15.03.72 Prosegue assemblea generale.
BA079B (a metà della seconda parte della bobina). BA079C
(all'inizio)
Interventi di: Urbano Cipriani, Daniele Protti, Paolo Caselli, Luigi Villanacci, Giselda Ughi, Vittorio
Tabacchini, Sergio Gomiti, Raffaello Corsi, Giancarlo Zani, Ugo Ughi, Enzo Mazzi, Luigi (Gigi)
Olita, Giampaolo Taurini, Donatello Gerbi, voci maschili e femminili non identificate).
Urbano C.: Gli argomenti era la Messa e l’assemblea del mercoledì, cioè i due momenti specifici in
cui la Comunità dell’Isolotto si ritrova in questa forma particolare da oltre due anni. La parola a chi la
vuole su questo argomento. Se ci sono altri argomenti da mettere all’ordine del giorno, per favore, lo
diciamo subito e poi stabilire il tempo. Ci sono altri argomenti? (qualcuno deve aver fatto una proposta
diversa).Io sono d’accordo se nessuno è in disaccordo: cominciare il discorso sui rapporti con l’esterno.
In particolare lo diceva la Luciana: le Comunità cristiane in relazione ai fatti di Roma, la riunione
delle Comunità ecclesiali romane. I giornali hanno parlato di interventi tipo Lutte, tipo Regidor,
Vigli, cioè tutte quelle Comunità con cui siamo in contatto. Poi ci avevano invitato per telefono
anche. Non siamo potuti andare però si è mandato un messaggio. E poi il discorso delle ACLI. Anche
per le ACLI ci sono delle scadenze immediate. Il 9 di aprile ci sarà il Congresso provinciale delle
ACLI fiorentine. L’unico Congresso in Italia che viene fatto così tardi, alla vigilia di quello nazionale
- gli hanno dato il permesso – l’unico proprio, l’ultimissimo perché a Firenze le ACLI sono state
segate come in nessuna altra parte d’Italia. Ora si riprende dal discorso Messa e riunione del
mercoledì.
Daniele P.: Scusate io preferisco parlare da qui, dal posto. Io prima di intervenire sull’argomento di
stasera, Messa e assemblea, vorrei dire alcune cose riguardo agli argomenti discussi le volte
precedenti perché, già nelle due ultime assemblee, non mi è riuscito parlare. Mi ero iscritto a parlare e
poi non sono mai riuscito a parlare perché si era fatto troppo tardi. E credo di dover ripetere alcune
cose e di fornire altri chiarimenti perché può darsi che, in seguito al discorso di alcune persone, siano
nati degli interrogativi. E non ho mai avuto nessuna difficoltà a parlar chiaro e tanto meno l’ho
adesso. Per quanto riguarda il discorso della Comunità. mi sembra che gli interventi del Vezzani
dell’altra volta e del Quercioli della volta scorsa siano stati parecchio chiari per quanto riguarda
alcune richieste che loro ponevano alla Comunità e ad alcuni particolarmente all’interno della
Comunità. Ecco, io devo dire una cosa. Sono rimasto molto sorpreso che queste richieste venissero
formulate in quel modo e soprattutto che venissero formulate, cioè la richiesta, tanto per capirsi, di
una specie di professione di fede di tutti i componenti della Comunità. Mi ha stupito questo tipo di
richiesta perché nessuno mai, prima, nella Comunità aveva mai chiesto a chicchessia una professione
di fede per poter essere nella Comunità e che ora questa richiesta venga da chi si definisce militante
rivoluzionario, eccetera, eccetera, veramente mi sembra strano. Se la richiesta era indirizzata a
qualcuno in particolare od anche a me, mi sembra che sia indirizzata male perché tutti quanti sapete
da anni qual è il mio impegno politico, tutti quanti sapete qual è la mia posizione, non ne ho fatto mai
mistero con nessuno, e i rapporti in questo senso, mi sembra, almeno mi è sembrato, ripeto, mi sembra
che siano stati molto chiari. Ecco se qualcuno poi volesse pormi proprio pormi la domanda e
pretendere che io, prima di continuare a parlare o a fare qualsiasi cosa all’interno della Comunità,
dovessi chiarire se credo in questo e in quell’altro, ecco io potrei anche farlo benissimo, però, ripeto,
rifiuto questo metodo perché è un metodo che non risponde assolutamente a quello che è stato il
processo della Comunità, cioè l’evolversi, la nascita, le lotte della Comunità. Mi sembra che sia
qualcosa di totalmente estraneo. Per questo credo che sia un metodo da rifiutare al nostro interno, da
rifiutare nel senso di criticare perché veramente contrario allo spirito che ci ha portati ad essere quello
che siamo ora e quello che, a mio parere, è il migliore per poter andare avanti. Detto questo, vorrei
sottolineare un’altra cosa. Molto spesso, nella maturazione delle varie persone, maturazione che
avviene nei momenti di lotta soprattutto, perché è attraverso la lotta che si conquistano tutta una serie
di posizioni, che è possibile maturare tutta una serie di conquiste, ecco, attraverso questa
maturazione, a volte capita che la distruzione di un mito o di un ambiente è talmente traumatizzante,
disperante, difficile per qualche persona che deve essere sostituita da qualche altra cosa. E questo può
a volte portare a scambiare questa nuova collocazione, questa nuova madre, questa nuova chiesa
chiamiamola, per un qualcosa di totale, per un qualcosa che a sua volta sostituisce il precedente ma
che ne riproduce le stesse caratteristiche. Tutto questo sarebbe molto sbagliato da parte nostra perché
se c’è una conquista che abbiamo fatto, mi sembra, è quella di aver maturato la conquista di una
pluralità enorme di esperienze che ci possono condurre a qualcosa di nuovo, ad una società nuova. Mi
spiego meglio: la crisi della società in cui viviamo ormai è evidente: l’abbiamo detto molte volte e di
questa crisi fa parte anche la crisi della Chiesa, del mondo cattolico. Oggi, in questa situazione di
crisi, di estrema difficoltà, teorizzare uno strumento o una scelta unica, pienamente e totalmente
alternativa alla situazione attuale, mi sembra che sia falso e illusorio. In realtà noi possiamo andare
verso questa nuova società attraverso una serie multiforme di idee, diversificata - scusate le parole un
po’ difficili – una serie diverse di esperienze e credo che una esperienza autentica di lotta ad una delle
strutture principali di questa società come la Chiesa sia una esperienza che può contribuire alla
costruzione di questa nuova società. Ecco, dico contribuire. Non credo che esista lo strumento unico,
la ricetta unica per arrivare quasi a tutto. Ci sono varie esperienze. Nel mondo cristiano, del quale noi
siamo espressione in qualche modo, credo che ci sia ancora tempo, necessità e spazio per portare
avanti questa battaglia, per maturare ulteriormente noi e per far maturare ulteriormente altri e portarli
a livello della lotta di classe. Vorrei spiegarmi ancora meglio. I discorsi per cui la lotta di classe è una
conquista quasi di nascita per certi è un discorso falso. Lo sappiamo già. Il discorso politico più
importante mi sembra quello di portare sempre più persone al livello della lotta di classe, alla lotta di
classe e per arrivare a questo non esiste una ricetta unica. Nella nostra esperienza abbiamo verificato
che, per giungere alla lotta di classe in qualche modo, la Comunità si è schierata all’interno del
movimento di classe, in un modo abbastanza preciso, con una sua fisionomia, con tanti difetti e con
tante mancanze – le ho denunciate anche le altre volte – poi in qualche modo si è collocata all’interno
del movimento di classe. Bene, per arrivare a una unità di classe credo che anche questo tipo di
esperienza, soprattutto per quelle persone o meglio per quelle masse, che sono state e sono fortemente
condizionate dalla Chiesa cattolica, anche questo tipo di esperienza possa essere utile. Ecco che per
questo motivo mi sembra che sia veramente ora di finirla di richiedere le professioni di fede e credo di
andare un po’ più a fondo nel nostro impegno nel quartiere, nel nostro impegno verso le masse
cattoliche. Questi sono i due punti che sono all’ordine del giorno. Perché quando l’ordine del giorno
prevede Messa e assemblea e quando la Luciana propone di parlare anche in rapporto con
l’esperienza che sta andando avanti in questi giorni, tratta questi due temi. Come si pone la Comunità
rispetto a queste cose, quali strumenti sceglie di adoperare per ottenere determinati risultati. Quali
risultati? Dico non credo che ci sia bisogno di ripeterli né di inventarli perché li abbiamo già fissi
davanti a noi e sono sempre quelli di contribuire maggiormente al movimento di lotta, portare una
maggiore maturazione, coscienza, eccetera, eccetera. Ecco, ora per far questo mi sembra che sarebbe
opportuno chiudere il capitolo delle posizioni personali che sono utili nella misura in cui si fa vita
comunitaria, sono inutili quando bloccano la vita comunitaria. Le posizioni personali si chiarificano
nel comportamento di ciascuno di noi all’interno della Comunità, all’interno del quartiere. Tutto il
resto mi sembra che non conta, che non serva. Io ho voluto dire questo perché mi ero sentito in
qualche modo chiamato in causa e ho voluto chiarire ulteriormente anche se a mio parere non ce n’era
forse molto bisogno. Due parole sulla Messa e sulla assemblea che sono collegate tra l’altro. Due
parole proprio. Per quanto riguarda la Messa io sono dell’idea che vada portata avanti, che non ci
siano oggi né le condizioni né i motivi per smettere la Messa in piazza la domenica. Certo io
personalmente non credo né al paramento, al vestitino bianco, eccetera. Però mi sembra che queste
siano cose secondarie, assolutamente secondarie. Credo che la Messa abbia un valore nella misura in
cui diventa un momento di incontro nel quartiere, un momento di incontro in cui mescolano, e per me
è giusto che si mescolino, vari motivi: il motivo di chi crede profondamente, per esempio, alla
presenza di Cristo e per chi crede profondamente all’incontro umano, che tra l’altro per chi crede in
Cristo è un momento di presenza di Cristo, quindi non ci sarebbe neanche contraddizione. Credo che
vada mantenuta e se ci saranno da portare novità, cambiamenti eccetera, questo dovremo farlo dopo
aver verificato se questo corrisponde a un processo generale. Cioè, un discorso del genere, (il
discorso) delle modifiche da portare, per esempio, alla Messa, secondo me, non va fatto soltanto al
nostro interno ma va fatto con Oregina, con Conversano, con tutte quelle altre Comunità, con tutti
quegli altri cattolici che esistono anche a Firenze che in qualche modo condividono una esperienza
simile o analoga alla nostra. E l’assemblea che cosa deve essere? Secondo me l’assemblea deve
mutare invece il suo ruolo, deve essere un momento di lavoro, di coordinamento del lavoro. Certo,
deve conservare tutte le caratteristiche avute finora: momento di incontro della gente, quando viene
gente da fuori ci si incontra, eccetera, ed essere qualcosa di più. Cioè, nella misura in cui la Comunità
si organizza un po’ intorno ad alcune cose, per esempio collettivizzare la gestione del Bollettino,
dell’educazione dei ragazzi, eccetera, nella misura in cui tanti di noi partecipano a tutta una serie di
attività specifiche della Comunità, l’assemblea diventa anche veramente un momento, e quindi uno
strumento, per verificare il lavoro dei vari gruppi e per dare una gestione collettiva a tutte le attività
ella Comunità.
Paolo C.: Prima di parlare della Messa è giusto tornare a parlare almeno in parte della fede in quanto
essa è il motore per mezzo del quale l’Isolotto si è mosso ed è entrato ormai nella storia dei nostri
tempi per dare, lo si spera, un contributo sostanziale all’edificazione di un mondo migliore. Sono nati
purtroppo dei dubbi, delle incertezze sul problema della fede. E questo infatti si può anche capire,
guardando alla Chiesa istituzionale e a ciò che essa fa, osservando le cose dolorose di questa terra e
alle molte contraddizioni che travagliano la società. Però dobbiamo anche ricordare che miliardi di
uomini hanno creduto, hanno pregato, hanno vissuto nella speranza di una logica soluzione della loro
esistenza, in un futuro migliore, in un mondo in cui fosse realizzata la vera giustizia e la bontà
regolasse i rapporti umani. Allora questi uomini si sono ingannati! Cento miliardi di esseri, illuminati
da una intelligenza superiore rispetto agli altri viventi, secondo la scienza, sono passati sulla terra e
tutti hanno avuto un anelito a un qualcosa che fosse il completamento della loro natura umana,
limitata e pur cosciente di ciò, un’aspirazione a qualcosa che fosse il superamento di ogni altra realtà
e quindi anche del mistero che circonda l’uomo, la vita e il mondo. La natura inferiore sa che esiste un
centro dell’immensa sfera del tutto intorno al quale ogni esistenza e ogni valore gravitano in perfetto
equilibrio. Sensazioni misteriose che emergono dal profondo della coscienza, forse, da là, da tempo
immemorabile e sempre riaffioranti ad ogni nuova distinzione dell’essere, dalla natura e che tutti gli
uomini hanno avvertito dando di esse una pluralità di interpretazioni a seconda dei vari gradi di
sviluppo costituenti il grande atto della storia dei popoli. Questi uomini tutti avrebbero sbagliato a
credere in qualcosa che nella sua totalità è inafferrabile e invisibile! Non è così! Non è così! Questa
verità assoluta è anche alla portata dei loro sentimenti, dei loro pensieri e perfino della loro esperienza
quotidiana. Attraverso le cose tangibili e l’ascolto della propria coscienza si arriva ad una intelligenza
sensibile che offre il proprio sostegno e il proprio consiglio purché ci si avvicini con quella amorosa
sollecitudine con la quale ci si accosta alla persona amata per domandargli affetto e solidarietà. Viene
fatto di pensare qui, in questa occasione, ai martiri cristiani dei primi secoli, specialmente dei primi
quattro secoli. Milioni di martiri che sono morti per la fede, uomini e donne che hanno dato in umiltà
la loro vita e col loro sacrificio hanno veramente scritto la più bella pagina della storia dell’umanità,
pagina che non sarà dimenticata quando Dio vorrà aprire tale libro. Ebbene, essi sono morti invano?
Non può essere! Eppure ci sono alcune persone che dicono di sì. Quest’ultime, per sostenere il loro
punto di vista, sono costrette a respingere tutta quanta la storia dell’uomo, sono costrette dal loro
pessimismo a negare la luce del sole, ad annullare se stessi e gli altri. Gli uomini vanno anche nei
cimiteri a ricercare coloro che non sono più spinti da una forza spontanea che è amore, è amicizia, è
venerazione. Ma quanto assurdi sarebbero questi amori duraturi se (fossero) esseri svaniti nel nulla,
se non ci fosse la possibilità di continuare ad amarli in un futuro non lontano in una nuova dimensione
oltre la tomba. Come esiste la sete e ciò che toglie la sete: l’acqua, come esiste la fame e ciò che la
soddisfa, il cibo, così l’amore, badate bene, che continua e non cessa con la scomparsa della persona
cara annuncia la vita dell’aldilà. Se qualcuno domandasse quale specie di vita risponderei: non è dato
agli uomini di conoscerne le forme ma che essa sia giustizia e bontà nell’unità perfetta ed eterna,
questo sì lo poso affermare. E veniamo alla Messa. Per me la Messa è comunione con Dio e con gli
uomini di buona volontà. Essa ricorda il sacrificio della croce, fa partecipi i credenti della perfetta
natura di Cristo. Libera e innalza gli uomini a lui. Infine annuncia il ritorno del Salvatore e la venuta
del Padre poiché Gesù dice: “chi vede me vede il Padre”, quindi chi vede il Padre vede il Figlio.
Luigi V.: Quello che diceva Daniele io sono d’accordo. È inutile qua tirare in ballo chi crede e chi non
crede, è giusto. Che la messa continui è anche vero perché senza quella, io dico che è il pane
quotidiano di nostro Signore che ci guadagniamo tutti. Poi devo dire una cosa io. Mi voglio riferire
all’assemblea dell’8 marzo. Cioè ho preso alcuni appunti. Allora per non dimenticarli, siccome l’altra
assemblea che abbiamo fatto non c’era tempo, pare che si sia discusso di altre cose e allora io non
sono intervenuto. E allora, ecco, mi sono scritto alcune cosette. Dunque: ho avuto modo di ascoltare
interventi di persone estranee alla nostra Comunità. Per la verità questo non mi ha sgomentato affatto.
Ma quello che voglio sottolineare è questo: queste persone che si definiscono marxiste, non credenti
nella vita di Cristo, come è stato detto da loro stessi, io mi domando: è giusto che intervengano? È una
questione che ci riguarda tutti, Comunità, credente e non credenti. Dunque qua è nata la fede religiosa
con la Comunità dell’Isolotto e dunque non è nata soltanto per quelli che non credevano ma anche per
quelli che credevano. Io ho meditato a lungo in questi giorni e vorrei richiamare l’attenzione di chi ha
organizzato i punti in questione circa la verifica della nostra Comunità. Al mio parere sarebbe stato
giusto che la discussione sulla crisi e su gli aspetti passati, presenti e futuri della nostra Comunità,
fossero stati oggetto di discussione soltanto tra le persone che vivono e partecipano nella nostra
Comunità. Cioè l’autocritica della nostra esperienza doveva nascere e sviluppare e crescere,
approfondirla nel nostro focolaio. Non è mia intenzione porre fuori questi validi combattenti per la
parte sociale, politica e civile di cui io ammiro molto. Il mio pensiero è soltanto basato su fatti storici
della vita cristiana e della nostra esperienza. Secondo punto: mi soffermerò brevemente al discorso di
Mira. Mi dispiace per lei, ma…bisogna che lo dica, (del)la quale, io rispetto il suo punto di vista. Del
resto ognuno è libero di verificare la sua vita religiosa, politica, civile, morale come crede. Il modo di
vedere Cristo è diverso e lo stato della Mira mi pare che sia controversa. A mio parere è negativo
quando ella dice che viene in piazza la domenica senza la minima osservazione e che la Messa non la
sente, non le interessa. Allora io traggo le conclusioni e dico: che se una persona deve battezzare solo
apparente e che la sua presenza non ha niente di essere con la presenza religiosa, a me pare che se ne
può fare anche a meno di esserci in piazza. Dunque io ripeto: non ci ho niente, Mira, per carità!
Soltanto se ho sbagliato mi correggi se è il caso. Io ho interpretato così le tue parole. Dunque, poi io
credo nel vangelo e dunque mi trovo qua proprio per questo, per il discorso religioso e nient’altro. I
problemi sociali? Quelli senz’altro. Se io potessi, ripeto, sarei il primo. Non posso per tanti motivi
prestarmi a tante cose e chiedo scusa purtroppo. I nostri preti. I nostri preti: don Sergio, don Enzo, don
Paolo per me almeno sono sempre i nostri preti. Dunque il discorso di don Mazzi. Il discorso di don
Mazzi a me è piaciuto molto, quello di mercoledì parlo, dell’8. A mio parere il suo pensiero nella fede
in Dio lo condivido perché soltanto con l’aver fede e amore in Dio possiamo essere utili nei nostri
fratelli sofferenti che aspettano molto da noi. Io personalmente forse ho dato molto poco alla
Comunità ma non è colpa mia. Ripeto: se potevo fare di più qualcuno me lo poteva chiedere. Tutti ci
possiamo chiedere qualcosa l’un con l’altro. È un male se qualcuno ha bisogno di un altro qui fra noi
e non si chiede. Fa male per conto mio perché se io ho bisogno di don Sergio o don Mazzi io vado
vicino a loro e lo chiedo come vado vicino a qualche altra persona e dico: ho bisogno di mille lire,
faccio per dire una cosa. E dunque tutti abbiamo bisogno l’un con l’altro e ci dobbiamo amare come
fratelli come sempre abbiamo fatto. Le polemiche, le parole passano. Dunque qui siamo per vivere la
nostra esperienza, portiamola avanti. La Messa credo che sia necessaria per tutti e per quello che ho
detto chiedo scusa se ho sbagliato.
Giselda U.: Io volevo dire questo: il fatto di fare alla messa, il credere e il non credere non credo che
abbia importanza. Uno può farlo per il fatto religioso, qualcuno per sentirsi così in Comunità, per
parlare, per aver la fiducia negli uomini invece che in un Dio soprannaturale. E per me vale lo stesso
perché Dio io lo ritrovo anche negli uomini. Dio è quello che noi – non so se mi riesco a spiegare – è
quello che noi sentiamo perciò io lo posso ritrovare senz’altro negli uomini, perché no? Non è una
figura Dio, completa. Ognuno lo può ritrovare nelle cose che crede più umane. Io mi baso molto
sull’umanità. Poi volevo dire questo sul fatto della Messa. Siccome tutti in questa Comunità è quello
che trovo di bello e che mi ha fatto anche rimanere è la libertà di ognuno che è la cosa più grande,
penso per un individuo, che ci possa essere, allora ha diritto anche Donatello la domenica mattina di
avere questa libertà. Siccome viene sempre con quel camion, con quelle sedie e lui non è mai libero
allora è giusto che anche lui, se un giorno gli pare di andare fuori con la sua moglie o con chi gli pare,
è giusta che vada. Ci vado io qualche domenica fuori, perché lui non lo deve fare?! Allora io direi
così: non portare più seggiole in piazza. Chi non può proprio stare si porta una seggiolina da casa. Vi
dirò: si va ai giardini con i panchettini pieghevoli, si andrà alla piazza se qualcuno lo vuol fare! E così
è libero anche Donatello e se vuole Enzo, Sergio, col librino sotto il braccio verrà e si dirà la messa a
quella maniera. Io penso in questa maniera per fare la libertà a tutti.
Vottorio T.: Io voglio rientrare nel cerchio in cui si è imperniata la discussione, cioè a dire la funzione
religiosa, diciamo così, la Messa. penso che questa polemica nel dire della Messa, quello la vede in un
modo, quello la vede nell’altro, quello la vede di qua, quello giudica una maniera, quello giudica in
un'altra a me dà l’impressione che ci troviamo tante volte nella posizione, diciamo così, del
Padreterno, che ognuno sa e può giudicare la fede che può avere uno nelle sue espressioni di qua e di
là. Io penso che questo sia il maggior peccato dell’umanità, quello di giudicare gli altri proprio
perché, in sostanza, è proprio quello che ha creato la divisione, che ha creato gli uomini di prima,
seconda e terza categoria, ha diviso gli uomini neri dagli uomini bianchi, tutta questa storia qui. E
purtroppo questa storia qui è stata fondata proprio dalle Chiese istituzionali che, anziché di creare
qualche cosa che ha unito il mondo, ha diviso. E noi oggi ci troviamo in questo momento in una
Comunità dove, penso, di aver riscoperto le cose più interessanti di quelle che cerchiamo di portare
avanti, cioè a dire il messaggio evangelico come il Cristo ci ha insegnato veramente. Dico come
Cristo e parlo come Cristo storico perché un Cristo idealista io non riesco a raffigurarlo. Mi spiego? Io
do la fisionomia di Cristo come convivenza pratica nel mondo come ha insegnato agli uomini di
vivere e come si deve comportare nei confronti del prossimo. Altre cose come tipo di metro, di misura
non esistono per me. E appunto su questo metro qui che la nostra Comunità ha riuscito a mettersi su
una posizione di unità nella diversità. Purtroppo noi qui abbiamo visto chi di tendenza in un modo, chi
bianco, rosso, nero, turchino, chi che vi sia, però dico nero… nero se si convertisse (la parola nero crea
reazione nella gente che pensano nero uguale fascista) naturalmente può venire anche di convertire! Ho fiducia
anche di loro che si convertano perché a un certo punto non bisogna sbarrargli la strada. Bisogna
amare, dare anche loro la libertà di ricredersi, no? Comunque vuol dire che tante volte qualche spia si
può anche convertire! Io sono di quelli ottimisti che crede all’uomo naturalmente e, proprio perché
credo all’uomo, mi metto su questa posizione cioè a dire di aver fiducia in tutti. E rientrando nel
nocciolo della questione io credo questo: che tante volte certi discorsi specialmente, non so, parlo per
dire un esempio pratico, non di non fare una critica, così che ha sconcertato un pochino l’espressione,
diciamo così, cioè a dire la confessione di Quercioli come modo di credere, di non credere. Ora il suo
modo di non credere io non so se lui crede veramente o non crede, perché tante volte uno si crede di
non credere e poi crede sul serio. È questo che io mi domando perché la Chiesa purtroppo è andata
avanti con questa concezione di fare la distinzione coi credenti. Quello crede, poi magari se quello
non crede, quello lì veramente non crede secondo il suo giudizio. Però abbiamo visto che capiscono
più quelli che dicono di non credere che quelli che dicono di credere, perché nella realtà hanno fatto
un rovescio, hanno rovesciato la frittata. Ora, rientrando sul dunque, voglio dire che noi, proprio per
questo tipo di maturazione che abbiamo creato, e siccome la nostra Comunità non riesce a nessuno
strumentalizzarla, parlo di Chiesa istituzionale naturalmente, noi rimaniamo dentro la Chiesa proprio
perché è il compito nostro di rimanere per fare luce, diciamo così, alla verità come il Cristo non mica
lottava contro l’autorità costituita, (ma lottava) all’interno della sua Chiesa per scoprire le marachelle
dei grandi farisei e degli scribi che cercavano di mistificare e di invertire le parti. Ecco il nostro
compito è proprio quello di dar luce a questo fatto qui e per questo noi dobbiamo metterci su una
condizione che la nostra posizione è una posizione delicata, è una posizione interessante, è una
posizione insostituibile in questo momento proprio per questi valori e per questo discorso che si porta
sempre in continuazione. Il fatto della Messa ognuno la deve vedere come vuole. Io per esempio la
posso vedere anche in una maniera di unità, diciamo così, in un bel pranzo che si mangia tutti insieme,
si fa la chiacchierata, ci si unisce e si mangia e poi via. Posso prenderla anche in questa maniera qui.
Certo, basta che crea l’unità. In tutti i versi deve creare l’unità. Se crea una divisione è il termometro
che noi non abbiamo fede per niente in Cristo. Veramente noi dobbiamo avere questa sensazione che
ogni qualvolta succede che ogni azione che noi facciamo crea la divisione vuol dire che noi siamo al
di fuori del cristianesimo. Questa è una cosa più che logica perché noi entriamo in malafede, invece
dobbiamo entrare in buona fede e cercare di costruire la Chiesa su queste forme qui, perché purtroppo
noi delle dicerie, di quello che ci hanno raccontato, di quello che ci hanno fatto vedere, ci hanno
offuscato la mente, non ci hanno mai fatto vedere lucido è ora che riusciamo a vederci chiaro, non
dobbiamo noi stessi offuscare la nostra veridicità del Vangelo perché purtroppo la nostra sensazione è
questa, diciamo così, che noi abbiamo dato noia proprio a quella Chiesa che ha mistificato il Vangelo.
Questa è la cosa essenziale e che ci guida veramente nella verità e nella giustizia che è la giustizia
vera, non la giustizia falsa.
Sergio G.: Io penso che si debba lasciare a quello che è il momento di incontro che si verifica in
piazza, perché ci siamo ritrovati in piazza anche senza la Messa, poi ci siamo ritrovati anche con la
Messa, quindi io lascerei aperto questo problema. Quello che conta, secondo me, è questo momento
nel quale abbiamo la possibilità di stare insieme, di maturare insieme, di approfondire anche certe
cose insieme e quindi anche di scegliere, a un certo momento, insieme. E io credo che un nostro
compito, se mai può essere critico in questo senso, cioè a dire vedere come e se questo ritrovarsi la
domenica mattina lì in piazza è capace e come può essere capace di convogliare quelle che sono le
tensioni, quelle che sono le esigenze che ci sono dentro di noi. Certo quando ci si ritrovava i primi
tempi per fare le assemblee la cosa forse era molto più impegnata, molto più viva però ci siamo anche
resi conto, io credo, della difficoltà enorme e dell'impegno che veniva richiesto con un ritmo tale che
era difficile veramente preparare settimanalmente una assemblea che fosse realmente piena e che
soddisfacesse in un certo modo tutte quelle persone che erano lì presenti. Ad un certo momento è
subentrato anche il fatto, sì, il fatto Messa e questo, riconosciamolo pure, sembra, non credo di andar
di fuori, a quel momento ci ha dato un enorme respiro perché ci raccoglieva in pratica intorno a una
cosa intorno alla quale si durava un po' meno fatica, pur rimanendo l'impegno di dover preparare, non
so, o quello che si diceva o gli incontri che si verificavano, eccetera. Però c'era questo aspetto che
dava la possibilità di ritrovarsi intorno a qualcosa che era abbastanza comune per tutti e quindi ci
alleviava di una grossa difficoltà che era quello dell'impegno costante, settimanale di preparare una
assemblea che fosse veramente sentita, che fosse veramente seria. Io credo che questo secondo
aspetto abbia avuto un po' il sopravvento, cioè a dire ci siamo un po' limitati così a ritrovarsi con quel
punto che era ormai fisso e quindi ha fatto scadere un po' magari l'impegno. Ora il mio parere sarebbe
questo: ritrovare il modo di dare dei contenuti validi a quella riunione che si fa la domenica mattina in
piazza, quindi lasciando in un certo modo questi aspetti vari che ha: l'aspetto religioso, l'aspetto di
attenzione ai problemi del mondo e quindi ricercare anche degli incontri che si possono fare la
domenica mattina, la presentazione di alcuni problemi. Quindi io lascerei aperti tutti questi settori
perché tutti quanti si va da una gamma di interessi che non sono univoci, non sono a senso unico. C'è
chi ha l'interesse religioso magari e basta, ce chi ha l'interesse più spiccatamente sociale e basta, c'è
chi ce li ha tutt'e due. Insomma ciascuno di noi (ha i suoi interessi). L'Isolotto non è la testa di
nessuno di noi e quindi la persona che vede soltanto il fatto religioso non può pretendere di bloccare
gli altri che hanno altri interessi e le persone che hanno altri interessi non possono togliere a quella
persona che ha anche un interesse di quel tipo togliergli questa sua proprietà. Quindi mi sembra che,
pur lasciando la cosa in questo modo, io ricercherei soprattutto di dare dei contenuti veri a questi
incontri della domenica mattina, rivedendo anche, ecco, anche a me sembra che sia giunto il
momento, rivedendo un po' che, per esempio, nel fatto di tipo religioso che certi atteggiamenti o certi
fatti anche esterni che vengano ridotti ad un fatto molto più normale, molto più semplice, perché
veramente, forse, è anche il momento di far questo. E mi sembra giusto quello che diceva, non mi
ricordo chi, di vedere questo problema non soltanto per l'Isolotto ma vederlo un pochino in tutta una
linea che oggi portano avanti anche altri gruppi che non sono l'Isolotto, tipo Oregina, Conversano,
eccetera. Questo mi tornava. Per questo io avevo chiesto che si discutesse insieme alla riunione della
domenica, che si discutesse anche delle riunioni del mercoledì perché, a un certo momento, queste
riunioni, cioè a dire se c'è un gruppo di persone che siamo noi… come si fa a dire: tutti quanti si
prepara la Messa della domenica! È un bel dire! Tutti quanti non si prepara la Messa della domenica
perché tutti quanti non siamo lì a preparare e a mettere insieme una documentazione per la domenica.
Quindi pur lasciando un certo spazio a fatti che possono derivare lì per lì o il giorno avanti noi bisogna
trovare un momento in cui ci siano delle persone le quali, non una due o tre persone, ma tante persone
le quali si prendano questo impegno e che insieme collaborino per portare avanti questo discorso la
domenica mattina. Io mi domandavo: questo lo possiamo fare, io mi domandavo se questo si poteva
fare per il mercoledì. Io penso che il mercoledì, almeno come assemblea, vada anche questo
ridimensionato. Quindi io faccio una proposta. La mia proposta è questa: quelle che sono le
assemblee della Comunità dell'Isolotto, in quanto assemblee in cui si decidono diverse cose e si
prendono determinate decisioni importanti, vadano fatte di tanto in tanto con una convocazione
generale per non rischiare di far passare per cose della Comunità quello che possono decidere per
caso quindici persone che si ritrovano il mercoledì. Questo, secondo me, non è in linea con quello che
poi si dice. Quindici persone, sessanta persone che si ritrovano un determinato mercoledì di fronte a
un problema particolare e loro decidono in nome dell'Isolotto e quella è una decisione della Comunità
dell'Isolotto io a questo punto mi sento di doverlo rifiutare. Quindi se ci sono delle cose importanti da
decidere, da approfondire si devono fare attraverso una convocazione di tutti quanti come si è fatto
per questa cosa che abbiamo fatto ora ultimamente. Allora per quello che riguarda le riunioni del
mercoledì, ecco, io sarei del parere invece o il mercoledì o un altro giorno lasciare questi dopocena
che può essere appunto il mercoledì o un altro momento, a disposizione di quelle persone le quali
vogliono impegnarsi nelle diverse cose che ci sono da fare. Se a un certo momento c'è da preparare ritorno al discorso della Messa - c'è da preparare una assemblea, per esempio, noi dobbiamo avere dei
giorni della settimana che sono liberi in maniera tale che possa essere possibile preparare questa
assemblea. Quindi io lascerei il fatto della riunione del mercoledì o un altro giorno soltanto come
giorno a disposizione di questi gruppi i quali si ritrovano per fare un loro determinato lavoro. Poi,
invece, per quello che riguarda cose più importanti o incontri più importanti o fatti che attraverso la
Comunità devono passare al quartiere e quindi come altre volte si sono fatti incontri tipo la
Populorum Progressio o altra roba del genere, Veglie, eccetera, se si devono fare cose di quel genere,
allora, a quel punto, si faccia una convocazione generale dell'assemblea come si è fatto ora e allora, a
questo punto, possiamo dire che è una assemblea. Altrimenti ritrovarsi in dieci persone a discutere,
magari a pigliarsi uno per uno in quel caso mi sembra che non sia la Comunità dell'Isolotto ma siamo
solo dieci che si discute e che ci si piglia.
Raffaello C.: Io volevo dire una cosa che è un po' lunghettina. Non la dico perché è un discorso un po'
lungo. Lasciami finire! Tu sei troppo intelligente, tu mi meravigli! Allora è questo, è semplice. Siamo
andati un pochino fuori del tema. Non che sia uno sbaglio e non sia importante parlare di quel
problema in cui siamo scivolati per vizio di qualcuno perché io una volta dissi in presenza a chi era
andato di fuori che sono affermazioni gratuite. Nessuno le ha chieste. E Daniele diceva bene dianzi
perché a me, quando sono venuto qui, nessuno ha chiesto i' che pensavo io di credenza filosofica o
politica. Quindi io sono venuto così come sono. Dentro di noi abbiamo ognuno qualche credenza.
Quindi siamo andati un pochino di fuori. Volevo dire questo: il problema che è stato sollevato ormai
è stato sollevato ed è rimasto mozzo. Siccome è un discorso grosso, grosso quello della fede va
trattato a sé in un momento particolare e con quegli elementi che intendono partecipare al discorso
della fede. Abbiate pazienza, ora finisco. A me piace sempre di analizzare i fatti. C'è un cattolico, tipo
cannone, bomba atomica, che parla sempre alla radio e si chiama Virginio Rotondi. Ha detto una di
queste sere su una rubrica "ascolta si fa sera" ha detto una cosa che per me enorme. Ed è questa. È
corta, corta: che non è detto - sono parole vere - non è detto che chi è ateo sia un assassino ma quasi.
Il senso ora non ve lo riporto perché un po' l'ho registrato ed è un discorso lungo. Ora questa
delinquente, scusate, questo delinquente che dice quasi di assassini a quelli atei, che poi l'ateismo è un
discorso lungo anche quello, io non l'ho mai sentito parlare contro i delitti che si commette nel mondo
oggi anche in nome della fede. Ora il fatto che (dice) questo signore, che è un esponente di quelli
grossi che parla alla radio, ci deve un po' fare riflettere su quello che si diceva avanti: la fede,
l'ateismo, queste cose qui. Io in poche parole e poi chiudo vi dico la fede mia. Io sono venuto qui a
questa Comunità che mi fregavo di ogni cosa prima, mi ero messo da una parte, non credevo più né
alla Chiesa né ai partiti, a queste cose qui. Ve lo dico in breve ma anche questo è un discorso che
credo sia importante perché riflette un po' la crisi degli uomini in generale oggi. Lo vedi quanti partiti
hanno fatto? Ci hanno spezzettati tutti. Hanno fatto diecimila partiti perché gli uomini siano divisi.
Vedete che cosa succede intorno a noi: sparisce gente e non si sa chi l'ha ammazzata. Quelli che
cercano di far luce gli esautorano come hanno fatto con quei due vice procuratori, non so che sono.
Qui ci sono due avvocati, io non mi intendo di queste cose. E ha preso in mano tutto uno per dire fo
tutto io. Gli altri cercavano di fare un po' di verità, un po' di luce su questo delitto, cercavano di
indirizzare la scala verso i fascisti. Ora tutte queste cose io dicevo. Ora io sono venuto qui a questa
Comunità ed ho imparato una cosa molto grossa per me. Ho riscoperto la fede negli uomini. Ora se
questo qui, siccome per me è una cosa importante - prima io mi fregavo di ogni cosa - io da quando
sono venuto a questa comunità io vi posso dire una cosa, parlerò un po' a vanvera, parlerò un pochino
così, non ho cultura, ho fatto la quinta elementare, quindi però da quando sono venuto qui io mi
appassiono a ogni cosa. Io vado dappertutto perché ho riscoperto dentro di me la fede negli uomini. Io
mi affatico, lavoro otto, dieci ore, ora sono anche in furia, però cerco di essere presente dappertutto, in
tutte le riunioni dove posso, vo nella scuola, vo dappertutto. Mi dicono basta e chiudo. Quindi ecco la
fede detto in parole povere. A me i simbolismi non dicevano più nulla. Ora ho visto delle Comunità
cristiane alla televisione - c'è anche stasera qualche cosa - dove spezzano il pane, proprio non con
quelle cosine dove si faceva le prese prima, le ostie. Non quelle cose lì ma il pane veramente,
spezzano il pane e se lo passano. Ecco quella potrebbe essere una cosa più simpatica e più bella.
Fanno così queste Comunità cristiane. Ecco quindi che cosa ho scoperto io qui alla Comunità. Quindi
per me il bello è questo. Quello che manca, secondo me, oggi è ripigliare il discorso operativo perché
vi sono tanta gente che ha bisogno, non dico di me, della Comunità, di questi nuclei coraggiosi che
pagano di persona come per esempio padre Franzoni di Roma. Fra parentesi: ci sono andati i fascisti lì
a Roma e hanno distrutto la sacrestia. Quel delinquente di padre Rotondi non ha detto nulla. Sono
andati dentro e hanno distrutto la sacrestia per il discorso di padre Franzoni a San Paolo. Ecco in
poche parole quello che sento. Io vado un po' dappertutto ora e non mi sta fatica a fare nulla. Si
capisce: devo conciliare col lavoro. Ecco che cosa ho scoperto qui io. quello che manca, dicevo, è
l'impegno della Comunità di uscir fuori e con tutte le altre Comunità di fare qualche cosa che aiuti un
pochino la Chiesa ad aprire gli occhi, ora specie che c'è le elezioni.
Giancarlo Z.: A questo punto i discorsi sono un pochino difficili perché c'è tanta carne al fuoco che
francamente non si sa nemmeno noi orientarsi bene su un argomento. L'argomento di stasera doveva
essere la Messa e in generale l'assemblea. Ora noi, per trattare questo argomento, mi sembra che
bisogna fare un po' un discorso di che cosa significhi per noi l'assemblea, cosa significa un discorso
religioso, cosa significa partecipare e vivere una vita di Comunità. Noi appunto siamo partiti come
Comunità religiosa. Questo senz'altro è vero e il nostro cammino religioso ha coinciso anche con la
lotta che abbiamo fatto contro il cardinale. Onestamente siamo stati, anche con modestia, un faro in
questa direzione perché abbiamo iniziato una battaglia contro la gerarchia, abbiamo fatto un cammino
importante forse per tutta l'Italia e anche per l'Europa perché abbiamo mosso uno di quegli stagni così
fermi da secoli che sono il discorso religioso in Italia in particolare. Però onestamente, a questo punto,
se ci guardiamo in faccia, dal punto di vista religioso, dal punto di vista di realtà, noi non diciamo più
nulla, non significhiamo in realtà più nulla. Cioè onestamente siamo un po' scavalcati, siamo rimasti
in una situazione di retroguardia. Questo non significa nulla di negativo, penso. Dipende da come noi
ci si comporta, cioè come noi vogliamo e pensiamo di lavorare in questo senso. Il discorso più
importante, che per me andrebbe portato avanti, è il discorso della Comunità come scoperta e
liberazione dell'uomo. Cioè il discorso credo che sia fondamentale questo. Se noi riusciamo ad
approfondire che cosa significa oppressione dell'uomo da tutte, per esempio, le maggioranze, da
qualsiasi tipo di maggioranza, l'oppressione dell'uomo da tutte le schiavitù, oppressione che ci
costruiamo anche noi addosso, oppressione di classe, oppressione politica, oppressione di ogni
genere, credo che possiamo fare un cammino importante. Ora per quanto riguarda poi il fatto
specifico della Messa. La Messa: noi siamo rimasti su questo campo molto, molto indietro. Ora noi
siamo a fare la Messa come si faceva vent'anni fa né più né meno. Onestamente è un po' una mezza
pagliacciata vedere un uomo tracciare segni per l'aria. Onestamente: che significato ha la Messa? È
quello lì di vedere e fare dei segni oppure dire delle parole quasi magiche oppure ha un significato ben
diverso. Ecco io vorrei impostare il discorso proprio su questo punto. Cioè per me la Messa è un
punto, è un momento, un significato di ritrovo dell'assemblea in cui se noi vogliamo veramente fare la
messa, cioè il ritrovo delle persone che si comunicano tra di loro le esperienze nella prospettiva della
liberazione dell'uomo, possiamo fare qualcosa di nuovo. Ma non è che è importante il fare dei riti del
tipo appunto così quasi magico e che non significano più nulla per noi. Insomma vestirsi bianco o
rosso o vestirsi in una certa maniera… va bene che noi certi parati non si mettono più ma che
significato ha? Invece è molto più importante sviluppare un argomento, che l'assemblea partecipi a
questa discussione, che insomma noi tutti sentiamo l'argomento e lo portiamo avanti. Quindi io credo
che è molto più messa il discorso, l'assemblea del mercoledì cui noi partecipiamo ed elaboriamo un
discorso bene o male, anche se non riusciamo a portarlo avanti, perché francamente siamo rimasti
parecchio indietro, onestamente bisogna ammetterlo, che quello della domenica in cui spesso si va a
finire nella chiacchierata tra di noi, a gruppetti, e si vede quest'uomo che continua un certo discorso,
poi viene fuori magari Urbano che ci fa un bellissimo altro discorso però non ci trasmettiamo nulla.
L'assemblea (della domenica) non è una assemblea, è un monologo o è un discorso senza senso. Io
dico: cerchiamo di scoprire qualcosa di nuovo, cerchiamo di abolire certi riti che non hanno più
significato ma al di là dei riti, che credo sia molto facile superare. A un certo punto è evidente per tutti
capire che la presenza di una entità superiore, che potrebbe essere il Cristo, non è legata a certi
simboli o a certe benedizioni. Credo che sia più importante scoprire il vero significato della vera
presenza eventualmente di un Cristo in mezzo a noi. Ora dico: cerchiamo di fare un discorso in questo
senso. Scusatemi se io vi richiamo a questo punto però credo che sia veramente importante se no
continueremo un discorso da moribondi che va avanti così magari buttandoci in discussioni personali
che non hanno nessun senso.
Ecco: io sarei d'accordo su una assemblea ad argomenti. Per esempio, a un certo punto, la domenica,
il mercoledì, quando voi volete, si tratta un argomento, anche in mezzo alla piazza, però la
partecipazione deve esserci. Non sono tanto come Sergio che dice prepariamo l'assemblea. Preparare
l'assemblea si può preparare così, trovandoci io e un altro, per esempio, per la strada e dire domani si
discute di questo: tu che ne pensi? Ma non prepararla nel senso, voglio dire, programmatico. È
importante invece che tutti noi cerchiamo di parteciparvi e magari abbiamo il coraggio di dire la
nostra senza delegare nessuno di quelli che ormai hanno l'abitudine anche a parlare e dire proprio il
nostro pensiero. Questo significa due cose: fare l'assemblea e non delegare nessuno, avere una
partecipazione di base che sono le cose più belle che possono esserci perché per noi è sempre un
discorso di Comunità di base.
Si può programmare degli argomenti interessanti. Abbi pazienza!(qualcuno dell'assemblea deve aver criticato il
metodo proposto da Giancarlo Z.) Ora non si può mica scendere a particolari.
Voce dall'assemblea: Non può essere presunzione codesta? Troppa maturità.
Giancarlo Z.: Io non so se siamo troppo maturi. Io so che ora non siamo maturi. Io dico cerchiamo di
maturarci.
Ugo U.: A me quello che viene detto la domenica in piazza, anche quello che dice il prete a me non
me ne importa nulla!.
Voce maschile: Bisogna avere amore nei confronti di quelli che non hanno codesta idea!
Giancarlo Z.: D'accordo, ma, abbi pazienza, io.. il discorso (che mi fate) è questo: ma tu sei
(presuntuoso). Può essere un atto di presunzione questo il dire smettiamo certe cose (mentr)e certa
gente ha bisogno di certe cose. D'accordo, si può essere anche presuntuosi. Però è inutile, Dio buono,
continuare ad impostare la cosa sempre in questa maniera, senza tentare un discorso, perché voglio
dire: a un certo punto si muore fra di noi. Voglio dire: facciamo pure la domenica se a qualcuno ha
ancora bisogno della domenica però non si può continuare ad impostarla nella stessa maniera! Perché
qui, ragazzi, mi sembra che siamo ritornati quasi, un po' spostati forse, ma al tempo della Madonna
pellegrina. Voglio fare dei paragoni… No, non mi capisci! Abbi pazienza! Voglio dire il livello, il
livello capisci? Non si dice nulla di nuovo. Cosa è che si dice la domenica? È molto più importante il
mercoledì in cui c'è una partecipazione.
Enzo M.: Io vorrei riferirmi a una riunione, ad una assemblea - si chiamano così, no? - che si fece un
mercoledì, mi sembra, prima che mi ammalassi. La malattia per me costituisce un punto di
riferimento perché sono stato tre mesi fuori della partecipazione personale al dibattito della
Comunità. Mi sembra prima che mi ammalassi si fece una riunione, una assemblea, qui, il mercoledì,
più di una mi sembra, una fu conclusiva, sulla Messa. perché questo problema della Messa noi lo
abbiamo affrontato continuamente. Non è che si affronti oggi così perché oggi c'è una particolare
attenzione a questo problema, problema che abbiamo tenuto sempre sotto la nostra attenzione e
sempre si è discusso, sempre. E quel mercoledì, all'unanimità, non so se eravamo trenta, se eravamo
quaranta, quelli che eravamo logicamente, all'unanimità, dopo una serrata discussione, si decise che
questa Messa si doveva continuare. Con delle motivazioni precise si decise questo. Quel fatto, quella
unanimità che forse non avevo mai io trovato in precedenza, nelle riunioni che avevamo fatto in
Comunità sul problema della Messa, quell'unanimità che trovava uniti i giovani e i vecchi, i più
tradizionali e i meno tradizionali, mi colpì effettivamente perché indubbiamente io cerco sempre di
essere molto, come penso molti di noi, tutti, in qualche modo, di essere molto attenti a quello che si
dice, a quello che si fa in Comunità. Ma le decisioni unanimi certamente colpiscono e questo fatto mi
colpì. Mi colpì e io cercai di riflettere su questo fatto e cercai di riflettere su questo fatto dal punto di
vista umano, dal punto di vista evangelico. E le mie riflessioni vorrei anche comunicarvele. Ora io ho
il vizio, l'abitudine di essere un po' lungo e certamente il tempo non è molto e mi dispiace perché…
come si fa? D'altra parte sono argomenti che avrebbero bisogno di larghezza di tempo. Non è
questione… è che è tardi e fra l'altro io stasera non mi sento nemmeno molto bene e allora…
Comunque ci si tornerà sopra. Accennerò brevemente a quelle che sono state le mie riflessioni, in
particolare sul Vangelo. Quella decisione unanime mi colpì e io vidi, in quel momento e poi
riflettendo anche in seguito, vidi una decisione che si legava direttamente proprio al Vangelo. E
legandosi al Vangelo si legava ad una esperienza umana di secoli, di generazioni, di popoli. Anzitutto
io vidi che la Messa che noi facevamo in piazza corrispondeva ad un atteggiamento che Gesù, gli
apostoli avevano tenuto in occasione dell'ultima cena. L'ultima cena che cos'è? Come è avvenuta?
Non dobbiamo mai dimenticarci che l'ultima cena non è stata un fatto nuovo nel suo carattere diciamo
di cornice. La cornice dell'ultima cena è un fatto tradizionale, ebraico, di secoli e secoli, che gli ebrei
si tramandavano di generazione in generazione, cioè la celebrazione della Pasqua ebraica. Non
dobbiamo mai dimenticarlo: è un fatto questo. Noi possiamo anche trarre tutte le conclusioni che si
vuole, io non voglio ora partire di lì per giustificare una eventuale decisione. Io sono arrivato lì
partendo da una decisione unanime. Non so se mi sono spiegato perché è importante questo, perché il
Vangelo si tira dove si vuole. Però io ci sono arrivato a questo e mi è sembrato di vedere veramente
una linearità di comportamento col Vangelo. Di fatto l'ultima cena si inserisce in un quadro
tradizionale: la Pasqua ebraica. La Pasqua ebraica si tramandava di generazione in generazione. Gli
ebrei, in quel giorno preciso in cui Gesù si riunisce con gli apostoli, tutti quanti nelle loro case si
riunivano, a famiglie, e celebravano un rito, il rito del ricordo della liberazione del popolo ebraico
dalla schiavitù dell'Egitto, al deserto e alla terra promessa. E questo rito si componeva di una cena che
veniva f atta con del pane non fermentato e con del vino. Avveniva attraverso dei brindisi che il capo
famiglia faceva con il vino e con il pane. E Cristo si comporta nient'altro che come un ebreo che
compie un rito tradizionale con pane azimo e con vino. Qui c'è tra noi un teologo e mi sembra che
assenta ed effettivamente è così e non c'è bisogno nemmeno di essere molto teologi. Non bisogna
però dimenticarlo questo fatto. Di fatto è così. Ora, non solo, ma c'è da dire che Gesù Cristo non era il
primo arrivato, sapeva benissimo che questo rito era un rito ormai privo di senso dal punto di vista
rituale, cioè era un rito strumentalizzato dai potenti di quel tempo. Gesù lo sapeva e lo denunziava.
Era un rito che era il segno del razzismo ebraico, della superiorità ebraica e Cristo lo sapeva. Un rito
che portava gli ebrei ad aspettare la liberazione da un Dio che stava in alto. Come Dio ci ha liberato
dall'Egitto ora ci libererà da tutto quello che… Ecco. Un rito dal quale erano esclusi i peccatori perché
i peccatori non potevano partecipare al rito della Pasqua ebraica. I peccatori erano gli emarginati di
allora, erano i poveri di allora, erano i disoccupati di allora, erano i carcerati di allora. Questo il fatto.
Un rito che sanciva il diritto del più grande. Pensate che gli apostoli nell'ultima cena litigano a chi è il
più grande perché effettivamente era un rito che portava a questo, era un rito che per costituzione, per
organicità portava a sancire il diritto del più grande, del privilegiato, un rito che Gesù sapeva bene che
era destinato a cadere come tutti glia altri aspetti della formalità ebraica, del formalismo ebraico.
Quando Gesù si trova di fronte a Gerusalemme dice: di te non rimarrà pietra su pietra. Quello che
diceva di Gerusalemme diceva di tutta questa tradizione formalistica ebraica. Sapeva che doveva
decadere. Gesù dunque era perfettamente cosciente che il rito della Pasqua ebraica era degenerato,
strumentalizzato, destinato a perire, tuttavia non lo rifiuta. Il fatto è però che in questo schema
tradizionale, rituale della Pasqua ebraica, Gesù inserisce un elemento profondamente rivoluzionario.
Questo è il fatto nuovo. Gesù non è un capo famiglia che fa il suo rito della Pasqua come tutti e così si
dimentica delle realtà che…No! Gesù ci inserisce un elemento rivoluzionario: "prendete e mangiate:
questo è il mio corpo sacrificato per voi; prendete e bevete: questo è il mio sangue sparso per voi".
Questa realtà non viene detta dagli altri capi, dagli altri capi famiglia, dai sacerdoti di quel tempo, dai
farisei di quel tempo in quel giorno lì. Non viene affatto detto. È un fatto rivoluzionario perché quel
pane e quel vino che dovevano servire a ricordare agli apostoli dei fatti di liberazione che avevano
vissuto i loro antenati ma che dovevano servire anche a far dimenticare i fatti di liberazione di quel
momento, serve invece quel pane e quel vino a ricordare, a rendere presente un fatto di liberazione
attualissimo in quel momento, cioè il fatto che il valore di liberazione e di speranza che ha, in quel
preciso momento storico, lottare per la giustizia e per la libertà a costo della propria vita. Questo
significa quel pane e quel vino per Gesù e per gli apostoli, il valore di una vita sacrificata per lottare
per la libertà. Questo rende presente in una cornice rituale, tradizionale. Inoltre il pane e il vino
dovevano indurre la gente ad affidarsi passivamente a un Dio che sta in alto e che si serve dei potenti
per liberare il popolo, il popolo ubbidiente, non quello disubbidiente, divengono il segno di un Dio
completamente diverso, un Dio immedesimato col figlio dell'uomo, un Dio oppresso con gli oppressi,
un Dio presente in chi lotta contro gli oppressori, un Dio perseguitato, un Dio ucciso, perseguitato e
ucciso nei perseguitati e nei condannati a morte. Gesù ci infila dentro questo aspetto rivoluzionario. E
così pure anche un terzo aspetto rivoluzionario, perché il pane e il vino dovevano servire a sancire il
razzismo ebraico e invece sanciscono, al contrario, l'importanza degli ultimi perché Gesù si
immedesima con gli ultimi. Ecco, le prime Comunità cristiane hanno capito perfettamente questo
carattere rivoluzionario di questo gesto di Cristo, degli apostoli. Lo hanno capito in modo tale che
rischiano la propria vita per denunziare l'ingiustizia e annunciare coi fatti la liberazione, cercano Dio
nella realtà della loro vita, mettono in comune i loro beni. Anche i potenti si rendono conto del
carattere rivoluzionario di questo fatto e per tre secoli perseguitano i cristiani. Poi dopo succede che i
potenti, proprio rendendosi conto di questo carattere rivoluzionario, si accaparrano di questa realtà
nuova, di questo fatto rivoluzionario e tornano, anche questo, a renderlo di nuovo un rito. Ora noi con
queste decisioni che abbiamo preso, io mi riferisco a quella decisione, oggi noi se ne può prendere
anche un'altra, però questa riflessione io l'ho fatta. Secondo me, veramente, noi possiamo continuare
ancora a celebrare la Messa in questa prospettiva, cioè con questa attualità: porre in questa cornice
tradizionale, che ci lega a una gran parte di umanità, porre dei fatti rivoluzionari che ci legano a tutta
l'umanità, che portano dentro tutta l'umanità. E questi fatti rivoluzionari sono certo anche quelli che
diceva Giancarlo. Bisogna inventarli questi fatti rivoluzionari. Per esempio, il poter parlare da parte
della gente è un fatto rivoluzionario sul quale noi abbiamo fatto soltanto qualche scalino. Bisogna
andare avanti, molto avanti. Ma come? Qui è il grosso problema perché purtroppo ancora non siamo
riusciti a fare in modo che la gente, tutta la gente possa parlare. Non siamo riusciti per colpa di
ognuno di noi, certo, ma non siamo riusciti ancora perfettamente e le assemblee, come qualcuno al di
fuori della Comunità ci ha fatto notare altre volte, le assemblee non sono sempre lo strumento, le
assemblee grandi, non sono sempre lo strumento più adatto, da sole, non dico che non ci vogliono, da
sole non sono sempre lo strumento più adatto per permettere alla gente di esprimersi perché
inevitabilmente, inevitabilmente, chi sa parlare prende il sopravvento o che sia prete o che sia un altro
che non sia prete che diventa prete lo stesso perché sa parlare. E allora inevitabilmente prende il
sopravvento nelle assemblee. E allora io sono convito che, per esempio, un fatto rivoluzionario
notevole è quello di creare dei gruppi di lavoro in cui partecipino tutti, quelli che sanno parlare e
quelli che non sanno parlare e attraverso gruppi di lavoro si possa arrivare a parlare anche nelle
assemblee grandi, piano, piano, ma per me è fondamentale che si costituiscano dei gruppi di lavoro.
Un gruppo di lavoro, per esempio, più gruppi di lavoro che si occupano della preparazione di questo
fatto notevole che è la riunione della domenica in piazza per me è importantissimo perché solo così si
può arrivare tutti a parlare. Se si lascia alla spontaneità non ci si arriverà mai. Questo microfono da me
passerà a un altro ma passa ad un altro che sa parlare, non passa ad un altro che non sa parlare o ci
vorranno cent'anni. Se invece si faranno dei gruppi di lavoro dove veramente tutti possono entrarci,
certo questo bisogna stare attenti perché può essere anche questo limitato evidentemente però se si
riesce a costituire dei gruppi di lavoro nei quali si possa prepararsi insieme, si possano preparare degli
interventi, come si fa l'assemblea a scuola. Scusate, l'assemblea a scuola come si fa? Per preparare
l'assemblea a scuola si fanno i gruppi di lavoro. È logico questo.
Urbano C.: Io mi trovo un po' a tirare le somme insieme di quello che è stato detto finora. A riguardo
della Messa: una obbiezione netta alla Messa non so se quella di Giancarlo la si può considerare.
Giancarlo sulla Messa fa un discorso quasi di rifiuto nel modo come viene fatta ora e considera più
Messa quella del mercoledì. Levato questo intervento, nessun altro che io abbia percepito pone in
discussione la Messa, mentre alcuni però dicono che bisogna trovare anche il modo di modificare
qualche cosa soprattutto quello di fare parlare la gente perché è vero che a quella Messa spesso parlo
proprio io, cioè non parlano gli altri in parole povere. È una maniera anche per togliere la parola.
Certo Florit non ci riuscirebbe, questo bisogna dirlo, a parlare in quella assemblea. Voglio dire che
chi parla lì parla unicamente perché è costretto a dire certe cose, è costretto se no non avrebbe la
possibilità. Un controllo c'è, accidenti se c'è il controllo! Però non basta il controllo passivo. Poi sulla
Messa non mi pare che siano state dette altre cose. Il discorso sulla fede: quello tanto verrà ripreso poi
non lo voglio rifare oggi. Per il mercoledì Sergio diceva, se ho capito, non si possono prendere
decisioni importante in una qualsiasi assemblea del mercoledì perché di fatto le assemblee
settimanali, tradizionali, a volte si riducono a trenta persone e queste non devono considerarsi
l'assemblea della Comunità, non possono in quella occasione pigliare delle decisioni vere e proprie.
Allora Sergio diceva così: di fare dei gruppi che affrontino determinati problemi in delle riunioni o
del mercoledì o in altri giorni…
(termina la bobina BA079B e prosegue nella BA7079C)
Amedeo B. Questo è un gruppo diverso dal preparare la Messa.
Donatello G.: No, no, io sto chiedendo i miei diritti. Qui cercate un gruppo che la mattina mi aiuti a
portare le seggiole se no qualche mattina le butto tutte in Arno così da quella mattina in poi non si
portano più. Va bene? Questo è poco ma sicuro.
Amedeo B.: Allora mi sembra che già due persone si sono già aggiunte a codesto servizio che stai
richiedendo di un servizio pratico, poi mi pare che praticamente la mattina della domenica chi due o
chi tre sedie, normalmente, ciascuno si caricano sul camion. Quindi mi sembra che non sia, a un certo
momento, un problema difficile a risolversi in quanto chi c'è lì si sente in dovere, obbligato quasi chi
con due sedie, chi con tre, chi con una a metterle sul camion e penso che questo possa essere un invito
fatto a tutti quelli che partecipano all'assemblea di preghiera della domenica, ecco.
Sergio G.: In un certo modo però Donatello ha ragione, ha pienamente ragione perché a un certo
momento essere in piazza e mettere due seggiole sopra è anche facile e a volte anche difficile perché
a tutti piace mettersi a parlare con quello accanto e le seggiole rimangono lì e sono sempre i soliti che
le mettono sopra. Però quando siamo già in piazza è anche facile trovare delle persone che le
rimettono sul camion. Qui si tratta che la domenica mattina alle dieci e un quarto bisogna essere alle
baracche, caricare le sedie, smontare le sedie di qui sopra, la pedana, il tavolo e portare la roba in
piazza. Quindi Donatello ha ragione perché in quella nota Donatello ha visto il suo nome e Donatello
dice: io, per quello che riguarda il parlare, il trovare le cose io non me la sento. Quando hanno detto
della Messa io ho detto di sì però io non intendevo dire per quello che riguardava l'organizzazione
dell'assemblea in piazza ma per quello che riguardava il portare la roba in piazza e riportarla via,
quindi un lavoro manuale di questo genere. Quindi la nota è stata fatta a quel modo e a Donatello non
gli tornava perché, oltre sé, non vedeva gli altri. E allora io direi: Donatello da quella nota lì andrebbe
cancellato e andrebbe messo insieme agli altri che lo vogliono fare con un altro gruppo che si
interessa di preparare la roba insomma, portare le seggiole, il pancone, portare gli altoparlanti, portare
questa roba qui e non si può, ecco qui credo ci si debba guardare bene in faccia, non si può pretendere
che una persona tutte sante domeniche mattine debba essere lì col camion alle dieci e un quarto e
debba essere lì fisso ad aspettare che si sia finito perché, a un certo momento, come ciascuna delle
persone che vengono in piazza una domenica mattina possono pigliarsi benissimo la briga di non
venire perché hanno sonno o perché gli piace andare a fare una girata, perché gli piace andare per i
cavoli loro - è giusto anche che uno vada per i cavoli suoi - però non possiamo mettere a carico di una
persona un impegno di questo genere per cui uno si senta legato ad essere tutte le domeniche mattine
lì, perché ad un certo momento anche Donatello ha famiglia, ha i suoi impegni e anche a lui un giorno
può piacere di andare per i cavoli suoi. Ecco, quindi si tratta di trovare delle persone, un gruppo di
persone che, distintamente dal gruppo che si occupa di organizzare l'assemblea della domenica
mattina, organizzi il fatto logistico, il fatto pratico di portare le seggiole e riportarle via. Quindi io ci
sono, Lorenzo ha detto che c'è, (si domanda) se ci sono altre persone che si impegnano a fare questo.
Carlo alza la mano. È odioso chiedere "vieni, vieni". Sembra che si chieda chissà che cosa.
Luigi (Gigi) O.: Io ho capito il discorso di Sergio. Sergio dice: se Donatello una domenica mattina
vuole andare via è libero di andare via come tutti gli altri però bisogna trovare anche la gente che
riesce a mandare il camion.
Sergio G.: Carlo ha detto che viene. Carlo il camion lo sa mandare.
Voce maschile: Poi c'è anche Vittorio Tabacchini.
Voce maschile: Insomma si sono in qualche modo prenotate per questo servizio logistico - la nota si
può anche fare alla fine della riunione - comunque sei già ci sono e si può completare e ampliare alla
fine della riunione. Penso che sia necessario passare al secondo punto all'ordine del giorno, cioè a dire
la riunione del mercoledì in relazione all'assemblea della domenica. Ora a questo proposito penso che
qualcuno possa prendere la parola. Urbano, ad esempio, vuol dire qualche cosa? Allora Sergio ripeti
codesta proposta tua e poi la mettiamo in discussione.
Sergio G.: Io pensavo questo. Siccome c'è un gruppo che si occupa della Messa della domenica, ci
saranno altri gruppi che vorranno impegnarsi in altre cose. Allora io pensavo che il mercoledì poteva
essere impiegato o per ritrovarsi a livello di gruppi oppure si poteva ogni mercoledì, ossia dividersi
questi mercoledì che sono quattro o cinque in un mese, e ciascuno di questi gruppi approfittare di uno
dei mercoledì, prendendosi uno il primo, uno il secondo, uno il terzo, uno il quarto e il quinto
mercoledì per proporre all'assemblea il loro lavoro. Quindi una volta al mese ciascun gruppo
metterebbe al corrente e discuterebbe con tutti gli altri il lavoro che intende fare lasciando poi, per
quello che riguarda poi decisioni importanti che dobbiamo prendere insieme, tipo quelle che stiamo
prendendo ora, a livello veramente di assemblea e per questo, nel caso che si debba approfondire delle
cose importanti e decidere cose importanti, rimandarlo ad una riunione assembleare da convocarsi la
domenica mattina in piazza. Questo per non trovarsi il mercoledì a non sapere che cosa fare e
soprattutto per non trovarsi il mercoledì a prendere delle decisioni un piccolo gruppo come se quel
piccolo gruppo fosse tutta quanta la Comunità dell'Isolotto. Anche perché molte persone che non ci
sono il mercoledì hanno altri impegni e non si può chiedere a loro, perché sono impegnati da altre
parti, di essere presenti tutti quanti i mercoledì. Quindi io direi questo per concludere. La proposta che
io facevo: o lasciare il mercoledì come sera libera, non ritrovarsi così, ma ciascun gruppo si ritrova il
mercoledì qui, in segreteria, da un'altra parte, lasciare la sera libera per questo e poi, per quello che
sono decisioni dell'assemblea, convocarla quando c'è necessità. Oppure, seconda proposta: questi
gruppi si riuniscono quando loro credono opportuno però ciascun gruppo si prende un mercoledì e
pensa quel gruppo a organizzare la riunione del mercoledì stesso per proporre a tutti gli altri il lavoro
che intende svolgere e ascoltare anche che cosa gli altri dicono riguardo al lavoro svolto, cioè
discutere in quella riunione quello che praticamente intendono fare. Io lo vedrei organizzato in questo
modo. Se poi ci sono dei fatti importanti, tipo decisioni, tipo riunioni come invito ad altre persone
perché vengano a trattare diversi problemi, eccetera, allora a questo punto si fa attraverso una
convocazione generale da farsi o un mercoledì oppure anche in un altro momento.
Giampaolo T.: Io penso che la proposta che Sergio ha fatto, anche se risponde obbiettivamente a una
realtà che in questi ultimi mesi in particolare si è venuta verificando, però non credo che sia il modo
migliore per riprendere un discorso per andare avanti come è stato detto nelle assemblee che hanno
preceduto l'assemblea di questa sera e cioè le assemblee partendo dal cinque marzo in poi. Ora dico,
secondo me, una delle cose che ci ha portato a quelle belle discussioni, a quelle bellissime assemblee
veramente in tutti i sensi per tutte le cose che sono state dette, però sia stato un elemento negativo che
ci ha portato a dover verificare il senso della Comunità all'interno del quartiere, all'interno della
Chiesa, all'interno del mondo cattolico in generale. E questo perché, secondo me, e lo ho ripetuto già
tante volte ma non mi stanco di ripeterlo, dopo il '68 noi siamo andati avanti in maniera così, pressati
da esigenze di vario tipo, pressati da tutta una serie di circostanze, però siamo andati avanti in maniera
organizzativistica e basta. Cioè non abbiamo costruito niente, non abbiamo prodotto niente o molto
poco secondo me. E il senso di una Comunità come la nostra che deve, come è stato detto, che deve
continuare ad andare avanti, deve continuare ad avere un ruolo specifico, eccetera, è quello di
scoprire, di andare avanti, di approfondire, di trovare strade nuove, di maturare. Questo è un discorso
estremamente serio e per conto mio è fondamentale. E in questo discorso di costruzione, in questo
discorso di approfondimento, di ricerca penso che anche persone, che hanno dichiarato
pubblicamente di non riconoscersi più in una esperienza che pure hanno vissuto profondamente,
possano dare il loro contributo, possano essere partecipi, possano essere utili al cammino comune di
tutti quanti. Se noi siamo arrivati al '68 è perché dietro al '68 vi sono stati quindici anni di lunghe
esperienze, di vario tipo. Sono stati quindi ci anni in cui alle manifestazioni, all'attivismo si è
accompagnato tutto un discorso di ricerca abbastanza radicale. Io dico che questo discorso di ricerca
deve ricominciare. Scusa, per conto mio è un discorso che ho fatto altre volte, ma mi sembra che,
parlando del mercoledì, e quindi entro nel merito del mercoledì, debba essere riproposto e con forza
anche. Non si può ridurre il mercoledì a una, come si è venuto riducendo praticamente in questi ultimi
tempi, a riunioni in cui si comunicano, si decide così. Allora è evidente che l'interesse viene meno
perché uno viene qui e obbiettivamente si rompe le tasche molto spesso. Parlo del sottoscritto per
esempio. Ci viene perché ci crede, perché ritiene che…ma poi il resto.. voglio dire che molto spesso
gli brucia la seggiola sotto il sedere perché non ne ricava nulla, non ne tira fuori niente, non c'è uno
stimolo, non c'è un minimo di andare avanti. E questo stimolo, questo minimo per andare avanti è
stato poi, purtroppo è venuto fuori per esempio nelle reazioni abbastanza radicali, abbastanza anche
settarie che sono venute fuori nei confronti di persone che hanno espresso opinioni diverse. E questo,
badate bene, è una cosa molto grave. Probabilmente è sfuggita, non è stata considerata però la nostra
Comunità è stata sempre, ha avuto come carattere principale, proprio come sua caratteristica di fondo,
quella di riuscire ad accogliere persone, esperienze, di riuscire cioè a non escludere mai nessuno, ad
accogliere sempre tutti indistintamente al di là delle loro opinioni, di qualsiasi tipo esse fossero. A me
è sembrato, scusatemi forse la mia visione sarà falsata, però nelle reazioni che sono venute fuori, per
esempio di alcuni interventi che furono fatti sia durante l'assemblea di domenica 5, sia durante le
assemblee successive, siano venuti fuori degli atteggiamenti piuttosto gravi, piuttosto settari che ci
hanno ricondotto, secondo me, indietro rispetto all'esperienza che avevamo fatto. Quindi noi
dobbiamo veramente, dico, perché il nostro discorso ha un senso, ha un suo peso nella misura in cui si
riesce ad essere lievito, per rifarci al linguaggio, per rifarci al libro, per rifarci all'esperienza sulla
quale noi siamo cresciuti di essere lievito, non di essere dell'acqua che spegne i vari fuocherelli che
possono nascere qua e là. Essere lievito. Per essere lievito bisogna veramente trovare la strada
migliore per esserlo. Non bisogna essere settari, non bisogna essere persone che vanno avanti così
alla giornata. Bisogna essere persone che ricercano. Io non volevo offendere nessuno (ci sono delle
reazioni delle quali non si riesce a capirne le parole). Può darsi benissimo che non sia chiara, cercherò di stirarla
meglio. Se non ci riesco abbiate pazienza comunque chi ha orecchie, come si dice, da intendere,
generalmente intende. Ora, secondo me, l'atteggiamento settario è questo. Facciamo degli esempi.
Andiamo avanti con degli esempi. Può darsi che abbia esasperato, e volutamente l'ho fatto, una serie
di reazioni che vi sono state però obbiettivamente si sono verificate di fronte a dichiarazioni sincere,
per esempio, come quelle di Franco. Scusa, Maria Grazia, abbi pazienza, io generalmente, come tu sai
bene, sono alieno dal difendere persone, dal difendere opinioni. Ho diritto, perbacco se ho diritto!
Sarebbe bella! Che scherzi davvero! Io tutto sommato sono uno di quelli che poi è mancato
rarissimamente e se permetti… Abbiate pazienza! Ne ho diritto, eccome ne ho diritto! Si capisce.
Quindi… e chiudo… ho diritto, si capisce. Ora dico di fronte a dichiarazioni sincere, perché erano
veramente sincere, e portate, se volete, anche per eccesso di sincerità, se volete, non lo so, forse,
portate all'estremo, portate addirittura oltre alla volontà stessa della persona che voleva fare, e ripeto
faccio questo discorso non per né per difendere qualcuno, né per … chi mi conosce sa bene che
generalmente io sono abbastanza schivo da allinearmi a posizioni… io sono una persona abbastanza
libera in questo senso quindi esprimo opinioni liberamente. Non ho il vizio di accodarmi, come si
dice. Di questo spero che me ne diate atto, almeno chi mi conosce. Allora dico per questo ho veduto,
ho constatato - e può darsi che mi sia sbagliato eh! perché non voglio assolutamente dire che abbia
indovinato - però ho constatato che ci sono stati atteggiamenti abbastanza duri e dico settari nel senso
proprio di rifiuto, come una specie di un corpo spinto all'auto conservazione, cioè a voler per forza
sopravvivere in tutti i sensi, tendeva ad espellere, come succede generalmente. Che c'è? È inutile
soffiare (ci sono reazioni di insopportabilità alle parole di Giampaolo T da parte dei partecipanti all'assemblea).
Sergio G.: fai i nomi e cognomi.
Giampaolo T.: Un altro vizio, un altro difetto, se permetti Sergio, che non mi si addice, è quello di
sottintendere generalmente nomi e cognomi. Generalmente sono talmente ingenuo nelle cose che mi
rifaccio generalmente così alle cose in generale e non mi riferisco mai alle persone singole perché non
mi interessa obbiettivamente rivolgermi alle persone fisiche. Questo tanto per essere chiari. Io non ce
l'ho, quando facevo questo discorso, non ce l'avevo con nessuno né con Sergio che si è risentito né
con altri. Costato un fatto e secondo me, io credo che la Comunità, parto da un presupposto
evidentemente, parto da un presupposto che la cosa deve andare avanti e quindi sto cercando di dire,
magari in maniera confusa, in che modo deve andare avanti, valutando i difetti e le cose, le percezioni
che ho avuto in quelle assemblee che discutevano se la Comunità doveva andare avanti oppure no.
Questo era un po' il discorso che cercavo di fare. Ora, detto questo, e non mi interessa, ripeto, fare
riferimenti a persone, si è avuta la sensazione di un corpo appunto tutto proteso a conservarsi e ad
espellere e a tenere lontane ed emarginate persone che pensano o che dicono chiaramente, può darsi
che mi sbagli. D'altra parte… meglio così! Allora, lasciamo da parte questo discorso e tornando al
punto dal quale sono partito. Secondo me la Comunità deve ritrovare, il mercoledì può essere
l'occasione, il mercoledì può essere ed è l'occasione per fare questo, perché la Messa la domenica in
piazza non lo è, la Messa in piazza tutto sommato è un momento di ritrovo, è tra virgolette una
manifestazione durante la quale però non si riesce a costruire o si costruisce molto poco, durante la
quale non si discute, non si ricerca o se si ricerca si ricerca molto poco, il mercoledì deve ritornare ad
essere un momento di ricerca, un momento di discussione sui temi, su gli argomenti, su le cose, su le
basi su le quali si fonda una Comunità come la nostra. Questo è il discorso. E ci sono degli esempi
precisi. Per esempio è uscito di recente - e questo non lo faccio così per vezzo - un libretto non molto
grosso tra l'altro ma molto interessante che si allinea molto bene su un tipo di ricerca che secondo me
potrebbe essere condotta qua dentro. Cioè è un libro di un biblista, di uno studioso protestante,
Ischeisan si chiama, che si intitola "appello alla libertà". È una interpretazione, una nuova
interpretazione, diciamo, del Nuovo testamento, del Vangelo in pratica, facendo un particolare
riferimento al Vangelo di Marco che fu il primo ad essere scritto e, secondo questo studioso, fu il vero
Vangelo della libertà, proprio perché fu il primo ad essere scritto e fu scritto da una persona che più di
tutte le altre avevano seguito, forse, le vicende del Cristo. Ora, dico, noi dobbiamo, secondo me,
trovare, non so dire cosa, potrei anche dirlo ma ora non mi interessa dirlo, potrei dirlo in seguito se
questo discorso interessa, al di là delle faccende spicciole, del lavoro che può essere condotto dai vari
gruppi di lavoro che possono sorgere qua all'interno della Comunità, però il mercoledì deve tornare ad
essere, come lo era stato prima del '68 il giovedì o altri incontri del genere, ad essere un momento di
ricerca, a riflettere sul senso, dico… signori miei, solo così si va avanti. Se così non si fa, si può tirare
avanti ancora per un anno. La discussione del 5 marzo sarà servita sì a risvegliare qualche cosa ma poi
se non si riesce veramente ad imboccare la strada giusta fra un anno siamo alle solite e fra un anno,
siatene certi, si muore anche.
Urbano C.: Sulla prima parte del discorso di Giampaolo che noi dobbiamo essere sempre in
posizione di ricerca e accoglimento io sono d'accordo. Quello che mi sembra totalmente travisato è il
discorso del settarismo. Cioè quando la Comunità la maggior parte di noi, ha reagito al discorso che
ha fatto Franco, e non solo lui, che in pratica era: chi crede dentro e chi non crede fuori, è proprio il
discorso del settario, no? Fuori e dentro, credenti e non credenti è un discorso difficile a realizzarsi,
ma quella reazione che c'è stata era l'anti settarismo. La reazione che c'è stata qui in Comunità perché
poi significava, se ho capito bene, fuori Enzo addirittura, a questo punto si era arrivati se io non ho
capito male, allora se noi si deve accogliere tutti e si butta fuori Enzo, Sergio o qualsiasi di noi, dico
che sono due significativi, allora era finito davvero tutto. Quindi un quella reazione io ci vedo un fatto
positivo, tanto è vero che dico che quelle dieci, dodici ore di discussione hanno rimesso la bilancia a
posto, non è che abbiano chiarito molto le idee perché il discorso che insomma si può essere cristiani
e atei non è mica un discorso facile. Padre Balducci che sa le parole e te le sa mettere bene l'ha fatto
credere a dei preti del Mezzogiorno. Quel discorso lì in pratica… Dico: noi ci si esprime peggio però
dico, se si riesce a realizzarlo, il nostro fatto vale mille discorsi di padre Balducci, con tutto il rispetto
per un discorso che ci ha aiutato perché io stesso l'ho fatto perché mi riquadrava per certe cose, mi
aiutava. Quindi io il settarismo… Vedo una reazione positiva, è uno sforzo notevole di tutti a
cominciare da loro lì (credo che Urbano per il suo modo di fare indichi le donne anziane presenti all'assemblea). Su questo
discorso mi sembra che sia inutile insistere, mi sembra un'offesa a questo punto al senso comune di
tutti noi. Per quello che riguarda il morire o meno, a me mi premeva passare anche al punto seguente
perché qui se no qui ci si infogna e tutte le volte si vuole parlare e non si riesce mai. Il discorso: noi
siamo legati al movimento internazionale, non per scherzo, noi si sono visti qui, sulla piazza del
Guatemala, quell'omino lì deve essere in galera, poveraccio, di Saigon, anche quell'omino è in galera,
di Ondarroa, dei Paesi Baschi, di Malaga, del Belgio e tutti dicevano che queste comunità qui, pari
pari, ci sono in queste altre zone. In Italia, da quando noi siamo scoppiati, per il detonatore che ci ha
messo Florit, questo detonatore ha messo in moto altre situazioni sature. E quindi è venuto fuori
Oregina, Conversano, Lavello ma non si fermano perché anche a Roma, dico, questo abate Franzoni e
l'assemblea ecclesiale romana proprio ora e Lutte che è ritornato di nuovo. Lutte non fa un discorso
religioso con i baraccati, fa un discorso di case, cioè fa un discorso religioso dove diciamo molto più
di Paolo VI. Però ai baraccati non gli parla della Pasqua, del godimento della Resurrezione. Gli parla
di una vasca da bagno, possibilmente o per lo meno di una stanza dove i bambini non prendano la
broncopolmonite. E così gli porta il Vangelo senza neppure nominarglielo. Lutte si è rivisto. Voglio
dire: ora dire che noi fra un anno si muore, secondo me, non è un discorso, non voglio dire che è un
discorso che scoraggia, dico solo che è un discorso che svisa, a mio modo di vedere, una realtà
mondiale, europea, italiana particolarmente che sta crescendo e che cresce di suo, non per merito
nostro perché oramai la Chiesa cattolica ufficiale è così marcia, va così che schiaccia tutti i poveri, gli
oppressi, gli operai che lei stessa si crea gli anticorpi e ci sarà chi schiaccia lei. È chiaro che Paolo VI
verrà schiacciato, magari saranno gli olandesi a farlo meglio di noi, però la linea di Paolo VI è una
linea sicuramente battuta perché non si può andare contro tutto e contro tutti e sputar sull'operaio e poi
pretendere di tornare all'Italsider. All'Italsider non ci torna, gli sarà più difficile. È alla bancarotta, si
reggono sul fascismo è chiaro. Quindi questo è tutto ossigeno per noi. Noi ce l'abbiamo questo
compito e guai a dire… Quando queste vecchie dicono che sono loro che devono pensare a morire e
son loro a dire noi saremo vive per me è un discorso importante. È una controprova che il nostro
discorso è forte, è vigoroso e tocca nel centro del discorso. Quindi il discorso col collegamento con
l'esterno per me è importantissimo perché questo, proprio andando fuori - a me è toccato più spesso
che ad altri - si nota proprio che questa realtà, anche se si morisse noi, a questo punto rimane la nostra
ombra, rimane la nostra ombra, dico rimane Oregina, rimarrà Lavello, rimane Conversano, viene
fuori Franzoni, viene fuori altri che neppure conosciamo e il discorso continua. Anche senza noi il
discorso continuerebbe. Voglio dire che è così forte il discorso in cui noi ci siamo trovati e che in
parte abbiamo anche fabbricato, è così forte che va oltre noi. Questo è un giudizio storico che io do. Io
ho un presentimento: la Chiesa si trovò con Lutero di fronte a una crisi. Ora siamo a un nuovo… ma
più che Lutero questa volta, siamo ad un'altra svolta storica. Il Concilio di Trento ha mandato la
Chiesa avanti per secoli, male. Quello Vaticano Secondo, c'è poco da fare, la ribalta tutta e Paolo VI
piangerà quanto vuole, piglia l'esaurimento, scomunica le ACLI, li vuole buttare tutti nel fossato ma
sarà buttato lui. Sarà buttato lui dico e questo bisogna dirlo nelle piazze tranquilli da qui in avanti.
Che se lo senta dire proprio da donne del popolo, da persone semplici perché è il momento di parlare
con questo tono quando si parla della gerarchia.. I preti di Arezzo, di Pistoia su l'Isolotto, su le ACLI
si scaraventano contro. Io voglio sentire che cosa rispondete voi al discorso di Sergio perché tutti
zitti… Sergio l'ha articolato un po'..
Donatello G.: Risponderà Giampaolo, no? Giampaolo ha detto prima che il mercoledì bisognerà
parlare di cose serie e guardare quello che si deve fare da qui avanti. A me è sempre sembrato che il
mercoledì si sia parlato di cose veramente serie. Se a lui sono sembrate bischerate, io… a me è sempre
sembrato di parlare di cose che riguardavano la gente, riguardavano noi stessi. Dopo un'altra cosa: io
un bacchettone della Chiesa non sono mai stato, mai. Questo, da poco che sono nato io in chiesa ci
sono andato quando mi ci hanno portato. Per me anche se non esisteva era uguale. Però voi che avete
sempre, compreso te e altri come te - ti posso fare anche i nomi, io non mi vergogno - che siete stati
sempre intorno ai preti, da poco che siete nati fino al '68, se all'Isolotto non era successo quello che è
successo, siete stati sempre intorno ai preti, che oggi voi venite a fare questi discorsi a me sembra un
po' una bischerata. Allora fino ad ora ce lo avete sempre tirato nel c…. A me no, come ti ripeto,
perché a me né te, né i preti, mai. Guarda, Sergio è qui. Quando io qualche volta mi confessavo,
quando lo vedevo scappare di casa gli dicevo: vieni qua ho da confessarmi. Mentre si camminava. Io
al confessionale non mi ci ha mai visto. Domandaglielo se non è vero. Se ho fatto la comunione
qualche volta, l'ho fatta senza confessarmi, sicché io i miei peccati a lui non gliene dicevo e poi, anche
se andavo a confessarmi, gli dicevo cosa mi pareva a me, sicché io, a questo punto, ero avanti di voi
vent'anni, benché sono più giovane di voi. Va bene? Io ero avanti vent'anni di voi perché da me i preti
non hanno mai saputo nulla, altro che quello che mi pareva di dirgli a me e basta. Io sono sincero.
Dopo, un'altra cosa: quando all'Isolotto fu fatto un Comitato per la Gescal, e qui c'era tutto il gruppo
della parrocchia, c'eri anche te, c'ero anch'io, se no ti fo i nomi di chi c'era. C'eri te, c'era la Mira, ce
n'era tanti…e come presidente allora c'era… come si chiama? No, era liberale, l'Arrighi.
Voci dall'assemblea: Era fascista l'Arrighi; liberale; monarchico.
Donatello G.: Monarchico, liberale so di molto io com'era. In ogni modo non c'era solamente
l'Arrighi. C'ero io, ce n'erano altri cinque del Partito Comunista nel Comitato, c'era il Bellini che dopo
col Bellini si leticò, era vice presidente, si buttò fuori, quando fu che finì il corso di questo Comitato,
ci fu le elezioni un'altra volta, venne un'assemblea dell'Isolotto, che erano della chiesa, e si fu buttati
fuori. A me questo non mi parve il vero perché la sera mi giravano le scatole andare tutte le sere alle
riunioni. E fu messo uno del Partito della Democrazia Cristiana. Il voto glielo avrai dato te. Io non
glielo ho dato di certo. Per mettercelo io non glielo ho dato. Dopo venne il Bellosi. Va bene? Tu mi
devi dire quello della Democrazia Cristiana che cosa ha fatto all'Isolotto. A quell'epoca eravate tutti
della D.C. tutti, tutti. No, no, guarda Mira… questo è un esempio reale. (molte voci si incrociano non si capisce
se in disaccordo con Donatello G. o tra di loro
Voce maschile: qui si deve parlare in funzione dell'assemblea, se no si va di fuori dell'argomento.
Giampaolo T.: Purtroppo io sono stato... il primo atto che io feci pubblicamente, come democristiano,
fu quello di firmare il volantino dei 42 ed era proprio quello di dire di non votare Democrazia
Cristiana rifacendosi ad un discorso che era maturato qui.
Voce maschile: A me sembra che il discorso di Giampaolo, almeno nella prima parte, come ha detto
Urbano, sia profondamente giusto cioè quello di ridare al mercoledì un ruolo, almeno per quanto
riguarda la Comunità, un ruolo di ricerca, di approfondimento e di maturazione di ognuno di noi,
anche maturazione politica se si vuole, perché poi, a diversi livelli, ognuno di noi può avere anche un
intervento specifico in altri organismi nel quartiere. Cioè non mi torna affatto il secondo pezzo del
discorso di Giampaolo quando parla di settarismo proprio perché è in contraddizione con quanto
diceva prima. Se noi si vuole dare all'assemblea del mercoledì questo ruolo di ricerca è inutile porsi di
fronte all'assemblea con delle mozioni o con discorsi così settari e così drastici per cui c'è gente che fa
le scelte rivoluzionarie, abbastanza infantili tutto sommato, e se ne vanno via perché la loro scelta è
quella che vale, senza appunto portare alla gente quel contributo dovuto alla loro esperienza, dovuto
alla loro scelta proprio politica se si vuole. Per quanto riguarda la continuazione dell'esperienza
dell'Isolotto, io la vedo abbastanza attuabile anche nel tempo proprio se si dà al mercoledì questo
ruolo. E quindi per esempio le riunione che avevamo in chiesa prima del '68, riunioni sulla
Cecoslovacchia alla quale hanno partecipato anche dei preti cecoslovacchi, delle riunioni con Ivan
Della Mesa su la faccenda di Cuba, almeno per me questi sono stati i momenti più importanti, ma
comunque queste appunto erano delle cose che servivano e che erano inserite nel discorso congeniale
alla Comunità appunto, che serviva alla maturazione di ognuno di noi. Era la linea che si portava
avanti e che era perfettamente condivisa da tutti. Il discorso anche dell'assemblea di due mercoledì fa
mi pare, quando vennero quegli studenti persiani era una assemblea che era inserita in una certa linea,
che era inserita in un certo discorso funzionale alle nostre esigenze. In questo senso anche il rapporto
con l'esterno e con le ACLI, se si vuole avere un rapporto con le ACLI, con altri gruppi, eccetera, è
abbastanza positivo, sempre se visto in questa prospettiva di lotta verso le istituzioni, verso la Chiesa,
che così, in prospettiva storica, dovrebbe crollare come diceva Urbano. Paolo VI ormai non ha più
funzione , non ha nessuna funzione ora. La gente ha bisogno e diritto di dire che il Concilio Vaticano
Secondo è una cappa di piombo sopra Paolo VI.
Sergio G.: Volevo dire a Giampaolo riguardo al fatto che si debba discutere e si debba approfondire,
però noi bisogna trovare anche gli strumenti adatti per cui si possa discutere e si possa approfondire
perché se noi si dice che l'assemblea del mercoledì deve servire per approfondire, per maturare,
eccetera, si fa un discorso giusto quanto tu vuoi ma, se non organizziamo in una certa maniera, questa
assemblea va a finire che all'assemblea del mercoledì ci si trova in venti, trenta persone perché poi gli
altri hanno altre cose da fare e quindi, a un certo momento, quelle venti o trenta persone non maturano
un cavolo nulla. Allora io vorrei, Giampaolo, che eventualmente tu facessi una proposta pratica, cioè
a dire se a un certo momento tu mi dici: l'assemblea del mercoledì deve servire a porsi dinanzi a
determinati problemi, allora io mi aspettavo che tu dicessi un gruppo di persone le quali si impegnano
a trovare questi problemi, a organizzare le assemblee del mercoledì, ad organizzare gli incontri e
allora questo è un discorso pratico, è un discorso che a un certo momento si può accettare. Se tu mi fai
un discorso così, che il mercoledì deve servire alla maturazione della Comunità e poi a un certo
momento non mi dici nulla di pratico, di fatto, di persone che si impegnano a organizzare l'assemblea
del mercoledì, dico, scusa Giampaolo, io non vedo come si possa maturare. Siccome mancava questo,
io avevo fatto l'altra proposta perché se ogni gruppo, che si interessa di un determinato settore, fa
questo lavoro, cioè a dire è costretto ad affrontare problemi, perché chi affronta il discorso della
domenica mattina è costretto ad affrontare problemi, chi incontra gli altri gruppi è costretto ad
affrontare problemi, chi si occupa dei ragazzi è costretto ad affrontare problemi, chi si occupa del
Notiziario è costretto ad affrontare problemi, se questi sono i problemi, cioè a dire, se questi gruppi ci
danno la possibilità di avvicinare dei problemi, diamo a questi gruppi, che poi ne nascano altri dieci,
venti, trenta quanto si vuole, vuol dire che si piglierà un giovedì ogni trenta giorni se sono trenta
gruppi, però io lo vedevo come un gruppo il quale organizzava e proponeva e portava all'interno della
riunione del mercoledì dei problemi. Non si può dire che il mercoledì deve servire a una
problematica, così, quando poi, ad un certo momento, ci si trova in venti persone e ci si domanda, il
mercoledì sera alle sei: di che si parla stasera? Quindi a me mi va il tuo discorso, a me va bene però io
vorrei che gli altri gruppi che verranno fuori - se ne discusse martedì - quindi il discorso del gruppo
della Messa, il discorso di tutti gli altri gruppi, che dovrebbero venir fuori, faranno il loro lavoro in un
altro momento. Però se tu dici che l'assemblea del mercoledì deve servire a questo, io vorrei che
praticamente tu ci indicassi gli strumenti attraverso i quali si possa fare. Quindi, ci sono dieci,
quindici, venti persone che si preoccupano di portare questa problematica tutti i mercoledì e quindi
organizzano l'assemblea del mercoledì? Che quindi interrogano la gente, che propongono, che
discutono e che tirano le conseguenze? Perché se no noi si sta così a ragionare e poi si fa un bel
discorso oggi e poi ci si rivede tra due mesi! Ma io tra due mesi ho otto riunioni il mercoledì e io il
mercoledì a trovarmi qui a guardarmi in faccia, scusa Giampaolo, a me non mi va.
Giampaolo T.: Mi dispiace che il discorso che ho fatto prima sia stato inteso come un voler campare
sulle nuvole. Naturalmente le cose vanno sempre calate sicuramente nella realtà ed è giusto quello
che ha detto Sergio. Caliamo le nella realtà. Vediamo. Però, per conto mio, per quel che mi riguarda e
poi se dite che sbaglio io vi do il microfono subito, mi cheto e non tolgo altro tempo. Generalmente
uno deve giustificare, deve dare una spiegazione a quello che propone. Non si può proporre una cosa
senza giustificarla. Una cosa la giustifichi e poi la proponi, la motivi. Ora dico il discorso che ho fatto
prima, secondo me, è un discorso che deve essere iniziato. Nella attuazione concreta - e poi dirò il
perché entrando più nel merito di una faccenda anche più pratica - però potremmo trovare, per
esempio, un'articolazione fatta in questo modo: il mercoledì dedicato per esempio, come mi
sembrava che venisse fuori nelle riunioni preparatorie alla riunione del 5 marzo, una riunione
dedicata ai gruppi di lavoro sui vari settori sui quali la Comunità intende intervenire e una riunione
dedicata, una volta ogni quindici giorni, dedicare un incontro complessivo per approfondire certi
argomenti. Evidentemente questi argomenti, quali? Dovranno essere - io ho detto prima una cosa, ne
potrei dire tante altre, ho fatto una proposta, non è che sia un discorso quando ho citato quella
faccenda, fatta così per fare il saputello. (L'ho) citata perché è un argomento preciso, è un argomento
specifico che si colloca all'interno di un discorso che noi siamo venuti facendo in questi anni, per cui
possiamo riuscire ad individuare quella tematica, un'altra tematica, un'altra ancora e organizzarla,
articolandola una volta ogni quindici giorni, per cui dedicare un mercoledì… (c'è una piccola interruzione al
discorso di Giampaolo T e si ode solo un brusio di voci che forse insistono nel richiedere una proposta concreta)..Appunto dico:
la proposta concreta è quella di alternare due mercoledì. Per quello che riguarda la ricerca delle
persone anche questo è un discorso giusto. Soltanto che non si può mettere la gente così, con le spalle
al muro. Tu hai proposto quella cosa: tu la fai, si ricade sempre lì. Ora io dico: posso anche fare per
quello che mi riguarda, lo posso anche fare, posso trovare anche il tempo per poterlo fare, soltanto che
non mi sembra un discorso giusto. Cioè se si ritiene che sia giusto farlo questo, se si ritiene che sia più
giusto fare questo che altre cose, vuol dire che si concentra su questa più energie che non su altre cose,
per cui se ci sono, poniamo, tre o quattro gruppi di lavoro vuol dire che di questi tre o quattro gruppi
di lavoro, di gruppi di lavoro ce n'è uno o due soltanto e l'altro si occupa di questo punto se si ritiene
che è un discorso importante. Ecco perché la faccenda è di scelta, è prioritaria. E perché è prioritario
parlare di certe cose? È già stato detto tante volte in queste ultime assemblee. Noi ci collochiamo, ed
è bene ripeterlo un'altra volta ancora, nella realtà del mondo cattolico….
(c'è una interruzione della registrazione per passare alla seconda parte della bobina BA079C. Purtroppo la bobina nella situazione
attuale non ha la coda e quindi il discorso di Taurini risulta ancor più interrotto perché l'inizio del nastro è oltremodo deteriorato.
Addirittura vi è anche di seguito un intervento di Ugo U. non registrato, Lo si capisce dall'intervento che segue di Urbano C.).
Urbano C.: …Comunque Ugo ti faccio osservare che Sergio è uno di quelle trenta, cioè lui si
preoccupa proprio di non essere una minoranza a prendere le decisioni. Detto da lui mi torna. C'era lo
scopo di aiutare gli altri a venire, in certe occasioni di farglielo sapere. Penso che..
(Il discorso di Urbano C. è interrotto da un altro intervento fatto lontano dal microfono. Dal timbro della voce sembra che sia di Sergio
G. e che ripeta il motivo per cui non si devono prendere decisioni senza convocare l'assemblea generale. Purtroppo la maggior parte
delle parole non si capiscono)
Urbano C.: Se ci sono altre proposte precise si continua se no si maturano col tempo. C'è Daniele e
Sergio.
Daniele P.(parla lontano dal microfono si capi9scono solo delle parole qua e là nel momento in cui alza la voce. Si capisce che
difende i gruppi di lavoro perché li ritiene espressione di democrazia di base.. Critica la posizione di Giancarlo Z. perché la sua
proposta lascia le cose come stanno). …i gruppi di lavoro sono gli unici strumenti concreti, non dati in
astratto, che possono permettere a tutta una serie di persone di impegnarsi, di dare un contributo
maggiore… La proposta di Giancarlo non mi sembra concreta, realistica proprio perché lascia
immutate le cose come stanno. Cioè il discorso di ritrovarsi senza un briciolo di preparazione
dell'assemblea..
Giancarlo Z.: Il mio problema era quello della partecipazione della gente.
Urbano C.: È un problema di tutti, guarda!
Daniele P: Con in gruppi di lavoro si può ovviare a questi problemi. E poi un'altra precisazione: i
gruppi di lavoro attuano effettivamente in pieno la responsabilità. Cioè il gruppo di lavoro del
Notiziario è quel gruppo lì che ha la responsabilità del Notiziario e può proporre all'assemblea
generale il suo lavoro, le difficoltà, eccetera. Però questo implica due cose: una grossa
responsabilizzazione e la autonomia di questo gruppo. Cioè il gruppo deve lavorare in modo
autonomo e poi sottoporre all'assemblea tutto quanto. (purtroppo l'intervento di Daniele è impossibile trascriverlo
completamente perché incomprensibile: troppo lontano dal microfono e la voce si disperde)
Urbano C.: Che ora si fa? Prima di dare la parola a Sergio. Si stabilisce l'undici e mezzo? L'undici e
mezzo. Un quarto d'ora allora cerchiamo di rimanere. Sergio!
Sergio G.: Io dicevo proprio per questo, in relazione alle riunioni del mercoledì. Volevo spiegarmi.
Una delle difficoltà grosse, secondo me, è il ritmo delle cose. Cioè ogni mercoledì c'è una assemblea.
Se non c'è un gruppo di lavoro che prepara, al quale praticamente si fa riferimento, il quale si
impegna ad avere argomenti, ad impostare l'assemblea che poi lì si possa discutere in assemblea, non
si può rischiare di arrivare qui il mercoledì e, a un certo momento, si mette in condizione le persone di
pigliare in mano le cose. Io questo lo dico perché io ho provato moltissima difficoltà in questo. D'altra
parte non me la sento di sganciare in maniera tale da dire quello che succede, succede. Io questa
irresponsabilità non me la prendo. Quindi quando si viene all'assemblea il mercoledì ed è tanto
difficile trovare uno che vada là e dica l'ordine del giorno qual’è e venga fuori l'ordine del giorno e ci
vuole mezzora a cominciare e si comincia alle dieci, alle undici si deve andare via questa è una cosa
che io non riesco a sopportare. Però d'altra parte non riesco nemmeno a dire: bene e sperimentiamo i'
che succede e quindi a un certo momento succede baraonda, non si fa nulla e si va via scontenti. Io
questa irresponsabilità… per me questa è irresponsabilità. Quindi, secondo me, invece, va creato
degli strumenti tali... Cioè quando si dice facciamo così che la gente partecipi io sono d'accordo in
questo però non si può dire soltanto teoricamente che la gente deve partecipare. Bisogna trovare gli
strumenti attraverso i quali la gente possa partecipare. Quindi per me è un discorso di strumenti e non
per fare un fatto soltanto efficientistico, attivistico e basta ma perché noi uomini abbiamo bisogno di
strumenti per fare le cose. Quindi, secondo me, se il discorso dei gruppi, in cui tutti quanti ci si può
inserire, è un discorso che può andare avanti, io sarei del parere di trovare, cioè di cominciare a vedere
quali sono, per esempio, le persone le quali dicono: ecco, per quello che riguarda l'organizzare i
contenuti della Messa della domenica, per tutte queste cose noi ci impegniamo a fare questo. C'è
l'altro problema, quello del Notiziario. C'è questo problema da portare avanti, Quali sono le persone
che si sentono di impegnarsi per portarlo avanti? C'è il gruppo dei ragazzi: quali sono le persone che
vogliono portare avanti questo discorso? C'è l'altro problema del contatto con l'esterno. Lì, a un certo
momento, ci siamo trovati. l'Isolotto è stato richiesto da.. perché... Anche il discorso che non diciamo
niente al di fuori: noi non diciamo niente anche perché non vogliamo dir niente, perché non è che la
gente non sia attenta a quello che facciamo noi. Per esperienza io devo dire che in questo ho avuto
occasione di vedere. In questi ultimi tempi, dal 31 ottobre, su a Roma quando si è fatto l'assemblea di
tutte le Comunità cristiane d'Italia e la gente ha voluto che uno dell'Isolotto - l'hanno votato, hanno
votato me, non ho colpa io - che uno di noi fosse presente nella redazione del Bollettino è perché
l'Isolotto, quando si trova in queste assemblee, veramente rischia di fare la parte del leone. E se io
sabato sera non ci sono andato è proprio per quel problema di cui parlavo con Urbano quando si andò
a quella stessa assemblea e ne parlavo anche con Cino se non sbaglio, perché in due persone non si
può andare a una assemblea di Comunità cristiane, perché non si riesce a seguire il discorso. Non solo
ma si rischia di fare soltanto discorsi personali, si rischia cioè di dire, a un certo momento, delle cose
che sono soltanto mie e che a un certo momento forse non sono le cose che tutti quanti potrebbero
dire. Quindi io sono d'accordo su questo discorso sulla partecipazione, però troviamo gli strumenti
per partecipare. E se gli strumenti per partecipare sono i gruppi di lavoro io dico: quali sono le
persone che intendono impegnarsi in queste cose? Quindi c'è il problema della Messa. A un certo
momento ci sono delle persone che se la sentono di impegnarsi a trovare questi contenuti? Primo, per
esempio è un problema che stasera si è affrontato. Secondo me stasera, secondo me, come mia
proposta, proprio per quello che riguarda il fatto per esempio della messa, dell'assemblea della
domenica, ecco, secondo me, come conclusione di stasera, dovrebbe venir fuori il discorso chi è che
si impegna a fare questo lavoro. Per poi passare anche agli altri, perché anche il discorso che si faceva
dianzi - non so chi è stato che l'ha impostato, la Luciana mi pare - delle Comunità cristiane, anche
quello è un argomento, secondo me, da stabilire se non stasera, ma mercoledì. Per mercoledì io farei
questa proposta: se stasera si è parlato di questo, cioè dell'assemblea della domenica, continuare
mercoledì a parlare delle assemblee del mercoledì e delle assemblee generali, però prendere anche in
considerazione il fatto dei contatti con l'esterno perché non si può aspettare tanto veramente a stabilire
dei contatti efficienti.. Quindi io sarei per fare il discorso dei gruppi..
Urbano C: Allora si prendono ora i nomi eventualmente o prima… su questo discorso? Sul discorso
suo.
(C'è l'intervento di una donna. Si riconosce soltanto il timbro della voce e non si capiscono le parole di quello che dice perché lontana
dal microfono)
Urbano C.: Si fa pigliare coscienza proprio con l'organizzazione . Perché tu dici che siamo d'accordo,
ma non siamo d'accordo perché noi non siamo mai venuti fuori. Hai atto una dissezione che era
artificiosa perché quando lei si preoccupa che con l'organizzazione proprio organizzando, mettendo
nome e cognome dicendo alla Nunzia: "tu la vuoi leggere l'epistola stamani?" "Ma io non l'ho mai
letta". "La leggi per piacere?". Io penso che si comincia così. Mettendo nomi e cognomi…
Voce femminile: Io volevo dire questo. Io sono una di quelle allora che fo il nome per prima per
preparare l'assemblea la domenica. Va bene? A me il discorso interessa e mi metto per prima io però
dicevo questo qui: non l'ho mai fatto. Io il Vangelo non l'ho mai letto: la domenica mattina che dico?
Urbano C.: L'importante è che tu ci abbia dato il nome, dopo cosa devi dire si stabilisce insieme,
scusa! Io la prima volta che ho preso il microfono in mano all'Isolotto fu per i processi. I' che dico?
Ora non me lo leva nessuno di mano. Ho fatto la mia! A te che cosa non va bene? Mi vuoi chiarire il
discorso? Stefania, replica due minuti.
Stefania B.:Me lo dovresti dire te il problema da trattare la domenica mattina: tu sei al corrente di
tutto ma uno come noi, che non si sa nulla, come si fa ad andare a organizzare una domenica mattina
l'assemblea? Perché te sei preparato ma io no!
Urbano C.: Vuol dire che si farà un gruppo dove ci sono anch'io insieme a te se tu dici che sono
necessario io. Tu mi chiedi e il vengo. Non mi tiro mica indietro. Che discorso è? Ma tocca a te
spingere me e a me viceversa, dico. Io non capisco: il tuo è volontarismo. Bisogna pigliare coscienza.
Questa parola qui non significa niente se non gli dai lo strumento a questa coscienza di venir fuori. Si
chiama volontarismo in termine tecnico. Si dice: noi vogliamo essere bravi e buoni. Cosa significa
questa parola? Lo dice Paolo VI tutti i giorni. Dacci gli strumenti! Gli strumenti, dice Sergio, sono
questi qui, stabiliamo dei nomi, facciamo dei gruppi perché questi gruppi proprio saran costretti a dire
io non so che dire, ma siccome ho questo impegno io mi preparo. Perché se no la Sara non si prepara!
E lei si lamenterà sempre degli altri e poi non farà mai nulla come ha f atto finora. Capito? Siccome la
Sara si era lamentata che si faceva le cose senza dirgli niente ora ci si vuole portare anche te a farle.
Così si fa. Ho detto un nome a caso. Mica pensavo a te!
Voce maschile: io dicevo questo. Io vengo da un'esperienza in questo campo che è piuttosto
significativa. Cioè a un certo punto qui all'Isolotto si venne fuori col discorso degli scout e
dell'educazione dei ragazzi a livello diciamo così associativo. E ci si trovò io e Giovanni Palagi e non
si aveva mica esperienza. A un certo punto si prese le cose in mano, si prese la decisione di maturare
insieme questo discorso e si portò avanti. Così deve essere il discorso penso ora dei gruppi
organizzati, anche perché penso questo, e l'esperienza me lo conferma, che se non ci si dà una
organizzazione ben precisa prima o poi si va a morire. Non solo ma me lo riconferma un'altra volta
l'esperienza, che lo scoutismo qui all'Isolotto è morto. Perché? È morto perché non si aveva quadri
che portassero avanti il discorso dello Scoutismo. Perché s'era sempre i soliti due bischeri che la
domenica, nonostante convinti perché il discorso che si portava avanti qui all'Isolotto, a livello
associativo scout, era un discorso piuttosto valido e se n'è visto frutto anche all'interno del quartiere,
però, nonostante questo, ci siamo trovati sforniti di quadri che portassero avanti questo discorso e
siamo morti. Morti probabilmente come il chicco di grano che dopo è venuto fuori grano da qualche
altra parte, comunque siamo morti. Io penso questo: se non ci si leva un po' il famoso ditino non si
farà mai nulla. E volevo concludere dicendo che io sono disposto - io non so quante persone c'è a
preparare il Notiziario - comunque potrei essere uno di quelli.
Urbano C.: Chi è che prende una matita in mano e prende questi nomi intanto?
Giancalo Z.: Una proposta concreta. Si tira fuori dei nomi, tanto ci sono delle persone che sono
disposte a preparare un discorso per la domenica. Io non parlo per televisione, scusate. Volevo parlare
un po' alla Sara e levare i dubbi alla gente. Nel gruppo esaminano il problema, non so, il Vangelo
della domenica prossima oppure un fatto sociale e umano importante da trattare la domenica
prossima. Ne discutono tra di loro, pigliano qualche appunto e la domenica mattina riportano al
microfono il discorso che hanno fatto insieme. Così non c'è nessuna paura o timore di cosa trattare o
non trattare. Si tratta solamente di vedersi un paio d'ore, non so il martedì, il lunedì, per preparasi.
Meglio ancora sarebbe che, invece di un gruppo solo, ce ne fosse due che facessero non una relazione
ma due relazioni: "Noi l'abbiamo vista da questo punto di vista la questione". "Per noi non coincide il
punto di vista ma la vediamo in quest'altro modo" e così comincia un dialogo.
Urbano C.: Allora qui c'è gente che si prepara ad andarsene. Chiedo se è possibile ora prendere nomi
o rimandare a mercoledì il discorso dei nomi.
(C'è un latro intervento che sembra di Sergio G. il quale dà delle indicazioni come formare i gruppi. Il discorso però è fatto lontano dal
microfono e non si capiscono le parole)
Urbano C.: Io, se siamo d'accordo, starei con Sergio perché si semplifica le cose. Allora si prendono
stasera i nomi di quelli che si vogliono interessare per preparare la Messa. Mi dicono qui: ma ci vuole
anche g ente… ora non vi preoccupate, donne. Voi entrate dentro, poi io… La mia esperienza mi dice
questo: io tutte le volte mi sono preparato per fare un discorso quando sapevo che lo dovevo fare.
Quando mi hanno detto: di' una cosa sull'Irlanda mi sono andato a comprare un libro che costava
tremila lire. Io non li compro mai i libri da tremila lire, e mi sono preparato. Perché? Perché avevo un
incarico preciso che dovevo parlare sull'Irlanda. Se questo incarico non me lo avevano dato io quel
libro non l'avevo comprato e non mi ero preparato. E così quando vado a far lezione. Per questo
Stefania è importante: perché tu sai che devi fare quella cosa per la Comunità, dopo ti preoccupi e vai
a intervistare quello e quell'altro e chiami dentro il gruppo uno che credi che la sappia e tu ti prepari,
solo se hai l'incarico preciso, se no non lo fai. Non so se io sbaglio.
(altro intervento di una donna, intervento incomprensibile)
Urbano C.: Ora io ti dico che preferisco il discorso del contatto con l'esterno, delle ACLI, che vorrei
parlare di quello ma dico che c'è Enzo che per quello è molto adatto. Anche dal discorso che ha fatto
stasera. Non dico mica… il più preparato attualmente è Enzino, leviamocelo di mente, per certi
aspetti. Quindi o che sia uno o che sia un altro questo gruppo se lo sceglie, se lo trova..
(Intervento di Daniele P., intervento incomprensibile)..
Urbano C.: Allora riassumo e concludo. Stasera si dà il nome per il gruppo della Messa. Però vi
ricordo che ci sarà il gruppo del Notiziario, i ragazzi, contatto con l'esterno. (Si prendono) Tutti i
nomi senza distinguere i gruppi? Tutti è come dire nessuno a volte. Io volevo che scrivesse un altro
che non ha il microfono, scusate! Perché devo fare io la scrittura?. Per la prossima riunione: c'era già
una richiesta precedente: contatti con le Comunità esterne. ACLI e ora tu dici anche il Notiziario.
Allora mercoledì prossimo sono quattro cose. Non saran troppe?. Riunione del mercoledì, contatti
esterni, ACLI - se permettete ce lo aggiungo perché l'avevo detto e perché c'è delle scadenze, c'è un
Congresso provinciale il 9 aprile e ci sono una quindicina di noi che si sono impegnati non solo così a
titolo personale - e il Notiziario? Queste quattro cose e su queste cose formiamo i gruppi. Perché
questo è il metodo che passa? Il metodo che passa è questo. Sulle singole voci, quando siamo
d'accordo di mandarle avanti le cose - sul come si decide strada facendo - si formano dei gruppi poi
sui gruppi, come sono articolati, se siano più o meno autonomi, si discute strada facendo, però ci
vuole l'impegno nominativo della maggior parte delle persone.. Dopo, strada facendo, si discutono le
modalità, i tempi, i metodi, la composizione dei gruppi, però tutti si impegnano a partecipare così a un
gruppo. Questo è importante perché se siamo fedeli a questo impegno diverse cosettine per la via si
superano. Se non c'è altro… meglio se non c'è altro… se si decide di smettere… I nomi del gruppo
della Messa: Sara, la sua mamma Ristori, Nunzia, Lucio Lucio Gasperini - questo è buono: sa la
matematica. Te li metti con i numeri a posto - Villanacci Luigi ti vuoi impegnare per la Messa?
Amedeo: Alle nove, alla scuola elementare per la proiezione del film, va bene? Ve lo ricordate?
Domani sera alla Montagnola la proiezione del film "Allarmi, siam fascisti!"
(Termina la registrazione e la riunione del 15 marzo 1972 sui problemi della Comunità)
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1972.03.14 - Comunità dell`Isolotto