[54 ] LA PROVINCIA CULTURA S A B AT O 2 5 S E T T E M B R E 2 0 1 0 [il libro incontro con antonia arslan ] di Gianfranco Scotti Non si può che prenderne atto. Le sale cinematografiche lecchesi, ad eccezione del Palladium, spariranno nel giro di poco tempo. Il Marconi ha già alzato bandiera bianca e a ruota (forse) seguiranno il Nuovo e il Mignon. I gestori delle sale hanno le loro buone ragioni per cessare l’attività; quando viene a mancare la domanda, è inevitabile che cessi anche l’offerta. Si tratta di una crisi generalizzata, s’intende, e non riguarda solo la nostra città, anche se da noi il fenomeno ha assunto proporzioni ben più marcate. Ci si chiede tuttavia se sia giusto rassegnarsi, archiviare una forma d’arte e di divertimento che ha intrattenuto i lecchesi da oltre un secolo a questa parte. La prima sala cinematografica risale infatti al 1906; si chiamava "The Royal" che poi muterà il nome in "Volta". L’anno successivo venne aperto in via Cavour il Lariano, che poi si trasferì in via Cairoli con la nuova denominazione di "Italia", una sala che i lecchesi non più giovanissimi ancora ricordano perché fu attiva fino agli anni ’60 del secolo scorso. Al 1926 risale la fondazione, in via Caprera, del cinema Lariano, progettato in belle forme Liberty da Attilio Villa, chiuso nel 1985 e depredato di tutti i suoi preziosi arredi e decori in ferro battuto. Successivamente verranno aperte altre sale, come il Marconi in via Ongania, poi trasferito in viale Dante, l’Impero, inaugurato nel 1938 divenuto in seguito Europa, il Nuovo e il Mignon in viale della Costituzione e l’Ariston, poi Capitol a Germanedo. Le prime proiezioni cinematografiche in città, tuttavia, vennero ospitate già negli ultimi anni dell’Ottocento nel Teatro della Società. Fattori che attengono al mutamento del costume, delle abitudini, all’offerta di nuove tecnologie hanno disamorato il pubblico, che esce la sera sempre meno volentieri, tanto più che le pellicole cinematografiche (ma è tutt’altra cosa) può vedersele tranquillamente in casa propria alla televisione o grazie a un lettore di DVD. A Milano, per fare un esempio tra i più probanti, metà delle sale cinematografiche ha chiuso i battenti e anche le tanto decantate multisale sembrano essere in forte sofferenza. Curiosamente, solo i cicli organizzati di cineforum possono ancora contare su un pub- Il fascino di quella Calolzio di fine Ottocento di Gianfranco Colombo La celebre scrittrice Antonia Arslan presenterà oggi pomeriggio alle ore 16, presso il Giardino botanico di Villa De Ponti, a Calolziocorte, il volume di Neera “La freccia del Parto”, recentemente ripubblicato dal Centro Studi Val San Martino a cura di Carlo Tremolada. Il breve romanzo del 1883, scritto dalla famosa autrice milanese Anna Zuccari, nota con lo pseudonimo di Neera, è interamente ambientato nella Calolzio dell’Ottocento. Di questa scrittrice lombarda Antonia Arslan è una delle più autorevoli studiose, per cui la sua presenza a Calolzio nasce proprio dalla sua passione per Neera ed in generale per tutta la letteratura femminile italiana, in particolare quella della fine dell’Ottocento e dei primi del Novecento. Per molti anni professoressa di letteratura italiana e con- temporanea all’Università di Padova, Antonia Arslan è una delle più attente studiose della letteratura femminile italiana. Attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan ha riscoperto la sua profonda ed inespressa identità armena. E’ autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice (“Dame, droga e galline. Il romanzo popolare italiano fra Ottocento e Novecento”) e sulla galassia delle scrittrici italiane (“Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra ’800 e ’900”). Ha curato un libretto divulgativo sul genocidio armeno (Metz Yeghèrn, Il genocidio degli Armeni di Claude Mutafian) e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti rifugiatisi in Italia (Hushèr. La memoria. Voci italiane di sopravvissuti armeni). Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, “La masseria delle allodole” (Rizzoli), che ha vinto il Premio Stresa di narrativa, è stato finalista del Premio Campiello ed ha vinto anche la prima edizione del Premio Manzoni. Il romanzo è stato portato sul grande schermo dai fratelli Taviani. Nel 2009, sempre con Rizzoli, ha pubblicato il libro “La strada di Smirne”. La scrittrice Antonia Arslan arriva a Calolzio per parlare di una sua “collega”, che tanto ha studiato e per la cui riscoperta si è data molto da fare. Anna Zuccari, in arte Neera, dovette subire lo scotto di essere donna e nonostante questo ottenne non pochi riconoscimenti, tra cui non si può dimenticare il positivo giudizio critico di Benedetto Croce a proposito del suo romanzo “Teresa”. Neera ebbe un singolare rapporto con la Valle San Martino ed in particolare con Caprino Bergamasco, dove trascorse lunghi soggiorni. Da qui nasce l’ambientazione a Calolzio di un romanzo come “La freccia del Parto”. IL DIBATTITO Non rassegnamoci alla scomparsa dei cinema a Lecco Le associazioni cinefile potrebbero farsi carico di far rivivere le sale destinate a sparire IERI E OGGI Il cinema Lariano nel giorno della sua inaugurazione, nel 1926 e, a fianco, la demolizione nel 1998. Sono tempi davvero difficili per le sale cinematografiche della nostra città. Nelle scorse settimane ha chiuso definitivamente i battenti anche il Marconi. blico attento e numeroso e forse è il caso di partire proprio da questo dato di fatto per cercare di risalire la china. Preso atto che non esiste quasi più la possibilità di riempire le sale con la consueta programmazione, occorre percorrere altre strade, invogliando gli spettatori con offerte diverse, articolate, tematiche, traendo insegna- mento dall’esperienza dei cineforum che, come si è detto, godono ancora di larga popolarità. Il gestore del cinema Marconi - interpellato da questo giornale dopo l’annuncio della chiusura - ha dichiarato che "chi avesse interesse a continuare nell’attività può passare a prendere le chiavi. La sala è a disposizione, anche delle isti- tuzioni se fossero interessate". Questa può essere una preziosa occasione da cogliere da parte dell’Amministrazione Comunale non certo per sostituirsi al gestore nella programmazione di pellicole, chè questo sarebbe del tutto scriteriato. Si tratta invece di impostare secondo altri metodi e intendimenti l’offerta cinematografica, avvalendosi di affidabili associazioni cinefile alle quali conferire il mandato di immaginare nuove forme di coinvolgimento del pubblico, con pellicole di particolare spessore, e fornendogli strumenti di corretta comprensione del linguaggio cinematografico. Prima di arrenderci al definitivo tramonto del cinema nella nostra città proviamo a battere anche questa strada. Potrebbe essere quella giusta. Tutti alla scoperta del «Museo dei muratori» Carenno apre le porte del proprio gioiello: previsti anche laboratori per i più piccoli di Christian Dozio Laboratori, visite, filmati e stand: il museo dei muratori “Cà Martì” apre i battenti e diventa polo culturale per una domenica. La struttura carennese balzerà agli onori della cronaca domani, domenica, quando il calendario della rassegna “Fai il pieno di cultura” – promossa da Regione e Provincia – proporrà al territorio lecchese l’evento “Case sapienti”, curato da Comune e volontari del gruppo “Muratori e Amici di Ca’Martì”, con la promozione del Si- stema Museale della Provincia di Lecco. Inaugurato a maggio 2008 nell’ambito della prima edizione di “Fai il pieno di cultura”, il piccolo ma importante museo carennese dedicato al lavoro, alla cultura ed alla storia sociale dei muratori, è presente anche quest’anno alla manifestazione con una proposta di sicuro interesse, incentrata sul tema “Dall’edilizia rurale e tradizionale, solo in apparenza minore, un valore ed un sapere utili per il futuro”. «Un invito – ha commentato il sin- daco Raffaella Gianola - alla riflessione su quanto e come i “saperi antichi”, in questo caso legati all’arte muraria, possano insegnare a noi, cittadini di oggi e di domani, ad armonizzare le moderne esigenze abitative con la salvaguardia dell’ambiente ed il rispetto del patrimonio storico di un territorio». La proposta, strettamente legata alle finalità di un museo aperto all’attualità e non ripiegato sul passato, prevede una visita al Museo e la proiezione di immagini commentate da Francesco Macario, esperto stratigrafo, curatore dello studio sulla storia evolutiva dell’edificio di Cà Martì, il cui nucleo primitivo risale al XV secolo e che ora, restaurato, ospita la sede museale. L’appuntamento è fissato per le 16 è sarà ad ingresso libero. L’originale struttura museale, inoltre, parteciperà con stand, attività dimostrative e laboratori per ragazzi alla tradizionale Fiera Agricola di Carenno, organizzata per il 3 ottobre prossimo dalla Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino. IL MUSEOdei muratori