, una delle tante nate a ridosso dell’opera di Mozart, vuole che questo mutamento sia dovuto ad una circostanza contingente. Giusto durante la stesura dell’opera, nel teatro della Leopoldstadt era rappresentato con grande successo Kaspar der Fagottist, oder die Zauberzither (La cetra magica, ovvero Kaspar il fagottista), di Joachim Perinet. Mozart e Schikaneder, di conseguenza, sarebbero corsi subito ai ripari intervenendo nel racconto e rovesciando la vicenda: la regina Astrifiammante divenne così una perfida strega e il mago Sarastro un gran sacerdote d’Iside. Un racconto inverosimile, insostenibile da un punto di vista storico e, soprattutto, fuorviante rispetto alle premesse e ai valori drammaturgici che stanno alla base della Zauberoper, nella quale simili capovolgimenti di ruolo sono piuttosto abituali per garantire l’effetto di sorpresa, con un effetto teatralmente efficace. Mentre i tre fanciulli accompagnano Tamino davanti alle porte dei tre templi, la musica ci proietta in un’altra dimensione, quella del clima caldo, umano del regno di Sarastro. Per coronare il loro sogno d’amore Tamino e Pamina debbono così superare tre prove, complicate dall’ingenuità di Papageno, a sua volta innamorato di Papagena, e dalle malignità di Monostatos, innamorato di Pamina. Sarastro chiede ai sacerdoti degli iniziati di accogliere Tamino nel tempio per sottoporlo alle prove che gli permetteranno di sposare Pamina e di appartenere alla schiera degli eletti. Il superamento delle prove Il superamento delle prove per poter accedere alla salvezza e alla felicità è l’archetipo fondamentale che si ritrova in ogni racconto fiabesco. Basti pensare all’immagine del bosco nel quale Hänsel e Gretel oppure Pollicino si sono smarriti e debbono, appunto, vincere alcuni ostacoli per conseguire la salvezza. Tamino, pertanto, come dirà accortamente Claude Lévi-Strauss, è “un nuovo Orfeo” che deve lottare per poter coronare il suo sogno attraverso un cammino d’iniziazione. Quest’idea si riflette nella stessa musica del Flauto magico, la cui Ouverture è una vera e propria manifestazione di “prove musicali” che restano inglobate all’interno di un superiore ordine prestabilito. Il fugato che attraversa le prime pagine crea infatti un’associazione con l’idea dell’intreccio, cosicché l’incessante procedere cui sono sottoposti i materiali musicali sta a simboleggiare un processo di purificazione che si realizza fuori d’ogni consuetudine. Il cammino d’iniziazione, il superamento delle prove e la progressiva conquista sono elementi che appartengono all’universo della fiaba e che, nelle mani di Mozart, si traducono nell’aspirazione alla trascendenza e alla conquista dell’amore. Una sfera di valori rappresentata da Tamino e Pamina, mentre Papageno e Papagena esemplificano quelli terreni. In questo si fanno sentire i valori della massoneria che, all’interno del Flauto magico, si traducono nelle simmetrie che costellano la partitura, a partire dal numero tre, simbolo massonico per antonomasia che ricorre ossessivamente nel corso dell’opera (tre sono le dame, tre i paggi, tre i sacerdoti, tre i templi, tre gli accordi leitmotivici delle scene rituali, tre i bemolle della tonalità d’impianto e così via), al sette della figura piramidale retta e alla specularità di luce e tenebre. Non è fuori luogo notare come Pier Paolo Pasolini, girando Uccellacci e uccellini, abbia parlato di questo film come di una vera e propria favola “che consiste in una serie di prove che gli eroi, Totò e Ninetto, devono superare”. Date queste premesse la musica del Flauto magico di Mozart, rivisitata dalla mano di Ennio Morricone, non poteva non essere la sua colonna sonora. La prova del silenzio e quelle supreme del fuoco e dell’acqua sono superate e, grazie anche all’aiuto dei tre Geni, gli eroi vincono ogni difficoltà e celebrano il matrimonio, entrando nella confraternita di coloro che amano bellezza e sapienza. Mentre la regina della Notte, le damigelle e Monostatos precipitano nella notte eterna, il sole annuncia la vittoria della luce sulle tenebre: Papageno ritrova Papagena; Tamino e Pamina ricevono la benedizione di Sarastro. L’amore, che nel finale del primo atto era rivelato alla coscienza individuale, ora è proiettato in una legge universale e trascendente che invece appartiene a tutta l’umanità. Non a caso nella celebre scena degli armigeri Mozart introduce un corale nel momento del duetto in cui è letta l’iscrizione misteriosa, elaborandone poi la citazione nella marcia della purificazione: la musica diviene protagonista della scena. Spetta a essa additare la meta del divino. Bergman e Mozart Girando il Il flauto magico per la Tv, Ingmar Bergman ha detto di aver voluto creare una versione dell’opera adatta a tutte le categorie e a tutte le età, rispettando in tal modo le intenzioni di Mozart che dedicò questo capolavoro a un pubblico impaziente e curioso, che amava ridere. Rispettando il testo nella sua integrità, il regista allo stesso tempo utilizza il mezzo cinematografico sfruttandone tutte le risorse, e adottando una molteplicità di punti di ripresa che un palcoscenico “vero” non consente agli spettatori in teatro. Attraverso il gioco di fotografia e di montaggio, Bergman colloca impercettibilmente lo spettatore di fronte al palcoscenico, sopra e dietro le quinte, talvolta conducendolo in uno spazio ideale e indefinito. L’opera di Mozart assume, pertanto, le sembianze di un film. Basti pensare al secondo atto, quando la Regina della Notte, trasformata in una furia grazie a una maschera di cera e a un livido filtro verde, si rivolge minacciosa verso Pamina; oppure quando Monostatos e i suoi servi avanzano minacciosamente verso la telecamera. Mai, però, è tradito lo spirito dell’opera. Bergman ha simpaticamente paragonato il suo Flauto magico a Winnie the Pooh, “una storia di fate e nello stesso tempo un trattato filosofico, raccontato a un bambino di dieci anni”, invitando a cogliere al suo interno una ben precisa morale: “l’amore è la cosa più importante fra gli esseri umani e la più importante del mondo”. Testi di Roberto Calabretto