FOCUS CLINICI
EMOGASANALISI ARTERIOSA (EGA)
L’emogasanalisi arteriosa è un esame invasivo, costituito dal prelievo di sangue
arterioso per l’analisi dei gas in esso contenuti. Il prelievo viene eseguito mediante
una siringa, precedentemente eparinata, da differenti arterie, quali la radiale, la
brachiale, la femorale. Attualmente sono disponibili per l’impiego clinico kit già
predisposti, contenenti siringhe già eparinate e tappini per la chiusura ermetica
della siringa dopo il prelievo.
Il campione così ottenuto non dev’essere esposto all’aria ambiente, perché si
possono verificare delle alterazioni nei valori di ossiemia, e dev’essere
immediatamente posto in ghiaccio. È necessario eliminare con cura dalla siringa e
dall’ago l’eparina impiegata, poiché il ristagno potrebbe causare delle alterazioni
nei valori di pCO2 (false ipercapnie).
I valori emogasanalitici normali sono elencati nella tabella 1.
TABELLA 1
pO2
pH
pCO2
Saturazione
HCO3
Base excess
RANGE DI NORMALITA’ DEI PARAMETRI EMOGASANALITICI
> 80 mmHg (anche se è in relazione all’età del soggetto)
7,35-7,45
35-45 mmHg
> 93%
22-26 mmol/l
–2,0/2,0 mmol/l
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Il prelievo emogasanalitico viene analizzato mediante l’ausilio di
un’apparecchiatura, l’emogasometro, esponendo il campione di sangue a un
elettrodo di vetro, in condizioni anaerobiche. Nell’emogasometro viene inserita
una cartuccia contenente i reagenti.
Normalmente le misure di pH sono eseguite a 37 °C; gli emogasometri sono in
grado di calcolare anche i bicarbonati standard e il base excess, ovvero la
quantità di basi o acidi che deve essere fornita a un litro di sangue intero per
riportarne il pH a 7,4 e la pCO2 a 40 mmHg, a una temperatura di 37 °C; in vivo
rispecchia la componente metabolica non respiratoria responsabile delle
alterazioni del pH.
Frequentemente queste apparecchiature vengono sottoposte a calibrazione e
periodicamente a controllo di qualità. Alcuni modelli forniscono anche i valori di
ematocrito, elettroliti, glicemia e lattato.
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FOCUS CLINICI
PULSOSSIMETRIA PERIFERICA
La pulsossimetria periferica è una metodica non invasiva che consente di
registrare il valore di saturazione arteriosa, mediante un’apparecchiatura
(pulsossimetro o saturimetro) collegata al paziente tramite un terminale (probe)
(Fig. 1).
FIGURA 1
Pulsossimetro.
(Konica Minolta Pulsox 300i.
Per gentile concessione di
Air Liquide Sanità.)
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Il probe viene applicato al lobo di un orecchio o a un dito; in quest’ultimo
caso, il sensore in esso contenuto deve appoggiare direttamente sul letto
ungueale. È in grado di rilevare entro pochi secondi, quindi in tempo reale, la
saturazione di ossigeno. Ultimamente sono stati messi in commercio dei
saturimetri che fungono anche da capnografi (rilevatori di CO2), che
forniscono utili informazioni sui livelli di CO2 presenti nel sangue, con un
margine di imprecisione trascurabile rispetto al classico prelievo
emogasanalitico. I saturimetri attualmente disponibili possono essere dotati
di memoria per una registrazione prolungata dei valori, consentendo
l’effettuazione di esami quali la saturimetria notturna o il test del cammino.
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FOCUS CLINICI
VENTILOTERAPIA
La ventiloterapia è una tecnica impiegata per aumentare o sostituire la
ventilazione spontanea di un paziente, che presenta insufficienza respiratoria a
differente eziologia.
La ventilazione meccanica è istituita principalmente nell’insufficienza respiratoria
acuta e viene proseguita fino al recupero completo del danno polmonare o del
deficit di pompa che l’ha determinata. Meno comune è l’impiego della ventilazione
meccanica come trattamento finalizzato a un controllo di condizioni patologiche,
che cronicamente causano uno stabile innalzamento dei valori di anidride
carbonica (patologie neuromuscolari, affezioni della gabbia toracica, BPCO) e
quindi a rimuoverne gli eccessi dall’organismo. Essa è utilizzata in maniera
continua o intermittente, soprattutto durante il sonno.
La ventilazione meccanica viene erogata con apparecchiature speciali (ventilatori
polmonari), che applicano un flusso dall’esterno, quindi una pressione positiva
che entra nelle vie aeree.
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Tale ventilazione può essere erogata con due modalità:
• invasivamente: mediante tracheotomia percutanea e cannula tracheotomica di
materiale plastico, che facilita anche l’aspirazione delle secrezioni bronchiali;
• non invasivamente: attraverso apposite interfacce (maschere nasali o facciali),
che una volta fissate al volto del paziente con delle cinghiette in cotone,
permettono di collegarlo al ventilatore, che erogherà il flusso attraverso un circuito.
Tale modalità di ventilazione è effettuabile in pazienti privi di alterazione del
sensorio, coscienti e collaboranti.
I ventilatori possono essere di tre tipi:
1. ventilatori pressometrici (Fig. 2): erogano una pressione positiva nelle vie aeree
a ogni atto inspiratorio. Il livello di pressione da raggiungere è stabilito dal medico
e impostato sull’apparecchio e tale livello viene raggiunto a ogni atto respiratorio.
Questo tipo di ventilatore non garantisce però un volume costante per ogni atto
respiratorio e quindi il volume è variabile;
FIGURA 2
Ventilatore pressometrico-volumetrico.
(Elisèe 150. Per gentile concessione di Vivisol.)
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2. ventilatori volumetrici (Fig. 2): sono in grado di erogare a ogni atto respiratorio
un volume di aria garantito, poiché preimpostato dal medico. Quello che varia è il
livello di pressione positiva nelle vie aeree, necessario per raggiungere tale
volume;
3. ventilatori a pressione negativa (Fig. 3): il paziente viene inserito in
un’interfaccia che può circondare la gabbia toracica (corazza, poncho) o tutto il
corpo (polmone d’acciaio) e che applica una pressione negativa alla gabbia
toracica stessa, introducendo aria nei polmoni.
FIGURA 3
Ventilatore a pressione negativa.
(RTX. Per gentile concessione di Vivisol.)
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