MANUALE DELL’UDIENZA DISCIPLINARE Anno 7 - Numero 52 - Aprile 1992 - Mensile - Sped. Abb. Post. gr. III 70% MANUALE DELL’UDIENZA DISCIPLINARE Legislazione e massime della sezione disciplinare aggiornate al dicembre 1990 C.S.M. 52 QUADERNI DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Anno 1992, Numero 52 Pubblicazione interna per l’Ordine Giudiziario a cura dall’ufficio Studi e Documentazione Finito di stampare nel mese di aprile 1992 presso la International Publishing Enterprises S.r.l. INDICE Costituzione della Repubblica Italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Legislazione Disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 Massimario delle Decisioni della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura - Sommario - . . . . . 75 5 Costituzione della Repubblica Italiana PRINCIPI FONDAMENTALI 1. – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. 2. – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. 3. – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 4. – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. 7 5. – La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. 6. – La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. 7. – Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. 8. – Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. 9. – La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. 10. – L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalle legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici. 11. – L’italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle 8 controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. 12. – La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. PARTE I DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI TITOLO I Rapporti civili 13. – La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, nè qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazioni preventiva. 14. – Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali. 15. – La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni 9 altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. 16. – Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilsce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge. 17. – I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica. 18. – I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. 19. – Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume. 20. – Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, nè di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. 21. – Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. 10 Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. 22. – Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome. 23. – Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. 24. – Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari. 25. – Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti della legge. 26. – L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto 11 ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici. 27. – La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. 28. – I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. TITOLO II Rapporti etico-sociali 29. – La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare. 30. – E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità. 31. – La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti 12 relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. 32. – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. 33. – L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. 34. – La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. TITOLO III Rapporti economici 13 13 35. – La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabilti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero. 36. – Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. 37. – La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavori, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. 38. – Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera. 39. – L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E’ condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati 14 14 sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartamenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. 40. – Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano. 41. – L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. 42. – La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità. 43. – A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse geneale. 44. – Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità 15 15 produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane. 45. – La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato. 46. – Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. 47. – La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. TITOLO IV Rapporti politici 48. – Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. 49. – Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. 16 50. – Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. 51. – Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro. 52. – La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, nè l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. 53. – Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. 54. – Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Cotituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. 17 PARTE II ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA TITOLO I Il Parlamento SEZIONE I Le Camere 55. – Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione. 56. (1). – La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentotrenta e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. 57. (2). – Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno. La ripartizione dei seggi tra le Regioni, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. 58. - I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno supearto il venticinquesimo anno di età. (1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 9 febbraio 1963, n. 2. (2) così sostituito dall’art. 2 l. cost. 9 febbraio 1963, n. 2 e dall’art. 2 l. cost. 27 dicembre 1963, n. 3. 18 Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno. 59. – E’ senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altrissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. 60. (1). – La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra. 61. – Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Finchè non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti. 62. – Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre. Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti. Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata di diritto anche l’altra. 63. – Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza. Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati. 64. – Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta. (1) così sostituito dall’art. 3 l. cost. 9 febbraio 1963, n. 2. 19 Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono. 65. – La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore. Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere. 66. – Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibiltà e di incompatibilità. 67. – Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. 68. – I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; nè può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura. Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile. 69. – I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge. 20 SEZIONE II La formazione delle leggi. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. 71. – L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciasucn membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali si aconferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. 72. – Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza. Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. 73. – Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. 21 Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. 74. – Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata. 75. – E’ indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum. 76. – L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. 77. – Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. 22 78. – Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. 79. (1). – L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge. 80. – Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano varie azioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. 81. – Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. 82. – Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. TITOLO II (1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 6 marzo 1992, n.1 23 Il Presidente della Repubblica 83. – Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato. L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. 84. – Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici. L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica. L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge. 85. – Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni. Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica. 86. – Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione. 87. – Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Può inviare i messaggi alle Camere. 24 Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi e demana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Può concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica. 88. (1). – Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. 89. – Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. 90. – Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. 91. – Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune. (1) così sostituito dalla legge costituzionale n. 1 del 4.11.91. 25 TITOLO III Il Governo SEZIONE I Il Consiglio dei ministri 92. – Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. 93. – Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica. 94. – Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. 95. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, ed individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio 26 e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri. 96. (1). – Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale. SEZIONE II La Pubblica Amministrazione 97. – I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. 98. – I pubblici impiegati sono a servizio esclusivo della Nazione. Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità. Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero. SEZIONE III Gli organi ausiliari 99. – Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, (1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1. 27 nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. E’ organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge. 100. – Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridicoamministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione. La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. La legge assicura l’indipendenza dei due Istituti e dei loro componenti di fronte al Governo. TITOLO IV La Magistratura SEZIONE I Ordinamento giurisdizionale 101. – La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. 102. – La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinare materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. 28 La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia. 103. – Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. 104. – La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. Il Consiglio elegge un vicepresidene fra i componenti designati dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale. 105. – Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. 106. – Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. 29 Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consigliere di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. 107. – I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio nè destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziairo o con il loro consenso. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario. 108. – Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia. 109. – L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. 110. – Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. SEZIONE II Norme sulla giurisdizione 111. – Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere 30 motivati. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. 112. – Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. 113. – Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinare categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. TITOLO V Le Regioni, le Provincie, i Comuni 114. – La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni. 115. – Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione. 116. – Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al FriuliVenezia Giulia e alla Valle d’Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali. 117. – La Regione emana per le seguenti materie norme legislative 31 nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni: — ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; — circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; — fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; — istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; — musei e biblioteche di enti locali; — urbanistica; — turismo ed industria alberghiera; — tranvie e linee automobilistiche d’interesse regionale; — viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; — navigazione e porti lacuali; — acque minerali e termali; — cave e torbiere; — caccia; — pesca nelle acque interne; — agricoltura e foreste; — artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione. 118. – Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali. Lo Stato può con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative. La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici. 119. – Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni. Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi 32 erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali. Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali. La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica. 120. – La Regione non può istituire dazi d’importazione o esportazione o transito fra le Regioni. Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni. Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro. 121. – Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente. Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle legge. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; promulga le leggi ed i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale. 122. – Il sistema d’elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali sono stabiliti con legge della Repubblica. Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad un altro Consiglio regionale. Il Consiglio elegge nel suo seno un presidente e un ufficio di presidenza per i propri lavori. I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Il Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal Consiglio regionale tra i suoi componenti. 33 123. – Ogni Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme relative all’organizzazione interna della Regione. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Lo Statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge della Repubblica. 124. – Un Commissario del Governo, residente nel capoluogo della Regione, sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione. 125. – Il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. La legge può in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale. Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione. 126. – Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all’invito del Governo di sostituire la Giunta o il Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni. Può essere sciolto quando, per dimissioni o per impossibilità di formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare. Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza nazionale. Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro 34 tre mesi e provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio. 127. – Ogni legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata al Commissario che, salvo il caso di opposizione da parte del Governo, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto ed entra in vigore non pirma di quindici giorni dalla sua pubblicazione. Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale, e il Governo della Repubblica lo consente, la promulgazione e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati. Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni, la rinvia al Consiglio regionale nel termine fissato per l’apposizione del visto. Ove il Consiglio regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza. 128. – Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni. 129. – Le Provincie e i Comuni sono anche circosrizioni di decentramento statale e regionale. Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento. 130. – Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esecita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali. In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di 35 riesaminare la loro deliberazione. 131. (1). – Sono costituite le seguenti Regioni: Piemonte; Valle d’Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna. 132. - Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interesste, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra. 133. - Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione. La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni. TITOLO VI Garanzie costituzionali SEZIONE I La Corte costituzionale 134. – La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi (1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 27 dicembre 1963, n. 3. 36 e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica (1), a norma della Costituzione. 135. (2). – La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio. I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esecizio delle funzioni. La Corte elegge fra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o d’un Consiglio regionale, con l’eserczio della professione d’avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari. 136. – Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa (1) così costituito dall’art. 2 l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1. (2) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 22 novembre 1967, n. 2, e successivamente dall’art. 2 l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1. 37 di aver efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinchè, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali. 137. – Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. SEZIONE II Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali 138. – Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. 139. – La forma repubblicana non può essere soggetto di revisione costituzionale. 38 39 DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI I. – Con l’entrata in vigore della Costituzione il Capo provvisorio dello Stato esercita le attribuzioni di Presidente della Repubblica e ne assume il titolo. II. – Se alla data della elezione del Presidente della Repubblica non sono costituiti tutti i Consigli regionali, partecipano alla elezione soltanto i componenti delle due Camere. III. – Per la prima composizione del Senato della Repubblica sono nominati senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i deputati dell’Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di legge per essere senatori e che: sono stati presidenti del Consiglio dei ministri o di Assemblee legislative; hanno fatto parte del disciolto Senato; hanno avuto almeno tre elezioni, compresa quella all’Assemblea Costituente; sono stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei deputati del 9 novembre 1926; hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque anni in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato. Sono nominati altresì senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i membri del disciolto Senato che hanno fatto parte della Consulta Nazionale. Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della firma del decreto di nomina. L’accettazione della candidatura alle elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a senatore. IV. – Per la prima elezione del Senato il Molise è considerato come Regione a sè stante, con il numero dei senatori che gli compete in base alla sua popolazione. V. – La disposizione dell’articolo 80 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che importano oneri alle finanze o modificazioni di legge, ha effetto dalla data di convocazione delle Camere. 40 VI. – Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari. Entro un anno dalla stessa data si provvede con legge al riordinamento del Tribunale supremo militare in relazione all’articolo 111. VII. – Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente. Fino a quando non entri in funzione la Corte costituzionale, la decisione delle controversie indicate nell’articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione (1). VIII. – Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione. Leggi della Repubblica regolano per ongi ramo della pubblica amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni che esercitano attualmente e le altre di cui le Regioni deleghino loro l’esercizio. Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di funzionari e dipenneti dello Stato, anche delle amministrazioni centrali, che sia reso necessario dal nuovo ordinamento. Per la formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che in casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato e degli enti locali. IX. – La Repubblica, entro tre anni dall’entrata in vigore della Costituzione, adegua le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni. X. – Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui all’articolo 116, si applicano provvisoriamente le norme generali del Titolo V della (1) il terzo comma è stato abrogato dall’art. 7 l. cost. 22 novembre 1967, n. 2. 41 parte seconda, ferma restando la tutela delle minoranze linguistiche in conformità con l’articolo 6. XI. – Fino al 31 dicembre 1963 si possono, con leggi costituzionali, formare altre Regioni, a modificazione dell’elenco di cui all’articolo 131, anche senza il concorso delle condizioni richieste dal primo comma dell’art. 132, fermo rimanendo tuttavia l’obbligo di sentire le popolazioni interessate. XII. – E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista. XIII. – I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici nè cariche elettive. Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli. XIV. – I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome. L’Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge. La legge regola la soppressione della Consulta araldica. XV. – Con l’entrata in vigore della Costituzione si ha per convertito in legge il decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, sull’ordinamento provvisorio dello Stato. XVI. – Entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione e al coordinamento con esa delle precedenti leggi costituzionali che non siano state finora esplicitamente o 42 implicitamente abrogate. XVII. – L’Asselblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge per la elezione del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge per la stampa. Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente può essere convocata, quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, primo e secondo comma, e 3, comma primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98. In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamenti. I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta. L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidene su richiesta motivata del Governo o di almeno duecento deputati. XVIII. – La presente Costituzione è promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell’Assemblea Costituente, ed entra in vigore il 1 gennaio 1948. Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante tutto l’anno 1948, affinchè ogni cittadino possa prenderne cognizione. 43 44 LEGISLAZIONE DISCIPLINARE 45 46 DECRETO LEGISLATIVO 28 luglio 1989, n. 273. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni. omissis 17. (1). Fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma della procedura relativa lal responsabilità disciplinare dei magistrati e comunque non oltre tre anni dalla entrata in vigore del codice di procedura penale, continuano ad applicarsi il regio decreto 31 maggio 1946 n. 511 e il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958 n. 916, con le successive modificazioni e integrazioni, e i rinvii al codice di procedura penale si intendono riferiti al codice abrogato. omissis (1) così modificato con decreto legge 31 dicembre 1991 n. 418, convertito in legge 24 febbraio 1992 n. 173, che ha sostituito le parole “e comunque non oltre due anni dall’entrata in vigore del codice di procedura penale” con le seguenti “e comunque non oltre tre anni dall’entrata in vigore del codice di procedura penale”. Il secondo comma dell’articolo unico della legge di conversione prevede inoltre: “Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti produttivi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 25 ottobre 1991 n. 326.” Il precedente analogo decreto 25 ottobre 1991 n. 326 era decaduto per mancata conversione nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione. 47 REGIO DECRETO LEGISLATIVO 31 maggio 1946, n. 511. Guarentigie della magistratura. 1-16 (omissis) Sezione II Della disciplina dei magistrati 17. Disposizione generale. - I magistrati non possono essere sottoposti a sanzioni disciplinari se non nei casi e nelle forme previsti dal presente decreto. 18. Responsabilità disciplinare dei magistrati. - Il magistrato che manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione dicui deve godere, o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario, è soggetto a sanzioni disciplinari secondo le disposizioni degli articoli seguenti. 19. Sanzioni disciplinari. - Le sanzioni disciplinari sono: 1) l’ammonimento; 2) la censura; 3) la perdita dell’anzianità; 4) la rimozione; 5) la destituzione. Le sanzioni disciplinari, ad eccezione dell’ammonimento, devono essere precedute dal procedimento disciplinare stabilito dal presente decreto, salvo quanto è disposto dall’art. 38 relativamente agli uditori (1). Il magistrato, al quale è attribuito un fatto che può importare una delle sanzioni previste nei nn. 4 e 5 del presente articolo, non ha diritto di sottrarsi al procedimento disciplinare e ai conseguenti provvedimenti per effetto delle sue dimissioni, che il Ministro per la grazia e giustizia (2) ha facoltà di respingere. (1) disposizione implicitamente abrogata dagli artt. 10, comma 1, n. 3 L. 24 marzo 1958 n. 195 e 59 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. (2) cfr. l’art. 105 cost. e art. 10, comma 1, L. 1958 n. 195 che hanno attribuito al Consiglio superiore della magistratura i provvedimenti sullo stato dei magistrati. 48 20. Ammonimento. - L’ammonimento consiste nel rilievo della mancanza commessa e nel richiamo del magistrato all’osservanza di suoi doveri. Esso, quando non sia conseguente ad un procedimento disciplinare, è disposto dal Ministro per la grazia e giustizia o dal magistrato che ha il potere di sorveglianza. (1) L’ammonimento è rivolto oralmente dal capo gerarchico immediato, il quale ne redige verbale, trasmettendone copia al Ministero. (2) Entro i successivi trenta giorni il magistrato cui fu rivolto l’ammonimento può chiedere di essere sottoposto a procedimento disciplinare. (3) (1) disposizione abrogata dall’art. 61 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. (2) l’esecuzione è attuata dal titolare del potere di sorveglianza e il verbale deve essere trasmesso anche al Consiglio superiore della magistratura a norma dell’art. 61 D.P.R. 1958 n. 916. (3) disposizione abrogata implicitamente dagli artt. 10, comma 1, n. 3 L. 24 marzo 1958 n. 195 e 59 d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. 21. Altre sanzioni disciplinari. - La censura consiste in un biasimo formale per la trasgressione accertata a carico del magistrato. Il magistrato che esegue il provvedimento redige verbale, con la indicazione della trasgressione commessa. Copia del verbale è trasmessa al Ministero. (1) La perdita dell’anzianità può estendersi da due mesi a due anni, ed ha per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della sanzione inflitta, nella ammissione ad esami, concorsi e scrutini, e nelle promozioni. Lo spostamento nel ruolo, conseguente alla perdita dell’anzianità, non può essere inferiore ad un quarantesimo, nè superiore ad un decimo dei posti di organico del relativo grado, ed è determinato dallo stesso Tribunale disciplinare. (2) Il Tribunale disciplinare, quando infligge una sanzione più grave dell’ammonimento, può stabilire che il magistrato, anche se inamovibile, sia trasferito diufficio. [La destituzione può comportare la perdita totale o parziale del trattamento di quiescenza, da deliberarsi dallo stesso Tribunale disciplinare.] (3) Il magistrato rimosso o destituito non può essere riammesso in servizio. 49 [In ogni caso, rimane fermo il disposto dell’art. 155, primo e secondo capoverso del vigente ordinamento giudiziario.] (4) (1) (2) (3) (4) cfr. art. 61, comma 2, d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. cfr. artt. 10, comma 1, n. 3, L. 24 marzo 1958 n. 195. disposizione implicitamente abrogata dall’art. 1 L. 8 giugno 1966 n. 424. disposizione implicitamente abrogata dalla legge 25 luglio 1966 n. 570. SEZIONE III Dei Tribunali disciplinari artt. 22 - 26 (1) (1) l’intera sezione III è implicitamente abrogata dagli artt. 10, comma 1, n. 3, e 42, comma 2, legg. 24 marzo 1958 n. 195. CAPO IV Del procedimento disciplinare 27. Titolarità dell’azione disciplinare. - La azione disciplinare è promossa, su richeista del Ministro per la grazia e giustizia, dal pubblico Ministero presso il Tribunale disciplinare competente. (1) (1) disposizione abrogata implicitamente dagli artt. 10, comma 1, n. 3 e 14 n. 1 L. 24 marzo 1958 n. 195. 28. Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale. - Il procedimento disciplinare è promosso indipendentemente dall’azione civile o penale che procede dal medesimo fatto, od anche se il procedimento civile o penale è in corso. Nel caso in cui il magistrato sia sottoposto a procedimento penale, si applicano gli artt. 3 del Codice di procedura penale e 31 del presente decreto. Qualora nei confronti del magistrato sia pronunziata sentenza penale, si applica l’art. 29 del presente decreto. 29. Effetti disciplinari dei giudicati penali. - Il magistrato incorso nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale, ovvero condannato alla reclusione per delitto non 50 colposo, diverso da quelli previsti dagli artt. 581, 582 cpv. 594 e 612 prima parte del Codice penale, è destituito di diritto, e può, con le forme stabilite per il procedimento disciplinare, essere privato in tutto o in parte del trattamento di quiescenza. (1) Il magistrato che, negli stessi casi, viene prosciolto dal giudice penale con sentenza, pronunziata nell’istruzione o nel giudizio, per insufficienza di prove o per una causa estintiva del reato ovvero per impromovibiltà o improseguibilità dell’azione penale, deve sempre essere sottoposto al procedimento disciplinare. In tutti gli altri casi condanna o di proscioglimento, il Ministro (2) decide se deve farsi luogo a procedimento disciplinare. Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del giudizio penale, risultanti dalla sentenza passata in giudicato. (1) cfr. nota n. 3 articolo 21. (2) cfr. art. 10 comma 1, n. 3, L. 24 marzo 1958 n. 195. 30. Sospensione del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare. - All’inzio o nel corso del procedimento, il Tribunale disciplinare (1), su richiesta del MInistro o del pubblico Ministero (2) presso il Tribunale stesso, può, sentito l’incolpato, disporne la sospensione provvisoria dalle funzioni e dallo stipendio. Al magistrato sospeso, od alla moglie ed ai figli minorenni, può essere attribuito un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo. In caso di urgenza, i provvedimenti di cui ai precedenti commi possono essere adottati con decreto del Ministro, il quale però deve richiedere contemporaneamente il giudizo disciplinare (3). Il Tribunale disciplinare può, anche di ufficio, revocare la sospensione, o concedere l’assegno alimentare negato o modificare la misura di quello concesso. [Contro i provvedimenti emanati dal Consiglio giudiziario ai sensi dei precedenti commi, è ammesso ricorso alla Corte disciplinare, da parte dell’incolpato o del pubblico Ministero presso il Tribunale disciplinare entro cinque giorni dalla comunicazione, e da parte del Ministro entro venti giorni dalla comunicazione stessa.] (4) Il ricorso non ha effetto sospensivo ed è presentato a norma dell’art. 37. 51 (1) (2) (3) (4) 1958 n. cfr. art. 10, comma 1, n. 3 L. 24 marzo 1958 n. 195. cfr. art. 4, comma 7, L. 24 marzo 1958 n. 195. cfr. art. 57 d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. disposizione abrogata implicitamente dagli artt. 17, ult. comma, L. 24 marzo 195 e 60 d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916; 31. Sospensione preventiva del magistrato sottoposto a procedimento penale. - Il magistrato sottoposto a procedimento penale è sospeso di diritto dalle funzion e dallo stipendio, e collocato fuori del ruolo organico della magistratura dal giorno in cui è stato emesso contro di lui mandato o ordine di cattura. Qualora l’arresto sia avvenuto senza ordine o mandato, la sospensione decorre dal giorno dell’arresto se l’autorità giudiziaria ha ritenuto che l’imputato deve rimanere in istato di detenzione a norma dell’art. 236 del codice di procedura penale. Il magistrato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo può, con provvedimento del Ministro per la grazia e giustizia (1), essere provvisoriamente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. Il Ministro per la grazia e giustizia (1) può concedere al magistrato sospeso, o alla moglie e ai figli minorenni di lui, un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo. In caso di sentenza di proscioglimento il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e assegni non percepiti, detratta la somma corrisposta per assegno alimentare, salvo che, essendo istiutito o istituendosi il procedimento disciplinare per il medesimo fatto, sia altrimenti disposto. (1) cfr. art. 58 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. 32. Istruttoria nel procedimento disciplinare. - Il pubblico ministero procede in via sommaria alla istruttoria, o richiede l’istruzione formale al presidente del Tribunale disciplinare (1). Quando debba procedersi ad istruzione formale, le funzioni di istruttore sono conferite dal presidente ad uno dei componenti del Tribunale disciplinare (1). Per l’istruzione si osservano, in quanto compatibili, le norme reltive alla istruzione dei procedimenti penali. Il pubblico ministero o il commissario istruttore per gli atti da compiersi fuori della sua residenza, può richiedere un altro magistrato superiore in grado o più anziano del magistrato sottoposto a 52 procedimento disciplinare. I periti e i testimoni sono sentiti previa prestazione del giuramento, nel modo indicato dagli artt. 142, 316 e 449 del codice di procedura penale. Sono applicabili, quanto ai periti e ai testimoni, le disposizioni degli artt. 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale. (1) cfr. art. 10, comma 1, n. 3 L. 24 marzo 1958 n. 195. 33. Chiusura dell’istruzione. - Compiuta la istruzione, il pubblico ministero formula le sue richieste, sulle quali il Tribunale disciplinare (1) provvede in camera di consiglio. Il Tribunale disciplinare (1) dichiara non farsi luogo a rinvio al dibattimento solo se, su conforme richiesta del pubblico ministero, ritiene che dalle prove risultino esclusi gli addebiti. In ogni altro caso, il presidente del Tribunale disciplinare (1) fissa, con suo decreto, il giorno della discussione orale, e decide se i testi ed i periti sentiti nella istruzione, o alcuni di essi, debbono essere nuovamente sentiti. Il decreto è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata, al pubblico ministero ed al magistrato, il quale ha diritto di comparire personalmente. (1) cfr. nota n. 1 articolo precedente. 34. Discussione nel giudizio disciplinare. - Nella discussione orale un membro del Tribunale disciplinare (1), nominato dal presidente fra quelli che non hanno avuto l’incarico di istruttore, fa la relazione. La discussione ha luogo a porte chiuse (2). Non è ammessa l’assistenza di difensori o di consulenti tecnici, ma l’incolpato può farsi assistere da altro magistrato, di grado non inferiore a giudice od equiparato ed a consigliere di Corte di appello od equiparato, rispettivamente per i giudizi davanti ai Consigli giudiziari e per quelli davanti alla Corte disciplinare (3). Si osservano, in quanto compatibili con la natura del procedimento e con le disposizioni del presente decreto, le norme dei dibbattimenti penali. (1) cfr. nota n. 1 articolo precedente. (2) cfr. ora art. 6, ultimo comma, L. 24 marzo 1958 n. 195 introdotto dall’art. 1 L. 12 aprile 1990 n. 74. 53 (3) a norma dell’art. 105 costituzione i provvedimenti disciplinari sono attribuiti al Consiglio superiore della magistratura. 35. Sentenza disciplinare. - Il Collegio delibera immediatamente dopo l’assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero, sentito per ultimo l’incolpato. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio. Se non è raggiunta prova sufficiente delle colpe del magistrato, ma risulta che egli ha perduto nella opinione pubblica la stima, la fiducia e la considerazione richieste dalla sua funzione, può essere deliberata la dispensa dall’ufficio. 36. Corresponsione degli arretrati al magistrato sospeso. -Quando l’incolpato è, con sentenza definitiva, assolto o condannato a pena diversa dalla rimozione o destituzione, cessa di diritto la sospensione provvisoria eventualmente disposta, e sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e degli altri assegni non percepiti. 37. Impugnazioni delle decisioni dei Tribunali disciplinari. (1) Avverso le decisioni dei Consigli giudiziari possono ricorrere alla Corte disciplinare l’incolpato, il pubblico Ministero presso il Consiglio ed il Ministro per la grazia e giustizia. (2) Il ricorso deve essere depositato nella segreteria del Consiglio giudiziario (3) che ha emessa la decisione impugnata entro dieci giorni dalla pronuncia. Il termine per il Ministro è di giorni venti dalla comunicazione (4). Se l’incolpato non è presente al dibattimento, il termine decorre per lui dalla comunicazione del dispositivo (5). La dichiarazione di impugnazione dell’incolpato può essere presentata anche al proprio superiore gerarchico, e quella del Ministro può essere depositata anche nella segreteria della Corte disciplinare per la magistratura (6). Il ricorso ha effetto sospensivo. In ogni tempo può essere richiesta, dal Ministro (1) o dall’interessato o, se questi sia morto, da un suo erede o prossimo congiunto, che ne abbia interesse anche soltanto morale, la revisione del procedimento disciplinare, se siano sopravvenuti nuovi fatti, o nuovi elementi di prova, ovvero se risulti che la decisone fu determinata da errore di fatto o da falsità. 54 Avverso le sentenze dei Tribunali disciplinari (1) non è ammesso alcun altro gravame. (1) cfr. art. 10, comma 1, n. 3, L. 24 marzo 1958 n. 195. (2) disposizione abrogata in quanto a norma dell’art. 105 cost. i giudizi disciplinari sono attribuiti al Consiglio superiore della magistratura sezione disciplinare (v. art. 42 L. 24 marzo 1958 n. 195, 272, nonchè nota 4 in calce al precedente art. 30) e la disciplina dei ricorsi avverso le decisioni della stessa sezione è contenuta nell’art. 17, ult. comma, L. 1958/195 cit. e nell’art.60 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 196 ( 273 e 240). (3) Ora della sezione disciplinare. (4) Tale disposizione è da ritenersi sostituita da quella contenuta nell’art. 60 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. (5) cfr. nota precedente. (6) V. la precedente nota 2. (7) A norma dell’art. 62 D.P.R. 16 settembre 1958 n.916 anche dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. 38. Disposizione speciale per gli uditori. (1) - Le disposizioni sul procedimento disciplinare non si applicano agli uditori, ai quali le sanzioni previste dal precedente art.19 sono inflitte con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, sentito il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello nella cui circoscrizione trovasi l’ufficio al quale l’uditore è addetto, fermo il disposto dell’art. 3 per la dispensa di uditori con funzioni giudiziarie. Si applica il disposto dell’art. 4. (1) abrogato dagli artt. 4, 10, comma 1, n. 3 e 42 L. 24 marzo 1958 n. 195. 39-42. (omissis). 43. Abrogazione di disposizioni contrarie o incompatibili. - Sono abrogati i titoli sesto, settimo ed ottavo dell’Ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, numero 12, ed ogni altra disposizione contraria od incompatibile con quelle del presente decreto. 55 LEGGE 24 marzo 1958, n. 195. Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura. 1-3 (omissis) 4. Composizione della sezione disciplinare. - (1) La cognizione dei procedimenti disciplianri a carico dei magistrati è attribuita ad una sezione disciplinare, composta di nove componenti effettivi e di sei supplenti. I componenti effettivi sono: il vicepresidente del Consiglio superiore, che presiede la sezione; due componenti eletti dal parlamento, di cui uno presiede la sezione in costituzione del vicepresidente del Consiglio superiore; un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; cinque magistrati con funzioni di merito (2). I componenti supplenti sono: un magistrato di Corte di cassazioen, con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; tre magistrati con funzioni di merito; due componenti eletti dal Parlamento (2). Il vicepresidente del Consiglio superiore è componente di diritto; gli altri componenti, effettivi e supplenti, sono eletti dal Consiglio superiore tra i propri membri. L’elezione ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio. In caso di parità di voti tra gli appartenenti alla stessa categoria, è eletto il più anziano per età. Nell’elezione dei due componenti supplenti tra quelli eletti dal Parlamento è indicato, per ciascuno di essi, quale è il componente effettivo eletto dal Parlamento che è chiamato a sostituire. Nell’ipotesi in cui il Presidente del Consiglio superiore si avvalga della facoltà di presiedere la sezione disciplinare, resta escluso il vicepresidente. Le funzioni di pubblico ministero presso la sezione disciplianre sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione. (1) così sostituito dall’art. 1 L. 18 dicembre 1967 n. 1198 e dall’art. 1 L. 3 gennaio 1981 n. 1. (2) così sostituito dall’art. 3 L. 22 novembre 1985 n. 655. 6. Deliberazioni della sezione disciplinare. - (1) In caso di assenza, 56 impedimento, astensione e ricusazione il vicepresidente è sostituito, sempre che il Presidente del Consiglio superiore non intenda avvalersi della facoltà di presiedere la sezione, dal componente effettivo eletto dal Parlamento, che nell’elezione prevista dall’articolo 4 sia stato desiganto a tale funzione. Il componente che sostituisce il vicepresidente e gli altri componenti effettivi sono sostituiti dai supplenti della medesima categoria. Ciascuno dei componenti effettivi eletti dal Parlamento è sostituito da uno dei due componenti supplenti della stessa categoria a ciò designato nell’elezione preveduta dall’articolo 4; se la sostituzione non è possibile il componente effettivo è sostituito dall’altro componente supplente. La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso in cui il componente effettivo sostituisce il vicepresidente del Consiglio superiore. I componenti effettivi magistrati sono sostituiti dai supplenti della medesima categoria. Sulla ricusazione di un componente della sezione disciplinare, decide la stessa sezione, previa sostituzione del componente ricusato con il supplente corrispondente. Dinanzi alla sezione disciplinare il dibattito si svolge in pubblica udienza; se i fatti oggetto dell’incolpazione non riguardano l’esercizio della funzione giudiziaria ovvero se ricorrono esigenze di tutela del diritto di terzi o esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria con riferimento ai fatti contestati all’ufficio che l’incolpato occupa, la sezione disciplinare può disporre, su richiesta di una delle parti, che il dibattito si svolga a porte chiuse (2). (1) così sostituito dall’art. 2 L. 3 gennaio 1981 n. 1. (2) aggiunto dall’art. 1 L. 12 aprile 1990 n. 74. 10. Attribuzione del Consiglio superiore. - Spetta al Consiglio superiore di deliberare: 1) sulle assunzioni in Magistratura, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti e promozioni e su ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati; 2) sulla nomina e revoca dei vice pretori onorari, dei conciliatori, dei vice conciliatori, nonchè dei componenti estranei alla Magistratura delle sezioni specializzate; per i conciliatori, i vice 57 conciliatori e i componenti estranei è ammessa la delega ai presidenti delle Corti di appello; 3) sulle sanzioni disciplinari a carico di magistrti, in esito ai procedimenti disciplinari iniziati su richiesta del Ministro o del procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione; 4) sulla designazione per la nomina a magistrato di Corte di Cassazione, per meriti insigni, di professori e di avvocati; 5) sulla concessione, nei limiti delle somme all’uopo stanziate in bilancio, dei compensi speciali previsti dall’art. 6 del d. Lgs. 27 giugno 1946, n. 19, e dei sussidi ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie o alle loro famiglie. Può fare proposte al Ministro per la grazia e giustizia sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le materie riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Dà poteri al Ministro, sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie. Delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge. 14. Attribuzioni del Ministro per la grazia e giustizia. - Il Ministro per la grazia e giustizia, fermo quanto stabilito dall’art. 11: 1) ha facoltà di promuovere mediante richiesta l’azione disciplinare. L’azione disciplinare può peraltro essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione nella sua qualità di Pubblico Ministero presso la sezione disciplinare del Consiglio superiore; 2) ha facoltà di chiedere ai capi delle Corti informazioni circa il funzionamento della giustizia e può al riguardo fare le comunicazioni che ritiene opportune; 3) esercita tutte le altre attribuzioni demandategli dalla legge sull’ordinamento giudiziario e in genere riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. 17. Forma dei provvedimenti. - Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia. Per quanto concerne i compensi speciali previsti dall’art. 6 del decreto legislativo 27 giugno 58 1946, n. 19, i provvedimenti sono adottati di concerto con il Ministro per il tesoro. Contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso in primo grado al tribunale amministrativo reginale del Lazio per motivi di leggittimità. Contro le decisioni di prima istanza è ammessa l’impugnazione al Consiglio di Stato (1). Contro i provvedimenti in materia disciplinare, è ammesso ricorso alle sezioni unite della Corte suprema di cassazione. Il ricorso ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato (2). (1) sostituito dall’art. 4 L. 12 aprile 1990 n. 74. (2) cfr. art. 60 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916. 59 DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 settembre 1958, n. 916. Disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie. 1-31 (omissis) 32. Sostituzione dei componenti della sezione disciplinare. - Se alcuno dei componenti della sezione disciplinare, che non sia membro di diritto, cessa di far parte del Consiglio superiore, la sostituzione ha luogo mediante elezione dopo che il Consiglio superiore sia stato integraot a norme dell’articolo 39 della legge. Se deve essere sostituito un componente effettivo può essere eletto al suo posto anche un componente supplente. Ove questi risulti eletto, si procede a nuova elezione per la sua sostituzione. (1) (1) così sostituito dall’art. 10 L. 3 gennaio 1981 n. 1 34-38. (omissis) 39. Istanze e rapporti. - Tutte le istanze relative a materie di competenza del Consiglio superiore della magistratura, nelle quali il Ministro può fare richieste o formulare osservazioni, possono essere rivolte o al Consiglio superiore per il tramite del Ministro, che, in tal caso, le trasmette al Consiglio con le proprie richieste od osservazioni; oppure direttamente al Consiglio superiore, che le comunica al Ministro per le sue richieste od osservazioni. La medesima disposizione si applica ai rapporti dei capi di corte, salvo che questi non siano stati richiesti direttamente dal Consiglio superiore o dal Ministro. Ai rapporti di carattere disciplinare si applica la disposizione dell’art. 59, primo comma. 40. Richieste all’Ispettorato. - Il Consiglio superiore, nel fare le sue richieste all’Ispettorato generale presso il Ministero di grazia e giustizia, ne informa il Ministro, al quale può richiedere che autorizzi l’esame dei fascicoli personali dei singoli magistrati. L’Ispettore generale trasmette direttamente al Consiglio la 60 relazone e gli atti delle inchieste promosse dal Consiglio stesso, e contemporaneamente ne invia copia al Ministro. 41-55 (omissis) 56. Poteri di sorveglianza del Ministro. - Per l’esercizio dell’azione disciplinare, per l’organizzazione del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, nonchè per l’esercizio di ogni altra attribuzione riservatagli dalla legge, il Ministro esercita la sorveglianza su tutti gli uffici giudiziari e può richiedere ai capi di corte informazioni sul conto di singoli magistrati. 57. Sospensione provvisoria del magistrato in sede disciplinare. Nella ipotesi prevista nell’art. 30, terzo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, i provvedimenti ivi indicati sono adottati dalla sezione disciplinare, su richiesta del Ministro o del pubblico ministero. 58. Sospensione provvisoria del magistrato sottoposto a procedimento penale. - I provvedimenti previsti nell’art. 31, terzo e quarto comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, sono adottati in conformità di deliberazione della sezione disciplinare su richiesta del Ministro o del pubblico ministero. 59. Azione disciplinare. - I rapporti relativi a fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare sono trasmessi al Ministro e al Procuratore Generale presso la Corte suprema di cassazione. Il Ministro promuove l’azione disciplinare mediante richiesta al Procuratore Generale presso la Corte suprema di cassazione (1). Il Procuratore Generale inizia l’azione disciplinare richiedendo al Consiglio superiore della magistratura l’istruzione formale, ovvero comunicando allo stesso Consiglio che procede con istruzione sommaria (1). Il Procuratore Generale, quando intende promuovere l’azione disciplinare avvalendosi della facoltà attribuitagli dall’art. 14 della legge, ne dà notizia al Ministro dieci giorni prima, indicando sommariamente i fatti per i quali intende procedere. Il Ministro, se ritiene che l’azione disciplinare debba essere estesa ad alri fatti, ne fa richiesta al Procuratore Generale anche dopo l’inizio dell’azione stessa. 61 La comunicazione preventiva di cui al comma precedente non è richiesta quando il Procuratore Generale contesta o chiede che siano contestati nuovi fatti durante il corso dell’istruzione. L’azione disciplinare non può essere promossa dopo un anno dal giorno in cui il Ministro o il procuratore generale hanno avuto notizia del fatto che forma oggetto dello addebito disciplinare. La richiesta del Ministro al procuratore generale ovvero la richiesta o la comunicazione del procuratore generale al Consiglio superiore determina a tutti gli effetti l’inizio del procedimento. Dell’inizio del procedimento deve essere data comunicazione all’incolpato con la indicazione del fatto che gli viene addebitato. Gli atti istruttori non preceduti dalla comunicazione all’incolpato sono nulli, ma la nullità non può essere più rilevata se non è dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di cinque giorni dalla comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare. Entro un anno dall’inizio del procedimento deve essere comunicato all’incolpato il decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinre. Nei due anni successivi dalla predetta comunicazione deve essere pronunciata la sentenza. Quando i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l’incolpato vi consenta (2). Degli atti compiuti dalla sezione disciplinare è trasmessa copia al Ministro. Il corso dei termini di cui al presente articolo è sospeso se per il medesimo fatto viene iniziata l’azione penale, ovvero se nel corso del procedimento viene sollevata questione di legittimità costituzionale, e riprende a decorrere rispettivamente dal giorno in cui è pronunciata la sentenza o il decreto indicati nell’articolo 3 del codice di procedura penale, ovvero dal giorno in cui è pubblicata la decisione della Corte costituzionale. Il corso dei termini è altresì sospeso durante il tempo in cui l’incolpato è sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, ovvero durante il tempo in cui il procedimento è rinviato a richiesta dell’incolpato. (1) cfr. art. 14 L. 24 marzo 1958 n. 195. (2) La Corte Costituzionale, con sentenza 28 dicemrbe 1990 n. 579 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale comma “nella parte in cui non estende i termini ivi fissati al procedimento di rinvio”. 62 60. Ricorso avverso le decisioni della sezione disciplinare. - Il ricorso previsto nell’art. 17, ultimo comma, della legge, può essere proposto alle sezioni unite civili della Corte suprema di cassazione dal Ministro per la grazia e giustizia, dal Procuratore Generale presso la stessa Corte e dall’incolpato, entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento disciplinare in copia integrale. 61. Provvedimenti disciplinari. Esecuzione. - E’ abolita la facoltà prevista nell’art. 20, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511. Le decisioni disciplinari con cui è inflitto l’ammonimento o la censura sono eseguite nelle forme rispettivamente previste negli artt. 20 e 21 del decreto citato nel comma precedente. Copia del verbale è trasmesso al Consiglio superiore e al Ministro. Le decisioni che infliggono la perdita della anzianità, la rimozione o la destituzione sono eseguite mediante decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro. 62. Revisione del procedimento disciplinare. - Il potere di chiedere la revisione del procedimento disciplinare previto dall’articolo 37, sesto comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, può essere esercitato anche dal Procuratore Generale presso la Corte suprema di Cassazione. 63-74 (omissis) R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. Ordinamento giudiziario. 12. Obbligo della residenza. Sanzioni. - Il magistrato ha l’obbligo di risiedere stabilmente nel comune ove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale esercita le sue funzioni e non può assentarsene senza autorizzazione dei superiori gerarchici. Il magistrato che trasgredisce alle disposizioni del presente articolo è soggetto a provvedimenti disciplinari, [e può comunque essere privato dello stipendio, con decreto ministeriale, per un tempo corrispondente all’assenza abusiva.] (1) (1) disposizione implicitamente abrogata dall’art. 105 cost. e dall’art. 10 L. 24 marzo 1958 n. 195. 63 LEGGE 7 febbraio 1990, n. 19. Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti. 1-8 (omissis) 9. 1. Il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale. E’ abrogata ogni contraria disposizione di legge. 2. La destituzione può sempre essere inflitta all’esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare del servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto. 3. Per i loro dipendenti le regioni provvedono ad adegure i rispettivi ordinamenti ai principi fondamentali espressi nel presente articolo. 10. 1. Alla data di entrata in vigore della presente legge cessa l’esecuzione delle pene accessorie conseguenti a condanne a pene condizionalmente sospese. Qualora la sospensione condizionale della pena venga successivamente revocata, le pene accessorie sono eseguite per la parte residua. 2. I pubblici dipendenti che anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge siano stati destituiti di diritto sono, a domanda, riammessi in servizio. 3. La riammissione è concessa solo se all’esito del procedimento disciplinare, che deve essere proseguito o promosso entro novanta gionri dalla ricezione della domanda di riammissione da parte dell’amministrazione competente e che deve essere concluso entro i successivi novanta giorni, non venga inflitta la destituzione. 4. Il dipendente ammesso è reintegrato nel ruolo con la qualifica, il livello e l’anzianità posseduti alla data di cessazione del servizio. 5. Per i loro dipendenti le regioni provvedono ad adeguare i 64 rispettivi ordinamenti ai principi fondamentali espressi nel presente articolo. 65 LEGGE 19 marzo 1990 n. 55 * Nuove disposizioni per la prevenzione della delinguenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale omissis «Art. 15. – 1. Non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente del consiglio di ammministrazione dei consorsi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane: a) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per il delitto previsto dall’articolo 416–bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all’art. 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, l’uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti, o per delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati; b) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per i delitti previsti dagli articoli 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316–bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319–ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata * Si riporta la norma per le implicazioni che potrebbero sorgere circa l'estensione del comma 4 septies ai magistrati. 66 di un pubblico servizio) del codice penale; c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva o con sentenza di primo grado, confermata in appello, per un delitto commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diverso da quelli indicati alla lettera b); d) coloro che per lo stesso fatto, sono stati condannati con sentenza di primo grado, confermata in appello, ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo; e) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per i delitti indicati alla lettera a), se per essi è stato già disposto il giudizio, se sono stati presentati ovvero citati a comparire in udienza per il giudizio; f) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, anche se con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. (1) 2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nel caso in cui nei confronti dell’interessato venga emessa sentenza, anche se non definitiva, di non luogo a procedere o di proscioglimento o sentenza di annullamento, anche se con rinvio, ovvero provvedimento di revoca della misura di prevenzione, anche se non definitivo. (1) 3. Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale la elezione o la nomina è di competenza: a) del consiglio regionale, provinciale, comunale o circoscrizionale; b) della giunta regionale o provinciale o dei loro presidenti, della giunta comunale o del sindaco, di assessori regionali, provinciali o comunali. (1) 4. L’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L’organo che ha deliberato la nomina o la convalida dell’elezione è tenuto a revocarla non appena venuto a conoscenza dell’esistenza delle condizioni stesse. (1) 4–bis. Se alcuna delle condizioni di cui al comma 1 sopravviene dopo la elezione o la nomina, essa, fuori dei casi previsti dal comma 67 4–quinques, comporta la immediata sospensione dalle cariche sopra indicate. (1) 4–ter La sospensione dei presidenti delle giunte regionali, degli assessori regionali e dei consiglieri regionali è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per le riforme istituzionali e gli affari regionali, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Negli altri casi la sospensione è adottata dal prefetto, al quale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria sono comunicati a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero. (1) 4–quater. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell’interessato venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell’albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell’organo che ha proceduto alla elezione, alla convalia della elezione o alla nomina. (1) 4–quinquies. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione. (1) 4–sexies. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell’articolo 178 del codice penale o dell‘articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327. (1). 4–septies. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d), ed f) del comma 1 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione dell’interessato dalla funzione o dall’ufficio ricoperti. Per il personale degli enti locali la sospensione è disposta dal capo dell’amministrazione o dell’ente locale ovvero dal responsabile 68 dell’ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale appartenete alle regioni e per gli amministratori e i componenti degli organi delle unità sanitarie locali, la sospensione è adottata dal presidente della giunta regionale, fatta salva la competenza, nella regione Trentino–Alto–Adige, dei presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati al comma 1. (1) 4–octies. Al personale dipendente di cui al comma 4–septies si applicano altresì le disposizioni dei commi 4–quinques e 4–sexies. (1) 5. Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli enti di cui al comma 1, l’autorità giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi è la necessità di verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi. 6. Copie dei provvedimenti di cui al comma 5 sono trasmesse all’Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa» omissis (1) Così sostituiti dall’art. 1 l. 18 gennaio 1992 n. 16 «Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali» 69 LEGGE 18 marzo 1968, n. 250. Condono di sanzioni disciplinari. 1. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge sono condonate: 1) le sanzioni inflitte o da infliggere per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31 gennaio 1966 da dipendenti delle amministrazioni dello Stato, compresi i militari e gli appartenenti a corpi militarizzati, o degli enti pubblici, o degli enti di diritto pubblico, quando le sanzioni stesse non comportino la risoluzione del rapporto di impiego o di lavoro; 2) le sanzioni inflitte o da infliggere, non superiori alla sospensione, per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31 gennaio 1966 da esercenti pubbliche funzioni o una attività professionale. Delle sanzioni condonate non deve rimanere alcuna traccia nel fascicolo personale degli interessati. 2. Nei casi in cui le sanzioni condonate ai sensi del n. 1) del precedente articolo siano state inflitte per infrazioni disciplinari causate da motivi sindacali o politici, in favore del personale civile in attività di servizio son annullati, per ilperiodo sucessivo alla entrata in vigore della presente legge, gli effetti che, relativamente agli scatti di anzianità, sono derivati da quelle sanzioni. Se quegli effetti si sono verificati prima del conseguimento di una promozione, agli appartenenti al predetto personale, che ne fanno domanda entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, viene liquidato, una tantum, l’importo corrispondente al beneficio che nel periodo immediatamente precedente la promozione, ed in ogni caso per una durata non eccedente un biennio, essi avrebbero conseguito dalla applicazione dello scatto di anzianità ove non fossero state comminate le sanzioni di cui al precedente comma. 3. All’onere derivante dall’applicazione della presente legge, di lire 170 milioni, si provvede con corrispondente aliquota del gettito derivante dall’applicazione del decreto-legge 14 dicembre 1965, n. 1344, convertito nella legge 9 febbraio 1966, n. 21, concernente l’importazione delle banane fresche. 70 Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni di bilancio conseguenti al presente provvedimento. 4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 71 LEGGE 20 maggio 1986 n. 198. Condono di sanzioni disciplinari ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato, nonchè agli esercenti pubbliche funzioni o attività professionali. Articolo unico. - Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge è concesso condono per: a) le sanzioni inflitte in via definitiva per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31 dicembre 1979 da dipendenti delle amministrazioni dello Stato, compresi i militari e gli appartenenti ai corpi militarizzati, degli enti pubblici e degli enti di diritto pubblico, quanto le sanzioni comminate non hanno comportato la risoluzione del rapporto di impiego o di lavoro; b) le sanzioni inflitte in via definitiva non superiori alla sospensione, per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31 dicembre 1979 da esercenti pubbliche funzioni o attività professionali. Il condono previsto dalla presente legge non si estende agli effetti accessori o collaterali già prodotti dalle sanzioni disciplinari inflitte. Delle sanzioni condonate non deve rimanere traccia nel fascicolo personale degli interessati. 72 MASSIMARIO DELLE DECISIONI DELLA SEZIONE DISCIPLINARE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA 73 74 SOMMARIO 1. - Abuso di potere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. - Astensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. - Attività extragiudiziaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. - Attività politica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. - Azione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. - Competenza della sezione disciplinare . . . . . . 7. - Condotta privata del magistrato . . . . . . . . . . . 8. - Debiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9. - Difesa dell’incolpato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10. - Doveri del giudice: correttezza . . . . . . . . . . . . 11. - Doveri del giudice: diligenza. . . . . . . . . . . . . . 12. - Doveri del giudice: imparzialità . . . . . . . . . . . 13. - Doveri del giudice: operosità . . . . . . . . . . . . . 14. - Doveri del giudice: riserbo . . . . . . . . . . . . . . . 15. - Esecuzione delle decisioni disciplinari . . . . . . 16. - Illecito disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17. - Imputabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18. - Incompatibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19. - Libertà di critica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20. - Procedimento disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . 21. - Procedimento penale e disciplinare . . . . . . . . 22. - Provvedimenti del giudice: sindacabilità . . . . . 23. - Rapporti con gli avvocati . . . . . . . . . . . . . . . . 24. - Rapporti con i collaboratori . . . . . . . . . . . . . . 25. - Rapporti con i colleghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26. - Rapporti con i dirigenti . . . . . . . . . . . . . . . . . 27. - Rapporti con il Consiglio Superiore della Magistratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28. - Rapporti con i privati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29. - Rapporti con la Polizia. . . . . . . . . . . . . . . . . . 30. - Rapporti con la Pubblica Amministrazione . . 31. - Rapporti dei dirigenti con i magistrati . . . . . . 32. - Rapporti familiari ed extraconiugali . . . . . . . . 33. - Residenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34. - Revisione del procedimento disciplinare. . . . . 35. - Ricusazione di un componente della sezione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36. - Sanzione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37. - Sezione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38. - Sospensione cautelare. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 85 95 105 111 139 143 173 189 199 279 331 343 433 445 451 463 469 473 495 535 555 593 607 613 633 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 655 661 675 681 685 693 703 719 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 733 737 749 759 75 76 1. - ABUSO DI POTERE 77 78 Procedimento n. 24 - Sentenza del 18 novembre 1961 - Pres. De Pietro. Abuso di potere - Procuratore della Repubblica - Incarichi giudiziari ai figli - Richieste di favori a persone sottoposte a procedimento penale - Debiti contratti con avvocati e imputati - Sussistenza dell’illecito - Sanzione della destituzione. Compromette in modo gravissimo il prestigio dell’ordine giudiziario ed è indegno di continuare a far parte dell’ordine medesimo il magistrato che, quale procuratore della Repubblica, tenga costantemente in ufficio e fuori una condotta tale da renderlo immeritevole della fiducia e della considerazione di cui ogni magistrato deve godere. Nella fattispecie l’incolpato aveva nominato difensore di ufficio di imputati, in varie istruttorie, il proprio figlio praticante procuratore legale, e perito di ufficio un altro suo figlio medico; aveva suggerito ai componenti del consiglio di amministrazione di una cooperativa di trasporti — da lui interrogati come imputati — di rivolgersi al predetto suo figlio praticante procuratore per interessarlo all’attività della cooperativa; aveva contratto mutui di somme ingenti con avvocati, con imputati e con altri cittadini, senza estinguerne parecchi; aveva lasciati insoluti dei conti presso alcuni esercenti pubblici del posto; aveva fatto confezionare per sè e per i suoi figli capi di vestiario da un sarto, sottoposto a procedimento penale, senza corrisponderne l’importo; aveva chiesto ed ottenuto per fini personali 79 l’uso di un autoveicolo di proprietà del comune, in pendenza di un procedimento penale a carico di alcuni amministratori comunali, nonchè la fornitura di materiali da costruzione, senza pagarne il prezzo, dal padre di un imputato prosciolto in istruttoria; aveva sollecitato più volte lo stesso imputato ed altre persone a reperirgli prestiti di denaro. Procedimento n. 47 - Sentenza del 28 luglio 1962 - Pres. De Pietro. Abuso di potere - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un pretore che — cercando di riparare ad un errore da lui commesso all’udienza penale (proscioglimento di un imputato per oblazione da contravvenzione, peraltro non oblabile, senza che fosse stata pagata la somma relativa) — convochi il prevenuto in pretura per indurlo a un pagamento tardivo e, di fronte al rifiuto dello stesso, lo faccia arrestare per una imputazione di competenza di altro giudice anche se basata su gli stessi fatti che avevano formato oggetto del procedimento già concluso in sede pretorile. Procedimento n. 52 - Sentenza del 9 marzo 1963 - Pres. De Pietro. Abuso di potere - Richieste di tessere per pubblici spettacoli - Richieste di altri favori e di doni - Sussistenza dell’illecito. Compromette gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario e pertanto, commette illecito disciplinare, il magistrato che, nel piccolo centro ove esercita le sue funzioni, insistentemente e petulantemente, richieda tessera per l’ingresso gratuito a pubblici spettacoli; che pretenda sconti eccessivi da commercianti e fornitori di merci e di di servizi, che — in occasione del suo trasferimento ad altra sede — dichiari di preferire in dono un oggetto di valore, da lui indicato, alla cena di commiato per consuetudine offerta da colleghi, da avvocati e da funzionari; da rechi molestia e faccia proposte di rapporti intimi alla giovane figlia di un avvocato, collaboratrice del padre nello studio professionale, nonchè ad una donna convocata ripetutamente in ufficio nella sua qualità di imputata. 80 Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 Aprile 1963 - Pres. De Pietro. Abuso di potere - Simulazione di un pericolo immaginario a danno di privati - Conseguimento di indebito profitto - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che — in concorso con individui pregiudicati ed avvalendosi della sua qualità — si procuri l’ingiusto profitto di alcune centinaia di migliaia di lire, inducendo in errore, con artifizi e raggiri, due persone ingenerando in esse il timore di un pericolo immaginario, costituito dalla esecuzione di un mandato di cattura che sarebbe stato emesso a carico di una delle due e che il magistrato finga di lacerare. Infatti le circostanze di non avere esitato ad entrare in combutta con individui spregevoli allo scopo di conseguire un indebito profitto patrimoniale, di non essersi peritato di penetrare in quegli uffici dove aveva prestato servizio per simulare la distruzione di un attto precessuale, di non essersi fermato di fronte alla angosciosa trepidazione di persona che si trovava in una drammatica situazione psicologica perchè sottoposta a procedimento penale e di avere, anzi, sfruttato tale situazione a proprio ed altrui profitto, integrano una condotta in assoluto e insanabile contrasto con le caratteristiche funzionali e deontologiche della figura di un appartenente all’ordine giudiziario. Procedimento n. 66 - Sentenza del 1° febbraio 1964 - Pres. Rocchetti. Abuso di potere - Magistrato contravvenzionato da vigile urbano Contravvenzione non oblabile - Richiesta di modifica del processo verbale - Sussistenza dell’illecito. Non è consono alla dignità ed al prestigio dell’ufficio e provoca discredito per l’ordine giudiziario il comportamento del magistrato il quale — a seguito della notifica di un processo verbale di contravvenzione agli artt. 17 e 135 del codice stradale, elevategli dai vigili urbani — tenti di ottenere dai verbalizzanti l’eliminazione da tale atto della seconda contravvenzione non oblabile, a suo avviso insussistente, chiedendo al comandante dei vigili stessi la modifica 81 dell’intero testo del verbale già trasmesso all’autorità giudiziaria. Procedimento n. 130 - Sentenza del 13 luglio 1968 - Pres. Amatucci. Abuso di potere - Presidente di tribunale che designi sè stesso come presidente di un collegio arbitrale - Sussistenza dell’illecito; Viene meno ai doveri impostigli dalla sua qualità di magistrato il presidente di un tribunale che, adito dai due arbitri di parte per la scelta del presidente del collegio arbitrale, abbia designato se stesso ed espletato le relative funzioni. Risponde, invero, ad una essenziale esigenza di correttezza che il magistrato non debba attribuirsi, di propria iniziativa, incarichi lucrativi, a nulla rilevando ai fini disciplinari, che a ciò egli sia stato indotto dalle insistenze delle parti interessate. Procedimento n. 149 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres. Amatucci. Abuso di potere - Presidente di collegio giudicante - Segnalazione al direttore di un istituto di prevenzione e pena per differire il trasferimento di un imputato - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un presidente di collegio giudicante penale che — in vista della prossima fissazione della udienza dibattimentale — segnali al direttore di un istituto di prevenzione e pena l’opportunità di differire il trasferimento, disposto per motivi disciplinari, di un imputato. Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres. Amatucci. Abuso di potere - Parere di un magistrato del p.m. in ordine ari ritiro del passaporto su richiesta della questura - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato del pubblico ministero che si sia pronunciato 82 negativamente in ordine al ritiro di passaporti nei confronti di imputati di bancarotta fraudolenta quanto ciò sia avvenuto a seguito di una richiesta di parere da parte dei competenti funzionari della questura. Procedimento n. 219 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Abuso di potere - Richiesta di notizie alla p.s. su ordine di carcerazione - Mancanza di elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che richieda ad un maresciallo di p.s. notizie su un ordine di carcerazione a carico di persona con lui in rapporto di dimestichezza nonchè sull’eventuale amnistia, quanto risulti accertato essere il magistrato ben noto all’interlocutore sì da non poter essere frainteso circa il suo esclusivo intento di evitare l’esecuzione di un ordine di carcerazione eventualmente già revocato. Procedimento n. 234 - Sentenza el 12 maggio 1972 - Pres. Amatucci. Abuso di potere - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che intervenga direttamente presso gli addetti alla depositeria comunale per persuaderli ad eseguire un ordine di restituzione di una autovettura — rimossa perchè giudiziario, ingenerando in tal modo nei cittadini presenti il convincimento della commissione di un abuso per ragioni di amicizia. Procedimento n. 1/90 - Sentenza del 21 settembre 1990 - Pres. Galloni. Abuso di potere - Emissione di provvedimento diretto a violare i limiti della funzione giurisdizionale ordinaria - Responsabilità disciplinare 83 - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, con l’emissione di un provvedimento giurisdizionale abnorme e con la perpetuazione nel tempo dei suoi effetti con modalità processuali inusitate, attua una preordinata ed indebita intromissione nella sfera dei poteri del giudice amministrativo. (Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto censurabile il comportamento del pretore che aveva sospeso con decreto emesso ex art. 700 c.p.c. l’esecutorietà di un provvedimento amministrativo di trasferimento di un ufficiale di p.g., già oggetto di ricorso al giudice amministrativo con contestuale richiesta di sopensiva, fino al momento in cui il T.A.R. non avrebbe provveduto sull’istanza di sospensiva e, successivamente, nel confermare la pronunzia cautelare aveva concesso il termine di 180 giorni per l’inizio del giudizio di merito). 84 2. ASTENSIONE 85 86 Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro. Astensione - Omissione in un procediemnto in cui il difensore di un parte abbia firmato per avallo cambiali emesse dal magistrato Sussistenza dell’illecito. É censurabile in sede disciplinare il magistrato che, avendo ottenuto da un avvocato la firma di avallo su una cambiale, non avverta il dovere di astenersi dal trattare procedimenti nei quali il suddetto avvocato svolga funzioni di difensore, specie se l’operazione di avallo sia nota nel piccolo centro sede della pretura. Procedimento n. 52 - Sentenza del 9 marzo 1963 - Pres. De Pietro. Astensione - Omissione in un procedimento penale a carico del gestore di un ristorante ove si consumavano pasti a prezzo di favore Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che non ritenga di astenersi dal giudicare un procedimento penale a carico del gestore di un ristorante dove egli e i suoi familiari consumavano abitualmente i pasti a prezzo di favore. 87 Procedimento n. 55 - Sentenza del 22 giugno 1963 - Pres. De Pietro. Asetensione - Procuratore legale parente del magistrato - Sostituzione di altro legale di due udienze istruttorie - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che non si astiene in una causa in cui sia intervenuto come procuratore legale un suo parente quando la partecipazione di quest’ultimo al giudizio si sia limitata alla sostituzione di un altro legale in due sole udienze istruttorie. Procediento n. 83 - Sentenza del 1° Febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Astensione - Omissione in un procedimento in cui difensore di una parte sia il cognato del magistrato - Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri e compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che omette di astenersi in procedimenti civili e penali nei quali un suo cognato svolga le funzioni di avvocato. Procedimento n. 238 - Sentenza del 19 maggio 1972 - Pres. Amatucci Astensione - Mancato esercizio della facoltà di astensione - Unico magistrato in servizio feriale presso la procura della Repubblica Successivo esercizio della facoltà di astensione - Insussitenza dell’illecito. L’art. 73 c.p.p. prevede per i magistrati del pubblico ministero la facoltà e non l’obbligo di astensione, conseguentemente l’eventuale inosservanza di tale norma va esaminata in sede disciplinare con minore rigidità di quella applicabile nei confronti di un magistrato addetto a funzioni giudicanti. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, durante il periodo feriale e come unico magistrato 88 in servizio, abbia disposto indagini di polizia giudiziaria e abbia continuato personalmente le dette indagini, pur ricorrendo, a norma dell’art. 73 c.p.p., gravi ragioni di convenienza per astenersi, quando abbia esercitato la detta facoltà, non appena si sia resa possibile la sua sostituzione. Procedimento n. 382 - Sentenza del 15 luglio 1978 - Pres. Bachelet. Astensione - Mancato esercizio della facoltà di astensione - Illecito disciplinare - Sussistenza - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in qualità di presidente di un collegio penale, tratti un processo per reati relativi alla disciplina urbanistica e demaniale che ha suscitato notevole scalpore nell’opinione pubblica anche nazionale, senza considerare che la circostanza di essere proprietario di un appartamento sito in uno degli edifici, in relazione ai quali i suddetti reati erano stati contestati, gli imponeva il dovere di astenersi per evitare sospetti di compiacenza; e ciò anche se sia da escludere che l’incolpato abbia agito per motivi personali, non potendo l’eventuale condanna degli imputati pregiudicare i diritti di proprietà da lui acquisiti nell’appartamento suddetto. Procedimento n. 407 - Sentenza del 18 gennaio 1980 - Pres. Bachelet. Astensione - Mancato esercizio della facoltà di astensione - Illecito disciplinare - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del giudice istruttore che non si astenga dal trattare un procedimento penale per omicidio colposo, instaurato contro un imputato il quale, oltre ad essere costruttore dell’edificio in cui trovasi l’appartamento acquistato dalla moglie dell’incolpato, riscuota periodicamente da quest’ultimo, durante il corso dell’istruttoria, nella veste di incaricato delle vendite, i ratei del pagamento del prezzo di tale immobile. 89 Procedimento n. 393 - Sentenza del 18 settembre 1980 - Pres. Zilletti. Astensione - Istanza di colloquio con un detenuto presentata ad un magistrato da una donna cui lo stesso magistrato sia legato da rapporto di amicizia - Mancata astensione - Illecito disciplinare Insussistenza - Limiti. Poichè la concessione di permessi per colloqui con imputati detenuti è caratterizzata da una limitatissima sfera di discrezionalità, non costituisce illecito disciplinare il magistrato che non si astenga, ma provveda in senso positivo all’istanza di colloquio presentatagli da una donna cui è legato da un vecchio rapporto di amicizia, a meno che sia a conoscenza che nell’ambiente in cui opera corrano voci, sia pure infondate, sulla sussistenza di una relazione sessuale fra esso incolpato e la donna anzidetta. Procedimenti n. 271 e 420 - Sentenza del 10 gennaio 1982 - Pres. Galasso. Astensione - Fattispecie - Illeceità disciplinare. Commette illecito disciplinare il magistrato che, chiamato ad esercitare le funzioni di pubblico ministero in un procedimento applicativo di misure di prevenzione, omette di rappresentare in una formale dichiarazione di astenzione l’esistenza di rapporti amichevoli con il consulente del soggetto preposto per la stessa misura, impedendo con ciò all’autorità competente di prendere le opportune decisioni. Procedimento n. 393 - Sentenza dell’11 dicembre 1982 - Pres. Galasso. Astensione - Sussistenza delle condizioni di cui all’art. 73 c.p.p. Omessa astensione - Falsità dei fatti giustificativi dell’astensione accertata ex post - irrilevanza - Sussistenza dell’illecito. 90 Ogni magistrato, in qualsiasi circostanza non solo deve essere imparziale, ma deve anche comportarsi in maniera da apparire tale, perchè anche le apparenze possono suscitare sospetti che, per quanto si rivelino poi infondati, sono ugualmente idonei ad ingenerare sfiducia. (Nella specie il magistrato non si era astenuto sulla richiesta di un permesso di colloquio da parte di una donna, pubblicamente indicata come sua amante, a seguito della diffusione di fotografie, in seguito rivelatesi fotomontaggi, che li ritraevano insieme in atteggiamenti osceni). Procedimento n. 2/85 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres. Guizzi. Astensione - Limiti. Al di fuori dei casi previsti dall’art. 64 C.P.P. incombe al giudice il dovere di astensione quando le ragioni di convenienza siano gravi, idonee cioè a menomare la libertà di determinazione del giudice o la sua insospettabilità. Semplici motivi di opportunità e di convenienza non sono sufficienti per legittimare l’astensione nè per fondare l’obbligo della dichiarazione ex art. 62 C.P.P.. (Nella specie l’incolpato nella qualità di Presidente di Corte di Assise aveva ritenuto di non astenersi in relazione ad un’istanza della parte civile che prospettava di essere assistita dallo stesso legale che aveva difeso la parte civile di un processo per lesioni colpose a carico di un figlio de’ll’incolpato, a sua volta difeso in quel procedimento dallo stesso difensore dell’imputato da giudicare). Procedimento n. 3/86 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres. Mirabelli. Astensione - Omissione in un procediemnto in cui l’imputato sia moglie del cognato del pubblico ministero - Difetto dell’elemento soggettivo. Il mancato esercizio della facoltà di astenersi per gravi ragioni di convenienza, a sensi dell’art. 73 C.P.P., è censurabile 91 disciplinarmente quando possa essere compromessa l’immagine di credibilità od imparzialità dell’ordine giudiziario. (Nella specie il magistrato che non si era astenuto dalla trattazione di un procedimento penale nel quale era coinvolta la moglie del cognato è stato assolto per mancanza di prova sulla consapevolezza dei presupposti di fatto dell’astensione). Procedimento n. 67/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Astensione - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, nella qualità di Presidente della Commissione tributaria, non si astiene dall’esaminare e decidere questioni concernenti una ditta presso la quale ha in precedenza effettuato rilevanti acquisti a condizioni vantaggiose. Procedimento n. 49/86 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Astensione - Obbligo di astensione - Limiti. Il dovere di astensione che non sussiste tutte le volte in cui vi sono unicamente rapporti di amicizia, cordialità, frequentazione tra il magistrato ed i difensori delle parti, a maggior ragione non sussiste quando tale rapporto intercorre tra il magistrato e persona che non ha alcuna veste ed alcun titolo per intervenire nel procedimento. (Nella specie all’incolpato si contestava la circostanza, peraltro non accertata in fatto, di avere avuto stretti rapporti di affari con il consulente finanziario di un imputato in un processo da lui istruito). Procedimento n. 48/85 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Astensione - Mancata astensione su denuncia che lo riguarda Sussistenza dell’illecito. 92 Il magistrato accusato in una denuncia che gli sia pervenuta o per errore o perchè di turno ovvero in relazione all’esercizio di contingenti funzioni di capo dell’uffico dovrà ispirare il cuo comportamento ad una regola deontologica fondamentale, ricavabile dall’ordinamento, che impone di astenersi da qualsiasi attività che possa far sorgere anche solo il sospetto di un interazione o sovrapposizione dell’interesse personale a difendersi con l’interesse pubblico ad un corretto ed imparziale esercizio della funzione giudiziaria. (Nella specie è stata ritenuta la responsabilità disciplinare del sostituto procuratore il quale, ricevuta una denuncia che lo riguardava non ne informava il Capo dell’ufficio e, presa visione degli atti cui la denuncia si riferiva, provvedeva, oltre un mese dopo, a qualificarla come calunniosa trasmettendola quindi ad un altro collega della Procura). Procedimenti n. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli. Astensione - Fattispecie - Illiceità. Commette illecito disciplinare il magistrato che viola un evidente obbligo di astensione. (Nella specie l’incolpato aveva fatto parte di un collegio chiamato a conoscere in appello di una controversia insorta tra le stesse parti, per lo stesso rapporto di lavoro, per lo stesso atto di licenziamento che già avevano formato oggetto di un lodo arbitrale emesso da un collegio da lui stesso presieduto). 93 94 3. ATTIVITA’ EXTRAGIUDIZIARIA 95 96 Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro. Attività extragiudiziaria - Brevetto di invenzione - Insussistenza dell’illecito - Sfruttamento industriale del brevetto - Sussistenza dell’illecito. Nessuna disposizione di legge impedisce al magistrato di far brevettare a suo nome una sua invenzione, essendo invece a lui vietato soltanto lo sfruttamento industriale della propria invenzione. Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro. Attività extragiudiziaria - Partecipazione a società personale per l’esercizio di industria o commercio - Sussistenza dell’illecito. Costituisce violazione della norma di cui all’art. 16 dell’ordinamento giudiziario, che fa divieto al magistrato di esercitare industrie e commerci, la partecipazione dello stesso ad una società personale avente per oggetto l’esercizio di una industria o di un commercio. Procedimento n. 14 - Sentenza del 25 novembre 1961 - Pres. De 97 Pietro. Attività extragiudiziaria - Consulenza continua, anche se gratuita, ad ingegnere - Sussistenza dell’illecito. Commette infrazione disciplinare il magistrato che presti una continua attività di consulenza, sia pure gratuita, a favore di un ingegnere sì da apparire agli estranei come un vero e proprio collaboratore di quel professionista. Procedimento n. 41 - Sentenza del 12 maggio 1962 - Pres. De Pietro. Attività extragiudiziaria - Tentativo di conciliazione di una controversia - Attività consentita - Compenso in denaro - Irrilevanza. Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’attività svolta dal magistrato per tentare la conciliazione di una controversia tra due parti, anche se remunerata da uno dei contendenti, quanto non sia necessaria alcuna autorizzazione. Non può, infatti, fondatamente rimproverarsi al magistrato di avere percepito un onorario per una attività effettivamente svolta e non vietata dalle disposizioni in vigore. Procedimento n. 41 - Sentenza del 12 maggio 1962 - Pres. De Pietro. Attività extragiudiziaria - Arbitrato autorizzato - Percezione di compenso ulteriore rispetto a quello ufficiale - Attività conciliativa in altra controversia - mancanza di autorizzazione - Sussistenza dell’illecito. Viene meno ai propri doveri e compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che, in un arbitrato regolarmente autorizzato tra una società ed un comune, riceva, ad avvenuta liquidazione degli onorari, un ulteriore compenso dalla società e che, sempre mediante compenso in denaro, componga in via conciliativa altra controversia senza avere avuto alcuna autorizzazione. 98 Procedimento n. 41 - Sentenza del 12 maggio 1962 - Pres. De Pietro. Attività extragiudiziaria - Comparse retribuite da avvocato per cause civili pendenti presso altro ufficio - Sussistenza dell’illecito. Attività extragiudiziaria - Parere per causa civile precedentemente istruita - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, dietro compenso, rediga per un avvocato comparse in cause civili pendenti avanti uffici giudiziari diversi dal proprio. Costituisce illecito disciplinare il comportamento dello stesso magistrato che abbia espresso un parere scritto in una causa civile da lui precedentemente istruita sulla base del convincimento formatosi nell’espletamento della funzione giudiziaria. Procedimento n. 74 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Attività extragiudiziaria - Parte attiva nell’amministrazione di uno stabilimento balneare fuori del mandamento della propria pretura - Sussistenza dell’illecito. Viene meno ai propri doveri il magistrato che abbia preso parte attiva alla amministrazione di una società avente per oggetto la gestione di stabilimenti balneari fuori del mandamento della pretura di cui era titolare. La lesione del prestigio del magistrato, che deve essere integro anche fuori del territorio dove egli esercita le funzioni, risulta ancora più grave, quando la notorietà del fatto consente al pubblico di indicare uno dei predetti stabilimenti come «lo stabilimento del giudice». Procedimento n. 125 - Sentenza del 13 marzo 1969 - Pres. Amatucci. Attività extragiudiziaria - Società - Magistrato socio - Pareri in ordine alla gestione della società - Attività consentita - Insussistenza dell’illecito. 99 Non viola gli obblighi dell’art. 16 dell’ordinamento giudiziario il magistrato che, essendo socio di una società avente personalità giuridica autonoma, esprima agli amministratori della medesima, in sede assembleare o extra assembleare, la propria approvazione o disapprovazione in ordine agli atti di gestione della società stessa e dia ai medesimi pareri o suggerimenti al riguardo su questioni di carattere giuridico rientranti nella sua esperienza professionale. Ciò che la legge infatti vieta è che il magistrato assuma di diritto o di fatto la veste di imprenditore o quella di amministratore. Procedimento n. 162 - Sentenza del 28 ottobre 1971 - Pres. Amatucci. Attività extragiudiziaria - Incarico arbitrale - Perentoria richiesta di un compenso eccessivo - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, quale presidente di un collegio arbitrale, abbia chiesto un compenso evidentemente sproporzionato all’attività svolta ed abbia minacciato il ricorso al procedimento ingiunzionale in difetto di integrale pagamento entro un brevissimo termine. Anche nell’esercizio di un’attività di natura privatistica, infatti, il magistrato deve pur sempre mantenere il decoro e la dignità propri di chi appartiene all’ordine giudiziario. Procedimento n. 221 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Attività extragiudiziaria - Consulenza giuridica gratuita a privati Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, richiesto, abbia dato in alcuni casi pareri legali ai propri compaesani, senza però percepire alcun corrispettivo di qualsiasi natura e astenendosi dall’esprimere i detti pareri su questioni già sottoposte alla valutazione del magistrato. Procedimento n. 217 - Sentenza del 25 febbraio 1972 - Pres. 100 Amatucci. Attività extragiudiziaria - Redazione per conto di un avvocato di una comparsa di risposta per il giudizio di impugnazione di una sentenza pronunciata dal magistrato - Sussistenza dell’illecito. Manca ai doveri di magistrato compromettendo il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che predisponga, in favore di uno studio legale, cui peraltro abbia affidato la tutela giudiziaria degli interessi di sua moglie, il testo di una comparsa di risposta da depositare nel giudizio di appello avverso una sentenza di primo grado della quale egli stesso sia stato l’estensore. (Nella fattispecie la minuta redatta dal magistrato ed utilizzata solo formalmente era stata lasciata, sbadatamente, nel fascicolo di parte depositato in cancelleria). Procedimento n. 7/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres. Galasso. Attività extragiudiziaria - Insegnamento in istituto parificato - Difetto di autorizzazione - Illeceità disciplinare - Quantificazione della sanzione. Costituisce illecito disciplinare l’avere il magistrato, senza la previa autorizzazione del Consiglio, espletato in un Istituto parificato un incarico di insegnamento non limitato ad un numero esiguo di prestazioni. Il convincimento dell’incolpato che l’incarico non necessitasse di autorizzazione e la mancata sottrazione ai doveri d’ufficio sono elementi da valutare esclusivamente ai fini di determinazione della sanzione. Procedimento n; 35/84 - Sentenza del 23 novembre 1984 - Pres. Guizzi. Attività extragiudiziaria- Elaborazione di un parere giuridico a richiesta di ente locale - Previsione di un compenso di lire 4.000.000 Necessità di autorizzazione del C.S.M. - Sussistenza. Ai sensi dell’art. 16, 2° comma, ordinamento giudiziario 101 l’autorizzazione, prevista per l’assunzione di incarichi di qualsiasi genere, necessita anche per un’attività di consulenza a favore di un tente locale che assicuri il notevole compenso di lire 4.000.000. Può considerarsi sottratta all’onere di preventiva autorizzazione soltanto l’attività di consulenza esplicita in un occasionale parere di immediata formulazione, non richiedente una fase di preparazione, di elaborazione dati e di complesso studio. Procedimenti n. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli. Attività extragiudiziaria - Arbitrati tra privati - Violazione dell’art. 16 ord. giud. - Illiceità. Lo svolgimento di funzioni di Presidente di collegi arbitrali, costituiti per la risoluzione di controversie tra privati, viola l’art. 16 ord. giud. e costituisce illecito disciplinare. Procedimenti n. 31/86, 34/87, 43/87 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Attività extragiudiziaria - Partecipazione a commissioni di concorso Mancata richiesta d’autorizzazione - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare l’espletamento di numerosi incarichi senza la preventiva richiesta di autorizzazione al C.S.M. (Nella specie l’incolpato aveva omesso di richiedere l’autorizzazione alla partecipazione, in qualità di componente, a più commissioni di concorso per l’assunzione di personale di vario livello presso enti locali). Procedimento n. 24/89 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres. Mirabelli. Attività extragiudiziaria - Fattispecie - Esclusione dell’addebito. La partecipazione ad una commissione costituita dalla giunta 102 comunale per procedere insindacabilmente alla selezione delle imprese da inviare alla gara di appalto per la edificazione del nuovo Palazzo di Giustizia, non costituisce illecito disciplinare quando manchi la prova di un nocumento alla credibilità e indipendenza dell’incolpato. (Nella specie l’incolpato, con funzioni di Procuratore della Repubblica, aveva partecipato alla detta commissione nella vigenza della circolare consiliare n. 7131/1979, senza previa autorizzazione del C.S.M. che, incidentalmente, la Sezione afferma non essere necessaria). Procedimento n. 80/79 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Attività extragiudiziaria - Collaborazione giornalistica - Insussistenza dell’illecito. Non è qualificabile come illecito disciplinare, per difetto dell’elemento soggettivo, il comportamento del magistrato che presti ad un giornale una continuativa collaborazione giornalistica, dal momento che l’attività di collaborazione esterna in qualità di pubblicista (anche accompagnata dalla iscrizione nell’apposito albo) è di fatto ritenuta lecita e neppure meritevole di autorizzazione da parte del C.S.M. (che si limita a prenderne atto). Procedimento n. 72/89 - Sentenza del 15 dicembre 1989 - Pres. Mirabelli. Attività extragiudiziaria - Autorizzazione non necessaria - Insussistenza dell’illecito. Valutazioni di inopportunità dell’assunzione di incarichi extragiudiziari, esprimibili a posteriori sulla base della evoluzione della disciplina propria di detti incarichi, non possono valere ad integrare, ora per allora, una fattispecie di rilevanza disciplinare all’epoca non configurabile. (Nella specie l’incolpato aveva svolto un numero di prestazioni 103 inferiori a cinque non necessitanti autorizzazione nella vigenza della delibera consiliare 18.7.1984). 104 4. - ATTIVITA’ POLITICA 105 106 Procedimento n. 83 - Sentenza del 18 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Attività politica - Imminenza delle elezioni - Pubblica manifestazione di simpatia per un determinato partito - Mancanza di eccessi Imparzialità nell’esercizio delle funzioni - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che, nell’imminenza di elezioni politiche, manifesti pubblcamente le sue simpatie per un determinato partito, quando non trasmondi e quando dimostri assoluta imparzialità nell’esercizio delle sue funzioni. Procedimento n. 43 - Sentenza del 6 febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Attività politica - Manifestazione di idee politiche - Legittimità Partecipazione attiva alla lotta politica - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che non si limiti a manifestare idee politiche ma prenda parte attiva alla lotta politica. Ciò in quanto nell’esercizio del diritto di cui all’art. 21 della Costituzione il magistrato non solo deve rispettare il generale limite della legge penale ma che gli speciali limiti connessi alla sua posizione nella società per la quale è tenuto ad un contegno particolarmente riservato in relazione alla delicatezza delle sue 107 funzioni ed alla esigenza di meritare il rispetto e la fiducia di tutti senza che possa essere messa in dubbio l’imparzialità ed il prestigio. Procedimento n. 83 - Sentenza del 1° febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Attività politica - Magistrato presidente di seggio elettorale - Elezione di un candidato locale - Partecipazione al corteo di festeggiamento - Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri e si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere ogni appartenente all’ordine giudiziario il magistrato che, dopo avere temporaneamente abbandonato il seggio elettorale in cui svolgeva le funzioni di presidente, abbia partecipato ad un incomposto corteo di automobili festeggiante la prevista vittoria di un candidato locale. Siffatto comportamento è censurabile in sede disciplinare sotto il profilo della imprudenza, della poca opportunità e della sconvenienza, in quanto, finchè le attività elettorali non siano del tutto chiuse, i presidenti dei seggi devono non solo essere, ma anche apparire completamente distaccati da interessi di parte e superiore alla lotta politica. Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Attività politica - Fattispecie. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che seguendo una certa ideologia, si adopera perchè nel rispetto della Costituzione, essa si diffonda e si affermi. (Nella specie un magistrato come presidente di un circolo, costituitosi e manenutosi per molto tempo con finalità esclusivamente culturali, avesse strumentalizzato il sodalizio in favore del movimento studentesco di estrema sinistra, mettendo a disposizione del medesimo, per il raggruppamento dei suoi fini di organizzazione e propaganda, sia la sede del circolo che la rivista dallo stesso edita, provocando in tal modo le dimissioni di quasi tutti i soci, che non 108 condividevano l’indirizzo politico, le finalità e le tendenze estremistiche di detto movimento). Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 5 maggio 1977. Attività politica - Distribuzione da parte di un magistrato, nei locali dell’ufficio giudiziario, dell’invito a partecipare ad un dibattito sulle opere di uno scrittore contenenti critiche alla magistratura - Illecito disciplinare - Esclusione. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia distribuito, nel suo ufficio, a pochissimi amici recatisi a salutarlo, inviti a partecipare ad un dibattito sulle opere di uno scrittore contenenti gravissime critiche all’operato della magistratura. Infatti, è da ritenere che la consegna degli inviti, effettuata con le cennate modalità, non sia avvenuta nel corso dell’attività pubblica dell’incolpato, bensì nell’ambito dei rapporti di natura privata preesistenti fra l’incolpato stesso ed i suoi visitatori, senza che abbia assunto alcun rilievo la qualità di magistrato e l’esercizio delle relative funzioni. Procedimento n. 214 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres. Bachelet. Attività politica - Partecipazione di un magistrato ad un comizio Illecito disciplinare - Esclusione. Il comportamento di un magistrato che partecipa ad un comizio e vi prende la parola, non integra, di per sè, violazione dei doveri del magistrato, nè condotta compromissiva del prestigio dell’Ordine giudiziario, ma rientra fra i diritti dei libertà, che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini. Procedimento n. 334 - Sentenza del 19 novemnre 1977 - Pres. Bachelet. Attività politica - Partecipazione ad un dibattito - Critiche all’Orddine 109 giudiziario - Valutazione dell’elemento soggettivo - Illegito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che, prendendo parte ad un pubblico dibattito, accusi l’Ordine giudiziario di partecipare all’attuazione di un disegno politico di repressione, astenendosi dall’effettuare indagini su pretesi abusi delle forze, di polizia, qualora non risulti sufficientemente provato che tali affermazioni siano state fatte deliberatamente e non siano, invece, imputabili al clima particolarmente polemico del dibattito, il quale abbia indotta l’oratore a forzare il tono del suo discorso, ed a pronunziare frasi non corrispondenti al suo reale pensiero. Procedimento n. 9/83 - Sentenza del 11 luglio 1983 - Pres. De Carolis. Attività politica - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste materia di rilevanza disciplinare allorquando l’incolpato si sia limitato ad esercitare la sola competenza del giudice istruttore in materia di visita dei parlamentari agli istituti penitenziari, che è quella attinente alla autorizzazione di coloqui. Procedimento n. 2/85 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres. Guizzi. Attività politica - Limitata e occasionale attività politica - Insussistenza dell’illecito. Non attinge a rilievo disciplinare, per assenza della violazione di specifici doveri deontologici, lo svolgimento di una limitata ed occasionale attività politica, integratasi nella partecipazione agli incontri preparatori dei gruppi consiliari di un Comune per la formazione della Giunta municipale. 110 5. AZIONE DISCIPLINARE 111 112 Procedimento n. 3 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro. Azione disciplinare - Inizio del procedimento - Termine previsto dall’art. 97 dello statuto degli impiegati civili dello Stato per l’inizio del procedimento disciplinare - Applicabilità ai magistrati. Si applica anche ai magistrati l’art. 97 dello statuto degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) nella parte in cui stabilisce che «il procedimento disciplinare deve avere inizio con la contestazione degli addebiti entro 180 giorni dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza definitiva di proscioglimento od entro 40 giorni dalla data in cui l’impiegato abbia notificato all’amministrazione la sentenza stessa». All’applicazione ai magistrati di questa disposizione non è di ostacolo il fatto che il r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, sulle guarentigie della magistratura disciplini in modo completo il procedimento disciplinare e non prevedeva nessuna decadenza per l’esercizio dell’azione disciplinare; ciò perchè l’art. 43 del decreto del 1946 non esclude l’applicabilità ai magistrati di altre disposizioni che non siano contrarie o incompatibili con le norme in esso contenute. Procedimento n. 761 - Sentenza del 21 maggio 1960 - Pres. De Pietro. 113 Azione disciplinare - Collocamento a riposo del magistrato incolpato - Normativa dettata in materia dello statuto degli impiegati civili - Applicabilità ai magistrati - Prosecuzione del procedimento disciplinare per l’eventuale applicazione della sanzione della destituzione con conseguente privazione del trattamento di quiescenza. Promossa l’azione disciplinare nei confronti di un magistrato ed avvenuto, nelle more del procedimento, il suo collocamento a riposo per età ed anzianità di servizio a domanda, il procedimento deve proseguire all’unico fine di accettare se sia da applicare la sanzione della destituzione con la conseguente privazione del trattamento di quiescenza. La norma di cui all’art. 118 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) per la quale il procedimento disciplinare prosegue agli effetti dell’eventuale trattamento di quiescenza anche quando, nel corso del procedimento medesimo, il rapporto di impiego cessi, è applicabile anche ai magistrati, in virtù del rinvio contenuto negli artt. 276 ultimo comma ord. giud. e 14, 2° comma legge 21 maggio 1951, n. 392; e ciò perchè non è concepibile che colui che per avventura si sia reso completamente indegno di amministrare giustizia e meriti di essere allontanato dall’ordine giudiziario e privato anche del trattamento di quiescenza, possa con un suo atto di volontà sottrarsi alla giusta sanzione e codere dei benefici di cui si fosse reso immeritevole. Procedimento n. 18 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De Pietro. Azione disciplinare - Collocamento a riposo del magistrato incolpato Normativa dettata in materia dello statuto degli impiegati civili Applicabilità ai magistrati - Prosecuzione del procedimento disciplinare per l’eventuale applicazione della sanzione della destituzione con conseguente privazione del trattamento di quiescenza. L’art. 118 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 stabilisce che, 114 qualora — nel corso del procedimento disciplinare — il rapporto d’impiego cessi per qualsiasi motivo, il procedimento disciplinare deve proseguire ai soli effetti dell’eventuale trattamento di quiescenza e previdenza. Tale disposizione, ai sensi dell’art. 276, ultimo comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e dell’art. 14, 2° comma, della legge 24 maggio 1951, n. 392, è applicabile anche ai procedimenti disciplinari contro magistrati, non essendo in contrasto con alcuna specifica disposizione relativa a tali procedimenti, contenuta nelle leggi sull’ordinamento giudiziario e nei relativi regolamenti. Cessato il rapporto d’impiego del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, si deve anzitutto stabilire se, per i fatti dei quali lo stesso è incolpato, sia o meno da irrogare la destituzione con perdita totale o parziale del trattamento di quiescenza. Nel caso che l’applicabilità di detta sanzione debba essere esclusa, va senz’altro dichiarata l’improcedibilità dell’azione disciplinare; infatti la sopraggiunta cessazione del rapporto di impiego, facendo venir meno l’appartenenza dell’incolpato all’ordine giudiziario, impedisce che allo stesso si possa irrogare una sanzione disciplinare che non incida in alcun modo sul trattamento di quiescenza e previdenza, e cioè sull’unico effetto che il rapporto di impiego è ancora suscettibile di produrre nonostante la sua cessazione. Procedimento n. 46 - Sentenza del 23 giugno 1962 - Pres. De Pietro. Azione disciplinare - Momento iniziale del procediemento disciplinare - Coincidenza con la contestazione formale degli addebiti Esclusione. L’inizio del provvedimento disciplinare a carico dei magistrati non è costituito dalla contestazione formale degli addebiti all’incolpato. Risulta, infatti, dal combinato disposto degli art. 14, n. 1 della legge 24 marzo 1958, n. 195 e 59 del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916 che l’azione disciplinare a carico dei magistrati è richiesta dal Ministro della giustizia o è promosso dal procuratore generale, e che l’azione ha inizio con la richiesta di istruzione formale ovvero con la comunicazione del procuratore generale al Consiglio superiore 115 che procede con istruzione sommaria. Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De Pietro. Azione disciplinare - Inerzia dell’organo dell’azione - Termine di decadenza previsto per il procedimento disciplinare contro gli impiegati dello Stato - Conseguente estinzione del procedimento Applicabilità ai magistrati - Esclusione. La disposizione di cui all’art. 120 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 dello statuto degli ipiegati civili dello Stato (decadenza dell’azione disciplinare dopo 90 giorni di inerzia tra l’inizio e la ripresa del procedimento disciplinare) non si applica al procedimento disciplinare contro i magistrati; ciò per la natura profondamente diversa delle due procedure e per il fatto che il procedimento relativo ai magistrati è assimilato a quello penale. Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro. Azione disciplinare - Preventiva contestazione degli addebiti - Esclusione - Normativa vigente in materia per gli impiegati civili dello Stato - Applicabilità ai magistrati - Esclusione. Nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati non occorre che, prima della richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia, si provveda alla contestazione degli addebiti nei modi stabiliti dagli articoli 103, 104 dello statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. Infatti l’art. 384 di tale statuto stabilisce espressamente che le norme in questo contenute si applicano a tutti gli impiegati civili dello Stato «salvo le disposizioni speciali vigenti per il personale addetto agli uffici giudiziari»; pertanto — data la formulazione della riserva — nei procedimenti disciplinari nei confronti di magistrati devono essere applicate le regole enunciate nel r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511. Procedimento n. 55 - Sentenza del 22 giugno 1963 - Pres. De 116 Pietro. Azione disciplinare - Inerzia dell’organo dell’azione - Termine di decadenza previsto per il procediemento disciplinare contro gli impiegati dello Stato - Conseguente estinzione del procedimento Applicabilità ai magistrati - Esclusione. La disposizione di cui agli artt. 110 e 120, d.P.R. 10 gennaio 1953, n. 3 per cui il procedimento disciplinare si estingue per il decorso di novanta giorni senza che sia stato compiuto alcun atto istruttorio, non trova applicazione nel procedimento disciplinare relativo ai magistrati. É vero che l’art. 266 ult. comma dell’ordinamento giudiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) ammetteva l’applicabilità anche ai magistrati delle disposizioni relative agli impiegati civili dello Stato, che non sono contrarie all’ordinamento stesso ed ai relativi regolamenti, ma il rinvio a disposizioni di legge che regolano casi simili o materie analoghe (art. 12 delle preleggi) è sempre subordinato alla mancanza di una completa regolamentazione della materia. Invece, per la disciplina dei magistrati, esiste un completo ed ordinato sistema di norme (r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511; legge 24 marzo 1958, n. 195; d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916) alle norme sull’istruzione e sul dibattimento penale, in quanto compatibili. Procedimento n. 75 - Sentenza del 21 dicembre 1963 - Pres. Rocchetti. Azione disciplinare - Dimissioni dell’incolpato - Improseguibilità dell’azione. L’azione disciplinare non può essere proseguita nei confronti del magistrato che abbia rassegnato le dimissioni dall’impiego quando tali dimissioni siano state accettate. Procedimento n. 84 - Sentenza del 5 marzo 1966 - Pres. Rocchetti. Azione disciplinare - Potere del Procuratore generale presso la Cassazione di promuovere il procedimento disciplinare - Preteso contrasto con 117 l’art. 107 Cost. - Esclusione. L’art. 107 della Costituzione, che attribuisce al Ministro la facoltà di promuovere l’azione disciplinare, con ciò assicurando un collegamento tra il potere giudiziario e l’esecutivo, non vieta che tale facoltà sia dalla legge ordinaria attribuita anche al procuratore generale della Corte di cassazione, che, anzi, tale attribuzione non fa che attuare il principio costituzionale (art. 104) dell’autonomia della magistratura. Procedimento n. 40 - Sentenza del 1° ottobre 1968 - Pres. Amatucci. Azione disciplinare - Inizio dell’azione - Termine previsto dall’art. 97 dello statuto degli impiegati civili dello Stato - Applicabilità ai magistrati - Esclusione. L’art. 97 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, che configura un caso di decadenza per la mancata contestazione degli addebiti entro 180 giorni dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza penale di proscioglimento dell’impiegato civile dello Stato, non è applicabile ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Infatti l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati non è sottoposta ad alcun termine di decadenza, in quanto le norme del codice di procedura penale riguardanti «la richiesta dell’autorità», per il carattere eccezionale di questo istituto, non possono ritenersi trasferite — senza espressa disposizione di legge — in altra materia ed in quanto nel campo del diritto pubblico non sono ammissibili decadenze non espressamente previste dalla legge. Procedimento n. 101 - Sentenza del 18 dicembre 1968 - Pres. Amatucci. Azione disciplinare - Inizio dell’azione - Art. 103 dello statuto degli impiegati civili dello Stato - Obbligo di procedere subito Applicabilità ai magistrati. Si applica anche ai magistrati l’art. 103 dello statuto degli 118 impiegati civili dello Stato (t.u. 3 gennaio 1957, n. 3), nella parte in cui fissa l’obbligo di procedere subito al giudizio disciplinare. La norma ha inteso chiaramente stabilire che il procedimento disciplinare deve essere iniziato in un lasso di tempo ragionevolmente breve e si applica anche ai magistrati in quando tende a tutelare tutti coloro che sono soggetti a sanzioni disciplinari contro inutili lungaggini. Nè l’applicabilità del pricncipio potrebbe escludersi per il semplice fatto che il procediemnto disciplinare contro i magistrati trova la sua compiuta regolamentazione nel r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511, giacchè questo testo legislativo nulla dispone in proposito e perciò può essere integrato dalla norma in esame: in tal modo viene opportunamente integrata la normativa vigente, essendo interesse comune del magistrato e dello Stato, che si accertino sollecitamente i fatti suscettibili di costituire infrazione disciplinare, senza consentire agli organi competenti di indugiare in inammissibili e deplorevoli inerzie. Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Applicabilità dei termini di prescrizione e di decadenza previsti dagli artt. 103, 110 e 120 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 o di altri termini. Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 276 dell’Ordinamento giudiziario (applicazione delle disposizioni generali relative agli impiegati dello Stato se non siano contrarie allo stesso ordinamento e ai relativi regolamenti) e dell’art. 384 legge n. 3 del 1957, in relazione agli artt. 3, I comma, 101, 104, 107, della Costituzione, nella parte in cui non prevedono l’applicabilità, anche ai magistrati, dei termini di decadenza e di prescrizione di cui agli artt. 103, 110, 120 dello statuto degli impiegati dello Stato, in quanto al principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge ha derogato il legislatore, nell’esercizio del suo potere discrezionale, costituzionalmente legittimo, nell’effettuato adeguamento della disciplina giuridica del procedimento disciplinare previsto a carico dei magistrati in rapporto alla diversa situazione 119 soggettiva dei magistrati e ai diversi aspetti della vita giudiziaria. Invero, il vigente ordinamento giuridico considera la magistratura un ordine autonomo, indipendente da ogni altro potere (articolo 104 Cost.) e riconosce ai magistrati uno status, un assetto e un’organizzazione diversi da quelli degli altri impiegati dello stato; attribuisce agli stessi magistrati diritti e doveri propri, in rapporto alle particolari funzioni che essi esplicano. La differenziata posizione dei magistrati nell’ordinamento giuridico riguarda anche la materia disciplinare e il relativo procedimento che differisce nettamente da quello previsto per gli impiegati dello Stato (competenza del Consiglio Superiore della Magistratura, organo super partes di rilevanza costituzionale; sussistenza di assolute garanzie di difesa e di giudizio proprio per la posizione del magistrato; possibilità di lesioni del prestigio perduranti nel tempo e per fatti verificatisi in tempi prossimi). (L’eccezione di incostituzionalità era stata proposta nel rilievo che la mancata prefissazione del termine di conclusione del procedimento disciplinare metterebbe il giudice nella condizione di soggezione non solo alla legge, ma anche al Consiglio Superiore della Magistratura, nonchè al Ministero di Grazia e Giustizia e al Procuratore Generale della Cassazione, i quali per la loro qualità di titolari dell’azione disciplinare, potrebbero scegliersi il giudice che loro più aggrada, attendendo l’eventuale cambiamento dell’organo competente a giudicare, con conseguente lesione dei diritti dell’incolpato e vanificazione dell’indipendenza del giudice che rimarrebbe soggetto al Ministro o a uno dei sostituti procuratori generali della Casssazione, discrezionalmente scelto da uno dei titolari dell’azione disciplinare). Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Applicabilità dei termini di decadenza e di estinzione previsti per altri procedimenti - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 246, ultimo comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, sull’ordinamento giudiziario e degli artt 27, 28, 29, 32, 33 e 34 del r.d.l. 31 maggio 1946, n.11 sulle Guarentigie della Magistratura, 120 nella parte in cui, nel loro insieme, non prevedono l’estensione, nei confronti dei magistrati, dei termini di decadenza ed estinzione del procedimento previsti da altre norme, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 104 della Costituzione, in quanto il procedimento disciplinare a carico dei magistrati trova il suo compiuto regolamento delle disposizioni legislative che lo contemplano (r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, legge 24 maggio 1958, n. 195, d.P.R. 15 settembre 1958, n. 196) e non possono essere estese a tale procedimento norme che sono con esso incompatibili: perchè relative a procedimenti strutturalmente e funzionalmente diversi. La normativa sulla disciplina dei magistrati e in particolare sul procedimento disciplinare che li riguarda, si caratterizza come singolare e si differenzia da quella relativa agli altri dipendenti dello Stato e ad altre categorie professionali, sia sostto il profilo dei criteri più rigidi a cui la disciplina è impostata (per es., obbligatorietà dell’azione disciplinare anche in caso di proscioglimento del magistrato, in sede penale) sia per l’interesse più acuto che lo pervade, giacchè esso è concepito come garanzia dell’ordine giudiziario e dell’intera collettività, il che spiega e giustifica che per il procedimento disciplinare a carico dei magistrati non siano prevedute talune limitazioni, relative al tempo e alle modalità di esercizio dell’azione, previste invece per i procedimenti disciplinari a carico di altri dipendenti statali e di alcune categorie di professionisti. Procedimento 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Titolarità dell’azione disciplinare al Procuratore Generale della Corte di Cassazione - Questioni di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale degli atrtt. 10, n. 3, e 14, n. 1 della L. 24 marzo 1958, n. 195, e 1 della L. 18 dicembre 1967, n. 1198, sollevata con riferimento agli artt. 104, 107, 112, 95 e 24 della Costituzione, in quanto quelle norme attribuiscono la titolarità dell’azione disciplinare, nei confronti dei magistrati, al Procuratore Generale della Corte di Cassazione, esistendo, al riguardo, una precisa, consapevole, chiarissima scelta del Costituente, che ha adottato la formula «il 121 Ministero della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare», allo scopo di chiarire che al Ministro veniva attribuito solo «una facoltà adiettiva, che non distrugge quella che è la facoltà degli organi interni della Magistratura». Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Pronuncia di impromovibilità dell’azione penale Formule contenute in moduli a stampa - Valore di motivazione Condizioni - Sussistenza. Nella ipotesi di pronunce di impromovibilità dell’azione penale deve riconoscersi valore di motivazione anche nelle formule contenute in moduli a stampa, purchè siano indicate le ragioni per le quali il giudicante ha ritenuto di non dover promuovere l’azione penale, e, cioè, la mancanza di estremi di responsabilità. Procedimenti n. 253 e 288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres. Bosco. Azione diciplinare - Applicabilità dei termini di prescrizione e di decadenza previsti dagli artt. 103, 110 e 120 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 o di altri termini - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 276, ult. comma, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, 27, r.d.l. 31 marzo 1946, n. 511, 14, n.1, L. 24 marzo 1958, n. 195, 59, commi 2., 3. e 4. d.P.R. 16 settembre 1958, 961, nelle parti in cui non prevedono l’applicabilità al procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati dei termini di prescrizione e di decadenza previsti dagli artt. 103, 110 e 120 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, o di altri termini di prescrizione e di decadenza dell’azione disciplinare, in relazione agli artt. 101 e 24, comma secondo, Cost., in quanto non può ravvisarsi una lesione del principio dell’indipendenza sancito dall’art. 101, Cost., che attiene essenzialmente alla funzione giurisdizionale del magistrato, nel fatto che l’illecito disciplinare sia 122 o non sia perseguibile, a pena di prescrizione o di decadenza, entro determinati limiti temporali; non sussite inoltre violazione del principio del diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., in quanto, se nel campo del diritto pubblico non è ammissibile alcuna decadenza non comminata espressamente dalla legge (art. ex art. 2968 C.C.), necessariamente i diritti della difesa debbono adeguarsi a tale obiettiva situazione giuridica, senza che per tale fatto essi possano considerarsi soggetti ad alcuna limitazione; non sussiste infine violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto la normativa sulla disciplina dei magistrati si caratterizza come singolare e si differenza da quella degli altri impiegati dello Stato. La distinzione e compiuta regolamentazione del procedimento rende incompatibili con la stessa le norme relative a procedimenti strutturalmente e funzionalmente diversi. La posizione costituzionale della magistratura richiede, nei confronti dei suoi appartenenti, l’adozione di più rigidi criteri di disciplina, posti a salvaguardia non solo del prestigio dell’Ordine giudiziario, ma dello stesso corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. (L’eccezione era stata sollevata nel presupposto che sussisterebbe contrasto con l’art. 101 della Costituzione, in quanto il giudice, anzichè essere soggetto solo alla legge, sarebbe indefinitivamente soggetto al potere disciplinare del Ministro di Grazia e Giustizia e del Procuratore Generale della Corte di Cassazione; con l’art. 24 della Costituzione, in quanto, il passare del tempo inciderebbe sulle concrete possibilità di difesa del magistrato; e, infine, con l’art. 3, Cost., in quanto sussisterebbe una disparità di trattamento con gli altri impiegati dello Stato per i quali la vigente disciplina prevede la prescrizione e la estinzione del procedimento disciplinare). Procedimento n. 328 - Sentenza dell’11 dicembre 1975 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio del procedimento - Questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 24, 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta infondatezza. 123 Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 24, 101, 104 e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso atteso che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato. Procedimento n. 214 - Sentenza del 16 dicembre 1975 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio del procedimento - Questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso attesto che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato. Procedimento n. 345 - Sentenza del 17 dicembre 1975 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio del procediemnto - Questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso 124 atteso che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato. Procedimento n. 325 - Sentenza del 17 dicembre 1975 - Pres. Bosco. Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio del procediemnto - Questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso atteso che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato. Procedimento n. 375 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres. Bachelet. Azione disciplinare - Morte dell’incolpato - Estinzione dell’illecito disciplinare - Improcedibilità dell’azione - Art. 152 c.p.p. Applicabilità. Anche in sede disciplinare trova applicazione l’art. 152 cpv. c.p.p. e di conseguenza deve dichiararsi, ricorrendone le condizioni, prevalente l’assoluzione per insussistenza del fatto sulla causa estintiva dell’illecito disciplinare. Procedimento n. 51/83 - Sentenza del 12 aprile 1985 - Pres. De Carolis. Azione disciplinare - Sopravvenute dimissioni dell’incolpato Accettazione delle stesse - Improseguibilità. 125 L’azione disciplinare è improseguibile per avvenuta estinzione del rapporto di impiego allorquanto sopravvengono le dimissioni dell’incolpato accettate ai sensi dell’art. 19 R.D. lgs. n. 511/1946. Procedimento n. 20/84 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres. Guizzi. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo Conoscenza del fatto da parte dell’Ispettorato Generale del Ministero - Decorrenza del termine. Ai fini della decadenza di cui all’art. 59, 6° comma d.P.R. n. 916/1958, l’avvenuta conoscenza del fatto da parte dell’Ispettorato Generale, organo posto alla diretta dipendenza del Minstero di Grazia e Giustizia, fa decorrere il termine annuale per il provvedimento dell’azione disciplinare. Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 16 giugno 1985 - Pres. De Caroli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo - Fatto contenuto in esposto al C.S.M. - Presunzione di conoscenza del procuratore Generale - Insussistenza. Il Procuratore Generale nella qualità di componente di diritto del C.S.M. partecipa soltanto, a termini di regolamento, al Comitato di Presidenza ed alle sedute di plenum, non anche ai lavori delle Commissioni referenti; deve pertanto escludersi ai fini della decorrenza del termine annuale di decadenza per l’esercizio dell’azione disciplinare una presunzione di conoscenza da parte dello stesso dei fatti contenuti in esposti indirizzati al Consiglio, ma rimessi alla sua prima Commissione referente. Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza. 126 I prospetti statistici destinati alla rilevazione semestrale dei processi di lavoro negli uffici giudiziari non riportano i dati con riferimento all’attività di ogni singolo magistrato ed hanno per destinatario il Centro elettronico di gestione e ricerca operativa della Direzione Generale dell’organizzazione giudiziaria ed affari generali sul quale non incombe l’obbligo di riferire al Ministro eventuali ipotesi di illeciti disciplinari. La ricezione di tali prospetti non determina la decorrenza per il Ministro del termine annuale di decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare — art. 12 L. 3.1.1981 n. 1 — gravando sull’incolpato l’onere di provare che il Ministro sia venuto effettivamente a conoscenza dei dati risultanti dai prospetti statistici e della loro referibilità all’incolpato medesimo. (Nella specie all’incolpato era contestato il reiterato e consistente ritardo nel deposito di sentenze). Procedimento n. 19/86 - Sentenza del 4 luglio 1986 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine di decadenza - Notizia appresa dal P.G. nella qualità di componente del C.S.M. - Non determina la conoscenza del fatto da parte del Procuratore Generale. Il termine di decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare decorre dal giorno in cui la notizia del fatto che forma oggetto dell’azione disciplinare è pervenuta all’Ufficio del Procuratore Generale della Cassazione. Non può considerarsi pervenuta all’Ufficio della Procura Generale la notizia appresa dal Procuratore Generale, nella veste di componente del Consiglio Superiore della Magistratura, nel corso di una seduta di detto organo. Procedimento n. 9/86 - Sentenza del 17 ottobre 1986 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza Questione di costituzionalità in riferimento agli artt. 24 e 101 della Costituzione - Manifesta infondatezza. 127 É manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per preteso contrasto con gli artt. 24 e 101 Cost., dell’art. 12 L. 3.1.1981 n. 1, nella parte in cui prevede l’improponibilità dell’azione disciplinare dopo un anno dal giorno in cui il Ministro di Grazia e Giustizia o il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione hanno avuto notizia del fatto che forma oggetto di addebito, anzichè dopo un anno dal verificarsi del fatto medesimo. Procedimento n. 24/86 - Sentenza del 5 dicembre 1986 - Pres Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annoale di decadenza - Decorrenza Ricezione dei resoconti statistici semestrali - Non determina la conoscenza del fatto da parte del Ministro di Grazia e Giustizia. I resoconti statistici semestrali da inviare alla Direzione Generale dell’Organizzazione Giudiziaria sono elaborazioni finalizzate a scopi statistici che riportano dati globali per l’intero ufficio, senza disaggregazione di quelli riferibili al singolo magistrato. Con la ricezione dei resoconti non può dirsi che il Ministro abbia avuto quella notizia del fatto rilevante disciplinarmente che è richiesta dall’art. 59, 6° comma d.P.R. 916/1958 per la decorrenza del termine annuale di promozione dell’azione disciplinare. Procedimento n. 57/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Inutile decorso dal termine annuale per promuovere l’azione - Effetti. Il decorso del termine annuale dalla notizia dei fatti oggetto di incolpazione disciplinare da parte di entrambi i titolari dell’azione disciplinare, senza che quest’ultima sia stata promossa, impone una declatoria di non promovibilità della stessa azione. 128 Procedimento n. 53/86 - Sentenza del 30 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Esercizio dell’azione disciplinare oltre il termine annuale dalla notizia del fatto - Estinzione. L’esercizio dell’azione disciplinare dopo che sia trascorso un anno dalla acquisizione della notizia del fatto da parte di entrambi i titolari dell’azione medesima, impone la declatoria di estinzione del procedimento disciplinare per inosservanza dell’art. 59 sesto comma d.P.R. n. 916/1958. Procedimenti n. 31/87, 34/87 e 43/87 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza. I titolari dell’azione disciplinare si considerano, agli effetti della decadenza dell’azione disciplinare per inutile decorso del termine annuale, non nella loro qualità di persone fisiche bensì come ufficio, per cui arbitraria sarebbe ogni distinzione tra il Procuratore Generale e i suoi sostituti ovvero tra Ministro e articolazioni ministeriali. Ai fini della decorrenza del termine deve farsi riferimento al momento in cui la notizia sia comunque pervenuta all’ufficio o del Procuratore Generale, anche se del fatto sia venuto a conoscenza un suo sostituto attraverso la lettura di incarti processuali relativi ad un ricorso per cassazione, o del Ministro, anche se del fatto sia venuto a conoscenza l’Ispettorato generale destinatario di un esposto a carico di un magistrato. La conoscenza del fatto costituente illecito disciplinare deve ritenersi completa e diretta da parte del Ministro fin dal momento in cui si completa la ispezione, mentre non rileva a tali fini il momento di redazione e deposito della relazione ispettiva. Riferire l’inizio del termine annuale di decadenza alla redazione e deposito della relazione ispettiva, anzichè di compimento dell’ispezione è non solo contrario alla corretta qualificazione dei rapporti tra Ministro e suo Ispettorato, ma introduce elementi di assoluta dilatabilità del termine decadenziale, rischiando di vanificare 129 finanche la stessa previsione di un termine dal momento che i tempi di deposito delle relazioni dipendono dallo stesso organo Ministro nei cui confronti il termine di decadenza è previsto. Procedimento n. 94/87 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Notizia del fatto. Per «notizia del fatto» ai fini della decorrenza del termine di un anno per l’esercizio dell’azione disciplinare, a norma dell’art. 56 comma 6° D.P.R. n. 916 del 1958, deve intendersi conoscenza piena di tutti gli elementi del fatto. Procedimento n. 99/87 - Sentenza del 13 maggio 1988 - Pres. Brutti. Azione disciplinare - Inutile decorso del termine annuale di decadenza - Estinzione del procedimento disciplinare. L’inutile decorso del termine annuale di decadenza dell’azione disciplinare comporta la declatoria di estinzione del procedimento disciplinare, quando l’incolpato l’abbia esplicitamente accettata. (Nella specie la Procura Generale della Cassazione era stata informata della pendenza penale a carico dell’incolpato in data 4.2.1983 e l’azione disciplinare era stata esercitata il 3.11.1986). Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo Completamento dell’ispezione ministeriale. La conoscenza dei fatti indicati in una relazione ispettiva deve ritenersi completa e diretta da parte del Ministero di Grazia e Giustizia fin dal momento in cui si completa l’ispezione. Da tale momento decorre il termine annuale di decadenza dell’azione disciplinare. 130 Procedimento n. 2/88 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza. La comunicazione al C.S.M. da parte del Procuratore Generale della Corte di Appello di un esposto contenente la notizia del fatto che forma oggetto dell’addebito disciplinare non provoca il decorso del termine annuale per l’esercizio dell’azione discipliarne in quanto destinatario della comunicazione non è il Procuratore Generale della Corte di Cassazione. Procedimento n. 55/87 - Sentenza el 17 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza nel caso di ispezione ministeriale. Ai fini della decorrenza del termine annuale di decadenza dall’azione disciplinare la piena conoscenza del fatto da parte del Ministro si considera acquisita quando del fatto sia stata appresa la notizia dell’Ispettorato ministeriale, in quanto la comunicazione dell’ispezione al Ministro è fatto interno all’Ufficio e, come tale, non produttivo di effetti processuali. Procediemnto n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo Annuncio interrrogazioni parlamentari - Mancata conoscenza del fatto addebitato - Non decorre. Il termine di decadenza annuale per il promuovimento dell’azione penale non decorre per il Ministro dal giorno dell’annuncio di interrogazioni parlamentari idonee a dargli una completa conoscenza dei fatti oggetto di incolpazione disciplinare. 131 Procedimento n. 25/88 - Sentenza dell’11 novembre 1988 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Promovimento da parte del Ministro della giustizia - Termine annuale di decadenza - Dies a quo - Giorno in cui si è conclusa l’ispezione ministeriale. Si ha promovimento dell’azione disciplinare da parte del Ministro della Giustizia solo nel giorno in cui la richiesta del Ministro sia pervenuta al Procuratore Generale presso la Cassazione. Il decorso di un anno, a far data dal giorno in cui si è conclusa l’ispezione ministeriale, senza che sia pervenuta la richiesta del Ministro della Giustizia al Procuratore Generale presso la Cassazione, implica decadenza dall’azione a norma dell’art. 59, comma 6, d.P.R. n. 916 del 1958. (Nella specie la richiesta del Ministro al Procuratore Generale presso la Cassazione è pervenuta in data 27 maggio 1987 e cioè a più di un anno di distanza dalla data in cui si era conclusa l’ispezione ministeriale, 26 maggio 1986, e il Ministro era venuto a conoscenza dei fatti). Procedimento n. 84/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - «notizia del fatto» per il Procuratore Generale Doppia titolarietà dell’azione disciplinare - Decorrenza del termine di decadenza - Principio secondo cui l’esercizio dell’azione da parte di uno dei due titolari sia per l’altro preclusivo o limitativo anche temporalmente - Esclusione. Non può ritenersi che la presenza del Procuratore Generale in Consiglio valga a determinare in lui la conoscenza richiesta dall’art. 59 comma 6° d.P.R. n. 916 del 1958 (come modificato dall’art. 12 legge 3 gennaio 1981 n. 1) per la decorrenza del termine di decadenza dell’azione. Ed invero, il Procuratore Generale fa parte del Consiglio come persona fisica (sia pure individuata attraverso il riferimento alla carica da lui ricoperta) e non come ufficio. E quello che rileva invece, ai fini dell’articolo in questione, è la conoscenza dell’ufficio. 132 Peraltro, la stessa titolarietà dell’azione disciplinare è riconosciuta al Procuratore Generale in considerazione alla sua qualità di vertice degli uffici del Pubblico Ministero all’interno dell’Ordine giudiziario e non in considerazione della sua partecipazione, di diritto, al Consiglio superiore della magistratura. Non può ritenersi esaurita la possibilità di iniziativa disciplinare per l’esercizio della stessa da parte di uno dei due titolari (nella specie il Ministro), in quanto se la «ratio» del termine di decadenza introdotto con la legge 1981 è anche quella di impedire che un magistrato possa essere esposto al rischio di azione disciplinare per un tempo indefinito, tuttavia tale finalità va armonizzata con la doppia titolarità riconosciuta in capo al Ministro ed al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, ed in particolare con l’esigenza di concedere a ciascuno dei titolari dell’azione disciplinare un congruo periodo di tempo per le proprie autonome determinazioni, senza reciproche inframmettenze preclusive. Una volta esercitata l’azione disciplinare ed intervenuta la decisione da parte della Sezione, è comunque preclusa ogni altra azione da parte del titolare che non l’ha esercitata; in questo caso, l’esaurimento dell’azione, deriva dal fatto che è intervenuto giudizio sulla pretesa sostanziale punitiva. Non può farsi derivare la decadenza dall’azione disciplinare dal mancato rispetto del termine di dieci giorni previsto, per l’inizio dell’azione dopo la comunicazione al Ministro, dal quarto comma dell’art. 59, non essendo tale tipo di sanzione nè espressamente sancita, nè assolutamente ricavabile dal sistema. Procedimento n. 98/88 - Sentenza del 20 ottobre 1989 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Inutile decorso del termine annuale di decadenza - Estinzione del procedimento disciplinare. L’inutile decorso del termine annuale di decadenza dell’azione disciplinare comporta la declaratoria di estinzione del procedimento disciplinare. (Nella specie la notizia del fatto rilevante disciplinarmente era pervenuta alla Procura Generale della Cassazione il 24. 9.1986 e 133 l’azione disciplinare era stata esercitata il 28.12.1987). Procedimento n. 11/90 - Sentenza dell’11 maggio 1990 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Decorso di un anno dall’inizio del procedimento senza fissazione della discussione orale - Estinzione del procediemento disciplinare - Consenso dell’incolpato - Ricorrenza. Trascorso un anno dall’inizio dell’azione disciplinare — che decorre dal compimento degli atti di cui all’art. 59, comma 7, del d.P.R. n. 916/1958 — il procedimento disciplinare si estingue sempre che l’incolpato vi consenta, ai sensi del comma 9° dello stesso disposto, onde alla Sezione disciplinare non resta che prendere atto di tale assenso, essendole inibita ogni considerazione nel merito anche solo con riferimento alla congruità delle conclusioni del rappresentante dell’accusa con le obiettive risultanze di causa. Procedimento n. 62/89 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Inizio dell’azione - Termine annuale - Tempestivo esercizio come presupposto di ogni pronunzia - Cessazione dell’appartenenza all’ordine giudiziario posteriore alla scadenza del termine annuale - Prevalenza della causa estintiva derivante dall’esercizio tardivo dell’azione. Il mancato esercizio dell’azione disciplinare nel termine annuale dalla notizia del fatto prevale sulla cessazione dell’appartenenza all’ordine giudiziario ai fini dell’improcedibilità dell’azione. Procedimento n. 62/89 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres. Mirabelli. Azione disciplinare - Decorrenza del termine annuale di decadenza Effetti preclusivi sulla cognizione da parte della Sezione Disciplinare - Rilevabilità d’ufficio - Rinunciabilità degli effetti 134 Insussistenza. Il limite temporale annuale per l’esercizio dell’azione disciplinare è rilevabile d’ufficio e, precludendo alla Sezione Disciplinare la cognizione sul fatto, comporta che tale effetto non sia rinunciabile dal magistrato interessato. Procedimenti n. 19 e 58/89 - Sentenza del 23 novembre 1990 Pres. Galloni. Azione disciplinare - Cessazione dell’appartenenza all’ordine giudiziario - Effetti - Estinzione del rapporto di pubblico impiego Improseguibilità dell’azione disciplinare. La cessazione, per qualsiasi causa, dell’appartenenza all’Ordine giudiziario dell’incolpato comporta l’improseguibilità dell’azione disciplinare per estinzione del rapporto di pubblico impiego. Conformi: sentenza 5.10.1990 in proc. 51/90; sentenza 21.9.1990 in proc. 45/90; sentenza 6.7.1990 in proc. 54/89; sentenza 6.7.1990 in proc. 48/83, 57:85 e 97/88; sentenza 6.7.1990 in proc. 12/90; sentenza 22.6.1990 in proc. 29/90; sentenza 18. 5.1990 in proc. 18/90; sentenza 18.5.1990 in proc. 47/89; sentenza 18.5.1990 in proc. 96/88; sentenza 11.5.1990 in proc. 40/89; sentenza 27.4.1990 in proc. 15/89; sentenza 20.4.1990 in proc. 13/90; sentenza 16.2.1990 in proc. 7/90; sentenza 16.2. 1990 in proc. 68/89; sentenza 26.1.1990 in proc. 76/89; sentenza 15.12.1989 in proc. 66/89; sentenza 15.12.1989 in proc. 11/89; sentenza 15.12.1989 in proc. 87/88; sentenza 22.9.1989 in proc. 45/89; sentenza 22.9.1989 in proc. 55/89; sentenza 30.6.1989 in proc. 37/89; sentenza 16.6.1989 in proc. 90/88; sentenza 19.5.1989 in proc. 33/89; sentenza 21.4.1989 in proc. 10/89; sentenza 21.4.1989 in proc. 7/89 e 9/89; sentenza 21.4.1989 in proc. 93/88; sentenza 10.3.1989 in proc. 97/87; 135 sentenza 16.12.1988 in proc. 85/88; sentenza 11.11.1988 in proc. 48/88; sentenza 14.10.1988 in proc. 72/88; sentenza 15.7.1988 in propc. 11/85; sentenza 20.5.1988 in proc. 1/88; sentenza 27.11.1987 in proc. 52/83; sentenza 18.9.1987 in proc. 6/87; sentenza 17.7.1987 in proc. 40/87; sentenza 17.7. 1987 in proc. 39/87; sentenza 17.7.1987 in proc. 37/87; sentenza 12.6.1987 in proc. 26/87; sentenza 15.5.1987 in proc. 36/86; sentenza 27.3.1987 in proc.. 62/86; sentenza 27.3.1987 in proc. 46/85; sentenza 5.12.1986 in proc. 54/86; sentenza 18.7.1986 in proc. 40/86; sentenza 9.5.1986 in proc. 12/86; sentenza 18.4.1986 in proc. 14/86, 15/86 e 16/86; sentenza 8.3.1986 in proc. 28/85; sentenza 21.2.1986 in proc. 323 R.G.; sentenza 24.1.1986 in proc. 50/81, 16/82, 34/83, 36/83, 28/84 e 37/84; sentenza 10.1.1986 in proc. 64/85; sentenza 10.1.86 in proc. 22/81; sentenza 4.10.1985 in proc. 49/85; sentenza 4.10.1985 in proc. 17/85; sentenza 4.10.1985 in proc. 9/84; sentenza 13.9.1985 in proc. 40/85; sentenza 13.9.1985 in proc 12/85; ordinanza 13.9.1985 in proc. 4/85; sentenza 13.9.1985 in proc. 33/84; sentenza13.9.1985 in proc. 13/84; sentenza 12.7.1985 in proc. 27/85; sentenza 12.7.1985 in proc. 64/81; sentenza 5.7.1985 in proc. 32/85; sentenza 24.5.1985 in proc. 16/85; sentenza 19.4.1985 in proc. 14/81; sentenza 15.3.1985 in proc. 45/85; sentenza 19.12.1980 in proc. 368-436 R.G.; sentenza 18.7.1980 in proc. 280; sentenza 19.5.1979 in proc. 379 R.G.; sentenza 23.3.1979 in proc. 381 R.G.; sentenza 23.2.1979 in proc. 330 R.G., sentenza 24.11.1978 in proc. 371 R.G.; sentenza 24.11.1978 in proc. 369 R.G.; sentenza 24.11.1978 in proc. 325; sentenza 24.2.1978 in proc. 332-403 R.G.; sentenza 24.2.1978 in proc. 207; sentenza 24.2.1978 in proc. 357; sentenza 4.5.1977 in proc. 386 R.G. e 7 r.O.; sentenza 29.4.1977 in proc. 380 R.G.; sentenza 15.4.1977 in proc. 362 R.G.; sentenza 7.4.1976 in proc. 335 R.G.; sentenza 10.3.1976 in proc. 357 R.G.; sentenza 17.12.1975 in proc. 333 R.G.; sentenza 25.2.1975 in proc. 237 R.G.; sentenza 25.2.1975 in proc. 165 R.G.; sentenza 8.10.1974 in proc. 307 R.G.; sentenza 10.7.1974 in proc. 249 R.G.; sentenza 23.4.1974 in proc. 304 R.G.; sentenza 3.4.1987 in proc. 295 R.G.; sentenza 26.3.1974 in proc. 291; sentenza 15.1.1974 in proc. 280 R.G.; sentenza 15.1.1974 in proc. 210 R.G.; sentenza 26.10.1973 in 136 proc. 277 R.G.; sentenza 26.10.1973 in proc. 276; sentenza 8.6.1973 in proc. 256 R.G.; sentenza 8.6.1973 in proc. 209 R.G.; sentenza 16.3.1973 in proc. 261; sentenza 15.12.1972 in proc. 171 R.G.; sentenza 9.6.1972 in proc. 236 R.G.; sentenza 12.5.1972 in proc. 228 R.G.; sentenza 17.12.1971 in proc. 101-174 R.G.; sentenza 16.11.1971 in proc. 155 R.G.; sentenza 28.10.1967 in proc. 107-126 R.G.; sentenza 18.3.1976 in proc. 108 R.G.; sentenza 23.4.1966 i proc. 97 R.G. 137 138 6. COMPETENZA DELLA SEZIONE DISCIPLINARE 139 140 Procedimento n. 36 - Sentenza del 14 luglio 1962 - Pres. De Pietro. Competenza della Sezione disciplinare - Precedente giurisdizione dei tribunali e delle corti disciplinari - Momento iniziale della giurisdizione della Sezione disciplinare - Coincidenza con la data di insediamento del Consiglio superiore. Devono considerarsi giuridicamente inesistenti, in quanto emesse «a non judice», le sentenze pronunciate dai cessati tribunali disciplinari presso le corti d’appello successivamente alla istituzione del Consiglio superiore della magistratura. Infatti, a norma del combinato disposto dagli artt. 4,10, 42 comma secondo della legge 24 marzo 1958, n. 195 e degli artt. 70 e 71 delle disposizioni di attuazione e coordinamento dettate dal d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, a partire dal 18 luglio 1959, data di insediamento del Consiglio superiore della magistratura, i tribunali e la Corte disciplinare, previsti dal r.d.l. 31 maggio 1946 sulle guarentigie della Magistratura, hanno cessato di funzionare e le funzioni giurisdizionali-disciplinari, che erano ad essi attribuite, sono state devolute, per tutti i magistrati, alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore. Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De Pietro. 141 Competenza della Sezione disciplinare - Precedente giurisdizione della Corte disciplinare - Pronuncie della Corte disciplinare successive alla pubblicazione ma precedenti all’entrata in vigore della legge istitutiva del Consiglio superiore - Giurisdizione della Corte disciplinare - Sussistenza. Per la sesta disposizione transitoria della Costituzione, la corte disciplinare, organo del vecchio ordinamento giudiziario, a riguardo modificato con la legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura, sopravviveva sino alla «emanazione» delle norme modificatrici. Il concetto di «emanazione» — che non è ortodosso nell’ambito della terminologia relativa alla formazione ed esecuzione delle leggi — non si può identificarsi con quello di «pubblicazione» della legge sulla Gazzetta Ufficiale, ma con quello di «entrata in vigore» della legge. Infatti sarebbe assurdo che la Costituzione avesse predisposto in materia la possibilità di un vuoto normativo più o meno lungo tra la vecchia e la nuova legge per il caso (normale) di non coincidenza tra i due momenti della pubblicazione e della entrata in vigore. Pertanto non sussiste difetto di giurisdizione della cessata Corte disciplinare per quanto concerne le sentenze pronunziate nel periodo tra il 27 marzo 1958 (data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge 24 marzo 1958, n. 195) e il 24 settembre 1958 (data di entrata in vigore della legge). 142 7. CONDOTTA PRIVATA DEL MAGISTRATO 143 144 Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro Condotta privata - Magistrato imputato - Interrogatorio - Occultamento della qualità - Mancata rimessione del procedimento ad altro ufficio - Sussistenza dell’illecito - Ignoranza della norma che prevede la rimessione - Irrilevanza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, interrogato quale imputato dal pretore, abbia taciuto la sua qualità di giudice presso il tribunale della stessa città, qualificandosi genericamente «impiegato», così da impedire che, ai sensi dell’art. 60, secondo comma, c.p.p., venisse designato altro ufficio giudiziario per la trattazione del procedimento. Il fatto è idoneo a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario in quanto suscettibile di ingenerare nel pubblico il sospetto favoritismo fra magistrati che la citata disposizione dell’art.60 c.p.p. mira appunto ad evitare. Nè vale a discriminare l’incolpato l’asserita ignoranza della norma citata, perchè in materia disciplinare si risponde delle proprie azioni od omissioni volontarie anche a titolo di colpa, e la eventuale ignoranza di una norma di legge o del costume non può scusare la violazione della norma stessa. Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. 145 Condotta privata - Pratiche spiritiche - Esecuzione in ufficio - Relazione su tali pratiche dettate alla dattilografa - Commenti sfavorevoli Sussistenza dell’illecito. Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario e, quindi, commette illecito disciplinare, il magistrato il quale espleti nel proprio ufficio pratiche spiritiche e detti alla dattilografa relazione su tali pratiche in riferimento alla di lui appartenenza ad una «società di ricerche e relazioni spirituali», in modo da suscitare poco riguardosi commenti nei suoi confronti. Integra gli estremi dell’illecito disciplinare il comportamento del magistrato, peraltro ammogliato con prole, il quale tenti di abbracciare la dattilografa in ufficio, cercando di vincere con forza la sua resistenza. Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Condotta privata - Relazione con donna di dubbia moralità - Promessa di matrimonio - Revoca della promessa - Pubblico scandalo Violenze fisiche e morali in danno dell’amante - Sussitenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che conviva maritalmente con donna di cui conosca la condotta morale e i precedenti non illibati, le prometta con leggerezza di sposarla — poi recedendo dalla promessa, sì da suscitare, per la sua reazione, una clamorosa scenata con scandalo nel vicinato — e la sottoponga inoltre a ripetute violenze fisiche e morali. Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De Pietro. Condotta privata - Fidanzamento con donna molto più giovane Pettegolezzi - Irrilevanza - Insussistenza dell’illecito . Il fatto di un magistrato di età avanzata che allaccia un rapporto di fidanzamento con una donna molto più giovane, non constituisce 146 di per sè solo un comportamento disdicevole al decoro ed alla dignità del magistrato, anche se, in piccoli ambienti, possa dar luogo a pettegolezzi. Procedimento n. 37 - Sentenza del 9 dicembre 1961 - Pres. De Pietro. Condotta privata - Remissione di querela per adulterio - Condizioni imposte dal querelante - Loro accettazione - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che, pur protestandosi innocente, abbia accettato la remissione di una querela per correità in adulterio, proposta dal marito della presunta correa, dopo aver presentato domanda di trasferimento dalla sede dove esercitava le sue funzioni e dopo avere rilasciato una lettera di scuse al querelante, che aveva preteso il trasferimento e la lettera come condizione per la remissione. Procedimento n. 44 - Sentenza del 9 giugno 1962 - Pres. De Pietro. Condotta privata - Conversazione telefonica con una donna - Uso di espressioni ingiuriose e oscene - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, durante ripetute comunicazioni telefoniche rivolga ad una donna frasi ingiuriose o dal contenuto osceno; ciò perchè il magistrato è tenuto ad osservare, anche in privato, una condotta ispirata a serietà ed a rispetto per ogni persona con la quale venga in rapporto. Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. Condotta privata - Occultamento della qualità - Attribuzione della qualifica di avvocato - Fine di frequentare una casa da gioco Sussistenza dell’illecito. 147 Commette illecito disciplinare il magistrato il quale abbia numerose volte frequentato un «casinò municipale» sito nel territorio del mandamento di cui era pretore, qualificandosi per avvocato ed ottenendo così la relativa tessera d’ingresso. Procedimento n. 71 - Sentenza del 21 dicembre 1963 - Pres. Rocchetti. Condotta privata - Richiesta ingiustificata di risarcimento del danno arrecato ad un’autovettura - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, anche se non va esente da critiche sul piano della correttezza, il comportamento del magistrato che richieda insistentemente, nel cortile del palazzo di giustizia, il risarcimento di un danno di lieve entità cagionato alla sua autovettura in sosta da un procuratore legale, pur senza avere la certezza che il danno fosse stato da lui provocato. Procedimento n. 68 - Sentenza del 15 febbraio 1964 - Pres. Rocchetti. Condotta privata - Rappresentante di commercio presentato come parente - Fine di favorirne l’attività - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che nel luogo ove esercita le funzioni di procuratore della Repubblica, abbia presentato come suo parente, mentre tale non era, un rappresentante di commercio ed abbia pregato il presidente del tribunale e l’ufficiale giudiziario di presentare a loro volta il predetto asserito parente a industriali o ditte del luogo per facilitargli la vendita di vari prodotti, autorizzando in tal modo l’interessamento a presentarsi per il collocamento della merce ad enti pubblici e privati come suo parente. In tale comportamento è infatti ravvisabile il difetto di quella normale sensibilità che deve indurre il magistrato ad essere prudente e riservato e ad estraniarsi da quanto possa, sia pure solo apparentemente, pregiudicare nella pubblica opinione la necessaria garanzia di obiettività nell’esercizio della funzione giudiziaria, dando 148 luogo a sospetti e a sfavorevoli commenti idonei a menomare il prestigio dell’ordine. Procedimento n. 74 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Condotta privata - Relazione intima con una donna - Mancanza di riserbo - Sussistenza dell’illecito. Il comportamento del magistrato, il quale mantenga una relazione intima con una donna, frequetandone assiduamente la casa e facendosi notare quasi quotidianamente con lei nella propria automobile — sì da ingenerare sfavorevoli e facili illazioni nell’opinione pubblica — non è consono ai doveri di un appartenente all’ordine giudiziario e pertanto costituisce illecito disciplinare. Procedimento n. 83 - Sentenza del 18 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Condotta privata - Magistrato presidente di seggio elettorale - Operazioni non ultimate - Pubbliche congratulazioni a candidato eletto Sussistenza dell’illecito. Dimostra scarsa prudenza, e quindi commette illecito disciplinare, il magistrato che, essendo presidente di un seggio elettorale e ad operazione non ancora ultimate, si rechi a porgere pubblicamente le sue congratulazioni a un candidato locale neo-eletto. Invero la delicatezza delle operazioni elettorali, l’esigenza fondamentale in democrazia che esse non solo siano, ma anche appaiano, condotte con il più assoluto distacco da persona che sappiano spogliarsi di ogni loro preferenza e di ogni loro avversione per registrare con rigorosa fedeltà e imparzialità i risultati delle votazioni, impongono al presidente del seggio, per tutto il tempo in cui esercita tali funzioni, un contegno particolarmente risevato. Procediemnto n. 85 - Senteza del 5 febbraio 1966 - Pres. Rocchetti. 149 Condotta privata - Manifesta ubriachezza in luogo pubblico - Frequenza abituale di bar - Sussistenza dell’illecito. Il fatto che un magistrato si faccia notare in stato di ebrezza per le strade del luogo dove è unico pretore e frequenti dei bar fino a tarda notte, menoma in modo rilevante la fiducia e la considerazione di cui un giudice deve godere, ed è tale da compromettere gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario. Procediemnto n. 82 - Sentenza dell’8 maggio 1965 - Pres. Rocchetti. Condotta privata - Relazione con un’amanuense addetta all’ufficio Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che intraprenda una relazione amorosa con l’amanuense addetto all’ufficio e mantenga tale relazione anche dopo il licenziamento della donna. Procedimento n. 128 - Sentenza del 12 luglio 1968 - Pres. Amatucci. Condotta privata - Donna attirata in ufficio - Tentativo di abbracciarla e baciarla - Sussistenza dell’illecito. Viola nel modo più grave ed evidente i doveri di correttezza e riserbo impostigli oltre che dalle sue qualità dal luogo in cui si sono svolti i fatti, il magistrato che, dopo avere attirato una donna nel proprio ufficio con un pretesto, abbia cercato di ottenere i favori abbracciandola e baciandola contro la sua volontà. Procedimento n. 159 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres. Amatucci. Condotta privata - Richiesta di decreto ingiuntivo - Credito in parte già estinto - Occultamente della circostanza - Sussistenza dell’illecito. 150 Costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato che abbia chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo fondato su una cambiale per un credito personale, tacendo che circa un terzo della somma gli era stata già versata, come accertato nel relativo giudizio di opposizione, proposto dal debitore. Infatti l’esito del giudizio, sfavorevole per il magistrato, non può non aver avuto ripercussioni negative sul prestigio di questi per le ovvie illazioni che dal fatto era agevole trarre. Procedimento n. 159 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres. amatucci. Condotta privata - Concessione di prestito - Interessi pretesi superiori al tasso legale - Sussistenza dell’illecito. Si pone in aperto contrasto con i doveri di correttezza inerenti allo «status» di magistrato e ne lede gravemente il decoro il comportamento del giudice che concede un prestito in denaro, pattuendo una misura di interessi che, pur non potendo definirsi usuraia, sia tale da assicurare al mutuante un vantaggio notevolmente superiore al tasso legale. In questo caso, infatti, l’operazione viene ad assumere le caratteristiche di un atto di speculazione moralmente riprovevole e quindi inconciliabile con il dovere di probità del magistrato e con il suo decoro. Procedimento n. 194 - Sentenza del 28 ottobre 1971 - Pres. Amatucci. Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che frequenti con assiduità una casa da gioco, previa sottoscrizione della rituale scheda di non appartenenza alla pubblica amministrazione; contragga debiti con privati e con avvocati esercenti presso il suo ufficio e ciò allo scopo di far fronte a rilevanti debiti di gioco; induca un avvocato a concedergli un prestito della somma di L. 500.000 con la promessa di effettuarne la restituzione entro qualche mese e 151 rilasciando ricevuta con l’impegno di restituzione nei sei mesi; promuova procedimento civile nei fonfronti della società gerente la casa da gioco onde ottenere la restituzione dell’importo degli assegni per lire dodici milioni negoziati per l’acquisto di gettoni necessari per il gioco ed il pagamento di altri trenta milioni di lire a titolo di risarcimento del danno, nell’assunto che la società aveva a lui consentito di frequentare le sale da gioco pur conoscendo la di lui professione di magistrato e lo aveva agevolato rilasciandogli una carta di libero ingresso, adducendo — quale motivo di responsabilità della società convenuta — il fatto che i preposti al rilascio delle carte di ingresso avevano trascurato di richiedergli un documento da cui risultasse la sua professione, limitandosi a prestar fede alla dichiarazione negativa da lui sottoscritta. Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Condotta privatra - Partecipazione ad una manifestazione di lavoratori in sciopero - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che stia in mezzo agli scioperanti e solidarizzi con essi senza intralciare, però, l’opera della forza pubblica intervenuta per garantire l’esercizio della libertà di lavoro, in quanto dette persone, scioperando, esercitavano un diritto riconosciuto loro dalla Costituzione. Procedimento n. 233 - Sentenza del 12 maggio 1972 - Pres. Amatucci. Condotta privata - Assidua frequenza di una donna separata e madre di due figli - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, approfittando dell’amicizia, dell’ospitalità e della fiducia goduta, frequenti assiduamente la casa di una donna, madre di due figli, anche in assenza del marito, si esponga così ad insinuazioni e critiche, 152 mettendo in pericolo la considerazione e la stima di cui i magistrati devono godere e crei, altresì, la possibilità di ripercussioni negative sul prestigio dell’ordine giudiziario. Procedimento n. 224 - Sentenza del 2 febbraio 1973 - Pres. Bosco. Condotta privata - Offesa alla reputazione del prefetto nel corso di una vertenza relativa alla demolizione ed allo sgombero di alcuni appartamenti - Stato di esasperazione collettiva - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che nel corso di una vertenza relativa alla demolizione ed allo sgombro di alcuni appartamenti, uno dei quali di proprietà della moglie del medesimo, a seguito di un particolare clima di eccitazione collettiva che dia vita ad un fenomeno di muta suggestione, facendo lievitare nelle famiglie colpite dai provvedimenti lo stato d’animo delle vittime, pronunci e faccia inserire nei verbali frasi offensive nei confronti del Prefetto. (Nella fattispecie il Prefetto aveva ordinato la demolizione degli appartamenti posti ai piani 7 e 8 di uno stabile, perchè in contrasto con la licenza di costruzione e lo sgombero, per ragioni tecniche, degli appartamenti al 6 piano, tra cui quello di proprietà della moglie dell’incolpato. All’epoca delle operazioni di sgombero era giacente al Consiglio di Stato ricorso proposto dagli interessati, mentre era già stata respinta la domanda di sospensione). Procedimento n. 235 - Sentenza del 16 marzo 1973 - Pres. Bosco. Condotta privata - Offerta di lavoro mediante avviso economico con qualificazione della propria qualità di magistrato - Sussistenza dell’illecito. Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che faccia pubblicare fra gli annunci economici di un quotidiano una inserzione con la quale — qualificatosi magistrato d’appello — si offra come amministratore legale, tributarista a ditte e privati, con miti pretese, indicando, altresì, il proprio numero di telefono. 153 Procediemento n. 342 - Sentenza del 25 marzo 1977 - Pres. Bachelet. Condotta privata - Introduzione in zona militare - Sussistenza di mera colpa generica - Illecito disciplinare - Esclusione - Indagine sull’elemento psicologico - Ammissibilità. Il comportamento del magistrato che commetta la contravvenzione prevista dall’art. 682 c. p., introducendosi in luoghi in cui l’accesso è proibito nell’interesse militare dello Stato e riporti, di conseguenza, condanna in sede penale, non è qualificabile come illecito disciplinare ove l’incolpato abbia agito a titolo di mera colpa generica e non possano essere valutate, perchè non indicate nel capo di incolpazione, altri particolari circostanze che conferiscono al fatto un carattere di specifica gravità. L’indagine sull’elemento soggettivo dell’illecito non è preclusa alla Sezione disciplinare dalla precedente condanna, ove il giudice penale, essendo la citata contravvenzione punibile indifferentemente a titolo di dolo o di colpa, non abbia svolto alcuna concreta indagine sull’atteggiamento psichico dell’imputato. Procedimento n. 358 - Sentenza del 14 ottobre 1977 - Pres. Bachelet. Condotta privata - Offerta di lavoro mediante annunqio pubblicitario con indicazione della propria qualifica di magistrato - Illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare,perchè lesivo del prestigio dell’Ordine giudiziario, il comportamento del magistato il quale fa pubblicare, su di un quotidiano, un annuncio pubblicitario in cui, declinando la sua qualifica professionale, si dichiara disposto ad assumere incarichi di amministrazione di condomini e di terreni e ad effettuare consulenze legali. (Nella specie, si è ritenuto che non avesse efficacia discriminante la circostanza dedotta che tale annunzio avrebbe costituito un mero sondaggio di mercato ai fini di un’eventuale attività lavorativa da svolgersi dopo che fosse cessata l’appartenenza all’Ordine giudiziario, in quanto l’annunzio medesimo, così come formulato, era suscettibile 154 di ingenerare nei lettori il convincimento che un magistrato fosse disponibile, in tale qualità ed in costanza di servizio, ad assumere gli incarichi in esso indicati, utilizzando nell’interese particolare la sua appartenenza all’organizzazione giudiziaria). Procedimento n. 360 - Sentenza del 28 ottobre 1977 - Pres. Bachelet. Condotta privata - Minacce con una pistola carca in una pubblica strada - Illecito disciplinare - Sussistenza. É in contrasto con l’obbligo di compostezza, prudenza e rispetto dell’altrui libertà, che il magistrato deve sempre osservare anche nella sua vita privata, e integra, pertanto, illecito disciplinare, ai sensi dell’art. 18 r.d. n. 511 del 1946, minacciare un terzo, nella pubblica strada nel corso di un diverbio, mediante una pistola scarica. Procedimento n. 360 - Sentenza del 28 ottobre 1977 - Pres. Bachelet. Condotta privata - Possesso di arma da fuoco non denunziata e porto alla medesima senza licenza - Assoluzione dell’incolpazione disciplinare per insuffcienza di prova sull’elemento soggettivo Errore nell’interpretazione della legge. Il magistrato (che non svolga le funzioni di pretore, pubblico ministero o di giudice istruttore), il quale detenga nella propria abitazione una pistola non denunziata e la porti fuori della sua abitazione senza licenza di prova sull’elemento soggettivo dell’illecito, nel caso in cui appaia verosimile che l’incolpato abbia tenuto tale comportamento perchè convinto della sua legittimità per una superficiale conoscenza della legislazione in materia di armi. Invero, un errore siffatto, se realmente verificatosi, avrebbe valore discriminante sia perchè non verte sulla legge penale, bensì su di una legge di natura amministrativa, sia perchè, comunque, il principio per cui nessuno può invocare a propria discolpa l’ignoranza della legge penale riguarda soltanto la responsabilità penale e non anche 155 quella civile. Procedimento n. 19/80 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres. Zilletti. Condotta privata - Reazione di un magistrato contro un apprezzamento ingiustificato fatto nei suoi confronti da un agente di p.s. nel corso di un’ispezione - Illecito disciplinare - Insussistenza - Fattispecie. Il magistrato che sia entrato in un locale noturno dopo l’orario di chiusura al solo fine di prelevare un amico e si sia astenuto dal render nota la sua qualifica professionale nel corso di un’ispezione eseguita in detto locale da agenti di pubblica sicurezza, non commette illecito disciplinare se abbia reagito contro un apprezzamento del tutto ingiustificato compiuto nei suoi confronti da uno degli agenti, informato da un terzo della presenza di un giudice, limitandosi a protestare contro la «pesantezza» delle espressioni usate nei suoi confronti. Procedimento n. 27/80 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Condotta privata - Relazione extraconiugale - Assenza di notorietà Insussistenza dell’illecito. Una relazione extraconiugale, svolta senza connotazioni di particolare ostentazione offensiva per il coniuge o disprezzo nei confronti del dovere di fedeltà, non costituisce illecito disciplinare quale che sia la sua notorietà. Procedimento n. 13/81 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Condotta privata - Dichiarazione alla stampa nella qualità di presidente del collegio di provibiri di un partito politico - Assenza di intento diffamatorio - Insussistenza di illecito. Non appare censurabile disciplinarmente il comportamento del 156 magistrato che, esclusivamente nella sua qualità di presidente del collegio provibiri di un partito politico ed in difetto del benchè minimo intento diffamatorio, rilasci dichiarazioni alla stampa per le quali venga sottoposto a procedimento penale conclusosi con declatoria di estinzione per intervenuta remissione di querela. Procedimento n. 14/81 - Sentenza del 13 novembre 1981 - Pres. De Carolis. Condotta privata - Fattispecie integratrice di illecito disciplinare. Costituisce violazione dei poteri di discrezione e riservatezza incombenti al magistrato apporre sulle pareti interne di alcune vetture ferroviarie la scritta «W l’armata rossa» e ciò anche se il gesto per la sua modalità, non trovi spiegazione in una volontà di propaganda ideologica. Procedimenti n. 284 e 422 - Sentenza dell’11 dicembre 1981 Pres. De Carolis. Condotta privata - Intervento ad un pubblico dibattito qualificandosi come magistrato - Esposizione di fatti falsi - Finalizzazione del falso a sostegno di critiche particolarmente acute sulla condizione dell’ordine giudiziario - Esercizio del diritto costituzionale di manifestazione del pensiero - Esclusione - Sussistenza dell’illecito. Trasmoda dall’esercizio del diritto costituzionale di manifestazione del pensiero e denigra l’ordine giudiziario il magistrato che, qualificandosi come tale, intervenga in pubblici dibattiti, esponendo fatti falsi ed offensivi della reputazione di magistrati al fine di avvalorare sue considerazioni critiche sulla condizione dell’ordine giudiziario medesimo. Procedimento n. 27/81 - Sentenza del 19 febbraio 1982 - Pres. Galasso. 157 Condotta privata - Relazione extraconiugale - Assenza di notorietà Insussistenza dell’illecito. La relazione extraconiugale intrattenuta dal magistrato, quando non sia notoria, non può, secondo la morale corrente, incidere sul prestigio del magistrato. Procedimento n. 60/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres. Galasso. Condotta privata - Propensione alla violenza verbale e fisica all’interno dell’ambiente domestico - Ininfluenza sul buon andamento e sull’immagine dell’amministrazione della giustizia - Insussistenza dell’illecito. Il giudice disciplinare non entra fra le pareti domestiche nè si occupa della vita privata dei magistrati; il suo compito è accertare ed eventualmente punire i comportamenti dei magistrati che negativamente incidono o sull’esercizio della funzione giudiziaria o sul buon andamento e sull’immagine dell’Amministrazione della giustizia. Allorchè il giudice disciplinare indaghi su comportamenti del magistrato che siano il prodotto di difficoltà del rapporto coniugale dovrà tener conto dell’emergere di un attteggiamento sociale più distaccato in ordine alle ragioni del fallimento di unioni familiari e dell’emergere di uno spirito laico che non fa proprie specifiche concezioni di valori per farle assistere dal potere sanzionatorio statuale. Procedimenti n. 8/82 e 13/82 - Sentenza del 22 ottobre 1982 Pres. Galasso. Condotta privata - Insussistenza dell’illecito. L’uso di termini ingiuriosi ed offensivi da parte di un magistrato, nei rapporti che non attengano all’ufficio, non può essere considerato colpevole e quindi fonte di responsabilità disciplinare se esso appare giustificato dalle circostanze in cui è avvenuto e, in particolare, se risulta che a determinarlo o a causarlo sia stato un fatto altrui che 158 per i segni esteriori che lo accompagnano e lo caratterizzano, si presenti, secondo il metro dell’uomo medio, come esorbitante dai confini dei rapporti di correttezza che tutti hanno fondato motivo di vedere rispettati. La responsabilità disciplinare, invero, pur se è tuttora non ancorata a una codificazione delle fattispecie sanzionabili, non può essere certamente assoggettata a un regime che sia più grave di quello che si rivava dai principi generali in materia di responsabilità o di ordine comune, dove domina come regola primaria inderogabile quella del necessario requisito della colpa, alla quale è connaturale il reciproco dell’assenza di cause di giustificazione di carattere obiettivo o soggettivo. Procedimenti n. 8/82 e 13/821 - Sentenza del 22 ottobre 1982 Pres. Galasso. Condotta privata - Proscioglimento per amnistia da reati urbanistici per dichiarato difetto delle condizioni di cui all’art. 152 c.p.p. Possibilità di indagine in sede disciplinare sulla responsabilità dell’incolpato - Esclusione di responsabilità - Insussistenza dell’illecito. L’avere il giudice penale esclusa l’esistenza di prove evidenti di estraneità del magistrato-imputato di violazioni urbanistiche per le quali quindi si applicava il provvedimento di amnistia, non preclude valutazioni sul medesimo fatto da parte della Sezione disciplinare. La favorevole conclusione di tale indagine deve convincere della mancanza di responsabilità disciplinare. Procedimento n. 301 R.G. - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres. Galasso. Condotta privata - Suo assoggettamento ai poteri di sorveglianza di cui all’art. 14 r.d.l. n. 511/946 - Esclusione - Rifiuto del magistrato di sottostarvi - Insussistenza dell’illecito. Il potere previsto dall’art. 14 r.d.l. n. 511/1946 è circoscritto ai comportamenti professionali dei magistrati ed al funzionamento degli 159 uffici, non essendo concepibile una sorveglianza sulla vita privata del giudice. Il rifiuto di rendere conto al titolare del potere di sorveglianza delle opinioni espresse fuori dall’esercizio professionale, rifiuto motivato dalla mancanza di formale comunicazione di promuovimento dell’azione disciplinare e dall’assenza di relative garanzie di difesa, non integra un’ipotesi di illecito disciplinare, ma è al contrario esercizio di un diritto. Procedimento n. 17/82 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres. Galasso. Condotta privata - Assunzione in qualità di collaboratrice domestica dell’appaltatrice dei lavori di pulizia nella pripria Pretura - Diversità di orario delle prestazioni - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere assunto quale collaboratrice domestica la stessa persona appaltatrice dei lavori di pulizia della propria Pretura, sempre che non coincidano gli orari delle diverse prestazioni ed anche se i locali destinati ad alloggio del magistrato siano nella stessa Pretura. Procedimenti n. 57/81 e 4/82 R.G. - Sentenza del 9 febbraio 1983 - Pres. De Carolis. Condotta privata - Adesione ad una associazione segreta - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato che aderisca ad un’associazione segreta. L’adesione ad un’associazione segreta è incompatibile con la fiducia nella indipendenza, imparzialità e correttezza del magistrato ed è tanto più lesiva dei valori della giurisdizione in quanto direttamente contrastante con un precetto costituzionale. Rileva ai fini della responsabilità disciplinare non solo la condotta che sia assistita dalla piena consapevolezza delle caratteristiche che fanno della associazione una società segreta, ma anche quella che riveli imprudenza e mancanza di cautela, che contrastano con il dovere del magistrato di non esporsi al rischio di venirsi a trovare 160 in situazioni di illegittimità, anche nell’esercizio del diritto di associazione. La loggia massonica propaganda 2 ha costituito una associazione segreta, ripartita in gruppi territoriali, inserita principalmente in istituzioni ed organismi pubblici o di pubblico interesse, finalizzata ad interferire nell’espletamento delle loro funzioni. L’art. 18 Cost., nella parte in cui proibisce le associazioni segrete è norma immediatamente precettiva, che, anche prima della L. 25 gennaio 1982 n. 18, poneva un divieto assistivo da sanzione disciplinare per i magistrati, secondo l’art. 18 r.d.l. lg. 31 maggio 1946 n. 511. É associazione segreta, ai sensi dell’art. 18 Cost., quell’associazione che tende a tenere celata la sua stessa esistenza, nei caratteri che ne definiscono la identità (in particolare gli scopi reali e la composizione personale), e che persegue fini di intervento in campi di rilievo politico. L’art. 11 Legge 25 gennaio 1982 n. 17, riproduce il risultato interpretativo dell’art. 18 Cost., accogliendo, conformemente alla ratio della norma costituzionale, la più ristretta delle nozioni di associazione segreta, tra quelle astrattamente formulabili e così, correlativamente, attribuendo la maggior ampiezza al diritto di liberamente associarsi stabilito dal comma 1 dell’art. 18 Costituzione. Procedimento n. 49/82 - Sentenza del 29 aprile 1983 - Pres. De Carolis. Condotta privata - Limiti del sindacato disciplinare. Anche al magistrato va riconosciuto il diritto costituzionalmente garantito del rispetto della propria vita privata con il solo limite che i comportamenti ritenuti in tale sfera non coincidano negativamente sull’esercizio dei doveri professionali o sul buon andamento dell’amministrazione della giustizia, comprendendo in quest’ultimo la tutela della credibilità dell’ordine giudiziario e del singolo magistrato che ne fa parte. Procedimento n. 8/80 - Sentenza del 20 maggio 1983 - Pres. 161 Galasso. Condotta privata - Telegramma di solidarietà a detenuti in sciopero Sussistenza dell’illecito. L’esplicito appoggio ad un’azione di protesta di detenuti che deve considerarsi pur sempre ai limiti del lecito per qualsiasi cittadino, è inammissibile e riprovevole per un magistrato che, in ogni occasione, deve essere ed apparire al di sopra delle parti e delle contese delle quali si alimenta la vita sociale quotidiana. Procedimento n. 8/80 - Sentenza del 20 maggio 1983 - Pres. Galasso. Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. L’esibizione nell’apparente stato di ebrezza, in un ballo fuori programma durante uno spettacolo pubblico, protattosi nonostante il ripetuto invito ad allontanarsi e seguita da un iniziale rifiuto di declinare le proprie generalità ai carabinieri intervenuti, costituisce illecito disciplinare. Procedimento n. 39/82 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De Carolis. Condotta privata del magistrato - Rilascio di assegno bancario privo di data e luogo di emissione - Sussistenza dell’illecito. Il rilascio di un assegno bancario privo di data e luogo di emissione, anche se il titolo incompleto non dovesse essere negoziato dal terzo prenditore per avere detto titolo funzione di garanzia, non può essere considerato una semplice leggerezza irrilevante sul piano disciplinare, giacchè assume i contorni di una consapevole deformazione della funzione tipica del titolo dalla quale è estraneo tutto ciò che può servire a tramutarlo in un mezzo di pagamento non a breve termine o in un titolo di credito diverso. 162 Procedimenti n. 13/80 e 28/83 - Sentenza del 23 novembre 1984 - Pres. Guizzi. Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette grave illecito disciplinare il magistrato che partecipa attivamente ad una riunione svoltasi in un’aula universitaria il cui uso non era stato autorizzato dall’autorità accademica e che, lungi dall’eseguire prontamente l’ordine di sgombero impartito dalla Polizia, abusa della sua qualifica per ritardarne l’opera ed ingenerare nel pubblico presente la convinzione che le forze dell’ordine operassero illegittimamente. Esula dall’ambito del diritto di libera manifestazione del pensiero, il rilascio di interviste, in ordine a tale intervento della Polizia, dirette a presentarle come arbitrario, assimilandolo ad esperienze straniere particolarmente note per la loro patente illegittimità e crudeltà. Procedimento n. 18/84 - Sentenza dell’8 febbraio 1985 - Pres. De Carolis. Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Costituisce un comportamento obiettivamente illecito sotto il profilo disciplinare quello del magistrato che si rechi ad una conferenza stampa organizzata nei locali di azienda il cui titolare è coinvolto in un procedimento penale ed ivi renda un suo parere su problemi di carattere generale che, per lo stretto collegamento con la concreta vicenda penale in cui è coinvolto il titolare dell’azienda, può essere apprezzato all’esterno come un atto di negativa verifica ab esterno dell’istruttoria penale. Tuttavia quando risulti che l’incolpato non si sia rappresentato ciò che significava il luogo ed il tempo in cui la conferenza stampa si veniva svolgere, e non abbia avuto lo scopo, neppure in via riflessa, di partecipare ad un’azione diretta contro l’istruttoria penale, la rilevanza disciplinare del suo comportamento viene meno per difetto dell’elemento psicologo. Procedimento n. 3/85 - Sentenza del 22 marzo 1985 - Pres. Guizzi. 163 Condotta privata del magistrato - Relazione adulterina - Assenza di notorietà - Insussistenza dell’illecito. I comportamenti privati non rilevantesi in violazione dei doveri professionali e deontologici sono incensurabili disciplinarmente. (Nella specie la Sezione ha ritenuto non costituire illecito disciplinare l’aver intrattenuto, nel più assoluto riserbo, una relazione adulterina con persona impiegata presso il proprio ufficio). Procedimento n. 19/85 - Sentenza del 25 ottobre 1985 - Pres. Guizzi. Condotta privata del magistrato - Frequentazione di pluripregiudicato - Condizioni per la rilevanza disciplinare. La frequentazione da parte di un magistrato di persona pluripregiudicata non asume rilievo disciplinare quando difettino a) quel grado di assiduità e intensità che è segno del livellamento in negativo del modo di pensare del magistrato dal quale possono derivare perplessità sul suo senso di imparzialità e serenità nell’esercizio delle sue funzioni; b) quella marcata manifestazione all’esterno della frequentazione che solo la fa percepire e sottolineare nell’ambiente. Procedimento n. 51/85 - Sentenza del 6 dicembre 1985 - Pres. De Carolis. Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Quali che siano i principi di morale sessuale di cui ciascuno ritiene ispirarsi, è certo che le ralazioni omosessuali tra adulti sono, in un ordinamento che si fonda su principi di laicità, normalmente accettate. Non è sanzionabile disciplinarmente il magistrato che ha intrattenuto rapporti omosessuali a condizione che detto comportamento riguardante la sua vita privata non abbia inciso negativamente sull’esercizio dei doveri professionali. 164 Procedimento n. 14/85 - Sentenza del 9 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Emissione di tre assegni a vuoto Sussistenza dell’illecito. L’illecito disciplinare integrato dalla emissione di tre assegni a vuoto non è escluso, in assenza di ragioni idonee a configurare una causa di giustificazione, dalla mancata pubblicità avuta dai conseguenti decreti penali: e ciò, sia per la compromissione del prestigio dell’ordine e della credibilità del magistrato insita nella stessa condanna penale, sia per l’inevitabile diffusione della notizia quanto meno nell’ambito degli istituti di credito e degli stessi ambienti giudiziari. (Nella specie l’incolpato aveva addotto impreviste gravi necessità familiari quali spese straordinarie, ma non documentate, per accertamenti diagnostici nei confronti della moglie e spese per il matrimonio del figlio). Procedimento n. 9/85 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Partecipazione a gara di calcio sotto falso nome - Inopportunità - Insussistenza dell’illecito. E condotta inopportuna, ma priva di rilevanza disciplinare, quella del magistato che partecipa ad una gara di calcio fra dilettanti sotto falso nome perchè colpito da precedente provvedimento di squalifica. (Nella specie la Sezione Disciplinare ha sottolineato che l’incolpato aveva sempre svolto con grande impegno e serietà le funzioni giudiziarie e che non risultava provato che la falsificazione del cartellino fosse stata praticata dallo stesso magistrato). Procedimento n. 67/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito 165 disciplinare. Commette illecito disciplinare il magistrato che acquista un’autovettura facendola intestare alla ditta di un proprio amico, così lucrando delle riduzioni di prezzo e delle agevolazioni tributarie previste per la ditta medesima. Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Limiti al commercio di quadri dipinti dall’incolpato - Sussistenza dell’illecito. La vendita diretta di quadri, dipinti dall’incolpato, a persone (agenti in proprio o come legali rappresentanti di enti pubblici) soggetti ad accertamenti o giudizio in sede penale avanti il Tribunale da lui stesso presieduto, integra illecito disciplinare. Procedimento n. 59/85 - Sentenza del 24 ottobre 1986 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare offendere e percuotere il proprio coniuge quando i fatti abbiano avuto risonanza esterna, tale da comportare indubbia lesione del prestigio dell’ordine giudiziario. Procedimento n. 38/85 - Sentenza del 14 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Rapporti di carattere episodico e formale con imputato di gravi reati - Posteriorità dell’imputazioe - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere avuto rapporti di carattere episodico e formale, per di più unitamente ad altre persone 166 di spicco e di sicuro prestigio, con individuo solo successivamente imputato di omicidio volontario ed associazione a delinquere di stampo mafioso. Procedimento n. 57/86 - Sentenza del 20 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Relazione extraconiugale - Assenza di notorietà - Ininfluenza sull’esercizio dei doveri professionali e sulla credibilità dell’ordine - Insussistenza dell’illecito. Non è censurabile disciplinarmente il magistrato che intrattenga una relazione extraconiugale, priva di notorietà, tale da non incidere negativamente sull’esercizio dei doveri professionali o sul buon andamento dell’amministrazione della giustizia. (Nella specie la Sezione ha accertato che l’incolpato aveva avuto una relazione sentimentale con persona che praticava la prostituzione «part-time», ma ignorando detta circostanza). Procedimento n. 5/87 - Sentenza del 10 aprile 1987 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Relazione extraconiugale con imputata di gravi reati - Frequentazione di altro magistrato unitamente all’imputata - Sussistenza dell’illecito. Al magistrato è garantito il rispetto alla propria vita privata ma il suo comportamento non deve incidere sull’esercizio del dovere o sulla credibilità dell’ordine giudiziario. (Nella specie è stato ritenuto sanzionabile l’aver presentata, come persona legata affettivamente e quindi implicitamente degna di fiducia, un’imputata in procedimento per banda armata, con la quale aveva una relazione extraconiugale, ad altro magistrato, impegnato in delicatissime indagini di terrorismo, il quale, ignaro della imputazione, si incontrava più volte ed anche a pranzo, con l’incolpato e la donna). Procedimento n. 10/86 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres. 167 Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Sollecitazione dell’intervento di pubblici ufficiali - Scorrettezza per modalità e per contenuto Sussistenza dell’illecito. Commettere illecito disciplinare il magistrato che con attegggiamento teso e prevaricatore, reso ancor più intimidatorio dalla sua qualifica professionale, solleciti in piena notte la restituzione della popria auto, rimossa dall’isola pedonale e depositata presso il parcheggio antistante il Comando Vigili Urbani, rivolgendosi al Commissariato di P.S. ed ottenendo dal Commissario la convocazione del Comandante dei Vigili Urbani per l’apertura del parcheggio. Procedimento n. 6/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Frequentazione di locali notturni Condizioni per la sussistenza dell’illecito. La frequentazione di locali notturni da parte di un magistrato rientra nella sfera delle sue libere scelte in ordine al modo di occupare il tempo al di fuori del servizio giudiziario. Tuttavia, ove detta frequentazione sia assidua, nonostante la consapevolezza che nei locali in questione convengono abitualmente pregiudicati e donne di equivoca moralità, si pone in essere una condotta integrante illecito disciplinare. Procedimento n. 39/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che ostenta in pubblico rapporti confidenziali con familiari di imputati arrestati, e in particolare nell’ambito dell’ufficio giudiziario. 168 Procedimento n. 35/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Partecipazione ad assemblea pubblica organizzata per criticare e deligittimare giudici istruttori penali illiceità oggettiva - Assenza dell’elemento soggettivo - Esclusione dell’addebito. La partecipazione ad un’assemblea pubblica, annunciata da un quotidiano con corredo di articoli fortemente critici dell’istruttoria di una particolare vicenda giudiziaria penale, costituisce illecito disciplinare se l’incolpato ebbe la consapevolezza dell’operazione di delegittimazione dei giudici istruttori che in sede assembleare si intendeva praticare. (Nella specie la Sezione ha escluso che fosse provata la consapevolezza nell’incolpato delle vere finalità dell’assemblea). Procedimenti n. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Accettazione di frequenti inviti a cena da soggetto parte in un proprio processo - Illiceità. L’accettazione di frequenti inviti a cena da persona che è parte in un giudizio civile affidato alla propria cognizione, in quanto dia adito a sospetti di corruttibilità, compromette gravemente il prestigio della magistratura e la credibilità della funzione giudiziaria. (Nella specie l’incolpato aveva accettato quattro inviti a cena nell’arco di pochi mesi). Procedimento n. 21/88 - Sentenza del 15 aprile 1988 - Pres. Mirabelli.. Condotta privata del magistrato - Proscioglimento per remissione di querela per lesioni lievissime in danno di moglie e suocera Insuperabili certezze in punto di attribuibilità delle lesioni dell’incolpato - Assenza di danno al prestigio dell’Ordine Giudiziario 169 - Insussistenza dell’illecito. Il proscioglimento dell’incolpato per remissione di querela dal reato di lesioni volontarie lievissime non è disciplinarmente rilevante quando sussistano incertezze insuperabili circa l’attribuibilità all’incolpato delle lesioni lamentate e l’episodio sia rimasto confinato nell’ambito della vita privata del magistrato sicchè nessun nocumento abbia riportato il prestigio dell’Ordine Giudiziario e la considerazione di cui il magistrato medesimo deve godere. (Nella specie la Sezione, a fronte di querele reciproche per lesioni volontarie proposte dall’incolpato nei confronti della moglie separata e dalla di lei madre e viceversa, ha ritenuto di argomentare l’insuperabilità della incertezza in un punto di responsabilità dello stesso incolpato: dalla modestia delle lesioni lamentate dalle due donne; dall’inesistenza di segni obiettivi di riscontro di dette lesioni; dall’inconciliabilità di quest’ultime con le modalità di produzione riferite; dalle perplessità espresse dal perito medico-legale; dalla tardività della querela proposta e dalla pronta accettazione dell’amnistia confrontate con il rifiuto della stessa amnistia da parte dell’incolpato vittima di lesioni certe e di maggiore entità). Procedimento n. 96/87 - Sentenza del 15 luglio 1988 - Pres. Mirabelli. Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette grave illecito disciplinare il magistrato che convoca telefonicamente nel proprio Ufficio in Tribunale, senza averla mai conosciuta prima, la moglie di un detenuto, condannato a più di sei anni di reclusione da un collegio da lui presieduto, allo scopo di condurre trattative per l’acquisto, da parte dei propri affini, di una villetta di proprietà della donna, di cui erano note le difficoltà economiche in sonseguenza delle vicende giudiziarie del marito, in tal modo incidendo sulla volontà negoziale della venditrice ed ottenendo l’ulteriore risultato di far acquistare la villetta ad un prezzo vantaggioso. Procedimento n. 92/88 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres. 170 Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Attività di consulenza remunerata Illiceità. Commette illecito disciplinare il magistrato che presti attività di consulenza in favore di una società commerciale. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’attività di consulenza remunerata non potesse considerarsi lecita per il fatto che uno dei soci fosse affine in terzo gradi dell’incolpato). Procedimento n. 13/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Condotta privata del magistrato - Partecipazione attiva ad operazioni immobiliari di carattere fraudolento e speculativo - Grave violazione dei doveri di correttezza e probità - Sussistenza dell’illecito. Costituisce grave illecito disciplinare la condotta privata del magistrato che svolge il ruolo di vero dominus di una serie di operazioni immobiliari di carattere bassamente e fraudolentemente speculativo volte a distorcere a vantaggio proprio e dei propri amici l’attività della P.A., utilizzando, a tal fine, le sue conoscenze tecnicogiudiziarie di natura contrattuale ed urbanistica. Procedimento n. 67/89 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Condotta privata del magistrato - Abituale frequentazione di persona con precedenti penali - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che intrattiene rapporti di amichevole frequentazione e di dimistichezza con persona con gravi precedenti penali. (Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che il magistrato aveva mancato di ogni cautela nell’instaurare detti rapporti di frequentazione con una persona estranea all’ambiente di lavoro senza effettuare alcuna verifica sulla sua complessiva personalità). 171 Procediemnto n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres. Galloni. Condotta privata del magistrato - Relazione extraconiugale - Incidenza disciplinare - Requisiti. L’intrattenimento da parte di un magistrato di un relazione extraconiugale, come tutti i comportamenti tenuti nella vita privata, sono sindacabili in sede disciplinare solo se suscettibili di generare perdita di credibilità del magistrato in quanto tale o di influire negativamente nell’esercizio della giurisdizione. (Nel caso di specie è risultato che l’incolpato, già coniugato con una collega, non aveva dato notorietà alla relazione extraconiugale per cui da essa non erano derivati pregiudizi sul suo prestigio). Procedimento n. 4/90 - Sentenza del 23 novembre 1990 - Pres. Coccia. Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che, a richiesta di persona amica sottoposta a perquisizione domicialiare da parte della Guardia di Finanza, fornisce il nome di due penalisti per le iniziative processuali del caso ed accolga la richiesta di leggere i verbali rilasciati in copia dalla Guardia di Finanza all’evidente scopo di esprimere un parere al riguardo; comportamento che, oltre a non evocare, in sè, alcun giudizio di riprovevolezza nei confronti del magistrato, non lo suscita nemmeno, ed a maggior ragione, se inquadrato nella situazione di dimestichezza ed amicizia che, nel rispetto dei limiti imposti al giudice dalla sua attività professionale, fino a quel momento aveva caratterizzato i rapporti tra il magistrato e la persona inquisita. 172 8. - DEBITI 173 174 Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro. Debiti - Speculazioni commerciali - Tenore di vita sproporzionato Omesso pagamento dei debiti - Protesto degli effetti - Sussistenza dell’illecito. Compromette gravemente la propria reputazione ed il prestigio dell’intero ordine giudiziario il magistrato che contragga continuamente obbligazioni pecuniarie, senza poi soddisfarle, per sopperire alle perdite conseguenti a sbagliate speculazioni commerciali e per condurre un tenore di vita eccedente le proprie possibilità finanziarie e che subisca inoltre numerosi protesti cambiari, pubblicati negli elenchi ufficiali della camera di commercio. Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro. Debiti - Emissioni di assegno bancario - Successivo uso dei fondi Errose scusabile - insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia emesso un assegno bancario di lieve importo, protestato per mancanza di fondi, ove si accerti che all’atto della 175 emissione esistevano fondi sufficienti presso la banca trattaria e che tali fondi vennero successivamente a mancare solo perchè il magistrato ne dispose credendo, per errore scusabile, che ne rimanessero ancora a sufficienza per assicurare il pagamento del titolo. Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Debiti - Debito contratto con un parente - Possibilità di restituzione Esigenze familiari - Insussistenza dell’illecito. Il magistrato il quale contrae un debito, per un milione, con un parente, per sopperire alle esigenze della sua famiglia, non compromette il prestigio dell’ordine giudiziario, nè si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere il giudice, in quanto l’entità del debito, in relazione allo stipendio di un magistrato, non dà adito a dubbi sulle possibilità di una puntuale restituzione, ed in quanto le esigenze poste a base della richiesta di credito sono da ritenersi apprezzabili Procedimento n. 6 - Sentenza del 10 giugno 1961 - Pres. De Pietro. Debiti - Rilascio di cambiali - Omesso pagamento - Protesto degli effetti - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che non adempia ad obbligazioni cambiarie assunte, lasciando andare in protesto alcuni effetti, anche se di modesto importo, taluno dei quali domiciliato presso il di lui ufficio e che ometta altresì di rimborsare ad un avvocato, avallante di uno dei titoli, la somma dello stesso pagata. Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. 176 Debiti - Posteggio in un’autorimessa della propria automobile Prolungata utilizzata dell’autorimessa - Omesso pagamento del canone - Sollecitazione di pagamento da parte del proprietario dell’autorimessa - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato il quale tiene in un’autorimessa per due anni la propria auto, non pagando alcun canone ed omettendo di prendere iniziative per il pagamento, sì da costringere il proprietario della rimessa a rivolgergli sollecitazione per iscritto ed a interessare un legale. Infatti, il tentativo di approfittare della qualità di pretore per sottrarsi all’obbligo di pagamento del canone di posteggio, dimostra un propositivo ingiusto ed indecoroso e tale da scuotere la considerazione di cui il giudice deve godere e da ledere il prestigio dell’ordine giudiziario, specie se l’episodio ha ripercussione nell’ambiente forense. Procedimento n. 50 - Sentenza del 24 novembre 1962 - Pres. De Pietro. Debiti - Pretore unico - Acquisti anche voluttuari - Pagamento rateale - Eccessivo frazionamento delle rate - Dilazione dei pagamenti Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che nella sede in cui esercita le funzioni di pretore unico proceda ad acquisti anche di carattere voluttuario pagando il prezzo a piccole rate o a distanza di tempo e stentamente, non attenendosi in tal modo a quei principi di linearità e correttezza che, se sono impegnativi per ogni comune persona, si presentano come particolarmente doverosi per un magistrato. Procedimento n. 58 - Sentenza del 5 ottobre 1963 - Pres. De Pietro. Debiti - Ricorso abituale al credito - Mezzi artificiosi per ottenere i prestiti - Omesso pagamento dei debiti - Sussistenza dell’illecito. 177 Viene meno ai più elementari doveri di correttezza e di rettitudine, tanto più cogenti per un rappresentante dell’ordine giudiziario, il magistrato che di continuo, come prassi costante di vita, ricorra all’altrui credito, contraendo obbligazioni pecuniarie quasi sempre senza soddisfarle e che non esiti ad avvalersi di mezzi del tutto inammissibili per ottenere tali crediti (nella specie fu, tra l’altro sollecitata la presentza dell’ufficiale giudiziario nella sede di una banca senza informarlo che gli sarebbe stata chiesta una personale garanzia e fu convocato nell’ufficio persona di altro comune per richiedere la concessione di un mutuo). Procedimento n. 67 - Sentenza del 1° febbraio 1964 - Pres. Rochetti. Debiti - Contratti con un avvocato e con un istituto bancario Insolvenza - Protesto delle cambiali - Sussistenza dell’illecito. La funzione del magistrato deve non solo essere, ma anche apparire, ispirata alla massima obiettività ed al massimo disinteresse. Pertanto commette illecito disciplinare il pretore il quale, esercitando le sue funzioni in una piccola cittadina, solleciti prestiti da un avvocato del luogo o da un istituto bancario gestore della locale esattoria II.DD., lasciando poi insoluti i debiti contratti e facendo andare in protesto numerose cambiali da lui emesse. Procedimento n. 20 - Sentenza del 29 febbraio 1964 - Pres. Rocchetti. Debiti - Contratti con avvocati e privati - Richieste pretestuose Insolvibilità - Omessa restituzione del denaro - Sussistenza dell’illecito. É di grave menomazione per la dignità personale e per il prestigio dell’intero ordine giudiziario, il comportamento del magistrato che, adducendo a pretesto urgente bisogno di denaro al fine di provvedere alle spese per la malattia di un figlio e per altre necessità familiari, abbia chiesto ed ottenuto in prestito, nel luogo di esercizio della sua 178 funzione, numerose e rilevanti somme di denaro da avvocati e da privati, pur conoscendo che il proprio stato di insolvenza non gli avrebbe consentito, come in effetti non gli consentì in massima parte, di restituirle. Procedimento n. 93 - Sentenza del 5 febbraio 1966 - Pres. Rocchetti. Debiti - Pericolo di fallimento della moglie - Assunzione di obbligazioni cambiarie per evitarlo - Insolvibilità iniziale - Protesto degli effetti - Sussistenza dell’illecito. Nuoce alla considerazione di cui un giudice deve godere, e compromette indirettamente il prestigio dell’ordine giudiziario, il comportamento di colposa imprevidenza di un magistrato che assume ingenti obbligazioni cambiarie al fine di evitare il fallimento della moglie senza aver preventivamente conseguito la certezza di poter far fronte, al momento della scadenza, alle obbligazioni assunte, sì da determinare numerosi protesti a suo nome per l’importo di circa 25 milioni. Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres. Rocchetti. Debiti - Acquisto di generi alimentari e cure mediche - Famiglia numerose - Necessità di cura di familiari - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che contragga numerosi debiti verso medici per prestazioni professionali, verso farmacisti e fornitori in generi alimentari per acquisti effettuati, se tali debiti siano dovuti a difficoltà finanziarie da attribuirsi, in modo esclusivo, alle particolari esigenze di una famiglia numerosa e alle necessità impellenti di cura di alcuni componenti della famiglia. Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres. Rocchetti. 179 Debiti - Iscrizione a un circolo - Omesso pagamento delle quote sociali - Stato di bisogno - Irrilevanza - Sussistenza dell’illecito. Integra gli estremi dell’illecito disciplinare il fatto del magistrato che rimanga a lungo insolvente nel pagamento delle quote sociali del circolo di cui è socio. Il particolare stato di bisogno in cui magistrato venga a trovarsi non esclude la sua responsabilità dato il carattere voluttuario della spesa. Procedimenti n. 87 e 95 - Sentenza del 2 luglio 1966 - Pres. Rocchetti. Debiti - Mutui con istituti bancari - Mancanza di adeguata causale Difetto di riserbo - Richiesta di avallo a terzi estranei - Sussistenza dell’illecito. Non è consono alla dignità che nella vita privata deve improntre tutte le azioni di chi appartiene all’ordine giudiziario e, pertanto, costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale, nel contrarre mutui bancari per sopperire a spese superiori ai suoi mezzi economici, non mantenga riservati i suoi rapporti con l’istituto di credito e solleciti l’intervento di terzi avallanti, estranei al nucleo familiare ed alla parentela. Procedimenti n. 87 e 95 - Sentenza del 2 luglio 1966 - Pres. Rocchetti. Debiti - Rilascio di cambiali a un imprenditore - Causale diversa da acquisti - Pagamento ritardato delle cambiali - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che emetta quattordici cambiali a favore di un imprenditore commerciale per una causale diversa da acquisti fatti e che, inoltre, paghi alcune delle cambiali solo all’atto della presentazione degli ufficiali giudiziari per il protesto. Ciò perchè il magistrato deve ispirare la propria vita ad austerità e correttezza al fine di suscitare quella fiducia, quel rispetto 180 e quella estimazione nella sua persona che è condizione per il necessario prestigio dell’ordine giudiziario. Procediemnto n. 148 - Sentenza del 14 giugno 1968 - Pres. Amatucci. Debiti - Debiti contratti con avvocati o con persone interesste a procedimenti in corso - Ripercussioni nell’ambiente forense Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che si rende debitore di chi esercita abitualmente il patrocinio nella circoscrizionze del suo ufficio o della parte offesa da reato oggetto di un procedimento da lui istruito o dell’imputato che deve giudicare; ciò perchè in tal modo si violano i doveri di proibità e di correttezza cui ogni magistrato deve informare la propria condotta e nel contempo, ove tale violazione sia nota all’ambiente forense, si crea un clima sospettoso che mina alla radice la considerazione, la fiducia ed il prestigio dei quali chi amministra giustizia deve essere circondato. Provvedimenti n. 87 e 95 - Sentenza del 29 maggio 1969 - Pres. Amatucci. Debiti - Vita dispendiosa - Ricorso al credito - Rilascio di cambiali Sussitenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, per condurre vita dispendiosa e superiore alle proprie possibilità economiche, si pone in condizioni di dover sollecitare la concessione di prestiti o di contrarre obbligazioni cambiarie, e ciò in quanto corrisponde al primo dovere di ogni magistrato mantenere l’equilibrio in ogni spesa ed in ogni impegno, in modo da non superare le proprie possibilità, a meno che non ricorrano ragioni di assoluta o inderogabile necessità. Procediemnto n. 136 - Sentenza del 29 maggio 1969 -Pres. Amatucci. 181 Debiti - Speculazioni commerciali - Società con persone malfamate e protesti cambiari - Sussistenza dell’illecito. Si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere,e compromette il prestigio dell’ordine giudiziario, il magistrato che abbia rapporti amichevoli e ripetuti contatti con persone malfamate, avallando cambiali dalle stesse sottoscritte, prestando loro il proprio nome per porre in essere un contratto basato su presupposti di fatto mendaci, presentando poi all’autorità giudiziaria una denuncia penale contenente affermazioni contrarie al vero, subendo alcuni protesti cambiari e intromettendosi in affari poco chiari fra le predette persone fino ad essere coinvolto come imputato in un procedimento penale. Procedimento n. 127 - Sentenza del 26 giugno 1969 - Pres. Amatucci. Debiti - Fideiussione per la concessione di un mutuo a terzi Adempimento successivo dell’obbligazione - Mancanza del danno per il mutuante - Insussitenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che presti una fideiussione per la concessione di un mutuo qualora, essendo cessati i pagamenti da parte del debitore principale il magistrato abbia adempiuto all’obbligo della prestata garanzia, sì che nessun danno sia derivato al mutuante. Procedimento n. 127 - Sentenza del 26 giugno 1969 - Pres. Amatucci. Debiti - Impresa speculativa - Rapporti di affari con altre persone Rilascio e avallo di effetti cambiari - Ricorso al credito - Insolvenza - Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri e compromette gravemente il prestigio proprio e dell’ordine giudiziario il magistrato che, nel luogo dove esercita le proprie funzioni, si ingerisca in intricate ed oscure attività 182 speculative, relative alla gestione di un ristorante; si leghi in rapporti di interesse con un gruppo di persone coinvolte in un clamoroso procedimento penale; rilasci reiteratamente effetti cambiari o avalli cambiali altrui per un notevole ammontare; e infine ricorra reiteratamente al credito presso terzi facendo leva sulla sua qualità di magistrato e giovandosi dei rapporti di stretta amicizia con un avvocato di un Foro vicino, senza poi adempiere, alle scadenze, agli impegni assunti, sì da perdere ogni fiducia presso gli istituti bancari e i privati creditori. Procedimento n. 160 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres. Amatucci. Debiti - Contratti con un amico - Necessità familiari - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato il quale abbia contratto debiti con persona di condotta non irreprensibile, quando sussistano rapporti di vecchia amicizia e la richiesta del prestito sia determinata da gravi vicende familiari. Procediemento n. 204 - Sentenza del 19 maggio 1972 - Pres. Amatucci. Debiti - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in occasione di complessi rapporti economici, tenga consapevolmente una condotta non conforme alle regole di correttezza. (Nella fattispecie il magistrato, dopo aver avallato alcune cambiali dal primo prenditore successivamente girate in bianco, ma a scopo di garanzia, era riuscito ad ottenere dal giratario la restituzione delle stesse dietro un corrispettivo di gran lunga inferiore all’importo cambiario e si era successivamente rifiutato di corrispondere al primo prenditore la differenza). 183 Procedimento n. 212 - Sentenza del 9 giugno 1972 - Pres. Amatucci. Debiti - Debiti contratti con l’intermediazione di avvocati - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, trovandosi in una precaria situazione economica, ricorre per ottenere prestiti di denaro all’intermediazione di avvocati esercenti le funzioni di difensore in processi pendenti davanti a lui stesso, in quanto tale comportamento può ingenerare nei cittadini e nel Foro dubbi e perplessità in ordine alla sua imparzialità. Procedimento n. 245 - Sentenza del 15 gennaio 1974 - Pres. Bosco. Debiti - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia contratto e non pagato numerosi debiti per importi rilevanti, abbia utilizzato cinque assegni bancari emessi a vuoto dalla moglie, abbia intrattenuto rapporti di affari con un noto pregiudicato per delitti contro il patrimonio mediante frode e abbia altresì indotto un amanuense in servizio presso l’ufficio giudiziario di appartenenza a rilasciargli delle cambiali di favore. Procedimento n. 255 - Sentenza del 25 settembre 1974 - Pres. Bosco. Debiti - Contrazione di debiti con avvocati conosciuti in relazione alle funzioni giudiziarie esercitate dal magistrato - Promessa di restituzione non mantenuta - Sussistenza dell’illecito. Pone in essere un comportamento tale da compromettere gravemente il prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che contragga debiti con numerosi avvocati conosciuti in relazione alle 184 funzioni giudiziarie da lui esercitate, con promessa, poi non mantenuta di restituzione del denaro a breve termine e con la conseguenza ulteriore di procedimenti esecutivi a suo carico rimasti egualmente senza esito. Procedimento n. 310 - Sentenza del 14 ottobre 1977 - Pres. Bachelet. Debiti - Fattispecie - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, trovandosi in gravi difficoltà economiche, dovute ad errati investimenti, ha contratto, senza riuscire a pagarle per mancanza di fondi, una serie di obbligazioni cambiarie di rilevante importo ed ha, inoltre accettato un assegno spontaneamente offertogli da un soggetto che era stato precedentemente imputato di alcuni processi penali trattati dallo stesso incolpato. Procedimento n. 245 - Sentenza del 23 marzo 1979 - Pres. Bachelet. Debiti - Fattispecie - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in un breve arco di tempo, ha contratto e non pagato numerosi debiti verso banche, privati e professionisti anche operanti nell’ambiente giudiziario, con esposizione in proprio o quale fideiussore, e con la sottoscrizione di titoli di credito protestati, con il risultato di subire numerose procedure esecutive e di sottoporsi a negativa pubblicità derivante dalla pubblicazione del suo nome dei bollettini dei protesti. Procedimento n. 14/85 - Sentenza del 9 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Debiti - Ricorso del magistrato al credito senza essere in grado di 185 adempiere alla obbligazione contratta con emissione di assegni a vuoto - Sussistenza dell’illecito - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che contragga una serie di obbligazioni senza essere in grado di adempierle puntualmente, ricorra continuamente al credito anche di privati emettendo asegni tratti su conti correnti privi di fondi, trascurando poi di farsi carico della posizione creditoria dei possessori di assegni emessi su conti correnti successivamente estinti. Nè l’illecito è escluso dalla mancata pubblicità avuta dai conseguenti decreti di condanna o dalle ragioni sottostanti ai debiti contratti se inidonee a configurare una vera e propria causa di giustificazione. (Nella specie l’incolpato aveva emesso tre assegni a vuoto per complessive L. 4.250.000 ed aveva addotto a giustificazione impreviste gravi necessità familiari che avevano imposto spese straordinarie — peraltro non documentate — per accertamenti diagnostici nei confronti della moglie e spese per il matrimonio del figlio). Procedimento n. 6/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres. Mirabelli. Debiti - Contrazione di debito particolarmente oneroso - Consapevolezza - dell’impossibilità di puntuale adempimento - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’aver contratto un debito con la consapevolezza di non essere in grado di pagare puntualmente alla scadenza, con conseguente inadempienza protrattasi di fatto per un apprezzabile periodo di tempo. Procedimento n. 61/87 - Sentenza el 16 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Debiti - Rilascio di cambiali - Protesto degli effetti - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’essersi fatto protestare effetti 186 cambiari con conseguente nocumento al prestigio dell’ordine giudiziario. (Nella specie la Sezione ha sottolineato che l’addebito relativo al protesto di quattro effetti cambiari per 19 milioni circa era aggravato da una precedente condanna dell’incolpato all’ammonimento per analogo episodio). 187 188 9. - DIFESA DELL’INCOLPATO 189 190 Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Difesa dell’incolpato - facoltà dell’incolpato di farsi assistere da un altro magistrato - Omesso esercizio di tale facoltà - Conseguenze Richiamo analogico dell’art. 407, n. 4 e 5, c.p.p. sull’avviso al difensore e sull’indicazione di un termine per proporre le prove di difesa - Inapplicabilità della norma. A norma dell’art. 34 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 durante la discussione orale nel procedimento disciplinare non è ammessa l’assistenza di un difensore, ma l’incolpato può farsi assistere da un altro magistrato. Qualora tale facoltà non sia stata esercitata, non trova applicazione la norma di cui all’art. 407, n. 4 e 5, c.p.p. (avviso al difensore), in quanto essa presuppone la necessità del difensore o quanto meno la sua nomina. Allo stesso modo non è applicabile l’art. 407 n. 5 c.p.p. concernente l’indicazione del termine utile per proporre le prove a difesa. Procedimento n. 31 - Sentenza del 15 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Difesa dell’incolpato - Prescrizione dell’art. 34 c.p.v. del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, circa l’assistenza dell’incolpato - Grado del magistrato incaricato dell’assistenza - Assistenza davanti alla Sezione 191 disciplinare di un magistrato di tribunale da parte di un altro magistrato di tribunale - Legittimità. Prima dell’istituzione del Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell’art. 34 cpv. del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, l’incolpato poteva farsi assistere da altro magistrato di grado non inferiore a magistrato di tribunale od equiparato nei giudizi disciplinari davanti ai consigli giudiziari e di grado non inferiore a consigliere di corte d’appello od equiparato in quelli davanti alla Corte disciplinare. Dopo l’entrata in vigore della legge 24 marzo 1958, n. 195, la suddetta disposizione deve essere interpretata alla stregua del nuovo ordinamento che non contempla più il doppio grado di giudizio, già previsto dagli artt. 22 e 37 della legge sulle guarentigie, ma rimette la cognizione dei procedimenti disciplinari a carico di tutti indistintamente i magistrati alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Pertanto, poichè della Sezione disciplinare deve far parte un magistrato appartenente alla stessa categoria dell’incolpato (art. 6 primo comma legge n. 195/1958), ove si proceda contro un magistrato di tribunale non vi è motivo per escludere che egli sia assistito da un altro magistrato di tribunale appartenente cioè alla stessa categoria di uno dei componenti del collegio giudicante. Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro. Difesa dell’incolpato - Facoltà dell’incolpato di farsi assistere da altro magistrato - Limitazione di tale facoltà alla fase dibattimentale Omessa desiganzione di un difensore per il dibattimento - Obbligo di dare avviso del dibattimento al magistrato che abbia assistito di fatto l’incolpato - Insussistenza. Difesa dell’incolpato - Facoltà dell’incolpato di farsi assistere da altro magistrato nella fase della discussione orale -Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. L’istituto della difesa del procedimento disciplinare a carico dei magistrati è regolato non già dalle norme speciali contenute nel codice di procedura penale bensì dalle speciali disposizioni dettate dall’art. 34 della legge sulle guarentigie del 1946, il quale dà facoltà 192 all’incolpato di farsi assitere da altro magistrato. Pertanto, in difetto di una specifica preventiva designazione di un difensore per il dibattimento, nessun avviso della data fissata per la discussione deve essere dato al magistrato che di fatto abbia assistito l’incolpato nelle precedenti fasi del procedimento. Per le stesse ragioni non è applicabile al procediemtno disciplinare a carico dei magistrati la norma dell’art. 111 dello statuto degli impiegati civili per la quale, prima della fissazione del dibattimento, deve essere concesso all’incolpato un termine di giorni venti per la visione dell’incarto e la eventuale estrazione di copie. Non contrasta con l’art. 24 della Costituzione, che garantisce il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, la norma richiamata dall’art. 34 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511. Infatti per diritto di difesa deve intendersi la concreta possibilità di adeguata assistenza tecnico-professionale nel corso di un qualsiasi processo, intesa al fine di assicurare il contraddittorio e di rimuovere ogni eventuale ostacolo che si frapponga alle libere deduzioni delle parti. Fermo questo principio, affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 46 del18 marzo 1957, spetta al legislatore di regolare di volta in volta le modalità di esercizio della difesa secondo le particolari caratteristiche strutturali dei singoli procedimenti. La fondamentale esigenza del diritto di difesa risulta rispettata dal citato art. 34 r.d.l. n. 511/1946 in quanto il legislatore da una parte ha ammesso l’incolpato di avvalersi, nella fase della discussione orale, di un valido ausilio quale è quello costituito dall’assistenza di un magistrato, idoneo per anzianità e funzioni esercitate, e dall’altro ha ritenuto di dover escludere l’intervento di un professionista privato in considerazione della natura e della delicatezza dell’indagine. Procedimenti n. 170 e 169 - Sentenze del 12 e 15 maggio 1970 - Pres. Amatucci. Difesa dell’incolpato - Limitazione alla fase della discussione orale Questione di legittimità costituzionale - non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondato per contrasto con l’art. 24, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimità 193 costituzionale dell’art. 34 del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, che limita l’assistenza del difensore alla sola fase della discussione, con esclusione di quella istruttoria (questione decisa dalla Corte costituzionale con sentenza n. 12 del 1971). Procedimento n. 171 - Sentenza del 15 luglio 1971 -Pres. Amatucci. Difesa dell’incolpato - Divieto di assistenza di un difensore tecnico Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale della norma di legge che esclude l’assistenza del difensore tecnico nei procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. La Corte costituzionale ha già escluso la necessità di tale assistenza nel dibattimento e pertanto a maggior ragione, anche durante l’istruzione e nel procedimento cautelare è ammessa soltanto — come nella fase dibattimentale — l’assistenza di altro magistrato. Procedimento n. 211 - Sentenza del 24 maggio 1973 - Pres. Bosco. Difesa dell’incolpato - Estensione ai provvedimenti disciplinari a carico dei magistrati della normativa di cui all’art. 304 c.p.p. in base al richiamo dell’art. 32, comma terzo, del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 - Ammissione. Difesa dell’incolpato - Facoltà di nominare un difensore anche nella fase istruttoria - Qualità del difensore - Ammissione. In base all’art. 32, comma terzo, del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 — il quale stabilisce che per i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati si osservano, in quanto compatibili, le norme relative all’istruzione dei procedimenti penali — è applicabile anche ai detti procedimenti disciplinari, non sussistendo alcuna incompatibilità e dovendo il richiamo intendersi riferito sia alle norme vigenti che alle norme emanate successivamente, la normativa dell’art. 304 c.p.p. modificato dalla legge 5 dicembre 1969,n. 932, e dalla legge 15 dicembre 1962, n. 773, (secondo la quale il giudice istruttore, sin dal 194 primo atto di istruzione, è obbligato ad inviare a coloro, che possono avervi interesse come parti private, una comunicazione giudiziaria con indicazione delle norme di legge violate e della data del fatto addebitato, con invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore). L’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore va inteso nel senso che l’assistenza del difensore è consentita anche nella fase istruttoria, nei modi e limiti previsti dal codice di procedura penale, ma solo ad opera di un magistrato, correlativamente a quanto stabilito per la fase dibattimentale dall’art. 34 decreto n. 511 del 1946. Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Difesa dell’incolpato - Assistenza dell’incolpato da parte di un difensore libero professionista - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 32, 33 e 34 del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui non consentono o escludono, nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati l’assistenza di un difensore libero professionista, con violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione. Non sussiste, invero, la violazione dell’art. 3 Cost., in quanto il principio di eguaglianza può dirsi violato solo se siano disciplinate diversamente situazioni oggettivamente uguali, mentre a tutti i magistrati sottoposti a procedimento disciplinare viene riservato lo stesso trattamento; è, cioè, riconosciuta, in particolare, la facoltà di farsi assistere da un altro magistrato di grado non inferiore a consigliere di corte d’appello o equiparato. Non sussiste neppure il contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto il diritto di difesa va rapportato alle esigenze e alle caratteristiche dei singoli procedimenti, sicchè è consentito al legislatore di regolare i modi di esercizio di tale diritto con norme particolari che rispondono alle finalità che con esso si vogliono raggiungere, essendo in ogni caso sufficiente che nella difesa vengano realizzati lo scopo e la funzione. La difesa tecnica del magistrato nel procedimento disciplinare è adeguatamente assicurata mediante l’assistenza di altro magistrato, tenuto per la sua stessa qualità di operatore del diritto, è in grado di dare un personale 195 contributo alla propria difesa mentre la stessa cosa non può dirsi per altri sottoposti a procedimento penale o disciplinare. Inoltre la limitazione di cui innanzi trova ragionevole giustificazione nell’esigenza di salvaguardare un interesse che travalica quello del singolo magistrato, quello, cioè, di assicurare allo stesso procedimento disciplinare la maggiore riservatezza possibile a tutela del prestigio dell’intero Ordine giudiziario. Procedimento n. 299 - Sentenza del 27 giugno 1974 - Pres. Bosco. Difesa dell’incolpato - Applicabilità delle norme del dibattimento penale ordinario relative all’assistenza di un secondo difensore Esclusione. Non sono applicabili al giudizio disciplinare le norme del dibattimento penale ordinario relative all’assistenza di un secondo difensore, in quanto l’art. 34, secondo comma del r.d.l. 31 maggio 1846, n. 511, in contrapposizione al plurale usato nell’escludere l’assistenza «di difensori o di consulenti tecnici», prevede espressamente che l’assistenza difensiva sia affidata ad «altro magistrato» e non a più magistrati. Procedimento n. 10/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De Carolis. Difesa dell’incolpato - Affidamento ad altro magistrato - Legittimità costituzionale. L’art. 24 della Costituzione, nell’assicurare ad ogni cittadino il diritto alla difesa, non impone una specifica ed univoca qualificazione professionale del difensore, sicchè non contrasta con detta norma l’affidamento della difesa dell’incolpato ad un magistrato che è dotato di competenza tecnica in materia. Procedimento n. 75/88 - Sentenza del 5 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. 196 Difesa dell’incolpato - Limiti alla difesa tecnica dell’incolpato - Questione di costituzionalità - Irrilevanza. In mancanza di nomina o di richiesta di ammissione alla nomina di un difensore libero professionista da parte dell’incolpato è da considerare priva di rilevanza la questione di legittimità costituzionale degli artt. 32 e 34 r.d.l. n. 511/1946 sollevata con riferimento all’art. 24 c. 2 Cost., letto in connessione con gli artt. 10, 104 c. 3, 105 e 107 c. 2 Cost. (Nella specie la Sezione ha incidentalmente affermato che il tema dei limiti alla difesa tecnica dell’incolpato va riesaminato alla luce della decisione 10.2.1983 della Corte Europea dei diritti dell’Uomo — causa Albert e Le Compte/Governo Belga — assertiva del diritto del diritto nel procedimento disciplinare di difendersi ricorrendo all’assistenza di un difensore di libera scelta, per tale intendersi in primo luogo il difensore professionale). Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Difesa dell’incolpato - Assistenza del difensore non magistrato Esclusione - Questione di illegittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. É manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale degli artt. 32, 33, 34 del r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nelle parti in cui non consentono od escludono nel procedimento disciplinare l’assistenza di un difensore non magistrato e, comunque, non consentono l’assistenza di due difensori. 197 198 10. DOVERI DEL GIUDICE: CORRETTEZZA 199 200 Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: correttezza - Lite del magistrato con l’amante Intervento di agente di polizia giudiziaria - Arroganza - Ostentazione della propria qualità - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che assuma un atteggiamento arrogante e inopportuno nei confronti di un carabiniere intervenuto per sedare un clamoroso diverbio tra esso magistrato e la di lui amante, ostentando la propria appartenenza all’ordine giudiziario e protestando ingiustamente anche presso il comando di stazione. Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: correttezza - Percezione di indennità di trasferta non dovute - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che percepisca indennità di trasferta non dovute o dovute in misura inferiore. 201 Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: correttezza - Interferenze nei rapporti tra avvocati e loro clienti - Misura degli onorarri - Eccesso di zelo - Insussistenza dell’illecito. É opportuno che il magistrato si astenga dell’interferire nei rapporti tra avvocati e loro clienti per quanto concerne la misura degli onorari, non avendo alcuna veste ufficiale per conciliare le vertenze che possono insorgere al riguardo. Tuttavia questa esorbitanza delle funzioni, ove risulti ispirata non a finalità deprecabili, ma solo ad eccesso di zelo, non è meritevole di sanzione disciplinare. Procedimento n. 48 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De PIetro. Doveri del giudice: correttezza - Menzogne da parte del magistrato in sede di inchiesta del Procuratore generale - Sussistenza dell’illecito. Viene meno ai doveri di lealtà propri di ogni appartenente all’ordine giudiziario, il pretore che — in sede di inchiesta disposta dal Procuratore generale — affermi, contrariamente al vero, di essere stato presente in ufficio nel giorno in cui pervenne informativa di un omicidio volontario e di aver dato notizia telefonica del delitto alla procura della Repubblica competente. Procedimento n. 51 - Sentenza del 9 febbraio 1963 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: correttezza - Verifiche di registri di stato civile Percezione di indennità non dovute - Errore scusabile Insussistenza dell’illecito. Non è da ravvivarsi materia suscettibile di sanzioni disciplinari nel comportamento del magistrato che, in occasione delle verifiche 202 dei registri di stato civile e degli uffici di conciliazione percepisca indennità non dovute o chieda la liquidazione di indennità di misura superiore a quella spettategli, quando si accerti che il fatto sia da attribuirsi ad errore scusabile in relazione alla inesperienza nella compilazione delle relative tabelle. Procedimento n. 65 - Sentenza del 1° febbraio 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Ritardo nel deposito di sentenze civili - Occultamento del fatto - Compilazione di prospetti bimestrali con date non corrispondenti a quelle di effettiva assegnazione delle cause - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale abbia depositato più volte con ritardo le sentenze civili ed abbia, allo scopo di occultare tale ritardo, compilato i prospetti bimestrali da inviare alla presidenza della Corte d’appello con date non corrispondenti a quelle effettive di assegnazione a sentenza delle cause. Il predetto comportamento, infatti, è contrario ai doveri essenziali del magistrato, non solo per quanto concerne la diligenza nel lavoro, ma anche sotto il profilo di quella lealtà cui egli deve sempre improntare la sua condotta. Procediemnto n. 73 - Sentenza del 14 marzo 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Indicazione alla commissione di scrutino di sentenze redatte da altri - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che nella domanda di partecipazione a uno scrutinio ordinario indichi come titoli da lui redatti sentenze estese da altri magistrati. Detto comportamento deve ritnersi di non grave entità quando si accerti che esso è da attribuire non a mala fede ma a mera negligenza nell’interpretazione delle norme vigenti (erroneia interpretazione delle stesse nel senso che si potessero indicare anche lavori giudiziari 203 alla formazione dei quali abbia partecipato quale competente del collegio). Procedimento n. 76 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Locali concessi per le esigenze dell’ufficio - Utilizzazione per uso privato - Deficenza di case di abitazione Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato, il quale abbia utilizzato per uso privato due locali concessi dal comune per le esigenze della pretura di cui egli era il titolare, quando si accerti che il godimento precario dei locali stessi sia dipeso dalla deficienza di case di abitazione nella zona. Procedimento n. 74 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Interferenza nelle indagini di polizia giudiziaria e nei procedimenti penali a carico di amministratori di imprese in cui il magistrato sia cointeressato - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che al fine di impedire denunzie e condanne, interferisca nelle indagini di polizia giudiziaria e nei procedimenti a carico degli amministratori di imprese nelle quali egli risulti cointeressato. Procedimenti n. 68 e 79 - Sentenza del 28 novembre 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie. Si rende immeritevole di fiducia e compromette, nel modo più scandaloso e grave, il prestigio dell’ordine giudiziario, il magistrato 204 che — dimentico dei doveri essenziali di un appartenente all’ordine — muova in pubblico accuse infamanti ed infondate contro colleghi, trascenda ad insinuazioni analoghe in pubblica udienza, assuma atteggiamenti di sfida nei riguardi del dirigente dell’ufficio, trascuri i doveri più elementari inerenti alla funzione, si associ a pregiudicati e a professionisti di dubbia moralità in attività di maldicenza e di diffamazione diretta a discreditare altri magistrati, rifiuti di sottoporsi ad accertamenti medico-fiscali sulla sussistenza delle condizioni di salute indispensabile per lo svolgimento della funzione. Procedimento n. 69 - Sentenza del 3 marzo 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Percezione di indennità di trasferta superiori al dovuto - Sussistenza dell’illecito. É censurabile in sede disciplinare il magistrato che percepisca indennità di trasferta in misura superiore a quella prevista dalla legge e che tolleri che il cancelliere percepisca compensi per lavoro straordinario non dovuti. Nè può giustificare il fatto l’ignoranza delle norme vigenti in materia. Procedimento n. 96 - Sentenza del 10 febbraio 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Liquidazione forfettaria di indennità di trasferta - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che liquidi in modo forfettario le indennità di trasferta quando simile comportamento — peraltro comune a molti uffici — non abbia dato luogo a sfavorevoli commenti e non abbia quindi menomato il prestigio del magistrato. Procedimento n. 96 - Sentenza del 10 febbraio 1967 - Pres. Rocchetti. 205 Doveri del giudice: correttezza - Cause nelle quali è richiesta l’ispezione dei luoghi - Pretore dirigente che assegna a se stesso tutte le cause del genere - Insussistenza dell’illecito. Non compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il comportamento del magistrato, dirigente di una pretura, che abbia designato se stesso per la trattazione di quasi tute le cause civili per le quali era richiesta l’ispezione dei luoghi, ove risulti che tale designazione incontrava l’unanime consenso degli avvocati e delle parti per la speciale attitudine dimostrata sempre nella predetta attività istruttoria dal magistrato, buon conoscitore della mentalità e delle persone del luogo e largamente stimato e benvoluto da tutti. Procedimento n. 120 - Sentenza del 17 giugno 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: correttezza - Magistrato che nell’esercizio delle sue funzioni esprima personali sentimenti o risentimenti - Sussistenza dell’illecito. Al magistrato nell’esercizio delle sue funzioni nell’aula di udienza non può riconoscersi il diritto di esprimere i suoi personali sentimenti o risentimenti. Non è, infatti, buon giudice chi non sa lasciare sulla soglia dell’aula di udienza i suoi problemi e i suoi travagli personali, per calarsi col cervello e con l’animo nella funzione che l’ordinamento gli assegna, ed è gravemente manchevole ai suoi più elementari doveri chi non solo non compie uno sforzo di superamento delle proprie debolezze umane, ma ritiene di poter fare del suo banco di magistrato una tribuna per parlare al pubblico e per dare calcolata risonanza ad una protesta del tutto estranea al compito che gli è affidato. Pertanto è censurabile in sede disciplinare il comportamento del magistrato il quale, essendo componente il collegio giudicante di una sezione penale di corte d’appello, si levi in piedi dal suo banco di giudice, all’inizio dell’udienza — presenti le parti e il pubblico — per censurare un’ordinanza della Corte di cassazione di rimessione di un processo ad altra Corte d’appello, asserendo essere tale ordinanza offensiva del prestigio di tutta la magistratura del distretto, con essa ingiustificatamente sospettata di parzialità. 206 É altresì censurabile il comportamento del medesimo magistrato, il quale, adducendo a pretesto sempre le ragioni di cui sopra, si rifiuti di partecipare al giudizio in tutti i procedimenti fissati per l’udienza e, nonostante le sollecitazioni del presidente della Corte, non consenta di comporre il collegio, sia pure al solo scopo di differire le cause a udienza fissa, cagionando, tra l’altro, intralcio al servizio, disagio alle parti e spese per le nuove citazioni. Procedimento n. 91 - Sentenza del 23 gennaio 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Omessa denuncia di tentativo di corruzione - Valutazione di insussistenza degli estremi del reato Non giustifica - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, avendo ricevuto l’offerta di una somma di danaro quale compenso per una certa decisione in una causa civile, ometta di denunciare il fatto nella convinzione che non sussistano estremi di reato e si limiti a prendere in consegna la somma con l’intento, poi attuato, di restituirla. In effetti l’obbligo previsto per il pubblico ufficiale dall’art. 361 c.p. si riferisce ad ogni fatto che sia tale da giustificare un sospetto di punibilità, senza possibilità per il p.u. di effettuare una valutazione di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge per la punibilità del fatto, valutazione che deve essere esclusivamente fatta dagli organi giudiziari competenti, investiti dei necessari poteri di indagine. Procedimento n. 175 - Sentenza del 22 gennaio 1970 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Verifche dello stato civile - Indennità superiori a quelle stabilite dalla legge 15 aprile 1961, n. 291 (art. 1, 2, 13) - Sussistenza dell’illecito. La verificazione straordinaria dei registri esistenti presso gli uffici dello stato civile approvato con r.d. 9 luglio 1939, n. 1238 rientra tra 207 i compiti del procuratore della Repubblica e, non sussistendo specifiche disposizioni per la determinazione della indennità di trasferta spettante per tale attività, debbono essere applicate le norme della legge 15 aprile 1961, n. 291, stabilite, con carattere di generalità, per tutte le missioni compiute dai dipendenti statali. Nè ha rilevanza in contrario il fatto che l’onere del pagamento è a carico delle amministrazioni comunali e non dello Stato, perchè le suddette norme vanno in ogni caso applicate, in difetto di disposizioni particolari che legittimino una diversa condotta in materia da parte dei comuni. Pertanto commette illecito disciplinare il magistrato che, procedendo a verifiche straordinarie dello stato civile, percepisca indennità di trasferta in misura superiore a quella stabilita dagli artt. 1, 2 e 13 della legge 15 aprile 1961, n. 291, anche in caso di spontanea liquidazione da parte dell’amministrazione comunale o di prassi contraria alla legge. Procedimento n. 205 - Sentenza del 13 maggio 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Comportamento dovuto a giovanile inesperienza - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia richiesto ed ottenuto dagli avvocati di una piccola pretura un contributo per integrare il compenso dell’amanuense, e che abbia tollerato che il cancelliere si facesse consegnare in occasione delle verifiche degli atti dello stato civile oggetti di cancelleria e buoni benzina, che abbia percepito compensi superiori a quelli dovuti, quando tale comportamento sia da attribuire a giovanile inesperienza ed eccessiva fiducia nei propri collaboratori. Procediemnto n. 207 - Sentenza del 13 maggio 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Installazione di telefono di ufficio nell’abitazione - Esigenze di servizio - Insussistenza dell’illecito. 208 Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore che abbia chiesto ed ottenuto l’installazione, nella propria abitazione, a spese del Comune di un apparecchio telefonico con l’intestazione «Pretura — abitazione del Pretore», allochè risulti che siffatta installazione in franchigia corrisponda a reali esigenze del servizio ( in quanto necessaria all’espletamento delle funzioni svolte dal magistrato stesso in relazione alle caratteristiche della sede in cui opera) e l’uso dell’apparecchio venga di fatto limitato alle comunicazioni connesse alle esigenze medesime. In tale situazione non può parlarsi di illecito disciplinare, in quanto nessun principio giuridico o deontologico impone al pubblico funzionario di provvedere col proprio patrimonio alle spese inerenti alla pubblica funzione esercitata. Procedimento n. 206 - Sentenza del 17 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di mere notizie sullo stato di un processo in istruttoria - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che — in relazione ad un procedimento penale in istruttoria sommaria — si sia limitato a chiedere al sostituto procuratore della Repubblica semplici notizie sullo stato del processo, senza interferire in alcun modo con l’esercizio della funzione giurisdizionale. Procedimento n. 182 - Sentenza del 15 luglio 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Giudice delegato - Dimora nell’albergo sottoposto ad amministrazione controllata - Mancato pagamento del conto - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, dopo aver dimorato, sia pure per un solo giorno, presso un albergo sottoposto ad amministrazione controllata di cui egli era 209 giudice delegato, non ha provveduto al pagamento del relativo conto, anche se per motivi diversi da quello di sottrarsi al pagamento. Procedimento n. 188 - Sentenza dell’11 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Formulazione in udienza di apprezzamenti offensivi verso i colleghi, i cancellieri e l’ordine forense - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in udienza e nei locali dell’ufficio giudiziario, usi espressioni ingiustificatamente critiche nei confronti dei magistrati, dei cancellieri e dell’altro personale ausliliario nonchè nei confronti del Consiglio dell’Ordine forense. Procedimento n. 183 - Sentenza del 16 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie. Commette illecito disciplinare il magistrato che, allontanatosi dall’ufficio per gravi ragioni familiari dimenticando di lasciare a disposizione i fascicoli relativi ai processi che dovevano essere trattati dal suo sostituto, tenti di attribuire il mancato reperimento dei fascicoli stessi alla negligenza del personale di cancelleria. Procedimento n. 206 - Sentenza del 17 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di notizie sullo stato di un procedimento - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare la richiesta da parte di un magistrato ad altro collega di notizie in merito a un proceso senza alcuna interferenza sulla gravità di magistrato. Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. 210 Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Sottoscrizione come estensore di sentenza penale redatta in collaborazione con altro collega Insussitenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia sottoscritto come estensore una sentenza penale redatta in collaborazione con altro componente del collegio e d’accordo con quest’ultimo, sia per la sussistenza della partecipazione alla stesura della motivazione, sia perchè il codice di procedura penale non richiede l’indicazione dell’estensore. Procedimento n. 203 - Sentenza del 17 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di mere notizie in ordine a una denuncia - Insusistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che si sia limitato ad informarsi presso un collega dell’esito di una denuncia penale da lui presentata e successivamente archiviata. Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Lite con l’amante - Fattispecie Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che costringe con via di fatto ad abbandonare l’autovettura da lui condotta una donna con la quale aveva avuto in precedenza una relazione adulterina; il comportamento insistente e provocatorio della donna può costituire infatti una attenuante ma non integrare gli estremi dello stato di necessità. 211 Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Uso di espressioni offensive e sprezzanti in un esposto - Sussistenza dell’illecito. Non è compatibile con le più elementari regole di costume, alle quali il magistrato deve costantemente uniformare la propria condotta, l’uso di espressioni pesantemente offensive e sprezzanti in un esposto, diretto al Consiglio superiore della magistratura, al Ministro di Grazia e Giustizia e al Procuratore Generale della cassazione, concernente l’operato del primo Presidente della Corte di appello. Procedimento n. 227 - Sentenza el 10 marzo 1972 -PRes. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Redazione di un esposto-denuncia contro il dirigente dell’ufficio contenente espressioni offensive e sprezzanti - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, reagendo ad un comportamento non del tutto regolare del Presidente della Corte di appello, abbia inviato al Capo dello Stato, quale Presidente del Consiglio superiore della magistratura, al Ministro di grazia e giustizia, al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione un esposto-denunzia contenente espressioni pesantemente offensive e sprezzanti incompatibili con le più elementari regole di costume. (Nella fattispecie il Presidente della Corte di appello, avendo letto una sentenza del tribunale e ritenendo che nella motivazione della stessa fossero contenute «alcune affermazioni espresse con stile inconsueto e non certo proprio delle decisioni giudiziarie», aveva invitato per iscritto il Presidente del tribunale a raccomandare all’estensore di non ricadere «in deviazioni del genere» e aveva disposto che copia della nota trasmessa al Presidente del tribunale e della sentenza fosse inserita nel fascicolo personale del magistrato esistente presso la Corte di appello). 212 Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Intervento presso la forza pubblica per ottenere il rilascio di persone fermate - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, con riferimento ad un episodio che egli stesso avrebbe dovuto in seguito giudicare, cerchi di liberare la forza pubblica che adempie al suo dovere e di fare apparire innocenti, per ottenere il rilascio, persone della stessa considerate colpevoli di reato e perciò fermate, e determini altresì, disagio ed imbarazzo nell’animo del dirigente responsabile del servizio di ordine pubblico tanto da indurlo alla illegale liberazione dei fermati, e alla loro denuncia a piede libero per resistenza alla forza pubblica. Procedimento n. 227 - Sentenza del 7 aprile 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: correttezza - Verifiche dei registri dello stato civile - percezione di indennità superiori al dovuto - Sussistenza dell’illecito - Approvazione della relativa liquidazione da parte delle autorità amministrativa - Irrilevanza. Costituisce ilecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in occasione delle verifiche periodiche dei registri dello stato civile, abbia chiesto ed ottenuto dalle amministrazioni comunali indennità di missione in misura molto superiore a quella spettatagli, sia prendendo a base del calcolo da lui effettuato un coefficiente non corrispondente alla qualifica da lui ricorpeta sia indicando periodi tempo di gran lunga superiori a quelli effettivamente impiegati, ai fini della sussistenza dell’illecito è irrilevante l’avvenuta apparovazione da parte delle autorità comunali e tutorie della relativa contabilità. Procedimento n. 244 - Sentenza del 6 luglio 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Invito, con lettera intestata, a frequentare un corso di diritto civile ed amministrativo per la 213 preparazione agli esami di procuratore - Impiego della carta solitamente fornita ai capi degli uffici per uso personale Insussistenza dell’illecito. Nessun abuso è ravvisabile nell’utilizzazione, per l’invio di inviti a frequentare un corso di diritto civile ed amministrativo per la preparazione agli esami di procuratore, di carta intestata del tipo di solito fornito ai capi degli uffici per uso personale, dovendosi escludere equivoci sul carattere esclusivamente privato dell’iniziativa, anche per la precisazione contenuta negli stessi inviti che il corso sarebbe stato tenuto nell’abitazione del magistrato. (Il magistrato era incolpato di aver invitato, a mezzo lettera intestata all’ufficio, praticanti procuratori legali ad un corso di diritto civile ed amministrativo per la preparazione agli esami di procuratore legale, richiedendo l’onorario di lire 10.000 mensili. Nel giudizio è mancata del tutto la prova della effettiva organizzazione del corso e della richiesta di onorario, sicchè non vi è stata possibilità di valutare tali fatti sotto l’aspetto dell’illecito disciplinare). Procedimento n. 263 - Sentenza del 6 luglio 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Verbalizzazione della confessione resa da degente in stato comatoso al medico in presenza del sostituto procuratore della repubblica e di un commissario di p.s. in camice bianco e non qualificatisi - Mancanza dell’intenzione di procedere ad interrogatorio con l’ausilio di mezzi fraudolenti e giovanile inesperienza - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto di un magistrato, sostituto procuratore della Repubblica, che, recatosi in ospedale unitamente ad un commissionario di P.S. per accertare le condizioni di salute di una degente in stato comatoso, senza essersi qualificato e vestito con un camice bianco imposto dalla direzione dell’ospedale per ragioni di asepsi, assista alla confessione resa al medico dalla donna gravemente malata, e poi deceduta, e, successivamente, profondamente turbato, rediga dettagliato verbale di quanto avvenuto, presupposto per l’imputazione di omicidio pluriaggravato, con conseguente emissione dell’ordine di cattura. In detto episodio, infatti 214 deve escludersi qualsiasi preventiva intenzione di procedere ad interrogatorio con ausilio di mezzi fraudolenti e il successivo comportamento deve ascriversi esclusivamente alla giovanile inesperienza dello stesso magistrato. Procedimento n. 252 - Sentenza del 10 luglio 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Atto di reiezione dell’istanza di libertà provvisoria contenente frasi augurali per il difensore - Natura di appunto per l’avvocato interessato - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che in uno scritto avente carattere di un appunto privato per l’avvocato interessato, più di un provvedimento formale di reiezione dell’istanza di libertà provvisoria, rivolga frasi augurali per le ferie al difensore, cui sia legato da rapporti di reciproca stima, anche se poi lo scritto sia inserito per errrore nel fascicolo processuale. Procedimento n. 242 - Sentenza del 28 settembre 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Verifiche di registri di stato civile Percezione di indennità non dovute - Errore scusabile Insussistenza dell’illecito. Non sono ravvisabili gli estremi dell’illecito disciplinare, per difetto dell’elemento psicologico, nel comportamento del magistrato che, in occasione delle verifiche dello stato civile, percepisca indennità in misura superiore a quelle spettategli, quando si accerti che il fatto sia dovuto ad inesperienza in materia di trattamento di missione (Nella fattispecie il magistrato aveva effettuato nella stessa giornata la verifica degli atti dello stato civile in tre comuni, percependo tre indennità di missione, invece che una sola nella misura prevista per il comune con popolazione maggiore). Procedimento n. 245 - Sentenza del 15 gennaio 1974 - Pres. 215 Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Uso poco corretto dei poteri propri del magistrato - Negative valutazioni nell’ambiente di lavoro Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’uso se non arbitrario, poco corretto, dei poteri propri del magistrato, tale da suscitare negative valutazioni nell’ambiente in cui lo stesso esercita le sue delicate funzioni, e da compromettere, di riverbero, il prestigio dell’Ordine giudiziario. Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente garantiti (libertà di opinione, diritto di agire in giudizio, diritto di denuncia) - Questioni di legittimità costituzionale - Manifesta infondateza. É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 18 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, in relazione agli articoli 3, primo comma, 21 e 24 Cost., nella parte in cui non ne rimane esclusa l’applicabilità delle ipotesi di esercizio di diritti costituzionalmente garantiti (libertà di opinione; diritto di agire in giudizio), in quanto i diritti di libertà, ed in particolare quelli relativi alle manifestazioni di pensiero previsti dalla Costituzione, non godono di una tutela assoluta, ma sono soggetti a limiti, previsti anch’essi dalla Costituzione, sia generali che particolari, individuabili, i primi nella necessità di non ledere diritti altrui ugualmente garantiti, e derivanti, i secondi, dai doveri connessi all’esercizio di determinate funzioni, che, per i magistrati, si riassumono nei doveri di riservatezza, di obiettività e di imparzialità, dai quali derivano particolari limiti di comportamento, in perfetta sintonia con l’art. 21 Cost., inoltre, l’incontestabile diritto di denuncia che compete indubbiamente al magistrato come ad ogni altro cittadino, non può confondersi con la condotta di un magistrato che sporge una denuncia a notevole distanza di tempo dalla commissione dei fatti (76 giorni) con un’esposizione di fatti non corrispondenti al vero, con omissione di 216 particolari rilevanti, in attuazione di un’abile reticenza, «in modo da ingenerare nel lettore l’impressione che appartenenti alla polizia avrebbero commesso atti arbitrari», e avallando siffatta impressione con la sua qualità di magistrato, diffondendo, infine, personalmente la denuncia tramite l’ANSA. (L’eccezione era stata sollevata nel rilievo che le contestazioni riguardavano proprio l’esercizio dei diritti garantiti dalla Costituzione e cioè la libertà di opinione (art. 21 Cost.) e il diritto di agire in giudizio (art. 24 Cost.); che gli obblighi disciplinari non possono sacrificare l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti nemmeno sotto il profilo dei «modi», dei «casi» e delle «forme»; che le norme incolpatrici non tipicizzando la condotta del magistrato determinano un’assoluta incertezza e introducono gravi limitazioni nell’esercizio dei diritti civili e politici). Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Denunzia penale non conforme alla realtà dei fatti e reticente su circostanze rilevanti - Fattispecie Sussistenza dell’illecito - Ampia pubblicità al fatto da parte dell’incolpato - Maggiore gravità dell’illecito. Devesi ritenere lesivo del prestigio dell’Ordine giudiziario il comportamento di un magistrato che, evidenziando la sua qualità, sporge una denuncia penale non conforme alla realtà dei fatti, a lui sostanzialmente nota, e, comunque, abilmente reticente su circostanze di tale rilevanza da ingenerare l’impressione di una illecita condotta altrui, nella specie ritenuta invece legittima dalla competente autorità giudiziaria; siffatto comportamento, in ogni caso riprovevole, acquista un rilievo ancor più censurabile quando ad una denuncia in quel modo congegnata, il magistrato aggiunge un’ampia pubblicità. Procedimento n. 269 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Costituzione di una società commerciale di fatto sotto l’egida di un prestanome - Sussistenza 217 dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che costituisce una società commerciale di fatto, sotto l’egida di un prestanome, in palese violazione del tassativo divieto fatto ai magistrati dall’art. 16, primo comma, dell’ordinamento giudiziario, di esercitare industrie o commerci. Procedimenti n. 253 e 288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente sanciti - Modalità - Ammissione. Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente sanciti - Partecipazione a riunioni e manifestazioni pubbliche nel corso delle quali sia previsto o prevedibile il verificarsi di eventi contrastanti con la legge - Sussistenza dell’illecito. I magistrati godono, senza limitazione di sorta, dei diritti assicurati dalla Costituzione a tutti i cittadini. Nelle concrete modalità di esercizio dei diritti costituzionalmente sanciti, il magistrato peraltro, non può venir meno alle regole di comportamento previste dall’ordinamento giudiziario, al cui rispetto lo vincola, in ogni circostanza, l’appartenenza all’Ordine. Se, pertanto, deve affermarsi il diritto del magistrato di partecipare a riunioni e manifestazioni pubbliche, per contro non può disconoscersi che la partecipazione attiva e consapevole ad una pubblica riunione o manifestazione, nel corso della quale sia previsto o prevedibile il verificarsi di eventi contrastanti con la legge, costituisce comportamento censurabile sul piano disciplinare, non essendo ammissibile che un magistrato avalli con la sua presenza comportamenti contrari e quell’ordinamento giuridico che è suo compito far rispettare. É da ritenersi passibile di sanzione disciplinare il magistrato che partecipi ad una manifestazione davanti alla sede di una delegazione straniera, pur nella ragionevole previsione o nella consapevolezza, che nel corso di essa potevano essere lanciate grida vilipendiose all’indirizzo del Capo di uno Stato estero. 218 Procedimento n. 290 - Sentenza del 5 giugno 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Intervento a favore di un arrestato oggetto di distima sociale - Sussistenza dell’illecito. Doveri del giudice : correttezza - Richiesta di notizie relative ad un arrestato oggetto di distima sociale - Sussistenza dell’illecito. Manca ai suoi doveri e tiene un comportamento tale da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario, il magistrato che interviene a favore di un arrestato, anche se questo intervento è fatto fuori dal distretto nel quale egli esercita il proprio ufficio, specie allorchè gli è nota la fama di mafioso e la distima sociale che accompagnano la persona della quale si interessa. Non assume valore discriminante la pretesa differenza tra l’interesse e l’informazione, in quanto proprio per la delicatezza della funzione e per il prestigio che deriva dal suo esercizio, vi è piena equivalenza tra interesse e informazione per un privato. Procedimento n. 299 - Sentenza del 27 giugno 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Magistrato che intrattiene per lungo tempo rapporti di dimestichezza, di affari ed interessi comuni con soggetti che svolgono attività criminose di estrema pericolosità Sussistenza dell’illecito. Costituisce gravissimo illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che intrecci e conservi per lungo tempo rapporti di dimestichezza, di affari e di intrecci economici (quali la nomina in un ocnsorzio di irrigazione; la compravendita di un immobile di rilevante valore, ecc.), con elementi che egli, per la ristrettezza dell’ambiente (trattasi di un piccolo centro abitato) conosce come appartenenti a cosche mafiose e dediti ad attività criminose di estrema pericolosità (delitti contro la persona e contrabbando di tabacchi esteri), siffatto comportamento compromette in modo gravissimo il prestigio dell’Ordine giudiziario, in rapporto al compito istituzionale di difesa della società al quale questo Ordine è preposto. 219 Procedimento n. 308 - Sentenza del 2 luglio 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Verifiche dello stato civile - Effettuazione nella sede della Pretura, anzichè nelle rispettive sedi comunali Percezione delle previste indennità - Sussistenza dell’illecito. Doveri del giudice: correttezza - Verifiche dello stato civile - Effettuazione nella sede della Pretura, anziché nelle rispettive sedi comunali Percezione delle previste indennità - Cattive condizioni di salute dell’incolpato e intenso lavoro di ufficio - Minore gravità dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del Pretore, il quale proceda alle verifiche semestrali dei registri degli uffici di stato civile dei Comuni di Mandamento, nella sede della Pretura, anzichè nelle rispettive sedi comunali, percependo dalle amministrazioni dei Comuni, per quelle verificazioni, le previste indennità. Non vale ad escludere l’illeceità del fatto l’esistenza di un’ammissibile prassi in tal senso: valgono tuttavia, ad attenuare la responsabilità dell’incolpato le cattive condizioni di salute e l’intenso lavoro. Procedimento n. 104 - Sentenza del 3 luglio 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: corretezza - Comportamento che ingeneri nella opinione pubblica la supposizione o il sospetto di parzialità Sussistenza dell’illecito. Il magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, non deve soltanto ricercare con impegno, sapienza e coscienza la giusta risoluzione della controversia, ma deve, altresì, curare che il suo comportamento non ingeneri nell’opinione pubblica la supposizione o il sospetto di parzialità. Invero, attuandosi la perdita di prestigio eslcusivamente nella pubblica opinione, il giudice deve ritenere anche quella, nella giusta misura, e valutare, prevedendole nei limiti della prudenza e della convenienza, le ripercussioni pubbliche della sua condotta e delle sue decisioni. Pone, pertanto, in essere un comportamento pregiudizievole al proprio prestigio ed a quello dell’intero Ordine giudiziario il magistrato che liquidi ad un sequestratario giudiziario da lui nominato e con il quale mantiene rapporti di amicizia, compensi, onorari e rimborsi in misura eccessiva, anche in relazione agli utili dell’impresa soggetta a sequestro, e che ometta i doverosi 220 controlli sull’attività del sequestratario, consentendo allo stesso di non presentare gli effetti rendiconti mensili, così come disposto nel provvedimento di nomina, e di fare dalla cassa dell’impresa prelevamenti non giustificati per rimborsi di spese e trasferte. Procedimento n. 104 - Sentenza del 3 luglio 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Fruizione di servizi gratuiti da parte di un’impresa soggetta a sequestro giudiziario - Sussistenza dell’illecito. Pone in essere un comportamento pregiudizievole del prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che, avendo nominato sequestratario giudiziario di un’impresa persona amica, durante il successivo periodo di gestione dell’impresa medesima, fruisca di frequenti e numerose consumazioni gratuite a carico dell’esercizio bar di cui l’azienda dispone e riceva, sempre gratuitamente, in casa prodotti della medesima. Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente sanciti - Modalità - Ammissione. Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente sanciti - Partecipazione a riunioni e manifestazioni pubbliche nel corso delle quali sia previsto o prevedibile il verificarsi di eventi contrastanti con la legge - Sussistenza dell’illecito. I magistrati godono, senza limitazione di sorta, dei diritti assicurati dalla Costituzione a tutti i cittadini. Nelle concrete modalità di esercizio dei diritti costituzionalmente sanciti, il magistrato, peraltro, non può venir meno alle regole di comportamento previste dall’ordinamento giudiziario, al cui rispetto lo vincola, in ogni circostanza, l’appartenenza all’Ordine. Se, pertanto, deve affermarsi il diritto del magistrato di partecipare a riunioni e manifestazioni pubbliche, per contro non può disconoscersi che la partecipazione attiva e consapevole ad una 221 pubblica riunione o manifestazione, nel corso della quale sia previsto o prevedibile il verificarsi di eventi contrastanti con la legge, costituisca comportamento censurabile sul piano disciplinare, non essendo ammissibile che un magistrato avalli con la sua presenza comportamenti contrari a quell’ordinamento giuridico che è suo compito far rispettare. É da ritenersi passibile di sanzione disciplinare il magistrato che partecipi ad una manifestazione davanti alla sede di una delegazione straniera, pur nella ragionevole previsione o nella consapevolezza, che nel corso di essa potevano essere lanciate grida vilipendiose all’indirizzo del Capo di uno Stato estero. Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Pretesa di allontanare la forza pubblica da una riunione con il pretesto del carattere privato della stessa Sussistenza dell’illecito. Agisce con assoluta mancanza di serenità e di buon senso, e, quindi, con pregiudizio del proprio prestigio personale e di quello dell’intero ordine giudiziario, il magistrato che pretenda, sia pure nella qualità di «pretore di turno», ma nonostante il contrario avviso del Procuratore della Repubblica, di allontanare la forza pubblica da una riunione con il pretesto del carattere privato della stessa, allorchè, per il luogo della riunione (sala normalmente adibita a proiezioni cinematografiche), per il numero dei partecipanti (superiore all’agibilità della sala stessa), per le modalità di partecipazione (acquisto di una tessera associativa effettuato senza il controllo dei requisiti e delle condizioni di associazione), la manifestazione doveva con ogni evidenza considerarsi pubblica. Procedimento n. 255 - Sentenza del 25 settembre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Pressioni nei confronti di un avvocato per la copertura di un saldo passivo lasciato insoluto presso un istituto bancario - Sussistenza dell’illecito. 222 Pone in essere un comportamento tale da compromettere gravemente il prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che, essendosi avvalso della segnalazione di un avvocato per la concessione di un’apertura di credito in conto corrente, costringa, poi, lo stesso avvocato a intervenire direttamente presso l’istituto concedente, per coprire un saldo passivo lasciato insoluto con abuso della fiducia concessagli. Procedimento n. 314 - Sentenza del 4 dicembre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Relazione extraconiugale con la moglie di un collega - Sussistenza dell’illecito. Viola il dovere di correttezza, cui il magistrato deve sempre uniformarsi, anche nella propria condotta privata, colui che insidi la moglie di un collega dello stesso ufficio giungendo ad attuare con la medesima una convivenza more uxorio. Procedimento n. 243 - Sentenza dell’8 ottobre 1975 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Interferenza in un procedimento penale - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che interferisca in un procedimento penale estraneo alla sua competenza non solo mediante ripetuti interventi verbali presso colleghi investiti della trattazione del processo in questione, ma altresì con scritti e con una pubblica presa di posizione nella vicenda quale la pubblicazione di un articolo su un giornale. Procedimento n. 225 - Sentenza del 21 ottobre 1975 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: correttezza - Relazione amorosa con persona soggetta a procedura fallimentare e conferimento al coniuge della medesima di incarichei giudiziari - Sussistenza dell’illecito. 223 Commette illecito disciplinare il magistrato delegato al fallimento che allacci una relazione amorosa con la persona sottoposta alla procedura fallimentare e conferisca, altresì, incarichi giudiziari al coniuge della medesima. Procedimento n. 344 - Sentenza del 29 aprile 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Partecipazione di un giudice istruttore penale ad un’intervista svolta da giornalisti ad un soggetto sul conto del quale erano state disposte indagini di polizia giudiziaria - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato, che, nel corso dell’istruzione di un procedimento penale a lui affidato, ha partecipato, con due giornalisti, ad un’intervista nei confronti di una pesona a carico della quale aveva fatto eseguire indagini di polizia giudiziaria, rivolgendogli domande che, pur non vertendo su fatti costituenti oggetto diretto del cennato procedimento penale, riguardavano argomenti che marginalmente avrebbero potuto trovare in futuro un possibile ingresso nell’iter processuale. Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 5 maggio 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Presentazione di una denunzia lacunosa contro funzionari di P.S. - Illecito disciplinare - Elemento intenzionale - Prova - Necessità. Non costituisce illecito disciplinare la presentazione all’autorità giudiziaria di una denunzia contro alcuni funzionari di pubblica sicurezza con la quale contenga una ricostruzione lacunosa dei fatti addebitati ai denunziati, nel caso in cui non risulti sufficientemente provato che tale comportamento sia stato posto in essere in mala fede, al fine di far apparire arbitraria l’azione della polizia. 224 Procedimento n. 361 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Adozione di un provvedimento per motivi diversi da quelli enunziati - Necessità di univoci elementi probatori - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che emetta mandato di cattura facoltativo a carico di imputato incensurato e più volte ricoverato in ospedali psichiatrici per episodi distonici, tratto in arresto in flagranza di reato, allorquando non ricorrono univoci elementi probatori circa la volontà di utilizzare tale atto processuale per una finalità diversa da quella sua propria, atta a coprire una colpevole omissione e, per contro, nulla induce a ritenere che il provvedimento sia stato emesso con quell’intento. (Nella specie il mandato sarebbe stato emesso per sanare la irrituale del titolo di custodia derivante dalla mancata, tempestiva convalida dell’arresto). Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Omaggio di due cassette di frutta ed invito a cena da parte di un professionista col quale intercorrono rapporti di ufficio - Insussistenza di illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare, pur costituendo condotta certamente sconsigliabile, l’accettazione dal commissario giudiziario di due cassette di frutta e di un invito a cena da parte del giudice delegato all’amministrazione controllata, in considerazione della lievità degli omaggi raffrontata alla condotta generale e costante di indiscussa irreprensibilità del magistrato. Procedimento n. 387 - Sentenza del 10 marzo 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Prudenza - Colloqui con imputato senza 225 redazione del verbale dell’interrogatorio - Motivi - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare, pur costituendo palese violazione di norme processuali (artt. 365 e segg. c.p.p. sull’interrogatorio dell’imputato, artt. 302, 155 e 156 c.p.p. sulla compilazione del processo verbale degli atti istruttori, 304 bis c.p.p. sui diritti di difesa), il comportamento del magistrato, giudice istruttore penale, che tenga un colloquio riservato con imputato in libertà provvisoria avente ad oggetto temi dell’indagine processuale (in caso diverso il colloquio si presterebbe ad interpretazioni sospette ed equivoche), qualora il giudice abbia agito animato dal desiderio di fare luce su clamorose vicende processuali per ansia di ricerca della verità. Procedimenti n. 396 e 283 - Sentenza del 3 giugno 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Interrogatorio di un ufficiale dell’arma dei carabinieri con l’assistenza di un appartenente alla medesima arma di grado inferiore - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non integra illecito disciplinare il comportamento del sostituto procuratore della Repubblica il quale proceda all’escussione come testimone di ufficiale dei carabinieri facendosi assistere, come dattilografo, da un appartenente alla medesima arma di grado inferiore a quello dell’interrogando, in specie ove il magistrato non sia stato in grado, data l’ora, di chiedere l’assistenza di personale diverso. Procedimento n. 390 - Sentenza del 26 gennaio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Magistrato che mediante dichiarazioni rese innanzi all’autorità consolare di uno Stato estero cerchi di ostacolare l’estradizione in Italia di un imputato - Illecito disciplinare - Sussistenza. 226 Commette illecito disciplinare il magistrato che, attraverso dichiarazioni rese dinanzi all’autorità consolare di uno Stato estero e trasfuse in una testimonianza giurata extraprocessuale, destinata ad essere trasmessa all’autorità giudiziaria di quello Stato, si è adoperato per ostacolare la richiesta di estradizione di un cittadino italiano imputato di gravi reati, esprimendo valutazioni personali priva di fondamento, inficiate anche da grossolani errori giuridici, precluse ad un testimone obiettivo e, tanto più, ad un magistrato estraneo al processo e, prospettando, altresì, che l’imputato, una volta rientrato in Italia, avrebbe corso serio pericolo per la sua personale incolumità. Procedimenti n. 362 e 377 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Interferenza in un procedimento penale - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che interferisca in un procedimento penale inviando, a mezzo di altro collega, al presidente del collegio giudicante una segnalazione scritta a favore della parte civile con annesso promemoria in cui si caldeggia la condanna dell’imputato. Procedimenti n. 363 e 377 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Accettazione di rimborso spese dai difensori delle parti per ispezioni giudiziali nel corso di procedimenti penali - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che accetta dai difensori delle parti somme di varia entità, non dovute ad alcun titolo all’Ufficio, per rimborso spese in occasione di ispezioni di località — anche a brevissima distanza — richieste dai predetti difensori nel corso di procedimenti penali. 227 Procedimento n. 406 - Sentenza del 23 marzo 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di riconoscimento di infermità per causa di servizio - Sostituzione dell’originaria domanda e di certificati medici - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale, avendo iniziato una pratica per riconoscimento di malattia per causa di servizio, dopo che il relativo fascicolo era pervenuto al suo ufficio per adempimenti istruttori, da svolgersi su richiesta del Ministero di Grazia e Giustizia, ha sostituito l’originaria domanda e due certificati medici. Procedimento n. 418 - Sentenza del 29 giugno 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Sollecitazioni nei confronti di un collega per la concessione di una libertà provvisoria - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale effettui pressioni su di un collega al fine di ottenere la concessione della libertà provvisoria a favore di un imputato detenuto. Procedimento n. 230 - Sentenza del 26 ottobre 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Informazioni su procedimenti penali in corso ad un avvocato - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il contegno del magistrato che fornisca ad un suo amico avvocato notizie su procedimenti penali in corso, al fine di aiutarlo nella ricerca di clienti; 228 Procedimento n. 407 - Sentenza del 18 gennaio 1980 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Tentativo da parte di un magistrato di influire, mediante pressione e raccomandazioni, sull’esito di processi affidati ad altri colelghi - Illecito disciplinare Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, mediante pressioni e raccomandazioni, tenti di influenzare l’esito di alcuni procedimenti giudiziari trattati da colleghi, a nulla valendo opporre che tale intervento sia stato determinato dallo scopo di elidere l’efficacia negativa di ingiuste interfernze altrui. Procedimento n. 424 - Sentenza dell’8 febbraio 1980 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: correttezza - Apertura di credito bancario Contestazione del conto corrente con un avvocato - Illecito disciplinare - Insussistenza - Fattispecie. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale abbia ottenuto da una banca locale un’apertura di credito in conto corrente garantita soltanto dal suo patrimonio familiare e concessogli alle condizioni generalmente praticate dall’Istituto concedente, anche se di tale conto risulti contitolare un avvocato che abbia svolto attività professionale in un processo trattato dallo stesso magistrato, ove risulti che la partecipazione dell’avvocato all’operazione bancaria sia stata soltanto formale,perchè diretta a superare unicamente gli ostacoli derivanti dalla limitata competenza territoriale dell’istituto di credito, e sia, comunque, da escludere che ciò abbia influito in modo negativo sulla correttezza e sull’obiettività giurisdizionale svolta dall’incolpato. 229 Procedimento n. 431 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: correttezza - Autorizzazione ai difensori di provvedere alla scritturazione degli originali delle sentenze civili - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del presidente del tribunale che autorizzi i difensori a provvedere alla scritturazione degli originali delle sentenze civili violando il disposto dell’art. 11 delle disp. att. cod. proc. civ. e consentendo a terzi di prendere visione del contenuto di tali decisioni prima che le medesime, per effetto della pubblicazione, divengano immodificabili da parte del collegio che le ha emanate. Procedimento n. 28/81 - Sentenza del 27 novembre 1981 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Mancata sottoscrizione del ruolo di udienza - Insussistenza dell’illecito. La tenuta del ruolo di udienza è certamente compito istituzionale della cancelleria e la mancata sottoscrizione dello stesso ruolo non costituisce illecito disciplinare. Procedimento n. 22/81 - Sentenza del 22 gennaio 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette grave illecito disciplinare da sanzionare con la perdita dell’anzianità di un anno e quattro mesi il magistrato che oltre ad aver chiesto ed ottenuto la corresponsione di indennità chilometriche per l’uso di mezzo proprio, mentre aveva utilizzato l’auto di servizio, nonchè indennità di pernottamento non effettuato fuori sede, abbia impartito disposizioni all’autista perchè annotasse false percorrenze sul libretto di bordo dell’auto di servizio. 230 Procedimento n. 27/81 - Sentenza del 19 febbraio 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Viola il dovere di correttezza il magistrato che in pendenza di un procediemnto penale contragga obbligazioni e si renda debitore di un imputato che deve lui stesso giudicare, a nulla rilevando che a tali obbligazioni egli abbia poi regolarmente adempiuto, in quanto l’attività del magistrato non solo deve essere, ma deve anche apparire ispirata, oltre che alla massima obiettività, anche al massimo disinteresse, al fine di non creare intorno a sè un clima di sospetto che radicalmente distrugge la fiducia che deve ispirare chi è chiamato ad amministrare la giustizia. Procedimento n. 62/81 - Sentenza dell’11 giugno 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Rinvio non scritto di un’intera udienza - Insussistenza dell’illecito. Il rinvio non scritto di tutta un’udienza, quando non vi è lesione dei diritti delle parti e non vi è danno per il funzionamento dell’ufficio, non costituisce comportamento rilevante sul piano disciplinare. Procedimento n. 64/81 - Sentenza del 9 luglio 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Intervento presso un giudice istruttore in procedimento relativo al delitto di associazione per delinquere Interferenze nel corso del processo - Sussistenza dell’illecito Gravità dello stesso. Il giudice disciplinare non introduce nuove fattispecie sanzionabili nè stabilisce una sorta di retroattività di nuove fattispecie. Egli invece svolge la tradizionale funzione di elaborazione 231 e di precisazione del dato normativo in quanto e perchè non tutto esplicitato e la deve svolgere in piena autonomia e in piena indipendenza, avendo di mira il risultato finale della garanzia dell’ordine giudiziario sia pure e sempre per soddisfare interessi generali esterni. Corallario di tutto ciò è che il giudice disciplinare deve dare rilevanza con una funzione tipica di concorso produttivo sul piano deontologico, a quelle ipotesi di devianza le quali siano caratterizzate dal fatto che il magistrato non è, oppure non appare, imparziale o soggetto solo alla legge. E deve anche fare una più aggiornata valutazione quantitativa delle ipotesi già note. Più in particolare è a carico del giudice disciplinare il compito di considerare in modo speciale quei comportamenti che, per i nessi evidenti con situazioni di ambiente, per la peculiarità di palesi o presumibili collegamenti anche solo pparenti, per la eccezionalità di un repubblicano, rilevino una dose massiccia di incompatibilità proprio con l’immagine del giudice garante della legge e della sua piena osservanza e soprattutto di tutore primo delle istituzioni e della loro difesa. b) In applicazione di tali principi deve essere affermata la responsabilità disciplinare allorquando, intervenendo presso un giudice istruttore in procediemento relativo fra l’altro al delitto di associazione per delinquere, l’incolpato perori la causa di un imputato, sondando le intenzioni dell’inquirente, promettendo e prospettando attività all’imputato sì da giungere, per segni inequivoci, ad evidenziare la propria capacità di incanalare la condotta dell’imputato medesimo a seconda dell’esito dei suoi contatti con lo stesso istruttore, si è al di fuori dell’ipotesi di occasionale domanda di notizie fini a se stessa o di un ridotto intervento per motivi di umanità, e si realizza una pesante interferenza sul corso della giustizia penale. Procedimenti n. 3/80, 31/81 e 54/81 - Sentenza del 28 settembre 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Interferenza in un processo in corso Fattispecie - Sussistenza dell’ilelcito. 232 É disciplinarmente censurabile l’interferenza in un processo in corso, effettuata con frequenti tentativi di persuasione, sia sul piano processuale che sostanziale, specie se operata da un magistrato di notevole anzianità ed esperienza, in quanto idonea ad arrecare turbamento della funzione giudiziaria, in qualunque momento del processo venga espletata, e ad ingenerare dubbi sul corretto svolgimento della funzione da parte dei giudice nei cui confronti essa è diretta, in ispecie quando di tale presunta scorrettezza siano informate terze persone chiamate istituzionalmente a collaborare con la magistratura. Procedimento n. 351 R.G. - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Distribuzione di scritti a contenuto offensivo per la magistratura - Allegazione agli scritti di un invito a dibattere sui problemi posti - Insussistenza dell’illecito. La distribuzione di scritti a contenuto offensivo per la magistratura con allegato invito ad un dibattito sul tema non può di per sè sola considerarsi antidoverosa per il magistrato in quanto tale. Data la connessione degli scritti con problemi relativi alla giustizia per i quali il giudice può e deve avere speciale interesse, deve ritenersi quanto meno non comprimibile la spinta a promuovere chiarimenti e discussioni anche in presenza di profilabili ragioni di riserbo e di opportunità. Il fine della distribuzione, ravvisabile nell’intento di chiarire i termini della questione, esclude nella condotta del magistrato anche ogni titolo di colpa, sia pure sub specie di imprudenza. Procedimento n. 365 R.G. - Sentenza del 26 novembre 1982 Pres. Galasso. Doveri del giudeice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Il ripetuto pretestuoso rifiuto di ricevere la notifica in atti inerenti a tributi non pagati integra violazione al dovere di correttezza. 233 Procedimento n. 20/82 - Sentenza del 30 novembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’aver dichiarato inammissibile un’istanza di ricusazione proposta in una causa riunita ad altre nelle quali, per identici motivi, era stata proposta identica istanza respinta dal Presidente del Tribunale. In tal caso sussiste in capo all’incolpato un fondato convincimento che la nuova ricusazione dovesse considerarsi inammissibile, non rilevando che, in contrario, il Presidente del Tribunale modificando il proprio orientamento, abbia poi accolto il nuovo ricorso di ricusazione. Procedimento n. 344 - Sentenza del 3 dicembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Il magistrato che si accompagna con due giornalisti i quali intervistano una persona che lo stesso magistrato dovrà poi sentire in sede penale, è censurabile disciplinarmente seppure ciò abbia fatto per eccesso di zelo. Procedimento n. 24/80 - Sentenza del 10 dicembre 1982 - Pres. Galasso. Residenza - Violazione - Ininfluenza sulla funzionalità dell’ufficio Insussitenza dell’illecito. É insussistente l’illecito disciplinare allorchè all’esame complessivo del lavoro svolto dal magistrato, nonostante una situazione di grave disservizio per la vacanza del posto di cancelliere e di ufficiale giudiziario, risulti provato che la violazione dell’obbligo di residenza non ha negativamente inciso sulla funzionalità 234 dell’ufficio. Procedimento n. 10/80 - Sentenza dell’11 dicembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che frequentemente, anche se non abitualmente, tiene in udienza un comportamento gratuitamente polemico nei confronti di difensori e colleghi, abbandonandosi pubblicamente verso questi ultimi a critiche pesanti e interrompendo i primi argomenti ed osservazioni obiettivamente tali da risultare anticipatorie del suo giudizio sulle controversie in esame. Procedimento n. 40/82 - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Nell’esperienza giurisprudenziale è sempre stato controverso il limite di concedibilità dei permessi di cui all’art. 3 L. n. 1/1977, sicchè l’avere l’incolpato seguito l’indirizzo meno restrittivo sfugge alla valutazione del giudice disciplinare trattandosi di attività giudiziaria insindacabile. Procedimenti n. 428 e 364 R.G. - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Viola i doveri di comportamento inerenti alla propria funzione il magistrato che, sia pure allo scopo di accertare l’eventuale compimento di reati, ponga in essere un’attività corrispondente al compimento di un reato. 235 Procedimento n. 12/82 - Sentenza del 21 gennaio 1983 - Pres. Galsso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce grave illecito disciplinare l’avere, nella qualità di pretore mandamentale omesso di tutelare i diritti di una interdetta astenendosi dall’esprimere il parere in ordine all’autorizzazione a vendere al proprio coniuge, ad un prezzo oggettivamente inferiore al reale valore, un bene immobile della interdetta medesima, di fatto poi venduto al coniuge dell’incolpato stesso per autorizzazione del vice-pretore onorario. Procedimento n. 32/82 - Sentenza del 18 febbraio 1983- Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Considerazioni d’ordine morale non necessarie ai fini della decisione - Inopportunità - Insussistenza dell’illecito. L’inserimento nella motivazione della sentenza di considerazioni d’ordine morale proprie del giudicante, non necessarie tuttavia per dar ragione della decisione, è inopportuno, ma non disciplinarmente illecito sempre che dette considerazioni siano inidonee a ledere l’onore o la reputazione delle parti o dei loro difensori. Procedimento n. 46/82 - Sentenza del 27 maggio 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Liquidazioni di compensi nella procedura fallimentare - Prassi elusiva delle leggi n. 1426/1956 e n. 863/1965 - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato addetto alla sezione fallimentare che si sia adeguato alla diffusa prassi contraria all’applicazione del sistema normativo in tema di compensi, quale desumibile dalle leggi n. 1426/1956 e n. 836/1965, stante l’impossibilità di ottenere adeguate prestazioni da professionisti di valore in ragione 236 sia dell’irrisorietà della retribuzione sia della ristrettezza dei termini per operazioni complesse come inventari e valutazioni, tanto più quando lo stesso sistema, con tesi giuridiche serie e comunque non manifestamente inattendibili, si riteneva inapplicabile alla procedura fallimentare, avuto riguardo al disposto dell’art. 23 n. 7 legge fallimentare. Procedimento n. 34/82 - Sentenza del 10 giugno 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. L’uso di espressioni di severa critica verso l’operato dell’Amministrazione penitenziaria può qualificarsi come illecito e scorretto solo alla stregua di superati canoni deontologici, incentrati su di un sacrale e gerarchico ossequio alle attività e decisioni dell’Amministrazione. Procedimento n. 5/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non è censurabile disciplinarmente l’omessa quantificazione delle somme dovute dal convenuto soccombente a titolo di interessi e di svalutazione monetaria non sussitendo un obbligo del giudice del lavoro di provvedervi ed essendo sufficiente la generica indicazione nella sentenza della condanna al pagamento di dette somme. Procedimento n. 5/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Illecito. 1) Commette illecito disciplinare il Pretore che decide nel merito due procedimenti penali di competenza per materia del Tribunale; 237 2) commette illecito disciplinare il magistrato che condanna gli imputati al pagamento delle spese di custodia preventiva nonostante essi non fossero stati detenuti per quella causa; 3) commette illecito disciplinare il magistrato che condanna l’imputato alla pena di dieci giorni di reclusione, inferiore a quella minima prevista dall’art. 23 c.p. ed altro imputato a pena pecuniaria superiore a quella massima consentita; 4) commette illecito disciplinare il magistrato che dichiara non doversi procedere per remissione di querela in ordine ad un reato di oltraggio perseguibile d’ufficio; 5) commette illecito disciplinare il magistrato che nella motivazione dà conto di un esito del giudizio di comparazione tra circostanze del reato difforme da quello acquisito nel dispositivo; 6) commette illecito disciplinare il magistrato che omette di effettuare, nonostante espresse sollecitazioni dei Carabinieri, il necessario sopralluogo in occasione di un grave infortunio sul lavoro. Procedimento n. 5/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie Insussistenza dell’illecito. L’aver deciso nel merito diciassette cause civili di valore indeterminabile, e, pertanto, di competenza, per valore del Tribunale integra, da parte del Pretore, infrazione di lievissima entità, non meritevole di valutazione in sede disciplinare. Procedimento n. 11/83 - Sentenza del 15 luglio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudiece: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Va immune da responsabilità disciplinare il magistrato che abbia adempiuto l’obbligo di fornire i dati obiettivi che spetta al Consiglio valutare ai fini di un eventuale accertamento di situazioni di incompatibilità. Non può farsi carico al magistrato di aver tollerato l’espletamento di attività professionale da parte dei propri congiunti, 238 trattandosi di situazione che l’incolpato non era in grado di rimuovere. Procedimento n. 13/83 - Sentenza del 28 ottobre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Processo del lavoro - Omessa lettura del dispositivo in udienza - Complessiva diligenza dell’incolpato Precarie condizioni di salute - Insussistenzad ell’illecito. Non può apparire giustificazione assorbente l’affermazione che nel processo del lavoro l’omessa lettura del dispositivo in udienza non costituisca motivo di nullità, ciacchè si ha il diritto di esigere da ogni magistrato un comportamento che non sia ai limiti della invalidità degli atti che compie. Tuttavia tale comportamento, certamente non apprezzabile, può perdere rilievo disciplinare se giustificabile in ragione della complessiva laboriosità dell’incolpato e dalle sue precarie condizioni di salute. Procedimento n. 41/81 - Sentenza del 28 ottobre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette grave illecito disciplinare da sanzionarsi con la rimozione il magistrato che non solo mantenga per lungo tempo rapporti con pericolosi pregiudicati o con persone malfamate che hanno elevato il delitto a sistema di vita e che, notoriamente, appartengono ad organizzazioni mafiose, ma che ripetutamente esercita, nei confronti di vari colleghi titolari di procedimenti in cui erano implicate le dette persone, pesanti interferenze poste in essere, consapevolmente, al fine di fuorivarie il corso della giustizia. Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussitenza dell’illecito. 239 Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore che, senza giustificazione alcuna ed anzi coerentemente al suo espresso convincimento di non esservi tenuto, non comunichi al titolare dell’ufficio ovvero comunichi in modo del tutto generico l’esito dei processi celebrati nelle udienze cui ha partecipato quale pubblico ministero. Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore che dopo aver ordinato la sospensione di lavori di escavazione di una cava deleghi, nonostante le informazioni dei carabinieri escludessero la ussistenza di situazioni di pericolo, un vigile urbano alla revoca dell’ordine di sospensione, revoca da disporre nel momento in cui, secondo le proprie cognizioni e sentiti i tecnici competenti, avesse ritenuta eliminata la situazione di pericolo per persone o cose. Un tale provvedimento è abnorme alla luce del principio basilare secondo il quale ogni provvedimento di contenuto decisionale non può essere delegato a terzi, giacchè altrimenti questi verrebbero per via indiretta trasformati in giudici. Procedimento n. 61/81 - Sentenza del 15 dicvembre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice:correttezza - Trascrizione nella motivazione di comparse conclusionali - Illiceità. La trascrizione anche solo parziale delle comparse conclusionali nella motivazione di numerose sentenze civili costituisce comportamento contrario ai doveri del magistrato. Procedimento n. 61/81 - Sentenza del 15 dicembre 1983 - PRes. 240 De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore che dispone il sequestro di atti presso l’Amministrazione comunale al solo fine di accertare se nella cessione di taluni terreni da parte della stessa Amministrazion fossero ravvisabili estremi di reato, emettendo poi decreto di archiviazione a conclusione del procedimento. In tale modo il giudice oltre ad esorbitare dai poteri propri della funzione requirente, con il porre in essere valutazioni in prevenzione degli atti amministrativi, adotta un provvedimento conclusivo in palese violazione dell’art. 74, 3° comma, c.p.p.. Compito del giudice, che pure non è spettatore inerente di quanto accade nella società civile e nel Paese, è quello di tenersi fuori da conflitti e polemiche evitando di dare l’impressione di uso strumentale della funzione giudiziaria. Procedimenti n. 15/83 e 25/83 - Sentenza del 24 febbraio 1984 Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non è sanzionabile disciplinarmente l’eccesso nei rilievi e riferimenti, nonchè l’eccesso verbale nell’uso delle parole da parte del pubblico ministero sia in udienza, sia, più latamente, in tutti gli incontri dialettici con la difesa, sempre che gli eccessi costituiscano la forma di argomentazioni pertinenti e logicamente utili, anche solo putativamente, alla decisione e non segnalino il fine di soddisfare un rancore personale o una assoluta sproporzione del discorso rispetto all’argomento. L’irrilevanza disciplinare di tali eccessi che sia frutto di sopravvalutazione della propria linea accusatoria e di unilaterale svalutazione della tesi contrapposta, non toglie che gli stessi possano acquistare rilevanza come indici più o meno incisivi della capacità e attitudine professionale del magistrato. Procedimenti n. 15/83 e 25/83 - Sentenza del 24 febbraio 1984 241 Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento processuale del pubblico ministero che, senza violare alcuna norma di legge e fuori dei casi di provato intento persecutorio o di abuso per fini personali, sceglie il mezzo più drastico dell’atto restrittivo della libertà personale per la contestazione di un reato, pur potendo l’inopportunità della scelta o la spopriazione rispetto alla situazione contingente trovare rilevanza nel giudizio sulla capacità e sulle attitudini a fare il giudice. Procedimento n. 56/81 - Sentenza del 1 marzo 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare grave il Pretore che violi il dovere di compiere, in relazione a reati che eccedono la sua competenza, semplicemente agli atti che per ragioni di urgenza non consentono il pronto intervento del giudice competente, omettendo di dare corso immediato alle reiterate richieste del procuratore della Repubblica competente dirette ad ottenere la trasmissione degli atti del procedimento nello stato in cui si trovavano. (Nella specie, emesso un mandato di arresto nei confronti di imputato per reato di competenza superiore, il Pretore rifiutava di trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica competente che reiteratamente li richiedeva, assumendo di dover prima procedere all’interrogatorio dell’arrestato). Procedimento n. 21/83 - Sentenza del 13 aprile 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che durante la trattazione di un procediemnto penale contro un giornalista, autore 242 in passato di un articolo vivacemente critico del suo operato quale giudice di un altro procedimento, provoca con specifiche domande, apparentemente addottte al fine di accertare l’esistenza di presupposti per una sua eventuale astenzione dal giudizio, ma chiaramente riconducibili a risentimento personale verso l’imputato, la reazione di quest’ultimo con la conseguente incriminazione del medesimo per oltraggio in udienza. In tal modo l’incolpato esorbita dai poteri inerenti alla sua delicata funzione, travalicando i limiti di correttezza e d’imparzialità connessi all’esercizio della giurisdizione. Procedimenti n. 11/80 e 6/83 - Sentenza del 25 aprile 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, sia pure per scherzo, faccia battere il percussore sull’apposita base di una pistola ad aria compressa oggetto di reperto, cagionando grave spavento a una dattilografa. Trattasi di comportamento censurabile sia perchè soggettivamente ed oggettivamente idoneo ad arrecare spavento alla persona destinataria, sia perchè realizzato mediante l’uso di un oggetto di reperto, sia infine perchè dimostrativo dell’assenza di quella serietà e compostezza che deve improntare la condotta di un magistrato specie in ufficio, dove è più immediatamente recepibile il disdoro che ne deriva al soggetto stesso ed alla funzione che rappresenta. Procedimento n. 11/82 - Sentenza del 22 giugno 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. L’introduzione nella parte emotiva della decisione di considerazioni rilevanti ai fini diversi rispetto a quello proprio della motivazione cvostituisce illecito disciplinare se strumentale al raggiungimento di finalità individuali proprie dell’estensore quale ad esempio quella di cogliere l’occasione per riaccendre polemiche non 243 strettamente legate alla dialettica processuale o che addirittura investono rapporti personali. Procedimento n. 2/84 - Sentenza del 33 giugno 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Il magistrato anche nell’adempimento delle obbligazioni contrattuali deve improntare il proprio comportamento alla massima correttezza e precisione. Commette illecito disciplinare il magistrato il cui nome vanga pubblicizzato sul bollettino dei protesti per aver emesso assegni bancari privi di copertura, incidendo il pagamento successivo al protesto solo sull’entità della sanzione disciplinare infliggenda. Procedimento n. 12/84 - Sentenza del 20 luglio 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussitenza dell’illecito. In via generale non può ritenersi che il recare il confronto morale ai familiari di un conoscente tratto in arresto sia comportamento che di per sè comprometta il prestigio dell’Ordine Giudiziario e che contrasti con i doveri di riserbo e di correttezza del magistrato estraneo all’ufficio procedente. Procedimento n. 8/83 - Sentenza dell’11 novembre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Adesione alla loggia P2 - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare l’adesione alla loggia P2 che fin dal suo apparire è stata contrasegnata da riservatezza, copertura nonchè da un selezionato proiselitismo e perciò rientra nella nozione di associazione segreta vietata dalla Costituzione. La sussistenza del vincolo associativo prescinde da comportamenti riconducibili a rituali iniziazioni o all’adempimento 244 di obblighi pecuniari (quota), essendo sufficiente l’incontro della volontà dell’associato con quella dell’associante. Procedimento n. 11/84 - Sentenza del 28 settembre 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Coinvolgimento di soggetti estranei al processo penale nella motivazione dell’ordinanza di rinvio a giudizio - Illiceità. All’ordinanza istruttoria di rinvio a giudizio in un processo penale è comunemente attribuito un elevato tasso di veridicità, giacchè tutto il meccanismo processuale dovrebbe svilupparsi lungo un percorso dialettico idoneo a consentire a ciascuno dei protagonisti del processo di svolgere il proprio ruolo nel modo più completo. Costituisce illecito disciplinare l’indicazione nominativa di taluni parlamentari quali responsabili di ambigui legami e collusioni con la camorra, indicazione formulata nella motivazione di un’ordinanza di rinvio a giudizio in un processo penale nel quale nessuno dei predetti parlamentari abbia mai assunto la veste di imputato, indiziato o sospettato ovvero sia stato quantomeno liberamente sentito in ordine ai fatti oggetto del procedimento. L’omessa instaurazione del necessario contradditorio con il parlamentare il cui onore risulta scalfito quando gli episodi riferiti quale indice di malcostume politico, se non di vera e propria compromissione tra singoli politici e singoli camorristi, sono estranei ai fatti di associazione per delinquere per cui è stato disposto il rinvio a giudizio, sicchè il riferirli non trova alcuna giustificazione in un’esigenza di completezza della motivazione. Procedimento n. 14/84 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fatttispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che fa uso scriteriato della propria pistola esplodendo un colpo in prossimita delle gambe di un automobilista rifiutatosi di fornire le proprie 245 generalità nel corso di un procedimento di identificazione, iniziato dallo stesso magistrato, qualificatosi come appartenente alla polizia giudiziaria, dopo essere stato costretto ad una manovra di emergenza dalla sconsiderata condotta di guida dell’automobilista medesimo. Procedimento n. 26/84 - Sentenza del 23 novembre 1984 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. L’uso di espressioni inutilmente polemiche nei confronti di provvedimenti giudiziari, contenute nei motivi di impugnazione o in altri atti giudiziari, soprattutto se tali espressioni nulla aggiungono alla forza ed alla compiutezza delle argomentazioni, è inopportuno, ma non acquista rilievo disciplinare ove costituisca episodio isolato nel quadro di un’attività svolta con impegno e capacità professionale, e quando l’episodio stesso, oltre a non aver avuto pubblicità tale da sminuire la credibilità dell’organo giudicante destinatario delle espressioni polemiche, non abbia provocato una situazione di contrasto tra i magistrati per avere l’incolpato chiesto scusa per il suo comportamento. Procedimento n. 53/83 - Sentenza dell’8 febbraio 1985 -Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Concessione di permesso a detenuto - Insindacabilità dell’uso dei poteri discrezionali da parte del magistrato di sorveglianza. Indipendentemente dalla discussa natura del provvedimento di concessione sul permesso — amministrativa o giurisdizionale — l’attività del giudice di sorveglianza è insindacabile sul piano disciplinare quando risulti esercitata in modo formalmente corretto. É pertanto preclusa ogni valutazione del giudice disciplinare circa la congruità della decisione adottata rispetto al caso concreto. Procedimento n. 8/84 - Sentenza del 15 febbraio 1985 - Pres. Guizzi. 246 Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non presenta elementi tali da configurare gli estremi di una violazione dei doveri professionali o deontologici del magistrato l’essersi assentato dal lavoro raggiungendo la propria città d’origine senza attendere risposta alla domanda di aspettativa per motivi familiari, ma, comunque, giustificando l’assenza con l’invio di certificazione medica a corredo di un’istanza di congedo straordinario per motivi di salute, disattesa dal Presidente del Tribunale, ma seguita da favorevole accertamento medico fiscale con il quale si assegnava al magistrato un periodo di riposo di venti giorni. Procedimento n. 4/85 - Sentenza del 23 marzo 1985 - PRes. Guizzi. Doveri del giudice: correttezza - Censura ad opinioni dissenzienti Modalità. L’attività del magistrato deve essere sempre accompagnata da serenità, distacco, correttezza anche nel linguaggio nonchè ripetto per chi esprime opinioni, convincimenti e giudizi diversi dai propri. (Nella fattispecie l’incolpato aveva, nei motivi di impuganzione di una sentenza istruttoria, indirizzato pesanti censure al G.I.. La Sezione pur definendo deprecabile l’episodio, ha escluso la rilevanza disciplinare sottolineando: A) che le espressioni adoperate, destinate a restar chiuse nel fascicolo processuale e senza alcuna rilevanza all’esterno, costituivano chiara manifestazione di passionalità nell’esercizio della funzione accusatrice e trovavano origine nella delusione, nell’amarezza e contrarietà per il mancato accoglimento di richieste istruttorie; B) che l’incolpato si era distinto per lo zelo e l’impegno di lavoro nonchè per una generale correttezza nei rapporti con quel giudice istruttore). Procedimenti n. 41/84 e 5/85 - Sentenza del 10 maggio 1985 Pres. De Carolis. 247 Doveri del giudice: correttezza - Consigli a detenuto nella scelta legale - Sussistenza dell’illecito. Viene meno ai più elementari doveri di correttezza il magistrato che consigli un detenuto, ristretto nella casa mandamentale di cui è direttore, di nominarsi un difensore invece di un altro, quali che sino le ragioni che a ciò l’abbiano determinato. (Nella fattispecie la Sezione ha disatteso le giustificazioni dell’incolpato dettosi determinato all’indicazione solo al fine di aiutare il detenuto impossibilitato a pagare l’onorario del legale che aveva in animo di prescegliere). Procedimenti n. 41/84 e 5/85 - Sentenza del 10 maggio 1985 Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Strumentalizzazione dell’ufficio per finalità personali - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che per perseguire una finalità personale non esita a strumentalizzare l’ufficio di cui è titolare. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’incolpato, allo scopo di vendere copie di un libro di cui era autore, aveva indirizzato ai direttori di vari istituti di credito, operanti nel proprio distretto di Corte d’Appello, lettere di invito all’acquisto del libro medesimo redatte su carta intestata della propria Pretura e sottoscritte nella qualità di Pretore Dirigente). Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Stralcio di atti non sorretto da fini di giustizia - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il quale disponga lo stralcio di taluni atti processuali che avrebbero dovuto essere depositati, onde procedere separatamente per i fatti cui essi si riferiscono, quando ciò faccia in vista di un interesse 248 particolare ad uno svolgimento mirato del processo. (Nella specie la sezione ha ritenuto che lo stralcio fosse stato disposto non per veder chiuso il processo con l’esclusione di ogni responsabilità di determinate persone nei confronti delle quali il giudice istruttore sarebbe stato animato da intenzioni persecutorie). Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Indagini non precedute da comunicazione giudiziaria - Sussistenza dell’illecito - Condizioni. Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il quale svolge esplicite e diffuse indagini, emettendo anche decreti di perquisizione, su attività illecite imputabili a soggetti che non siano stati messi in condizione di difendersi mediante l’invio della comunicazione, nè per espletare un’attività di urgenza limitata nel tempo. Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il quale interroghi come teste ed arresti come falso testimone un soggetto che già si trovi nella posizione di indiziato di reato. Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Illegittimo diniego di inoltrare all’imputato detenuto un telegramma del suo difensore - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il quale rifiuti di inoltrare un telegramma, indirizzato dal difensore di un imputato, detenuto in stato di isolamento, al direttore dello stabilimento penitenziario, contenente una comunicazione relativa 249 alla brevità dei termini per impugnare un provvedimento sulla libertà personale riguardante il detenuto medesimo. Procedimento n. 10/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Assenza all’udienza - Sostituzione con V.P.O. - Mancato preavviso al Consigliere Pretore Dirigente Insussistenza dell’illecito. Non è di per sè solo suscettibile di rilevanza disciplinare la sostituzione in udienza da parte di un vice pretore onorario senza preavvertire il consigliere pretore dirigente. Procedimento n. 43/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: correttezza - Mancato uso della toga in udienza penale - Processo minorile. Il mancato uso della toga in udienza penale con imputati minorenni costituisce certamente violazione regolamentare, ma non attinge a rilievo disciplinare avuto riguardo alla particolare natura dei giudizi propri del Tribunale per i Minori in cui appare necessario stabilire un contatto umano e diretto con gli imputati. Procedimento n. 43/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: correttezza - Uso di autovetture di servizio fuori sede - Ragioni d’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto di aver usato delle autovetture di servizio per compiere istruttorie fuori sede, pur esistendo pubblici servizi di linea con orari compatibili con l’espletamento della trasferta, quando a ciò si sia determinato l’incolpato per ragioni strettamente attinenti alle esigenze di ufficio 250 ed a motivi di necessità e di urgenza. Procedimento n. 47/85 - Sentenza del 6 dicembre 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non è disciplinarmente rilevante l’aver manifestato, nel corso della propria attività inquirente ed in occasione della audizione di uno dei cointeressati all’indagine, il proprio pensiero in ordine alla non verificabilità delle accuse rivolte ad un imputato, sempre che non risulti altrimenti un interesse personale dell’inquirente. Procedimento n. 56/85 - Sentenza del 17 gennaio 1986 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito - Inopportunità. Non è censurabile disciplinarmente il comportamento di un magistrato che si limiti a presenziare ad un pubblico dibattimento penale manifestando dimestichezza e familiarità con i più stretti familiari dell’imputato anche essi presenti tra il pubblico. Detto comportamento è tuttavia inopportuno in quanto potenzialmente idoneo a far pensare agli imputati ed al pubblico che a causa del collega i magistrati giudicanti vengano indotti ad una qualche forma di benevolenza. Procedimento n. 52/83 - Sentenza del 14 febbraio 1986 Pres. Guizzi. Doveri del giudice: correttezza - Denuncia pubblica di difformità giurisprudenziali all’interno di Pretura pluripersonale - indimostrato atteggiamento censorio del pretore dirigente - Insussistenza dell’illecito - Inopportunità. 251 Non attinge alla soglia dell’illecito disciplinare il rilascio di un’intervista dalla quale traspare l’esistenza di contrasti di orientamenti giurisprudenziali con il Pretore dirigente della Pretura cui si è addetti, quando resti indimostrato un atteggiamento censorio dell’incolpato. É tuttavia augurabile una maggiore compostezza da parte dei magistrati nel rendere interviste ad organi di stampa in specie se motivate dal fine, certamente non commendevole, di esaltazione della propria professionalità. Procedimento n. 3/86 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non attinge a rilievo disciplinare il comportamento diretto a far conoscere agli eventuali interessati, siano essi soggetti privati o enti pubblici, i prodotti del proprio impegno intellettuale anche se il risultato finale è costituito dall’acquisizione di un guadagno, sempre che tale attività promozionale non sia svolta con l’utilizzazione di mezzi, personale e strutture dell’ufficio, ovvero scegliendo i destinatari in ambiti tali da colorarsi di significati persuasivi, direttamente o indirettamente, connessi con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali. (Nella specie il magistrato era stato incolpato e poi assolto in relazione ad una attività promozionale per la vendita di libri da lui scritti). Procedimento n. 18/86 - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Concessione di permesso a detenuto Limiti al sindacato della Sezione Disciplinare. Nonostante la natura amministrativa del provvedimento di concessione di permessi ai detenuti, la Sezione disciplinare può sindacarne il contenuto negli stessi limiti previsti per il provvedimento 252 giurisdizionale e dunque esclusivamente nell’ipotesi di accertamento di un macroscopio errore di fatto o di diritto, di un deliberato proposito di violare la legge, del perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia. (Nella specie era stato concesso il nulla-osta all’esecuzione di un permesso adetenuto successivamente non rientrato in carcere). Procedimento n. 264/R.G. - Sentenza del 30 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Il rendere pubblica l’esistenza di una inchiesta disciplinare a proprio carico non può integrare alcun addebito disciplinare perchè l’obbligo della riservatezza non attiene a fatti concernenti esclusivamente l’interessato. Procedimento n. 40/84 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Inclusione nella requisitoria dibattimentale di giudizi eccessivi rispetto agli scopi della stessa Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. La requisitoria dibattimentale del pubblico ministero è atto di particolare solennità e impegno formale, pienamente equivalente alla sentenza. Si impone al magistrato requirente la massima sorveglianza sul testo e sulle espressioni usate in tale occasione e tuttavia, allorquando lo stesso si sia limitato ad una critica al legislatore non frontale, sfumata, indiretta e strumentale all’accogliemento della richiesta dell’accusa, si è in presenza di condotta che non attinge alla soglia dell’illecito disciplinare. (Nella specie un sostituto procuratore nel corso di una lunga requisitoria dibattimentale aveva formulato, in termini dubitativi, un’accusa di ingenuità al legislatore asserendo che la normativa in favore dei c.d. «pentiti» sarebbe stata scarsamente applicabile, al fine di convincere la Corte di Assise a non applicare agli imputati la normativa premiale). 253 Procedimento n. 25/85 - Sentenza dell’11 luglio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Emissione di provvedimento nella consapevolezza del difetto di giurisdizione - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare emettere un provvedimento nella dichiarata consapevolezza della sua anomalia in quanto attinente a materia che l’incolpato sa essere sottratta alla sua giurisdizione. (Nella specie la Sezione ha sottolineato come l’incolpato aveva dichiarato di aver concordato con i ricorrenti il tenore del ricorso che aveva accolto, dando altrsì atto che gli erano stati in precedenza presentati in via informale dei ricorsi che egli, sempre informalmente, aveva giudicato inaccoglibili). Procedimento n. 2/86 - Sentenza dell’11 luglio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussitenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare nel comportamento del magistrato che, senza alcun interesse personale o ingerenza profittatrice, a fronte di due successivi rapporti di polizia giudiziaria di contenuto assolutamente identico, salva soltanto l’annotazione del primo dell’avvio delle indagini su richiesta del verbale dello stesso magistrato indicato nominativamente, inscrive sul secondo la data ed il numero di protocollo del primo, peraltro allegando a questo anche il secondo rapporto che pure recava, a lettere maiuscole, l’avviso relativo alla natura delegata delle indagini. Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Compimento di atti istruttori senza assistenza di ausiliari - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere incolpato, nelle sue 254 funzioni di giudice istruttore, compiuto atti istruttori senza assistenza del cancelliere, segretario o ufficiale di polizia giudiziaria. Il g.i. non ha infatti la facoltà di ricorrere all’assistenza di ufficiali di P.G., nè può a lui farsi carico di aver compiuto atti istruttori nonostante l’inadeguatezza del personale ausiliario (dal quale, tra l’altro, non può essere pretesa la prestazione lavorativa quando l’atto si svolge oltre il normale orario d’ufficio ed i collaboratori abbiano già esaurito l’esigua «dotazione» di straordinario retribuito). Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Rapporti del G.I. con il pentito Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non deve il giudice istruttore attivarsi per dissuadere il «pentito» che minaccia di ritrattare, esaurendosi i suoi compiti: A) nell’assumere e verificare gli elementi di prova offerti dallo stesso, preferibilmente tenendo conto della regola di esperienza che consiglia di applicare al «pentito» tecniche di verbalizzazione analitiche, fino alla registrazione magnetofonica, in guisa da precostituire una remora rispetto a possibili ritrattazioni pretestuose; B) nel prospettare e richiedere ai competenti uffici gli interventi necessari perchè il «pentito» sia sottratto al pericolo di ritorisioni (dirette o trasversali). Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Adozione di prassi contraria alle norme processuali - Illiceità. Contrasta con il rito penale la prassi di sentire il «pentito» come teste, nonostante riferisca anche fatti criminosi di cui è stato autore diretto. In tal modo si realizza infatti la programmatica esclusione della presenza di un difensore, in spregio all’insostituibile funzione di garanzia che quest’ultimo è chiamato ad esercitare. 255 Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Rapporti del g.i. con il «pentito» Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. É dovere del giudice istruttore conservare un equilibrato distacco professionale rispetto alla collaborazione del «pentito», per quanto preziosa e decisiva tale collaborazione possa apparire. Peraltro non attinge a rilievo disciplinare, anche se è certamente inopportuna, la condotta del magistrato che, trasferito da poco ad altra sede e non più g.i. del procedimento in cui il «pentito» era stato da lui sentito, abbia accolto le pressanti sollecitazioni del «pentito», dettosi esposto a grave situazione di pericolo e perciò incline a ritrattare, recandosi ad informale colloquio con lo stesso, sia pure avvertendo preventivamente il procuratore della Repubblica territorialmente competente. Procedimento n. 37/85 - Sentenza del 19 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare richiedere alla polizia tributaria una verifica fiscale nei confronti di professionisti cui è dovuto il pagamento di una parcella per le prestazioni rese, sempre che resti escluso il carattere emulativo o ritorsivo del procedimento adottato. (Nella specie un pretore mandamentale aveva sollecitato una verifica fiscale nei confronti di un notaio che gli aveva richiesto il pagamento delle sole spese vive relative a un atto di vendita, ma la Sezione Disciplinare ha ritenuto non provato che la ricezione della parcella avesse preceduto la richiesta di verifica fiscale). Procedimento n. 20/86 - Sentenza del 14 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. 256 Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. É escluso ogni addebito disciplinare nella condotta del magistrato designato per l’assegnazione dei processi penali durante il periodo feriale che non abbia rilevato lo stato di detenzione del prevenuto, purchè a provocare lo sbaglio siano stati una serie numerosa e perversa di errori accumulatisi dal momento dell’arresto a quello dell’arrivo del fascicolo in Pretura. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’incolpato, non aveva il compito di valutare il merito del procedimento ed era stato indotto in errore dalla circostanza che il fascicolo in questione era stato registrato come relativo a soggetto a piede libero, in quanto alla sua copertina figurava annotata sulla grata, simbolo dello stato di detenzione, una grossa lettera «S» di mano del sostituto procuratore che si spogliava del procedimento, apponendo erroneamente la scritta «Scarc. 24.8.1984» data dell’arresto). Procedimenti n. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 novembre 1986Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Verbale d’udienza - Rifiuto di verbalizzazione di istanze difensive - irrilevanza dei temi di indagine proposti - Insussistenza dell’illecito. Rigettate collegialmente dalla Corte di Assise le istanze difensive dirette ad allargare il campo di indagine istruttoria, nessuno addebito può muoversi al Presidente della Corte per avere rifiutato di menzionare a verbale ulteriori domande poste dai difensori sui legittimi tempi di indagine, ormai ritenuti e dichiarati dalla Corte non rilevanti nè inutili. Il ricorso alla emissione di assegni privi di data e di luogo di emissione è talmente diffuso che, nonostante la distorsione che in tal modo si determina rispetto alla funzione di pagamento attribuita dall’ordinamento al titolo, non produce riprovazione da parte della coscienza sociale sicchè ne risulta diminuita la considerazione la credibilità sua e, di riflesso, dell’ordine giudiziario. (Nella specie la Sezione ha latresì accertato che trattavasi di un assegno emesso in favore di un amico con funzione di garanzia per 257 la restituzione di una somma in precedenza mutuata e, quindi, come tale non destinato alla circolazione, di guisa che nella rappresentazione dell’incolpato l’atto era destinato ad esaurirsi con certezza nell’ambito del rapporto amichevole con esclusione di qualsiasi notorietà esterna, certezza dissolta solo dall’insorgere di circostanze eccezionali ed impreviste quali la perquisizione disposta ed eseguita nello studio dell’amico). Procedimento n. 64/86 - Sentenza del 12 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Rinvio in blocco di un’udienza penale - Impedimento improvviso di un componente del collegio - Mancata sostituzione nel termine di mezz’ora - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare nella condotta di un magistrato, facente funzione di presidente di un collegio giudicante penale che, dopo aver comunicato al Presidente del Tribunale le sue intenzioni, si limiti ad attendere fino alle ore 9,30 prima di rinviare in blocco l’udienza da iniziare alle ore 9, ove risulti ragionevole prevedere che dopo quell’ora sarebbero risultate scarse le possibilità di trovare un sostituto al magistrato improvvisamente impedito. In siffatta situazione, il rinvio è la soluzione più opportuna per evitare ulteriori disfunzioni e ritardi in relazione agli impegni dei difensori, dei testimoni e delle parti. (Nella specie la Sezione ha altresì accertato che grazie al rinvio l’altro componente del Collegio, regolarmente presente, avrebbe almeno potuto tenere un’udienza civile). Procedimento n. 17/87 - Sentenza del 20 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Omissione di parere negativo su provvedimento abnorme in materia di pubblicità dell’udienza Insussistenza dell’illecito. L’adozione dei provvedimenti in materia di esclusione del pubblico dall’aula è rimessa al Presidente del collegio giudicante, mentre il pubblico ministero esprime in proposito un aprere 258 meramente consultivo. L’abnormità dell’errore consiste nel disporre che un’udienza si svolga a porte chiuse (vale a dire con estromissione di ogni persona diversa da quelle che hanno il dovere o il diritto di intervenire), consentendo per altro che vi assista un giornalista, nell’esercizio delle sue funzioni di informatore del pubblico estromesso, è pertanto ascrivibile al solo Presidente. Per questi soltanto si pone il problema della rilevanza disciplinare dell’errore commesso. Non opponendosi, anche il pubblico ministero commette un errore, quand’anche reso meno evidente dal previo consenso dell’imputato e del suo difensore. Si tratta tuttavia di un errore irrilevante ai fini disciplinari, in considerazione anche del carattere meramente consultivo del parere espresso dal pubblico ministero. Procedimento n. 60/86 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Rifiuto arrogante di far cessre un parcheggio abusivo all’interno del Palazzo di Giustizia - Illiceità. Il magistrato ha il dovere di non danneggiare in modo plateale l’interesse generale sotteso alla regolamentazione delle zone di sosta all’interno dei cortili dei Palazzi di Giustizia. Assume rilievo disciplinare l’inosservanza di tale dovere quando risulti associata all’arrogante rifiuto di eliminare gli inconvenienti conseguenti ad un parcheggio in zona non consentita che provochi il blocco del traffico in entrata ed in uscita. Procedimento n. 49/86 - Sentenza del 22 maggio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Autorganizzazione delle priorità nella trattazione dei processi - Limiti. Non è censurabile, in sede disciplinare, l’ordine di priorità adottato dal magistrato nella trattazione dei procedimenti affidatigli, sempre che los tesso non risulti manifestamente cervellotico, ma risponda a criteri 259 di buon senso comunemente seguiti e non leda i diritti fondamentali della persona, come, ad esempio, quello relativo alla libertà personale. Procedimento n. 11/87 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: corretezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. É inopportuno, ma non censurabile disciplinarmente, il comportamento dell’incolpato indottosi a far conoscere riservatamente al Ministro di grazia e giustizia ed al procuratore generale presso la Corte di cassazione fatti veri, o che egli in buona fede riteneva tali, negativamente incidenti sull’idoneità di un collega a ricoprire un ufficio direttivo cui lo stesso incolpato aspirava. Procedimento n. 33/86 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Inosservanza dell’obbligo di motivazione di sentenze istruttorie di proscioglimento - Limitatezza dei casi Mole di lavoro svolto - Assenza di pregiudizio sostanziale Insussistenza dell’illecito. L’obbligo di motivare le sentenze istruttorie di proscioglimento fissato dalla legge, al più elevato livello normativo, quello costituzionale, è imposto al fine di consentire a tutto campo il controllo sull’attività giurisdizionale, attraverso la obbligatoria «trasparenza» dell’iter logico che presiede ad ogni provvedimento. L’inosservanza di detto obbligo, che sia limitato a taluni casi di adozione di un modulo prestampato privo di concreti riferimenti alle risultanze istruttorie, non costituisce illecito disciplinare quando l’incolpato abbia svolto una mole impressionante di lavoro, impegnandosi in importanti e delicate indagini, e tanto più se nessuna delle sentenze in questione sia stata riformata, il che, se non elimina in astratto la violazione della norma costituzionale, almeno conforta per l’assenza di violazioni ad alcun diritto sostanziale. 260 Procedimento n. 50/86 - Sentenza del 25 settembre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Inclusione nella requisitoria dibattimentale di giudizi eccessivi rispetto agli scopi della stessa Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. La requisitoria dibattimentale del pubblico ministero è atto di particolare solennità e impegno formale si impone pertanto al magistrato requirente la massima sorveglianza sul testo e sulle espressioni usate in tale occasione. Tale controllo deve spingersi a verificare la pertinenza e la necessità delle frasi usate rispetto alla requisitoria, massimamente in presenza di espressioni fortemente critiche o addirittura offensive. (Nella specie si è escluso che potesse considerarsi quale critica sfumata o comunque strumentale all’accoglimento delle richieste accusatorie, l’attacco deciso a tutta la categoria (o al suo 90%) degli amministratori pubblici, offesi in modo indiscriminato perchè definiti una «massa di delinquenti»). Procedimento n. 36/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: correttezza - Onere di ponderatezza nella valutazione di notitia criminis - Fattispecie - Esclusione dell’addebito. Dovere del giudice è anche quello della ponderatezza, in particolare quando si trovi coinvolto come protagonista in un meccanismo processuale di cui gli sia nota la delicatezza. (Nella specie all’incolpato era stato contestato di avere con avventatezza mosso pesanti acuse di reato nei confronti di due colleghi e la Sezione, dopo aver sottolineato che l’illecito disciplinare sussiste anche nel caso di condotta semplicemente colposa dell’incolpato, ha ritenuto che non fosse stata attinta la soglia dell’illecito disciplinare). Procedimento n. 4/87 - Sentenza del 21 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. 261 Doveri del giudice: correttezza - Compimento di irregolarità processuali - Assenza di sintomi di neghittosità, ignoranza macroscopica della legge, mancanza di terzietà - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’aver posto in essere una mera irregolarità procedurale che non inficia l’atto da essa viziato. Detta irregolarità non dà luogo a responsabilità disciplinare richiedendosi, per la sussistenza di questa, un quid pluris costituito da un comportamento che — al di fuori ed al di là delle ipotesi di reato — sia segno univocamente sintomatico di neghittosità, di macroscopica ignoranza, di violazione dell’obbligo di terzietà. (Nella specie era contestato all’incolpato di aver consentito che un detenuto fosse assistito nel corso di un interrogatorio da ben cinque difensori). Procedimento n. 64/87 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Intromissione nell’attività di altro giudice - Colloquio con magistrato che ha emesso ordine di cattura - Conoscenza del colloquio da parte della polizia giudiziaria Lesione del prestigio dell’Ordine Giudiziario - Sussistenza. Costituisce violazione del dovere di correttezza il manifestare ad agenti della polizia giudiziaria, in procinto di eseguire un provvedimento restrittivo della libertà personale, di stare per recarsi nell’ufficio del collega che ha emanato il provvedimento allo scopo di intervenire presso di lui in ordine all’esecuzione di detto provvedimento. Procedimento n. 51/87 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Omaggio di una cassetta di liquori da parte di detenuto dopo la concessione di un permesso - Illecito disciplinare - Insussistenza. 262 Pur se astrattamente rilevante, non costituisce illecito disciplinare l’accettazione di un modico dono allorchè essa trovi giustificazione in circostanze eccezionali e non abbia minimamente inciso sul prestigio e sulla credibilità del magistrato. Procedimento n. 68/87 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Indagini su probabili reati edilizi commessi sul fondo confinante la propria abitazione - Insussistenza dell’illecito. Non può considerarsi disciplinarmente rilevante il comportamento del Pretore mandamentale il quale, in quadro operativo concernente tutto l’abusivismo edilizio della zona, sollecita alla polizia giudiziaria l’acquisizione di notitia criminis relativa ad una costruzione in fondo di realizzazione su fondo confinante con la propria abitazione, non potendosi ritenere che il Pretore sia tenuto finanche ad astenersi dell’informare la polizia giudiziaria di quei fatti, integranti probabili ipotesi di reato, che siano commessi dai suoi vicini. Procedimento n. 56/87 - Sentenza Mirabelli. dell’11 marzo 1988 - Pres. Doveri del giudice: correttezza - Presidenza di commissione di concorso per l’assunzione di personale presso una Camera di commericio Posizione particolare di un concorrente - Opportunità delle dimissioni - Esclusione dell’addebito. É oggettivamente sconveniente il comportamento del magistrato che, avendo assunto la presidenza di una commissione di concorso, non dismette tale incarico dopo aver constatato che alle prove scritte si erano presentate due sole candidate, una delle quali — poi risultata vincitrice — era la figlia di un collega e la nipote del presidente della giunta dell’ente che aveva bandito il concorso; tale comportamento, 263 tuttavia, non integra gli estremi dell’illecito disciplinare ove sia imposto, in relazione allo stato avanzato delle operazioni di concorso, dalla esigenza di non bloccare le operazioni stesse, ritenuta in concreto prevalente rispetto a quella di offrire agli osservatori una immagine di formale imparzialità. Procedimento n. 39/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Offese e ingiurie ad un v.p.o. - Illiceità. Commette illecito disciplinare il magistrato che rivolge ad un giudice onorario, anche se fuori dell’aula, comunque nei locali d’ufficio, espressioni ingiuriose e volgari. Procedimento n. 16/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres. Mirabelli - Rel. Racheli. Doveri del giudice: correttezza - Obbligo di rapporto da parte del giudice in un procedimento civile - Contenuto. Non commette illecito disciplinare il magistrato che non fa rapporto in ordine ad una allegazione accusatoria (o autoaccusatoria) acquista nel corso di un procedimento civile quando la stessa, sottoposta al necessario filtro di verifica, risulti priva di un minimo di fondamento e credibilità e comunque non riferita ad un fatto astrattamente inquadrabile in una fattispecie penale nella pienezza dei suoi elementi costitutivi. Procedimento n. 16/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Obbligo di rapporto da parte del giudice in un procedimento civile - Contenuto. Non commette illecito disciplinare il magistrato che non fa rapporto in ordine ad una allegazione accusatoria (o 264 autoaccusatoria) acquisita nel corso di un procedimento civile quando la stessa, sottoposta al necessario filtro di verifica, risulti priva di un minimo di fondamento e credibilità e comunque astrattamente inquadrabile in una fattispecie penale nella pienezza dei suoi elementi costitutivi. Procedimento n. 98/87 - Sentenza del 13 maggio 1988 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: correttezza - Ingiustificata omissione dell’interrogatorio dell’arrestato - Conseguente scarcerazione Illiceità. Integra una violazione dei doveri funzionali del magistrato sanzionabile disciplinarmente l’omissione dell’interrogatorio di un arrestato affetto da pre-aids giustificata dall’asserito pericolo di contagio, quando segua la scarcerazione dello stesso. Procedimento n. 73/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Informazioni telefoniche su procedimenti collegati - Irritualità - Insussistenza - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce irregolarità processuale nè assume rilievo disciplinare la condotta del magistrato che asssume e fornisce telefonicamente, ad altra autorità giudiziaria, informazioni su processi riguardanti fatti e persone erroneamente supposti come collegati a procedimenti in corso dinanzi ad altra autorità giudiziaria. Procedimento n. 84/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Carenze nell’attività istruttoria - Erronea applicazione di benefici - Sussistenza dell’illecito. 265 Commette illecito disciplinare il magistrato che erroneamente applica i benefici di cui al d.P.R. n. 865/1986, trascurando di compiere accertamenti sui precedenti penali dell’imputato, sebbene degli stessi vi fosse cenno nel rapporto e nel verbale d’arresto redatto dalla polizia giudiziaria. Procedimento n. 82/87 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il giudice istruttore che, a seguito di richiesta del p.m. di istruttoria formale per reato contestato all’imputato in concorso con persona rimasta sconosciuta, procede a carico di altri coimputati concorrenti, individuati nel corso dell’istruttoria, senza una previa, formale iniziativa del p.m., peraltro sentito oralmente e consenziente. Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Censura ad opinioni dissenzienti Modalità - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’uso di espressioni polemiche nella redazione di provvedimento giudiziari che travalichi l’ambito di una critica anche aspra di opinioni divergenti, diventando indice di scarsa serenità nell’esercizio della propria attività professionale. (Nella specie l’incolpato aveva affermato che il provvedimento impugnato «genera sconcerto perchè frutto di una mistificante interpretazione della legge» ed è «blasfermo dal punto di vista morale e giuridico»). Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. 266 Doveri del giudice: correttezza - Partecipazione quale p.m. nel giudizio di appello avverso una propria sentenza - Insussistenza dell’illecito. É certamente inopportuno, ma non integra illecito disciplinare, l’aver partecipato quale p.m. al giudizio di appello avverso una propria sentenza. Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Minaccia di incriminazione per comportamento coerente con una possibile interpretazione della norma processuale - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare minacciare di incriminazione presidente e cancelliere del Tribunale per violazione di segreto istruttorio interno sulla base di una opinabile interpretazione dell’art. 397 c.p.p. per la quale non sarebbe consentito rilasciare alle parti, che ne facciano richiesta, copie di atti relativi a procedimenti penali per i quali vi sia stata richiesta di citazione a giudizio da parte del p.m. e non anche notifica alle parti stesse del decreto di citazione. Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 -Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Intenzionale vilazione di norme processuali - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’avere quale pretore svolto attività istruttoria per reati eccedenti la propria competenza, intenzionalmente ritardanto la trasmissione di fascicoli alla procura, in attesa della propria destinazione a quest’ultimo ufficio. Procedimento n. 20/88 - Sentenza del 22 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. 267 Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, nell’esercizio delle funzioni di sostituto procuratore, compie attività di indagine non prevista dalla legge processuale e viola le prescrizioni impartitegli dal procuratore della Repubblica, trattenendosi all’interno della casa circondariale per circa trenta minuti a colloquio con detenuto, imputato di gravi delitti di terrorismo e latitante da anni, senza l’assistenza di un segretario e non provvedento comunque ad alcuna verbalizzazione. Procedimento n. 50/88 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non sussite l’illecito disciplinare di omessa vigilanza sul rispetto da parte delle forze dell’ordine dell’art. 238 c.p.p. abrogato quando, sulla stessa base della cronologia documentale, risulti esclusa la messa a disposizione dell’autorità giudiziaria dei soggetti trattenuti per il tempo necessario ai primi accertamenti. Procedimento n. 55/88 - Sentenza del 28 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: corretezza - Ricorso ad interpretazioni opinabili delle norme fallimentari - Coerenza con prassi costante del Tribunale Fallimentare - Tutela effettiva della massa dei creditori - Esclusione dell’addebito. Non commette illecito disciplinare il giudice delegato al fallimento che attenendosi ad una prassi costante del proprio Tribunale si adegui ad interpretazioni delle norme fallimentari opinabili ma non del tutto astruose, riuscendo nel concreto, a tutelare al meglio la massa dei creditori. Procedimento n. 13/88 - Sentenza del 19 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. 268 Doveri del giudice: correttezza - Rifiuto ingiustificato di sottoscrivere due sentenze, in qualità di relatore - Ritardo nella pubblicazione della sentenza - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il rifiuto da parte del magistrato di sottoscrivere, nonostante più volte sollecitato dal presidente del collegio e dal presidente del tribunale, due sentenze da lui redatte, determinando in tal modo un ingiustificato ritardo nella pubblicazione delle sentenze. (Nella specie il magistrato si era ingiustificatamente ed immotivatamente rifiutato di sottoscrivere due sentenze da lui redatte perchè il presidente del collegio aveva ritenuto di farle dattiloscrivere, essendo la minuta scritta con grafia non chiara e di difficile comprensione per la cancellatura di intere frasi). Procedimento n. 13/88 - Sentenza del 19 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza e operosità - Assenze reiterate dall’ufficio e nei giorni di udienza - Pretestuosità delle giustificazioni - Illecito disciplinare - Sussistenza. É censurabile sul piano deontologico il comportamento del magistrato che, assentandosi più volte dall’ufficio e nei giorni in cui avrebbe dovuto comporre il collegio penale per impedimenti di carattere personale di scarsa importanza e comunque rilevatisi meri pretesti per evitare il lavoro, antepone qualsiasi, anche minima propria comodità personale ai doveri di ufficio, provocando grave intralcio al buon andamento del servizio. (Nella specie il magistrato si è più volte assentato nei giorni in cui secondo il calendario di udienza avrebbe dovuto comporre il collegio, giustificando tali reiterate assenze con pretestuosi impedimenti di carattere personale di scarsa importanza in tal modo creando evidenti e gravi disagi e difficoltà sia per la necessità di provvedere tempestivamente alla sua sostituzione ed alla nuova composizione del collegio, sia anche per la indisponbibilità dei fascicoli processuali. La Sezione disciplinare ha ritenuto che gli 269 addebiti mossi all’incolpato sono confermati anche dal fatto che al comportamento censurabile non si è accompagnato, nello stesso periodo di tempo, un impegno di lavoro tale da rappresentare, per quantità e qualità, una sorta di contrappeso giustificativo. Procedimento n. 88/88 - Sentenza del 16 gennaio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Errori nell’attività professionale Condotta complessiva professionalmente soddisfacente - Esclusione dell’addebito; Eventuali errori nell’attività del magistrato non sono rilevanti disciplinarmente se la complessiva condotta professionale del magistrato risulta soddisfacente. (Nella specie l’incolpato aveva erroneamente dichiarati estinti per amnistia due reati commessi pochi giorni dopo il termine di applicabilità del beneficio). Procedimento n. 84/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Violazione di norme del codice di rito penale - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare la omissione di una verbalizzazione, qualora anzitutto ciò trovi giustificazione in un contesto del tutto particolare determinatosi a seguito della drammatica concitazione delle prime indagini su un incendio di un appartamento nel corso del quale una bambina di pochi anni era morta ed altri due avevano riportato gravi ferite, ed in secondo luogo l’anzidetta omissione non abbia avuto comunque alcuna negativa conseguenza sul piano sostanziale, di modo che possa escludersi che in concreto la omissione possa aver provocato quella violazione dei doveri del magistrato, quella pedita della fiducia e della considerazione di cui lo stesso deve godere, quella compromissione del prestigio dell’Ordine Giudiziario che, soli, possono giustificare un 270 giudizio in termini di responsabilità disciplinare. La violazione della norma processuale che non consente al difensore dell’imputato di assitere alle disposizioni testimoniali, non integra illecito disciplinare qualora la violazione sia dipesa da «un eccesso di garantismo proprio nei confronti dell’imputato che di quella irregolarità si è doluto ed inoltre, a meno di non voler sostenere che ogni irregolarità processuale (anche non sanzionata a pena di nullità, decadenza, inammissibilità) si trasforma automaticamente in illecito disciplinare rilevante per la credibilità del magistrato e qualsiasi lesione del prestigio dell’Ordine Giudiziario. Procedimento n. 84/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Abbandono dell’aula da parte del magistrato che svolge funzioni di pubblico ministero di udienza Giustificazione - Insussistenza dell’illecito. Non è censurabile sotto il profilo deontologico il magistrato che, quale pubblico ministero di udienza, abbandoni l’aula nel corso di un processo, qualora risulti certo che egli si sia comportato in tal modo non per una personale ripicca ma per esprimere la propria assoluta indisponibilità a proseguire il processo secondo criteri certamente non rispondenti a parametri di legalità e che mortificavano ed avvilivano la stessa funzione di cui egli era titolare ed il cui prestigio egli si sia sentito in dovere di difendere in quel momento. Procedimento n. 12/89 - Sentenza del 6 aprile 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Errori tecnici - Sussistenza di cause di giustificazione - Assenza di effetti pregiudizievoli irreversibili Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare l’essere incorso in un evidente errore tecnico che sia frutto non già di grave imperizia professionale, ma di una svista occasionale resa scusabile dal notevole carico di lavoro e dalla peculiarità della regiudicanda e, comunque, 271 improduttiva di effetti pregiudiziali irreversibili. (Nella specie la Sezione ha accertato che in una fattispecie penale, originariamente inquadrata come reato punibile a querela e successivamente contestata come reato perseguibile d’ufficio, l’incolpato aveva erroneamente dichiarato estinto il reato per remissione di querela con sentenza prontamente gravata da appello ad opera del Procuratore Generale). Procedimento n. 5/89 - Sentenza del 12 maggio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che in occasione di un forum sulla situazione della giustizia nel territorio si limiti ad illustrare le difficoltà proprie della realtà locale senza fare alcun riferimento ad operazioni in corso o ad atti di ufficio coperti da segreto o, comunque, riservati. Procedimento n. 23/89 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Violazione nel corso di requisitoria in pubblico dibattimento mediante l’indirizzo di epiteti inopportuni nei confronti di un imputato e di altra persona estranea al processo, in precedenza deceduta - Difetto dell’elemento soggettivo. Non costituisce illecito disciplinare l’indirizzo, nell’esercizio delle funzioni di p.m. e nel corso di una requisitoria in un pubblico dibattimento, dell’epiteto di «mascalzoni» nei confronti di un imputato del processo e di altra persona, deceduta e ad esso estranea, qualora il fatto sia conseguenza di un sovraccarico di emozione e di stanchezza fisica dovute sia alla partecipazione del magistrato alle complesse indagini della fase istruttoria sia alla lunghezza della requisitoria protattosi per più giornate. (Nella specie il magistrato, pur in un largo arco temporale, aveva prima affiancato il g.i. nelle lunghe e complesse indagini che avevano 272 portato al rinvio a giudizio degli imputati e poi aveva partecipato al dibattimento, protattosi per numerose udienze, nel corso del quale la sua requisitoria si era protatta per dieci giorni consecutivi). Procedimento n. 32/89 - Sentenza del 16 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Rivelazione di segreto d’ufficio Fattispecie - Sussistenza dell’illecito - Esclusione. Non è sanzionabile disciplinarmente il comportamento del magistrato che, sussistendo un rapporto di necessità e proporzionalità tra i fatti oggetto del segreto istruttorio e le sue esigenze difensive, riveli circostanze relative a processi penali coperte da segreto istruttorio. Procedimento n. 51/88 - Sentenza del 30 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Scorretta conduzione dell’istruttoria dibattimentale - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’adozione consapevole di una linea di conduzione dell’istruttoria dibattimentale mirata più che all’accertamento della verità ad altri, anche solo concorrenti, inaccetabili obiettivi. (Nella specie la Sezione ha ritenuto provato che l’incolpato, quale presidente del collegio giudicante, era caduto in eccessi di protagonismo: sia per un’esasperata affermazione del proprio ruolo tradottosi in atteggiamenti polimici ed insofferenti nei confronti del pubblico ministero che aveva manifestato un diverso orientamento circa l’iter da seguire nell’indagine dibattimentale; sia per una conduzione dell’indagine istruttoria di persona offesa da reato di violenza carnale, tale da far ritenere dimostrato un uso strumentale della presenza di operatori televisivi per l’esibizione di sè stesso quale protagonista della vicenda processuale. L’accertamento anzidetto ha convinto la Sezione della necessità di prosciogliere il p.m., cui era stato contestato il tono polemico 273 adottato nel resistere alla conduzione presidenziale del dibattimento, in quanto, coerentemente ai propri doveri d’ufficio, si era limitato ad opporsi ai continui straripamenti derivanti dal protagonismo del presidente del collegio). Procedimento n. 64/88 - Sentenza del 22 settembre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Accettazione di donativi provenienti dalle parti - Illiceità. Il comportamento del magistrato deve essere tale da non consentire la minima malignità ed il minimo sospetto di favoritismi o parzialità nell’espletamento delle proprie funzioni. (Nella specie la Sezione ha tenuto distinta l’accettazione di omaggi di nessun valore economico, per di più determinata dall’intenzione di non offendere il donante, da quella di omaggi di un certo valore sempre provenienti da un soggetto del processo, sanzionando quest’ultima fattispecie in quanto lesiva del prestigio dell’Ordine). Procedimenti n. 70/88 e 35/89 - Sentenza del 27 ottobre 1989 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Trattazione di processi penali a carico di un proprio socio occulto - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare la mancata astensione dal trattare processi penali a carico di imputato, che è proprio socio occulto in operazioni immobiliari speculative. Procedimenti n. 70/88 e 35/89 - Sentenza del 27 ottobre 1989 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Anticipazioni di giudizio su richiesta del Sindaco di un Comune - Sussistenza dell’illecito. 274 Commette illecito disciplinare il magistrato che anticipando un giudizio di non ravvisabilità di reati edilizi induce il Sindaco di un comune a non denunciare detti abusi (Nella specie la sezione ha ritenuto che la censurabilità della condotta non era escluda dall’essere stata la denuncia presentata due anni dopo, in quanto si era ormai consolidata nella collettività locale l’impressione di un generale permissivismo delle pubbliche atutorità anche giudiziarie nei confronti di attività edilizie esulanti dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dalle concesssioni rilasciate). Procedimento n. 14/89 - Sentenza del 23 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Manifestazione di critica del trasferimento ad altro incarico di un ufficiale di polizia giudiziaria - Insussitenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare la manifestazione critica indirizzata al comandante della sezione dei C.C., avverso il già avvenuto trasferimento ad altra sede di un ufficiale di p.g., esulando dalla stessa ogni intento di pressione sull’Autorità militare e di censura del comportamento della stessa. Procedimento n. 63/89 - Sentenza del 9 marzo 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare la violazione del fondamentale dovere che incombe su tutti i magistrati di contribuire, ciascuno per la sua parte ed innanzitutto, al regolare e quanto più possibile sollecito funzionamento del «servizio giustizia». Viene, pertanto, gravemente meno a tale dovere il magistrato-estensore che, rifiutando di far corrispondere la motivazione al decisium, di partecipare alla camera di consiglio appositamente convocata per realizzare tale corrispondenza e rifiutando di restituire lo statino d’udienza, con allegato dispositivo, intende imporre la sua motivazione a quella 275 decisa e voluta dal collegio. Procedimento n. 56/89 - Sentenza del 18 maggio 1990. -Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Obbligo del magistrato di informare i dirigenti su fatti (minacce mafiose) che possono influenzare l’esercizio delle sue funzioni e consentire, se tempestivamente comunicati, di adottare più adeguate misure di tutela - Sussistenza - Fattispecie - Mancanza dell’elemento soggettivo. Viola i doveri di correttezza e di diligenza il magistrato che, fatto oggetto di pesanti minacce mafiose a carico dei suoi familiari, non ne faccia menzione con i dirigenti dell’ufficio in cui si è inserito, non potendo tale evenienza considerarsi un fatto personale, relativo alla propria indipendenza interna, ove si accerti che il minacciato presiede un processo in corso contro mafiosi su cui non può escludersi, pregiudizialmente, qualsiasi conseguenza o riflesso delle minacce subite ed in considerazione della impossibilità, da parte dei dirigenti tenuti all’oscuro, di adottare particolari misure connesse alle loro funzioni compresa quella di meglio tutelare il magistrato interessato ed i suoi familiari (nella specie, peraltro, è stata negata la ricorrenza del profilo soggettivo dell’illecito in relazione al convincimento del magistrato circa le finalità delle minacce subite, ritenute esclusivamente dirette alla sua futura attività di addetto all’Alto Commissariato antimafia ed a cagione della forte emozione in cui egli venne a trovarsi). Procedimento n. 46/89 - Sentenza del 25 maggio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: correttezza - Diritto di trasferirsi nella nuova sede entro i trenta giorni dalla pubblicazione del relativo decreto Esercizio conforme a legge - Obbligo di attendere la presa di possesso del magistrato trasferito nella sede di provenienza Insussistenza - Irrilevanza disciplinare. Non viola alcuna norma deontologica il magistrato che, 276 esercitando il diritto-dovere di trasferirsi nella nuova sede nel termine di legge, si adopera per trasmettere una copia del bollettino alle sedi di provenienza e di destinazione e prende possesso della nuova sede senza attendere la copertura del posto lasciato vacante e per il quale era già stato concesso l’anticipato possesso. Procedimento n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di informazioni in via informale su procedimento penale - Rilevanza disciplinare - Limiti. Non viola i doveri di imparzialità e correttezza il comportamento del magistrato che assume informazioni circa un procedimento penale (in cui risulta imputato un impiegato del proprio ufficio) presso un collega di altro ufficio, incaricato dell’istruttoria del procedimento stesso, qualora la richiesta abbia scopo meramente informativo — ai fini di eventuali provvedimenti amministrativi da prendere nei confronti dell’imputato — e non sia diretta a svolgere indebite interferenze nell’attività dell’istruttore. Procedimento n. 25/90 - Sentenza del 16 novembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: correttezza - Irregolarità processuale - Illecito disciplinare - Insussistenza - Condizioni. L’irregolarità processuale e sanzionabile sul pinao disciplinare quando sia indice di negligenza inescusabile e non sia dettata dalla volotà di trovare una soluzione rapida per dare impulso ad un processo altrimenti quiescente. (Nel caso di specie l’incolpato, nell’esercizio delle funzioni di p.m. e nell’ambito di un processo con più imputati per reato commesso a mezzo stampa, aveva disposto il rinvio a giudizio con un rito direttissimo di un deputato al Parlamento, munito di immunità parlamentare, nonostante non fosse stata concessa l’autorizzazione a procedere, pur richiesta, nel presupposto che nelle more l’autorizzazione sarebbe pervenuta in tempo utile per la celebrazione 277 del dibattimento). Procedimento n. 37/89 - Sentenza del 23 novembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: correttezza - Non applicazione dell’art. 304 c.p.p. Non riconducibilità alla categoria di errore giuridico macroscopico ed inescusabile - Assenza di volontà preordinata di eludere la legge e di perseguire fini diversi da quelli di giustizia - Insindacabilità dell’errore per violazione di legge - Insussistenza dell’illecito Non costituisce illecito disciplinare la scelta processuale del magistrato inquirente nel senso della non applicazione al caso concreto dell’art. 304 c.p.p. 1930, qualora anzitutto la scelta non sia, per le complessità interpretative della concreta situazione, riconducibile alla categoria di errore giuridico macroscopico ed inescusabile ed in secondo luogo risulti evidente che non ci sia stata una preordinata volontà di eludere la legge e di perseguire fini diversi da quelli della giustizia, da cui discende la sindacabilità dell’errore per violazione di legge in sede disciplinare, per non esser stata la scelta frutto di una decisione autonoma, sconsiderata e superficiale ma anzi il risultato di una approfondita disamina del problema in tutte le sue sfaccettature. 278 11. - DOVERI DEL GIUDICE: DILIGENZA 279 280 Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: diligenza - Rinvio di cause a lungo termine Rilevante carico dei ruoli - Insussistenza dell’illecito. Il fatto del magistrato che, in occasione dell’astensione di tutti gli avvocati da una udienza, abbia rinviato d’ufficio tutte le cause da trattare ad udienze assai lontane nel tempo, nonostante il carattere urgente di alcune di esse, è da ritenere manifestazione di negligenza deplorevole, ma non avente quel carattere di gravità che solo potrebbe farla venire in considerazione in sede disciplinare, ove sia dimostrata la impossibilità di rinvii a udienze più vicine, dato il rilevante carico dei relativi ruoli. Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: diligenza - Omessa comunicazione della riconferma di un avvocato nella carica di vice pretore onorario - Insussistenza dell’illecito. Non è ravvisabile la violazione di un dovere di ufficio nel fatto del pretore che ometta di comunicare ad un avvocato l’avvenuta sua riconferma nell’incarico di vice pretore onorario del mandamento, dato che il pretore non ha alcun obbligo giuridico di effettuare tale comunicazione. 281 Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961. Doveri del giudice: diligenza - Nomina a custode di persona con precedenti penali - Sussistenza dell’illecito. La nomina a custode di beni sequestrati di persona in atto sottoposta a procedimento penale e già condannata in precedenza, integra gli estremi di un grave illecito disciplinare, in quanto la nomina di persona di dubbia serietà cagiona grave nocumento al prestigio dell’ordine giudiziario nell’ambito della circoscrizione in cui il magistrato esercita le sue funzioni. Procedimento n. 35 - Sentenza del 14 ottobre 1961. Doveri del giudice: diligenza - Inizio delle udienze istruttorie civili alle ore 12 - Inizio della fase preparatoria dell’udienza alle ore 10. Insussistenza dell’illecito Viene meno ai propri doveri il magistrato che, svolgendo le funzioni di pretore, arbitrariamente ed in contrasto con quanto prescritto nel calendario giudiziario, disponga l’inizio delle udienze istruttorie civili alle ore 12, anziché alle 9. Tale comportamento, tuttavia, non è censurabile in sede disciplinare, ove risulti che il suddetto provvedimento, tuttavia, non è censurabile in sede disciplinare, ove risulti che il suddetto provvedimento si riferisca soltanto all’assunzione delle prove ed alla trattazione delle cause e che, invece, le operazioni preliminari relative alla chiamata dei vari processi e alla raccolta a verbale delle deduzioni delle parti avvenga regolarmente non oltre le ore 10. Procedimento n. 48 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: diligenza - Consigliere pretore che attribuisce ad altri giudici la competenza ad adottare provvedimenti a seguito di informativa di reato - Sussistenza dell’illecito. Costituisce violazione dei doveri propri di un dirigente il 282 comportamento del consigliere pretore che impartisca agli altri magistrati, anche onorari, della pretura la direttiva secondo cui ogni qualvolta venga segnalato un decesso per cause delittuose o accidentali sia il destinatario dell’informativa a compiere ogni intervento senza bisogno di espressa delega da parte del dirigente. Infatti, la funzione di vagliare le informative di reato o di fatti che possano risultare tali e di adottare i provvedimenti conseguenziali deve rimanere in via di principio prerogativa del prestore dirigente, il quale se dopo aver preso esatta e compiuta notizia degli atti, potrà di volta in volta delegare un collega dell’ufficio e, in caso di assoluta necessità, un vice pretore onorario per il compimento di una o più attività processuali. Ne è ammissibile che il dirigente possa spogliarsi in anticipo delle attribuzioni che la legge gli conferisce, delegando compiti di estrema delicatezza che possono incidere, spesso in maniera decisiva, sull’esito della controversia. Procedimento n. 50 - Sentenza del 24 novembre 1962 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: diligenza - Mancato controllo del pretore sui servizi statistici - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore il quale non eserciti la doverosa opera di controllo sullo svolgimento dei servizi statistici da parte della cancelleria. Spetta invero al pretore vigilare sulla regolarità e precisione dell’adempimento, sicché, verificatesi insufficienze e anomalie in quel settore, egli, quale organo di controllo, ben può essere chiamato a rispondere della indebita omissione. Procedimento n. 70 - Sentenza del 29 febbraio 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Ordine di carcerazione in esecuzione di pena da condonare - Condizioni fisiche particolari del magistrato e pesante situazione di lavoro dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. 283 Non è suscettibile di sanzione disciplinare il comportamento del pretore che abbia emesso un ordine di carcerazione nei confronti di due imputati per l’esecuzione di una sentenza di condanna passata in giudicato — senza rilevare che la pena doveva essere interamente dichiarata condonata per effetto di indulto — quando risulti che l’errore sia stato determinato dalle condizioni fisiche particolari del magistrato e dalla pesante situazione di lavoro dell’ufficio. Procedimento n. 61 - Sentenza del 14 marzo 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Dirigente - Scarso impegno nel sovraintendente ai vari servizi e nel redigere provvedimenti Ragioni di salute e scarsa attitudine dirigenziale - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce infrazione disciplinare il comportamento del magistrato che manchi ai suoi doveri di dirigente di un grande ufficio dimostrando poco impegno sia nel sovraintendere ai vari servizi che nel redigere provvedimenti giurisdizionali, ove il fatto non sia riconducibile a cause che rendano il magistrato stesso immeritevole della generale considerazione e che possano compromettere gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario, bensì a motivi di salute ed a scarsa attitudine dirigenziale. Procedimento n. 64 - Sentenza dell’11 aprile 1964 - Avv. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Presidente di sezione - Ritardo nella fissazione, trattazione e definizione di un procedimento penale Conseguente prescrizione del reato- Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri, e determina discredito e sfiducia nell’operato della magistratura, il presidente di sezione di tribunale che ritardi eccessivamente la fissazione, la trattazione e la definizione di un delicato procedimento penale, causando in tal modo la prescrizione dei reati. 284 Procedimento n. 85 - Sentenza del 5 febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Insufficiente conoscenza degli atti processuali - Prova. Ai fini disciplinari la insufficiente preparazione teorica e la scarsa conoscenza degli atti processuali da parte del magistrato, non possono ritenersi provate unicamente sulla base di valutazioni soggettive degli avvocati. Procedimento n. 80 - Sentenza del 20 febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Omissione dei verbali delle udienze istruttorie civili - Sussistenza dell’illecito. Viola i propri doveri, ed è pertanto censurabile in sede disciplinare, il magistrato il quale ometta, nei processi civili, di far redigere i verbali di udienza istruttoria, limitandosi ad annotare in copertina le sole date di rinvio: comportamento, questo, che fra l’altro pone in essere anche una infrazione di natura fiscale. Procedimento n. 80 - Sentenza del 20 febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Omissione da parte del pretore di atti istruttori nel processo penale e di accertamenti medico-legali Mancata prova della necessità degli atti o di negligenza nell’omissione - Insussistenza dell’illecito. Non è suscettibile di sanzioni in sede disciplinare il comportamento del magistrato che, esercitando le funzioni di pretore, omette normalmente l’istruzione nei processi penali, nonché gli accertamenti medico-legali indispensabili per stabilire se lesioni colpose di manifesta gravità siano effettivamente guarite nel termine prognosticato di giorni 40 o in termine maggiore, quando non risulti la necessità di tali atti e la negligenza nella omissione. 285 Procedimento n. 90 - Sentenza del 3 marzo 1965 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie- Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri, ed è pertanto censurabile in sede disciplinare, il dirigente di un ufficio giudiziario il quale trascuri sistematicamente, nonostante i richiami e i solleciti ricevuti, di rispondere alle note e alle richieste di notizie legittimamente rivoltegli dagli uffici preposti alla sorveglianza nonché da altri enti, tra cui l’Istituto centrale di statistica, ed ometta, altresì, adempimenti di sua competenza quali l’aggiornamento degli albi dei giudici popolari nelle corti di assise, la trasmissione dell’elenco dei magistrati disponibili per la nomina a presidente di seggio elettorale, il controllo previsto per la liquidazione di contributi ministeriali sulle spese delle carceri mandamentali. Procedimento n. Amatucci. 133 - Sentenza del 28 giugno 1968 - Pres. Doveri del giudice: diligenza - Sottoscrizione di sentenza senza accertare la falsità del documento - Sussistenza dell’illecito. Il sottoscrivere una sentenza penale senza rendersi minimamente conto del processo cui si riferisce e senza essere addirittura in grado di accertare la falsità del documento, integra una mancanza particolarmente grave ai doveri del magistrato. Procedimento n. 132 - Sentenza del 28 giugno 1968 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Pretore - Assegnazione di processo delicato al vice pretore onorario - Necessità di definizione sollecita del processo - Insussistenza dell’illecito. Il comportamento del pretore che assegna un procedimento penale particolarmente delicato per la qualità dell’imputato ad un vice pretore onorario non integra gli estremi dell’infrazione disciplinare quando l’assegnazione trova giustificazione nell’esigenza 286 di definire sollecitamente il processo, al fine di evitare l’imminente prescrizione. Procedimento n. 152 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’inizio delle udienze, non dovuto a interessi personali o a greve negligenza - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’aver iniziato in ritardo l’udienza per essersi trattenuto al telefono o per aver ricevuto persone del pubblico quando il motivo di tale condotta non sia riconducibile ad interessi personali del magistrato o a grave negligenza, pur se dal fatto è derivato disordine nel lavoro dell’ufficio e malcontento da parte degli avvocati. Procedimento n. 167 - Sentenza del 10 luglio 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Lentezza nell’espletamento di istruttoria penale - Rilevante pendenza ed insufficienza del personale ausiliario - Insussistenza dell’illecito. L’eccessiva lentezza nell’espletamento dell’istruttoria relativa ad un procedimento penale non integra gli estremi dell’illecito disciplinare ove sia stata conseguenza, più che di una riprorevole negligenza da parte del magistrato, di confusione determinata dalla pendenza di un rilevante numero di processi nonché dalla insufficente assistenza prestata dalla segreteria per difetto del personale. Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Mancata emissione del decreto motivato ex art. 277 bis c.p.p. - Erroneo convincimento dovuto anche alla 287 prassi dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare la mancata emissione del decreto motivato previsto dall’art. 277 bis c.p.p. se il comportamento seguito sia dovuto all’erroneo convincimento — determinato anche dalla prassi dell’ufficio — che non fosse necessario motivare un provvedimento già implicitamente contenuto nell’ordine di comparizione emesso in luogo dell’ordine di cattura. Procedimento n. 164 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nella concessione di libertà provvisoria - Assenza dall’ufficio - Ragioni di salute - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che, a causa della sua assenza dall’ufficio, conceda in ritardo la libertà provvisoria a taluni imputati, qualora la detta assenza sia dovuta a ragioni di salute. Procedimento n. 166 - Sentenza dell’11 dicembre 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Dirigente - Scarsa attività di direzione, vigilanza e organizzazione - Negative condizioni di salute del magistrato - Insussistenza dell’illecito. Gli scarsi risultati dell’attività di direzione, vigilanza e organizzazione di un tribunale da parte del presidente possono trovare giustificazione, ai fini disciplinari, ove siano da attribuire prevalentemente alle condizioni di salute del predetto magistrato. Procedimento n. 172 - Sentenza del 5 febbraio 1970 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Ingiustificata lentezza nella trattazione 288 di un procedimento civile - Sussistenza dell’illecito. Viene meno ai suoi doveri e dimostra grave negligenza e scarso senso di responsabilità il magistrato che ritarda ingiustificatamente la trattazione di un procedimento per la determinazione dell’equo canone di locazione di un negozio, definendo detto procedimento medesimo dopo sette anni con sentenza dichiarativa di nullità del procedimento medesimo (per nullità dell’atto introduttivo del giudizio, per indeterminatezza delle controparti, per irregolarità della costituzione e mancata integrazione del contraddittorio) e dopo aver disposto — nel corso della causa — 31 rinvii non motivati e rimesso la causa a sentenza per quattro volte senza aver compiuto alcun atto istruttorio. Procedimento n. 197 - Sentenza del 13 novembre 1971 -Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Rifiuto di partecipare ad una udienza Mancata conoscenza incolpevole dei processi da trattare Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che si sia rifiutato di partecipare ad un collegio giudicante unicamente perché non aveva potuto — per motivi indipendenti dalla sua volontà — prendere preventiva conoscenza degli atti relativi ai processi da trattare nell’udienza a cui avrebbe dovuto partecipare. Procedimento n. 193 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Omessa applicazione dell’indulto Gravosità del carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Il magistrato, preposto ad una sezione di una pretura unificata, oberata da un carico di lavoro sproporzionato rispetto alla esiguità del personale che deve espletarlo, e che non ha possibilità, per ciò, di esaminare con la dovuta accuratezza i fascicoli di ogni singola esecuzione penale, si trova in una situazione oggettiva, dovuta ad 289 evidente difetto di organizzazione e ad un errato criterio di distribuzione del personale di cui l’ufficio dispone. Conseguentemente la sua omissione nell’esame e nella valutazione della posizione di un detenuto e del suo diritto a godere dell’indulto — di per sé grave specie in rapporto alle conseguenze — non deve essere giudicata con lo stesso metro applicabile ad ufficio con minor mole di lavoro, e non costituisce, pertanto, consapevole violazione dei doveri propri del magistrato. Procedimento n. 193 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Mancata consultazione del fascicolo dell’esecuzione in occasione dell’emissione di un ordine di carcerazione - Obiettiva sproporzione tra carico di lavoro dell’ufficio e organico del personale - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in occasione dell’emissione dell’ordine di carcerazione e del decreto di fissazione di un successivo incidente di esecuzione, abbia omesso di consultare il fascicolo dell’esecuzione penale al fine di accertare se la relativa pena dovesse essere o meno espiata per intero, quando tale omissione trovi adeguata e sufficiente giustificazione nell’obiettiva sproporzione tra carico di lavoro dell’ufficio e organico del personale (nella specie: un cancelliere e un agente di custodia nell’ufficio esecuzioni della Pretura di Roma). Procedimento n. 197 - Sentenza del 13 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Rifiuto di partecipare ad un’udienza penale - Mancata, incolpevole conoscenza dei processi da trattare - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che rifiuti di partecipare alla composizione di un collegio penale, quando tale rifiuto sia dovuto unicamente al fatto che, per 290 una serie di circostanze fortuite, il magistrato non abbia potuto prendere visione preventivamente di tutti gli atti relativi ai processi che devono essere trattati. Procedimento n. 200 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Mancata sottoscrizione dei verbali Grande carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta di sottoscrivere i verbali in un periodo in cui sia gravato da una gran mole di lavoro. Procedimento n. 200 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Mancato controllo di un fascicolo processuale scomparso - Grande carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta di controllare un fascicolo processuale scomparso per numerosi anni, quando sia risultato che non si trattava di un processo di particolare delicatezza e gravità mentre il magistrato stesso era oberato di lavoro. Procedimento n. 211 - Sentenza del 2 marzo 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Presidente di Corte di Assise - Omessa sorveglianza sul cancelliere - Ufficio di Cancelleria unico con cancelliere Capo Dirigente - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato, presidente di corte di assise che ometta di vigilare e stimolare il cancelliere per gli adempimenti successivi al deposito delle sentenze da parte degli estensori se 291 si tratti di cancelleria unica per gli affari penali e per la corte di assise e le sentenze siano depositate dagli estensori in originale, in quanto egli non ha modo di avvedersi delle eventuali successive negligenze da parte del cancelliere e legittimamente può aver confidato sulla sorveglianza esercitata dal cancelliere capo e dal Presidente del Tribunale. Procedimento n. 232 - Sentenza del 7 aprile 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: diligenza - Omessa vigilanza dell’attività dei curatori fallimentari - Materiali impossibilità dovuta al carico di lavoro Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che di fatto ometta di vigilare assiduamente sull’attività dei curatori di fallimento quando in relazione al carico di lavoro tale omissione non possa essere attribuita a negligenza ed incuria del magistrato. (Nella fattispecie è risultato che il magistrato oltre a svolgere le funzioni di giudice delegato ai fallimenti — che avevano raggiunto il numero di 143 in un solo anno — nonché quello di giudice delle esecuzioni doveva, altresì, partecipare a quattro udienze penali al mese e alle udienze settimanali civili istruttorie e collegiali onde era venuto a trovarsi in una situazione insostenibile). Procedimento n. 275 - Sentenza del 12 ottobre 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Presidente del Tribunale - Ritardo nella fissazione, trattazione e definizione di un procedimento penale Conseguente prescrizione del reato - Rinvii giustificati ed insufficienza del personale ausiliario - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nella fissazione, trattazione e definizione di un procedimento penale, cui consegua la prescrizione del reato, non costituisce infrazione disciplinare nei confronti del magistrato, Presidente del Tribunale, allorché il ritardo sia determinato da rinvii dovuti ad insuperabili motivi di carattere processuale e dall’insufficiente assistenza prestata dalla cancelleria per difetto di 292 personale. (Nella fattispecie, il tempo trascorso era dovuto a rinvii resi necessari dalla concessione di un termine a difesa e dall’omissione nel successivo decreto della citazione da parte lesa, dalla rimessione durante il dibattimento del processo in istruttoria — protrattasi per quattro anni — e dalla necessità del passaggio in giudicato della conseguente sentenza di rinvio a giudizio, contente il proscioglimento di un coimputato. Inoltre, all’epoca dei fatti, presso il tribunale prestava servizio un solo cancelliere e nessun dattilografo). Procedimento n. 285 - Sentenza del 3 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Dichiarazione di morte presunta Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che, quale giudice istruttore di un procedimento per dichiarazioni di morte presunta, omette di compiere le indagini per individuare, ai fini della competenza, l’ultimo domicilio o l’ultima residenza dello scomparso in quanto, ove i luoghi indicati dagli artt. 48 e 58 c.c., non siano noti, la competenza spetta, in analogia a quanto dispone l’art. 18 c.p.c., al tribunale del luogo di residenza del ricorrente e in quanto nella fattispecie non vi erano elementi che portassero all’esclusione dell’identità della residenza delle parti e di un gesto insano da parte del morto presunto. Procedimento n. 285 - Sentenza del 3 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Dichiarazione di morte presunta Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non incorre in negligenza colpevole, e non commette, quindi, illecito disciplinare, il magistrato che, nell’istruttoria di un procedimento per dichiarazione di morte presunta, limita le indagini al solo interrogatorio della ricorrente e del figlio minore, e non ascolti anche «gli altri parenti e persone» di cui all’art. 726 c.p.c. — da indicarsi nel ricorso, a cura del ricorrente — in quanto l’attività 293 istruttoria, in subiecta materia è, per legge, circoscritta nell’ambito delle indicazioni che «devono» essere contenute nel ricorso medesimo, il quale nella specie, non conteneva l’indicazione di altre persone oltre la ricorrente e il figlio. Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Mancato compimento di attività dovute - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il mancato compimento, da parte di un Pretore, delle attività dovute, come quelle tassativamente prescritte dal secondo comma dell’art. 231 c.p.p. (Informazione del Procuratore della Repubblica dell’archiviazione degli atti relativi a reati di sua competenza e dovere di trasmissione degli atti relativi e reati di competenza superiore). Procedimento n. 318 - Sentenza del 9 ottobre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Inosservanza delle disposizioni sul numero e i giorni delle udienze - Esistenza di una prassi ultraventennale - Mancanza di danno al servizio - Insussistenza dell’illecito. L’inosservanza delle prescrizioni del numero e dei giorni delle udienze previsti nel calendario giudiziario che il magistrato è tenuto a rispettare, non costituisce illecito disciplinare quando corrisposta ad una prassi ultraventennale, sia dovuta alla scarsità del numero dei procedimenti e non abbia inciso negativamente sulla funzionalità dell’ufficio. Procedimento n. 313 - Sentenza del 4 dicembre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’interrogatorio di imputato detenuto - Rinvio dell’interrogatorio su richiesta di uno dei 294 difensori - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ritardi, a seguito di richiesta di uno dei difensori, l’interrogatorio di un imputato detenuto, a carico del quale, nel corso dell’istruttoria, si vadano altresì delineando ulteriori imputazioni, sempre puntualmente contestate con nuovi mandati di cattura. Procedimento n. 337 - Sentenza dell’11 novembre 1975 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: diligenza - Omessa ricerca di un fascicolo processuale smarrito - Notevole quantità di fascicoli giacenti e gravosità del carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere omesso di ricercare, per un periodo di tempo, un fascicolo processuale smarrito, nella convinzione che il medesimo fosse tra gli altri 15.000 esistenti nell’ufficio ed esistendo una condizione di lavoro particolarmente gravosa, anche in relazione all’organico insufficiente. Procedimento n. 378 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Tardiva richiesta di citazione a giudizio - P.M. - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che richieda con ritardo l’emissione del decreto di citazione a giudizio allorquando appare plausibile l’ipotesi, pur non accertata, dallo smarrimento del fascicolo processuale. Procedimento n. 372 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Tardiva emissione di decreto di citazione 295 a giudizio - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che emetta il primo decreto di citazione a giudizio ed i successivi a notevole distanza di tempo (tre, quattro, cinque anni) da quando il fascicolo è pervenuto al suo ufficio ove risulti che egli ha dovuto rispettare un ordine di precedenza nella trattazione dei numerosissimi processi pervenuti alla sezione da lui presieduta, giustificato dalla logica e da una prassi consolidata confermata da obiettive risultanze statistiche. Procedimento n. 372 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Richiesta tardiva di formalizzazione del procedimento penale - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che trattenga nel proprio ufficio per dieci mesi un fascicolo processuale in istruzione sommaria, richiedendo quindi l’istruzione formale, qualora risulti il compimento di un congruo numero di atti istruttori espletati nel suddetto periodo e risulti, altresì, che l’esigenza di formalizzazione è insorta per richiesta di perizia avanzata dalle parti e che il carico di lavoro di cui è gravato l’ufficio sia notevole. Procedimento n. 372 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - P.M. - Ritardo nella definizione di procedimento in istruzione - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che esaurisca un procedimento in istruzione sommaria in tempo molto superiore a quello indispensabile (oltre trenta mesi) allorché l’incolpato abbia operato in condizioni tali da escludere la 296 possibilità di concludere l’istruzione in tempi minori, per la scarsa collaborazione prestata dalla polizia giudiziaria, l’inopinato carico di processi pervenuto a seguito della dichiarata incostituzionalità dell’art. 389 c.p.p. che ebbe a determinare enorme lavoro assolto con notevole sacrificio personale. Procedimento n. 349 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Mancata di puntualità - Ritardo dell’inizio delle udienze penali - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, per mancanza di puntualità, non abituale, provochi ritardi di non apprezzabile durata all’inizio dell’udienza penale. Procedimento n. 394 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - P.M. - Trasmissione al Tribunale di istanza di libertà provvisoria senza esprimere parere - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare, non configurando violazione dei doveri del proprio ufficio, il comportamento del magistrato che, nella veste di pubblico ministero già incaricato dell’istruttoria ma non anche dell’accuso nel processo, trasmetta alla cancelleria del Tribunale una istanza di libertà provvisoria con la missiva «per l’unione agli atti... e per quanto di competenza» senza esprimere il proprio parere sulla medesima. Procedimento n. 394 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Presidente di sezione penale - tardiva fissazione di processo con imputato detenuto per fatti di non grave 297 entità -Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nella qualità di Presidente di sezione penale, dopo un rinvio, fissi il nuovo dibattimento a distanza di quasi un anno per un procedimento penale a carico di detenuto imputato per fatti di non grave entità. Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Omesso controllo sull’attività del commissario giudiziario e poi curatore fallimentare - Ricorrenza di causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta di controllare l’operato del commissario giudiziario, poi curatore del fallimento, autore di gravissimi abusi, qualora ricorrano valide giustificazioni, quali il notevole carico del lavoro assegnato all’incolpato e la circostanza che i suddetti abusi sono stati accertati soltanto attraverso perizie, né semplici né brevi, su documenti numerosi e disordinati. Procedimento n. 378 - Sentenza del 10 marzo 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Mancato componimento di attività dovute - Fattispecie - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare la mancata o ritardata revoca della libertà provvisoria da parte del giudice istruttore nei confronti di imputati che, senza giustificato motivo, abbiano reiteratamente violato l’obbligo di presentarsi periodicamente all’autorità di polizia, qualora l’intenzionalità dell’omissione o del ritardo vengano esclusi dall’eccezionale carico di lavoro, che finisce per imporre una certa elasticità nell’osservanza dei dettati normativi, dall’ammonizione rivolta all’imputato, poscia adeguatosi, di attenersi all’osservanza dei 298 propri doveri, nonché della mancata richiesta della revoca del beneficio da parte del P.M. Procedimento n. 377 - Sentenza del 30 settembre 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Assenza arbitraria dall’ufficio - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato — pretore — che si assenti dall’ufficio per un giorno senza darne comunicazione al dirigente se risulta che dell’assenza, determinata da esigenze personali, ebbe ad avvertire il vice-pretore onorario, cui affidò l’incombenza di espletare alcuni atti di un procedimento penale da compiersi in quel giorno ed, altresì, che dalla mancata presenza in ufficio non è derivato danno al normale servizio. Procedimento n. 377 - Sentenza del 30 settembre 1978. - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Rinvio a giudizio di imputato per false indicazioni sulla propria persona senza acquisire agli atti il rituale, senza disporre accertamenti e senza congruo esame degli atti del processo - Sentenza di condanna dell’imputato priva di motivazione - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato (pretore) che disponga il rinvio a giudizio di una persona che avrebbe fornito in sede di interrogatorio false indicazioni sulla propria persona omettendo di acquisire agli atti il rituale, di disporre accertamenti, di effettuare congrui esame della documentazione processuale e che, altresì, condanni l’imputato per tale reato con sentenza priva di motivazione, poi riformata su appello del P.M. Procedimento n. 399 - Sentenza del 24 novembre 1978 - Pres. Bachelet. 299 Doveri del giudice: diligenza - Controversia di lavoro - Mancata lettura del dispositivo in udienza - Illecito disciplinare - Esclusiva Presupposti. L’omessa lettura in udienza del dispositivo della sentenza emessa in una controversia di lavoro, da cui consegue una mera irregolarità sanabile attraverso il successivo deposito in cancelleria del dispositivo medesimo, non integra illecito disciplinare ove tale omissione derivi dalla complessità delle questioni trattate nel processo e dalla mole di lavoro da cui il giudice sia gravato. Procedimenti nn. 326-327 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Presidente di collegio penale - Disinteresse alla liberazione delle sentenze penali - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che si disinteressa, normalmente, delle deliberazioni delle sentenze penali allontanandosi dalla camera di consiglio ed affidando la decisione agli altri componenti del collegio giudicante. Procedimenti nn. 326-327 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Presidente del collegio penale - Direzione frettolosa e superficiale del dibattimento - Insufficiente conoscenza delle cause - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che dirige le udienze penali, sistematicamente, in modo frettoloso e superficiale e senza avere una sufficiente conoscenza delle cause trattate. Procedimenti nn. 326-327 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. 300 Doveri del giudice: diligenza - Mancata presenza all’udienza istruttoria - Omissione di preavviso e di giustificazione - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato (presidente di sezione) che non presenzia all’udienza istruttoria civile assegnategli in sostituzione di altro collega con regolare provvedimento del Presidente del Tribunale, senza avvertire dell’assenza ed omettendo di fornire valide giustificazioni. Procedimento n. 404 - Sentenza del 6 aprile 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Emissione di ordine di carcerazione per la esecuzione di sentenza contumaciale non ancora in giudicato Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale, per distrazione, sia pure a causa della tensione e del superlavoro cui è sottoposto, emetta ordine di carcerazione per la esecuzione di sentenza contumaciale da lui pronunciata quale pretore e non ancora passata in giudicato (condanna a giorni cinque di arresto e lire ventimila di ammenda). Procedimento n. 415 - Sentenza del 1 giugno 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Omessa restituzione in ufficio di procedimenti penali con conseguente ritardo nell’esecuzione delle relative sentenze di condanna passate in giudicato - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale trattiene per oltre quattro anni nella propria abitazione sette procedimenti penali impedendo di conseguenza l’esecuzione delle relative sentenze di condanna passate in giudicato. 301 Procedimento n. 413 - Sentenza del 25 gennaio 1980 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: diligenza - Pronuncia su domanda di revocazione già decisa dallo stesso magistrato - Ricorrenza di circostanze particolari - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non configura alcun illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale ha sempre svolto lodevolmente i propri compiti e, oberatissimo di lavoro (per mancanza di magistrati previsti nella pianta organica ed insufficienza numerica di personale ausiliario), incorrendo in errore determinato dalle numerose e reiterate richieste della parte, priva di difensore, emetta sentenza in ordine ad una domanda di revocazione già dal medesimo e tra le stesse parti decisa in epoca antecedente. Procedimento n. 429 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: diligenza - Trattazione con negligenza di pratica di ufficio di particolare urgenza - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato del P.M. che tratta con palese negligenza, ritardando la tempestiva trasmissione al Tribunale per dovuto esame, una pratica avente ad oggetto la richiesta di applicazione urgente di misure di sorveglianza speciale di P.S., ai sensi dell’art. 18 legge 1975/152. Procedimento n. 423 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: diligenza - Dirigente dell’ufficio d’istruzione Controlli saltuari sulla corrispondenza fra le annotazioni dei registri generali ed il numero dei fascicoli giacenti in ufficio - MancanzaIllecito disciplinare - Sussistenza - Condizioni. Rientra fra i doveri del dirigente dell’ufficio istruzione eseguire saltuari controlli «a campione» sulla corrispondenza fra le annota302 zioni contenute nei registri generali dell’ufficio ed il numero dei processi giacenti presso la cancelleria o affidati ai vari magistrati. Peraltro,in caso di smarrimento di fascicoli, agevolato dalla mancata effettuazione di detto controllo, tale omissione non è punibile in sede disciplinare qualora non risulti sicuramente provata la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito. (Nella specie, l’incolpato è stato assolto per insufficienza di prove, sotto il profilo dell’elemento soggettivo in considerazione del fatto che il medesimo aveva assunto la direzione dell’ufficio sguarnito di personale dopo un lungo periodo di malattia del precedente dirigente, ed aveva attraversato gravi vicende familiari). Procedimento n. 423 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: diligenza - Giudice istruttore - Connessione di procedimenti - Mancanza del provvedimento formale di riunione Trattazione unitaria dei processi - Illecito disciplinareInsussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un giudice istruttore che provveda alla trattazione unitaria di due procedimenti penali connessi, senza adottare un provvedimento formale di riunione, annotato sul registro generale, qualora tale omissione, imputabile a gravi deficienze del personale d’ordine e di cancelleria dell’ufficio giudiziario, non abbia provocato conseguenze negative sulla istruzione del processo. Procedimento n. 9/81 - Sentenza del 20 novembre 1981 - Pres. Galasso Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Anche la mera dimenticanza di un atto doveroso da parte del magistrato può integrare gli estremi di un’infrazione disciplinare, ove non ricorra una giustificazione plausibile. 303 Procedimento n. 29/80 - Sentenza del 20 novembre 1981 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Delega al cancelliere di rilasciare permessi di colloqui con i detenuti - Insussistenza dell’illecito. Il magistrato che adeguandosi ad una prassi consolidata, seguita agli uffici giudiziari della sede in cui opera e resa possibile da circolare ministeriale, sia pure revocata e relativa a deleghe in favore di funzionari dell’amministrazione penitenziaria, autorizzi il cancelliere a rilasciare permessi di colloqui con detenuti firmando sui relativi moduli con la propria firma «per» conto del magistrato medesimo, non commette illecito disciplinare quando per le carenze di organico e l’imponente mole di lavoro del suo ufficio il rifiuto di una tale prassi non avrebbe consentito di assolvere alle altre molteplici gravose incombenze di lavoro. Procedimento n. 28/81 - Sentenza del 27 novembre 1981 - Pres. De Carolis Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’emissione dei decreti di trasferimento degli immobili nelle procedure esecutive Carico di lavoro complessivamente oneroso - Inadeguatezze delle risorse dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nell’emissione di decreti di trasferimento di immobili nelle procedure esecutive quando sia addebitabile più che ai singoli magistrati, ad una gestione complessiva dell’ufficio quanto meno discutibile, nonché ad un carico di lavoro eccessivo in relazione alle risorse dell’ufficio medesimo. Procedimento n. 34/81 - Sentenza del 27 novembre 1981 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nel deposito di sentenze - Positivo giudizio sull’attività globale del magistrato - Insussistenza dell’illecito. 304 Il ritardo, anche rilevante, nel deposito di un numero più o meno ampio di sentenze non costituisce da solo illecito disciplinare, per il rilevante numero di processi esauriti in materia civile se, per la partecipazione ad udienze camerali civili, ad udienze penali, nonché alla formazione dell’ufficio di sorveglianza sia possibile un giudizio globale positivo dell’attività svolta dall’incolpato. Procedimento n. 20/81 - Sentenza dell’11 dicembre 1981 - Pres. De Carolis Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nel deposito di sentenze Rilevante carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Nessun addebito disciplinare può muoversi al magistrato per il ritardo nel deposito di sentenze allorché lo stesso ritardo sia ricollegabile a fatti e circostanze estranei alla sua diligenza e laboriosità nell’esercizio delle funzioni. Procedimento n. 26/80 - Sentenza del 15 gennaio 1982 - Pres. De Carolis Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Allorquando per una disfunzione endemica dei servizi di cancelleria, conseguenza anche di carenza del personale ausiliario, si determini una sfasatura tra strutture e bisogni, singoli addebiti mossi al magistrato per dispersione di fascicoli, arretrato, disordine nel movimento delle cause, in tanto valgono ad integrare illecito disciplinare in quanto si accerti che il magistrato stesso abbia con la propria pigrizia, assenza dall’ufficio, noncuranza, scarsa operosità, provocato un ulteriore elemento di disfunzione o, quanto meno, approfittato di altrui carenze per nascondere le proprie. Laddove invece si accerti che il magistrato non ha trascurato il proprio dovere né sottratto alcuna energia all’ufficio e, in particolare, che la precedenza data ai processi meno remoti non sia frutto di un accantonamento malizioso o di una scelta del tutto avulsa da ogni ragionevole criterio, non sussiste illecito disciplinare. 305 Procedimento n. 26/80 - Sentenza del 15 gennaio 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non può costituire illecito disciplinare la precedenza data alla trattazione dei processi meno remoti quando non vi sia prova di un accantonamento malizioso o di una scelta del tutto avulsa da ogni ragionevole criterio. Procedimento n. 26/80 - Sentenza del 15 gennaio 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie, Insussistenza dell’illecito. Non può considerarsi censurabile l’intervento del giudice diretto a conciliare le parti né è segno di scorrettezza la dilazione della trattazione di una causa per consentire la conciliazione ove alla conciliazione stessa, pur se con il richiamo a precise condizioni, dirette a non manifestare sentimenti di debolezza, non si era mostrata ostile la querelante da molto tempo sollecitante la definizione del processo. Procedimento n. 30/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Richiesta di citazione a giudizio di persona la cui estraneità alla commissione del fatto risultava in atti documentalmente provata -Sussistenza dell’illecito. Costituisce grave negligenza l’aver citato a giudizio un cittadino di cui risultava certificata l’estraneità al fatto che gli era stato imputato. Procedimento n. 6/82 - Sentenza dell’8 ottobre 1982 - Pres. De Carolis. 306 Doveri del giudice: diligenza - Custodia di fascicolo personale Sistemazione nel cassetto della scrivania - Causale accartocciamento del fascicolo nel fondo del cassetto Rinvenimento tardivo - Insussistenza dell’illecito. È più che adeguata, al fine di una diligente custodia del fascicolo personale, la sua sistemazione nel cassetto della scrivania d’ufficio. L’essersi il fascicolo accartocciato nel fondo del cassetto, sfuggendo così ad una prima ricerca e venendo poi tardivamente reperito, integra un vero e proprio incidente, poco consueto, e come tale capace di escludere ogni motivo di colpevolezza. Procedimento n. 29/82 - Sentenza dell’8 ottobre 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Conservazione dei fascicoli e tenuta del registro generale - Incompetenza del Pretore- Onere di controllo sull’andamento dei servizi di cancelleria - Sussistenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. La conservazione dei fascicoli e la tenuta del registro generale non rientrano nella specifica competenza del pretore cui incombe tuttavia l’onere di controllare l’andamento dei servizi di cancelleria. Non è meritevole di censura il magistrato che, trovato l’ufficio di pretura in un grave stato di dissesto, ha eliminato, nei tempi indicati dal Presidente del Tribunale, molte delle cause di disservizio nella cancelleria. Procedimento n. 38/81 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Omessa relazione al collegio di cause civili assegnate a sentenza - Laboriosità complessiva dell’incolpato - Concorso di circostanze personali - Insussistenza dell’illecito. L’aver omesso di riferire al Collegio per la decisione di cause civili assegnate a sentenza non costituisce illecito disciplinare se, 307 valutato in complessivo lavoro svolto dall’incolpato, per di più in condizioni fisiche menomate, possa escludersi la riconducibilità della condotta ad una mancanza di laboriosità. Procedimento n. 11/81 - Sentenza dell’11 novembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Omessa relazione sull’attività di magistrato da dichiarare idoneo alle funzioni direttive superiori Rifiuto di raccogliere il giuramento di esperti designati quali giudici della Sezione Agraria - Vulnerazione del principio di collegialità Sussistenza dell’illecito. È disciplinarmente responsabile il Presidente del Tribunale che: a) rifiuti una relazione sull’attività di magistrato da dichiarare idoneo alle funzioni direttive superiori, sull’erroneo convincimento che trattasi di attività non dovuta e nonostante una formale richiesta del Presidente della Corte di Appello in tal senso; b) rifiuti di raccogliere il giuramento di esperti designati quali giudici della sezione specializzata agraria in contrasto con l’art. 9 Ordinamento giudiziario; c) riduca il dovuto rispetto del principio di collegialità nelle decisioni civili alla sola fase della sottoscrizione della sentenza ed a sporadici, informali incontri tra i componenti del collegio, per lo più in occasione di altri incombenti. Procedimento n. 365 R.G. - Sentenza del 26 novembre 1982 Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie- Sussistenza dell’illecito. L’abituale ritardato inizio delle udienze, quant’anche vi sia una connivenza degli avvocati, contrasta con il dovere di diligenza richiesto per l’esercizio della funzione giudiziaria. Procedimento n. 10/80 - Sentenza dell’11 dicembre 1982 - Pres. Galasso. 308 Doveri del giudice: diligenza - Firma in bianco di originali di sentenze - Asserita prassi in tal senso - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che firma in bianco alcuni fogli necessari per la copia delle minute di sentenze in materia previdenziale da lui in precedenza redatte. Tale condotta, proprio per essere di per sé in contrasto col disposto di cui all’art. 119 disp. att. c.p.c., non appare giustificata né dall’esistenza di una prassi in tal senso all’interno dell’ufficio, né dall’eventuale inutilizzazione in concreto dei detti fogli, potendo siffatta infrazione dar luogo a gravi abusi, tali da potersi ripercuotere sulla validità stessa delle decisioni adottate. Procedimento n. 51/81 - Sentenza del 18 febbraio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Contenuto in tema di emanazione di provvedimenti incidenti sulla libertà personale. Non può ammettersi che provvedimenti incidenti sulla libertà personale del cittadino vengano emessi senza l’attenta valutazione del magistrato, anche quando preme la quantità di lavoro pendente e può emergere la tendenza a rimettere ogni responsabilità al momento preparatorio proprio del personale di cancelleria. Va tuttavia esclusa la responsabilità disciplinare del magistrato che abbia omesso un ordine di carcerazione per imputazione amnistiata, quando la vicenda processuale abbia in concreto evitato ogni pregiudizio all’interessato e, d’altra parte, si tratti di unico episodio riferibile ad un magistrato laborioso e diligente. Procedimenti nn. 8 e 55 R.G. - Sentenza del 15 aprile 1983 Pres. Galasso. Doveri del giudice: diligenza - Variazione tabellare - Pretestuoso rifiuto di ottemperare - Illeceità. 309 Il rifiuto di ottemperare ad una variazione tabellare, pretestuosamente affermando che le relative delibere del C.S.M. sono esecutive solo dopo l’emissione del d.P.R. che le recepisce, costituisce illecito disciplinare soprattutto perché l’incolpato, usando della normale diligenza, avrebbe potuto reperire agli atti dell’ufficio copia delle delibere consiliari evidenzianti la natura di atti urgenti, indispensabili per il corretto funzionamento degli uffici e dunque immediatamente esecutivi, propria dei provvedimenti di variazione tabellare. Procedimento n. 16/83 - Sentenza dell’11 novembre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Inadempienza - Possibili cause di giustificazione. La violazione del dovere di diligenza può trovare giustificazione nella mole di lavoro svolto, nelle condizioni ambientali in cui il magistrato opera, in altre regioni connesse all’esercizio delle funzioni giurisdizionali od eventualmente legata a vicende squisitamente personali quali ad esempio la precarietà delle condizioni di salute del magistrato o dei suoi diretti congiunti. Procedimento n. 52/81 - Sentenza del 18 novembre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Illeceità. Sette anni di inattività processuale in un procedimento penale riguardante un infortunio mortale sul lavoro costituisce illecito disciplinare grave in sé ed in relazione alla natura del reato, potendosi infatti ragionevolmente presumere che il compimento tempestivo di accertamenti istruttori avrebbe prodotto utili risultati per verificare tutte le eventuali responsabilità penali. Procedimenti nn. 26/82 e 429 R.G.- Sentenza del 2 dicembre 1983 - Pres. Galasso. 310 Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’invio al Tribunale di una proposta per misura di sorveglianza speciale - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo di un mese con cui il procuratore aggiunto della Repubblica inoltra al Tribunale una proposta di assoggettamento alla misura di sorveglianza speciale di un condannato per partecipazione a banda armata, scarcerato per decorrenza dei termini di custodia preventiva con l’obbligo di presentarsi una volta alla settimana all’autorità di P.S. del luogo di residenza e poi resosi irreperibile, non costituisce illecito disciplinare se all’atto della proposta sicuramente mancavano i presupposti di una sua formulazione atteso che il comportamento tenuto dal prevenuto non consentiva di ritenere che stesse per commettere alcuno dei reati previsti dalla legge n. 152/1975. Procedimento n. 44/83 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Puntualità e presenza sul lavoro - Difficile situazione dell’ufficio - Rafforzato dovere di diligenza. Quanto più la situazione di un ufficio si presenta difficile per motivi oggettivi (strutture, organico, difetti organizzativi dei capi degli uffici) tanto più il magistrato è chiamato a svolgere con diligenza e puntualità i propri compiti, fermo restando naturalmente il suo diritto-dovere di segnalare nelle sedi competenti le ragioni della disfunzione. Procedimento n. 3/84 - Sentenza del 22 marzo 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: diligenza - Smarrimento di fascicoli - Incertezza assoluta sulle cause - Insussistenza dell’illecito. Va escluso l’addebito di avere per negligenza determinato lo smarrimento di cinque fascicoli penali quando vi sia incertezza assoluta sulle cause che hanno determinato il mancato ritrovamento degli incarti. 311 (Nella specie la Sezione ha sottolineato a favore dell’incolpato le seguenti circostanze: a) che i fascicoli erano pervenuti in Pretura quando era ancora vacante di titolare e che la loro ricerca fosse iniziata a distanza di circa sei mesi dal trasferimento dell’incolpato da quello stesso ufficio; b) che non vi fossero prove dell’abitudine dell’incolpato medesimo di portare i fascicoli fuori dell’ufficio, così sottraendoli al potere di vigilanza diretto sugli stessi di competenza della cancelleria). Procedimento n. 20/85 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: diligenza - Disfunzione dei servizi penali di cancelleria - Carenze di personale - Segnalazione al Ministero Insussistenza dell’illecito. Non può addebitarsi al magistrato la violazione del dovere di vigilanza e controllo sull’organizzazione ed il funzionamento dei servizi penali di cancelleria laddove si accerti che le disfunzioni erano causate soprattutto da carenze di personale e che l’incolpato si era preoccupato dell’irregolare andamento dell’ufficio tanto da sollecitare ripetutamente il Ministero perché sanasse le carenze di struttura. Procedimento n. 21/85 - Sentenza del 25 ottobre 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: diligenza - Omessa valutazione di perizia tossicologica - Episodicità della negligenza -Insussistenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare quando la leggerezza nell’adempimento dei doveri professionali che non abbia prodotto danno alcuno, sia giustificata da condizioni di lavoro particolarmente onerose e si tratti di magistrato che solo episodicamente abbia dato luogo a rilievo di non sufficiente ponderatezza e scrupolosità nel compimento della sua attività giudiziaria. (Nella specie l’incolpato, nella qualità di sostituto procuratore, 312 richiedeva, con mero riempimento di uno stampato, il rinvio a giudizio di imputato di detenzione di eroina senza farsi carico dei risultati della perizia tossicologica dalla quale era stata esclusa l’iscrivibilità della sostanza repertata tra gli stupefacenti). Procedimento n. 26/85 - Sentenza del 29 novembre 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Ritardata esecuzione di ordinanza di scarcerazione - Indimostrata negligenza dell’estensore Insussistenza dell’illecito. Non sussiste responsabilità disciplinare del magistrato per la protratta ritardata esecuzione di un’ordinanza di scarcerazione quando resti indimostrato che il ritardo sia ascrivibile a sua negligenza. (Nella specie la Sezione ha accertato che un’ordinanza di scarcerazione della II sezione penale della Suprema Corte per la mera trascrizione aveva impiegato centodiciassette giorni per essere messa in esecuzione). Procedimento n. 42/83 - Sentenza del 13 dicembre 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: diligenza - Procurata prescrizione di reati - Non addebitabilità all’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Non può farsi carico al magistrato trasferito da un ufficio giudiziario delle prescrizioni verificatesi a distanza di tempo dall’esecuzione del suo trasferimento quando l’assenza di atti interruttivi della prescrizione non sia correlabile ad un suo negligente comportamento. (Nella specie era contestata la prescrizione di reati in tredici procedimenti penali verificatasi successivamente al trasferimento dell’incolpato del quale la Sezione ha accertato un sufficiente rendimento nel periodo di permanenza presso l’ufficio a quo). 313 Procedimento n. 17/86 - Sentenza del 16 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non compete alla Sezione disciplinare il sindacato sulle scelte di priorità nella trattazione di vari procedimenti penali da parte di un sostituto procuratore se, in assenza di ritardi da inoperosità o negligenza, il magistrato fornisca congrua e ragionevole motivazione dei criteri cui si è ispirata la sua potestà discrezionale e non risultino macroscopici, aberranti ed inescusabili errori di valutazione. Se pure un sindacato del genere fosse consentito dovrebbe comunque essere esercitato con estrema cautela e con giudizio ex ante e non già con prognosi postuma, a pena di inammissibili sindacati sull’attività giudiziaria e giurisdizionale del magistrato. (Nella specie il magistrato, cui era stato contestato di aver riservata la trattazione di un rapporto pervenuto in Procura il 15 luglio 1977 ad epoca successiva, di fatto, aveva potuto rioccuparsene solo nel gennaio del 1980). Procedimento n. 34/85 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Adozione di provvedimenti restrittivi della libertà - Insufficiente ponderazione - Sussistenza dell’illecito. L’adozione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale costituisce uno dei momenti più delicati e rilevanti dell’attività del magistrato e ciò impone che ad essi si faccia ricorso solo dopo la più attenta e diligente valutazione di tutti gli elementi di fatto e di diritto posseduti, nella consapevolezza delle conseguenze irreparabili che l’eventuale errore, in una materia relativa ad un bene fondamentale per la persona, può produrre e della sfiducia che può ingenerare nel corretto esercizio dell’amministrazione della giustizia. Le pesanti condizioni di lavoro e la complessità del procedimento nell’ambito del quale è stato emesso un mandato di cattura per il 314 reato di falsa testimonianza estinto per amnistia non possono giustificare l’errore commesso. Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Limitati ritardi nell’inizio dell’udienza Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere nell’arco di sette anni, iniziato una decina di udienze civili con ritardi superiori a quelli minimi, abituali nel distretto di appartenenza. Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Vigilanza sulla custodia dei fascicoli Limiti. Non rientra tra i compiti del dirigente un ufficio giudiziario quello di far custodire con particolare cura fascicoli estinti o archiviati (per es. facendoli depositare in una stanza blindata e controllando il personale ogni volta che debba maneggiarli). (Nella specie verificatosi un furto di marche da bollo e previdenziali contenute in fascicoli archiviati si contestava al consigliere pretore di aver reso possibile ed agevole il furto stesso per carenze organizzative nella custodia). Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nella consegna di atti al g.i. subentrante - Sussistenza di giustificazioni - Insussistenza dell’illecito. Un ritardo di circa dieci giorni nella consegna di un fascicolo 315 processuale al giudice istruttore subentrante in seguito al trasferimento ad altra sede dell’incolpato non è disciplinarmente rilevante sia perché temporalmente circoscritto, sia perché giustificato dall’esigenza di procedere alla fascicolazione di circa duemila pagine non effettuata a tempo debito e per esigenze di lavoro,e per una locale situazione di menomata fiducia verso il personale ausiliario, motivata dalla sparizione di verbali importantissimi per la istruttoria in corso. Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Carenza nell’attività dirigenziale - Illiceità. Integra illecito disciplinare la macroscopica inosservanza di ogni più elementare criterio di normale diligenza nell’espletamento delle funzioni dirigenziali. (Nella specie l’incolpato, investito della funzione di Presidente di un Tribunale sito in zona di forte criminalità mafiosa, trascurò di intervenire per risolvere o chiedere che fossero risolte le gravi carenze strutturali e logistiche dell’ufficio istruzione, pur gravato da un carico di lavoro assai rilevante, sia per quantità complessiva sia per «qualità» di alcuni processi da istruire, omettendo altresì di controllare le condizioni di sicurezza dell’Ufficio medesimo). Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Carenza nella vigilanza sul personale ausiliario - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il Presidente di un Tribunale che, reiteratamente informato dal Giudice Istruttore della sussistenza a carico di un segretario a lui addetto di plurimi sospetti, tra cui quello di avere avvertito l’interessato dell’emissione di un provvedimento di cattura, si astiene per lungo tempo dall’intervenire, trascurando anche di avvertire il Presidente della Corte d’Appello, e quindi omettendo 316 un provvedimento cautelare di trasferimento del funzionario ad altro settore che pure era imposto dall’essere l’ufficio istruzione impegnato in difficili e delicate inchieste nei confronti di organizzazioni criminose e di soggetti ai quali appunto si sospettava collegato il funzionario medesimo; Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli; Doveri del giudice: diligenza - Scorretto esercizio dei poteri di vigilanza - Sussistenza dell’illecito. È obbligo del Presidente di un Tribunale informare prontamente i competenti uffici di accuse di collusione con clan mafiosi, rese a verbale avanti il giudice istruttore, a carico di magistrato del proprio Tribunale. Ancora più grave illecito commette il Presidente del Tribunale che tenti di deviare o ammorbidire o rallentare il doveroso corso degli accertamenti in merito alla fondatezza o meno delle accuse. Procedimento n. 51/86 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Prolungato ritardo nell’esame di procedimento possessorio e nella emissione di una ordinanza riservata - Assenza di sollecitazioni del legale di parte - Mancato deposito del fascicolo di parte - Condizioni personali dell’incolpato - Sua rilevante laboriosità - Insussistenza dell’illecito. Il prolungato ritardo nell’esaminare una domanda di reintegra nel possesso e nell’emanare un’ordinanza riservata, non attinge a rilevanza disciplinare quando l’inadempienza si sia verificata in un procedimento connotato da un ridotto interessamento delle parti e sia imputabile a magistrato distintosi per la sua complessiva laboriosità e costretto a fronteggiare l’aggravarsi delle condizioni di salute della propria figlia affetta da morbo di Crohn. 317 Procedimento n. 10/87 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’attività istruttoria - Abnorme permanere dello stato di isolamento dell’imputato - Sussistenza dell’illecito. Dovere primario del magistrato, cui la legge riconosce il potere di disporre l’isolamento dell’imputato detenuto per esigenze istruttorie non altrimenti perseguibili, è quello del compimento degli atti istruttori onde pervenire il più rapidamente possibile alla revoca della misura. In difetto, il comportamento del magistrato è passibile di negativo apprezzamento disciplinare, posto che questo non coinvolge alcuna valutazione del merito e della sufficienza degli atti istruttori compiuti, bensì unicamente della rapidità e sollecitudine nell’espletamento di essi. (Nella specie si contestava al giudice istruttore di avere, successivamente alla formalizzazione dell’istruttoria avvenuta il 7 febbraio 1986, compiuto pochissimi atti istruttori rispettivamente il 22 febbraio, il 23 aprile, il 7 maggio ed il 16 maggio, mantenendo lo stato di isolamento sino al 2 luglio 1986 data in cui l’imputato, che pure ne aveva chiesta la cessazione sin dal 10 marzo 1986 si suicidava in carcere). Procedimento n. 31/87 - Sentenza del 12 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Trattazione di istanze di fallimento senza delega formale - Chiusura della procedura fallimentare senza provvedimento collegiale - Inesperienza dell’incolpato Insussistenza dell’illecito. Gli addebiti relativi ad errori dell’incolpato nell’esercizio del suo ufficio debbono essere valutati con riguardo alle condizioni oggettive e soggettive nelle quali ha svolto i suoi compiti. Non è censurabile in sede disciplinare l’uditore giudiziario, in servizio da solo due mesi, con funzioni promiscue, presso un tribunale con grave carenze di organico, che, in assenza di delega formale, 318 tratti un’istanza di fallimento, erroneamente assegnatagli dalla cancelleria, dichiarando, senza provvedimento collegiale, la estinzione della procedura a seguito di desistenza dell’unico creditore istante. Procedimento n. 33/87 - Sentenza del 27 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Omessa sorveglianza sul cancelliere Mancanza di colpa. Non assume rilievo disciplinare la condotta del Pretore mandamentale, cui pur è addebitabile la colposa omissione di sorveglianza sul funzionario di cancelleria, resosi responsabile di irregolarità nella tenuta del registro di protocollo della corrispondenza, quando, per le condizioni ambientali disastrose in cui il magistrato di prima nomina, e quindi inesperto, si sia trovato ad operare, può ritenersi scusabile l’affidamento dello stesso alle assicurazioni rese dal cancelliere dirigente. (Nella specie la Sezione ha sottolineato come della irregolarità non si era accorto neppure un ispettore ministeriale). Procedimento n. 89/87 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Reperibilità del sostituto procuratore di turno - Limiti. L’irreperibilità del sostituto di turno presso l’indirizzo telefonico indicato alla polizia giudiziaria non assume rilievo disciplinare quando risulti che l’incolpato avrebbe potuto altrimenti essere rintracciato. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che il sostituto incolpato doveva considerarsi in sostanza reperibile perché occupato a partecipare nella sua città ad una riunione, aperta e pubblicizzata, nella veste di Presidente del Tribunale per i diritti dell’ammalato). 319 Procedimento n. 62/87 - Sentenza del 12 febbraio 1988 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: diligenza - Giudice delegato al fallimento - Violazione dei doveri di vigilanza e di direzione - Illiceità disciplinare. Commette illecito disciplinare il giudice delegato che nell’ambito delle sue funzioni di direzione delle operazioni del fallimento e di vigilanza sull’opera del curatore, non si accerti dell’avvenuta formazione dell’inventario e non solleciti notizie in merito alla riscossione di somme da parte del curatore del relativo deposito, pur essendo in corso l’esercizio provvisorio. (Nella specie la Sezione ha escluso che le omissioni accertate fossero giustificate dall’asserita onerosità del complessivo carico di lavoro del giudice delegato e dalla lamentata carenza di professionalità del personale di cancelleria, sottolineando sia che il carico di lavoro documentato (le procedure fallimentari pendenti alla fine degli anni 1984, 1985, 1986 risultavano rispettivamente n. 237, 239, 278 e le procedure di esecuzione immobiliare negli stessi periodi risultavano rispettivamente n. 324, 365, 486) non era di per sé tale da escludere la possibilità di svolgere con qualche efficacia una vigilanza sistematica ad intervalli di tempo non troppo lontani fra loro; sia, e soprattutto, che la particolare situazione della procedura fallimentare in esame, per la quale era stato autorizzato l’esercizio provvisorio — situazione certamente non comune e che comunque esigeva una particolare attenzione da parte del giudice delegato — era tale da imporre uno specifico e costante dovere di vigilanza). Procedimento n. 62/87 - Sentenza del 12 febbraio 1988 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: diligenza - Omessa apposizione di sigilli in procedura fallimentare - Irrilevanza disciplinare. Non è disciplinarmente addebitabile al giudice delegato l’omessa apposizione di sigilli dal momento che siffatto adempimento è trascurato presso non pochi uffici giudiziari per una prassi ormai costante, consolidatasi a seguito della sentenza della Corte 320 costituzionale 16 luglio 1970 che ha imposto l’obbligo di disporre la comparizione dell’imprenditore prima di dichiararne il fallimento, sicché sotto certi profili, si è in parte svuotata la funzione cautelare della sigillazione. Procedimento n. 62/87 - Sentenza del 12 febbraio 1988 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: diligenza - Omessa costituzione del comitato dei creditori nella procedura fallimentare - Irrilevanza disciplinare. Non attinge la soglia dell’illecito disciplinare, pur essendo sintomatica di scarsa sollecitudine da parte del giudice delegato, l’omessa costituzione in via provvisoria del comitato dei creditori nonostante la disposta continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa. Procedimento n. 9/1988 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Prescrizione di un reato - Valutazione dell’attività complessiva dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. La prescrizione di un reato, verificatasi per effetto di un mutamento di rubrica implicante il dimezzamento dei termini di prescrizione e relativa ad un processo assegnato, dopo un quadriennio di inattività processuale, ad un nuovo g.i., non comporta responsabilità disciplinare di quest’ultimo quando ne risulti provata la laboriosità e diligenza nella sua complessiva attività lavorativa. Procedimento n. 29/88 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere, nella qualità di p.m. 321 in un procedimento incardinato presso la Corte d’assise, trasmesso due fonogrammi, con i quali la direzione del carcere informava che un detenuto in attesa di giudizio avanti detta Corte aveva dichiarato di essere minorenne, senza compiere i relativi accertamenti per i quali era ormai funzionalmente incompetente. Procedimento n. 71/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Concessione di permesso premio collettivo - Omesso controllo di una posizione giuridica ostativa - Esimente. L’omesso controllo della posizione giuridica ostativa di un detenuto richiedente un permesso premio non costituisce illecito disciplinare allorquando il giudice di sorveglianza, ricevuta dalla direzione penitenziaria una proposta di concessione di permesso collettivo, faccia affidamento sull’esattezza dei rilievi della stessa direzione operati, trascurando di reiterarli anche a causa dell’elevato numero dei detenuti destinatari del beneficio. (Nella specie la Sezione ha sottolineato che la proposta della direzione in quanto rinnovata a distanza di pochi giorni con un maggior approfondimento della posizione soggettiva di alcuni detenuti non poteva che rassicurare circa la serietà e correttezza dei controlli operati). Procedimento n. 22/88 - Sentenza del 22 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Presidente di collegio giudicante - Omesso controllo delle motivazioni delle sentenze redatte da altro giudice del collegio e contenenti frasi irriguardose o esorbitanti - Illecito disciplinare - Insussistenza - Fattispecie. Non è censurabile disciplinarmente la condotta di un presidente di collegio giudicante che, in presenza di una gran mole di lavoro, omette un approfondito controllo sulle singole motivazioni delle sentenze redatte da altro componente del collegio (nella specie si è 322 ritenuto che, prescindendo dai poteri e dai limiti di sindacabilità, da parte del presidente del collegio, delle espressioni e del lessico usato dall’estensore, non costituisce illecito disciplinare l’omesso controllo di alcune espressioni non conformi ai canoni della correttezza ma contenute in un numero irrisorio di sentenze). Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Dirigenza di un ufficio - Assenza di doti organizzative e dirigenziali - Complessità dell’ufficio - Complessivo impegno nel lavoro - Insussistenza dell’illecito. L’assenza nel magistrato dirigente di doti organizzative e capacità di direzione tali da far fronte alle disfunzioni di un ufficio di particolare complessità a causa di peculiari difficoltà ambientali e carenze di personale, non attinge a rilevanza disciplinare quando risultino comunque accertati sia l’impegno posto nell’affrontare i problemi organizzativi, ancorché con rigore di carattere ed unilateralità di concezione, sia l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo sull’operato degli addetti. (Nella specie la Sezione ha individuato fra gli indici rivelatori dell’assenza di doti dirigenziali di un grande ufficio istruzione: 1) la mancata adozione di iniziative atte a risolverne i gravi problemi organizzativi nella preesistente, difficilissima situazione di carenza degli organici; 2) il mancato ricorso ad una sostanziale ristrutturazione dell’ufficio, con la costituzione di gruppi di lavoro per materie; 3) il mancato ricorso ad una automatica predeterminazione di criteri oggettivi per l’assegnazione degli affari). Procedimento n. 55/87 - Sentenza del 17 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Compiti del dirigente l’ufficio Inosservanza - Illiceità disciplinare. Rientra nei compiti del magistrato che assume l’incarico di 323 Presidente del Tribunale la predisposizione di un piano di lavoro atto a consentire in tempi ravvicinati la graduale riduzione dell’arretrato e la eliminazione delle ragioni dei più vistosi ritardi e disfunzioni, attivando un’opera di vigile controllo e di sollecitazione di uno straordinario, ancorché contingente, impegno di lavoro con incremento del numero delle udienze settimanali, o almeno, del numero dei processi fissati per ogni udienza. Procedimento n. 29/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. L’omissione di un doveroso accertamento processuale non integra illecito disciplinare quando sia giustificato dal concorso di circostanze eccezionali. (Nella specie il presidente della sezione di Corte di assise che avrebbe dovuto giudicare un imputato dichiaratosi minorenne nel carcere ove era detenuto, aveva trascurato di disporre accertamenti in ordine a tale circostanza riferita in due fonogrammi della direzione della casa circondariale, sia perché detti fonogrammi, inseriti dal personale di cancelleria nel fascicolo degli atti correnti, non erano stati posti alla sua attenzione, sia perché il processo, da rinviare a nuovo ruolo per lo sciopero degli avvocati penalisti, non era stato da lui studiato. Procedimento n. 61/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Distribuzione degli obblighi di controllo tra i giudici del collegio penale. Sul giudice a latere di un collegio penale incombe l’obbligo di documentarsi in ordine agli elementi fondamentali della decisione da adottarsi collegialmente ed alle questioni sollevate od emerse nel corso del dibattimento, mentre incombe sul giudice-relatore l’obbligo della scrupolosa verifica degli atti processuali e dei documenti allegati. 324 (Nella specie l’incolpato, in quanto giudice a latere e non giudice relatore, è stato prosciolto dall’accusa di trascuratezza per non aver esaminato dei fonogrammi dai quali risultava la minore età di un’imputato con conseguente incompetenza funzionale del collegio). Procedimento n. 15/89 - Sentenza del 12 maggio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Omesso controllo sulla legittimità di investitura del v.p.o. - Difetto dell’elemento soggettivo - Esclusione dell’addebito. Va prosciolto il magistrato che ha richiesto l’opera di un vice pretore onorario non confermato nella carica, quando sia provata la buona fede dell’incolpato. (Nella specie la Sezione ha sottolineato che l’apparenza della legittimità di investitura del v.p.o. aveva tratto in inganno anche altro magistrato preposto alla vigilanza sull’incolpato). Procedimento n. 68/88 - Sentenza del 22 settembre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Emissione di ordine di carcerazione in esecuzione di sentenza di condanna relativa a contravvenzione ormai amnistiata - Esclusione dell’illecito disciplinare - Condizioni. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia emesso due ordini di carcerazione in esecuzione di altrettante sentenze di condanna per reati contravvenzionali estinti per sopravvenuta amnistia, quando la vicenda processuale non abbia in concreto cagionato un danno irreparabile (sotto il profilo della libertà personale) agli interessati e il fatto si sia risolto in un unico episodio sfavorevole per un magistrato laborioso e diligente. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che, essendo stati i due soggetti interessati successivamente colpiti da ulteriori ordini di carcerazione per più gravi reati, la indebita privazione della libertà poteva essere imputata a parziale espiazione delle successive 325 condanne e che l’errore compiuto doveva inquadrarsi tra le conseguenze di un preesistente grave dissesto dell’ufficio giudiziario che l’incolpato con impegno e diligenza aveva provveduto a fronteggiare e ridurre). Procedimento n. 43/88 - Sentenza del 13 ottobre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato del lavoro che omette di leggere in udienza i dispositivi delle cause previdenziali ed adotta la decisione a distanza di tempo dall’assunzione della causa e decisione. (Nella specie si è accertato che vi era stato un intervallo di mesi tra la data di assunzione della causa in decisione e quella del deposito del dispositivo). Procedimento n. 16/1989 - Sentenza del 23 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Formulazione di parere sulla richiesta di omologa di società di cui faceva parte la moglie - Fattispecie Insussistenza dell’illecito. L’aver espresso il proprio parere, nella veste di sostituto procuratore della Repubblica, sulla richiesta di omologa di una società della quale faceva parte la moglie, benché sia fatto riprovevole non costituisce illecito disciplinare ove: non risulti la prova di alcuna intenzione di trarre profitto dal compimento delle attività di istituto; sia acquisita la prova del carico di lavoro gravante sul magistrato che abbia provocato l’unica negligenza addebitatagli; non sia scaturito alcun danno per chicchessia tanto che il visto sarebbe stato comunque concesso; non abbia avuto alcuna rilevanza esterna tale da incidere negativamente sulla credibilità ed indipendenza del magistrato. 326 Procedimento n. 52/89 - Sentenza del 23 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Errori nella redazione di sentenza Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito. La commissione di errori nella redazione di una sentenza, oggettivamente idonei ad integrare l’illecito disciplinare sia per il potenziale danno alle parti interessate, sia per l’idoneità ad incidere sulla regolarità del servizio, non costituisce illecito disciplinare quando risulti frutto di negligenza o insufficiente impegno dell’incolpato, ma, piuttosto, delle condizioni di lavoro nelle quali si è trovato concretamente ad operare. Procedimento n. 28/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Redazione delle sentenze - Carenza assoluta di motivazione: sindacabilità - Limiti - Insussistenza dell’illecito per difetto di colpa. Non costituisce sindacato sulla giurisdizione ma puro e doveroso controllo della forma dei provvedimenti giurisdizionali, consentito in sede disciplinare, il rilievo sulla insussistenza della motivazione di un provvedimento emesso in grado di appello e motivato «per relationem» con riferimento alla pronuncia di primo grado, sussistendo, per il giudice del riesame, l’obbligo giuridico ed etico di ricimentarsi col merito della vicenda processuale e di esplicitare all’esterno l’iter giuridico che ha presieduto alla pronuncia onde consentire all’impugnante di controllare l’avvenuto riesame della causa e le ragioni per le quali sono state accolte o respinte le sue doglianze e di esercitare il diritto al doppio grado di giurisdizione (Nella specie non è stata ritenuta sufficientemente motivata la sentenza che si sia limitata ad un generico richiamo alla pronuncia di primo grado, sull’apodittico assunto che essa contenesse la risposta alle questioni sollevate con i motivi di appello, salvo ad accogliersi le giustificazioni addotte dall’estensore in ordine al suo gravoso carico di lavoro, alle precarie condizioni, psicofisiche patite al momento del 327 fatto addebitatogli, nonché alla abituale cura dimostrata nello stendere le sentenze). Procedimento n. 69/89 - Sentenza dell’11 maggio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Presidente del Tribunale per i minorenni - Ritardo nell’istruttoria e nella trasmissione delle proposte di conferma dei componenti privati - Inerzia del predecessore - Criteri organizzativi incongrui - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare la condotta del Presidente del Tribunale per i minorenni che, accertata l’inerzia del suo predecessore nell’attività di proposta di nomina e conferma dei componenti privati, abbia adottato criteri organizzativi incongrui e criticabili ma non ascrivibili a negligenza nell’esercizio dei suoi doveri dirigenziali (nella specie il Presidente ha ritenuto di provvedere sollecitamente alle proposte di nomina e solo successivamente a quelle di conferma). Procedimento n. 23/90 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: diligenza - Omissione della attività di vigilanza del Procuratore della Repubblica sui propri sostituti - Mancata riduzione dell’arretrato e carenza di iniziative - Mancata assegnazione di fascicoli - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, per violazione dei doveri di diligenza ed operosità, il non aver ridotto l’arretrato formatosi nell’ufficio di cui il magistrato è titolare (così come rappresentato da un’ispezione ministeriale) quando si accerti che il medesimo magistrato è entrato in servizio presso detto ufficio tre mesi prima dell’ispezione, si sia impegnato a fondo per recuperare efficienza ai servizi, razionalizzandoli, stimolando i colleghi magistrati ed il personale, e si sia sottoposto ad un notevole impegno lavorativo personale. 328 Procedimenti nn. 33 e 34/89 - Sentenza del 26 ottobre 1990 Pres. Galloni. Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nella fissazione di procedimenti penali - Scarcerazione degli imputati per decorrenza dei termini massimi di custodia preventiva - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare se la scarcerazione degli imputati per decorrenza dei termini massimi di custodia preventiva, causata dalla fissazione del dibattimento in grado di appello in data successiva alla maturazione del termine stesso, non dipenda da fatto ascrivibile a negligenza del magistrato (per altro laboriosissimo e disponibile alle esigenze dell’ufficio) incaricato della fissazione, ma dall’impossibilità di fissazione in data anteriore, per essere i ruoli di udienza già completi e per l’impossibilità di costituire ulteriori collegi rispetto a quelli già previsti. Procedimento n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: diligenza - Grave e ripetuto ritardo nell’inizio delle udienze penali e nell’esame della corrispondenza - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che: a) nell’esercizio delle funzioni di dirigente dell’ufficio, omette di provvedere con la dovuta solerzia all’esame ed allo smaltimento della corrispondenza in arrivo; b) omette di rispettare gli orari di inizio delle udienze penali. (Nel caso di specie è stato accertato che l’incolpato non esaminando tempestivamente la corrispondenza causava rallentamento nell’espletamento del lavoro e che iniziava le udienze con ritardi anche di una-due ore). 329 330 12 - DOVERI DEL GIUDICE: IMPARZIALITÀ 331 332 Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: imparzialità - Favoritismo - Illecito disciplinare Sussistenza - Fattispecie. Compromette gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato il quale, nell’esercizio delle sue funzioni di presidente di Tribunale, agisca con tanta leggerezza da far sorgere il sospetto di favoritismo, il che certamente si verifica nel caso in cui egli autorizzi un sequestro conservativo per la rilevante somma di lire trentacinque milioni, non solo inaudita altera parte, ma senza neppure assumere, contrariamente a quanto affermato nel decreto di autorizzazione, le necessarie informazioni sulla fondatezza del ricorso medesimo, presentato da un legale a cui il magistrato è legato da intimi rapporti di amicizia. Procedimento n. 61 - Sentenza del 14 marzo 1964 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: imparzialità - Affidamento di incarichi retributivi Favoritismo - Sussistenza dell’illecito. È censurabile in sede disciplinare il magistrato che, nell’affidare incarichi retribuiti, abbia accordato palese preferenza ad un solo 333 professionista, liquidando poi i relativi compensi con eccessiva larghezza, anche oltre i limiti stabiliti dalla legge. Invero tale comportamento pregiudica nella pubblica opinione il necessario prestigio di cui ogni magistrato deve godere, suscitando sospetti, anche se infondati, e malumori fra gli altri professionisti del luogo e dando luogo a sfavorevoli commenti nella pubblica opinione. Procedimento n. 112 - Sentenza del 29 aprile 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che, nell’istruzione di un procedimento di separazione personale, abbia preteso di imporre una sua personale valutazione della situazione esistente e abbia dimostrato di essere prevenuto nei confronti di una delle parti, in particolare sottoponendo il marito ad un defatigante interrogatorio protratto per numerose udienze; effettuando ripetute offerte, in udienza, di fiori alla moglie; usando, in una ordinanza, espressioni di disprezzo nei confronti di testi indotti dal marito prima ancora che gli stessi fossero escussi. Procedimento n. 221 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: imparzialità - Conferimento di incarichi giudiziali - Sindacabilità - Limiti. Non è censurabile in sede disciplinare la scelta di periti operata dal magistrato specie se essa cade su persona che sotto il profilo morale e tecnico riscuotono la sua fiducia. Procedimento n. 303 - Sentenza del 2 luglio 1974 - Pres. Bosco; Doveri del giudice: imparzialità - Uso nella motivazione di espressioni sconvenienti, non obiettive ed estranee all’economia della decisione 334 - Sussistenza dell’illecito. Doveri del giudice: imparzialità - Uso nella motivazione di espressioni sconvenienti, non obiettive ed estranee all’economia della decisione - Attribuzione del fatto ad un singolo comportamento giovanile ed impulsivo - Difetto di prova in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo - Esclusione della punibilità. Costituisce illecito disciplinare — fermo restando il principio dell’insindacabilità dell‘atto giurisdizionale, nel senso che il giudice deve essere assolutamente libero di esprimere le autentiche ragioni che pone a base dei suoi provvedimenti — introdurre nella motivazione osservazioni o considerazioni che, estranee all’economia della decisione, si traducano in espressioni, pur non oggettivamente offensive per una delle parti, tuttavia sconvenienti, in quanto la motivazione della sentenza non può contenere argomenti che non siano finalizzati alla decisione (art. 132 c.p.c.) e le dette espressioni rilevano difetto di quella misura e di quel necessario distacco cui deve essere improntato ogni provvedimento giurisdizionale. Tuttavia, la attribuzione del fatto ad un giovanile, ma singolo comportamento impulsivo dell’estensore del provvedimento, implica che il comportamento, oggettivamente censurabile, non è punibile per difetto di prova in ordine alla sussistenza dell’indispensabile elemento soggettivo. Procedimento n. 374 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: imparzialità - Svolgimento di una pubblica udienza in un clima di intimidazione per alcune delle parti e per i difensori e testimoni - Mancato intervento del giudice - Illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del giudice il quale consenta, trascurando di adottare i necessari provvedimenti repressivi, che una pubblica udienza si svolga in un clima d’intimidazione, lesivo della piena libertà morale di alcune delle parti, dei relativi difensori e dei testimoni. 335 Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: imparzialità - Affidamento di incarichi peritali a congiunti - Modalità - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare, pur se inopportuno e sconveniente, il comportamento del magistrato il quale nomini proprio collaboratore un congiunto — fratello della suocera _ affidandogli gli incarichi peritali, quando l’attribuzione degli incarichi non costituisca manifestazione palese di favoritismo e quindi lesione del principio di imparzialità o per la eccessiva frequenza degli incarichi o per la particolare preferenza nei confronti di altri professionisti ovvero per la diversità di trattamento nella liquidazione dei compensi. Procedimento n. 391 - Sentenza del 4 maggio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: imparzialità - Giudice delegato al fallimento Omesso pagamento del prezzo stabilito da parte di società acquirente di beni fallimentari, nella quale un fratello dell’incolpato ricopre la carica di sindaco - Mancata dichiarazione di decadenza dall’acquisto - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nella qualità di giudice delegato di un fallimento, ometta di dichiarare decaduta dall’acquisto di beni fallimentari una società, in cui il fratello ricopra la carica di sindaco, subito dopo aver accertato il mancato pagamento del prezzo residuo, e nonostante una esplicita richiesta rivoltagli in tal senso dal curatore, consentendo alla medesima società di restare in possesso dei beni cennati per circa due anni. Procedimento n. 40/83 - Sentenza del 28 marzo 1985 - Pres. Guizzi. 336 Doveri del giudice: imparzialità - Plurime assegnazioni di incarichi di consulenza - Assenza di favoritismi - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare una assegnazione degli incarichi peritali tale da evidenziare la preferenza dell’incolpato nei confronti di alcuni professionisti, quando a determinarla sia un forte rapporto di fiducia esistente tra il magistrato ed il professionista, restando invece escluso ogni favoritismo, questo si rilevante ai fini disciplinari. (Nella fattispecie si contestava all’incolpato con funzioni di pretore del lavoro di aver assegnato in un triennio a due professionisti rispettivamente il 43,5% ed il 33% delle consulenze mediche ed a tre professionisti rispettivamente il 33%, il 21% ed il 19% delle consulenze contabili). Procedimento n. 39/85 - Sentenza del 22 novembre 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: imparzialità - Conferimento di incarichi peritali al proprio figlio - Sussistenza dell’illecito. Il conferimento di incarichi peritali ad un congiunto costituisce illecito disciplinare perché viola il principio di imparzialità nonché la garanzia del contraddittorio nell’esplicazione di tutte le attività strumentali implicate dall’istruttoria e decisione delle cause. (Nella specie gli incarichi conferiti al figlio dell’incolpato furono sei su un totale di 22, così rappresentando il numero più alto tra quelli distribuiti tra gli altri consulenti tecnici). Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: imparzialità - Discrezionalità nell’affidamento di incarichi peritali o di consulenza - Limiti alla sindacabilità. Massima è la discrezionalità del giudice nella nomina di periti o consulenti tecnici, data la natura assolutamente fiduciaria del 337 rapporto che viene ad instaurarsi con gli stessi. Tale discrezionalità è peraltro suscettibile di sindacato quando dia luogo a gravi e rilevanti distorsioni. Procedimento n. 67/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli; Doveri del giudice: imparzialità - Nomina di periti e consulenti tecnici - Concentrazione in capo a taluni professionisti - Insussistenza dell’illecito. La nomina di periti e consulenti tecnici non può che essere motivata — in via principale — con riferimento ad una valutazione di speciale favore da parte del magistrato verso le qualità professionali dell’esperto prescelto. Ciò consente non solo di prescindere dal requisito, meramente formale, dell’inserzione in uno speciale albo, ma anche di ritenere lecita una certa concentrazione di nomine in capo a taluni professionisti, sempre che difettino elementi atti a far sorgere anche il mero dubbio che detta concentrazione sia stata ispirata a criteri diversi da quelli di una ricerca della collaborazione tecnica più affidabile. (Nella specie era contestata una concentrazione di nomine non quantificate esattamente). Procedimento n. 65/86 - Sentenza del 23 gennaio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: imparzialità - Liquidazione di compensi per perizie espletate dal proprio coniuge - Assenza di discrezionalità nella concreta determinazione della misura - Insussistenza dell’illecito. La liquidazione di compensi per quattro incarichi peritali in favore del proprio coniuge non costituisce illecito disciplinare quando in relazione alla natura dell’incarico, risulti provata l’assenza in concreto di ogni discrezionalità nella determinazione della misura dello stesso compenso. (Nella specie la Sezione ha escluso ogni trattamento preferenziale 338 nei confronti del perito coniuge dell’incolpato, avendo accertato che per gli incarichi in questione concernenti cause previdenziali, non vi erano oscillazioni nella liquidazione dei compensi operata dall’incolpata in ben 108 casi). Procedimento n. 65/86 - Sentenza del 10 luglio 1987 - Pres. Mirabelli; Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’aver conferito 17 incarichi peritali a persona con la quale, circa sei mesi dopo, è stato contratto matrimonio. Procedimenti nn. 55/86 e 58/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che viola la fondamentale regola deontologica di non apparire mai «interessato» nei processi nei quali è professionalmente impegnato. (Nella specie l’incolpato è stato ritenuto responsabile: a) di avere adottato un ordine di cattura con modalità ed in situazioni tali da far apparire stravolto a fini di ritorsione l’uso del potere istituzionale; b) di aver richiesto un proscioglimento istruttorio per insufficienza di prove di persona che stava per vendere un immobile alle proprie figlie). Procedimento n. 75/88 - Sentenza del 5 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il fatto del sostituto procuratore che, rendendo noto al denunziante vicende processuali destinate a 339 restare riservate, perché attinenti ai rapporti interni all’ufficio, dia allo stesso denunziante motivo per sospettare, o per rafforzare un eventuale pregresso sospetto che scorrettezze o parzialità abbiano trovato luogo nella trattazione del procedimento che lo interessa. Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: imparzialità - Trattamento di favore nei confronti degli imputati - Vantaggio economico tratto dal magistrato Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare, sanzionabile con la destituzione, il comportamento del magistrato che, nell’esercizio delle funzioni di procuratore della Repubblica, traendone un vantaggio economico, tiene un atteggiamento di favore nei confronti degli imputati, allo scopo di consentir loro di ottenere prima gli arresti domiciliari e successivamente la libertà provvisoria. (Nella specie l’incolpato, ricevendone vantaggi economici offerti da un terzo, in relazione alla posizione di un primo imputato aveva manifestato al giudice istruttore parere scritto negativo in punto di concessione degli arresti domiciliari accompagnandolo con parere verbale favorevole e, in relazione alla posizione di altro imputato aveva accettato la promessa di una somma di danaro per favorirne la libertà provvisoria). Procedimento n. 23/88 - Sentenza del 23 novembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: imparzialità - Affidamento di incarichi peritali a congiunti - Illecito disciplinare - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il conferimento di incarichi peritali ad un proprio affine (marito della figlia) in circostanze tali da configurare il reato di interesse privato in atti d’ufficio. Nella specie il magistrato, la cui condanna per il delitto di interesse privato in atti d’ufficio era stata annullata senza rinvio dalla 340 cassazione per essersi il reato estinto per prescrizione maturata successivamente a detta condanna, aveva affidato al genero due terzi delle perizie da lui disposte, accantonando alcuni incarichi in attesa del conseguimento da parte di questi dell’abilitazione professionale e affidando il primo incarico il giorno successivo al conseguimento, senza che sussistesse l’impossibilità o la maggiore onerosità dell’affidamento dell’incarico ad altri professionisti. Procedimento n. 67/90 - Sentenza del 21 dicembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: imparzialità - Consulenti tecnici di ufficio medico legali - Nomina di professionista non iscritto nell’albo speciale Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare la nomina a consulente tecnico di ufficio medico legale in controversia previdenziale di un professionista non iscritto nell’apposito albo. (La Sezione disciplinare nella fattispecie ha argomentato sulla base della giurisprudenza della Corte di cassazione che ha affermato il principio della non tassatività dell’obbligo di iscrizione dei medici del lavoro nello speciale albo dei consulenti tecnici, nonché del principio generale della discrezionalità del giudice nella scelta degli ausiliari). 341 342 13 - DOVERI DEL GIUDICE: OPEROSITÀ 343 344 Procedimento n. 6 - Sentenza del 10 giugno 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo delle sentenze Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri ed è censurabile in sede disciplinare il magistrato che trascuri sistematicamente il lavoro d’ufficio omettendo di depositare o depositando con notevole ritardo numerose sentenze civili e penali. Procedimento n. 22 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di sentenze penali - Sussistenza dell’illecito -Lutto in famiglia e notevole carico di lavoro - Sussistenza dell’illecito - Attenuante. È censurabile in sede disciplinare, perché contrario ai doveri del proprio ufficio, il comportamento del magistrato che depositi un rilevante numero di sentenze penali dibattimentali più di cinque mesi dopo la pronunzia. Né valgono ad escludere tale responsabilità, ma solo ad attenuare la gravità del fatto ai fini della sanzione da applicare, l’aver il magistrato sofferto un lutto in famiglia per la perdita del padre e l’aver dovuto attendere a notevole mole di lavoro. 345 Procedimento n. 28 - Sentenza del 15 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Deposito delle sentenze fuori termine Assenze e ritardi nelle udienze - Stato di salute e gravi motivi di famiglia - Non punibilità. Non è punibile, in sede disciplinare, il comportamento del magistrato che abbia omesso di segnalare e giustificare tempestivamente le sue assenze ed i suoi ritardi nel presentarsi alle udienze penali e che non abbia osservato i termini di deposito delle sentenze, quando il comportamento sia determinato dal precario stato di salute del magistrato e nel contempo da gravi motivi di famiglia (seria malattia di un figliuolo in tenera età). Procedimento n. 17 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di sentenze e altri provvedimenti - Grave malattia - Non punibilità. Non commette illecito disciplinare il magistrato il quale, anche per lunghi periodi, abbia depositato numerose sentenze ed ordinanze con notevole ritardo, quando risulti che tali manchevolezze, obiettivamente censurabili, siano da attribuire ad uno stato di grave malattia (nella specie: neoplasia) del magistrato medesimo, che deve considerarsi causa di forza maggiore. Procedimento n. 34 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di provvedimenti e sentenze - Sussistenza dell’illecito. Compromette gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario ed è censurabile in sede disciplinare il magistrato che, sistematicamente, depositi con ritardo le sentenze e gli altri provvedimenti a lui affidati, 346 dando luogo a continue lamentele e ricorsi sia delle parti che dei loro difensori, ed a proteste del Consiglio dell’ordine forense, e costringendo, inoltre, il p.m. ad appellare tutte le sentenze penali assegnate ad esso magistrato, per evitare decadenze (salva poi la eventuale rinunzia al gravame dopo l’esame della motivazione). Procedimento n. 35 - Sentenza del 14 ottobre 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Redazione di poche sentenze - Sussistenza dell’illecito. Dimostra grave negligenza nell’adempimento dei suoi doveri ed è meritevole di sanzione disciplinare il magistrato che, essendo pretore unico, rediga, nel giro di oltre un anno, appena cinque sentenze civili ed una ordinanza rispetto alle 132 cause ritenute per la decisione e definisca nello stesso periodo, solo 33 procedimenti penali. Procedimento n. 39 - Sentenza del 27 gennaio 1962 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Lutto in famiglia- Non punibilità. Il magistrato che non depositi le sentenze entro i termini fissati dalla legge, viene meno aduno dei suoi principali doveri di ufficio, sicché il ritardo di per sé costituisce infrazione disciplinare punibile ai sensi degli artt. 18 e 19 della legge sulle guarentigie della magistratura. Tuttavia, ove il ritardo sia causato da una comprovata notevole mole di lavoro espletato dal magistrato nel medesimo periodo, la violazione — già di per sé di lieve entità — non è punibile quando a determinare il ritardo concorra un serio motivo di famiglia, quale la morte di un congiunto. Procedimento n. 49 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. 347 Doveri del giudice: operosità - Rimessione sul ruolo di numerosi procedimenti civili, già assegnati a sentenza, senza giustificati motivi - Sussistenza dell’illecito. Costituisce violazione dei doveri di ufficio il comportamento del magistrato che, nella imminenza dell’inizio del periodo feriale, rimetta sul ruolo senza giustificati motivi numerosi procedimenti civili assegnati a sentenza. Ciò perché nessuna norma di legge autorizza tale procedura e perché tale comportamento comporta una lesione del prestigio dell’ordine giudiziario compromettendo la fiducia che nel medesimo ripongono i cittadini indotti a ritenere che il giudice possa avvalersi della sua posizione di preminenza rispetto alle parti e ai patrocinatori per realizzare un fine diverso da quello di giustizia mediante un espediente che solo quella preminenza rende possibile. Procedimento n. 49 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Rimessione sul ruolo di numerosi procedimenti civili, già assegnati a sentenza - Grave stato di malattia - Non punibilità. Nel caso di rimessione sul ruolo — senza valide ragioni di carattere processuale — di numerosi procedimenti civili già assegnati a sentenza, è motivo valido per escludere la punibilità del magistrato che abbia posto in essere tale comportamento il fatto che lo stesso sia affetto da una grave e comprovata forma di esaurimento e che l’espediente sia stato adottato, a seguito di suggerimento del presidente del Tribunale, nella erronea convinzione che il consiglio ricevuto rendesse legittimo tale comportamento. Procedimento n. 54 - Sentenza del 15 giugno 1963 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Sussistenza dell’illecito. 348 Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che, senza giustificato impedimento, depositi con notevole ritardo e solo a seguito di reclamo delle parti interessate, due sentenze del collegio penale da lui presieduto, l’una dopo circa 15 mesi e l’altra dopo 17 mesi dalla pronuncia. Procedimento n. 58 - Sentenza del 5 ottobre 1963 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di sentenze civili - Sussistenze dell’illecito. Viola i suoi doveri, con conseguente discredito per l’amministrazione della giustizia, il magistrato il quale depositi numerose sentenze con ritardo notevole sia in relazione alla quantità di lavoro espletato nel periodo, sia in relazione al numero complessivo delle sentenze civili redatte. (Nella specie numerose sentenze erano state depositate oltre i quattro mesi dal passaggio in decisione della causa, alcune dopo sei mesi, una dopo dieci mesi ed una dopo un anno). Procedimento n. 89 - Sentenza del 3 marzo 1965 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di ordinanze e sentenze - Anomalia del sistema nervoso - Insussistenze dell’illecito. Non è suscettibile di sanzione disciplinare il magistrato che abbia trascurato, anche per lunghi periodi, l’adempimento dei propri doveri di ufficio redigendo e depositando con notevole ritardo numerose ordinanze e sentenze, nonostante i ripetuti richiami rivoltigli dal capo dell’ufficio, quando risulti che tale inattività sia da attribuirsi in gran parte ad una anomalia del sistema nervoso che abbia provocato all’incolpato periodi di inerzia quasi totale. Procedimento n. 62 - Sentenza del 3 luglio 1965 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Ritardi e assenze nelle udienze - Sussistenza dell’illecito. 349 Commette illecito disciplinare il magistrato che oltre a non depositare le sentenze entro i termini di legge impedisce il normale funzionamento del collegio, con ritardi ed assenze ripetute nelle udienze. Procedimento n.85 - Sentenza del 5 febbraio 1966 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: operosità - Redazione di poche sentenze per scarsità di pendenze - Insussistenza dell’illecito. Non è suscettibile di sanzione disciplinare il magistrato che rediga in un semestre poche sentenze civili, se tale numero è conseguente alla scarsa pendenza di cause civili. Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: operosità - Omissione di ogni atto istruttorio per un biennio - Conseguente prescrizione del reato - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che, per negligenza, concorra a determinare la estinzione del reato per prescrizione in un procedimento a lui affidato, omettendo di compiere qualsiasi atto istruttorio per un biennio. Procedimento n. 98 - Sentenza del 20 febbraio 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di sentenze penali - Sussistenza dell’illecito - Attenuazione di responsabilità per particolari condizioni di salute e di famiglia del magistrato. Manca ai suoi doveri di ufficio il magistrato addetto ad una 350 sezione penale, il quale ometta sistematicamente di osservare, nel deposito delle sentenze relative ai processi a lui assegnati, anche in relazione a processi con imputati detenuti, fino a undici mesi. Le particolari condizioni di salute e di famiglia che abbiano contribuito a determinare il suddetto comportamento possono valere solo ad attenuare la colpa del magistrato ma non a giustificare il ritardo abituale da lui frapposto nell’adempimento dei doveri del proprio ufficio, non potendosi riscontrare in siffatte condizioni gli estremi della forza maggiore: e ciò, sia perché l’incolpato avrebbe potuto avvalersi del rimedio dell’aspettativa, sia perché la forza maggiore potrebbe essere ipotizzabile in riferimento ad un episodio determinato o al ritardo nella redazione delle sentenze di un gruppo di udienze, e non in rapporto all’espletamento di tutto il lavoro di un lungo periodo di tempo. Procedimento n. 117 - Sentenza del 15 aprile 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di sentenze civili - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare per violazione ai doveri del suo ufficio il comportamento del magistrato, titolare di una pretura con ridottissimo lavoro, che deposita con oltre dieci mesi di ritardo tre sentenze civili, in quanto il diritto del cittadino ad una giustizia rapida ed efficiente non può essere menomato da gravi mancanze di applicazione e di diligenza del magistrato. Procedimento n. 143 - Sentenza del 20 febbraio 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo delle sentenze Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un giudice che depositi la maggior parte delle sentenze civili a lui affidate oltre il termine di cui all’art. 120 disp. att. codice procedura civile in quanto 351 è un preciso dovere del magistrato tener conto, oltre che della prescrizione di legge, anche dell’interesse delle parti e della necessità di un sollecito svolgimento del lavoro giudiziario. Procedimento n. 15 - Sentenza del 24 aprile 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Limitato numero di udienze e di sentenze malgrado la notevole pendenza di affari - Sussistenza dell’illecito Mancanza del cancelliere - Attenuazione di responsabilità. Costituisce violazione dell’art. 18 in relazione all’art. 14 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, e quindi illecito disciplinare, il comportamento del magistrato il quale — per oltre due anni — tenga un numero assai limitato di udienze civili e non emetta alcuna sentenza in detta materia, nonostante la notevole pendenza di affari. Né il comportamento è giustificato dal fatto che detto magistrato, per mancanza di cancelliere, sia stato costretto a dedicare parte della sua attività a compiti diversi da quelli propri del magistrato; in questa ipotesi, peraltro, la responsabilità del magistrato deve considerarsi attenuata. Procedimento n. 145 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Deve essere rapportata al carico di lavoro dell’ufficio ed alla media del lavoro degli altri magistrati addetti all’ufficio. Ai fini disciplinari l’operosità di un magistrato deve essere valutata non in termini oggettivi ed assoluti bensì con riferimento al carico del lavoro dell’ufficio e comparativamente alla media del lavoro svolto da tutti i magistrati addetti all’ufficio medesimo. Procedimento n. 155 - Sentenza del 26 giugno 1969 - Pres. Amatucci. 352 Doveri del giudice: operosità - Presidente di sezione che per dieci mesi consecutivi non redige alcun provvedimento giurisdizionale Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’avere il magistrato, nell’esercizio delle funzioni di presidente di sezione, svolto un lavoro scarso e inadeguato alle esigenze dell’ufficio, non redigendo alcun provvedimento contenzioso o camerale per dieci mesi consecutivi: tale comportamento mal si concilia con il dovere che incombe a tutti i magistrati, anche investiti di funzioni direttive, di corrispondere alla pressante richiesta di giustizia, che non può essere fatta gravare esclusivamente sugli altri magistrati della sezione. Attraverso una costante mancanza della laboriosità, richiesta ad ogni magistrato, viene compromesso il prestigio dell’ordine giudiziario ed il fatto assume maggiore gravità quando lo scarso attaccamento ai propri doveri e la scarsa sensibilità sono dimostrate da chi dovrebbe dare il buon esempio nei confronti dei collaboratori. Procedimento n. 166 - Sentenza dell’11 dicembre 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Sporadico ritardo nel deposito delle sentenze, cagionato anche da deficienze del personale ausiliario Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito delle sentenze, se sporadico e riferibile anche a deficienze nell’organico del personale ausiliario dell’ufficio, non integra gli estremi di una violazione dei doveri del magistrato, disciplinarmente rilevante. Procedimento n. 166 - Sentenza dell’11 dicembre 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Limitato numero di sentenze redatte a seguito di scarso carico di processi assegnati - Insussistenza dell’illecito. 353 Il magistrato, il quale non svolga neanche di fatto funzioni che comportino il potere di assegnare i procedimenti o di formare i ruoli di udienza, non merita censura per il numero limitato di sentenze redatte,ove ciò dipenda esclusivamente dal minor carico di processi assegnatigli. Non potrebbe, infatti, in tal caso, scorgersi un difetto di operosità in chi non abbia avuto alcuna possibilità di autoassegnazione degli affari giudiziari. Procedimento n. 183 - Sentenza del 16 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Incremento delle pendenze degli affari presso l’ufficio - Svolgimento di normale attività - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, esercitando le funzioni giudiziarie in un ufficio nel quale, per motivi diversi, l’arretrato si sia progressivamente accresciuto, svolga un lavoro che, in condizioni normali, corrisponde a quello di un magistrato diligente. Procedimento n. 198 - Sentenza del 17 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie. Non adempie con diligenza ai suoi doveri di ufficio ed è, quindi, censurabile in sede disciplinare il magistrato che fornisca un rendimento assai scarso, per un triennio, determinando un ingiustificato aumento delle pendenze (sia trascurando la necessaria sollecitudine nella trattazione degli affari civili, sia omettendo per lunghi periodi qualsiasi attività istruttoria nei processi penali) e trascuri completamente il servizio delle tutele, ed inoltre organizzi male il funzionamento della pretura di cui è titolare non fissando alcun criterio per la ripartizione del lavoro tra i magistrati addetti. 354 Procedimento n. 198 - Sentenza del 17 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in violazione dei doveri di ufficio, per un lungo periodo abbia fornito un rendimento assai scarso e comunque inadeguato alle esigenze dell’ufficio, abbia trascurato la necessaria sollecitudine e diligenza nella trattazione degli affari, abbia organizzato male il funzionamento dell’ufficio, abbia determinato un ingiustificato aumento delle pendenze. Procedimento n. 220 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Grave ritardo nel deposito dei provvedimenti - Gravi deficienze di organico - Insussistenza dell’illecito. L’inosservanza anche di alcuni mesi dei termini fissati per il deposito delle sentenze e delle ordinanze civili non costituisce illecito disciplinare quando sia strettamente connessa ad obiettive condizioni ostative ambientali di deficienza di organico nonché alle molteplici funzioni in concreto esercitate, e quando il magistrato non si adegui e tragga spunto per trascurare i propri doveri da tale situazione, ma al contrario cerchi di superarla dando il meglio delle proprie energie. (Nella fattispecie il ritardo, dal quale peraltro non era derivata alcuna ripercussione sull’andamento del lavoro giudiziario, di tre,sei, nove, dieci mesi e, in un caso, anche di due anni nel deposito dei provvedimenti era dipeso da grave carenza dell’organico in relazione alla grande mole di lavoro sopravvenuto, mentre i magistrati incolpati avevano ricevuto un elogio scritto dal dirigente dell’ufficio proprio per la capacità e laboriosità dimostrate). Procedimento n. 220 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. 355 Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo dei provvedimenti civili -Notevole carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare nel comportamento del magistrato che trascuri l’osservanza dei termini di legge per il deposito delle sentenze e delle ordinanze in materia civile, una volta accertato che lo stesso magistrato — anziché adagiarsi su situazioni ambientali sfavorevoli — abbia cercato, nei limiti consentiti dalla mole eccessiva di lavoro e dal contestuale svolgimento di più funzioni nella stessa sede, di superare dando il meglio delle proprie energie. Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Dati risultanti dai prospetti statistici Insufficienza ai fini delle prove della mancata operosità. La responsabilità disciplinare del magistrato che per negligenza nell’adempimento dei doveri d’ufficio non può ritenersi pienamente provata soltanto dalla esibizione dei prospetti statistici del lavoro da lui svolto in quanto essi hanno riferimento alla quantità e non anche alla qualità dello stesso. Procedimento n. 229 - Sentenza del 2 febbraio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di sentenze penali - Sussistenza dell’illecito - Attenuazione di responsabilità per particolari condizioni di salute del magistrato e dei familiari. Manca ai suoi doveri di ufficio il magistrato addetto ad una sezione penale, il quale ometta sistematicamente di osservare, nel deposito delle sentenze relative ai processi a lui assegnati, il termine di cui all’art. 151 c.p.p., ritardando tale deposito fino ad oltre un anno, anche in relazione a processi con imputati detenuti. Le particolari condizioni di salute e di famiglia che abbiano contribuito 356 a determinare il suddetto comportamento possono valere solo ad attenuare la colpa del magistrato, ma non a giustificare il notevole ritardo nella redazione delle sentenze. (Nella fattispecie il magistrato su 10 sentenze relative a cause decise fra il 27 marzo 1970 e il 26 gennaio 1971 ne aveva depositata alla data del 18 marzo 1971, solo una, con 10 mesi di ritardo, e delle restanti 9 ne aveva depositata alla data dell’8 novembre 1971 solo un’altra, con un ritardo di oltre 15 mesi). Procedimento n. 201 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella istruzione dei procedimenti e nel deposito delle sentenze - Sussistenza dell’illecito - Particolari condizioni personali e familiari - Ottimi precedenti di carriera Circostanze attenuanti. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che istruisca con lentezza i procedimenti e depositi un numero di sentenze molto basso in relazione a quello delle sentenze passate in decisione. Le particolari condizioni personali e familiari e gli ottimi precedenti di carriera non possono escludere la responsabilità ma possono valere come circostanza attenuante. Procedimento n. 226 - Sentenza del 14 aprile 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Grave ritardo nel deposito delle sentenze - Grave malattia e erronea valutazione della propria capacità lavorativa - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia depositato con grave ritardo alcune sentenze e abbia preso possesso del nuovo ufficio, presso il quale era stato trasferito, senza aver depositato tutte le sentenze prese in decisione presso quello precedente, quando tale comportamento sia dovuto, alla incidenza negativa esercitata sul suo rendimento da una grave diminuzione del «visus» e da malattia di non lieve entità che lo abbia 357 colpito nel periodo in oggetto, nonché ad una erronea valutazione, nel rimettere in decisione le cause, del numero di quelle che le sue condizioni fisiche gli consentivano di definire. Procedimento n. 95 - Sentenza del 19 maggio 1972 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: operosità - Allontanamento dall’ufficio prima dell’accoglimento della domanda di congedo da parte del C.S.M. Grave malattia del padre e autorizzazione del dirigente dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che dopo la richiesta di congedo si sia allontanato dall’ufficio prima dell’accoglimento della detta richiesta da parte del Consiglio superiore della magistratura, quando tale allontanamento sia stato motivato dalle gravi condizioni di salute del padre e sia stato autorizzato dal dirigente dell’ufficio. Procedimento n. 211 - Sentenza del 2 marzo 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Deposito di sentenze con ritardo; eccessivo carico di lavoro e svolgimento di cospicuo lavoro Insussistenza - Illecito disciplinare. Non commette illecito disciplinare il magistrato Presidente di corte di assise che depositi alcune sentenze in ritardo allorché egli sia gravato da un eccessivo carico di lavoro (presidente di numerose udienze anche presso una sezione penale del tribunale; incarico di commissario aggiunto degli usi civici), abbia svolto nel complesso un cospicuo lavoro e sia stato per giunta affetto da una serie di infermità. Procedimento n. 58 - Sentenza del 4 dicembre 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Corte di appello non divisa in sezioni affidate alla direzione di un presidente - Mancata vigilanza del 358 presidente del collegio sull’osservanza dei termini per il deposito delle sentenze - Segnalazione del ritardo al primo presidenteInsussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato, presidente di un collegio di una corte di appello, non divisa in sezioni affidate a distinti presidenti, responsabili del lavoro e del suo andamento, che sia limitato a segnalare il ritardo nella redazione e nel deposito della sentenza da parte del componente del collegio da lui designato, come estensore, al primo presidente della Corte, che si sia riservato il controllo del lavoro espletato dai vari collegi con presidenti da lui di volta in volta designati. Procedimento n. 58 - Sentenza del 4 dicembre 1973 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di sentenze - Sussistenza di illecito - Attenuazione di responsabilità per particolari condizioni di salute. Commette illecito disciplinare il magistrato che non redige o deposita con un notevole ritardo le sentenze a lui affidate, nonostante ripetuti solleciti. Le particolari condizioni di salute che abbiano eventualmente contribuito a determinare il suddetto comportamento possono valere ad attenuare la colpa del magistrato, ma non a giustificare il ritardo non potendosi riscontrare in esse gli estremi della forza maggiore, sia perché il ritardo è risultato essere abituale e sia perché l’incolpato avrebbe dovuto avvalersi del rimedio della aspettativa. (Nella fattispecie il magistrato, che non aveva redatto o aveva depositato con ritardo numerose sentenze, aveva omesso di estendere una decisione per lungo tempo, sicché il deposito della medesima, previa estensione da parte di altro magistrato che aveva presieduto il collegio, era avvenuto con 34 mesi e 18 giorni di ritardo e poco prima della prescrizione dei reati nella medesima considerati). Procedimento n. 248 - Sentenza del 3 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Deposito dei provvedimenti con notevole 359 ritardo - Inagibilità della sede dell’ufficio per trasferimento Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del procuratore della Repubblica che abbia ritardato di molti mesi nell’espletamento delle istruttorie e nella formulazione delle richieste relative a procedimenti penali in corso di istruzione formale, quando tale ritardo sia obiettivamente imputabile al ritardo verificatosi in occasione del trasferimento della sede dell’ufficio, nonché al carico di lavoro dell’ufficio stesso. Procedimento n. 261 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di una sentenza Ricorso di particolari circostanze - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di una sola sentenza, se risultino accertati, oltre la unicità del fatto, la non gravità del ritardo (60 giorni), l’assenza di conseguenze dannose per le parti, le non perfette condizioni di salute dell’incolpato, il proficuo e discreto lavoro concomitante, la diligente ed accurata motivazione della sentenza. Procedimento n. 98 - Sentenza dell’8 giugno 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Organizzazione dei servizi e deposito tempestivo delle sentenze - Valutazione dell’operosità con riferimento al carico di lavoro dell’ufficio e alla media del lavoro svolto nello stesso - Insussistenza dell’illecito. Tra i doveri del giudice sono da annoverare, in primo luogo, quelli della diligenza e dell’operosità. La violazione di essi, quando rende il magistrato immeritevole della fiducia e della stima di cui deve godere, ovvero quando compromette il prestigio dell’ordine giudiziario, costituisce illecito disciplinare. In tale prospettiva, il dirigente deve dimostrare impegno sia nel sovraintendere ai vari 360 servizi che gli sono commessi dalla legge e dall’ordinamento, sia nel redigere i provvedimenti giurisdizionali (vedi dec. 14 marzo 1964) e gli scarsi risultati dell’attività di direzione, vigilanza e organizzazione di un tribunale possono trovare giustificazione solo quando siano, in prevalenza, da attribuirsi alle condizioni di salute del magistrato (ved. dec. 11 dicembre 1969), ovvero alla sua scarsa attitudine dirigenziale (ved. dec. cit. 14 marzo 1964). A loro volta, i giudici mancano ai propri doveri e sono censurabili in sede disciplinare, quando depositino sistematicamente con notevole ritardo le sentenze (ved. dec. 10 giugno 1961, 7 ottobre 1961, 15 giugno 1963, 20 febbraio 1967, 15 aprile 1967, 20 febbraio 1969) ritenendosi notevole quel ritardo che ammonti a 6, 10, 12,15, 17 mesi. Va peraltro ritenuto che ai fini disciplinari l’operosità di un magistrato deve essere valutata non in termini oggettivi ed assoluti, bensì con riferimento al carico del lavoro dell’ufficio e comparativamente alla media del lavoro svolto da tutti i magistrati addetti all’ufficio medesimo (ved. dec. 12 giugno 1969). Procedimento n. 65 - Sentenza del 25 giugno 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di una sentenza Ricorso di motivi di salute - Insussistenza della prova della colpa. Non può ritenersi raggiunta la prova della negligenza e quindi della colpa del magistrato, se l’addebitato ritardo nella redazione e nel deposito di un provvedimento giurisdizionale, non appare riconducibile ad incuria o trascuratezza dei doveri del proprio ufficio, ma ad una comprovata ragione di salute che può avere influito sulla efficienza lavorativa del magistrato, dotato, peraltro di cultura e preparazione tecnica (il provvedimento di cui alla contestazione aveva una motivazione diffusa e approfondita) e dimostratosi, in altri periodi, di peculiare operosità, unita a zelo e a diligenza economiabili. Procedimento n. 320 - Sentenza del 18 dicembre 1974 - Pres. Bosco. 361 Doveri del giudice: operosità - Grave ritardo nell’espletamento di un’istruttoria sommaria - Conseguenze lesive delle aspettative della parte civile in relazione all’intervenuta prescrizione del reato Sussistenza dell’illecito. Manca ai doveri del proprio ufficio e commette, pertanto, illecito disciplinare il sostituto procuratore che, delegato per una sommaria istruzione a soli quattordici giorni dal fatto, si limita, nei quattro anni successivi, a delegare ai pretori del circondario il compimento di atti istruttori relativi all’audizione di alcuni testi, lasciando decorrere inutilmente, tra l’una e l’altra rogatoria, periodi di non lieve durata e che protrae la sua inerzia, dopo l’espletamento dell’ultima rogatoria, per altri dieci mesi, fino alla richiesta della formale istruttoria, specie se gli effetti di tale negligente condotta, per l’intervenuta prescrizione del reato, hanno avuto conseguenze lesive delle legittime aspettative della parte civile. Procedimento n. 320 - Sentenza del 18 dicembre 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Omissione di attività istruttoria Conseguente prescrizione del reato- Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore della Repubblica che, per quasi quattro anni, anziché compiere personalmente atti istruttori, deleghi per essi i pretori del circondario, e determini così l’estinzione per prescrizione del reato. Procedimento n. 331 - Sentenza del 1 luglio 1975 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria Conseguente prescrizione del reato- Gravosità del carico di lavoro svolto con lodevole impegno - Esclusione dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere ritardato nell’attività istruttoria relativa ad un reato, con conseguente prescrizione del medesimo, ove si tratti di un episodio isolato nel quadro di un’attività 362 lodevole per solerzia, continuità, diligenza ed impegno, tale da lasciare, per la gravosità del carico di lavoro, margini molto esigui di tempo. Procedimento n. 340 - Sentenza dell’11 novembre 1975- Pres. Bosco. Doveri del giudice: operosità - Scarso rendimento dovuto alle esigenze di inserimento in un nuovo ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che in oltre sei mesi abbia redatto solo 5 sentenze civili e 16 ordinanze, pur avendo ritenuto in decisione nello stesso periodo 55 cause civili, qualora il ritardo sia ascrivibile a problemi di carattere organizzativo dovuti all’inserimento. Procedimento n. 378 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - P.M.- Tardiva definizione di istruttoria penale - P.M. - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare. Il ritardo nella definizione di una istruttoria penale non costituisce di per sé illecito disciplinare dovendo tale comportamento essere valutato anche in relazione all’impegno complessivamente posto nell’espletamento dell’istruttoria con riferimento alla generale e specifica realtà giudiziaria ed al carico di lavoro dell’ufficio alla ripresa delle ferie. Procedimento n. 384 - Sentenza del 4 maggio 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Deposito tardivo di sentenze civili Ricorrenza di cause di giustificazione- Insussistenza dell’illecito disciplinare. 363 Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che depositi con notevole ritardo numerose sentenze civili allorquando ricorrano valide cause di giustificazioni, quali l’espletamento del carico di lavoro notevolmente superiore a quella dei colleghi, nonché lo stato di malattia (manifestazioni artrosiche) idonee ad incidere negativamente sulla puntualità del rendimento per le inevitabili pause di lavoro in concomitanza della fase di acutizzazione morbosa. Procedimento n. 343 - Sentenza del 6 maggio 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Deposito tardivo di sentenze civili Espletamento di rogatorie penali con ritardo - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che deposita con carattere di sistematicità e globalità numerose sentenze civili in ritardo ed espleta, altresì, con ritardo numerose rogatorie penali. Procedimento n. 346 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale depositi con ritardo, in un determinato periodo, le minute delle sentenze civili allorquando ricorrano valide cause di giustificazione, quali la mole e la qualità di lavoro svolto, la privazione della necessaria tranquillità e la riduzione in modo obiettivo delle possibilità di lavoro per l’alterazione dell’equilibrio familiare dipendente da serie ragioni di salute (vari interventi chirurgici per incidente d’auto) del coniuge. 364 Procedimento n. 349 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Prova del fatto e della responsabilità - Incertezza - Formula assolutoria - Insufficienza di prove. Nell’ipotesi di ritardo nel deposito delle sentenze, il carico e le modalità di lavoro (presidenza di collegi penali, mansioni di giudice a latere in corte d’assise) e la scarsa attendibilità della esattezza di dati della cancelleria determinano incertezza sulla consistenza e la rilevanza dell’addebito sicché deve adottarsi la formula assolutoria dubitativa. Procedimento n. 350 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Deposito tardivo di sentenza penale Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che depositi con ritardo di sette mesi una sentenza da lui emessa come presidente di Corte d’assise allorquando ricorrano valide cause di giustificazione, quali una sindrome psico-astenica transitoria determinata da ragione di malattia del magistrato e della di lui moglie, dall’epidemia colerica nella zona e dal tramutamento di funzioni, nonché la normale laboriosità e puntualità dell’incolpato, sicché il tardivo deposito si pone come espressione di un comportamento circoscritto nel tempo e non imputabile a negligenza. Procedimento n. 370 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Mancato espletamento di atto istruttorio con conseguente prescrizione di reato - Cause di giustificazione Insussistenza dell’illecito disciplinare. 365 Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nell’espletamento di attività istruttoria, abbia dato causa alla prescrizione del reato, allorquando ricorrono particolari cause di giustificazione, quali, da un lato, la situazione generale dell’ufficio ed, in particolare, il rilevante carico di lavoro assegnato all’incolpato e, dall’altro, la sua accertata laboriosità e l’impegno dimostrato nel vano tentativo di evitare la prescrizione. Procedimento n. 359 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze. Insorgenza di malattia fisio-psichica - Mancanza dell’elemento internazionale - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non commette illecito disciplinare, per carenza dell’elemento intenzionale, il magistrato che, sistematicamente, nel corso di circa dieci mesi, depositi con ritardo le minute delle sentenze civili, nonostante ripetuti solleciti, dopo una normale ed apprezzata attività, in coincidenza dell’insorgere di «sindrome nevroticodepressiva». Procedimento n. 385 - Sentenza del 18 novembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Omesso espletamento di istruttoria in procedimenti penale - Ricorrenza di causa di giustificazione Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che trattenga nel suo ufficio per quattro anni un procedimento senza espletare alcun atto istruttorio, trasmettendolo quindi per competenza al pretore quando già si è verificata la prescrizione del reato, allorquando vi è la ricorrenza di valide cause di giustificazione, quali la produttività dell’incolpato superiore a quelle dei colleghi dell’ufficio, le gravose e varie incombenze dell’ufficio, necessariamente graduabili in relazione all’urgenza ed alla 366 gravità dei processi, le deficienze strutturali e di personale dell’ufficio, la successiva derubricazione del reato denunziato. Procedimento n. 380 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Ritardo sistematico nel deposito delle sentenze - Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che provveda con ritardo al deposito di numerose sentenze, allorquando ricorrano valide cause di giustificazione, quali le condizioni di famiglia e di salute del magistrato, le gravi deficienze di organico, lo svolgimento da parte dell’incolpato di un’attività da considerarsi normale in rifermento alla qualità ed alla quantità del lavoro prestato ed alla media del lavoro svolto dai colleghi ed, altresì, la esemplare diligenza nel motivare ampiamente le decisioni e la assiduità in ufficio, anche in momenti di particolare difficoltà. Procedimento n. 400 - Sentenza del 24 febbraio 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Omessa evasione di procedimenti penali - Mancata formulazione di richieste o requisitorie al giudice istruttore - Omesso espletamento di rogatorie - Ricorrenza di particolari condizioni - Esclusione dell’illecito disciplinare. Non configura illecito disciplinare il comportamento del magistrato che lasci inevasi numerosi procedimenti penali iniziati da più anni, trattenga per molti anni numerosi procedimenti, trasmessigli dal giudice istruttore senza formulare richiesta o requisitoria, trattenga per oltre un anno, senza evaderli, procedimenti in rogatoria, allorquando concorrono particolari cause di giustificazione e cioè da un lato la carenza di organico dell’ufficio, aggravata da un notevole ruolo di lavoro, dall’altro, la laboriosità e la normale diligenza del magistrato. 367 Procedimento n. 402 - Sentenza del 21 aprile 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze e di ordinanze - Cause di giustificazione - Illecito disciplinare Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il tardivo deposito di sentenze ed ordinanze allorquando vi è concorrenza di valide cause di giustificazione, quali l’eccezionalità e l’episodicità dei ritardi, gravi ragioni di salute del magistrato, che hanno rallentato il ritmo del lavoro, una pesante situazione familiare dovuta a lunga malattia del coniuge ed a penose vicende coniugali di figli, la naturale onerosità del lavoro, il particolare impegno richiesto dalle questioni decise con i provvedimenti emessi in ritardo. Procedimento n. 389 - Sentenza del 5 maggio 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Tardivo deposito di sentenze civili Ricorrenza di cause di giustificazione gravi ed eccezionali Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che depositi con notevole ritardo numerose sentenze civili allorquando ricorrano valide cause di giustificazione, quali la grave e lunga malattia del figlio, poi deceduto, bisognoso di assistenza, particolarmente notturna, con conseguente alterazione dell’equilibrio di vita individuale e familiare; condizioni fisiche e psichiche del magistrato deteriorate anche per sua affezione patologica; il contemporaneo espletamento di una mole di lavoro pressoché corrispondente alla media dei magistrati dello stesso ufficio; la mancanza nel dirigente e nei colleghi di ufficio di forme di opportuna redistribuzione del lavoro, almeno nel periodo di maggior disagio del magistrato. Procedimento n. 364 - Sentenza del 14 luglio 1978 - Pres. Bachelet. 368 Doveri del giudice: operosità - Macroscopico ritardo nella trattazione dell’istruttoria con conseguente prescrizione di reati - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, ritardando la trattazione di due istruttorie penali, determina con la sua inerzia la prescrizione di reati. Procedimento n. 377 - Sentenza del 30 settembre 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Tardiva definizione di procedimento penale - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, a sei anni di distanza dalla data di commissione del reato, non definisce un procedimento penale per lesioni colpose gravissime, nonostante ripetute istanze delle parti lese (nei successivi gradi del giudizio è sopravvenuta la prescrizione del reato). Procedimento n. 364 - Sentenza del 14 luglio 1978 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Tardivo deposito di sentenze civili e penali - Ritardo nell’emanazione di provvedimenti nelle procedure esecutive immobiliari - Difetto di controllo delle attività dei curatori fallimentari - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che depositi con ritardo in più anni numerose sentenze civili e penali, ritardi l’emanazione dei provvedimenti nelle procedure esecutive immobiliari determinandone l’aumento delle pendenze — nonostante la diminuzione delle sopravvenienze — ometta il controllo dell’attività dei curatori quale giudice delegato ai fallimenti. 369 Procedimento n. 416 - Sentenza del 20 luglio 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Mancato espletamento di attività istruttoria con conseguente prescrizione di reato - Cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non configura illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta l’espletamento di attività istruttorie con conseguente prescrizione di un reato allorquando concorrono particolari cause di giustificazioni, quali le condizioni ed il carico di lavoro (organico dei magistrati scoperto di un terzo, mancanza di ausiliari), la laboriosità del magistrato, l’imprevedibile derubricazione del reato in ipotesi meno grave. Procedimento n. 416 - Sentenza del 7 dicembre 1979 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Mancato espletamento di attività istruttoria con conseguente prescrizione di reato - Cause di giustificazione- Prova insufficiente - Assoluzione con formula dubitativa. Il magistrato che, nella qualità di giudice istruttore penale non compia, per lungo periodo di tempo, alcun atto processuale, provocando, nei gradi successivi, la prescrizione del rato, deve essere assolto con formula dubitativa, qualora sussista il serio dubbio che una grave malattia accertata in epoca successiva (adenocarcinoma papillare della tiroide) fosse già insorta nel periodo di tempo in cui venne posto in essere il comportamento negligente oggetto del procedimento disciplinare. Procedimento n. 426 - Sentenza del 25 gennaio 1980 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Tardiva definizione dei procedimenti per espletamento di attività istruttoria senza la necessaria tempestività - Ricorrenza di particolari condizioni - Insussistenza dell’addebito. 370 Non configura illecito disciplinare il comportamento del magistrato che determini gravi ritardi nella definizione delle istruttorie a lui affidate svolgendo l’attività istruttoria senza la necessaria tempestività allorquando l’eccessiva lentezza nell’espletamento del lavoro giudiziario sia stata la conseguenza dell’inesperienza iniziale di fronte al peso di un numero rilevante di processi e delle più svariate incombenze. Procedimento n. 417 - Sentenza del 12 febbraio 1980 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Deposito di sentenze civili con sistematico e non giustificabile ritardo - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che deposita numerose sentenze civili con sistematico e non giustificabile ritardo; Procedimento n. 419 - Sentenza dell’8 febbraio 1980 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: operosità - Giudice istruttore - Definizione non tempestiva di istruttoria penale per tardiva contestazione del reato con conseguente prescrizione dello stesso - Accidentalità ed unicità del comportamento - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che in un quadro di attività lodevole, continuativa e diligente, specie se confrontata con il carico di lavoro dell’ufficio (di istruzione penale) a lui affidato ed alla sostanziale mancanza di aiuto da parte di altri magistrati, ometta di definire con la necessaria tempestività una istruttoria penale, ritardando di provvedere alla contestazione del reato che conseguentemente cade in prescrizione. Procedimento n. 425 - Sentenza del 23 maggio 1980 - Pres. Zilletti. 371 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Ricorrenza di particolari circostanze - Insussistenza dell’illecito disciplinare; Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale, in precedenza capace, laborioso e diligente per complicanze successive ad intervento operatorio, e per il conseguente stato di prostrazione fisio-psichica, depositi in ritardo numerose sentenze civili a lui affidate per la redazione. Procedimento n. 433 - Sentenza del 20 giugno 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Riconoscenza di particolari circostanze - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare, mancando il requisito della sistematicità, il comportamento del magistrato che, oberato di notevole mole di lavoro anche per la molteplicità degli incarichi espletati, in condizioni di salute menomate, depositi, con notevole ritardo, di alcuni anni, sentenze civili a lui affidate per la redazione. Procedimento n. 15/80 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di numerose sentenze civili e penali - Sistematicità del comportamento - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che sistematicamente e per un congruo periodo di tempo depositi con ritardo sentenze civili e penali. Procedimento n. 434 - Sentenza del 31 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. 372 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Ricorrenza di particolari circostanze - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, esemplare per preparazione, puntualità ed operosità, durante un breve periodo di stanchezza depositi con ritardo alcune sentenze civili senza che ciò abbia determinato riflessi negativi esterni (lagnanze da parte dell’ambiente forense). Procedimento n. 435 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Omissione di deposito di provvedimenti in processi civili ritenuti in decisione - Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che depositi con notevole ritardo sentenze civili ed ometta di depositare i provvedimenti relativi a processi civili ritenuti in decisione nel corso del precedente triennio. Procedimento n. 431 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres. Zilletti. Doveri del giudice: operosità - Attribuzione ai difensori dell’incarico di redigere le motivazioni delle sentenze in materia di cessazione degli effetti civili del matrimonio - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del presidente del Tribunale che affidi ai difensori delle parti la redazione della parte motiva delle sentenze in materia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sulla base di schemi predisposti dallo stesso magistrato; Procedimento n. 32/81 - Decisione del 23 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. 373 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Ricorso di motivi di salute - Espletamento di altri incarichi - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze civili quando non sia riconducibile ad incuria o trascuratezza dei doveri d’ufficio, ma a comprovate ragioni di salute ed all’espletamento di vari incarichi quali la cura delle esecuzioni immobiliari, e sempre che la complessiva produttività del magistrato non risulti carente, sicché il ritardo debba ricollegarsi piuttosto a disorganizzazione del lavoro che ad inoperosità. Procedimento n. 33/81 - Sentenza del 23 ottobre 1981- Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Complessivo aumento della produttività - Grave malattia del padre dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze quando non sia riconducibile ad incuria o trascuratezza dei doveri d’ufficio, ma ad una mera disorganizzazione del lavoro peraltro concomitante con un complessivo aumento della produttività ed al concorrere di una grave malattia del padre dell’incolpato. Procedimento n. 26/81 - Sentenza del 13 novembre 1981 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria Conseguente prescrizione di reati - Gravosità del carico di lavoro e dell’arretrato - Particolare impegno di lavoro - Esclusione dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere il magistrato, a fronte di un pesante arretrato di lavoro ed in una situazione di organico fortemente carente anche a livello di segreteria, privilegiato i nuovi 374 procedimenti rispetto alle denunce più risalenti per le quali riteneva spenti o irrimediabilmente persi gli elementi di prova, con ciò causando l’estinzione per prescrizione di non pochi procedimenti, allorché risulti un suo particolare impegno di lavoro complessivo. Procedimento n. 284/422 - Sentenza dell’11 dicembre 1981 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie costituente illecito disciplinare. Multiformi ed univochi manifestazioni di disordine e trascuratezza nel lavoro, incuranza degli interessi delle parti e del loro diritto ad ottenere la decisione delle cause, omessa considerazione del diritto del pubblico ministero in ordine alla impugnazione delle sentenze penali, rifiuto di sottostare al potere di vigilanza costituiscono gravi irregolarità meritevoli di sanzioni disciplinari specie se, tenuto conto delle statistiche di lavoro svolto dall’incolpato prive di particolarità positive, non sia dato spiegarle con un eccessivo onere lavorativo. Procedimento n. 37/81 - Sentenza del 22 gennaio 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Contestuale svolgimento di altri gravosi incarichi - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito delle sentenze che riguardi una ridotta percentuale di quelle stese e che sia massimo per una trascurabile parte di queste, non costituisce illecito disciplinare quando l’incolpato abbia contestualmente svolto numerosi altri gravosi incarichi quali: la sostituzione del Presidente capo anche in periodo di vacanza della sede protrattasi per più di un anno; l’assegnazione alla sezione fallimentare e alle commissioni tributarie; l’attività di camera di consiglio e l’organizzazione e conduzione della sezione lavoro di nuova istituzione. 375 Procedimento n. 43/81 - Sentenza del 29 gennaio 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Valutazione dell’operosità - Insussistenza dell’illecito. Ai fini disciplinari l’operosità deve essere valutata non in termini oggettivi e assoluti bensì con riferimento al carico di lavoro e comparativamente alla media del lavoro svolto da tutti i magistrati addetti allo stesso ufficio. Procedimento n. 62/81 - Sentenza dell’11 giugno 1982 - Pres. Galasso; Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di un numero limitato di sentenze - Insussistenza dell’illecito. Il ritardato deposito di tredici sentenze da parte di magistrato sempre laborioso e puntuale, quando non sia né volontario né colpevole, costituisce un fatto che per la sua eccezionalità non integra illecito disciplinare. Procedimento n. 30/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Carico di lavoro svolto - Sussistenza dell’illecito. Il carico di lavoro svolto dal magistrato, da valutare tenendo conto dei generali criteri comparativi e dello specifico lavoro assegnatogli, è insufficiente ai fini disciplinari quando la soglia dell’attività lavorativa dell’incolpato sia al di sotto di quella minima richiesta, nelle condizioni date, ad un magistrato che usi l’ordinaria diligenza nell’esercizio della propria funzione. 376 Procedimento n. 30/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Assenteismo - Certificazione medica giustificativa - Sussistenza dell’illecito. La semplice presentazione di certificazione medica non esclude la responsabilità disciplinare, quando dall’insieme delle assenze e dalle circostanze concrete che le accompagnano appare evidente la pretestuosità delle ragioni di salute addotte, tanto più se è lo stesso incolpato ad ammettere la propria disaffezione al lavoro nel periodo in contestazione. Procedimento n. 18/82 - Sentenza del 19 novembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Notevole carico di lavoro svolto - Peculiari situazioni personali dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze se determinato non da colpevole negligenza, ma dal notevole carico di lavoro affidatogli e da precarie condizioni di salute dell’incolpato e del suo coniuge, non è censurabile disciplinarmente. Procedimento n. 28/82 - Sentenza del 26 novembre 1982 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella formulazione di richieste istruttorie - Lunga stasi processuale - Concreto impedimento allo svolgimento di indagini istruttorie - Negligenze censurabili disciplinarmente. L’inerzia nella formulazione di richieste istruttorie, protrattasi per quasi tre anni, e per di più relativa ad un processo che per le circolanti voci di coinvolgimento di figli di autorità locali avrebbe 377 imposto una maggiore diligenza al fine di fugare i sospetti su intendimenti di insabbiamento e di sviamento delle indagini costituisce grave violazione disciplinare. Tale inerzia che di fatto si traduce in impedimento dell’attività istruttoria non trova giustificazioni: né nell’intento di attendere la scoperta di nuovi elementi, giacché l’attesa miracolistica di accadimenti è situazione estranea alla logica ed al processo, al quale giova certamente di più la ricerca accurata e puntigliosa di elementi che possono scoprire situazioni quanto meno di sospetto; né nell’intento di evitare contrasti con l’ufficio istruzione seguendo un’opinione in tal senso espressa dal procuratore generale, giacché l’opinione di un procuratore generale non può indirizzare il comportamento di un procuratore della Repubblica, risolvendosi l’unità dell’ufficio nell’ambito della sola procura della Repubblica con posizione esclusivamente di controllo del procuratore generale; né nella mancata verificazione di un danno per il ritardo per essersi conclusivamente affermata la valutazione processuale sostenuta dall’accusa, giacché questa valutazione ex post non era prevedibile in anticipo, così come non è dato prevedere quali risultati sarebbero emersi da una indagine complessivamente sollecita ed efficiente. Procedimento n. 24/82 - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Onerosità del carico di lavoro complessivo - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di sentenze giustificato da un carico di lavoro imponente. Procedimento n. 24/82 - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Laboriosità complessiva - Insussistenza dell’illecito. 378 Nessun addebito disciplinare può muoversi al magistrato per il ritardo nel deposito di sentenze quando lo stesso ritardo, per la complessiva laboriosità dell’incolpato, non sia riconducibile a sua colpevole negligenza. Procedimenti nn. 42 e 47/81 - Sentenza del 14 gennaio 1983 Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Lavoro complessivo intenso e produttivo - Insussistenza dell’illecito. Di per sé il solo ritardo nel deposito delle sentenze non costituisce illecito disciplinare, sempre che le altre risultanze del lavoro, obiettivamente apprezzabili in assoluto e comparabili con il carico sopravvenuto, siano tali da far concludere favorevolmente per l’incolpato. Procedimento n. 27/82 - Sentenza del 25 febbraio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Lavoro complessivo largamente soddisfacente - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di sentenze da parte di magistrato onerato da un notevole carico complessivo di lavoro al quale ha fatto fronte in misura largamente soddisfacente. Procedimento n. 45/81 - Sentenza dell’11 marzo 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Criteri valutati. L’attività lavorativa del magistrato va apprezzata con riferimento ai procedimenti trattati e non a quelli pervenuti all’ufficio; non può pertanto affermarsi che l’aumento di produttività, ma va ribadita 379 l’esigenza di trattare con assoluta precedenza e massimo impegno quei procedimenti sopravvenuti che lo esigono per la loro particolare gravità. Procedimento n. 10/81 - Sentenza del 25 marzo 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Prescrizioni di reati - Valutazione dell’attività complessiva dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Ai fini disciplinari i procedimenti penali prescritti non presentano una rilevanza autonoma, ma devono essere valutati nel quadro dell’attività complessiva del magistrato. Non sussiste l’illecito quando detta attività fornisca adeguata giustificazione del perché si siano verificate le pronunce di prescrizione, evidenziando altresì un rendimento dell’incolpato sicuramente conforme a quello medio dei colleghi ed una qualità del lavoro tale da arricchire il puro dato statistico. Procedimento n. 42/82 - Sentenza dell’8 aprile 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Il pretore che nell’arco di tre anni ha tenuto 26 udienze civili (a fronte delle quattro mensili previste in calendario) con una resa di 43 sentenze complessive e 8 udienze penali (a fronte delle due mensili previste in calendario) con la pronuncia di novantanove sentenze complessive, commette illecito disciplinare anche se l’ufficio ricoperto si caratterizza per un carico di lavoro non eccessivo. Procedimento n. 46/81 - Sentenza del 29 aprile 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reati - Carico di lavoro notevole - Insussistenza dell’illecito. 380 I fatti di prescrizione del reato vanno considerati nel quadro complessivo del lavoro svolto dall’incolpato e delle condizioni di espletamento del lavoro medesimo. non sussiste illecito disciplinare — in mancanza di singoli procedimenti relativi a reati di tale gravità e rilevanza da giustificare comunque un addebito di negligenza nel caso di prescrizione — quando risulti di notevole mole il lavoro complessivo svolto e di rilevante carenza la situazione dei servizi di cancelleria. Procedimento n. 12/83 - Sentenza del 15 luglio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Consistente mole di lavoro complessivo svolto - Precarie condizioni fisiche dell’incolpato - Deficienze strutturali dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di sentenze quando sia giustificabile in ragione della mole di lavoro complessivamente svolto dall’incolpato in condizioni fisiche personali non favorevoli, a causa di grave infermità, e nell’ambito di un ufficio in seria difficoltà per carenze di organico. Procedimento n. 14/82 - Sentenza del 16 dicembre 1983 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Definizione di un numero minimo di processi da parte di un giudice istruttore penale - Causa di giustificazione. Il magistrato investito delle funzioni di giudice istruttore penale il quale abbia ingiustificatamente definito un numero minimo di processi penali, omettendo di trattare anche procedimenti per reati di modesta entità facilmente esauribili, è scriminato dall’aver versato in condizioni di salute tali (stato depressivo) da ingegnere un circuito senza soluzione tra la visione esagerata delle proprie responsabilità e l’insorgere o l’accrescersi del processo depressivo che si 381 ingigantisce con il permanere dell’assunzione delle responsabilità medesime. Procedimento n. 4/83 - Sentenza del 16 marzo 1984 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Esimente. La negligente trattazione di un procedimento penale per reato non particolarmente grave che provochi la prescrizione dello stesso non assume rilievo disciplinare quando sia giustificato dal notevole lavoro complessivo dell’incolpato, versante per di più in precarie condizioni di salute ed in una delicata situazione familiare sfociata nella cessazione di convivenza con gli stretti congiunti. Procedimento n. 11/80 e 6/83 - Sentenza del 25 maggio 1984 Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Sussistenza all’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato addetto ad un ufficio di Pretura che nell’arco di sei mesi emetta soltanto 32 sentenze penali, 24 civili e sei decreti penali, limitando la sua presenza in ufficio dalle ore 9,30 alle ore 12,30. Procedimento n. 10/84 - Sentenza del 28 settembre 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di numerose sentenze civili - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di numerose sentenze civili talmente consistente da non essere giustificabile neppure con un servizio discontinuo della cancelleria scarsamente incidente sull’attività di redazione delle sentenze civili. 382 Procedimento n. 23/84 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenza Onerosità del lavoro complessivo - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Il ritardo nel deposito di sentenze civili, che non risulti abbia dato luogo a lagnanze, può considerarsi giustificato quando l’incolpato abbia svolto un lavoro complessivamente notevole. Procedimento n. 49/83 - Sentenza del 16 novembre 1984 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Onerosità complessiva del carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di numerose sentenze civili quando non sia dovuto a negligenza o trascuratezza, ma sia giustificato da un onere complessivo rilevante del lavoro giudiziario. Procedimento n. 1/84 - Sentenza dell’8 febbraio 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza dell’illecito. Quando per la pluralità dei ritardi e per la loro consistenza temporale può ritenersi che l’incolpato abbia elevato a metodo di lavoro l’irregolare differimento del deposito delle sentenze, non può ritenersi valida giustificazione l’elevato indice di laboriosità dello stesso magistrato. Procedimento n. 8/84 - Sentenza del 15 febbraio 1985 - Pres. Guizzi. 383 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause di giustificazione. Il ritardo nel deposito di tutte le sentenze assegnate al magistrato non è disciplinarmente rilevante quando il numero complessivo delle sentenze redatte sia nella media e comunque vicino a quello dei colleghi di sezione, e quando il magistrato, giovane d’età e di anzianità di servizio, oltre a dover superare difficoltà di inserimento nell’ambiente di lavoro in sede assai distante da quella nella quale ha lungo vissuto, ha anche sofferto grave turbamento a seguito della tragica morte di un fratello,dovendosi altresì tener conto che l’attendibilità di tali giustificazioni è dimostrata dal progressivo miglioramento nel rendimento successivo dello stesso magistrato. Procedimenti n. 27/84 - Sentenza del 15 febbraio 1985. - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Inerzia biennale nell’attività istruttoria - Notevole carico complessivo del lavoro - Impegno particolare dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’aver omesso di compiere per circa due anni un qualsiasi atto istruttorio in un procedimento penale quando al magistrato sia stato affidato, oltre all’istruzione dei processi penali, un apprezzabile carico di processi civili e penali ed il lavoro complessivo svolto risulta essere stato non indifferente nel periodo in cui l’omissione addebitata si sia verificata. Procedimento n. 32/84 - Sentenza del 22 febbraio 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause assegnate in decisione nell’imminenza di un periodo di assenza dal lavoro - Neutralità di tale periodo rispetto ai termini di deposito. Il periodo di assenza giustificata dal lavoro non può essere scomputato rispetto al periodo di ritardo nel deposito di sentenze 384 per cause assegnate in decisione in tempo prossimo all’assenza stessa: dovrebbe altrimenti giungersi alla conclusione che il tempo trascorso in congedo straordinario e in aspettativa per motivi di salute sospenda i termini prescritti per il deposito delle sentenze, il che non è ammissibile. Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Insussistenza della prospettata causa di giustificazione. La pendenza di un procedimento disciplinare, peraltro non particolarmente grave e complesso, può giustificare un’assenza di qualche giorno o una momentanea inadempienza ai doveri di ufficio, ma non ritardi gravi e per un periodo di tempo abbastanza ampio, nell’assolvimento di un obbligo fondamentale per la amministrazione della giustizia e per la tutela dell’interesse dei cittadini imputati, qual è quello del puntuale deposito delle sentenze. Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Sollecito del dirigente preposto alla vigilanza - Mancata risposta Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze può ritenersi aggravato sul piano disciplinare quando il magistrato non provvede a porvi rimedio nonostante il sollecito del dirigente dell’ufficio cui spetta il compito della vigilanza, ma non è passibile di autonoma sanzione disciplinare il fatto in sé di non dare riscontro ad una nota di sollecitazione o di biasimo del dirigente medesimo. Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De Carolis. 385 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Scriminante - Pendenza di procedimento disciplinare - Non giustifica. La pendenza di un procedimento disciplinare, peraltro non particolarmente grave e complesso, può giustificare l’assenza di qualche giorno o una momentanea inadempienza ai doveri d’ufficio, ma non un ritardo grave nell’assolvimento di un obbligo fondamentale per l’amministrazione della giustizia e per la tutela dell’interesse dei cittadini imputati, quale è quello del puntuale deposito delle sentenze. (Nella specie si contestava all’incolpato il mancato deposito alla data del 4 aprile 1984 di 54 sentenze penali delle quali diciannove riguardanti processi decisi da oltre 90 giorni, otto riguardanti processi decisi da oltre 60 giorni, e sedici concernenti processi decisi da oltre 30 giorni). Procedimento n. 41/83 - Sentenza del 7 giugno 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Nesso eziologico tra le prescrizioni verificatesi e l’inerzia dell’incolpato - Cause di esclusione. Il nesso di causalità materiale tra la prescrizione e l’inerzia del magistrato può essere escluso solo se: a) vi sono fatti di terzi, quali la sottrazione o il celamento di fascicoli o la tardiva presentazione al giudice o l’inesecuzione dei suoi provvedimenti; b) sussistono cause di giustificazione obiettive, come l’esecuzione di disposizioni legittime che determinano il ritardo; c) manca la colpa del giudice come nel caso di enorme sproporzione tra il carico di lavoro ed il tempo a disposizione. (Nella specie la Sezione ha affermato la responsabilità dell’incolpato ritenendo che lo stesso nei processi pervenuti nell’arco di tempo intercorrente dalla metà del 1970 ai primi del 1973, con la sua inerzia, oscillante tra i due anni e più ed i quattro mesi, aveva provocato numerose prescrizioni). 386 Procedimento n. 18/85 - Sentenza del 12 luglio 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze ascrivibile non a negligenza o trascuratezza dell’incolpato, bensì alle sue cattive condizioni di salute, nonché al concomitante aggravio nel carico di lavoro conseguente ad un’applicazione per tre giorni presso altra pretura. (Nella specie l’incolpato aveva nel 1972 depositato 13 sentenze civili oltre i 90 giorni e 50 sentenze penali con ritardi da 7 mesi a più di 15 giorni). Procedimento n. 35/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Causa di giustificazione. Il ritardo nel deposito di sentenze non costituisce illecito disciplinare quando sia giustificato dal complessivo, oneroso carico di lavoro dell’incolpato. (Nella specie il ritardo nel deposito di sentenze di cui dieci oltre il trentesimo giorno, due oltre sei mesi e le altre oltre il termine di legge, è stato ritenuto giustificato dal carico di lavoro complessivo conseguente alle frequenti applicazioni in tribunale degli incolpati svolgenti funzioni di pretori mandamentali). Procedimento n. 24/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause di giustificazione. Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente cen387 surabile quando non può ricondursi a scarsa operosità, ma trova causa in un oneroso carico di lavoro complessivo ed in una lacunosa organizzazione strutturale dell’ufficio. (Nella specie era stato contestato di avere, quale pretore mandamentale, nell’anno 1977 su un totale di 33 sentenze redatte depositate n. 6 oltre i 60 gg. e n. 19 oltre i 90 gg.; nell’anno 1978 su un totale di 55 depositate n. 11 oltre i 30 gg., n. 9 oltre i 60 gg. e n. 16 oltre i 90 gg.; nell’anno 1979 su un totale di 43 depositate n. 4 oltre i 30 gg., n. 3 oltre i 60 gg. e n. 20 oltre i 90 gg.). Procedimento n. 62/85 - Sentenza del 13 dicembre 1985 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella redazione di una requisitoria - Sussistenza di cause di giustificazione - Irrilevanza. Il protratto ritardo nella redazione di una requisitoria provocato non da neghittosità dell’incolpato, ma dal notevole carico complessivo di lavoro non è disciplinarmente rilevante. (Nella specie una requisitoria, reiteratamente sollecitata dal g.i., era stata redatta dopo due anni e quattro mesi dal deposito degli atti, ma la Sezione ha accertato che il ritardo, oltre che dalla complessità del procedimento, era stato determinato dal notevole carico complessivo di lavoro incidente su di un ufficio con organico insufficiente). Procedimento n. 5/85 - Sentenza del 7 febbraio 1986 - Pres. Guizzi. Doveri del giudice: operosità - Lievi ritardi nel deposito di sentenze Consistente carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non costituiscono illecito disciplinare lievi ritardi nel deposito di sentenze giustificati da difficoltà oggettive connesse ad un consistente carico di lavoro. (Nella specie trattavasi del ritardato deposito di sei sentenze civili). 388 Procedimento n. 264/R.G. - Sentenza del 30 maggio 1985 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Assenza - Certificazione medica giustificativa - Limiti alle attività diverse. La sussistenza di un’infermità non comporta per il magistrato il divieto assoluto di impiego delle proprie energie quando esso non pregiudichi la guarigione. (Nella specie si è ritenuto insussistente l’illecito disciplinare nel caso di un magistrato in congedo straordinario per infermità recatosi da Bologna a Palermo per tenervi una conferenza). Procedimento n. 54/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Assenza di cause di giustificazione - Sussistenza dell’illecito. Il reiterato consistente ritardo nel deposito di numerose sentenze civili costituisce illecito disciplinare se il magistrato, inserito in un ufficio senza carenze di organico e di personale ausiliario, non può, stante il carico di lavoro modesto ed il proprio rendimento al di sotto della norma, addurre alcun elemento giustificativo. (Nella fattispecie il magistrato è stato ritenuto responsabile di avere negli anni 1982/83 depositato 43 sentenze civili con ritardi oscillanti da un minimo di 93 ad un massimo di 377 giorni). Procedimento n. 6/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di numerosi reati - Blocco delle esecuzioni civili - Sussistenza di cause di giustificazione Esclusione dell’addebito. Sono insuscettibili di rilievo disciplinare sia la prescrizione di numerosi reati, sia il blocco delle esecuzioni civili per un prolungato 389 periodo di tempo quando non siano effetto della neghittosità dell’incolpato, ma delle gravi carenze organizzative e di personale dell’ufficio, nonché della grande mole di lavoro gravante sul magistrato, circondato da generale apprezzamento per la correttezza nell’adempimento dei propri doveri, nonostante le cattive condizioni di salute. (Nella specie erano state contestate all’incolpato mancate esecuzioni civili nel periodo 1972/1978 e prescrizioni di reati relativi a 1.184 procedimenti nel periodo 1972/1983). Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che ritarda il deposito di sentenze civili in termini oscillanti tra un minimo di 92 ed un massimo di 330 giorni dopo l’assegnazione a sentenza, tanto più se l’inadempienza si colloca in un quadro di diminuito afflusso degli affari civili contenziosi e di sensibile decrescenza del rendimento complessivo dell’Ufficio. Procedimento n. 32/86 - Sentenza del 4 luglio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reati conseguenti a mancata attività processuale - Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non può considerarsi censurabile disciplinarmente il magistrato che esclusivamente a causa delle carenze strutturali dell’ufficio e della quasi assoluta mancanza di collaboratori non abbia compiuto attività processuale utile ad impedire l’estinzione per prescrizione di reati. (Nella specie era stato contestato all’incolpato di aver provocato con la sua prolungata inattività sessanta declaratorie di estinzione per prescrizione di reati denunciati nel periodo tra il 1972 ed il 1978). 390 Procedimento n. 25/86 - Sentenza del 18 luglio 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Cause di giustificazione. Il ritardo nel deposito delle sentenze non è disciplinarmente rilevante quando esso non sia riconducibile ad incuria nei doveri di ufficio, ma trovi giustificazione, nella mole del lavoro conseguente all’espletamento di altri incarichi giudiziari collegati a carenze di organico, ovvero nelle menomate condizioni fisiche del magistrato. (Nella specie la Sezione ha sottolineato che all’incolpato si addebitava il ritardo nel deposito di un numero cospicuo di sentenze, ma che rilevantissima era stata l’attività complessiva svolta nonostante fosse stato vittima di un incidente stradale nel quale aveva riportato grave frattura cranica, con emorragia sub-aracnoidea e fratture costali multiple, con conseguente lento recupero della normalità lavorativa). Procedimento n. 44/86 - Sentenza del 18 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Deposito di sentenze con ritardo - Carico di lavoro svolto - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri di ufficio, ma trovi giustificazione nella mole di lavoro conseguente allo espletamento di altri incarichi giudiziari collegati a carenze di organico. (Nella specie era stato contestato il deposito con ritardi superiori ai novanta giorni ed in alcuni casi all’anno di n. 192 sentenze su un totale di 538 sentenze redatte nel periodo 1977/1982, ma l’incolpato oltre a complesse attività camerali e penali tali da non segnalare una sua carente laboriosità ed operosità, relativamente alla soglia media dell’attività lavorativa del Tribunale cui era addetto, era stato anche applicato presso una Pretura). 391 Procedimento n. 6/86 - Sentenza del 26 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Mole di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri d’ufficio, ma trovi giustificazione nella mole del lavoro conseguente all’espletamento di altri incarichi giudiziari collegati a carenze di organico. Procedimenti nn. 61/85 e 26/86 - Sentenza del 10 ottobre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Procurata prescrizione di reati - Causa di giustificazione. I procedimenti penali prescritti non presentano una rilevanza autonoma, ma debbono essere valutati nel quadro dell’attività complessiva del magistrato. Non sussiste l’illecito quando detta attività fornisca adeguata giustificazione del perché si siano verificate le prescrizioni, evidenziando un rendimento complessivo dell’incolpato ed una qualità di lavoro svolto tali da contrastare — sostanzialmente annullandolo — il rilievo negativo del puro dato statistico concernente le pronunzie di prescrizione. (Nella specie la Sezione ha precisato che rilevanti e comprovate carenze dell’ufficio istruzione del Tribunale cui l’incolpato era addetto escludevano l’illecito disciplinare avvertendo che a tale conclusione è peraltro possibile pervenire soltanto quando tra i procedimenti prescritti non ve ne siano di relativi a reati di tale gravità e rilevanza da giustificare comunque un addebito di negligenza per l’intervenuta prescrizione. Poiché nel caso concreto la prescrizione aveva interessato delitti di omicidio volontario e tentato omicidio, la Sezione ha ugualmente ritenuto giustificato l’incolpato dal momento che nei relativi procedimenti erano state compiute attività istruttorie che non consentirono l’individuazione di presunti responsabili, per cui la prescrizione ebbe a verificarsi — in buona sostanza — perché lo stesso 392 incolpato, invece di chiudere quei procedimenti per essere rimasti ignoti gli autori del reato (come avrebbe potuto), aveva preferito tenerli aperti nella speranza di un qualche nuovo sviluppo). Procedimento n. 31/85 - Sentenza del 24 ottobre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Aumento delle pendenze e ritardi nel deposito di provvedimenti - Carico di lavoro svolto - Assenza di precedente esperienza professionale - Insussistenza dell’illecito. Quando la complessiva mole di lavoro svolta, in condizioni ambientali disastrose e senza alcun bagaglio di precedente esperienza professionale, sia tale da far ritenere lodevole l’impegno dell’incolpato nell’assolvimento dei suoi compiti di pretore penale nella Pretura interpersonale assegnatagli, non è disciplinarmente rilevante il mancato conseguimento di risultati altrettanto positivi nel settore civile. (Nella specie era stato contestato al pretore l’eccessivo aumento delle pendenze ed i ritardi nel deposito di provvedimenti sia nel settore civile che in quello penale, ma la Sezione ha ritenuto in contrario che solo nel settore civile fossero riscontrabili insufficienze). Procedimento n. 30/85 - Sentenza del 7 novembre 1986 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Omesse relazioni per la deliberazione ai sensi dell’art. 276 c.p.c. - Malattia dell’incolpato - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito di sentenze e le plurime omissioni di relazioni a sensi dell’art. 276 c.p.c. che non siano addebitabili a colpevole negligenza dell’incolpato, ma trovino giustificazione nelle sue precarie condizioni di salute, non sono suscettibili di sanzione disciplinare. (Nella specie l’incolpato, risultato diligente nell’espletamento del servizio nel periodo antecedente e successivo a quello di malattia, stato depressivo di tipo reattivo, aveva ritardato il deposito di 10 393 sentenze civili ed omesso relazioni a sensi dell’art. 276 c.p.c. in 143 procedimenti nel periodo 24 ottobre 1980 / 17 luglio 1982). Procedimenti nn. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Particolare e qualificato impegno di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Un ritardo anche notevole nel deposito di sentenze non costituisce illecito disciplinare se non riveli scarsa operosità e ridotta diligenza del magistrato. (Nella specie l’illecito è stato escluso avuto riguardo alla qualità e quantità del lavoro complessivo svolto dall’incolpato). Procedimenti nn. 33/85 e 42/86 R.G. - Sentenza del 21 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze quando non sia sintomatico di neghittosità dell’incolpato perché giustificato dal carico complessivo di lavoro e da precarie condizioni di salute dell’incolpato medesimo. Proc. n. 22/86 - Sentenza del 21 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze penali - Complessiva gravosità del lavoro svolto - Condizioni fisiche sfavorevoli - Carenza di organico nell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze penali non è di per sé solo rilevante a fini disciplinari e non integra illecito quando la mole e 394 qualità del lavoro complessivamente svolto, in condizioni fisiche personali non favorevoli e nell’ambito di un ufficio in gravissime difficoltà per carenze di organico, siano tali da far ritenere che l’incolpato abbia usato dell’ordinaria diligenza nell’esercizio della propria funzione. (Nella specie è stato in particolare accertato che l’incolpato: a) nel 1973 aveva redatto 246 sentenze penali (su 916 complessive del tribunale), depositandone in ritardo 109 di cui 44 con ritardi aggirantisi da sei mesi ad un anno; b) nel 1984 aveva redatto 167 sentenze penali (su 783 in totale); depositandone in ritardo 95, di cui 17 con ritardi aggirantisi da sei a nove mesi; c) nel primo semestre del 1985 aveva redatto 86 sentenze penali (su 354 in totale, depositandone in ritardo 11 di cui una dopo oltre un anno). Procedimento n. 24/86 - Sentenza del 5 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di dieci sentenze penali - Ricorrenza di cause di giustificazione Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze che pure risulti per qualche caso davvero rimarchevole, non è censurabile disciplinarmente quando sia episodico, molto limitato percentualmente, non privo di giustificazioni e non inserito in uno sfondo di scarsa laboriosità dell’incolpato. (Nella specie la Sezione ha accertato che l’incolpato era stato sovraccaricato dal lavoro nel mentre stava recuperando un pesante arretrato dovuto alle sue condizioni di salute per le quali aveva usufruito di tre mesi di aspettativa). Procedimento n. 28/86 - Sentenza del 12 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Sussistenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito. 395 Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze civili quando risulti che l’incolpato ha svolto un volume complessivo di lavoro di tutto rispetto, anche se comparato a quello degli altri componenti l’ufficio, ed ha altresì dovuto fronteggiare seri problemi familiari. (Nella specie l’incolpato, con funzioni di giudice di una sezione civile del Tribunale, aveva dal 1980 a tutto il 1983 depositato 39 sentenze civili oltre 180 giorni dalla data di decisione e la sua produttività era stata la seguente: 184 sentenze nel 1980, 191 nel 1981, 179 nel 1982, 165 nel 1984). Procedimento n. 30/86 - Sentenza del 23 gennaio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Infermità dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Non può ritenersi disciplinarmente responsabile il magistrato che — per effetto di infermità (in ordine alla quale ha puntualmente richiesto congedo e aspettativa) e nel periodo strettamente limitato alla durata della stessa — non corrisponde in modo puntuale ai doveri del suo ufficio ritardando il deposito delle sentenze. Procedimento n. 29/86 - Sentenza del 13 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Liceità. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale deposita con ritardo le minute delle sentenze civili, allorquando ricorrono valide cause di giustificazione e tra queste le condizioni di salute gravemente menomate nel periodo considerato e tali da incidere negativamente sulla puntualità del rendimento. (Nella specie l’incolpato aveva depositato diverse sentenze oltre i sessanta giorni negli anni 1980-82, ma era risultato affetto in tale periodo da grave discopatia con postumi invalidanti che aveva resa 396 difficoltosa la stessa deambulazione, nonché da corioretinopatia sirosa centrale determinante una parziale cecità dell’occhio malato). Procedimento n. 51/86 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Lavoro complessivo largamente soddisfacente - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze che sia da ascriversi non già ad un comportamento omissivo, ma all’ingente carico di affari civili e penali ed alla considerevole mole di lavoro svolto, ma non assurge a livello di condotta sanzionabile disciplinarmente. Procedimento n. 61/86 - Sentenza del 20 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di numerose sentenze - Notevole operosità complessiva - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il deposito con ritardi anche consistenti di numerose sentenze civili quando l’incolpato abbia dato prova di notevole laboriosità complessiva, di talché gli stessi ritardi siano esclusivamente riconducibili ad un difetto di capacità nell’organizzazione del proprio lavoro, per altro verso di qualità tale da tenere alto il prestigio dell’incolpato presso colleghi od avvocati. (Nella specie i ritardi concernevano 79 sentenze nel 1982, 75 nel 1983, 88 nel 1984 e 86 nel 1985). Procedimento n. 27/86 - Sentenza del 15 maggio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito. 397 Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di un numero assolutamente esiguo di sentenze rispetto al complesso dell’attività lavorativa dell’incolpato, soprattutto quando detto ritardo sia giustificato da un repentino passaggio dal ramo civile a quello penale e dalle non buone condizioni fisiche dello stesso incolpato. Procedimento n. 44/85 - Sentenza del 22 maggio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Liceità. Il ritardo nel deposito delle sentenze non è disciplinarmente rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri d’ufficio e ad inoperosità del magistrato, ma trovi giustificazione nel lavoro complessivamente espletato, nell’impegno professionale profuso nonostante le precarie condizioni di salute e la delicata situazione familiare. Procedimento n. 56/86 - Sentenza del 22 maggio 1987 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Mole e qualità del lavoro svolto - Carenze di organico nell’ufficio Condizioni di salute precarie dell’incolpato. Va esclusa la sussistenza dell’illecito disciplinare per il ritardo nel deposito di sentenze allorquando ricorrono valide cause di giustificazione quali la mole e la qualità del lavoro svolto, le precarie condizioni fisiche dell’incolpato e le disfunzioni strutturali dell’ufficio determinate da carenze di organico. Procedimento n. 16/87 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili 398 Limitatezza dei casi gravi - Cospicua mole di lavoro svolto Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri d’ufficio ma trovi giustificazione nella mole del lavoro, specie se conseguente anche alla contemporanea applicazione del magistrato ad altro ufficio giudiziario. (Nella specie la Sezione ha accertato che il ritardo nel deposito era stato notevole solo per cinque delle novanta sentenze civili contestate su di un totale di 369 redatte nel periodo di riferimento 17 ottobre 1981 / 15 aprile 1985). Procedimento n. 48/85 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prolungata inattività istruttoria Esimenti - Insussistenza dell’illecito. La stasi prolungata imposta ad un procedimento penale, come il ritardo, anche rilevante, nel deposito di provvedimenti costituiscono un indizio da valutare nel quadro del comportamento complessivo del magistrato, per cui, solo quando non emergano giustificazioni potrà da esso dedursi un giudizio di riprovazione sotto il profilo della violazione dei doveri di operosità e diligenza. (Nella specie era contestato all’incolpato di non aver svolto alcuna attività di istituto nell’ambito di un procedimento penale assegnatogli nel 1978 trasmesso per la formale istruttoria nel 1983. La Sezione ha escluso la responsabilità disciplinare per aver accertata una complessiva laboriosità senz’altro soddisfacente e tale da far emergere la figura di un magistrato tutt’altro che negligente o disattento). Procedimento n. 10/86 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Assenteismo - Scarsa produttività Sussistenza dell’illecito. 399 Commette illecito disciplinare il magistrato che oltre ad essere poco presente in ufficio ed a tenere un ridotto numero di udienze emette una scarsa quantità di provvedimenti non giustificata dalla complessità delle questioni trattate. (Nella specie la Sezione ha accertato che l’incolpato mancava dal proprio ufficio un giorno e spesso due alla settimana, non recandovisi mai prima delle 10 - 10,30 ed uscendone spesso prima delle 13. Ha altresì accertato che lo stesso, addetto esclusivamente alle funzioni penali ha redatto nel 1982 solo n. 193 sentenze, nel 1983 n. 254 e nel 1984 n. 261; decisioni che in massima parte riguardavano declaratorie di estinzione del reato per remissione di querela, contravvenzioni per guida senza patente e reati di assegno a vuoto, stilate solitamente secondo un modulo già predisposto. Ha infine accertato che l’incolpato ha tenuto solo 33 udienze nel 1982, 34 nel 1983 e 36 nel 1984, mediamente quindi 4 udienze mensili con inosservanza del numero fissato nel calendario giudiziario). Procedimento n. 38/87 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Cospicua mole di lavoro svolto - Delicata situazione familiare dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente rilevante quando esso non sia riconducibile ad incuria nei doveri di ufficio ma trovi giustificazione nella mole di lavoro espletato, nell’impegno professionale del magistrato, nella delicata situazione familiare dello stesso. (Nella specie, la Sezione ha accertato che l’incolpato nel corso del servizio prestato per circa 29 mesi, ha redatto 232 sentenze civili nonché 61 provvedimenti speciali e di volontaria giurisdizione dei quali alcuni concernenti questioni complesse, ritenendo che tale attività potesse essere considerata apprezzabile, in relazione anche alla difficile situazione familiare vissuta dal magistrato in quel periodo). 400 Procedimento n. 46/87 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione. I ritardi nel deposito di sentenze non costituiscono illecito disciplinare quando, per la consistente entità del lavoro complessivamente svolto dall’incolpato, non possono considerarsi segno di scarsa laboriosità o mancanza ai doveri del proprio ufficio. (Nella specie all’incolpato era contestato di aver depositato 33 sentenze con ritardi superiori ai 180 giorni e due sentenze istruttorie civili con gravi ritardi). Procedimento n. 42/87 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione. Il ritardo nel deposito di sentenze non assume rilievo disciplinare quando sia l’effetto di precarie condizioni di salute del magistrato dedito al lavoro con notevoli capacità tecnico-professionali e con puntiglioso e lodevole impegno. Procedimento n. 1/84 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres. Mirabelli - Est. Rachell. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione. I ritardi nel deposito di sentenze non costituiscono illecito disciplinare quando, per la consistente entità del lavoro complessivamente svolto dall’incolpato, non possono assurgere ad indizio di insufficiente operosità. (Nella specie era stato contestato all’incolpato di avere depositato numerose sentenze di lavoro oltre i centottanta giorni). 401 Procedimento n. 52/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione. Il ritardo anche rilevante nel deposito di un numero più o meno ampio di sentenze non costituisce, di per sé, illecito disciplinare, allorquando sia possibile un giudizio globalmente positivo sull’attività svolta dall’incolpato ed il ritardo stesso sia ricollegabile a fatti e circostanze del tutto estranei alla sua diligenza e laboriosità. (Nella specie era stato contestato il deposito oltre il 90° giorno di 38 sentenze penali dibattimentali e oltre il 90° giorno dall’udienza di discussione di 151 sentenze civili nel periodo 17 marzo 1986 / 31 gennaio 1985. Procedimento n. 56/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Inerzia nell’espletamento di istruttoria sommaria - Inerzia successiva alla formalizzazione - Esclusione dell’addebito. L’avere, nel corso di un’istruttoria sommaria protrattasi per circa quattro mesi, sentito soltanto le parti lese ed un loro congiunto non può essere considerato indice di «scarsissima attività istruttoria» nell’assenza di qualsiasi elemento che permettesse un diverso indirizzo all’istruttoria stessa. Procedimento n. 31/87 - Sentenza del 12 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di provvedimenti Causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito. Gli addebiti relativi a ridotta operosità dell’incolpato nell’esercizio del suo ufficio devono essere valutati con riguardo alle condizioni 402 oggettive e soggettive nelle quali ha svolto i suoi compiti. Il ritardo nel deposito di numerosi provvedimenti non assume rilevanza disciplinare quando la operosità dell’incolpato sia dimostrata dalla mole di lavoro svolta nonostante una situazione deficitaria d’organico protrattasi per lungo tempo. (Nella specie era contestato all’incolpato di aver ritardato per parecchi mesi l’emissione di ordinanze riservate concernenti 108 cause). Procedimento n. 48/87 - Sentenza del 12 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenza Conseguente scarcerazione di imputati per decorrenza dei termini di custodia cautelare - Sussistenza di cause di giustificazione Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito di una sentenza a causa del quale è stata disposta la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di 59 imputati non costituisce illecito disciplinare quando sia provata la oggettiva complessità del processo, nonché l’ampiezza e complessità della relativa sentenza, stesa per di più in carenza dei supporti organizzativi necessari. (Nella specie era stato contestato all’incolpato di avere all’esito di procedimento penale, protrattosi dal novembre 1983 al 22 ottobre 1984 e concernente 207 imputati di associazioni terroristiche ed eversive con oltre mille imputazioni per reati gravissimi, redatto e depositato la sentenza, 1927 pagine di cui 1500 dedicate alla motivazione, nell’agosto dell’anno successivo). Procedimento n. 66/87 - Sentenza del 16 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ridotta laboriosità - Carenza dell’elemento intenzionale - Condizioni. Si è al di fuori dell’addebito di scarsa operosità, per carenza dell’elemento intenzionale, quando sussistano valide cause che, per 403 la loro eccezionalità ed estraneità al comportamento del soggetto, circoscrivono nel tempo ed escludono da ogni imputabilità di negligenza la condotta dell’incolpato. (Nella specie è stato dato rilievo ad una grave affezione neurologica dell’incolpato, alla scrupolosa attenzione nella redazione degli elaborati ed al notevole carico di lavoro). Procedimento n. 19/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di numerose sentenze civili - Assenza di cause di giustificazione - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il frequente ritardo nel deposito di sentenze civili non giustificato né dalla qualità del lavoro né da condizioni personali di salute del magistrato. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che le precarie condizioni di salute prospettate dall’incolpato, in quanto non determinanti la fruizione di alcun periodo di congedo straordinario, fossero inidonee a giustificare i ritardi in un lavoro complessivamente attestato su livelli quantitativi inferiori al normale). Procedimento n. 22/87 - Sentenza del 30 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ridotta laboriosità - Assenza di causa di giustificazione - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che per scarsa laboriosità e senza giustificazione alcuna determini accrescimenti delle pendenze, prescrizione di reati, ingiustificabile omissione di attività istruttoria, disordine nella tenuta dei fascicoli. Procedimento n. 49/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres. Brutti. 404 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito di sentenza non costituisce illecito disciplinare quando sia giustificato dall’imponente carico di lavoro e dalla molteplicità delle incombenze cui l’incolpato ha dovuto far fronte in circostanze eccezionali. (Nella specie erano contestati ritardi anche superiori all’anno a tre magistrati addetti al civile, relativamente rispettivamente a 132 sentenze su 714, a 145 sentenze su 542 ed a 122 sentenze su 296). Procedimento n. 7/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres. Brutti. Doveri del giudice: operosità - Reiterati e gravi ritardi nel deposito di sentenze - Assenza di cause di giustificazione - Sussistenza dell’illecito. Il ritardato deposito di sentenze che non sia giustificato né dalla mole del lavoro complessivamente svolto né da condizioni personali dell’incolpato costituisce illecito disciplinare quando, per la reiterazione e consistenza dei ritardi, dimostri una manifesta inerzia e sistematica negligenza nell’adempimento dei doveri d’ufficio. Procedimento n. 76/87 - Sentenza del 23 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze quando non sia sintomatico di neghittosità dell’incolpato perché giustificato dal carico complessivo di lavoro e dalla piena disponibilità a svolgere compiti ulteriori rispetto a quelli normalmente assegnati. (Nella specie era stato contestato all’incolpato, in relazione al periodo 1979/1986, il deposito oltre il 90° giorno di 190 sentenze 405 civili; il superamento dell’anno nel deposito di tre sentenze ed il persistente ritardo nel deposito della minuta di 21 sentenze discusse in udienze tenute tra il 1° marzo ed il 28 giugno 1985). Procedimento n. 53/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Assenza di cause di giustificazione - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare il ritardo ripetuto e molto marcato nel deposito di sentenze quando la situazione personale o d’ufficio dell’incolpato non sia stata tale da giustificare i ritardi. (Nella specie si è ritenuto integrare la fattispecie disciplinare un comportamento concretatosi nell’aver steso 136 sentenze civili in quattro anni, sia pure presiedendo alcune udienze penali e redigendo talune sentenze penali ma depositando più della metà delle sentenze con ritardi varianti da sei mesi a quasi due anni e superando l’anno di ritardo per 26 volte). Procedimenti nn. 55/86 e 58/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Mancata attività istruttoria - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che si impegna in una limitata attività istruttoria nei processi affidatigli, quando la complessiva mole del lavoro svolto è del tutto inidonea a concretare una sua ridotta laboriosità. (Nella specie l’incolpato quale procuratore della Repubblica nell’arco di tre anni aveva richiesto la formale istruzione per 264 processi, svolgendo attività istruttorie soltanto per trentotto di essi e limitandosi in quattordici processi al semplice invio della comunicazione giudiziaria). 406 Procedimenti nn. 55/86 e 58/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare l’aver trattenuto in sommaria per quasi quattro anni l’istruzione di un reato sorretto da prove tutt’altro che evidenti. Procedimento n. 6/88 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ridotto numero di accessi presso una casa circondariale - Consistenza del lavoro complessivo - Liceità. Non commette illecito disciplinare il magistrato facente funzioni di presidente della sezione di sorveglianza che si limita ad accedere in una casa circondariale con cadenza poco più che bimestrale, quando il carico complessivo del lavoro svolto, avuto riguardo al numero degli istituti di detenzione e dei detenuti nel distretto, dimostri che lo stesso ha assolto le sue funzioni con notevole impegno. Procedimento n. 14/88 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Sospensione delle udienze per l’applicazione di sanzioni sostitutive - Cause di giustificazione Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato di sorveglianza che disponga la sospensione delle udienze dibattimentali al fine di dedicarsi all’applicazione delle sanzioni sostitutive, purché ciò faccia in quanto costretto, dal carico di lavoro e dalle carenze del personale ausiliario, a scegliere tra il privilegiare, rispetto al resto, la cura dei provvedimenti relativi alla libertà personale ovvero diluire le scarse risorse in analoga misura in tutti gli ambiti delle proprie competenze, secondo criteri burocratici ordinari insensibili a quelle esigenze di 407 priorità che invece non possano essere pretermesse quando siano coinvolti diritti fondamentali. (Nella specie la Sezione ha sottolineato come dagli accertamenti esperiti fosse emerso che l’incolpato si era distinto per sicura laboriosità ed impegno nell’espletamento al meglio delle proprie funzioni e come sulla sua scelta avesse influito la previsione dell’emanando indulto con i relativi effetti indotti sull’applicazione delle sanzioni sostitutive). Procedimento n. 11/88 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reato conseguente a mancata attività processuale - Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non può considerarsi censurabile disciplinarmente il magistrato, distintosi per impegno lavorativo e capacità professionali, che non abbia espletato attività processuale utile ad impedire la prescrizione di un reato nel contesto di una situazione di pesante carico di lavoro. (Nella specie la Sezione disciplinare ha sottolineato che per effetto dell’originaria rubricazione l’incolpato aveva considerato prescrivibile in dieci anni un reato poi derubricato e quindi prescritto in un periodo di tempo inferiore). Procedimento n. 99/88 - Sentenza del 10 febbraio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella decisione di una causa civile e nel deposito della sentenza - Nullità della sentenza con irregolare composizione del collegio - Gravosità del carico di lavoro e notevole carenza di organico - Concorso di particolari situazioni personali - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il notevole ritardo nella decisione di una causa civile e nel deposito della relativa sentenza, nonché l’irregolare costituzione del collegio giudicante per la 408 partecipazione di un magistrato ormai trasferito ad altro e diverso ufficio giudiziario (violazione che ha determinato la nullità della sentenza a norma dell’art. 158 c.p.c.), qualora tali comportamenti siano riconducibili alla particolare situazione critica dell’ufficio giudiziario cui prestavano servizio i magistrati incolpati, peraltro entrambi in precarie condizioni psico-fisiche, sia per il ponderoso carico di lavoro che per la mancanza in organico di sette magistrati rispetto all’organico previsto di dodici. Procedimento n. 45/88 - Sentenza del 24 febbraio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste l’illecito disciplinare quando limitati ritardi nel deposito dei provvedimenti ed il frequente ricorso ai rinvii ovvero una certa trascuratezza nel settore delle tutele ed un’inadeguata vigilanza nel settore delle procedure esecutive non hanno dato luogo a lagnanze ovvero a conseguenze degne di rilievo e risulti che l’incolpato ha svolto, sopperendo con costante impegno a deficienze strutturali di speciale gravità tali da consentire di qualificare come disastrosa la situazione dell’ufficio, un lavoro complessivo di notevole rilievo. Procedimento n. 10/88 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo incolpevole nell’espletamento della rogatoria - Illecito disciplinare - Insussistenza. L’ignoranza dell’esistenza di una richiesta di rogatoria ed il suo ritardato espletamento non assume rilievo disciplinare se conseguenza di disfunzione di cancelleria non addebitabile al magistrato. Procedimento n. 19/88 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. 409 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Ricorrenza di cause di giustificazione. Il ritardo nel deposito di un numero ridotto di sentenze civili non assume rilevanza disciplinare quando l’incolpato abbia dato prova di una buona laboriosità complessiva nel fronteggiare un carico di lavoro oggettivamente gravoso e, almeno in parte, relativo a materie nuove rispetto alle esperienze professionali in precedenza acquisite. Procedimento n. 47/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prolungata inattività redazionale di provvedimenti giurisdizionali - Sussistenza di causa di giustificazione - Liceità. Non è disciplinarmente censurabile l’omessa redazione di provvedimenti giurisdizionali protrattasi nel tempo quando non sia causata da negligenza, neghittosità o trascuratezza nei doveri di ufficio, ma da una significativa compromissione delle condizioni di salute. (Nella specie la Sezione, a fronte di un’inerzia dell’incolpato protrattasi per oltre un anno tanto che alla fine l’arretrato accumulatosi veniva smaltito dagli altri magistrati addetti alla Sezione di cui egli faceva parte, ha disposto perizia medico-legale su quest’ultimo risultato affetto da una sindrome depressivo-ansiosa a carattere reattivo e particolarmente marcato protrattasi per non meno di 21 mesi e necessitante di cospicue strategie terapeutiche). Procedimento n. 17/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Complessiva laboriosità - Insussistenza dell’illecito. Numerosi e consistenti ritardi nel deposito di sentenze civili non attingono a rilievo disciplinare se l’operosità dell’incolpato non risulti 410 essere stata inferiore a quella dei suoi colleghi ma, al contrario, si caratterizzi per una produttività quantitativamente notevole e qualitativamente apprezzabile. (Nella specie la Sezione ha sottolineato che i ritardi non avevano dato luogo a lamentele da parte del Foro e che valutazioni sempre molto favorevoli per l’incolpato erano state espresse dai Consigli Giudiziari). Procedimento n. 18/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Carico di lavoro svolto ricorrenza di cause eccezionali - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste l’addebito di «scarsa operosità, per carenza dell’elemento intenzionale, qualora ricorrano valide cause le quali, per la loro eccezionalità, circoscrivono nel tempo ed escludono da ogni imputabilità di negligenza, il comportamento del magistrato. Procedimento n. 27/88 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito di sentenze non costituisce illecito disciplinare quando sia giustificato dall’entità del carico di lavoro e dallo stato di salute dell’incolpato. (Nella specie i ritardi erano di diversa entità e concernevano sessantanove sentenze civili e sette sentenze penali nel periodo 1978/1983). Procedimento n. 79/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Onerosità del carico di lavoro complessivamente svolto Insussistenza dell’illecito. 411 Il ritardo nel deposito di sentenze o di altri provvedimenti non è disciplinarmente rilevante quando l’inosservanza dei termini fissati per il loro deposito dai codici di rito non sia riconducibile ad incuria nei doveri di ufficio e non costituisca sintomo rivelatore di scarsa operosità o di violazione di legge. (Nella specie la Sezione, oltre al positivo apprezzamento delle statistiche comparate riferibili all’incolpato negli anni 1984/1987, ha valutato le testimonianze assertive della laboriosità dello stesso rilasciate da colleghi e dal Presidente del Consiglio dell’ordine forense). Procedimento n. 32/88 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di più reati - Nesso eziologico con la condotta dell’incolpato - Insussistenza. Non sussiste l’illecito disciplinare quando la protratta permanenza del procedimento penale presso l’ufficio dell’incolpato non abbia esplicato alcuna efficacia causale nella maturazione dei termini prescrizionali. (Nella fattispecie si contestava ad un giudice istruttore, richiesto addì 1 marzo 1976 di decidere in ordine all’archiviazione nei confronti di taluni imputati, di aver restituito gli atti soltanto nel 1981 determinando la prescrizione dei residui reati. La Sezione ha accertato che l’incolpato aveva avuto in assegnazione il processo soltanto il 14 dicembre 1979 quando più reati si erano ormai prescritti sin dal febbraio 1979 e che lo aveva restituito con richiesta evasa al pubblico ministero il 10 luglio 1981 e dunque in epoca assolutamente lontana da quella in cui — 24 maggio 1986 — il restante reato di ricettazione si sarebbe prescritto). Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Insufficiente rendimento - Sussistenza di causa di giustificazione. 412 I modesti risultati dell’attività prestata da un consigliere istruttore aggiunto nell’esercizio di mansioni amministrative e l’omessa sollecitazione dell’ampliamento delle competenze assegnategli, non attingono a rilievo disciplinare quando la delimitazione delle competenze sia causata da una discutibile distribuzione del lavoro voluta dal dirigente l’ufficio e l’insufficiente rendimento sia giustificato dalle condizioni di salute dell’incolpato e dall’impegno associativo dello stesso. (Nella specie era contestato all’incolpato di avere: a) limitato, nell’ultimo quinquennio, la sua attività principalmente a marginali mansioni amministrative, non proprie della sua qualifica e di scarsa rilevanza — sorveglianza sui servizi di cancelleria, vigilanza sul servizio autisti e sul trasferimento dell’ufficio in altri locali — con risultati peraltro negativi nonché, alla pronunzia sino al 1984, delle sole sentenze richieste dagli interessati nei procedimenti contro ignoti e dal 1985 dei provvedimenti di archiviazione, in prevalenza su moduli predisposti; b) di non aver dato alcun apporto al lavoro più importante e qualificante dell’ufficio nonostante la pendenza a lui nota di procedimenti di vecchia data e le prescrizioni che sempre più frequenti si verificavano e sebbene la sua partecipazione a siffatta attività fosse espressamente prevista dalla circolare del 29 agosto 1978 del C.S.M.). Procedimento n. 4/88 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reati non particolarmente gravi - Buona laboriosità complessiva - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste l’illecito disciplinare quando la prescrizione di reati non particolarmente gravi sia addebitabile a magistrato distintosi per la notevolissima mole di lavoro, svolto in maniera pregevole ed operando in un ufficio sovraccarico di lavoro ed afflitto da carenze di varia natura. (Nella specie era stata contestata la prescrizione di tre imputazioni ex artt. 485-491 c.p. e di due imputazioni ex art. 640 c.p., una delle quali contestata congiuntamente ad altra ex art. 641 c.p.). 413 Procedimento n. 59/88 - Sentenza del 18 luglio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause di giustificazione - Carico complessivo di lavoro - Deficienze nelle risorse strutturali. Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di sentenze, provocato non da neghittosità dell’incolpato, ma dal consistente carico complessivo di lavoro e da una situazione gravemente deficitaria delle risorse personali dell’ufficio. (Nella specie, oltre all’impegno lavorativo dell’incolpato, è stata sottolineata l’assoluta carenza del personale ausiliario della Pretura mandamentale concretatasi: in una lunga vacanza del posto di cancelliere; nell’assegnazione di una segretaria di prima nomina; nella vacanza del posto dell’ufficiale giudiziario e del coadiutore dattilografo). Procedimento n. 61/87 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Assenza di causa di giustificazione - Sussistenza dell’illecito. Costituiscono illecito disciplinare numerosi ed anche rilevanti ritardi nel deposito di sentenze e nello scioglimento di riserve ex art. 186 c.p.c. che, per l’assenza di cause di giustificazioni, siano sintomatici della scarsa operosità dell’incolpato. (Nella specie l’incolpato aveva, quale pretore mandamentale; ritardato il deposito di numerose sentenze civili e penali; trascurato l’adozione in numerose cause dei provvedimenti imposti dall’art. 186 c.p.c.; omesso il deposito delle sentenze relative a 59 cause civili). Procedimento n. 61/87 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Irrilevanza disciplinare di modesto ritardo nel deposito di sentenze. 414 Non è illecito disciplinarmente il deposito di tredici sentenze civili dopo il quindicesimo giorno, ma entro il trentesimo dalla discussione. Procedimento n. 26/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella trattazione di un procedimento penale - Prescrizione di reato contravvenzionale Causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere trattato con ritardo un procedimento penale relativo a reati contravvenzionali provocando la prescrizione di quest’ultimi, quando risulti l’unicità del caso di prescrizione e la complessiva operosità dell’incolpato, nonostante la mole di lavoro e le difficili condizioni generali dell’ufficio di Pretura. Procedimento n. 54/87 - Sentenza del 30 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Omissione nella tempestiva trattazione in qualità di pubblico ministero di affari penali - Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Le omissioni nella tempestiva trattazione di affari penali assegnati al sostituto procuratore non assumono rilievo disciplinare quando, pur segnalando una difficoltà dell’incolpato nell’organizzazione del proprio lavoro, si calano in un contesto di suo rendimento lavorativo complessivamente adeguato e, comunque, superiore a quello numerico medio degli altri uffici di Procura del distretto. Procedimento n. 37/88 - Sentenza del 14 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. 415 Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di ordinanze Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di ordinanze quando sia sintomatico di trascuratezza nell’adempimento dei doveri di ufficio. (Nella specie 8 ordinanze erano state depositate con ritardi oscillanti tra i due ed i sei anni). Procedimento n. 44/88 - Sentenza del 14 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Deposito tempestivo delle minute - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze dovuto all’intervallo di tempo necessario per la copiatura di minute depositate nei termini ordinari. Procedimento n. 71/88 - Sentenza dell’11 novembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardi nell’espletamento della attività di requirente - Cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non è disciplinarmente rilevante il ritardo nell’espletamento dell’attività di requirente quando sia giustificato dall’ingente mole di affari trattati o dalle carenze dei servizi ausiliari e non riguardi processi connotati da urgenza o particolare rilevanza. (Nella specie la Sezione ha escluso l’addebito per plurimi ritardi nel deposito di requisitorie e nella restituzione di fascicoli al giudice istruttore, rimarcando che non erano riferibili ad affari urgenti o di particolare rilevanza). Procedimento n. 56/88 - Sentenza dell’11 novembre 1988 - Pres. Mirabelli. 416 Doveri del giudice: operosità - Abituale allontanamento dalla sede per il fine settimana - Comprovata diligenza dell’incolpato Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’abituale allontanamento per il fine settimana dalla sede del proprio ufficio, quando risulti accertata la solerzia e la diligenza del magistrato incolpato. Procedimento n. 95/88 - Sentenza del 16 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria Conseguente prescrizione del reato - Gravosità del carico di lavoro - Particolare impegno di lavoro - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, l’avere, il magistrato, a fronte di un notevole carico di lavoro particolarmente impegnativo e in una situazione di carenza di organico della segreteria, causato la prescrizione di un reato, dichiarata dal giudice di appello, per ritardo nella definizione del procedimento nella fase dell’istruttoria formale dovuta anche alla rinnovazione di atti dichiarati nulli per violazione di norme processuali. Procedimento n. 2/89 - Sentenza del 16 gennaio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito di sentenze non assume rilievo disciplinare se resta esclusa la negligenza e trascuratezza dell’incolpato, segnalatosi per un rendimento non inferiore alla media degli altri colleghi, nonostante la precarietà delle proprie condizioni di salute. (Nella specie all’incolpato si contestava di aver depositato due minute di sentenze oltre i sei mesi e tredici sentenze oltre i novanta giorni). 417 Procedimento n. 77/88 - Sentenza del 10 febbraio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito delle sentenze costituisce illecito disciplinare solo se è provata la sottostante condotta di scarsa laboriosità dell’incolpato. (Nella specie si è dalla Sezione valorizzato a favore degli incolpati il profilo qualitativo delle sentenze depositate in ritardo. Si è infatti considerato che la giurisprudenza laburistica in grado di appello è gravata dalle controversie più complesse e delicate, necessitanti di un particolare approfondimento, in quanto destinate ad assumere un valore di precedente, particolarmente importante in un settore quale quello del lavoro in cui il diritto è in buona parte di formazione giurisprudenziale). Procedimento n. 97/87 - Sentenza del 10 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel deposito di sentenze che non abbia determinato inconvenienti e sia giustificato dalla mole complessiva del lavoro svolto dall’incolpato non è disciplinarmente rilevante. (Nella specie i ritardi nel deposito non superavano gli otto mesi). Procedimento n. 85/87 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo di oltre un anno nel deposito di cinque sentenze dibattimentali penali - Illecito disciplinare Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di oltre un anno di cinque motivazioni di decisioni penali dibattimentali a 418 fronte del quale il magistrato non ha invocato circostanze giustificative. Procedimento n. 76/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di provvedimenti Causa di giustificazione. Il ritardo nel deposito di provvedimenti non assume rilievo disciplinare quando sia giustificato dal rendimento complessivo degli incolpati avuto anche riguardo alla gravosità del carico di lavoro. (Nella specie agli incolpati era stato contestato il ritardo nel deposito di una sentenza civile e di una pluralità di ordinanze). Procedimento n. 18/89 - Sentenza del 6 aprile 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel compimento di attività istruttoria penale - Sussistenza di causa di giustificazione Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel compimento di attività istruttoria in un procedimento penale che provochi l’estinzione del reato quando sia giustificato dal grave, accertato disservizio della cancelleria nelle annotazioni e nella retta tenuta dei registri dei movimenti dei processi. Procedimento n. 38/88 e 47/88 - Sentenza del 21 aprile 1989 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’illecito. Il ritardo nel deposito di sentenze non assume rilievo disciplinare quando il rendimento complessivo del magistrato sia soddisfacente 419 avuto riguardo anche alle sue precarie condizioni di salute. (Nella specie erano state depositate con gravi ritardi tre sentenze e di 33 sentenze non era stato effettuato il deposito nonostante fosse ormai trascorso il relativo termine). Procedimento n. 29/89 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: operosità - Ritardi nella emissione di decreti di citazione a giudizio - Responsabilità disciplinare - Esclusione Condizioni. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nella formazione dei ruoli dell’udienza penale, ritarda l’emissione del decreto di citazione a giudizio in relazione alla richiesta del p.m., qualora egli a ciò sia determinato non da scarsa laboriosità ma dall’impossibilità di poter fissare in termini ragionevolmente brevi l’udienza dibattimentale dei processi a causa delle carenze di organico dell’ufficio. (Nella specie la Sezione ha escluso l’illecito disciplinare in quanto il magistrato, per le carenze di organico, aveva preferito, ad una pronta emissione dei decreti di citazione per una udienza assai lontana nel tempo, il rinvio dell’emissione stessa a data prossima al tempo della possibile trattazione dei processi, tenendo peraltro presente la necessità di dare precedenza ai processi con imputati detenuti, a quelli per reati di particolare allarme sociale ed a quelli per reati prossimi a prescriversi). Procedimento n. 100/88 - Sentenza del 9 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria in processo penale - Assenza di pregiudizio concreto alle parti - Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare l’inerzia nel compimento di attività istruttoria in un procedimento penale quando l’incolpato, 420 gravato da un rilevante carico di processi, abbia svolto una notevole mole di lavoro e sempre che dal ritardo non siano scaturiti danni alle parti del processo. (Nella specie per 15 mesi l’incolpato aveva omesso di compiere un qualsiasi atto istruttorio in un procedimento penale). Procedimento n. 41/89 - Sentenza del 16 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze che non sia sintomatico di scarsa laboriosità e trascuratezza, in quanto giustificato dalla mole complessiva di lavoro, svolto per di più in una situazione di ufficio di gravissima difficoltà. (Nella specie la Sezione ha sottolineato che gli incolpati si erano segnalati per senso del dovere e dedizione ad un ufficio sito in regione, quale la Calabria, gravata da forti tensioni e pericoli di ogni tipo). Procedimento n. 36/89 - Sentenza del 16 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Sussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze che non sia indice di calo nell’impegno lavorativo dell’incolpato, in quanto da attribuire a situazioni eccezionali di super impegno e di gravi accadimenti personali psico-affettivi. (Nella specie l’incolpato aveva depositato 96 sentenze civili oltre il 120° giorno nell’arco di tempo gennaio 1983 / marzo 1988). Procedimenti nn. 34/88 e 1/89 - Sentenza del 30 giugno 1989 Pres. Mirabelli. 421 Doveri del giudice: operosità - Costanti, gravi, reiterati e già sanzionati ritardi nel deposito delle sentenze - Insussistenza della colpa Idoneità del comportamento a fondare la delibera di dispensa dall’ufficio ex art. 3 II comma r.d. n. 511 del 1946. I costanti, gravi e reiterati ritardi nel deposito delle sentenze, non giustificati da un eccesso di lavoro giudiziario e preceduti a loro volta da condanna disciplinare per analoghi fatti, non sono sanzionabili disciplinarmente per mancanza di prova sufficiente della colpa (intesa come volontà cosciente e persistente di violare i doveri dell’ufficio) ma sono idonei a fondare la deliberazione di dispensa dall’ufficio ai sensi dell’art. 3, II comma, del regio decreto legislativo n. 511 del 1946. Procedimento n. 44/89 - Sentenza del 30 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare il mero ritardo nel deposito di sentenze che sia giustificato dalla mole del lavoro complessivamente svolto dall’incolpato e che non abbia provocato conseguenze rilevanti di alcun genere. (Nella specie i ritardi nel deposito di sentenze penali, rispettivamente 103 per un incolpato nel periodo 16 giugno 1981 / 4 maggio 1987 e 52 per l’altro incolpato nel periodo 5 marzo 1983 / 29 aprile 1987 erano comprese tra gli oltre novanta giorni e l’anno). Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel compimento di atti di ufficio - Censurabilità sul piano disciplinare - Requisiti. Il ritardo, anche rilevante, nel compimento di atti di ufficio costituisce illecito disciplinare quando rappresenti il sintomo di scarsa 422 laboriosità del magistrato che lo ha accumulato. (Nella specie la Sezione ha escluso l’addebito in ragione dell’operosità dimostrata dall’incolpato nell’ambito di altro procedimento disciplinare e del fatto che in concomitanza con il processo in cui si verificò il ritardo il magistrato stesso era stato impegnato in altro gravissimo processo di rilevanza nazionale). Procedimento n. 67/88 - Sentenza del 29 settembre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel compimento di atti di istruzione - Conseguente prescrizione di reato - Laboriosità complessiva positiva - Esclusione dell’addebito. Il ritardo nel compimento di atti di istruzione che provochi la prescrizione di un reato non costituisce illecito disciplinare se trattasi di un episodio isolato che si colloca in un contesto di scrupoloso, attento e diligente adempimento dei doveri d’ufficio da parte dell’incolpato quando questi si sia trovato ad operare in situazione difficile riuscendo a farvi fronte con notevole capacità e dedizione. (Nella specie l’incolpato, quale giudice istruttore, ricevute le richieste del pubblico ministero, lasciava trascorrere inutilmente due anni prima di chiedere al presidente del Tribunale la designazione di altro g.i., in quanto inibito a conoscere del processo per precedente attività giudicante resa nello stesso). Procedimento n. 57/89 - Sentenza del 13 ottobre 1989. Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Valutazione della laboriosità complessiva - Motivi di salute Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di sentenze civili da parte di magistrato valutato come laboriosissimo dal consiglio giudiziario e nominato dirigente di un ufficio giudiziario in epoca successiva all’inizio del procedimento disciplinare, se risulta 423 provato che egli, il coniuge e il figlio minore erano in precarie condizioni di salute nel periodo di tempo nel quale si sono verificati i ritardi. Procedimento n. 41/83 - Sentenza del 13 ottobre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Estinzione di reati per prescrizione Esclusione dell’illecito disciplinare - Condizioni. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia lasciato prescrivere numerosi reati, qualora gli stessi non rivestano carattere di particolare gravità, il lavoro complessivamente svolto dall’incolpato risulti di notevole mole e la situazione dei servizi di cancelleria presenti rilevanti carenze. (Nella specie la Sezione ha rilevato che i reati estinti per prescrizione avevano natura contravvenzionale, e che l’incolpato, unico magistrato addetto a pretura mandamentale, si era trovato a fronteggiare un carico di lavoro maggiore del normale in una situazione di particolare carenza dell’organico del personale ausiliario). Procedimento n. 62/88 - Sentenza del 27 ottobre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Operosità complessiva - Accuratezza delle motivazioni - Condizioni di salute. Non costituisce illecito disciplinare il grave ritardo nel deposito di numerose sentenze penali se: a) dai dati statistici comparativi risulti che il magistrato è di buona operosità e comunque di operosità non minore degli altri magistrati addetti allo stesso ufficio e alla stessa sezione; b) in prossimità delle ferie, verosimilmente destinate ad eliminare l’arretrato, sia stato nominato relatore di un processo di notevole mole; c) le motivazioni siano particolarmente accurate; d) nel periodo in cui si sono verificati i ritardi sia stato affetto da astenia depressiva e cataratta. 424 Procedimenti nn. 3 e 64/89 - Sentenza del 26 gennaio 1990 Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Carico di lavoro non rilevante - Ritardi per periodi ricorrenti ed in situazioni diverse - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito delle sentenze che, protratto in un arco temporale lungo ed in situazioni diverse, va ascritto principalmente a negligente trascuratezza (nella specie, per alcune sentenze è stata addotta la giustificazione della dimenticanza dei fascicoli). Procedimento n. 83/88 - Sentenza del 9 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Prescrizione di reati conseguenti al ritardo nella fissazione di procedimenti - Causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare quando il ritardo nel compimento dei propri compiti giurisdizionali, anche se determinante la prescrizione di reati, si iscrive in un contesto di complessiva, rilevante laboriosità dell’incolpato e di assoluta carenza di strutture e risorse personali. (Nella specie la contestazione concerneva il ritardo nel deposito di centoventotto sentenze penali nel periodo 80/86 e la prescrizione di trecentonove reati nel periodo 81/86). Procedimento n. 8/90 - Sentenza del 9 marzo 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di sentenze Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, il deposito con ritardo di alcune sentenze civili e penali ove, nel contesto della globale attività svolta dal magistrato, tale condotta non sia sintomo di negligenza profes425 sionale, risultando aliunde la prova certa delle eccellenti doti del medesimo, le sue attitudini organizzative, il suo alto senso di collaborazione fra magistrati, funzionari e tutto il personale al punto da fargli trascurare ogni suo interesse personale in favore di quelli inerenti all’ufficio. Procedimento n. 30/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Non assume rilievo disciplinare, con riferimento al mancato rispetto dei propri doveri d’ufficio, la condotta del magistrato che, nell’arco di tre anni, omette di motivare un’ordinanza di «formalizzazione» e di comunicare al pubblico ministero la disposta istruzione formale di un procedimento qualora si accerti, attendibilmente, che la mancata adozione di tale ultima comunicazione sia conseguenza del convincimento che essa competa alla cancelleria. Costituisce grave illecito disciplinare il ripetuto e persistente ritardo od omissione, da parte del magistrato, dello svolgimento di varie istruttorie, con la conseguenza di dover emettere per la propria inattività, nell’arco di tre anni, sedici ordinanze di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La gravità e rilevanza dell’illecito, sotto il profilo deontologico, va inquadrata e deve tener conto del complessivo comportamento di sistematica trascuratezza e negligenza del magistrato e dell’obiettivo rilievo negativo del suo comportamento, non trovando alcuna giustificazione nella pretesa entità del lavoro svolto o nella particolare complessità di alcuni procedimenti. Procedimento n. 39/89 - Sentenza del 27 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Gran mole di lavoro - Giustificabilità - Sussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di un numero non rilevante di sentenze in presenza di un’attività lavorativa straordinariamente elevata. 426 Procedimento n. 14/90 - Sentenza del 27 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Prescrizione di reati - Esimente di situazione pregressa deteriorata - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non è rilevante disciplinarmente il ritardo nel deposito di sentenze da parte di un presidente di tribunale che abbia ereditato una pregressa situazione pesantemente deteriorata e l’abbia affrontata con notevole impegno amministrativo e di lavoro giurisdizionale. Procedimento n. 21/90 - Sentenza dell’11 maggio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Stato di salute precario - Natura della malattia - Giustificabilità. Non costituisce illecito disciplinare l’omesso deposito di sentenze da parte di magistrato, gravemente ammalato, per il quale è stata successivamente iniziata procedura di dispensa dal servizio. Procedimento n. 20/90 - Sentenza del 25 maggio 1990 - Pres. Contri. Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non assume rilievo disciplinare, con riferimento al tempestivo adempimento dei propri doveri d’ufficio, il comportamento del magistrato che deposita con ritardo numerose sentenze civili allorché detti ritardi sono riferibili a circostanze a lui non imputabili e comunque non sono conseguenti a cadute di professionalità né hanno determinato lesioni del suo prestigio (nel caso il magistrato aveva depositato, nell’arco di un anno, 32 sentenze civili oltre il 120° giorno dall’udienza di discussione). 427 Procedimento n. 74/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Lavoro svolto in gran quantità - Difetto di rilevanza disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito delle sentenze allorché risulti giustificato dall’espletamento, nel medesimo periodo, di un imponente mole di lavoro e da un’inadeguata dotazione di mezzi e personale delle cancellerie. Procedimento n. 50/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Valutazione positiva dell’operosità e della qualità - Insussistenza dell’illecito. La produttività complessiva del magistrato, positivamente valutabile sia in termini assoluti che relativi, unita alla qualità ineccepibile dei provvedimenti ed alla stima di cui il magistrato gode, escludono la censurabilità in termini disciplinari del ritardo nel deposito delle sentenze. Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pes. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Conseguente prescrizione di reati - Accertamento del contributo causale del ritardo rispetto all’esito processuale. Il ritardo nel deposito delle sentenze non è di per sé sintomo di difetto di diligenza; allorché esso costituisca una concausa di un negativo esito processuale (prescrizione di reati), va esaminata l’intera vicenda processuale per accertarne il suo concreto contributo causale. 428 Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Sintomo di deficienze e limiti professionali - Illecito disciplinare Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare una condotta professionale che manifesti deficienze e limiti ma non neghittosità e trascuratezza (nella specie si è ritenuto scusabile il ritardo nel deposito di sentenze ove determinato da una pressante e crescente domanda di lavoro ed in presenza di contestuale difetti organizzativi ascrivibili ad altri soggetti). Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Pressanti esigenze di lavoro - Presenza di aree di privilegio Circostanza da valutare favorevolmente per l’incolpato Ammissibilità. Per l’incolpato di ritardo nel deposito di sentenze costituisce circostanza per lui favorevole l’esistenza di aree di privilegio in presenza di insopprimibili esigenze di ufficio (nella specie si è ritenuta giustificabile la condotta di magistrati che hanno depositato in ritardo un gran numero di sentenze a causa di una gran mole di lavoro gravante sulla sezione ed in presenza di presidenti di sezione che hanno continuato a non assegnare a se stessi alcuna motivazione di sentenza). Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Svolgimento di incarico arbitrale conferito dal capo dell’ufficio Dovere d’istituto - Possibile configurabilità. 429 L’espletamento di un incarico arbitrale conferito dal presidente della Corte può, allo stato della legislazione, configurarsi come dovere d’istituto (nella specie si è ritenuto che lo svolgimento di incarichi arbitrali non può da solo costituire circostanza sfavorevole per il magistrato incolpato di ritardo nel deposito delle sentenze). Procedimento n. 22/90 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Assenze prolungate dall’ufficio - Tardivo presentazione di certificati medici relativi alle denunciate malattie Assenza dal proprio domicilio in occasione di visita fiscale Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale non si presenti in ufficio per numerosi periodi nel corso dell’anno; non faccia pervenire per tempo i relativi certificati medici; non si trovi nel domicilio indicato nel certificato medico per sottoporsi a visita fiscale allorquando ricorrano valide cause di giustificazione quali un difficile periodo di vita per la salute malferma, il fallimento del proprio matrimonio, l’assassinio del padre da parte di esponenti della sinistra eversiva (nella specie risultavano, comunque, effettuate alcune tempestive comunicazioni telefoniche delle proprie assenze, reso noto all’ufficio il mutamento di indirizzo e verificati dei disservizi postali quanto al ritardo nell’arrivo di alcuni certificati medici). Procedimento n. 24/90 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze civili - Carico di lavoro svolto - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito delle sentenze civili, qualora non solo sia apparso giustificato e talora inevitabile per la mole del lavoro complessivamente svolto dal magis430 trato, ma sia inserito in un contesto che metta in luce la grande operosità e la disponibilità dell’incolpato. (Nella specie si è ritenuto che la lettura isolata, parcellare del dato statistico, quale a tutta prima suggerivano le relazioni ispettive, non rende giustizia a chi aveva, nel periodo in esame, lavorato intensamente nel settore civile come in quello penale, nei consigli giudiziari, nelle sezioni promiscue e soprattutto nelle corti d’assise). Procedimento n. 31/90 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: operosità - Mancato rispetto dei termini di deposito di sentenze civili per circa un quinquennio - Fattispecie Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare, sotto forma di violazione dei doveri di diligenza e laboriosità, la condotta del magistrato che ritardi il deposito di sentenze civili quando tali episodi si presentino come meri accidenti in una carriera contrassegnata da laboriosità, impegno e diligenza e trovino giustificazione in fatti gravi e specifici (nella specie ravvisati nello smarrimento di un fascicolo in sede di trasferimento dell’ufficio; nell’inopinata reggenza dell’ufficio, di notevoli dimensioni, per la malattia e successiva quiescenza del dirigente; per grave malattia del figlio 18enne colpito da un distacco traumatico di retina). Procedimento n. 19/90 - Sentenza del 28 settembre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: operosità - Frequenti assenze dall’ufficio Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che si assenta frequentemente dall’ufficio determinando con tale comportamento disservizi in ordine alla organizzazione del lavoro ed alla gestione del suo ruolo. 431 Procedimento n. 48/90 - Sentenza del 5 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella trasmissione di procedimenti penali ad altro ufficio competente - Esclusione dell’illecito - Fattispecie. Il pretore mandamentale più anziano, costantemente addetto in via esclusiva al servizio civile, non commette illecito disciplinare se trasmette con grave ritardo i fascicoli processuali relativi alla morte di alcune persone al procuratore della Repubblica competente, allorché risulti che nel servizio penale si siano avvicendati più magistrati in un breve periodo, che comunque l’incolpato ha dimostrato grande laboriosità svolgendo le sue funzioni anche in applicazione presso altre sedi giudiziarie, senza mai godere del congedo ordinario durante il periodo feriale e che il ritardo non ha provocato sensibili pregiudizi (in nessun caso è stata dichiarata la prescrizione). Procedimento n. 15/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Sussistenza dell’illecito - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare il considerevole ritardo nel deposito di sentenze civili non giustificato da una particolare gravosità del carico di lavoro e accompagnato da scarsa disponibilità al lavoro d’ufficio, manifestatesi in frequenti assenze dall’ufficio, tra l’altro comunicate intempestivamente con conseguenti disservizi. 432 14 - DOVERI DEL GIUDICE: RISERBO 433 434 Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: riserbo - Confidenze sul contenuto di un provvedimento non emanato - Sussistenza dell’illecito. Viene meno al dovere di riserbo in ordine agli atti del proprio ufficio (ed è, pertanto, passibile di sanzioni disciplinate) il magistrato che, in colloqui con amici, comunichi — un mese prima dell’emissione del provvedimento — la sua intenzione di nominare a tutore provvisorio di un interdicendo, un suo intimo amico. Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. Doveri del giudice: riserbo - Assunzione di testimonianza al fine di smentire fatti su cui lo stesso teste aveva deposto in una inchiesta a carico del magistrato - Sussistenza dell’illecito. Assumere a verbale, nella qualità di pretore, le dichiarazioni di un testimonio allo scopo di smentire i fatti sui quali lo stesso testimonio aveva deposto avanti un ispettore ministeriale in una inchiesta a carico di esso magistrato, costituisce un comportamento censurabile in sede disciplinare, essendo indice di mancanza di quel riserbo che un appartenente all’ordine giudiziario deve imporsi nelle particolari circostanze. 435 Procedimento n. 117 - Sentenza del 29 aprile 1967 - Pres. Rocchetti. Doveri del giudice: riserbo - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Sebbene sia encomiabile che il magistrato investito delle funzioni di giudice istruttore penale svolga la sua attività con zelo e passione, è necessario tuttavia che egli conservi, rispetto alle vicende umane che si trova ad affrontare, il distacco, la prudenza e la serenità che sono indispensabili garanzia di un retto giudizio. Pertanto costituisce illecito disciplinare il comportamento di un giudice istruttore che abbia suggerito ad un imputato le dichiarazioni da rendere al collegio nel corso dell’interrogatorio dibattimentale, al fine di una qualificazione giuridica meno grave del fatto da lui commesso, dichiarazioni che esso magistrato si proponeva di utilizzare in un procedimento che egli istruiva a carico della persona offesa dai reati ascritti al predetto imputato. Tale condotta riveste maggiore gravità se è tenuta in aula di udienza, durante una pausa del processo, sì da suscitare anche la reazione del difensore dell’imputato. Procedimento n. 91 - Sentenza del 23 gennaio 1969 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: riserbo - Istruttore di causa civile che suggerisca alla parte attrice di rinunciare alla domanda essendo provata l’incompetenza per valore del giudice adito - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore che, in sede di istruttoria di una causa civile, abbia suggerito alla parte attrice di rinunziare alla domanda per essere risultata evidente — dalle prove già acquisite al processo — l’incompetenza per valore del giudice adito. In tal caso, invero, non potrebbe fondatamente farsi carico al pretore di essere andato oltre i poteri conferitigli dall’art. 316 c.p.c., per avere richiamato l’attenzione dei procuratori delle parti sulla possibilità di una pronuncia di incompetenza e sui suoi effetti negativi ai fini di una sollecita definizione del processo. 436 Procedimento n. 188 - Sentenza dell’11 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Fattispecie Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nel rendere dichiarazioni alla stampa, non si limiti a soddisfare legittime richieste fornendo notizie obiettive e che non si traducono in violazioni del segreto d’ufficio, ma miri ad attirare sul proprio operato una pubblicità non consona al prestigio della funzione esercitata e si esprime in termini tali da far ritenere, contrariamente al vero, che l’ambiente giudiziario gli aveva frapposto le più dure resistenze. (Nella fattispecie il magistrato aveva, tra l’altro dichiarato: «Io sono stato il primo magistrato a colpire le bandiere ombra e mi hanno subito fermato... combatto la mia guerra privata incurante di qualsiasi rischio... Dicono che se non smetto di attaccare gli armatori ombra mi faranno la pelle. Mi sono assicurato per cinquanta milioni. Ho preso il porto d’armi e ho comprato una pistola e un winchester per dimostrare che non dormo. E seguito ad attaccare... Sequestrai il Faella abbattendo innumerevoli ostacoli creati da chi dovrebbe perseguire i truffatori... Le più dure opposizioni alla mia guerra contro le bandiere ombra le ho incontrate dove esercito le mie funzioni. Hanno minacciato di sottopormi a procedimento disciplinare perché avrei scavalcato il presidente de jure del tribunale e mi hanno invitato a scegliermi un’altra sede giudiziaria... Sono stato festeggiato da marinari della riviera e boicottato dai miei superiori». Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: riserbo - Azioni di propaganda che si traducono in danno del prestigio dell’Ordine giudiziario e della fiducia dei cittadini nella obiettività della giustizia - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito - Commissione del fatto nell’ufficio giudiziario dell’incolpato o nell’espletamento delle funzioni giurisdizionali Maggiore gravità dell’illecito. 437 Il dovere di riservatezza e di imparzialità che si impone al magistrato comporta l’obbligo di astenersi da azioni di propaganda (invito a partecipare a dibattiti su scritti che hanno formato oggetto di procedimento penale per vilipendio della magistratura) in danno, sia del prestigio della magistratura medesima, che della fiducia dei cittadini nell’obiettività della giustizia. Il fatto assume maggiore gravità, se commesso nel proprio ufficio giudiziario, nell’espletamento delle funzioni giurisdizionali, rivolgendosi, per di più a persone che si rechino dal magistrato, al fine di chiedere e ottenere provvedimenti giudiziari. Procedimento n. 208 - Sentenza del 25 febbraio 1975 - Pres. Bosco. Doveri del giudice: riserbo - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato, che, in occasione delle nozze della propria figlia, richieda di fare da testimoni a due avvocati, con i quali non esistono relazioni di amicizia, e, ottenuto da uno di questi un regalo di rilevante valore, continui a trattare quale istruttore una causa dal medesimo patrocinata. Procedimento n. 353 - Sentenza del 15 luglio 1977 - Pres. Bachelet. Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Illecito disciplinare - Insussistenza - Fattispecie. Il pretore che, dopo aver formulato un capo d’imputazione ed aver ordinato all’ufficio di cancelleria di predisporre il decreto di citazione e di presentarlo per la firma al magistrato dirigente, fornisca ad un giornalista notizie sull’esistenza del rinvio a giudizio e sul capo d’imputazione medesimo, non commette illecito disciplinare ove ciò abbia fatto ritenendo che il cennato decreto fosse stato già notificato e che, pertanto, le dette notizie, fossero, ormai, di dominio pubblico. Procedimento n. 328-330 - Sentenza del 23 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. 438 Doveri del giudice: riserbo - Intervento di un magistrato ad una pubblica riunione indetta per protestare contro un processo penale - Illecito disciplinare - Insussistenza - Condizioni. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che partecipi ad una pubblica riunione indetta per protestare contro un procedimento penale che stia per essere celebrato dal collegio di cui lo stesso magistrato fa parte, qualora non risulti sufficientemente provato che l’incolpato sia intervenuto a tale manifestazione essendo consapevole della possibilità che durante lo svolgimento di essa sarebbero stati trattati temi comunque attinenti a quel procedimento. Procedimento n. 12/81 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Fattispecie Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che avendo l’obbligo di astenersi ed essendosi astenuto solo a seguito della diffusione di uno scritto anonimo che denunciava la situazione di incompatibilità, tenti di accreditare nell’opinione pubblica l’erroneo convincimento di essere rimasto vittima di gratuiti attacchi originati dalla paura che la sua presenza nel processo incuteva, essendo egli un magistrato «tropo scomodo per qualcuno». Procedimento n. 12/81 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Fattispecie Insussistenza dell’illecito. Allorché una vicenda giudiziaria sia seguita con particolare attenzione dagli organi di informazione, in quanto coinvolga o possa coinvolgere personalità politiche di primo piano, non commette illecito disciplinare il magistrato sostituto procuratore che, spiegando i motivi 439 della formalizzazione del procedimento, riferisca di divergenze effettivamente avute con il procuratore della Repubblica e specifichi che questi non ha condiviso alcune iniziative processuali reputandole non improntate alla necessaria prudenza. Procedimento n. 14/81 - Sentenza del 17 dicembre 1982 - Pres. De Carolis. Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Uso di espressioni inopportune e poco mediate - Motivazione giustificativa - Insussistenza dell’illecito. Il magistrato che, nel contesto di un giudizio critico alle proposte di liberalizzazione dell’uso del c.d. droghe leggere e di somministrazione controllate di quelle c.d. pesanti, adopera espressioni inopportune e poco meditate nei confronti dei parlamentari, non commette illecito disciplinare allorquando le espressioni usate appaiono fortemente condizionate dal suo appassionato impegno professionale nello specifico settore, e la presa di coscienza della sua inadeguata esperienza professionale lo determini ad una successiva intervista diretta a correggere, esplicandoli, i giudizi precedentemente espressi. Procedimento n. 23/82 - Sentenza del 14 gennaio 1983 - Pres. Galasso. Doveri del giudice: riserbo - Memorie scritte di esperienze personali di via giudiziaria - Accuse ai capi degli uffici - Pubblicità dell’opera non voluta dall’autore - Finalità perseguita - Insussistenza dell’illecito. La redazione di memorie delle proprie esperienze personali di vita giudiziaria, sorretta dalla volontà di spiegare con gli ostacoli frapposti dai capi degli uffici il mancato appagamento della propria ansia di giustizia, ma contrassegnato da un tono distaccato e quasi sempre misurato, non integra illecito disciplinare anche se, all’insaputa dell’autore, un cronista giudiziario, cui le bozze erano state mostrate per un parere sull’opportunità della loro pubblicazione, le abbia utilizzate per due articoli su un quotidiano locale. 440 Procedimento n. 93/87 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: riserbo - Rapporti con i colleghi - Critica del comportamento di un collega - Doglianze sull’esercizio dell’attività giurisdizionale - Commenti in ordine alla disponibilità finanziaria di un collega - Divulgazione solo tra i magistrati dell’ufficio Inidoneità a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario. Non costituisce illecito disciplinare la manifestazione di doglianze sul modo di esercitare la funzione giudiziaria e l’espressione di commenti sulle condizioni economiche di un collega di ufficio allorché le une e gli altri rimangono circoscritti nell’ambito dello stesso ufficio, così da non assumere l’idoneità a compromettere il prestigio e la considerazione dell’ordine giudiziario presso il pubblico. Procedimento n. 77/87 - Sentenza del 21 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: riserbo - Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. Rientrano nell’ambito del diritto di critica, riconosciuto a tutti e nei confronti di tutti (e quindi anche ai magistrati), le osservazioni aspre e ripetute contenute in una nota pubblicata in un periodico locale con cui il magistrato commenta severamente la motivazione di un provvedimento giudiziario. Il tono impertinente ed inopportuno usato nell’esprimere detta critica non rileva per sé, in sede disciplinare, ma va ricondotto e valutato nel contesto del discorso e dell’episodio intero senza estrapolare singole frasi dal testo. La indignazione appassionata, espressa in toni inusitati e sarcastici, ritenuta lecita dal giudice penale né oggetto di lagnanza alcuna da parte degli autori della sentenza criticata, non può essere compressa o sanzionata neppure in sede disciplinare, purché non incorra nell’abuso per gravità, gratuità e falsità dell’offesa (nella specie il magistrato aveva pubblicato un commento critico ad una sentenza di condanna per il delitto di istigazione di militari a disobbedire alle leggi col mezzo della stampa, usando, fra l’altro, le seguenti espressioni: «... 441 assurda sentenza di condanna... destinata a naufragare nel ridicolo... in presenza di una logica giuridica che certamente avrebbero condiviso i giudici del III Reich... con questa sentenza i giudici hanno vinto un viaggio premio, un tour nei campi di sterminio nazista...» ritenute un contributo ad un dibattito culturale volto a configurare l’assurdità della mitica teorizzazione dell’obbedienza pronta, cieca ed assoluta). Procedimento n. 6/89 - Sentenza del 10 novembre 1989 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: riserbo - Libertà di manifestazione del pensiero Limiti - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Manca ai propri doveri, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, il magistrato che sottoscriva, insieme ad altri, una lettera su carta intestata di un club cittadino in cui si esprima solidarietà e stima nei confronti di un cittadino italiano, imputato in U.S.A. di pedofilia, al fine di influire sulle determinazioni del giudice americano, destinatario della missiva, pur nella consapevolezza del clamore e della risonanza suscitati dal caso nella città in cui egli presta servizio, della pendenza presso la locale pretura di un procedimento penale a carico del medesimo imputato, dell’esistenza di un carteggio presso l’ufficio di appartenenza oltre che della pendenza di una richiesta di assistenza giudiziaria. Tale condotta comporta una grave caduta di credibilità del magistrato presso l’opinione pubblica nazionale e locale ed offusca la sua immagine esterna di imparzialità. Procedimento n. 56/89 - Sentenza del 18 maggio 1990 - Pres. Mirabelli. Doveri del giudice: riserbo - Rilascio di intervista televisiva con divulgazione di notizie destinate a restare riservate - Fattispecie Esclusione. Non viola i doveri di riserbo il magistrato che concede un’intervista televisiva che valorizza giornalisticamente, tramite immagini 442 in diretta del protagonista nella propria abitazione, la notizia della revoca del proprio consenso al suo collocamento fuori ruolo per la destinazione ad altro incarico (di coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa), motivata dall’aver subito minacce di natura mafiosa, ove si acquisisca la prova certa che il magistrato non prese alcuna iniziativa nei confronti del programma; che il giornalista era stato pienamente informato da altri dello svolgimento dei fatti che avevano portato a detta rinunzia; che la notizia sarebbe stata comunque data nel corso del programma televisivo, anche senza intervista dell’interessato, con la sicura produzione dei medesimi effetti di scandalo e clamore nell’opinione pubblica innescati oggettivamente dalla divulgazione della rinunzia all’incarico non costituente, come tale, oggetto di incolpazione. 443 444 15 - ESECUZIONE DELLE DECISIONI DISCIPLINARI 445 446 Procedimento n. 42 - Sentenza del 23 giugno 1962 - Pres. De Pietro. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Nullità del procedimento e della decisione - Deducibilità in sede di incidente di esecuzione Inammissibilità. I provvedimenti con i quali la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura definisce i procedimenti a carico di magistrati hanno natura giurisdizionale. Ne consegue che i vizi da cui siano affetti tali provvedimenti o i relativi procedimenti possono essere dedotti soltanto con i mezzi di impugnazione previsti dalla legge e nei limiti temporali dalla medesima stabiliti, ma non sono deducibili in sede di esecuzione. Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De Pietro. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Procedura degli incidenti di esecuzione - Ammissibilità. Anche in materia disciplinare è ammissibile la procedura degli incidenti di esecuzione per analogia con il sistema processuale penale ed in mancanza di norme che specificatamente o indirettamente la vietino. 447 Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De Pietro. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Sospensione dell’esecuzione in pendenza di istanza per revisione - Inammissibilità. Il vigente ordinamento non consente la sospensione dell’esecuzione della sentenza disciplinare nei confronti del magistrato, rimosso dalle funzioni o destituito, il quale dichiari — dopo il rigetto del ricorso per cassazione proposto contro la decisione — di voler presentare istanza di revisione. Procedimento n. 57/81 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Perdita d’anzianità - Modalità applicative. Nell’applicazione della sanzione disciplinare della perdita di anzianità va tenuto conto del ruolo unificato dei magistrati di appello e di tribunale e lo spostamento deve essere fissato in modo da far coincidere la nuova collocazione con l’anzianità nella qualifica. Procedimento n. 364/R.G. - Sentenza del 22 novembre 1985 Pres. Guizzi. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Perdita di anzianità Esecuzione. La perdita di anzianità è sanzione che comporta lo spostamento nel ruolo di anzianità non inferiore ad un quarantesimo, né inferiore ad un decimo dei posti di organico della qualifica di appartenenza. Ne consegue che se l’applicazione in concreto della sanzione inflitta provochi uno spostamento nel ruolo in misura maggiore al decimo, deve darsi esecuzione alla sanzione in guisa da non arrecare al condannato un danno maggiore del dovuto. 448 Procedimento n. 12/82 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Perdita di anzianità Esecuzione della condanna. Lo spostamento nel ruolo di anzianità conseguente ad una definitiva condanna alla perdita dell’anzianità non può determinare conseguenze negative più gravi di quelle insite nel limite della sanzione inflitta. Procedimento n. 22/84 - Ordinanza del 10 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Applicabilità del condono. In sede di esecuzione di condanne disciplinari definitive non è consentito rinnovare alcun giudizio di merito e non è neppure dato utilizzare l’autonomia dei singoli addebiti, già valutati unitariamente agli effetti sanzionatori, allo scopo di fare uso dell’ordinaria disciplina del condono per il reato continuato. Detta disciplina è infatti inapplicabile sia per la ontologica diversità dell’illecito, sia per la presenza di norme speciali per il condono delle sanzioni disciplinari. Procedimento n. 7/87 - Sentenza del 18 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Esecuzione delle decisioni disciplinari - Applicazione della sanzione della perdita di anzianità. Lo spostamento nel ruolo conseguente alla applicazione della perdita di anzianità non può incidere di fatto sulla posizione del condannato in guisa da determinare conseguenze più gravi di quelle insite nel limite della sanzione inflitta. 449 450 16 - ILLECITO DISCIPLINARE 451 452 Procedimento n. 226 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Illecito disciplinare - Deliberazione Giunta A.N.M. - Rilevanza della sola manifestazione esterna delle volontà di detto organo associativo. Non sono perseguibili in sede disciplinare i fatti attinenti alla fase elaborativa e quindi interna di una deliberazione presa da una Giunta dell’A.N.M., non essendosi ancora manifestata all’esterno la volontà di quell’organo. Procedimenti n. 253-288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres. Bosco. Illecito disciplinare - Minore tipicizzazione dell’illecito rispetto ad altre categorie di dipendenti dello Stato - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 18 e 19 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, sollevata per contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., nell’assunto che quelle disposizioni attuerebbero, nei confronti dei magistrati, una normativa in materia disciplinare meno tipicizzata rispetto ad altre categorie di dipendenti dello Stato, in quanto il procedimento previsto nei confronti di magistrati assicura a tutti i magistrati identici 453 trattamenti, e, per la procedura, si differenzia notevolmente dal procedimento previsto per gli altri impiegati dello Stato, specie per la sua natura giurisdizionale, preordinata dall’ordinamento, a tutela della particolare posizione in cui il magistrato è collocato nell’assetto costituzionale dello Stato, quale appartenente ad un Ordine di cui, in attuazione del precetto costituzionale, vuole essere garantita l’autonomia e l’indipendenza dagli altri poteri dello Stato. Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco Illecito disciplinare - Difetto di adeguata tipicizzazione degli illeciti Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, in relazione agli artt. 101, 104, 107 della Costituzione (mancata tipicizzazione degli illeciti disciplinari) in quanto non sussiste violazione del principio di legalità quando, negli illeciti disciplinari, da assimilarsi in senso ampio ai reati a forma c.d. libera (tra cui è da comprendersi il prestigio dell’ordine giudiziario), per l’individuazione del bene leso, si ricorra a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività in cui il giudicante opera. Inoltre, il principio della tipicizzazione della condotta, non rigoroso nemmeno nel campo penale, non può trovare rigida applicazione nel campo disciplinare, nel quale la previsione della fattispecie sfugge a una precisa predeterminazione, in quanto, per il magistrato, le norme di condotta si evincono da tutta la sua posizione nell’ordinamento, dal suo status, al quale deve conformarsi anche la sua condotta privata e possono essere, quindi, le più varie anche perché soggetta ad evoluzione nel tempo. Pertanto, non può nemmeno pretendersi una previsione specifica di correlazione tra fattispecie e sanzione disciplinare, sicché è corretta la rimessione della concreta commisurazione della sanzione alla Sezione disciplinare dell’Organo di governo dell’Ordine giudiziario. (L’eccezione di incostituzionalità era stata fondata sul rilievo che la mancata determinazione del bene leso e della condotta lesiva del prestigio dell’Ordine giudiziario, renderebbe necessario il loro 454 riempimento mediante la scelta discrezionale da parte dell’organo giurisdizionale non solo delle norme di comportamento alle quali il magistrato si deve uniformare o della configurazione della fattispecie capaci di integrare la condotta cui debba essere mosso rimprovero, ma anche della specie e della misura delle pene per ogni infrazione, mentre invece il principio di legalità esige che le previsioni incolpatrici siano veramente realmente determinate o determinabili. Si era aggiunto che, nella situazione denunciata, risultava compromesso anche il principio dell’indipendenza del giudice, perché la sanzione più grave dell’ammonimento può essere accompagnata dal trasferimento di ufficio e perché il principio dell’indipendenza riguarda tutta la figura del magistrato o ogni articolazione della persona del giudice; che la norma impugnata era anteriore alla Costituzione e di un’epoca in cui il giudice amministrava giustizia in nome del re e sotto la tutela del ministro e non in nome del popolo italiano). Procedimento n. 268 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco. Illecito disciplinare - Difetto di adeguata tipicizzazione dell’illecito Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. Illecito disciplinare - Difetto di corrispondenza tra le sanzioni e gli illeciti disciplinari - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 18 e 19 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 (mancata enunciazione di espliciti fatti concreti che possano dar luogo a giudizi disciplinari a carico dei magistrati e mancata correlazione tra i cinque tipi di sanzioni — ammonimento, censura, perdita dell’anzianità, rimozione e destituzione — solamente elencati e le corrispondenti mancanze disciplinari), in quanto, per il riferimento ai doveri del magistrato, i compiti che questi è chiamato ad assolvere sono indicati in precise norme dell’ordinamento giuridico, e, per il riferimento alla sua condotta, risultano chiaramente individuati i beni giuridici protetti, quali, da un lato, la fiducia e la considerazione di cui il magistrato deve godere, e, dall’altro, il prestigio dell’Ordine giudiziario: beni che, del resto, possono essere 455 lesi con una tale varietà di comportamenti, da non consentire una preventiva specificazione, che lascerebbe necessariamente fuori fattispecie assolutamente non prevedibili. Procedimento n. 316 - Sentenza dell’8 ottobre 1974 - Pres. Bosco. Illecito disciplinare - Genericità della previsione di cui all’articolo 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Poteri dell’interprete in sede di applicazione. La disposizione dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 sulle guarentigie della magistratura è manifestamente una norma elastica — in quanto si richiama ai concetti, genericamente indicati, di dovere d’ufficio, di fiducia e di considerazione di cui il magistrato deve godere, di prestigio dell’Ordine giudiziario — e quindi lascia all’organo giudicante un certo margine di valutazione del comportamento tenuto dal magistrato, al fine di accertare la sussistenza o meno in concreto di un illecito disciplinare. Procedimento n. 363 - Sentenza del 26 settembre 1977 - Pres. Bachelet. Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli art. 25, 2° comma, 101, 2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui qualifica come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo datale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla 456 Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Procedimento n. 267 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres. Bachelet. Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101, 2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui qualifica come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Procedimento n. 287 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres. Bachelet. Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101, 2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui qualifica come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo 457 tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero Procedimento n. 351 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres. Bachelet. Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101, 2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte di cui qualifica come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Procedimento n. 301 - Sentenza del 13 ottobre 1978 - Pres. Bachelet. Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale. 458 Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101, 2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte di cui qualifica come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Procedimento n. 376 - Sentenza del 18 maggio 1979 - Pres. Bachelet. Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101, 2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte di cui qualifica come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Procedimento n. 8 - Sentenza del 14 novembre 1980 - Pres. Zilletti. 459 Illecito disciplinare - Art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 - Condotta lesiva della fiducia di cui il magistrato deve godere o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Questione di legittimità costituzionale Violazione degli artt. 25, 101, 108 Cost. - Non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui sottopone a sanzione disciplinare il magistrato che tenga, in ufficio o fuori, una condotta tale da renderlo immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell’Ordine giudiziario. La previsione di tale ipotesi di illecito disciplinare, infatti, non essendo tipizzata e dovendo, quindi, essere individuata in rapporto a criteri di valutazione ed a modelli di comportamento a loro volta non tipizzati, può risultare in contrasto sia con il principio di legalità sancito dall’art. 25, 2° comma, Cost., sia con gli artt. 101, 2° comma, 108, 1° comma Cost., i quali escludono, salvo il disposto dell’art. 105 Cost., la mediazione da parte di altri organi nella disciplina dello status dei magistrati, stabilendo che i giudici sono soggetti soltanto alla legge e che le norme dell’Ordinamento giudiziario sono stabilite per legge. Procedimento n. 430 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres. Zilletti. Illecito disciplinare - Art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 - Dovere di fedeltà al proprio ufficio - Contrasto con il diritto di libera manifestazione del pensiero - Contrasto con l’art. 21 Cost. Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in relazione all’art. 21 Cost., nei confronti dell’art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui, fra i doveri inerenti allo status di magistrato, sanzionati disciplinarmente, annovera anche quello di fedeltà al proprio ufficio, in quanto quest’ultimo dovere, così come disciplinati dalla citata norma, può trovarsi in contrasto con il diritto di libera manifestazione del proprio 460 pensiero spettante al magistrato al di fuori dello svolgimento delle sue funzioni. Procedimento n. 66/88 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Illecito disciplinare - Beni giuridici protetti - Pubblicità della condotta - Necessità - Limiti. L’art. 18 R.D. Lgs. 511/1946 tutela una pluralità di beni giuridici taluni dei quali non abbisognano per essere violati della pubblicità o percepibilità da parte di altri delle condotte censurabili. (Nella specie la Sezione ha individuato quali beni giuridici protetti, indipendentemente dalla pubblicità delle condotte illecite, il rispetto dei doveri e la tenuta di un comportamento non censurabile). Procedimento n. 40/89 - Sentenza del 16 settembre 1989 - Pres. Mirabelli. Illecito disciplinare - Comportamento di magistrato autore di provvedimento giurisdizionale successivamente annullato in sede di legittimità per carenza di motivazione - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che rediga un provvedimento giurisdizionale successivamente annullato dalla Corte di Cassazione per difetto di motivazione, in quanto detto annullamento è frutto del normale svolgimento dei diversi controlli previsti nell’iter processuale ed anzi l’affermazione di responsabilità disciplinare, in mancanza di comportamenti abnormi da parte del magistrato, costituirebbe un condizionamento della libera formazione del convincimento del giudice. (Nella specie trattasi di g.i. che aveva emesso sentenza istruttoria di n.d.p. per insufficienza di prove nei confronti dell’imputato, il quale prima propose impugnazione — dichiarata inammissibile — alla sezione istruttoria e successivamente propose ricorso alla Corte di Cassazione, che lo assolse ritenendo carente di motivazione la sentenza istruttoria). 461 Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Illecito disciplinare - Dichiarazione di incompatibilità di avvocato difensore nei confronti del suo assistito al di fuori dei casi di cui all’art. 133 c.p.p. - Abnormità del provvedimento. Costituisce provvedimento abnorme, come tale censurabile in sede disciplinare, la dichiarazione dell’incompatibilità del difensore di fiducia nei confronti del proprio assistito effettuata nel corso di un procedimento penale dal pubblico ministero quando non ricorrano le condizioni di cui all’art. 133 c.p.p. (Nella specie l’incolpato aveva emesso un provvedimento con cui dichiarava l’incompatibilità alla difesa del suo patrocinato del difensore che, nella fase istruttoria, aveva assunto la veste di testimone, prima ancora di citarlo a rendere testimonianza, nella sostanza privando l’imputato della difesa). 462 17 - IMPUTABILITÀ 463 464 Procedimento n. 5 - Sentenza del 19 novembre 1960 - Pres. De Pietro. Imputabilità - Incapacità di intendere e volere dell’incolpato - Carattere permanente dell’incapacità - Poteri di accertamento della Sezione - Esclusione. Esula dalla competenza della Sezione disciplinare l’indagine diretta ad accertare se la incapacità di intendere e di volere dell’incolpato, emersa in relazione ai fatti formanti oggetto del procedimento disciplinare, abbia o meno carattere permanente. Tale indagine, infatti, rientra nei poteri del Consiglio superiore della magistratura cui spetta eventualmente di disporre la dispensa dal servizio del magistrato ai sensi dell’art. 3 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511. Procedimento n. 5 - Sentenza del 19 novembre 1960 - Pres. De Pietro. Imputabilità - Incapacità di intendere e di volere - Inapplicabilità di sanzioni disciplinari. L’applicazione delle sanzioni disciplinari esige la capacità di intendere e di volere del magistrato incolpato all’epoca in cui i fatti furono commessi. A tale effetto l’eventuale incapacità di intendere e di volere 465 può essere desunta da uno stato di paranoia psicogena, clinicamente accertato, reso manifesto dal carattere abnorme ed inconsulto dei fatti commessi. Procedimento n. 137 - Sentenza del 27 novembre 1969 - Pres. Amatucci. Imputabilità - Incapacità di intendere e di volere - Inapplicabilità di sanzioni disciplinari. Il principio della non imputabilità per vizio totale di mente, vigente in materia penale, è applicabile anche in sede disciplinare: pertanto non è passibile di sanzione disciplinare il magistrato che al momento del fatto si trovava in stato di totale incapacità di intendere e di volere. Procedimento n. 179 - Sentenza del 13 maggio 1971 - Pres. Amatucci. Imputabilità - Incapacità di intendere e di volere - Inapplicabilità di sanzioni disciplinari. Deve essere assolto dalle incolpazioni ascrittegli, per avere agito in stato di incapacità di intendere e di volere, il magistrato che abbia compiuto atti privi di una benché minima giustificazione razionale quando risulti provato che l’incolpato, nel momento in cui ha commesso i fatti, non era in grado, per infermità, di comprendere il significato e la portata degli atti che compiva e di determinarsi secondo motivi ragionevoli. Anche in sede disciplinare infatti è applicabile la norma di cui all’art. 88 del codice penale. Procedimento n. 181 - Sentenza dell’8 giugno 1973 - Pres. Bosco. Imputabilità - Incapacità di intendere e volere - Esclusione elemento psicologico - Inapplicabilità di sanzioni disciplinari. 466 La erronea e travisata valutazione della realtà, causata esclusivamente da un grave stato di squilibrio psichico, determina la totale carenza dell’elemento psicologico necessario per la sussistenza dell’illecito disciplinare. Procedimento n. 339 - Sentenza dell’11 maggio 1977 - Pres. Bachelet. Imputabilità - Opinione soggettiva di erronea interpretazione di una norma - Irrilevanza. L’opinione soggettiva di essere caduto in errore risulta priva di rilevanza giuridica ai fini del riconoscimento della responsabilità dell’incolpato se sul piano oggettivo si dimostra che l’errore per violazione di legge non si è verificato. Procedimento n. 345 - Sentenza del 15 luglio 1977 - Pres. Bachelet. Imputabilità - Errore di carattere eccezionale - Insussistenza dell’illecito disciplinare. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che emetta ordine di carcerazione eseguito — a mesi tre di arresto a lire diecimila di ammenda — in esecuzione di condanna e pena condizionalmente sospesa se il fatto è determinato da errore che si inserisce, con carattere di eccezionalità, in una condotta improntata a diligenza, operosità ed efficienza abituale, specie se abbiano concorso a determinarlo fattori estranei non imputabili all’incolpato (apparente compiutezza dei requisiti formali e sostanziali del titolo ed il comportamento del condannato che non contesta l’esecuzione della condanna). Procedimenti nn. 47/87 e 94/88 - Sentenza del 2 giugno 1989 Pres. Mirabelli. Imputabilità - Difetto della capacità di intendere o di volere al momento del fatto - Esclusione dell’addebito. 467 Non può ritenersi disciplinarmente responsabile il magistrato che sia incorso in fatti suscettibili di valutazione disciplinare quando sia accertata la sua incapacità di intendere e di volere al momento dei fatti. 468 18 - INCOMPATIBILITÀ 469 470 Procedimento n. 55 - Sentenza del 22 giugno 1963 - Pres. De Pietro. Incompatibilità - Omessa denuncia - Sussistenza dell’illecito. L’art. 18 dell’ordinamento giudiziario — che contempla la incompatibilità di sede per parentela od affinità di magistrati con professionisti legali — prevede due distinte ipotesi: la prima, per la quale l’incompatibilità sorge immediatamente per effetto della iscrizione del parente o dell’affine nell’albo professionale della sede a cui appartiene il magistrato; la seconda, per la quale l’incompatibilità si manifesta allorquando il parente o affine del magistrato eserciti abitualmente la professione presso l’ufficio giudiziario cui quest’ultimo è addetto. Questa seconda ipotesi presuppone ovviamente l’iscrizione del professionista legale in albo di diverso centro giudiziario e tende ad evitare una elusione della legge attraverso un trasferimento di iscrizione da un albo all’altro cui non corrisponda un effettivo trasferimento di esercizio professionale. Commette pertanto illecito disciplinare il magistrato che non segnali la situazione di incompatibilità in cui venga automaticamente a trovarsi, quando un suo parente entro il secondo grado o un affine entro il primo grado si iscriva negli albi professionali di avvocato o di procuratore nella sede giudiziaria di cui il magistrato medesimo esercita le sue funzioni. 471 Procedimento n. 58 - Sentenza del 5 ottobre 1963 - Pres. De Pietro. Incompatibilità - Omessa denuncia - Sussistenza dell’illecito - Esistenza di casi analoghi nella stessa sede - Non esclude la responsabilità. Commette illecito disciplinare il magistrato il quale ometta di denunciare la incompatibilità di sede per parentela con un professionista legale. Il fatto che analoghe situazioni di incompatibilità non denunziate sussistano nella medesima sede non esclude la responsabilità, in quanto gli eventuali abusi commessi da altri non possono in nessun caso rendere inoperante la norma di cui all’art. 18 dell’ordinamento giudiziario. Procedimento n. 115 - Sentenza del 10 dicembre 1966 - Pres. Rocchetti Incompatibilità - Figli di procuratore della Repubblica iscritti in altro albo professionale ma abitualmente esercitanti la professione nella sede - Sussistenza dell’illecito. Integra gli estremi dell’illecito disciplinare previsto dall’art. 18 del R.D. 31 maggio 1946, n. 511, il comportamento del magistrato che abbia tollerato che i propri figli, pur essendo iscritti in altro albo professionale, esercitassero abitualmente la professione di procuratore legale presso gli uffici giudiziari del circondario in cui esso magistrato svolgeva le funzioni di procuratore della Repubblica, in tal modo suscitando malumori e lagnanze in seno alla locale classe forense e determinando negativi apprezzamenti anche nell’opinione pubblica. Invero siffatto comportamento è idoneo ad indebolire il prestigio del magistrato e, di riflesso, quello dell’intero ordine giudiziario in quanto può destare sospetti di parzialità ed è contrario alle norme dettate dall’ordinamento giudiziario in materia di incompatibilità. 472 19 - LIBERTÀ DI CRITICA 473 474 Procedimento n. 12 - Sentenza del 3 febbraio 1962 - Pres. De Pietro. Libertà di critica - Uso di espressioni ingiuriose e volgari su organi di stampa - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nell’esercizio del diritto di critica, abbia usato espressioni ingiuriose e volgari. (Nella specie l’incolpato aveva scritto su organi di stampa che alcuni giudici avrebbero agito «in maniera nascosta, ipocrita e vile», volendo «colpire un magistrato onesto» ed «intimidire gli altri giudici», e aveva attribuito al procuratore generale della Repubblica di avere «tradito il suo dovere» ricorrendo a «mezzucci burocratici ed opportunistiche sottigliezze»). Procedimento n. 12 - Sentenza del 3 febbraio 1962 - Pres. De Pietro. Libertà di critica - Discriminazione in un articolo di stampa tra giudici onesti e gli altri giudici - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che in un articolo di stampa faccia una discriminazione tra «giudici onesti» e «gli altri giudici», i quali invece darebbero la preferenza alla propria tranquillità personale ed ai fasti della carriera. Tali 475 affermazioni, infatti, sono idonee ad ingenerare nel pubblico l’ingiusto convincimento che vi siano giudici onesti e giudici disonesti, i primi dediti a rendere giustizia e gli altri solleciti soltanto dagli avanzamenti di carriera. Procedimento n. 84 - Sentenza del 5 marzo 1966 - Pres. Rocchetti. Libertà di critica - Articolo 21 Costituzione - Limiti. L’esercizio del diritto di critica riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione, pur non soffrendo preclusioni, è condizionato da criteri oggettivi, attinenti alla qualità delle persone o delle istruzioni criticate, e da criteri soggettivi, riguardanti il particolare status e i conseguenti doveri di chi intende esercitarlo. Tali condizioni costituiscono un sistema di limiti il cui mancato rispetto da parte del magistrato integra l’ipotesi della infrazione disciplinare. Procedimento n. 84 - Sentenza del 20 giugno 1966 - Pres. Rocchetti. Libertà di critica - Pubblicazione di articoli - Irruenza e incontrollata leggerezza - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, pubblicando una serie di tre articoli su un quotidiano di larga diffusione contenenti critiche alla magistratura e agli organi supremi dello Stato, sia entrato irruentemente e con incontrollata leggerezza in una polemica a sfondo politico coinvolgente il Capo dello Stato, il Presidente della Corte suprema, e l’organo di autogoverno della magistratura. Procedimento n. 118 - Sentenza del 22 luglio e del 28 ottobre 1967 - Pres. Rocchetti. Libertà di critica - Notizie tendenziose ai giornalisti - Pretesti illeciti di altri magistrati - Sussistenza dell’illecito. 476 Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, senza alcun controllo preventivo della verità dei fatti affermati, presenti avventate denunce contro altri magistrati, dia notizia alla stampa di tali denunzie e fornisca informazioni tendenziose a giornalisti, ingerendo in tal modo nella pubblica opinione il convincimento erroneo che magistrati, alcuni anche investiti di uffici direttivi di rilevanza nazionale, siano dediti ad attività illecite o comunque contrarie alla dignità della loro funzione, a proteggere colleghi disonesti o immeritevoli e a perseguitare coloro che tali situazioni denunciano. Procedimento n. 14 - Sentenza del 26 aprile 1968 - Pres. Amatucci. Libertà di critica - Dichiarazioni alla stampa - Critica di poteri attribuiti dalla legge al Primo Presidente della Corte di cassazione Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia rilasciato alla stampa dichiarazioni di critica nei confronti del Primo Presidente della Cassazione, quale presidente della commissione scrutinio per la promozione a magistrato di corte di cassazione, quando risulti provato che il magistrato non abbia voluto riferirsi alla persona investita delle funzioni di Primo Presidente, ma abbia invece inteso trarre occasione da un episodio di cronaca per confermare la tesi, più volte propugnata, di una riforma della legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura nel punto attinente alla posizione riservata dalla legge stessa al Primo Presidente della Cassazione. Il contenuto delle espressioni usate va infatti considerato e valutato, ai fini disciplinari, nel contesto dell’atteggiamento costantemente tenuto dall’incolpato in merito alla necessità di riforma del sistema legislativo, pur se non sia da escludere la inopportunità nella scelta di parole che possano prestarsi ad interpretazioni difformi dalle intenzioni. Procedimento n. 266 - Sentenza del 3 dicembre 1974 - Pres. Bosco. 477 Libertà di critica - Limiti - Violazione - Sussistenza degli elementi obiettivi dell’illecito - Mancanza dell’intento di ledere il prestigio dell’ordine giudiziario - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia predisposto ed approvato, nel corso di un’assemblea di colleghi, un ordine del giorno obiettivamente idoneo a ledere il prestigio dell’Ordine giudiziario, quando in relazione alle circostanze del caso concreto, sia mancata l’intenzione di causare tale lesione. Procedimento n. 266 - Sentenza del 3 dicembre 1974 - Pres. Bosco. Libertà di critica - Art. 21 della Costituzione - Limiti obiettivi e subiettivi all’esercizio del diritto - Violazione - Sussistenza degli elementi obiettivi dell’illecito. L’esercizio del diritto di critica riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione, pur non soffrendo preclusioni, è condizionato da criteri oggettivi, attinenti alla qualità delle persone e delle istituzioni criticate, e da criteri soggettivi riguardanti il particolare «status» e i conseguenti doveri di chi intende esercitarlo; la violazione dei limiti che ne derivano integra un’ipotesi di infrazione disciplinare. Procedimento n. 266 - Sentenza del 3 dicembre 1974 - Pres. Bosco. Libertà di critica - Predisposizione ed approvazione di un ordine del giorno - Impressione nel lettore dell’esistenza di un disegno discriminatorio e di finalità politiche nell’operato di organi giurisdizionali - Sussistenza degli elementi obiettivi dell’illecito. Pone in essere una condotta obiettivamente idonea a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che elabori ed approvi, nel corso di un’assemblea di colleghi, un ordine del giorno con il quale, con riferimento ad un procedimento di 478 rimessione ex art. 55 c.p.p., e sia pure con espressioni prevalentemente formulate in termini di possibilità anziché di certezza, si induce nel lettore l’impressione dell’esistenza di un disegno discriminatorio e di un comportamento dettato da motivi di parzialità politica da parte del procuratore della Repubblica e della Corte di cassazione. Procedimento n. 214 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres. Bachelet. Libertà di critica - Limiti - Dichiarazioni diffamatorie ai danni di altri magistrati - Illecito disciplinare - Sussistenza. Le dichiarazioni diffamatorie compiute da un magistrato ai danni di altri magistrati, come anche di privati cittadini o di altri pubblici ufficiali, costituiscono un comportamento perseguibile, oltre che in sede penale, anche in sede disciplinare, sia perché i beni dell’onere e della reputazione, garantiti, in quanto diritti fondamentali della persona, dall’art. 2 Cost., costituiscono un limite al diritto di critica, sia perché fra i doveri inerenti allo status di magistrato, la cui violazione è punita in via disciplinare dall’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, è compreso anche il dovere di correttezza nei rapporti con i propri colleghi, nonché il dovere di rispettare le leggi. Procedimento n. 15/81 - Sentenza del 29 gennaio 1982 - Pres. Galasso. Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito. Esula dal diritto alla manifestazione del pensiero la falsità e l’offesa a magistrati e all’ordine giudiziario (riscontrabili sia nell’uso di specifiche espressioni, sia nella complessiva esternazione dell’opinione). Al di fuori dei casi di falsità o ingiuriosità, è necessario mantenere ogni cautela interpretativa, anche al fine di non estendere oltre ogni limite la vaga formula di cui all’art. 18 R.D.L. n. 511/1946. La critica, sia pure estremamente dura e senza appello, all’operato dei magistrati impegnati in procedimenti a carico di terroristi, è sicuramente 479 inopportuna da parte di un magistrato e può suscitare reazioni negative non solo da parte dei destinatari, ma anche, più in generale, da parte di chi sente il dovere di solidarietà nei confronti di quei magistrati. Tuttavia, l’art. 21 della Costituzione è posto a salvaguardia proprio delle opinioni sgradite ai più, inopportune fastidiose. Procedimento n. 59/81 - Sentenza del 30 settembre 1982 - Pres. De Carolis. Libertà di critica - Limiti. Le esigenze di tutela del prestigio della magistratura trovano espressione e si concretizzano in limiti, stretti e rigorosi, al generale diritto a tutti riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione. Tali limiti vanno identificati nella falsificazione del vero e nella offesa alla dignità delle persone. Procedimento n. 363 - Sentenza del 22 ottobre 1982 - Pres. Galasso. Libertà di critica - Critica a provvedimenti di altri giudici - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. La libertà di manifestazione del pensiero è un diritto che non soffre per i magistrati limitazioni diverse da quelle previste per la generalità dei cittadini. Ciò non comporta che la funzione esercitata e la qualifica rivestita siano indifferenti e prive di effetto per l’ordinamento costituzionale, ponendo di conseguenza limiti che tendono ad assicurare la tutela del prestigio di cui all’art. 18 R.D.L. n. 511/1946 che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria e nella sua credibilità. Non supera detti limiti il magistrato che commentando un provvedimento giudiziario, mediti prima di dare il suo avviso ed eviti una risposta politica o di parte, usando parole misurate sia pure per esprimere un giudizio severo, ma fondato su argomentazioni giuridiche. Il difetto in una tale condotta del senso dell’opportunità, nonché la mancata previsione di un uso strumentale e incauto, o, addirittura, 480 della manipolazione da parte dei «mass media» della dichiarazione resa sono ininfluenti agli effetti disciplinari. Procedimento n. 301 - Sentenza del 29 ottobre 192 - Pres. Galasso. Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. Anche al magistrato, al pari di tutti gli altri cittadini, è garantito l’esercizio del diritto di critica che per essere lecito non deve, per le sue modalità di estrinsecazione o per l’operata falsificazione dei fatti, provocare un’ingiustificata lesione: della considerazione di cui deve godere il singolo magistrato, nonché della dignità e credibilità dell’ordine giudiziario. Quando, per il ritardo con cui si conclude il procedimento disciplinare, risulti che i giudizi espressi dall’incolpato siano diventati largamente diffusi tra i commentatori, anche per la sedimentazione storica degli avvenimenti, la Sezione disciplinare non può tener conto solo dell’avvenuta evoluzione del costume civile e politico e della comune reazione dei cittadini in relazione ai fatti oggetto dei predetti giudizi. Rilevante è che anche nel contesto culturale, politico-istituzionale di riferimento le prese di posizioni pubbliche dell’incolpato non travalicarono in gratuite denigrazioni, diffamazioni personali o disprezzo dei valori di rilievo costituzionale, atteggiandosi invece come argomentate valutazioni critiche ancorate a fatti e vicende di rilievo pubblico e, come tali, oggetto di intenso dibattito culturale e politico. Procedimento n. 301 - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres. Galasso. Libertà di critica - Limiti. I magistrati godono degli stessi diritti di libertà garantiti agli altri cittadini, nei limiti posti dalla legge e che trovino fondamento in precetti e principi costituzionali. 481 Il diritto alla libera espressione del pensiero da parte del magistrato incontra il limite segnato dalla considerazione che il magistrato medesimo deve godere presso la pubblica opinione e dalla dignità dell’intero ordine giudiziario che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria e nella credibilità della stessa. Nel procedere al bilanciamento tra gli interessi, la Sezione disciplinare deve attenersi alla regola di sacrificare la libertà di espressione nei limiti di stretta necessità. Sono pertanto lecite le critiche anche estremamente dure ed ingenerose verso l’attività giudiziaria ed i magistrati purché non travalichino in falsità o in offese a magistrati o all’ordine giudiziario. A maggior ragione sono privi di rilevanza disciplinare la manifestazione di opinione, la valutazione di fatti e personaggi pubblici, il giudizio su vicende giudiziarie o politiche che non travalichino in gratuite denigrazioni, diffamazioni personali o disprezzo dei valori di rilievo costituzionali, ma, al contrario, appaiono quali argomentate valutazioni critiche ancorate a fatti e vicende di rilievo pubblico, come tali, oggetto di intenso dibattito culturale cui l’incolpato ha partecipato. Procedimento n. 376 - Sentenza del 12 novembre 1982 - Pres. Galasso. Libertà di critica - Esercizio di diritto costituzionalmente garantito Libertà di manifestazione del pensiero - Opinione espressa come gruppo associato - Limiti - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Fuoriesce dall’ambito della giurisdizione disciplinare la valutazione dei profili di opportunità che vengono in gioco quando il magistrato, come singolo o all’interno di un gruppo associato, spendendo la sua qualità, intervenga nel dibattito intorno ad atti o provvedimenti di altri magistrati. Il diritto garantito dall’art. 21 Costituzione a tutti i cittadini spetta anche ai magistrati, come singoli o come gruppi associati, con i limiti e le modalità di esercizio discendenti dalla necessità di contemperarlo con valori di rilievo costituzionale concernenti l’ordine giudiziario, conformemente a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 100/81; costituiscono illecito disciplinare dichiarazioni in 482 se stesse offensive per la altrui reputazione, ovvero intimidatrici o palesemente false o rivelatrici di parzialità o slealtà istituzionale. Una critica anche dura, ma argomentata ed espressa nei modi consentiti dalla necessaria corrispondenza delle parole ai concetti, purché priva di espressioni di per sé offensive, non integra illecito disciplinare, tanto più quando l’estraneità della volontà di offendere risulta chiara dal fatto che i suoi autori abbiano evitato di riportare i nomi dei magistrati componenti il Collegio che emise il provvedimento criticato. Procedimento n. 430 - Decisione del 19 novembre 1982 - Pres. Galasso. Libertà di critica - Dovere di fedeltà - Contenuto - Bilanciamento con il diritto di libera manifestazione del pensiero. Il dovere di fedeltà che, a norma dell’art. 54 comma 2° della Costituzione, incombe sui magistrati come su ogni altro cittadino cui sono affidate pubbliche funzioni, rende illecito per un magistrato manifestare idee che implicano accettazione o comunque non rivelano presa di distanze dalla valutazione positiva dell’uso della violenza come strumento consentito per la realizzazione delle proprie istanze. Nella fattispecie ipotizzata non si pongono problemi di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero ed il dovere di fedeltà, apparendo quest’ultimo valore inequivocabilmente e fortemente compromesso. Procedimento n. 1/83 - Sentenza del 23 marzo 1984 - Pres. De Carolis. Libertà di critica - Limiti. Il diritto di manifestazione del pensiero spetta ai magistrati come agli altri cittadini, anche se tra i limiti che si traggono dalla Costituzione va annoverato l’interesse alla considerazione e dignità del singolo magistrato e dell’intero ordine giudiziario. Esula dal diritto di manifestazione del pensiero, l’uso di espressioni offensive, 483 intimidatrici, palesemente contrarie a verità, ovvero rivelatrici di parzialità o slealtà istituzionale. Commette illecito disciplinare il magistrato che in un’intervista muove senza prove accuse lesive dell’onorabilità professionale di specifici magistrati in ordine a specifici procedimenti. Procedimento n. 45/84 - Sentenza del 17 maggio 1985 - Pres. Guizzi. Libertà di critica - Conversazione con giornalista - Enunciazione del ruolo dei difensori in processi di mafia - Insussistenza dell’illecito. Non integra illecito disciplinare la mera enunciazione del problema del ruolo dei difensori nei processi di mafia effettuata nel corso di una conversazione con giornalisti. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che i giudizi denigratori nei confronti di avvocati riportati nell’articolo di un quotidiano come pronunciati dall’incolpato, non corrispondessero testualmente a quanto dallo stesso incolpato dichiarato al giornalista e che, in contrario, le frasi oggetto di incolpazione fossero tratte da una pubblicazione di atti di un seminario organizzato dal Consiglio superiore della magistratura per magistrati impegnati in processi concernenti la criminalità mafiosa). Procedimento n. 1/86 - Sentenza del 24 gennaio 1986 - Pres. De Carolis. Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. Affermare pubblicamente che la carenza dei poteri pubblici nella soddisfazione di esigenze di primario interesse per la collettività, quale quella connessa al problema abitativo, determina un aggravio dei compiti del giudice, costituisce libero e non contestabile esercizio del diritto di critica, da riconoscere ad ogni cittadino, anche se investito di funzioni pubbliche, sempre che non comporti un collegamento con la funzione esercitata dal quale possa derivare un danno o una intimidazione per le persone nei cui confronti la critica è diretta. 484 Procedimento n. 39/83 - Sentenza del 16 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito. Abusa del diritto alla libera manifestazione delle proprie opinioni il magistrato che nel rilanciare dichiarazioni all’ANSA a commento di una condanna riportata in sede disciplinare adopera espressioni prive di valutazioni argomentate sia pure sommariamente e non caratterizzate dal tentativo di persuadere gli interlocutori attuali e potenziali, ma fortemente sconvenienti e scorrette, gravide di accuse denigratorie e di insinuazioni non verificabili, pur senza attingere agli estremi della ingiuria e della diffamazione. (Nella fattispecie le dichiarazioni contestate erano state le seguenti: «si tratta, per quanto mi riguarda di un tipico atto di ferocia istituzionale da dilettanti del potere, oltre tutto inutile perché non potrà reggere l’urto del ricorso per cassazione. Nell’indifferenza dei garantisti, la lottizzazione di condanne ed assoluzioni chiude questa caccia alle streghe in base a norme retroattive dopo un processo illegale davanti ad un organo fuori legge. Con questi ingredienti la cucina di Palazzo dei Marescialli non poteva che sfornare pietanze da pattumiera: vedremo in Cassazione se, con la sentenza, non finirà di cadere anche il collegio che l’ha emessa. In ogni caso ci sono dei Giudici a Strasburgo, e davanti alla Giustizia Europea lo Stato Italiano non farà bella figura»). Procedimento n. 430 - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito. In materia di libertà di manifestazione del pensiero i magistrati godono della stessa libertà di tutti i cittadini, ma detta libertà è condizionata dalle esigenze di bilanciamento con altri valori costituzionalmente garantiti quali, in primo luogo, quelli dell’imparzialità ed indipendenza della magistratura. Al fine della concreta individuazione della linea scriminante tra liceità della manifestazione del pensiero ed illiceità del suo abuso, acquisiscono rilevante spessore, non tanto valutazioni di tipo contenu485 tistico, quali le opinioni espresse, quanto le forme, i tempi, le occasioni, le modalità di estrinsecazione e perciò, i comportamenti critici complessivi alla stregua dei quali apprezzare la eventuale riprovevolezza da parte della coscienza sociale. (Nella specie si è ritenuto sussistere abuso del diritto di manifestazione del pensiero e di opinione per avere il magistrato espresso apodittici e generici giudizi offensivi verso la magistratura a presentazione di un volume destinato all’autodifesa legale di militanti impegnati in lotte di massa non escludenti il ricorso a forme di violenza). Procedimento n. 264 - Sentenza del 30 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. L’imparzialità e indipendenza dei magistrati (artt. 101, comma 2° e 104 comma 1° Costituzione) sono valori tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi dell’indipendenza ed imparzialità nell’adempimento di compiti istituzionali. Con tali valori deve confrontarsi il fondamentale diritto del magistrato alla libertà di espressione del pensiero, allo stesso garantito al pari di ogni cittadino. (Nella specie, ritenuto che alcune frasi di un’intervista rilasciata dal magistrato sembravano eccedere il limite della libera manifestazione del pensiero, se ne affermava la liceità in considerazione del complessivo contenuto dell’intervista e del contesto temporale in cui veniva resa). Procedimento n. 287 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare accusare l’intera magistratura di non essere indipendente ma soggetta invece a precisi disegni politici. 486 Siffatte dichiarazioni esulano infatti dai limiti della libertà di critica alle decisioni di singoli giudici di collegi giudicanti. (Nella fattispecie la magistratura era stata accusata di assecondare il progetto politico teso «a sbaraccare il movimento di avanguardia operaia facendo passare come prevaricatori gli studenti che militano nella sinistra rivoluzionaria»). Procedimento n. 38/86 - Sentenza del 18 luglio 1986 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. La critica, per quanto deplorevole ed inopportuna, travalica i limiti della libera manifestazione di opinione solo quando trasmoda in offesa grave, gratuita o falsa. (Nella specie era stato contestato al magistrato la pubblicazione di un articolo, definito dall’accusa avventatamente critico o polemico, nel quale si affermava tra l’altro che talune sentenze per delitti di strage «svalutano prove e indizi concordanti la cui consistenza è sotto gli occhi di tutti e la cui conoscenza andrebbe sempre più diffusa, affermando concretamente il principio che il vero giudizio deve essere dato dal popolo». All’esito del giudizio la Sezione ha in particolare ritenuto che detta espressione, «lungi dall’affermare un principio sostitutivo sul piano istituzionale processuale, si inquadra nell’analisi e nella rielaborazione storica dei fatti cui all’inizio dell’articolo l’autore accenna, per affidare al popolo il definitivo giudizio storico o politico di responsabilità, quale che ne sia stata la sintesi processuale»). Procedimento n. 50/85 - Sentenza del 7 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Intervista giornalistica - Limiti posti al magistrato - Fattispecie di insussistenza dell’illecito. Non può affermarsi la responsabilità disciplinare del magistrato che si lasci intervistare sugli aspetti tecnici di una questione di oggettiva eccezionalità senza che sia possibile, per il metodo 487 giornalistico usato, apprezzare se il magistrato abbia esorbitato o meno dai limiti deontologici. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che fosse questione «di oggettiva eccezionalità giuridica quella secondo cui più persone imputate dello stesso grave reato venivano, per volontà dell’ordinamento, tratte al giudizio di diversi e separati “giudizi” con possibile contrasto finale di pronunzie»). Procedimento n. 35/86 - Sentenza del 17 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Presunta intervista a quotidiano - Accertata insussistenza della stessa - Esclusione dell’addebito. È escluso l’illecito disciplinare nel caso della pubblicazione su un quotidiano di un articolo presentato come intervista concessa dal magistrato, quando risulti provato che lo stesso magistrato si sia limitato ad un colloquio telefonico con il giornalista, astenendosi dal pronunciare le critiche considerate disciplinarmente rilevanti. Procedimento n. 15/87 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti. I magistrati godono degli stessi diritti di libertà garantiti agli altri cittadini, nei limiti posti dalla legge e che trovano fondamento in precetti e principi costituzionali. Il diritto alla libera espressione del pensiero da parte del magistrato incontra il limite segnato dalla considerazione che il magistrato contro il limite medesimo deve godere presso la pubblica opinione e dalla dignità dell’intero ordine giudiziario che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria e nella credibilità della stessa. Nel procedere al bilanciamento tra gli interessi protetti con la limitazione alla libertà di espressione e interesse sotteso a quest’ultima, la Sezione disciplinare deve attenersi alla regola di sacrificare la libertà di espressione nei limiti di stretta necessità. 488 Sono pertanto lecite le critiche anche estremamente dure ed ingenerose verso l’attività giudiziaria ed i magistrati purché non travalichino in falsità o in offese a magistrati o all’ordine giudiziario. A maggior ragione sono privi di rilevanza disciplinare la manifestazione di opinione, la valutazione di fatti e personaggi pubblici, il giudizio su vicende giudiziarie o politiche che non travalichino in gratuite denigrazioni, diffamazioni personali o disprezzo dei valori di rilievi costituzionali, ma al contrario, appaiano quali argomentate valutazioni critiche ancorate a fatti e vicende di rilievo pubblico, come tali, oggetto di intenso dibattito culturale cui l’incolpato abbia partecipato. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’incolpato nell’esternare dure critiche alla gestione della Procura presso la quale prestava servizio non aveva travalicato i limiti sopra fissati). Procedimento n. 48/85 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti. Nell’esercizio del diritto di critica il magistrato è gravato da un preciso obbligo di correttezza che gli impone sia di rispettare in ogni caso la verità storica, sia di riferire i fatti in guisa da non falsarne il senso nella rappresentazione dei lettori. Procedimento n. 32/87 - Sentenza del 16 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti oggettivi e soggettivi all’esercizio del diritto Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. L’esercizio del diritto di critica riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione, pur non soffrendo preclusioni è condizionato da criteri oggettivi, attinenti alla qualità delle persone e delle istituzioni criticate e da criteri soggettivi riguardanti il particolare status ed i conseguenti doveri di chi intende esercitarlo. (Nella specie si è ritenuto non provato che la denuncia di una persistente assenza dello Stato nella 489 lotta alla droga, avanzata dall’incolpato, nel corso di un incontro con la Comunità di S. Patrignano avvenuto dopo la condanna del suo animatore Muccioli, eccedesse dai limiti del diritto di critica). Procedimento n. 65/87 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Dichiarazioni alla stampa - Utilizzo distorto Insussistenza dell’illecito. Non sussiste lesione al dovere di correttezza e riservatezza quando le dichiarazioni rese dall’incolpato ad un giornalista vengono, per il tramite di un calcolato collage, spezzettate e inserite in un contesto diverso da quello in cui erano state rese, in modo da renderne il senso finale del tutto diverso da quello originario. (Nella specie la Sezione ha accertato che i più pesanti giudizi addebitati all’incolpato erano palesemente da attribuire all’autore del servizio giornalistico). Procedimento n. 88/87 - Sentenza del 22 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Espressioni irriguardose nei confronti dei sostenitori di tesi avversate dall’estensore di provvedimenti giurisdizionali Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’uso nei provvedimenti giurisdizionali di espressioni irriguardose per i sostenitori di tesi avversate dall’estensore, che travalichino l’ambito della critica anche dura, ma ragionata, insieme essenza e limite di ogni motivazione. Procedimento n. 7/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Dubbio sul tenore delle dichiarazioni rese Esclusione dell’addebito. 490 Deve essere escluso l’addebito quando — essendo pacifico che le opinioni espresse dall’incolpato in una trasmissione televisiva siano state trasfuse in quest’ultima in modo parziale e «mixate» nell’ambito di un più generale lavoro di montaggio — non sia possibile acquisire prova certa delle dichiarazioni tutte e del contesto in cui furono rese. Nella specie trattavasi di dichiarazioni concernenti il tema della riforma carceraria. Procedimento n. 30/88 - Sentenza del 10 febbraio 1989 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Indipendenza ed imparzialità del giudice Bilanciamento degli interessi - Limiti derivanti dall’uso di espressioni offensive o false - Ricostruzione critica ma non arbitraria di vicenda processuale - Illecito disciplinare Insussistenza. Rientra nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di critica ricostruire in un saggio le vicende di un processo evidenziandone i guasti provocati da una criticabile e criticata gestione, purché le affermazioni risultino non arbitrarie né denigratorie bensì motivate e basate su dati di fatto obiettivi. Procedimento n. 264/R.G. - Sentenza del 30 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. La libera manifestazione del pensiero si caratterizza per il fatto di essere controvertibile, di produrre discussione, dissenso, dialettica delle idee. Non costituisce illecito disciplinare ricorrere ad argomenti discutibili per motivare giudizi di valore e valutazioni storicopolitiche, quando non siano contraddetti i valori di indipendenza e di imparzialità della giurisdizione. (Nella specie all’incolpato era stato contestato: a) di essere intervenuto il 24 novembre 1971 nella Sala Farnese 491 del Palazzo Farnese del Palazzo Comunale di Bologna, a un pubblico dibattito sul tema «Pinelli; una finestra sulla strage», preannunciato dalla stampa e da manifesti nei quali era precisato che il dibattito sarebbe stato introdotto da Camilla Cederna, giornalista, da Mario Capanna, dirigente del movimento studentesco milanese, da Federico Governatori, magistrato e da Carlo Smuraglia, difensore della famiglia Pinelli e, in particolare, per aver esordito in detto dibattito affermando che lo stesso aveva come oggetto «La morte di Pinelli o meglio l’omicidio» del medesimo; di aver, poi, criticato, oltre l’operato della polizia, anche quello dei magistrati che lo avevano approvato, ed affermato: che la morte del Pinelli doveva essere considerata un «omicidio per conto terzi»; che la responsabilità della strage di Milano doveva attribuirsi ad elementi fascisti; che il commissario di P.S. Calabresi poteva essere definito «commissario finestra»; b) di aver rilasciato una dichiarazione, pubblicata l’11 dicembre 1971 dai quotidiani «Avvenire», «Il Resto del Carlino», «La Stampa», e »L’Unità», contenente, tra l’altro, le seguenti affermazioni: «non è certo la prima volta, le seguenti affermazioni: «non è certo la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima — almeno per qualche tempo ancora — che si cerca scioccamente di intimidire quei magistrati che intendono manifestare pubblicamente la loro opinione sulla natura classista della Giustizia italiana. Queste minacce di processi penali e di procedimenti disciplinari non hanno avuto né possono ottenere effetto su quanti aderiscono a magistratura democratica e pensano di poter contribuire, anche come giudici, ad una diversa, meno formalistica e più sostanziale giustizia... con l’analisi dei legami esistenti tra l’azione incostituzionalmente repressiva di molti giudici e la manovra più ampiamente e scopertamente politica di fare regredire le forze che sempre più prendono coscienza delle possibilità di trasformazione della società e che per questo scopo operano); «dopo il dibattito, ieri, sono stato convocato perché rendessi ragione di ciò che ho detto. Ho già detto che non intendo giustificarmi nel chiuso di stanze e al segreto, per giunta di cose che sono pronto a rifare oggi stesso»). Procedimento n. 4/89 - Sentenza del 20 ottobre 1989 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito. 492 L’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero in modo formalmente corretto, con espressioni contenute e pertinenza di argomenti, deve considerarsi insindacabile disciplinarmente. (Nella specie all’incolpato era stato contestato di avere, in un articolo apparso sul quotidiano La Repubblica, o mosso severe critiche contro l’iniziativa disciplinare a carico di 11 magistrati in servizio presso gli Uffici Giudiziari di Bologna, scrivendo tra l’altro: «... Chi sono i magistrati imputati? Non certo quelli che esercitano burocraticamente la loro funzione, che si nascondono dietro le statistiche e magari lasciano le pratiche più scottanti nei cassetti»). Procedimento n. 47/88 - Sentenza del 26 gennaio 1990 - Pres. Mirabelli. Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito. Commette grave illecito disciplinare il magistrato che, quale estensore della sentenza di riforma di un provvedimento di condanna, a prescindere dallo stile della motivazione e dalla intenzione di offendere i giudici di primo grado, adotta frasi che, per la loro genericità e per il fatto che attingono, indiscriminatamente, la generalità dei magistrati, risultano pesantemente delegittimati in quanto idonee ad indurre i cittadini nella convinzione che la giurisdizione, ove ricorrano situazioni di emergenza, venga meno alla funzione sua propria di garanzia di valori primari della persona, alludendo, per di più, ad un consapevole tradimento dei doveri del giudice ed a gravi illegalità (nella parte motiva della sentenza leggesi, fra l’altro, che «... la conseguenza è che qualcuno non riesce a trovare sulla sua strada giudici che gli rendano giustizia ma solo aguzzini e carnefici...»). 493 494 20 — PROCEDIMENTO DISCIPLINARE 495 496 Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Procedimento disciplinare - Norme processuali del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 - Preteso contrasto con l’art. 108 Cost., nella parte in cui dispone che le norme sull’ordinamento giudiziario sono stabilite con legge - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. Procedimento disciplinare - Atti istruttori compiuti anteriormente all’istituzione del Consiglio superiore - Validità. Procedimento disciplinare - Potere della Sezione disciplinare di emettere una sentenza di proscioglimento istruttorio - Sussistenza Conforme richiesta del pubblico ministero - Necessità. Procedimento disciplinare - Ordine di comparizione emesso secondo le norme del precedente ordinamento - Mancata comparizione dell’incolpato - Proposizione di ricorso per cassazione avverso l’ordine di comparizione - Presunzione di conoscenza. Procedimento disciplinare - Esame dei testi in istruttoria - Omessa trascrizione della formula del giuramento - Nullità - Insussistenza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 per contrasto con l’art. 108 della Costituzione secondo cui le norme sull’ordinamento giudiziario devono essere stabilite con legge. Infatti l’anzidetto decreto legislativo fu emanato in base al regime costituzionale provvisorio regolato dall’art. 4 r.d.l. Lgt. 25 giugno 1944, n. 151, in virtù del quale fino all’entrata in funzione del nuovo Parlamento i provvedimenti con 497 forza di legge potevano essere deliberati dal Consiglio dei ministri. Gli atti del procedimento disciplinare, compiuti anteriormente alla istituzione del Consiglio superiore della magistratura, dai procuratori generali delle corti d’appello, dai commissari istruttori e dai consigli giudiziari, conservano la loro validità nelle fasi del procedimento successive all’insediamento della Sezione disciplinare; ciò a norma dell’art. 70 del d.p.r. 16 settembre 1958, n. 916. Non è applicabile al procedimento disciplinare a carico dei magistrati la disposizione dell’art. 372 c.p.p., che consente al giudice istruttore di rinviare a giudizio o di prosciogliere l’imputato secondo la valutazione autonoma che egli stesso può fare delle risultanze istruttorie. La potestà dell’organo disciplinare, invece, è vincolata alla richiesta del p.m., per cui può dichiararsi non farsi luogo a procedere a carico dell’incolpato solo se vi sia la conforme richiesta del p.m.; altrimenti deve fissarsi il giorno della discussione orale (art. 33 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511). Pertanto nei procedimenti disciplinari l’istruzione formale non si chiude con sentenza di rinvio a giudizio. Nel caso in cui il magistrato incolpato sia stato invitato — con ordine di comparizione — a presentarsi avanti al commissario istruttore legittimamente investito della potestà disciplinare in base all’ordinamento in quel tempo vigente e non abbia ottemperato all’invito proponendo, invece, ricorso per cassazione contro quell’ordine, la proposizione del ricorso dà conferma della esistenza dell’ordine di comparizione rimasto senza effetto. Non sussiste alcuna violazione di legge nel caso in cui nei verbali di interrogatorio di testi in istruttoria, pur risultando che gli stessi abbiano prestato il prescritto giuramento, non sia integralmente trascritta — per ragioni di brevità — la formula di rito. Procedimento n. 32 - Sentenza del 14 ottobre 1961 - Pres. De Pietro. Procedimento disciplinare - Principio del ne bis in idem - Applicabilità Provvedimento adottato dal Ministro di grazia e giustizia - Inizio dell’azione disciplinare per i medesimi fatti - Improcedibilità. Anche nel procedimento disciplinare trova applicazione per analogia il principio generale del «ne bis in idem» stabilito dall’art. 498 90 c.p.p. e ciò per il rinvio che il R.D. n. 511/1946 fa alle norme del processo penale. Pertanto al procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione è precluso il promovimento del procedimento disciplinare in ordine ai medesimi fatti già vagliati dal Ministro, prima dell’entrata in vigore della legge n. 195/1958, e per i quali non si sia ritenuto di iniziare il procedimento. Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De Pietro. Procedimento disciplinare - Causa di estinzione dell’illecito - Omesso rilievo - Deducibilità del vizio dopo il giudicato - Inammissibilità. Nel procedimento disciplinare, il mancato rilievo, da parte del collegio, di una causa estintiva del procedimento concreta un vizio della sentenza che, se non dedotto come motivo di impugnazione, è assorbito e coperto dal giudicato il quale travolge il dedotto e il deducibile. Procedimento n. 169 - Sentenza del 15 maggio 1970 - Pres. Amatucci. Procedimento disciplinare - Pubblicità della discussione - Esclusione Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza. Non è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 34 comma 2° del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 nella parte in cui esclude la pubblicità della discussione nei procedimenti, in quanto tale norma sembra contrastare con il principio della pubblicità dei dibattimenti giudiziari quale si evince dagli artt. 101, 104 e 24 della Costituzione. (La questione è stata ritenuta infondata dalla Corte Costituzionale con la successiva sentenza n. 12 del 1971). Procedimento n. 170 - Sentenza del 12 maggio 1970 - Pres. Amatucci. 499 Procedimento disciplinare - Scelta del rito istruttorio da parte del procuratore generale - Applicabilità delle norme processuali penali - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che regolano l’azione disciplinare per ciò che riguarda la scelta del rito istruttorio da parte del procuratore generale in quanto devono ritenersi applicabili le norme dettate per l’istruzione dei procedimenti penali dalla legge 7 novembre 1969, n. 780 e pertanto, non sussistendo discrezionalità per la scelta del rito, non può considerarsi violato il principio del giudice naturale. Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Procedimento disciplinare - Prova della responsabilità - Irrilevanza dei sospetti e delle dicerie. La responsabilità disciplinare del magistrato non può fondarsi su sospetti e dicerie non giustificati da fatti concreti e precisi. Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Procedimento disciplinare - Prova della responsabilità - Fattispecie. Nessun giudizio della Sezione disciplinare può seriamente fondarsi su indagini non svolte direttamente dal magistrato, richiesto dal Consiglio superiore della magistratura, ma da questi affidate ai Carabinieri e concretatesi in un «appunto anonimo» contenente notizie vaghe e generiche raccolte anche presso «informatori» non altrimenti indicati, e non confortate da prove espletate nel corso dell’istruttoria. Procedimento n. 220 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. 500 Procedimento disciplinare - Richiesta di certificato attestante il lavoro svolto dal magistrato - Non costituisce atto istruttorio al quale può assistere il difensore. La richiesta del procuratore generale presso la Corte di Cassazione che precede ad istruttoria sommaria e il conseguente rilascio da parte della cancelleria di un ufficio giudiziario di certificati relativi ai lavori svolti da magistrati incolpati di ritardi nel deposito delle sentenze e delle ordinanze, non possono essere considerati atti istruttori ai quali possono assistere i difensori, ai sensi dell’art. 304 bis c.p.p. Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Procedimento disciplinare - Esclusione della assistenza del difensore nella fase istruttoria - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata in relazione all’art. 24 della Costituzione, l’eccezione di illegittimità costituzionale, dell’art. 32 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 nella parte in cui esclude l’assistenza del difensore nella fase istruttoria del procedimento disciplinare, sia per la particolare natura del procedimento sia per il possesso di una specifica capacità tecnica da parte dell’incolpato. Procedimento n. 227 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Procedimento disciplinare - Applicabilità delle norme processuali penali - Limiti. Il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, pur avendo carattere giurisdizionale, non è del tutto assimilabile, in relazione al suo oggetto e contenuto, al procedimento giudiziario le cui regole, quindi, sono applicabili soltanto nei limiti in cui sono compatibili con la natura del procedimento disciplinare. 501 Procedimento n. 227 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Procedimento disciplinare - Esclusione della assistenza del difensore nella fase istruttoria - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata, in relazione all’art. 24, comma secondo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui, richiamando le norme che regolano la istruzione dei procedimenti penali, soltanto in quanto compatibili, preclude l’assistenza del difensore nella fase istruttoria; l’esigenza che la parte interessata sia assistita da un difensore in tutti i momenti del procedimento non si riscontra nella materia in oggetto, sia per la sua natura, sia perché lo stesso incolpato possiede quella capacità tecnica che può essere necessaria. Procedimento n. 211 - Sentenza del 2 marzo 1973 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Eccezione di prescrizione - Assoluzione con formula piena nel merito - Prevalenza. La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in un procedimento disciplinare a carico di magistrato non deve esaminare la sussistenza di eventuali cause di estinzione della incolpazione se negli atti sussiste già la prova dell’innocenza dell’incolpato. (Applicazione analogica dell’articolo 152 c.p.p.; assoluzione perché il fatto non costituisce illecito disciplinare, analogia con la formula: fatto non costituisce reato). Procedimento n. 211 - Sentenza del 24 maggio 1973 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Omissione della comunicazione giudiziaria prevista dall’art. 304 c.p.p. - Nullità assoluta degli atti istruttori anteriormente compiuti e di quelli successivi in rapporto di dipendenza sostanziale con essi - Sussistenza. 502 Anche per i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati, l’omissione della comunicazione giudiziaria prevista dall’art. 304 c.p.p. — la cui normativa deve ritenersi estesa a quei procedimenti in base al richiamo dell’art. 32, comma terzo del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 — importa, ai sensi dell’art. 185, primo comma, n. 3, e 2° comma, c.p.p., la nullità assoluta degli atti istruttori anteriormente compiuti e di quelli successivi che si trovino in rapporto di dipendenza sostanziale con essi, salvo che siano intervenuti atti equipollenti alla comunicazione. Tale nullità, nella fase degli atti preliminari del giudizio, può essere dichiarata con ordinanza dal presidente del collegio giudicante, ai sensi dell’art. 411 c.p.p. Procedimento n. 194 - Sentenza del 12 ottobre 1973 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Correzione di errori materiali - Procedura della correzione degli errori materiali delle sentenze penali Applicabilità. In forza del combinato disposto dagli artt. 32 e 34 del R.D.L. 31 maggio 1946, n; 511, è applicabile ai procedimenti disciplinari la procedura della correzione degli errori materiali prevista per le sentenze penali. Procedimento n. 280 - Sentenza del 26 ottobre 1973 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Nullità degli atti istruttori compiuti Impossibilità di procedere all’archiviazione. La dichiarazione di nullità degli atti istruttori compiuti e la conseguente restituzione degli atti al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, per la rinnovazione e rettificazione degli atti nulli, non travolge il già avvenuto esercizio dell’adozione disciplinare, per cui non è possibile procedere ad archiviazione. Procedimento n. 245 - Sentenza del 15 gennaio 1974 - Pres. Bosco. 503 Procedimento disciplinare - Sospensione per impedimento dell’imputato - Condizioni. Nel procedimento disciplinare, come in quello penale, il dibattimento può essere sospeso soltanto quando a norma dell’art. 497 c.p.p. «è provato che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento». (Nella fattispecie si è ritenuto costituisca prova dell’impedimento il mero invio di un telegramma con il quale l’incolpato, nel denunciarsi, costretto a letto per una malattia, si sia limitato a preannunciare l’invio di un certificato medico). Procedimento n. 240 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Rigetto da parte del procuratore generale della richiesta di passaggio al rito formale - Ricorso alla sezione disciplinare - Inammissibilità. È inammissibile il ricorso alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura proposto avverso il decreto del procuratore generale presso la Corte di Cassazione con il quale sia stata rigettata la richiesta di passaggio dalla istruttoria sommaria a quella formale. Procedimento n. 257 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Art. 389 c.p.p. modificato dalla legge n. 780 del 1969 - Inapplicabilità. L’art. 389 c.p.p. così come modificato dalla legge n. 780 del 1969 non è applicabile nel procedimento disciplinare in quanto incompatibile con la particolare struttura del procedimento stesso, sia perché non esiste l’organo che dovrebbe decidere sul ricorso contro il provvedimento stesso, sia perché la scelta del rito non è ancorata a particolari condizioni obiettive. Procedimento n. 284 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco. 504 Procedimento disciplinare - Rigetto da parte del procuratore generale della richiesta di passaggio al rito formale - Ricorso alla Sezione disciplinare - Inammissibilità. È inammissibile il ricorso alla Sezione del Consiglio superiore della magistratura proposto avverso il decreto del procuratore generale presso la Corte di Cassazione con il quale sia stata rigettata la richiesta di passaggio dall’istruttoria sommaria a quella formale. Procedimento n. 284 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Art. 389 c.p.p. modificato dalla legge n. 780 del 1969 - Inapplicabilità. L’art. 389 c.p.p. così come modificato dalla legge n. 780 del 1969 non è applicabile nel procedimento disciplinare in quanto incompatibile con la particolare struttura del procedimento stesso, sia perché non esiste l’organo che dovrebbe decidere sul ricorso contro il provvedimento stesso (in quanto la nomina del Commissario istruttore avviene solo dalla richiesta formale formulata dal procuratore generale, sia perché la scelta del rito non è ancorata a particolari condizioni obiettive, sicché la richiesta di mutamento di rito non sarebbe giustificata e condizionata dalla ritenuta non sussistenza di determinati requisiti la cui mancata predeterminazione renderebbe inattuabile un controllo di legalità sulla scelta). La richiesta del magistrato incolpato in un procedimento disciplinare di mutamento dell’istruttoria sommaria informale non può trovare fondamento nel timore di un’inadeguata tutela del diritto di difesa, poiché nel procedimento disciplinare l’istruttoria sommaria si svolge con le medesime garanzie di difesa che vigono nell’istruttoria sommaria del processo penale e in aderenza ai principi costituzionali mentre, successivamente, la cognizione della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura non si limita alla valutazione delle prove acquisite nella fase istruttoria ma si esplica con ampia facoltà di indagine diretta anche all’acquisizione di nuove prove mediante l’istruttoria dibattimentale il che consente di eliminare eventuali inesattezze e lacune. 505 Procedimento n. 286 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Indeterminatezza degli episodi da cui traggono origine le imputazioni - Possibilità dell’incolpato di avere egualmente l’esatta conoscenza degli addebiti e di esplicare adeguatamente le proprie difese - Nullità - Esclusione. Non sussiste nullità del procedimento disciplinare per l’asserita indeterminatezza degli episodi da cui traggono origine le imputazioni, se dalla sola lettura dell’atto di incolpazione emerge che i fatti addebitati sono enunciati con riferimento a precise circostanze di tempo, di luogo e di azione, sicché l’incolpato possa avere una esatta conoscenza degli addebiti ed esplicare adeguatamente le proprie difese. Procedimento n. 286 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 - Mancata conversione in legge - Decadenza ed inefficacia ex nunc - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’intero R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, sotto il riflesso che trattasi di un atto emanato dal potere esecutivo, decaduto ed inefficace ex nunc, per non essere mai stato convertito in legge. Invero, il testo normativo di che trattasi non è un decreto-legge, ma un decreto legislativo per il quale non si richiede la conversione in legge e se tale decreto legislativo fu emanato dal Governo, avvalendosi della facoltà di emettere norme giuridiche conferitagli da un decretolegge (26 giugno 1944, n. 151) che, come tale, doveva essere convertito in legge, sta di fatto che tale conversione fu disposta mediante la quindicesima disposizione transitoria della Costituzione, con l’effetto che il detto decreto-legge deve essere ritenuto efficace per tutto il periodo di tempo in cui ha avuto vigore né il decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, può rientrare nella previsione dell’art. 6 del decreto legislativo 18 marzo 1946, n. 98, che disponeva che i provvedimenti legislativi deliberati durante il periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento dovevano essere 506 sottoposti a ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione, essendo stato deliberato prima delle elezioni per l’Assemblea costituente, avvenute il 2 giugno 1946. Procedimento n. 33 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Mancata indicazione nella sentenza di merito della decorrenza della sanzione - Proponibilità della questione come incidente di esecuzione. La determinazione della decorrenza della sanzione che non sia stata fissata con la sentenza di merito, non può essere richiesta con una istanza di revisione, ma può formare oggetto di un incidente di esecuzione. Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Decreto di fissazione della discussione orale - Nullità assoluta - Condizioni per la sussistenza - Incertezza assoluta dei fatti addebitati - Precisazione dell’addebito nei suoi elementi essenziali - Esclusione della nullità. Il decreto di fissazione della discussione orale, emesso dal Presidente della Sezione disciplinare, è nullo solo se sussiste incertezza assoluta sui fatti che hanno determinato la incolpazione, sicché ne risulti pregiudicata ogni possibilità di difesa dell’incolpato (applicazione dell’art. 412 c.p.p., compatibile con il procedimento disciplinare). Ad evitare il pregiudizio non si richiede una precisa e puntuale specificazione dei fatti nei loro particolari, ma è sufficiente la sostanziale indicazione della materialità dei fatti con il richiamo all’azione commessa. Non sussiste incertezza assoluta dei fatti e quindi nullità sempre che l’incolpato sia stato posto in condizione di conoscere, con sufficiente precisione, nei loro elementi essenziali, i fatti che gli vengono addebitati e da cui deve difendersi. 507 Procedimento n. 247/254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Estensibilità delle norme relative al procedimento disciplinare previsto per gli impiegati dello Stato Esclusione. Il procedimento disciplinare relativo ai magistrati trova il suo compiuto regolamento nelle disposizioni legislative che lo contemplano (R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511; legge 24 marzo 1958, n. 195; D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916) e non possono ad esso estendersi norme di incompatibilità, perché relative a un procedimento quale quello previsto per gli impiegati dello Stato, diverso sotto il profilo strutturale e funzionale. (Esclusione della prescrizione o decadenza previste per l’azione disciplinare a carico di impiegati dello Stato). Inoltre, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, non è più concepibile il richiamo allo statuto degli impiegati dello Stato operato dall’art. 276 dell’Ordinamento del 1941, in quanto lo stesso art. 384 del nuovo statuto fa salve le disposizioni speciali per gli addetti agli uffici giudiziari, tra cui sono compresi i magistrati. Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Dibattimento a porte chiuse - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 34, II comma, del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui dispone che il dibattimento del procedimento disciplinare a carico di magistrati abbia luogo a porte chiuse, sollevata in relazione agli artt. 101, 104 e 24 della Costituzione, in quanto la regola della pubblicità dei dibattimenti può avere valore rilevante per il processo penale ma non lo ha nel procedimento disciplinare relativo ai magistrati, il quale, pur essendo predisposto in funzione della tutela dell’indipendenza del magistrato, non necessariamente soggiace a tutte le regole del processo penale, in quanto il legislatore ha ritenuto 508 prevalente la tutela di altri rilevanti interessi pubblici che travalicano quello del singolo magistrato quale il prestigio dell’Ordine giudiziario in relazione alla fiducia in esso riposta dai cittadini; né può valere a distruggere tale prevalenza di interessi più generali la circostanza che i fatti posti a base dell’incolpazione consistono in attività svolte in modo palese. (L’eccezione di incostituzionalità era stata prospettata sotto il riflesso che, da un verso, è riconosciuto che la giurisdizionalizzazione del procedimento disciplinare è intesa alla rigorosa tutela del magistrato, e, dall’altro, è prevista l’applicabilità di una norma — processo a porte chiuse — qualificata come limitazione di quella tutela, a cagione di interessi non definiti come beni di rilevanza costituzionale, mentre potrebbe essere anche sacrificato il diritto della difesa, che è diritto proprio alla tutela della indipendenza del singolo magistrato, per interessi la cui valutazione è rimessa alla discrezione del legislatore ordinario. Procedimento n. 302 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Pregiudizio dei diritti di difesa dell’incolpato derivante dall’inapplicabilità della normativa dell’art. 396 c.p.p. Insussistenza - Procedimento disciplinare - Salvaguardia dei diritti di difesa - Elencazione delle concrete condizioni. L’inapplicabilità nel procedimento disciplinare del disposto dell’art. 396 c.p.p., che discende dalla sua incompatibilità con le peculiarità della procedura, non pregiudica, in alcun modo, i diritti di difesa dell’incolpato, che trovano anche nel procedimento disciplinare la più ampia tutela. In particolare tali diritti sono idoneamente salvaguardati, quando sia rigorosamente rispettata la regola del contraddittorio e quando siano concretamente assicurate al magistrato: a) la facoltà di difendersi, mediante informazione, sin dall’inizio della procedura, circa l’esercizio dell’azione disciplinare nei suoi confronti, e, mediante l’invito, a nominarsi un difensore, in conformità al disposto dell’art. 304 c.p.p.; b) la possibilità di conoscere prima della fissazione dell’udienza di discussione orale, attraverso una precisa contestazione dei fatti, l’oggetto della incolpazione; c) e, infine, la possibilità di esporre gli argomenti a propria discolpa. 509 Procedimento n. 302 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Interrogatorio obbligatorio dell’incolpato Applicabilità dell’art. 396, u.c. c.p.p. - Esclusione. Nel procedimento disciplinare a carico di magistrati non trova applicazione l’art. 396 u.c. c.p.p. (interrogatorio obbligatorio dell’incolpato) per la sua incompatibilità con il detto procedimento, in quanto, nel corso di esso, nei confronti dell’incolpato, non può essere emesso alcun ordine o mandato di comparizione o mandato di accompagnamento che possano assicurare la sua presentazione anche coatta; conseguentemente, proprio in conseguenza della mancata previsione normativa della presentazione coatta, dalla mancata presentazione spontanea dell’incolpato, deriverebbe la paralisi dell’istruttoria e dell’ulteriore corso dell’azione disciplinare. Nel detto procedimento disciplinare i diritti di difesa dell’incolpato sono salvaguardati con il rispetto della regola del contraddittorio e con l’assicurazione della facoltà di difesa fin dall’inizio della procedura (comunicazione dell’esercizio dell’azione disciplinare; possibilità di nomina di un difensore-magistrato; conoscenza dell’oggetto della incolpazione; possibilità di presentazione di discolpe anche per iscritto). Procedimento n. 262 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Scelta del rito istruttorio - Inapplicabilità delle norme processuali penali - Richiesta del magistrato imputato che si proceda con rito formale - Inammissibilità del ricorso alla Sezione disciplinare. È inammissibile il ricorso con il quale il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare chiede che a suo carico si proceda con istruzione formale anziché con istruzione sommaria; la particolare struttura del procedimento disciplinare — nel quale il consigliere istruttore viene nominato soltanto dopo la richiesta dell’istruzione formale da parte del pubblico ministero e nel quale la scelta del rito non è ancorata a predeterminate condizioni obiettive — esclude, infatti, l’applicabilità dell’art. 389 c.p.p. nella parte in cui concede all’imputato la facoltà di richiedere al pubblico ministero che si 510 proceda con istruttoria formale e di ricorrere avverso l’eventuale rifiuto. Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Estensione delle norme relative all’istruzione dei procedimenti penali - Limitazione al compimento delle attività istruttorie dirette all’acquisizione delle prove. Il richiamo contenuto nel terzo comma dell’art. 32 del R.D.L. n. 511 del 1946 («per l’istruzione si osservano, in quanto compatibile, le norme relative alla istruzione dei procedimenti penali») deve intendersi riferito unicamente al compimento delle attività istruttorie dirette all’acquisizione delle prove e non anche al successivo passaggio dalla fase istruttoria a quella del dibattimento, poiché all’uopo provvede l’articolo 33 dello stesso R.D.L., con una normativa che differisce in maniera sostanziale da quella del cod. proc. pen., e non prevede affatto che l’incolpato debba, a pena di nullità, essere stato interrogato prima del rinvio al dibattimento. Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Applicabilità della normativa dell’art. 396, 3° comma, c.p.p. - Esclusione. Non può trovare puntuale applicazione nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati l’art. 396 c.p.p., 3° comma, in quanto tale norma parifica all’interrogatorio, al fine di escluderne la nullità, l’enunciazione del fatto in un ordine senza effetto, mentre nel procedimento disciplinare, non sono ammissibili atti di coercizione personale, quali gli ordini e i mandati. Occorrerà, pertanto, per rendere applicabile, nel procedimento disciplinare a carico di magistrati, la citata norma processuale un adattamento della stessa alle peculiari caratteristiche di quel giudizio disciplinare. Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. 511 Procedimento disciplinare - Decreto di archiviazione - Natura giurisdizionale - Necessità di motivazione. I decreti di archiviazione, in quanto incidono sull’azione penale, escludendone la promovibilità, hanno natura giurisdizionale, e devono, pertanto, essere motivati, secondo l’art. 111 della Costituzione. Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Effettuazione di atti istruttori e fissazione della discussione orale senza il preventivo interrogatorio dell’incolpato - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 32 e 33 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto quelle norme consentono, nei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati, che vengano effettuati atti istruttori e sia conseguentemente fissata la discussione orale, senza il necessario preventivo interrogatorio dell’incolpato. Non sussiste, infatti, l’asserito contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto il principio di eguaglianza può dirsi violato solo se siano disciplinate diversamente situazioni oggettivamente uguali, mentre la disciplina del procedimento disciplinare a carico dei magistrati è identica per tutti gli incolpati e le differenze esistenti tra tale disciplina e quella del procedimento penale trovano adeguata giustificazione nella sostanziale diversità, sia sotto il profilo strutturale, che funzionale, dei due istituti. Non sussiste neppure il contrasto con l’art. 24 Cost., perché da nessuna norma della Costituzione può desumersi che la tutela del diritto di difesa, nei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati, debba necessariamente esplicarsi mediante l’interrogatorio dell’incolpato nel corso dell’istruttoria. Procedimento n. 253-288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres. Bosco. 512 Procedimento disciplinare - Estensione della normativa dell’art. 389 4°, 5° e 6° comma c.p.p. - Esclusione. La normativa dell’art. 389, quarto, quinto e sesto comma c.p.p., la cui applicazione non può prescindere dalla presenza e dalla partecipazione attiva al rito del giudice istruttore, non è estendibile al procedimento disciplinare, per il fondamentale rilievo che in tale procedimento non è previsto, in modo stabile e permanente, un organo corrispondente al giudice istruttore nel processo penale. Procedimento n. 253-288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Individuazione dell’oggetto della incolpazione - Sufficienza dell’indicazione della norma violata e dalla precisa indicazione del fatto. Sono sufficienti elementi di individuazione dell’oggetto della incolpazione, tali da escludere la nullità della citazione a giudizio per incertezza assoluta del titolo della incolpazione, l’indicazione della norma violata, anche se non se ne sia ripetuto formalmente il testo e la precisa indicazione del fatto. Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Osservanza delle norme relative all’istruttoria e al dibattimento penali in ogni fase dell’istruttoria e del dibattimento disciplinari - Esclusione. Procedimento disciplinare - Estensione della normativa di cui all’art. 389 c.p.p. - Esclusione. Procedimento disciplinare - Estensione della procedura istituita dalla novella n. 780 del 1969 - Esclusione. Procedimento disciplinare - Posizione del giudice istruttore disciplinare in relazione a quella del giudice istruttore penale Incompatibilità di quest’ultimo a partecipare al giudizio in con513 trasto col dovere del primo di concorrere alla formazione della Sezione Disciplinare. Non è possibile stabilire come principio generale, applicabile ad ogni fase dell’istruttoria e del dibattimento disciplinari, l’osservanza delle norme relative all’istruttoria e al dibattimento penali. I due procedimenti obbediscono invero a principi a volte addirittura opposti nei confronti di istituti essenziali quali — ad esempio — la pubblicità del dibattimento che, prescritta a pena di nullità nella causa penale (art. 423 c.p.p.), è vietata in quella disciplinare (art. 34, 2° cpv. R.D.L. cit.) o — addirittura — il diritto alla difesa che, tutelato fino al punto da doversi ritenere insanabile e rilevabile d’ufficio la sua violazione nel procedimento penale (art. 185, comma 1° n. 2 c.p.p.), diventa mera facoltà dell’incolpato di farsi assistere da altro magistrato con esclusione di difensori e di consulenti tecnici. In particolare, la normativa dell’art. 389 c.p.p., la cui applicazione non può prescindere dalla presenza e dalla partecipazione attiva al rito del giudice istruttore, non è estendibile al procedimento disciplinare, per il fondamentale rilievo che in tale procedimento, non è previsto, in modo stabile e permanente, un organo corrispondente al giudice istruttore nel processo penale. Né potrebbe correttamente applicarsi la procedura istituita dalla novella n. 780 del 1969 — che prevede l’istanza al p.m. di procedersi formalmente e il successivo ricorso al giudice istruttore il quale potrebbe, comunque, restituire gli atti al procuratore della Repubblica per il prosieguo dell’istruzione sommaria — non essendo certamente il C.S.M. l’istruttore e non potendo neppure considerarsi tale la Sezione disciplinare. Inoltre, a distinguere maggiormente la posizione del giudice istruttore penale da quella dell’istruttore disciplinare, sta l’incompatibilità del primo a partecipare al giudizio (art. 61, 2° comma, c.p.p.) in contrasto col dovere del secondo di concorrere alla formazione della Sezione disciplinare, salvo il divieto di avervi l’incarico di relatore (art. 34, comma primo, R.D.L.). Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres. Bosco. 514 Procedimento disciplinare - Facoltà del presidente della Sezione di sentire nuovamente i testimoni, ascoltati previa prestazione del giuramento, ma senza la presenza dell’incolpato e del suo difensore - Conflitto col principio costituzionale del diritto di difesa Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale degli artt. 32, 33 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, sollevata sotto il riflesso che tali norme, rimettendo alla discrezionalità del presidente della Sezione disciplinare la facoltà di sentire nuovamente i testimoni, ascoltati previa prestazione del giuramento, ma senza la presenza dell’incolpato e del suo difensore, confliggerebbero col diritto di difesa, per i motivi di cui alle sentenze nn. 63 e 64 del 1972, della Corte costituzionale. Invero, secondo tali sentenze non viola il diritto di difesa la disposizione di legge per la quale il difensore dell’imputato non è consentito di assistere all’esame dei testi nell’istruzione, in quanto, di regola, la prova può essere ripetuta al dibattimento, tutelandosi così la pienezza del contraddittorio. La violazione si attuerebbe solo nel caso di testimonianze rese a futura memoria, col giuramento, nella previsione dell’impossibilità che i testi, a causa di infermità o di altro grave impedimento, siano riesaminati in giudizio. A tale previsione, peraltro, non può essere riferita l’ipotesi di specie, in quanto il testimone nel procedimento disciplinare giura in ogni caso (art. 32 R.D.L. citato, 4° cpv.), prescindendosi ogni ipotesi di impedimento per una deposizione dibattimentale. Procedimento n. 327 - Sentenza del 22 ottobre 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Eccezione di nullità del rinvio a giudizio per mancata contestazione degli addebiti al termine dell’istruttoria - Infondatezza dell’eccezione. È infondata l’eccezione di nullità del rinvio a giudizio per difetto di una formale contestazione degli addebiti al termine dell’istruttoria, in quanto le norme che regolano, nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati, il passaggio dalla fase istruttoria a quella del dibattimento non prescrivono che l’istruttoria debba concludersi con una formale contestazione degli addetti. 515 Procedimento n. 284 - Sentenza del 13 novembre 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Ricorso avverso il rigetto dell’istanza di formalizzazione dell’istruttoria - Obbligo di preavvertire il ricorrente del giorno della decisione - Insussistenza. Le norme dell’art. 389 c.p.p., come modificato dalla legge n. 780 del 1969, anche se ritenute applicabili al procedimento disciplinare a carico dei magistrati non prescrivono, a pena di nullità, che il giudice competente a decidere del ricorso contro il provvedimento che ha respinto l’istanza di formalizzazione dell’istruttoria debba preavvertire il ricorrente e il difensore del giorno in cui emetterà la propria decisione. Procedimento n. 330 - Sentenza del 13 novembre 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Art. 389 c.p.p.- Inapplicabilità. L’art. 389 cod. proc. pen., modificato dalla legge n. 780 del 1969, non è applicabile nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati, sia perché in tale procedimento non è previsto in modo stabile un organo corrispondente al giudice istruttore che dovrebbe decidere sul ricorso stesso, sia perché la scelta del rito in sede disciplinare non è ancorata a particolari condizioni obiettive onde vengono meno i presupposti per un controllo della legittimità della scelta del rito operata dal Procuratore generale. Procedimento n. 330 - Sentenza del 13 novembre 1974 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Rigetto da parte del Procuratore Generale della richiesta di formalizzazione dell’istruttoria - Ricorso alla sezione disciplinare - Inammissibilità. È inammissibile il ricorso alla Sezione Disciplinare avverso il decreto del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione con 516 il quale sia stata rigettata la richiesta di passaggio dall’istruttoria sommaria a quella formale. Procedimento n. 207 - Sentenza del 25 febbraio 1976 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104, 1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo procedimento. Procedimento n. 332 - Sentenza del 25 febbraio 1976 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104, 1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo procedimento. Procedimento n. 287 - Sentenza del 25 febbraio 1976 - Pres. Bosco. 517 Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104, 1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo procedimento. Procedimento n. 335 - Sentenza del 25 febbraio 1976. Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104, 1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo procedimento. Procedimento n. 7 - Sentenza del 25 marzo 1976 - Pres. Bosco. Procedimento disciplinare - Sospensione cautelare - Convocazione Impedimento a comparire dell’incolpato - Documentazione attendibile - Comunicazione - Insufficienza. L’esistenza del legittimo impedimento a comparire deve essere comprovata, con attendibile documentazione, nel giorno previsto per la comparizione. In mancanza la Sezione disciplinare, anche in sede di emissione di provvedimenti cautelari, non può disporre il rinvio del procedimento ad altra seduta. 518 Non è sufficiente l’invio di una richiesta telegrafica di rinvio della seduta con la comunicazione della infermità ed il preannunzio dell’inoltro di documentazione medica non tempestivamente pervenuta. Procedimento n. 11 - Sentenza del 28 gennaio 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento disciplinare - Sospensione per legittimo impedimento Attualità dell’impedimento - Concreta impossibilità di comparire e di esercitare le facoltà di difesa. L’impedimento a comparire deve essere attuale e la relativa attestazione deve esprimere la concreta impossibilità a comparire e ad esercitare la facoltà di difesa. Non ricorre tale ipotesi quando l’attestazione è costituita da certificato medico che si riferisce ad un accertamento effettuato ben ventuno giorni prima ed esprime una prognosi generica. Procedimento n. 339 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento disciplinare - Ammissione di errore sull’interpretazione di una norma - Irritualità. L’ammissione di essere caduto in errore nella interpretazione di una norma di legge resa in un diverso contesto ed al di fuori di ogni garanzia di difesa (art. 304 c.p.p.) non è utilizzabile come confessione nel procedimento disciplinare. Procedimento n. 370 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento disciplinare - Richiesta di non farsi luogo a rinvio al dibattimento - Prove da cui risultano esclusi gli addebiti - Criteri interpretativi. 519 L’esclusione degli addebiti consegue sia alla prova della inesistenza del fatto materiale che alla prova della inesistenza di un comportamento negligente o dell’esistenza di una causa di giustificazione. L’interpretazione restrittiva dell’art. 33, comma 2, del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 (limitatamente alla ipotesi della esistenza di prove che escludono il fatto materiale) urta contro la lettera della legge e comporterebbe l’effetto di prolungare ingiustamente la pendenza di un procedimento disciplinare nei confronti del magistrato che già risulta non meritevole di censura nonché di accrescere senza ragione i carichi dibattimentali della sezione disciplinare. Procedimento n. 364 - Sentenza del 14 luglio 1978. Procedimento disciplinare - Eccezione di nullità della citazione a dibattimento - Omesso deposito del verbale di interrogatorio Nullità relativa - Forma e tempi di proponibilità. La nullità della citazione e dibattimento per omesso deposito del verbale di interrogatorio costituisce nullità relativa, sanabile, se non eccepita nei tempi e con le forme di cui all’art. 401 c.p.p. Pertanto tale invalidità rimane sanata, se non viene dedotta innanzi al segretario della Sezione Disciplinare — nel caso era stata dedotta con lettera — ed entro il termine di cinque giorni dalla comunicazione del capo di incolpazione. Procedimento n. 16 - Sentenza del 13 ottobre 1978 - Pres. Bachelet. Procedimento disciplinare - Richiesta di copia di procedimento penale - Mancanza di legittimazione. La Sezione disciplinare non è legittimata, ai sensi dell’art. 165 bis c.p.p., a chiedere copia di procedimento penale a carico dell’incolpato incombendo il relativo onere al Procuratore Generale della Corte di Cassazione (ipotesi in cui il Procuratore Generale della Corte di Cassazione aveva prodotto soltanto il rapporto del 520 procuratore della documentazione). Repubblica, ma non anche la relativa Procedimento n. 185 - Sentenza del 29 giugno 1979 - Pres. Bachelet. Procedimento disciplinare - Interrogatorio dell’incolpato - Delega al compimento dell’atto - Legittimità - Limiti. L’art. 10 della legge 24 marzo 1985, n. 195, derogando al principio dell’unità ed indivisibilità dell’ufficio del pubblico ministero, riserva all’esclusiva competenza del procuratore generale presso la Corte di Cassazione soltanto l’iniziativa dell’azione disciplinare nei confronti di magistrati e non anche la sua prosecuzione. Pertanto legittimamente il procuratore generale può designare ed assumere l’interrogatorio dell’incolpato un magistrato del suo ufficio. Questi, a sua volta, nei limiti di cui all’art. 32 della citata legge, può delegare, per l’espletamento fuori sede del medesimo incombente, un diverso magistrato (nella specie, presidente di Corte di Appello). È, invece, irrituale la subdelega, per il medesimo atto, conferita ad altro magistrato da parte del delegato; ma tale irritualità in mancanza di un’esplicita previsione normativa, non invalida il procedimento disciplinare. Procedimento n. 416 - Sentenza del 20 luglio 1979 - Pres. Bachelet. Procedimento disciplinare - Richiesta di non farsi luogo a rinvio al dibattimento - Prove da cui risultano esclusi gli addebiti - Criteri interpretativi. L’esclusione degli addebiti consegue sia alla prova della inesistenza del fatto materiale che alla prova della inesistenza di un comportamento negligente o dell’esistenza di una causa di giustificazione. L’interpretazione restrittiva dell’art. 33 comma 2 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 (limitatamente alla ipotesi della esistenza di prove che escludono il fatto materiale) urta contro la lettera della legge e comporterebbe l’effetto di prolungare 521 ingiustamente la pendenza di un procedimento disciplinare nei confronti del magistrato che già risulta non meritevole di censura, nonché di accrescere senza ragione i carichi dibattimentali della Sezione disciplinare. Procedimento n. 18 - Sentenza del 17 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. Procedimento disciplinare - Morte dell’incolpato - Art. 152 c.p.p. Applicabilità - Condizioni. Qualora l’incolpato sia deceduto nel corso del procedimento, la Sezione disciplinare può emettere sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 152 c.p.p., nel solo caso di chiara ed indiscutibile inesistenza di prove positive o, viceversa, di sicura sussistenza di prove negative circa i fatti contestati e la loro realizzazione da parte dell’incolpato medesimo. Procedimento n. 435 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres. Zilletti. Procedimento disciplinare - Comunicazione e contestazione dell’addebito ad incolpato che esercita le funzioni di pretore tramite il procuratore generale presso la Corte di Appello del distretto - Nullità del decreto di citazione e degli atti istruttori precedenti - Insussistenza. Il pubblico ministero, cui è affidata l’istruttoria sommaria nei procedimenti disciplinari, per gli atti da compiersi fuori dalla sua residenza può richiedere, a norma dell’art. 32 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, altro magistrato superiore in grado o più anziano del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare e non deve, invece, comunicare o notificare gli atti all’incolpato a mezzo del Presidente della Corte di Appello che su quest’ultimo esercita la sorveglianza ex art. 14 del citato decreto. Pertanto non si configura la nullità del decreto di citazione e dei precedenti atti istruttori allorquando la comunicazione e la contestazione dell’addebito sono state, ritualmente, notificate al pretore tramite il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello. 522 Procedimento n. 271-420/R.G. - Sentenza del 10 maggio 1985 Pres. De Carolis. Procedimento disciplinare - Partecipazione al giudizio di rinvio dei componenti la Sezione disciplinare che ha emesso la sentenza annullata - Questione manifestamente infondata di costituzionalità. L’inapplicabilità al giudizio disciplinare delle disposizioni di cui agli artt. 61 comma 1 e 64 n. 6 c.p.p., in quanto deriva dall’unicità dell’organo giurisdizionale ed è funzionale ad evitarne la paralisi, non costituisce violazione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Costituzione. Procedimento n. 272-420 - Sentenza del 10 maggio 1985 - Pres. De Carolis. Procedimento disciplinare - Termine di decadenza biennale riferito alla decisione non irrevocabile di merito anziché alla decisione definitiva - Questione manifestamente infondata di costituzionalità. È manifestamente infondata la questione, posta in riferimento all’art. 3 Costituzione, di legittimità dell’art. 59 comma 9° D.P.R. n. 916/1958, nella parte in cui dispone che il procedimento disciplinare si estingue ove sia decorso un biennio dalla comunicazione all’incolpato dell’inizio dell’azione disciplinare, senza che sia intervenuta la decisione non irrevocabile di merito della Sezione disciplinare e non anche la sentenza definitiva ed irrevocabile. Procedimento n. 10/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De Carolis. Procedimento disciplinare - Pubblicità delle udienze - Limiti. L’art. 6 comma 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo resa esecutiva con legge n. 848/1955 deve considerarsi direttamente ed immediatamente riferibile alla giurisdizione disciplinare con 523 efficacia abrogativa dell’art. 34 R.D. Lgs. n. 511/1946 nella parte che impone la discussione a porte chiuse. La pubblicità dell’udienza disciplinare può essere esclusa sia per l’esigenza di proteggere la privacy dell’incolpato, sia per motivi di sicurezza, ordine pubblico o buon costume. Procedimento n. 45/85 - Sentenza del 4 ottobre 1985 - Pres. De Carolis. Procedimento disciplinare - Sopravvenienza del decreto di archiviazione in ordine ai fatti oggetto anche di incolpazione disciplinare Autonomo accertamento della veridicità o meno dei fatti - Necessità. Il decreto di archiviazione emesso in ordine a fatti oggetto anche di incolpazione penale non esime il giudice disciplinare dal compito di accertarne la reale veridicità. (Nella specie la Sezione ha accertato l’infondatezza delle accuse rivolte all’incolpato da alcuni detenuti in ordine alle quali era stato adottato dalla autorità giudiziaria un decreto di archiviazione). Procedimento n. 7/86 - Sentenza del 21 febbraio 1986 - Pres. De Carolis. Procedimento disciplinare - Sentenza di proscioglimento istruttorio Insussistenza del fatto - Identità del fatto oggetto di incolpazione disciplinare - Efficacia vincolante. La sentenza istruttoria di proscioglimento per insussistenza del fatto comporta, per il corrispondente addebito disciplinare, la declaratoria di non farsi luogo a dibattimento perché risultano esclusi gli addebiti. Procedimento n. 16/81 - Sentenza del 16 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio - Oggetto del giudizio rescissorio - Inesistenza di termini per il suo esaurimento. 524 A seguito di annullamento con rinvio di sentenza della Sezione disciplinare oggetto del giudizio rescissorio è esclusivamente quel capo della sentenza annullata per il quale era stato proposto ricorso in Cassazione. Per l’esaurimento del giudizio rescissorio non sono previsti termini perentori. Procedimento n. 430/R.G. - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Termine biennale per la conclusione - Vizi della sentenza disciplinare di primo grado - Effetti della sua invalidità. Il termine biennale di cui agli artt. 12 e 13 L. 1981 n. 1 deve ritenersi osservato quando prima della sua scadenza sia stata comunque pronunziata una sentenza anche invalida, ma non affetta da vizi tali da renderla inesistente come atto tipico. Procedimento n. 430/R.G. - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Relazione tra sentenza ed incolpazione contestata - Fattispecie. Nel giudizio di rinvio dalla Cassazione, non ricorre per la Sezione disciplinare l’obbligo della trasmissione degli atti al P.G. ai sensi dell’art. 477 c.p.p. quando la sentenza delle SS.UU. che ha pronunciato l’annullamento con rinvio non ha affermato la diversità del fatto contestato rispetto a quello giudicato, ma unicamente la sovrabbondanza di questo rispetto all’oggetto della incolpazione individuando in esso un mero vizio della decisione impugnata richiedente la rinnovazione del giudizio. Procedimento n. 34/85 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. 525 Procedimento disciplinare - Chiusura dell’istruttoria - Adempimenti. Nella fase di chiusura dell’istruttoria non si richiede che gli atti vengano portati a conoscenza dell’incolpato prima della richiesta del P.G. né si applica l’art. 372 c.p.p. Procedimento n. 56/81 - Sentenza del 12 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Annullamento con rinvio - Poteri del giudice di rinvio. La Sezione disciplinare quale giudice di rinvio limita il suo giudizio ai punti della decisione cassata fatti oggetto di annullamento da parte delle Sezioni Unite Civili, uniformandosi ai principi di diritto enunciati e, nel caso di annullamento per omessa e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, provvedendo a sanare la lacuna. Procedimento n. 8/81 - Sentenza del 12 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Giudizio su rinvio - Assoluzione nel giudizio rescissorio relativo ad uno soltanto dei tre capi di incolpazione sottoposti al giudizio rescindente delle Sezioni unite civili Rideterminazione della sanzione - Possibilità - Riduzione. Formatosi il giudicato su due dei tre capi di incolpazione sottoposti a giudizio rescindente delle Sezioni unite civili ben può la Sezione disciplinare, per effetto dell’assoluzione nel giudizio rescissorio relativo al restante capo di incolpazione, adeguare la sanzione originariamente determinata nella censura, alla minore gravità complessiva dei fatti di cui l’imputato è stato riconosciuto definitivamente responsabile, infliggendo allo stesso l’ammonimento. 526 Procedimento n. 15/83 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio - Ambito dei poteri di indagine della Sezione Disciplinare. La Sezione Disciplinare — quale giudice di rinvio — ha piena cognizione del fatto contestato, salva l’intangibilità del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione. Ne consegue che il giudice disciplinare può liberamente valutare i fatti già accertati, oltre che indagare su altri fatti, nell’apprezzamento complessivo ai fini della pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata. Procedimento n. 20/87 - Sentenza del 25 settembre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Assoluzione per esclusione dell’addebito Condizioni. Una situazione di insuperabile stallo probatorio dovuto a successive contraddittorie dichiarazioni del denunciante, nessuna delle quali confortata da riscontro obiettivi, per effetto della quale manchi la piena e convincente prova dei fatti contestati nell’incolpazione impone l’assoluzione del magistrato perché risulta escluso l’addebito. Procedimento n. 24/87 - Sentenza del 16 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Estinzione per decorso del termine annuale tra l’inizio dell’azione disciplinare e notifica del decreto di citazione - Irrilevanza dell’attività di parte. L’estinzione del procedimento disciplinare per inutile decorso del termine annuale tra l’inizio dell’azione disciplinare e la notifica del decreto di fissazione del dibattimento, si produce indipendentemente da qualunque attività delle parti processuali. 527 Detto effetto non è inibito dalla circostanza che il procedimento disciplinare è stato sospeso su istanza dell’incolpato con la quale si sollecitava la sospensione sul presupposto erroneo che fosse pendente un processo penale. Procedimento n. 69/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres. Brutti. Procedimento disciplinare - Art. 152 2° comma c.p.p. - È applicabile. L’acquisizione di prove che consentono una pronuncia di merito pienamente liberatorio per l’incolpato preclude il ricorso ad una declaratoria di estinzione dell’illecito per tardività dell’azione disciplinare. Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 12 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio a seguito di annullamento - Limiti. Nel processo disciplinare il giudizio di rinvio per effetto di annullamento della sentenza di I grado deve restare circoscritto ai limiti segnati dal giudizio rescindente. Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 18 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Termine biennale per l’emanazione della sentenza - Emissione della sentenza di primo grado - Effetti del suo annullamento. L’emissione della sentenza disciplinare di primo grado realizza l’esercizio del diritto cui è legata l’operatività del termine biennale di cui all’art. 12 L. n. 1/1981; sono perciò irrilevanti le eventuali, ulteriori fasi processuali (ricorso in Cassazione e rinvio, alle quali potrebbe seguire altro giudizio di Cassazione e di rinvio). 528 Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 18 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Termine di fissazione dell’udienza di discussione - Applicabilità al giudizio di rinvio - Esclusione Questione di costituzionalità per contrasto agli artt. 3, 24 e 104 1° comma Costituzione - Manifesta infondatezza. Il termine annuale per la fissazione della udienza di discussione non è applicabile al giudizio rescissorio. L’art. 12 4° comma L. n. 1/1981 così interpretato non è in contrasto con gli artt. 3, 24 e 104 1° comma Costituzione. Procedimento n. 17/87 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Vizi del decreto di citazione - Impossibilità di rinnovo dell’atto nel termine annuale - Estinzione. Caducato il decreto di citazione per l’udienza di discussione a causa di un intrinseco vizio di nullità, il procedimento disciplinare si estingue ove non sia possibile il rinnovo di tale atto nel termine annuale di cui all’art. 12 L. n. 1/1981. Procedimento n. 70/87 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Decreto di fissazione dell’udienza di discussione - Termine annuale - Inosservanza - Istanza di non luogo a procedere - Inaccoglibilità allo stato degli atti - Consenso dell’incolpato all’estinzione - Estinzione. La declaratoria di estinzione del procedimento disciplinare per mancato rispetto del termine annuale per la comunicazione del decreto di fissazione della discussione orale si impone quando non risulti accoglibile, in base alle risultanze in atti, la richiesta di non luogo a procedere del pubblico ministero, e sempre che, in difetto 529 di cause interruttive del decorso del suddetto termine, l’incolpato vi consenta. Procedimento n. 95/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Decorso dei termini di estinzione Declaratoria - Necessità di previo consenso dell’incolpato. L’estinzione del procedimento disciplinare per inutile decorso del termine annuale di cui all’art. 59 D.P.R. n. 916/1958 è subordinata al consenso dell’incolpato. Procedimento n. 41/84 e 5/85 - Sentenza del 15 aprile 1988 Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio - Termine annuale di decadenza - Inapplicabilità. Al processo disciplinare si applica il principio generale secondo cui le norme regolatrici della prescrizione e della decadenza sono insuscettibili di interpretazione estensiva. Nel giudizio di rinvio, in assenza di specifica normativa, non è pertanto applicabile il termine di decadenza per inutile decorso dell’anno fra la sentenza di annullamento con rinvio e la comunicazione all’incolpato del decreto di fissazione della discussione orale dinanzi alla Sezione disciplinare. Procedimento n. 45/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Applicabilità dell’art. 152 c.p.p. - Condizioni. La richiesta di proscioglimento a sensi dell’art. 152 c.p.p. non può essere accolta quando sia necessario il previo compimento di un’attività istruttoria e risulta accertata una causa di estinzione del 530 procedimento disciplinare per inutile decorso del termine annuale per la fissazione del dibattimento stabilito dall’art. 59 R.D.L. n. 511/1946. Procedimento n. 55/87 - Sentenza del 17 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Estinzione - Termine annuale per la fissazione del dibattimento - Condizioni per la sua osservanza. Osta all’accoglimento dell’eccezione di estinzione del procedimento disciplinare, per inutile decorso del termine annuale per la fissazione del dibattimento, la circostanza che un decreto di fissazione si stato notificato in termine, a nulla rilevando che i successivi decreti di rinvio dell’udienza di discussione siano stati notificati in date successive alla scadenza di detto termine. Procedimento n. 81/87 - Sentenza del 16 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Contestazione dell’illecito - Vincolo per il giudice disciplinare. Nel sistema disciplinare costituisce elemento della contestazione, vincolante per il giudice, non solo il comportamento obiettivo posto in essere dall’incolpato, ma anche la specifica antidoverosità cui la condotta è espressamente riferita. Procedimento n. 48/89 - Sentenza del 21 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Precedente giudicato sul medesimo fatto Dichiarazione di non farsi luogo al rinvio a dibattimento. Nell’ipotesi in cui la permanenza del comportamento attribuito all’incolpato sia cessata anteriormente ad una precedente pronuncia 531 della Sezione disciplinare, non è ammissibile nuovo procedimento disciplinare e deve dichiararsi non farsi luogo al rinvio a dibattimento per precedente giudicato sul medesimo fatto. Procedimento n. 75/88 - Sentenza del 5 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Invito all’incolpato a comparire davanti il P.G. per rendere l’interrogatorio - Comunicazione - Notificazione non necessaria. Per la comunicazione dell’invito all’incolpato a comparire davanti il Procuratore Generale per rendere l’interrogatorio non è richiesta la forma della notificazione. Procedimento n. 13/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Procedimento disciplinare - Discrepanza fra accusa istruttoria ed accusa dibattimentale - Divergenze puramente formali - Insussistenza. Non sussiste la nullità del decreto di rinvio a dibattimento per diversità degli addebiti contestati in istruttoria rispetto a quelli riportati in detto decreto ove, al di là di mere divergenze formali, relative al richiamo ad articoli del codice penale e ad atti dell’istruttoria penale, siano sostanzialmente identici i fatti contestati così come riportati nell’atto di accusa finale rispetto a quello iniziale. Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Procedimento disciplinare - Art. 9, n. 2, L. 7 febbraio 1990, n. 19 Inapplicabilità. La norma dell’art. 9, n. 2, della L. 7 febbraio 1990, n. 19, per la quale la destituzione del pubblico dipendente condannato in sede 532 penale può essere inflitta all’esito di procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro 180 giorni dalla data in cui la P.A. ha ricevuto notizia della sentenza penale, è applicabile solo al procedimento disciplinare amministrativo, proprio dei pubblici dipendenti, e non è estensibile a quello dei magistrati, che ha natura giurisdizionale. Procedimento n. 60/89 - Sentenza del 30 novembre 1990 - Pres. Galloni. Procedimento disciplinare - Termine annuale per la promozione dell’azione disciplinare - Decorrenza - Effetti - Estinzione. Il decorso del termine annuale per la comunicazione all’incolpato del decreto di fissazione della discussione orale davanti alla Sezione disciplinare previsto dall’art. 59 d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, c. IX, estingue il procedimento disciplinare qualora l’incolpato stesso lo consenta. 533 534 21 — PROCEDIMENTO PENALE E DISCIPLINARE 535 536 Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Procedimento penale e disciplinare - Connessione dei fatti che ne formano oggetto con quelli addebitati all’incolpato - Sufficienza della prova sulla sussistenza degli addebiti disciplinari - Obbligo di sospendere il procedimento disciplinare in attesa della definizione di quello penale - Insussistenza. Non è necessario sospendere il procedimento disciplinare a carico di un magistrato in attesa dell’esito di un procedimento penale per fatti connessi a quelli addebitati all’incolpato, allorché tali addebiti risultino già provati — almeno in relazione alla loro incidenza sul prestigio del magistrato — dalle deposizioni rese nel corso dell’istruttoria disciplinare. Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro. Procedimento penale e disciplinare - Efficacia della sentenza penale nel procedimento disciplinare - Autorità di cosa giudicata della sentenza penale per ciò che riguarda l’accertamento dei fatti. Procedimento penale e disciplinare - Autorità di cosa giudicata dei fatti accertati nel procedimento penale - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. L’accertamento dei fatti — così come compiuto dal giudice penale di appello e risultante dalla sentenza di proscioglimento passata in 537 giudicato — fa stato in sede disciplinare, per il disposto dell’art. 29 della legge sulle guarentigie. Pertanto il giudice disciplinare, al fine di stabilire se l’incolpato sia meritevole o meno di appropriata sanzione, non può ricostruire le modalità dell’episodio giudicato in maniera diversa da quella risultante dalla pronunzia penale irrevocabile. Non contrasta con l’art. 27, secondo comma, della Costituzione il disposto dell’art. 29 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui stabilisce che l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del procedimento penale risultanti da sentenza passata in giudicato fa stato nel procedimento disciplinare. Infatti questa norma, che costituisce in certo senso il parallelo dell’art. 28 c.p.p., intende assicurare obbligatoriamente la utilizzazione del materiale probatorio — acquisito nel procedimento penale con ogni possibile garanzia — nel futuro procedimento disciplinare incardinato sui medesimi fatti che formarono oggetto dell’imputazione ed in ordine ai quali venne emessa la pronuncia di condanna o di proscioglimento. Individuata tale finalità, è evidente che, quando sia intervenuta una decisione liberatoria nel processo penale, il giudice disciplinare — che provvede a valutare i fatti già accertati in quella diversa sede — fa proprio un materiale di prova entrato nel mondo logico-giuridico e che perciò non può essere pretermesso. Procedimento n. 77 - Sentenza del 12 dicembre 1964 - Pres. Rocchetti. Procedimento penale e disciplinare - Accertamento nel corso del giudizio disciplinare di fatti che costituiscono reato - Pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare - Obbligo di trasmissione degli atti al titolare dell’azione penale e di sospensione del procedimento disciplinare - Sussistenza. Ove nel corso del procedimento disciplinare emergano fatti nei quali si possono ravvisare reati perseguibili di ufficio, se la decisione su tali reati costituisca pregiudiziale logica e necessaria rispetto all’incolpazione nel procedimento disciplinare, questo deve essere sospeso e gli atti vanno trasmessi al titolare dell’azione penale. 538 Procedimento n. 69 - Sentenza del 3 marzo 1965 - Pres. Rocchetti. Procedimento penale e disciplinare - Efficacia vincolante nel procedimento disciplinare del decreto di impromovibilità dell’azione penale - Esclusione. Il decreto di archiviazione emesso dal giudice istruttore in sede penale per fatti costituenti anche illecito disciplinare non ha efficacia vincolante in sede di giudizio disciplinare, stante l’autonomia di questo rispetto a quello penale. Procedimento n. 57 - Sentenza del 25 febbraio 1967 - Pres. Rocchetti. Procedimento penale e disciplinare - Autorità di cosa giudicata degli accertamenti compiuti in sede penale - Sentenza istruttoria di proscioglimento - Efficacia vincolante - Necessità di valutazione del contenuto sostanziale della sentenza penale - Difformità tra dispositivo e motivazione - Obbligo di riferirsi alla motivazione. L’esclusione, in sede penale — anche con sentenza istruttoria — della sussistenza di fatti addebitati al magistrato comporta l’esclusione della sussistenza dei fatti medesimi pure ai fini dell’azione disciplinare. Nel procedimento disciplinare per la valutazione della sussistenza o non dei fatti addebitati deve essere preso in considerazione il contenuto sostanziale della pronuncia penale anche se la formula di proscioglimento adottata non rispecchi fedelmente quanto ritenuto in motivazione (caso di proscioglimento con la formula «perché il fatto non costituisce reato» anziché con la formula esatta «perché il fatto non sussiste»). Procedimento n. 133 - Sentenza del 28 giugno 1968 - Pres. Amatucci. Procedimento penale e disciplinare - Efficacia della sentenza penale nel proscioglimento disciplinare - Autorità di cosa giudicata della sentenza penale solo per ciò che riguarda l’accertamento dei fatti 539 - Efficacia vincolante della sentenza penale in ordine alla valutazione dei fatti accertati - Esclusione - Fattispecie. In sede disciplinare l’autorità del giudicato a norma dell’art. 29 u.c. R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 vale solo in ordine ai fatti materiali accertati nella loro realtà fenomenica ed oggettiva e non riguarda gli apprezzamenti e le questioni giuridiche risolte ai fini della sussistenza di un illecito penale. Pertanto, se nel giudizio penale a carico del magistrato si sia ritenuto che egli abbia concorso nella falsità materiale di una sentenza, agendo «per automatismo, senza comprendere il valore concreto della propria azione», e l’imputato sia stato assolto, la Sezione disciplinare risulta da un canto vincolata all’avvenuto accertamento del falso e dall’altro libera di attribuire al fatto medesimo una diversa valutazione ai fini del giudizio disciplinare che le compete. Procedimento n. 296 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco. Procedimento penale e disciplinare - Valore di giudicato della sentenza istruttoria - Esclusione. Nel procedimento disciplinare fa stato solo l’accertamento dei fatti risultante da sentenza penale passata in giudicato (art. 29 terzo comma, del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511); giudicato che non deriva da sentenza istruttoria, in quanto l’art. 402 c.p.p. stabilisce che tale sentenza non impedisce che per lo stesso fatto si possa nuovamente procedere contro la stessa persona. Procedimento n. 312 - Sentenza del 4 giugno 1974 - Pres. Bosco. Procedimento penale e disciplinare - Esclusione del fatto nella competente sede penale - Improcedibilità. L’esclusione della sussistenza del fatto nella competente sede penale con sentenza emessa in pubblico dibattimento e passata in cosa giudicata, importa che non possa procedersi, per lo stesso fatto, in via disciplinare. 540 Procedimento n. 299 - Sentenza del 27 giugno 1974 - Pres. Bosco. Procedimento penale e disciplinare - Sospensione in attesa della definizione di procedimento penale a carico di ignoti per lo stesso fatto - Esclusione. Non può essere sospeso il procedimento disciplinare per la pendenza di un procedimento penale a carico di ignoti per un fatto che costituisce anche uno dei capi della incolpazione, in quanto non potendosi un procedimento contro ignoti considerare mal definito, neppure con la sentenza che lo dichiari tale, a meno che non intervenga il termine di prescrizione del reato, l’accoglimento della richiesta di sospensione importerebbe la sospensione sine die del procedimento disciplinare. Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres. Bosco. Procedimento penale e disciplinare - Accertamento dei fatti in un processo penale concluso con provvedimento di archiviazione Ininfluenza. Procedimento penale e disciplinare - Autorità del giudicato penale in ordine ai fatti accertati - Sussistenza solo in ordine ai fatti materiali. Il principio secondo il quale, nel procedimento disciplinare, fa stato l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del giudizio penale risultanti dalla sentenza passata in giudicato (art. 29 3° c. R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511), non trova applicazione nel caso di un provvedimento di archiviazione, il quale, a differenza della sentenza ha per presupposto non il processo, ma la mancanza del processo e non dà, quindi, luogo a preclusioni di alcun genere, né ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata. L’autorità del giudicato vale in ogni caso solo in ordine ai fatti materiali accertati nella loro realtà oggettiva e non riguarda mai gli apprezzamenti e le questioni giuridiche risolte ai fini della sussistenza di un illecito penale. 541 Procedimento n. 375 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale perché il fatto non sussiste - Effetti sul procedimento disciplinare. Il proscioglimento in sede penale perché il fatto non sussiste comporta, per i corrispondenti addebiti disciplinari, la declaratoria di improcedibilità perché il fatto non sussiste. Procedimento n. 353 - Sentenza del 15 luglio 1977. Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria penale Assoluzione per non aver commesso il fatto - Efficacia in sede disciplinare. La sentenza istruttoria di proscioglimento per non aver commesso il fatto preclude, in sede disciplinare, l’indagine sui medesimi fatti che hanno costituito oggetto del procedimento penale. Procedimento n. 273 - Sentenza del 1° ottobre 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale perché il fatto non sussiste - Effetti sul procedimento disciplinare. Qualora sia il procedimento penale che quello disciplinare vertano sui medesimi fatti, la sentenza penale definitiva di assoluzione, perché i fatti contestati non sussistono fa stato in sede disciplinare ed impedisce il rinvio dell’incolpato al dibattimento. Procedimento n. 360 - Sentenza del 28 ottobre 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento penale e disciplinare - Decreto di archiviazione - Sentenza istruttoria - Valore di giudicato - Esclusione. 542 Nel procedimento disciplinare fa stato solo l’accertamento dei fatti risultanti da sentenza penale emessa in dibattimento e passata in giudicato, e non anche quello contenuto in un decreto di archiviazione od in una sentenza istruttoria di proscioglimento. Procedimento n. 394 - Sentenza del 19 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Procedimento penale e disciplinare - Assoluzione e proscioglimento in sede penale perché il fatto non sussiste - Effetti nel procedimento disciplinare. L’assoluzione o il proscioglimento in sede penale perché il fatto non sussiste comporta per i corrispondenti addebiti disciplinari, la declaratoria di non farsi luogo a dibattimento perché risultano esclusi gli addebiti medesimi. Procedimento n. 412 - Sentenza del 18 maggio 1979 - Pres. Bachelet. Procedimento penale e disciplinare - Efficacia della sentenza penale nel procedimento disciplinare - Assoluzione del reato di minaccia con arma - Assoluzione in sede disciplinare - Condizioni - Fattispecie. A norma dell’art. 29 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nel procedimento disciplinare fa stato l’accertamento dei fatti materiali risultante dal giudicato penale. Pertanto l’assoluzione del delitto di minaccia, perché il fatto non costituisce reato (nella specie, è stato accertato che l’imputato, aggredito da un terzo, estraesse la pistola non per minacciare, ma unicamente per scoraggiare atti di violenza ai suoi danni) comporta l’assoluzione anche in sede disciplinare. Procedimento n. 230 - Sentenza del 26 ottobre 1979 - Pres. Bachelet. 543 Procedimento penale e disciplinare - Estinzione del reato di corruzione per prescrizione - Illecito disciplinare - Sussistenza. Il proscioglimento del delitto di corruzione per avvenuta prescrizione non preclude la condanna dell’incolpato per lo stesso fatto, in sede disciplinare. Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti. Procedimento penale e disciplinare - Mancato pagamento dell’assegno di mantenimento fissato, a favore dei figli, da un provvedimento giudiziario - Assoluzione dall’imputazione di violazione degli obblighi di assistenza familiare, perché il fatto non costituisce reato - Prosecuzione del giudizio disciplinare instaurato per il medesimo fatto - Legittimità. La fattispecie criminosa di cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, c. p., ha un ambito applicativo più limitato rispetto a quello proprio dell’illecito civile consistente nell’inadempienza dell’obbligo di mantenimento, poiché l’oggetto della prestazione, la cui mancata esecuzione sostanzia il reato, comprende le sole cose indispensabili alla vita e, cioè, solo una parte del contenuto di tale obbligo. Ne consegue che, non esistendo coincidenza fra il suddetto reato e la violazione dell’obbligo di mantenimento, manca qualsiasi rapporto di pregiudizialità fra il procedimento penale instaurato per tale reato, nei confronti di un magistrato, imputato di non aver corrisposto ai figli l’assegno di mantenimento fissato con provvedimento giudiziario e conclusosi con sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, ed il procedimento disciplinare iniziato contro il medesimo per lo stesso fatto. Tale assoluzione, pertanto, non impedisce la prosecuzione del procedimento disciplinare, sospeso per la pendenza del processo penale. Procedimento n. 18 - Sentenza del 17 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. Procedimento penale e disciplinare - Rapporti con il procedimento penale - Assoluzione dal delitto di malversazione per l’esimente 544 putativa del consenso dell’avente diritto - Riesame dei fatti da parte del giudice disciplinare - Legittimità. L’assoluzione di un magistrato dal reato di malversazione per l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto, di cui agli art. 50 e 59 c. p., consente al giudice disciplinare di accertare liberamente l’esistenza o meno dell’illecito disciplinare sotto il duplice profilo dell’elemento psicologico e della compatibilità del fatto commesso con il prestigio professionale. Procedimento n. 37/86 - Sentenza dell’11 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di proscioglimento Efficacia nel procedimento disciplinare. Il proscioglimento per insussistenza del fatto con sentenza istruttoria irrevocabile concernente fattispecie identica a quella oggetto di addebito disciplinare impone che non si rinvii a dibattimento l’incolpato perché risulta escluso l’addebito. Procedimento n. 63/86 - Sentenza del 19 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Sua vincolatività nel giudizio disciplinare. Fa stato nel giudizio disciplinare l’accertamento compiuto con il giudicato penale che in punto di fatto, riconosca come l’incolpato in nessun modo abbia strumentalizzato la propria funzione nell’espletare determinati compiti di giudice delegato ai fallimenti. Procedimento n. 1/87 - Sentenza del 27 febbraio 1987 - Pres. Brutti. Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale su fatto-reato 545 identico a quello oggetto di incolpazione disciplinare - Pregiudicato vincolante. La decisione giurisdizionale che abbia definitivamente accertato l’insussistenza di un fatto-reato che formi anche oggetto di incolpazione disciplinare fa sempre stato, in detto procedimento ai sensi dell’art. 29 u.c. r.d.l. 511/1946. Procedimento n. 46/86 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Coincidenza dei fatti addebitati nella sede penale ed in quella disciplinare - Proscioglimento istruttorio penale - Autonoma valutabilità dei fatti in sede disciplinare - Assenza di profili disciplinarmente rilevanti Proscioglimento disciplinare. Nella piena coincidenza dei fatti addebitati in sede penale e disciplinare, il proscioglimento istruttorio in sede penale non impedisce un’autonoma valutabilità dei fatti stessi in sede disciplinare, salvo ad imporsi il proscioglimento anche in questa sede dell’incolpato quando non emergano a suo carico profili disciplinarmente rilevanti. Procedimento n. 3/87 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Efficacia nel procedimento disciplinare. L’assoluzione in sede penale, con sentenza definitiva, per insussistenza del fatto preclude una valutazione difforme dei medesimi comportamenti contestati al magistrato in sede disciplinare. Procedimento n. 68/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres. Brutti. 546 Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di proscioglimento - Efficacia nel procedimento disciplinare. La sentenza istruttoria di proscioglimento, a differenza di quella dibattimentale passata in giudicto (art. 29 u.c. r.d.l. n. 511/1946), non fa stato nella sede disciplinare, nella quale, tuttavia, ben possono essere utilizzate le risultanze del relativo procedimento penale. Procedimento n. 74/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di proscioglimento - Efficacia nel procedimento disciplinare. Il proscioglimento con sentenza istruttoria in ordine ai fatti oggetto anche di incolpazione disciplinare non preclude l’indagine disciplinare quando sia stata dallo stesso giudice istruttore affermata l’inopportunità della condotta tenuta dall’incolpato, peraltro prosciolto per difetto dell’elemento volitivo. (Nella specie il giudice istruttore aveva in sentenza scritto che «la decisione del Pretore di affidare perizie al figlio del cancelliere può e deve essere criticata soltanto in termini di opportunità»). Procedimento n. 75/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Sentenza definitiva di assoluzione perché il fatto non sussiste - Efficacia nel procedimento disciplinare. L’assoluzione dell’incolpato in sede penale con la formula perché il fatto non sussiste non preclude al giudice disciplinare, investito della cognizione dello stesso fatto, di verificare se sussistano eventuali negligenze suscettibili di rilievo disciplinare. Procedimento n. 67/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. 547 Procedimento penale e disciplinare - Assoluzione in sede penale Efficacia nel procedimento disciplinare. L’assoluzione in sede penale per insussistenza del fatto preclude una valutazione difforme dei medesimi comportamenti contestati al magistrato in sede disciplinare, ma non esime la Sezione dal valutare se residuino fatti apprezzabili disciplinarmente. Procedimento n. 99/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di proscioglimento - Non vincolatività nel procedimento disciplinare. La sentenza istruttoria di proscioglimento non fa stato nel procedimento disciplinare. Procedimento n. 91/87 - Sentenza del 22 gennaio 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Sindacato penale su fatto-reato identico a quello oggetto di giudizio disciplinare - Pregiudiziale vincolante. Nella piena coincidenza delle condotte contestate in sede penale e disciplinare il giudicato penale risulta vincolante per il giudice disciplinare in punto di attribuibilità del fatto all’incolpato. Procedimento n. 67/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Efficacia nel procedimento disciplinare. Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei fatti che formano oggetto del giudicato penale. 548 Procedimento n. 28/88 - Sentenza del 17 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale su fatto o reato identico a quello oggetto di giudizio disciplinare - Pregiudiziale vincolante. In caso di piena coincidenza fra i fatti contestati in sede penale e quelli contestati in sede disciplinare il giudicato penale di assoluzione perché il fatto non sussiste preclude alla Sezione disciplinare una diversa ricostruzione della vicenda. (Nella specie all’incolpato era contestato di aver preso interesse privato nel rilascio di permessi a detenuti; ma da tale accusa era stato definitivamente assolto in grado di appello per insussistenza del fatto). Procedimento n. 58/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Efficacia nel procedimento disciplinare. L’autorità del giudicato penale è vincolante nel processo disciplinare limitatamente a quei fatti dei quali il Giudice penale ha accertato l’esistenza o l’inesistenza con giudizio categorico affermativo o negativo. Procedimento n. 42/88 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale per fatti identici a quelli oggetto di addebito disciplinare - Definitività - Incidenza sul procedimento disciplinare. La sentenza definitiva di assoluzione con la formula «il fatto non sussiste» e «non aver commesso il fatto» in ordine ai fatti oggetto anche di incolpazione disciplinare impone il proscioglimento dell’incolpato per essere risultati esclusi gli addebiti. 549 Procedimento n. 49/88 - Sentenza dell’11 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Sentenza di proscioglimento Efficacia in sede disciplinare. La sentenza istruttoria, come anche la sentenza di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato, non preclude alla Sezione disciplinare un riesame delle circostanze del fatto al fine di verificare se residuano profili di illiceità. Procedimento n. 74/88 - Sentenza dell’11 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale per fatto identico a quello oggetto di addebito disciplinare - Definitività - Incidenza nel procedimento disciplinare. La sentenza definitiva di assoluzione con la formula «il fatto non sussiste» in ordine a fatto oggetto anche di incolpazione disciplinare impone il proscioglimento dell’incolpato per essere risultato escluso l’addebito. Procedimenti riuniti 8, 53, 69, 100/88 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Fatto oggetto sia del processo penale che del procedimento disciplinare - Esame di comportamenti estranei al capo di imputazione e a quello di incolpazione - Limiti. Qualora in sede disciplinare all’incolpato siano contestati gli stessi fatti oggetto di precedente procedimento penale, la Sezione disciplinare può portare l’esame su comportamenti e condotte che non siano stati oggetto dell’imputazione penale solo ove il giudizio sugli stessi consenta di accertare se esiste o meno l’illiceità disciplinare dei fatti di cui all’incolpazione. (Nella specie il giudice penale aveva dichiarato l’insussistenza del 550 fatto-reato e per affermare la responsabilità dell’incolpato in sede disciplinare avrebbe dovuto ritenersi sussistente quell’abuso escluso nel procedimento penale). Procedimento n. 59/89 - Sentenza del 29 settembre 1989 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Rapporti - Esclusioni in sede penale della sussistenza del fatto - Effetti sul giudizio disciplinare. Non deve farsi luogo al rinvio a dibattimento nei confronti del magistrato per il quale — nel procedimento penale per gli stessi fatti — sia stata emessa sentenza assolutoria «perché il fatto non sussiste», quando dalla motivazione della sentenza medesima risulti che è stata esclusa la sussistenza del fatto in senso materialistico e normativo. Procedimento n. 91/88 - Sentenza del 15 dicembre 1989 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Assoluzione per mancanza di dolo in ordine agli stessi fatti oggetto di incolpazione disciplinare Necessità di indagine sull’illiceità disciplinare. L’esclusione in sede penale della responsabilità penale per difetto dell’elemento intenzionale in relazione ai medesimi fatti oggetto di incolpazione disciplinare, non esime la Sezione dalla indagine sulla sussistenza di profili di rilevanza disciplinare. Procedimento n. 2/90 - Sentenza del 26 gennaio 1990 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Accertamento in sede penale di insussistenza dei medesimi fatti ascritti all’incolpato - Effetti. Deve escludersi l’addebito quando risulti coerente alle obiettive ed univoche risultanze di causa l’accertamento in sede penale, con 551 sentenza istruttoria di proscioglimento, della insussistenza dei medesimi fatti ascritti all’incolpato. Procedimento n. 3/90 - Sentenza del 9 febbraio 1990 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento istruttorio in sede penale - Efficacia vincolante nel procedimento disciplinare Fattispecie - Sussistenza. Benché la sentenza istruttoria di proscioglimento, in sede penale, non faccia stato nel procedimento disciplinare tuttavia, nel caso in cui l’addebito disciplinare riproduca esattamente quello penale, non è possibile affermare una responsabilità disciplinare senza ritenere integrati quanto meno gli estremi oggettivi della fattispecie penale esclusi, in concreto, dalla sentenza di proscioglimento istruttorio. Procedimento n. 32/89 - Sentenza del 27 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Declaratoria di amnistia - Ininfluenza. Nessuna influenza può avere nel procedimento disciplinare un giudicato penale che si è arrestato alla soglia della declaratoria di estinzione del reato per intervenuta amnistia. Procedimento n. 13/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Procedimento penale e disciplinare - Autorità di cosa giudicata degli accertamenti compiuti in sede penale - Ipotesi di sentenza istruttoria di proscioglimento - Esclusione. Il rapporto di pregiudizialità tra accertamento di fatti svolto in sede penale e procedimento disciplinare è limitato alle sentenze dibattimentali e non ai provvedimenti istruttori (nella specie l’illecito 552 penale è stato escluso per lo stato iniziale in cui si era arrestata la condotta criminosa che, peraltro, così come accertata, può risultare valutabile in sede disciplinare). Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Procedimento penale e disciplinare - Mutamento della norma incriminatrice successivamente al passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna - Effetti nel processo disciplinare. Nel procedimento disciplinare a carico di magistrato condannato alla reclusione per il delitto di cui all’art. 324 c.p., avente ad oggetto gli stessi fatti di cui si è pronunziato il giudice penale, l’abrogazione della norma incriminatrice (disposta dall’art. 20 della L. 26 aprile 1990, n. 86) non comporta l’inesistenza del fatto-reato e la conseguente insussistenza anche del fatto contestato nel giudizio disciplinare, in quanto — in quest’ultima sede — la condotta tenuta dall’incolpato deve essere riesaminata in relazione all’incolpazione ed ai fatti risultanti dalla sentenza penale. Procedimento n. 63/90 - Sentenza del 30 novembre 1990 - Pres. Galloni. Procedimento penale e disciplinare - Fatto oggetto sia del processo penale che del procedimento disciplinare - Esame di comportamenti estranei al capo di imputazione ed a quello di incolpazione - Limiti. Qualora all’incolpato siano contestati gli stessi fatti oggetto di precedente procedimento penale e il giudice penale abbia negato l’esistenza del fatto-reato, in sede disciplinare possono essere prese in considerazione altre modalità del comportamento del magistrato non compatibili con il prestigio dell’ordine giudiziario, purché lato sensu riconducibili alla contestazione. (Nella specie nel processo penale il giudice istruttore aveva assolto il magistrato perché il fatto non sussiste e la Sezione disciplinare, in mancanza di ulteriori elementi, ha ritenuto non sussistere l’addebito ascritto). 553 22 — PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE: SINDACABILITÀ 555 556 Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie. Costituisce illecito disciplinare, perché importa violazione dei doveri di ufficio, il comportamento del magistrato che appone la formula di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena su un decreto penale dopo l’avvenuta notifica poiché così agendo si viene meno al dovere di attendere l’opposizione dell’imputato prima di procedere alla modifica del dispositivo del decreto penale. Né ciò importa alcun sindacato sul contenuto di una decisione giurisdizionale, in quanto nella specie si constata la mancanza di un provvedimento giurisdizionale idoneo a modificare altro provvedimento già emesso. Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ricorrente insufficienza tecnico-giuridica dei provvedimenti - Insindacabilità. Attività giurisdizionale - Preordinata intenzione di perseguire fini diversi da quelli di giustizia - Sindacabilità - Limiti. In base al principio della insindacabilità dell’attività giurisdizionale al di fuori del processo, l’insufficienza tecnico-giuridica del ma557 gistrato desunta da pretesi errori ricorrenti nelle decisioni non può dar luogo a procedimenti disciplinari. Anche nel caso in cui le decisioni incriminate siano frutto di preordinata intenzione di perseguire fini diversi da quelli di giustizia, al magistrato deve essere imputata la condotta tenuta e non l’esattezza tecnico-giuridica delle decisioni emesse perché altrimenti si porrebbe nel nulla il principio costituzionale dell’indipendenza del giudice. Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Opportunità di nomina di tutore e di autorizzazione al sequestro - Insindacabilità. Attività giurisdizionale - Mancanza di riservatezza - Sindacabilità. Non è ammissibile il sindacato in sede disciplinare del contenuto sostanziale dei provvedimenti giurisdizionali, in particolare al fine di accertare se sia giustificata o meno la nomina di un tutore provvisorio all’interdicendo e la concessione delle autorizzazioni di sequestri dallo stesso richiesti. In sede disciplinare può essere invece valutata la mancanza di riservatezza da parte del magistrato nella fase preliminare del procedimento di interdizione. Procedimento n. 27 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Redazione di sentenza - Apprezzamenti in ordine a comportamenti di persone estranee al processo - Indispensabilità per la decisione - Insussistenza dell’illecito. Uso di espressioni sconvenienti - Sussistenza dell’illecito - Giovane età e inesperienza del magistrato - Non punibilità. Il magistrato, nella redazione di una sentenza, può esprimere apprezzamenti in ordine al comportamento di persone estranee al processo, anche se investite di pubbliche funzioni, quando ciò sia indispensabile al fine della decisione. È però censurabile l’uso di espressioni che, pur non essendo offensive del prestigio di organi 558 dello Stato, siano sconvenienti perché rivelano quella mancanza di sobrietà, di misura e di necessario distacco che debbono caratterizzare il provvedimento giurisdizionale. L’uso di tali espressioni non è punibile in sede disciplinare, per difetto dell’indispensabile elemento soggettivo, allorché il fatto sia da attribuire alla giovane età ed all’inesperienza dell’estensore del provvedimento nonché alla complessività e delicatezza delle questioni da risolvere. Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Relazione di sentenza - Inclusione nella motivazione di intere pagine di studio dottrinale - Insussistenza dell’illecito. Non è suscettibile di sanzione in sede disciplinare il fatto, di per sé deplorevole, del magistrato che includa nella motivazione di una sentenza intere pagine di uno studio dottrinale, quando l’episodio non abbia risonanza pubblica sì da provocare commenti generalizzati sfavorevoli all’operato del giudice che finiscano con il ripercuotersi sul prestigio dell’intero ordine giudiziario. Procedimento n. 50 - Sentenza del 24 novembre 1962 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Inosservanza reiterata di norme processuali - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il fatto del pretore che abbia omesso di osservare, nell’esercizio delle sue funzioni, norme sostantive e processuali sì da cagionare, per trascuratezza o faciloneria, notevoli disfunzioni nel campo della giurisdizione penale. Procedimento n. 51 - Sentenza del 9 febbraio 1963 - Pres. De Pietro. 559 Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Teste non comparso perché impedito - Sanzioni pecuniarie inflitte dal giudice - Insussistenza dell’illecito. Non è censurabile, sotto il profilo disciplinare, il magistrato che infligga una pena pecuniaria ad un sottufficiale dei carabinieri, citato come teste all’udienza dibattimentale e non comparso all’ora fissata perché trattenuto in caserma per la visita ispettiva di un generale dell’Arma, non potendo il magistrato essere chiamato a rispondere in sede disciplinare dell’applicazione della legge nei confronti dei testimoni, senza discriminazione sulla qualità degli stessi. Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Inosservanza reiterata di norme processuali - Sussistenza dell’illecito. Integra gli estremi della condotta contraria ai doveri di ufficio il fatto del pretore che, in numerosi procedimenti per falsa arrogazione di titoli nobiliari, fissati e celebri i dibattimenti senza l’emissione dei relativi decreti di citazione e, in alcuni casi, senza neppure la presenza degli interessati, ometta la citazione o comunque l’audizione dei denunziati; autorizzi il rilascio immediato di certificati attestanti l’intervenuta assoluzione con formula piena; ometta la prescritta comunicazione della sentenza assolutoria al pubblico ministero. Procedimento n. 60 - Sentenza del 20 luglio 1963 - Pres. De Pietro. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie. Commette illecito disciplinare, il giudice delegato alle procedure fallimentari, il quale ometta di far luogo alle misure conservative patrimoniali; trascuri di chiedere o di ottenere nei modi di legge il parere al comitato dei creditori; permetta che il curatore non depositi tempestivamente la relazione conclusiva, allo scopo di evitare che 560 l’eventuale esercizio dell’azione penale nei confronti del fallito possa pregiudicare la sua domanda di riabilitazione civile; restituisca al curatore le quietanze rilasciate dai creditori all’assuntore per sottrarle a tasse di registrazione; si interponga nella fase di avvio del concordato mediante la fissazione della misura minima della percentuale. Una simile condotta appare in contratto con molteplici e chiari disposti normativi e conseguentemente integra l’ipotesi di una colpevole inosservanza da parte del magistrato dei propri doveri di ufficio. Procedimento n. 81 - Sentenza del 23 gennaio 1965. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Erronea interpretazione ed applicazione della legge - Insindacabilità. Attività giurisdizionale - Errore dovuto a negligenza nello studio delle questioni giuridiche o nell’esame delle situazioni di fatto Sindacabilità. Il principio costituzionale secondo cui il giudice è soggetto soltanto alla legge importa che non vi sia potere o autorità o insegnamento costante della giurisprudenza o comune opinione della dottrina che possa vincolare la coscienza e l’intelletto del giudice per indicargli la norma da applicare o per imporgli una determinata interpretazione di essa. Tuttavia il procedimento di identificazione della norma da applicare e di interpretazione della stessa non può essere effettuato sulla base di criteri arbitrari ed avulsi dalle linee indicate dalla legge o senza l’osservanza dei doveri fondamentali di spiccata diligenza che il magistrato deve impiegare in ogni manifestazione della sua attività in relazione alla delicatezza della funzione esercitata e degli effetti che si producono nella sfera giuridica dei terzi. Pertanto è censurabile il comportamento del magistrato che non si ispiri alla legge nell’esercizio delle sue funzioni o che incorra nell’erronea applicazione di essa per evidente trascuratezza o per riprovevole inerzia nell’esame delle questioni giuridiche o nella valutazione delle situazioni di fatto. In tal caso non si censura in sede disciplinare il risultato dell’attività intellettiva del giudice ma il difetto di un’attività dovuta, e cioè l’inosservanza del dovere, imposto dalla legge, di impiegare, nel compimento di ogni atto destinato ad incidere sui diritti dei terzi, la massima diligenza al fine di ridurre al minimo il rischio dell’errore. Alla 561 luce di tali principi non può formare oggetto di addebito disciplinare l’erronea interpretazione ed applicazione della legge in cui sia incorso il magistrato nell’espletamento delle sue funzioni, quando non risulti che l’errore sia dovuto a negligenza ed a trascuratezza nello studio delle questioni giuridiche e nell’esame delle situazioni di fatto ovvero a riprovevole leggerezza ed incuria nell’assolvimento dei doveri di magistrato. Procedimento n. 80 - Sentenza del 20 febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Redazione di sentenza - Allegazione come parte integrante della stessa in relazione di consulenti tecnici - Sussistenza dell’illecito. Costituisce infrazione disciplinare il fatto del magistrato che abbia, in alcuni procedimenti civili, allegato alle sentenze, come parte integrante di esse, la relazione dei consulenti tecnici, che avrebbero dovuto essere unite ai fascicoli di ufficio. Invero il riferimento alle relazioni allegate come parte integrante delle sentenze non consente di stabilire se tali mezzi di prova siano tati esaminati e valutati criticamente dal giudice al fine della soluzione delle questioni tecnicogiuridiche. Né si tratta solo di un vizio formale nella redazione delle sentenze — né solo di un aspetto singolare di motivazione per relationem, che peraltro non sarebbe attuabile rispetto ad un mezzo di prova: tale fatto rivela negligenza e trascuratezza nella redazione delle sentenze e quindi inosservanza dei doveri del giudice nel compimento dell’atto di maggiore rilevanza della sua funzione. Procedimento n. 131 - Sentenza del 27 novembre 1967 - Pres. Rocchetti. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Deliberato proposito di disapplicare la legge - Negligenza - Sindacabilità. L’erronea interpretazione ed applicazione della legge può essere suscettibile di valutazione in sede disciplinare solo nei casi in cui 562 essa sia stata intenzionale o quanto meno sia stata causata da grave negligenza sì da far ritenere che il giudice sia venuto meno al dovere primario del suo ufficio, di ricercare con impegno, con sapienza e con coscienza la giusta risoluzione della controversia o di una questione giuridica. Procedimento n. 152 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Prova. Poiché la funzione giurisdizionale per sua natura deve essere libera e indipendente da qualsiasi controllo, tranne quello che si svolge nell’ambito dell’ordinario sistema delle impugnazioni, non è sindacabile, in sede disciplinare, il comportamento del magistrato nel regolare esercizio della funzione giurisdizionale. L’eccessiva superficialità e la troppa indulgenza nella decisione di alcuni procedimenti penali non può formare oggetto di censura disciplinare se non sia stata accertata, nella competente sede, la violazione della legge penale. Procedimento n. 153 - Sentenza del 24 aprile 1969 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Soggezione del giudice soltanto alla legge - Conseguenze in sede disciplinare. Attività giurisdizionale - Deliberato proposito di disapplicare la legge o negligenza - Sindacabilità. Poiché l’art. 101, 2° comma della Costituzione afferma che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, non è sindacabile in sede disciplinare l’erronea interpretazione ed applicazione della legge in cui sia incorso il magistrato nell’esercizio dell’attività giurisdizionale salvo il caso che allo stesso sia attribuibile un preordinato proposito di disapplicare la legge o negligenza nell’esame delle questioni. 563 Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Violazione di legge - Limiti. La violazione di legge assume rilevanza disciplinare a norma dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, solo quando sia dovuta a trascuratezza e negligenza; e ciò per assicurare al magistrato la necessaria serenità nell’esercizio delle funzioni. Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Esercizio di una facoltà discrezionale - Insindacabilità - Limiti. Attività giurisdizionale - Mancata emissione del mandato di cattura obbligatorio - Previsione di pena in concreto condonabile - Insindacabilità. Non è sindacabile in sede disciplinare l’esercizio da parte del magistrato di una facoltà discrezionale, se non vi sia una dolosa intenzione di perseguire fini diversi da quelli di giustizia, oppure una erronea assunzione, determinata da colpa grave, dei presupposti per tale esercizio. In particolare, non costituisce illecito disciplinare la mancata emissione di un mandato di cattura obbligatorio quando sussista una causa di estinzione della pena ed il magistrato, nell’ambito del suo potere discrezionale, abbia ritenuto che, per il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e per ogni altro elemento atto ad influire nella determinazione della pena, la stessa in concreto avrebbe potuto essere irrogata in misura tale da rientrare nei limiti del condono. Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Fattispecie - Limiti. Non è consentita, in sede disciplinare, una indagine squisitamente tecnica in merito ad un provvedimento giurisdizionale; il magistrato 564 non può infatti essere chiamato a rispondere disciplinarmente di un proprio provvedimento, anche — in ipotesi — errato, allorché, l’errore sia frutto non già di una macroscopica violazione di legge, bensì di una discutibile interpretazione della legge (nella specie, della tariffa professionale degli avvocati). Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. In sede disciplinare un magistrato non può essere chiamato a rispondere di un provvedimento giudizionale, anche in ipotesi errata, salvo il caso in cui l’errore sia frutto di una macroscopica violazione di legge. Procedimento n. 234 - Sentenza del 12 maggio 197 2 - Pres. Amatucci. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. I provvedimenti giurisdizionali non possono essere oggetto di sindacato in sede disciplinare, salvo i casi di deliberato proposito di non applicare la legge o di fini diversi da quelli di ufficio. Procedimento n. 274 - Sentenza del 10 luglio 1973 - Pres. Bosco. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Trasmissione brevi manu all’archivio di esposti a contenuto civile o amministrativo o anonimi, non suffragati dalle successive indagini di polizia giudiziaria - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato (procuratore della Repubblica) che trasmetta brevi manu all’archivio esposti di privati che richiedano interventi di natura civile o amministrativa, essendosi nella fattispecie al di fuori del campo di applicazione 565 dell’art. 74 c.p.p. Ciò vale anche per gli anonimi prospettanti ipotesi di reato, dei quali le indagini di polizia giudiziaria abbiano accertato l’infondatezza, trattandosi di atti non utilizzabili in sede penale. Procedimento n. 252 - Sentenza del 10 luglio 1973 - Pres. Bosco. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Notifica in udienza ad imputati detenuti del decreto di citazione - Rinuncia ai termini processuali - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato (pretore), che faccia notificare in udienza il decreto di citazione agli imputati presenti perché detenuti, con rinuncia dei medesimi ai termini processuali, anche se tale atto venga successivamente smarrito a seguito di un furto nei locali dell’ufficio con dispersione di atti e scompiglio fra i fascicoli. Procedimento n. 303 - Sentenza del 2 luglio 1974 - Pres. Bosco. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Uso di espressioni sconvenienti estranee all’economia della decisione - Sussistenza dell’illecito Giovane età ed inesperienza del magistrato - Non punibilità. L’uso di osservazioni o considerazioni estranee all’economia del provvedimento giurisdizionale e tali da rivelare, pur non essendo oggettivamente offensiva per una delle parti, difetto di quella misura e di quel necessario distacco cui deve essere improntato ogni provvedimento giurisdizionale, pur costituendo in astratto illecito disciplinare, non è in concreto punibile in sede disciplinare, per difetto dell’elemento soggettivo, ove sia da attribuirsi alla giovane età ed all’inesperienza dell’estensore del provvedimento. Procedimento n. 269 - Sentenza del 25 marzo 1976 - Pres. Bosco. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione delle sentenze Censurabilità in sede disciplinare - Limiti. 566 Le argomentazioni contenute nella parte motiva della sentenza non possono costituire oggetto di censure in sede disciplinare salvo che esse tendono ad alterare il procedimento interpretativo della legge in modo lesivo di diritti ed interessi giuridicamente protetti, ovvero a strumentalizzare le pronunzie giurisdizionali per il perseguimento d’interessi personali o di gruppi, non tutelati dall’ordinamento. Procedimento n. 339 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Collegiali - Esclusione. Le deliberazioni collegiali, essendo atto segreto, non consentono di attribuire ad alcuno dei partecipanti la paternità delle decisioni. Pertanto non può essere sindacato, nei confronti di alcuno o di tutti i partecipanti al collegio, il provvedimento pronunciato in sede collegiale. Procedimento n. 399 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Non è sindacabile in sede disciplinare il provvedimento del magistrato che si basi su una interpretazione corretta dei testi legislativi, sia pure divergente dall’ordinamento giurisprudenziale della Suprema Corte (mancata scarcerazione in ipotesi di arresto in flagranza di reato per il quale non è obbligatoria la cattura, cui non sia seguito giudizio direttissimo né ordine di cattura). Procedimento n. 374 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Ordinanza che dispone la trattazione in pubblica udienza di una controversia di lavoro. 567 Il principio secondo cui alla Sezione disciplinare è precluso qualsiasi sindacato sull’esercizio della funzione giurisdizionale, salvo le ipotesi del deliberato proposito di violare la legge, dell’errore macroscopico e del perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia, si estende sia ai provvedimenti giudiziari a carattere decisorio, sia ai provvedimenti a carattere ordinario. Pertanto, ove non ricorrano le suddette ipotesi, non è sindacabile l’ordinanza sufficientemente motivata, di un pretore del lavoro che, ritenendo pubblica l’udienza in cui si trattano le controversie di lavoro, ha esteso il regime di pubblicità anche ad un procedimento di urgenza, ex art. 700 c.p.c., avente ad oggetto una di tali controversie. Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie. Non è sindacabile in sede disciplinare il provvedimento del giudice a meno che non risulti il deliberato proposito di violare la legge, la deviazione del giudice dai fini di ufficio, l’errore del provvedimento derivante da grossolana violazione di legge. Non costituisce, pertanto, illecito disciplinare l’ammissione al passivo e con privilegio — peraltro confermata con sentenza del Tribunale — da parte del giudice delegato di un credito, per asserite prestazioni professionali, che appaiono sproporzionate all’attività svolta, disposta con provvedimento privo di motivazione e senza l’assunzione di informazioni. Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Non è sindacabile il provvedimento del giudice (mandato di pagamento in prededuzione al passivo in fallimento per compenso già liquidato, al curatore) formalmente legittimo, la cui emissione è lasciata alla sua discrezionalità a meno che non risulti dimostrato l’intento di favorire il beneficiario. 568 Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Decisione collegiale. Non è consentito in sede disciplinare attribuire ad uno solo dei componenti una decisione collegialmente adottata, in ordine alla quale, peraltro, non ricorrono gli estremi della sindacabilità disciplinare, a nulla rilevando che l’incolpato è stato relatore al collegio (archiviazione di istanza di revoca del curatore formulata dal fallito e del p.m.; la liquidazione di compenso al commissario giudiziario dell’amministrazione controllata senza previa approvazione del conto di gestione; liquidazione al curatore fallimentare del compenso per il primo anno dall’esecuzione provvisoria di gestione dell’impresa; liquidazione del compenso al commissario giudiziario dell’amministrazione controllata senza attendere l’approvazione del rendiconto e la esecuzione del concordato). Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Non è sindacabile il provvedimento del giudice che presuppone una violazione della legge quando l’interpretazione ad essa data dall’incolpato è conforme alla pratica giudiziaria e ad autorevole orientamento dottrinato. Non commette, pertanto, illecito disciplinare il giudice delegato all’amministrazione giudiziaria che consenta alla nomina a curatore del fallimento del commissario giudiziario, senza chiedere che questi renda il conto dell’amministrazione dei beni e della gestione dell’impresa a norma dell’art. 191 legge fallimentare. Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. 569 Non è consentito, in sede disciplinare, sostituirsi alla coscienza e all’intelletto del giudice in una valutazione effettuata nell’esercizio dell’attività di giurisdizione, specie quando è da escludersi che vi sia deliberato proposito del giudice di violare la legge o deviazione dai fini di ufficio ovvero eventuale errore del provvedimento derivante da grossolana violazione di legge. Non commette, pertanto, illecito disciplinare il giudice delegato all’amministrazione controllata che non dispone alcun preventivo accertamento circa la fondatezza della proposta di dichiarare il fallimento, formulata dal commissario giudiziario ed, anzi, revoca l’autorizzazione già data di sottoporre al controllo di un consulente tecnico una relazione contabile (peraltro risultata grossolanamente errata in sede di istruttoria penale). Procedimento n. 321 - Sentenza del 24 febbraio 1978 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Il sindacato sull’attività giurisdizionale è ammissibile in sede disciplinare soltanto quando vi sia deliberato proposito di disapplicare la legge ovvero deviazione dei fini di ufficio oppure il provvedimento sia frutto di errore conseguente a macroscopica violazione di legge. Pertanto non costituisce illecito disciplinare il comportamento dei magistrati componenti il collegio penale che hanno emesso ordinanza di concessione di libertà provvisoria senza esame degli atti del procedimento ed, in particolare, affermando che l’imputato era di buoni precedenti penali, nonostante questi avesse dichiarato di aver riportato in precedenza condanne e mancasse agli atti il certificato penale, giacché non ricorre l’ipotesi di violazione e disapplicazione della legge e l’esame del merito della valutazione dei giudici — che fa richiamo anche alla giovane età del detenuto — comporterebbe un sindacato fuori dei casi e degli estremi consentiti. Procedimento n. 366 - Sentenza del 24 febbraio 1978 - Pres. Bachelet. 570 Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Introduzione nella parte motiva di una sentenza di considerazioni extragiuridiche del tutto superflue - Illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare l’introduzione nella parte motiva di una sentenza di rilievi e di considerazioni che, del tutto estranei all’economia del dicisum, denotano, per la loro genericità ed assoluta ininfluenza, la mancanza di quella misura e di quell’opportuno distacco cui ogni provvedimento giudiziario deve essere improntato. (Nella specie, l’incolpato aveva svolto nella motivazione di una sentenza, avente ad oggetto una controversia di lavoro subordinato una lunghissima serie di considerazioni socio-economiche prive, in gran parte, di un qualsiasi, anche lontano, collegamento con l’oggetto del contendere). Procedimento n. 367 - Sentenza del 19 maggio 1978 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ordine alla P.S., emanato da un pretore penale di turno, di svolgere la sorveglianza in un teatro in modo da rispettare il carattere privato dello spettacolo - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore penale che, a seguito di denunzia ricevuta durante il periodo di turno esterno, ordini all’autorità di P.S., incaricata di svolgere il servizio di sorveglianza di un teatro in cui un’associazione aveva organizzato uno spettacolo per i soli soci, di espletare tale servizio in modo da non turbare il carattere privato di detta manifestazione, qualora la valutazione di tale carattere non sia dovuta a dolo, trascuratezza o grave ignoranza della legge, ma si adegui ai principi giuridici vigenti in materia così come individuati dalla giurisprudenza. Procedimenti nn. 396-283 - Sentenza del 3 giugno 1978 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Concessione della libertà provvisoria a persona arrestata dalla Polizia giudiziaria senza previo 571 interrogatorio - Illecito disciplinare - Insussistenza - Condizioni Mancanza di dolo o di colpa grave. Non integra illecito disciplinare il comportamento del sostituto procuratore della Repubblica che conceda la libertà provvisoria a soggetto arrestato da parte della Polizia giudiziaria ai sensi degli artt. 235 e 236 c.p.p. senza procedere al suo interrogatorio, qualora, da una serie di circostanze, quali la scarsa esperienza professionale dell’incolpato, l’essere stato il medesimo l’unico sostituto in servizio al momento del fatto, ed il non aver gli organi di polizia giudiziaria provveduto a presentare l’arrestato al magistrato, risulta provato che il suddetto comportamento non sia determinato da dolo o colpa grave. Procedimento n. 398 - Sentenza del 30 giugno 1978 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Errori d’interpretazione o di applicazione della legge - Censurabilità in sede disciplinare Esclusione - Applicabilità del principio ai provvedimenti emanati dai giudici di sorveglianza. Il principio secondo cui non sono perseguibili in sede disciplinare gli errori commessi dal giudice nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme giuridiche, salvo le ipotesi di dolo ovvero di colpa grave, consistente nella macroscopica inosservanza del dovere di diligenza nell’esame dei fatti e nello studio delle questioni di diritto, riguarda non solo le pronunzie di natura giurisdizionale, ma anche i provvedimenti di contenuto amministrativo, come quelli emanati dai giudici di sorveglianza nella materia dei permessi ai detenuti, la cui competenza è attribuita alla magistratura ordinaria in ragione dello status di indipendenza di cui essa fruisce. (Nella specie, è stata esclusa la sussistenza di illecito disciplinare nel comportamento di un giudice di sorveglianza che aveva concesso, in un periodo di tempo relativamente breve, quattro permessi ad un detenuto, condannato per gravi reati, il quale, nel corso dell’ultima licenza aveva commesso un duplice omicidio, considerandosi che tali permessi, sia pur concessi in base ad interpretazione opinabile della legge penitenziaria, erano stati adottati a seguito di accurata istruttoria). 572 Procedimento n. 401 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Erronea interpretazione della legge - Illecito disciplinare - Insussistenza - Eccezioni. Non integrano illecito disciplinare - salvo le ipotesi di dolo o di colpa grave — gli errori commessi dai giudici nell’interpretazione della legge. (Nella specie, era stata disciplinata ad un giudice di sorveglianza l’emanazione di alcuni provvedimenti che si assumevano fondati su di un’erronea interpretazione della normativa in tema di permessi ai detenuti). Procedimento n. 391 - Sentenza del 4 maggio 1979 - Pres. Bachelet. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Proposta di transazione formulata dall’istruttore di una controversia civile - Censurabilità in sede disciplinare - Esclusione. Non è sindacabile in sede disciplinare il contenuto di una proposta di transazione formulata da un magistrato nell’esercizio dei poteri di conciliazione spettantegli nella sua qualità di giudice istruttore di una controversia civile. (Nella specie, si era contestato all’incolpato di avere proposto all’attore, che peraltro non aveva accettato, di transigere la lite a condizioni meno favorevoli di quanto emergeva da una consulenza tecnica). Procedimento n. 289 - Sentenza del 18 aprile 1980 - Pres. Zilletti. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ordine alla P.S., emanato da un pretore penale di turno delegato al servizio esterno, di allontanarsi da un teatro ove è in corso uno spettacolo privato Sindacabilità in sede disciplinare - Esclusione. Non integra illecito disciplinare il comportamento di un pretore penale delegato al servizio esterno che, su invito dei dirigenti di un 573 circolo culturale privato, si sia recato in un teatro in cui era stato organizzato uno spettacolo riservato ai soci di detto circolo e, sul presupposto che trattavasi di spettacolo privato — pur se la tessera di socio veniva rilasciata, senza formalità, a chiunque si presentasse al botteghino — abbia intimato alla forza pubblica, presente nel locale, di allontanarsi dalla sala, per svolgere il servizio di sorveglianza all’esterno di essa. Tale ordine, infatti, attenendo alla polizia dello spettacolo ex art. 666 c.p. e rientrando nella competenza del magistrato, non è sindacabile sotto il profilo disciplinare essendo tale sindacato consentito soltanto in ordine a provvedimenti giudiziari viziati da violazione di legge, dovuta a dolo o colpa grave. Procedimento n. 423 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres. Zilletti. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Potere di vigilanza sul regolare svolgimento delle istruzioni formali - Spettanza al solo procuratore generale presso la Corte di Appello - Dovere d’informativa a carico del procuratore della Repubblica - Insussistenza. L’art. 298 c.p.p., attribuisce esclusivamente al procuratore generale presso la Corte di appello il potere-dovere di vigilare sulla speditezza delle istruttorie formali, nonché sull’osservanza in esse delle forme e dei termini fissati dalla legge. Analogo potere non è attribuito al procuratore della Repubblica, sul quale non grava nemmeno un obbligo d’informativa, nei confronti del procuratore generale diretto a consentirgli l’esercizio di quel potere. Procedimento n. 20/83 - Sentenza del 16 dicembre 1983 - Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito - Limiti. Il sindacato sul contenuto del provvedimento giurisdizionale va limitato all’accertamento di un’eventuale, macroscopica e grossolana violazione di legge, non potendosi estendere ai diversi modi di 574 interpretazione della legge o all’uso dei poteri discrezionali del giudice. Nonostante l’esistenza di argomentazioni sicuramente suggestive a favore della soluzione estensiva nonché di quella restrittiva del problema interpretativo concernente la possibilità di comprendere nella formula di cui all’art. 68 2° comma della Costituzione oltre alla perquisizione anche altre misure istruttorie a contenuto coercitivo quali il sequestro penale, deve escludersi l’illiceità disciplinare di un’ordinanza di sequestro di schedario delle raccomandazioni effettuate da un parlamentare, previa richiesta di esibizione da parte dei di lui segretari indicati nel provvedimento come aventi la disponibilità dei documenti, ma in definitiva subordinata nell’esecuzione alla disponibilità del parlamentare medesimo a consegnare la cosa sequestrata, soprattutto quando il magistrato non si sia limitato ad impartire in merito precise disposizioni al nucleo di polizia giudiziaria delegato per l’esecuzione del provvedimento, ma sia rimasto in costante contatto con il responsabile di detto nucleo per vigilare su ogni fase dell’esecuzione del delicato provvedimento, di fatto non eseguito per la dichiarata indisponibilità del parlamentare. Provvedimento n. 37/83 - Sentenza del 17 febbraio 1984 - Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Il provvedimento giudiziario è insindacabile in sede disciplinare tranne che contenga una grave e macroscopica violazione di legge o che sia sorretto dall’intento di arrecare danno o procurare vantaggi ad altri. Procedimento n. 22/83 - Sentenza del 22 marzo 1985 - Pres. Guizzi. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Nulla osta a trasferimento di detenuto - Valutazione discrezionale - Insindacabilità. Non è disciplinarmente sindacabile la valutazione del giudice istruttore in ordine alle esigenze istruttorie ostative alla concessione 575 del nulla-osta per trasferimento del detenuto a norma dell’art. 80 regolamento penitenziario. (Nella specie il giudice istruttore aveva, per esigenze istruttorie, negato il nulla-osta al trasferimento dell’imputato, cui il ministero aveva attribuito la qualifica di «differenziato», dalla casa circondariale di Salerno ad altro carcere munito di sezione differenziata e l’imputato era evaso). Procedimento n. 38/84 - Sentenza del 12 aprile 1985 - Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Sconfinamento dalle proprie attribuzioni - Violazione di legge - Sindacabilità. Il sindacato disciplinare sull’operato di un pretore penale che sconfina dalle proprie attribuzioni non implica alcuna inammissibile ingerenza nel merito del provvedimento giurisdizionale, in quanto si limita a constatare l’avvenuta violazione di legge quale è indubbiamente quella commessa dal magistrato che adotta provvedimenti in settori per i quali non ha attribuzioni. (Nella specie la Sezione ha ritenuto il difetto di attribuzione di un pretore penale indottosi a sospendere l’esecuzione di una procedura di sfratto a seguito di istanza del difensore dell’esecutata che rappresentava come le gravi condizioni psichiche della donna avrebbero potuto condurla al suicidio nel corso dell’esecuzione). Procedimento n. 38/83 - Sentenza del 2 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Errori nell’interpretazione della legge - Grave negligenza e imperizia - Sussistenza dell’illecito. Gli errori commessi dal giudice nell’interpretazione della legge non integrano illecito disciplinare, salvo le ipotesi di dolo o colpa grave. (Nella specie la Sezione ha ritenuto frutto di grave negligenza o imperizia gli errori commessi dall’incolpato nel contestare sia nuovi reati eccedenti le proprie competenze, sia pretese falsità a testimoni 576 e verbalizzanti, arrestandoli prima e liberandoli poi senza osservare le disposizioni di cui agli artt. 435 e 458 c.p.p.). Procedimento n. 38/83 - Sentenza del 2 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Decisioni radicalmente contrastanti su identico oggetto-reato - Assenza di dolo o colpa grave - Insindacabilità. Non possono in sede disciplinare sindacarsi le decisioni del giudice che, aderendo prima ad un indirizzo dottrinale o giurisprudenziale e poi ad altro opposto indirizzo, pervenga a decisioni contrastanti fra loro, quando debba escludersi che l’incolpato abbia agito con dolo o colpa grave. (Nella specie si contestava all’incolpato di aver pronunciato a breve distanza di tempo sentenze radicalmente contrastanti tra loro su identico reato previsto dall’art. 527 c.p. con motivazioni emozionali e metagiuridiche). Procedimento n. 22/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Insufficienza tecnico-giuridica del magistrato - Mancato sviamento dai fini di giustizia Insindacabilità. L’insufficienza tecnico-giuridica del magistrato, desunta da pretesi errori ricorrenti nelle sue determinazioni, non è disciplinarmente sindacabile, salvo che detti errori non siano frutto di preordinata intenzione di perseguire fini diversi da quelli di giustizia. (Nella specie si è ritenuta l’insindacabilità di condotte processuali che l’incolpato, nella qualità di pubblico ministero., aveva ritenuto di assumere nei confronti del giudice istruttore). Procedimento n. 36/85 - Sentenza del 12 luglio 1985 - Pres. De Carolis. 577 Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Esclusione di uno sviamento dai fini dell’attività giurisdizionale - Insindacabilità del relativo provvedimento. Il provvedimento di avocazione al pari di ogni altro provvedimento giurisdizionale è insindacabile in sede disciplinare sempre che a determinarlo siano stati motivi di giustizia e non la volontà di interferire indebitamente sull’attività giurisdizionale di un sostituto procuratore allo scopo di favorire l’imputato. (Nella specie la Sezione, dopo aver premesso che al fine di scagionare l’incolpato, esercitante le funzioni di avvocato generale presso la Procura generale di Corte di appello, era sufficiente evidenziare che al momento di emanare il decreto di avocazione esistevano motivi sufficienti a sorreggerlo, si è soffermata ad esaminare i dubbi afferenti la legittimità della condotta del Sostituto Procuratore destinatario dell‘avocazione). Procedimento n. 41/85 - Sentenza del 13 settembre 1985 - Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Assenza di sviamento dai fini di giustizia - Insindacabilità. Le determinazioni prese da un magistrato nell’esercizio di funzioni giurisdizionali sono disciplinarmente insindacabili quando non siano originate da finalità diverse dall’adempimento di doveri di ufficio. (Nella specie si contestava all’incolpato di avere per fini diversi da quelli di giustizia: a) prima differito e poi omesso di dare esecuzione ad una sentenza penale; b) attivato indagini preliminari su presunti illeciti nell’installazione di impianti sportivi). Procedimento n. 42/85 - Sentenza del 13 settembre 1985 - Pres. De Carolis. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Mancato sviamento dai fini di giustizia - Insindacabilità. 578 Le determinazioni prese da un magistrato nell’esercizio di funzioni giurisdizionali sono disciplinarmente insindacabili quando non siano originate da finalità diverse dall’adempimento dei doveri d’ufficio. (Nella specie all’incolpato veniva contestato di avere pretestuosamente assunto iniziative sia per accertare eventuali responsabilità di un pretore della stessa sede in merito all’esecuzione, prima differita e poi omessa di una sentenza penale, sia per avviare un procedimento penale in ordine agli stessi fatti). Procedimento n. 21/84 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Sussistenza dell’illecito. Omesso interrogatorio, per negligenza, trascuratezza, leggerezza nell’adempimento del dovere di ufficio, di persona arrestata in flagranza di reato, indipendentemente dalla eventuale concessione da parte del pretore della libertà provvisoria, è sindacabile in sede disciplinare e meritevole di sanzione. Procedimento n. 3/86 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Errori disciplinarmente censurabili. Nell’esercizio della funzione giurisdizionale l’errore non è censurabile disciplinarmente quando: a) integri un’omissione che, pur evidenziando uno standard di negligenza non conforme ad un modello deontologico ottimale, non abbia connotati di macroscopicità (nella specie il pubblico ministero aveva limitato le richieste al giudice istruttore ad un solo dei due reati ipotizzati nella comunicazione giudiziaria inviata al parlamentare e per i quali era stata concessa l’autorizzazione a procedere); b) pur essendo macroscopico, perché violativo dell’elementare 579 dovere di diligenza nella comprensione del significato letterale della norma, chiaramente percepibile dal testo legislativo, sia commesso in un contesto soggettivo connotato da uno stato di acuta sofferenza morale e psicologica, incidente profondamente sulla capacità di concentrazione e di attenzione (nella specie era stata richiesta erroneamente l’applicazione dell’amnistia per un reato non compreso nel relativo decreto, sul presupposto che ciò fosse consentito dalla vis attrattiva del vincolo di continuazione con altro reato amnistiabile, ed il magistrato era stato da poco tempo vittima di un attentato in esito al quale la figlia era rimasta uccisa ed egli aveva riportato lesioni al cranio). Procedimento n. 40/84 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie. Il sindacato disciplinare può estendersi anche ai provvedimenti giurisdizionali, ma soltanto se questi contengano una grave e macroscopica violazione di legge o siano sorretti dall’intento di arrecare danno o procurare vantaggio ad altri. (Nella specie, affermata la natura di provvedimento giurisdizionale della missiva di trasmissione ex art. 41 bis c.p.p. degli atti a carico di magistrato del proprio distretto, si è esclusa la rilevanza disciplinare dell’emissione di tale provvedimento pur essendo rimasta accertata l’insufficiente ponderatezza e scarso equilibrio del suo autore e l’ingiustificato, gravissimo disagio inflitto al magistrato sottoposto a procedimento). Procedimento n. 17/84 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione del provvedimento - Censurabilità in sede disciplinare - Limiti. L’introduzione nella parte motiva di un provvedimento di rilievi e considerazioni ritenuti estranei all’economia della decisione così come il tono, lo stile e, in generale, la forma che assume l’esplicazione 580 degli itinerari logico-valutativi che hanno determinato il provvedimento, costituisce espressione della libertà culturale del giudice, il quale non è censurabile in assenza di elementi che rivelino finalità strumentale dell’emesso provvedimento. È pertanto sindacabile solo il provvedimento giurisdizionale che sia divenuto l’occasione utilizzata dal magistrato estensore per il raggiungimento di un proprio fine individuale, e tale sindacato non può che essere di tipo documentale, nel senso che la valutazione disciplinare deve essere condotta alla luce del contenuto dell’atto e dei suoi allegati. (Nella specie si è ritenuto responsabile l’incolpato per avere usato espressioni di particolare gravità: quali, tra l’altro, che l‘autorità giudiziaria è dell’avviso che il diniego dell’autorizzazione a procedere è stato «motivato da analoghe controprestazioni nei confronti di altri membri del Parlamento, implicati in vicende giudiziarie». Procedimento n. 58/85 - Sentenza del 17 ottobre 1986 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. L’insindacabilità del provvedimento giurisdizionale anche se discutibile o addirittura errato è posta a tutela e presidio del fondamentale principio di civiltà giuridica rappresentato dalla indipendenza del giudicante. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che, ove si ammettesse che la c.d. inchiesta amministrativa affidata al Pretore sulle denunce per infortuni sul lavoro non possa considerarsi assorbita dal procedimento penale o dal provvedimento terminativo di esso, e che pertanto il pretore dell’inchiesta debba sempre trasmettere gli atti al Pretore penale, non potrebbe il «discutibile» provvedimento di archiviazione della denuncia di infortunio, senza la previa inchiesta, qualificarsi come «abnorme», come frutto di «errore macroscopico», come sintomo di «rottura di giurisdizione» o di «assunzione di poteri non consentiti» sì da imporre il sindacato dell’attività giurisdizionale anche in sede disciplinare.) Procedimenti n. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 dicembre 1986 - Pres. Mirabelli. 581 Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ricusazione dell’intera Corte d’assise - Declaratoria di «improponibilità» - Insindacabilità della decisione. Non è censurabile in sede disciplinare il presidente di una Corte di assise per avere il collegio dichiarato «improponibile» un’istanza di ricusazione dell’intera Corte sia perché è inammissibile il sindacato sul contenuto di tale provvedimento giurisdizionale in quanto né abnorme, né frutto di macroscopico errore di diritto; sia perché la decisione collegiale non può essere posta a carico del solo presidente per il principio dell’impersonalità degli atti collegiali. Procedimento n. 23/85 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Grave e macroscopica violazione di legge - Sussistenza dell’illecito. È disciplinarmente sindacabile il provvedimento con il quale il giudice viola in modo grave e macroscopico la legge, invadendo l’ambito dei poteri propri di altri organi dello Stato ed ingenerando l’immagine di un magistrato insofferente dei limiti imposti dall’ordinamento alla funzione giurisdizionale e portato perciò a travalicarli. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che sotto la veste di un provvedimento di urgenza assunto a sensi dell’art. 700 c.p.c. il Pretore avesse emesso una vera e propria ordinanza necessitata extra ordinem, come tale invasiva di un potere proprio dell’autorità amministrativa). Procedimento n. 9/87 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Il provvedimento giudiziario è insindacabile in sede disciplinare tranne che contenga una grave e macroscopica violazione di legge o sia sorretto dall’intento di creare danno o procurare vantaggi ad altri. 582 (Nella specie la Sezione ha sottolineato le difficoltà proprie dello stabilire quando si sia in presenza di una violazione di legge grave e macroscopica, affermando che l’errore, per quanto grave, non rileva in sé, ma quale indice di una condotta o di un comportamento disciplinarmente censurabile. La sezione ha altresì esclusa la riconducibilità del provvedimento adottato dall’incolpato — emissione di un decreto penale per violazione dell’art. 712 c.p. nei confronti di commerciante di merce acquistata — nel novero dei provvedimenti abnormi, aberranti, che costituiscono il risultato di «macroscopiche o grossolane violazioni di legge», traendo uno spunto argomentativo favorevole anche dalla circostanza che l’interpretazione seguita risultava condivisa da altri uffici e magistrati aventi funzioni o grado «superiori» rispetto a quello dello stesso incolpato). Procedimento n. 21/87 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione di sentenzeordinanze - Censurabilità in sede disciplinare - Limiti. È escluso il sindacato disciplinare sulla motivazione di un sentenza-ordinanza nella quale vengono riportati dal giudice istruttore apprezzamenti del tutto inopportuni nei confronti di persona rimasta estranea al procedimento, ma che tuttavia, per la peculiare funzione argomentativa che svolgono nel contesto del provvedimento si atteggiano come elementi interni alla formazione del convincimento del giudice nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale. Procedimento n. 12/87 - Sentenza del 10 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione delle sentenze Censurabilità in sede disciplinare - Limiti. Il sindacato disciplinare può investire il contenuto dei provvedimenti giurisdizionali, sia in ipotesi di abuso o di strumentalizzazione 583 dei provvedimenti stessi per fini diversi da quelli di giustizia, sia in ipotesi di incontinenze formali nelle locuzioni argomentative con impiego di espressioni gratuitamente offensive e con affermazioni ingiustificatamente lesive del decoro e della dignità della persona. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che nella redazione della sentenza in questione l’incolpato avrebbe ben potuto contenere il tono polemico ed evitare l’uso di espressioni che, pur non essendo fortemente dispregiative, integravano un giudizio di disvalore nei confronti di persona rimasta estranea al processo; ha rilevato però che la funzione dell’uno e delle altre nella economia della decisione, in relazione allo specifico fine di giustizia perseguito, privava di connotati di illiceità disciplinare il comportamento, pur inopportuno, dello stesso incolpato). Procedimento n. 4/86 - Sentenza del 26 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. È da escludere ogni sindacabilità disciplinare delle scelte processuali operate dall’incolpato quando le stesse non siano macroscopicamente erronee e manchi la volontà di favorire o danneggiare taluno ingiustificamente. (Nella specie all’incolpato erano state contestate irregolarità afferenti un procedimento civile di opposizione all’esecuzione). Procedimento n. 9/86 - Sentenza del 17 ottobre 198) - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. È ammissibile un sindacato sul provvedimento giurisdizionale teso ad accertare se l’erronea interpretazione della legge sia stata intenzionale ovvero causata da grave negligenza, così che il provvedimento in questione risulti essere adottato con macroscopica violazione di legge (Nella specie è stato sanzionato con la perdita di anzianità di due mesi l’incolpato ritenuto responsabile: a) della 584 convalida di un arresto per reato relativamente al quale l’arresto non era ammesso; b) della concessione della libertà provvisoria successivamente alla decisione di procedere con rito direttissimo; c) di altre irregolarità dimostrative di macroscopica superficialità nell’esaminare i fatti di causa e totale disattenzione alle norme regolatrici della fattispecie giudicanda). Procedimento n. 66/86 - Sentenza del 12 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Il sindacato sull’attività giurisdizionale è ammissibile in sede disciplinare tutte le volte che il giudice, nell’espletamento dei propri compiti istituzionali, non applichi di proposito la legge ovvero la violi scientemente per fini diversi da quelli di giustizia, oppure commetta gravi e grossolani errori per effetto di impreparazione, negligenza, carenza di prudenza e ponderazione. (Nella specie si è esclusa la sindacabilità di un provvedimento pretorile di emissione di una comunicazione giudiziaria per reato non di sua competenza ed al di fuori dei casi consentiti dall’art. 231 c.p.p.). Procedimento n. 18/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. La diversità di valutazione tra due organi inquirenti è del tutto fisiologica e non può essere oggetto di censura disciplinare senza intaccare profondamente il principio di insindacabilità dell’esercizio della funzione giurisdizionale salvo che nel caso di errore macroscopico. (Nella specie si addebitava ad un procuratore della Repubblica di aver omesso di formare un fascicolo processuale sulla missiva del sostituto relativa a fatti reato che, ad avviso dello stesso, sarebbero emersi nel corso di un’istruttoria dibattimentale, trascurando altresì 585 di richiedere decreto ex art. 74 c.p.p. in ordine ai medesimi. La Sezione ha ritenuto che tali fatti erano già emersi nel corso dell’istruttoria formale relativa al procedimento trattato in udienza pubblica dal sostituto segnalante, di talché il procuratore correttamente aveva ritenuta inutile una nuova richiesta di archiviazione, considerandoli implicitamente archiviati all’esito della predetta istruttoria formale). Procedimento n. 94/87 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Esercizio dell’azione penale per ottenere risultati diversi da quello di perseguire gli autori di un illecito - Sussistenza dell’illecito disciplinare. È censurabile sotto il profilo deontologico l’esercizio dell’azione penale da parte del pretore, usata non per perseguire gli autori di un illecito, dopo aver accertato la sussistenza di un reato, ma per ottenere altri risultati. (Nella specie il magistrato aveva esercitato l’azione penale nei confronti di funzionari comunali, contestando fatti in modo errato, e, dopo aver ottenuto un miglioramento dei locali della Pretura, prosciogliendo gli stessi per mancanza di dolo). Procedimento n. 73/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Interrogatorio libero di persona imputata di reati connessi - Mancanza dei presupposti Mancanza di dolo o colpa grave - Elementi obiettivi di giustificazione - Difetto minimo di diligenza - Irrilevanza disciplinare. Non è apprezzabile in ambito disciplinare la condotta del magistrato che, poco diligentemente, fa uso di uno strumento processuale in carenza delle condizioni di legge, purché il suo comportamento trovi giustificazione in circostanze obiettive (nella specie si è ritenuto 586 scusabile, in presenza di un minimo di riscontri obiettivi e dell’adozione delle garanzie di difesa, l’aver interrogato come imputato di reato connesso chi non rivestiva tale qualifica). Procedimento n. 5/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione - Considerazione del tutto estranee all’economia della decisione e oltre i limiti di una motivazione dell’applicazione al caso concreto dell’art. 91 c.p.c. - Illecito disciplinare - Sussistenza. È censurabile sul piano deontologico esprimere nella sentenza considerazioni sugli intenti speculativi e strumentali del ricorso con apprezzamenti generici sul malessere giudiziario e sul difetto di certezza nella giurisprudenza dei pretori, considerazioni che non investono l’oggetto specifico su cui il pretore è chiamato a giudicare e che vanno oltre i limiti di una motivazione dell’applicazione al caso concreto dell’art. 91 c.p.c. (Nella specie il magistrato nella motivazione della sentenza aveva osservato «non è che non veda come il presente ricorso appaia esclusivamente — come non pochi in tale materia vengono proposti, dando vita ad un malessere giudiziario di cui taluni tendono a campare — ispirato ad intenti speculativi e strumentali, contando sulla disponibilità di certe aziende a lasciarsi spremere... visti i tempi che corrono riguardo alla c.d. certezza del diritto, specie ove il diritto sia amministrato da Pretori, non... con le idee chiare, .... il ruolo che ha giocato la p.a. nella figura dell’U.P.L.M.O. di Milano è tra i meno commendevoli»). Procedimento n. 5/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione - Considerazioni polemiche del tutto estranee all’economia della decisione - In nessun illecito disciplinare - Sussistenza. 587 È censurabile sul piano deontologico esprimere nella motivazione apprezzamenti gratuiti e in qualche misura offensivi circa le convinzioni del ricorrente ed il suo atteggiamento nei riguardi dell’amministrazione della giustizia. (Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che l’inosservanza del dovere di cui all’art. 88 c.p.c. era implicitamente postulata dall’incolpato solo per fornire lo spunto a considerazioni generalizzanti in nessun modo dimostrate). Procedimento n. 5/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione - Apprezzamenti sulla professionalità dei procuratori delle parti - Illecito disciplinare - Sussistenza. È censurabile sul piano disciplinare esprimere nella sentenza giudizi di valore sulla professionalità dei procuratori delle parti; tale apprezzamento non rientra in alcun modo nell’economia della decisione e travalica nettamente i compiti ai quali è chiamato il giudice. (Nella specie il magistrato nella motivazione della sentenza si è così espresso: «l’esposizione del ricorrente appare piuttosto scarna, sì da giustificare l’impressione che il procuratore dello stesso non abbia sufficiente dimestichezza con il rito del lavoro»). Procedimento n. 100/87 Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non è disciplinarmente sindacabile il giudizio sull’identificabilità degli indiziati di reato e quindi sulla valutazione del magistrato in punto di necessità di inviare la comunicazione giudiziaria e gli avvisi al difensore preventivamente richiesti per il compimento di taluni atti istruttori. 588 Procedimento n. 50/88 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Insussistenza dell’illecito. Non sono censurabili in sede disciplinare quelle attività del magistrato che si collocano all’interno dell’esercizio della giurisdizione, a meno che gli atti e i provvedimenti emanati presentino caratteri di abnormità rispetto ad un comportamento professionalmente adeguato. (Nella specie la Sezione ha ritenuto insindacabile l’attività svolta da due sostituti procuratori presso il Tribunale nell’ispezione dei luoghi e nell’assistenza ad un esame di cadavere, sottolineando che nonostante la mancata rispondenza di dette attività a canoni di massima efficienza e di astratta ottimalità, doveva comunque ritenersene l’irrilevanza disciplinare per le condizioni di emergenza in cui gli incolpati avevano operato). Procedimento n. 3/88 - Sentenza del 10 marzo 1989 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Violazione del dovere d’ufficio di rispettare le forme previste dal codice di procedura penale Adempimento del dovere di provvedere senza ritardo sulla libertà personale degli imputati - Motivazione aderente alla realtà Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato che ha violato il dovere d’ufficio di rispettare le forme previste dal codice di procedura penale, ma lo ha fatto per adempiere all’altro dovere di provvedere senza ritardi sulle questioni riguardanti la libertà personale degli imputati, adottando un provvedimento con motivazione ineccepibilmente aderente alla realtà. (Nella specie il magistrato con funzioni di giudice istruttore concedeva la libertà provvisoria all’imputato, pur essendo in ferie alla data del provvedimento e dando atto del provvedimento stesso di aver ricevuto notizia orale, tramite il cancelliere, che il pubblico 589 ministero aveva espresso parere contrario). Procedimento n. 54/88 - Sentenza del 2 giugno 1989 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ordine di decisione di più questioni preliminari - Sindacabilità in sede disciplinare Esclusione. Non è censurabile disciplinarmente la condotta di un giudice che, dovendo graduare l’ordine di preliminarità di due questioni, abbia ritenuto di doverle decidere seguendo un certo ordine, mentre forse un altro giudice avrebbe invertito l’ordine stesso, anche se tale secondo ordine di priorità appaia, in ipotesi, logicamente più corretto. Procedimenti riuniti nn. 8, 53, 69, 100/88 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Utilizzazione di strumenti processuali - Limitazione del sindacato alla individuazione di provvedimento abnorme o extravagante. Non è consentito in sede disciplinare il sindacato sulla correttezza degli strumenti processuali utilizzati dal magistrato una volta che si accerti che egli non ha dato luogo a provvedimenti abnormi o extravaganti e non è incorso in errori macroscopici. (Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che non possono censurarsi le intenzioni del magistrato circa l’effetto sperato dagli strumenti processuali utilizzati, altrimenti si costringerebbe lo stesso ad astenersi dal compiere atti o a prendere provvedimenti ritenuti in coscienza giusti e corretti per timore di destare sfavorevoli impressioni in coloro che ne sono destinatari o ne vengono a conoscenza). Procedimento n. 22/89 - Sentenza del 19 gennaio 1990 - Pres. Mirabelli. 590 Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti e presupposti Perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia - Fattispecie Esposizioni in una ordinanza di rinvio a giudizio di elementi probatori, da sviluppare e vagliare in dibattimento, circa la identificazione di persone determinate come concorrenti nei reati di cui al processo - Insussistenza dell’illecito. Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Limiti alla manifestazione del pensiero - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Premesso che il principio di insindacabilità — in sede disciplinare — del merito dei provvedimenti giurisdizionali soffre di eccezioni solo nei casi di deliberato proposto di violare la legge, di errore macroscopico, di abnormità del provvedimento o di perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia, non costituisce perseguimento di tali fini la esposizione in una ordinanza di rinvio a giudizio di elementi probatori, da sviluppare e vagliare in dibattimento, circa la identificazione di persone determinate come concorrenti nei reati di cui al processo. Non è qualificabile in termini di illecito disciplinare il comportamento del magistrato che rilascia una intervista il cui contenuto corrisponde esattamente a quello del provvedimento giurisdizionale commentato e la cui forma sia caratterizzata dalla «continenza» delle espressioni usate. Procedimento n. 9/90 - Sentenza del 9 marzo 1990 - Pres. Mirabelli. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Insussistenza dell’illecito. Non sono disciplinarmente censurabili i rilievi e le considerazioni contenute nella parte motiva di un provvedimento in assenza di elementi che rivelino finalità strumentali del provvedimento stesso ovvero diretti a soddisfare un interesse personale dell’estensore o, infine, in mancanza di espressioni sconvenienti estranee all’economia della decisione (nella specie il magistrato aveva censurato l’operato di un’amministrazione provinciale per le omissioni, i ritardi e la pessima gestione del territorio, creando una situazione potenzialmente 591 pericolosa per la collettività e per l’ambiente, con una valutazione ritenuta pertinente e necessaria, nell’economia della sentenza, al proscioglimento dell’imputato ed al conseguente invio degli atti al giudice territorialmente competente per l’eventuale esercizio dell’azione penale nei confronti dei funzionari negligenti). Procedimento n. 1/90 - Sentenza del 21 settembre 1990 - Pres. Galloni. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Provvedimento abnorme Ammissibilità. Costituisce provvedimento abnorme, come tale sindacabile in sede disciplinare, il comportamento del magistrato che, nell’esercizio delle funzioni di pretore, sospende l’esecuzione di un provvedimento amministrativo già oggetto di ricorso al giudice amministrativo con contestuale richiesta di sospensiva. Procedimento n. 33/88 e 75/89 - Sentenza del 26 ottobre 1990 Pres. Galloni. Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti. Non è sindacabile in sede disciplinare il provvedimento giurisdizionale che rivela il perseguimento di fini di giustizia attraverso l’uso di strumenti processuali normativamente disciplinati, poiché ogni rilievo circa la correttezza o meno dei provvedimenti in esame sul piano della legittimità e del merito non costituisce oggetto di cognizione e valutazione da parte della Sezione disciplinare, essendo a ciò preposti i competenti organi dell’impugnazione. 592 23 — RAPPORTI CON GLI AVVOCATI 593 594 Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con gli avvocati - Richiesta pressante di un avallo cambiario - Sussistenza dell’illecito. Il magistrato che, con insistenza, induce un avvocato a concedergli la firma di avallo su una cambiale rilasciata a garanzia di un mutuo bancario, pone in essere un comportamento che non si addice a quel decoro e a quella riservatezza che egli deve in ogni caso mantenere. Tra magistratura e foro, infatti, devono correre rapporti di reciproca stima e di feconda collaborazione per il raggiungimento delle comuni finalità di giustizia e non rapporti di privato interesse, specie quando questi intervengono esclusivamente per effetto della pressione che il magistrato — forte dell’autorità del suo ufficio — inevitabilmente esercita sull’avvocato. Procedimento n. 47 - Sentenza del 28 luglio 1962 - Pres. De Pietro. Rapporti con gli avvocati - In udienza - Atteggiamenti intemperanti Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che — anche se al fine di assicurare la funzionalità dell’ufficio — tenga frequentemente in udienza un contegno intemperante nei 595 confronti degli avvocati, tale da suscitare lamentele e proteste da parte di questi e provocare richiami da parte del presidente del tribunale. Procedimento n. 239 - Sentenza del 16 marzo 1973 - Pres. Bosco. Rapporti con gli avvocati - Atteggiamenti intemperanti ed offensivi Presentazione di scuse - Sussistenza dell’illecito. Si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere un magistrato e compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che usa in udienza un linguaggio scorretto e scurrile con i testimoni, le parti e i loro patroni accusando, inoltre questi ultimi, apertamente e pubblicamente, di avidità smodata e di incapacità professionale; e le scuse fatte in proposito agli avvocati, apprezzabili sotto il profilo dei rapporti personali non possono reintegrare il prestigio del magistrato vulnerato dal precedente comportamento. Procedimento n. 208 - Sentenza del 25 febbraio 1975 - Pres. Bosco. Rapporti con gli avvocati - Richiesta di fare da testimoni di nozze di una figlia e di doni - Atteggiamenti parziali a favore di clienti dell’avvocato-testimone di nozze - Sussistenza dell’illecito. Compromette il prestigio dell’Ordine giudiziario, integrando gli estremi dell’illecito disciplinare, il magistrato che chieda a due avvocati, ai quali non risulta essere neppure legato da rapporti di amicizia, di fare da testimoni alle nozze di una sua figlia, precisando, ad uno di essi, che desidera come regola «qualcosa d’argento», e obliterando, nei confronti dell’altro, la circostanza di essere istruttore di un processo patrocinato dallo stesso; e che, dopo la cerimonia nuziale e dopo l’offerta di un regalo di rilevante valore da parte del testimone, prosegua l’istruttoria del detto processo ed estenda anche la relativa sentenza in modo chiaramente parziale, a favore dalla parte assistita dall’avvocato-testimone. 596 Procedimento n. 17/81 - Sentenza del 13 novembre 1981 - Pres. De Carolis. Rapporti con gli avvocati - Risposta «colorita» a seguito di fastidiosa condotta dell’avvocato - Insussistenza dell’illecito. Difetta il requisito di antigiuridicità nella risposta colorita data dal magistrato ad un avvocato che lo abbia sottoposto ad un’azione di stimolazione continua, cresciuta in intensità negli ultimi momenti dell’udienza e protrattasi anche al termine della stessa con l’«inseguire» il giudice che si allontanava, così da diventare puntigliosa, fastidiosa se non molesta. Procedimento n. 38/81 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres. Galasso Rapporti con gli avvocati - Espressioni di biasimo per il comportamento processuale del difensore contenute nella motivazione della sentenza - Insussistenza dell’illecito. Nelle motivazioni dei provvedimenti è richiesta al magistrato una stretta aderenza al tema della decisione, sicché considerazioni valutative del comportamento processuale del difensore, biasimato come generatore di disfunzione e discredito per l’amministrazione della giustizia, appaiono superflue ai fini di un’adeguata motivazione della decisione. L’inopportunità del loro inserimento, quando le valutazioni superflue non trascendono in offese dell’onere o della reputazione del professionista, non espone tuttavia l’autore a responsabilità disciplinari. Procedimento n. 19/82 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres. Galasso. Rapporti con gli avvocati - Osservazioni sull’operato del difensore Irrilevanza disciplinare. Il magistrato che con osservazione avente carattere discorsivo e impersonale sottolinea il dovere da parte di un avvocato di curare la 597 regolare e tempestiva produzione di un documento nel giudizio civile, non commette illecito disciplinare, difettando nella sua condotta ogni carica aggressiva alla dignità professionale. Procedimento n. 424 - Sentenza del 3 dicembre 1982 - Pres. Galasso. Rapporti con gli avvocati - Debiti apertura di credito cointestato ad un avvocato - Insussistenza dell’illecito. Fermo restando il diritto del giudice di intrattenere rapporti personali con avvocati, specie quando si tratti di prosecuzione di antichi rapporti di conoscenza, è necessaria la massima cautela nell’ipotesi di rapporti economici al fine di evitare spiacevoli supposizioni di parzialità e di consentire arbitrarie e disinvolte speculazioni da parte di chicchessia. L’apertura di credito cointestato ad un avvocato legato al magistrato da antichi rapporti di conoscenza e coincidente temporalmente con due decisioni assolutorie ed il fatto che lo stesso magistrato partecipava in procedimenti nei quali il detto avvocato svolgeva attività difensiva, è fatto sicuramente inopportuno, ma di per sé solo inidoneo ad integrare illecito disciplinare laddove il sospetto di parzialità del magistrato sia privo di adeguato sostegno probatorio. Procedimento n. 31/83 - Sentenza del 17 febbraio 1984 - Pres. De Carolis. Rapporti con gli avvocati - Critiche alle condotte personali di legali Insussistenza dell’illecito. Il giudice ha il potere-dovere di valutare nella motivazione delle sentenze, in termini anche fortemente critici tutti i fatti, ivi comprese le condotte dei legali, che abbiano rilievo ai fini delle decisioni. Diversamente opinando potrebbe risultare compromessa la serenità del giudizio e l’indipendenza degli organi giudicanti. 598 Procedimento n. 12/80 - Sentenza del 24 febbraio 1984 - Pres. De Carolis. Rapporti con gli avvocati - Amicizia di giudice istruttore con avvocato coinvolto in procedimenti penali - Sussistenza dell’illecito. È incompatibile con la delicata funzione di giudice istruttore l’amicizia con un legale coinvolto in gravi procedimenti penali quando dia ampio spazio a critiche o maldicenze, incrinando il prestigio e la credibilità dell’incolpato. Procedimento n. 32/84 - Sentenza del 22 febbraio 1985 - Pres. De Carolis. Rapporti con gli avvocati - Inadempimento all’obbligazione contratta con un legale - Sussistenza dell’illecito. Determina menomazione della fiducia di cui il giudice deve godere nei confronti del foro e in generale dell’opinione pubblica e conseguentemente caduta della credibilità dell’ordine giudiziario, il comportamento del magistrato che non solo riceve in prestito da un avvocato una somma di non modica entità ma per di più non la restituisce immediatamente fino al punto di esserne richiesto per iscritto a distanza di due anni. Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De Carolis. Rapporti con gli avvocati - Osservazioni ingiuriose sull’operato del difensore - Illiceità. Costituisce illecito disciplinare il fatto del Giudice Istruttore il quale usi espressioni ingiuriose per qualificare il comportamento processuale del difensore. Nell’eventuale dibattito tra difensore e giudice quest’ultimo deve manifestare il necessario equilibrio, avvalendosi degli strumenti processuali di direzione nell’assunzione di atti istruttori, ma mettendo da parte motivi anche comprensibili di risentimento. 599 (Nella specie ad un difensore che aveva sollevato specifiche eccezioni di rito il giudice istruttore aveva contestato di far ricorso a modalità di difesa «vergognose», accettando di verbalizzare l’incidente solo a seguito del risoluto intervento del p.m. sollecitato dal difensore). Procedimento n. 54/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Debito - Mancata astensione nelle cause trattate dall’avvocato creditore - Sussistenza dell’illecito. Commetto illecito disciplinare il magistrato che non si astiene nelle cause trattate da un avvocato suo creditore. Procedimento n. 4/86 - Sentenza del 26 settembre 1986 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Espressioni critiche nei confronti di un legale - Uso episodico delle stesse - Assenza di danno al prestigio dell’ordine - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere, in un provvedimento reso quale giudice dell’esecuzione, adoperato espressioni lesive della dignità o del prestigio professionale di uno dei legali, quando di tali espressioni sia stato fatto un uso assolutamente episodico, tale da non incidere, se non temporaneamente e marginalmente, sui buoni rapporti con il legale, rapidamente ripristinati grazie alla pronta autocritica dell’incolpato. Procedimento n. 45/86/R.G. - Sentenza del 30 gennaio 1987 Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Preclusione per rapporti a contenuto economico - Fattispecie di sussistenza dell’illecito. 600 Il magistrato ha diritto di intrattenere rapporti personali con avvocati, ma in tali rapporti deve aver cura di escludere qualsiasi interferenza di interessi economici, al fine di evitare sospetti di parzialità nell’esercizio delle proprie funzioni. (Nella specie la Sezione ha sanzionato l’incolpato ritenendo che la cautela avrebbe dovuto essere massima in quanto lo stesso incolpato, nella sua qualità di presidente di sezione del tribunale, trattava gli stessi affari di cui si occupava l’avvocato esercente abitualmente la professione innanzi al suo tribunale). Procedimento n. 48/86 - Sentenza del 12 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Considerazioni negative sulle capacità professionali di un difensore - Inopportunità - Insussistenza dell’illecito. Non sussiste illecito disciplinare nella condotta del magistrato che in una ordinanza ricorre a frasi inopportune e colorite al di là del necessario per delle considerazioni negative sulle capacità professionali di un difensore sempre che per modalità concrete in cui hanno trovato espressione, per il modo in cui sono calate nello specifico della vicenda giudiziaria, per essersi collocate in una situazione di serenità di rapporto con il difensore esse non siano tali da integrare un’offesa a quest’ultimo. (Nella specie l’incolpato aveva nel corpo di un’ordinanza scritto fra l’altro: «... la difesa confonde i concetti di definitività della sentenza con esecutorietà della stessa... tanto serve per far comprendere, a chi non la possiede, la nozione di cosa giudicata rispetto a quella di esecuzione»). Procedimento n. 40/81 - Sentenza del 10 aprile 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Contrasti con il foro ed il Presidente del Tribunale - Effetti negativi sul prestigio dell’ordine giudiziario. 601 Commette illecito disciplinare il magistrato che: a) assume comportamenti polemici, arroganti e scorretti nei riguardi degli avvocati determinando un clima di tensione ed intralcio nella conduzione degli affari; b) ricorre ad una violenta campagna di stampa per pubblicizzare un grave contrasto insorto con il presidente del proprio Tribunale in merito alle carenze dell’ufficio istruzione, allo scopo di far sorgere nella pubblica opinione la convinzione che i disservizi denunciati fossero da imputare alla colpevole inerzia del presidente medesimo. Procedimento n. 27/87 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Incomprensioni, contrasti e screzi - Contenimento nella sfera dell’opportunità - Insussistenza dell’illecito. Il verificarsi di incomprensioni, contrasti e screzi comportamentali nei rapporti con gli avvocati, causata da carenze di tipo caratteriale dell’incolpato, ed insieme alla crescente intolleranza (forse anche prevenzione) degli avvocati verso lo stesso incolpato, non comporta responsabilità disciplinare quando il comportamento tenuto in nessun caso abbia oltrepassato la sfera dell’inopportunità. Procedimento n. 2/88 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Contegno scorretto ed intemperante tenuto dal pubblico ministero d’udienza - Illiceità. È disciplinarmente illecito denigrare alcuno dei soggetti del processo, quand’anche nella supposizione di reagire ad un’ingiusta richiesta. Soprattutto in udienza non è consentito tenere nei confronti dei difensori un contegno scorretto ed intemperante, accusandoli di incapacità professionale, scorrettezza ed avidità di danaro. (Nella specie l’incolpato, nella qualità di pubblico ministero d’udienza, aveva pubblicamente pronunciato giudizi pesanti sulla serietà professionale dei difensori, accusandoli di scorrettezza e venalità.) 602 Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Negligenza nell’assicurare la difesa di fiducia - Sussistenza dell’illecito. Costituisce una grave violazione dei diritti della difesa la nomina di un difensore d’ufficio ad imputato nella consapevolezza che sulla soglia del carcere, ove si svolgeva l’interrogatorio, si trovava il difensore di fiducia che avrebbe potuto essere convocato a mezzo del personale carcerario. Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Minaccia al Consiglio dell’ordine degli Avvocati - Illiceità. Contrasta con i doveri di equilibrio e correttezza che devono sempre ispirare la condotta di un magistrato il minacciare il Consiglio dell’ordine degli avvocati di riconsiderare i rapporti tra classe forense e magistrati del proprio ufficio per il caso che non venissero adottati provvedimenti disciplinari a carico di un avvocato contro il quale lo stesso incolpato aveva presentato un esposto. Procedimento n. 83/87 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Commenti ironici su errori del legale Inopportunità - Insussistenza dell’illecito - Condizioni. È certamente inopportuno chiosare ironicamente errori di un professionista in udienza o anche soltanto fare dello spirito su espressioni strane e ricercate dallo stesso usate, soprattutto se il tono usato non è immediatamente percepibile come scherzoso. Tale condotta non è tuttavia illecita disciplinarmente quando l’episodio sia unico, incerto nell’effettività delle frasi adoperate e 603 addebitabile a magistrato di cui sia provata la buona figura professionale. Procedimento n. 80/88 - Sentenza del 19 dicembre 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Uso dei poteri regolatori della discussione - Limiti - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che nella conduzione di una causa civile interrompe la discussione dei legali ritenuta eccessivamente diffusa, purché nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali non usi espressioni sconvenienti o inopportune. (Nella specie gli stessi testi d’accusa riferivano di avere avuto l’impressione di una posizione di disfavore dell’incolpato per il loro cliente, lamentando che l’interruzione della discussione fosse stata preceduta da un perentorio «adesso basta»). Procedimento n. 81/88 - Sentenza del 15 dicembre 1989 - Pres. Mirabelli. Rapporti con gli avvocati - Critiche e lagnanze di una prassi scorretta adoperata dagli avvocati per aggirare la funzionalità dei criteri obiettivi di assegnazione dei procedimenti - Forme e toni forti ma circoscritte all’ambito delle sedi competenti - Illecito disciplinare Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare la denunzia, anche se effettuata in forma aspra, di una gravissima degenerazione dei criteri di assegnazione dei procedimenti realizzata da alcuni avvocati, allorché la stessa sia rimasta circoscritta nell’ambito delle sedi competenti (Consiglio dell’ordine e presidente della Corte di appello). Procedimento n. 53/89 - Sentenza del 30 novembre 1990 - Pres. Galloni. 604 Rapporti con gli avvocati - Sconto di titoli di credito - Operazione compiuta con l’intermediazione di un avvocato - Esclusione dell’illecito disciplinare - Condizioni. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che richiede — con esito positivo — ad un avvocato, esercente la professione dinanzi allo stesso ufficio cui egli è addetto, di procurargli lo sconto di cambiali presso terze persone, qualora la richiesta sia originata non da intenzione di ottenere favori, ma da amicizia intercorrente con detto professionista fin dal momento anteriore alla sua entrata in magistratura. (Nella specie la Sezione, ha accertato che la conoscenza tra l’incolpato ed il professionista risaliva fin dal momento della frequenza dei corsi universitari). 605 606 24 — RAPPORTI CON I COLLABORATORI 607 608 Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con i collaboratori - Richiesta di prestito in denaro ad ufficiale giudiziario - Commenti pubblici sfavorevoli - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore che induca l’ufficiale giudiziario, da lui dipendente, a concedergli un prestito in denaro mediante rilascio di cambiale poi scontata in banca, dando così motivo a sfavorevoli commenti fra gli altri dipendenti della pretura, fra i legali del luogo e nel pubblico in genere e rendendosi quindi immeritevole di quella considerazione pubblica di cui ogni magistrato deve godere. Procedimento n. 76 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti. Rapporti con i collaboratori - Dimestichezza occasionale del pretore di un piccolo centro con l’ufficiale giudiziario - Irregolarità commesse dall’ufficiale giudiziario nell’espletamento delle sue funzioni Richiami del pretore - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un pretore di un piccolo centro che abbia dimestichezza di rapporti con l’ufficiale giudiziario — con la conseguenza che questi, approfittando della situazione, compia irregolarità nell’espletamento delle sue 609 funzioni — allorché risulti che i predetti rapporti si sono concretati solo in qualche scambio di visite occasionali, giustificate da ragioni di convenienza e da esigenze ambientali, e che il magistrato, peraltro, nell’esercizio del suo dovere di vigilanza nei confronti del medesimo ufficiale giudiziario, ha più volte richiamato questo ultimo all’osservanza scrupolosa dei suoi obblighi. Procedimento n. 176 - Sentenza del 19 febbraio 1970 - Pres. Amatucci. Rapporti con i collaboratori - Tentativo del magistrato di indurre un usciere del proprio ufficio a deporre in una causa propria in modo non conforme al vero - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che tenti di convincere un usciere del suo ufficio a rendere, in un procedimento civile che esso magistrato intende iniziare, una testimonianza non conforme al vero, in tal modo dando luogo ad un fatto disciplinarmente rilevante per l’inosservanza di quei doveri di probità che al magistrato si richiede — più che a ogni altro cittadino — per la particolarissima funzione di tutela della legittimità che l’ordinamento giuridico gli affida: tale probità deve infatti apparire anche all’esterno ed essere alla base della fiducia del cittadino nei suoi giudici. Procedimento n. 11/80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti con i collaboratori - Comportamento nei confronti dei medesimi - Fattispecie - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento che violi i doveri di correttezza, di serietà e di rispetto che debbono improntare rapporti fra i magistrati ed i propri collaboratori (nella specie, l’incolpato aveva spaventato due impiegati dell’ufficio minacciandoli scherzosamente con una pistola). 610 Procedimento n. 245 - Sentenza del 23 marzo 1979 - Pres. Bachelet. Rapporti con i collaboratori - Rilascio di effetti cambiari da parte di un amanuense dell’ufficio - Induzione - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, abusando della sua posizione, ha indotto un amanuense addetto al suo ufficio a rilasciargli effetti cambiari di notevole importo. Procedimento n. 29/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres. Guizzi. Rapporti con i collaboratori - Esercizio dei poteri di sorveglianza sull’andamento generale dei servizi e sul personale dipendente Disfunzioni dei servizi - Limiti all’addebitabilità all’incolpato Insussistenza dell’illecito. Sfugge a responsabilità disciplinare il pretore che abbia esercitato la sorveglianza sull’andamento generale dei servizi e sul personale, di cui agli artt. 38 ord. giud. e 101/103 L. 23 ottobre 1966, n. 1196, in una misura che, pur rivelandosi ex post del tutto insufficiente, appariva ex ante la sola consentita sia dalla precarietà degli uffici e del personale, sia dall’affidamento collaborativo dovuto al cancelliere dirigente sul cui operato a causa della mancanza di doglianze, di reclami e di discontinuità, una più pressante sorveglianza avrebbe rischiato di assumere l’impronta dell’indifferenza o del controllo. (Nella specie a seguito di ispezione ministeriale erano state contestate numerose e gravi deficienze ed irregolarità nei servizi di cancelleria con danni all’erario per varie decine di milioni). Procedimento n. 54/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i collaboratori - Debito nei confronti di un consulente tecnico - Inadempimento - Revoca del consulente - Sussistenza dell’illecito. 611 Commette illecito disciplinare il magistrato che oltre a non adempiere ad un’obbligazione contratta nei confronti di un consulente tecnico da lui più volte nominato, ne revoca la nomina, per intempestività nel deposito degli elaborati peritali, dopo essere stato convenuto in giudizio per l’adempimento della stessa obbligazione. Procedimenti nn. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 novembre 1986 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i collaboratori - Compiti della cancelleria - Sorveglianza sul cancelliere - Doveri del giudice. La trasmissione alla Corte di Cassazione di un ricorso avverso un’ordinanza declaratoria della «improponibilità» dell’istanza di ricusazione della intera Corte di assise è compito proprio della cancelleria della Corte, sicché al Presidente di quest’ultima potrebbe solo rimproverarsi di non aver esercitata la dovuta sorveglianza sulla stessa cancelleria. (Nella specie la Sezione ha escluso l’addebitabilità all’incolpato di una mancata sorveglianza, sottolineando altresì l’assenza di una contestazione in merito). Procedimento n. 90/87 - Sentenza del 22 aprile 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i collaboratori - Censura all’attività di verbalizzazione Modalità - Insussistenza dell’illecito. Una censura sullo sforzo di attenzione del segretario, espressa in pubblica udienza con tono adirato e seguita da una manata o pugno sul banco della presidenza è certamente inopportuna in relazione al luogo del suo verificarsi ed alla qualifica del destinatario, ma non è censurabile disciplinarmente quando si collochi in un contesto di particolare tensione del dibattimento e sia dimostrata la ridotta professionalità del segretario medesimo. 612 25 - RAPPORTI CON I COLLEGHI 613 614 Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i colleghi - Magistrato del p.m. che esprima critiche in modo intemperante nei confronti delle decisioni dei giudici Sussistenza dell’illecito. È censurabile in sede disciplinare il magistrato del p.m. che accompagni le requisitorie orali con l’espressa riserva di impugnazione in caso di decisione difforme ed usi nella redazione dei motivi di impugnazione, o in udienza, o conferendo con avvocati, espressioni di critica intemperante nei riguardi di provvedimenti emessi dal giudice in sede istruttoria o dibattimentale. Il p.m. deve, nello svolgimento delle sue funzioni, rispettare le decisioni dei giudici anche se, non condividendole, intenda avvalersi dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge. Procedimento n. 12 -Sentenza del 3 febbraio 1962 - Pres. De Pietro. Rapporti con i colleghi - Attribuzione ad altri magistrati di fatti inesistenti - Volontarietà della condotta - Colpa - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che per colpa, non abbia eseguito gli indispensabili controlli nell’attribuire impru615 dentemente ad altri magistrati fatti inesistenti o nell’addebitare loro, come intollerabili arbitri, fatti legittimi e non censurabili. Infatti il comportamento dell’individuo soggetto al potere disciplinare, deve avere carattere volontario, ma non deve essere necessariamente doloso. Non occorre, cioè, che il magistrato sia mosso dal deliberato proposito di compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario,ma è sufficiente che egli tenga una certa condotta che sia obiettivamente idonea a comprometterlo. Procedimento n. 62 - Sentenza del 3 luglio 1965 - Pres. Rocchetti. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che manchi di riguardo al capo dell’ufficio ed ai colleghi più anziani pretendendo di arrogarsi nel collegio la funzione di presidente che non gli compete, occupando materialmente l’ufficio del presidente titolare, mostrando evidente insofferenza per le decisioni adottate, contro il suo personale convincimento, dalla maggioranza del collegio. Procedimento n. 206 - Sentenza del 17 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Rapporti con i colleghi - Richiesta di notizie su un procedimento penale - Mancanza di interferenza sull’attività giurisdizionale Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che, fuori della sua competenza funzionale, chieda ad un procuratore della Repubblica notizie circa lo stato di un procedimento penale, quando risulti che egli non abbia cercato in alcun modo di interferire sull’attività giurisdizionale del collega. Procedimento n. 188 - Sentenza dell’11 novembre 1971- Pres. Amatucci. 616 Rapporti con i colleghi - Reazione offensiva ad un rilievo per un errore materiale contenuto in un provvedimento - Sussistenza dell’illecito. Manca nei suoi doveri di magistrato il pretore che si rifiuti di trasmettere in visione al procuratore della Repubblica gli atti di un procedimento da questi richiesti al fine di stabilire l’eventuale sussistenza di una connessione soggettiva o oggettiva con altro procedimento pendente davanti alla procura, e contesti l’esistenza di un obbligo di trasmissione e assumendo l’impossibilità giuridica della riunione in relazione allo stato dei due procedimenti. Tuttavia la opinabilità di una corretta soluzione del problema generale concernente i rapporti tra pretore e procuratore della Repubblica può far venir meno l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare (violazione dell’art. 231 c.p.p. sui rapporti tra procuratore della Repubblica e pretore; norma tuttora in vigore, v. deliberazione del Consiglio superiore della magistratura del 31 ottobre 1969). Procedimento n. 104 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco. Rapporti con i colleghi - Magistrato del pubblico ministero che impartisce al giudice istruttore direttive processuali o esprime violentemente il suo disappunto al pretore per un provvedimento non condiviso - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il pubblico ministero che esprime violentemente il suo disappunto al pretore, per un provvedimento non condiviso, in quanto trattasi di comportamento in contrasto col principio della indipendenza e della autonomia dell’ordine giudiziario, principio sancito dall’art. 104 della Costituzione, che deve essere osservato non solo nei confronti dei singoli magistrati; (fattispecie di un p.m. che aveva cercato di convincere un pretore ad assolvere un imputato, opponente a decreto penale, con formula piena, e, allorché il pretore aveva invece applicata l’amnistia, gli aveva espresso il suo disappunto e il suo contrario avviso in termini tali che trascendono il normale dissenso). 617 Procedimento n. 286 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco. Rapporti con i colleghi - Magistrato del pubblico ministero che esprime rilievi poco riguardosi e non pertinenti all’oggetto del procedimento sull’operato del giudice istruttore - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il pubblico ministero che non si limita, come è suo dovere-potere, ad esprimere un parere difforme da quello del giudice istruttore, in relazione alla fattispecie, ma impartisce direttive allo stesso giudice istruttore e formula rilievi, in forma poco riguardosa e non pertinenti, tra l’altro, l’oggetto del procedimento, sull’operato dello stesso giudice istruttore, senza tener conto che si tratta di un organo che non dipende, funzionalmente, dal procuratore della Repubblica e non è neppure soggetto al suo potere di sorveglianza (artt. 14 e 16 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511) rilievi, indubbiamente lesivi, in quanto destinati ad essere letti da più persone, del decoro e del prestigio dell’ordine, nella persona di un suo appartenente. Procedimento n. 214 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres. Bachelet. Rapporti con i colleghi - Dichiarazioni diffamatorie ai danni di altri magistrati - Illecito disciplinare - Sussistenza. Le dichiarazioni diffamatorie compiute da un magistrato ai danni di altri magistrati, come anche di privati cittadini o di altri pubblici ufficiali, costituiscono un comportamento perseguibile, oltre che in sede penale, anche in sede disciplinare, sia perché i beni dell’onore e della reputazione, garantiti, in quanto diritti fondamentali della persona, dall’art. 2 Cost., costituiscono un limite al diritto di critica, sia perché fra i doveri inerenti allo status di magistrato, la cui violazione è punita in via disciplinare dall’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, è compreso anche il dovere di correttezza nei rapporti con i propri colleghi, nonché il dovere di rispettare le leggi. 618 Procedimento n. 392 - Sentenza del 13 luglio 1979 - Pres. Bachelet. Rapporti con i colleghi - Giudizio offensivo espresso sull’operato di altro giudice - Mancanza della piena consapevolezza della lesività del comportamento - Difetto dell’elemento soggettivo - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato consistente nell’aver espresso, in aula nel corso dell’udienza, un giudizio offensivo in relazione ad un atto processuale compiuto dal giudice, incaricato dell’istruttoria del processo trattato dal collegio di cui l’incolpato faccia parte, qualora non sia stato accompagnato dalla piena consapevolezza della sua lesività. (Nella specie, l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare è stato escluso considerando sia le modalità del fatto imputabile ad una momentanea assenza di autocontrollo dovuto a malattia e ad un eccesso di lavoro, sia al contegno anteriore dell’incolpato, contraddistintosi per laboriosità e correttezza, sia, infine, al sincero pentimento, manifestato dallo stesso incolpato subito dopo il fatto). Procedimento n. 435 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti con i colleghi - Omessa evasione di richieste di notizie formulate dal procuratore della Repubblica, ex art. 231 comma 2° c.p.p. da parte del pretore - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore il quale omette di fornire al procuratore della Repubblica, notizie, reiteratamente richieste, ai sensi dell’art. 231 comma 2° c.p.p., circa procedimenti penali pendenti in istruttoria. Procedimento n. 2/81 - Sentenza del 2 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. 619 Commette illecito disciplinare il magistrato che, asserendo in pubblica udienza i dover presiedere un collegio giudicante in luogo di altro collega del quale, con dichiarazione inserita a verbale a sua richiesta, contesti la legittimità della nomina, tenda a ledere gravemente il prestigio di quest’ultimo. Non rende deontologicamente corretto siffatto comportamento il non essere, nella circostanza, trasceso in atteggiamenti volgari o scomposti, conservando invece un tono corretto e pacato. Procedimento n. 27/80 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Relazione extraconiugale con il coniuge di un collega - Insussistenza dell’illecito. Nel quadro complessivo dei doveri di ufficio non si rinviene alcuna indicazione in favore di una sorta di «rafforzata difesa» della fedeltà coniugale nei rapporti tra colleghi magistrati e le loro famiglie. Procedimento n. 35/81 - Sentenza del 18 dicembre 1981 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Proteste nei confronti di ordine di servizio del pretore dirigente - Ottemperanza all’ordine di servizio Insussistenza dell’illecito. È certamente inopportuno, ma non censurabile disciplinarmente, il rifiuto della sottoscrizione «per presa visione» di un ordine di servizio del pretore-dirigente, purché non ne segua l‘inottemperanza all’ordine stesso. Non ogni scarto di comportamento del magistrato rispetto ad un modello di equilibrio e di compostezza può essere ricondotto nell’ambito dell’illecito disciplinare a scapito di altri momenti di valutazione della personalità del magistrato medesimo previsti dalla legge come la sede più appropriata e congrua per dare rilievo a carenze comportamentali del tipo di quella in premessa. 620 Procedimento n. 62/81 - Sentenza dell’11 giugno 1982 - Pres. Galasso. Rapporti con i colleghi - Contestazione all’ordine di servizio sui turni predisposto dal Pretore Dirigente - Asserita autonomia e indipendenza nel gestire il proprio servizio e disporre dei vice pretori onorari - Insussistenza di illecito disciplinare. Il malinteso senso di resistenza all’ordine di servizio e l’asserita possibilità di potersi muovere con una certa autonomia di giudizio, comunque tipica dell’inesperienza e dell’esuberanza e sicurezza giovanile, non integra illecito disciplinare quando non ne siano conseguiti sostanziali o sensibili squilibri nell’andamento del servizio. Procedimento n. 301 - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres. Galasso. Rapporti con i colleghi - Rifiuto di rendere conto al Consigliere dirigente la Pretura delle opinioni espresse fuori dell’esercizio professionale - Insussistenza dell’illecito. Il potere previsto dall’art. 14 R.D.L. n. 511/1946 è circoscritto ai comportamenti professionali dei magistrati ed al funzionamento degli uffici, non essendo concepibile una sorveglianza del presidente della Corte sulla vita privata del giudice. Gli atti e le condotte extraprofessionali suscettibili di rilevanza disciplinare vanno accertati nell’ambito del procedimento disciplinare presidiato da ben precise garanzie di difesa. Il rifiuto di rendere conto al consigliere dirigente la Pretura delle opinioni espresse fuori dall’esercizio professionale, in mancanza di una formale comunicazione di provvedimento di azione disciplinare ed in assenza delle garanzie difensive, costituisce esercizio di un diritto e dunque non è disciplinarmente censurabile. Procedimento n. 11/81 - Sentenza dell’11 novembre 1982 - Pres. Galasso. 621 Rapporti con i colleghi - Fattispecie.- Insussistenza di illecito disciplinare. Non integra violazione disciplinare l’inottemperanza alla richiesta di presentazione di una formale istanza di congedo od aspettativa quando della grave infermità di cui il magistrato era stato affetto l’amministrazione era ufficialmente a conoscenza, ben potendosi far luogo ad un collocamento d’ufficio in aspettativa e risultando l’omissione giustificata dalle particolari condizioni dell’incolpato. Procedimenti nn. 8 e 55 R.G. - Sentenza del 15 aprile 1983 Pres. Galasso. Rapporti con i colleghi - Eccesso nella critica a provvedimento impugnato - Sussistenza dell’illecito. Quando un magistrato del pubblico ministero censura una decisione che non condivide deve sempre attenersi a forme di critica corretta, essendo del tutto inammissibile, tanto sul piano del costume quanto sul piano della deontologia professionale, che egli trascenda in espressioni gravemente offensive nei confronti del collegio giudicante o in espressioni comunque esorbitanti rispetto ad una lunga critica ragionata della motivazione della sentenza che deve costituire l’essenza dei motivi di impugnazione. Procedimento n. 21/82 - Sentenza del 20 maggio 1983 - Pres. Galasso. Rapporti con i colleghi - Giudizi negativi nei confronti di colleghi Dovere di correttezza e prudenza - Sussistenza dell’illecito. Viola il dovere di correttezza e prudenza il magistrato che in più di un’occasione abbia manifestato nei confronti di un collega opinioni e giudizi estemporanei, non motivati dalla verifica dei fatti allo stesso collega addebitati e niente affatto necessari per lo svolgimento della propria funzione giudiziaria, anzi potenzialmente dannosi in questa 622 direzione perché tali da indurre elementi di invalidamento e di confusione nell’esercizio della delicata attività giudiziaria. Procedimento n. 23/83 - Sentenza del 10 giugno 1983 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il rifiuto di fornire al consiglio pretore dirigente spiegazioni circa i motivi di una ritardata fissazione (26 giorni) della comparizione delle parti in due ricorsi per denuncia di nuova opera, quando l’opzione per una intransigente difesa delle proprie scelte valutative non sia priva di giustificazioni e di precise referenze nell’iter della vicenda processuale, e sempre che il fatto abbia esaurito la sua incidenza nell’ambito dei rapporti interni all’ufficio. Procedimento n. 40/81 - Sentenza del 25 novembre 1983 - Pres. Galasso. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Illeceità disciplinare. Commette illecito disciplinare il magistrato che assume atteggiamenti polemici, non collaborativi ed anche volgari nei confronti di altri magistrati ed avvocati. In particolare: a) presentandosi come magistrato «scomodo» vittima di una persecuzione, condotta in primo luogo dal presidente del Tribunale, a causa del suo impegno per potenziare il lavoro penale, entrando perciò in dura e prolungata polemica, riportata dalla stampa, con il detto presidente, fortemente criticato ed accusato di mala fede anche in lettere inviate al C.S.M.; b) rifiutando di trasmettere ai colleghi della procura della Repubblica gli atti delle istruttorie, ed inviando loro solo l’avviso di deposito in guisa da costringerli a consultare i fascicoli in una stanza dell’ufficio istruzione, con ciò innovando, sia pure non illegittimamente, rispetto ad una prassi contraria, diffusissima ed opportuna, tanto da fare assumere alla propria condotta una deplorevole finalità emulatoria; 623 c) invitando a pranzo un avvocato e comunicandogli, alla presenza di altri convitati, la spedizione nei suoi confronti di una comunicazione giudiziaria. Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres. Galasso. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. Lo schema dei rapporti con il personale di cancelleria va improntato a cordialità e riguardo verso i funzionari ed ad un rigoroso rispetto delle regolarità formali. Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore il quale, formato un decreto di irripetibilità ne chieda la firma ad uno dei segretari solo a venti giorni di distanza, ed al rifiuto di questi, espresso per il tramite del segretario capo, faccia seguire l’ordine scritto a quest’ultimo perché vi provveda con la massima urgenza, con l’aggiunta che avrebbe risposto personalmente di ulteriori ritardi. Procedimento n. 44/82 - Sentenza del 16 aprile 1984 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Richiesta di notizia su procedimento penale da parte del Ministero - Rifiuto - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il procuratore della Repubblica che dia una risposta dura nel contenuto e nel tono, ad una reiterata richiesta di notizie su procedimento penale avanzata dal direttore dell’ufficio primo del ministero di grazia e giustizia. Il comportamento dell’incolpato trova giustificazione nel fatto che il ministero, rivolgendosi a lui con risolutezza per notizie riguardante l’esercizio dell’azione penale, sembrava palesare il persistere di una mentalità gerarchica che è del tutto estranea al vigente ordinamento per il quale il magistrato inquirente, non conosce altra autorità al di fuori della legge, attributiva al solo ministero di un potere, non delegabile, di vigilanza sul pubblico ministero. 624 Procedimento n. 27/83 - Sentenza del 14 dicembre 1984 - Pres. Guizzi. Rapporti con i colleghi - Indebita acquisizione di fascicolo concernente un procedimento penale a carico di altro magistrato - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che in assenza di motivi di ufficio richieda e acquisisca atti e documenti di un procedimento penale riguardante altri magistrati, spendendo a tal fine la sua qualità di dirigente di un ufficio giudiziario. Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Solleciti del dirigente l’ufficio al deposito di sentenze - Omessa risposta - Insussistenza dell’illecito. La mancata osservanza del dovere d’ufficio di depositare in termini le sentenze può ritenersi aggravata sul piano disciplinare quando il magistrato non provvede a porvi rimedio nonostante il sollecito del dirigente dell’ufficio cui spetta il compito della vigilanza, ma non è passibile di sanzione disciplinare il fatto in sé di non riscontrare una nota di sollecitazione del dirigente stesso. Procedimento n. 7/85 - Sentenza del 7 giugno 1985 - Pres. Guizzi. Rapporti con i colleghi - Condotte idonee ad alimentare dissapori e diffidenze all’interno dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che nei rapporti con colleghi non evita di far nascere dissapori e diffidenze all’interno dell’ufficio giudiziario con conseguente perdita di credibilità all’esterno. (Nella specie l’incolpato è ritenuto responsabile: A) di avere scritto al presidente del proprio Tribunale di augurarsi 625 che una sua improvvisa sostituzione di un collega, non segnasse un ritorno al passato quando il Tribunale era stato «amministrato (meglio disamministrato o amministrato per interessi propri) da un triunvirato (o quadrunvirato)» che non aveva esitato a comunicare menzogne ai superiori; B) di avere espressa la sua disapprovazione non meramente linguistica per le correzioni apportate dal presidente ad una sua sentenza, con annotazione della stessa in calce all’originale e con invio per conoscenza al cancelliere dirigente di un proprio esposto indirizzato al C.S.M.). Procedimento n. 36/85 - Sentenza del 13 settembre 1985 - Pres. De Carolis. Rapporti con i colleghi - Poteri di direzione del procuratore della Repubblica - Permanenza in capo al procuratore destinato fuori sede in supplenza. Il procuratore della Repubblica di un dato ufficio, anche nel periodo in cui è destinato quale supplente ad altro ufficio, conserva i suoi poteri di direzione nei confronti di un suo sostituto presso la Procura di cui è titolare. (Nella specie la Sezione, dopo aver escluso che l’incolpato avesse agito al fine di favorire la persona interessata, ha ritenuto non censurabile disciplinarmente che questi, nella qualità di procuratore della Repubblica, avendo saputo che un suo sostituto stava svolgendo indagini in relazione ad un procedimento diverso da quello assegnatogli, in un momento in cui avrebbe dovuto godere delle ferie e con iniziative processuali che lasciavano un margine a dubbi di legittimità, abbia allo stesso telefonato per chiedere chiarimenti e per invitarlo a soprassedere da ogni ulteriore indagine fintanto che stava in ferie, informando poi, del rifiuto opposto dal sostituto, il procuratore generale che avocava l’inchiesta). Procedimento n. 8/86 - Sentenza del 17 ottobre 1986 - Pres. Mirabelli. 626 Rapporti con i colleghi - Propalazione di dubbi sulla correttezza dei colleghi - Esistenza della volontà di screditarli - Insussistenza dell’illecito. L’invio ad un quotidiano di una richiesta di rettifica, nel cui testo vengono prospettati dubbi sulla correttezza di colleghi di un ufficio giudiziario diverso dal proprio e sulle interferenze attivate da parte di un alto magistrato della propria Corte di appello, non integra illecito disciplinare quando siano acquisiti in atti elementi sufficienti ad escludere che le frasi oggetto di incolpazione fossero state scritte con il preciso intento di screditare i colleghi. Procedimento n. 21/86 - Sentenza del 7 novembre 1986 - Pres. Brutti. Rapporti con i colleghi - Segnalazione scritta delle necessità economiche di una delle parti - Mancata prova della volontà di interferire nel procedimento in corso - Esclusione dell’addebito. Allorquando, per il suo tenore complessivo, una lettera indirizzata dall’incolpato ad un collega, per segnalare le difficili condizioni economiche dell’attore in un procedimento di recupero crediti, pendente innanzi a lui, ed insieme prospettare precise modalità d’intervento atte a stimolare i debitori, non sia tale da consentire univoche e sicure conclusioni in ordine alla presenza nell’incolpato della volontà di interferire in un procedimento in corso, perorando la causa di una delle parti, si è in presenza di una condotta decisamente inopportuna, ma non illecita disciplinarmente. (Nella specie si è sottolineato che a conclusione della lettera l’incolpato lasciava «il tutto alla sensibilità di uomo e di giudice» del destinatario, rimettendosi «in toto» al suo giudizio). Procedimento n. 60/86 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Corrispondenza riservata tra procuratore generale e procuratore della Repubblica - Pubblicizzazione Sussistenza dell’illecito. 627 Commette illecito disciplinare il procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori chiamato dal procuratore generale con una missiva non ufficiale a tenere un diverso abbigliamento in ufficio, dà, della nota e della propria risposta, massima diffusione, con distribuzione di copie tra i magistrati nell’atrio del palazzo di giustizia, in tal modo ledendo il prestigio dell’ordine, fatto apparire, nel microcosmo dei rapporti tra due uffici, come dedito a malevola corrispondenza su banali questioni di vestiario. Procedimento n. 60/86 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Pubblicizzazione di contrasti tra magistrati Rilevanza disciplinare. I contrasti tra uffici e tra magistrati e la loro pubblicizzazione intaccano il prestigio dell’ordine giudiziario sia quando le ragioni di contrasto attengono molto, fin quasi all’esclusione, a profili personali e non a piani istituzionali, sia quando la pubblicità stessa appare del tutto superflua rispetto alla soluzione del contrasto. (Nella specie è stato ritenuto disciplinarmente responsabile il procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori messosi in contrasto con il procuratore generale, il quale aveva definito anomala la prassi di richiedere, nella sottoscrizione degli ordini di cattura, la firma congiunta dello stesso procuratore e del sostituto). Procedimento n. 9/87 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Giudizi negativi nei confronti di collega Difetto dell’elemento psicologico - Mera inopportunità. Non costituisce illecito disciplinare esprimere una negativa valutazione sulla professionalità di un collega in arrivo presso il proprio ufficio giudiziario sempre che le espressioni adoperate, quandanche inopportune per scarso controllo terminologico, scarsa prudenza, scarsa ponderazione, non siano sorrette da volontà 628 diffamatoria o comunque preordinata a creare artificiosamente un ambiente di lavoro ostile allo stesso. Procedimento n. 57/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce indebita interferenza nell’attività giurisdizionale di un giudice istruttore l’avere, nella qualità di presidente del tribunale, espresso, nell’ambito di uno scambio di idee del tutto normale tra magistrati di diversa anzianità ed esperienza, la propria opinione in ordine ad un procedimento, suggerendo altresì la linea di condotta a suo avviso più opportuna. Procedimento n. 2/83 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres. Brutti. Rapporti con i colleghi - Prospettazione di una situazione di tensione con il pretore dirigente - Interpretazione in malam partem di fatti accaduti - Assenza di dolo ed intenzione offensiva - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il magistrato che, senza dolo o intenzione offensiva, articoli la propria difesa nel corso di un procedimento disciplinare, illustrando la tensione dei rapporti esistenti con il pretore dirigente con riferimento a fatti realmente accaduti, ma interpretati in malam partem. Procedimento n. 57/87 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Comportamento scorretto in camera di consiglio - Limiti alla rilevanza disciplinare. La reazione anche scorretta alle contrarie argomentazioni addotte nel corso di una discussione in camera di consiglio non costituisce 629 illecito disciplinare sempre che rimanga confinata all’interno del collegio e non ne derivi un vulnere alla libertà di espressione ed autonomia di ciascun componente dello stesso. Procedimento n. 39/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Tentativo di influenzare un collega d’ufficio - Illiceità. Commette illecito disciplinare il magistrato che tenta di influenzare il collega del proprio ufficio incaricato di una istruttoria penale rappresentandogli la situazione di un imputato come vittima della procura della Repubblica (responsabile — a detta dell’incolpato — di aver presso «lucciole per lanterne»). Procedimento n. 38/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Comportamento in udienza - Fattispecie Sussistenza dell’illecito disciplinare. Contrasta con i doveri del giudice il mantenere in udienza un comportamento poco rispettoso dei colleghi e degli avvocati; in particolare, nella fattispecie la condotta del magistrato si è estrinsecata in indebite interferenze nella conduzione dell’udienza, nel rivolgersi a testi ed avvocati con espressioni dialettali ed in una generale sciatteria dei modi. Procedimenti nn. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Sollecito ad un’anticipazione di giudizio Illiceità. Commette illecito disciplinare il magistrato che prospetta ai colleghi l’opportunità di non presiedere un collegio qualora il loro 630 orientamento fosse contrario all’accoglimento dell’appello, con ciò provocando una anticipazione di giudizio non consentita. (Nella specie la Sezione disciplinare ha accertato che l’incolpato nonostante avesse rappresentato l’opinione che la sentenza gravata fosse stata eccessivamente dura con l’appellante, segnalando le difficili condizioni economiche della ditta di quest’ultimo, aveva poi partecipato al giudizio d’appello, mostrando scarsa sensibilità ai valori della trasparenza della propria immagine di magistrato). Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Indisponibilità a suggerimenti e consigli richiesti da colleghi più giovani - Insussistenza dell’illecito. Non appare censurabile in sede disciplinare l’avere, nella qualità di consigliere istruttore aggiunto, trascurato di dare consigli e suggerimenti ai colleghi più giovani, suscitandone le critiche. Procedimento n. 40/88 - Sentenza del 20 giugno 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare dare del maleducato ad un collega in presenza di altro collega quando l’episodio risulti circoscritto ai protagonisti ed all’unico teste e, soprattutto, manchi alla prova certa del valore offensivo assunto dal termine nel contesto in cui fu pronunciato. Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i colleghi - Critica nei confronti dei colleghi dell’ufficio espressa nel corso di requisitoria in pubblico dibattimento - Diritto di critica - Limiti. 631 Non costituisce illecito disciplinare affermare, nell’esercizio delle funzioni di pubblico ministero e in occasione della requisitoria tenuta nel corso di un pubblico dibattimento, che i processi per alcuni gravi reati — per cui le indagini non avevano avuto sviluppi — erano stati «archiviati dal cinismo della burocrazia», qualora l’espressione integri gli estremi di una critica che rimanga nei limiti consentiti dalla sentenza 100/82 della Corte costituzionale e non rivesta requisiti di gratuita offensività o falsità. (Nella specie la sezione disciplinare ha ravvisato l’esercizio di un legittimo diritto di critica ed ha ritenuto che la reazione degli altri magistrati alle affermazioni dell’incolpato fu causata dallo stato di tensione e di alterazione dei rapporti esistente tra i colleghi dell’ufficio del pubblico ministero). Procedimento n. 21/89 - Sentenza del 5 ottobre 1990 - Pres. Galloni. Rapporti con i colleghi - Eccesso nella critica a provvedimento impugnato - Insussistenza dell’illecito - Fattispecie. Non costituisce illecito disciplinare l’intemperanza verbale del pubblico ministero nella redazione dei motivi d’impugnazione di una decisione se non trasmodi in espressioni inurbane, non sia fondata sulla mera difformità di opinioni sull’accertamento dei fatti e sulla qualificazione giuridica degli stessi né sia diretta a screditare l’estensore del provvedimento impugnato ma sia provocata dalla fondata e commendevole preoccupazione che non restino impuniti reati gravissimi commessi in ambito territoriale particolarmente esposto al fenomeno della criminalità organizzata. 632 26 - RAPPORTI CON I DIRIGENTI 633 634 Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Ordinanza collegiale di accoglimento della istanza di ricusazione - Critica del magistrato ricusato - Difetto dell’elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, anche se non è commendevole sul piano dei rapporti tra magistrati, il comportamento di un pretore che, in un colloquio con il presidente del tribunale, abbia vivacemente criticato un ordinanza collegiale di accoglimento della istanza di ricusazione proposta nei di lui confronti, allorché non risulti evidente il proposito da parte di quel giudice di mancare del dovuto rispetto nei confronti del capo dell’ufficio. Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Critica all’operato del pretore da parte del presidente del tribunale - Vivacità della replica - Scarsa pertinenza dei rilievi formulati e forma corretta della replica -Insussistenza dell’illecito. Non è censurabile in sede disciplinare il pretore che abbia risposto a una nota del presidente del tribunale — in cui si riferivano osservazioni formulate dalla presidenza della corte d’appello in relazione all’istruttoria delle pratiche per la nomina o la conferma 635 dei giudici conciliatori — criticando l’operato del superiore, allorché risulti la scarsa pertinenza dei rilievi formulati al detto magistrato e sempre che il contenuto della nota non abbia superato i limiti di una formale correttezza. Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Rilievi diretti del pretore all’ufficio unico degli ufficiali giudiziari del tribunale - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore che abbia mosso un rilievo in merito alla redazione dei processi verbali di mancata vendita di beni immobili direttamente all’ufficio unico degli ufficiali giudiziari del tribunale non tenendo conto che il potere di sorveglianza sull’ufficio in parola spetta al presidente del tribunale stesso, allorché risulti che il magistrato non abbia inteso ingerirsi in un funzione non di sua competenza ma soltanto richiamare l’attenzione degli ufficiali giudiziari sulla necessità della osservanza di formalità la cui omissione si sarebbe potuta riverberare su procedimenti penali di competenza pretoria. Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Richiesta del presidente del tribunale per i minorenni di rogatoria sul conto di una minore - Omesso adempimento - Affermazione di illeggibilità della richiesta Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta di evadere la richiesta rivoltagli dal presidente del tribunale per i minorenni di assumere informazioni sul conto di una minore, sostenendo in una missiva aperta, la illegalità della rogatoria, allorché risulti che il magistrato stesso si sia limitato sostanzialmente a manifestare nelle dovute forme la sua opinione. 636 Procedimento n. 15 - Sentenza del 14 gennaio 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Circolare del procuratore della Repubblica Risposta risentita del pretore - Difetto di forma - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare, ai sensi dell’art. 18 del D.L. 31 maggio 1946, n. 5111, il pretore che traendo motivo da una circolare inviata a tutti i pretori del circondario, per ragioni di servizio, dal procuratore della Repubblica, risponde a questi con una lettera dal tono aspro e risentito — anche se tale reazione non sia priva di qualche scusante sul piano morale — poiché il destinatario della circolare, ben avrebbe potuto, se del caso, trovare più efficacia ed idonea tutela della propria personalità riferendo i fatti ai suoi normali e diretti superiori. Procedimento n. 22 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Convocazione del presidente della corte d’appello -Necessità del convocato di spostarsi in altra sede Mancata adesione all’invito - Motivi di salute - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, invitato a presentarsi presso gli uffici della prima presidenza della corte d’appello, situati in sede diversa da quella di servizio del magistrato, abbia omesso di recarvisi, adducendo con lettera un impedimento connesso a motivi di salute e di lavoro, poi risultati sussistenti, e chiedendo un rinvio della data di convocazione. Procedimento n. 22 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Determinazione dei periodi di ferie da parte del presidente del tribunale - Tentativo malizioso di rendere inoperante la decisione - Sussistenza dell’illecito. 637 Commette illecito disciplinare, operando in modo lesivo del prestigio del presidente del tribunale, il presidente di sezione che cerchi di rendere inoperante la disposizione del capo dell’ufficio sul periodo di ferie assegnato a ciascun magistrato, avvalendosi a tale scopo di vari sotterfugi (fissazione di processi penali dinanzi a sé in giorni compresi nel periodo di ferie a lui assegnato; rifiuto di recarsi nell’ufficio del presidente titolare; opposizione a ricevere in casa comunicazioni concernenti il servizio). Procedimento n. 34 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i dirigenti - Proroga dell’autorizzazione all’assenza Mancanza di formale richiesta - Invio del solo certificato medico -Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare, venendo meno ai doveri di correttezza verso il capo dell’ufficio, il magistrato che invia al medesimo, al fine di ottenere la proroga dell’autorizzazione a rimanere assente dall’ufficio, un certificato medico senza istanza o lettera di accompagnamento. Procedimento n. 83 - Sentenza del 1 febbraio 1965 - Pres. Rocchetti. Rapporti con i dirigenti - Illustrazione da parte del pretore unico al procuratore generale delle ragioni per le quali il pretore aveva sporto, nei confronti di un funzionario dell’ufficio del registro, una denuncia poi archiviata dal giudice istruttore - Insussistenza dell’illecito. Non può considerarsi illecito sotto il profilo disciplinare il comportamento del magistrato che, pretore unico, si sia recato dal procuratore generale per illustrargli le ragioni per le quali aveva ritenuto di sporgere, contro un funzionario dell’ufficio del registro, una denuncia che il giudice istruttore aveva poi archiviata: in tale ipotesi, infatti, informare il procuratore generale costituisce per il 638 magistrato, più che un diritto, un dovere, a cui appare assolutamente estranea ogni responsabilità disciplinare, specie se lo stesso viene esercitato in maniera corretta e senza scomposte proteste contro l’operato del giudice istruttore. Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres. Rocchetti. Rapporti con i dirigenti - Accuse infondate nei confronti del capo dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare, ponendo in essere un comportamento non consono alla dignità ed al prestigio dell’ordine giudiziario, il magistrato che per difendersi dalla contestazione di un addebito di scarsa operosità formuli, nei confronti del capo dell’ufficio, con estrema leggerezza ed eccedendo nella reazione, accuse poi rivelatesi infondate. Procedimento n. 129 - Sentenza del 12 luglio 1968 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Inchiesta amministrativa - Ingiuste accuse rivolte al presidente del tribunale - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare, il comportamento del magistrato che, nel corso di una inchiesta amministrativa, formuli ingiuste accuse nei confronti del presidente del tribunale, e ciò indotto da motivi di rancore verso quest’ultimo, per avere egli adottato un provvedimento di natura cautelare in danno di parenti del magistrato medesimo. Procedimento n. 91 - Sentenza del 23 gennaio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Omessa informazione del capo dell’ufficio di illiceità commesse da funzionari di cancelleria - Sussistenza dell’illecito. 639 Il potere di vigilanza, che la legge attribuisce ai capi degli uffici giudiziari rispetto a tutti coloro che ne fano parte, perderebbe ogni efficacia e verrebbe meno ai suoi scopi se al suo esercizio concreto non dessero piena e leale collaborazione, ciascuno nell’ambito della propria attività, tutti i magistrati addetti all’ufficio. Viene, quindi, meno al dovere strettamente connesso alle funzioni proprie del giudice, in relazione al suo inserimento in un ufficio di cui altri ha la direzione e la responsabilità, il magistrato che ometta di informare il capo dell’ufficio degli illeciti commessi da funzionario di cancelleria: né vale a discriminare tale condotta sul piano disciplinare, la ingiustificata convinzione del magistrato che, al di fuori delle ipotesi di reato, sia puramente discrezionale la valutazione della opportunità di informare il capo dell’ufficio. Procedimento n. 154 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Lettera al capo dell’ufficio - Frasi irriguardose - Atteggiamento autoritario del capo - Insussistenza dell’illecito. Rapporti con i dirigenti - Lettera del pretore al procuratore della Repubblica - Frasi irriguardose - Reazioni a rilievi riguardanti il merito dell’attività giudiziaria - Insussistenza dell’illecito. Rapporti con i dirigenti - Conversazione telefonica di pretore con il procuratore della Repubblica - Tono irriguardoso - Analogo comportamento dell’interlocutore - Infondatezza dei rilievi mossi Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere indirizzato al capo del proprio ufficio giudiziario una lettera contenente frasi obiettivamente irriguardose, se a ciò il magistrato sia stato indotto dall’atteggiamento inspiegabilmente duro e autoritario dello stesso capo ufficio. Non costituisce illecito disciplinare avere un pretore usato tono polemico e poco riguardoso in una lettera indirizzata al procuratore della Repubblica, che aveva formulato rilevi in ordine ad un procedimento penale in corso, rilievi non consentiti perché riferiti al merito dell’attività giurisdizionale. Non costituisce illecito disciplinare l’avere un pretore assunto, nel corso di una conversazione telefonica, un tono alterato di voce 640 nei confronti di un procuratore della Repubblica, ove a tale condotta il magistrato sia stato indotto da precedente analogo comportamento da parte dell’interlocutore che, peraltro, ingiustamente lo rimproverava di pretesa arbitraria ingerenza in materia a lui riservata. Procedimento n. 151 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Atteggiamento arrogante nei confronti del capo dell’ufficio - Difetto di notorietà e di ripercussioni nella pubblica opinione - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, pur se riprovevole sul piano del costume, il comportamento del magistrato che risponda in maniera arrogante al capo dell’ufficio o esprima aspre critiche nei confronti del medesimo, se tale comportamento non abbia ripercussione nella pubblica opinione, in modo da compromettere il prestigio del magistrato e indirettamente quello dell’ordine giudiziario. Procedimento n. 151 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Inizio di procedimento penale da parte di sostituto procuratore - Omessa informazione al procuratore della Repubblica - Assenza del titolare dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del sostituto che abbia omesso di comunicare al procuratore della Repubblica l’inizio di un procedimento penale particolarmente delicato, dovendo ritenersi, sotto il profilo del dovere d’ufficio, che il sostituto qualora agisca in assenza del procuratore della Repubblica fuori sede, abbia pienezza di iniziativa e di funzione e non sia, quindi, tenuto ad alcuna informativa. 641 Procedimento n. 142 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Nota d’ufficio - Uso di espressioni aspre e polemiche - Difetto dell’elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, per difetto dell’elemento intenzionale, il comportamento di un consigliere istruttore che nel timore di essere allontanato dal suo ufficio e di subire così una lesione del proprio prestigio, invii al Consiglio superiore della magistratura, al Ministro e ai capi della corte e del tribunale una nota sul lavoro da lui svolto contenente espressioni aspre e polemiche. Procedimento n. 157 - Sentenza del 10 luglio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Rifiuto del sostituto di riferire al procuratore della Repubblica con i dirigenti - Rifiuto del sostituto di riferire al procuratore della Repubblica sugli affari a lui affidati - Rifiuto di accogliere i suggerimenti del procuratore sulla conduzione dell’istruttoria - Buona fede - Motivi apprezzabili - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del sostituto procuratore della Repubblica che ripetutamente rifiuti di riferire al dirigente dell’ufficio sugli affari a lui assegnati e di aderire ai suggerimenti circa la conduzione di una istruttoria, qualora il magistrato abbia agito in buona fede e sulla base di apprezzabili motivi e non per mera ingiustificata istanza. Procedimento n. 176 - Sentenza del 19 febbraio 1970 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Rifiuto di collaborazione col capo dell’ufficio - Giudizi irriguardosi nei confronti di quest’ultimo - Presenza el personale addetto all’ufficio - Sussistenza dell’illecito. 642 Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, negando la propria collaborazione al dirigente, formuli altresì giudizi assolutamente inopportuni e irriguardosi nei confronti dello stesso, anche alla presenza del personale addetto all’ufficio. Procedimento n. 177 - Sentenza del 20 marzo 1970 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Accuse al capo dell’ufficio in una lettera al Consiglio superiore della magistratura - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare, per difetto dell’elemento intenzionale, in comportamento del magistrato il quale, mediante lettera diretta al Consiglio superiore della magistratura, formuli accuse nei confronti del capo del suo ufficio — riferendo in particolare che questi, animato da sentimenti di vendetta, lo aveva, nel redigere un rapporto, aggredito nei suoi interessi morali, con giudizi immorali e disonesti — quando i fatto sia stato determinato dalla convinzione che il capo dell’ufficio si sia lasciato andare a giudizi lesivi circa il prestigio professionale del magistrato e della sua dignità di uomo. Procedimento n. 189 - Sentenza del 10 luglio 1970 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Atteggiamento risentito del pretore nei confronti del presidente del tribunale - Reazione a nota illegittima nella forma e nel contenuto - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un pretore che risponda con tono secco e risentito ad una nota del presidente del tribunale illegittima nella forma e nel contenuto. Esorbita infatti dai poteri di sorveglianza spettanti al presidente del tribunale formulare rilievi infondati in fatto ed esprimere valutazioni lesive della dignità personale del magistrato in relazione a un provvedimento giurisdizionale. 643 Procedimento n. 170 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Circolare del presidente di corte d‘appello Inottemperanza - Sussistenza dell’illecito. Rapporti con i dirigenti - Circolare del presidente di corte d’appello Inottemperanza - Mancanza dell’elemento intenzionale Insussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che non ottemperi alle disposizioni di una circolare, in ordine allo svolgimento del servizio, emanata dal presidente della corte d’appello nell’ambito dei poteri di sorveglianza a lui attribuiti dall’art. 14 del r.d.l. 31 maggio 1946, n.511. La responsabilità disciplinare deve però essere esclusa quando manchi l’elemento intenzionale. Procedimento n. 218 - Sentenza dell’11 febbraio 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Richiesta al presidente del tribunale di una copia di una lettera del presidente della corte d’appello riguardante il magistrato stesso - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che chiede ed ottenga copia dal presidente del tribunale di una nota del presidente della corte di appello che lo riguardi; siffatta richiesta, infatti, costituisce un preciso diritto del magistrato essendo relativa ad un documento che lo interessa direttamente e dalla cui meditata lettura egli avrebbe potuto recepire quelle indicazioni che si voleva gli pervenissero. Procedimento n. 218 - Sentenza dell’11 febbraio 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti con i dirigenti - Serena protesta contro un intervento del presidente della corte di appello - Insussistenza dell’illecito disciplinare. 644 Non commette illecito disciplinare il magistrato che sottoscriva un documento di serena protesta contro un intervento del presidente della Corte di appello in un procedimento giurisdizionale e ai suoi riflessi sulla indipendenza e libera determinazione del giudice nell’esercizio dell’attività giurisdizionale cui la stampa attrice abbia attribuito moventi intimidatori e si preoccupi della questione di principio relativa ai limiti e al modo di esercizio del potere di sorveglianza da parte del presidente stesso. Procedimento n. 264 - Sentenza del 6 luglio 1973 - Pres. Bosco. Rapporti con i dirigenti - Conversazione di un giudice con il presidente di sezione del tribunale - Frasi irriguardose - Atteggiamento offensivo del capo - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l’aver rivolto al presidente della propria sezione del tribunale frasi irriguardose, se a ciò il magistrato sia stato indotto dall’atteggiamento offensivo dello stesso presidente di sezione. (Nella specie il magistrato trattenuto nella sede dalla quale era stato trasferito perché componente della sezione feriale, alla richiesta del nuovo recapito ed all’invito del presidente di non fare il furbo aveva rivolto come risposta la frase «Lei mi sta oltraggiando, me la pagherà»). Procedimento n. 341 - Sentenza del 7 aprile 1976 - Pres. Bosco. Rapporti con i dirigenti - Risposta inopportuna a circolare diramata dal dirigente - Illiceità disciplinare - Inesistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato (p.m.) che dia risposta ad una circolare del dirigente dell’ufficio con missiva, non pubblicizzata e priva di arroganza e provocazione, anche se inopportuna. (Alla richiesta di notizie su un determinato tipo di procedimento si manifestò stupore essendo noto al dirigente che all’incolpato non erano stati affidati procedimenti di quel tipo, in armonia ad un preciso criterio di assegnazione deciso dallo stesso dirigente). 645 Procedimento n. 354 - Sentenza del 25 maggio 1977 - Pres. Bachelet. Rapporti con i dirigenti - Declaratorie di illegittimità di ordine di servizio - Inesistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale, nel compimento di un atto di ufficio, affermi l’illegittimità dell’ordine di servizio del presidente del tribunale, che dichiara di disapplicare, avente ad oggetto la cessione delle sue funzioni di giudice di sorveglianza, vertendosi in tema di pronuncia di provvedimenti nell’esercizio di attività giurisdizionale, finalizzata all’intento di evitare la nullità di atti che l’incolpato si accingeva a compiere. Procedimenti nn. 396 e 283 - Sentenza del 3 giugno 1978 - Pres. Bachelet. Rapporti con i dirigenti - Richiesta di trasmissione del fascicolo di un processo penale da parte del procuratore generale della corte di appello - Compimento di atti processuali fra la notizia della richiesta e l’effettiva trasmissione - Illecito processuale - Inesistenza. Non integra violazione della legge processuale penale ed illecito disciplinare, sotto il profilo della violazione dei doveri inerenti allo status di magistrato, il comportamento di un sostituto procuratore della Repubblica che compia atti processuali (nella specie: formulazione di capo d’imputazione, predisposizione di ordine di comparizione e compilazione di due atti di comunicazione ai sensi dell’art. 6, disp. att. c.p.p.) nell’intervallo di tempo compreso fra la notizia della richiesta di trasmissione del fascicolo del procedimento penale, da parte del procuratore generale, sia pur preordinata all’esercizio del potere di avocazione, e la effettiva trasmissione del fascicolo stesso. Procedimento n. 384 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres. Bachelet. 646 Rapporti con i dirigenti - Poteri di sorveglianza del presidente della corte di appello - Richiesta di notizie su attività extraprofessionale - Rifiuto di risposta - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Il potere previsto dall’art. 14 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, è circoscritto ai comportamenti professionali dei magistrati relativi al funzionamento degli uffici, non essendo concepibile una sorveglianza del presidente della corte di appello sulla vita privata dei giudici. Per atti e condotte extraprofessionali, eventualmente rilevanti ai fini disciplinari, sussistono, infatti, altri meccanismi di indagine, presidiati da ben precise garanzie di difesa. Pertanto non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che rifiuti di fornire al dirigente del suo ufficio, delegato dal presidente della corte, le notizie richieste circa la sua partecipazione ad un’assemblea e l’attività in essa svolta e chieda di conoscere a quale titolo venga interrogato. Procedimenti nn. 11 e 80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti con i dirigenti - Rifiuto sistematico da parte di un sostituto di informare il dirigente della procura circa lo stato dei procedimenti affidatigli - Violazione di un dovere attinente allo status di pubblico ministero. Costituisce violazione di un dovere attinente allo status di pubblico ministero il rifiuto sistematico opposto da un sostituto alla richiesta, rivoltagli dal capo dell’ufficio, di informarlo sullo svolgimento delle istruttorie e sui provvedimenti relativi alla libertà personale emessi dal magistrato, in quanto tale contegno ostacola l’esercizio dei poteri conferiti al dirigente della procura che, nel vigente assetto normativo, ancora integra un’entità organizzata in modo unitario. Procedimenti nn. 11 e 80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti con i dirigenti - Espressioni scorrette rivolte al dirigente dell’ufficio - Illecito disciplinare - Sussistenza. 647 Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che rivolga al proprio dirigente espressioni contrarie al principio dell’ordinaria correttezza che deve ispirare i rapporti fra colleghi. Procedimento n. 431 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti con i dirigenti - Mancata convocazione della camera di consiglio per la decisione delle controversie civili - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del presidente del tribunale che, nella gran parte delle cause civili, ometta di convocare la camera di consiglio, lasciando al solo relatore l’onere delle decisioni e riducendo l’attuazione del principio della collegialità alla sola fase della sottoscrizione delle sentenze ed a sporadici incontri informali fra soltanto due dei componenti del collegio investito della decisione della controversia. Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres. Galasso. Rapporti con i dirigenti - Inizio di un processo senza delega del procuratore capo - Rifiuto di dar corso all’assegnazione di processi - Mancata informativa al procuratore capo sull’esito dell’udienza - Limiti all’autonomia del sostituto procuratore. Negli uffici pluripersonali del pubblico ministero è salvaguardata l’autonomia dei sostituti nella gestione del processo dopo che lo hanno avuto in assegnazione, nonché la loro indipendenza di giudizio in udienza. Resta però il potere non solo ordinario generale del titolare, ma anche quello di vigilanza generale e particolare ai fini di assicurare l’unicità dell’ufficio e il pronto adempimento degli oneri di impugnazione. Il limite di tale potere, che può spingersi fino alla revoca dell’incarico con adeguata motivazione e che comprende un potere esclusivo di distribuzione degli affari e di iniziativa, sta nella garanzia delle esigenze di buon funzionamento dell’ufficio e del 648 migliore risultato dell’azione che compete all’ufficio stesso sul piano della rispondenza alla domanda di giustizia. A fronte di siffatti generali poteri del titolare dell’ufficio il sostituto è carente di poteri di iniziativa penale autonoma, può gestire solo ciò che gli è stato assegnato. Non è infine consentito al sostituto invocare spazi propri di autonomia cui collegare poteri sostitutivi nei confronti del titolare o poteri di verifica della sua condotta e del suo operato, esulando una tale condotta dallo schema di rapporti sostituto/procuratore capo che devono essere di collaborazione e di convergenza e non di contrapposizione né di sostituzione al titolare dell’ufficio. Procedimento n. 52/86 - Sentenza del 12 gennaio 1987 - Pres. Mirabelli - Est. Racheli. Rapporti con i dirigenti - Doglianze avverso una proposta di variazione tabellare - Legittimità della loro formulazione. Non costituisce illecito disciplinare l’indirizzare al pretore dirigente e, per conoscenza, al presidente della corte di appello, una lettera di doglianze per la proposta di variazioni tabellari ritenute dall’incolpato contra legem, quando le forme adoperate non siano di per sé lesive del decoro dell’ufficio e di altri magistrati, ed anzi dal complessivo comportamento tenuto dall’incolpato nella vicenda si evidenzi un’assoluta limpidità di intenti ed una piena correttezza. Procedimento n. 35/86 - Sentenza del 17 febbraio 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i dirigenti - Dovere di informativa ex art. 233 c.p.p. Limiti. Solo la sussistenza di una costante omissione della informativa ex art. 233 c.p.p. può integrare illecito disciplinare. (Nella specie si è condiviso l’orientamento giurisprudenziale della corte di cassazione per la quale l’obbligo di informativa ex art. 233 c.p.p. non va necessariamente soddisfatto con il ricorso alla forma 649 scritta o con l’osservanza di una rigorosa immediatezza temporale rispetto alla conoscenza del fatto). Procedimento n. 14/87 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i dirigenti - Mutamento nella delega - Disfunzioni successive - Non addebitabilità al Sostituto Procuratore. La formulazione da parte del procuratore della Repubblica di un ordine di servizio genericamente traslativo della delega per la trattazione di procedimenti da uno ad altro sostituto, senza precisazione in ordine alle sorte dei procedimenti assegnati, non comporta responsabilità disciplinare del sostituto, assegnatario di quest’ultimi, per la mancata tempestività nella loro trattazione, sempre che, dal complesso degli accertamenti probatori espletati, risulti che detto sostituto legittimamente aveva ritenuto di essere stato sollevato dalla trattazione di quei procedimenti. Procedimento n. 28/87 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i dirigenti - Trasmissione da parte del presidente del Tribunale di un’istanza di astensione presentata dal difensore Risposta e contestazione nel merito a parte del giudice interessato - Assenza di intenti irriguardosi - Insussistenza dell’illecito. È escluso l’addebito disciplinare, nel comportamento del magistrato il quale, sull’istanza di un avvocato rappresentante l’opportunità di una sua astensione dalle proprie cause, risponda al presidente che gliela aveva trasmessa, contestando la sussistenza nella specie di ipotesi di astensione richiamando in dettaglio le previsioni del c.p.c. e insieme respingendo l’ipoteizzabilità di un intervento presidenziale su richiesta del difensore. (Nella fattispecie l’incolpato aveva nella risposta, ritenuta dalla Sezione priva di irriguardosi intenti didascalici, segnalato tra i procedimenti da lui trattati con il patrocinio di quel difensore uno 650 in cui era parte il genero del presidente. La sezione ha inteso che ciò avesse fatto unicamente per porre in risalto di non aver sempre agito in piena correttezza, escludendo che avesse voluto adombrare un sospetto di favoritismo da parte del presidente medesimo). Procedimenti nn. 397 e 33/82 - Sentenza dell’8 luglio 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i dirigenti - Accuse di interferenza in procedimenti penali da parte del consigliere pretore dirigente - Buona fede - Esclusione dell’addebito. Non costituisce illecito disciplinare l’avere accusato il proprio consigliere pretore dirigente di indebite interferenze in procedimenti penali in corso, quando ricorrano circostanze obiettive tali da indurre l’incolpato a ritenere in buona fede di difendere in tal modo le proprie prerogative di magistrato, adempiendo altresì ad un preciso dovere di denuncia agli organi competenti. (Nella specie la Sezione ha valorizzato la circostanza: a) che il consigliere pretore pur non occupandosi di affari personali aveva in un intero anno emessa una sola sentenza dibattimentale, una sola sentenza istruttoria ed un solo decreto di archiviazione, tutti concernenti esponenti del mondo politico-amminsitrativo raggiunti dai procedimenti penali iniziati dall’incolpato; b) che il consigliere pretore aveva più volte tentato di allontanare dalla trattazione del penale l’incolpato, invitandolo in una occasione, con provvedimento sicuramente inconsueto, ad astenersi dalla trattazione di un procedimento penale a carico del sindaco). Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i dirigenti - Uffici del p.m. - Disposizione interna che subordina l‘emissione degli ordini di cattura a preventiva autorizzazione del capo dell’ufficio - Sistematica violazione Sussistenza dell’illecito disciplinare. 651 Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato del pubblico ministero che, in presenza di una disposizione interna dell’ufficio, secondo cui gli ordini di cattura debbono essere preventivamente autorizzati e, prima della spedizione, anche vistati dal procuratore della Repubblica aggiunto, sistematicamente emetta detti provvedimenti senza richiedere la previa autorizzazione del capo dell’ufficio e costringa quest’ultimo, in caso di disaccordo, ad emettere un formale provvedimento di revoca. (Nel caso di specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che la risultanza di divergenza di opinioni tra il capo dell’ufficio ed il suo sostituto nell’ambito di singoli fascicoli processuali si traduce in una delegittimazione dello stesso ufficio). Procedimento n. 27/89 - Sentenza del 28 settembre 1990 - Pres. Galloni. Rapporti con i dirigenti - Richiesta di convocazione scritta - Rifiuto di consegnare una nota di formulazione di quesito al dirigente dell’ufficio superiore - Rifiuto di trasmettere fascicoli processuali - Circostanze rilevanti - Insussistenza dell’illecito. Non costituiscono illecito disciplinare: a) la richiesta di essere convocato per iscritto dal magistrato esercente le funzioni di dirigente di una pretura mandamentale se tra questi e l’incolpato esistevano rapporti di tensione e la richiesta di formalizzazione dei rapporti trova riscontro in analoga formalizzazione da parte del dirigente; b) il rifiuto di consegnare l’originale di una nota con la quale veniva formulato al presidente del tribunale un quesito circa la legittimità di un ordine di servizio (in occasione di una breve assenza dall’ufficio il dirigente aveva disposto che non venisse aperta la posta a lui indirizzata) se il dirigente sia già in possesso della risposta a detto quesito (risposta con la quale l’ordine di servizio veniva dichiarato illegittimo) nel quale ovviamente si faceva menzione anche della richiesta; c) il rifiuto di trasmettere al dirigente i fascicoli processuali da lui richiesti, se nel contempo l’incolpato si sia adoperato per fornire tutte le notizie rilevanti relative a detti procedimenti. 652 Procedimento n. 61/90 - Sentenza del 14 dicembre 1990 - Pres. Galloni. Rapporti con i dirigenti - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare l‘invio da parte del sostituto procuratore, delegato per le indagini, dell’avviso previsto dall’art. 6 r.d.l. 28 maggio 1931, n. 602, al capo di un ufficio pubblico nell’ipotesi in cui nei confronti di un impiegato dello stesso ufficio penda procedimento penale, in quanto il potere previsto dal citato art. 6 non può essere considerato espressione del generale potere di natura amministrativa rispetto ai quali sarebbe configurabile e rilevante l’organizzazione gerarchica dell’ufficio bensì, essendo previsto dalle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale e riferito al pubblico ministero competente, appare strettamente correlato a tutta l’attività propriamente processuale che il pubblico ministero medesimo, in forza della delega del capo ufficio, è chiamato a porre in essere nell’ambito del procedimento assegnatogli. 653 654 27 - RAPPORTI CON IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA 655 656 Procedimento n. 62 - Sentenza del 3 luglio 1965 - Pres. Rocchetti. Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Rifiuto del magistrato di sottoporsi a visita medica fiscale - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il rifiuto del magistrato, in mancanza di giustificati motivi, di sottoporsi a visita medica fiscale ritualmente disposta ai sensi dell’art. 3 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511 sulle guarentigie della magistratura. Procedimento n. 83 - Sentenza del 1 febbraio 1965 - Pres; Rocchetti. Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Rifiuto del magistrato di prestare il proprio consenso al trasferimento ad altra sede - Difetto di ragioni tali da imporre il trasferimento - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato di un piccolo centro che si sia rifiutato di aderire all’invito rivoltogli di prestare il suo consenso al trasferimento ad altra sede a seguito di suo matrimonio con persona del luogo, quando non risultino ragioni tali da imporre siffatto trasferimento. 657 Procedimento n. 140 - Sentenza del 5 febbraio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Mancato trasferimento - Lettera di protesta - Gravi necessità familiari Difetto dell’elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito. Il comportamento del magistrato il quale abbia inviato al Consiglio superiore della magistratura una lettera di protesta per non essere stata accolta una sua domanda di trasferimento, non costituisce infrazione disciplinare per mancanza dell’elemento intenzionale, ove il fatto sia stato determinato da gravi necessità familiari che avevano indotto il magistrato a chiedere il cambiamento di sede. Procedimento n. 11/80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Rifiuto da parte di un magistrato di sottoporsi a visita medica fiscale - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’ingiustificato rifiuto, da parte di un magistrato, di sottoporsi a visita medica fiscale disposta dal Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell’art. 3 del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511. Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Reticenza o mendacio nelle informazioni date a corredo di una richiesta d’autorizzazione ad incarico extragiudiziario - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che nel richiedere l’autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura a svolgere un incarico extra-giudiziario sia reticente o mendace nel fornire le informazioni dovute. 658 (Nella specie il pretore di un ufficio con due magistrati aveva affermato che non pendeva procedimenti penali a carico del committente l’incarico extra-giudiziario mentre in realtà a carico di quest’ultimo pendeva procedimento penale assegnato ad altro pretore, ma rilevabile dal registro generale dell’ufficio). 659 660 28 - RAPPORTI CON I PRIVATI 661 662 Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con i privati - Familiarità con persone equivoche - Relazione extraconiugale - Pubblico scandalo - Sussistenza dell’illecito. Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario e commette illecito disciplinare il magistrato che, nel piccolo centro in cui eserciti le funzioni di pretore, frequenti con assiduità un pubblico locale di cattiva fama, vi si trattenga a giocare a bigliardo, familiarizzi con persone equivoche coltivando anche relazioni con la giovane cassiera del bar in modo da determinare il diffondersi della voce che costei sia la sua «mantenuta» e da consentire alla donna di vantare la propria influenza su di lui per atti del suo ufficio. Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i privati - Magistrato sottoposto ad inchiesta Sollecitazione di dichiarazioni che lo scagionino dagli addebiti Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, sottoposto ad inchiesta, tenti di procacciarsi elementi a suo favore sollecitando, perfino in ambienti diversi da quelli giudiziari, la sottoscrizione di una dichiarazione mirante a scagionarlo dagli 663 addebiti mossi contro di lui ed a mettere in rilievo le sue doti. Tale comportamento infatti determina inevitabilmente una lesione di quella pubblica stima dalla quale il magistrato deve essere circondato. Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti con i privati - Amicizia con familiari di imputati Ostentazione del rapporto - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che in pubblico ostenti rapporti confidenziali con familiari di imputati, ricevendo tra l’altro uno di essi in un palco di un teatro di provincia. Procedimento n. 36 - Sentenza del 14 luglio 1962 - Pres. De Pietro. Rapporti con i privati - Amicizia con avvocato pubblicamente disistimato - Sussistenza dell’illecito; Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che nel luogo ove esercita le sue funzioni contragga amicizia con un avvocato alquanto criticato nell’ambiente, frequentando abitualmente sia la casa che lo studio del predetto professionista, si da ingenerare, sia pure a torto, l’opinione che tale frequenza non sia disinteressata. Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro. Rapporti con i privati - Amicizia con persone colpite da condanne infamanti - Ostentazione del rapporto - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che frequenti notoriamente persone di pessima fama, specie se tali rapporti non si estrinsechino in semplici contatti occasionali e superficiali — di per sé riprovevoli —, ma si risolvano in vere e proprie cointeressenze in 664 equivoci affari gestiti nell’interesse comune e se le suddette persone, benché colpite da condanne infamanti, siano trattate pubblicamente con grande dimestichezza e affabilità e presentate ai terzi dal magistrato come suoi parenti. Procedimento n. 56 - Sentenza dell’11 maggio 1963 - Pres. De Pietro. Rapporti con i privati - Reazione all’offesa altrui - Legittimità e proporzione della reazione - Silenzio sulla propria qualità Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che, fuori dell’ufficio, la fine di difendere il suo prestigio di uomo, reagisca con uno schiaffo all’offesa recatagli da un giovane che gli rivolgeva una richiesta con tono di dileggio e di provocazione, una volta accertato che la reazione non eccedette i limiti di una difesa più che legittima e che il magistrato nell’occasione non rivelò la sua qualità per evitare di compromettere in una vicenda privata il prestigio suo e dell’ordine giudiziario. Procedimento n. 71 - Sentenza del 21 dicembre 1963 - Pres. Rocchetti. Rapporti con i privati - Amicizia con un avvocato e con la segretaria - Rapporti intimi tra i due - Ignoranza della relazione Insussistenza dell‘illecito. Non è perseguibile disciplinarmente il fatto del magistrato che si accompagni — per andare a cinema o a pesca — con un avvocato (separato legalmente dalla moglie) e con la di lui segretaria, ove egli non sia a conoscenza dell’esistenza di rapporti intimi tra questi ultimi. Procedimento n. 111 - Sentenza del 29 aprile 1967 - Pres. Rocchetti. 665 Rapporti con i privati - Azioni di rappresaglia nei confronti di terzi Sussistenza dell’illecito - Fattispecie. I componenti dell’ordine giudiziario devono essere oggetto di apprezzamento e di stima per la loro dirittura e per la correttezza del loro comportamento, per cui non può essere approvato chi, potendo far valere contro qualcuno un suo diritto, ricorre invece nei confronti dello stesso ad arbitrarie azioni di rappresaglia. Alla luce di tali principi, costituisce illecito disciplinare, in quanto idoneo a compromettere notevolmente il prestigio dell’ordine giudiziario, il comportamento del magistrato che abbia danneggiato, forandone i copertoni, alcune automobili lasciate in parcheggio nel giardino di una pensione, pur se queste impedivano al magistrato l’accesso con la propria macchina nel garage a lui assegnato. Procedimento n. 63 - Sentenza del 20 maggio 1967 - Pres. Rocchetti. Rapporti con i privati - Amicizia con pregiudicati - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che instauri e mantenga rapporti di amicizia con pregiudicati, già condannati per reati comuni, ricevendoli nel proprio ufficio ed ottenendo dagli stessi donativi e favori. Procedimento n. 123 - Sentenza del 13 luglio 1968 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Sostituto procuratore - Rapporti con la custode del carcere femminile - Rapporti col figlio della custode - Vivo interessamento alle sue vicende giudiziarie - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, esercitando le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica, abbia intrattenuto rapporti di stretta familiarità con la custode di un carcere femminile, nonché con il figlio della medesima coinvolto in varie vicende 666 giudiziarie, alle quali il magistrato abbia preso vivo interessamento, tanto da ingenerare il sospetto di aver nascosto nella propria abitazione il giovane, colpito da ordine di cattura. Infatti, tale comportamento è idoneo a scuotere la fiducia e la considerazione di cui ogni magistrato deve godere e compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario. Procedimento n. 152 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Amicizia con persone di dubbia moralità Richieste successive di attestazioni di stima ad avvocati e al sindaco - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’aver tenuto frequenti rapporti di amicizia con personale di dubbia moralità, specie quando le funzioni giudiziarie sono esercitate in piccolo centro, in quanto il magistrato, nella sua vita di relazione, deve mantenere una condotta tale da non far dubitare la sua indipendenza e deve non soltanto essere, ma anche apparire, corretto e controllato nella scelta delle amicizie, sì da alimentare con il suo comportamento la fiducia nella giustizia e nei giudici. Il comportamento del magistrato che sollecita attestazioni di stima degli avvocati e dal sindaco del luogo ove esercita le funzioni giudiziarie, costituisce illecito disciplinare, in quanto è contrario alla dignità propria di chi, esercitando funzioni giudiziarie, deve dar prova di probità e disinteresse, a garanzia della sua indipendenza. Procedimento n. 146 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Amicizia con un contrabbandiere - Sussistenza dell’illecito. Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario la condotta del magistrato che intrattiene, con persona notoriamente conosciuta dedita al contrabbando, rapporti di confidenziale amicizia ricevendolo 667 nel suo ufficio, sia pure per dargli un consiglio o per dargli assistenza nella ricerca di lavoro per i figli. Infatti, tale comportamento può far sorgere il sospetto che il magistrato nell’esercizio delle sue funzioni non sia imparziale e possa consentire ad un pregiudicato di millantare credito presso di lui, con pregiudizio della fiducia e della considerazione che il magistrato deve godere. Procedimento n. 149 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Amicizia con persone pregiudicate - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che frequenti persone notoriamente pregiudicate ed anche imputate in vari processi di contrabbando da lui stesso istruiti, rendendo così possibili sospetti di parzialità sull’esercizio delle funzioni e compromettendo il prestigio dell’ordine giudiziario. Procedimento n. 159 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Concessione di prestito - Interessi superiori al tasso legale - Sussistenza dell’illecito. Si pone in aperto contrasto con i doveri di correttezza inerenti allo status di magistrato, e ne lede gravemente il decoro, il comportamento del giudice che concede un prestito in denaro, pattuendo una misura di interessi che, pur non potendo definirsi usuraria, sia tale da assicurare al mutuante un vantaggio notevolmente superiore al tasso legale. In questo caso, infatti, l’operazione viene ad assumere le caratteristiche di un atto di speculazione moralmente riprovevole e quindi inconciliabile con il dovere di probabilità del magistrato e con il suo decoro. 668 Procedimento n. 219 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Amicizia con contrabbandiere - Intento di redimere l’amico - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che intrattenga semplici rapporti di amicizia con un noto contrabbandiere da lui conosciuto sin dall’infanzia, specie allorché ricorra l’intento del magistrato di redimere l’amico. Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Fattispecie. Il magistrato non può essere ritenuto responsabile, in sede disciplinare, del comportamento altrui e di azioni da altri commesse a sua insaputa e senza che alle stesse abbia dato concretamente causa od occasione. (Nella fattispecie un ragioniere — risultato poi persona di pochi scrupoli — che aveva ottenuto la nomina a commissario giudiziale in una amministrazione controllata anche a seguito di una segnalazione da parte del magistrato, aveva vantato pubblicamente l’amicizia con il magistrato stesso). Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Rapporti di familiarità con avvocati Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia con alcuni avvocati rapporti di familiarità nelle relazioni sociali quando a tali rapporti non corrisponde altrettanta familiarità e condiscendenza nell’attività professionale. 669 Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti con i privati - Fattispecie. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che riceva nella propria abitazione due studenti appartenenti al movimento studentesco, e da lui apprezzati «per la loro fede e la loro dedizione», senza che risulti provato che il magistrato stesso conoscesse che i due erano giunti da Roma al fine di fomentare il malcontento degli operai, tanto che in effetti il giorno successivo effettuarono uno sciopero. Procedimento n. 255 - Sentenza del 25 settembre 1974 - Pres. Bosco. Rapporti con i privati - Comportamento che legittimi sospetti di correità nell’ipotesi di appropriazione di somme di denaro - Sussistenza dell’illecito. Pone in essere un comportamento tale da compromettere gravemente il prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che, con leggerezza tanto grave da legittimare sospetti di correità, dia modo ad alcuno di appropriarsi di somme di denaro in danno di altri. Procedimento n. 14/80 - Sentenza del 16 ottobre 1981 - Pres. De Carolis. Rapporti con i privati - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito. È incompatibile con lo standard minimo di serietà richiesto ad ogni magistrato che questi, ricevuta una donna sulla cui condotta nutre dubbi e che intercede per la libertà personale di un detenuto, assuma nei di lei confronti un atteggiamento inammissibilmente confidenziale, giungendo sino a darle del tu ed a discorrere di argomenti futili ed estranei al suo ufficio, e ciò nonostante che la stessa donna, sin dalle prime battute del colloquio, gli si era offerta 670 in modo scopertamente allusivo, e quindi, gli aveva manifestato il proposito di fargli dono di un oggetto d’argento. Deve in un caso del genere quantomeno porsi termine rapidamente all’incontro con un atteggiamento di severo e drastico distacco al fine di impedire l’approccio avvilente della donna al suo pur serio e sofferto problema e richiamarla alle regole della funzione ed al sistema di valori che a queste presiedono del tutto incompatibili con il clima che ella intendeva instaurare. Procedimenti nn. 271 e 420 - Sentenza del 10 gennaio 1983 Pres. Galasso. Rapporti con i privati - Fattispecie - Illiceità disciplinare. Costituisce illecito disciplinare l’aver incolpato intrattenuto per anni rapporti amichevoli con persona che sapeva essere uomo di fiducia e consulente fiscale di un noto mafioso. L’illecito è reso ancora più grave dall’essere l’incolpato, in quanto magistrato, investito dell’incarico di consulente della commissione antimafia. Procedimenti nn. 271 e 420 - Sentenza del 10 gennaio 1983 Pres. Galasso. Rapporti con i privati - Fattispecie - Illiceità disciplinare. Commette illecito disciplinare il magistrato, consulente della commissione antimafia, che accetti regali anche in cospicue somme di denaro da parte dell’uomo di fiducia di un noto mafioso, venendosi con ciò a porre in condizioni di soggezione e riconoscenza. Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i privati - Frequentazione di ristoranti gestiti da soggetti interessati a procedimenti giudiziari - Dimostrata influenza sull’attività professionale del magistrato - Insussistenza dell’illecito. 671 Non commette illecito disciplinare il pretore mandamentale che frequenti ristoranti gestiti da soggetti interessati a procedimenti giudiziari penali o civili, già definiti i primi o pendenti avanti il proprio ufficio i secondi, quando l’attività professionale non ne resti influenzata. (Nella specie il magistrato aveva addotto a sua giustificazione che gli altri ristoranti del luogo o erano igienicamente carenti o erano gestiti da persone con procedimenti penali pendenti a carico). Procedimento n. 59/86 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i privati - Discutibilità sociale di persone frequentate Rilevanza disciplinare - Limiti. Per attingere il livello della censurabiltà disciplinare non è sufficiente l’esistenza di un rapporto di mera conoscenza tra un magistrato e persona discutibile per qualità proprie — precedenti penali — o per le relazioni che a sua volta coltiva, ma occorre che il rapporto si estrinsechi quanto meno in abitualità e costanza di frequentazioni. Ciò è tanto più necessario quanto più generica e labile è la discutibilità sociale delle qualità del conoscente. Procedimento n. 55/85 - Sentenza del 25 settembre 1987 - Pres. Brutti. Rapporti con i privati - Incauta operazione finanziaria - Fattispecie Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare affidare ad una persona notoriamente pregiudicata una cospicua somma per un investimento ad interesse altamente remunerativo, senza previamente accertare che la stessa fosse persona affidabile ed incensurata ed accettando che l’operazione finanziaria si connotasse per anomale modalità attuative. 672 Procedimento n. 41/88 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i privati - Amicizia con persone implicate in grave vicenda penale - Rapporto superficiale e sporadico - Insussistenza dell’illecito. Non è disciplinarmente rilevante l’amicizia con persona implicata in una grave vicenda penale purché rimanga sostanzialmente estranea sia all’ambito giudiziario, sia alla normale vita di relazione dell’incolpato, connotandosi invece per una marcata sporadicità e superficialità. (Nella specie la Sezione ha sottolineato come non risultasse che la persona implicata nella vicenda penale, nei periodi di vacanze trascorsi nella stessa località con l’incolpato e nei successivi saltuari e brevi incontri con il medesimo incolpato, si fosse comportato in maniera tale da giustificare ragionevolmente sospetti sulla sua attività illecita). Procedimento n. 8/89 - Sentenza del 23 marzo 1990 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i privati - Sottoscrizione di contratto pubblicitario in favore di società sportiva presieduta dal magistrato - Conoscenza pregressa dell’imputato nella qualità di pretore - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare, per le implicazioni negative sul ruolo e sull’immagine del giudice (nella specie il pretore del luogo), avere contatti con un imprenditore, conosciuto per la prima volta in occasione dell’aggiudicazione dell’appalto dei lavori di costruzione della nuova pretura, allo scopo di concludere un contratto pubblicitario in favore di una società sportiva presieduta dal medesimo magistrato. Procedimento n. 38/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres. Mirabelli. Rapporti con i privati - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito disciplinare. 673 Viola i doveri del giudice e compromette l’immagine che ogni magistrato deve avere nell’ambiente in cui opera, colui che intrattiene rapporti di amicizia e frequentazione con un pregiudicato. 674 29 - RAPPORTI CON LA POLIZIA 675 676 Procedimento n. 47 - Sentenza del 28 luglio 1962 - Pres. De Pietro. Rapporti con la polizia - Colloquio nell’ufficio con ufficiale dell’arma dei carabinieri - Espressioni offensive e minacciose udibili dall’esterno - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nel proprio ufficio, a voce alta ed eccitata udibile dall’esterno, rivolga ad un ufficiale dell’arma dei carabinieri, recatosi in detto ufficio per ragioni di servizio, espressioni offensive e minacciose, anche se spiegabili sul piano umano in rapporto ad alcuni pettegolezzi addebitabili all’ufficiale che coinvolgevano la posizione dello stesso magistrato. Procedimento n. 142 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti con la polizia - Ordine emesso da magistrato incompetente Mancata osservanza - Minaccia di applicazione dell’art. 229 c.p.p. - Esigenze dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, nell’esercizio delle funzioni di consigliere istruttore in materia penale, abbia, con note dirette ai comandanti della 677 compagnia, del gruppo interno e della Brigata dei carabinieri, minacciato l’applicazione delle sanzioni disciplinari previste dall’art. 229 c.p.p. per mancata esecuzione di un ordine che non poteva essere da lui impartito e concernente il servizio di vigilanza nell’ufficio d’istruzione, ove il fatto sia stato determinato dalla giustificata preoccupazione del magistrato per l’improvvisa interruzione di tale servizio, in precedenza per molti anni sempre assicurato, e per il ripetersi di episodi di intolleranza e di violenza verificatisi nello stesso ufficio in assenza di un tutore dell’ordine. Procedimento n. 72/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres. Mirabelli. Rapporti con la polizia - Reati in materia edilizia - Direttive in tema di apposizione di sigilli - Richiesta di verbale di constatazione sullo stato della costruzione - Liceità. Non costituisce illecito disciplinare l’emanazione da parte del pretore di una circolare, diretta ai comandi-stazioni dei C.C. del proprio mandamento, con la quale, non si vietava agli stessi l’uso dei sigilli all’atto della constatazione di reati per violazione alle norme edilizie, ma si sollecitava la predisposizione di un verbale di constatazione dello stato della costruzione al fine di assicurare una maggiore tutela della conservazione dello stato dei luoghi in relazione ad una situazione caratterizzata dall’insufficienza dei sigilli stessi rispetto al fine cui la loro apposizione era preordinata. Procedimento n. 56/89 - Sentenza del 18 maggio 1990 - Pres. Mirabelli. Rapporti con la polizia - Ritardo ingiustificato (otto giorni) nel denunciare all’autorità competente l’autore di gravi minacce subite - Fattispecie- Sussistenza dell’illecito disciplinare. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, ricevute gravi minacce di tipo mafioso, afferenti la sua funzione pubblica e la sua qualifica, occulta il fatto, per otto giorni, alle 678 autorità che su di esso dovrebbero indagare, non potendo egli rinunziare, pregiudizialmente, a che gli organi dello Stato siano messi in grado di operare tempestivamente e ricercare il colpevole, né pregiudicare e vanificare, con il trascorrere del tempo, i possibili esiti dell’indagine impedendo, fra l’altro, un pronto riesame delle misure di sicurezza predisposte in suo favore e non collaborando con il servizio di scorta che doveva essere prontamente allertato nel suo interesse e di quello degli uomini addetti al servizio (nella specie non è stata ritenuta sufficiente la tempestiva ed esclusiva comunicazione del fatto, da parte del magistrato minacciato, all’alto commissario antimafia e la circostanza che quest’ultimo avesse immediatamente informato l’autorità competente per le indagini e per l’adozione di misure di sicurezza). Procedimento n. 30/90 - Sentenza del 22 giugno 1990 - Pres. Mirabelli. Rapporti con la polizia - Atteggiamento di animosità e risentimento nei confronti di un funzionario della squadra mobile - Fattispecie - Insussistenza del fatto. Non costituisce illecito disciplinare, sotto il profilo della violazione dei doveri di correttezza, il comportamento del magistrato che, rivolgendosi ad un funzionario di polizia, gli abbia dichiarato: «va bene, dottore, ne riparleremo» e non già «ne riparleremo» (espressione, quest’ultima, dal possibile significato minatorio, rivelante, come tale, un’animosità ed un risentimento non conformi ai doveri di correttezza del magistrato). 679 680 30 - RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 681 682 Procedimento n. 300 - Sentenza del 4 giugno 1974 - Pres. Bosco. Rapporti con la pubblica amministrazione - Uso di espressioni ironiche e volgari in un esposto - Sussistenza dell’illecito. Rapporti con la pubblica amministrazione - Uso di espressioni ironiche e volgari in un esposto - Stato di estremo disagio morale del magistrato - Minore gravità dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare l’uso di espressioni ironiche e volgari, da parte del magistrato, in una lettera inviata ad un ente pubblico, uso che già censurabile sul piano dei normali rapporti umani, non potendosi mai prescindere da una elementare esigenza di correttezza nel caso di un appartenente all’Ordine giudiziario, il quale, per il prestigioso connesso alle sue funzioni, ha il dovere di serbare, in ogni circostanza, un comportamento dignitoso e irreprensibile. Le eventuali circostanze addotte, indicative di uno stato di estremo disagio morale del magistrato, devono essere considerate per una migliore comprensione del fatto. Procedimento n. 230 - Sentenza del 26 ottobre 1979 - Pres. Bachelet. Rapporti con la pubblica amministrazione - Interessamento a favore di un candidato in un concorso comunale - Manifestazione di propositi di rappresaglia a seguito della bocciatura del raccomandato - Illecito disciplinare - Sussistenza. 683 Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che si interessi in favore di un candidato in un concorso bandito da un comune ed, avendo appreso che il suo raccomandato non è risultato vincitore, abbia reagito irosamente, manifestato propositi di rappresaglia. Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con la pubblica amministrazione - Ritardato pagamento di assegni dovuti - Reclamo al direttore dell’ufficio provinciale del tesoro - Uso di espressioni offensive e minacciose - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che usa espressioni offensive e minacciose in due lettere indirizzate al direttore dell’ufficio provinciale del tesoro per reclamare in ordine al ritardato pagamento di assegni dovuti. Infatti anche il magistrato ha il diritto di avvalersi — come ogni cittadino — dei rimedi che la legge consente contro gli errori o le omissioni degli organi della pubblica amministrazione, ma tale diritto deve essere esercitato nei limiti della difesa e senza trascendere in espressioni tracotanti e minacciose proprio per la funzione di tutela dell’ordine e della legalità che l’ordinamento giuridico affida agli appartenenti all’ordine giudiziario. Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti con la pubblica amministrazione - Invito ad usare una propria invenzione - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore, il quale invii una circolare a tutti i sindaci del mandamento invitandoli all’uso dei mattatoi di pistole a proiettile captivo per la macellazione eutanasica degli animali e che poi si interessi personalmente nel proprio ufficio della vendita di pistole di tale tipo. 684 31 - RAPPORTI DEI DIRIGENTI CON I MAGISTRATI 685 686 Procedimento n. 131 - Sentenza del 27 novembre 1967 - Pres. Rocchetti. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Poteri di sorveglianza del presidente di tribunale - Ambito - Finalità di conservazione e tutela del prestigio dell’ordine giudiziario - Limite dell’autonomia della decisione giurisdizionale - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito. Non commette illecito disciplinare il presidente del tribunale che, a norma dell’art. 14 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 515, eserciti il potere-dovere di sorveglianza sui magistrati del circondario al fine di garantire che l’amministrazione della giustizia sia esercitata con regolarità e serietà, ed i giudici conservino, per rettitudine di vita e per imparzialità ed autonomia di giudizio, il prestigio che si conviene all’esercizio di una funzione sovrana dello Stato. L’esercizio di tale potere-dovere, che non richiede forme prestabilite e trova l’unico limite nella salvaguardia della libertà del giudice e dell’autonomia della sua decisione, si rivela maggiormente proficuo ed opportuno quando è diretto a prevenire un’irregolarità o un qualsiasi inconveniente in genere, che può insorgere nell’amministrazione della giustizia. Pertanto il capo dell’ufficio giudiziario può, fra l’altro, chiedere informazioni sulla trattazione di una causa e sui provvedimenti che vengono adottati a rivolgere al giudice i suggerimenti che ritiene opportuni per assicurare il regolare e sereno svolgimento del processo; inoltre, può, ed in alcuni casi deve, informare il giudice delle lagnanze che gli siano state rivolte dalle 687 parti alla fine di accertare la veridicità e di adottare i provvedimenti che si ravvisino opportuni a seconda delle circostanze; deve, infine, informare il capo dell’ufficio giudiziario superiore dei fatti che, a suo giudizio, assumono maggiore rilevanza. Procedimento n. 170 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres. Amatucci. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Poteri di sorveglianza del presidente della corte d’appello - Ispezioni, richieste di informazioni, circolari. L’art. 101 della Costituzione secondo cui i magistrati ordinari si distinguono secondo le funzioni non esclude che le funzioni siano tra loro graduate secondo l’importanza che esse hanno nello stesso ordine del processo e non postula affatto che ai magistrati venga riconosciuta una posizione di assoluta parificazione; tale parificazione esiste, in relazione all’art. 101 della Costituzione, solo per quanto riguarda l’esercizio delle funzioni istituzionali e gli atti ai quali esse si ricollegano, non anche in relazione alla posizione soggettiva, che al di fuori delle predette funzioni, i magistrati assumono nell’ordinamento giudiziario, nel quale ovviamente, in vista della crescente importanza delle funzioni in rapporto alle fasi del processo, sono connessi, affidamenti di incarichi obiettivi e titolarità di uffici. L’art. 14 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, disponendo che il presidente della corte di appello esercita la sorveglianza sugli uffici del distretto, pone nell’ambito del distretto quale che sia il significato da assegnare al termine «sorveglianza», al vertice della piramide il presidente della Corte di appello che si trova quindi in posizione di sopraordinazione rispetto agli altri magistrati del distretto che vengono a trovarsi, quindi, in condizione di subordinazione. La sorveglianza sugli uffici del distretto da parte del presidente della Corte di appello si attua, anzitutto con ispezioni dirette ma può attuarsi anche attraverso canali permanenti di informazioni e di notizie oppure eseguendo controlli sul modo con cui vengono trattati determinati affari e sull’andamento dell’ufficio in generale e, in particolare, anche attraverso circolari che mirino ad assicurare il migliore svolgimento dell’attività giurisdizionale. 688 Il presidente della corte di appello nell’esercizio dei poteri di sorveglianza ha il diritto di inviare ai tribunali e ai pretori dipendenti una circolare contenente disposizioni dirette ad evitare il verificarsi della estinzione per prescrizione di reati prevedendo l’apposizione sulla copertina dei fascicoli processuali di un segno, che indichi essere l’imputato detenuto, od un timbro, che indichi l’epoca in cui il resto si estinguerà per prescrizione. Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Potere di sorveglianza del presidente della corte di appello - Invito all’osservanza delle leggi. Rientra nell’esercizio del potere di sorveglianza, attribuito al presidente della corte di appello dall’art. 14 della legge sulle guarentigie della magistratura, la formulazione di un invito all’osservanza delle regole stabilite per la motivazione delle sentenze al fine di impedire il verificarsi di deviazioni ed abusi. Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Fascicoli personali presso la corte di appello - Contenuto. I fascicoli personali dei magistrati, formati e conservati presso le corti di appello in base alle disposizioni contenute nell’art. 70 e segg. del regolamento generale giudiziario approvato con R.D. 14 dicembre 1865, n. 2641, per essere regolari devono contenere soltanto copia degli atti esistenti nel fascicolo personale conservato presso il Consiglio superiore della magistratura da tenersi con le modalità e in base alle norme dettate dall’art. 55 dello statuto degli impiegati civili dello Stato e dagli artt. 24 segg. D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 applicabili anche ai magistrati. 689 Procedimento n. 227 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Fascicoli personali - Contenuto - Limiti. I fascicoli personali dei magistrati formati e conservati presso le corti di appello in base alle disposizioni contenute negli artt. 70 e segg. del regolamento generale giudiziario approvato con R.D. 14 dicembre 1865, n. 2641, per essere regolari debbono soltanto contenere copia degli atti esistenti nel fascicolo personale conservato presso il Consiglio superiore della magistratura, da tenersi con le modalità e in base alle norme dettate dall’art. 24 e segg. del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, applicabili anche ai magistrati. Essendo infatti unico il fascicolo personale, quello conservato presso la corte di appello non può avere un diverso contenuto. Se tenuto in modo regolare esso appare non solo legittimo ma utile per i consigli giudiziari, designati dalla legge in più occasioni ad esprimere pareri sul conto dei magistrati. Procedimenti nn. 33 e 34/89 - Sentenza del 26 ottobre 1990 Pres. Galloni. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Presidente di sezione - Dovere di sorveglianza - Fattispecie. Non costituisce illecito disciplinare l’omessa sorveglianza del presidente di sezione sull’attività di fissazione dei dibattimenti delegata (verbalmente) a un magistrato della sezione stessa nello svolgimento di detta attività non sia configurabile alcuna violazione di doveri deontologici. Procedimento n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres. Galloni. Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Pubblico atteggiamento di immotivata critica nei confronti di altro magistrato addetto all’ufficio - Responsabilità disciplinare - Sussistenza. 690 Compie abuso dei propri poteri e viola il dovere di correttezza verso l’altro collega, commettendo illecito disciplinare, il magistrato — pretore dirigente — che in una pubblica riunione, cui partecipino altri magistrati, avvocati del foro e personale di cancelleria, tenga un immotivato atteggiamento di critica e di rimprovero nei confronti di uno dei magistrati addetti all’ufficio. 691 692 32 - RAPPORTI FAMILIARI ED EXTRACONIUGALI 693 694 Procedimento n. 61 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale, essendo coniugato ed avendo contratto relazione intima con donna coniugata e separata dal marito, abbia convissuto con lei notoriamente more uxorio, ed abbia inoltre presentato la convivente come sua moglie. Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro. Rapporti familiari ed extraconiugali - Sorella di un imputato Magistrato che la riceve spesso in ufficio - Sussistenza dell’illecito. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che essendo ammogliato con prole, abbia spesso ricevuto in ufficio la sorella di un imputato separata di fatto dal marito per fini probabilmente illeciti. Procedimento n. 6 - Sentenza del 10 giugno 1961 - Pres. De Pietro. 695 Rapporti familiari ed extraconiugali - Rapporti con la moglie Comportamento ingiurioso e violento - Sussistenza dell’illecito. Si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere chi appartiene all’ordine giudiziario — e nel contempo compromette il prestigio dell’ordine — il magistrato che si abbandoni a frequenti e clamorosi litigi con la moglie, usando, nei suoi confronti, un linguaggio volgare ed ingiurioso; non esiti, talvolta, a trascendere anche pubblicamente a vie di fatto; mantenga sotto il tetto coniugale una relazione intima con la propria domestica incontrandosi con lei negli alberghi della città e mostrandosi talvolta a passeggio con la medesima per le strade cittadine. Procedimento n. 14 - Sentenza del 25 novembre 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito - Mancanza di notorietà - Irrilevanza. Commette illecito disciplinare il magistrato che, essendo coniugato, abbia convissuto more uxorio per molti anni con altra donna pure coniugata, procreando con lei un figlio, e presentandola ai colleghi ed ai terzi come sua legittima moglie ed abbia, nel corso di tale convivenza iniziato una seconda relazione adulterina con altra donna, pure coniugata, alla quale prestava anche assistenza nel giudizio di separazione personale dal marito. Né l’eventuale difetto di notorietà di siffatta condotta irregolare potrebbe valere a rendere il fatto non punibile sotto il profilo disciplinare poiché anche la vita intima e familiare del magistrato deve — di per sé — uniformarsi ad una rigorosa austerità conforme al prestigio dell’elevatissima funzione che gli è affidata. Procedimento n. 30 - Sentenza del 9 dicembre 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti familiari ed extraconiugali - Condotta privata - Relazione adulterina - Obblighi di assistenza al coniuge - Inosservanza 696 Sussistenza dell’illecito - Giudizio di altre persone sulla condotta del magistrato - Apprezzamento sfavorevole - Necessità Insussistenza. L’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, pone a carico del magistrato l’obbligo di tenere, anche in privato, una condotta di vita ispirata a tale probità da renderlo meritevole di fiducia e di considerazione da parte dei membri della comunità in seno alla quale egli è chiamato a svolgere le proprie delicatissime funzioni. Il vigente ordinamento statuale assegna al magistrato il compito di giudicare l’operato dei membri della comunità organizzata e di decidere del destino di essi e, insieme, delle loro famiglie. In vista di ciò egli risulta collocato su un piano che idealmente sovrasta quello su cui vengono a trovarsi i destinatari delle sue decisioni. Per potere, quindi, degnamente serbare una posizione intersubjettiva tanto elevata il giudice ha il dovere di informare costantemente la propria condotta, anche privata, a regole di assoluta ineccepibilità: solo a questa condizione i membri del gruppo associato potranno vedere in lui il legittimo detentore di una potestà, per certi aspetti sovrumana, che altrimenti gli dovrebbe essere negata. Pertanto, commette illecito disciplinare il magistrato che tenga una relazione adulterina e si sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla sua qualità di coniuge, e ciò perché in tal modo egli si rende immeritevole di fiducia e di stima da parte della collettività in seno alla quale è stato destinato a svolgere le funzioni giudiziarie. E perché nel fatto possa riscontrarsi l’illecito disciplinare di cui all’art. 18 del R.D.L. n. 511/1946, non si richiede il preventivo accertamento che la condotta privata del magistrato abbia di fatto suscitato apprezzamenti sfavorevoli tra determinate persone, essendo invece sufficiente l’idoneità di tale condotta a suscitare giudizi di disvalore, secondo i parametri della comune sensibilità. Procedimento n. 38 - Sentenza del 9 dicembre 1961 - Pres. De Pietro. Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Sussistenza dell’illecito - Riservatezza - Rilevanza ai fini della sanzione. 697 Il comportamento del magistrato che intrattenga una relazione adulterina costituisce, di per sé, fatto non commendevole perché idoneo a rendere il magistrato immeritevole della considerazione di cui deve godere ed a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario. Tuttavia, in sede disciplinare, tale condotta può essere punita con la sanzione minima ove risulti che la relazione adulterina sia stata circondata da assoluta riservatezza, che il magistrato non abbia fatto mancare alla moglie (da lui separata consensualmente) ed ai figli i mezzi di sussistenza, e si sia — proprio al fine di evitare pubblicità alla sua convivenza more uxorio con altra donna e quindi ripercussioni sul proprio prestigio — trasferito in una città grande e molto distante dalla residenza della moglie e da quella del marito della concubina. Procedimento n. 36 - Sentenza del 14 luglio 1962 - Pres. De Pietro. Rapporti familiari ed extraconiugali - Magistrato coniugato - Relazione adulterina - Pubblico scandalo - Sussistenza dell’illecito. Commette illecito disciplinare il magistrato che, nel luogo ove esercita le sue funzioni, pur essendo coniugato con figli, tenga una relazione amorosa con una ragazza diciottenne, con la quale pernotti anche in un pubblico esercizio ed usi incontrarsi con lei quasi quotidianamente in un vicino comune, così da trascurare gravemente il servizio e da suscitare pubblico scandalo e generale riprovazione. Procedimento n. 82 - Sentenza dell’8 maggio 1965 - Pres. Rocchetti. Rapporti familiari ed extraconiugali - Rapporti con la moglie - Condotta vessatoria - Sussistenza dell’illecito - Fattispecie. Commette illecito disciplinare il magistrato il quale tenga una condotta non consona al normale svolgimento della vita familiare: a) producendo più volte lesioni alla moglie; b) somministrandole mezzi insufficienti per il mantenimento suo e dei figli, tanto da ridurla in 698 grave stato di denutrizione; c) tentando di farla ricoverare in manicomio e a questo scopo chiedendo inutilmente a un sanitario un certificato attestante la sua infermità mentale; d) minacciando di sporgere denunzia per abbandono del tetto coniugale nei confronti della moglie, al fine di impedire l’attuazione del suo proposito di ricoverarsi in ospedale per curare il proprio stato di denutrizione. Procedimento n. 125 - Sentenza del 13 marzo 1969 - Pres. Amatucci. Rapporti familiari ed extraconiugali - Magistrato separato dalla moglie - Convivenza stabile con altra donna - Riservatezza - Cura della famiglia legittima - Insussistenza dell’illecito. La convivenza more uxorio di un magistrato, legalmente separato dalla propria moglie, con una donna anch’essa legalmente separata dal coniuge, non costituisce illecito disciplinare, quando abbia dato luogo alla costituzione di un nuovo stabile nucleo familiare e sia stata circondata da riservatezza, e quando il magistrato abbia provveduto ad assicurare alla moglie separata ed ai figli legittimi una vita consona alle sue condizioni sociali. Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Mancanza di riservatezza - Sussistenza dell’illecito. Compromette il proprio prestigio e conseguentemente quello dell’ordine giudiziario, il magistrato che contragga una relazione adulterina senza mantenere la necessaria riservatezza e manifestando anzi, con riprovevole contegno in pubblico, l’esistenza della relazione. (Nella fattispecie il magistrato, avendo conosciuto in occasione di un procedimento giudiziario da lui istruito una donna, già madre di due giovani figli e convivente con il marito, aveva contratto una relazione adulterina senza considerare che, sia per il ceto sociale al quale la donna apparteneva sia per la convivenza di quest’ultima con il marito 699 e con i figli, la relazione non poteva non diventare presto o tardi di pubblica conoscenza). Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres. Amatucci. Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina Incostituzionalità della disciplina penale - Irrilevanza in sede disciplinare. La relazione adulterina contratta da un magistrato ben può costituire, per le modalità e le origini da cui ha avuto causa, illecito disciplinare, in quanto, anche se la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le norme penali attinenti all’adulterio e alla relazione adulterina, non solo dalla comune morale, ma anche dalle norme del codice civile, sia l’adulterio che la relazione adulterina vengono considerati elementi di profondo turbamento dell’ordine e della morale della famiglia. Procedimento n. 259 - Sentenza del 23 ottobre 1974 - Pres. Bosco. Rapporti familiari ed extraconiugali - Insussistenza del pubblico scandalo - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia contratto una relazione extraconiugale, quando la detta relazione non sia diventata di pubblico dominio e, in ogni caso, non abbia compromesso il prestigio dell’ordine giudiziario o per le particolari modalità contrarie al comune sentimento della moralità civile o per lo scandalo suscitato nell’ambiente. (Nella fattispecie si trattava di una relazione, nata fra due persone con rapporti coniugali già falliti, e tale da precludere correttamente alla costituzione di una nuova famiglia). Procedimento n. 410 - Sentenza del 20 aprile 1979 - Pres. Bachelet. 700 Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Mancanza di notorietà - Insussistenza dell’illecito. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che abbia contratto una relazione extraconiugale fuori dell’ambiente in cui esercita le funzioni ed in questo non nota, la quale pertanto, non ha inciso sulla stima e sulla considerazione di cui egli deve essere circondato. (Nella specie, si trattava di una relazione more uxorio coltivata dall’incolpato in sede diversa da quella di lavoro ed ivi completamente ignorata). Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti familiari ed extraconiugali - Accuse di immoralità rivolte alla moglie ed alle figlie - Illecito disciplinare - Sussistenza. Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che, in più occasioni, accusi pubblicamente la moglie di adulterio e le figlie di non tenere una condotta illibata. Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti familiari ed extraconiugali - Mancato pagamento, da parte di un magistrato, dell’assegno di mantenimento fissato, a favore dei figli, da un provvedimento giudiziale - Illecito disciplinare Sussistenza. Il comportamento del magistrato che, pur avendone la possibilità, si astenga dall’eseguire prontamente l’ordinanza del giudice di corrispondere ai figli l’assegno di mantenimento e si faccia, perciò, assoggettare ad atti di esecuzione forzata, costituisce illecito disciplinare, non avendo, al riguardo, alcuna efficacia discriminante la circostanza, alligata dall’incolpato, che l’ammontare del suddetto assegno sarebbe stato largamente compensato da una donazione immobiliare compiuta dall’incolpato a favore della consorte. 701 Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti. Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina Riservatezza - Illecito disciplinare - Insussistenza. Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato coniugato che intrattenga una relazione extraconiugale, la quale, per il riserbo da cui è circondata, non sia idonea a compromettere il prestigio dello stesso magistrato. 702 33 - RESIDENZA 703 704 Procedimento n. 31 - Sentenza del 15 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Residenza - Prolungata violazione dell’obbligo - Abbandono totale dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito - Sanzione della rimozione. Si dimostra assolutamente privo di senso morale e di attaccamento al dovere, così da meritare l’estrema sanzione disciplinare della rimozione, il magistrato responsabile del quinquennale inosservanza dell’obbligo della residenza; dell’abbandono totale, per circa quattro mesi, del proprio ufficio; del sistematico affidamento di questo al vice pretore onorario; della mancata risposta a precise e personali lettere, di carattere urgente, del presidente del tribunale; di intollerabili ritardi nel deposito dei provvedimenti giudiziari, con conseguente lesione degli interessi di professionisti e di privati. Tale comportamento è ulteriormente censurabile se l’incolpato non mostra alcun concreto ravvedimento teorizzando la libertà del magistrato di essere fisicamente lontano dal proprio ufficio. Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Residenza - Allontanamento dalla sede di un presidente di tribunale Delega dei provvedimenti presidenziali urgenti - Sussistenza dell’illecito. 705 Non vale ad escludere l’illecito disciplinare per violazione dell’obbligo della residenza la circostanza che il magistrato, presidente di tribunale, abbia delegato al giudice anziano l’emanazione dei provvedimenti presidenziali urgenti da emettersi durante la sua assenza. Tale delega comporta anzi abdicazione alle proprie funzioni e violazione dei doveri propri del presidente dirigente. Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Residenza - Violazione dell’obbligo - Difficoltà di reperire un alloggio decoroso nel comune sede dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito. Non elimina, ma può soltanto attenuare la responsabilità disciplinare per violazione dell’obbligo della residenza, la circostanza che il magistrato abbia difficoltà di reperire un alloggio decoroso nel comune sede dell’ufficio. Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De Pietro. Residenza - Violazione dell‘obbligo - Presenza in sede per i soli adempimenti d’ufficio - Sussistenza dell’illecito. Non esclude, ma attenua soltanto la responsabilità disciplinare per violazione dell’obbligo di residenza la circostanza che il magistrato, presidente di tribunale, presieda tutte le udienze civili e qualche udienza penale, recandosi nella sede del tribunale soltanto per due o tre giorni alla settimana. Procedimento n. 48 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De Pietro. Residenza - Assenza dalla sede - Tentativo di occultamento - Sussistenza dell’illecito. 706 Commette illecito disciplinare il magistrato che, al fine di evitare che la propria assenza dalla sede venga rilevata a seg