A PAG 3 A PAG 4 INDAGINE Chi paga la casa? DEFUNTI Ricordare i propri cari ilnostro tempo € 0,80 DOMENICA 31 OTTOBRE 2004 - ANNO 9 - NUMERO 39 o n la i M di Il cliente tipo che acquista la sua prima abitazione ha poco più di 30 anni e nel 40% dei casi si avvale dell’aiuto finanziario dei genitori: un contributo che copre il 32% circa del costo. Nel mese di novembre la tradizione cristiana richiama la nostra attenzione sui defunti: si fanno celebrare messe di suffragio, si moltiplicano le visite al cimitero, si L’Editore si impegna a pagare le copie non recapitate riordinano le tombe. Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) ELEZIONI SETTIMANALE art. 1, comma 1, DCB Milano Martedì 2 novembre gli americani votano per la Casa Bianca. La sfida fra Bush e lo sfidante John F. Kerry è stata seguita con passione anche fuori dagli Stati Uniti Il mondo in palio sorte toccata due volte ad Adlai Stevenson, coltissimo rappresentante dell’establishment democratico rooseveltiano, due volte sconfitto da Eisenhower, e arrivato (la seconda volta) a immettere volutamente errori di grammatica nei suoi discorsi per sembrare meno colto. Il partito democratico ha come emblema un asino (i repubblicani hanno un elefante) per spiritosa volontà di un “suo” presidente, Andrew Jackson, eletto nel 1828, che du- rispettate da oltre duecento anni, che si fonda la più robusta delle democrazie, la quale proprio nel rispetto delle regole arriva a proporre l’impeachment, cioè la messa in stato d’accusa di un presidente. Una democrazia che non teme né gli scandali, né gli errori, né l’uso distorto dell’autorità politica, né i veri e propri fallimenti dei suoi leader: il libro di della Porta Raffo è ricco di episodi del genere a carico dei “signori della casa Bianca”, parecchi dei quali non fu- POLITICA Un minitest elettorale significativo anche in città Il 7 a 0 del centrosinistra un allarme per Berlusconi FUORI dai DENTI ANTONIO AIRÒ La Grande alleanza democratica ha fatto l’en plein mandando a Montecitorio sette deputati quanti erano i seggi in palio nelle elezioni suppletive. Ma politicamente ha consentito di misurare lo stato di salute della maggioranza e del governo all’indomani della prova di forza che la Casa delle Libertà aveva imposto con l’approvazione solitaria della riforma costituzionale e alla vigilia della Legge finanziaria per il 2005 con il taglio delle tasse, ripetutamente assicurato dal presidente del Consiglio. Di contro, il centrosinistra può esultare per il successo ottenuto, a pochi giorni dal ritorno a pieno titolo nell’arena politica italiano di Romano Prodi. Il risultato non è solo un brodino quanto mai tonificante, ma pone le premesse per un positivo risultato nelle regionali del E ora attaccano la giustizia V ALERIO Onida, presidente della Corte costituzionale, non ha fatto politica: ha ricordato con commozione l’eredità della casa comune, dell’inestimabile patrimonio costituzionale «che vive ormai arricchito da cinquant’anni di giurisprudenza della Corte» e ha altresì ammonito al rispetto delle regole, quelle scritte dal metodo costituzionale per le modifiprossimo anno e nelle poli- Lombardia, Liguria, Emi- che della Carta fondamentiche del 2006. lia, Toscana, Campania e tale della Repubblica e Il voto di domenica scor- Puglia. Sette i parlamenta- quelle non scritte, ma alsa riguardava poco meno di un milione di elettori diSEGUE A PAG. 11 SEGUE A PAG. 11 stribuiti in sei Regioni: VINCE L’ULIVO. PER IL POLO SONORA SCONFITTA INTERVISTA rante la campagna elettorale i suoi avversari avevano definito appunto «un somaro». Per la verità, Jackson fu un buon presidente. Come lo fu centovent’anni dopo Harry Truman, vicepresidente con F.D.Roosevelt (che morì pochi mesi dopo aver ricevuto il quarto mandato, lasciandogli la poltrona nella “stanza ovale” della Casa Bianca). Anche Truman non godeva di nessuna stima “culturale” («aveva seguito a fatica alcuni corsi serali della scuola di diritto di Kansas City»), ma inventò il Piano Marshall per la salvezza dell’Europa, dopo aver messo fine alla guerra nel Pacifico ordinando l’impiego delle due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, avviò la Nato e, in politica interna, «pose fine drasticamente alla segregazione razziale nell’esercito e nelle scuole e si guadagnò una magnifica rielezione», sebbene avesse contro tutti i sondaggi. Il confronto odierno fra Bush e Kerry ricalca sotto diversi aspetti quegli antichi clichés. Il presidente viene descritto come rozzo e poco perspicace, in confronto al raffinato senatore, sposo di una miliardaria, che lo sfida. Il primo è conservatore, “guerrafondaio”, impegnato come un cow boy contro il terrorismo; il secondo è un pacifista dopo essere stato un “eroe di guerra” in Vietnam. Il primo sembra a molti suoi concittadini più affidabile in momenti tempestosi come questo; il secondo ha dalla sua il favore di molti governi e della maggioranza delle opinioni pubbliche in Europa. Nella loro battaglia elettorale e nel voto del 2 novembre è tuttavia in palio il destino del mondo, non solo quello degli Stati Uniti. È augurabile che essi e i loro elettori se ne rendano conto. I due candidati alla presidenza degli Stati Uniti: George W. Bush e John F. Kerry (Olympia) REALTÀ Una generazione senza più guide Il sabotaggio del Parini e una scuola “finita” Parlamento come Falck. E oggi? Per il mondo cattolico si pone il grande problema del pre-politico, della formazione delle persone, non solo nel sociale e nel politico. Questo vuol dire riportare all’elaborazione di idee e di progetti. Con il crollo dell’ideologia, abbiamo buttato via anche gli ideali. Per cui è quasi 15 anni che siamo in piena sofferenza: da una parte è stata rivelata la tragedia del comunismo reale, però le idee di libertà e di giustizia sociale non sono certo tramontate. E d’altra parte i cattolici che avevano fatto da baluardo a quel mondo, gli sono andati del Campiello e il recentissimo pamphlet «La scuola raccontata al mio cane») si poteva anche pensare che esagerasse. Che si trattasse dello zelo deluso e dell’amarezza di una docente troppo innamorata della professione, che si è ritrovata in una scuola ridotta «a un’enorme e infinita petraia», dove sono scomparsi lo studio, i contenuti, la lettura, l’impegno nell’apprendere e nel conoscere. Adesso sappiamo che tutto è vero. Sappiamo che i cinque minorenni, usciti dalle loro case, che non sono quelle delle periferie disagiate, dell’emarginazione che alimenta la violenza, ma sono i simboli di un rispettabile benessere, di uno status sociale che fa bella figura, non volevano evitare un compito di greco, da cui rischiavano di portare a casa una nuova, grave insufficienza. Ce l’ha spiegato sempre la Mastrocola nel suo sapido libretto che nasconde lacrime di dolore e di rabbia dietro l’ironia: «Succede sovente che un allievo possa impunemente non studiare mai, dico mai, una materia, per tutti i cinque anni di liceo». E racconta che fra Recupero, Debiti «colmati e non colmati», Percorsi, Obiettivi, la bocciatura è diventata quasi impossibile. Anche per chi prende «uno meno meno» nei compiti in classe, come è accaduto a due studenti del commando che ha sigillato gli scarichi, incollato le porte e aperto i rubinetti del liceo milanese con scientifica precisione. Non c’è allora bisogno di scomodare Freud per capire che la giustificazione addotta dai cinque al proprio gesto vandalico è un alibi. «Non siamo dei teppisti, siamo normali. Non ci siamo resi conto delle conseguenze», ha detto Anna. È proprio questa “normalità” a fare da spia a uno sfaldamento individuale e collettivo che inizia nel contesto so- SEGUE A PAG. 11 SEGUE A PAG. 11 MARIAPIA BONANATE F INIRÀ che dovremo ringraziarli, i cinque ragazzi che hanno allagato il Parini, il “liceo bene” di Milano. Dovremo ringraziarli per averci fatto capire dalla parte dei suoi principali protagonisti, attraverso la base, in che voragine è sprofondata la scuola. Perchè l’atto vandalico che hanno compiuto, mezzo milione di euro di danni, materiale didattico e banchi distrutti, soffitti che crollano, va ben oltre l’idiozia («Sono stata un’idiota, non una criminale», ha detto Anna, una dei cinque) di un gesto rivolto ad evitare un compito in classe. Va diretto a dirci che il Parini, microcosmo insospettabile di un sistema scolastico allo sfacelo, era già distrutto prima di subire l’alluvione che ha reso inagibili venti aule su Il simbolo di un sistema scolastico allo sfacelo trentacinque. Distrutto dall’indifferenza, ma sempre più spesso dal disprezzo e dal rifiuto con i quali gli studenti praticano lo studio, distrutto da un insegnamento che non trasmette più nulla e tanto meno coinvolge, distrutto dall’abisso di incomunicabilità e di fine dialogo fra insegnati e allievi, fra genitori e figli in età scolare. Fin che queste cose le diceva una professoressa come Paola Mastrocola nei suoi belli, ma inquietanti libri (ultimi «La barca nel bosco», vincitore Parla Marco Garzonio, confermato alla presidenza della Fondazione Ambrosianeum Milano torni a volare alto Basterà il voto a salvare l’Iraq? L MASSACRO di una cinquantina di reclute disarmate del ricostituendo esercito iracheno da parte del terroristi del gruppo di Al Zarkawi ha offerto al mondo sbigottito un’altra prova della estrema crudeltà in cui quella guerra ha fatto precipitare un Paese che fino a un anno fa era immune, pur essendo governato da un tiranno che sapeva essere a sua volta spietato con i suoi avversari, dall’estremismo religioso musulmano (una delle componenti della feroce guerriglia in atto). Ciò che colpisce è che l’offensiva dei terroristi è molto meno rivolta alle forze militari straniere presenti sul territorio iracheno, e molto di più ai cittadini di quel Paese: ogni giorno un’autobomba uccide dei civili, anche bambini davanti alla loro scuola. Ciò significa essenzialmente che i terroristi non vogliono la ricostituzione di uno Stato, con la sua autorità, le sue leggi, i suoi organismi di sicurezza e di tutela dei diritti civili. Non vogliono, in particolare, che si svolgano regolarmente le elezioni previste per il prossimo mese di gennaio, attese con ansia soprattutto in Occidente, dove si spera che possano fornire la prova che l’Iraq si sta avviando verso una accettabile normalità. È il nichilismo allo stato puro, quello che i terroristi sembrano desiderare. Ma potrebbe anche uscirne infine uno Stato teocratico fondamentalista, che li spazzerebbe via in un amen, insieme alla libertà di tutti i cittadini. LANALISIL GIANFRANCO GARANCINI PANE al PANE I rono certo dei “signori” inappuntabili. Lo è l’attuale presidente George W. Bush? A sentire i maggiori quotidiani americani e la maggioranza delle star della canzone, della letteratura, del cinema, si direbbe di no. Ma questo tipo di musica è antico, e non troppo affidabile: Troppe volte i favoriti da questo genere di vip hanno perso le elezioni, a vantaggio di personaggi meno culturalmente qualificati, ma più vicini alla mentalità popolare. È la (a rotazione) tutti i 435 membri della Camera dei rappresentanti, molti governatori di Stato, giudici, sceriffi e così via? E tutto questo per la metà appena dei cittadini statunitensi che mediamente si iscrivono alle liste elettorali per poter esprimere il proprio voto? A tutte queste domande la risposta obbligata è «no». No, non è troppo perché è su regole come queste, rigide e rigidamente BEPPE DEL COLLE Non saranno un po’ tanto lunghe, queste campagne elettorali degli Stati Uniti? Si comincia a gennaio-febbraio, con le primarie “storiche” del New Hampshire, e si finisce «il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre». La ragione di questa regola temporale fissata una volta per tutte come legge federale nel 1792 (presidente era allora, da tre anni, George Washington, il primo di una serie che comprende quarantadue nomi, fino all’attuale inquilino della Casa Bianca, George Walker Bush) la spiega Mauro della Porta Raffo nel libro appena uscito per i tipi delle Edizioni Ares «I Signori della Casa Bianca» (pp. 255, euro 12): «Il secondo giorno della settimana è stato prescelto (e si pensi alla società fortemente rurale dell’epoca) perché, essendo la domenica riservata al Signore, il lunedì poteva essere utilizzato per il trasferimento nelle località dove si trovavano i seggi, aperti, quindi, appunto di martedì». Dunque, tornando alla domanda iniziale, non è che le campagne elettorali statunitensi sono un po’ troppo lunghe, rispetto alla ben diversa scansione dei tempi della vita moderna e alla molto più estesa diffusione dei mezzi di comunicazione? Non finiscono per essere incomprensibili, agli occhi dei nostri contemporanei, questi sempre più frenetici, interminabili e quasi sempre tutti uguali confronti fra gli aspiranti candidati, nelle elezioni primarie o nei caucus indetti da ciascun partito più o meno in tutti i cinquanta Stati dell’Unione per decidere, appunto, le candidature a tutte le cariche in lizza, cioè la presidenza, la vicepresidenza, un terzo dei senatori PINO NARDI I N QUESTO momento la città è distratta, il Paese è travolto da altre sollecitazioni. Bisogna avere l’umiltà, la costanza, il coraggio di non perdersi d’animo, di non arrendersi al pragmatismo o alla resa. Ma costruire progetti sulle questioni concrete come il lavoro e la casa». Lo sostiene Marco Garzonio, appena riconfermato alla presidenza dell’Ambrosianeum. Una Fondazione che si propone un progetto ambizioso: tornare ad essere fucina di una nuova classe dirigente. Per Milano e per l’Italia. Come la sua storia racconta, un laboratorio di idee, di intelligenze, di quel pre-politico a cui ridare nuova linfa. La strategia è puntare su un laicato cattolico che attinge alle radici, per proiettarsi ad affrontare le sfide che a Milano si propongono sempre prima rispetto al Paese. L’obiettivo: una metropoli che riscopre il valore vero della politica, per tornare a volare alto. Scaricando la zavorra delle macerie di Tangentopoli, che ancora oggi pesano sulla città. Garzonio, formare laici maturi che diventino classe dirigente nella città e nel Paese è stato il contributo storico dell’Ambrosianeum… L’Ambrosianeum nasce proprio con l’ambizione di formare laici maturi, per- Marco Garzonio, presidente della Fondazione Ambrosianeum ché viene fondato nel periodo della ricostruzione morale e civile del Paese e di Milano in particolare. All’indomani della Liberazione nasce per opera di Enrico Falck, del cardinal Schuster e di Giuseppe Lazzati, tre persone che in modo diverso hanno un ruolo preciso in questa formazione. Lazzati è appena tornato dai campi di concentramento in Germania e ha già fondato tutto sul laicato: proprio nel 1946 pubblicherà il famoso volumetto «I fondamenti di ogni ricostruzione». A casa di Enrico Falck nel 1943, ancora prima degli sviluppi che avrebbe avuto la guerra, viene fondata la Democrazia cristiana. E Schuster è colui il quale ha ottenuto che non fossero distrutti gli impianti e le strade. In quegli anni l’Ambrosianeum nasce, insieme alla Caritas, con l’ambizione di formare i laici. E la classe dirigente di allora si forma su questi principi di partecipazione dei cattolici. Non a caso sono le stesse persone che poi partecipano alla Costituente come Lazzati o in 7 GIORNI IN BREVE Milano. La procura di Milano chiede la condanna di quattro tunisini accusati di essere fiancheggiatori di una presunta cellula di militanti islamici attiva fra Milano e Varese. I quattro tunisini sono imputati di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Teheran. «Dialogo e negoziati sono l’unica via per risolvere il confronto tra Iran e Occidente sul nucleare», lo dichiara ai giornalisti il presidente iraniano Mohammad Khatami. I funzionari iraniani hanno ribadito che sono aperti al dialogo ma che non abbandoneranno il processo di arricchimento dato dall’uranio. MERCOLEDÌ 20 GIOVEDÌ 21 Roma. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. (nella foto) esorta a ridurre i prezzi per stimolare la ripresa dei consumi da parte delle famiglie e ha anche aggiunto che «la prudenza nel consumo è dovuta all’incertezza sul futuro». Tokio. Il Giappone è colpito dal tifone più disastroso da oltre dieci anni a questa parte. La calamità naturale è all’origine delle inondazioni e delle frane che hanno causato almeno 55 morti e 33 dispersi. Roma. Un ispettore della Squadra mobile uccide nella notte un presunto trafficante di droga albanese che stava fuggendo da una villa. Ai magistrati il poliziotto, che ora è indagato per omicidio colposo, poichè l’albanese era disarmato, ha detto che dopo il primo colpo sparato in aria, l’uomo si sarebbe girato verso di lui, portando la mano alla cintola. Mosca. La Duma, Camera bassa del parlamento russo, ratifica il Protocollo di Kyoto, aprendo la strada ad un’applicazione a livello planetario dell’accordo che prevede azioni di intervento per limitare gli effetti dell’inquinamento. VENERDÌ 22 SABATO 23 Palermo. L’assemblea della Regione Sicilia decide di sciogliere il vincolo paesaggistico nelle isole Eolie per permettere la costruzione di alcuni alberghi. La decisione della giunta del presidente Cuffaro (nella foto) potrebbe convincere l’Unesco a cancellare le isole dalla lista dei siti patrimonio dell’Umanità. Ojiya. Un terremoto di magnitudo 6,8 colpisce una zona del Giappone a 250 chilometri a nord di Tokio e provoca la morte di una ventina di persone. Milano. Il commissario europeo uscente alla Concorrenza, Mario Monti, sostiene che le nazioni della Ue che non vorranno ratificare la nuova Costituzione europea, che verrà firmata venerdì prossimo a Roma, dovranno uscire dall’Unione europea, per non condannarla alla paralisi. Baquba. I ribelli iracheni uccidono 49 reclute dell’esercito iracheno nel più sanguinoso attacco contro le nascenti forze di sicurezza del Paese. La polizia dichiara che i guerriglieri travestiti da poliziotti hanno inscenato un posto di blocco e fermato gli autobus: le reclute sono state fatte scendere e uccise. DOMENICA 24 LUNEDÌ 25 Milano. I giudici del processo Sme in cui è imputato per corruzione il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dichiarano chiuso il dibattimento al termine dell’udienza di oggi, e rinviano il processo al 12 novembre per la requisitoria della pubblica accusa. Gerusalemme. L’esercito israeliano uccide 14 palestinesi in un raid a Gaza, mentre Ariel Sharon (nella foto) si prepara per un voto chiave del Parlamento sul suo piano di ritiro dai territori occupati. Gerusalemme. Il Parlamento israeliano ha approvotato ieri la fine della presenza israeliana nella Striscia di Gaza, il territorio palestinese occupato 37 anni fa. Il voto, fortemente voluto dal premier Sharon che ha “licenziato” due ministri del suo governo contrari al piano, ha spaccato Israele. Roma. Un emendamento per tagliare i tempi della prescrizione: l’ha presentato alla Camera Enzo Fragalà (An). L’opposizione l’ha chiamato “salva-Previti”, ma anche la maggioranza è divisa: sarebbero a rischio i processi di Mafia. MARTEDÌ 26 Domenica 31 Ottobre 2004 n. 39 LE NOSTRE RUBRICHE il nostro tempo LETTERE al DIRETTORE SEGUE DALLA PRIMA Il 7 a 0 del centrosinistra... ri da eleggere. Sei, tra i quali Bossi e D’Alema, avevano optato per il Parlamento di Strasburgo, lasciando quindi il seggio di Montecitorio. Il settimo, in Liguria, sostituiva un deputato defunto. Alle politiche del 2001 l’Ulivo aveva vinto in quattro collegi (due in Toscana, uno in Emilia e uno, quello del leader diessino, a Gallipoli). Il risultato elettorale ha confermato, senza troppa fatica, il consenso di tre anni fa. Tre seggi, invece, erano andati alla Casa delle Libertà. E tra questi figurava il collegio di Milano, dove si era imposto agevolmente il leader della Lega e dove, per il voto di domenica scorsa, gli uomini del Carroccio avevano “imposto”, in una sorta di continuità politica, il medico curante di Bossi. Quella di Milano è stata indubbiamente la sfida più significativa del minitest. L’Ulivo aveva contrapposto al candidato del centrodestra il prof. Roberto Zaccaria, costituzionalista, già presidente della Rai. La partita non si presentava facile per il centrosinistra. A giugno le elezioni per la Provincia avevano registrato nel collegio milanese una perdita di consensi per la candidata della Casa delle Libertà, Ombretta Colli, ma quest’ultima aveva comunque ottenuto la maggioranza dei voti espressi. Domenica scorsa, nonostante il sostegno esplicito di Berlusconi e nonostante le critiche rivolte a Zaccaria per il suo non essere residente nel collegio, il centrosinistra si è imposto. Per il leader di Forza Italia e anche per la stessa Lega, che ha perso in una sua roccaforte, il risultato è un significativo campanello d’allarme. Il successo di Sergio D’Antoni, candidato nel centrosinistra nel collegio di Napoli-Ischia, dove nel 2001 era stata eletta Alessandra Mussolini, non solo porta in Parlamento un sindacalista e più recentemente un politico di lunga esperienza, ma conferma un dato di fondo: la divisione dei partiti e la presentazione di candidati diversi, anche se appartenenti alla stessa coalizione, non pagano. Il centrosinistra lo ha capito e i risultati non sono mancati con l’en-plein in tutti e sette i collegi. Il centrodestra, dopo la defezione della Mussolini e la decisione del suo movimento di presentare un proprio candidato, ha indubbiamente penalizzato la Casa delle Libertà. Singolare infine il confronto nel collegio di Genova Nervi, vinto tre anni fa dal centrodestra. A contendersi il seggio due imprenditori: Stefano Zara, già presidente dell’Unione industriale con i colori dell’Ulivo e con il sostegno più o meno convinto di Rifondazione, e Roberto Suriani, imprenditori nel campo della sanità, vicino all’Udc, per la Casa delle Libertà. Due candidati decisi a “pescare” soprattutto tra l’elettorato centrista e moderato. Il successo di Zara sembra indicare che gran parte del mondo economico e produttivo di Genova non si ritrova nel progetto e nelle idee di Berlusconi e preferisce affidarsi al riformismo dell’Ulivo. Il successo pieno del centrosinistra, in un test che comunque ha assunto significato politico, non deve essere né enfatizzato, né sottovalutato. La grande maggioranza del centrodestra è stata indubbiamente intaccata, ma resta solida. Quasi certamente la Casa delle Libertà addosserà alla minore affluenza degli elettori (complessivamente poco più del 40 per cento) la dura sconfitta subita. Ma sarebbe sbagliato usare questo argomento. Chi diserta le urne non è classificabile né a destra né a sinistra. Antonio Airò Sull’”affare Buttiglione” sono giunte in redazione numerose lettere. In questa pagina ne pubblichiamo una, rimandando le altre alla prossima settimana. C ARO direttore, ho letto il giornale (domenica 24 ottobre) con il suo commento sull’ «affare Buttiglione» e sulle critiche di Bondi al vescovo Tettamanzi. Ebbene, da credente, io penso sia un errore ritenere le due questioni come facce della stessa medaglia. Da un lato, infatti, c’è la (inevitabile) contestazione non ad un cattolico qualunque ma ad un credente vicino all’ala integralista del cattolicesimo italiano, un politico che ha spesso fatto del confessionalismo (invece che della laicità) la sua stella polare e che ora si presenta, e viene presentato, come una specie Moralismo cattolico e Buttiglione di novello martire della fede. Una cosa è stare nella compagnia degli uomini senza nascondere le proprie convinzioni, ed anzi alla ricerca di possibili convergenze strategiche, un’altra è lavorare (come lui ha sempre fatto) per imporle (con tanto di obblighi e proibizioni legislative) a chi la pensa diversamente, senza curarsi minimamente delle sue ragioni. Se anche Buttiglione adesso promette di fare le debite distinzioni, chi volete che gli creda? Io, no di certo. Dall’altro lato, invece, c’è la feroce critica di un uomo di destra ad un cattolicesimo che tenta evangelicamente, sia pure con mil- SEGUE DALLA PRIMA SEGUE DALLA PRIMA Analisi: e ora attaccano la giustizia trettanto obbliganti fra gentiluomini, del rispetto delle convenzioni parlamentari di fronte all’impegno così solenne e storico di por mano a “riforme” che dovrebbero durare e non essere merce deperibile e di “scambio”. Parole chiare e sobrie, queste, come si addice all’altezza della carica e al compito di garanzia della Corte di palazzo della Consulta; parole che, in un momento cruciale in cui si sta ponendo mano alla “riforma” di più parti della Costituzione in un clima di scontro “muro-a-muro”, dovrebbero far riflettere, sul merito e altresì sul metodo seguito e da seguire. E invece le reazioni stizzite non si sono fatte attendere: da una parte quelle di chi ha ammonito a lasciar fare, senza invadere il campo del legislatore (ma in ballo ci sono anche i poteri e le libertà del Parlamento); dall’altra il radicale Capezzone, confondendo il ruolo di garanzia della Corte costituzionale con l’esercizio del potere giudiziario, ha invocato la separazione, appunto, dei poteri dello Stato: a volte il troppo zelo tradisce, e, addirittura, svela le vere radici dei comportamenti. Infatti le parole di Valerio Onida (pronunciate davanti al Capo dello Stato, altro polo di garanzia in una costituzione moderna e democratica) hanno colto uno dei nodi più importanti della “riforma” costituzionale in corso: quello dello svuotamento progressivo delle istituzioni di garanzia nonché delle funzioni di richiamo e rispetto dell’unità dell’ordinamento: la Presidenza della repubblica, appunto, e la Corte costituzionale. Il Presidente della Repubblica sembra essere destinato, nella “riforma” incombente a un ruolo di rappresentanza e di conferma (niente più) delle decisioni del governo e particolarmente del suo capo. La Corte costituzionale, in forza alle modificazioni introdotte nelle modalità della sua composizione, rischia di diventare essa stessa un campo di conflitti politici e altresì, come lo stesso Onida ha paventato, «una terza Camera» (con questo volendo dire che l’eccessiva politicizzazione della composizione e la sottrazione alla Corte di prerogative anche formali di autonomia e imparzialità la getterebbe inevitabilmente nella lizza dei conflitti e nel campo delle parti). Ora la Corte è composta di 15 giudici, 5 nominati dal Capo dello Stato, 5 dal Parlamento in seduta comune e 5 dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative. La proposta di “riforma” prevedrebbe 7 giudici di nomina parla- le contraddizioni, di fare una scelta preferenziale per i poveri, e che si ritrova (orrore!), in compagnia di quella parte di società italiana che si propone anch’essa di stare dalla stessa parte della “barricata”. In Italia cosa c’è di più fastidioso, oggi come ieri, di una Chiesa che parla e lavora per la giustizia sociale, per l’accoglienza degli emigrati, per l’abbattimento del debito ai Paesi del Sud del mondo, per la pace e il disarmo, con il pericolo che la sua azione si saldi con le sacrosante lotte portate avanti da altri pezzi di società e di politica? Meglio un generico pseudomoralismo cattolico a cui concedere tutt’al più il piatto di lenticchie del caso (matrimonio indissolubile, difesa dell’embrione, scuola cattolica e ora di religione, ecc.) ma che sia compatibile con le supreme leggi del mercato statale e mondiale. Roberto Cerchio None (To) mentare (4 dal c.d. Senato federale e tre dalla Camera), 4 di nomina del Capo dello Stato e 4 di nomina delle magistrature superiori. Se si pensa che quei numeri e quelle ponderazioni erano state, per altro, pensate per un sistema parlamentare ad elezione proporzionale e per un Capo dello Stato eletto necessariamente a larga maggioranza politica, mentre ora in un parlamento eletto con il sistema maggioritario anche il Presidente della Repubblica sarà figlio della maggioranza (o di un “colpo di maggioranza”), si capisce bene che cosa sia in gioco: la costituzione anche della Corte costituzionale con una composizione necessariamente fedele al governo e al suo capo, sottratta a quel ruolo fondamentale di garanzia, di “guardiana” della Costituzione e dei suoi principi e valori fondamentali, che le spetta per ragioni storiche e altresì per ormai consolidata tradizione democratica. E non per niente, crediamo, questi ammonimenti sono stati espressi alla presenza del Capo dello Stato, altra istituzione di garanzia in via di ridimensionamento. Insomma, l’obiettivo è di aver sempre meno controlli e contrappesi. Ed è indicativo l’accostamento operato nel pieno della polemica tra Corte costituzionale e Magistratura: accostamento indebito, naturalmente (basterebbe ricordare la composizione della Corte), ma rivelatore di un’insofferenza di regole, che si è tornata a scatenare in questi giorni con l’ennesima tornata della “riforma” dell’ordinamento giudiziario. “Riforma” che riguarda assai di più i magistrati che l’ordinamento, che si esprime in attacchi pesanti anche sul piano personale e in qualche misura intimidatori, quale la proposta di introdurre un esame psicoattitudinale per chi volesse entrare in Magistratura, dopo aver superato l’esame previsto dalla Costituzione. Esame psico-attitudinale che, se va ad incidere su questioni e dati cosiddetti sensibili, è da più di trent’anni vietato dallo Statuto dei lavoratori, e che comunque (ancora una volta) metterebbe i giudici alla mercé o quanto meno al vaglio dell’amministrazione, del governo. È questa devastante paura delle regole e dei controlli che impensierisce: la “riforma” costituzionale in atto, quella vera, che incide sull’ordinamento e non solo sui nomi e sulle ripartizioni di parata, ha questa cifra comune del rifiuto delle regole e altresì dello svuotamento delle istituzioni di garanzia. Ed è quel che fa pensare. Gianfranco Garancini Il sabotaggio del Parini e una... ciale e familiare e finisce nei bagni di una scuola frequentata dai figli di imprenditori, professionisti e dirigenti. Inizia nella finzione in cui i bambini divengono adolescenti nelle tante ore dell’insegnamento invasivo dei falsi maestri che salgono sulle cattedre televisive, per cui diventa sempre più difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, ciò che è bene da ciò che è male. Capire quali sono i costi della realtà, quella di tutti i giorni, fatta di sacrifici, di progetti, di impegni. Inizia nel rapporto sempre più rarefatto con genitori occupati altrove, troppo protettivi per far tacere i propri sensi di colpa, pronti a giustificare disimpegno e superficialità, peccati veniali e mortali, per non doversi impegnare in un progetto comune di vita e mettersi in gioco in prima persona. Inizia nei modelli di comportamento e nei falsi miti di una società dove soltanto i furbi, i lestofanti, i prevaricatori, i raccomandati, hanno la possibilità di emergere, di diventare qualcuno con l’approvazione e il plauso generale. «È stata una bravata fatta in modo irresponsabile di cui siamo tutti complici. Troppi reality show in tv, dove se fai porcherie non paghi mai», ha commentato il prof. Aldo Scarpis, l’insegnante di greco, quello dell’«uno meno meno». Troppe menzogne che piovono da tutte le parti e hanno finito con lo svuotare anche la scuola come luogo di trasmissione di una cultura che arricchisce la mente, abilita in umanità. Ne hanno fatto un parcheggio di ragazzi soli con sé stessi e con i propri smarrimenti, che cercano nel “gruppo” vestiti uguali, stesso linguaggio, medesime abitudini e telefonini, un’identificazione rassicurante, dove si può decidere un sabato sera di fare un sabotaggio alla propria scuola per evitare un compito in classe. «Siamo un gruppo molto unito. Quattro di noi assieme dalle medie. Ci vediamo al pomeriggio a casa dell’uno o dell’altro, andiamo a Brera, al cinema, facciamo dei giri», ha spiegato sempre Anna fra le lacrime. Adesso il “gruppo” si è spezzato fra l’indignazione e lo stupore degli spettatori, a cominciare da quello di genitori che forse per la prima volta hanno guardato negli occhi i figli. Dalle sue macerie è uscita una verità che toglie il sonno. E non solo ai genitori. Mariapia Bonanate 11 SEGUE DALLA PRIMA Marco Garzonio: Milano torni a volare alto dietro nel crollo. Ora devono ritornare alle radici: non solo alla dottrina sociale intesa come etica e morale, ma ancora più alla base, ai fondamenti evangelici. In questa sinergia entra il ruolo dell’Ambrosianeum, che sta svolgendo con impegno da qualche anno. Ci stiamo rendendo conto che questo è ciò che spetta ai laici cattolici. Quest’anno dedicherete una serie di iniziative su cattolici e Resistenza tornando alle radici della democrazia italiana. È un segnale preciso di fronte alla riforma massiccia che stravolge la Costituzione? Assolutamente sì. Perché non dimentichiamoci che i fondamenti della Costituzione sono nella lotta di Liberazione. Lì si è visto che le riforme le si fa tutti insieme, guardando avanti, agli ideali non solo agli interessi. Andiamo a celebrare questi 60 anni non con atteggiamenti da reduci o da rimpianto del passato, ma traendo da lì la forza morale per ribadire i valori fondamentali. Nessuno nega la possibilità di aggiornamento. Ma ci sono valori che sono intoccabili. E soprattutto è il metodo che diventa qualificante. Lo diceva nei giorni scorsi il presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida: stiamo attenti a non stravolgere la Carta, altrimenti scassiamo tutto. Da 15 anni l’Ambrosianeum pubblica il Rapporto sulla città. Come vede Milano oggi e quali possono essere le vie di rilancio della metropoli? Lo vedo proprio alla maniera in cui lo vide nel 1945-46 il sindaco Greppi. Milano ha una caratteristica fondamentale: anche nei periodi peggiori riesce sempre a venire fuori, a ricostruire nel senso pieno del termine, che non è solo rifare i palazzi, le case e le fabbriche. Significa ritrovare le fila del senso dello stare assieme, del trovare le occasioni per partecipare, per divertirsi, per aggregarsi. In questo momento la città è distratta. Le macerie sono ancora per strada, sono quelle di Tangentopoli. Recentemente in un fondo del «Corriere» sosteneva che è arrivato il momento di sdoganare i partiti… Infatti, basta con la storia che i partiti sono una cosa sporca, perché hanno preso le tangenti e quindi dobbiamo rassegnarci a una politica diretta con la Tv. Ma fra il popolo, fra la gente comune che si sente esclusa, che sente di non contare nulla, e gli or- L’Ambrosianeum punta a formare la nuova classe dirigente della città gani decisionali comunali, provinciali, regionali, nazionali, vanno ritrovate le occasioni per compiere queste mediazioni, perché altrimenti trovano altre strade. Come gli interessi di categoria (tranvieri), rivendicazioni di quartiere, di interessi particolari. Mentre la politica è la sintesi di diversi interessi in vista del bene comune. Milano è distratta: dopo Tangentopoli, le esperienze di amministrazione prima leghista e poi l’attuale dove il sindaco Albertini ha sostenuto di essere un amministratore di condominio, con la mentalità di chi deve gestire l’ordinario. Milano non può più limitarsi a questo, perché se gestisce l’ordinario le cose vanno avanti lo stesso, ma separatamente. Per cui si costruisce la nuova Fiera, Bicocca e Rogoredo vengono trasformate. Tutte iniziative che in sé non hanno nulla di disdicevole, però il problema è di avere un disegno, un progetto, una rete che assicuri che tutto ciò non comporti lo snaturamento della città. Una metropoli in questi ultimi mesi in profonda trasformazione… Sì, basta vedere la casa, diventata un bene di investimento, perché non va più il mercato azionario. Questo significa che dopo un centro invaso da banche, uffici e negozi, ora siamo all’espulsione delle classi medie anche dall’immediata vicinanza del centro. Chi può pagare certi affitti, chi può comprare case con prezzi altissimi? Ci vuole allora un governo della città che sappia affrontare, prevenire, canalizzare le energie e fare in modo che si trovino le sinergie tra le diverse forze. Milano e il lavoro. Un binomio da rilanciare… Infatti all’Ambrosianeum LPIMEL 4 novembre, ricordando Annalena I L CENTRO missionario Pime e le Edizioni San Paolo organizzano per giovedì 4 novembre alle 21 in via Mosè Bianchi 94 una serata in ricordo di Annalena Tonelli a un anno dalla morte. Sarà presentato il libro a lei dedicato dal titolo «Io sono nessuno» di Miela Fagiolo D’Attilia e Roberto I. Zanini (221 pagine, 14 euro). Oltre agli autori parteciperanno all’iniziativa monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio (Somalia) e Anna Pozzi, redattrice di «Mondo e missione», autrice di un reportage su Annalena. Modererà la serata Gerolamo Fazzini, condirettore di «Mondo e missione». riprendiamo a parlare di lavoro. Oggi se parla solo come co.co.co, quindi come disperazione, incertezza e precarietà. Presi dall’affanno, non si parla più del significato del lavoro per l’uomo. Se si recupera questo, si riesce a lanciare battaglie culturali, sociali e sindacali per riportare al centro il lavoro. Tra l’altro la Fondazione realizza il Rapporto sul non-profit. Che ruolo ha a Milano? Quale contributo può portare al rilancio della città? Ormai è una forza enorme. Tutti lo sappiamo. Anche in questo ambito il problema è fare un salto in avanti. Non-profit non è più solo il volontariato e la generosità. Ha bisogno di regole, perché sia a vantaggio di tutti. Ma deve essere professionale. Questo ultimo aspetto è uno tra gli obiettivi che intendiamo portare avanti. Attenzione all’Europa. È un volare alto al di là dei confini della città e del Paese in una logica più grande… Si è visto con la mostra «Ambrogio e Agostino», le sorgenti dell’Europa. Ci siamo un po’ incartati con il dibattito sulle radici cristiane. Siamo ormai abituati a procedere per segmenti. Simbolicamente da quella mostra emergeva come il problema dell’Europa oggi è di idee. Certo che i nazionalismi ci sono ancora, che gli interessi delle lobby non possiamo non vederli. Ma la vicenda delle guerre, dell’alimentazione, dell’ambiente dimostra che o c’è un’Europa forte e coesa, che ha ideali e allora conta, in un mondo che vede la presenza di potenze come Usa e Cina. O diversamente amministra solo l’esistente. Invece vanno rilanciati i dibattiti, le idee, la cultura, il teatro, il cinema, i giornali, i libri. Pino Nardi ilnostro tempo di no la Mi Direttore responsabile Giuseppe DEL COLLE Vicedirettore Claudio MAZZA DIREZIONE, REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE Via Antonio da Recanate 1 - 20124 Milano Tel. 02.67.13.16.51 - Fax 02.66.98.39.61 E-mail: [email protected] Una copia € 0,80 - Arretrati € 1,60 EDITORE I.T.L. Spa - Via Antonio da Recanate 1 - 20124 Milano Presidente: Luigi Testore - Amministratore Delegato: Piero E. Grill STAMPA Diffusioni Grafiche Spa - Villanova Monferrato - Tel. 0142.3381 Iscrizione al n. 4867 del 21.12.1995 del Registro del Tribunale di Torino PUBBLICITÀ Imagina s.a.s., corso di Porta Romana 128 - 20122 Milano Tel. 02.58.32.05.09 - Fax 02.58.31.98.24 - E-mail: [email protected] TARIFFE (valide in Italia) prezzo al modulo (mm 40 X 37): commerciali € 25,82 (1a pagina € 51,65); occasionali € 30,99 finanziari-legali-concorsi € 1,55 al mm Necrologie € 30,99 al modulo. 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