MANUALE DELL’UDIENZA DISCIPLINARE
Anno 7 - Numero 52 - Aprile 1992 - Mensile - Sped. Abb. Post. gr. III 70%
MANUALE DELL’UDIENZA
DISCIPLINARE
Legislazione e massime della sezione disciplinare
aggiornate al dicembre 1990
C.S.M.
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QUADERNI DEL
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Anno 1992, Numero 52
Pubblicazione interna per l’Ordine Giudiziario
a cura dall’ufficio Studi e Documentazione
Finito di stampare nel mese di aprile 1992
presso la International Publishing Enterprises S.r.l.
INDICE
Costituzione della Repubblica Italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Legislazione Disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
Massimario delle Decisioni della Sezione Disciplinare
del Consiglio Superiore della Magistratura - Sommario - . . . . . 75
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Costituzione della Repubblica Italiana
PRINCIPI FONDAMENTALI
1. – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e
nei limiti della Costituzione.
2. – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge
la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale.
3. – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
4. – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro
e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra
al progresso materiale o spirituale della società.
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5. – La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più
ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi
della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
6. – La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze
linguistiche.
7. – Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio
ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le
modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono
procedimento di revisione costituzionale.
8. – Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti
alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di
organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con
l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di
intese con le relative rappresentanze.
9. – La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca
scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione.
10. – L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme
del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in
conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo
esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione
italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le
condizioni stabilite dalle legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
11. – L’italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
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controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli
altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento
che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
12. – La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde,
bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
PARTE I
DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
TITOLO I
Rapporti civili
13. – La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
perquisizione personale, nè qualsiasi altra restrizione della libertà
personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli
casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente
dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare
provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro
quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida
nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi
di ogni effetto.
E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque
sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi
della carcerazioni preventiva.
14. – Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri
se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie
prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità
pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
15. – La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni
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altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato
dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
16. – Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in
qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la
legge stabilsce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica
e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.
17. – I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e
senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto
preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle
autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di
sicurezza o di incolumità pubblica.
18. – I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge
penale.
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono,
anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di
carattere militare.
19. – Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede
religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne
propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè
non si tratti di riti contrari al buon costume.
20. – Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto
d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali
limitazioni legislative, nè di speciali gravami fiscali per la sua
costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
21. – Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
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Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato
dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla
stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle
norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il
tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della
stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria,
che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare
denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle
ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo
d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano
resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le
altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce
provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
22. – Nessuno può essere privato, per motivi politici, della
capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
23. – Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge.
24. – Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti
e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del
procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per
agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli
errori giudiziari.
25. – Nessuno può essere distolto dal giudice naturale
precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia
entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei
casi previsti della legge.
26. – L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto
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ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.
27. – La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso
di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle
leggi militari di guerra.
28. – I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici
sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e
amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi
la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
TITOLO II
Rapporti etico-sociali
29. – La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
30. – E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed
educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano
assolti loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela
giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia
legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
31. – La Repubblica agevola con misure economiche e altre
provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti
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relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli
istituti necessari a tale scopo.
32. – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite
agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento
sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun
caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
33. – L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di
educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali
che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro
alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni
di scuole statali.
E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e
gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione
all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il
diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi
dello Stato.
34. – La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita
per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio,
assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite
per concorso.
TITOLO III
Rapporti economici
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35. – La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed
applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali
intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabilti
dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.
36. – Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata
alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite, e non può rinunziarvi.
37. – La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavori,
le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di
lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata
protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e
garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di
retribuzione.
38. – Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi
necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi
adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia,
invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e
all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.
39. – L’organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro
registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
E’ condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati
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sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono,
rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare
contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli
appartamenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
40. – Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che
lo regolano.
41. – L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè
l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali.
42. – La proprietà è pubblica o privata. I beni economici
appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che
ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo
di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e
salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima
e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
43. – A fini di utilità generale la legge può riservare
originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo
indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o
di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si
riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a
situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse
geneale.
44. – Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e
di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli
alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo
le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle
terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità
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produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.
45. – La Repubblica riconosce la funzione sociale della
cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione
privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi
più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le
finalità.
La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato.
46. – Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in
armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce
il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti
dalle leggi, alla gestione delle aziende.
47. – La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le
sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà
dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e
indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi
del Paese.
TITOLO IV
Rapporti politici
48. – Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno
raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è
dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità
civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di
indegnità morale indicati dalla legge.
49. – Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in
partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale.
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50. – Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per
chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.
51. – Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere
agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza,
secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche
elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla
Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre
del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo
posto di lavoro.
52. – La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla
legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del
cittadino, nè l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito
democratico della Repubblica.
53. – Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in
ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
54. – Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla
Repubblica e di osservarne la Cotituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere
di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi
stabiliti dalla legge.
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PARTE II
ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA
TITOLO I
Il Parlamento
SEZIONE I
Le Camere
55. – Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due
Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
56. (1). – La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale
e diretto.
Il numero dei deputati è di seicentotrenta.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle
elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo
il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo
censimento generale della popolazione, per seicentotrenta e
distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni
circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
57. (2). – Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a
sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, previa applicazione delle
disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla
popolazione delle Regioni quale risulta dall’ultimo censimento
generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
58. - I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli
elettori che hanno supearto il venticinquesimo anno di età.
(1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 9 febbraio 1963, n. 2.
(2) così sostituito dall’art. 2 l. cost. 9 febbraio 1963, n. 2 e dall’art. 2 l. cost. 27
dicembre 1963, n. 3.
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Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il
quarantesimo anno.
59. – E’ senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato
Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita
cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altrissimi meriti
nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.
60. (1). – La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica
sono eletti per cinque anni.
La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non
per legge e soltanto in caso di guerra.
61. – Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta
giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non
oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Finchè non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri
delle precedenti.
62. – Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non
festivo di febbraio e di ottobre.
Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per
iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di
un terzo dei suoi componenti.
Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata
di diritto anche l’altra.
63. – Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente
e l’Ufficio di presidenza.
Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente
e l’Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati.
64. – Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a
maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e
il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in
seduta segreta.
(1) così sostituito dall’art. 3 l. cost. 9 febbraio 1963, n. 2.
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Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono
valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se
non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la
Costituzione prescriva una maggioranza speciale.
I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere,
hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono
essere sentiti ogni volta che lo richiedono.
65. – La legge determina i casi di ineleggibilità e di
incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.
66. – Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi
componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibiltà e di
incompatibilità.
67. – Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed
esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
68. – I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per
le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun
membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale;
nè può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale,
o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia
colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il
mandato o l’ordine di cattura.
Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o
mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione
di una sentenza anche irrevocabile.
69. – I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita
dalla legge.
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SEZIONE II
La formazione delle leggi.
70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due
Camere.
71. – L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciasucn
membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali si aconferita da
legge costituzionale.
Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.
72. – Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo
le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi
dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con
votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di
legge dei quali è dichiarata l’urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione
dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti,
composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua
approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera,
se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto
della commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera
stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole
dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità
dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte
della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia
costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di
bilanci e consuntivi.
73. – Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica
entro un mese dall’approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri
componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel
termine da essa stabilito.
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Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano
in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione,
salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
74. – Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge,
può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova
deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere
promulgata.
75. – E’ indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione,
totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge,
quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli
regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio,
di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini
chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato
alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la
maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
76. – L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato
al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi
e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
77. – Il Governo non può, senza delegazione delle Camere,
emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo
adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza
di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle
Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si
riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti
in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere
possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
base dei decreti non convertiti.
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78. – Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al
Governo i poteri necessari.
79. (1). – L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata
a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, in
ogni suo articolo e nella votazione finale.
La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine
per la loro applicazione.
In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati
commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.
80. – Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati
internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o
regolamenti giudiziari, o importano varie azioni del territorio od oneri
alle finanze o modificazioni di leggi.
81. – Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto
consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se
non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro
mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire
nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare
i mezzi per farvi fronte.
82. – Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di
pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione
formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La
commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli
stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
TITOLO II
(1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 6 marzo 1992, n.1
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Il Presidente della Repubblica
83. – Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in
seduta comune dei suoi membri.
All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal
Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle
minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato.
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio
segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo
scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
84. – Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino
che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e
politici.
L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con
qualsiasi altra carica.
L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
85. – Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della
Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i
delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro
cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione
delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del
Presidente in carica.
86. – Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso
che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del
Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni
del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei
deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica
entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere
sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.
87. – Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e
rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare i messaggi alle Camere.
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Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di
iniziativa del Governo.
Promulga le leggi e demana i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati
internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo
di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra
deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
88. (1). – Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro
Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo
mandato, salvo che essi coincidano o in parte con gli ultimi sei mesi
della legislatura.
89. – Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non
è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la
responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge
sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.
90. – Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti
compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto
tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta
comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
91. – Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue
funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza
della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
(1) così sostituito dalla legge costituzionale n. 1 del 4.11.91.
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TITOLO III
Il Governo
SEZIONE I
Il Consiglio dei ministri
92. – Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del
Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei
ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio
dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.
93. – Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima
di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del
Presidente della Repubblica.
94. – Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione
motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta
alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta
del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo
dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione
prima di tre giorni dalla sua presentazione.
95. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica
generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo
politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei
ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio
dei ministri, ed individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio
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e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri.
96. (1). – Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri,
anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi
nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei
deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.
SEZIONE II
La Pubblica Amministrazione
97. – I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di
legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione.
Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di
competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
98. – I pubblici impiegati sono a servizio esclusivo della Nazione.
Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire
promozioni se non per anzianità.
Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai
partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo,
i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e
consolari all’estero.
SEZIONE III
Gli organi ausiliari
99. – Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto,
(1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1.
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nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle
categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza
numerica e qualitativa.
E’ organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie
e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge.
Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della
legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti
stabiliti dalla legge.
100. – Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridicoamministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione.
La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità
sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del
bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla
legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato
contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul
risultato del riscontro eseguito.
La legge assicura l’indipendenza dei due Istituti e dei loro
componenti di fronte al Governo.
TITOLO IV
La Magistratura
SEZIONE I
Ordinamento giurisdizionale
101. – La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
102. – La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati
ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.
Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni
specializzate per determinare materie, anche con la partecipazione
di cittadini idonei estranei alla magistratura.
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La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del
popolo all’amministrazione della giustizia.
103. – Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia
amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della
pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari
materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità
pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione
stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto
per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate.
104. – La magistratura costituisce un ordine autonomo e
indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal
Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore
generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati
ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal
Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in
materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. Il
Consiglio elegge un vicepresidene fra i componenti designati dal
Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e
non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi
professionali, nè far parte del Parlamento o di un Consiglio
regionale.
105. – Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo
le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni
ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei
riguardi dei magistrati.
106. – Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina,
anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a
giudici singoli.
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Su designazione del Consiglio superiore della magistratura
possono essere chiamati all’ufficio di consigliere di cassazione, per
meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche
e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli
albi speciali per le giurisdizioni superiori.
107. – I magistrati sono inamovibili. Non possono essere
dispensati o sospesi dal servizio nè destinati ad altre sedi o funzioni
se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della
magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa
stabilite dall’ordinamento giudiziairo o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione
disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di
funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi
riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
108. – Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni
magistratura sono stabilite con legge.
La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni
speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che
partecipano all’amministrazione della giustizia.
109. – L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia
giudiziaria.
110. – Ferme le competenze del Consiglio superiore della
magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e
il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
SEZIONE II
Norme sulla giurisdizione
111. – Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere
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motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà
personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali,
è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si
può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali
militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti
il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla
giurisdizione.
112. – Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione
penale.
113. – Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre
ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi
dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a
particolari mezzi di impugnazione o per determinare categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono
annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli
effetti previsti dalla legge stessa.
TITOLO V
Le Regioni, le Provincie, i Comuni
114. – La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni.
115. – Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri
poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione.
116. – Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al FriuliVenezia Giulia e alla Valle d’Aosta sono attribuite forme e condizioni
particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi
costituzionali.
117. – La Regione emana per le seguenti materie norme legislative
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nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato,
semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse
nazionale e con quello di altre Regioni:
— ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti
dalla Regione;
— circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale;
— fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria
ed ospedaliera;
— istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;
— musei e biblioteche di enti locali;
— urbanistica;
— turismo ed industria alberghiera;
— tranvie e linee automobilistiche d’interesse regionale;
— viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;
— navigazione e porti lacuali;
— acque minerali e termali;
— cave e torbiere;
— caccia;
— pesca nelle acque interne;
— agricoltura e foreste;
— artigianato.
Altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il
potere di emanare norme per la loro attuazione.
118. – Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le
materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse
esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della
Repubblica alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali.
Lo Stato può con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre
funzioni amministrative.
La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative
delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi
dei loro uffici.
119. – Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei
limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la
finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni.
Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi
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erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie
ad adempiere le loro funzioni normali.
Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per
valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a
singole Regioni contributi speciali.
La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le
modalità stabilite con legge della Repubblica.
120. – La Regione non può istituire dazi d’importazione o
esportazione o transito fra le Regioni.
Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo
la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni.
Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque
parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro.
121. – Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta
e il suo Presidente.
Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative e
regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli
dalla Costituzione e dalle legge. Può fare proposte di legge alle
Camere.
La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni.
Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; promulga le
leggi ed i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative
delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del
Governo centrale.
122. – Il sistema d’elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e
di incompatibilità dei consiglieri regionali sono stabiliti con legge
della Repubblica.
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio
regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad un altro
Consiglio regionale.
Il Consiglio elegge nel suo seno un presidente e un ufficio di
presidenza per i propri lavori.
I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere
delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Il Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal Consiglio
regionale tra i suoi componenti.
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123. – Ogni Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la
Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme
relative all’organizzazione interna della Regione. Lo statuto regola
l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e
provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle
leggi e dei regolamenti regionali.
Lo Statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza
assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge della
Repubblica.
124. – Un Commissario del Governo, residente nel capoluogo
della Regione, sopraintende alle funzioni amministrative esercitate
dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione.
125. – Il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della
Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato,
nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. La legge può
in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto
di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione
da parte del Consiglio regionale.
Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di
primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della
Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo
della Regione.
126. – Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia
atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non
corrisponda all’invito del Governo di sostituire la Giunta o il
Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.
Può essere sciolto quando, per dimissioni o per impossibilità di
formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare.
Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza nazionale.
Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente
della Repubblica, sentita una Commissione di deputati e senatori
costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della
Repubblica.
Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre
cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro
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tre mesi e provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della
Giunta e agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo
Consiglio.
127. – Ogni legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata
al Commissario che, salvo il caso di opposizione da parte del Governo,
deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.
La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto
ed entra in vigore non pirma di quindici giorni dalla sua
pubblicazione. Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio
regionale, e il Governo della Repubblica lo consente, la promulgazione
e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.
Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge
approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della Regione
o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni,
la rinvia al Consiglio regionale nel termine fissato per l’apposizione
del visto.
Ove il Consiglio regionale la approvi di nuovo a maggioranza
assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei
quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di
legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per
contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte
decide di chi sia la competenza.
128. – Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito
dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne
determinano le funzioni.
129. – Le Provincie e i Comuni sono anche circosrizioni di
decentramento statale e regionale.
Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in
circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un
ulteriore decentramento.
130. – Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da
legge della Repubblica, esecita, anche in forma decentrata, il controllo
di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti
locali.
In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo
di merito nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di
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riesaminare la loro deliberazione.
131. (1). – Sono costituite le seguenti Regioni: Piemonte; Valle
d’Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia
Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio;
Abruzzi; Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia;
Sardegna.
132. - Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali,
disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni
con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta
tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle
popolazioni interesste, e la proposta sia approvata con referendum
dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i
Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano
richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra.
133. - Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione
di nuove Provincie nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con legge
della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi
istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro
circoscrizioni e denominazioni.
TITOLO VI
Garanzie costituzionali
SEZIONE I
La Corte costituzionale
134. – La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi
(1) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 27 dicembre 1963, n. 3.
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e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra
lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica (1),
a norma della Costituzione.
135. (2). – La Corte costituzionale è composta di quindici giudici
nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo
dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme
magistrature ordinaria ed amministrative.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati
anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed
amministrative, i professori ordinari di università in materie
giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni,
decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non
possono essere nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla
carica e dall’esecizio delle funzioni.
La Corte elegge fra i suoi componenti, secondo le norme stabilite
dalla legge, il Presidente che rimane in carica per un triennio, ed è
rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di
giudice.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di
membro del Parlamento o d’un Consiglio regionale, con l’eserczio
della professione d’avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla
legge.
Nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica
intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti
a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a
senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione
con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
136. – Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di
una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa
(1) così costituito dall’art. 2 l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1.
(2) così sostituito dall’art. 1 l. cost. 22 novembre 1967, n. 2, e successivamente
dall’art. 2 l. cost. 16 gennaio 1989, n. 1.
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di aver efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della
decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere
ed ai Consigli regionali interessati, affinchè, ove lo ritengano
necessario, provvedano nelle forme costituzionali.
137. – Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme,
i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e
le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.
Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per
la costituzione e il funzionamento della Corte.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa
alcuna impugnazione.
SEZIONE II
Revisione della Costituzione.
Leggi costituzionali
138. – Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi
costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive
deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate
a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella
seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando,
entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un
quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque
Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata,
se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella
seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due
terzi dei suoi componenti.
139. – La forma repubblicana non può essere soggetto di revisione
costituzionale.
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DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
I. – Con l’entrata in vigore della Costituzione il Capo provvisorio
dello Stato esercita le attribuzioni di Presidente della Repubblica e
ne assume il titolo.
II. – Se alla data della elezione del Presidente della Repubblica
non sono costituiti tutti i Consigli regionali, partecipano alla elezione
soltanto i componenti delle due Camere.
III. – Per la prima composizione del Senato della Repubblica
sono nominati senatori, con decreto del Presidente della Repubblica,
i deputati dell’Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di
legge per essere senatori e che:
sono stati presidenti del Consiglio dei ministri o di Assemblee
legislative;
hanno fatto parte del disciolto Senato;
hanno avuto almeno tre elezioni, compresa quella all’Assemblea
Costituente;
sono stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei
deputati del 9 novembre 1926;
hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque
anni in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa
dello Stato.
Sono nominati altresì senatori, con decreto del Presidente della
Repubblica, i membri del disciolto Senato che hanno fatto parte della
Consulta Nazionale.
Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della
firma del decreto di nomina. L’accettazione della candidatura alle
elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a senatore.
IV. – Per la prima elezione del Senato il Molise è considerato
come Regione a sè stante, con il numero dei senatori che gli compete
in base alla sua popolazione.
V. – La disposizione dell’articolo 80 della Costituzione, per quanto
concerne i trattati internazionali che importano oneri alle finanze o
modificazioni di legge, ha effetto dalla data di convocazione delle
Camere.
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VI. – Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione
si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione
attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato,
della Corte dei conti e dei tribunali militari.
Entro un anno dalla stessa data si provvede con legge al
riordinamento del Tribunale supremo militare in relazione
all’articolo 111.
VII. – Fino a quando non sia emanata la nuova legge
sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione,
continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente.
Fino a quando non entri in funzione la Corte costituzionale, la
decisione delle controversie indicate nell’articolo 134 ha luogo nelle
forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della
Costituzione (1).
VIII. – Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi
delle amministrazioni provinciali sono indette entro un anno
dall’entrata in vigore della Costituzione.
Leggi della Repubblica regolano per ongi ramo della pubblica
amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle
Regioni. Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla
distribuzione delle funzioni che esercitano attualmente e le altre di
cui le Regioni deleghino loro l’esercizio.
Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di
funzionari e dipenneti dello Stato, anche delle amministrazioni
centrali, che sia reso necessario dal nuovo ordinamento.
Per la formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che
in casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato
e degli enti locali.
IX. – La Repubblica, entro tre anni dall’entrata in vigore della
Costituzione, adegua le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali
e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni.
X. – Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui all’articolo 116,
si applicano provvisoriamente le norme generali del Titolo V della
(1) il terzo comma è stato abrogato dall’art. 7 l. cost. 22 novembre 1967, n. 2.
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parte seconda, ferma restando la tutela delle minoranze linguistiche
in conformità con l’articolo 6.
XI. – Fino al 31 dicembre 1963 si possono, con leggi
costituzionali, formare altre Regioni, a modificazione dell’elenco di
cui all’articolo 131, anche senza il concorso delle condizioni richieste
dal primo comma dell’art. 132, fermo rimanendo tuttavia l’obbligo
di sentire le popolazioni interessate.
XII. – E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del
disciolto partito fascista.
In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre
un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni
temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili
del regime fascista.
XIII. – I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori
e non possono ricoprire uffici pubblici nè cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti
maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.
I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia,
delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo
Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi,
che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.
XIV. – I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono
come parte del nome.
L’Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e
funziona nei modi stabiliti dalla legge.
La legge regola la soppressione della Consulta araldica.
XV. – Con l’entrata in vigore della Costituzione si ha per
convertito in legge il decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno
1944, n. 151, sull’ordinamento provvisorio dello Stato.
XVI. – Entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione si
procede alla revisione e al coordinamento con esa delle precedenti
leggi costituzionali che non siano state finora esplicitamente o
42
implicitamente abrogate.
XVII. – L’Asselblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente
per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge per la elezione
del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla
legge per la stampa.
Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea
Costituente può essere convocata, quando vi sia necessità di deliberare
nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, primo e
secondo comma, e 3, comma primo e secondo, del decreto legislativo
16 marzo 1946, n. 98.
In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione.
Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse
trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.
I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con
richiesta di risposta scritta.
L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del
presente articolo, è convocata dal suo Presidene su richiesta motivata
del Governo o di almeno duecento deputati.
XVIII. – La presente Costituzione è promulgata dal Capo
provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione
da parte dell’Assemblea Costituente, ed entra in vigore il 1 gennaio
1948.
Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di
ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante
tutto l’anno 1948, affinchè ogni cittadino possa prenderne cognizione.
43
44
LEGISLAZIONE DISCIPLINARE
45
46
DECRETO LEGISLATIVO 28 luglio 1989, n. 273.
Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del
Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme
per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo processo penale
ed a quello a carico degli imputati minorenni.
omissis
17. (1). Fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma
della procedura relativa lal responsabilità disciplinare dei magistrati e
comunque non oltre tre anni dalla entrata in vigore del codice di
procedura penale, continuano ad applicarsi il regio decreto 31 maggio
1946 n. 511 e il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre
1958 n. 916, con le successive modificazioni e integrazioni, e i rinvii
al codice di procedura penale si intendono riferiti al codice abrogato.
omissis
(1) così modificato con decreto legge 31 dicembre 1991 n. 418, convertito in
legge 24 febbraio 1992 n. 173, che ha sostituito le parole “e comunque non oltre due
anni dall’entrata in vigore del codice di procedura penale” con le seguenti “e comunque
non oltre tre anni dall’entrata in vigore del codice di procedura penale”. Il secondo
comma dell’articolo unico della legge di conversione prevede inoltre: “Restano validi
gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti produttivi ed i rapporti
giuridici sorti sulla base del decreto-legge 25 ottobre 1991 n. 326.”
Il precedente analogo decreto 25 ottobre 1991 n. 326 era decaduto per mancata
conversione nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
47
REGIO DECRETO LEGISLATIVO 31 maggio 1946, n. 511.
Guarentigie della magistratura.
1-16 (omissis)
Sezione II
Della disciplina dei magistrati
17. Disposizione generale. - I magistrati non possono essere
sottoposti a sanzioni disciplinari se non nei casi e nelle forme previsti
dal presente decreto.
18. Responsabilità disciplinare dei magistrati. - Il magistrato che
manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale,
che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione dicui
deve godere, o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario,
è soggetto a sanzioni disciplinari secondo le disposizioni degli articoli
seguenti.
19. Sanzioni disciplinari. - Le sanzioni disciplinari sono:
1) l’ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell’anzianità;
4) la rimozione;
5) la destituzione.
Le sanzioni disciplinari, ad eccezione dell’ammonimento, devono
essere precedute dal procedimento disciplinare stabilito dal presente
decreto, salvo quanto è disposto dall’art. 38 relativamente agli uditori
(1).
Il magistrato, al quale è attribuito un fatto che può importare
una delle sanzioni previste nei nn. 4 e 5 del presente articolo, non
ha diritto di sottrarsi al procedimento disciplinare e ai conseguenti
provvedimenti per effetto delle sue dimissioni, che il Ministro per la
grazia e giustizia (2) ha facoltà di respingere.
(1) disposizione implicitamente abrogata dagli artt. 10, comma 1, n. 3 L. 24
marzo 1958 n. 195 e 59 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
(2) cfr. l’art. 105 cost. e art. 10, comma 1, L. 1958 n. 195 che hanno attribuito
al Consiglio superiore della magistratura i provvedimenti sullo stato dei magistrati.
48
20. Ammonimento. - L’ammonimento consiste nel rilievo della
mancanza commessa e nel richiamo del magistrato all’osservanza di
suoi doveri.
Esso, quando non sia conseguente ad un procedimento
disciplinare, è disposto dal Ministro per la grazia e giustizia o dal
magistrato che ha il potere di sorveglianza. (1)
L’ammonimento è rivolto oralmente dal capo gerarchico
immediato, il quale ne redige verbale, trasmettendone copia al
Ministero. (2)
Entro i successivi trenta giorni il magistrato cui fu rivolto
l’ammonimento può chiedere di essere sottoposto a procedimento
disciplinare. (3)
(1) disposizione abrogata dall’art. 61 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
(2) l’esecuzione è attuata dal titolare del potere di sorveglianza e il verbale deve
essere trasmesso anche al Consiglio superiore della magistratura a norma dell’art. 61
D.P.R. 1958 n. 916.
(3) disposizione abrogata implicitamente dagli artt. 10, comma 1, n. 3 L. 24
marzo 1958 n. 195 e 59 d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
21. Altre sanzioni disciplinari. - La censura consiste in un biasimo
formale per la trasgressione accertata a carico del magistrato.
Il magistrato che esegue il provvedimento redige verbale, con la
indicazione della trasgressione commessa. Copia del verbale è
trasmessa al Ministero. (1)
La perdita dell’anzianità può estendersi da due mesi a due anni,
ed ha per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della
sanzione inflitta, nella ammissione ad esami, concorsi e scrutini, e
nelle promozioni.
Lo spostamento nel ruolo, conseguente alla perdita dell’anzianità,
non può essere inferiore ad un quarantesimo, nè superiore ad un
decimo dei posti di organico del relativo grado, ed è determinato
dallo stesso Tribunale disciplinare. (2)
Il Tribunale disciplinare, quando infligge una sanzione più grave
dell’ammonimento, può stabilire che il magistrato, anche se
inamovibile, sia trasferito diufficio.
[La destituzione può comportare la perdita totale o parziale del
trattamento di quiescenza, da deliberarsi dallo stesso Tribunale
disciplinare.] (3)
Il magistrato rimosso o destituito non può essere riammesso in
servizio.
49
[In ogni caso, rimane fermo il disposto dell’art. 155, primo e
secondo capoverso del vigente ordinamento giudiziario.] (4)
(1)
(2)
(3)
(4)
cfr. art. 61, comma 2, d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
cfr. artt. 10, comma 1, n. 3, L. 24 marzo 1958 n. 195.
disposizione implicitamente abrogata dall’art. 1 L. 8 giugno 1966 n. 424.
disposizione implicitamente abrogata dalla legge 25 luglio 1966 n. 570.
SEZIONE III
Dei Tribunali disciplinari
artt. 22 - 26 (1)
(1) l’intera sezione III è implicitamente abrogata dagli artt. 10, comma 1, n. 3,
e 42, comma 2, legg. 24 marzo 1958 n. 195.
CAPO IV
Del procedimento disciplinare
27. Titolarità dell’azione disciplinare. - La azione disciplinare è
promossa, su richeista del Ministro per la grazia e giustizia, dal
pubblico Ministero presso il Tribunale disciplinare competente. (1)
(1) disposizione abrogata implicitamente dagli artt. 10, comma 1, n. 3 e 14 n. 1
L. 24 marzo 1958 n. 195.
28. Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o
penale. - Il procedimento disciplinare è promosso indipendentemente
dall’azione civile o penale che procede dal medesimo fatto, od anche
se il procedimento civile o penale è in corso.
Nel caso in cui il magistrato sia sottoposto a procedimento penale,
si applicano gli artt. 3 del Codice di procedura penale e 31 del presente
decreto. Qualora nei confronti del magistrato sia pronunziata
sentenza penale, si applica l’art. 29 del presente decreto.
29. Effetti disciplinari dei giudicati penali. - Il magistrato incorso
nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito
a condanna penale, ovvero condannato alla reclusione per delitto non
50
colposo, diverso da quelli previsti dagli artt. 581, 582 cpv. 594 e 612
prima parte del Codice penale, è destituito di diritto, e può, con le
forme stabilite per il procedimento disciplinare, essere privato in tutto
o in parte del trattamento di quiescenza. (1)
Il magistrato che, negli stessi casi, viene prosciolto dal giudice
penale con sentenza, pronunziata nell’istruzione o nel giudizio, per
insufficienza di prove o per una causa estintiva del reato ovvero per
impromovibiltà o improseguibilità dell’azione penale, deve sempre
essere sottoposto al procedimento disciplinare.
In tutti gli altri casi condanna o di proscioglimento, il Ministro
(2) decide se deve farsi luogo a procedimento disciplinare.
Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei
fatti che formarono oggetto del giudizio penale, risultanti dalla
sentenza passata in giudicato.
(1) cfr. nota n. 3 articolo 21.
(2) cfr. art. 10 comma 1, n. 3, L. 24 marzo 1958 n. 195.
30. Sospensione del magistrato sottoposto a procedimento
disciplinare. - All’inzio o nel corso del procedimento, il Tribunale
disciplinare (1), su richiesta del MInistro o del pubblico Ministero
(2) presso il Tribunale stesso, può, sentito l’incolpato, disporne la
sospensione provvisoria dalle funzioni e dallo stipendio.
Al magistrato sospeso, od alla moglie ed ai figli minorenni, può
essere attribuito un assegno alimentare non eccedente i due terzi
dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo.
In caso di urgenza, i provvedimenti di cui ai precedenti commi
possono essere adottati con decreto del Ministro, il quale però deve
richiedere contemporaneamente il giudizo disciplinare (3).
Il Tribunale disciplinare può, anche di ufficio, revocare la
sospensione, o concedere l’assegno alimentare negato o modificare
la misura di quello concesso.
[Contro i provvedimenti emanati dal Consiglio giudiziario ai sensi
dei precedenti commi, è ammesso ricorso alla Corte disciplinare, da
parte dell’incolpato o del pubblico Ministero presso il Tribunale
disciplinare entro cinque giorni dalla comunicazione, e da parte del
Ministro entro venti giorni dalla comunicazione stessa.] (4)
Il ricorso non ha effetto sospensivo ed è presentato a norma
dell’art. 37.
51
(1)
(2)
(3)
(4)
1958 n.
cfr. art. 10, comma 1, n. 3 L. 24 marzo 1958 n. 195.
cfr. art. 4, comma 7, L. 24 marzo 1958 n. 195.
cfr. art. 57 d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
disposizione abrogata implicitamente dagli artt. 17, ult. comma, L. 24 marzo
195 e 60 d.P.R. 16 settembre 1958 n. 916;
31. Sospensione preventiva del magistrato sottoposto a
procedimento penale. - Il magistrato sottoposto a procedimento penale
è sospeso di diritto dalle funzion e dallo stipendio, e collocato fuori
del ruolo organico della magistratura dal giorno in cui è stato emesso
contro di lui mandato o ordine di cattura. Qualora l’arresto sia
avvenuto senza ordine o mandato, la sospensione decorre dal giorno
dell’arresto se l’autorità giudiziaria ha ritenuto che l’imputato deve
rimanere in istato di detenzione a norma dell’art. 236 del codice di
procedura penale.
Il magistrato sottoposto a procedimento penale per delitto non
colposo può, con provvedimento del Ministro per la grazia e giustizia
(1), essere provvisoriamente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio.
Il Ministro per la grazia e giustizia (1) può concedere al
magistrato sospeso, o alla moglie e ai figli minorenni di lui, un
assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e delle
altre competenze di carattere continuativo.
In caso di sentenza di proscioglimento il magistrato riacquista il
diritto agli stipendi e assegni non percepiti, detratta la somma
corrisposta per assegno alimentare, salvo che, essendo istiutito o
istituendosi il procedimento disciplinare per il medesimo fatto, sia
altrimenti disposto.
(1) cfr. art. 58 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
32. Istruttoria nel procedimento disciplinare. - Il pubblico
ministero procede in via sommaria alla istruttoria, o richiede
l’istruzione formale al presidente del Tribunale disciplinare (1).
Quando debba procedersi ad istruzione formale, le funzioni di
istruttore sono conferite dal presidente ad uno dei componenti del
Tribunale disciplinare (1).
Per l’istruzione si osservano, in quanto compatibili, le norme
reltive alla istruzione dei procedimenti penali.
Il pubblico ministero o il commissario istruttore per gli atti da
compiersi fuori della sua residenza, può richiedere un altro magistrato
superiore in grado o più anziano del magistrato sottoposto a
52
procedimento disciplinare.
I periti e i testimoni sono sentiti previa prestazione del
giuramento, nel modo indicato dagli artt. 142, 316 e 449 del codice
di procedura penale.
Sono applicabili, quanto ai periti e ai testimoni, le disposizioni
degli artt. 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
(1) cfr. art. 10, comma 1, n. 3 L. 24 marzo 1958 n. 195.
33. Chiusura dell’istruzione. - Compiuta la istruzione, il pubblico
ministero formula le sue richieste, sulle quali il Tribunale disciplinare
(1) provvede in camera di consiglio.
Il Tribunale disciplinare (1) dichiara non farsi luogo a rinvio al
dibattimento solo se, su conforme richiesta del pubblico ministero,
ritiene che dalle prove risultino esclusi gli addebiti.
In ogni altro caso, il presidente del Tribunale disciplinare (1)
fissa, con suo decreto, il giorno della discussione orale, e decide se
i testi ed i periti sentiti nella istruzione, o alcuni di essi, debbono
essere nuovamente sentiti.
Il decreto è comunicato, almeno dieci giorni prima della data
fissata, al pubblico ministero ed al magistrato, il quale ha diritto di
comparire personalmente.
(1) cfr. nota n. 1 articolo precedente.
34. Discussione nel giudizio disciplinare. - Nella discussione orale
un membro del Tribunale disciplinare (1), nominato dal presidente
fra quelli che non hanno avuto l’incarico di istruttore, fa la relazione.
La discussione ha luogo a porte chiuse (2). Non è ammessa
l’assistenza di difensori o di consulenti tecnici, ma l’incolpato può
farsi assistere da altro magistrato, di grado non inferiore a giudice
od equiparato ed a consigliere di Corte di appello od equiparato,
rispettivamente per i giudizi davanti ai Consigli giudiziari e per quelli
davanti alla Corte disciplinare (3).
Si osservano, in quanto compatibili con la natura del
procedimento e con le disposizioni del presente decreto, le norme
dei dibbattimenti penali.
(1) cfr. nota n. 1 articolo precedente.
(2) cfr. ora art. 6, ultimo comma, L. 24 marzo 1958 n. 195 introdotto dall’art. 1
L. 12 aprile 1990 n. 74.
53
(3) a norma dell’art. 105 costituzione i provvedimenti disciplinari sono attribuiti
al Consiglio superiore della magistratura.
35. Sentenza disciplinare. - Il Collegio delibera immediatamente
dopo l’assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero,
sentito per ultimo l’incolpato. Il pubblico ministero non assiste alla
deliberazione in camera di consiglio.
Se non è raggiunta prova sufficiente delle colpe del magistrato,
ma risulta che egli ha perduto nella opinione pubblica la stima, la
fiducia e la considerazione richieste dalla sua funzione, può essere
deliberata la dispensa dall’ufficio.
36. Corresponsione degli arretrati al magistrato sospeso. -Quando
l’incolpato è, con sentenza definitiva, assolto o condannato a pena
diversa dalla rimozione o destituzione, cessa di diritto la sospensione
provvisoria eventualmente disposta, e sono corrisposti gli arretrati
dello stipendio e degli altri assegni non percepiti.
37. Impugnazioni delle decisioni dei Tribunali disciplinari. (1)
Avverso le decisioni dei Consigli giudiziari possono ricorrere alla
Corte disciplinare l’incolpato, il pubblico Ministero presso il Consiglio
ed il Ministro per la grazia e giustizia. (2)
Il ricorso deve essere depositato nella segreteria del Consiglio
giudiziario (3) che ha emessa la decisione impugnata entro dieci
giorni dalla pronuncia. Il termine per il Ministro è di giorni venti
dalla comunicazione (4).
Se l’incolpato non è presente al dibattimento, il termine decorre
per lui dalla comunicazione del dispositivo (5).
La dichiarazione di impugnazione dell’incolpato può essere
presentata anche al proprio superiore gerarchico, e quella del Ministro
può essere depositata anche nella segreteria della Corte disciplinare
per la magistratura (6).
Il ricorso ha effetto sospensivo.
In ogni tempo può essere richiesta, dal Ministro (1) o
dall’interessato o, se questi sia morto, da un suo erede o prossimo
congiunto, che ne abbia interesse anche soltanto morale, la revisione
del procedimento disciplinare, se siano sopravvenuti nuovi fatti, o
nuovi elementi di prova, ovvero se risulti che la decisone fu
determinata da errore di fatto o da falsità.
54
Avverso le sentenze dei Tribunali disciplinari (1) non è ammesso
alcun altro gravame.
(1) cfr. art. 10, comma 1, n. 3, L. 24 marzo 1958 n. 195.
(2) disposizione abrogata in quanto a norma dell’art. 105 cost. i giudizi disciplinari
sono attribuiti al Consiglio superiore della magistratura sezione disciplinare (v. art.
42 L. 24 marzo 1958 n. 195, 272, nonchè nota 4 in calce al precedente art. 30) e la
disciplina dei ricorsi avverso le decisioni della stessa sezione è contenuta nell’art. 17,
ult. comma, L. 1958/195 cit. e nell’art.60 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 196 ( 273 e
240).
(3) Ora della sezione disciplinare.
(4) Tale disposizione è da ritenersi sostituita da quella contenuta nell’art. 60
D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
(5) cfr. nota precedente.
(6) V. la precedente nota 2.
(7) A norma dell’art. 62 D.P.R. 16 settembre 1958 n.916 anche dal Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione.
38. Disposizione speciale per gli uditori. (1) - Le disposizioni sul
procedimento disciplinare non si applicano agli uditori, ai quali le
sanzioni previste dal precedente art.19 sono inflitte con decreto del
Ministro per la grazia e giustizia, sentito il parere del Consiglio
giudiziario presso la Corte di appello nella cui circoscrizione trovasi
l’ufficio al quale l’uditore è addetto, fermo il disposto dell’art. 3 per
la dispensa di uditori con funzioni giudiziarie.
Si applica il disposto dell’art. 4.
(1) abrogato dagli artt. 4, 10, comma 1, n. 3 e 42 L. 24 marzo 1958 n. 195.
39-42. (omissis).
43. Abrogazione di disposizioni contrarie o incompatibili. - Sono
abrogati i titoli sesto, settimo ed ottavo dell’Ordinamento giudiziario
approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, numero 12, ed ogni
altra disposizione contraria od incompatibile con quelle del presente
decreto.
55
LEGGE 24 marzo 1958, n. 195.
Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore
della Magistratura.
1-3 (omissis)
4. Composizione della sezione disciplinare. - (1) La cognizione dei
procedimenti disciplianri a carico dei magistrati è attribuita ad una
sezione disciplinare, composta di nove componenti effettivi e di sei
supplenti.
I componenti effettivi sono: il vicepresidente del Consiglio
superiore, che presiede la sezione; due componenti eletti dal
parlamento, di cui uno presiede la sezione in costituzione del
vicepresidente del Consiglio superiore; un magistrato di Corte di
cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; cinque
magistrati con funzioni di merito (2).
I componenti supplenti sono: un magistrato di Corte di
cassazioen, con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; tre
magistrati con funzioni di merito; due componenti eletti dal
Parlamento (2).
Il vicepresidente del Consiglio superiore è componente di diritto;
gli altri componenti, effettivi e supplenti, sono eletti dal Consiglio
superiore tra i propri membri. L’elezione ha luogo per scrutinio
segreto, a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio. In
caso di parità di voti tra gli appartenenti alla stessa categoria, è eletto
il più anziano per età.
Nell’elezione dei due componenti supplenti tra quelli eletti dal
Parlamento è indicato, per ciascuno di essi, quale è il componente
effettivo eletto dal Parlamento che è chiamato a sostituire.
Nell’ipotesi in cui il Presidente del Consiglio superiore si avvalga
della facoltà di presiedere la sezione disciplinare, resta escluso il
vicepresidente.
Le funzioni di pubblico ministero presso la sezione disciplianre
sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione.
(1) così sostituito dall’art. 1 L. 18 dicembre 1967 n. 1198 e dall’art. 1 L. 3 gennaio
1981 n. 1.
(2) così sostituito dall’art. 3 L. 22 novembre 1985 n. 655.
6. Deliberazioni della sezione disciplinare. - (1) In caso di assenza,
56
impedimento, astensione e ricusazione il vicepresidente è sostituito,
sempre che il Presidente del Consiglio superiore non intenda avvalersi
della facoltà di presiedere la sezione, dal componente effettivo eletto
dal Parlamento, che nell’elezione prevista dall’articolo 4 sia stato
desiganto a tale funzione. Il componente che sostituisce il
vicepresidente e gli altri componenti effettivi sono sostituiti dai
supplenti della medesima categoria.
Ciascuno dei componenti effettivi eletti dal Parlamento è
sostituito da uno dei due componenti supplenti della stessa categoria
a ciò designato nell’elezione preveduta dall’articolo 4; se la
sostituzione non è possibile il componente effettivo è sostituito
dall’altro componente supplente.
La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso
in cui il componente effettivo sostituisce il vicepresidente del
Consiglio superiore.
I componenti effettivi magistrati sono sostituiti dai supplenti della
medesima categoria.
Sulla ricusazione di un componente della sezione disciplinare,
decide la stessa sezione, previa sostituzione del componente ricusato
con il supplente corrispondente.
Dinanzi alla sezione disciplinare il dibattito si svolge in pubblica
udienza; se i fatti oggetto dell’incolpazione non riguardano l’esercizio
della funzione giudiziaria ovvero se ricorrono esigenze di tutela del
diritto di terzi o esigenze di tutela della credibilità della funzione
giudiziaria con riferimento ai fatti contestati all’ufficio che l’incolpato
occupa, la sezione disciplinare può disporre, su richiesta di una delle
parti, che il dibattito si svolga a porte chiuse (2).
(1) così sostituito dall’art. 2 L. 3 gennaio 1981 n. 1.
(2) aggiunto dall’art. 1 L. 12 aprile 1990 n. 74.
10. Attribuzione del Consiglio superiore. - Spetta al Consiglio
superiore di deliberare:
1) sulle assunzioni in Magistratura, assegnazioni di sedi e di
funzioni, trasferimenti e promozioni e su ogni altro provvedimento
sullo stato dei magistrati;
2) sulla nomina e revoca dei vice pretori onorari, dei conciliatori,
dei vice conciliatori, nonchè dei componenti estranei alla
Magistratura delle sezioni specializzate; per i conciliatori, i vice
57
conciliatori e i componenti estranei è ammessa la delega ai presidenti
delle Corti di appello;
3) sulle sanzioni disciplinari a carico di magistrti, in esito ai
procedimenti disciplinari iniziati su richiesta del Ministro o del
procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione;
4) sulla designazione per la nomina a magistrato di Corte di
Cassazione, per meriti insigni, di professori e di avvocati;
5) sulla concessione, nei limiti delle somme all’uopo stanziate in
bilancio, dei compensi speciali previsti dall’art. 6 del d. Lgs. 27 giugno
1946, n. 19, e dei sussidi ai magistrati che esercitano funzioni
giudiziarie o alle loro famiglie.
Può fare proposte al Ministro per la grazia e giustizia sulle
modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le materie
riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi
alla giustizia. Dà poteri al Ministro, sui disegni di legge concernenti
l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni
altro oggetto comunque attinente alle predette materie.
Delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge.
14. Attribuzioni del Ministro per la grazia e giustizia. - Il Ministro
per la grazia e giustizia, fermo quanto stabilito dall’art. 11:
1) ha facoltà di promuovere mediante richiesta l’azione
disciplinare. L’azione disciplinare può peraltro essere promossa anche
dal procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione nella
sua qualità di Pubblico Ministero presso la sezione disciplinare del
Consiglio superiore;
2) ha facoltà di chiedere ai capi delle Corti informazioni circa il
funzionamento della giustizia e può al riguardo fare le comunicazioni
che ritiene opportune;
3) esercita tutte le altre attribuzioni demandategli dalla legge
sull’ordinamento giudiziario e in genere riguardanti l’organizzazione
e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
17. Forma dei provvedimenti. - Tutti i provvedimenti riguardanti
i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del
Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica
controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con
decreto del Ministro per la grazia e giustizia. Per quanto concerne i
compensi speciali previsti dall’art. 6 del decreto legislativo 27 giugno
58
1946, n. 19, i provvedimenti sono adottati di concerto con il Ministro
per il tesoro.
Contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso in primo
grado al tribunale amministrativo reginale del Lazio per motivi di
leggittimità. Contro le decisioni di prima istanza è ammessa
l’impugnazione al Consiglio di Stato (1). Contro i provvedimenti in
materia disciplinare, è ammesso ricorso alle sezioni unite della Corte
suprema di cassazione. Il ricorso ha effetto sospensivo del
provvedimento impugnato (2).
(1) sostituito dall’art. 4 L. 12 aprile 1990 n. 74.
(2) cfr. art. 60 D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916.
59
DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 settembre 1958,
n. 916.
Disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marzo
1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio
superiore della magistratura e disposizioni transitorie.
1-31 (omissis)
32. Sostituzione dei componenti della sezione disciplinare. - Se
alcuno dei componenti della sezione disciplinare, che non sia membro
di diritto, cessa di far parte del Consiglio superiore, la sostituzione
ha luogo mediante elezione dopo che il Consiglio superiore sia stato
integraot a norme dell’articolo 39 della legge. Se deve essere sostituito
un componente effettivo può essere eletto al suo posto anche un
componente supplente. Ove questi risulti eletto, si procede a nuova
elezione per la sua sostituzione. (1)
(1) così sostituito dall’art. 10 L. 3 gennaio 1981 n. 1
34-38. (omissis)
39. Istanze e rapporti. - Tutte le istanze relative a materie di
competenza del Consiglio superiore della magistratura, nelle quali il
Ministro può fare richieste o formulare osservazioni, possono essere
rivolte o al Consiglio superiore per il tramite del Ministro, che, in
tal caso, le trasmette al Consiglio con le proprie richieste od
osservazioni; oppure direttamente al Consiglio superiore, che le
comunica al Ministro per le sue richieste od osservazioni.
La medesima disposizione si applica ai rapporti dei capi di corte,
salvo che questi non siano stati richiesti direttamente dal Consiglio
superiore o dal Ministro.
Ai rapporti di carattere disciplinare si applica la disposizione
dell’art. 59, primo comma.
40. Richieste all’Ispettorato. - Il Consiglio superiore, nel fare le
sue richieste all’Ispettorato generale presso il Ministero di grazia e
giustizia, ne informa il Ministro, al quale può richiedere che autorizzi
l’esame dei fascicoli personali dei singoli magistrati.
L’Ispettore generale trasmette direttamente al Consiglio la
60
relazone e gli atti delle inchieste promosse dal Consiglio stesso, e
contemporaneamente ne invia copia al Ministro.
41-55 (omissis)
56. Poteri di sorveglianza del Ministro. - Per l’esercizio dell’azione
disciplinare, per l’organizzazione del funzionamento dei servizi
relativi alla giustizia, nonchè per l’esercizio di ogni altra attribuzione
riservatagli dalla legge, il Ministro esercita la sorveglianza su tutti gli
uffici giudiziari e può richiedere ai capi di corte informazioni sul
conto di singoli magistrati.
57. Sospensione provvisoria del magistrato in sede disciplinare.
Nella ipotesi prevista nell’art. 30, terzo comma, del regio decreto
legislativo 31 maggio 1946, n. 511, i provvedimenti ivi indicati sono
adottati dalla sezione disciplinare, su richiesta del Ministro o del
pubblico ministero.
58. Sospensione provvisoria del magistrato sottoposto a
procedimento penale. - I provvedimenti previsti nell’art. 31, terzo e
quarto comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511,
sono adottati in conformità di deliberazione della sezione disciplinare
su richiesta del Ministro o del pubblico ministero.
59. Azione disciplinare. - I rapporti relativi a fatti suscettibili di
valutazione in sede disciplinare sono trasmessi al Ministro e al
Procuratore Generale presso la Corte suprema di cassazione.
Il Ministro promuove l’azione disciplinare mediante richiesta al
Procuratore Generale presso la Corte suprema di cassazione (1).
Il Procuratore Generale inizia l’azione disciplinare richiedendo
al Consiglio superiore della magistratura l’istruzione formale, ovvero
comunicando allo stesso Consiglio che procede con istruzione
sommaria (1).
Il Procuratore Generale, quando intende promuovere l’azione
disciplinare avvalendosi della facoltà attribuitagli dall’art. 14 della
legge, ne dà notizia al Ministro dieci giorni prima, indicando
sommariamente i fatti per i quali intende procedere. Il Ministro, se
ritiene che l’azione disciplinare debba essere estesa ad alri fatti, ne fa
richiesta al Procuratore Generale anche dopo l’inizio dell’azione stessa.
61
La comunicazione preventiva di cui al comma precedente non è
richiesta quando il Procuratore Generale contesta o chiede che siano
contestati nuovi fatti durante il corso dell’istruzione.
L’azione disciplinare non può essere promossa dopo un anno dal
giorno in cui il Ministro o il procuratore generale hanno avuto notizia
del fatto che forma oggetto dello addebito disciplinare.
La richiesta del Ministro al procuratore generale ovvero la
richiesta o la comunicazione del procuratore generale al Consiglio
superiore determina a tutti gli effetti l’inizio del procedimento.
Dell’inizio del procedimento deve essere data comunicazione
all’incolpato con la indicazione del fatto che gli viene addebitato. Gli
atti istruttori non preceduti dalla comunicazione all’incolpato sono
nulli, ma la nullità non può essere più rilevata se non è dedotta con
dichiarazione scritta e motivata nel termine di cinque giorni dalla
comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla
sezione disciplinare.
Entro un anno dall’inizio del procedimento deve essere
comunicato all’incolpato il decreto che fissa la discussione orale
davanti alla sezione disciplinre. Nei due anni successivi dalla predetta
comunicazione deve essere pronunciata la sentenza. Quando i termini
non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre
che l’incolpato vi consenta (2).
Degli atti compiuti dalla sezione disciplinare è trasmessa copia
al Ministro.
Il corso dei termini di cui al presente articolo è sospeso se per
il medesimo fatto viene iniziata l’azione penale, ovvero se nel corso
del procedimento viene sollevata questione di legittimità
costituzionale, e riprende a decorrere rispettivamente dal giorno in
cui è pronunciata la sentenza o il decreto indicati nell’articolo 3 del
codice di procedura penale, ovvero dal giorno in cui è pubblicata la
decisione della Corte costituzionale. Il corso dei termini è altresì
sospeso durante il tempo in cui l’incolpato è sottoposto a perizia o
ad accertamenti specialistici, ovvero durante il tempo in cui il
procedimento è rinviato a richiesta dell’incolpato.
(1) cfr. art. 14 L. 24 marzo 1958 n. 195.
(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 28 dicemrbe 1990 n. 579 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale di tale comma “nella parte in cui non estende i termini
ivi fissati al procedimento di rinvio”.
62
60. Ricorso avverso le decisioni della sezione disciplinare. - Il
ricorso previsto nell’art. 17, ultimo comma, della legge, può essere
proposto alle sezioni unite civili della Corte suprema di cassazione
dal Ministro per la grazia e giustizia, dal Procuratore Generale presso
la stessa Corte e dall’incolpato, entro sessanta giorni dalla
comunicazione del provvedimento disciplinare in copia integrale.
61. Provvedimenti disciplinari. Esecuzione. - E’ abolita la facoltà
prevista nell’art. 20, secondo comma, del regio decreto legislativo 31
maggio 1946, n. 511.
Le decisioni disciplinari con cui è inflitto l’ammonimento o la
censura sono eseguite nelle forme rispettivamente previste negli artt.
20 e 21 del decreto citato nel comma precedente. Copia del verbale
è trasmesso al Consiglio superiore e al Ministro.
Le decisioni che infliggono la perdita della anzianità, la rimozione
o la destituzione sono eseguite mediante decreto del Presidente della
Repubblica controfirmato dal Ministro.
62. Revisione del procedimento disciplinare. - Il potere di chiedere
la revisione del procedimento disciplinare previto dall’articolo 37,
sesto comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511,
può essere esercitato anche dal Procuratore Generale presso la Corte
suprema di Cassazione.
63-74 (omissis)
R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. Ordinamento giudiziario.
12. Obbligo della residenza. Sanzioni. - Il magistrato ha l’obbligo
di risiedere stabilmente nel comune ove ha sede l’ufficio giudiziario
presso il quale esercita le sue funzioni e non può assentarsene senza
autorizzazione dei superiori gerarchici.
Il magistrato che trasgredisce alle disposizioni del presente
articolo è soggetto a provvedimenti disciplinari, [e può comunque
essere privato dello stipendio, con decreto ministeriale, per un tempo
corrispondente all’assenza abusiva.] (1)
(1) disposizione implicitamente abrogata dall’art. 105 cost. e dall’art. 10 L. 24
marzo 1958 n. 195.
63
LEGGE 7 febbraio 1990, n. 19.
Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della
pena e destituzione dei pubblici dipendenti.
1-8 (omissis)
9. 1. Il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto
a seguito di condanna penale. E’ abrogata ogni contraria disposizione
di legge.
2. La destituzione può sempre essere inflitta all’esito del
procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso
entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto
notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei
successivi novanta giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare
del servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva
efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non
superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione
cautelare è revocata di diritto.
3. Per i loro dipendenti le regioni provvedono ad adegure i
rispettivi ordinamenti ai principi fondamentali espressi nel presente
articolo.
10. 1. Alla data di entrata in vigore della presente legge cessa
l’esecuzione delle pene accessorie conseguenti a condanne a pene
condizionalmente sospese. Qualora la sospensione condizionale della
pena venga successivamente revocata, le pene accessorie sono eseguite
per la parte residua.
2. I pubblici dipendenti che anteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge siano stati destituiti di diritto sono, a
domanda, riammessi in servizio.
3. La riammissione è concessa solo se all’esito del procedimento
disciplinare, che deve essere proseguito o promosso entro novanta
gionri dalla ricezione della domanda di riammissione da parte
dell’amministrazione competente e che deve essere concluso entro i
successivi novanta giorni, non venga inflitta la destituzione.
4. Il dipendente ammesso è reintegrato nel ruolo con la qualifica,
il livello e l’anzianità posseduti alla data di cessazione del servizio.
5. Per i loro dipendenti le regioni provvedono ad adeguare i
64
rispettivi ordinamenti ai principi fondamentali espressi nel presente
articolo.
65
LEGGE 19 marzo 1990 n. 55 *
Nuove disposizioni per la prevenzione della delinguenza di tipo
mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale
omissis
«Art. 15. – 1. Non possono essere candidati alle elezioni regionali,
provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque
ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e
consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco,
assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e
componente del consiglio circoscrizionale, presidente del consiglio di
ammministrazione dei consorsi, presidente e componente dei consigli
e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione
e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo
23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, amministratore e componente
degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali,
presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità
montane:
a) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per
il delitto previsto dall’articolo 416–bis del codice penale o per il delitto
di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti
o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto
di cui all’art. 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il
traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione,
l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, l’uso o il trasporto
di armi, munizioni o materie esplodenti, o per delitto di
favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei
predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per
i delitti previsti dagli articoli 314 (peculato), 316 (peculato mediante
profitto dell’errore altrui), 316–bis (malversazione a danno dello Stato),
317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319
(corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319–ter
(corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata
* Si riporta la norma per le implicazioni che potrebbero sorgere circa l'estensione
del comma 4 septies ai magistrati.
66
di un pubblico servizio) del codice penale;
c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva o con
sentenza di primo grado, confermata in appello, per un delitto
commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti
ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diverso da quelli
indicati alla lettera b);
d) coloro che per lo stesso fatto, sono stati condannati con sentenza
di primo grado, confermata in appello, ad una pena non inferiore a
due anni di reclusione per delitto non colposo;
e) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per i delitti
indicati alla lettera a), se per essi è stato già disposto il giudizio, se
sono stati presentati ovvero citati a comparire in udienza per il giudizio;
f) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, anche se con
provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione, in quanto
indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 1
della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13
della legge 13 settembre 1982, n. 646. (1)
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nel caso in
cui nei confronti dell’interessato venga emessa sentenza, anche se non
definitiva, di non luogo a procedere o di proscioglimento o sentenza
di annullamento, anche se con rinvio, ovvero provvedimento di revoca
della misura di prevenzione, anche se non definitivo. (1)
3. Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi
altro incarico con riferimento al quale la elezione o la nomina è di
competenza:
a) del consiglio regionale, provinciale, comunale o circoscrizionale;
b) della giunta regionale o provinciale o dei loro presidenti, della
giunta comunale o del sindaco, di assessori regionali, provinciali o
comunali. (1)
4. L’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle
condizioni di cui al comma 1 è nulla. L’organo che ha deliberato la
nomina o la convalida dell’elezione è tenuto a revocarla non appena
venuto a conoscenza dell’esistenza delle condizioni stesse. (1)
4–bis. Se alcuna delle condizioni di cui al comma 1 sopravviene
dopo la elezione o la nomina, essa, fuori dei casi previsti dal comma
67
4–quinques, comporta la immediata sospensione dalle cariche sopra
indicate. (1)
4–ter La sospensione dei presidenti delle giunte regionali, degli
assessori regionali e dei consiglieri regionali è disposta con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del
Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per le riforme
istituzionali e gli affari regionali, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri. Negli altri casi la sospensione è adottata dal prefetto, al
quale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria sono comunicati a cura
della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero.
(1)
4–quater. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti
dell’interessato venga emessa sentenza, anche se non passata in
giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di
assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o
sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza
o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell’albo pretorio
e comunicati alla prima adunanza dell’organo che ha proceduto alla
elezione, alla convalia della elezione o alla nomina. (1)
4–quinquies. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1
decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della
sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il
provvedimento che applica la misura di prevenzione. (1)
4–sexies. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si
applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata
in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con
provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi
dell’articolo 178 del codice penale o dell‘articolo 15 della legge 3 agosto
1988, n. 327. (1).
4–septies. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere
a), b), c), d), ed f) del comma 1 nei confronti del personale dipendente
delle amministrazioni pubbliche, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo
alla immediata sospensione dell’interessato dalla funzione o dall’ufficio
ricoperti. Per il personale degli enti locali la sospensione è disposta dal
capo dell’amministrazione o dell’ente locale ovvero dal responsabile
68
dell’ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure
previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale appartenete alle regioni
e per gli amministratori e i componenti degli organi delle unità sanitarie
locali, la sospensione è adottata dal presidente della giunta regionale,
fatta salva la competenza, nella regione Trentino–Alto–Adige, dei
presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano. A tal fine i
provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della
cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai
responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati al comma 1. (1)
4–octies. Al personale dipendente di cui al comma 4–septies si
applicano altresì le disposizioni dei commi 4–quinques e 4–sexies. (1)
5. Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli
enti di cui al comma 1, l’autorità giudiziaria ha emesso provvedimenti
che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali
degli enti medesimi e vi è la necessità di verificare che non ricorrano
pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il
prefetto può accedere presso gli enti interessati per acquisire dati e
documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi.
6. Copie dei provvedimenti di cui al comma 5 sono trasmesse
all’Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la
delinquenza mafiosa»
omissis
(1) Così sostituiti dall’art. 1 l. 18 gennaio 1992 n. 16 «Norme in materia di elezioni
e nomine presso le regioni e gli enti locali»
69
LEGGE 18 marzo 1968, n. 250.
Condono di sanzioni disciplinari.
1. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge
sono condonate:
1) le sanzioni inflitte o da infliggere per infrazioni disciplinari
commesse sino a tutto il 31 gennaio 1966 da dipendenti delle
amministrazioni dello Stato, compresi i militari e gli appartenenti a
corpi militarizzati, o degli enti pubblici, o degli enti di diritto
pubblico, quando le sanzioni stesse non comportino la risoluzione
del rapporto di impiego o di lavoro;
2) le sanzioni inflitte o da infliggere, non superiori alla
sospensione, per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31
gennaio 1966 da esercenti pubbliche funzioni o una attività
professionale.
Delle sanzioni condonate non deve rimanere alcuna traccia nel
fascicolo personale degli interessati.
2. Nei casi in cui le sanzioni condonate ai sensi del n. 1) del
precedente articolo siano state inflitte per infrazioni disciplinari
causate da motivi sindacali o politici, in favore del personale civile
in attività di servizio son annullati, per ilperiodo sucessivo alla entrata
in vigore della presente legge, gli effetti che, relativamente agli scatti
di anzianità, sono derivati da quelle sanzioni.
Se quegli effetti si sono verificati prima del conseguimento di
una promozione, agli appartenenti al predetto personale, che ne fanno
domanda entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, viene liquidato, una tantum, l’importo corrispondente al
beneficio che nel periodo immediatamente precedente la promozione,
ed in ogni caso per una durata non eccedente un biennio, essi
avrebbero conseguito dalla applicazione dello scatto di anzianità ove
non fossero state comminate le sanzioni di cui al precedente comma.
3. All’onere derivante dall’applicazione della presente legge, di
lire 170 milioni, si provvede con corrispondente aliquota del gettito
derivante dall’applicazione del decreto-legge 14 dicembre 1965, n.
1344, convertito nella legge 9 febbraio 1966, n. 21, concernente
l’importazione delle banane fresche.
70
Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con proprio
decreto, le variazioni di bilancio conseguenti al presente
provvedimento.
4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
71
LEGGE 20 maggio 1986 n. 198.
Condono di sanzioni disciplinari ai dipendenti delle amministrazioni
dello Stato, nonchè agli esercenti pubbliche funzioni o attività
professionali.
Articolo unico. - Con effetto dalla data di entrata in vigore della
presente legge è concesso condono per:
a) le sanzioni inflitte in via definitiva per infrazioni disciplinari
commesse sino a tutto il 31 dicembre 1979 da dipendenti delle
amministrazioni dello Stato, compresi i militari e gli appartenenti ai
corpi militarizzati, degli enti pubblici e degli enti di diritto pubblico,
quanto le sanzioni comminate non hanno comportato la risoluzione
del rapporto di impiego o di lavoro;
b) le sanzioni inflitte in via definitiva non superiori alla
sospensione, per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31
dicembre 1979 da esercenti pubbliche funzioni o attività professionali.
Il condono previsto dalla presente legge non si estende agli effetti
accessori o collaterali già prodotti dalle sanzioni disciplinari inflitte.
Delle sanzioni condonate non deve rimanere traccia nel fascicolo
personale degli interessati.
72
MASSIMARIO DELLE DECISIONI
DELLA SEZIONE DISCIPLINARE
DEL CONSIGLIO SUPERIORE
DELLA MAGISTRATURA
73
74
SOMMARIO
1. - Abuso di potere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2. - Astensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3. - Attività extragiudiziaria . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4. - Attività politica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5. - Azione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6. - Competenza della sezione disciplinare . . . . . .
7. - Condotta privata del magistrato . . . . . . . . . . .
8. - Debiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9. - Difesa dell’incolpato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10. - Doveri del giudice: correttezza . . . . . . . . . . . .
11. - Doveri del giudice: diligenza. . . . . . . . . . . . . .
12. - Doveri del giudice: imparzialità . . . . . . . . . . .
13. - Doveri del giudice: operosità . . . . . . . . . . . . .
14. - Doveri del giudice: riserbo . . . . . . . . . . . . . . .
15. - Esecuzione delle decisioni disciplinari . . . . . .
16. - Illecito disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17. - Imputabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18. - Incompatibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19. - Libertà di critica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
20. - Procedimento disciplinare . . . . . . . . . . . . . . .
21. - Procedimento penale e disciplinare . . . . . . . .
22. - Provvedimenti del giudice: sindacabilità . . . . .
23. - Rapporti con gli avvocati . . . . . . . . . . . . . . . .
24. - Rapporti con i collaboratori . . . . . . . . . . . . . .
25. - Rapporti con i colleghi . . . . . . . . . . . . . . . . . .
26. - Rapporti con i dirigenti . . . . . . . . . . . . . . . . .
27. - Rapporti con il Consiglio Superiore
della Magistratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
28. - Rapporti con i privati . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29. - Rapporti con la Polizia. . . . . . . . . . . . . . . . . .
30. - Rapporti con la Pubblica Amministrazione . .
31. - Rapporti dei dirigenti con i magistrati . . . . . .
32. - Rapporti familiari ed extraconiugali . . . . . . . .
33. - Residenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
34. - Revisione del procedimento disciplinare. . . . .
35. - Ricusazione di un componente della sezione
disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
36. - Sanzione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
37. - Sezione disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
38. - Sospensione cautelare. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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85
95
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75
76
1. - ABUSO DI POTERE
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78
Procedimento n. 24 - Sentenza del 18 novembre 1961 - Pres. De
Pietro.
Abuso di potere - Procuratore della Repubblica - Incarichi giudiziari ai
figli - Richieste di favori a persone sottoposte a procedimento penale
- Debiti contratti con avvocati e imputati - Sussistenza dell’illecito
- Sanzione della destituzione.
Compromette in modo gravissimo il prestigio dell’ordine giudiziario
ed è indegno di continuare a far parte dell’ordine medesimo il
magistrato che, quale procuratore della Repubblica, tenga
costantemente in ufficio e fuori una condotta tale da renderlo
immeritevole della fiducia e della considerazione di cui ogni magistrato
deve godere. Nella fattispecie l’incolpato aveva nominato difensore di
ufficio di imputati, in varie istruttorie, il proprio figlio praticante
procuratore legale, e perito di ufficio un altro suo figlio medico; aveva
suggerito ai componenti del consiglio di amministrazione di una
cooperativa di trasporti — da lui interrogati come imputati — di
rivolgersi al predetto suo figlio praticante procuratore per interessarlo
all’attività della cooperativa; aveva contratto mutui di somme ingenti
con avvocati, con imputati e con altri cittadini, senza estinguerne
parecchi; aveva lasciati insoluti dei conti presso alcuni esercenti
pubblici del posto; aveva fatto confezionare per sè e per i suoi figli
capi di vestiario da un sarto, sottoposto a procedimento penale, senza
corrisponderne l’importo; aveva chiesto ed ottenuto per fini personali
79
l’uso di un autoveicolo di proprietà del comune, in pendenza di un
procedimento penale a carico di alcuni amministratori comunali,
nonchè la fornitura di materiali da costruzione, senza pagarne il prezzo,
dal padre di un imputato prosciolto in istruttoria; aveva sollecitato più
volte lo stesso imputato ed altre persone a reperirgli prestiti di denaro.
Procedimento n. 47 - Sentenza del 28 luglio 1962 - Pres. De Pietro.
Abuso di potere - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un pretore
che — cercando di riparare ad un errore da lui commesso all’udienza
penale (proscioglimento di un imputato per oblazione da
contravvenzione, peraltro non oblabile, senza che fosse stata pagata
la somma relativa) — convochi il prevenuto in pretura per indurlo a
un pagamento tardivo e, di fronte al rifiuto dello stesso, lo faccia
arrestare per una imputazione di competenza di altro giudice anche
se basata su gli stessi fatti che avevano formato oggetto del
procedimento già concluso in sede pretorile.
Procedimento n. 52 - Sentenza del 9 marzo 1963 - Pres. De Pietro.
Abuso di potere - Richieste di tessere per pubblici spettacoli - Richieste
di altri favori e di doni - Sussistenza dell’illecito.
Compromette gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario e
pertanto, commette illecito disciplinare, il magistrato che, nel piccolo
centro ove esercita le sue funzioni, insistentemente e petulantemente,
richieda tessera per l’ingresso gratuito a pubblici spettacoli; che
pretenda sconti eccessivi da commercianti e fornitori di merci e di
di servizi, che — in occasione del suo trasferimento ad altra sede —
dichiari di preferire in dono un oggetto di valore, da lui indicato,
alla cena di commiato per consuetudine offerta da colleghi, da
avvocati e da funzionari; da rechi molestia e faccia proposte di
rapporti intimi alla giovane figlia di un avvocato, collaboratrice del
padre nello studio professionale, nonchè ad una donna convocata
ripetutamente in ufficio nella sua qualità di imputata.
80
Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 Aprile 1963 - Pres. De Pietro.
Abuso di potere - Simulazione di un pericolo immaginario a danno di
privati - Conseguimento di indebito profitto - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che — in concorso
con individui pregiudicati ed avvalendosi della sua qualità — si
procuri l’ingiusto profitto di alcune centinaia di migliaia di lire,
inducendo in errore, con artifizi e raggiri, due persone ingenerando
in esse il timore di un pericolo immaginario, costituito dalla
esecuzione di un mandato di cattura che sarebbe stato emesso a
carico di una delle due e che il magistrato finga di lacerare. Infatti
le circostanze di non avere esitato ad entrare in combutta con
individui spregevoli allo scopo di conseguire un indebito profitto
patrimoniale, di non essersi peritato di penetrare in quegli uffici dove
aveva prestato servizio per simulare la distruzione di un attto
precessuale, di non essersi fermato di fronte alla angosciosa
trepidazione di persona che si trovava in una drammatica situazione
psicologica perchè sottoposta a procedimento penale e di avere, anzi,
sfruttato tale situazione a proprio ed altrui profitto, integrano una
condotta in assoluto e insanabile contrasto con le caratteristiche
funzionali e deontologiche della figura di un appartenente all’ordine
giudiziario.
Procedimento n. 66 - Sentenza del 1° febbraio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Abuso di potere - Magistrato contravvenzionato da vigile urbano Contravvenzione non oblabile - Richiesta di modifica del processo
verbale - Sussistenza dell’illecito.
Non è consono alla dignità ed al prestigio dell’ufficio e provoca
discredito per l’ordine giudiziario il comportamento del magistrato
il quale — a seguito della notifica di un processo verbale di
contravvenzione agli artt. 17 e 135 del codice stradale, elevategli dai
vigili urbani — tenti di ottenere dai verbalizzanti l’eliminazione da
tale atto della seconda contravvenzione non oblabile, a suo avviso
insussistente, chiedendo al comandante dei vigili stessi la modifica
81
dell’intero testo del verbale già trasmesso all’autorità giudiziaria.
Procedimento n. 130 - Sentenza del 13 luglio 1968 - Pres.
Amatucci.
Abuso di potere - Presidente di tribunale che designi sè stesso come
presidente di un collegio arbitrale - Sussistenza dell’illecito;
Viene meno ai doveri impostigli dalla sua qualità di magistrato
il presidente di un tribunale che, adito dai due arbitri di parte per
la scelta del presidente del collegio arbitrale, abbia designato se stesso
ed espletato le relative funzioni. Risponde, invero, ad una essenziale
esigenza di correttezza che il magistrato non debba attribuirsi, di
propria iniziativa, incarichi lucrativi, a nulla rilevando ai fini
disciplinari, che a ciò egli sia stato indotto dalle insistenze delle parti
interessate.
Procedimento n. 149 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
Abuso di potere - Presidente di collegio giudicante - Segnalazione al
direttore di un istituto di prevenzione e pena per differire il
trasferimento di un imputato - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
presidente di collegio giudicante penale che — in vista della prossima
fissazione della udienza dibattimentale — segnali al direttore di un
istituto di prevenzione e pena l’opportunità di differire il
trasferimento, disposto per motivi disciplinari, di un imputato.
Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres.
Amatucci.
Abuso di potere - Parere di un magistrato del p.m. in ordine ari ritiro
del passaporto su richiesta della questura - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
magistrato del pubblico ministero che si sia pronunciato
82
negativamente in ordine al ritiro di passaporti nei confronti di
imputati di bancarotta fraudolenta quanto ciò sia avvenuto a seguito
di una richiesta di parere da parte dei competenti funzionari della
questura.
Procedimento n. 219 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Abuso di potere - Richiesta di notizie alla p.s. su ordine di carcerazione
- Mancanza di elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che richieda ad un maresciallo di p.s. notizie su un ordine
di carcerazione a carico di persona con lui in rapporto di
dimestichezza nonchè sull’eventuale amnistia, quanto risulti accertato
essere il magistrato ben noto all’interlocutore sì da non poter essere
frainteso circa il suo esclusivo intento di evitare l’esecuzione di un
ordine di carcerazione eventualmente già revocato.
Procedimento n. 234 - Sentenza el 12 maggio 1972 - Pres.
Amatucci.
Abuso di potere - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che intervenga direttamente presso gli addetti alla depositeria
comunale per persuaderli ad eseguire un ordine di restituzione di
una autovettura — rimossa perchè giudiziario, ingenerando in tal
modo nei cittadini presenti il convincimento della commissione di
un abuso per ragioni di amicizia.
Procedimento n. 1/90 - Sentenza del 21 settembre 1990 - Pres.
Galloni.
Abuso di potere - Emissione di provvedimento diretto a violare i limiti
della funzione giurisdizionale ordinaria - Responsabilità disciplinare
83
- Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, con l’emissione di un provvedimento giurisdizionale abnorme e
con la perpetuazione nel tempo dei suoi effetti con modalità
processuali inusitate, attua una preordinata ed indebita intromissione
nella sfera dei poteri del giudice amministrativo.
(Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto censurabile il
comportamento del pretore che aveva sospeso con decreto emesso ex
art. 700 c.p.c. l’esecutorietà di un provvedimento amministrativo di
trasferimento di un ufficiale di p.g., già oggetto di ricorso al giudice
amministrativo con contestuale richiesta di sopensiva, fino al
momento in cui il T.A.R. non avrebbe provveduto sull’istanza di
sospensiva e, successivamente, nel confermare la pronunzia cautelare
aveva concesso il termine di 180 giorni per l’inizio del giudizio di
merito).
84
2. ASTENSIONE
85
86
Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro.
Astensione - Omissione in un procediemnto in cui il difensore di un
parte abbia firmato per avallo cambiali emesse dal magistrato Sussistenza dell’illecito.
É censurabile in sede disciplinare il magistrato che, avendo
ottenuto da un avvocato la firma di avallo su una cambiale, non
avverta il dovere di astenersi dal trattare procedimenti nei quali il
suddetto avvocato svolga funzioni di difensore, specie se l’operazione
di avallo sia nota nel piccolo centro sede della pretura.
Procedimento n. 52 - Sentenza del 9 marzo 1963 - Pres. De Pietro.
Astensione - Omissione in un procedimento penale a carico del gestore
di un ristorante ove si consumavano pasti a prezzo di favore Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che non ritenga di astenersi dal giudicare un procedimento penale a
carico del gestore di un ristorante dove egli e i suoi familiari
consumavano abitualmente i pasti a prezzo di favore.
87
Procedimento n. 55 - Sentenza del 22 giugno 1963 - Pres. De
Pietro.
Asetensione - Procuratore legale parente del magistrato - Sostituzione di
altro legale di due udienze istruttorie - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che non si astiene
in una causa in cui sia intervenuto come procuratore legale un suo
parente quando la partecipazione di quest’ultimo al giudizio si sia
limitata alla sostituzione di un altro legale in due sole udienze
istruttorie.
Procediento n. 83 - Sentenza del 1° Febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Astensione - Omissione in un procedimento in cui difensore di una
parte sia il cognato del magistrato - Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri e compromette il prestigio dell’ordine
giudiziario il magistrato che omette di astenersi in procedimenti civili
e penali nei quali un suo cognato svolga le funzioni di avvocato.
Procedimento n. 238 - Sentenza del 19 maggio 1972 - Pres.
Amatucci
Astensione - Mancato esercizio della facoltà di astensione - Unico
magistrato in servizio feriale presso la procura della Repubblica Successivo esercizio della facoltà di astensione - Insussitenza
dell’illecito.
L’art. 73 c.p.p. prevede per i magistrati del pubblico ministero la
facoltà e non l’obbligo di astensione, conseguentemente l’eventuale
inosservanza di tale norma va esaminata in sede disciplinare con
minore rigidità di quella applicabile nei confronti di un magistrato
addetto a funzioni giudicanti.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, durante il periodo feriale e come unico magistrato
88
in servizio, abbia disposto indagini di polizia giudiziaria e abbia
continuato personalmente le dette indagini, pur ricorrendo, a norma
dell’art. 73 c.p.p., gravi ragioni di convenienza per astenersi, quando
abbia esercitato la detta facoltà, non appena si sia resa possibile la
sua sostituzione.
Procedimento n. 382 - Sentenza del 15 luglio 1978 - Pres.
Bachelet.
Astensione - Mancato esercizio della facoltà di astensione - Illecito
disciplinare - Sussistenza - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in qualità di presidente di un collegio penale, tratti un processo
per reati relativi alla disciplina urbanistica e demaniale che ha
suscitato notevole scalpore nell’opinione pubblica anche nazionale,
senza considerare che la circostanza di essere proprietario di un
appartamento sito in uno degli edifici, in relazione ai quali i suddetti
reati erano stati contestati, gli imponeva il dovere di astenersi per
evitare sospetti di compiacenza; e ciò anche se sia da escludere che
l’incolpato abbia agito per motivi personali, non potendo l’eventuale
condanna degli imputati pregiudicare i diritti di proprietà da lui
acquisiti nell’appartamento suddetto.
Procedimento n. 407 - Sentenza del 18 gennaio 1980 - Pres.
Bachelet.
Astensione - Mancato esercizio della facoltà di astensione - Illecito
disciplinare - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del giudice
istruttore che non si astenga dal trattare un procedimento penale per
omicidio colposo, instaurato contro un imputato il quale, oltre ad
essere costruttore dell’edificio in cui trovasi l’appartamento acquistato
dalla moglie dell’incolpato, riscuota periodicamente da quest’ultimo,
durante il corso dell’istruttoria, nella veste di incaricato delle vendite,
i ratei del pagamento del prezzo di tale immobile.
89
Procedimento n. 393 - Sentenza del 18 settembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Astensione - Istanza di colloquio con un detenuto presentata ad un
magistrato da una donna cui lo stesso magistrato sia legato da
rapporto di amicizia - Mancata astensione - Illecito disciplinare Insussistenza - Limiti.
Poichè la concessione di permessi per colloqui con imputati
detenuti è caratterizzata da una limitatissima sfera di discrezionalità,
non costituisce illecito disciplinare il magistrato che non si astenga,
ma provveda in senso positivo all’istanza di colloquio presentatagli
da una donna cui è legato da un vecchio rapporto di amicizia, a
meno che sia a conoscenza che nell’ambiente in cui opera corrano
voci, sia pure infondate, sulla sussistenza di una relazione sessuale
fra esso incolpato e la donna anzidetta.
Procedimenti n. 271 e 420 - Sentenza del 10 gennaio 1982 - Pres.
Galasso.
Astensione - Fattispecie - Illeceità disciplinare.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, chiamato ad
esercitare le funzioni di pubblico ministero in un procedimento
applicativo di misure di prevenzione, omette di rappresentare in una
formale dichiarazione di astenzione l’esistenza di rapporti amichevoli
con il consulente del soggetto preposto per la stessa misura,
impedendo con ciò all’autorità competente di prendere le opportune
decisioni.
Procedimento n. 393 - Sentenza dell’11 dicembre 1982 - Pres.
Galasso.
Astensione - Sussistenza delle condizioni di cui all’art. 73 c.p.p. Omessa astensione - Falsità dei fatti giustificativi dell’astensione
accertata ex post - irrilevanza - Sussistenza dell’illecito.
90
Ogni magistrato, in qualsiasi circostanza non solo deve essere
imparziale, ma deve anche comportarsi in maniera da apparire tale,
perchè anche le apparenze possono suscitare sospetti che, per quanto
si rivelino poi infondati, sono ugualmente idonei ad ingenerare
sfiducia.
(Nella specie il magistrato non si era astenuto sulla richiesta di
un permesso di colloquio da parte di una donna, pubblicamente
indicata come sua amante, a seguito della diffusione di fotografie, in
seguito rivelatesi fotomontaggi, che li ritraevano insieme in
atteggiamenti osceni).
Procedimento n. 2/85 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres.
Guizzi.
Astensione - Limiti.
Al di fuori dei casi previsti dall’art. 64 C.P.P. incombe al giudice
il dovere di astensione quando le ragioni di convenienza siano gravi,
idonee cioè a menomare la libertà di determinazione del giudice o
la sua insospettabilità. Semplici motivi di opportunità e di
convenienza non sono sufficienti per legittimare l’astensione nè per
fondare l’obbligo della dichiarazione ex art. 62 C.P.P..
(Nella specie l’incolpato nella qualità di Presidente di Corte di
Assise aveva ritenuto di non astenersi in relazione ad un’istanza della
parte civile che prospettava di essere assistita dallo stesso legale che
aveva difeso la parte civile di un processo per lesioni colpose a carico
di un figlio de’ll’incolpato, a sua volta difeso in quel procedimento
dallo stesso difensore dell’imputato da giudicare).
Procedimento n. 3/86 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres.
Mirabelli.
Astensione - Omissione in un procediemnto in cui l’imputato sia moglie
del cognato del pubblico ministero - Difetto dell’elemento soggettivo.
Il mancato esercizio della facoltà di astenersi per gravi ragioni
di convenienza, a sensi dell’art. 73 C.P.P., è censurabile
91
disciplinarmente quando possa essere compromessa l’immagine di
credibilità od imparzialità dell’ordine giudiziario.
(Nella specie il magistrato che non si era astenuto dalla
trattazione di un procedimento penale nel quale era coinvolta la
moglie del cognato è stato assolto per mancanza di prova sulla
consapevolezza dei presupposti di fatto dell’astensione).
Procedimento n. 67/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Astensione - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, nella qualità di
Presidente della Commissione tributaria, non si astiene dall’esaminare
e decidere questioni concernenti una ditta presso la quale ha in
precedenza effettuato rilevanti acquisti a condizioni vantaggiose.
Procedimento n. 49/86 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Astensione - Obbligo di astensione - Limiti.
Il dovere di astensione che non sussiste tutte le volte in cui vi sono
unicamente rapporti di amicizia, cordialità, frequentazione tra il
magistrato ed i difensori delle parti, a maggior ragione non sussiste
quando tale rapporto intercorre tra il magistrato e persona che non
ha alcuna veste ed alcun titolo per intervenire nel procedimento.
(Nella specie all’incolpato si contestava la circostanza, peraltro
non accertata in fatto, di avere avuto stretti rapporti di affari con il
consulente finanziario di un imputato in un processo da lui istruito).
Procedimento n. 48/85 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Astensione - Mancata astensione su denuncia che lo riguarda Sussistenza dell’illecito.
92
Il magistrato accusato in una denuncia che gli sia pervenuta o
per errore o perchè di turno ovvero in relazione all’esercizio di
contingenti funzioni di capo dell’uffico dovrà ispirare il cuo
comportamento ad una regola deontologica fondamentale, ricavabile
dall’ordinamento, che impone di astenersi da qualsiasi attività che
possa far sorgere anche solo il sospetto di un interazione o
sovrapposizione dell’interesse personale a difendersi con l’interesse
pubblico ad un corretto ed imparziale esercizio della funzione
giudiziaria.
(Nella specie è stata ritenuta la responsabilità disciplinare del
sostituto procuratore il quale, ricevuta una denuncia che lo riguardava
non ne informava il Capo dell’ufficio e, presa visione degli atti cui
la denuncia si riferiva, provvedeva, oltre un mese dopo, a qualificarla
come calunniosa trasmettendola quindi ad un altro collega della
Procura).
Procedimenti n. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli.
Astensione - Fattispecie - Illiceità.
Commette illecito disciplinare il magistrato che viola un evidente
obbligo di astensione.
(Nella specie l’incolpato aveva fatto parte di un collegio chiamato
a conoscere in appello di una controversia insorta tra le stesse parti,
per lo stesso rapporto di lavoro, per lo stesso atto di licenziamento
che già avevano formato oggetto di un lodo arbitrale emesso da un
collegio da lui stesso presieduto).
93
94
3. ATTIVITA’ EXTRAGIUDIZIARIA
95
96
Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro.
Attività extragiudiziaria - Brevetto di invenzione - Insussistenza dell’illecito
- Sfruttamento industriale del brevetto - Sussistenza dell’illecito.
Nessuna disposizione di legge impedisce al magistrato di far
brevettare a suo nome una sua invenzione, essendo invece a lui vietato
soltanto lo sfruttamento industriale della propria invenzione.
Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro.
Attività extragiudiziaria - Partecipazione a società personale per
l’esercizio di industria o commercio - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce violazione della norma di cui all’art. 16
dell’ordinamento giudiziario, che fa divieto al magistrato di esercitare
industrie e commerci, la partecipazione dello stesso ad una società
personale avente per oggetto l’esercizio di una industria o di un
commercio.
Procedimento n. 14 - Sentenza del 25 novembre 1961 - Pres. De
97
Pietro.
Attività extragiudiziaria - Consulenza continua, anche se gratuita, ad
ingegnere - Sussistenza dell’illecito.
Commette infrazione disciplinare il magistrato che presti una
continua attività di consulenza, sia pure gratuita, a favore di un
ingegnere sì da apparire agli estranei come un vero e proprio
collaboratore di quel professionista.
Procedimento n. 41 - Sentenza del 12 maggio 1962 - Pres. De
Pietro.
Attività extragiudiziaria - Tentativo di conciliazione di una controversia
- Attività consentita - Compenso in denaro - Irrilevanza. Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’attività svolta dal
magistrato per tentare la conciliazione di una controversia tra due
parti, anche se remunerata da uno dei contendenti, quanto non sia
necessaria alcuna autorizzazione. Non può, infatti, fondatamente
rimproverarsi al magistrato di avere percepito un onorario per una
attività effettivamente svolta e non vietata dalle disposizioni in
vigore.
Procedimento n. 41 - Sentenza del 12 maggio 1962 - Pres. De
Pietro.
Attività extragiudiziaria - Arbitrato autorizzato - Percezione di compenso
ulteriore rispetto a quello ufficiale - Attività conciliativa in altra
controversia - mancanza di autorizzazione - Sussistenza dell’illecito.
Viene meno ai propri doveri e compromette il prestigio dell’ordine
giudiziario il magistrato che, in un arbitrato regolarmente autorizzato
tra una società ed un comune, riceva, ad avvenuta liquidazione degli
onorari, un ulteriore compenso dalla società e che, sempre mediante
compenso in denaro, componga in via conciliativa altra controversia
senza avere avuto alcuna autorizzazione.
98
Procedimento n. 41 - Sentenza del 12 maggio 1962 - Pres. De
Pietro.
Attività extragiudiziaria - Comparse retribuite da avvocato per cause
civili pendenti presso altro ufficio - Sussistenza dell’illecito.
Attività extragiudiziaria - Parere per causa civile precedentemente
istruita - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, dietro compenso, rediga per un avvocato comparse in cause civili
pendenti avanti uffici giudiziari diversi dal proprio. Costituisce illecito
disciplinare il comportamento dello stesso magistrato che abbia
espresso un parere scritto in una causa civile da lui precedentemente
istruita sulla base del convincimento formatosi nell’espletamento della
funzione giudiziaria.
Procedimento n. 74 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti.
Attività extragiudiziaria - Parte attiva nell’amministrazione di uno
stabilimento balneare fuori del mandamento della propria pretura
- Sussistenza dell’illecito.
Viene meno ai propri doveri il magistrato che abbia preso parte
attiva alla amministrazione di una società avente per oggetto la
gestione di stabilimenti balneari fuori del mandamento della pretura
di cui era titolare. La lesione del prestigio del magistrato, che deve
essere integro anche fuori del territorio dove egli esercita le funzioni,
risulta ancora più grave, quando la notorietà del fatto consente al
pubblico di indicare uno dei predetti stabilimenti come «lo
stabilimento del giudice».
Procedimento n. 125 - Sentenza del 13 marzo 1969 - Pres.
Amatucci.
Attività extragiudiziaria - Società - Magistrato socio - Pareri in ordine
alla gestione della società - Attività consentita - Insussistenza
dell’illecito.
99
Non viola gli obblighi dell’art. 16 dell’ordinamento giudiziario
il magistrato che, essendo socio di una società avente personalità
giuridica autonoma, esprima agli amministratori della medesima,
in sede assembleare o extra assembleare, la propria approvazione
o disapprovazione in ordine agli atti di gestione della società stessa
e dia ai medesimi pareri o suggerimenti al riguardo su questioni di
carattere giuridico rientranti nella sua esperienza professionale. Ciò
che la legge infatti vieta è che il magistrato assuma di diritto o di
fatto la veste di imprenditore o quella di amministratore.
Procedimento n. 162 - Sentenza del 28 ottobre 1971 - Pres.
Amatucci.
Attività extragiudiziaria - Incarico arbitrale - Perentoria richiesta di un
compenso eccessivo - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, quale presidente di un collegio arbitrale, abbia chiesto un
compenso evidentemente sproporzionato all’attività svolta ed abbia
minacciato il ricorso al procedimento ingiunzionale in difetto di
integrale pagamento entro un brevissimo termine. Anche nell’esercizio
di un’attività di natura privatistica, infatti, il magistrato deve pur
sempre mantenere il decoro e la dignità propri di chi appartiene all’ordine giudiziario.
Procedimento n. 221 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Attività extragiudiziaria - Consulenza giuridica gratuita a privati Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, richiesto, abbia dato in alcuni casi pareri legali ai
propri compaesani, senza però percepire alcun corrispettivo di
qualsiasi natura e astenendosi dall’esprimere i detti pareri su questioni
già sottoposte alla valutazione del magistrato.
Procedimento n. 217 - Sentenza del 25 febbraio 1972 - Pres.
100
Amatucci.
Attività extragiudiziaria - Redazione per conto di un avvocato di una
comparsa di risposta per il giudizio di impugnazione di una
sentenza pronunciata dal magistrato - Sussistenza dell’illecito.
Manca ai doveri di magistrato compromettendo il prestigio
dell’ordine giudiziario il magistrato che predisponga, in favore di uno
studio legale, cui peraltro abbia affidato la tutela giudiziaria degli
interessi di sua moglie, il testo di una comparsa di risposta da
depositare nel giudizio di appello avverso una sentenza di primo
grado della quale egli stesso sia stato l’estensore.
(Nella fattispecie la minuta redatta dal magistrato ed utilizzata
solo formalmente era stata lasciata, sbadatamente, nel fascicolo di
parte depositato in cancelleria).
Procedimento n. 7/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres.
Galasso.
Attività extragiudiziaria - Insegnamento in istituto parificato - Difetto di
autorizzazione - Illeceità disciplinare - Quantificazione della sanzione.
Costituisce illecito disciplinare l’avere il magistrato, senza la
previa autorizzazione del Consiglio, espletato in un Istituto parificato
un incarico di insegnamento non limitato ad un numero esiguo di
prestazioni.
Il convincimento dell’incolpato che l’incarico non necessitasse di
autorizzazione e la mancata sottrazione ai doveri d’ufficio sono elementi
da valutare esclusivamente ai fini di determinazione della sanzione.
Procedimento n; 35/84 - Sentenza del 23 novembre 1984 - Pres.
Guizzi.
Attività extragiudiziaria- Elaborazione di un parere giuridico a richiesta
di ente locale - Previsione di un compenso di lire 4.000.000 Necessità di autorizzazione del C.S.M. - Sussistenza.
Ai sensi dell’art. 16, 2° comma, ordinamento giudiziario
101
l’autorizzazione, prevista per l’assunzione di incarichi di qualsiasi
genere, necessita anche per un’attività di consulenza a favore di un
tente locale che assicuri il notevole compenso di lire 4.000.000.
Può considerarsi sottratta all’onere di preventiva autorizzazione
soltanto l’attività di consulenza esplicita in un occasionale parere di
immediata formulazione, non richiedente una fase di preparazione,
di elaborazione dati e di complesso studio.
Procedimenti n. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli.
Attività extragiudiziaria - Arbitrati tra privati - Violazione dell’art. 16
ord. giud. - Illiceità.
Lo svolgimento di funzioni di Presidente di collegi arbitrali,
costituiti per la risoluzione di controversie tra privati, viola l’art. 16
ord. giud. e costituisce illecito disciplinare.
Procedimenti n. 31/86, 34/87, 43/87 - Sentenza del 6 maggio 1988
- Pres. Mirabelli.
Attività extragiudiziaria - Partecipazione a commissioni di concorso Mancata richiesta d’autorizzazione - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare l’espletamento di numerosi
incarichi senza la preventiva richiesta di autorizzazione al C.S.M.
(Nella specie l’incolpato aveva omesso di richiedere
l’autorizzazione alla partecipazione, in qualità di componente, a più
commissioni di concorso per l’assunzione di personale di vario livello
presso enti locali).
Procedimento n. 24/89 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Attività extragiudiziaria - Fattispecie - Esclusione dell’addebito.
La partecipazione ad una commissione costituita dalla giunta
102
comunale per procedere insindacabilmente alla selezione delle
imprese da inviare alla gara di appalto per la edificazione del nuovo
Palazzo di Giustizia, non costituisce illecito disciplinare quando
manchi la prova di un nocumento alla credibilità e indipendenza
dell’incolpato.
(Nella specie l’incolpato, con funzioni di Procuratore della
Repubblica, aveva partecipato alla detta commissione nella vigenza
della circolare consiliare n. 7131/1979, senza previa autorizzazione
del C.S.M. che, incidentalmente, la Sezione afferma non essere
necessaria).
Procedimento n. 80/79 - Sentenza del 14 luglio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Attività extragiudiziaria - Collaborazione giornalistica - Insussistenza
dell’illecito.
Non è qualificabile come illecito disciplinare, per difetto
dell’elemento soggettivo, il comportamento del magistrato che presti
ad un giornale una continuativa collaborazione giornalistica, dal
momento che l’attività di collaborazione esterna in qualità di
pubblicista (anche accompagnata dalla iscrizione nell’apposito albo)
è di fatto ritenuta lecita e neppure meritevole di autorizzazione da
parte del C.S.M. (che si limita a prenderne atto).
Procedimento n. 72/89 - Sentenza del 15 dicembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Attività extragiudiziaria - Autorizzazione non necessaria - Insussistenza
dell’illecito.
Valutazioni di inopportunità dell’assunzione di incarichi
extragiudiziari, esprimibili a posteriori sulla base della evoluzione
della disciplina propria di detti incarichi, non possono valere ad
integrare, ora per allora, una fattispecie di rilevanza disciplinare
all’epoca non configurabile.
(Nella specie l’incolpato aveva svolto un numero di prestazioni
103
inferiori a cinque non necessitanti autorizzazione nella vigenza della
delibera consiliare 18.7.1984).
104
4. - ATTIVITA’ POLITICA
105
106
Procedimento n. 83 - Sentenza del 18 luglio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Attività politica - Imminenza delle elezioni - Pubblica manifestazione
di simpatia per un determinato partito - Mancanza di eccessi Imparzialità nell’esercizio delle funzioni - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che,
nell’imminenza di elezioni politiche, manifesti pubblcamente le sue
simpatie per un determinato partito, quando non trasmondi e quando
dimostri assoluta imparzialità nell’esercizio delle sue funzioni.
Procedimento n. 43 - Sentenza del 6 febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Attività politica - Manifestazione di idee politiche - Legittimità Partecipazione attiva alla lotta politica - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che non si limiti a manifestare idee politiche ma prenda parte attiva
alla lotta politica. Ciò in quanto nell’esercizio del diritto di cui all’art.
21 della Costituzione il magistrato non solo deve rispettare il generale
limite della legge penale ma che gli speciali limiti connessi alla sua
posizione nella società per la quale è tenuto ad un contegno
particolarmente riservato in relazione alla delicatezza delle sue
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funzioni ed alla esigenza di meritare il rispetto e la fiducia di tutti
senza che possa essere messa in dubbio l’imparzialità ed il prestigio.
Procedimento n. 83 - Sentenza del 1° febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Attività politica - Magistrato presidente di seggio elettorale - Elezione
di un candidato locale - Partecipazione al corteo di festeggiamento
- Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri e si rende immeritevole della fiducia e
della considerazione di cui deve godere ogni appartenente all’ordine
giudiziario il magistrato che, dopo avere temporaneamente
abbandonato il seggio elettorale in cui svolgeva le funzioni di
presidente, abbia partecipato ad un incomposto corteo di automobili
festeggiante la prevista vittoria di un candidato locale. Siffatto
comportamento è censurabile in sede disciplinare sotto il profilo della
imprudenza, della poca opportunità e della sconvenienza, in quanto,
finchè le attività elettorali non siano del tutto chiuse, i presidenti dei
seggi devono non solo essere, ma anche apparire completamente
distaccati da interessi di parte e superiore alla lotta politica.
Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Attività politica - Fattispecie.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che seguendo una certa ideologia, si adopera perchè nel
rispetto della Costituzione, essa si diffonda e si affermi.
(Nella specie un magistrato come presidente di un circolo,
costituitosi e manenutosi per molto tempo con finalità esclusivamente
culturali, avesse strumentalizzato il sodalizio in favore del movimento
studentesco di estrema sinistra, mettendo a disposizione del
medesimo, per il raggruppamento dei suoi fini di organizzazione e
propaganda, sia la sede del circolo che la rivista dallo stesso edita,
provocando in tal modo le dimissioni di quasi tutti i soci, che non
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condividevano l’indirizzo politico, le finalità e le tendenze
estremistiche di detto movimento).
Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 5 maggio 1977.
Attività politica - Distribuzione da parte di un magistrato, nei locali
dell’ufficio giudiziario, dell’invito a partecipare ad un dibattito sulle
opere di uno scrittore contenenti critiche alla magistratura - Illecito
disciplinare - Esclusione.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia distribuito, nel suo ufficio, a pochissimi amici
recatisi a salutarlo, inviti a partecipare ad un dibattito sulle opere di
uno scrittore contenenti gravissime critiche all’operato della
magistratura. Infatti, è da ritenere che la consegna degli inviti,
effettuata con le cennate modalità, non sia avvenuta nel corso
dell’attività pubblica dell’incolpato, bensì nell’ambito dei rapporti di
natura privata preesistenti fra l’incolpato stesso ed i suoi visitatori,
senza che abbia assunto alcun rilievo la qualità di magistrato e
l’esercizio delle relative funzioni.
Procedimento n. 214 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Attività politica - Partecipazione di un magistrato ad un comizio Illecito disciplinare - Esclusione.
Il comportamento di un magistrato che partecipa ad un comizio
e vi prende la parola, non integra, di per sè, violazione dei doveri
del magistrato, nè condotta compromissiva del prestigio dell’Ordine
giudiziario, ma rientra fra i diritti dei libertà, che la Costituzione
riconosce a tutti i cittadini.
Procedimento n. 334 - Sentenza del 19 novemnre 1977 - Pres.
Bachelet.
Attività politica - Partecipazione ad un dibattito - Critiche all’Orddine
109
giudiziario - Valutazione dell’elemento soggettivo - Illegito
disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
magistrato che, prendendo parte ad un pubblico dibattito, accusi
l’Ordine giudiziario di partecipare all’attuazione di un disegno politico
di repressione, astenendosi dall’effettuare indagini su pretesi abusi
delle forze, di polizia, qualora non risulti sufficientemente provato
che tali affermazioni siano state fatte deliberatamente e non siano,
invece, imputabili al clima particolarmente polemico del dibattito, il
quale abbia indotta l’oratore a forzare il tono del suo discorso, ed a
pronunziare frasi non corrispondenti al suo reale pensiero.
Procedimento n. 9/83 - Sentenza del 11 luglio 1983 - Pres. De
Carolis.
Attività politica - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste materia di rilevanza disciplinare allorquando
l’incolpato si sia limitato ad esercitare la sola competenza del giudice
istruttore in materia di visita dei parlamentari agli istituti
penitenziari, che è quella attinente alla autorizzazione di coloqui.
Procedimento n. 2/85 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres.
Guizzi.
Attività politica - Limitata e occasionale attività politica - Insussistenza
dell’illecito.
Non attinge a rilievo disciplinare, per assenza della violazione di
specifici doveri deontologici, lo svolgimento di una limitata ed
occasionale attività politica, integratasi nella partecipazione agli
incontri preparatori dei gruppi consiliari di un Comune per la
formazione della Giunta municipale.
110
5. AZIONE DISCIPLINARE
111
112
Procedimento n. 3 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro.
Azione disciplinare - Inizio del procedimento - Termine previsto dall’art.
97 dello statuto degli impiegati civili dello Stato per l’inizio del
procedimento disciplinare - Applicabilità ai magistrati.
Si applica anche ai magistrati l’art. 97 dello statuto degli impiegati
civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) nella parte in cui
stabilisce che «il procedimento disciplinare deve avere inizio con la
contestazione degli addebiti entro 180 giorni dalla data in cui è
divenuta irrevocabile la sentenza definitiva di proscioglimento od
entro 40 giorni dalla data in cui l’impiegato abbia notificato
all’amministrazione la sentenza stessa». All’applicazione ai magistrati
di questa disposizione non è di ostacolo il fatto che il r.d.l. 31 maggio
1946, n. 511, sulle guarentigie della magistratura disciplini in modo
completo il procedimento disciplinare e non prevedeva nessuna
decadenza per l’esercizio dell’azione disciplinare; ciò perchè l’art. 43
del decreto del 1946 non esclude l’applicabilità ai magistrati di altre
disposizioni che non siano contrarie o incompatibili con le norme in
esso contenute.
Procedimento n. 761 - Sentenza del 21 maggio 1960 - Pres. De
Pietro.
113
Azione disciplinare - Collocamento a riposo del magistrato incolpato
- Normativa dettata in materia dello statuto degli impiegati civili
- Applicabilità ai magistrati - Prosecuzione del procedimento
disciplinare per l’eventuale applicazione della sanzione della
destituzione con conseguente privazione del trattamento di
quiescenza.
Promossa l’azione disciplinare nei confronti di un magistrato ed
avvenuto, nelle more del procedimento, il suo collocamento a riposo
per età ed anzianità di servizio a domanda, il procedimento deve
proseguire all’unico fine di accettare se sia da applicare la sanzione
della destituzione con la conseguente privazione del trattamento di
quiescenza.
La norma di cui all’art. 118 del testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10
gennaio 1957, n. 3) per la quale il procedimento disciplinare prosegue
agli effetti dell’eventuale trattamento di quiescenza anche quando,
nel corso del procedimento medesimo, il rapporto di impiego cessi,
è applicabile anche ai magistrati, in virtù del rinvio contenuto negli
artt. 276 ultimo comma ord. giud. e 14, 2° comma legge 21 maggio
1951, n. 392; e ciò perchè non è concepibile che colui che per
avventura si sia reso completamente indegno di amministrare
giustizia e meriti di essere allontanato dall’ordine giudiziario e privato
anche del trattamento di quiescenza, possa con un suo atto di volontà
sottrarsi alla giusta sanzione e codere dei benefici di cui si fosse reso
immeritevole.
Procedimento n. 18 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De
Pietro.
Azione disciplinare - Collocamento a riposo del magistrato incolpato Normativa dettata in materia dello statuto degli impiegati civili Applicabilità ai magistrati - Prosecuzione del procedimento
disciplinare per l’eventuale applicazione della sanzione della
destituzione con conseguente privazione del trattamento di
quiescenza.
L’art. 118 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 stabilisce che,
114
qualora — nel corso del procedimento disciplinare — il rapporto
d’impiego cessi per qualsiasi motivo, il procedimento disciplinare
deve proseguire ai soli effetti dell’eventuale trattamento di
quiescenza e previdenza. Tale disposizione, ai sensi dell’art. 276,
ultimo comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e dell’art. 14, 2°
comma, della legge 24 maggio 1951, n. 392, è applicabile anche ai
procedimenti disciplinari contro magistrati, non essendo in
contrasto con alcuna specifica disposizione relativa a tali
procedimenti, contenuta nelle leggi sull’ordinamento giudiziario e
nei relativi regolamenti.
Cessato il rapporto d’impiego del magistrato sottoposto a
procedimento disciplinare, si deve anzitutto stabilire se, per i fatti
dei quali lo stesso è incolpato, sia o meno da irrogare la destituzione
con perdita totale o parziale del trattamento di quiescenza. Nel caso
che l’applicabilità di detta sanzione debba essere esclusa, va
senz’altro dichiarata l’improcedibilità dell’azione disciplinare; infatti
la sopraggiunta cessazione del rapporto di impiego, facendo venir
meno l’appartenenza dell’incolpato all’ordine giudiziario, impedisce
che allo stesso si possa irrogare una sanzione disciplinare che non
incida in alcun modo sul trattamento di quiescenza e previdenza, e
cioè sull’unico effetto che il rapporto di impiego è ancora suscettibile
di produrre nonostante la sua cessazione.
Procedimento n. 46 - Sentenza del 23 giugno 1962 - Pres. De
Pietro.
Azione disciplinare - Momento iniziale del procediemento disciplinare
- Coincidenza con la contestazione formale degli addebiti Esclusione.
L’inizio del provvedimento disciplinare a carico dei magistrati
non è costituito dalla contestazione formale degli addebiti
all’incolpato. Risulta, infatti, dal combinato disposto degli art. 14, n.
1 della legge 24 marzo 1958, n. 195 e 59 del d.P.R. 16 settembre
1958, n. 916 che l’azione disciplinare a carico dei magistrati è richiesta
dal Ministro della giustizia o è promosso dal procuratore generale,
e che l’azione ha inizio con la richiesta di istruzione formale ovvero
con la comunicazione del procuratore generale al Consiglio superiore
115
che procede con istruzione sommaria.
Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Azione disciplinare - Inerzia dell’organo dell’azione - Termine di
decadenza previsto per il procedimento disciplinare contro gli
impiegati dello Stato - Conseguente estinzione del procedimento Applicabilità ai magistrati - Esclusione.
La disposizione di cui all’art. 120 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n.
3 dello statuto degli ipiegati civili dello Stato (decadenza dell’azione
disciplinare dopo 90 giorni di inerzia tra l’inizio e la ripresa del
procedimento disciplinare) non si applica al procedimento
disciplinare contro i magistrati; ciò per la natura profondamente
diversa delle due procedure e per il fatto che il procedimento relativo
ai magistrati è assimilato a quello penale.
Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro.
Azione disciplinare - Preventiva contestazione degli addebiti - Esclusione
- Normativa vigente in materia per gli impiegati civili dello Stato
- Applicabilità ai magistrati - Esclusione.
Nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati non
occorre che, prima della richiesta del Ministro di Grazia e
Giustizia, si provveda alla contestazione degli addebiti nei modi
stabiliti dagli articoli 103, 104 dello statuto degli impiegati civili
dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. Infatti
l’art. 384 di tale statuto stabilisce espressamente che le norme in
questo contenute si applicano a tutti gli impiegati civili dello
Stato «salvo le disposizioni speciali vigenti per il personale
addetto agli uffici giudiziari»; pertanto — data la formulazione
della riserva — nei procedimenti disciplinari nei confronti di
magistrati devono essere applicate le regole enunciate nel r.d.l.
31 maggio 1946, n. 511.
Procedimento n. 55 - Sentenza del 22 giugno 1963 - Pres. De
116
Pietro.
Azione disciplinare - Inerzia dell’organo dell’azione - Termine di
decadenza previsto per il procediemento disciplinare contro gli
impiegati dello Stato - Conseguente estinzione del procedimento Applicabilità ai magistrati - Esclusione.
La disposizione di cui agli artt. 110 e 120, d.P.R. 10 gennaio
1953, n. 3 per cui il procedimento disciplinare si estingue per il
decorso di novanta giorni senza che sia stato compiuto alcun atto
istruttorio, non trova applicazione nel procedimento disciplinare
relativo ai magistrati. É vero che l’art. 266 ult. comma
dell’ordinamento giudiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) ammetteva
l’applicabilità anche ai magistrati delle disposizioni relative agli
impiegati civili dello Stato, che non sono contrarie all’ordinamento
stesso ed ai relativi regolamenti, ma il rinvio a disposizioni di legge
che regolano casi simili o materie analoghe (art. 12 delle preleggi)
è sempre subordinato alla mancanza di una completa
regolamentazione della materia. Invece, per la disciplina dei
magistrati, esiste un completo ed ordinato sistema di norme (r.d.l.
31 maggio 1946, n. 511; legge 24 marzo 1958, n. 195; d.P.R. 16
settembre 1958, n. 916) alle norme sull’istruzione e sul dibattimento
penale, in quanto compatibili.
Procedimento n. 75 - Sentenza del 21 dicembre 1963 - Pres.
Rocchetti.
Azione disciplinare - Dimissioni dell’incolpato - Improseguibilità
dell’azione.
L’azione disciplinare non può essere proseguita nei confronti del
magistrato che abbia rassegnato le dimissioni dall’impiego quando
tali dimissioni siano state accettate.
Procedimento n. 84 - Sentenza del 5 marzo 1966 - Pres. Rocchetti.
Azione disciplinare - Potere del Procuratore generale presso la Cassazione
di promuovere il procedimento disciplinare - Preteso contrasto con
117
l’art. 107 Cost. - Esclusione.
L’art. 107 della Costituzione, che attribuisce al Ministro la facoltà
di promuovere l’azione disciplinare, con ciò assicurando un
collegamento tra il potere giudiziario e l’esecutivo, non vieta che tale
facoltà sia dalla legge ordinaria attribuita anche al procuratore
generale della Corte di cassazione, che, anzi, tale attribuzione non
fa che attuare il principio costituzionale (art. 104) dell’autonomia
della magistratura.
Procedimento n. 40 - Sentenza del 1° ottobre 1968 - Pres.
Amatucci.
Azione disciplinare - Inizio dell’azione - Termine previsto dall’art. 97
dello statuto degli impiegati civili dello Stato - Applicabilità ai
magistrati - Esclusione.
L’art. 97 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, che configura un caso
di decadenza per la mancata contestazione degli addebiti entro 180
giorni dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza penale di
proscioglimento dell’impiegato civile dello Stato, non è applicabile ai
procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Infatti l’azione
disciplinare nei confronti dei magistrati non è sottoposta ad alcun
termine di decadenza, in quanto le norme del codice di procedura
penale riguardanti «la richiesta dell’autorità», per il carattere
eccezionale di questo istituto, non possono ritenersi trasferite — senza
espressa disposizione di legge — in altra materia ed in quanto nel
campo del diritto pubblico non sono ammissibili decadenze non
espressamente previste dalla legge.
Procedimento n. 101 - Sentenza del 18 dicembre 1968 - Pres.
Amatucci.
Azione disciplinare - Inizio dell’azione - Art. 103 dello statuto degli
impiegati civili dello Stato - Obbligo di procedere subito Applicabilità ai magistrati.
Si applica anche ai magistrati l’art. 103 dello statuto degli
118
impiegati civili dello Stato (t.u. 3 gennaio 1957, n. 3), nella parte in
cui fissa l’obbligo di procedere subito al giudizio disciplinare. La
norma ha inteso chiaramente stabilire che il procedimento
disciplinare deve essere iniziato in un lasso di tempo ragionevolmente
breve e si applica anche ai magistrati in quando tende a tutelare tutti
coloro che sono soggetti a sanzioni disciplinari contro inutili
lungaggini. Nè l’applicabilità del pricncipio potrebbe escludersi per
il semplice fatto che il procediemnto disciplinare contro i magistrati
trova la sua compiuta regolamentazione nel r.d.l. 31 maggio 1946 n.
511, giacchè questo testo legislativo nulla dispone in proposito e
perciò può essere integrato dalla norma in esame: in tal modo viene
opportunamente integrata la normativa vigente, essendo interesse
comune del magistrato e dello Stato, che si accertino sollecitamente
i fatti suscettibili di costituire infrazione disciplinare, senza consentire
agli organi competenti di indugiare in inammissibili e deplorevoli
inerzie.
Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Azione disciplinare - Applicabilità dei termini di prescrizione e di
decadenza previsti dagli artt. 103, 110 e 120 D.P.R. 10 gennaio
1957, n. 3 o di altri termini. Questione di legittimità costituzionale
- Manifesta infondatezza.
É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale dell’art. 276 dell’Ordinamento giudiziario (applicazione
delle disposizioni generali relative agli impiegati dello Stato se non
siano contrarie allo stesso ordinamento e ai relativi regolamenti) e
dell’art. 384 legge n. 3 del 1957, in relazione agli artt. 3, I comma,
101, 104, 107, della Costituzione, nella parte in cui non prevedono
l’applicabilità, anche ai magistrati, dei termini di decadenza e di
prescrizione di cui agli artt. 103, 110, 120 dello statuto degli impiegati
dello Stato, in quanto al principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini
davanti alla legge ha derogato il legislatore, nell’esercizio del suo
potere discrezionale, costituzionalmente legittimo, nell’effettuato
adeguamento della disciplina giuridica del procedimento disciplinare
previsto a carico dei magistrati in rapporto alla diversa situazione
119
soggettiva dei magistrati e ai diversi aspetti della vita giudiziaria.
Invero, il vigente ordinamento giuridico considera la magistratura
un ordine autonomo, indipendente da ogni altro potere (articolo 104
Cost.) e riconosce ai magistrati uno status, un assetto e
un’organizzazione diversi da quelli degli altri impiegati dello stato;
attribuisce agli stessi magistrati diritti e doveri propri, in rapporto
alle particolari funzioni che essi esplicano. La differenziata posizione
dei magistrati nell’ordinamento giuridico riguarda anche la materia
disciplinare e il relativo procedimento che differisce nettamente da
quello previsto per gli impiegati dello Stato (competenza del Consiglio
Superiore della Magistratura, organo super partes di rilevanza
costituzionale; sussistenza di assolute garanzie di difesa e di giudizio
proprio per la posizione del magistrato; possibilità di lesioni del
prestigio perduranti nel tempo e per fatti verificatisi in tempi
prossimi).
(L’eccezione di incostituzionalità era stata proposta nel rilievo che
la mancata prefissazione del termine di conclusione del procedimento
disciplinare metterebbe il giudice nella condizione di soggezione non
solo alla legge, ma anche al Consiglio Superiore della Magistratura,
nonchè al Ministero di Grazia e Giustizia e al Procuratore Generale
della Cassazione, i quali per la loro qualità di titolari dell’azione
disciplinare, potrebbero scegliersi il giudice che loro più aggrada,
attendendo l’eventuale cambiamento dell’organo competente a
giudicare, con conseguente lesione dei diritti dell’incolpato e
vanificazione dell’indipendenza del giudice che rimarrebbe soggetto al
Ministro o a uno dei sostituti procuratori generali della Casssazione,
discrezionalmente scelto da uno dei titolari dell’azione disciplinare).
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Azione disciplinare - Applicabilità dei termini di decadenza e di
estinzione previsti per altri procedimenti - Questione di legittimità
costituzionale - Manifesta infondatezza.
É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale dell’art. 246, ultimo comma, del r.d. 30 gennaio 1941,
n. 12, sull’ordinamento giudiziario e degli artt 27, 28, 29, 32, 33 e
34 del r.d.l. 31 maggio 1946, n.11 sulle Guarentigie della Magistratura,
120
nella parte in cui, nel loro insieme, non prevedono l’estensione, nei
confronti dei magistrati, dei termini di decadenza ed estinzione del
procedimento previsti da altre norme, per contrasto con gli artt. 3,
24 e 104 della Costituzione, in quanto il procedimento disciplinare
a carico dei magistrati trova il suo compiuto regolamento delle
disposizioni legislative che lo contemplano (r.d.l. 31 maggio 1946, n.
511, legge 24 maggio 1958, n. 195, d.P.R. 15 settembre 1958, n. 196)
e non possono essere estese a tale procedimento norme che sono con
esso incompatibili: perchè relative a procedimenti strutturalmente e
funzionalmente diversi.
La normativa sulla disciplina dei magistrati e in particolare sul
procedimento disciplinare che li riguarda, si caratterizza come
singolare e si differenzia da quella relativa agli altri dipendenti dello
Stato e ad altre categorie professionali, sia sostto il profilo dei criteri
più rigidi a cui la disciplina è impostata (per es., obbligatorietà
dell’azione disciplinare anche in caso di proscioglimento del
magistrato, in sede penale) sia per l’interesse più acuto che lo pervade,
giacchè esso è concepito come garanzia dell’ordine giudiziario e
dell’intera collettività, il che spiega e giustifica che per il procedimento
disciplinare a carico dei magistrati non siano prevedute talune
limitazioni, relative al tempo e alle modalità di esercizio dell’azione,
previste invece per i procedimenti disciplinari a carico di altri
dipendenti statali e di alcune categorie di professionisti.
Procedimento 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Azione disciplinare - Titolarità dell’azione disciplinare al Procuratore
Generale della Corte di Cassazione - Questioni di legittimità
costituzionale - Manifesta infondatezza.
É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale degli atrtt. 10, n. 3, e 14, n. 1 della L. 24 marzo 1958,
n. 195, e 1 della L. 18 dicembre 1967, n. 1198, sollevata con
riferimento agli artt. 104, 107, 112, 95 e 24 della Costituzione, in
quanto quelle norme attribuiscono la titolarità dell’azione disciplinare,
nei confronti dei magistrati, al Procuratore Generale della Corte di
Cassazione, esistendo, al riguardo, una precisa, consapevole,
chiarissima scelta del Costituente, che ha adottato la formula «il
121
Ministero della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione
disciplinare», allo scopo di chiarire che al Ministro veniva attribuito
solo «una facoltà adiettiva, che non distrugge quella che è la facoltà
degli organi interni della Magistratura».
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Azione disciplinare - Pronuncia di impromovibilità dell’azione penale Formule contenute in moduli a stampa - Valore di motivazione Condizioni - Sussistenza.
Nella ipotesi di pronunce di impromovibilità dell’azione penale
deve riconoscersi valore di motivazione anche nelle formule contenute
in moduli a stampa, purchè siano indicate le ragioni per le quali il
giudicante ha ritenuto di non dover promuovere l’azione penale, e,
cioè, la mancanza di estremi di responsabilità.
Procedimenti n. 253 e 288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres.
Bosco.
Azione diciplinare - Applicabilità dei termini di prescrizione e di
decadenza previsti dagli artt. 103, 110 e 120 d.P.R. 10 gennaio
1957, n. 3 o di altri termini - Questione di legittimità costituzionale
- Manifesta infondatezza.
É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale degli artt. 276, ult. comma, r.d. 30 gennaio 1941, n.
12, 27, r.d.l. 31 marzo 1946, n. 511, 14, n.1, L. 24 marzo 1958, n.
195, 59, commi 2., 3. e 4. d.P.R. 16 settembre 1958, 961, nelle parti
in cui non prevedono l’applicabilità al procedimento disciplinare nei
confronti dei magistrati dei termini di prescrizione e di decadenza
previsti dagli artt. 103, 110 e 120 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, o di
altri termini di prescrizione e di decadenza dell’azione disciplinare,
in relazione agli artt. 101 e 24, comma secondo, Cost., in quanto non
può ravvisarsi una lesione del principio dell’indipendenza sancito
dall’art. 101, Cost., che attiene essenzialmente alla funzione
giurisdizionale del magistrato, nel fatto che l’illecito disciplinare sia
122
o non sia perseguibile, a pena di prescrizione o di decadenza, entro
determinati limiti temporali; non sussite inoltre violazione del
principio del diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., in quanto, se
nel campo del diritto pubblico non è ammissibile alcuna decadenza
non comminata espressamente dalla legge (art. ex art. 2968 C.C.),
necessariamente i diritti della difesa debbono adeguarsi a tale
obiettiva situazione giuridica, senza che per tale fatto essi possano
considerarsi soggetti ad alcuna limitazione; non sussiste infine
violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto la normativa sulla
disciplina dei magistrati si caratterizza come singolare e si differenza
da quella degli altri impiegati dello Stato.
La distinzione e compiuta regolamentazione del procedimento
rende incompatibili con la stessa le norme relative a procedimenti
strutturalmente e funzionalmente diversi. La posizione costituzionale
della magistratura richiede, nei confronti dei suoi appartenenti,
l’adozione di più rigidi criteri di disciplina, posti a salvaguardia non
solo del prestigio dell’Ordine giudiziario, ma dello stesso corretto
svolgimento della funzione giurisdizionale.
(L’eccezione era stata sollevata nel presupposto che
sussisterebbe contrasto con l’art. 101 della Costituzione, in quanto
il giudice, anzichè essere soggetto solo alla legge, sarebbe
indefinitivamente soggetto al potere disciplinare del Ministro di
Grazia e Giustizia e del Procuratore Generale della Corte di
Cassazione; con l’art. 24 della Costituzione, in quanto, il passare
del tempo inciderebbe sulle concrete possibilità di difesa del
magistrato; e, infine, con l’art. 3, Cost., in quanto sussisterebbe una
disparità di trattamento con gli altri impiegati dello Stato per i quali
la vigente disciplina prevede la prescrizione e la estinzione del
procedimento disciplinare).
Procedimento n. 328 - Sentenza dell’11 dicembre 1975 - Pres.
Bosco.
Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio
del procedimento - Questione di legittimità costituzionale in
riferimento agli artt. 24, 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta
infondatezza.
123
Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 24, 101,
104 e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della
normativa del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte
in cui non prevede termini per l’inizio e la definizione del
procedimento stesso atteso che l’esposizione a tempo indeterminato
del magistrato all’azione disciplinare può apparire in contrasto con
i principi del diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo
magistrato.
Procedimento n. 214 - Sentenza del 16 dicembre 1975 - Pres.
Bosco.
Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio
del procedimento - Questione di legittimità costituzionale in
riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 101, 104
e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa
del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non
prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso
attesto che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato
all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del
diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato.
Procedimento n. 345 - Sentenza del 17 dicembre 1975 - Pres.
Bosco.
Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio
del procediemnto - Questione di legittimità costituzionale in
riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 101, 104
e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa
del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non
prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso
124
atteso che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato
all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del
diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato.
Procedimento n. 325 - Sentenza del 17 dicembre 1975 - Pres.
Bosco.
Azione disciplinare - Mancanza della previsione di un termine per l’inizio
del procediemnto - Questione di legittimità costituzionale in
riferimento agli artt. 101, 104 e 107 Cost. - Non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondata in riferimento agli artt. 101, 104
e 107 Cost. la questione di legittimità costituzionale della normativa
del procedimento disciplinare dei magistrati, nella parte in cui non
prevede termini per l’inizio e la definizione del procedimento stesso
atteso che l’esposizione a tempo indeterminato del magistrato
all’azione disciplinare può apparire in contrasto con i principi del
diritto di difesa e dell’indipendenza del singolo magistrato.
Procedimento n. 375 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres.
Bachelet.
Azione disciplinare - Morte dell’incolpato - Estinzione dell’illecito
disciplinare - Improcedibilità dell’azione - Art. 152 c.p.p. Applicabilità.
Anche in sede disciplinare trova applicazione l’art. 152 cpv. c.p.p.
e di conseguenza deve dichiararsi, ricorrendone le condizioni,
prevalente l’assoluzione per insussistenza del fatto sulla causa
estintiva dell’illecito disciplinare.
Procedimento n. 51/83 - Sentenza del 12 aprile 1985 - Pres. De
Carolis.
Azione disciplinare - Sopravvenute dimissioni dell’incolpato Accettazione delle stesse - Improseguibilità.
125
L’azione disciplinare è improseguibile per avvenuta estinzione del
rapporto di impiego allorquanto sopravvengono le dimissioni
dell’incolpato accettate ai sensi dell’art. 19 R.D. lgs. n. 511/1946.
Procedimento n. 20/84 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres.
Guizzi.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo Conoscenza del fatto da parte dell’Ispettorato Generale del Ministero
- Decorrenza del termine.
Ai fini della decadenza di cui all’art. 59, 6° comma d.P.R. n.
916/1958, l’avvenuta conoscenza del fatto da parte dell’Ispettorato
Generale, organo posto alla diretta dipendenza del Minstero di Grazia
e Giustizia, fa decorrere il termine annuale per il provvedimento
dell’azione disciplinare.
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 16 giugno 1985 - Pres. De
Caroli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo - Fatto
contenuto in esposto al C.S.M. - Presunzione di conoscenza del
procuratore Generale - Insussistenza.
Il Procuratore Generale nella qualità di componente di diritto del
C.S.M. partecipa soltanto, a termini di regolamento, al Comitato di
Presidenza ed alle sedute di plenum, non anche ai lavori delle
Commissioni referenti; deve pertanto escludersi ai fini della
decorrenza del termine annuale di decadenza per l’esercizio
dell’azione disciplinare una presunzione di conoscenza da parte dello
stesso dei fatti contenuti in esposti indirizzati al Consiglio, ma rimessi
alla sua prima Commissione referente.
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza.
126
I prospetti statistici destinati alla rilevazione semestrale dei processi
di lavoro negli uffici giudiziari non riportano i dati con riferimento
all’attività di ogni singolo magistrato ed hanno per destinatario il Centro
elettronico di gestione e ricerca operativa della Direzione Generale
dell’organizzazione giudiziaria ed affari generali sul quale non incombe
l’obbligo di riferire al Ministro eventuali ipotesi di illeciti disciplinari.
La ricezione di tali prospetti non determina la decorrenza per il
Ministro del termine annuale di decadenza dall’esercizio dell’azione
disciplinare — art. 12 L. 3.1.1981 n. 1 — gravando sull’incolpato
l’onere di provare che il Ministro sia venuto effettivamente a
conoscenza dei dati risultanti dai prospetti statistici e della loro
referibilità all’incolpato medesimo.
(Nella specie all’incolpato era contestato il reiterato e consistente
ritardo nel deposito di sentenze).
Procedimento n. 19/86 - Sentenza del 4 luglio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine di decadenza - Notizia appresa dal P.G.
nella qualità di componente del C.S.M. - Non determina la
conoscenza del fatto da parte del Procuratore Generale.
Il termine di decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare
decorre dal giorno in cui la notizia del fatto che forma oggetto
dell’azione disciplinare è pervenuta all’Ufficio del Procuratore
Generale della Cassazione.
Non può considerarsi pervenuta all’Ufficio della Procura Generale
la notizia appresa dal Procuratore Generale, nella veste di componente
del Consiglio Superiore della Magistratura, nel corso di una seduta
di detto organo.
Procedimento n. 9/86 - Sentenza del 17 ottobre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza Questione di costituzionalità in riferimento agli artt. 24 e 101 della
Costituzione - Manifesta infondatezza.
127
É manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale, per preteso contrasto con gli artt. 24 e 101 Cost.,
dell’art. 12 L. 3.1.1981 n. 1, nella parte in cui prevede l’improponibilità
dell’azione disciplinare dopo un anno dal giorno in cui il Ministro
di Grazia e Giustizia o il Procuratore Generale presso la Corte di
Cassazione hanno avuto notizia del fatto che forma oggetto di
addebito, anzichè dopo un anno dal verificarsi del fatto medesimo.
Procedimento n. 24/86 - Sentenza del 5 dicembre 1986 - Pres
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annoale di decadenza - Decorrenza Ricezione dei resoconti statistici semestrali - Non determina la
conoscenza del fatto da parte del Ministro di Grazia e Giustizia.
I resoconti statistici semestrali da inviare alla Direzione Generale
dell’Organizzazione Giudiziaria sono elaborazioni finalizzate a scopi
statistici che riportano dati globali per l’intero ufficio, senza
disaggregazione di quelli riferibili al singolo magistrato.
Con la ricezione dei resoconti non può dirsi che il Ministro abbia
avuto quella notizia del fatto rilevante disciplinarmente che è richiesta
dall’art. 59, 6° comma d.P.R. 916/1958 per la decorrenza del termine
annuale di promozione dell’azione disciplinare.
Procedimento n. 57/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Inutile decorso dal termine annuale per promuovere
l’azione - Effetti.
Il decorso del termine annuale dalla notizia dei fatti oggetto di
incolpazione disciplinare da parte di entrambi i titolari dell’azione
disciplinare, senza che quest’ultima sia stata promossa, impone una
declatoria di non promovibilità della stessa azione.
128
Procedimento n. 53/86 - Sentenza del 30 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Esercizio dell’azione disciplinare oltre il termine
annuale dalla notizia del fatto - Estinzione.
L’esercizio dell’azione disciplinare dopo che sia trascorso un anno
dalla acquisizione della notizia del fatto da parte di entrambi i titolari
dell’azione medesima, impone la declatoria di estinzione del
procedimento disciplinare per inosservanza dell’art. 59 sesto comma
d.P.R. n. 916/1958.
Procedimenti n. 31/87, 34/87 e 43/87 - Sentenza del 6 maggio
1988 - Pres. Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza.
I titolari dell’azione disciplinare si considerano, agli effetti della
decadenza dell’azione disciplinare per inutile decorso del termine
annuale, non nella loro qualità di persone fisiche bensì come ufficio,
per cui arbitraria sarebbe ogni distinzione tra il Procuratore Generale
e i suoi sostituti ovvero tra Ministro e articolazioni ministeriali.
Ai fini della decorrenza del termine deve farsi riferimento al
momento in cui la notizia sia comunque pervenuta all’ufficio o del
Procuratore Generale, anche se del fatto sia venuto a conoscenza un
suo sostituto attraverso la lettura di incarti processuali relativi ad un
ricorso per cassazione, o del Ministro, anche se del fatto sia venuto
a conoscenza l’Ispettorato generale destinatario di un esposto a carico
di un magistrato.
La conoscenza del fatto costituente illecito disciplinare deve
ritenersi completa e diretta da parte del Ministro fin dal momento
in cui si completa la ispezione, mentre non rileva a tali fini il
momento di redazione e deposito della relazione ispettiva.
Riferire l’inizio del termine annuale di decadenza alla redazione
e deposito della relazione ispettiva, anzichè di compimento
dell’ispezione è non solo contrario alla corretta qualificazione dei
rapporti tra Ministro e suo Ispettorato, ma introduce elementi di
assoluta dilatabilità del termine decadenziale, rischiando di vanificare
129
finanche la stessa previsione di un termine dal momento che i tempi
di deposito delle relazioni dipendono dallo stesso organo Ministro
nei cui confronti il termine di decadenza è previsto.
Procedimento n. 94/87 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Notizia del fatto.
Per «notizia del fatto» ai fini della decorrenza del termine di un
anno per l’esercizio dell’azione disciplinare, a norma dell’art. 56
comma 6° D.P.R. n. 916 del 1958, deve intendersi conoscenza piena
di tutti gli elementi del fatto.
Procedimento n. 99/87 - Sentenza del 13 maggio 1988 - Pres.
Brutti.
Azione disciplinare - Inutile decorso del termine annuale di decadenza
- Estinzione del procedimento disciplinare.
L’inutile decorso del termine annuale di decadenza dell’azione
disciplinare comporta la declatoria di estinzione del procedimento
disciplinare, quando l’incolpato l’abbia esplicitamente accettata.
(Nella specie la Procura Generale della Cassazione era stata
informata della pendenza penale a carico dell’incolpato in data
4.2.1983 e l’azione disciplinare era stata esercitata il 3.11.1986).
Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo Completamento dell’ispezione ministeriale.
La conoscenza dei fatti indicati in una relazione ispettiva deve
ritenersi completa e diretta da parte del Ministero di Grazia e Giustizia
fin dal momento in cui si completa l’ispezione. Da tale momento
decorre il termine annuale di decadenza dell’azione disciplinare.
130
Procedimento n. 2/88 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza.
La comunicazione al C.S.M. da parte del Procuratore Generale
della Corte di Appello di un esposto contenente la notizia del fatto
che forma oggetto dell’addebito disciplinare non provoca il decorso
del termine annuale per l’esercizio dell’azione discipliarne in quanto
destinatario della comunicazione non è il Procuratore Generale della
Corte di Cassazione.
Procedimento n. 55/87 - Sentenza el 17 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Decorrenza nel
caso di ispezione ministeriale.
Ai fini della decorrenza del termine annuale di decadenza
dall’azione disciplinare la piena conoscenza del fatto da parte del
Ministro si considera acquisita quando del fatto sia stata appresa la
notizia dell’Ispettorato ministeriale, in quanto la comunicazione
dell’ispezione al Ministro è fatto interno all’Ufficio e, come tale, non
produttivo di effetti processuali.
Procediemnto n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Termine annuale di decadenza - Dies a quo Annuncio interrrogazioni parlamentari - Mancata conoscenza del
fatto addebitato - Non decorre.
Il termine di decadenza annuale per il promuovimento dell’azione
penale non decorre per il Ministro dal giorno dell’annuncio di
interrogazioni parlamentari idonee a dargli una completa conoscenza
dei fatti oggetto di incolpazione disciplinare.
131
Procedimento n. 25/88 - Sentenza dell’11 novembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Promovimento da parte del Ministro della giustizia
- Termine annuale di decadenza - Dies a quo - Giorno in cui si è
conclusa l’ispezione ministeriale.
Si ha promovimento dell’azione disciplinare da parte del Ministro
della Giustizia solo nel giorno in cui la richiesta del Ministro sia
pervenuta al Procuratore Generale presso la Cassazione.
Il decorso di un anno, a far data dal giorno in cui si è conclusa
l’ispezione ministeriale, senza che sia pervenuta la richiesta del
Ministro della Giustizia al Procuratore Generale presso la Cassazione,
implica decadenza dall’azione a norma dell’art. 59, comma 6, d.P.R.
n. 916 del 1958.
(Nella specie la richiesta del Ministro al Procuratore Generale
presso la Cassazione è pervenuta in data 27 maggio 1987 e cioè a
più di un anno di distanza dalla data in cui si era conclusa l’ispezione
ministeriale, 26 maggio 1986, e il Ministro era venuto a conoscenza
dei fatti).
Procedimento n. 84/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - «notizia del fatto» per il Procuratore Generale Doppia titolarietà dell’azione disciplinare - Decorrenza del termine
di decadenza - Principio secondo cui l’esercizio dell’azione da parte
di uno dei due titolari sia per l’altro preclusivo o limitativo anche
temporalmente - Esclusione.
Non può ritenersi che la presenza del Procuratore Generale in
Consiglio valga a determinare in lui la conoscenza richiesta dall’art.
59 comma 6° d.P.R. n. 916 del 1958 (come modificato dall’art. 12
legge 3 gennaio 1981 n. 1) per la decorrenza del termine di decadenza
dell’azione. Ed invero, il Procuratore Generale fa parte del Consiglio
come persona fisica (sia pure individuata attraverso il riferimento
alla carica da lui ricoperta) e non come ufficio. E quello che rileva
invece, ai fini dell’articolo in questione, è la conoscenza dell’ufficio.
132
Peraltro, la stessa titolarietà dell’azione disciplinare è riconosciuta
al Procuratore Generale in considerazione alla sua qualità di vertice
degli uffici del Pubblico Ministero all’interno dell’Ordine giudiziario
e non in considerazione della sua partecipazione, di diritto, al
Consiglio superiore della magistratura.
Non può ritenersi esaurita la possibilità di iniziativa disciplinare
per l’esercizio della stessa da parte di uno dei due titolari (nella specie
il Ministro), in quanto se la «ratio» del termine di decadenza
introdotto con la legge 1981 è anche quella di impedire che un
magistrato possa essere esposto al rischio di azione disciplinare per
un tempo indefinito, tuttavia tale finalità va armonizzata con la
doppia titolarità riconosciuta in capo al Ministro ed al Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione, ed in particolare con
l’esigenza di concedere a ciascuno dei titolari dell’azione disciplinare
un congruo periodo di tempo per le proprie autonome determinazioni,
senza reciproche inframmettenze preclusive.
Una volta esercitata l’azione disciplinare ed intervenuta la
decisione da parte della Sezione, è comunque preclusa ogni altra
azione da parte del titolare che non l’ha esercitata; in questo caso,
l’esaurimento dell’azione, deriva dal fatto che è intervenuto giudizio
sulla pretesa sostanziale punitiva.
Non può farsi derivare la decadenza dall’azione disciplinare dal
mancato rispetto del termine di dieci giorni previsto, per l’inizio
dell’azione dopo la comunicazione al Ministro, dal quarto comma
dell’art. 59, non essendo tale tipo di sanzione nè espressamente
sancita, nè assolutamente ricavabile dal sistema.
Procedimento n. 98/88 - Sentenza del 20 ottobre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Inutile decorso del termine annuale di decadenza
- Estinzione del procedimento disciplinare.
L’inutile decorso del termine annuale di decadenza dell’azione
disciplinare comporta la declaratoria di estinzione del procedimento
disciplinare.
(Nella specie la notizia del fatto rilevante disciplinarmente era
pervenuta alla Procura Generale della Cassazione il 24. 9.1986 e
133
l’azione disciplinare era stata esercitata il 28.12.1987).
Procedimento n. 11/90 - Sentenza dell’11 maggio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Decorso di un anno dall’inizio del procedimento
senza fissazione della discussione orale - Estinzione del
procediemento disciplinare - Consenso dell’incolpato - Ricorrenza.
Trascorso un anno dall’inizio dell’azione disciplinare — che
decorre dal compimento degli atti di cui all’art. 59, comma 7, del
d.P.R. n. 916/1958 — il procedimento disciplinare si estingue sempre
che l’incolpato vi consenta, ai sensi del comma 9° dello stesso
disposto, onde alla Sezione disciplinare non resta che prendere atto
di tale assenso, essendole inibita ogni considerazione nel merito anche
solo con riferimento alla congruità delle conclusioni del
rappresentante dell’accusa con le obiettive risultanze di causa.
Procedimento n. 62/89 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Inizio dell’azione - Termine annuale - Tempestivo
esercizio come presupposto di ogni pronunzia - Cessazione
dell’appartenenza all’ordine giudiziario posteriore alla scadenza del
termine annuale - Prevalenza della causa estintiva derivante
dall’esercizio tardivo dell’azione.
Il mancato esercizio dell’azione disciplinare nel termine annuale
dalla notizia del fatto prevale sulla cessazione dell’appartenenza
all’ordine giudiziario ai fini dell’improcedibilità dell’azione.
Procedimento n. 62/89 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Azione disciplinare - Decorrenza del termine annuale di decadenza Effetti preclusivi sulla cognizione da parte della Sezione
Disciplinare - Rilevabilità d’ufficio - Rinunciabilità degli effetti 134
Insussistenza.
Il limite temporale annuale per l’esercizio dell’azione disciplinare
è rilevabile d’ufficio e, precludendo alla Sezione Disciplinare la
cognizione sul fatto, comporta che tale effetto non sia rinunciabile
dal magistrato interessato.
Procedimenti n. 19 e 58/89 - Sentenza del 23 novembre 1990 Pres. Galloni.
Azione disciplinare - Cessazione dell’appartenenza all’ordine giudiziario
- Effetti - Estinzione del rapporto di pubblico impiego Improseguibilità dell’azione disciplinare.
La cessazione, per qualsiasi causa, dell’appartenenza all’Ordine
giudiziario dell’incolpato comporta l’improseguibilità dell’azione
disciplinare per estinzione del rapporto di pubblico impiego.
Conformi:
sentenza 5.10.1990 in proc. 51/90; sentenza 21.9.1990 in proc.
45/90; sentenza 6.7.1990 in proc. 54/89; sentenza 6.7.1990 in proc.
48/83, 57:85 e 97/88; sentenza 6.7.1990 in proc. 12/90;
sentenza
22.6.1990 in proc. 29/90; sentenza 18. 5.1990 in proc. 18/90; sentenza
18.5.1990 in proc. 47/89; sentenza 18.5.1990 in proc. 96/88; sentenza
11.5.1990 in proc. 40/89; sentenza 27.4.1990 in proc. 15/89; sentenza
20.4.1990 in proc. 13/90; sentenza 16.2.1990 in proc. 7/90; sentenza
16.2. 1990 in proc. 68/89; sentenza 26.1.1990 in proc. 76/89; sentenza
15.12.1989 in proc. 66/89; sentenza 15.12.1989 in proc. 11/89; sentenza
15.12.1989 in proc. 87/88; sentenza 22.9.1989 in proc. 45/89; sentenza
22.9.1989 in proc. 55/89; sentenza 30.6.1989 in proc. 37/89; sentenza
16.6.1989 in proc. 90/88; sentenza 19.5.1989 in proc. 33/89; sentenza
21.4.1989 in proc. 10/89; sentenza 21.4.1989 in proc. 7/89 e 9/89;
sentenza 21.4.1989 in proc. 93/88; sentenza 10.3.1989 in proc. 97/87;
135
sentenza 16.12.1988 in proc. 85/88; sentenza 11.11.1988 in proc. 48/88;
sentenza 14.10.1988 in proc. 72/88; sentenza 15.7.1988 in propc. 11/85;
sentenza 20.5.1988 in proc. 1/88; sentenza 27.11.1987 in proc. 52/83;
sentenza 18.9.1987 in proc. 6/87; sentenza 17.7.1987 in proc. 40/87;
sentenza 17.7. 1987 in proc. 39/87; sentenza 17.7.1987 in proc. 37/87;
sentenza 12.6.1987 in proc. 26/87; sentenza 15.5.1987 in proc. 36/86;
sentenza 27.3.1987 in proc.. 62/86; sentenza 27.3.1987 in proc. 46/85;
sentenza 5.12.1986 in proc. 54/86; sentenza 18.7.1986 in proc. 40/86;
sentenza 9.5.1986 in proc. 12/86; sentenza 18.4.1986 in proc. 14/86,
15/86 e 16/86; sentenza 8.3.1986 in proc. 28/85; sentenza 21.2.1986 in
proc. 323 R.G.; sentenza 24.1.1986 in proc. 50/81, 16/82, 34/83, 36/83,
28/84 e 37/84; sentenza 10.1.1986 in proc. 64/85; sentenza 10.1.86 in
proc. 22/81; sentenza 4.10.1985 in proc. 49/85; sentenza 4.10.1985 in
proc. 17/85; sentenza 4.10.1985 in proc. 9/84; sentenza 13.9.1985 in
proc. 40/85; sentenza 13.9.1985 in proc 12/85; ordinanza 13.9.1985 in
proc. 4/85;
sentenza 13.9.1985 in proc. 33/84; sentenza13.9.1985 in
proc. 13/84; sentenza 12.7.1985 in proc. 27/85; sentenza 12.7.1985 in
proc. 64/81; sentenza 5.7.1985 in proc. 32/85; sentenza 24.5.1985 in
proc. 16/85; sentenza 19.4.1985 in proc. 14/81; sentenza 15.3.1985 in
proc. 45/85; sentenza 19.12.1980 in proc. 368-436 R.G.; sentenza
18.7.1980 in proc. 280; sentenza 19.5.1979 in proc. 379 R.G.; sentenza
23.3.1979 in proc. 381 R.G.; sentenza 23.2.1979 in proc. 330 R.G.,
sentenza 24.11.1978 in proc. 371 R.G.; sentenza 24.11.1978 in proc.
369 R.G.; sentenza 24.11.1978 in proc. 325; sentenza 24.2.1978 in proc.
332-403 R.G.; sentenza 24.2.1978 in proc. 207; sentenza 24.2.1978 in
proc. 357; sentenza 4.5.1977 in proc. 386 R.G. e 7 r.O.; sentenza
29.4.1977 in proc. 380 R.G.; sentenza 15.4.1977 in proc. 362 R.G.;
sentenza 7.4.1976 in proc. 335 R.G.; sentenza 10.3.1976 in proc. 357
R.G.; sentenza 17.12.1975 in proc. 333 R.G.; sentenza 25.2.1975 in
proc. 237 R.G.; sentenza 25.2.1975 in proc. 165 R.G.; sentenza
8.10.1974 in proc. 307 R.G.; sentenza 10.7.1974 in proc. 249 R.G.;
sentenza 23.4.1974 in proc. 304 R.G.; sentenza 3.4.1987 in proc. 295
R.G.; sentenza 26.3.1974 in proc. 291; sentenza 15.1.1974 in proc. 280
R.G.; sentenza 15.1.1974 in proc. 210 R.G.; sentenza 26.10.1973 in
136
proc. 277 R.G.; sentenza 26.10.1973 in proc. 276; sentenza 8.6.1973
in proc. 256 R.G.; sentenza 8.6.1973 in proc. 209 R.G.; sentenza
16.3.1973 in proc. 261; sentenza 15.12.1972 in proc. 171 R.G.; sentenza
9.6.1972 in proc. 236 R.G.; sentenza 12.5.1972 in proc. 228 R.G.;
sentenza 17.12.1971 in proc. 101-174 R.G.; sentenza 16.11.1971 in proc.
155 R.G.; sentenza 28.10.1967 in proc. 107-126 R.G.; sentenza
18.3.1976 in proc. 108 R.G.; sentenza 23.4.1966 i proc. 97 R.G.
137
138
6. COMPETENZA DELLA SEZIONE DISCIPLINARE
139
140
Procedimento n. 36 - Sentenza del 14 luglio 1962 - Pres. De
Pietro.
Competenza della Sezione disciplinare - Precedente giurisdizione dei
tribunali e delle corti disciplinari - Momento iniziale della
giurisdizione della Sezione disciplinare - Coincidenza con la data
di insediamento del Consiglio superiore.
Devono considerarsi giuridicamente inesistenti, in quanto emesse
«a non judice», le sentenze pronunciate dai cessati tribunali
disciplinari presso le corti d’appello successivamente alla istituzione
del Consiglio superiore della magistratura. Infatti, a norma del
combinato disposto dagli artt. 4,10, 42 comma secondo della legge
24 marzo 1958, n. 195 e degli artt. 70 e 71 delle disposizioni di
attuazione e coordinamento dettate dal d.P.R. 16 settembre 1958, n.
916, a partire dal 18 luglio 1959, data di insediamento del Consiglio
superiore della magistratura, i tribunali e la Corte disciplinare,
previsti dal r.d.l. 31 maggio 1946 sulle guarentigie della Magistratura,
hanno cessato di funzionare e le funzioni giurisdizionali-disciplinari,
che erano ad essi attribuite, sono state devolute, per tutti i magistrati,
alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore.
Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De
Pietro.
141
Competenza della Sezione disciplinare - Precedente giurisdizione della
Corte disciplinare - Pronuncie della Corte disciplinare successive
alla pubblicazione ma precedenti all’entrata in vigore della legge
istitutiva del Consiglio superiore - Giurisdizione della Corte
disciplinare - Sussistenza.
Per la sesta disposizione transitoria della Costituzione, la corte
disciplinare, organo del vecchio ordinamento giudiziario, a riguardo
modificato con la legge istitutiva del Consiglio superiore della
magistratura, sopravviveva sino alla «emanazione» delle norme
modificatrici. Il concetto di «emanazione» — che non è ortodosso
nell’ambito della terminologia relativa alla formazione ed esecuzione
delle leggi — non si può identificarsi con quello di «pubblicazione»
della legge sulla Gazzetta Ufficiale, ma con quello di «entrata in
vigore» della legge. Infatti sarebbe assurdo che la Costituzione avesse
predisposto in materia la possibilità di un vuoto normativo più o
meno lungo tra la vecchia e la nuova legge per il caso (normale) di
non coincidenza tra i due momenti della pubblicazione e della entrata
in vigore. Pertanto non sussiste difetto di giurisdizione della cessata
Corte disciplinare per quanto concerne le sentenze pronunziate nel
periodo tra il 27 marzo 1958 (data di pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale della legge 24 marzo 1958, n. 195) e il 24 settembre 1958
(data di entrata in vigore della legge).
142
7. CONDOTTA PRIVATA DEL MAGISTRATO
143
144
Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro
Condotta privata - Magistrato imputato - Interrogatorio - Occultamento
della qualità - Mancata rimessione del procedimento ad altro ufficio
- Sussistenza dell’illecito - Ignoranza della norma che prevede la
rimessione - Irrilevanza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, interrogato quale imputato dal pretore, abbia taciuto la sua qualità
di giudice presso il tribunale della stessa città, qualificandosi
genericamente «impiegato», così da impedire che, ai sensi dell’art. 60,
secondo comma, c.p.p., venisse designato altro ufficio giudiziario per
la trattazione del procedimento. Il fatto è idoneo a compromettere il
prestigio dell’ordine giudiziario in quanto suscettibile di ingenerare nel
pubblico il sospetto favoritismo fra magistrati che la citata disposizione
dell’art.60 c.p.p. mira appunto ad evitare. Nè vale a discriminare
l’incolpato l’asserita ignoranza della norma citata, perchè in materia
disciplinare si risponde delle proprie azioni od omissioni volontarie
anche a titolo di colpa, e la eventuale ignoranza di una norma di legge
o del costume non può scusare la violazione della norma stessa.
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De
Pietro.
145
Condotta privata - Pratiche spiritiche - Esecuzione in ufficio - Relazione
su tali pratiche dettate alla dattilografa - Commenti sfavorevoli Sussistenza dell’illecito.
Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario e, quindi,
commette illecito disciplinare, il magistrato il quale espleti nel proprio
ufficio pratiche spiritiche e detti alla dattilografa relazione su tali
pratiche in riferimento alla di lui appartenenza ad una «società di
ricerche e relazioni spirituali», in modo da suscitare poco riguardosi
commenti nei suoi confronti.
Integra gli estremi dell’illecito disciplinare il comportamento del
magistrato, peraltro ammogliato con prole, il quale tenti di
abbracciare la dattilografa in ufficio, cercando di vincere con forza
la sua resistenza.
Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Condotta privata - Relazione con donna di dubbia moralità - Promessa
di matrimonio - Revoca della promessa - Pubblico scandalo Violenze fisiche e morali in danno dell’amante - Sussitenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che conviva maritalmente con donna di cui conosca la condotta
morale e i precedenti non illibati, le prometta con leggerezza di
sposarla — poi recedendo dalla promessa, sì da suscitare, per la sua
reazione, una clamorosa scenata con scandalo nel vicinato — e la
sottoponga inoltre a ripetute violenze fisiche e morali.
Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De
Pietro.
Condotta privata - Fidanzamento con donna molto più giovane Pettegolezzi - Irrilevanza - Insussistenza dell’illecito .
Il fatto di un magistrato di età avanzata che allaccia un rapporto
di fidanzamento con una donna molto più giovane, non constituisce
146
di per sè solo un comportamento disdicevole al decoro ed alla dignità
del magistrato, anche se, in piccoli ambienti, possa dar luogo a
pettegolezzi.
Procedimento n. 37 - Sentenza del 9 dicembre 1961 - Pres. De
Pietro.
Condotta privata - Remissione di querela per adulterio - Condizioni
imposte dal querelante - Loro accettazione - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato
che, pur protestandosi innocente, abbia accettato la remissione di
una querela per correità in adulterio, proposta dal marito della
presunta correa, dopo aver presentato domanda di trasferimento dalla
sede dove esercitava le sue funzioni e dopo avere rilasciato una lettera
di scuse al querelante, che aveva preteso il trasferimento e la lettera
come condizione per la remissione.
Procedimento n. 44 - Sentenza del 9 giugno 1962 - Pres. De
Pietro.
Condotta privata - Conversazione telefonica con una donna - Uso di
espressioni ingiuriose e oscene - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, durante ripetute
comunicazioni telefoniche rivolga ad una donna frasi ingiuriose o
dal contenuto osceno; ciò perchè il magistrato è tenuto ad osservare,
anche in privato, una condotta ispirata a serietà ed a rispetto per
ogni persona con la quale venga in rapporto.
Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
Condotta privata - Occultamento della qualità - Attribuzione della
qualifica di avvocato - Fine di frequentare una casa da gioco Sussistenza dell’illecito.
147
Commette illecito disciplinare il magistrato il quale abbia
numerose volte frequentato un «casinò municipale» sito nel territorio
del mandamento di cui era pretore, qualificandosi per avvocato ed
ottenendo così la relativa tessera d’ingresso.
Procedimento n. 71 - Sentenza del 21 dicembre 1963 - Pres.
Rocchetti.
Condotta privata - Richiesta ingiustificata di risarcimento del danno
arrecato ad un’autovettura - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, anche se non va esente da
critiche sul piano della correttezza, il comportamento del magistrato
che richieda insistentemente, nel cortile del palazzo di giustizia, il
risarcimento di un danno di lieve entità cagionato alla sua autovettura
in sosta da un procuratore legale, pur senza avere la certezza che il
danno fosse stato da lui provocato.
Procedimento n. 68 - Sentenza del 15 febbraio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Condotta privata - Rappresentante di commercio presentato come
parente - Fine di favorirne l’attività - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che nel luogo ove esercita le funzioni di procuratore della Repubblica,
abbia presentato come suo parente, mentre tale non era, un
rappresentante di commercio ed abbia pregato il presidente del
tribunale e l’ufficiale giudiziario di presentare a loro volta il predetto
asserito parente a industriali o ditte del luogo per facilitargli la vendita
di vari prodotti, autorizzando in tal modo l’interessamento a
presentarsi per il collocamento della merce ad enti pubblici e privati
come suo parente. In tale comportamento è infatti ravvisabile il difetto
di quella normale sensibilità che deve indurre il magistrato ad essere
prudente e riservato e ad estraniarsi da quanto possa, sia pure solo
apparentemente, pregiudicare nella pubblica opinione la necessaria
garanzia di obiettività nell’esercizio della funzione giudiziaria, dando
148
luogo a sospetti e a sfavorevoli commenti idonei a menomare il
prestigio dell’ordine.
Procedimento n. 74 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti.
Condotta privata - Relazione intima con una donna - Mancanza di
riserbo - Sussistenza dell’illecito.
Il comportamento del magistrato, il quale mantenga una relazione
intima con una donna, frequetandone assiduamente la casa e
facendosi notare quasi quotidianamente con lei nella propria
automobile — sì da ingenerare sfavorevoli e facili illazioni
nell’opinione pubblica — non è consono ai doveri di un appartenente
all’ordine giudiziario e pertanto costituisce illecito disciplinare.
Procedimento n. 83 - Sentenza del 18 luglio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Condotta privata - Magistrato presidente di seggio elettorale - Operazioni
non ultimate - Pubbliche congratulazioni a candidato eletto Sussistenza dell’illecito.
Dimostra scarsa prudenza, e quindi commette illecito disciplinare,
il magistrato che, essendo presidente di un seggio elettorale e ad
operazione non ancora ultimate, si rechi a porgere pubblicamente le
sue congratulazioni a un candidato locale neo-eletto. Invero la
delicatezza delle operazioni elettorali, l’esigenza fondamentale in
democrazia che esse non solo siano, ma anche appaiano, condotte
con il più assoluto distacco da persona che sappiano spogliarsi di
ogni loro preferenza e di ogni loro avversione per registrare con
rigorosa fedeltà e imparzialità i risultati delle votazioni, impongono
al presidente del seggio, per tutto il tempo in cui esercita tali funzioni,
un contegno particolarmente risevato.
Procediemnto n. 85 - Senteza del 5 febbraio 1966 - Pres.
Rocchetti.
149
Condotta privata - Manifesta ubriachezza in luogo pubblico - Frequenza
abituale di bar - Sussistenza dell’illecito.
Il fatto che un magistrato si faccia notare in stato di ebrezza per
le strade del luogo dove è unico pretore e frequenti dei bar fino a
tarda notte, menoma in modo rilevante la fiducia e la considerazione
di cui un giudice deve godere, ed è tale da compromettere gravemente
il prestigio dell’ordine giudiziario.
Procediemnto n. 82 - Sentenza dell’8 maggio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Condotta privata - Relazione con un’amanuense addetta all’ufficio Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che intraprenda una
relazione amorosa con l’amanuense addetto all’ufficio e mantenga
tale relazione anche dopo il licenziamento della donna.
Procedimento n. 128 - Sentenza del 12 luglio 1968 - Pres.
Amatucci.
Condotta privata - Donna attirata in ufficio - Tentativo di abbracciarla
e baciarla - Sussistenza dell’illecito.
Viola nel modo più grave ed evidente i doveri di correttezza e
riserbo impostigli oltre che dalle sue qualità dal luogo in cui si sono
svolti i fatti, il magistrato che, dopo avere attirato una donna nel
proprio ufficio con un pretesto, abbia cercato di ottenere i favori
abbracciandola e baciandola contro la sua volontà.
Procedimento n. 159 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Condotta privata - Richiesta di decreto ingiuntivo - Credito in parte già
estinto - Occultamente della circostanza - Sussistenza dell’illecito.
150
Costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato che
abbia chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo fondato su una cambiale
per un credito personale, tacendo che circa un terzo della somma gli
era stata già versata, come accertato nel relativo giudizio di
opposizione, proposto dal debitore. Infatti l’esito del giudizio,
sfavorevole per il magistrato, non può non aver avuto ripercussioni
negative sul prestigio di questi per le ovvie illazioni che dal fatto era
agevole trarre.
Procedimento n. 159 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres.
amatucci.
Condotta privata - Concessione di prestito - Interessi pretesi superiori
al tasso legale - Sussistenza dell’illecito.
Si pone in aperto contrasto con i doveri di correttezza inerenti
allo «status» di magistrato e ne lede gravemente il decoro il
comportamento del giudice che concede un prestito in denaro,
pattuendo una misura di interessi che, pur non potendo definirsi
usuraia, sia tale da assicurare al mutuante un vantaggio notevolmente
superiore al tasso legale. In questo caso, infatti, l’operazione viene
ad assumere le caratteristiche di un atto di speculazione moralmente
riprovevole e quindi inconciliabile con il dovere di probità del
magistrato e con il suo decoro.
Procedimento n. 194 - Sentenza del 28 ottobre 1971 - Pres.
Amatucci.
Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che
frequenti con assiduità una casa da gioco, previa sottoscrizione della
rituale scheda di non appartenenza alla pubblica amministrazione;
contragga debiti con privati e con avvocati esercenti presso il suo
ufficio e ciò allo scopo di far fronte a rilevanti debiti di gioco; induca
un avvocato a concedergli un prestito della somma di L. 500.000 con
la promessa di effettuarne la restituzione entro qualche mese e
151
rilasciando ricevuta con l’impegno di restituzione nei sei mesi;
promuova procedimento civile nei fonfronti della società gerente la
casa da gioco onde ottenere la restituzione dell’importo degli assegni
per lire dodici milioni negoziati per l’acquisto di gettoni necessari
per il gioco ed il pagamento di altri trenta milioni di lire a titolo di
risarcimento del danno, nell’assunto che la società aveva a lui
consentito di frequentare le sale da gioco pur conoscendo la di lui
professione di magistrato e lo aveva agevolato rilasciandogli una carta
di libero ingresso, adducendo — quale motivo di responsabilità della
società convenuta — il fatto che i preposti al rilascio delle carte di
ingresso avevano trascurato di richiedergli un documento da cui
risultasse la sua professione, limitandosi a prestar fede alla
dichiarazione negativa da lui sottoscritta.
Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Condotta privatra - Partecipazione ad una manifestazione di lavoratori
in sciopero - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che stia in mezzo agli scioperanti e solidarizzi con essi
senza intralciare, però, l’opera della forza pubblica intervenuta per
garantire l’esercizio della libertà di lavoro, in quanto dette persone,
scioperando, esercitavano un diritto riconosciuto loro dalla
Costituzione.
Procedimento n. 233 - Sentenza del 12 maggio 1972 - Pres.
Amatucci.
Condotta privata - Assidua frequenza di una donna separata e madre
di due figli - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, approfittando
dell’amicizia, dell’ospitalità e della fiducia goduta, frequenti
assiduamente la casa di una donna, madre di due figli, anche in
assenza del marito, si esponga così ad insinuazioni e critiche,
152
mettendo in pericolo la considerazione e la stima di cui i magistrati
devono godere e crei, altresì, la possibilità di ripercussioni negative
sul prestigio dell’ordine giudiziario.
Procedimento n. 224 - Sentenza del 2 febbraio 1973 - Pres. Bosco.
Condotta privata - Offesa alla reputazione del prefetto nel corso di una
vertenza relativa alla demolizione ed allo sgombero di alcuni
appartamenti - Stato di esasperazione collettiva - Insussistenza
dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che nel
corso di una vertenza relativa alla demolizione ed allo sgombro di
alcuni appartamenti, uno dei quali di proprietà della moglie del
medesimo, a seguito di un particolare clima di eccitazione collettiva
che dia vita ad un fenomeno di muta suggestione, facendo lievitare
nelle famiglie colpite dai provvedimenti lo stato d’animo delle vittime,
pronunci e faccia inserire nei verbali frasi offensive nei confronti del
Prefetto. (Nella fattispecie il Prefetto aveva ordinato la demolizione
degli appartamenti posti ai piani 7 e 8 di uno stabile, perchè in
contrasto con la licenza di costruzione e lo sgombero, per ragioni
tecniche, degli appartamenti al 6 piano, tra cui quello di proprietà
della moglie dell’incolpato. All’epoca delle operazioni di sgombero
era giacente al Consiglio di Stato ricorso proposto dagli interessati,
mentre era già stata respinta la domanda di sospensione).
Procedimento n. 235 - Sentenza del 16 marzo 1973 - Pres. Bosco.
Condotta privata - Offerta di lavoro mediante avviso economico con
qualificazione della propria qualità di magistrato - Sussistenza
dell’illecito.
Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che
faccia pubblicare fra gli annunci economici di un quotidiano una
inserzione con la quale — qualificatosi magistrato d’appello — si
offra come amministratore legale, tributarista a ditte e privati, con
miti pretese, indicando, altresì, il proprio numero di telefono.
153
Procediemento n. 342 - Sentenza del 25 marzo 1977 - Pres.
Bachelet.
Condotta privata - Introduzione in zona militare - Sussistenza di mera
colpa generica - Illecito disciplinare - Esclusione - Indagine
sull’elemento psicologico - Ammissibilità.
Il comportamento del magistrato che commetta la contravvenzione
prevista dall’art. 682 c. p., introducendosi in luoghi in cui l’accesso è
proibito nell’interesse militare dello Stato e riporti, di conseguenza,
condanna in sede penale, non è qualificabile come illecito disciplinare
ove l’incolpato abbia agito a titolo di mera colpa generica e non
possano essere valutate, perchè non indicate nel capo di incolpazione,
altri particolari circostanze che conferiscono al fatto un carattere di
specifica gravità. L’indagine sull’elemento soggettivo dell’illecito non
è preclusa alla Sezione disciplinare dalla precedente condanna, ove il
giudice penale, essendo la citata contravvenzione punibile
indifferentemente a titolo di dolo o di colpa, non abbia svolto alcuna
concreta indagine sull’atteggiamento psichico dell’imputato.
Procedimento n. 358 - Sentenza del 14 ottobre 1977 - Pres.
Bachelet.
Condotta privata - Offerta di lavoro mediante annunqio pubblicitario
con indicazione della propria qualifica di magistrato - Illecito
disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare,perchè lesivo del prestigio
dell’Ordine giudiziario, il comportamento del magistato il quale fa
pubblicare, su di un quotidiano, un annuncio pubblicitario in cui,
declinando la sua qualifica professionale, si dichiara disposto ad
assumere incarichi di amministrazione di condomini e di terreni e
ad effettuare consulenze legali.
(Nella specie, si è ritenuto che non avesse efficacia discriminante
la circostanza dedotta che tale annunzio avrebbe costituito un mero
sondaggio di mercato ai fini di un’eventuale attività lavorativa da
svolgersi dopo che fosse cessata l’appartenenza all’Ordine giudiziario,
in quanto l’annunzio medesimo, così come formulato, era suscettibile
154
di ingenerare nei lettori il convincimento che un magistrato fosse
disponibile, in tale qualità ed in costanza di servizio, ad assumere
gli incarichi in esso indicati, utilizzando nell’interese particolare la
sua appartenenza all’organizzazione giudiziaria).
Procedimento n. 360 - Sentenza del 28 ottobre 1977 - Pres.
Bachelet.
Condotta privata - Minacce con una pistola carca in una pubblica
strada - Illecito disciplinare - Sussistenza.
É in contrasto con l’obbligo di compostezza, prudenza e rispetto
dell’altrui libertà, che il magistrato deve sempre osservare anche nella
sua vita privata, e integra, pertanto, illecito disciplinare, ai sensi
dell’art. 18 r.d. n. 511 del 1946, minacciare un terzo, nella pubblica
strada nel corso di un diverbio, mediante una pistola scarica.
Procedimento n. 360 - Sentenza del 28 ottobre 1977 - Pres.
Bachelet.
Condotta privata - Possesso di arma da fuoco non denunziata e porto
alla medesima senza licenza - Assoluzione dell’incolpazione
disciplinare per insuffcienza di prova sull’elemento soggettivo Errore nell’interpretazione della legge.
Il magistrato (che non svolga le funzioni di pretore, pubblico
ministero o di giudice istruttore), il quale detenga nella propria
abitazione una pistola non denunziata e la porti fuori della sua
abitazione senza licenza di prova sull’elemento soggettivo dell’illecito,
nel caso in cui appaia verosimile che l’incolpato abbia tenuto tale
comportamento perchè convinto della sua legittimità per una
superficiale conoscenza della legislazione in materia di armi. Invero,
un errore siffatto, se realmente verificatosi, avrebbe valore
discriminante sia perchè non verte sulla legge penale, bensì su di una
legge di natura amministrativa, sia perchè, comunque, il principio
per cui nessuno può invocare a propria discolpa l’ignoranza della
legge penale riguarda soltanto la responsabilità penale e non anche
155
quella civile.
Procedimento n. 19/80 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Condotta privata - Reazione di un magistrato contro un apprezzamento
ingiustificato fatto nei suoi confronti da un agente di p.s. nel corso
di un’ispezione - Illecito disciplinare - Insussistenza - Fattispecie.
Il magistrato che sia entrato in un locale noturno dopo l’orario di
chiusura al solo fine di prelevare un amico e si sia astenuto dal render
nota la sua qualifica professionale nel corso di un’ispezione eseguita
in detto locale da agenti di pubblica sicurezza, non commette illecito
disciplinare se abbia reagito contro un apprezzamento del tutto
ingiustificato compiuto nei suoi confronti da uno degli agenti,
informato da un terzo della presenza di un giudice, limitandosi a
protestare contro la «pesantezza» delle espressioni usate nei suoi
confronti.
Procedimento n. 27/80 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Condotta privata - Relazione extraconiugale - Assenza di notorietà Insussistenza dell’illecito.
Una relazione extraconiugale, svolta senza connotazioni di
particolare ostentazione offensiva per il coniuge o disprezzo nei
confronti del dovere di fedeltà, non costituisce illecito disciplinare
quale che sia la sua notorietà.
Procedimento n. 13/81 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Condotta privata - Dichiarazione alla stampa nella qualità di presidente
del collegio di provibiri di un partito politico - Assenza di intento
diffamatorio - Insussistenza di illecito.
Non appare censurabile disciplinarmente il comportamento del
156
magistrato che, esclusivamente nella sua qualità di presidente del
collegio provibiri di un partito politico ed in difetto del benchè
minimo intento diffamatorio, rilasci dichiarazioni alla stampa per le
quali venga sottoposto a procedimento penale conclusosi con
declatoria di estinzione per intervenuta remissione di querela.
Procedimento n. 14/81 - Sentenza del 13 novembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Condotta privata - Fattispecie integratrice di illecito disciplinare.
Costituisce violazione dei poteri di discrezione e riservatezza
incombenti al magistrato apporre sulle pareti interne di alcune vetture
ferroviarie la scritta «W l’armata rossa» e ciò anche se il gesto per
la sua modalità, non trovi spiegazione in una volontà di propaganda
ideologica.
Procedimenti n. 284 e 422 - Sentenza dell’11 dicembre 1981 Pres. De Carolis.
Condotta privata - Intervento ad un pubblico dibattito qualificandosi
come magistrato - Esposizione di fatti falsi - Finalizzazione del
falso a sostegno di critiche particolarmente acute sulla condizione
dell’ordine giudiziario - Esercizio del diritto costituzionale di
manifestazione del pensiero - Esclusione - Sussistenza dell’illecito.
Trasmoda dall’esercizio del diritto costituzionale di
manifestazione del pensiero e denigra l’ordine giudiziario il
magistrato che, qualificandosi come tale, intervenga in pubblici
dibattiti, esponendo fatti falsi ed offensivi della reputazione di
magistrati al fine di avvalorare sue considerazioni critiche sulla
condizione dell’ordine giudiziario medesimo.
Procedimento n. 27/81 - Sentenza del 19 febbraio 1982 - Pres.
Galasso.
157
Condotta privata - Relazione extraconiugale - Assenza di notorietà Insussistenza dell’illecito.
La relazione extraconiugale intrattenuta dal magistrato, quando
non sia notoria, non può, secondo la morale corrente, incidere sul
prestigio del magistrato.
Procedimento n. 60/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres.
Galasso.
Condotta privata - Propensione alla violenza verbale e fisica all’interno
dell’ambiente domestico - Ininfluenza sul buon andamento e
sull’immagine dell’amministrazione della giustizia - Insussistenza
dell’illecito.
Il giudice disciplinare non entra fra le pareti domestiche nè si
occupa della vita privata dei magistrati; il suo compito è accertare ed
eventualmente punire i comportamenti dei magistrati che
negativamente incidono o sull’esercizio della funzione giudiziaria o
sul buon andamento e sull’immagine dell’Amministrazione della
giustizia. Allorchè il giudice disciplinare indaghi su comportamenti
del magistrato che siano il prodotto di difficoltà del rapporto coniugale
dovrà tener conto dell’emergere di un attteggiamento sociale più
distaccato in ordine alle ragioni del fallimento di unioni familiari e
dell’emergere di uno spirito laico che non fa proprie specifiche
concezioni di valori per farle assistere dal potere sanzionatorio
statuale.
Procedimenti n. 8/82 e 13/82 - Sentenza del 22 ottobre 1982 Pres. Galasso.
Condotta privata - Insussistenza dell’illecito.
L’uso di termini ingiuriosi ed offensivi da parte di un magistrato,
nei rapporti che non attengano all’ufficio, non può essere considerato
colpevole e quindi fonte di responsabilità disciplinare se esso appare
giustificato dalle circostanze in cui è avvenuto e, in particolare, se
risulta che a determinarlo o a causarlo sia stato un fatto altrui che
158
per i segni esteriori che lo accompagnano e lo caratterizzano, si
presenti, secondo il metro dell’uomo medio, come esorbitante dai
confini dei rapporti di correttezza che tutti hanno fondato motivo di
vedere rispettati. La responsabilità disciplinare, invero, pur se è
tuttora non ancorata a una codificazione delle fattispecie sanzionabili,
non può essere certamente assoggettata a un regime che sia più grave
di quello che si rivava dai principi generali in materia di
responsabilità o di ordine comune, dove domina come regola primaria
inderogabile quella del necessario requisito della colpa, alla quale è
connaturale il reciproco dell’assenza di cause di giustificazione di
carattere obiettivo o soggettivo.
Procedimenti n. 8/82 e 13/821 - Sentenza del 22 ottobre 1982 Pres. Galasso.
Condotta privata - Proscioglimento per amnistia da reati urbanistici
per dichiarato difetto delle condizioni di cui all’art. 152 c.p.p. Possibilità di indagine in sede disciplinare sulla responsabilità
dell’incolpato - Esclusione di responsabilità - Insussistenza
dell’illecito.
L’avere il giudice penale esclusa l’esistenza di prove evidenti di
estraneità del magistrato-imputato di violazioni urbanistiche per le
quali quindi si applicava il provvedimento di amnistia, non preclude
valutazioni sul medesimo fatto da parte della Sezione disciplinare.
La favorevole conclusione di tale indagine deve convincere della
mancanza di responsabilità disciplinare.
Procedimento n. 301 R.G. - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres.
Galasso.
Condotta privata - Suo assoggettamento ai poteri di sorveglianza di cui
all’art. 14 r.d.l. n. 511/946 - Esclusione - Rifiuto del magistrato di
sottostarvi - Insussistenza dell’illecito.
Il potere previsto dall’art. 14 r.d.l. n. 511/1946 è circoscritto ai
comportamenti professionali dei magistrati ed al funzionamento degli
159
uffici, non essendo concepibile una sorveglianza sulla vita privata del
giudice. Il rifiuto di rendere conto al titolare del potere di sorveglianza
delle opinioni espresse fuori dall’esercizio professionale, rifiuto
motivato dalla mancanza di formale comunicazione di
promuovimento dell’azione disciplinare e dall’assenza di relative
garanzie di difesa, non integra un’ipotesi di illecito disciplinare, ma
è al contrario esercizio di un diritto.
Procedimento n. 17/82 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Condotta privata - Assunzione in qualità di collaboratrice domestica
dell’appaltatrice dei lavori di pulizia nella pripria Pretura - Diversità
di orario delle prestazioni - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere assunto quale
collaboratrice domestica la stessa persona appaltatrice dei lavori di
pulizia della propria Pretura, sempre che non coincidano gli orari
delle diverse prestazioni ed anche se i locali destinati ad alloggio del
magistrato siano nella stessa Pretura.
Procedimenti n. 57/81 e 4/82 R.G. - Sentenza del 9 febbraio 1983
- Pres. De Carolis.
Condotta privata - Adesione ad una associazione segreta - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato che
aderisca ad un’associazione segreta. L’adesione ad un’associazione
segreta è incompatibile con la fiducia nella indipendenza, imparzialità
e correttezza del magistrato ed è tanto più lesiva dei valori della
giurisdizione in quanto direttamente contrastante con un precetto
costituzionale.
Rileva ai fini della responsabilità disciplinare non solo la condotta
che sia assistita dalla piena consapevolezza delle caratteristiche che
fanno della associazione una società segreta, ma anche quella che
riveli imprudenza e mancanza di cautela, che contrastano con il
dovere del magistrato di non esporsi al rischio di venirsi a trovare
160
in situazioni di illegittimità, anche nell’esercizio del diritto di
associazione.
La loggia massonica propaganda 2 ha costituito una associazione
segreta, ripartita in gruppi territoriali, inserita principalmente in
istituzioni ed organismi pubblici o di pubblico interesse, finalizzata
ad interferire nell’espletamento delle loro funzioni.
L’art. 18 Cost., nella parte in cui proibisce le associazioni segrete
è norma immediatamente precettiva, che, anche prima della L. 25
gennaio 1982 n. 18, poneva un divieto assistivo da sanzione disciplinare
per i magistrati, secondo l’art. 18 r.d.l. lg. 31 maggio 1946 n. 511.
É associazione segreta, ai sensi dell’art. 18 Cost.,
quell’associazione che tende a tenere celata la sua stessa esistenza,
nei caratteri che ne definiscono la identità (in particolare gli scopi
reali e la composizione personale), e che persegue fini di intervento
in campi di rilievo politico. L’art. 11 Legge 25 gennaio 1982 n. 17,
riproduce il risultato interpretativo dell’art. 18 Cost., accogliendo,
conformemente alla ratio della norma costituzionale, la più ristretta
delle nozioni di associazione segreta, tra quelle astrattamente
formulabili e così, correlativamente, attribuendo la maggior ampiezza
al diritto di liberamente associarsi stabilito dal comma 1 dell’art. 18
Costituzione.
Procedimento n. 49/82 - Sentenza del 29 aprile 1983 - Pres. De
Carolis.
Condotta privata - Limiti del sindacato disciplinare.
Anche al magistrato va riconosciuto il diritto costituzionalmente
garantito del rispetto della propria vita privata con il solo limite che
i comportamenti ritenuti in tale sfera non coincidano negativamente
sull’esercizio dei doveri professionali o sul buon andamento
dell’amministrazione della giustizia, comprendendo in quest’ultimo
la tutela della credibilità dell’ordine giudiziario e del singolo
magistrato che ne fa parte.
Procedimento n. 8/80 - Sentenza del 20 maggio 1983 - Pres.
161
Galasso.
Condotta privata - Telegramma di solidarietà a detenuti in sciopero Sussistenza dell’illecito.
L’esplicito appoggio ad un’azione di protesta di detenuti che deve
considerarsi pur sempre ai limiti del lecito per qualsiasi cittadino, è
inammissibile e riprovevole per un magistrato che, in ogni occasione,
deve essere ed apparire al di sopra delle parti e delle contese delle
quali si alimenta la vita sociale quotidiana.
Procedimento n. 8/80 - Sentenza del 20 maggio 1983 - Pres.
Galasso.
Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
L’esibizione nell’apparente stato di ebrezza, in un ballo fuori
programma durante uno spettacolo pubblico, protattosi nonostante
il ripetuto invito ad allontanarsi e seguita da un iniziale rifiuto di
declinare le proprie generalità ai carabinieri intervenuti, costituisce
illecito disciplinare.
Procedimento n. 39/82 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De
Carolis.
Condotta privata del magistrato - Rilascio di assegno bancario privo
di data e luogo di emissione - Sussistenza dell’illecito.
Il rilascio di un assegno bancario privo di data e luogo di
emissione, anche se il titolo incompleto non dovesse essere negoziato
dal terzo prenditore per avere detto titolo funzione di garanzia, non
può essere considerato una semplice leggerezza irrilevante sul piano
disciplinare, giacchè assume i contorni di una consapevole
deformazione della funzione tipica del titolo dalla quale è estraneo
tutto ciò che può servire a tramutarlo in un mezzo di pagamento
non a breve termine o in un titolo di credito diverso.
162
Procedimenti n. 13/80 e 28/83 - Sentenza del 23 novembre 1984
- Pres. Guizzi.
Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette grave illecito disciplinare il magistrato che partecipa
attivamente ad una riunione svoltasi in un’aula universitaria il cui
uso non era stato autorizzato dall’autorità accademica e che, lungi
dall’eseguire prontamente l’ordine di sgombero impartito dalla Polizia,
abusa della sua qualifica per ritardarne l’opera ed ingenerare nel
pubblico presente la convinzione che le forze dell’ordine operassero
illegittimamente.
Esula dall’ambito del diritto di libera manifestazione del pensiero,
il rilascio di interviste, in ordine a tale intervento della Polizia, dirette
a presentarle come arbitrario, assimilandolo ad esperienze straniere
particolarmente note per la loro patente illegittimità e crudeltà.
Procedimento n. 18/84 - Sentenza dell’8 febbraio 1985 - Pres. De
Carolis.
Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Costituisce un comportamento obiettivamente illecito sotto il
profilo disciplinare quello del magistrato che si rechi ad una
conferenza stampa organizzata nei locali di azienda il cui titolare è
coinvolto in un procedimento penale ed ivi renda un suo parere su
problemi di carattere generale che, per lo stretto collegamento con
la concreta vicenda penale in cui è coinvolto il titolare dell’azienda,
può essere apprezzato all’esterno come un atto di negativa verifica
ab esterno dell’istruttoria penale.
Tuttavia quando risulti che l’incolpato non si sia rappresentato
ciò che significava il luogo ed il tempo in cui la conferenza stampa
si veniva svolgere, e non abbia avuto lo scopo, neppure in via riflessa,
di partecipare ad un’azione diretta contro l’istruttoria penale, la
rilevanza disciplinare del suo comportamento viene meno per difetto
dell’elemento psicologo.
Procedimento n. 3/85 - Sentenza del 22 marzo 1985 - Pres. Guizzi.
163
Condotta privata del magistrato - Relazione adulterina - Assenza di
notorietà - Insussistenza dell’illecito.
I comportamenti privati non rilevantesi in violazione dei doveri
professionali e deontologici sono incensurabili disciplinarmente.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto non costituire illecito
disciplinare l’aver intrattenuto, nel più assoluto riserbo, una relazione
adulterina con persona impiegata presso il proprio ufficio).
Procedimento n. 19/85 - Sentenza del 25 ottobre 1985 - Pres.
Guizzi.
Condotta privata del magistrato - Frequentazione di pluripregiudicato
- Condizioni per la rilevanza disciplinare.
La frequentazione da parte di un magistrato di persona
pluripregiudicata non asume rilievo disciplinare quando difettino a)
quel grado di assiduità e intensità che è segno del livellamento in
negativo del modo di pensare del magistrato dal quale possono
derivare perplessità sul suo senso di imparzialità e serenità
nell’esercizio delle sue funzioni; b) quella marcata manifestazione
all’esterno della frequentazione che solo la fa percepire e sottolineare
nell’ambiente.
Procedimento n. 51/85 - Sentenza del 6 dicembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Quali che siano i principi di morale sessuale di cui ciascuno
ritiene ispirarsi, è certo che le ralazioni omosessuali tra adulti sono,
in un ordinamento che si fonda su principi di laicità, normalmente
accettate.
Non è sanzionabile disciplinarmente il magistrato che ha
intrattenuto rapporti omosessuali a condizione che detto
comportamento riguardante la sua vita privata non abbia inciso
negativamente sull’esercizio dei doveri professionali.
164
Procedimento n. 14/85 - Sentenza del 9 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Emissione di tre assegni a vuoto Sussistenza dell’illecito.
L’illecito disciplinare integrato dalla emissione di tre assegni a
vuoto non è escluso, in assenza di ragioni idonee a configurare una
causa di giustificazione, dalla mancata pubblicità avuta dai conseguenti
decreti penali: e ciò, sia per la compromissione del prestigio dell’ordine
e della credibilità del magistrato insita nella stessa condanna penale,
sia per l’inevitabile diffusione della notizia quanto meno nell’ambito
degli istituti di credito e degli stessi ambienti giudiziari.
(Nella specie l’incolpato aveva addotto impreviste gravi necessità
familiari quali spese straordinarie, ma non documentate, per
accertamenti diagnostici nei confronti della moglie e spese per il
matrimonio del figlio).
Procedimento n. 9/85 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Partecipazione a gara di calcio sotto
falso nome - Inopportunità - Insussistenza dell’illecito.
E condotta inopportuna, ma priva di rilevanza disciplinare, quella
del magistato che partecipa ad una gara di calcio fra dilettanti sotto
falso nome perchè colpito da precedente provvedimento di squalifica.
(Nella specie la Sezione Disciplinare ha sottolineato che l’incolpato
aveva sempre svolto con grande impegno e serietà le funzioni
giudiziarie e che non risultava provato che la falsificazione del
cartellino fosse stata praticata dallo stesso magistrato).
Procedimento n. 67/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito
165
disciplinare.
Commette illecito disciplinare il magistrato che acquista
un’autovettura facendola intestare alla ditta di un proprio amico, così
lucrando delle riduzioni di prezzo e delle agevolazioni tributarie
previste per la ditta medesima.
Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Limiti al commercio di quadri dipinti
dall’incolpato - Sussistenza dell’illecito.
La vendita diretta di quadri, dipinti dall’incolpato, a persone
(agenti in proprio o come legali rappresentanti di enti pubblici)
soggetti ad accertamenti o giudizio in sede penale avanti il Tribunale
da lui stesso presieduto, integra illecito disciplinare.
Procedimento n. 59/85 - Sentenza del 24 ottobre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare offendere e percuotere il proprio
coniuge quando i fatti abbiano avuto risonanza esterna, tale da
comportare indubbia lesione del prestigio dell’ordine giudiziario.
Procedimento n. 38/85 - Sentenza del 14 novembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Rapporti di carattere episodico e
formale con imputato di gravi reati - Posteriorità dell’imputazioe
- Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere avuto rapporti di
carattere episodico e formale, per di più unitamente ad altre persone
166
di spicco e di sicuro prestigio, con individuo solo successivamente
imputato di omicidio volontario ed associazione a delinquere di
stampo mafioso.
Procedimento n. 57/86 - Sentenza del 20 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Relazione extraconiugale - Assenza
di notorietà - Ininfluenza sull’esercizio dei doveri professionali e
sulla credibilità dell’ordine - Insussistenza dell’illecito.
Non è censurabile disciplinarmente il magistrato che intrattenga
una relazione extraconiugale, priva di notorietà, tale da non incidere
negativamente sull’esercizio dei doveri professionali o sul buon
andamento dell’amministrazione della giustizia.
(Nella specie la Sezione ha accertato che l’incolpato aveva avuto
una relazione sentimentale con persona che praticava la prostituzione
«part-time», ma ignorando detta circostanza).
Procedimento n. 5/87 - Sentenza del 10 aprile 1987 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Relazione extraconiugale con imputata
di gravi reati - Frequentazione di altro magistrato unitamente
all’imputata - Sussistenza dell’illecito.
Al magistrato è garantito il rispetto alla propria vita privata ma
il suo comportamento non deve incidere sull’esercizio del dovere o
sulla credibilità dell’ordine giudiziario.
(Nella specie è stato ritenuto sanzionabile l’aver presentata, come
persona legata affettivamente e quindi implicitamente degna di
fiducia, un’imputata in procedimento per banda armata, con la quale
aveva una relazione extraconiugale, ad altro magistrato, impegnato
in delicatissime indagini di terrorismo, il quale, ignaro della
imputazione, si incontrava più volte ed anche a pranzo, con
l’incolpato e la donna).
Procedimento n. 10/86 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres.
167
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Sollecitazione dell’intervento di
pubblici ufficiali - Scorrettezza per modalità e per contenuto Sussistenza dell’illecito.
Commettere illecito disciplinare il magistrato che con
attegggiamento teso e prevaricatore, reso ancor più intimidatorio dalla
sua qualifica professionale, solleciti in piena notte la restituzione della
popria auto, rimossa dall’isola pedonale e depositata presso il
parcheggio antistante il Comando Vigili Urbani, rivolgendosi al
Commissariato di P.S. ed ottenendo dal Commissario la convocazione
del Comandante dei Vigili Urbani per l’apertura del parcheggio.
Procedimento n. 6/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Frequentazione di locali notturni Condizioni per la sussistenza dell’illecito.
La frequentazione di locali notturni da parte di un magistrato
rientra nella sfera delle sue libere scelte in ordine al modo di occupare
il tempo al di fuori del servizio giudiziario.
Tuttavia, ove detta frequentazione sia assidua, nonostante la
consapevolezza che nei locali in questione convengono abitualmente
pregiudicati e donne di equivoca moralità, si pone in essere una
condotta integrante illecito disciplinare.
Procedimento n. 39/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che ostenta in
pubblico rapporti confidenziali con familiari di imputati arrestati, e
in particolare nell’ambito dell’ufficio giudiziario.
168
Procedimento n. 35/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Partecipazione ad assemblea pubblica
organizzata per criticare e deligittimare giudici istruttori penali illiceità oggettiva - Assenza dell’elemento soggettivo - Esclusione
dell’addebito.
La partecipazione ad un’assemblea pubblica, annunciata da un
quotidiano con corredo di articoli fortemente critici dell’istruttoria di
una particolare vicenda giudiziaria penale, costituisce illecito
disciplinare se l’incolpato ebbe la consapevolezza dell’operazione di
delegittimazione dei giudici istruttori che in sede assembleare si
intendeva praticare.
(Nella specie la Sezione ha escluso che fosse provata la
consapevolezza nell’incolpato delle vere finalità dell’assemblea).
Procedimenti n. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Accettazione di frequenti inviti a cena
da soggetto parte in un proprio processo - Illiceità.
L’accettazione di frequenti inviti a cena da persona che è parte
in un giudizio civile affidato alla propria cognizione, in quanto dia
adito a sospetti di corruttibilità, compromette gravemente il prestigio
della magistratura e la credibilità della funzione giudiziaria.
(Nella specie l’incolpato aveva accettato quattro inviti a cena
nell’arco di pochi mesi).
Procedimento n. 21/88 - Sentenza del 15 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli..
Condotta privata del magistrato - Proscioglimento per remissione di
querela per lesioni lievissime in danno di moglie e suocera Insuperabili certezze in punto di attribuibilità delle lesioni
dell’incolpato - Assenza di danno al prestigio dell’Ordine Giudiziario
169
- Insussistenza dell’illecito.
Il proscioglimento dell’incolpato per remissione di querela dal
reato di lesioni volontarie lievissime non è disciplinarmente rilevante
quando sussistano incertezze insuperabili circa l’attribuibilità
all’incolpato delle lesioni lamentate e l’episodio sia rimasto confinato
nell’ambito della vita privata del magistrato sicchè nessun nocumento
abbia riportato il prestigio dell’Ordine Giudiziario e la considerazione
di cui il magistrato medesimo deve godere.
(Nella specie la Sezione, a fronte di querele reciproche per lesioni
volontarie proposte dall’incolpato nei confronti della moglie separata
e dalla di lei madre e viceversa, ha ritenuto di argomentare
l’insuperabilità della incertezza in un punto di responsabilità dello
stesso incolpato: dalla modestia delle lesioni lamentate dalle due
donne; dall’inesistenza di segni obiettivi di riscontro di dette lesioni;
dall’inconciliabilità di quest’ultime con le modalità di produzione
riferite; dalle perplessità espresse dal perito medico-legale; dalla
tardività della querela proposta e dalla pronta accettazione
dell’amnistia confrontate con il rifiuto della stessa amnistia da parte
dell’incolpato vittima di lesioni certe e di maggiore entità).
Procedimento n. 96/87 - Sentenza del 15 luglio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette grave illecito disciplinare il magistrato che convoca
telefonicamente nel proprio Ufficio in Tribunale, senza averla mai
conosciuta prima, la moglie di un detenuto, condannato a più di sei
anni di reclusione da un collegio da lui presieduto, allo scopo di
condurre trattative per l’acquisto, da parte dei propri affini, di una
villetta di proprietà della donna, di cui erano note le difficoltà
economiche in sonseguenza delle vicende giudiziarie del marito, in tal
modo incidendo sulla volontà negoziale della venditrice ed ottenendo
l’ulteriore risultato di far acquistare la villetta ad un prezzo vantaggioso.
Procedimento n. 92/88 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres.
170
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Attività di consulenza remunerata Illiceità.
Commette illecito disciplinare il magistrato che presti attività di
consulenza in favore di una società commerciale.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’attività di consulenza
remunerata non potesse considerarsi lecita per il fatto che uno dei
soci fosse affine in terzo gradi dell’incolpato).
Procedimento n. 13/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Condotta privata del magistrato - Partecipazione attiva ad operazioni
immobiliari di carattere fraudolento e speculativo - Grave violazione
dei doveri di correttezza e probità - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce grave illecito disciplinare la condotta privata del
magistrato che svolge il ruolo di vero dominus di una serie di
operazioni immobiliari di carattere bassamente e fraudolentemente
speculativo volte a distorcere a vantaggio proprio e dei propri amici
l’attività della P.A., utilizzando, a tal fine, le sue conoscenze tecnicogiudiziarie di natura contrattuale ed urbanistica.
Procedimento n. 67/89 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Condotta privata del magistrato - Abituale frequentazione di persona
con precedenti penali - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che intrattiene rapporti di amichevole frequentazione e di
dimistichezza con persona con gravi precedenti penali.
(Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che il magistrato
aveva mancato di ogni cautela nell’instaurare detti rapporti di
frequentazione con una persona estranea all’ambiente di lavoro senza
effettuare alcuna verifica sulla sua complessiva personalità).
171
Procediemnto n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Condotta privata del magistrato - Relazione extraconiugale - Incidenza
disciplinare - Requisiti.
L’intrattenimento da parte di un magistrato di un relazione
extraconiugale, come tutti i comportamenti tenuti nella vita privata,
sono sindacabili in sede disciplinare solo se suscettibili di generare
perdita di credibilità del magistrato in quanto tale o di influire
negativamente nell’esercizio della giurisdizione.
(Nel caso di specie è risultato che l’incolpato, già coniugato con
una collega, non aveva dato notorietà alla relazione extraconiugale
per cui da essa non erano derivati pregiudizi sul suo prestigio).
Procedimento n. 4/90 - Sentenza del 23 novembre 1990 - Pres.
Coccia.
Condotta privata del magistrato - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che, a richiesta
di persona amica sottoposta a perquisizione domicialiare da parte
della Guardia di Finanza, fornisce il nome di due penalisti per le
iniziative processuali del caso ed accolga la richiesta di leggere i
verbali rilasciati in copia dalla Guardia di Finanza all’evidente scopo
di esprimere un parere al riguardo; comportamento che, oltre a non
evocare, in sè, alcun giudizio di riprovevolezza nei confronti del
magistrato, non lo suscita nemmeno, ed a maggior ragione, se
inquadrato nella situazione di dimestichezza ed amicizia che, nel
rispetto dei limiti imposti al giudice dalla sua attività professionale,
fino a quel momento aveva caratterizzato i rapporti tra il magistrato
e la persona inquisita.
172
8. - DEBITI
173
174
Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro.
Debiti - Speculazioni commerciali - Tenore di vita sproporzionato Omesso pagamento dei debiti - Protesto degli effetti - Sussistenza
dell’illecito.
Compromette gravemente la propria reputazione ed il prestigio
dell’intero ordine giudiziario il magistrato che contragga
continuamente obbligazioni pecuniarie, senza poi soddisfarle, per
sopperire alle perdite conseguenti a sbagliate speculazioni
commerciali e per condurre un tenore di vita eccedente le proprie
possibilità finanziarie e che subisca inoltre numerosi protesti
cambiari, pubblicati negli elenchi ufficiali della camera di commercio.
Procedimento n. 768 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro.
Debiti - Emissioni di assegno bancario - Successivo uso dei fondi Errose scusabile - insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia emesso un assegno bancario di lieve importo,
protestato per mancanza di fondi, ove si accerti che all’atto della
175
emissione esistevano fondi sufficienti presso la banca trattaria e
che tali fondi vennero successivamente a mancare solo perchè il
magistrato ne dispose credendo, per errore scusabile, che ne
rimanessero ancora a sufficienza per assicurare il pagamento del
titolo.
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De
Pietro.
Debiti - Debito contratto con un parente - Possibilità di restituzione Esigenze familiari - Insussistenza dell’illecito.
Il magistrato il quale contrae un debito, per un milione, con un
parente, per sopperire alle esigenze della sua famiglia, non
compromette il prestigio dell’ordine giudiziario, nè si rende
immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere
il giudice, in quanto l’entità del debito, in relazione allo stipendio di
un magistrato, non dà adito a dubbi sulle possibilità di una puntuale
restituzione, ed in quanto le esigenze poste a base della richiesta di
credito sono da ritenersi apprezzabili
Procedimento n. 6 - Sentenza del 10 giugno 1961 - Pres. De
Pietro.
Debiti - Rilascio di cambiali - Omesso pagamento - Protesto degli effetti
- Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che non adempia ad obbligazioni cambiarie assunte, lasciando andare
in protesto alcuni effetti, anche se di modesto importo, taluno dei
quali domiciliato presso il di lui ufficio e che ometta altresì di
rimborsare ad un avvocato, avallante di uno dei titoli, la somma dello
stesso pagata.
Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
176
Debiti - Posteggio in un’autorimessa della propria automobile Prolungata utilizzata dell’autorimessa - Omesso pagamento del
canone - Sollecitazione di pagamento da parte del proprietario
dell’autorimessa - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato il quale tiene in
un’autorimessa per due anni la propria auto, non pagando alcun
canone ed omettendo di prendere iniziative per il pagamento, sì da
costringere il proprietario della rimessa a rivolgergli sollecitazione
per iscritto ed a interessare un legale. Infatti, il tentativo di
approfittare della qualità di pretore per sottrarsi all’obbligo di
pagamento del canone di posteggio, dimostra un propositivo ingiusto
ed indecoroso e tale da scuotere la considerazione di cui il giudice
deve godere e da ledere il prestigio dell’ordine giudiziario, specie se
l’episodio ha ripercussione nell’ambiente forense.
Procedimento n. 50 - Sentenza del 24 novembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Debiti - Pretore unico - Acquisti anche voluttuari - Pagamento rateale
- Eccessivo frazionamento delle rate - Dilazione dei pagamenti Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che nella sede in cui
esercita le funzioni di pretore unico proceda ad acquisti anche di
carattere voluttuario pagando il prezzo a piccole rate o a distanza
di tempo e stentamente, non attenendosi in tal modo a quei principi
di linearità e correttezza che, se sono impegnativi per ogni comune
persona, si presentano come particolarmente doverosi per un
magistrato.
Procedimento n. 58 - Sentenza del 5 ottobre 1963 - Pres. De
Pietro.
Debiti - Ricorso abituale al credito - Mezzi artificiosi per ottenere i
prestiti - Omesso pagamento dei debiti - Sussistenza dell’illecito.
177
Viene meno ai più elementari doveri di correttezza e di
rettitudine, tanto più cogenti per un rappresentante dell’ordine
giudiziario, il magistrato che di continuo, come prassi costante di
vita, ricorra all’altrui credito, contraendo obbligazioni pecuniarie
quasi sempre senza soddisfarle e che non esiti ad avvalersi di mezzi
del tutto inammissibili per ottenere tali crediti (nella specie fu, tra
l’altro sollecitata la presentza dell’ufficiale giudiziario nella sede di
una banca senza informarlo che gli sarebbe stata chiesta una
personale garanzia e fu convocato nell’ufficio persona di altro comune
per richiedere la concessione di un mutuo).
Procedimento n. 67 - Sentenza del 1° febbraio 1964 - Pres.
Rochetti.
Debiti - Contratti con un avvocato e con un istituto bancario Insolvenza - Protesto delle cambiali - Sussistenza dell’illecito.
La funzione del magistrato deve non solo essere, ma anche
apparire, ispirata alla massima obiettività ed al massimo disinteresse.
Pertanto commette illecito disciplinare il pretore il quale, esercitando
le sue funzioni in una piccola cittadina, solleciti prestiti da un
avvocato del luogo o da un istituto bancario gestore della locale
esattoria II.DD., lasciando poi insoluti i debiti contratti e facendo
andare in protesto numerose cambiali da lui emesse.
Procedimento n. 20 - Sentenza del 29 febbraio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Debiti - Contratti con avvocati e privati - Richieste pretestuose Insolvibilità - Omessa restituzione del denaro - Sussistenza
dell’illecito.
É di grave menomazione per la dignità personale e per il prestigio
dell’intero ordine giudiziario, il comportamento del magistrato che,
adducendo a pretesto urgente bisogno di denaro al fine di provvedere
alle spese per la malattia di un figlio e per altre necessità familiari,
abbia chiesto ed ottenuto in prestito, nel luogo di esercizio della sua
178
funzione, numerose e rilevanti somme di denaro da avvocati e da
privati, pur conoscendo che il proprio stato di insolvenza non gli
avrebbe consentito, come in effetti non gli consentì in massima parte,
di restituirle.
Procedimento n. 93 - Sentenza del 5 febbraio 1966 - Pres.
Rocchetti.
Debiti - Pericolo di fallimento della moglie - Assunzione di obbligazioni
cambiarie per evitarlo - Insolvibilità iniziale - Protesto degli effetti
- Sussistenza dell’illecito.
Nuoce alla considerazione di cui un giudice deve godere, e
compromette indirettamente il prestigio dell’ordine giudiziario, il
comportamento di colposa imprevidenza di un magistrato che assume
ingenti obbligazioni cambiarie al fine di evitare il fallimento della
moglie senza aver preventivamente conseguito la certezza di poter far
fronte, al momento della scadenza, alle obbligazioni assunte, sì da
determinare numerosi protesti a suo nome per l’importo di circa 25
milioni.
Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres.
Rocchetti.
Debiti - Acquisto di generi alimentari e cure mediche - Famiglia
numerose - Necessità di cura di familiari - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che
contragga numerosi debiti verso medici per prestazioni professionali,
verso farmacisti e fornitori in generi alimentari per acquisti effettuati,
se tali debiti siano dovuti a difficoltà finanziarie da attribuirsi, in
modo esclusivo, alle particolari esigenze di una famiglia numerosa e
alle necessità impellenti di cura di alcuni componenti della famiglia.
Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres.
Rocchetti.
179
Debiti - Iscrizione a un circolo - Omesso pagamento delle quote sociali
- Stato di bisogno - Irrilevanza - Sussistenza dell’illecito.
Integra gli estremi dell’illecito disciplinare il fatto del magistrato
che rimanga a lungo insolvente nel pagamento delle quote sociali del
circolo di cui è socio. Il particolare stato di bisogno in cui magistrato
venga a trovarsi non esclude la sua responsabilità dato il carattere
voluttuario della spesa.
Procedimenti n. 87 e 95 - Sentenza del 2 luglio 1966 - Pres.
Rocchetti.
Debiti - Mutui con istituti bancari - Mancanza di adeguata causale Difetto di riserbo - Richiesta di avallo a terzi estranei - Sussistenza
dell’illecito.
Non è consono alla dignità che nella vita privata deve improntre
tutte le azioni di chi appartiene all’ordine giudiziario e, pertanto,
costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il
quale, nel contrarre mutui bancari per sopperire a spese superiori ai
suoi mezzi economici, non mantenga riservati i suoi rapporti con
l’istituto di credito e solleciti l’intervento di terzi avallanti, estranei
al nucleo familiare ed alla parentela.
Procedimenti n. 87 e 95 - Sentenza del 2 luglio 1966 - Pres.
Rocchetti.
Debiti - Rilascio di cambiali a un imprenditore - Causale diversa da
acquisti - Pagamento ritardato delle cambiali - Sussistenza
dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che emetta
quattordici cambiali a favore di un imprenditore commerciale per
una causale diversa da acquisti fatti e che, inoltre, paghi alcune delle
cambiali solo all’atto della presentazione degli ufficiali giudiziari per
il protesto. Ciò perchè il magistrato deve ispirare la propria vita ad
austerità e correttezza al fine di suscitare quella fiducia, quel rispetto
180
e quella estimazione nella sua persona che è condizione per il
necessario prestigio dell’ordine giudiziario.
Procediemnto n. 148 - Sentenza del 14 giugno 1968 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Debiti contratti con avvocati o con persone interesste a
procedimenti in corso - Ripercussioni nell’ambiente forense Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che si rende debitore
di chi esercita abitualmente il patrocinio nella circoscrizionze del suo
ufficio o della parte offesa da reato oggetto di un procedimento da
lui istruito o dell’imputato che deve giudicare; ciò perchè in tal modo
si violano i doveri di proibità e di correttezza cui ogni magistrato
deve informare la propria condotta e nel contempo, ove tale violazione
sia nota all’ambiente forense, si crea un clima sospettoso che mina
alla radice la considerazione, la fiducia ed il prestigio dei quali chi
amministra giustizia deve essere circondato.
Provvedimenti n. 87 e 95 - Sentenza del 29 maggio 1969 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Vita dispendiosa - Ricorso al credito - Rilascio di cambiali Sussitenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, per condurre
vita dispendiosa e superiore alle proprie possibilità economiche, si
pone in condizioni di dover sollecitare la concessione di prestiti o di
contrarre obbligazioni cambiarie, e ciò in quanto corrisponde al
primo dovere di ogni magistrato mantenere l’equilibrio in ogni spesa
ed in ogni impegno, in modo da non superare le proprie possibilità,
a meno che non ricorrano ragioni di assoluta o inderogabile necessità.
Procediemnto n. 136 - Sentenza del 29 maggio 1969 -Pres.
Amatucci.
181
Debiti - Speculazioni commerciali - Società con persone malfamate e
protesti cambiari - Sussistenza dell’illecito.
Si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui
deve godere,e compromette il prestigio dell’ordine giudiziario, il
magistrato che abbia rapporti amichevoli e ripetuti contatti con
persone malfamate, avallando cambiali dalle stesse sottoscritte,
prestando loro il proprio nome per porre in essere un contratto basato
su presupposti di fatto mendaci, presentando poi all’autorità
giudiziaria una denuncia penale contenente affermazioni contrarie al
vero, subendo alcuni protesti cambiari e intromettendosi in affari
poco chiari fra le predette persone fino ad essere coinvolto come
imputato in un procedimento penale.
Procedimento n. 127 - Sentenza del 26 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Fideiussione per la concessione di un mutuo a terzi Adempimento successivo dell’obbligazione - Mancanza del danno
per il mutuante - Insussitenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che
presti una fideiussione per la concessione di un mutuo qualora,
essendo cessati i pagamenti da parte del debitore principale il
magistrato abbia adempiuto all’obbligo della prestata garanzia, sì che
nessun danno sia derivato al mutuante.
Procedimento n. 127 - Sentenza del 26 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Impresa speculativa - Rapporti di affari con altre persone Rilascio e avallo di effetti cambiari - Ricorso al credito - Insolvenza
- Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri e compromette gravemente il prestigio
proprio e dell’ordine giudiziario il magistrato che, nel luogo dove
esercita le proprie funzioni, si ingerisca in intricate ed oscure attività
182
speculative, relative alla gestione di un ristorante; si leghi in rapporti
di interesse con un gruppo di persone coinvolte in un clamoroso
procedimento penale; rilasci reiteratamente effetti cambiari o avalli
cambiali altrui per un notevole ammontare; e infine ricorra
reiteratamente al credito presso terzi facendo leva sulla sua qualità
di magistrato e giovandosi dei rapporti di stretta amicizia con un
avvocato di un Foro vicino, senza poi adempiere, alle scadenze, agli
impegni assunti, sì da perdere ogni fiducia presso gli istituti bancari
e i privati creditori.
Procedimento n. 160 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Contratti con un amico - Necessità familiari - Insussistenza
dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato il quale abbia
contratto debiti con persona di condotta non irreprensibile, quando
sussistano rapporti di vecchia amicizia e la richiesta del prestito sia
determinata da gravi vicende familiari.
Procediemento n. 204 - Sentenza del 19 maggio 1972 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in occasione di complessi rapporti economici, tenga
consapevolmente una condotta non conforme alle regole di
correttezza.
(Nella fattispecie il magistrato, dopo aver avallato alcune cambiali
dal primo prenditore successivamente girate in bianco, ma a scopo
di garanzia, era riuscito ad ottenere dal giratario la restituzione delle
stesse dietro un corrispettivo di gran lunga inferiore all’importo
cambiario e si era successivamente rifiutato di corrispondere al primo
prenditore la differenza).
183
Procedimento n. 212 - Sentenza del 9 giugno 1972 - Pres.
Amatucci.
Debiti - Debiti contratti con l’intermediazione di avvocati - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, trovandosi in una precaria situazione economica, ricorre per
ottenere prestiti di denaro all’intermediazione di avvocati esercenti
le funzioni di difensore in processi pendenti davanti a lui stesso, in
quanto tale comportamento può ingenerare nei cittadini e nel Foro
dubbi e perplessità in ordine alla sua imparzialità.
Procedimento n. 245 - Sentenza del 15 gennaio 1974 - Pres.
Bosco.
Debiti - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che abbia contratto e non pagato numerosi debiti per importi
rilevanti, abbia utilizzato cinque assegni bancari emessi a vuoto dalla
moglie, abbia intrattenuto rapporti di affari con un noto pregiudicato
per delitti contro il patrimonio mediante frode e abbia altresì indotto
un amanuense in servizio presso l’ufficio giudiziario di appartenenza
a rilasciargli delle cambiali di favore.
Procedimento n. 255 - Sentenza del 25 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Debiti - Contrazione di debiti con avvocati conosciuti in relazione alle
funzioni giudiziarie esercitate dal magistrato - Promessa di
restituzione non mantenuta - Sussistenza dell’illecito.
Pone in essere un comportamento tale da compromettere
gravemente il prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che
contragga debiti con numerosi avvocati conosciuti in relazione alle
184
funzioni giudiziarie da lui esercitate, con promessa, poi non mantenuta
di restituzione del denaro a breve termine e con la conseguenza
ulteriore di procedimenti esecutivi a suo carico rimasti egualmente
senza esito.
Procedimento n. 310 - Sentenza del 14 ottobre 1977 - Pres.
Bachelet.
Debiti - Fattispecie - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, trovandosi in gravi difficoltà economiche, dovute ad errati
investimenti, ha contratto, senza riuscire a pagarle per mancanza di
fondi, una serie di obbligazioni cambiarie di rilevante importo ed ha,
inoltre accettato un assegno spontaneamente offertogli da un soggetto
che era stato precedentemente imputato di alcuni processi penali
trattati dallo stesso incolpato.
Procedimento n. 245 - Sentenza del 23 marzo 1979 - Pres.
Bachelet.
Debiti - Fattispecie - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in un breve arco di tempo, ha contratto e non pagato numerosi
debiti verso banche, privati e professionisti anche operanti
nell’ambiente giudiziario, con esposizione in proprio o quale
fideiussore, e con la sottoscrizione di titoli di credito protestati, con
il risultato di subire numerose procedure esecutive e di sottoporsi a
negativa pubblicità derivante dalla pubblicazione del suo nome dei
bollettini dei protesti.
Procedimento n. 14/85 - Sentenza del 9 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Debiti - Ricorso del magistrato al credito senza essere in grado di
185
adempiere alla obbligazione contratta con emissione di assegni a
vuoto - Sussistenza dell’illecito - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che contragga una serie di obbligazioni senza essere in grado di
adempierle puntualmente, ricorra continuamente al credito anche di
privati emettendo asegni tratti su conti correnti privi di fondi,
trascurando poi di farsi carico della posizione creditoria dei possessori
di assegni emessi su conti correnti successivamente estinti.
Nè l’illecito è escluso dalla mancata pubblicità avuta dai
conseguenti decreti di condanna o dalle ragioni sottostanti ai debiti
contratti se inidonee a configurare una vera e propria causa di
giustificazione.
(Nella specie l’incolpato aveva emesso tre assegni a vuoto per
complessive L. 4.250.000 ed aveva addotto a giustificazione impreviste
gravi necessità familiari che avevano imposto spese straordinarie —
peraltro non documentate — per accertamenti diagnostici nei
confronti della moglie e spese per il matrimonio del figlio).
Procedimento n. 6/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Debiti - Contrazione di debito particolarmente oneroso - Consapevolezza
- dell’impossibilità di puntuale adempimento - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’aver contratto un debito con la
consapevolezza di non essere in grado di pagare puntualmente alla
scadenza, con conseguente inadempienza protrattasi di fatto per un
apprezzabile periodo di tempo.
Procedimento n. 61/87 - Sentenza el 16 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Debiti - Rilascio di cambiali - Protesto degli effetti - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’essersi fatto protestare effetti
186
cambiari con conseguente nocumento al prestigio dell’ordine
giudiziario.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato che l’addebito relativo al
protesto di quattro effetti cambiari per 19 milioni circa era aggravato
da una precedente condanna dell’incolpato all’ammonimento per
analogo episodio).
187
188
9. - DIFESA DELL’INCOLPATO
189
190
Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Difesa dell’incolpato - facoltà dell’incolpato di farsi assistere da un altro
magistrato - Omesso esercizio di tale facoltà - Conseguenze Richiamo analogico dell’art. 407, n. 4 e 5, c.p.p. sull’avviso al
difensore e sull’indicazione di un termine per proporre le prove di
difesa - Inapplicabilità della norma.
A norma dell’art. 34 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 durante la
discussione orale nel procedimento disciplinare non è ammessa
l’assistenza di un difensore, ma l’incolpato può farsi assistere da un
altro magistrato. Qualora tale facoltà non sia stata esercitata, non
trova applicazione la norma di cui all’art. 407, n. 4 e 5, c.p.p. (avviso
al difensore), in quanto essa presuppone la necessità del difensore o
quanto meno la sua nomina. Allo stesso modo non è applicabile l’art.
407 n. 5 c.p.p. concernente l’indicazione del termine utile per proporre
le prove a difesa.
Procedimento n. 31 - Sentenza del 15 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Difesa dell’incolpato - Prescrizione dell’art. 34 c.p.v. del r.d.l. 31 maggio
1946, n. 511, circa l’assistenza dell’incolpato - Grado del magistrato
incaricato dell’assistenza - Assistenza davanti alla Sezione
191
disciplinare di un magistrato di tribunale da parte di un altro
magistrato di tribunale - Legittimità.
Prima dell’istituzione del Consiglio superiore della magistratura,
ai sensi dell’art. 34 cpv. del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, l’incolpato
poteva farsi assistere da altro magistrato di grado non inferiore a
magistrato di tribunale od equiparato nei giudizi disciplinari davanti
ai consigli giudiziari e di grado non inferiore a consigliere di corte
d’appello od equiparato in quelli davanti alla Corte disciplinare. Dopo
l’entrata in vigore della legge 24 marzo 1958, n. 195, la suddetta
disposizione deve essere interpretata alla stregua del nuovo
ordinamento che non contempla più il doppio grado di giudizio, già
previsto dagli artt. 22 e 37 della legge sulle guarentigie, ma rimette
la cognizione dei procedimenti disciplinari a carico di tutti
indistintamente i magistrati alla Sezione disciplinare del Consiglio
superiore della magistratura. Pertanto, poichè della Sezione
disciplinare deve far parte un magistrato appartenente alla stessa
categoria dell’incolpato (art. 6 primo comma legge n. 195/1958), ove
si proceda contro un magistrato di tribunale non vi è motivo per
escludere che egli sia assistito da un altro magistrato di tribunale
appartenente cioè alla stessa categoria di uno dei componenti del
collegio giudicante.
Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro.
Difesa dell’incolpato - Facoltà dell’incolpato di farsi assistere da altro
magistrato - Limitazione di tale facoltà alla fase dibattimentale Omessa desiganzione di un difensore per il dibattimento - Obbligo
di dare avviso del dibattimento al magistrato che abbia assistito
di fatto l’incolpato - Insussistenza.
Difesa dell’incolpato - Facoltà dell’incolpato di farsi assistere da altro
magistrato nella fase della discussione orale -Questione di
legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
L’istituto della difesa del procedimento disciplinare a carico dei
magistrati è regolato non già dalle norme speciali contenute nel codice
di procedura penale bensì dalle speciali disposizioni dettate dall’art.
34 della legge sulle guarentigie del 1946, il quale dà facoltà
192
all’incolpato di farsi assitere da altro magistrato. Pertanto, in difetto
di una specifica preventiva designazione di un difensore per il
dibattimento, nessun avviso della data fissata per la discussione deve
essere dato al magistrato che di fatto abbia assistito l’incolpato nelle
precedenti fasi del procedimento. Per le stesse ragioni non è
applicabile al procediemtno disciplinare a carico dei magistrati la
norma dell’art. 111 dello statuto degli impiegati civili per la quale,
prima della fissazione del dibattimento, deve essere concesso
all’incolpato un termine di giorni venti per la visione dell’incarto e
la eventuale estrazione di copie.
Non contrasta con l’art. 24 della Costituzione, che garantisce il
diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, la norma
richiamata dall’art. 34 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511. Infatti per diritto
di difesa deve intendersi la concreta possibilità di adeguata assistenza
tecnico-professionale nel corso di un qualsiasi processo, intesa al fine
di assicurare il contraddittorio e di rimuovere ogni eventuale ostacolo
che si frapponga alle libere deduzioni delle parti.
Fermo questo principio, affermato dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 46 del18 marzo 1957, spetta al legislatore di regolare di
volta in volta le modalità di esercizio della difesa secondo le
particolari caratteristiche strutturali dei singoli procedimenti.
La fondamentale esigenza del diritto di difesa risulta rispettata
dal citato art. 34 r.d.l. n. 511/1946 in quanto il legislatore da una
parte ha ammesso l’incolpato di avvalersi, nella fase della discussione
orale, di un valido ausilio quale è quello costituito dall’assistenza di
un magistrato, idoneo per anzianità e funzioni esercitate, e dall’altro
ha ritenuto di dover escludere l’intervento di un professionista privato
in considerazione della natura e della delicatezza dell’indagine.
Procedimenti n. 170 e 169 - Sentenze del 12 e 15 maggio 1970
- Pres. Amatucci.
Difesa dell’incolpato - Limitazione alla fase della discussione orale Questione di legittimità costituzionale - non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondato per contrasto con l’art. 24,
secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimità
193
costituzionale dell’art. 34 del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, che limita
l’assistenza del difensore alla sola fase della discussione, con
esclusione di quella istruttoria (questione decisa dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 12 del 1971).
Procedimento n. 171 - Sentenza del 15 luglio 1971 -Pres.
Amatucci.
Difesa dell’incolpato - Divieto di assistenza di un difensore tecnico Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
É manifestamente infondata la questione di illegittimità
costituzionale della norma di legge che esclude l’assistenza del
difensore tecnico nei procedimenti disciplinari nei confronti dei
magistrati. La Corte costituzionale ha già escluso la necessità di tale
assistenza nel dibattimento e pertanto a maggior ragione, anche
durante l’istruzione e nel procedimento cautelare è ammessa soltanto
— come nella fase dibattimentale — l’assistenza di altro magistrato.
Procedimento n. 211 - Sentenza del 24 maggio 1973 - Pres. Bosco.
Difesa dell’incolpato - Estensione ai provvedimenti disciplinari a carico
dei magistrati della normativa di cui all’art. 304 c.p.p. in base al
richiamo dell’art. 32, comma terzo, del r.d.l. 31 maggio 1946, n.
511 - Ammissione.
Difesa dell’incolpato - Facoltà di nominare un difensore anche nella
fase istruttoria - Qualità del difensore - Ammissione.
In base all’art. 32, comma terzo, del r.d.l. 31 maggio 1946, n.
511 — il quale stabilisce che per i procedimenti disciplinari a carico
dei magistrati si osservano, in quanto compatibili, le norme relative
all’istruzione dei procedimenti penali — è applicabile anche ai detti
procedimenti disciplinari, non sussistendo alcuna incompatibilità e
dovendo il richiamo intendersi riferito sia alle norme vigenti che alle
norme emanate successivamente, la normativa dell’art. 304 c.p.p.
modificato dalla legge 5 dicembre 1969,n. 932, e dalla legge 15
dicembre 1962, n. 773, (secondo la quale il giudice istruttore, sin dal
194
primo atto di istruzione, è obbligato ad inviare a coloro, che possono
avervi interesse come parti private, una comunicazione giudiziaria
con indicazione delle norme di legge violate e della data del fatto
addebitato, con invito ad esercitare la facoltà di nominare un
difensore).
L’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore va inteso
nel senso che l’assistenza del difensore è consentita anche nella fase
istruttoria, nei modi e limiti previsti dal codice di procedura penale,
ma solo ad opera di un magistrato, correlativamente a quanto stabilito
per la fase dibattimentale dall’art. 34 decreto n. 511 del 1946.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Difesa dell’incolpato - Assistenza dell’incolpato da parte di un difensore
libero professionista - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza.
É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale degli artt. 32, 33 e 34 del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511,
nella parte in cui non consentono o escludono, nel procedimento
disciplinare a carico dei magistrati l’assistenza di un difensore libero
professionista, con violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Non sussiste, invero, la violazione dell’art. 3 Cost., in quanto il
principio di eguaglianza può dirsi violato solo se siano disciplinate
diversamente situazioni oggettivamente uguali, mentre a tutti i
magistrati sottoposti a procedimento disciplinare viene riservato lo
stesso trattamento; è, cioè, riconosciuta, in particolare, la facoltà di
farsi assistere da un altro magistrato di grado non inferiore a
consigliere di corte d’appello o equiparato. Non sussiste neppure il
contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto il diritto di difesa va rapportato
alle esigenze e alle caratteristiche dei singoli procedimenti, sicchè è
consentito al legislatore di regolare i modi di esercizio di tale diritto
con norme particolari che rispondono alle finalità che con esso si
vogliono raggiungere, essendo in ogni caso sufficiente che nella difesa
vengano realizzati lo scopo e la funzione. La difesa tecnica del
magistrato nel procedimento disciplinare è adeguatamente assicurata
mediante l’assistenza di altro magistrato, tenuto per la sua stessa
qualità di operatore del diritto, è in grado di dare un personale
195
contributo alla propria difesa mentre la stessa cosa non può dirsi per
altri sottoposti a procedimento penale o disciplinare.
Inoltre la limitazione di cui innanzi trova ragionevole
giustificazione nell’esigenza di salvaguardare un interesse che
travalica quello del singolo magistrato, quello, cioè, di assicurare allo
stesso procedimento disciplinare la maggiore riservatezza possibile a
tutela del prestigio dell’intero Ordine giudiziario.
Procedimento n. 299 - Sentenza del 27 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Difesa dell’incolpato - Applicabilità delle norme del dibattimento penale
ordinario relative all’assistenza di un secondo difensore Esclusione.
Non sono applicabili al giudizio disciplinare le norme del
dibattimento penale ordinario relative all’assistenza di un secondo
difensore, in quanto l’art. 34, secondo comma del r.d.l. 31 maggio
1846, n. 511, in contrapposizione al plurale usato nell’escludere
l’assistenza «di difensori o di consulenti tecnici», prevede
espressamente che l’assistenza difensiva sia affidata ad «altro
magistrato» e non a più magistrati.
Procedimento n. 10/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De
Carolis.
Difesa dell’incolpato - Affidamento ad altro magistrato - Legittimità
costituzionale.
L’art. 24 della Costituzione, nell’assicurare ad ogni cittadino il
diritto alla difesa, non impone una specifica ed univoca qualificazione
professionale del difensore, sicchè non contrasta con detta norma
l’affidamento della difesa dell’incolpato ad un magistrato che è dotato
di competenza tecnica in materia.
Procedimento n. 75/88 - Sentenza del 5 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
196
Difesa dell’incolpato - Limiti alla difesa tecnica dell’incolpato - Questione
di costituzionalità - Irrilevanza.
In mancanza di nomina o di richiesta di ammissione alla nomina
di un difensore libero professionista da parte dell’incolpato è da
considerare priva di rilevanza la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 32 e 34 r.d.l. n. 511/1946 sollevata con riferimento all’art.
24 c. 2 Cost., letto in connessione con gli artt. 10, 104 c. 3, 105 e
107 c. 2 Cost.
(Nella specie la Sezione ha incidentalmente affermato che il tema
dei limiti alla difesa tecnica dell’incolpato va riesaminato alla luce
della decisione 10.2.1983 della Corte Europea dei diritti dell’Uomo
— causa Albert e Le Compte/Governo Belga — assertiva del diritto
del diritto nel procedimento disciplinare di difendersi ricorrendo
all’assistenza di un difensore di libera scelta, per tale intendersi in
primo luogo il difensore professionale).
Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Difesa dell’incolpato - Assistenza del difensore non magistrato Esclusione - Questione di illegittimità costituzionale - Manifesta
infondatezza.
É manifestamente infondata la questione di illegittimità
costituzionale degli artt. 32, 33, 34 del r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511,
per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nelle parti in cui
non consentono od escludono nel procedimento disciplinare
l’assistenza di un difensore non magistrato e, comunque, non
consentono l’assistenza di due difensori.
197
198
10. DOVERI DEL GIUDICE: CORRETTEZZA
199
200
Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Doveri del giudice: correttezza - Lite del magistrato con l’amante Intervento di agente di polizia giudiziaria - Arroganza - Ostentazione
della propria qualità - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che assuma un atteggiamento arrogante e inopportuno nei confronti
di un carabiniere intervenuto per sedare un clamoroso diverbio tra
esso magistrato e la di lui amante, ostentando la propria appartenenza
all’ordine giudiziario e protestando ingiustamente anche presso il
comando di stazione.
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: correttezza - Percezione di indennità di trasferta non
dovute - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che
percepisca indennità di trasferta non dovute o dovute in misura
inferiore.
201
Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: correttezza - Interferenze nei rapporti tra avvocati e
loro clienti - Misura degli onorarri - Eccesso di zelo - Insussistenza
dell’illecito.
É opportuno che il magistrato si astenga dell’interferire nei
rapporti tra avvocati e loro clienti per quanto concerne la misura
degli onorari, non avendo alcuna veste ufficiale per conciliare le
vertenze che possono insorgere al riguardo. Tuttavia questa
esorbitanza delle funzioni, ove risulti ispirata non a finalità
deprecabili, ma solo ad eccesso di zelo, non è meritevole di sanzione
disciplinare.
Procedimento n. 48 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De
PIetro.
Doveri del giudice: correttezza - Menzogne da parte del magistrato in
sede di inchiesta del Procuratore generale - Sussistenza dell’illecito.
Viene meno ai doveri di lealtà propri di ogni appartenente
all’ordine giudiziario, il pretore che — in sede di inchiesta disposta
dal Procuratore generale — affermi, contrariamente al vero, di essere
stato presente in ufficio nel giorno in cui pervenne informativa di
un omicidio volontario e di aver dato notizia telefonica del delitto
alla procura della Repubblica competente.
Procedimento n. 51 - Sentenza del 9 febbraio 1963 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: correttezza - Verifiche di registri di stato civile Percezione di indennità non dovute - Errore scusabile Insussistenza dell’illecito.
Non è da ravvivarsi materia suscettibile di sanzioni disciplinari
nel comportamento del magistrato che, in occasione delle verifiche
202
dei registri di stato civile e degli uffici di conciliazione percepisca
indennità non dovute o chieda la liquidazione di indennità di misura
superiore a quella spettategli, quando si accerti che il fatto sia da
attribuirsi ad errore scusabile in relazione alla inesperienza nella
compilazione delle relative tabelle.
Procedimento n. 65 - Sentenza del 1° febbraio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Ritardo nel deposito di sentenze civili
- Occultamento del fatto - Compilazione di prospetti bimestrali con
date non corrispondenti a quelle di effettiva assegnazione delle cause
- Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
il quale abbia depositato più volte con ritardo le sentenze civili ed
abbia, allo scopo di occultare tale ritardo, compilato i prospetti
bimestrali da inviare alla presidenza della Corte d’appello con date
non corrispondenti a quelle effettive di assegnazione a sentenza delle
cause. Il predetto comportamento, infatti, è contrario ai doveri
essenziali del magistrato, non solo per quanto concerne la diligenza
nel lavoro, ma anche sotto il profilo di quella lealtà cui egli deve
sempre improntare la sua condotta.
Procediemnto n. 73 - Sentenza del 14 marzo 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Indicazione alla commissione di
scrutino di sentenze redatte da altri - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che nella domanda di partecipazione a uno scrutinio ordinario
indichi come titoli da lui redatti sentenze estese da altri magistrati.
Detto comportamento deve ritnersi di non grave entità quando si
accerti che esso è da attribuire non a mala fede ma a mera negligenza
nell’interpretazione delle norme vigenti (erroneia interpretazione
delle stesse nel senso che si potessero indicare anche lavori giudiziari
203
alla formazione dei quali abbia partecipato quale competente del
collegio).
Procedimento n. 76 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Locali concessi per le esigenze dell’ufficio
- Utilizzazione per uso privato - Deficenza di case di abitazione Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato, il quale abbia utilizzato per uso privato due locali concessi
dal comune per le esigenze della pretura di cui egli era il titolare,
quando si accerti che il godimento precario dei locali stessi sia dipeso
dalla deficienza di case di abitazione nella zona.
Procedimento n. 74 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Interferenza nelle indagini di polizia
giudiziaria e nei procedimenti penali a carico di amministratori di
imprese in cui il magistrato sia cointeressato - Sussistenza
dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che al fine di
impedire denunzie e condanne, interferisca nelle indagini di polizia
giudiziaria e nei procedimenti a carico degli amministratori di
imprese nelle quali egli risulti cointeressato.
Procedimenti n. 68 e 79 - Sentenza del 28 novembre 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie.
Si rende immeritevole di fiducia e compromette, nel modo più
scandaloso e grave, il prestigio dell’ordine giudiziario, il magistrato
204
che — dimentico dei doveri essenziali di un appartenente all’ordine
— muova in pubblico accuse infamanti ed infondate contro colleghi,
trascenda ad insinuazioni analoghe in pubblica udienza, assuma
atteggiamenti di sfida nei riguardi del dirigente dell’ufficio, trascuri
i doveri più elementari inerenti alla funzione, si associ a pregiudicati
e a professionisti di dubbia moralità in attività di maldicenza e di
diffamazione diretta a discreditare altri magistrati, rifiuti di sottoporsi
ad accertamenti medico-fiscali sulla sussistenza delle condizioni di
salute indispensabile per lo svolgimento della funzione.
Procedimento n. 69 - Sentenza del 3 marzo 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Percezione di indennità di trasferta
superiori al dovuto - Sussistenza dell’illecito.
É censurabile in sede disciplinare il magistrato che percepisca
indennità di trasferta in misura superiore a quella prevista dalla legge
e che tolleri che il cancelliere percepisca compensi per lavoro
straordinario non dovuti. Nè può giustificare il fatto l’ignoranza delle
norme vigenti in materia.
Procedimento n. 96 - Sentenza del 10 febbraio 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Liquidazione forfettaria di indennità di
trasferta - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che liquidi in modo forfettario le indennità di trasferta
quando simile comportamento — peraltro comune a molti uffici —
non abbia dato luogo a sfavorevoli commenti e non abbia quindi
menomato il prestigio del magistrato.
Procedimento n. 96 - Sentenza del 10 febbraio 1967 - Pres.
Rocchetti.
205
Doveri del giudice: correttezza - Cause nelle quali è richiesta l’ispezione
dei luoghi - Pretore dirigente che assegna a se stesso tutte le cause
del genere - Insussistenza dell’illecito.
Non compromette il prestigio dell’ordine giudiziario il
comportamento del magistrato, dirigente di una pretura, che abbia
designato se stesso per la trattazione di quasi tute le cause civili per
le quali era richiesta l’ispezione dei luoghi, ove risulti che tale
designazione incontrava l’unanime consenso degli avvocati e delle
parti per la speciale attitudine dimostrata sempre nella predetta
attività istruttoria dal magistrato, buon conoscitore della mentalità e
delle persone del luogo e largamente stimato e benvoluto da tutti.
Procedimento n. 120 - Sentenza del 17 giugno 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: correttezza - Magistrato che nell’esercizio delle sue
funzioni esprima personali sentimenti o risentimenti - Sussistenza
dell’illecito.
Al magistrato nell’esercizio delle sue funzioni nell’aula di udienza
non può riconoscersi il diritto di esprimere i suoi personali sentimenti
o risentimenti. Non è, infatti, buon giudice chi non sa lasciare sulla
soglia dell’aula di udienza i suoi problemi e i suoi travagli personali,
per calarsi col cervello e con l’animo nella funzione che l’ordinamento
gli assegna, ed è gravemente manchevole ai suoi più elementari doveri
chi non solo non compie uno sforzo di superamento delle proprie
debolezze umane, ma ritiene di poter fare del suo banco di magistrato
una tribuna per parlare al pubblico e per dare calcolata risonanza ad
una protesta del tutto estranea al compito che gli è affidato.
Pertanto è censurabile in sede disciplinare il comportamento del
magistrato il quale, essendo componente il collegio giudicante di una
sezione penale di corte d’appello, si levi in piedi dal suo banco di
giudice, all’inizio dell’udienza — presenti le parti e il pubblico — per
censurare un’ordinanza della Corte di cassazione di rimessione di un
processo ad altra Corte d’appello, asserendo essere tale ordinanza
offensiva del prestigio di tutta la magistratura del distretto, con essa
ingiustificatamente sospettata di parzialità.
206
É altresì censurabile il comportamento del medesimo magistrato,
il quale, adducendo a pretesto sempre le ragioni di cui sopra, si rifiuti
di partecipare al giudizio in tutti i procedimenti fissati per l’udienza
e, nonostante le sollecitazioni del presidente della Corte, non consenta
di comporre il collegio, sia pure al solo scopo di differire le cause a
udienza fissa, cagionando, tra l’altro, intralcio al servizio, disagio alle
parti e spese per le nuove citazioni.
Procedimento n. 91 - Sentenza del 23 gennaio 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Omessa denuncia di tentativo di
corruzione - Valutazione di insussistenza degli estremi del reato Non giustifica - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, avendo ricevuto l’offerta di una somma di danaro quale
compenso per una certa decisione in una causa civile, ometta di
denunciare il fatto nella convinzione che non sussistano estremi di
reato e si limiti a prendere in consegna la somma con l’intento, poi
attuato, di restituirla. In effetti l’obbligo previsto per il pubblico
ufficiale dall’art. 361 c.p. si riferisce ad ogni fatto che sia tale da
giustificare un sospetto di punibilità, senza possibilità per il p.u. di
effettuare una valutazione di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi
richiesti dalla legge per la punibilità del fatto, valutazione che deve
essere esclusivamente fatta dagli organi giudiziari competenti,
investiti dei necessari poteri di indagine.
Procedimento n. 175 - Sentenza del 22 gennaio 1970 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Verifche dello stato civile - Indennità
superiori a quelle stabilite dalla legge 15 aprile 1961, n. 291 (art.
1, 2, 13) - Sussistenza dell’illecito.
La verificazione straordinaria dei registri esistenti presso gli uffici
dello stato civile approvato con r.d. 9 luglio 1939, n. 1238 rientra tra
207
i compiti del procuratore della Repubblica e, non sussistendo
specifiche disposizioni per la determinazione della indennità di
trasferta spettante per tale attività, debbono essere applicate le norme
della legge 15 aprile 1961, n. 291, stabilite, con carattere di generalità,
per tutte le missioni compiute dai dipendenti statali. Nè ha rilevanza
in contrario il fatto che l’onere del pagamento è a carico delle
amministrazioni comunali e non dello Stato, perchè le suddette norme
vanno in ogni caso applicate, in difetto di disposizioni particolari che
legittimino una diversa condotta in materia da parte dei comuni.
Pertanto commette illecito disciplinare il magistrato che, procedendo
a verifiche straordinarie dello stato civile, percepisca indennità di
trasferta in misura superiore a quella stabilita dagli artt. 1, 2 e 13
della legge 15 aprile 1961, n. 291, anche in caso di spontanea
liquidazione da parte dell’amministrazione comunale o di prassi
contraria alla legge.
Procedimento n. 205 - Sentenza del 13 maggio 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Comportamento dovuto a giovanile
inesperienza - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia richiesto ed ottenuto dagli avvocati di una
piccola pretura un contributo per integrare il compenso
dell’amanuense, e che abbia tollerato che il cancelliere si facesse
consegnare in occasione delle verifiche degli atti dello stato civile
oggetti di cancelleria e buoni benzina, che abbia percepito compensi
superiori a quelli dovuti, quando tale comportamento sia da
attribuire a giovanile inesperienza ed eccessiva fiducia nei propri
collaboratori.
Procediemnto n. 207 - Sentenza del 13 maggio 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Installazione di telefono di ufficio
nell’abitazione - Esigenze di servizio - Insussistenza dell’illecito.
208
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore
che abbia chiesto ed ottenuto l’installazione, nella propria abitazione,
a spese del Comune di un apparecchio telefonico con l’intestazione
«Pretura — abitazione del Pretore», allochè risulti che siffatta
installazione in franchigia corrisponda a reali esigenze del servizio (
in quanto necessaria all’espletamento delle funzioni svolte dal
magistrato stesso in relazione alle caratteristiche della sede in cui
opera) e l’uso dell’apparecchio venga di fatto limitato alle
comunicazioni connesse alle esigenze medesime. In tale situazione
non può parlarsi di illecito disciplinare, in quanto nessun principio
giuridico o deontologico impone al pubblico funzionario di
provvedere col proprio patrimonio alle spese inerenti alla pubblica
funzione esercitata.
Procedimento n. 206 - Sentenza del 17 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di mere notizie sullo stato di
un processo in istruttoria - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che — in relazione ad un procedimento penale in
istruttoria sommaria — si sia limitato a chiedere al sostituto
procuratore della Repubblica semplici notizie sullo stato del processo,
senza interferire in alcun modo con l’esercizio della funzione
giurisdizionale.
Procedimento n. 182 - Sentenza del 15 luglio 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Giudice delegato - Dimora nell’albergo
sottoposto ad amministrazione controllata - Mancato pagamento
del conto - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, dopo aver dimorato, sia pure per un solo giorno, presso un
albergo sottoposto ad amministrazione controllata di cui egli era
209
giudice delegato, non ha provveduto al pagamento del relativo conto,
anche se per motivi diversi da quello di sottrarsi al pagamento.
Procedimento n. 188 - Sentenza dell’11 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Formulazione in udienza di
apprezzamenti offensivi verso i colleghi, i cancellieri e l’ordine
forense - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in udienza e nei locali dell’ufficio giudiziario, usi espressioni
ingiustificatamente critiche nei confronti dei magistrati, dei
cancellieri e dell’altro personale ausliliario nonchè nei confronti del
Consiglio dell’Ordine forense.
Procedimento n. 183 - Sentenza del 16 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, allontanatosi
dall’ufficio per gravi ragioni familiari dimenticando di lasciare a
disposizione i fascicoli relativi ai processi che dovevano essere trattati
dal suo sostituto, tenti di attribuire il mancato reperimento dei
fascicoli stessi alla negligenza del personale di cancelleria.
Procedimento n. 206 - Sentenza del 17 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di notizie sullo stato di un
procedimento - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare la richiesta da parte di un
magistrato ad altro collega di notizie in merito a un proceso senza
alcuna interferenza sulla gravità di magistrato.
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
210
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Sottoscrizione come estensore di
sentenza penale redatta in collaborazione con altro collega Insussitenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia sottoscritto come estensore una sentenza penale
redatta in collaborazione con altro componente del collegio e
d’accordo con quest’ultimo, sia per la sussistenza della partecipazione
alla stesura della motivazione, sia perchè il codice di procedura penale
non richiede l’indicazione dell’estensore.
Procedimento n. 203 - Sentenza del 17 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di mere notizie in ordine a
una denuncia - Insusistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che si sia limitato ad informarsi presso un collega dell’esito
di una denuncia penale da lui presentata e successivamente archiviata.
Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Lite con l’amante - Fattispecie Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che costringe con via
di fatto ad abbandonare l’autovettura da lui condotta una donna con
la quale aveva avuto in precedenza una relazione adulterina; il
comportamento insistente e provocatorio della donna può costituire
infatti una attenuante ma non integrare gli estremi dello stato di
necessità.
211
Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Uso di espressioni offensive e sprezzanti
in un esposto - Sussistenza dell’illecito.
Non è compatibile con le più elementari regole di costume, alle
quali il magistrato deve costantemente uniformare la propria
condotta, l’uso di espressioni pesantemente offensive e sprezzanti
in un esposto, diretto al Consiglio superiore della magistratura, al
Ministro di Grazia e Giustizia e al Procuratore Generale della
cassazione, concernente l’operato del primo Presidente della Corte
di appello.
Procedimento n. 227 - Sentenza el 10 marzo 1972 -PRes.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Redazione di un esposto-denuncia
contro il dirigente dell’ufficio contenente espressioni offensive e
sprezzanti - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, reagendo ad un comportamento non del tutto regolare del
Presidente della Corte di appello, abbia inviato al Capo dello Stato,
quale Presidente del Consiglio superiore della magistratura, al
Ministro di grazia e giustizia, al Procuratore Generale presso la Corte
di cassazione un esposto-denunzia contenente espressioni
pesantemente offensive e sprezzanti incompatibili con le più
elementari regole di costume. (Nella fattispecie il Presidente della
Corte di appello, avendo letto una sentenza del tribunale e ritenendo
che nella motivazione della stessa fossero contenute «alcune
affermazioni espresse con stile inconsueto e non certo proprio delle
decisioni giudiziarie», aveva invitato per iscritto il Presidente del
tribunale a raccomandare all’estensore di non ricadere «in deviazioni
del genere» e aveva disposto che copia della nota trasmessa al
Presidente del tribunale e della sentenza fosse inserita nel fascicolo
personale del magistrato esistente presso la Corte di appello).
212
Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Intervento presso la forza pubblica per
ottenere il rilascio di persone fermate - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, con riferimento
ad un episodio che egli stesso avrebbe dovuto in seguito giudicare,
cerchi di liberare la forza pubblica che adempie al suo dovere e di
fare apparire innocenti, per ottenere il rilascio, persone della stessa
considerate colpevoli di reato e perciò fermate, e determini altresì,
disagio ed imbarazzo nell’animo del dirigente responsabile del servizio
di ordine pubblico tanto da indurlo alla illegale liberazione dei
fermati, e alla loro denuncia a piede libero per resistenza alla forza
pubblica.
Procedimento n. 227 - Sentenza del 7 aprile 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: correttezza - Verifiche dei registri dello stato civile
- percezione di indennità superiori al dovuto - Sussistenza
dell’illecito - Approvazione della relativa liquidazione da parte delle
autorità amministrativa - Irrilevanza.
Costituisce ilecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in occasione delle verifiche periodiche dei registri dello stato
civile, abbia chiesto ed ottenuto dalle amministrazioni comunali
indennità di missione in misura molto superiore a quella spettatagli,
sia prendendo a base del calcolo da lui effettuato un coefficiente non
corrispondente alla qualifica da lui ricorpeta sia indicando periodi
tempo di gran lunga superiori a quelli effettivamente impiegati, ai
fini della sussistenza dell’illecito è irrilevante l’avvenuta apparovazione
da parte delle autorità comunali e tutorie della relativa contabilità.
Procedimento n. 244 - Sentenza del 6 luglio 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Invito, con lettera intestata, a
frequentare un corso di diritto civile ed amministrativo per la
213
preparazione agli esami di procuratore - Impiego della carta
solitamente fornita ai capi degli uffici per uso personale Insussistenza dell’illecito.
Nessun abuso è ravvisabile nell’utilizzazione, per l’invio di inviti
a frequentare un corso di diritto civile ed amministrativo per la
preparazione agli esami di procuratore, di carta intestata del tipo di
solito fornito ai capi degli uffici per uso personale, dovendosi
escludere equivoci sul carattere esclusivamente privato dell’iniziativa,
anche per la precisazione contenuta negli stessi inviti che il corso
sarebbe stato tenuto nell’abitazione del magistrato.
(Il magistrato era incolpato di aver invitato, a mezzo lettera
intestata all’ufficio, praticanti procuratori legali ad un corso di diritto
civile ed amministrativo per la preparazione agli esami di procuratore
legale, richiedendo l’onorario di lire 10.000 mensili. Nel giudizio è
mancata del tutto la prova della effettiva organizzazione del corso e
della richiesta di onorario, sicchè non vi è stata possibilità di valutare
tali fatti sotto l’aspetto dell’illecito disciplinare).
Procedimento n. 263 - Sentenza del 6 luglio 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Verbalizzazione della confessione resa
da degente in stato comatoso al medico in presenza del sostituto
procuratore della repubblica e di un commissario di p.s. in camice
bianco e non qualificatisi - Mancanza dell’intenzione di procedere
ad interrogatorio con l’ausilio di mezzi fraudolenti e giovanile
inesperienza - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto di un magistrato,
sostituto procuratore della Repubblica, che, recatosi in ospedale
unitamente ad un commissionario di P.S. per accertare le condizioni
di salute di una degente in stato comatoso, senza essersi qualificato
e vestito con un camice bianco imposto dalla direzione dell’ospedale
per ragioni di asepsi, assista alla confessione resa al medico dalla
donna gravemente malata, e poi deceduta, e, successivamente,
profondamente turbato, rediga dettagliato verbale di quanto avvenuto,
presupposto per l’imputazione di omicidio pluriaggravato, con
conseguente emissione dell’ordine di cattura. In detto episodio, infatti
214
deve escludersi qualsiasi preventiva intenzione di procedere ad
interrogatorio con ausilio di mezzi fraudolenti e il successivo
comportamento deve ascriversi esclusivamente alla giovanile
inesperienza dello stesso magistrato.
Procedimento n. 252 - Sentenza del 10 luglio 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Atto di reiezione dell’istanza di libertà
provvisoria contenente frasi augurali per il difensore - Natura di
appunto per l’avvocato interessato - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che in
uno scritto avente carattere di un appunto privato per l’avvocato
interessato, più di un provvedimento formale di reiezione dell’istanza
di libertà provvisoria, rivolga frasi augurali per le ferie al difensore,
cui sia legato da rapporti di reciproca stima, anche se poi lo scritto
sia inserito per errrore nel fascicolo processuale.
Procedimento n. 242 - Sentenza del 28 settembre 1973 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Verifiche di registri di stato civile Percezione di indennità non dovute - Errore scusabile Insussistenza dell’illecito.
Non sono ravvisabili gli estremi dell’illecito disciplinare, per
difetto dell’elemento psicologico, nel comportamento del magistrato
che, in occasione delle verifiche dello stato civile, percepisca indennità
in misura superiore a quelle spettategli, quando si accerti che il fatto
sia dovuto ad inesperienza in materia di trattamento di missione
(Nella fattispecie il magistrato aveva effettuato nella stessa giornata
la verifica degli atti dello stato civile in tre comuni, percependo tre
indennità di missione, invece che una sola nella misura prevista per
il comune con popolazione maggiore).
Procedimento n. 245 - Sentenza del 15 gennaio 1974 - Pres.
215
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Uso poco corretto dei poteri propri
del magistrato - Negative valutazioni nell’ambiente di lavoro Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’uso se non arbitrario, poco
corretto, dei poteri propri del magistrato, tale da suscitare negative
valutazioni nell’ambiente in cui lo stesso esercita le sue delicate
funzioni, e da compromettere, di riverbero, il prestigio dell’Ordine
giudiziario.
Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente
garantiti (libertà di opinione, diritto di agire in giudizio, diritto di
denuncia) - Questioni di legittimità costituzionale - Manifesta
infondateza.
É manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale dell’art. 18 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, in relazione
agli articoli 3, primo comma, 21 e 24 Cost., nella parte in cui non
ne rimane esclusa l’applicabilità delle ipotesi di esercizio di diritti
costituzionalmente garantiti (libertà di opinione; diritto di agire in
giudizio), in quanto i diritti di libertà, ed in particolare quelli relativi
alle manifestazioni di pensiero previsti dalla Costituzione, non godono
di una tutela assoluta, ma sono soggetti a limiti, previsti anch’essi
dalla Costituzione, sia generali che particolari, individuabili, i primi
nella necessità di non ledere diritti altrui ugualmente garantiti, e
derivanti, i secondi, dai doveri connessi all’esercizio di determinate
funzioni, che, per i magistrati, si riassumono nei doveri di riservatezza,
di obiettività e di imparzialità, dai quali derivano particolari limiti di
comportamento, in perfetta sintonia con l’art. 21 Cost., inoltre,
l’incontestabile diritto di denuncia che compete indubbiamente al
magistrato come ad ogni altro cittadino, non può confondersi con la
condotta di un magistrato che sporge una denuncia a notevole
distanza di tempo dalla commissione dei fatti (76 giorni) con
un’esposizione di fatti non corrispondenti al vero, con omissione di
216
particolari rilevanti, in attuazione di un’abile reticenza, «in modo da
ingenerare nel lettore l’impressione che appartenenti alla polizia
avrebbero commesso atti arbitrari», e avallando siffatta impressione
con la sua qualità di magistrato, diffondendo, infine, personalmente
la denuncia tramite l’ANSA.
(L’eccezione era stata sollevata nel rilievo che le contestazioni
riguardavano proprio l’esercizio dei diritti garantiti dalla Costituzione
e cioè la libertà di opinione (art. 21 Cost.) e il diritto di agire in
giudizio (art. 24 Cost.); che gli obblighi disciplinari non possono
sacrificare l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti nemmeno
sotto il profilo dei «modi», dei «casi» e delle «forme»; che le norme
incolpatrici non tipicizzando la condotta del magistrato determinano
un’assoluta incertezza e introducono gravi limitazioni nell’esercizio
dei diritti civili e politici).
Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Denunzia penale non conforme alla
realtà dei fatti e reticente su circostanze rilevanti - Fattispecie Sussistenza dell’illecito - Ampia pubblicità al fatto da parte
dell’incolpato - Maggiore gravità dell’illecito.
Devesi ritenere lesivo del prestigio dell’Ordine giudiziario il
comportamento di un magistrato che, evidenziando la sua qualità,
sporge una denuncia penale non conforme alla realtà dei fatti, a lui
sostanzialmente nota, e, comunque, abilmente reticente su circostanze
di tale rilevanza da ingenerare l’impressione di una illecita condotta
altrui, nella specie ritenuta invece legittima dalla competente autorità
giudiziaria; siffatto comportamento, in ogni caso riprovevole, acquista
un rilievo ancor più censurabile quando ad una denuncia in quel
modo congegnata, il magistrato aggiunge un’ampia pubblicità.
Procedimento n. 269 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Costituzione di una società
commerciale di fatto sotto l’egida di un prestanome - Sussistenza
217
dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che costituisce una
società commerciale di fatto, sotto l’egida di un prestanome, in palese
violazione del tassativo divieto fatto ai magistrati dall’art. 16, primo
comma, dell’ordinamento giudiziario, di esercitare industrie o
commerci.
Procedimenti n. 253 e 288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente
sanciti - Modalità - Ammissione.
Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente
sanciti - Partecipazione a riunioni e manifestazioni pubbliche nel
corso delle quali sia previsto o prevedibile il verificarsi di eventi
contrastanti con la legge - Sussistenza dell’illecito.
I magistrati godono, senza limitazione di sorta, dei diritti
assicurati dalla Costituzione a tutti i cittadini. Nelle concrete modalità
di esercizio dei diritti costituzionalmente sanciti, il magistrato peraltro, non può venir meno alle regole di comportamento previste
dall’ordinamento giudiziario, al cui rispetto lo vincola, in ogni
circostanza, l’appartenenza all’Ordine.
Se, pertanto, deve affermarsi il diritto del magistrato di partecipare
a riunioni e manifestazioni pubbliche, per contro non può disconoscersi
che la partecipazione attiva e consapevole ad una pubblica riunione o
manifestazione, nel corso della quale sia previsto o prevedibile il
verificarsi di eventi contrastanti con la legge, costituisce comportamento
censurabile sul piano disciplinare, non essendo ammissibile che un
magistrato avalli con la sua presenza comportamenti contrari e
quell’ordinamento giuridico che è suo compito far rispettare.
É da ritenersi passibile di sanzione disciplinare il magistrato che
partecipi ad una manifestazione davanti alla sede di una delegazione
straniera, pur nella ragionevole previsione o nella consapevolezza,
che nel corso di essa potevano essere lanciate grida vilipendiose
all’indirizzo del Capo di uno Stato estero.
218
Procedimento n. 290 - Sentenza del 5 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Intervento a favore di un arrestato
oggetto di distima sociale - Sussistenza dell’illecito.
Doveri del giudice : correttezza - Richiesta di notizie relative ad un
arrestato oggetto di distima sociale - Sussistenza dell’illecito.
Manca ai suoi doveri e tiene un comportamento tale da
compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario, il magistrato che
interviene a favore di un arrestato, anche se questo intervento è fatto
fuori dal distretto nel quale egli esercita il proprio ufficio, specie
allorchè gli è nota la fama di mafioso e la distima sociale che
accompagnano la persona della quale si interessa. Non assume valore
discriminante la pretesa differenza tra l’interesse e l’informazione, in
quanto proprio per la delicatezza della funzione e per il prestigio che
deriva dal suo esercizio, vi è piena equivalenza tra interesse e
informazione per un privato.
Procedimento n. 299 - Sentenza del 27 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Magistrato che intrattiene per lungo
tempo rapporti di dimestichezza, di affari ed interessi comuni con
soggetti che svolgono attività criminose di estrema pericolosità Sussistenza dell’illecito.
Costituisce gravissimo illecito disciplinare il comportamento
di un magistrato che intrecci e conservi per lungo tempo rapporti
di dimestichezza, di affari e di intrecci economici (quali la nomina
in un ocnsorzio di irrigazione; la compravendita di un immobile
di rilevante valore, ecc.), con elementi che egli, per la ristrettezza
dell’ambiente (trattasi di un piccolo centro abitato) conosce come
appartenenti a cosche mafiose e dediti ad attività criminose di
estrema pericolosità (delitti contro la persona e contrabbando di
tabacchi esteri), siffatto comportamento compromette in modo
gravissimo il prestigio dell’Ordine giudiziario, in rapporto al
compito istituzionale di difesa della società al quale questo Ordine
è preposto.
219
Procedimento n. 308 - Sentenza del 2 luglio 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Verifiche dello stato civile - Effettuazione
nella sede della Pretura, anzichè nelle rispettive sedi comunali Percezione delle previste indennità - Sussistenza dell’illecito.
Doveri del giudice: correttezza - Verifiche dello stato civile - Effettuazione
nella sede della Pretura, anziché nelle rispettive sedi comunali Percezione delle previste indennità - Cattive condizioni di salute
dell’incolpato e intenso lavoro di ufficio - Minore gravità dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del Pretore, il
quale proceda alle verifiche semestrali dei registri degli uffici di stato
civile dei Comuni di Mandamento, nella sede della Pretura, anzichè
nelle rispettive sedi comunali, percependo dalle amministrazioni dei
Comuni, per quelle verificazioni, le previste indennità. Non vale ad
escludere l’illeceità del fatto l’esistenza di un’ammissibile prassi in
tal senso: valgono tuttavia, ad attenuare la responsabilità
dell’incolpato le cattive condizioni di salute e l’intenso lavoro.
Procedimento n. 104 - Sentenza del 3 luglio 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: corretezza - Comportamento che ingeneri nella
opinione pubblica la supposizione o il sospetto di parzialità Sussistenza dell’illecito.
Il magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, non deve soltanto
ricercare con impegno, sapienza e coscienza la giusta risoluzione
della controversia, ma deve, altresì, curare che il suo comportamento
non ingeneri nell’opinione pubblica la supposizione o il sospetto di
parzialità. Invero, attuandosi la perdita di prestigio eslcusivamente
nella pubblica opinione, il giudice deve ritenere anche quella, nella
giusta misura, e valutare, prevedendole nei limiti della prudenza e
della convenienza, le ripercussioni pubbliche della sua condotta e
delle sue decisioni. Pone, pertanto, in essere un comportamento
pregiudizievole al proprio prestigio ed a quello dell’intero Ordine
giudiziario il magistrato che liquidi ad un sequestratario giudiziario
da lui nominato e con il quale mantiene rapporti di amicizia,
compensi, onorari e rimborsi in misura eccessiva, anche in relazione
agli utili dell’impresa soggetta a sequestro, e che ometta i doverosi
220
controlli sull’attività del sequestratario, consentendo allo stesso di
non presentare gli effetti rendiconti mensili, così come disposto nel
provvedimento di nomina, e di fare dalla cassa dell’impresa
prelevamenti non giustificati per rimborsi di spese e trasferte.
Procedimento n. 104 - Sentenza del 3 luglio 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Fruizione di servizi gratuiti da parte di
un’impresa soggetta a sequestro giudiziario - Sussistenza dell’illecito.
Pone in essere un comportamento pregiudizievole del prestigio
dell’Ordine giudiziario il magistrato che, avendo nominato
sequestratario giudiziario di un’impresa persona amica, durante il
successivo periodo di gestione dell’impresa medesima, fruisca di
frequenti e numerose consumazioni gratuite a carico dell’esercizio
bar di cui l’azienda dispone e riceva, sempre gratuitamente, in casa
prodotti della medesima.
Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente
sanciti - Modalità - Ammissione.
Doveri del giudice: correttezza - Esercizio di diritti costituzionalmente
sanciti - Partecipazione a riunioni e manifestazioni pubbliche nel
corso delle quali sia previsto o prevedibile il verificarsi di eventi
contrastanti con la legge - Sussistenza dell’illecito.
I magistrati godono, senza limitazione di sorta, dei diritti
assicurati dalla Costituzione a tutti i cittadini. Nelle concrete modalità
di esercizio dei diritti costituzionalmente sanciti, il magistrato,
peraltro, non può venir meno alle regole di comportamento previste
dall’ordinamento giudiziario, al cui rispetto lo vincola, in ogni
circostanza, l’appartenenza all’Ordine.
Se, pertanto, deve affermarsi il diritto del magistrato di
partecipare a riunioni e manifestazioni pubbliche, per contro non
può disconoscersi che la partecipazione attiva e consapevole ad una
221
pubblica riunione o manifestazione, nel corso della quale sia previsto
o prevedibile il verificarsi di eventi contrastanti con la legge,
costituisca comportamento censurabile sul piano disciplinare, non
essendo ammissibile che un magistrato avalli con la sua presenza
comportamenti contrari a quell’ordinamento giuridico che è suo
compito far rispettare.
É da ritenersi passibile di sanzione disciplinare il magistrato che
partecipi ad una manifestazione davanti alla sede di una delegazione
straniera, pur nella ragionevole previsione o nella consapevolezza,
che nel corso di essa potevano essere lanciate grida vilipendiose
all’indirizzo del Capo di uno Stato estero.
Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Pretesa di allontanare la forza pubblica
da una riunione con il pretesto del carattere privato della stessa Sussistenza dell’illecito.
Agisce con assoluta mancanza di serenità e di buon senso, e,
quindi, con pregiudizio del proprio prestigio personale e di quello
dell’intero ordine giudiziario, il magistrato che pretenda, sia pure
nella qualità di «pretore di turno», ma nonostante il contrario avviso
del Procuratore della Repubblica, di allontanare la forza pubblica da
una riunione con il pretesto del carattere privato della stessa, allorchè,
per il luogo della riunione (sala normalmente adibita a proiezioni
cinematografiche), per il numero dei partecipanti (superiore
all’agibilità della sala stessa), per le modalità di partecipazione
(acquisto di una tessera associativa effettuato senza il controllo dei
requisiti e delle condizioni di associazione), la manifestazione doveva
con ogni evidenza considerarsi pubblica.
Procedimento n. 255 - Sentenza del 25 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Pressioni nei confronti di un avvocato
per la copertura di un saldo passivo lasciato insoluto presso un
istituto bancario - Sussistenza dell’illecito.
222
Pone in essere un comportamento tale da compromettere
gravemente il prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che,
essendosi avvalso della segnalazione di un avvocato per la concessione
di un’apertura di credito in conto corrente, costringa, poi, lo stesso
avvocato a intervenire direttamente presso l’istituto concedente, per
coprire un saldo passivo lasciato insoluto con abuso della fiducia
concessagli.
Procedimento n. 314 - Sentenza del 4 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Relazione extraconiugale con la moglie
di un collega - Sussistenza dell’illecito.
Viola il dovere di correttezza, cui il magistrato deve sempre
uniformarsi, anche nella propria condotta privata, colui che insidi la
moglie di un collega dello stesso ufficio giungendo ad attuare con la
medesima una convivenza more uxorio.
Procedimento n. 243 - Sentenza dell’8 ottobre 1975 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Interferenza in un procedimento penale
- Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che interferisca in
un procedimento penale estraneo alla sua competenza non solo
mediante ripetuti interventi verbali presso colleghi investiti della
trattazione del processo in questione, ma altresì con scritti e con una
pubblica presa di posizione nella vicenda quale la pubblicazione di
un articolo su un giornale.
Procedimento n. 225 - Sentenza del 21 ottobre 1975 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: correttezza - Relazione amorosa con persona soggetta
a procedura fallimentare e conferimento al coniuge della medesima
di incarichei giudiziari - Sussistenza dell’illecito.
223
Commette illecito disciplinare il magistrato delegato al fallimento
che allacci una relazione amorosa con la persona sottoposta alla
procedura fallimentare e conferisca, altresì, incarichi giudiziari al
coniuge della medesima.
Procedimento n. 344 - Sentenza del 29 aprile 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Partecipazione di un giudice istruttore
penale ad un’intervista svolta da giornalisti ad un soggetto sul
conto del quale erano state disposte indagini di polizia giudiziaria
- Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato, che, nel corso dell’istruzione di un procedimento penale
a lui affidato, ha partecipato, con due giornalisti, ad un’intervista
nei confronti di una pesona a carico della quale aveva fatto eseguire
indagini di polizia giudiziaria, rivolgendogli domande che, pur non
vertendo su fatti costituenti oggetto diretto del cennato
procedimento penale, riguardavano argomenti che marginalmente
avrebbero potuto trovare in futuro un possibile ingresso nell’iter
processuale.
Procedimenti n. 247 e 254 - Sentenza del 5 maggio 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Presentazione di una denunzia lacunosa
contro funzionari di P.S. - Illecito disciplinare - Elemento
intenzionale - Prova - Necessità.
Non costituisce illecito disciplinare la presentazione all’autorità
giudiziaria di una denunzia contro alcuni funzionari di pubblica
sicurezza con la quale contenga una ricostruzione lacunosa dei fatti
addebitati ai denunziati, nel caso in cui non risulti sufficientemente
provato che tale comportamento sia stato posto in essere in mala
fede, al fine di far apparire arbitraria l’azione della polizia.
224
Procedimento n. 361 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Adozione di un provvedimento per
motivi diversi da quelli enunziati - Necessità di univoci elementi
probatori - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che emetta mandato di cattura facoltativo a carico di
imputato incensurato e più volte ricoverato in ospedali psichiatrici
per episodi distonici, tratto in arresto in flagranza di reato,
allorquando non ricorrono univoci elementi probatori circa la volontà
di utilizzare tale atto processuale per una finalità diversa da quella
sua propria, atta a coprire una colpevole omissione e, per contro,
nulla induce a ritenere che il provvedimento sia stato emesso con
quell’intento. (Nella specie il mandato sarebbe stato emesso per sanare
la irrituale del titolo di custodia derivante dalla mancata, tempestiva
convalida dell’arresto).
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Omaggio di due cassette di frutta ed
invito a cena da parte di un professionista col quale intercorrono
rapporti di ufficio - Insussistenza di illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare, pur costituendo condotta
certamente sconsigliabile, l’accettazione dal commissario giudiziario
di due cassette di frutta e di un invito a cena da parte del giudice
delegato all’amministrazione controllata, in considerazione della
lievità degli omaggi raffrontata alla condotta generale e costante di
indiscussa irreprensibilità del magistrato.
Procedimento n. 387 - Sentenza del 10 marzo 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Prudenza - Colloqui con imputato senza
225
redazione del verbale dell’interrogatorio - Motivi - Illecito
disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare, pur costituendo palese
violazione di norme processuali (artt. 365 e segg. c.p.p.
sull’interrogatorio dell’imputato, artt. 302, 155 e 156 c.p.p. sulla
compilazione del processo verbale degli atti istruttori, 304 bis c.p.p.
sui diritti di difesa), il comportamento del magistrato, giudice
istruttore penale, che tenga un colloquio riservato con imputato in
libertà provvisoria avente ad oggetto temi dell’indagine processuale
(in caso diverso il colloquio si presterebbe ad interpretazioni sospette
ed equivoche), qualora il giudice abbia agito animato dal desiderio
di fare luce su clamorose vicende processuali per ansia di ricerca
della verità.
Procedimenti n. 396 e 283 - Sentenza del 3 giugno 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Interrogatorio di un ufficiale dell’arma
dei carabinieri con l’assistenza di un appartenente alla medesima
arma di grado inferiore - Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non integra illecito disciplinare il comportamento del sostituto
procuratore della Repubblica il quale proceda all’escussione come
testimone di ufficiale dei carabinieri facendosi assistere, come
dattilografo, da un appartenente alla medesima arma di grado
inferiore a quello dell’interrogando, in specie ove il magistrato non
sia stato in grado, data l’ora, di chiedere l’assistenza di personale
diverso.
Procedimento n. 390 - Sentenza del 26 gennaio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Magistrato che mediante dichiarazioni
rese innanzi all’autorità consolare di uno Stato estero cerchi di
ostacolare l’estradizione in Italia di un imputato - Illecito
disciplinare - Sussistenza.
226
Commette illecito disciplinare il magistrato che, attraverso
dichiarazioni rese dinanzi all’autorità consolare di uno Stato estero
e trasfuse in una testimonianza giurata extraprocessuale, destinata
ad essere trasmessa all’autorità giudiziaria di quello Stato, si è
adoperato per ostacolare la richiesta di estradizione di un cittadino
italiano imputato di gravi reati, esprimendo valutazioni personali
priva di fondamento, inficiate anche da grossolani errori giuridici,
precluse ad un testimone obiettivo e, tanto più, ad un magistrato
estraneo al processo e, prospettando, altresì, che l’imputato, una volta
rientrato in Italia, avrebbe corso serio pericolo per la sua personale
incolumità.
Procedimenti n. 362 e 377 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Interferenza in un procedimento penale
- Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che interferisca in un procedimento penale inviando, a mezzo di altro
collega, al presidente del collegio giudicante una segnalazione scritta
a favore della parte civile con annesso promemoria in cui si caldeggia
la condanna dell’imputato.
Procedimenti n. 363 e 377 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Accettazione di rimborso spese dai
difensori delle parti per ispezioni giudiziali nel corso di procedimenti
penali - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che accetta dai difensori delle parti somme di varia entità, non dovute
ad alcun titolo all’Ufficio, per rimborso spese in occasione di ispezioni
di località — anche a brevissima distanza — richieste dai predetti
difensori nel corso di procedimenti penali.
227
Procedimento n. 406 - Sentenza del 23 marzo 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di riconoscimento di infermità
per causa di servizio - Sostituzione dell’originaria domanda e di
certificati medici - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
il quale, avendo iniziato una pratica per riconoscimento di malattia
per causa di servizio, dopo che il relativo fascicolo era pervenuto al
suo ufficio per adempimenti istruttori, da svolgersi su richiesta del
Ministero di Grazia e Giustizia, ha sostituito l’originaria domanda e
due certificati medici.
Procedimento n. 418 - Sentenza del 29 giugno 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Sollecitazioni nei confronti di un collega
per la concessione di una libertà provvisoria - Illecito disciplinare
- Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
il quale effettui pressioni su di un collega al fine di ottenere la
concessione della libertà provvisoria a favore di un imputato
detenuto.
Procedimento n. 230 - Sentenza del 26 ottobre 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Informazioni su procedimenti penali
in corso ad un avvocato - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il contegno del magistrato che
fornisca ad un suo amico avvocato notizie su procedimenti penali in
corso, al fine di aiutarlo nella ricerca di clienti;
228
Procedimento n. 407 - Sentenza del 18 gennaio 1980 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Tentativo da parte di un magistrato
di influire, mediante pressione e raccomandazioni, sull’esito di
processi affidati ad altri colelghi - Illecito disciplinare Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, mediante pressioni e raccomandazioni, tenti di
influenzare l’esito di alcuni procedimenti giudiziari trattati da
colleghi, a nulla valendo opporre che tale intervento sia stato
determinato dallo scopo di elidere l’efficacia negativa di ingiuste
interfernze altrui.
Procedimento n. 424 - Sentenza dell’8 febbraio 1980 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: correttezza - Apertura di credito bancario Contestazione del conto corrente con un avvocato - Illecito
disciplinare - Insussistenza - Fattispecie.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato il quale abbia ottenuto da una banca locale un’apertura
di credito in conto corrente garantita soltanto dal suo patrimonio
familiare e concessogli alle condizioni generalmente praticate
dall’Istituto concedente, anche se di tale conto risulti contitolare un
avvocato che abbia svolto attività professionale in un processo trattato
dallo stesso magistrato, ove risulti che la partecipazione dell’avvocato
all’operazione bancaria sia stata soltanto formale,perchè diretta a
superare unicamente gli ostacoli derivanti dalla limitata competenza
territoriale dell’istituto di credito, e sia, comunque, da escludere che
ciò abbia influito in modo negativo sulla correttezza e sull’obiettività
giurisdizionale svolta dall’incolpato.
229
Procedimento n. 431 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Doveri del giudice: correttezza - Autorizzazione ai difensori di provvedere
alla scritturazione degli originali delle sentenze civili - Illecito
disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del presidente
del tribunale che autorizzi i difensori a provvedere alla scritturazione
degli originali delle sentenze civili violando il disposto dell’art. 11
delle disp. att. cod. proc. civ. e consentendo a terzi di prendere visione
del contenuto di tali decisioni prima che le medesime, per effetto
della pubblicazione, divengano immodificabili da parte del collegio
che le ha emanate.
Procedimento n. 28/81 - Sentenza del 27 novembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Mancata sottoscrizione del ruolo di
udienza - Insussistenza dell’illecito.
La tenuta del ruolo di udienza è certamente compito istituzionale
della cancelleria e la mancata sottoscrizione dello stesso ruolo non
costituisce illecito disciplinare.
Procedimento n. 22/81 - Sentenza del 22 gennaio 1982 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette grave illecito disciplinare da sanzionare con la
perdita dell’anzianità di un anno e quattro mesi il magistrato che
oltre ad aver chiesto ed ottenuto la corresponsione di indennità
chilometriche per l’uso di mezzo proprio, mentre aveva utilizzato
l’auto di servizio, nonchè indennità di pernottamento non
effettuato fuori sede, abbia impartito disposizioni all’autista
perchè annotasse false percorrenze sul libretto di bordo dell’auto
di servizio.
230
Procedimento n. 27/81 - Sentenza del 19 febbraio 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Viola il dovere di correttezza il magistrato che in pendenza di
un procediemnto penale contragga obbligazioni e si renda debitore
di un imputato che deve lui stesso giudicare, a nulla rilevando che
a tali obbligazioni egli abbia poi regolarmente adempiuto, in quanto
l’attività del magistrato non solo deve essere, ma deve anche apparire
ispirata, oltre che alla massima obiettività, anche al massimo
disinteresse, al fine di non creare intorno a sè un clima di sospetto
che radicalmente distrugge la fiducia che deve ispirare chi è chiamato
ad amministrare la giustizia.
Procedimento n. 62/81 - Sentenza dell’11 giugno 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Rinvio non scritto di un’intera udienza
- Insussistenza dell’illecito.
Il rinvio non scritto di tutta un’udienza, quando non vi è lesione
dei diritti delle parti e non vi è danno per il funzionamento dell’ufficio,
non costituisce comportamento rilevante sul piano disciplinare.
Procedimento n. 64/81 - Sentenza del 9 luglio 1982 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Intervento presso un giudice istruttore
in procedimento relativo al delitto di associazione per delinquere Interferenze nel corso del processo - Sussistenza dell’illecito Gravità dello stesso.
Il giudice disciplinare non introduce nuove fattispecie
sanzionabili nè stabilisce una sorta di retroattività di nuove
fattispecie. Egli invece svolge la tradizionale funzione di elaborazione
231
e di precisazione del dato normativo in quanto e perchè non tutto
esplicitato e la deve svolgere in piena autonomia e in piena
indipendenza, avendo di mira il risultato finale della garanzia
dell’ordine giudiziario sia pure e sempre per soddisfare interessi
generali esterni.
Corallario di tutto ciò è che il giudice disciplinare deve dare
rilevanza con una funzione tipica di concorso produttivo sul piano
deontologico, a quelle ipotesi di devianza le quali siano caratterizzate
dal fatto che il magistrato non è, oppure non appare, imparziale o
soggetto solo alla legge. E deve anche fare una più aggiornata
valutazione quantitativa delle ipotesi già note.
Più in particolare è a carico del giudice disciplinare il compito di
considerare in modo speciale quei comportamenti che, per i nessi
evidenti con situazioni di ambiente, per la peculiarità di palesi o
presumibili collegamenti anche solo pparenti, per la eccezionalità di
un repubblicano, rilevino una dose massiccia di incompatibilità proprio
con l’immagine del giudice garante della legge e della sua piena
osservanza e soprattutto di tutore primo delle istituzioni e della loro
difesa.
b) In applicazione di tali principi deve essere affermata la
responsabilità disciplinare allorquando, intervenendo presso un
giudice istruttore in procediemento relativo fra l’altro al delitto di
associazione per delinquere, l’incolpato perori la causa di un
imputato, sondando le intenzioni dell’inquirente, promettendo e
prospettando attività all’imputato sì da giungere, per segni inequivoci,
ad evidenziare la propria capacità di incanalare la condotta
dell’imputato medesimo a seconda dell’esito dei suoi contatti con lo
stesso istruttore, si è al di fuori dell’ipotesi di occasionale domanda
di notizie fini a se stessa o di un ridotto intervento per motivi di
umanità, e si realizza una pesante interferenza sul corso della giustizia
penale.
Procedimenti n. 3/80, 31/81 e 54/81 - Sentenza del 28 settembre
1982 - Pres. De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Interferenza in un processo in corso Fattispecie - Sussistenza dell’ilelcito.
232
É disciplinarmente censurabile l’interferenza in un processo in
corso, effettuata con frequenti tentativi di persuasione, sia sul piano
processuale che sostanziale, specie se operata da un magistrato di
notevole anzianità ed esperienza, in quanto idonea ad arrecare
turbamento della funzione giudiziaria, in qualunque momento del
processo venga espletata, e ad ingenerare dubbi sul corretto
svolgimento della funzione da parte dei giudice nei cui confronti essa
è diretta, in ispecie quando di tale presunta scorrettezza siano
informate terze persone chiamate istituzionalmente a collaborare con
la magistratura.
Procedimento n. 351 R.G. - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Distribuzione di scritti a contenuto
offensivo per la magistratura - Allegazione agli scritti di un invito
a dibattere sui problemi posti - Insussistenza dell’illecito.
La distribuzione di scritti a contenuto offensivo per la
magistratura con allegato invito ad un dibattito sul tema non può di
per sè sola considerarsi antidoverosa per il magistrato in quanto tale.
Data la connessione degli scritti con problemi relativi alla giustizia
per i quali il giudice può e deve avere speciale interesse, deve ritenersi
quanto meno non comprimibile la spinta a promuovere chiarimenti
e discussioni anche in presenza di profilabili ragioni di riserbo e di
opportunità.
Il fine della distribuzione, ravvisabile nell’intento di chiarire i
termini della questione, esclude nella condotta del magistrato anche
ogni titolo di colpa, sia pure sub specie di imprudenza.
Procedimento n. 365 R.G. - Sentenza del 26 novembre 1982 Pres. Galasso.
Doveri del giudeice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Il ripetuto pretestuoso rifiuto di ricevere la notifica in atti inerenti
a tributi non pagati integra violazione al dovere di correttezza.
233
Procedimento n. 20/82 - Sentenza del 30 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’aver dichiarato
inammissibile un’istanza di ricusazione proposta in una causa riunita
ad altre nelle quali, per identici motivi, era stata proposta identica
istanza respinta dal Presidente del Tribunale.
In tal caso sussiste in capo all’incolpato un fondato
convincimento che la nuova ricusazione dovesse considerarsi
inammissibile, non rilevando che, in contrario, il Presidente del
Tribunale modificando il proprio orientamento, abbia poi accolto il
nuovo ricorso di ricusazione.
Procedimento n. 344 - Sentenza del 3 dicembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Il magistrato che si accompagna con due giornalisti i quali
intervistano una persona che lo stesso magistrato dovrà poi sentire
in sede penale, è censurabile disciplinarmente seppure ciò abbia fatto
per eccesso di zelo.
Procedimento n. 24/80 - Sentenza del 10 dicembre 1982 - Pres.
Galasso.
Residenza - Violazione - Ininfluenza sulla funzionalità dell’ufficio Insussitenza dell’illecito.
É insussistente l’illecito disciplinare allorchè all’esame
complessivo del lavoro svolto dal magistrato, nonostante una
situazione di grave disservizio per la vacanza del posto di cancelliere
e di ufficiale giudiziario, risulti provato che la violazione dell’obbligo
di residenza non ha negativamente inciso sulla funzionalità
234
dell’ufficio.
Procedimento n. 10/80 - Sentenza dell’11 dicembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che frequentemente,
anche se non abitualmente, tiene in udienza un comportamento
gratuitamente polemico nei confronti di difensori e colleghi,
abbandonandosi pubblicamente verso questi ultimi a critiche pesanti
e interrompendo i primi argomenti ed osservazioni obiettivamente
tali da risultare anticipatorie del suo giudizio sulle controversie in
esame.
Procedimento n. 40/82 - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Nell’esperienza giurisprudenziale è sempre stato controverso il
limite di concedibilità dei permessi di cui all’art. 3 L. n. 1/1977, sicchè
l’avere l’incolpato seguito l’indirizzo meno restrittivo sfugge alla
valutazione del giudice disciplinare trattandosi di attività giudiziaria
insindacabile.
Procedimenti n. 428 e 364 R.G. - Sentenza dell’11 gennaio 1983
- Pres. Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Viola i doveri di comportamento inerenti alla propria funzione
il magistrato che, sia pure allo scopo di accertare l’eventuale
compimento di reati, ponga in essere un’attività corrispondente al
compimento di un reato.
235
Procedimento n. 12/82 - Sentenza del 21 gennaio 1983 - Pres.
Galsso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce grave illecito disciplinare l’avere, nella qualità di
pretore mandamentale omesso di tutelare i diritti di una interdetta
astenendosi dall’esprimere il parere in ordine all’autorizzazione a
vendere al proprio coniuge, ad un prezzo oggettivamente inferiore al
reale valore, un bene immobile della interdetta medesima, di fatto
poi venduto al coniuge dell’incolpato stesso per autorizzazione del
vice-pretore onorario.
Procedimento n. 32/82 - Sentenza del 18 febbraio 1983- Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Considerazioni d’ordine morale non
necessarie ai fini della decisione - Inopportunità - Insussistenza
dell’illecito.
L’inserimento nella motivazione della sentenza di considerazioni
d’ordine morale proprie del giudicante, non necessarie tuttavia per
dar ragione della decisione, è inopportuno, ma non disciplinarmente
illecito sempre che dette considerazioni siano inidonee a ledere
l’onore o la reputazione delle parti o dei loro difensori.
Procedimento n. 46/82 - Sentenza del 27 maggio 1983 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Liquidazioni di compensi nella
procedura fallimentare - Prassi elusiva delle leggi n. 1426/1956 e
n. 863/1965 - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato addetto alla
sezione fallimentare che si sia adeguato alla diffusa prassi contraria
all’applicazione del sistema normativo in tema di compensi, quale
desumibile dalle leggi n. 1426/1956 e n. 836/1965, stante l’impossibilità
di ottenere adeguate prestazioni da professionisti di valore in ragione
236
sia dell’irrisorietà della retribuzione sia della ristrettezza dei termini
per operazioni complesse come inventari e valutazioni, tanto più
quando lo stesso sistema, con tesi giuridiche serie e comunque non
manifestamente inattendibili, si riteneva inapplicabile alla procedura
fallimentare, avuto riguardo al disposto dell’art. 23 n. 7 legge
fallimentare.
Procedimento n. 34/82 - Sentenza del 10 giugno 1983 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
L’uso di espressioni di severa critica verso l’operato dell’Amministrazione penitenziaria può qualificarsi come illecito e scorretto
solo alla stregua di superati canoni deontologici, incentrati su di un
sacrale e gerarchico ossequio alle attività e decisioni dell’Amministrazione.
Procedimento n. 5/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non è censurabile disciplinarmente l’omessa quantificazione delle
somme dovute dal convenuto soccombente a titolo di interessi e di
svalutazione monetaria non sussitendo un obbligo del giudice del
lavoro di provvedervi ed essendo sufficiente la generica indicazione
nella sentenza della condanna al pagamento di dette somme.
Procedimento n. 5/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Illecito.
1) Commette illecito disciplinare il Pretore che decide nel merito
due procedimenti penali di competenza per materia del Tribunale;
237
2) commette illecito disciplinare il magistrato che condanna gli
imputati al pagamento delle spese di custodia preventiva nonostante
essi non fossero stati detenuti per quella causa;
3) commette illecito disciplinare il magistrato che condanna
l’imputato alla pena di dieci giorni di reclusione, inferiore a quella
minima prevista dall’art. 23 c.p. ed altro imputato a pena pecuniaria
superiore a quella massima consentita;
4) commette illecito disciplinare il magistrato che dichiara non
doversi procedere per remissione di querela in ordine ad un reato di
oltraggio perseguibile d’ufficio;
5) commette illecito disciplinare il magistrato che nella
motivazione dà conto di un esito del giudizio di comparazione tra
circostanze del reato difforme da quello acquisito nel dispositivo;
6) commette illecito disciplinare il magistrato che omette di
effettuare, nonostante espresse sollecitazioni dei Carabinieri, il
necessario sopralluogo in occasione di un grave infortunio sul lavoro.
Procedimento n. 5/83 - Sentenza del 17 giugno 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie Insussistenza dell’illecito.
L’aver deciso nel merito diciassette cause civili di valore
indeterminabile, e, pertanto, di competenza, per valore del Tribunale
integra, da parte del Pretore, infrazione di lievissima entità, non
meritevole di valutazione in sede disciplinare.
Procedimento n. 11/83 - Sentenza del 15 luglio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudiece: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Va immune da responsabilità disciplinare il magistrato che abbia
adempiuto l’obbligo di fornire i dati obiettivi che spetta al Consiglio
valutare ai fini di un eventuale accertamento di situazioni di
incompatibilità. Non può farsi carico al magistrato di aver tollerato
l’espletamento di attività professionale da parte dei propri congiunti,
238
trattandosi di situazione che l’incolpato non era in grado di
rimuovere.
Procedimento n. 13/83 - Sentenza del 28 ottobre 1983 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Processo del lavoro - Omessa lettura
del dispositivo in udienza - Complessiva diligenza dell’incolpato Precarie condizioni di salute - Insussistenzad ell’illecito.
Non può apparire giustificazione assorbente l’affermazione che
nel processo del lavoro l’omessa lettura del dispositivo in udienza
non costituisca motivo di nullità, ciacchè si ha il diritto di esigere
da ogni magistrato un comportamento che non sia ai limiti della
invalidità degli atti che compie. Tuttavia tale comportamento,
certamente non apprezzabile, può perdere rilievo disciplinare se
giustificabile in ragione della complessiva laboriosità dell’incolpato e
dalle sue precarie condizioni di salute.
Procedimento n. 41/81 - Sentenza del 28 ottobre 1983 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette grave illecito disciplinare da sanzionarsi con la
rimozione il magistrato che non solo mantenga per lungo tempo
rapporti con pericolosi pregiudicati o con persone malfamate che
hanno elevato il delitto a sistema di vita e che, notoriamente,
appartengono ad organizzazioni mafiose, ma che ripetutamente
esercita, nei confronti di vari colleghi titolari di procedimenti in cui
erano implicate le dette persone, pesanti interferenze poste in essere,
consapevolmente, al fine di fuorivarie il corso della giustizia.
Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussitenza dell’illecito.
239
Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore che, senza
giustificazione alcuna ed anzi coerentemente al suo espresso
convincimento di non esservi tenuto, non comunichi al titolare
dell’ufficio ovvero comunichi in modo del tutto generico l’esito dei
processi celebrati nelle udienze cui ha partecipato quale pubblico
ministero.
Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore che dopo
aver ordinato la sospensione di lavori di escavazione di una cava
deleghi, nonostante le informazioni dei carabinieri escludessero la
ussistenza di situazioni di pericolo, un vigile urbano alla revoca
dell’ordine di sospensione, revoca da disporre nel momento in cui,
secondo le proprie cognizioni e sentiti i tecnici competenti, avesse
ritenuta eliminata la situazione di pericolo per persone o cose. Un
tale provvedimento è abnorme alla luce del principio basilare secondo
il quale ogni provvedimento di contenuto decisionale non può essere
delegato a terzi, giacchè altrimenti questi verrebbero per via indiretta
trasformati in giudici.
Procedimento n. 61/81 - Sentenza del 15 dicvembre 1983 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice:correttezza - Trascrizione nella motivazione di
comparse conclusionali - Illiceità.
La trascrizione anche solo parziale delle comparse conclusionali
nella motivazione di numerose sentenze civili costituisce
comportamento contrario ai doveri del magistrato.
Procedimento n. 61/81 - Sentenza del 15 dicembre 1983 - PRes.
240
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore che
dispone il sequestro di atti presso l’Amministrazione comunale al solo
fine di accertare se nella cessione di taluni terreni da parte della
stessa Amministrazion fossero ravvisabili estremi di reato, emettendo
poi decreto di archiviazione a conclusione del procedimento. In tale
modo il giudice oltre ad esorbitare dai poteri propri della funzione
requirente, con il porre in essere valutazioni in prevenzione degli atti
amministrativi, adotta un provvedimento conclusivo in palese
violazione dell’art. 74, 3° comma, c.p.p..
Compito del giudice, che pure non è spettatore inerente di quanto
accade nella società civile e nel Paese, è quello di tenersi fuori da
conflitti e polemiche evitando di dare l’impressione di uso strumentale
della funzione giudiziaria.
Procedimenti n. 15/83 e 25/83 - Sentenza del 24 febbraio 1984 Pres. De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non è sanzionabile disciplinarmente l’eccesso nei rilievi e
riferimenti, nonchè l’eccesso verbale nell’uso delle parole da parte del
pubblico ministero sia in udienza, sia, più latamente, in tutti gli
incontri dialettici con la difesa, sempre che gli eccessi costituiscano
la forma di argomentazioni pertinenti e logicamente utili, anche solo
putativamente, alla decisione e non segnalino il fine di soddisfare un
rancore personale o una assoluta sproporzione del discorso rispetto
all’argomento.
L’irrilevanza disciplinare di tali eccessi che sia frutto di
sopravvalutazione della propria linea accusatoria e di unilaterale
svalutazione della tesi contrapposta, non toglie che gli stessi possano
acquistare rilevanza come indici più o meno incisivi della capacità
e attitudine professionale del magistrato.
Procedimenti n. 15/83 e 25/83 - Sentenza del 24 febbraio 1984 241
Pres. De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento processuale
del pubblico ministero che, senza violare alcuna norma di legge e
fuori dei casi di provato intento persecutorio o di abuso per fini
personali, sceglie il mezzo più drastico dell’atto restrittivo della libertà
personale per la contestazione di un reato, pur potendo
l’inopportunità della scelta o la spopriazione rispetto alla situazione
contingente trovare rilevanza nel giudizio sulla capacità e sulle
attitudini a fare il giudice.
Procedimento n. 56/81 - Sentenza del 1 marzo 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare grave il Pretore che violi il dovere
di compiere, in relazione a reati che eccedono la sua competenza,
semplicemente agli atti che per ragioni di urgenza non consentono il
pronto intervento del giudice competente, omettendo di dare corso
immediato alle reiterate richieste del procuratore della Repubblica
competente dirette ad ottenere la trasmissione degli atti del
procedimento nello stato in cui si trovavano. (Nella specie, emesso
un mandato di arresto nei confronti di imputato per reato di
competenza superiore, il Pretore rifiutava di trasmettere gli atti al
Procuratore della Repubblica competente che reiteratamente li
richiedeva, assumendo di dover prima procedere all’interrogatorio
dell’arrestato).
Procedimento n. 21/83 - Sentenza del 13 aprile 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che durante la
trattazione di un procediemnto penale contro un giornalista, autore
242
in passato di un articolo vivacemente critico del suo operato quale
giudice di un altro procedimento, provoca con specifiche domande,
apparentemente addottte al fine di accertare l’esistenza di
presupposti per una sua eventuale astenzione dal giudizio, ma
chiaramente riconducibili a risentimento personale verso l’imputato,
la reazione di quest’ultimo con la conseguente incriminazione del
medesimo per oltraggio in udienza. In tal modo l’incolpato esorbita
dai poteri inerenti alla sua delicata funzione, travalicando i limiti
di correttezza e d’imparzialità connessi all’esercizio della
giurisdizione.
Procedimenti n. 11/80 e 6/83 - Sentenza del 25 aprile 1984 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, sia pure per
scherzo, faccia battere il percussore sull’apposita base di una pistola
ad aria compressa oggetto di reperto, cagionando grave spavento a una
dattilografa. Trattasi di comportamento censurabile sia perchè
soggettivamente ed oggettivamente idoneo ad arrecare spavento alla
persona destinataria, sia perchè realizzato mediante l’uso di un oggetto
di reperto, sia infine perchè dimostrativo dell’assenza di quella serietà
e compostezza che deve improntare la condotta di un magistrato specie
in ufficio, dove è più immediatamente recepibile il disdoro che ne
deriva al soggetto stesso ed alla funzione che rappresenta.
Procedimento n. 11/82 - Sentenza del 22 giugno 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
L’introduzione nella parte emotiva della decisione di
considerazioni rilevanti ai fini diversi rispetto a quello proprio della
motivazione cvostituisce illecito disciplinare se strumentale al
raggiungimento di finalità individuali proprie dell’estensore quale ad
esempio quella di cogliere l’occasione per riaccendre polemiche non
243
strettamente legate alla dialettica processuale o che addirittura
investono rapporti personali.
Procedimento n. 2/84 - Sentenza del 33 giugno 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Il magistrato anche nell’adempimento delle obbligazioni
contrattuali deve improntare il proprio comportamento alla massima
correttezza e precisione. Commette illecito disciplinare il magistrato
il cui nome vanga pubblicizzato sul bollettino dei protesti per aver
emesso assegni bancari privi di copertura, incidendo il pagamento
successivo al protesto solo sull’entità della sanzione disciplinare
infliggenda.
Procedimento n. 12/84 - Sentenza del 20 luglio 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussitenza dell’illecito.
In via generale non può ritenersi che il recare il confronto morale
ai familiari di un conoscente tratto in arresto sia comportamento che
di per sè comprometta il prestigio dell’Ordine Giudiziario e che
contrasti con i doveri di riserbo e di correttezza del magistrato
estraneo all’ufficio procedente.
Procedimento n. 8/83 - Sentenza dell’11 novembre 1983 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Adesione alla loggia P2 - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare l’adesione alla loggia P2 che fin
dal suo apparire è stata contrasegnata da riservatezza, copertura
nonchè da un selezionato proiselitismo e perciò rientra nella nozione
di associazione segreta vietata dalla Costituzione.
La sussistenza del vincolo associativo prescinde da
comportamenti riconducibili a rituali iniziazioni o all’adempimento
244
di obblighi pecuniari (quota), essendo sufficiente l’incontro della
volontà dell’associato con quella dell’associante.
Procedimento n. 11/84 - Sentenza del 28 settembre 1984 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Coinvolgimento di soggetti estranei al
processo penale nella motivazione dell’ordinanza di rinvio a giudizio
- Illiceità.
All’ordinanza istruttoria di rinvio a giudizio in un processo
penale è comunemente attribuito un elevato tasso di veridicità,
giacchè tutto il meccanismo processuale dovrebbe svilupparsi lungo
un percorso dialettico idoneo a consentire a ciascuno dei
protagonisti del processo di svolgere il proprio ruolo nel modo più
completo.
Costituisce illecito disciplinare l’indicazione nominativa di taluni
parlamentari quali responsabili di ambigui legami e collusioni con
la camorra, indicazione formulata nella motivazione di un’ordinanza
di rinvio a giudizio in un processo penale nel quale nessuno dei
predetti parlamentari abbia mai assunto la veste di imputato,
indiziato o sospettato ovvero sia stato quantomeno liberamente
sentito in ordine ai fatti oggetto del procedimento.
L’omessa instaurazione del necessario contradditorio con il
parlamentare il cui onore risulta scalfito quando gli episodi riferiti
quale indice di malcostume politico, se non di vera e propria
compromissione tra singoli politici e singoli camorristi, sono estranei
ai fatti di associazione per delinquere per cui è stato disposto il rinvio
a giudizio, sicchè il riferirli non trova alcuna giustificazione in
un’esigenza di completezza della motivazione.
Procedimento n. 14/84 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fatttispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che fa uso
scriteriato della propria pistola esplodendo un colpo in prossimita
delle gambe di un automobilista rifiutatosi di fornire le proprie
245
generalità nel corso di un procedimento di identificazione, iniziato
dallo stesso magistrato, qualificatosi come appartenente alla polizia
giudiziaria, dopo essere stato costretto ad una manovra di
emergenza dalla sconsiderata condotta di guida dell’automobilista
medesimo.
Procedimento n. 26/84 - Sentenza del 23 novembre 1984 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
L’uso di espressioni inutilmente polemiche nei confronti di
provvedimenti giudiziari, contenute nei motivi di impugnazione o in
altri atti giudiziari, soprattutto se tali espressioni nulla aggiungono
alla forza ed alla compiutezza delle argomentazioni, è inopportuno,
ma non acquista rilievo disciplinare ove costituisca episodio isolato
nel quadro di un’attività svolta con impegno e capacità professionale,
e quando l’episodio stesso, oltre a non aver avuto pubblicità tale da
sminuire la credibilità dell’organo giudicante destinatario delle
espressioni polemiche, non abbia provocato una situazione di
contrasto tra i magistrati per avere l’incolpato chiesto scusa per il
suo comportamento.
Procedimento n. 53/83 - Sentenza dell’8 febbraio 1985 -Pres. De
Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Concessione di permesso a
detenuto - Insindacabilità dell’uso dei poteri discrezionali da parte
del magistrato di sorveglianza.
Indipendentemente dalla discussa natura del provvedimento di
concessione sul permesso — amministrativa o giurisdizionale —
l’attività del giudice di sorveglianza è insindacabile sul piano
disciplinare quando risulti esercitata in modo formalmente corretto.
É pertanto preclusa ogni valutazione del giudice disciplinare circa
la congruità della decisione adottata rispetto al caso concreto.
Procedimento n. 8/84 - Sentenza del 15 febbraio 1985 - Pres.
Guizzi.
246
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non presenta elementi tali da configurare gli estremi di una
violazione dei doveri professionali o deontologici del magistrato
l’essersi assentato dal lavoro raggiungendo la propria città d’origine
senza attendere risposta alla domanda di aspettativa per motivi
familiari, ma, comunque, giustificando l’assenza con l’invio di
certificazione medica a corredo di un’istanza di congedo straordinario
per motivi di salute, disattesa dal Presidente del Tribunale, ma seguita
da favorevole accertamento medico fiscale con il quale si assegnava
al magistrato un periodo di riposo di venti giorni.
Procedimento n. 4/85 - Sentenza del 23 marzo 1985 - PRes.
Guizzi.
Doveri del giudice: correttezza - Censura ad opinioni dissenzienti Modalità.
L’attività del magistrato deve essere sempre accompagnata da
serenità, distacco, correttezza anche nel linguaggio nonchè ripetto
per chi esprime opinioni, convincimenti e giudizi diversi dai propri.
(Nella fattispecie l’incolpato aveva, nei motivi di impuganzione
di una sentenza istruttoria, indirizzato pesanti censure al G.I.. La
Sezione pur definendo deprecabile l’episodio, ha escluso la rilevanza
disciplinare sottolineando:
A) che le espressioni adoperate, destinate a restar chiuse nel
fascicolo processuale e senza alcuna rilevanza all’esterno, costituivano
chiara manifestazione di passionalità nell’esercizio della funzione
accusatrice e trovavano origine nella delusione, nell’amarezza e
contrarietà per il mancato accoglimento di richieste istruttorie;
B) che l’incolpato si era distinto per lo zelo e l’impegno di lavoro
nonchè per una generale correttezza nei rapporti con quel giudice
istruttore).
Procedimenti n. 41/84 e 5/85 - Sentenza del 10 maggio 1985 Pres. De Carolis.
247
Doveri del giudice: correttezza - Consigli a detenuto nella scelta legale
- Sussistenza dell’illecito.
Viene meno ai più elementari doveri di correttezza il magistrato
che consigli un detenuto, ristretto nella casa mandamentale di cui è
direttore, di nominarsi un difensore invece di un altro, quali che sino
le ragioni che a ciò l’abbiano determinato.
(Nella fattispecie la Sezione ha disatteso le giustificazioni
dell’incolpato dettosi determinato all’indicazione solo al fine di aiutare
il detenuto impossibilitato a pagare l’onorario del legale che aveva
in animo di prescegliere).
Procedimenti n. 41/84 e 5/85 - Sentenza del 10 maggio 1985 Pres. De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Strumentalizzazione dell’ufficio per
finalità personali - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che per perseguire una
finalità personale non esita a strumentalizzare l’ufficio di cui è titolare.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’incolpato, allo scopo
di vendere copie di un libro di cui era autore, aveva indirizzato ai
direttori di vari istituti di credito, operanti nel proprio distretto di
Corte d’Appello, lettere di invito all’acquisto del libro medesimo
redatte su carta intestata della propria Pretura e sottoscritte nella
qualità di Pretore Dirigente).
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Stralcio di atti non sorretto da fini di
giustizia - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il
quale disponga lo stralcio di taluni atti processuali che avrebbero
dovuto essere depositati, onde procedere separatamente per i fatti
cui essi si riferiscono, quando ciò faccia in vista di un interesse
248
particolare ad uno svolgimento mirato del processo.
(Nella specie la sezione ha ritenuto che lo stralcio fosse stato
disposto non per veder chiuso il processo con l’esclusione di ogni
responsabilità di determinate persone nei confronti delle quali il
giudice istruttore sarebbe stato animato da intenzioni persecutorie).
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Indagini non precedute da
comunicazione giudiziaria - Sussistenza dell’illecito - Condizioni.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il
quale svolge esplicite e diffuse indagini, emettendo anche decreti di
perquisizione, su attività illecite imputabili a soggetti che non siano
stati messi in condizione di difendersi mediante l’invio della
comunicazione, nè per espletare un’attività di urgenza limitata nel
tempo.
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il
quale interroghi come teste ed arresti come falso testimone un
soggetto che già si trovi nella posizione di indiziato di reato.
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Illegittimo diniego di inoltrare
all’imputato detenuto un telegramma del suo difensore - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del giudice istruttore il
quale rifiuti di inoltrare un telegramma, indirizzato dal difensore di
un imputato, detenuto in stato di isolamento, al direttore dello
stabilimento penitenziario, contenente una comunicazione relativa
249
alla brevità dei termini per impugnare un provvedimento sulla libertà
personale riguardante il detenuto medesimo.
Procedimento n. 10/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Assenza all’udienza - Sostituzione con
V.P.O. - Mancato preavviso al Consigliere Pretore Dirigente Insussistenza dell’illecito.
Non è di per sè solo suscettibile di rilevanza disciplinare la
sostituzione in udienza da parte di un vice pretore onorario senza
preavvertire il consigliere pretore dirigente.
Procedimento n. 43/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: correttezza - Mancato uso della toga in udienza
penale - Processo minorile.
Il mancato uso della toga in udienza penale con imputati
minorenni costituisce certamente violazione regolamentare, ma non
attinge a rilievo disciplinare avuto riguardo alla particolare natura
dei giudizi propri del Tribunale per i Minori in cui appare necessario
stabilire un contatto umano e diretto con gli imputati.
Procedimento n. 43/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: correttezza - Uso di autovetture di servizio fuori
sede - Ragioni d’ufficio - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto di aver usato delle
autovetture di servizio per compiere istruttorie fuori sede, pur
esistendo pubblici servizi di linea con orari compatibili con
l’espletamento della trasferta, quando a ciò si sia determinato
l’incolpato per ragioni strettamente attinenti alle esigenze di ufficio
250
ed a motivi di necessità e di urgenza.
Procedimento n. 47/85 - Sentenza del 6 dicembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza
dell’illecito.
Non è disciplinarmente rilevante l’aver manifestato, nel corso
della propria attività inquirente ed in occasione della audizione di
uno dei cointeressati all’indagine, il proprio pensiero in ordine alla
non verificabilità delle accuse rivolte ad un imputato, sempre che
non risulti altrimenti un interesse personale dell’inquirente.
Procedimento n. 56/85 - Sentenza del 17 gennaio 1986 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza
dell’illecito - Inopportunità.
Non è censurabile disciplinarmente il comportamento di un
magistrato che si limiti a presenziare ad un pubblico dibattimento
penale manifestando dimestichezza e familiarità con i più stretti
familiari dell’imputato anche essi presenti tra il pubblico.
Detto comportamento è tuttavia inopportuno in quanto
potenzialmente idoneo a far pensare agli imputati ed al pubblico che
a causa del collega i magistrati giudicanti vengano indotti ad una
qualche forma di benevolenza.
Procedimento n. 52/83 - Sentenza del 14 febbraio 1986 Pres. Guizzi.
Doveri del giudice: correttezza - Denuncia pubblica di difformità
giurisprudenziali all’interno di Pretura pluripersonale - indimostrato
atteggiamento censorio del pretore dirigente - Insussistenza
dell’illecito - Inopportunità.
251
Non attinge alla soglia dell’illecito disciplinare il rilascio di
un’intervista dalla quale traspare l’esistenza di contrasti di
orientamenti giurisprudenziali con il Pretore dirigente della Pretura
cui si è addetti, quando resti indimostrato un atteggiamento censorio
dell’incolpato.
É tuttavia augurabile una maggiore compostezza da parte dei
magistrati nel rendere interviste ad organi di stampa in specie se
motivate dal fine, certamente non commendevole, di esaltazione della
propria professionalità.
Procedimento n. 3/86 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non attinge a rilievo disciplinare il comportamento diretto a far
conoscere agli eventuali interessati, siano essi soggetti privati o enti
pubblici, i prodotti del proprio impegno intellettuale anche se il
risultato finale è costituito dall’acquisizione di un guadagno, sempre
che tale attività promozionale non sia svolta con l’utilizzazione di
mezzi, personale e strutture dell’ufficio, ovvero scegliendo i destinatari
in ambiti tali da colorarsi di significati persuasivi, direttamente o
indirettamente, connessi con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
(Nella specie il magistrato era stato incolpato e poi assolto in
relazione ad una attività promozionale per la vendita di libri da lui
scritti).
Procedimento n. 18/86 - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Concessione di permesso a detenuto Limiti al sindacato della Sezione Disciplinare.
Nonostante la natura amministrativa del provvedimento di
concessione di permessi ai detenuti, la Sezione disciplinare può
sindacarne il contenuto negli stessi limiti previsti per il provvedimento
252
giurisdizionale e dunque esclusivamente nell’ipotesi di accertamento
di un macroscopio errore di fatto o di diritto, di un deliberato
proposito di violare la legge, del perseguimento di fini diversi da
quelli di giustizia.
(Nella specie era stato concesso il nulla-osta all’esecuzione di un
permesso adetenuto successivamente non rientrato in carcere).
Procedimento n. 264/R.G. - Sentenza del 30 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Il rendere pubblica l’esistenza di una inchiesta disciplinare a
proprio carico non può integrare alcun addebito disciplinare perchè
l’obbligo della riservatezza non attiene a fatti concernenti
esclusivamente l’interessato.
Procedimento n. 40/84 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Inclusione nella requisitoria
dibattimentale di giudizi eccessivi rispetto agli scopi della stessa Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
La requisitoria dibattimentale del pubblico ministero è atto di
particolare solennità e impegno formale, pienamente equivalente alla
sentenza. Si impone al magistrato requirente la massima sorveglianza
sul testo e sulle espressioni usate in tale occasione e tuttavia,
allorquando lo stesso si sia limitato ad una critica al legislatore non
frontale, sfumata, indiretta e strumentale all’accogliemento della
richiesta dell’accusa, si è in presenza di condotta che non attinge alla
soglia dell’illecito disciplinare.
(Nella specie un sostituto procuratore nel corso di una lunga
requisitoria dibattimentale aveva formulato, in termini dubitativi,
un’accusa di ingenuità al legislatore asserendo che la normativa in
favore dei c.d. «pentiti» sarebbe stata scarsamente applicabile, al fine
di convincere la Corte di Assise a non applicare agli imputati la
normativa premiale).
253
Procedimento n. 25/85 - Sentenza dell’11 luglio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Emissione di provvedimento nella
consapevolezza del difetto di giurisdizione - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare emettere un provvedimento nella
dichiarata consapevolezza della sua anomalia in quanto attinente a
materia che l’incolpato sa essere sottratta alla sua giurisdizione.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato come l’incolpato aveva
dichiarato di aver concordato con i ricorrenti il tenore del ricorso
che aveva accolto, dando altrsì atto che gli erano stati in precedenza
presentati in via informale dei ricorsi che egli, sempre informalmente,
aveva giudicato inaccoglibili).
Procedimento n. 2/86 - Sentenza dell’11 luglio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussitenza dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare nel comportamento del
magistrato che, senza alcun interesse personale o ingerenza
profittatrice, a fronte di due successivi rapporti di polizia giudiziaria
di contenuto assolutamente identico, salva soltanto l’annotazione del
primo dell’avvio delle indagini su richiesta del verbale dello stesso
magistrato indicato nominativamente, inscrive sul secondo la data
ed il numero di protocollo del primo, peraltro allegando a questo
anche il secondo rapporto che pure recava, a lettere maiuscole,
l’avviso relativo alla natura delegata delle indagini.
Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Compimento di atti istruttori senza
assistenza di ausiliari - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere incolpato, nelle sue
254
funzioni di giudice istruttore, compiuto atti istruttori senza assistenza
del cancelliere, segretario o ufficiale di polizia giudiziaria.
Il g.i. non ha infatti la facoltà di ricorrere all’assistenza di ufficiali
di P.G., nè può a lui farsi carico di aver compiuto atti istruttori
nonostante l’inadeguatezza del personale ausiliario (dal quale, tra
l’altro, non può essere pretesa la prestazione lavorativa quando l’atto
si svolge oltre il normale orario d’ufficio ed i collaboratori abbiano
già esaurito l’esigua «dotazione» di straordinario retribuito).
Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Rapporti del G.I. con il pentito Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non deve il giudice istruttore attivarsi per dissuadere il «pentito»
che minaccia di ritrattare, esaurendosi i suoi compiti: A) nell’assumere
e verificare gli elementi di prova offerti dallo stesso, preferibilmente
tenendo conto della regola di esperienza che consiglia di applicare
al «pentito» tecniche di verbalizzazione analitiche, fino alla
registrazione magnetofonica, in guisa da precostituire una remora
rispetto a possibili ritrattazioni pretestuose; B) nel prospettare e
richiedere ai competenti uffici gli interventi necessari perchè il
«pentito» sia sottratto al pericolo di ritorisioni (dirette o trasversali).
Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Adozione di prassi contraria alle norme
processuali - Illiceità.
Contrasta con il rito penale la prassi di sentire il «pentito» come
teste, nonostante riferisca anche fatti criminosi di cui è stato autore
diretto. In tal modo si realizza infatti la programmatica esclusione
della presenza di un difensore, in spregio all’insostituibile funzione
di garanzia che quest’ultimo è chiamato ad esercitare.
255
Procedimenti n. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Rapporti del g.i. con il «pentito» Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
É dovere del giudice istruttore conservare un equilibrato distacco
professionale rispetto alla collaborazione del «pentito», per quanto
preziosa e decisiva tale collaborazione possa apparire. Peraltro non
attinge a rilievo disciplinare, anche se è certamente inopportuna, la
condotta del magistrato che, trasferito da poco ad altra sede e non
più g.i. del procedimento in cui il «pentito» era stato da lui sentito,
abbia accolto le pressanti sollecitazioni del «pentito», dettosi esposto
a grave situazione di pericolo e perciò incline a ritrattare, recandosi
ad informale colloquio con lo stesso, sia pure avvertendo
preventivamente il procuratore della Repubblica territorialmente
competente.
Procedimento n. 37/85 - Sentenza del 19 settembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare richiedere alla polizia
tributaria una verifica fiscale nei confronti di professionisti cui è
dovuto il pagamento di una parcella per le prestazioni rese, sempre
che resti escluso il carattere emulativo o ritorsivo del procedimento
adottato.
(Nella specie un pretore mandamentale aveva sollecitato una
verifica fiscale nei confronti di un notaio che gli aveva richiesto il
pagamento delle sole spese vive relative a un atto di vendita, ma la
Sezione Disciplinare ha ritenuto non provato che la ricezione della
parcella avesse preceduto la richiesta di verifica fiscale).
Procedimento n. 20/86 - Sentenza del 14 novembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
256
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
É escluso ogni addebito disciplinare nella condotta del magistrato
designato per l’assegnazione dei processi penali durante il periodo
feriale che non abbia rilevato lo stato di detenzione del prevenuto,
purchè a provocare lo sbaglio siano stati una serie numerosa e
perversa di errori accumulatisi dal momento dell’arresto a quello
dell’arrivo del fascicolo in Pretura.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’incolpato, non aveva il
compito di valutare il merito del procedimento ed era stato indotto
in errore dalla circostanza che il fascicolo in questione era stato
registrato come relativo a soggetto a piede libero, in quanto alla sua
copertina figurava annotata sulla grata, simbolo dello stato di
detenzione, una grossa lettera «S» di mano del sostituto procuratore
che si spogliava del procedimento, apponendo erroneamente la scritta
«Scarc. 24.8.1984» data dell’arresto).
Procedimenti n. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 novembre 1986Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Verbale d’udienza - Rifiuto di
verbalizzazione di istanze difensive - irrilevanza dei temi di indagine
proposti - Insussistenza dell’illecito.
Rigettate collegialmente dalla Corte di Assise le istanze difensive
dirette ad allargare il campo di indagine istruttoria, nessuno addebito
può muoversi al Presidente della Corte per avere rifiutato di
menzionare a verbale ulteriori domande poste dai difensori sui
legittimi tempi di indagine, ormai ritenuti e dichiarati dalla Corte
non rilevanti nè inutili.
Il ricorso alla emissione di assegni privi di data e di luogo di
emissione è talmente diffuso che, nonostante la distorsione che in
tal modo si determina rispetto alla funzione di pagamento attribuita
dall’ordinamento al titolo, non produce riprovazione da parte della
coscienza sociale sicchè ne risulta diminuita la considerazione la
credibilità sua e, di riflesso, dell’ordine giudiziario.
(Nella specie la Sezione ha latresì accertato che trattavasi di un
assegno emesso in favore di un amico con funzione di garanzia per
257
la restituzione di una somma in precedenza mutuata e, quindi, come
tale non destinato alla circolazione, di guisa che nella
rappresentazione dell’incolpato l’atto era destinato ad esaurirsi con
certezza nell’ambito del rapporto amichevole con esclusione di
qualsiasi notorietà esterna, certezza dissolta solo dall’insorgere di
circostanze eccezionali ed impreviste quali la perquisizione disposta
ed eseguita nello studio dell’amico).
Procedimento n. 64/86 - Sentenza del 12 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Rinvio in blocco di un’udienza penale
- Impedimento improvviso di un componente del collegio - Mancata
sostituzione nel termine di mezz’ora - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare nella condotta di un magistrato,
facente funzione di presidente di un collegio giudicante penale che,
dopo aver comunicato al Presidente del Tribunale le sue intenzioni,
si limiti ad attendere fino alle ore 9,30 prima di rinviare in blocco
l’udienza da iniziare alle ore 9, ove risulti ragionevole prevedere che
dopo quell’ora sarebbero risultate scarse le possibilità di trovare un
sostituto al magistrato improvvisamente impedito.
In siffatta situazione, il rinvio è la soluzione più opportuna per
evitare ulteriori disfunzioni e ritardi in relazione agli impegni dei
difensori, dei testimoni e delle parti.
(Nella specie la Sezione ha altresì accertato che grazie al rinvio
l’altro componente del Collegio, regolarmente presente, avrebbe
almeno potuto tenere un’udienza civile).
Procedimento n. 17/87 - Sentenza del 20 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Omissione di parere negativo su
provvedimento abnorme in materia di pubblicità dell’udienza Insussistenza dell’illecito.
L’adozione dei provvedimenti in materia di esclusione del
pubblico dall’aula è rimessa al Presidente del collegio giudicante,
mentre il pubblico ministero esprime in proposito un aprere
258
meramente consultivo.
L’abnormità dell’errore consiste nel disporre che un’udienza si svolga
a porte chiuse (vale a dire con estromissione di ogni persona diversa
da quelle che hanno il dovere o il diritto di intervenire), consentendo
per altro che vi assista un giornalista, nell’esercizio delle sue funzioni
di informatore del pubblico estromesso, è pertanto ascrivibile al solo
Presidente. Per questi soltanto si pone il problema della rilevanza
disciplinare dell’errore commesso. Non opponendosi, anche il pubblico
ministero commette un errore, quand’anche reso meno evidente dal
previo consenso dell’imputato e del suo difensore. Si tratta tuttavia di
un errore irrilevante ai fini disciplinari, in considerazione anche del
carattere meramente consultivo del parere espresso dal pubblico
ministero.
Procedimento n. 60/86 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Rifiuto arrogante di far cessre un
parcheggio abusivo all’interno del Palazzo di Giustizia - Illiceità.
Il magistrato ha il dovere di non danneggiare in modo plateale
l’interesse generale sotteso alla regolamentazione delle zone di sosta
all’interno dei cortili dei Palazzi di Giustizia. Assume rilievo
disciplinare l’inosservanza di tale dovere quando risulti associata
all’arrogante rifiuto di eliminare gli inconvenienti conseguenti ad un
parcheggio in zona non consentita che provochi il blocco del traffico
in entrata ed in uscita.
Procedimento n. 49/86 - Sentenza del 22 maggio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Autorganizzazione delle priorità nella
trattazione dei processi - Limiti.
Non è censurabile, in sede disciplinare, l’ordine di priorità adottato
dal magistrato nella trattazione dei procedimenti affidatigli, sempre che
los tesso non risulti manifestamente cervellotico, ma risponda a criteri
259
di buon senso comunemente seguiti e non leda i diritti fondamentali
della persona, come, ad esempio, quello relativo alla libertà personale.
Procedimento n. 11/87 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: corretezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
É inopportuno, ma non censurabile disciplinarmente, il
comportamento dell’incolpato indottosi a far conoscere
riservatamente al Ministro di grazia e giustizia ed al procuratore
generale presso la Corte di cassazione fatti veri, o che egli in buona
fede riteneva tali, negativamente incidenti sull’idoneità di un collega
a ricoprire un ufficio direttivo cui lo stesso incolpato aspirava.
Procedimento n. 33/86 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Inosservanza dell’obbligo di motivazione
di sentenze istruttorie di proscioglimento - Limitatezza dei casi Mole di lavoro svolto - Assenza di pregiudizio sostanziale Insussistenza dell’illecito.
L’obbligo di motivare le sentenze istruttorie di proscioglimento
fissato dalla legge, al più elevato livello normativo, quello
costituzionale, è imposto al fine di consentire a tutto campo il
controllo sull’attività giurisdizionale, attraverso la obbligatoria
«trasparenza» dell’iter logico che presiede ad ogni provvedimento.
L’inosservanza di detto obbligo, che sia limitato a taluni casi di
adozione di un modulo prestampato privo di concreti riferimenti alle
risultanze istruttorie, non costituisce illecito disciplinare quando
l’incolpato abbia svolto una mole impressionante di lavoro,
impegnandosi in importanti e delicate indagini, e tanto più se nessuna
delle sentenze in questione sia stata riformata, il che, se non elimina
in astratto la violazione della norma costituzionale, almeno conforta
per l’assenza di violazioni ad alcun diritto sostanziale.
260
Procedimento n. 50/86 - Sentenza del 25 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Inclusione nella requisitoria
dibattimentale di giudizi eccessivi rispetto agli scopi della stessa Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
La requisitoria dibattimentale del pubblico ministero è atto di
particolare solennità e impegno formale si impone pertanto al
magistrato requirente la massima sorveglianza sul testo e sulle
espressioni usate in tale occasione.
Tale controllo deve spingersi a verificare la pertinenza e la
necessità delle frasi usate rispetto alla requisitoria, massimamente in
presenza di espressioni fortemente critiche o addirittura offensive.
(Nella specie si è escluso che potesse considerarsi quale critica
sfumata o comunque strumentale all’accoglimento delle richieste
accusatorie, l’attacco deciso a tutta la categoria (o al suo 90%) degli
amministratori pubblici, offesi in modo indiscriminato perchè definiti
una «massa di delinquenti»).
Procedimento n. 36/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: correttezza - Onere di ponderatezza nella valutazione
di notitia criminis - Fattispecie - Esclusione dell’addebito.
Dovere del giudice è anche quello della ponderatezza, in
particolare quando si trovi coinvolto come protagonista in un
meccanismo processuale di cui gli sia nota la delicatezza.
(Nella specie all’incolpato era stato contestato di avere con
avventatezza mosso pesanti acuse di reato nei confronti di due colleghi
e la Sezione, dopo aver sottolineato che l’illecito disciplinare sussiste
anche nel caso di condotta semplicemente colposa dell’incolpato, ha
ritenuto che non fosse stata attinta la soglia dell’illecito disciplinare).
Procedimento n. 4/87 - Sentenza del 21 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
261
Doveri del giudice: correttezza - Compimento di irregolarità processuali
- Assenza di sintomi di neghittosità, ignoranza macroscopica della
legge, mancanza di terzietà - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’aver posto in essere una
mera irregolarità procedurale che non inficia l’atto da essa viziato.
Detta irregolarità non dà luogo a responsabilità disciplinare
richiedendosi, per la sussistenza di questa, un quid pluris costituito
da un comportamento che — al di fuori ed al di là delle ipotesi di
reato — sia segno univocamente sintomatico di neghittosità, di
macroscopica ignoranza, di violazione dell’obbligo di terzietà.
(Nella specie era contestato all’incolpato di aver consentito che
un detenuto fosse assistito nel corso di un interrogatorio da ben
cinque difensori).
Procedimento n. 64/87 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Intromissione nell’attività di altro
giudice - Colloquio con magistrato che ha emesso ordine di cattura
- Conoscenza del colloquio da parte della polizia giudiziaria Lesione del prestigio dell’Ordine Giudiziario - Sussistenza.
Costituisce violazione del dovere di correttezza il manifestare ad
agenti della polizia giudiziaria, in procinto di eseguire un
provvedimento restrittivo della libertà personale, di stare per recarsi
nell’ufficio del collega che ha emanato il provvedimento allo scopo
di intervenire presso di lui in ordine all’esecuzione di detto
provvedimento.
Procedimento n. 51/87 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Omaggio di una cassetta di liquori da
parte di detenuto dopo la concessione di un permesso - Illecito
disciplinare - Insussistenza.
262
Pur se astrattamente rilevante, non costituisce illecito disciplinare
l’accettazione di un modico dono allorchè essa trovi giustificazione
in circostanze eccezionali e non abbia minimamente inciso sul
prestigio e sulla credibilità del magistrato.
Procedimento n. 68/87 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Indagini su probabili reati edilizi
commessi sul fondo confinante la propria abitazione - Insussistenza
dell’illecito.
Non può considerarsi disciplinarmente rilevante il
comportamento del Pretore mandamentale il quale, in quadro
operativo concernente tutto l’abusivismo edilizio della zona, sollecita
alla polizia giudiziaria l’acquisizione di notitia criminis relativa ad
una costruzione in fondo di realizzazione su fondo confinante con
la propria abitazione, non potendosi ritenere che il Pretore sia tenuto
finanche ad astenersi dell’informare la polizia giudiziaria di quei
fatti, integranti probabili ipotesi di reato, che siano commessi dai
suoi vicini.
Procedimento n. 56/87 - Sentenza
Mirabelli.
dell’11 marzo 1988 - Pres.
Doveri del giudice: correttezza - Presidenza di commissione di concorso
per l’assunzione di personale presso una Camera di commericio Posizione particolare di un concorrente - Opportunità delle
dimissioni - Esclusione dell’addebito.
É oggettivamente sconveniente il comportamento del magistrato
che, avendo assunto la presidenza di una commissione di concorso,
non dismette tale incarico dopo aver constatato che alle prove scritte
si erano presentate due sole candidate, una delle quali — poi risultata
vincitrice — era la figlia di un collega e la nipote del presidente della
giunta dell’ente che aveva bandito il concorso; tale comportamento,
263
tuttavia, non integra gli estremi dell’illecito disciplinare ove sia
imposto, in relazione allo stato avanzato delle operazioni di concorso,
dalla esigenza di non bloccare le operazioni stesse, ritenuta in
concreto prevalente rispetto a quella di offrire agli osservatori una
immagine di formale imparzialità.
Procedimento n. 39/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Offese e ingiurie ad un v.p.o. - Illiceità.
Commette illecito disciplinare il magistrato che rivolge ad un
giudice onorario, anche se fuori dell’aula, comunque nei locali
d’ufficio, espressioni ingiuriose e volgari.
Procedimento n. 16/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli - Rel. Racheli.
Doveri del giudice: correttezza - Obbligo di rapporto da parte del giudice
in un procedimento civile - Contenuto.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che non fa
rapporto in ordine ad una allegazione accusatoria (o autoaccusatoria)
acquista nel corso di un procedimento civile quando la stessa,
sottoposta al necessario filtro di verifica, risulti priva di un minimo
di fondamento e credibilità e comunque non riferita ad un fatto
astrattamente inquadrabile in una fattispecie penale nella pienezza
dei suoi elementi costitutivi.
Procedimento n. 16/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Obbligo di rapporto da parte del giudice
in un procedimento civile - Contenuto.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che non fa
rapporto in ordine ad una allegazione accusatoria (o
264
autoaccusatoria) acquisita nel corso di un procedimento civile
quando la stessa, sottoposta al necessario filtro di verifica, risulti
priva di un minimo di fondamento e credibilità e comunque
astrattamente inquadrabile in una fattispecie penale nella pienezza
dei suoi elementi costitutivi.
Procedimento n. 98/87 - Sentenza del 13 maggio 1988 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: correttezza - Ingiustificata omissione
dell’interrogatorio dell’arrestato - Conseguente scarcerazione Illiceità.
Integra una violazione dei doveri funzionali del magistrato
sanzionabile disciplinarmente l’omissione dell’interrogatorio di un
arrestato affetto da pre-aids giustificata dall’asserito pericolo di
contagio, quando segua la scarcerazione dello stesso.
Procedimento n. 73/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Informazioni telefoniche su
procedimenti collegati - Irritualità - Insussistenza - Illecito
disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce irregolarità processuale nè assume rilievo
disciplinare la condotta del magistrato che asssume e fornisce
telefonicamente, ad altra autorità giudiziaria, informazioni su
processi riguardanti fatti e persone erroneamente supposti come
collegati a procedimenti in corso dinanzi ad altra autorità
giudiziaria.
Procedimento n. 84/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Carenze nell’attività istruttoria - Erronea
applicazione di benefici - Sussistenza dell’illecito.
265
Commette illecito disciplinare il magistrato che erroneamente
applica i benefici di cui al d.P.R. n. 865/1986, trascurando di compiere
accertamenti sui precedenti penali dell’imputato, sebbene degli stessi
vi fosse cenno nel rapporto e nel verbale d’arresto redatto dalla polizia
giudiziaria.
Procedimento n. 82/87 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il giudice istruttore che, a
seguito di richiesta del p.m. di istruttoria formale per reato contestato
all’imputato in concorso con persona rimasta sconosciuta, procede a
carico di altri coimputati concorrenti, individuati nel corso
dell’istruttoria, senza una previa, formale iniziativa del p.m., peraltro
sentito oralmente e consenziente.
Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Censura ad opinioni dissenzienti Modalità - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’uso di espressioni polemiche
nella redazione di provvedimento giudiziari che travalichi l’ambito
di una critica anche aspra di opinioni divergenti, diventando indice
di scarsa serenità nell’esercizio della propria attività professionale.
(Nella specie l’incolpato aveva affermato che il provvedimento
impugnato «genera sconcerto perchè frutto di una mistificante
interpretazione della legge» ed è «blasfermo dal punto di vista morale
e giuridico»).
Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
266
Doveri del giudice: correttezza - Partecipazione quale p.m. nel giudizio di
appello avverso una propria sentenza - Insussistenza dell’illecito.
É certamente inopportuno, ma non integra illecito disciplinare,
l’aver partecipato quale p.m. al giudizio di appello avverso una propria
sentenza.
Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Minaccia di incriminazione per
comportamento coerente con una possibile interpretazione della
norma processuale - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare minacciare di incriminazione
presidente e cancelliere del Tribunale per violazione di segreto
istruttorio interno sulla base di una opinabile interpretazione
dell’art. 397 c.p.p. per la quale non sarebbe consentito rilasciare
alle parti, che ne facciano richiesta, copie di atti relativi a
procedimenti penali per i quali vi sia stata richiesta di citazione a
giudizio da parte del p.m. e non anche notifica alle parti stesse del
decreto di citazione.
Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 -Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Intenzionale vilazione di norme
processuali - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’avere quale pretore svolto attività
istruttoria per reati eccedenti la propria competenza,
intenzionalmente ritardanto la trasmissione di fascicoli alla procura,
in attesa della propria destinazione a quest’ultimo ufficio.
Procedimento n. 20/88 - Sentenza del 22 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
267
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, nell’esercizio
delle funzioni di sostituto procuratore, compie attività di indagine
non prevista dalla legge processuale e viola le prescrizioni impartitegli
dal procuratore della Repubblica, trattenendosi all’interno della casa
circondariale per circa trenta minuti a colloquio con detenuto,
imputato di gravi delitti di terrorismo e latitante da anni, senza
l’assistenza di un segretario e non provvedento comunque ad alcuna
verbalizzazione.
Procedimento n. 50/88 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non sussite l’illecito disciplinare di omessa vigilanza sul rispetto
da parte delle forze dell’ordine dell’art. 238 c.p.p. abrogato quando,
sulla stessa base della cronologia documentale, risulti esclusa la messa
a disposizione dell’autorità giudiziaria dei soggetti trattenuti per il
tempo necessario ai primi accertamenti.
Procedimento n. 55/88 - Sentenza del 28 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: corretezza - Ricorso ad interpretazioni opinabili delle
norme fallimentari - Coerenza con prassi costante del Tribunale
Fallimentare - Tutela effettiva della massa dei creditori - Esclusione
dell’addebito.
Non commette illecito disciplinare il giudice delegato al
fallimento che attenendosi ad una prassi costante del proprio
Tribunale si adegui ad interpretazioni delle norme fallimentari
opinabili ma non del tutto astruose, riuscendo nel concreto, a tutelare
al meglio la massa dei creditori.
Procedimento n. 13/88 - Sentenza del 19 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
268
Doveri del giudice: correttezza - Rifiuto ingiustificato di sottoscrivere
due sentenze, in qualità di relatore - Ritardo nella pubblicazione
della sentenza - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il rifiuto da parte del magistrato
di sottoscrivere, nonostante più volte sollecitato dal presidente del
collegio e dal presidente del tribunale, due sentenze da lui redatte,
determinando in tal modo un ingiustificato ritardo nella
pubblicazione delle sentenze.
(Nella specie il magistrato si era ingiustificatamente ed
immotivatamente rifiutato di sottoscrivere due sentenze da lui redatte
perchè il presidente del collegio aveva ritenuto di farle dattiloscrivere,
essendo la minuta scritta con grafia non chiara e di difficile
comprensione per la cancellatura di intere frasi).
Procedimento n. 13/88 - Sentenza del 19 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza e operosità - Assenze reiterate dall’ufficio
e nei giorni di udienza - Pretestuosità delle giustificazioni - Illecito
disciplinare - Sussistenza.
É censurabile sul piano deontologico il comportamento del
magistrato che, assentandosi più volte dall’ufficio e nei giorni in cui
avrebbe dovuto comporre il collegio penale per impedimenti di
carattere personale di scarsa importanza e comunque rilevatisi meri
pretesti per evitare il lavoro, antepone qualsiasi, anche minima
propria comodità personale ai doveri di ufficio, provocando grave
intralcio al buon andamento del servizio.
(Nella specie il magistrato si è più volte assentato nei giorni in
cui secondo il calendario di udienza avrebbe dovuto comporre il
collegio, giustificando tali reiterate assenze con pretestuosi
impedimenti di carattere personale di scarsa importanza in tal modo
creando evidenti e gravi disagi e difficoltà sia per la necessità di
provvedere tempestivamente alla sua sostituzione ed alla nuova
composizione del collegio, sia anche per la indisponbibilità dei
fascicoli processuali. La Sezione disciplinare ha ritenuto che gli
269
addebiti mossi all’incolpato sono confermati anche dal fatto che al
comportamento censurabile non si è accompagnato, nello stesso
periodo di tempo, un impegno di lavoro tale da rappresentare, per
quantità e qualità, una sorta di contrappeso giustificativo.
Procedimento n. 88/88 - Sentenza del 16 gennaio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Errori nell’attività professionale Condotta complessiva professionalmente soddisfacente - Esclusione
dell’addebito;
Eventuali errori nell’attività del magistrato non sono rilevanti
disciplinarmente se la complessiva condotta professionale del
magistrato risulta soddisfacente.
(Nella specie l’incolpato aveva erroneamente dichiarati estinti per
amnistia due reati commessi pochi giorni dopo il termine di
applicabilità del beneficio).
Procedimento n. 84/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Violazione di norme del codice di rito
penale - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare la omissione di una
verbalizzazione, qualora anzitutto ciò trovi giustificazione in un
contesto del tutto particolare determinatosi a seguito della
drammatica concitazione delle prime indagini su un incendio di un
appartamento nel corso del quale una bambina di pochi anni era
morta ed altri due avevano riportato gravi ferite, ed in secondo luogo
l’anzidetta omissione non abbia avuto comunque alcuna negativa
conseguenza sul piano sostanziale, di modo che possa escludersi che
in concreto la omissione possa aver provocato quella violazione dei
doveri del magistrato, quella pedita della fiducia e della
considerazione di cui lo stesso deve godere, quella compromissione
del prestigio dell’Ordine Giudiziario che, soli, possono giustificare un
270
giudizio in termini di responsabilità disciplinare.
La violazione della norma processuale che non consente al
difensore dell’imputato di assitere alle disposizioni testimoniali, non
integra illecito disciplinare qualora la violazione sia dipesa da «un
eccesso di garantismo proprio nei confronti dell’imputato che di
quella irregolarità si è doluto ed inoltre, a meno di non voler sostenere
che ogni irregolarità processuale (anche non sanzionata a pena di
nullità, decadenza, inammissibilità) si trasforma automaticamente in
illecito disciplinare rilevante per la credibilità del magistrato e
qualsiasi lesione del prestigio dell’Ordine Giudiziario.
Procedimento n. 84/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Abbandono dell’aula da parte del
magistrato che svolge funzioni di pubblico ministero di udienza Giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
Non è censurabile sotto il profilo deontologico il magistrato che,
quale pubblico ministero di udienza, abbandoni l’aula nel corso di
un processo, qualora risulti certo che egli si sia comportato in tal
modo non per una personale ripicca ma per esprimere la propria
assoluta indisponibilità a proseguire il processo secondo criteri
certamente non rispondenti a parametri di legalità e che
mortificavano ed avvilivano la stessa funzione di cui egli era titolare
ed il cui prestigio egli si sia sentito in dovere di difendere in quel
momento.
Procedimento n. 12/89 - Sentenza del 6 aprile 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Errori tecnici - Sussistenza di cause di
giustificazione - Assenza di effetti pregiudizievoli irreversibili Esclusione dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare l’essere incorso in un evidente
errore tecnico che sia frutto non già di grave imperizia professionale,
ma di una svista occasionale resa scusabile dal notevole carico di
lavoro e dalla peculiarità della regiudicanda e, comunque,
271
improduttiva di effetti pregiudiziali irreversibili.
(Nella specie la Sezione ha accertato che in una fattispecie penale,
originariamente inquadrata come reato punibile a querela e
successivamente contestata come reato perseguibile d’ufficio,
l’incolpato aveva erroneamente dichiarato estinto il reato per
remissione di querela con sentenza prontamente gravata da appello
ad opera del Procuratore Generale).
Procedimento n. 5/89 - Sentenza del 12 maggio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che in occasione
di un forum sulla situazione della giustizia nel territorio si limiti ad
illustrare le difficoltà proprie della realtà locale senza fare alcun
riferimento ad operazioni in corso o ad atti di ufficio coperti da
segreto o, comunque, riservati.
Procedimento n. 23/89 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Violazione nel corso di requisitoria
in pubblico dibattimento mediante l’indirizzo di epiteti
inopportuni nei confronti di un imputato e di altra persona
estranea al processo, in precedenza deceduta - Difetto dell’elemento
soggettivo.
Non costituisce illecito disciplinare l’indirizzo, nell’esercizio delle
funzioni di p.m. e nel corso di una requisitoria in un pubblico
dibattimento, dell’epiteto di «mascalzoni» nei confronti di un
imputato del processo e di altra persona, deceduta e ad esso estranea,
qualora il fatto sia conseguenza di un sovraccarico di emozione e di
stanchezza fisica dovute sia alla partecipazione del magistrato alle
complesse indagini della fase istruttoria sia alla lunghezza della
requisitoria protattosi per più giornate.
(Nella specie il magistrato, pur in un largo arco temporale, aveva
prima affiancato il g.i. nelle lunghe e complesse indagini che avevano
272
portato al rinvio a giudizio degli imputati e poi aveva partecipato
al dibattimento, protattosi per numerose udienze, nel corso del quale
la sua requisitoria si era protatta per dieci giorni consecutivi).
Procedimento n. 32/89 - Sentenza del 16 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Rivelazione di segreto d’ufficio Fattispecie - Sussistenza dell’illecito - Esclusione.
Non è sanzionabile disciplinarmente il comportamento del
magistrato che, sussistendo un rapporto di necessità e proporzionalità
tra i fatti oggetto del segreto istruttorio e le sue esigenze difensive,
riveli circostanze relative a processi penali coperte da segreto
istruttorio.
Procedimento n. 51/88 - Sentenza del 30 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Scorretta conduzione dell’istruttoria
dibattimentale - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’adozione consapevole di una
linea di conduzione dell’istruttoria dibattimentale mirata più che
all’accertamento della verità ad altri, anche solo concorrenti,
inaccetabili obiettivi.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto provato che l’incolpato, quale
presidente del collegio giudicante, era caduto in eccessi di
protagonismo: sia per un’esasperata affermazione del proprio ruolo
tradottosi in atteggiamenti polimici ed insofferenti nei confronti del
pubblico ministero che aveva manifestato un diverso orientamento
circa l’iter da seguire nell’indagine dibattimentale; sia per una
conduzione dell’indagine istruttoria di persona offesa da reato di
violenza carnale, tale da far ritenere dimostrato un uso strumentale
della presenza di operatori televisivi per l’esibizione di sè stesso quale
protagonista della vicenda processuale.
L’accertamento anzidetto ha convinto la Sezione della necessità
di prosciogliere il p.m., cui era stato contestato il tono polemico
273
adottato nel resistere alla conduzione presidenziale del dibattimento,
in quanto, coerentemente ai propri doveri d’ufficio, si era limitato
ad opporsi ai continui straripamenti derivanti dal protagonismo del
presidente del collegio).
Procedimento n. 64/88 - Sentenza del 22 settembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Accettazione di donativi provenienti
dalle parti - Illiceità.
Il comportamento del magistrato deve essere tale da non
consentire la minima malignità ed il minimo sospetto di favoritismi
o parzialità nell’espletamento delle proprie funzioni.
(Nella specie la Sezione ha tenuto distinta l’accettazione di
omaggi di nessun valore economico, per di più determinata
dall’intenzione di non offendere il donante, da quella di omaggi di
un certo valore sempre provenienti da un soggetto del processo,
sanzionando quest’ultima fattispecie in quanto lesiva del prestigio
dell’Ordine).
Procedimenti n. 70/88 e 35/89 - Sentenza del 27 ottobre 1989 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Trattazione di processi penali a carico
di un proprio socio occulto - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare la mancata astensione dal trattare
processi penali a carico di imputato, che è proprio socio occulto in
operazioni immobiliari speculative.
Procedimenti n. 70/88 e 35/89 - Sentenza del 27 ottobre 1989 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Anticipazioni di giudizio su richiesta
del Sindaco di un Comune - Sussistenza dell’illecito.
274
Commette illecito disciplinare il magistrato che anticipando un
giudizio di non ravvisabilità di reati edilizi induce il Sindaco di un
comune a non denunciare detti abusi (Nella specie la sezione ha
ritenuto che la censurabilità della condotta non era escluda dall’essere
stata la denuncia presentata due anni dopo, in quanto si era ormai
consolidata nella collettività locale l’impressione di un generale
permissivismo delle pubbliche atutorità anche giudiziarie nei
confronti di attività edilizie esulanti dalle prescrizioni degli strumenti
urbanistici e dalle concesssioni rilasciate).
Procedimento n. 14/89 - Sentenza del 23 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Manifestazione di critica del
trasferimento ad altro incarico di un ufficiale di polizia giudiziaria
- Insussitenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare la manifestazione critica
indirizzata al comandante della sezione dei C.C., avverso il già
avvenuto trasferimento ad altra sede di un ufficiale di p.g., esulando
dalla stessa ogni intento di pressione sull’Autorità militare e di
censura del comportamento della stessa.
Procedimento n. 63/89 - Sentenza del 9 marzo 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare la violazione del fondamentale
dovere che incombe su tutti i magistrati di contribuire, ciascuno per
la sua parte ed innanzitutto, al regolare e quanto più possibile
sollecito funzionamento del «servizio giustizia». Viene, pertanto,
gravemente meno a tale dovere il magistrato-estensore che, rifiutando
di far corrispondere la motivazione al decisium, di partecipare alla
camera di consiglio appositamente convocata per realizzare tale
corrispondenza e rifiutando di restituire lo statino d’udienza, con
allegato dispositivo, intende imporre la sua motivazione a quella
275
decisa e voluta dal collegio.
Procedimento n. 56/89 - Sentenza del 18 maggio 1990. -Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Obbligo del magistrato di informare i
dirigenti su fatti (minacce mafiose) che possono influenzare
l’esercizio delle sue funzioni e consentire, se tempestivamente
comunicati, di adottare più adeguate misure di tutela - Sussistenza
- Fattispecie - Mancanza dell’elemento soggettivo.
Viola i doveri di correttezza e di diligenza il magistrato che, fatto
oggetto di pesanti minacce mafiose a carico dei suoi familiari, non
ne faccia menzione con i dirigenti dell’ufficio in cui si è inserito, non
potendo tale evenienza considerarsi un fatto personale, relativo alla
propria indipendenza interna, ove si accerti che il minacciato presiede
un processo in corso contro mafiosi su cui non può escludersi,
pregiudizialmente, qualsiasi conseguenza o riflesso delle minacce
subite ed in considerazione della impossibilità, da parte dei dirigenti
tenuti all’oscuro, di adottare particolari misure connesse alle loro
funzioni compresa quella di meglio tutelare il magistrato interessato
ed i suoi familiari (nella specie, peraltro, è stata negata la ricorrenza
del profilo soggettivo dell’illecito in relazione al convincimento del
magistrato circa le finalità delle minacce subite, ritenute
esclusivamente dirette alla sua futura attività di addetto all’Alto
Commissariato antimafia ed a cagione della forte emozione in cui egli
venne a trovarsi).
Procedimento n. 46/89 - Sentenza del 25 maggio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: correttezza - Diritto di trasferirsi nella nuova sede
entro i trenta giorni dalla pubblicazione del relativo decreto Esercizio conforme a legge - Obbligo di attendere la presa di
possesso del magistrato trasferito nella sede di provenienza Insussistenza - Irrilevanza disciplinare.
Non viola alcuna norma deontologica il magistrato che,
276
esercitando il diritto-dovere di trasferirsi nella nuova sede nel termine
di legge, si adopera per trasmettere una copia del bollettino alle sedi
di provenienza e di destinazione e prende possesso della nuova sede
senza attendere la copertura del posto lasciato vacante e per il quale
era già stato concesso l’anticipato possesso.
Procedimento n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: correttezza - Richiesta di informazioni in via
informale su procedimento penale - Rilevanza disciplinare - Limiti.
Non viola i doveri di imparzialità e correttezza il comportamento
del magistrato che assume informazioni circa un procedimento penale
(in cui risulta imputato un impiegato del proprio ufficio) presso un
collega di altro ufficio, incaricato dell’istruttoria del procedimento
stesso, qualora la richiesta abbia scopo meramente informativo — ai
fini di eventuali provvedimenti amministrativi da prendere nei
confronti dell’imputato — e non sia diretta a svolgere indebite
interferenze nell’attività dell’istruttore.
Procedimento n. 25/90 - Sentenza del 16 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: correttezza - Irregolarità processuale - Illecito
disciplinare - Insussistenza - Condizioni.
L’irregolarità processuale e sanzionabile sul pinao disciplinare
quando sia indice di negligenza inescusabile e non sia dettata dalla
volotà di trovare una soluzione rapida per dare impulso ad un
processo altrimenti quiescente.
(Nel caso di specie l’incolpato, nell’esercizio delle funzioni di p.m.
e nell’ambito di un processo con più imputati per reato commesso
a mezzo stampa, aveva disposto il rinvio a giudizio con un rito
direttissimo di un deputato al Parlamento, munito di immunità
parlamentare, nonostante non fosse stata concessa l’autorizzazione a
procedere, pur richiesta, nel presupposto che nelle more
l’autorizzazione sarebbe pervenuta in tempo utile per la celebrazione
277
del dibattimento).
Procedimento n. 37/89 - Sentenza del 23 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: correttezza - Non applicazione dell’art. 304 c.p.p. Non riconducibilità alla categoria di errore giuridico macroscopico
ed inescusabile - Assenza di volontà preordinata di eludere la legge
e di perseguire fini diversi da quelli di giustizia - Insindacabilità
dell’errore per violazione di legge - Insussistenza dell’illecito
Non costituisce illecito disciplinare la scelta processuale del
magistrato inquirente nel senso della non applicazione al caso
concreto dell’art. 304 c.p.p. 1930, qualora anzitutto la scelta non sia,
per le complessità interpretative della concreta situazione,
riconducibile alla categoria di errore giuridico macroscopico ed
inescusabile ed in secondo luogo risulti evidente che non ci sia stata
una preordinata volontà di eludere la legge e di perseguire fini diversi
da quelli della giustizia, da cui discende la sindacabilità dell’errore
per violazione di legge in sede disciplinare, per non esser stata la
scelta frutto di una decisione autonoma, sconsiderata e superficiale
ma anzi il risultato di una approfondita disamina del problema in
tutte le sue sfaccettature.
278
11. - DOVERI DEL GIUDICE: DILIGENZA
279
280
Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Doveri del giudice: diligenza - Rinvio di cause a lungo termine Rilevante carico dei ruoli - Insussistenza dell’illecito.
Il fatto del magistrato che, in occasione dell’astensione di tutti
gli avvocati da una udienza, abbia rinviato d’ufficio tutte le cause da
trattare ad udienze assai lontane nel tempo, nonostante il carattere
urgente di alcune di esse, è da ritenere manifestazione di negligenza
deplorevole, ma non avente quel carattere di gravità che solo potrebbe
farla venire in considerazione in sede disciplinare, ove sia dimostrata
la impossibilità di rinvii a udienze più vicine, dato il rilevante carico
dei relativi ruoli.
Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa comunicazione della riconferma
di un avvocato nella carica di vice pretore onorario - Insussistenza
dell’illecito.
Non è ravvisabile la violazione di un dovere di ufficio nel fatto
del pretore che ometta di comunicare ad un avvocato l’avvenuta sua
riconferma nell’incarico di vice pretore onorario del mandamento,
dato che il pretore non ha alcun obbligo giuridico di effettuare tale
comunicazione.
281
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961.
Doveri del giudice: diligenza - Nomina a custode di persona con
precedenti penali - Sussistenza dell’illecito.
La nomina a custode di beni sequestrati di persona in atto
sottoposta a procedimento penale e già condannata in precedenza,
integra gli estremi di un grave illecito disciplinare, in quanto la
nomina di persona di dubbia serietà cagiona grave nocumento al
prestigio dell’ordine giudiziario nell’ambito della circoscrizione in cui
il magistrato esercita le sue funzioni.
Procedimento n. 35 - Sentenza del 14 ottobre 1961.
Doveri del giudice: diligenza - Inizio delle udienze istruttorie civili alle
ore 12 - Inizio della fase preparatoria dell’udienza alle ore 10. Insussistenza dell’illecito
Viene meno ai propri doveri il magistrato che, svolgendo le
funzioni di pretore, arbitrariamente ed in contrasto con quanto
prescritto nel calendario giudiziario, disponga l’inizio delle udienze
istruttorie civili alle ore 12, anziché alle 9.
Tale comportamento, tuttavia, non è censurabile in sede
disciplinare, ove risulti che il suddetto provvedimento, tuttavia, non
è censurabile in sede disciplinare, ove risulti che il suddetto
provvedimento si riferisca soltanto all’assunzione delle prove ed alla
trattazione delle cause e che, invece, le operazioni preliminari relative
alla chiamata dei vari processi e alla raccolta a verbale delle deduzioni
delle parti avvenga regolarmente non oltre le ore 10.
Procedimento n. 48 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: diligenza - Consigliere pretore che attribuisce ad
altri giudici la competenza ad adottare provvedimenti a seguito di
informativa di reato - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce violazione dei doveri propri di un dirigente il
282
comportamento del consigliere pretore che impartisca agli altri
magistrati, anche onorari, della pretura la direttiva secondo cui ogni
qualvolta venga segnalato un decesso per cause delittuose o
accidentali sia il destinatario dell’informativa a compiere ogni
intervento senza bisogno di espressa delega da parte del dirigente.
Infatti, la funzione di vagliare le informative di reato o di fatti che
possano risultare tali e di adottare i provvedimenti conseguenziali
deve rimanere in via di principio prerogativa del prestore dirigente,
il quale se dopo aver preso esatta e compiuta notizia degli atti, potrà
di volta in volta delegare un collega dell’ufficio e, in caso di assoluta
necessità, un vice pretore onorario per il compimento di una o più
attività processuali. Ne è ammissibile che il dirigente possa spogliarsi
in anticipo delle attribuzioni che la legge gli conferisce, delegando
compiti di estrema delicatezza che possono incidere, spesso in
maniera decisiva, sull’esito della controversia.
Procedimento n. 50 - Sentenza del 24 novembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: diligenza - Mancato controllo del pretore sui servizi
statistici - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore il
quale non eserciti la doverosa opera di controllo sullo svolgimento
dei servizi statistici da parte della cancelleria. Spetta invero al pretore
vigilare sulla regolarità e precisione dell’adempimento, sicché,
verificatesi insufficienze e anomalie in quel settore, egli, quale organo
di controllo, ben può essere chiamato a rispondere della indebita
omissione.
Procedimento n. 70 - Sentenza del 29 febbraio 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Ordine di carcerazione in esecuzione di
pena da condonare - Condizioni fisiche particolari del magistrato
e pesante situazione di lavoro dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito.
283
Non è suscettibile di sanzione disciplinare il comportamento del
pretore che abbia emesso un ordine di carcerazione nei confronti di
due imputati per l’esecuzione di una sentenza di condanna passata
in giudicato — senza rilevare che la pena doveva essere interamente
dichiarata condonata per effetto di indulto — quando risulti che
l’errore sia stato determinato dalle condizioni fisiche particolari del
magistrato e dalla pesante situazione di lavoro dell’ufficio.
Procedimento n. 61 - Sentenza del 14 marzo 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Dirigente - Scarso impegno nel
sovraintendente ai vari servizi e nel redigere provvedimenti Ragioni di salute e scarsa attitudine dirigenziale - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce infrazione disciplinare il comportamento del
magistrato che manchi ai suoi doveri di dirigente di un grande ufficio
dimostrando poco impegno sia nel sovraintendere ai vari servizi che
nel redigere provvedimenti giurisdizionali, ove il fatto non sia
riconducibile a cause che rendano il magistrato stesso immeritevole
della generale considerazione e che possano compromettere
gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario, bensì a motivi di salute
ed a scarsa attitudine dirigenziale.
Procedimento n. 64 - Sentenza dell’11 aprile 1964 - Avv.
Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente di sezione - Ritardo nella
fissazione, trattazione e definizione di un procedimento penale Conseguente prescrizione del reato- Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri, e determina discredito e sfiducia
nell’operato della magistratura, il presidente di sezione di tribunale
che ritardi eccessivamente la fissazione, la trattazione e la definizione
di un delicato procedimento penale, causando in tal modo la
prescrizione dei reati.
284
Procedimento n. 85 - Sentenza del 5 febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Insufficiente conoscenza degli atti
processuali - Prova.
Ai fini disciplinari la insufficiente preparazione teorica e la scarsa conoscenza degli atti processuali da parte del magistrato, non possono ritenersi provate unicamente sulla base di valutazioni soggettive degli avvocati.
Procedimento n. 80 - Sentenza del 20 febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Omissione dei verbali delle udienze
istruttorie civili - Sussistenza dell’illecito.
Viola i propri doveri, ed è pertanto censurabile in sede disciplinare, il magistrato il quale ometta, nei processi civili, di far
redigere i verbali di udienza istruttoria, limitandosi ad annotare in
copertina le sole date di rinvio: comportamento, questo, che fra l’altro
pone in essere anche una infrazione di natura fiscale.
Procedimento n. 80 - Sentenza del 20 febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Omissione da parte del pretore di atti
istruttori nel processo penale e di accertamenti medico-legali Mancata prova della necessità degli atti o di negligenza
nell’omissione - Insussistenza dell’illecito.
Non è suscettibile di sanzioni in sede disciplinare il comportamento del magistrato che, esercitando le funzioni di pretore,
omette normalmente l’istruzione nei processi penali, nonché gli
accertamenti medico-legali indispensabili per stabilire se lesioni
colpose di manifesta gravità siano effettivamente guarite nel termine
prognosticato di giorni 40 o in termine maggiore, quando non risulti
la necessità di tali atti e la negligenza nella omissione.
285
Procedimento n. 90 - Sentenza del 3 marzo 1965 - Pres. Rocchetti.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie- Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri, ed è pertanto censurabile in sede
disciplinare, il dirigente di un ufficio giudiziario il quale trascuri
sistematicamente, nonostante i richiami e i solleciti ricevuti, di
rispondere alle note e alle richieste di notizie legittimamente rivoltegli
dagli uffici preposti alla sorveglianza nonché da altri enti, tra cui
l’Istituto centrale di statistica, ed ometta, altresì, adempimenti di sua
competenza quali l’aggiornamento degli albi dei giudici popolari nelle
corti di assise, la trasmissione dell’elenco dei magistrati disponibili
per la nomina a presidente di seggio elettorale, il controllo previsto
per la liquidazione di contributi ministeriali sulle spese delle carceri
mandamentali.
Procedimento n.
Amatucci.
133 - Sentenza del 28 giugno 1968 - Pres.
Doveri del giudice: diligenza - Sottoscrizione di sentenza senza accertare
la falsità del documento - Sussistenza dell’illecito.
Il sottoscrivere una sentenza penale senza rendersi minimamente
conto del processo cui si riferisce e senza essere addirittura in grado
di accertare la falsità del documento, integra una mancanza
particolarmente grave ai doveri del magistrato.
Procedimento n. 132 - Sentenza del 28 giugno 1968 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Pretore - Assegnazione di processo delicato
al vice pretore onorario - Necessità di definizione sollecita del
processo - Insussistenza dell’illecito.
Il comportamento del pretore che assegna un procedimento
penale particolarmente delicato per la qualità dell’imputato ad un
vice pretore onorario non integra gli estremi dell’infrazione
disciplinare quando l’assegnazione trova giustificazione nell’esigenza
286
di definire sollecitamente il processo, al fine di evitare l’imminente
prescrizione.
Procedimento n. 152 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’inizio delle udienze, non
dovuto a interessi personali o a greve negligenza - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’aver iniziato in ritardo
l’udienza per essersi trattenuto al telefono o per aver ricevuto persone
del pubblico quando il motivo di tale condotta non sia riconducibile
ad interessi personali del magistrato o a grave negligenza, pur se dal
fatto è derivato disordine nel lavoro dell’ufficio e malcontento da
parte degli avvocati.
Procedimento n. 167 - Sentenza del 10 luglio 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Lentezza nell’espletamento di istruttoria
penale - Rilevante pendenza ed insufficienza del personale ausiliario
- Insussistenza dell’illecito.
L’eccessiva lentezza nell’espletamento dell’istruttoria relativa ad
un procedimento penale non integra gli estremi dell’illecito
disciplinare ove sia stata conseguenza, più che di una riprorevole
negligenza da parte del magistrato, di confusione determinata dalla
pendenza di un rilevante numero di processi nonché dalla insufficente
assistenza prestata dalla segreteria per difetto del personale.
Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Mancata emissione del decreto motivato
ex art. 277 bis c.p.p. - Erroneo convincimento dovuto anche alla
287
prassi dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare la mancata emissione del
decreto motivato previsto dall’art. 277 bis c.p.p. se il comportamento
seguito sia dovuto all’erroneo convincimento — determinato anche
dalla prassi dell’ufficio — che non fosse necessario motivare un
provvedimento già implicitamente contenuto nell’ordine di
comparizione emesso in luogo dell’ordine di cattura.
Procedimento n. 164 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nella concessione di libertà
provvisoria - Assenza dall’ufficio - Ragioni di salute - Insussistenza
dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che, a causa della
sua assenza dall’ufficio, conceda in ritardo la libertà provvisoria a
taluni imputati, qualora la detta assenza sia dovuta a ragioni di salute.
Procedimento n. 166 - Sentenza dell’11 dicembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Dirigente - Scarsa attività di direzione,
vigilanza e organizzazione - Negative condizioni di salute del
magistrato - Insussistenza dell’illecito.
Gli scarsi risultati dell’attività di direzione, vigilanza e organizzazione di un tribunale da parte del presidente possono trovare
giustificazione, ai fini disciplinari, ove siano da attribuire prevalentemente alle condizioni di salute del predetto magistrato.
Procedimento n. 172 - Sentenza del 5 febbraio 1970 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Ingiustificata lentezza nella trattazione
288
di un procedimento civile - Sussistenza dell’illecito.
Viene meno ai suoi doveri e dimostra grave negligenza e scarso
senso di responsabilità il magistrato che ritarda ingiustificatamente
la trattazione di un procedimento per la determinazione dell’equo canone di locazione di un negozio, definendo detto procedimento medesimo dopo sette anni con sentenza dichiarativa di nullità del procedimento medesimo (per nullità dell’atto introduttivo del giudizio, per
indeterminatezza delle controparti, per irregolarità della costituzione
e mancata integrazione del contraddittorio) e dopo aver disposto —
nel corso della causa — 31 rinvii non motivati e rimesso la causa a
sentenza per quattro volte senza aver compiuto alcun atto istruttorio.
Procedimento n. 197 - Sentenza del 13 novembre 1971 -Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Rifiuto di partecipare ad una udienza Mancata conoscenza incolpevole dei processi da trattare Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che si sia rifiutato di partecipare ad un collegio giudicante
unicamente perché non aveva potuto — per motivi indipendenti dalla
sua volontà — prendere preventiva conoscenza degli atti relativi ai
processi da trattare nell’udienza a cui avrebbe dovuto partecipare.
Procedimento n. 193 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa applicazione dell’indulto Gravosità del carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Il magistrato, preposto ad una sezione di una pretura unificata,
oberata da un carico di lavoro sproporzionato rispetto alla esiguità
del personale che deve espletarlo, e che non ha possibilità, per ciò,
di esaminare con la dovuta accuratezza i fascicoli di ogni singola
esecuzione penale, si trova in una situazione oggettiva, dovuta ad
289
evidente difetto di organizzazione e ad un errato criterio di
distribuzione del personale di cui l’ufficio dispone. Conseguentemente
la sua omissione nell’esame e nella valutazione della posizione di un
detenuto e del suo diritto a godere dell’indulto — di per sé grave
specie in rapporto alle conseguenze — non deve essere giudicata con
lo stesso metro applicabile ad ufficio con minor mole di lavoro, e
non costituisce, pertanto, consapevole violazione dei doveri propri
del magistrato.
Procedimento n. 193 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Mancata consultazione del fascicolo
dell’esecuzione in occasione dell’emissione di un ordine di
carcerazione - Obiettiva sproporzione tra carico di lavoro dell’ufficio
e organico del personale - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, in occasione dell’emissione dell’ordine di carcerazione
e del decreto di fissazione di un successivo incidente di esecuzione,
abbia omesso di consultare il fascicolo dell’esecuzione penale al fine
di accertare se la relativa pena dovesse essere o meno espiata per
intero, quando tale omissione trovi adeguata e sufficiente
giustificazione nell’obiettiva sproporzione tra carico di lavoro
dell’ufficio e organico del personale (nella specie: un cancelliere e un
agente di custodia nell’ufficio esecuzioni della Pretura di Roma).
Procedimento n. 197 - Sentenza del 13 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Rifiuto di partecipare ad un’udienza
penale - Mancata, incolpevole conoscenza dei processi da trattare
- Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che rifiuti di partecipare alla composizione di un collegio
penale, quando tale rifiuto sia dovuto unicamente al fatto che, per
290
una serie di circostanze fortuite, il magistrato non abbia potuto
prendere visione preventivamente di tutti gli atti relativi ai processi
che devono essere trattati.
Procedimento n. 200 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Mancata sottoscrizione dei verbali Grande carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta di sottoscrivere i verbali in un periodo in cui sia
gravato da una gran mole di lavoro.
Procedimento n. 200 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Mancato controllo di un fascicolo
processuale scomparso - Grande carico di lavoro - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che ometta di controllare un fascicolo processuale scomparso
per numerosi anni, quando sia risultato che non si trattava di un
processo di particolare delicatezza e gravità mentre il magistrato
stesso era oberato di lavoro.
Procedimento n. 211 - Sentenza del 2 marzo 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente di Corte di Assise - Omessa
sorveglianza sul cancelliere - Ufficio di Cancelleria unico con
cancelliere Capo Dirigente - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato, presidente di corte
di assise che ometta di vigilare e stimolare il cancelliere per gli adempimenti successivi al deposito delle sentenze da parte degli estensori se
291
si tratti di cancelleria unica per gli affari penali e per la corte di assise e le sentenze siano depositate dagli estensori in originale, in quanto egli non ha modo di avvedersi delle eventuali successive negligenze
da parte del cancelliere e legittimamente può aver confidato sulla sorveglianza esercitata dal cancelliere capo e dal Presidente del Tribunale.
Procedimento n. 232 - Sentenza del 7 aprile 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa vigilanza dell’attività dei curatori
fallimentari - Materiali impossibilità dovuta al carico di lavoro Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che di fatto ometta di vigilare assiduamente sull’attività
dei curatori di fallimento quando in relazione al carico di lavoro tale
omissione non possa essere attribuita a negligenza ed incuria del
magistrato. (Nella fattispecie è risultato che il magistrato oltre a
svolgere le funzioni di giudice delegato ai fallimenti — che avevano
raggiunto il numero di 143 in un solo anno — nonché quello di
giudice delle esecuzioni doveva, altresì, partecipare a quattro udienze
penali al mese e alle udienze settimanali civili istruttorie e collegiali
onde era venuto a trovarsi in una situazione insostenibile).
Procedimento n. 275 - Sentenza del 12 ottobre 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente del Tribunale - Ritardo nella
fissazione, trattazione e definizione di un procedimento penale Conseguente prescrizione del reato - Rinvii giustificati ed
insufficienza del personale ausiliario - Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nella fissazione, trattazione e definizione di un
procedimento penale, cui consegua la prescrizione del reato, non
costituisce infrazione disciplinare nei confronti del magistrato,
Presidente del Tribunale, allorché il ritardo sia determinato da rinvii
dovuti ad insuperabili motivi di carattere processuale e
dall’insufficiente assistenza prestata dalla cancelleria per difetto di
292
personale. (Nella fattispecie, il tempo trascorso era dovuto a rinvii
resi necessari dalla concessione di un termine a difesa e dall’omissione
nel successivo decreto della citazione da parte lesa, dalla rimessione
durante il dibattimento del processo in istruttoria — protrattasi per
quattro anni — e dalla necessità del passaggio in giudicato della
conseguente sentenza di rinvio a giudizio, contente il proscioglimento
di un coimputato.
Inoltre, all’epoca dei fatti, presso il tribunale prestava servizio
un solo cancelliere e nessun dattilografo).
Procedimento n. 285 - Sentenza del 3 aprile 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Dichiarazione di morte presunta Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che, quale
giudice istruttore di un procedimento per dichiarazioni di morte
presunta, omette di compiere le indagini per individuare, ai fini della
competenza, l’ultimo domicilio o l’ultima residenza dello scomparso
in quanto, ove i luoghi indicati dagli artt. 48 e 58 c.c., non siano
noti, la competenza spetta, in analogia a quanto dispone l’art. 18
c.p.c., al tribunale del luogo di residenza del ricorrente e in quanto
nella fattispecie non vi erano elementi che portassero all’esclusione
dell’identità della residenza delle parti e di un gesto insano da parte
del morto presunto.
Procedimento n. 285 - Sentenza del 3 aprile 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Dichiarazione di morte presunta Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non incorre in negligenza colpevole, e non commette, quindi,
illecito disciplinare, il magistrato che, nell’istruttoria di un
procedimento per dichiarazione di morte presunta, limita le indagini
al solo interrogatorio della ricorrente e del figlio minore, e non ascolti
anche «gli altri parenti e persone» di cui all’art. 726 c.p.c. — da
indicarsi nel ricorso, a cura del ricorrente — in quanto l’attività
293
istruttoria, in subiecta materia è, per legge, circoscritta nell’ambito
delle indicazioni che «devono» essere contenute nel ricorso medesimo,
il quale nella specie, non conteneva l’indicazione di altre persone
oltre la ricorrente e il figlio.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Mancato compimento di attività dovute
- Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il mancato compimento, da parte
di un Pretore, delle attività dovute, come quelle tassativamente
prescritte dal secondo comma dell’art. 231 c.p.p. (Informazione del
Procuratore della Repubblica dell’archiviazione degli atti relativi a
reati di sua competenza e dovere di trasmissione degli atti relativi e
reati di competenza superiore).
Procedimento n. 318 - Sentenza del 9 ottobre 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Inosservanza delle disposizioni sul
numero e i giorni delle udienze - Esistenza di una prassi
ultraventennale - Mancanza di danno al servizio - Insussistenza
dell’illecito.
L’inosservanza delle prescrizioni del numero e dei giorni delle
udienze previsti nel calendario giudiziario che il magistrato è tenuto
a rispettare, non costituisce illecito disciplinare quando corrisposta
ad una prassi ultraventennale, sia dovuta alla scarsità del numero
dei procedimenti e non abbia inciso negativamente sulla funzionalità
dell’ufficio.
Procedimento n. 313 - Sentenza del 4 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’interrogatorio di imputato
detenuto - Rinvio dell’interrogatorio su richiesta di uno dei
294
difensori - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che ritardi, a seguito di richiesta di uno dei difensori,
l’interrogatorio di un imputato detenuto, a carico del quale, nel corso
dell’istruttoria, si vadano altresì delineando ulteriori imputazioni,
sempre puntualmente contestate con nuovi mandati di cattura.
Procedimento n. 337 - Sentenza dell’11 novembre 1975 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa ricerca di un fascicolo
processuale smarrito - Notevole quantità di fascicoli giacenti e
gravosità del carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere omesso di ricercare,
per un periodo di tempo, un fascicolo processuale smarrito, nella
convinzione che il medesimo fosse tra gli altri 15.000 esistenti
nell’ufficio ed esistendo una condizione di lavoro particolarmente
gravosa, anche in relazione all’organico insufficiente.
Procedimento n. 378 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Tardiva richiesta di citazione a giudizio
- P.M. - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che richieda con ritardo l’emissione del decreto di
citazione a giudizio allorquando appare plausibile l’ipotesi, pur non
accertata, dallo smarrimento del fascicolo processuale.
Procedimento n. 372 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Tardiva emissione di decreto di citazione
295
a giudizio - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che emetta il primo decreto di citazione a giudizio ed i
successivi a notevole distanza di tempo (tre, quattro, cinque anni) da
quando il fascicolo è pervenuto al suo ufficio ove risulti che egli ha
dovuto rispettare un ordine di precedenza nella trattazione dei
numerosissimi processi pervenuti alla sezione da lui presieduta,
giustificato dalla logica e da una prassi consolidata confermata da
obiettive risultanze statistiche.
Procedimento n. 372 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Richiesta tardiva di formalizzazione del
procedimento penale - Fattispecie - Esclusione dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che trattenga nel proprio ufficio per dieci mesi un fascicolo
processuale in istruzione sommaria, richiedendo quindi l’istruzione
formale, qualora risulti il compimento di un congruo numero di atti
istruttori espletati nel suddetto periodo e risulti, altresì, che l’esigenza
di formalizzazione è insorta per richiesta di perizia avanzata dalle
parti e che il carico di lavoro di cui è gravato l’ufficio sia notevole.
Procedimento n. 372 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - P.M. - Ritardo nella definizione di
procedimento in istruzione - Fattispecie - Esclusione dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che esaurisca un procedimento in istruzione sommaria in
tempo molto superiore a quello indispensabile (oltre trenta mesi)
allorché l’incolpato abbia operato in condizioni tali da escludere la
296
possibilità di concludere l’istruzione in tempi minori, per la scarsa
collaborazione prestata dalla polizia giudiziaria, l’inopinato carico di
processi pervenuto a seguito della dichiarata incostituzionalità
dell’art. 389 c.p.p. che ebbe a determinare enorme lavoro assolto con
notevole sacrificio personale.
Procedimento n. 349 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Mancata di puntualità - Ritardo dell’inizio
delle udienze penali - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, per mancanza di puntualità, non abituale, provochi
ritardi di non apprezzabile durata all’inizio dell’udienza penale.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - P.M. - Trasmissione al Tribunale di istanza
di libertà provvisoria senza esprimere parere - Insussistenza
dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare, non configurando violazione
dei doveri del proprio ufficio, il comportamento del magistrato che,
nella veste di pubblico ministero già incaricato dell’istruttoria ma
non anche dell’accuso nel processo, trasmetta alla cancelleria del
Tribunale una istanza di libertà provvisoria con la missiva «per
l’unione agli atti... e per quanto di competenza» senza esprimere il
proprio parere sulla medesima.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente di sezione penale - tardiva
fissazione di processo con imputato detenuto per fatti di non grave
297
entità -Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, nella qualità di Presidente di sezione penale, dopo un rinvio,
fissi il nuovo dibattimento a distanza di quasi un anno per un
procedimento penale a carico di detenuto imputato per fatti di non
grave entità.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Omesso controllo sull’attività del
commissario giudiziario e poi curatore fallimentare - Ricorrenza
di causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che ometta di controllare l’operato del commissario
giudiziario, poi curatore del fallimento, autore di gravissimi abusi,
qualora ricorrano valide giustificazioni, quali il notevole carico del
lavoro assegnato all’incolpato e la circostanza che i suddetti abusi
sono stati accertati soltanto attraverso perizie, né semplici né brevi,
su documenti numerosi e disordinati.
Procedimento n. 378 - Sentenza del 10 marzo 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Mancato componimento di attività dovute
- Fattispecie - Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare la mancata o ritardata revoca
della libertà provvisoria da parte del giudice istruttore nei confronti
di imputati che, senza giustificato motivo, abbiano reiteratamente
violato l’obbligo di presentarsi periodicamente all’autorità di polizia,
qualora l’intenzionalità dell’omissione o del ritardo vengano esclusi
dall’eccezionale carico di lavoro, che finisce per imporre una certa
elasticità nell’osservanza dei dettati normativi, dall’ammonizione
rivolta all’imputato, poscia adeguatosi, di attenersi all’osservanza dei
298
propri doveri, nonché della mancata richiesta della revoca del
beneficio da parte del P.M.
Procedimento n. 377 - Sentenza del 30 settembre 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Assenza arbitraria dall’ufficio - Fattispecie
- Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato — pretore — che si assenti dall’ufficio per un giorno senza
darne comunicazione al dirigente se risulta che dell’assenza,
determinata da esigenze personali, ebbe ad avvertire il vice-pretore
onorario, cui affidò l’incombenza di espletare alcuni atti di un
procedimento penale da compiersi in quel giorno ed, altresì, che dalla
mancata presenza in ufficio non è derivato danno al normale servizio.
Procedimento n. 377 - Sentenza del 30 settembre 1978. - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Rinvio a giudizio di imputato per false
indicazioni sulla propria persona senza acquisire agli atti il rituale,
senza disporre accertamenti e senza congruo esame degli atti del
processo - Sentenza di condanna dell’imputato priva di motivazione
- Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
(pretore) che disponga il rinvio a giudizio di una persona che avrebbe
fornito in sede di interrogatorio false indicazioni sulla propria persona
omettendo di acquisire agli atti il rituale, di disporre accertamenti,
di effettuare congrui esame della documentazione processuale e che,
altresì, condanni l’imputato per tale reato con sentenza priva di
motivazione, poi riformata su appello del P.M.
Procedimento n. 399 - Sentenza del 24 novembre 1978 - Pres.
Bachelet.
299
Doveri del giudice: diligenza - Controversia di lavoro - Mancata lettura
del dispositivo in udienza - Illecito disciplinare - Esclusiva Presupposti.
L’omessa lettura in udienza del dispositivo della sentenza emessa
in una controversia di lavoro, da cui consegue una mera irregolarità
sanabile attraverso il successivo deposito in cancelleria del dispositivo
medesimo, non integra illecito disciplinare ove tale omissione derivi
dalla complessità delle questioni trattate nel processo e dalla mole
di lavoro da cui il giudice sia gravato.
Procedimenti nn. 326-327 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente di collegio penale - Disinteresse
alla liberazione delle sentenze penali - Sussistenza dell’illecito
disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che si disinteressa, normalmente, delle deliberazioni delle sentenze
penali allontanandosi dalla camera di consiglio ed affidando la
decisione agli altri componenti del collegio giudicante.
Procedimenti nn. 326-327 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente del collegio penale - Direzione
frettolosa e superficiale del dibattimento - Insufficiente conoscenza
delle cause - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che
dirige le udienze penali, sistematicamente, in modo frettoloso e
superficiale e senza avere una sufficiente conoscenza delle cause trattate.
Procedimenti nn. 326-327 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
300
Doveri del giudice: diligenza - Mancata presenza all’udienza istruttoria
- Omissione di preavviso e di giustificazione - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
(presidente di sezione) che non presenzia all’udienza istruttoria civile
assegnategli in sostituzione di altro collega con regolare provvedimento del Presidente del Tribunale, senza avvertire dell’assenza
ed omettendo di fornire valide giustificazioni.
Procedimento n. 404 - Sentenza del 6 aprile 1979 - Pres. Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Emissione di ordine di carcerazione per
la esecuzione di sentenza contumaciale non ancora in giudicato Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
il quale, per distrazione, sia pure a causa della tensione e del
superlavoro cui è sottoposto, emetta ordine di carcerazione per la
esecuzione di sentenza contumaciale da lui pronunciata quale pretore
e non ancora passata in giudicato (condanna a giorni cinque di arresto
e lire ventimila di ammenda).
Procedimento n. 415 - Sentenza del 1 giugno 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa restituzione in ufficio di
procedimenti penali con conseguente ritardo nell’esecuzione delle
relative sentenze di condanna passate in giudicato - Sussistenza
dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
il quale trattiene per oltre quattro anni nella propria abitazione sette
procedimenti penali impedendo di conseguenza l’esecuzione delle
relative sentenze di condanna passate in giudicato.
301
Procedimento n. 413 - Sentenza del 25 gennaio 1980 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: diligenza - Pronuncia su domanda di revocazione
già decisa dallo stesso magistrato - Ricorrenza di circostanze
particolari - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non configura alcun illecito disciplinare il comportamento del
magistrato il quale ha sempre svolto lodevolmente i propri compiti
e, oberatissimo di lavoro (per mancanza di magistrati previsti nella
pianta organica ed insufficienza numerica di personale ausiliario),
incorrendo in errore determinato dalle numerose e reiterate richieste
della parte, priva di difensore, emetta sentenza in ordine ad una
domanda di revocazione già dal medesimo e tra le stesse parti decisa
in epoca antecedente.
Procedimento n. 429 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti.
Doveri del giudice: diligenza - Trattazione con negligenza di pratica di
ufficio di particolare urgenza - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
del P.M. che tratta con palese negligenza, ritardando la tempestiva
trasmissione al Tribunale per dovuto esame, una pratica avente ad
oggetto la richiesta di applicazione urgente di misure di sorveglianza
speciale di P.S., ai sensi dell’art. 18 legge 1975/152.
Procedimento n. 423 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres.
Zilletti.
Doveri del giudice: diligenza - Dirigente dell’ufficio d’istruzione Controlli saltuari sulla corrispondenza fra le annotazioni dei registri
generali ed il numero dei fascicoli giacenti in ufficio - MancanzaIllecito disciplinare - Sussistenza - Condizioni.
Rientra fra i doveri del dirigente dell’ufficio istruzione eseguire
saltuari controlli «a campione» sulla corrispondenza fra le annota302
zioni contenute nei registri generali dell’ufficio ed il numero dei processi giacenti presso la cancelleria o affidati ai vari magistrati. Peraltro,in caso di smarrimento di fascicoli, agevolato dalla mancata
effettuazione di detto controllo, tale omissione non è punibile in sede
disciplinare qualora non risulti sicuramente provata la sussistenza
dell’elemento soggettivo dell’illecito.
(Nella specie, l’incolpato è stato assolto per insufficienza di prove,
sotto il profilo dell’elemento soggettivo in considerazione del fatto
che il medesimo aveva assunto la direzione dell’ufficio sguarnito di
personale dopo un lungo periodo di malattia del precedente dirigente,
ed aveva attraversato gravi vicende familiari).
Procedimento n. 423 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres.
Zilletti.
Doveri del giudice: diligenza - Giudice istruttore - Connessione di
procedimenti - Mancanza del provvedimento formale di riunione Trattazione unitaria dei processi - Illecito disciplinareInsussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
giudice istruttore che provveda alla trattazione unitaria di due
procedimenti penali connessi, senza adottare un provvedimento
formale di riunione, annotato sul registro generale, qualora tale
omissione, imputabile a gravi deficienze del personale d’ordine e di
cancelleria dell’ufficio giudiziario, non abbia provocato conseguenze
negative sulla istruzione del processo.
Procedimento n. 9/81 - Sentenza del 20 novembre 1981 - Pres.
Galasso
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Anche la mera dimenticanza di un atto doveroso da parte del
magistrato può integrare gli estremi di un’infrazione disciplinare, ove
non ricorra una giustificazione plausibile.
303
Procedimento n. 29/80 - Sentenza del 20 novembre 1981 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Delega al cancelliere di rilasciare permessi
di colloqui con i detenuti - Insussistenza dell’illecito.
Il magistrato che adeguandosi ad una prassi consolidata, seguita
agli uffici giudiziari della sede in cui opera e resa possibile da
circolare ministeriale, sia pure revocata e relativa a deleghe in favore
di funzionari dell’amministrazione penitenziaria, autorizzi il
cancelliere a rilasciare permessi di colloqui con detenuti firmando
sui relativi moduli con la propria firma «per» conto del magistrato
medesimo, non commette illecito disciplinare quando per le carenze
di organico e l’imponente mole di lavoro del suo ufficio il rifiuto di
una tale prassi non avrebbe consentito di assolvere alle altre
molteplici gravose incombenze di lavoro.
Procedimento n. 28/81 - Sentenza del 27 novembre 1981 - Pres.
De Carolis
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’emissione dei decreti di
trasferimento degli immobili nelle procedure esecutive Carico di
lavoro complessivamente oneroso - Inadeguatezze delle risorse
dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nell’emissione di
decreti di trasferimento di immobili nelle procedure esecutive quando
sia addebitabile più che ai singoli magistrati, ad una gestione
complessiva dell’ufficio quanto meno discutibile, nonché ad un carico
di lavoro eccessivo in relazione alle risorse dell’ufficio medesimo.
Procedimento n. 34/81 - Sentenza del 27 novembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nel deposito di sentenze - Positivo
giudizio sull’attività globale del magistrato - Insussistenza
dell’illecito.
304
Il ritardo, anche rilevante, nel deposito di un numero più o meno
ampio di sentenze non costituisce da solo illecito disciplinare, per il
rilevante numero di processi esauriti in materia civile se, per la
partecipazione ad udienze camerali civili, ad udienze penali, nonché
alla formazione dell’ufficio di sorveglianza sia possibile un giudizio
globale positivo dell’attività svolta dall’incolpato.
Procedimento n. 20/81 - Sentenza dell’11 dicembre 1981 - Pres.
De Carolis
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nel deposito di sentenze Rilevante carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Nessun addebito disciplinare può muoversi al magistrato per il
ritardo nel deposito di sentenze allorché lo stesso ritardo sia ricollegabile a fatti e circostanze estranei alla sua diligenza e laboriosità
nell’esercizio delle funzioni.
Procedimento n. 26/80 - Sentenza del 15 gennaio 1982 - Pres.
De Carolis
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Allorquando per una disfunzione endemica dei servizi di
cancelleria, conseguenza anche di carenza del personale ausiliario,
si determini una sfasatura tra strutture e bisogni, singoli addebiti
mossi al magistrato per dispersione di fascicoli, arretrato, disordine
nel movimento delle cause, in tanto valgono ad integrare illecito
disciplinare in quanto si accerti che il magistrato stesso abbia con
la propria pigrizia, assenza dall’ufficio, noncuranza, scarsa operosità,
provocato un ulteriore elemento di disfunzione o, quanto meno,
approfittato di altrui carenze per nascondere le proprie.
Laddove invece si accerti che il magistrato non ha trascurato il
proprio dovere né sottratto alcuna energia all’ufficio e, in particolare,
che la precedenza data ai processi meno remoti non sia frutto di un
accantonamento malizioso o di una scelta del tutto avulsa da ogni
ragionevole criterio, non sussiste illecito disciplinare.
305
Procedimento n. 26/80 - Sentenza del 15 gennaio 1982 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non può costituire illecito disciplinare la precedenza data alla
trattazione dei processi meno remoti quando non vi sia prova di un
accantonamento malizioso o di una scelta del tutto avulsa da ogni
ragionevole criterio.
Procedimento n. 26/80 - Sentenza del 15 gennaio 1982 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie, Insussistenza dell’illecito.
Non può considerarsi censurabile l’intervento del giudice diretto
a conciliare le parti né è segno di scorrettezza la dilazione della
trattazione di una causa per consentire la conciliazione ove alla
conciliazione stessa, pur se con il richiamo a precise condizioni,
dirette a non manifestare sentimenti di debolezza, non si era mostrata
ostile la querelante da molto tempo sollecitante la definizione del
processo.
Procedimento n. 30/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Richiesta di citazione a giudizio di
persona la cui estraneità alla commissione del fatto risultava in
atti documentalmente provata -Sussistenza dell’illecito.
Costituisce grave negligenza l’aver citato a giudizio un cittadino
di cui risultava certificata l’estraneità al fatto che gli era stato
imputato.
Procedimento n. 6/82 - Sentenza dell’8 ottobre 1982 - Pres. De
Carolis.
306
Doveri del giudice: diligenza - Custodia di fascicolo personale Sistemazione nel cassetto della scrivania - Causale
accartocciamento del fascicolo nel fondo del cassetto Rinvenimento tardivo - Insussistenza dell’illecito.
È più che adeguata, al fine di una diligente custodia del fascicolo
personale, la sua sistemazione nel cassetto della scrivania d’ufficio.
L’essersi il fascicolo accartocciato nel fondo del cassetto, sfuggendo
così ad una prima ricerca e venendo poi tardivamente reperito, integra
un vero e proprio incidente, poco consueto, e come tale capace di
escludere ogni motivo di colpevolezza.
Procedimento n. 29/82 - Sentenza dell’8 ottobre 1982 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Conservazione dei fascicoli e tenuta del
registro generale - Incompetenza del Pretore- Onere di controllo
sull’andamento dei servizi di cancelleria - Sussistenza - Fattispecie
- Insussistenza dell’illecito.
La conservazione dei fascicoli e la tenuta del registro generale
non rientrano nella specifica competenza del pretore cui incombe
tuttavia l’onere di controllare l’andamento dei servizi di cancelleria.
Non è meritevole di censura il magistrato che, trovato l’ufficio di
pretura in un grave stato di dissesto, ha eliminato, nei tempi indicati
dal Presidente del Tribunale, molte delle cause di disservizio nella
cancelleria.
Procedimento n. 38/81 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa relazione al collegio di cause
civili assegnate a sentenza - Laboriosità complessiva dell’incolpato
- Concorso di circostanze personali - Insussistenza dell’illecito.
L’aver omesso di riferire al Collegio per la decisione di cause
civili assegnate a sentenza non costituisce illecito disciplinare se,
307
valutato in complessivo lavoro svolto dall’incolpato, per di più in
condizioni fisiche menomate, possa escludersi la riconducibilità della
condotta ad una mancanza di laboriosità.
Procedimento n. 11/81 - Sentenza dell’11 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa relazione sull’attività di
magistrato da dichiarare idoneo alle funzioni direttive superiori Rifiuto di raccogliere il giuramento di esperti designati quali giudici
della Sezione Agraria - Vulnerazione del principio di collegialità Sussistenza dell’illecito.
È disciplinarmente responsabile il Presidente del Tribunale che:
a) rifiuti una relazione sull’attività di magistrato da dichiarare idoneo
alle funzioni direttive superiori, sull’erroneo convincimento che
trattasi di attività non dovuta e nonostante una formale richiesta del
Presidente della Corte di Appello in tal senso; b) rifiuti di raccogliere
il giuramento di esperti designati quali giudici della sezione
specializzata agraria in contrasto con l’art. 9 Ordinamento giudiziario;
c) riduca il dovuto rispetto del principio di collegialità nelle decisioni
civili alla sola fase della sottoscrizione della sentenza ed a sporadici,
informali incontri tra i componenti del collegio, per lo più in
occasione di altri incombenti.
Procedimento n. 365 R.G. - Sentenza del 26 novembre 1982 Pres. Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie- Sussistenza dell’illecito.
L’abituale ritardato inizio delle udienze, quant’anche vi sia una
connivenza degli avvocati, contrasta con il dovere di diligenza
richiesto per l’esercizio della funzione giudiziaria.
Procedimento n. 10/80 - Sentenza dell’11 dicembre 1982 - Pres.
Galasso.
308
Doveri del giudice: diligenza - Firma in bianco di originali di sentenze
- Asserita prassi in tal senso - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che firma in bianco
alcuni fogli necessari per la copia delle minute di sentenze in materia
previdenziale da lui in precedenza redatte. Tale condotta, proprio per
essere di per sé in contrasto col disposto di cui all’art. 119 disp. att.
c.p.c., non appare giustificata né dall’esistenza di una prassi in tal
senso all’interno dell’ufficio, né dall’eventuale inutilizzazione in
concreto dei detti fogli, potendo siffatta infrazione dar luogo a gravi
abusi, tali da potersi ripercuotere sulla validità stessa delle decisioni
adottate.
Procedimento n. 51/81 - Sentenza del 18 febbraio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Contenuto in tema di emanazione di
provvedimenti incidenti sulla libertà personale.
Non può ammettersi che provvedimenti incidenti sulla libertà
personale del cittadino vengano emessi senza l’attenta valutazione del
magistrato, anche quando preme la quantità di lavoro pendente e
può emergere la tendenza a rimettere ogni responsabilità al momento
preparatorio proprio del personale di cancelleria.
Va tuttavia esclusa la responsabilità disciplinare del magistrato
che abbia omesso un ordine di carcerazione per imputazione amnistiata, quando la vicenda processuale abbia in concreto evitato ogni
pregiudizio all’interessato e, d’altra parte, si tratti di unico episodio
riferibile ad un magistrato laborioso e diligente.
Procedimenti nn. 8 e 55 R.G. - Sentenza del 15 aprile 1983 Pres. Galasso.
Doveri del giudice: diligenza - Variazione tabellare - Pretestuoso rifiuto
di ottemperare - Illeceità.
309
Il rifiuto di ottemperare ad una variazione tabellare, pretestuosamente affermando che le relative delibere del C.S.M. sono esecutive solo dopo l’emissione del d.P.R. che le recepisce, costituisce
illecito disciplinare soprattutto perché l’incolpato, usando della normale diligenza, avrebbe potuto reperire agli atti dell’ufficio copia delle
delibere consiliari evidenzianti la natura di atti urgenti, indispensabili per il corretto funzionamento degli uffici e dunque immediatamente esecutivi, propria dei provvedimenti di variazione tabellare.
Procedimento n. 16/83 - Sentenza dell’11 novembre 1983 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Inadempienza - Possibili cause di
giustificazione.
La violazione del dovere di diligenza può trovare giustificazione
nella mole di lavoro svolto, nelle condizioni ambientali in cui il
magistrato opera, in altre regioni connesse all’esercizio delle funzioni
giurisdizionali od eventualmente legata a vicende squisitamente
personali quali ad esempio la precarietà delle condizioni di salute
del magistrato o dei suoi diretti congiunti.
Procedimento n. 52/81 - Sentenza del 18 novembre 1983 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Illeceità.
Sette anni di inattività processuale in un procedimento penale
riguardante un infortunio mortale sul lavoro costituisce illecito
disciplinare grave in sé ed in relazione alla natura del reato, potendosi
infatti ragionevolmente presumere che il compimento tempestivo di
accertamenti istruttori avrebbe prodotto utili risultati per verificare
tutte le eventuali responsabilità penali.
Procedimenti nn. 26/82 e 429 R.G.- Sentenza del 2 dicembre 1983
- Pres. Galasso.
310
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’invio al Tribunale di una
proposta per misura di sorveglianza speciale - Insussistenza
dell’illecito.
Il ritardo di un mese con cui il procuratore aggiunto della
Repubblica inoltra al Tribunale una proposta di assoggettamento alla
misura di sorveglianza speciale di un condannato per partecipazione
a banda armata, scarcerato per decorrenza dei termini di custodia
preventiva con l’obbligo di presentarsi una volta alla settimana
all’autorità di P.S. del luogo di residenza e poi resosi irreperibile, non
costituisce illecito disciplinare se all’atto della proposta sicuramente
mancavano i presupposti di una sua formulazione atteso che il
comportamento tenuto dal prevenuto non consentiva di ritenere che
stesse per commettere alcuno dei reati previsti dalla legge n. 152/1975.
Procedimento n. 44/83 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Puntualità e presenza sul lavoro - Difficile
situazione dell’ufficio - Rafforzato dovere di diligenza.
Quanto più la situazione di un ufficio si presenta difficile per
motivi oggettivi (strutture, organico, difetti organizzativi dei capi degli
uffici) tanto più il magistrato è chiamato a svolgere con diligenza e
puntualità i propri compiti, fermo restando naturalmente il suo
diritto-dovere di segnalare nelle sedi competenti le ragioni della
disfunzione.
Procedimento n. 3/84 - Sentenza del 22 marzo 1985 - Pres. Guizzi.
Doveri del giudice: diligenza - Smarrimento di fascicoli - Incertezza
assoluta sulle cause - Insussistenza dell’illecito.
Va escluso l’addebito di avere per negligenza determinato lo
smarrimento di cinque fascicoli penali quando vi sia incertezza
assoluta sulle cause che hanno determinato il mancato ritrovamento
degli incarti.
311
(Nella specie la Sezione ha sottolineato a favore dell’incolpato le
seguenti circostanze:
a) che i fascicoli erano pervenuti in Pretura quando era ancora
vacante di titolare e che la loro ricerca fosse iniziata a distanza di
circa sei mesi dal trasferimento dell’incolpato da quello stesso ufficio;
b) che non vi fossero prove dell’abitudine dell’incolpato medesimo
di portare i fascicoli fuori dell’ufficio, così sottraendoli al potere di
vigilanza diretto sugli stessi di competenza della cancelleria).
Procedimento n. 20/85 - Sentenza del 24 maggio 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: diligenza - Disfunzione dei servizi penali di
cancelleria - Carenze di personale - Segnalazione al Ministero Insussistenza dell’illecito.
Non può addebitarsi al magistrato la violazione del dovere di
vigilanza e controllo sull’organizzazione ed il funzionamento dei
servizi penali di cancelleria laddove si accerti che le disfunzioni erano
causate soprattutto da carenze di personale e che l’incolpato si era
preoccupato dell’irregolare andamento dell’ufficio tanto da sollecitare
ripetutamente il Ministero perché sanasse le carenze di struttura.
Procedimento n. 21/85 - Sentenza del 25 ottobre 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa valutazione di perizia
tossicologica - Episodicità della negligenza -Insussistenza
dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare quando la leggerezza
nell’adempimento dei doveri professionali che non abbia prodotto
danno alcuno, sia giustificata da condizioni di lavoro particolarmente
onerose e si tratti di magistrato che solo episodicamente abbia dato
luogo a rilievo di non sufficiente ponderatezza e scrupolosità nel
compimento della sua attività giudiziaria.
(Nella specie l’incolpato, nella qualità di sostituto procuratore,
312
richiedeva, con mero riempimento di uno stampato, il rinvio a
giudizio di imputato di detenzione di eroina senza farsi carico dei
risultati della perizia tossicologica dalla quale era stata esclusa
l’iscrivibilità della sostanza repertata tra gli stupefacenti).
Procedimento n. 26/85 - Sentenza del 29 novembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardata esecuzione di ordinanza di
scarcerazione - Indimostrata negligenza dell’estensore Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste responsabilità disciplinare del magistrato per la
protratta ritardata esecuzione di un’ordinanza di scarcerazione
quando resti indimostrato che il ritardo sia ascrivibile a sua negligenza.
(Nella specie la Sezione ha accertato che un’ordinanza di
scarcerazione della II sezione penale della Suprema Corte per la mera
trascrizione aveva impiegato centodiciassette giorni per essere messa
in esecuzione).
Procedimento n. 42/83 - Sentenza del 13 dicembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: diligenza - Procurata prescrizione di reati - Non
addebitabilità all’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
Non può farsi carico al magistrato trasferito da un ufficio
giudiziario delle prescrizioni verificatesi a distanza di tempo
dall’esecuzione del suo trasferimento quando l’assenza di atti interruttivi della prescrizione non sia correlabile ad un suo negligente
comportamento.
(Nella specie era contestata la prescrizione di reati in tredici
procedimenti penali verificatasi successivamente al trasferimento
dell’incolpato del quale la Sezione ha accertato un sufficiente
rendimento nel periodo di permanenza presso l’ufficio a quo).
313
Procedimento n. 17/86 - Sentenza del 16 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non compete alla Sezione disciplinare il sindacato sulle scelte
di priorità nella trattazione di vari procedimenti penali da parte di
un sostituto procuratore se, in assenza di ritardi da inoperosità o
negligenza, il magistrato fornisca congrua e ragionevole motivazione
dei criteri cui si è ispirata la sua potestà discrezionale e non risultino
macroscopici, aberranti ed inescusabili errori di valutazione. Se pure
un sindacato del genere fosse consentito dovrebbe comunque essere
esercitato con estrema cautela e con giudizio ex ante e non già con
prognosi postuma, a pena di inammissibili sindacati sull’attività
giudiziaria e giurisdizionale del magistrato.
(Nella specie il magistrato, cui era stato contestato di aver riservata la trattazione di un rapporto pervenuto in Procura il 15 luglio
1977 ad epoca successiva, di fatto, aveva potuto rioccuparsene solo
nel gennaio del 1980).
Procedimento n. 34/85 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Adozione di provvedimenti restrittivi della
libertà - Insufficiente ponderazione - Sussistenza dell’illecito.
L’adozione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale
costituisce uno dei momenti più delicati e rilevanti dell’attività del
magistrato e ciò impone che ad essi si faccia ricorso solo dopo la
più attenta e diligente valutazione di tutti gli elementi di fatto e di
diritto posseduti, nella consapevolezza delle conseguenze
irreparabili che l’eventuale errore, in una materia relativa ad un
bene fondamentale per la persona, può produrre e della sfiducia
che può ingenerare nel corretto esercizio dell’amministrazione della
giustizia.
Le pesanti condizioni di lavoro e la complessità del procedimento
nell’ambito del quale è stato emesso un mandato di cattura per il
314
reato di falsa testimonianza estinto per amnistia non possono
giustificare l’errore commesso.
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Limitati ritardi nell’inizio dell’udienza Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere nell’arco di sette anni,
iniziato una decina di udienze civili con ritardi superiori a quelli minimi, abituali nel distretto di appartenenza.
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Vigilanza sulla custodia dei fascicoli Limiti.
Non rientra tra i compiti del dirigente un ufficio giudiziario
quello di far custodire con particolare cura fascicoli estinti o archiviati
(per es. facendoli depositare in una stanza blindata e controllando il
personale ogni volta che debba maneggiarli).
(Nella specie verificatosi un furto di marche da bollo e previdenziali contenute in fascicoli archiviati si contestava al consigliere
pretore di aver reso possibile ed agevole il furto stesso per carenze
organizzative nella custodia).
Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nella consegna di atti al g.i.
subentrante - Sussistenza di giustificazioni - Insussistenza
dell’illecito.
Un ritardo di circa dieci giorni nella consegna di un fascicolo
315
processuale al giudice istruttore subentrante in seguito al trasferimento ad altra sede dell’incolpato non è disciplinarmente rilevante sia perché temporalmente circoscritto, sia perché giustificato
dall’esigenza di procedere alla fascicolazione di circa duemila pagine
non effettuata a tempo debito e per esigenze di lavoro,e per una
locale situazione di menomata fiducia verso il personale ausiliario,
motivata dalla sparizione di verbali importantissimi per la istruttoria
in corso.
Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Carenza nell’attività dirigenziale - Illiceità.
Integra illecito disciplinare la macroscopica inosservanza di ogni
più elementare criterio di normale diligenza nell’espletamento delle
funzioni dirigenziali.
(Nella specie l’incolpato, investito della funzione di Presidente di
un Tribunale sito in zona di forte criminalità mafiosa, trascurò di
intervenire per risolvere o chiedere che fossero risolte le gravi carenze
strutturali e logistiche dell’ufficio istruzione, pur gravato da un carico
di lavoro assai rilevante, sia per quantità complessiva sia per «qualità»
di alcuni processi da istruire, omettendo altresì di controllare le
condizioni di sicurezza dell’Ufficio medesimo).
Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza del 18 settembre 1986
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Carenza nella vigilanza sul personale
ausiliario - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il Presidente di un Tribunale che,
reiteratamente informato dal Giudice Istruttore della sussistenza a
carico di un segretario a lui addetto di plurimi sospetti, tra cui quello
di avere avvertito l’interessato dell’emissione di un provvedimento di
cattura, si astiene per lungo tempo dall’intervenire, trascurando anche
di avvertire il Presidente della Corte d’Appello, e quindi omettendo
316
un provvedimento cautelare di trasferimento del funzionario ad altro
settore che pure era imposto dall’essere l’ufficio istruzione impegnato
in difficili e delicate inchieste nei confronti di organizzazioni criminose e di soggetti ai quali appunto si sospettava collegato il
funzionario medesimo;
Procedimenti nn. 1/85 e 8/85 - Sentenza 18 settembre 1986 Pres. Mirabelli;
Doveri del giudice: diligenza - Scorretto esercizio dei poteri di vigilanza
- Sussistenza dell’illecito.
È obbligo del Presidente di un Tribunale informare prontamente
i competenti uffici di accuse di collusione con clan mafiosi, rese a
verbale avanti il giudice istruttore, a carico di magistrato del proprio
Tribunale.
Ancora più grave illecito commette il Presidente del Tribunale
che tenti di deviare o ammorbidire o rallentare il doveroso corso
degli accertamenti in merito alla fondatezza o meno delle accuse.
Procedimento n. 51/86 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Prolungato ritardo nell’esame di
procedimento possessorio e nella emissione di una ordinanza
riservata - Assenza di sollecitazioni del legale di parte - Mancato
deposito del fascicolo di parte - Condizioni personali dell’incolpato
- Sua rilevante laboriosità - Insussistenza dell’illecito.
Il prolungato ritardo nell’esaminare una domanda di reintegra
nel possesso e nell’emanare un’ordinanza riservata, non attinge a
rilevanza disciplinare quando l’inadempienza si sia verificata in un
procedimento connotato da un ridotto interessamento delle parti e
sia imputabile a magistrato distintosi per la sua complessiva
laboriosità e costretto a fronteggiare l’aggravarsi delle condizioni di
salute della propria figlia affetta da morbo di Crohn.
317
Procedimento n. 10/87 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nell’attività istruttoria - Abnorme
permanere dello stato di isolamento dell’imputato - Sussistenza
dell’illecito.
Dovere primario del magistrato, cui la legge riconosce il potere
di disporre l’isolamento dell’imputato detenuto per esigenze istruttorie
non altrimenti perseguibili, è quello del compimento degli atti
istruttori onde pervenire il più rapidamente possibile alla revoca della
misura. In difetto, il comportamento del magistrato è passibile di
negativo apprezzamento disciplinare, posto che questo non coinvolge
alcuna valutazione del merito e della sufficienza degli atti istruttori
compiuti, bensì unicamente della rapidità e sollecitudine
nell’espletamento di essi.
(Nella specie si contestava al giudice istruttore di avere, successivamente alla formalizzazione dell’istruttoria avvenuta il 7
febbraio 1986, compiuto pochissimi atti istruttori rispettivamente il
22 febbraio, il 23 aprile, il 7 maggio ed il 16 maggio, mantenendo
lo stato di isolamento sino al 2 luglio 1986 data in cui l’imputato,
che pure ne aveva chiesta la cessazione sin dal 10 marzo 1986 si
suicidava in carcere).
Procedimento n. 31/87 - Sentenza del 12 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Trattazione di istanze di fallimento senza
delega formale - Chiusura della procedura fallimentare senza
provvedimento collegiale - Inesperienza dell’incolpato Insussistenza dell’illecito.
Gli addebiti relativi ad errori dell’incolpato nell’esercizio del suo
ufficio debbono essere valutati con riguardo alle condizioni oggettive
e soggettive nelle quali ha svolto i suoi compiti.
Non è censurabile in sede disciplinare l’uditore giudiziario, in
servizio da solo due mesi, con funzioni promiscue, presso un tribunale
con grave carenze di organico, che, in assenza di delega formale,
318
tratti un’istanza di fallimento, erroneamente assegnatagli dalla
cancelleria, dichiarando, senza provvedimento collegiale, la estinzione
della procedura a seguito di desistenza dell’unico creditore istante.
Procedimento n. 33/87 - Sentenza del 27 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa sorveglianza sul cancelliere Mancanza di colpa.
Non assume rilievo disciplinare la condotta del Pretore
mandamentale, cui pur è addebitabile la colposa omissione di
sorveglianza sul funzionario di cancelleria, resosi responsabile di
irregolarità nella tenuta del registro di protocollo della
corrispondenza, quando, per le condizioni ambientali disastrose in
cui il magistrato di prima nomina, e quindi inesperto, si sia trovato
ad operare, può ritenersi scusabile l’affidamento dello stesso alle
assicurazioni rese dal cancelliere dirigente. (Nella specie la Sezione
ha sottolineato come della irregolarità non si era accorto neppure un
ispettore ministeriale).
Procedimento n. 89/87 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Reperibilità del sostituto procuratore di
turno - Limiti.
L’irreperibilità del sostituto di turno presso l’indirizzo telefonico
indicato alla polizia giudiziaria non assume rilievo disciplinare
quando risulti che l’incolpato avrebbe potuto altrimenti essere
rintracciato.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che il sostituto incolpato
doveva considerarsi in sostanza reperibile perché occupato a
partecipare nella sua città ad una riunione, aperta e pubblicizzata,
nella veste di Presidente del Tribunale per i diritti dell’ammalato).
319
Procedimento n. 62/87 - Sentenza del 12 febbraio 1988 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: diligenza - Giudice delegato al fallimento - Violazione
dei doveri di vigilanza e di direzione - Illiceità disciplinare.
Commette illecito disciplinare il giudice delegato che nell’ambito
delle sue funzioni di direzione delle operazioni del fallimento e di
vigilanza sull’opera del curatore, non si accerti dell’avvenuta
formazione dell’inventario e non solleciti notizie in merito alla
riscossione di somme da parte del curatore del relativo deposito, pur
essendo in corso l’esercizio provvisorio.
(Nella specie la Sezione ha escluso che le omissioni accertate
fossero giustificate dall’asserita onerosità del complessivo carico di
lavoro del giudice delegato e dalla lamentata carenza di
professionalità del personale di cancelleria, sottolineando sia che il
carico di lavoro documentato (le procedure fallimentari pendenti alla
fine degli anni 1984, 1985, 1986 risultavano rispettivamente n. 237,
239, 278 e le procedure di esecuzione immobiliare negli stessi periodi
risultavano rispettivamente n. 324, 365, 486) non era di per sé tale
da escludere la possibilità di svolgere con qualche efficacia una
vigilanza sistematica ad intervalli di tempo non troppo lontani fra
loro; sia, e soprattutto, che la particolare situazione della procedura
fallimentare in esame, per la quale era stato autorizzato l’esercizio
provvisorio — situazione certamente non comune e che comunque
esigeva una particolare attenzione da parte del giudice delegato —
era tale da imporre uno specifico e costante dovere di vigilanza).
Procedimento n. 62/87 - Sentenza del 12 febbraio 1988 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa apposizione di sigilli in procedura
fallimentare - Irrilevanza disciplinare.
Non è disciplinarmente addebitabile al giudice delegato l’omessa
apposizione di sigilli dal momento che siffatto adempimento è
trascurato presso non pochi uffici giudiziari per una prassi ormai
costante, consolidatasi a seguito della sentenza della Corte
320
costituzionale 16 luglio 1970 che ha imposto l’obbligo di disporre la
comparizione dell’imprenditore prima di dichiararne il fallimento,
sicché sotto certi profili, si è in parte svuotata la funzione cautelare
della sigillazione.
Procedimento n. 62/87 - Sentenza del 12 febbraio 1988 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: diligenza - Omessa costituzione del comitato dei
creditori nella procedura fallimentare - Irrilevanza disciplinare.
Non attinge la soglia dell’illecito disciplinare, pur essendo
sintomatica di scarsa sollecitudine da parte del giudice delegato,
l’omessa costituzione in via provvisoria del comitato dei creditori
nonostante la disposta continuazione temporanea dell’esercizio
dell’impresa.
Procedimento n. 9/1988 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Prescrizione di un reato - Valutazione
dell’attività complessiva dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
La prescrizione di un reato, verificatasi per effetto di un
mutamento di rubrica implicante il dimezzamento dei termini di
prescrizione e relativa ad un processo assegnato, dopo un quadriennio
di inattività processuale, ad un nuovo g.i., non comporta responsabilità disciplinare di quest’ultimo quando ne risulti provata la laboriosità e diligenza nella sua complessiva attività lavorativa.
Procedimento n. 29/88 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere, nella qualità di p.m.
321
in un procedimento incardinato presso la Corte d’assise, trasmesso
due fonogrammi, con i quali la direzione del carcere informava che
un detenuto in attesa di giudizio avanti detta Corte aveva dichiarato
di essere minorenne, senza compiere i relativi accertamenti per i quali
era ormai funzionalmente incompetente.
Procedimento n. 71/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Concessione di permesso premio collettivo
- Omesso controllo di una posizione giuridica ostativa - Esimente.
L’omesso controllo della posizione giuridica ostativa di un
detenuto richiedente un permesso premio non costituisce illecito
disciplinare allorquando il giudice di sorveglianza, ricevuta dalla
direzione penitenziaria una proposta di concessione di permesso
collettivo, faccia affidamento sull’esattezza dei rilievi della stessa
direzione operati, trascurando di reiterarli anche a causa dell’elevato
numero dei detenuti destinatari del beneficio.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato che la proposta della
direzione in quanto rinnovata a distanza di pochi giorni con un
maggior approfondimento della posizione soggettiva di alcuni
detenuti non poteva che rassicurare circa la serietà e correttezza dei
controlli operati).
Procedimento n. 22/88 - Sentenza del 22 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente di collegio giudicante - Omesso
controllo delle motivazioni delle sentenze redatte da altro giudice
del collegio e contenenti frasi irriguardose o esorbitanti - Illecito
disciplinare - Insussistenza - Fattispecie.
Non è censurabile disciplinarmente la condotta di un presidente
di collegio giudicante che, in presenza di una gran mole di lavoro,
omette un approfondito controllo sulle singole motivazioni delle
sentenze redatte da altro componente del collegio (nella specie si è
322
ritenuto che, prescindendo dai poteri e dai limiti di sindacabilità, da
parte del presidente del collegio, delle espressioni e del lessico usato
dall’estensore, non costituisce illecito disciplinare l’omesso controllo
di alcune espressioni non conformi ai canoni della correttezza ma
contenute in un numero irrisorio di sentenze).
Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Dirigenza di un ufficio - Assenza di doti
organizzative e dirigenziali - Complessità dell’ufficio - Complessivo
impegno nel lavoro - Insussistenza dell’illecito.
L’assenza nel magistrato dirigente di doti organizzative e capacità
di direzione tali da far fronte alle disfunzioni di un ufficio di
particolare complessità a causa di peculiari difficoltà ambientali e
carenze di personale, non attinge a rilevanza disciplinare quando
risultino comunque accertati sia l’impegno posto nell’affrontare i
problemi organizzativi, ancorché con rigore di carattere ed
unilateralità di concezione, sia l’esercizio dei poteri di vigilanza e
controllo sull’operato degli addetti.
(Nella specie la Sezione ha individuato fra gli indici rivelatori
dell’assenza di doti dirigenziali di un grande ufficio istruzione: 1) la
mancata adozione di iniziative atte a risolverne i gravi problemi
organizzativi nella preesistente, difficilissima situazione di carenza
degli organici; 2) il mancato ricorso ad una sostanziale
ristrutturazione dell’ufficio, con la costituzione di gruppi di lavoro
per materie; 3) il mancato ricorso ad una automatica predeterminazione di criteri oggettivi per l’assegnazione degli affari).
Procedimento n. 55/87 - Sentenza del 17 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Compiti del dirigente l’ufficio Inosservanza - Illiceità disciplinare.
Rientra nei compiti del magistrato che assume l’incarico di
323
Presidente del Tribunale la predisposizione di un piano di lavoro atto
a consentire in tempi ravvicinati la graduale riduzione dell’arretrato
e la eliminazione delle ragioni dei più vistosi ritardi e disfunzioni,
attivando un’opera di vigile controllo e di sollecitazione di uno
straordinario, ancorché contingente, impegno di lavoro con
incremento del numero delle udienze settimanali, o almeno, del
numero dei processi fissati per ogni udienza.
Procedimento n. 29/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
L’omissione di un doveroso accertamento processuale non integra
illecito disciplinare quando sia giustificato dal concorso di circostanze
eccezionali.
(Nella specie il presidente della sezione di Corte di assise che
avrebbe dovuto giudicare un imputato dichiaratosi minorenne nel
carcere ove era detenuto, aveva trascurato di disporre accertamenti
in ordine a tale circostanza riferita in due fonogrammi della direzione
della casa circondariale, sia perché detti fonogrammi, inseriti dal
personale di cancelleria nel fascicolo degli atti correnti, non erano
stati posti alla sua attenzione, sia perché il processo, da rinviare a
nuovo ruolo per lo sciopero degli avvocati penalisti, non era stato da
lui studiato.
Procedimento n. 61/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Distribuzione degli obblighi di controllo
tra i giudici del collegio penale.
Sul giudice a latere di un collegio penale incombe l’obbligo di
documentarsi in ordine agli elementi fondamentali della decisione da
adottarsi collegialmente ed alle questioni sollevate od emerse nel corso
del dibattimento, mentre incombe sul giudice-relatore l’obbligo della
scrupolosa verifica degli atti processuali e dei documenti allegati.
324
(Nella specie l’incolpato, in quanto giudice a latere e non giudice
relatore, è stato prosciolto dall’accusa di trascuratezza per non aver
esaminato dei fonogrammi dai quali risultava la minore età di
un’imputato con conseguente incompetenza funzionale del collegio).
Procedimento n. 15/89 - Sentenza del 12 maggio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Omesso controllo sulla legittimità di
investitura del v.p.o. - Difetto dell’elemento soggettivo - Esclusione
dell’addebito.
Va prosciolto il magistrato che ha richiesto l’opera di un vice
pretore onorario non confermato nella carica, quando sia provata la
buona fede dell’incolpato.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato che l’apparenza della
legittimità di investitura del v.p.o. aveva tratto in inganno anche altro
magistrato preposto alla vigilanza sull’incolpato).
Procedimento n. 68/88 - Sentenza del 22 settembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Emissione di ordine di carcerazione in
esecuzione di sentenza di condanna relativa a contravvenzione
ormai amnistiata - Esclusione dell’illecito disciplinare - Condizioni.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia emesso due ordini di carcerazione in esecuzione
di altrettante sentenze di condanna per reati contravvenzionali estinti
per sopravvenuta amnistia, quando la vicenda processuale non abbia
in concreto cagionato un danno irreparabile (sotto il profilo della
libertà personale) agli interessati e il fatto si sia risolto in un unico
episodio sfavorevole per un magistrato laborioso e diligente.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che, essendo stati i due
soggetti interessati successivamente colpiti da ulteriori ordini di
carcerazione per più gravi reati, la indebita privazione della libertà
poteva essere imputata a parziale espiazione delle successive
325
condanne e che l’errore compiuto doveva inquadrarsi tra le
conseguenze di un preesistente grave dissesto dell’ufficio giudiziario
che l’incolpato con impegno e diligenza aveva provveduto a
fronteggiare e ridurre).
Procedimento n. 43/88 - Sentenza del 13 ottobre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato del lavoro che omette
di leggere in udienza i dispositivi delle cause previdenziali ed adotta
la decisione a distanza di tempo dall’assunzione della causa e
decisione.
(Nella specie si è accertato che vi era stato un intervallo di mesi
tra la data di assunzione della causa in decisione e quella del deposito
del dispositivo).
Procedimento n. 16/1989 - Sentenza del 23 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Formulazione di parere sulla richiesta
di omologa di società di cui faceva parte la moglie - Fattispecie Insussistenza dell’illecito.
L’aver espresso il proprio parere, nella veste di sostituto
procuratore della Repubblica, sulla richiesta di omologa di una
società della quale faceva parte la moglie, benché sia fatto riprovevole
non costituisce illecito disciplinare ove: non risulti la prova di alcuna
intenzione di trarre profitto dal compimento delle attività di istituto;
sia acquisita la prova del carico di lavoro gravante sul magistrato
che abbia provocato l’unica negligenza addebitatagli; non sia scaturito
alcun danno per chicchessia tanto che il visto sarebbe stato comunque
concesso; non abbia avuto alcuna rilevanza esterna tale da incidere
negativamente sulla credibilità ed indipendenza del magistrato.
326
Procedimento n. 52/89 - Sentenza del 23 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Errori nella redazione di sentenza Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
La commissione di errori nella redazione di una sentenza,
oggettivamente idonei ad integrare l’illecito disciplinare sia per il
potenziale danno alle parti interessate, sia per l’idoneità ad incidere
sulla regolarità del servizio, non costituisce illecito disciplinare
quando risulti frutto di negligenza o insufficiente impegno
dell’incolpato, ma, piuttosto, delle condizioni di lavoro nelle quali si
è trovato concretamente ad operare.
Procedimento n. 28/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Redazione delle sentenze - Carenza
assoluta di motivazione: sindacabilità - Limiti - Insussistenza
dell’illecito per difetto di colpa.
Non costituisce sindacato sulla giurisdizione ma puro e doveroso
controllo della forma dei provvedimenti giurisdizionali, consentito in
sede disciplinare, il rilievo sulla insussistenza della motivazione di
un provvedimento emesso in grado di appello e motivato «per
relationem» con riferimento alla pronuncia di primo grado,
sussistendo, per il giudice del riesame, l’obbligo giuridico ed etico di
ricimentarsi col merito della vicenda processuale e di esplicitare
all’esterno l’iter giuridico che ha presieduto alla pronuncia onde
consentire all’impugnante di controllare l’avvenuto riesame della
causa e le ragioni per le quali sono state accolte o respinte le sue
doglianze e di esercitare il diritto al doppio grado di giurisdizione
(Nella specie non è stata ritenuta sufficientemente motivata la
sentenza che si sia limitata ad un generico richiamo alla pronuncia
di primo grado, sull’apodittico assunto che essa contenesse la risposta
alle questioni sollevate con i motivi di appello, salvo ad accogliersi
le giustificazioni addotte dall’estensore in ordine al suo gravoso carico
di lavoro, alle precarie condizioni, psicofisiche patite al momento del
327
fatto addebitatogli, nonché alla abituale cura dimostrata nello
stendere le sentenze).
Procedimento n. 69/89 - Sentenza dell’11 maggio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Presidente del Tribunale per i minorenni
- Ritardo nell’istruttoria e nella trasmissione delle proposte di
conferma dei componenti privati - Inerzia del predecessore - Criteri
organizzativi incongrui - Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare la condotta del Presidente
del Tribunale per i minorenni che, accertata l’inerzia del suo
predecessore nell’attività di proposta di nomina e conferma dei
componenti privati, abbia adottato criteri organizzativi incongrui e
criticabili ma non ascrivibili a negligenza nell’esercizio dei suoi doveri
dirigenziali (nella specie il Presidente ha ritenuto di provvedere
sollecitamente alle proposte di nomina e solo successivamente a quelle
di conferma).
Procedimento n. 23/90 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: diligenza - Omissione della attività di vigilanza del
Procuratore della Repubblica sui propri sostituti - Mancata
riduzione dell’arretrato e carenza di iniziative - Mancata
assegnazione di fascicoli - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, per violazione dei doveri di
diligenza ed operosità, il non aver ridotto l’arretrato formatosi
nell’ufficio di cui il magistrato è titolare (così come rappresentato da
un’ispezione ministeriale) quando si accerti che il medesimo
magistrato è entrato in servizio presso detto ufficio tre mesi prima
dell’ispezione, si sia impegnato a fondo per recuperare efficienza ai
servizi, razionalizzandoli, stimolando i colleghi magistrati ed il
personale, e si sia sottoposto ad un notevole impegno lavorativo
personale.
328
Procedimenti nn. 33 e 34/89 - Sentenza del 26 ottobre 1990 Pres. Galloni.
Doveri del giudice: diligenza - Ritardo nella fissazione di procedimenti
penali - Scarcerazione degli imputati per decorrenza dei termini
massimi di custodia preventiva - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare se la scarcerazione degli
imputati per decorrenza dei termini massimi di custodia preventiva,
causata dalla fissazione del dibattimento in grado di appello in data
successiva alla maturazione del termine stesso, non dipenda da fatto
ascrivibile a negligenza del magistrato (per altro laboriosissimo e
disponibile alle esigenze dell’ufficio) incaricato della fissazione, ma
dall’impossibilità di fissazione in data anteriore, per essere i ruoli di
udienza già completi e per l’impossibilità di costituire ulteriori collegi
rispetto a quelli già previsti.
Procedimento n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: diligenza - Grave e ripetuto ritardo nell’inizio delle
udienze penali e nell’esame della corrispondenza - Illecito
disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che: a) nell’esercizio delle funzioni di dirigente dell’ufficio, omette di
provvedere con la dovuta solerzia all’esame ed allo smaltimento della
corrispondenza in arrivo; b) omette di rispettare gli orari di inizio
delle udienze penali.
(Nel caso di specie è stato accertato che l’incolpato non
esaminando tempestivamente la corrispondenza causava rallentamento nell’espletamento del lavoro e che iniziava le udienze con
ritardi anche di una-due ore).
329
330
12 - DOVERI DEL GIUDICE: IMPARZIALITÀ
331
332
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: imparzialità - Favoritismo - Illecito disciplinare Sussistenza - Fattispecie.
Compromette gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario il
magistrato il quale, nell’esercizio delle sue funzioni di presidente di
Tribunale, agisca con tanta leggerezza da far sorgere il sospetto di
favoritismo, il che certamente si verifica nel caso in cui egli autorizzi
un sequestro conservativo per la rilevante somma di lire trentacinque
milioni, non solo inaudita altera parte, ma senza neppure assumere,
contrariamente a quanto affermato nel decreto di autorizzazione, le
necessarie informazioni sulla fondatezza del ricorso medesimo,
presentato da un legale a cui il magistrato è legato da intimi rapporti
di amicizia.
Procedimento n. 61 - Sentenza del 14 marzo 1964 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: imparzialità - Affidamento di incarichi retributivi Favoritismo - Sussistenza dell’illecito.
È censurabile in sede disciplinare il magistrato che, nell’affidare
incarichi retribuiti, abbia accordato palese preferenza ad un solo
333
professionista, liquidando poi i relativi compensi con eccessiva
larghezza, anche oltre i limiti stabiliti dalla legge. Invero tale
comportamento pregiudica nella pubblica opinione il necessario
prestigio di cui ogni magistrato deve godere, suscitando sospetti,
anche se infondati, e malumori fra gli altri professionisti del luogo
e dando luogo a sfavorevoli commenti nella pubblica opinione.
Procedimento n. 112 - Sentenza del 29 aprile 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
magistrato che, nell’istruzione di un procedimento di separazione
personale, abbia preteso di imporre una sua personale valutazione
della situazione esistente e abbia dimostrato di essere prevenuto nei
confronti di una delle parti, in particolare sottoponendo il marito ad
un defatigante interrogatorio protratto per numerose udienze;
effettuando ripetute offerte, in udienza, di fiori alla moglie; usando,
in una ordinanza, espressioni di disprezzo nei confronti di testi indotti
dal marito prima ancora che gli stessi fossero escussi.
Procedimento n. 221 - Sentenza del 21 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: imparzialità - Conferimento di incarichi giudiziali
- Sindacabilità - Limiti.
Non è censurabile in sede disciplinare la scelta di periti operata
dal magistrato specie se essa cade su persona che sotto il profilo
morale e tecnico riscuotono la sua fiducia.
Procedimento n. 303 - Sentenza del 2 luglio 1974 - Pres. Bosco;
Doveri del giudice: imparzialità - Uso nella motivazione di espressioni
sconvenienti, non obiettive ed estranee all’economia della decisione
334
- Sussistenza dell’illecito.
Doveri del giudice: imparzialità - Uso nella motivazione di espressioni
sconvenienti, non obiettive ed estranee all’economia della decisione
- Attribuzione del fatto ad un singolo comportamento giovanile ed
impulsivo - Difetto di prova in ordine alla sussistenza dell’elemento
soggettivo - Esclusione della punibilità.
Costituisce illecito disciplinare — fermo restando il principio
dell’insindacabilità dell‘atto giurisdizionale, nel senso che il giudice
deve essere assolutamente libero di esprimere le autentiche ragioni
che pone a base dei suoi provvedimenti — introdurre nella
motivazione osservazioni o considerazioni che, estranee all’economia
della decisione, si traducano in espressioni, pur non oggettivamente
offensive per una delle parti, tuttavia sconvenienti, in quanto la
motivazione della sentenza non può contenere argomenti che non
siano finalizzati alla decisione (art. 132 c.p.c.) e le dette espressioni
rilevano difetto di quella misura e di quel necessario distacco cui
deve essere improntato ogni provvedimento giurisdizionale. Tuttavia,
la attribuzione del fatto ad un giovanile, ma singolo comportamento
impulsivo dell’estensore del provvedimento, implica che il
comportamento, oggettivamente censurabile, non è punibile per
difetto di prova in ordine alla sussistenza dell’indispensabile elemento
soggettivo.
Procedimento n. 374 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: imparzialità - Svolgimento di una pubblica udienza
in un clima di intimidazione per alcune delle parti e per i difensori
e testimoni - Mancato intervento del giudice - Illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del giudice il
quale consenta, trascurando di adottare i necessari provvedimenti
repressivi, che una pubblica udienza si svolga in un clima
d’intimidazione, lesivo della piena libertà morale di alcune delle parti,
dei relativi difensori e dei testimoni.
335
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: imparzialità - Affidamento di incarichi peritali a
congiunti - Modalità - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare, pur se inopportuno e
sconveniente, il comportamento del magistrato il quale nomini
proprio collaboratore un congiunto — fratello della suocera _
affidandogli gli incarichi peritali, quando l’attribuzione degli incarichi
non costituisca manifestazione palese di favoritismo e quindi lesione
del principio di imparzialità o per la eccessiva frequenza degli
incarichi o per la particolare preferenza nei confronti di altri
professionisti ovvero per la diversità di trattamento nella liquidazione
dei compensi.
Procedimento n. 391 - Sentenza del 4 maggio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: imparzialità - Giudice delegato al fallimento Omesso pagamento del prezzo stabilito da parte di società
acquirente di beni fallimentari, nella quale un fratello dell’incolpato
ricopre la carica di sindaco - Mancata dichiarazione di decadenza
dall’acquisto - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, nella qualità di giudice delegato di un fallimento, ometta di
dichiarare decaduta dall’acquisto di beni fallimentari una società, in
cui il fratello ricopra la carica di sindaco, subito dopo aver accertato
il mancato pagamento del prezzo residuo, e nonostante una esplicita
richiesta rivoltagli in tal senso dal curatore, consentendo alla
medesima società di restare in possesso dei beni cennati per circa
due anni.
Procedimento n. 40/83 - Sentenza del 28 marzo 1985 - Pres.
Guizzi.
336
Doveri del giudice: imparzialità - Plurime assegnazioni di incarichi di
consulenza - Assenza di favoritismi - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare una assegnazione degli incarichi peritali tale da evidenziare la preferenza dell’incolpato nei
confronti di alcuni professionisti, quando a determinarla sia un forte
rapporto di fiducia esistente tra il magistrato ed il professionista,
restando invece escluso ogni favoritismo, questo si rilevante ai fini
disciplinari.
(Nella fattispecie si contestava all’incolpato con funzioni di
pretore del lavoro di aver assegnato in un triennio a due professionisti
rispettivamente il 43,5% ed il 33% delle consulenze mediche ed a tre
professionisti rispettivamente il 33%, il 21% ed il 19% delle
consulenze contabili).
Procedimento n. 39/85 - Sentenza del 22 novembre 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: imparzialità - Conferimento di incarichi peritali al
proprio figlio - Sussistenza dell’illecito.
Il conferimento di incarichi peritali ad un congiunto costituisce
illecito disciplinare perché viola il principio di imparzialità nonché
la garanzia del contraddittorio nell’esplicazione di tutte le attività
strumentali implicate dall’istruttoria e decisione delle cause.
(Nella specie gli incarichi conferiti al figlio dell’incolpato furono
sei su un totale di 22, così rappresentando il numero più alto tra
quelli distribuiti tra gli altri consulenti tecnici).
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: imparzialità - Discrezionalità nell’affidamento di
incarichi peritali o di consulenza - Limiti alla sindacabilità.
Massima è la discrezionalità del giudice nella nomina di periti
o consulenti tecnici, data la natura assolutamente fiduciaria del
337
rapporto che viene ad instaurarsi con gli stessi. Tale discrezionalità
è peraltro suscettibile di sindacato quando dia luogo a gravi e rilevanti
distorsioni.
Procedimento n. 67/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli;
Doveri del giudice: imparzialità - Nomina di periti e consulenti tecnici
- Concentrazione in capo a taluni professionisti - Insussistenza
dell’illecito.
La nomina di periti e consulenti tecnici non può che essere
motivata — in via principale — con riferimento ad una valutazione
di speciale favore da parte del magistrato verso le qualità professionali
dell’esperto prescelto.
Ciò consente non solo di prescindere dal requisito, meramente
formale, dell’inserzione in uno speciale albo, ma anche di ritenere
lecita una certa concentrazione di nomine in capo a taluni professionisti, sempre che difettino elementi atti a far sorgere anche il mero
dubbio che detta concentrazione sia stata ispirata a criteri diversi da
quelli di una ricerca della collaborazione tecnica più affidabile. (Nella
specie era contestata una concentrazione di nomine non quantificate
esattamente).
Procedimento n. 65/86 - Sentenza del 23 gennaio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: imparzialità - Liquidazione di compensi per perizie
espletate dal proprio coniuge - Assenza di discrezionalità nella
concreta determinazione della misura - Insussistenza dell’illecito.
La liquidazione di compensi per quattro incarichi peritali in
favore del proprio coniuge non costituisce illecito disciplinare quando
in relazione alla natura dell’incarico, risulti provata l’assenza in
concreto di ogni discrezionalità nella determinazione della misura
dello stesso compenso.
(Nella specie la Sezione ha escluso ogni trattamento preferenziale
338
nei confronti del perito coniuge dell’incolpato, avendo accertato che
per gli incarichi in questione concernenti cause previdenziali, non vi
erano oscillazioni nella liquidazione dei compensi operata
dall’incolpata in ben 108 casi).
Procedimento n. 65/86 - Sentenza del 10 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli;
Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’aver conferito 17 incarichi
peritali a persona con la quale, circa sei mesi dopo, è stato contratto
matrimonio.
Procedimenti nn. 55/86 e 58/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che viola la
fondamentale regola deontologica di non apparire mai «interessato»
nei processi nei quali è professionalmente impegnato.
(Nella specie l’incolpato è stato ritenuto responsabile: a) di avere
adottato un ordine di cattura con modalità ed in situazioni tali da
far apparire stravolto a fini di ritorsione l’uso del potere istituzionale;
b) di aver richiesto un proscioglimento istruttorio per insufficienza
di prove di persona che stava per vendere un immobile alle proprie
figlie).
Procedimento n. 75/88 - Sentenza del 5 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: imparzialità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del sostituto procuratore
che, rendendo noto al denunziante vicende processuali destinate a
339
restare riservate, perché attinenti ai rapporti interni all’ufficio, dia
allo stesso denunziante motivo per sospettare, o per rafforzare un
eventuale pregresso sospetto che scorrettezze o parzialità abbiano
trovato luogo nella trattazione del procedimento che lo interessa.
Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: imparzialità - Trattamento di favore nei confronti
degli imputati - Vantaggio economico tratto dal magistrato Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare, sanzionabile con la destituzione,
il comportamento del magistrato che, nell’esercizio delle funzioni di
procuratore della Repubblica, traendone un vantaggio economico,
tiene un atteggiamento di favore nei confronti degli imputati, allo
scopo di consentir loro di ottenere prima gli arresti domiciliari e
successivamente la libertà provvisoria.
(Nella specie l’incolpato, ricevendone vantaggi economici offerti
da un terzo, in relazione alla posizione di un primo imputato aveva
manifestato al giudice istruttore parere scritto negativo in punto di
concessione degli arresti domiciliari accompagnandolo con parere
verbale favorevole e, in relazione alla posizione di altro imputato
aveva accettato la promessa di una somma di danaro per favorirne
la libertà provvisoria).
Procedimento n. 23/88 - Sentenza del 23 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: imparzialità - Affidamento di incarichi peritali a
congiunti - Illecito disciplinare - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il conferimento di incarichi
peritali ad un proprio affine (marito della figlia) in circostanze tali
da configurare il reato di interesse privato in atti d’ufficio.
Nella specie il magistrato, la cui condanna per il delitto di
interesse privato in atti d’ufficio era stata annullata senza rinvio dalla
340
cassazione per essersi il reato estinto per prescrizione maturata
successivamente a detta condanna, aveva affidato al genero due terzi
delle perizie da lui disposte, accantonando alcuni incarichi in attesa
del conseguimento da parte di questi dell’abilitazione professionale
e affidando il primo incarico il giorno successivo al conseguimento,
senza che sussistesse l’impossibilità o la maggiore onerosità
dell’affidamento dell’incarico ad altri professionisti.
Procedimento n. 67/90 - Sentenza del 21 dicembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: imparzialità - Consulenti tecnici di ufficio medico
legali - Nomina di professionista non iscritto nell’albo speciale Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare la nomina a consulente
tecnico di ufficio medico legale in controversia previdenziale di un
professionista non iscritto nell’apposito albo.
(La Sezione disciplinare nella fattispecie ha argomentato sulla
base della giurisprudenza della Corte di cassazione che ha affermato
il principio della non tassatività dell’obbligo di iscrizione dei medici
del lavoro nello speciale albo dei consulenti tecnici, nonché del
principio generale della discrezionalità del giudice nella scelta degli
ausiliari).
341
342
13 - DOVERI DEL GIUDICE: OPEROSITÀ
343
344
Procedimento n. 6 - Sentenza del 10 giugno 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo delle sentenze Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri ed è censurabile in sede disciplinare il
magistrato che trascuri sistematicamente il lavoro d’ufficio omettendo
di depositare o depositando con notevole ritardo numerose sentenze
civili e penali.
Procedimento n. 22 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di sentenze
penali - Sussistenza dell’illecito -Lutto in famiglia e notevole carico
di lavoro - Sussistenza dell’illecito - Attenuante.
È censurabile in sede disciplinare, perché contrario ai doveri del
proprio ufficio, il comportamento del magistrato che depositi un
rilevante numero di sentenze penali dibattimentali più di cinque mesi
dopo la pronunzia. Né valgono ad escludere tale responsabilità, ma
solo ad attenuare la gravità del fatto ai fini della sanzione da
applicare, l’aver il magistrato sofferto un lutto in famiglia per la
perdita del padre e l’aver dovuto attendere a notevole mole di lavoro.
345
Procedimento n. 28 - Sentenza del 15 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Deposito delle sentenze fuori termine Assenze e ritardi nelle udienze - Stato di salute e gravi motivi di
famiglia - Non punibilità.
Non è punibile, in sede disciplinare, il comportamento del
magistrato che abbia omesso di segnalare e giustificare
tempestivamente le sue assenze ed i suoi ritardi nel presentarsi alle
udienze penali e che non abbia osservato i termini di deposito delle
sentenze, quando il comportamento sia determinato dal precario stato
di salute del magistrato e nel contempo da gravi motivi di famiglia
(seria malattia di un figliuolo in tenera età).
Procedimento n. 17 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di sentenze e altri
provvedimenti - Grave malattia - Non punibilità.
Non commette illecito disciplinare il magistrato il quale, anche
per lunghi periodi, abbia depositato numerose sentenze ed ordinanze
con notevole ritardo, quando risulti che tali manchevolezze,
obiettivamente censurabili, siano da attribuire ad uno stato di grave
malattia (nella specie: neoplasia) del magistrato medesimo, che deve
considerarsi causa di forza maggiore.
Procedimento n. 34 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di provvedimenti
e sentenze - Sussistenza dell’illecito.
Compromette gravemente il prestigio dell’ordine giudiziario ed è
censurabile in sede disciplinare il magistrato che, sistematicamente,
depositi con ritardo le sentenze e gli altri provvedimenti a lui affidati,
346
dando luogo a continue lamentele e ricorsi sia delle parti che dei
loro difensori, ed a proteste del Consiglio dell’ordine forense, e
costringendo, inoltre, il p.m. ad appellare tutte le sentenze penali
assegnate ad esso magistrato, per evitare decadenze (salva poi la
eventuale rinunzia al gravame dopo l’esame della motivazione).
Procedimento n. 35 - Sentenza del 14 ottobre 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Redazione di poche sentenze - Sussistenza
dell’illecito.
Dimostra grave negligenza nell’adempimento dei suoi doveri ed
è meritevole di sanzione disciplinare il magistrato che, essendo pretore
unico, rediga, nel giro di oltre un anno, appena cinque sentenze civili
ed una ordinanza rispetto alle 132 cause ritenute per la decisione e
definisca nello stesso periodo, solo 33 procedimenti penali.
Procedimento n. 39 - Sentenza del 27 gennaio 1962 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Lutto
in famiglia- Non punibilità.
Il magistrato che non depositi le sentenze entro i termini fissati
dalla legge, viene meno aduno dei suoi principali doveri di ufficio,
sicché il ritardo di per sé costituisce infrazione disciplinare punibile
ai sensi degli artt. 18 e 19 della legge sulle guarentigie della
magistratura. Tuttavia, ove il ritardo sia causato da una comprovata
notevole mole di lavoro espletato dal magistrato nel medesimo
periodo, la violazione — già di per sé di lieve entità — non è punibile
quando a determinare il ritardo concorra un serio motivo di famiglia,
quale la morte di un congiunto.
Procedimento n. 49 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
347
Doveri del giudice: operosità - Rimessione sul ruolo di numerosi
procedimenti civili, già assegnati a sentenza, senza giustificati
motivi - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce violazione dei doveri di ufficio il comportamento del
magistrato che, nella imminenza dell’inizio del periodo feriale, rimetta
sul ruolo senza giustificati motivi numerosi procedimenti civili
assegnati a sentenza. Ciò perché nessuna norma di legge autorizza
tale procedura e perché tale comportamento comporta una lesione
del prestigio dell’ordine giudiziario compromettendo la fiducia che
nel medesimo ripongono i cittadini indotti a ritenere che il giudice
possa avvalersi della sua posizione di preminenza rispetto alle parti
e ai patrocinatori per realizzare un fine diverso da quello di giustizia
mediante un espediente che solo quella preminenza rende possibile.
Procedimento n. 49 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Rimessione sul ruolo di numerosi
procedimenti civili, già assegnati a sentenza - Grave stato di
malattia - Non punibilità.
Nel caso di rimessione sul ruolo — senza valide ragioni di
carattere processuale — di numerosi procedimenti civili già assegnati
a sentenza, è motivo valido per escludere la punibilità del magistrato
che abbia posto in essere tale comportamento il fatto che lo stesso
sia affetto da una grave e comprovata forma di esaurimento e che
l’espediente sia stato adottato, a seguito di suggerimento del
presidente del Tribunale, nella erronea convinzione che il consiglio
ricevuto rendesse legittimo tale comportamento.
Procedimento n. 54 - Sentenza del 15 giugno 1963 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Sussistenza dell’illecito.
348
Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che, senza
giustificato impedimento, depositi con notevole ritardo e solo a
seguito di reclamo delle parti interessate, due sentenze del collegio
penale da lui presieduto, l’una dopo circa 15 mesi e l’altra dopo 17
mesi dalla pronuncia.
Procedimento n. 58 - Sentenza del 5 ottobre 1963 - Pres. De Pietro.
Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di
sentenze civili - Sussistenze dell’illecito.
Viola i suoi doveri, con conseguente discredito per l’amministrazione della giustizia, il magistrato il quale depositi numerose
sentenze con ritardo notevole sia in relazione alla quantità di lavoro
espletato nel periodo, sia in relazione al numero complessivo delle
sentenze civili redatte. (Nella specie numerose sentenze erano state
depositate oltre i quattro mesi dal passaggio in decisione della causa,
alcune dopo sei mesi, una dopo dieci mesi ed una dopo un anno).
Procedimento n. 89 - Sentenza del 3 marzo 1965 - Pres. Rocchetti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di ordinanze e
sentenze - Anomalia del sistema nervoso - Insussistenze dell’illecito.
Non è suscettibile di sanzione disciplinare il magistrato che abbia
trascurato, anche per lunghi periodi, l’adempimento dei propri doveri
di ufficio redigendo e depositando con notevole ritardo numerose
ordinanze e sentenze, nonostante i ripetuti richiami rivoltigli dal capo
dell’ufficio, quando risulti che tale inattività sia da attribuirsi in gran
parte ad una anomalia del sistema nervoso che abbia provocato
all’incolpato periodi di inerzia quasi totale.
Procedimento n. 62 - Sentenza del 3 luglio 1965 - Pres. Rocchetti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Ritardi e assenze nelle udienze - Sussistenza dell’illecito.
349
Commette illecito disciplinare il magistrato che oltre a non
depositare le sentenze entro i termini di legge impedisce il normale
funzionamento del collegio, con ritardi ed assenze ripetute nelle
udienze.
Procedimento n.85 - Sentenza del 5 febbraio 1966 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: operosità - Redazione di poche sentenze per scarsità
di pendenze - Insussistenza dell’illecito.
Non è suscettibile di sanzione disciplinare il magistrato che
rediga in un semestre poche sentenze civili, se tale numero è
conseguente alla scarsa pendenza di cause civili.
Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: operosità - Omissione di ogni atto istruttorio per
un biennio - Conseguente prescrizione del reato - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che, per
negligenza, concorra a determinare la estinzione del reato per
prescrizione in un procedimento a lui affidato, omettendo di compiere
qualsiasi atto istruttorio per un biennio.
Procedimento n. 98 - Sentenza del 20 febbraio 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di
sentenze penali - Sussistenza dell’illecito - Attenuazione di
responsabilità per particolari condizioni di salute e di famiglia del
magistrato.
Manca ai suoi doveri di ufficio il magistrato addetto ad una
350
sezione penale, il quale ometta sistematicamente di osservare, nel
deposito delle sentenze relative ai processi a lui assegnati, anche in
relazione a processi con imputati detenuti, fino a undici mesi. Le
particolari condizioni di salute e di famiglia che abbiano contribuito
a determinare il suddetto comportamento possono valere solo ad
attenuare la colpa del magistrato ma non a giustificare il ritardo
abituale da lui frapposto nell’adempimento dei doveri del proprio
ufficio, non potendosi riscontrare in siffatte condizioni gli estremi
della forza maggiore: e ciò, sia perché l’incolpato avrebbe potuto
avvalersi del rimedio dell’aspettativa, sia perché la forza maggiore
potrebbe essere ipotizzabile in riferimento ad un episodio determinato
o al ritardo nella redazione delle sentenze di un gruppo di udienze,
e non in rapporto all’espletamento di tutto il lavoro di un lungo
periodo di tempo.
Procedimento n. 117 - Sentenza del 15 aprile 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di sentenze
civili - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare per violazione ai doveri del suo
ufficio il comportamento del magistrato, titolare di una pretura con
ridottissimo lavoro, che deposita con oltre dieci mesi di ritardo tre
sentenze civili, in quanto il diritto del cittadino ad una giustizia rapida
ed efficiente non può essere menomato da gravi mancanze di
applicazione e di diligenza del magistrato.
Procedimento n. 143 - Sentenza del 20 febbraio 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo delle sentenze Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un giudice
che depositi la maggior parte delle sentenze civili a lui affidate oltre
il termine di cui all’art. 120 disp. att. codice procedura civile in quanto
351
è un preciso dovere del magistrato tener conto, oltre che della
prescrizione di legge, anche dell’interesse delle parti e della necessità
di un sollecito svolgimento del lavoro giudiziario.
Procedimento n. 15 - Sentenza del 24 aprile 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Limitato numero di udienze e di sentenze
malgrado la notevole pendenza di affari - Sussistenza dell’illecito Mancanza del cancelliere - Attenuazione di responsabilità.
Costituisce violazione dell’art. 18 in relazione all’art. 14 r.d.l. 31
maggio 1946, n. 511, e quindi illecito disciplinare, il comportamento
del magistrato il quale — per oltre due anni — tenga un numero
assai limitato di udienze civili e non emetta alcuna sentenza in detta
materia, nonostante la notevole pendenza di affari. Né il
comportamento è giustificato dal fatto che detto magistrato, per
mancanza di cancelliere, sia stato costretto a dedicare parte della sua
attività a compiti diversi da quelli propri del magistrato; in questa
ipotesi, peraltro, la responsabilità del magistrato deve considerarsi
attenuata.
Procedimento n. 145 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Deve essere rapportata al carico di lavoro
dell’ufficio ed alla media del lavoro degli altri magistrati addetti
all’ufficio.
Ai fini disciplinari l’operosità di un magistrato deve essere
valutata non in termini oggettivi ed assoluti bensì con riferimento al
carico del lavoro dell’ufficio e comparativamente alla media del lavoro
svolto da tutti i magistrati addetti all’ufficio medesimo.
Procedimento n. 155 - Sentenza del 26 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
352
Doveri del giudice: operosità - Presidente di sezione che per dieci mesi
consecutivi non redige alcun provvedimento giurisdizionale Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’avere il magistrato, nell’esercizio
delle funzioni di presidente di sezione, svolto un lavoro scarso e
inadeguato alle esigenze dell’ufficio, non redigendo alcun
provvedimento contenzioso o camerale per dieci mesi consecutivi:
tale comportamento mal si concilia con il dovere che incombe a tutti
i magistrati, anche investiti di funzioni direttive, di corrispondere alla
pressante richiesta di giustizia, che non può essere fatta gravare
esclusivamente sugli altri magistrati della sezione. Attraverso una
costante mancanza della laboriosità, richiesta ad ogni magistrato,
viene compromesso il prestigio dell’ordine giudiziario ed il fatto
assume maggiore gravità quando lo scarso attaccamento ai propri
doveri e la scarsa sensibilità sono dimostrate da chi dovrebbe dare
il buon esempio nei confronti dei collaboratori.
Procedimento n. 166 - Sentenza dell’11 dicembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Sporadico ritardo nel deposito delle
sentenze, cagionato anche da deficienze del personale ausiliario Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito delle sentenze, se sporadico e riferibile
anche a deficienze nell’organico del personale ausiliario dell’ufficio,
non integra gli estremi di una violazione dei doveri del magistrato,
disciplinarmente rilevante.
Procedimento n. 166 - Sentenza dell’11 dicembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Limitato numero di sentenze redatte a
seguito di scarso carico di processi assegnati - Insussistenza
dell’illecito.
353
Il magistrato, il quale non svolga neanche di fatto funzioni che
comportino il potere di assegnare i procedimenti o di formare i ruoli
di udienza, non merita censura per il numero limitato di sentenze
redatte,ove ciò dipenda esclusivamente dal minor carico di processi
assegnatigli. Non potrebbe, infatti, in tal caso, scorgersi un difetto
di operosità in chi non abbia avuto alcuna possibilità di
autoassegnazione degli affari giudiziari.
Procedimento n. 183 - Sentenza del 16 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Incremento delle pendenze degli affari
presso l’ufficio - Svolgimento di normale attività - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, esercitando le funzioni giudiziarie in un ufficio nel
quale, per motivi diversi, l’arretrato si sia progressivamente
accresciuto, svolga un lavoro che, in condizioni normali, corrisponde
a quello di un magistrato diligente.
Procedimento n. 198 - Sentenza del 17 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie.
Non adempie con diligenza ai suoi doveri di ufficio ed è, quindi,
censurabile in sede disciplinare il magistrato che fornisca un
rendimento assai scarso, per un triennio, determinando un
ingiustificato aumento delle pendenze (sia trascurando la necessaria
sollecitudine nella trattazione degli affari civili, sia omettendo per
lunghi periodi qualsiasi attività istruttoria nei processi penali) e
trascuri completamente il servizio delle tutele, ed inoltre organizzi
male il funzionamento della pretura di cui è titolare non fissando
alcun criterio per la ripartizione del lavoro tra i magistrati addetti.
354
Procedimento n. 198 - Sentenza del 17 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in violazione dei doveri di ufficio, per un lungo periodo abbia
fornito un rendimento assai scarso e comunque inadeguato alle
esigenze dell’ufficio, abbia trascurato la necessaria sollecitudine e
diligenza nella trattazione degli affari, abbia organizzato male il
funzionamento dell’ufficio, abbia determinato un ingiustificato
aumento delle pendenze.
Procedimento n. 220 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Grave ritardo nel deposito dei
provvedimenti - Gravi deficienze di organico - Insussistenza
dell’illecito.
L’inosservanza anche di alcuni mesi dei termini fissati per il
deposito delle sentenze e delle ordinanze civili non costituisce illecito
disciplinare quando sia strettamente connessa ad obiettive condizioni
ostative ambientali di deficienza di organico nonché alle molteplici
funzioni in concreto esercitate, e quando il magistrato non si adegui
e tragga spunto per trascurare i propri doveri da tale situazione, ma
al contrario cerchi di superarla dando il meglio delle proprie energie.
(Nella fattispecie il ritardo, dal quale peraltro non era derivata alcuna
ripercussione sull’andamento del lavoro giudiziario, di tre,sei, nove,
dieci mesi e, in un caso, anche di due anni nel deposito dei
provvedimenti era dipeso da grave carenza dell’organico in relazione
alla grande mole di lavoro sopravvenuto, mentre i magistrati incolpati
avevano ricevuto un elogio scritto dal dirigente dell’ufficio proprio
per la capacità e laboriosità dimostrate).
Procedimento n. 220 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
355
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo dei provvedimenti
civili -Notevole carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare nel comportamento del
magistrato che trascuri l’osservanza dei termini di legge per il deposito
delle sentenze e delle ordinanze in materia civile, una volta accertato
che lo stesso magistrato — anziché adagiarsi su situazioni ambientali
sfavorevoli — abbia cercato, nei limiti consentiti dalla mole eccessiva
di lavoro e dal contestuale svolgimento di più funzioni nella stessa
sede, di superare dando il meglio delle proprie energie.
Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Dati risultanti dai prospetti statistici Insufficienza ai fini delle prove della mancata operosità.
La responsabilità disciplinare del magistrato che per negligenza
nell’adempimento dei doveri d’ufficio non può ritenersi pienamente
provata soltanto dalla esibizione dei prospetti statistici del lavoro da
lui svolto in quanto essi hanno riferimento alla quantità e non anche
alla qualità dello stesso.
Procedimento n. 229 - Sentenza del 2 febbraio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di
sentenze penali - Sussistenza dell’illecito - Attenuazione di
responsabilità per particolari condizioni di salute del magistrato e
dei familiari.
Manca ai suoi doveri di ufficio il magistrato addetto ad una
sezione penale, il quale ometta sistematicamente di osservare, nel
deposito delle sentenze relative ai processi a lui assegnati, il termine
di cui all’art. 151 c.p.p., ritardando tale deposito fino ad oltre un
anno, anche in relazione a processi con imputati detenuti. Le
particolari condizioni di salute e di famiglia che abbiano contribuito
356
a determinare il suddetto comportamento possono valere solo ad
attenuare la colpa del magistrato, ma non a giustificare il notevole
ritardo nella redazione delle sentenze. (Nella fattispecie il magistrato
su 10 sentenze relative a cause decise fra il 27 marzo 1970 e il 26
gennaio 1971 ne aveva depositata alla data del 18 marzo 1971, solo
una, con 10 mesi di ritardo, e delle restanti 9 ne aveva depositata alla
data dell’8 novembre 1971 solo un’altra, con un ritardo di oltre 15 mesi).
Procedimento n. 201 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella istruzione dei procedimenti
e nel deposito delle sentenze - Sussistenza dell’illecito - Particolari
condizioni personali e familiari - Ottimi precedenti di carriera Circostanze attenuanti.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che istruisca con lentezza i procedimenti e depositi un numero di
sentenze molto basso in relazione a quello delle sentenze passate in
decisione. Le particolari condizioni personali e familiari e gli ottimi
precedenti di carriera non possono escludere la responsabilità ma
possono valere come circostanza attenuante.
Procedimento n. 226 - Sentenza del 14 aprile 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Grave ritardo nel deposito delle sentenze
- Grave malattia e erronea valutazione della propria capacità
lavorativa - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia depositato con grave ritardo alcune sentenze e
abbia preso possesso del nuovo ufficio, presso il quale era stato
trasferito, senza aver depositato tutte le sentenze prese in decisione
presso quello precedente, quando tale comportamento sia dovuto,
alla incidenza negativa esercitata sul suo rendimento da una grave
diminuzione del «visus» e da malattia di non lieve entità che lo abbia
357
colpito nel periodo in oggetto, nonché ad una erronea valutazione,
nel rimettere in decisione le cause, del numero di quelle che le sue
condizioni fisiche gli consentivano di definire.
Procedimento n. 95 - Sentenza del 19 maggio 1972 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: operosità - Allontanamento dall’ufficio prima
dell’accoglimento della domanda di congedo da parte del C.S.M. Grave malattia del padre e autorizzazione del dirigente dell’ufficio
- Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che dopo la richiesta di congedo si sia allontanato
dall’ufficio prima dell’accoglimento della detta richiesta da parte del
Consiglio superiore della magistratura, quando tale allontanamento
sia stato motivato dalle gravi condizioni di salute del padre e sia
stato autorizzato dal dirigente dell’ufficio.
Procedimento n. 211 - Sentenza del 2 marzo 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Deposito di sentenze con ritardo;
eccessivo carico di lavoro e svolgimento di cospicuo lavoro Insussistenza - Illecito disciplinare.
Non commette illecito disciplinare il magistrato Presidente di
corte di assise che depositi alcune sentenze in ritardo allorché egli
sia gravato da un eccessivo carico di lavoro (presidente di numerose
udienze anche presso una sezione penale del tribunale; incarico di
commissario aggiunto degli usi civici), abbia svolto nel complesso un
cospicuo lavoro e sia stato per giunta affetto da una serie di infermità.
Procedimento n. 58 - Sentenza del 4 dicembre 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Corte di appello non divisa in sezioni
affidate alla direzione di un presidente - Mancata vigilanza del
358
presidente del collegio sull’osservanza dei termini per il deposito
delle sentenze - Segnalazione del ritardo al primo presidenteInsussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
magistrato, presidente di un collegio di una corte di appello, non
divisa in sezioni affidate a distinti presidenti, responsabili del lavoro
e del suo andamento, che sia limitato a segnalare il ritardo nella
redazione e nel deposito della sentenza da parte del componente del
collegio da lui designato, come estensore, al primo presidente della
Corte, che si sia riservato il controllo del lavoro espletato dai vari
collegi con presidenti da lui di volta in volta designati.
Procedimento n. 58 - Sentenza del 4 dicembre 1973 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Sistematico ritardo nel deposito di
sentenze - Sussistenza di illecito - Attenuazione di responsabilità
per particolari condizioni di salute.
Commette illecito disciplinare il magistrato che non redige o
deposita con un notevole ritardo le sentenze a lui affidate, nonostante
ripetuti solleciti. Le particolari condizioni di salute che abbiano
eventualmente contribuito a determinare il suddetto comportamento
possono valere ad attenuare la colpa del magistrato, ma non a
giustificare il ritardo non potendosi riscontrare in esse gli estremi
della forza maggiore, sia perché il ritardo è risultato essere abituale
e sia perché l’incolpato avrebbe dovuto avvalersi del rimedio della
aspettativa. (Nella fattispecie il magistrato, che non aveva redatto o
aveva depositato con ritardo numerose sentenze, aveva omesso di
estendere una decisione per lungo tempo, sicché il deposito della
medesima, previa estensione da parte di altro magistrato che aveva
presieduto il collegio, era avvenuto con 34 mesi e 18 giorni di ritardo
e poco prima della prescrizione dei reati nella medesima considerati).
Procedimento n. 248 - Sentenza del 3 aprile 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Deposito dei provvedimenti con notevole
359
ritardo - Inagibilità della sede dell’ufficio per trasferimento Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
procuratore della Repubblica che abbia ritardato di molti mesi
nell’espletamento delle istruttorie e nella formulazione delle richieste
relative a procedimenti penali in corso di istruzione formale, quando
tale ritardo sia obiettivamente imputabile al ritardo verificatosi in
occasione del trasferimento della sede dell’ufficio, nonché al carico
di lavoro dell’ufficio stesso.
Procedimento n. 261 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di una sentenza Ricorso di particolari circostanze - Fattispecie - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di una
sola sentenza, se risultino accertati, oltre la unicità del fatto, la non
gravità del ritardo (60 giorni), l’assenza di conseguenze dannose per
le parti, le non perfette condizioni di salute dell’incolpato, il proficuo
e discreto lavoro concomitante, la diligente ed accurata motivazione
della sentenza.
Procedimento n. 98 - Sentenza dell’8 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Organizzazione dei servizi e deposito
tempestivo delle sentenze - Valutazione dell’operosità con
riferimento al carico di lavoro dell’ufficio e alla media del lavoro
svolto nello stesso - Insussistenza dell’illecito.
Tra i doveri del giudice sono da annoverare, in primo luogo,
quelli della diligenza e dell’operosità. La violazione di essi, quando
rende il magistrato immeritevole della fiducia e della stima di cui
deve godere, ovvero quando compromette il prestigio dell’ordine
giudiziario, costituisce illecito disciplinare. In tale prospettiva, il
dirigente deve dimostrare impegno sia nel sovraintendere ai vari
360
servizi che gli sono commessi dalla legge e dall’ordinamento, sia nel
redigere i provvedimenti giurisdizionali (vedi dec. 14 marzo 1964) e
gli scarsi risultati dell’attività di direzione, vigilanza e organizzazione
di un tribunale possono trovare giustificazione solo quando siano, in
prevalenza, da attribuirsi alle condizioni di salute del magistrato (ved.
dec. 11 dicembre 1969), ovvero alla sua scarsa attitudine dirigenziale
(ved. dec. cit. 14 marzo 1964). A loro volta, i giudici mancano ai
propri doveri e sono censurabili in sede disciplinare, quando
depositino sistematicamente con notevole ritardo le sentenze (ved.
dec. 10 giugno 1961, 7 ottobre 1961, 15 giugno 1963, 20 febbraio
1967, 15 aprile 1967, 20 febbraio 1969) ritenendosi notevole quel
ritardo che ammonti a 6, 10, 12,15, 17 mesi.
Va peraltro ritenuto che ai fini disciplinari l’operosità di un
magistrato deve essere valutata non in termini oggettivi ed assoluti,
bensì con riferimento al carico del lavoro dell’ufficio e
comparativamente alla media del lavoro svolto da tutti i magistrati
addetti all’ufficio medesimo (ved. dec. 12 giugno 1969).
Procedimento n. 65 - Sentenza del 25 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di una sentenza Ricorso di motivi di salute - Insussistenza della prova della colpa.
Non può ritenersi raggiunta la prova della negligenza e quindi
della colpa del magistrato, se l’addebitato ritardo nella redazione e
nel deposito di un provvedimento giurisdizionale, non appare
riconducibile ad incuria o trascuratezza dei doveri del proprio ufficio,
ma ad una comprovata ragione di salute che può avere influito sulla
efficienza lavorativa del magistrato, dotato, peraltro di cultura e
preparazione tecnica (il provvedimento di cui alla contestazione
aveva una motivazione diffusa e approfondita) e dimostratosi, in
altri periodi, di peculiare operosità, unita a zelo e a diligenza
economiabili.
Procedimento n. 320 - Sentenza del 18 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
361
Doveri del giudice: operosità - Grave ritardo nell’espletamento di
un’istruttoria sommaria - Conseguenze lesive delle aspettative della
parte civile in relazione all’intervenuta prescrizione del reato Sussistenza dell’illecito.
Manca ai doveri del proprio ufficio e commette, pertanto, illecito
disciplinare il sostituto procuratore che, delegato per una sommaria
istruzione a soli quattordici giorni dal fatto, si limita, nei quattro
anni successivi, a delegare ai pretori del circondario il compimento
di atti istruttori relativi all’audizione di alcuni testi, lasciando
decorrere inutilmente, tra l’una e l’altra rogatoria, periodi di non lieve
durata e che protrae la sua inerzia, dopo l’espletamento dell’ultima
rogatoria, per altri dieci mesi, fino alla richiesta della formale
istruttoria, specie se gli effetti di tale negligente condotta, per
l’intervenuta prescrizione del reato, hanno avuto conseguenze lesive
delle legittime aspettative della parte civile.
Procedimento n. 320 - Sentenza del 18 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Omissione di attività istruttoria Conseguente prescrizione del reato- Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore della Repubblica che, per quasi quattro anni, anziché compiere personalmente
atti istruttori, deleghi per essi i pretori del circondario, e determini
così l’estinzione per prescrizione del reato.
Procedimento n. 331 - Sentenza del 1 luglio 1975 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria Conseguente prescrizione del reato- Gravosità del carico di lavoro
svolto con lodevole impegno - Esclusione dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere ritardato nell’attività
istruttoria relativa ad un reato, con conseguente prescrizione del
medesimo, ove si tratti di un episodio isolato nel quadro di un’attività
362
lodevole per solerzia, continuità, diligenza ed impegno, tale da lasciare, per la gravosità del carico di lavoro, margini molto esigui di
tempo.
Procedimento n. 340 - Sentenza dell’11 novembre 1975- Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: operosità - Scarso rendimento dovuto alle esigenze
di inserimento in un nuovo ufficio - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che in oltre sei
mesi abbia redatto solo 5 sentenze civili e 16 ordinanze, pur avendo
ritenuto in decisione nello stesso periodo 55 cause civili, qualora il
ritardo sia ascrivibile a problemi di carattere organizzativo dovuti
all’inserimento.
Procedimento n. 378 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - P.M.- Tardiva definizione di istruttoria
penale - P.M. - Fattispecie - Esclusione dell’illecito disciplinare.
Il ritardo nella definizione di una istruttoria penale non
costituisce di per sé illecito disciplinare dovendo tale comportamento
essere valutato anche in relazione all’impegno complessivamente
posto nell’espletamento dell’istruttoria con riferimento alla generale
e specifica realtà giudiziaria ed al carico di lavoro dell’ufficio alla
ripresa delle ferie.
Procedimento n. 384 - Sentenza del 4 maggio 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Deposito tardivo di sentenze civili Ricorrenza di cause di giustificazione- Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
363
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che depositi con notevole ritardo numerose sentenze civili
allorquando ricorrano valide cause di giustificazioni, quali
l’espletamento del carico di lavoro notevolmente superiore a quella
dei colleghi, nonché lo stato di malattia (manifestazioni artrosiche)
idonee ad incidere negativamente sulla puntualità del rendimento per
le inevitabili pause di lavoro in concomitanza della fase di
acutizzazione morbosa.
Procedimento n. 343 - Sentenza del 6 maggio 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Deposito tardivo di sentenze civili Espletamento di rogatorie penali con ritardo - Sussistenza
dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che deposita con carattere di sistematicità e globalità numerose
sentenze civili in ritardo ed espleta, altresì, con ritardo numerose
rogatorie penali.
Procedimento n. 346 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato il quale depositi con ritardo, in un determinato periodo,
le minute delle sentenze civili allorquando ricorrano valide cause di
giustificazione, quali la mole e la qualità di lavoro svolto, la privazione
della necessaria tranquillità e la riduzione in modo obiettivo delle
possibilità di lavoro per l’alterazione dell’equilibrio familiare
dipendente da serie ragioni di salute (vari interventi chirurgici per
incidente d’auto) del coniuge.
364
Procedimento n. 349 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Prova
del fatto e della responsabilità - Incertezza - Formula assolutoria
- Insufficienza di prove.
Nell’ipotesi di ritardo nel deposito delle sentenze, il carico e le
modalità di lavoro (presidenza di collegi penali, mansioni di giudice
a latere in corte d’assise) e la scarsa attendibilità della esattezza di
dati della cancelleria determinano incertezza sulla consistenza e la
rilevanza dell’addebito sicché deve adottarsi la formula assolutoria
dubitativa.
Procedimento n. 350 - Sentenza del 24 giugno 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Deposito tardivo di sentenza penale Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che depositi con ritardo di sette mesi una sentenza da lui
emessa come presidente di Corte d’assise allorquando ricorrano valide
cause di giustificazione, quali una sindrome psico-astenica transitoria
determinata da ragione di malattia del magistrato e della di lui moglie,
dall’epidemia colerica nella zona e dal tramutamento di funzioni,
nonché la normale laboriosità e puntualità dell’incolpato, sicché il
tardivo deposito si pone come espressione di un comportamento
circoscritto nel tempo e non imputabile a negligenza.
Procedimento n. 370 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Mancato espletamento di atto istruttorio
con conseguente prescrizione di reato - Cause di giustificazione Insussistenza dell’illecito disciplinare.
365
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, nell’espletamento di attività istruttoria, abbia dato
causa alla prescrizione del reato, allorquando ricorrono particolari
cause di giustificazione, quali, da un lato, la situazione generale
dell’ufficio ed, in particolare, il rilevante carico di lavoro assegnato
all’incolpato e, dall’altro, la sua accertata laboriosità e l’impegno
dimostrato nel vano tentativo di evitare la prescrizione.
Procedimento n. 359 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze. Insorgenza di malattia fisio-psichica - Mancanza dell’elemento
internazionale - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non commette illecito disciplinare, per carenza dell’elemento
intenzionale, il magistrato che, sistematicamente, nel corso di circa
dieci mesi, depositi con ritardo le minute delle sentenze civili,
nonostante ripetuti solleciti, dopo una normale ed apprezzata
attività, in coincidenza dell’insorgere di «sindrome nevroticodepressiva».
Procedimento n. 385 - Sentenza del 18 novembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Omesso espletamento di istruttoria in
procedimenti penale - Ricorrenza di causa di giustificazione Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che trattenga nel suo ufficio per quattro anni un
procedimento senza espletare alcun atto istruttorio, trasmettendolo
quindi per competenza al pretore quando già si è verificata la
prescrizione del reato, allorquando vi è la ricorrenza di valide cause
di giustificazione, quali la produttività dell’incolpato superiore a
quelle dei colleghi dell’ufficio, le gravose e varie incombenze
dell’ufficio, necessariamente graduabili in relazione all’urgenza ed alla
366
gravità dei processi, le deficienze strutturali e di personale dell’ufficio,
la successiva derubricazione del reato denunziato.
Procedimento n. 380 - Sentenza del 25 novembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo sistematico nel deposito delle
sentenze - Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza
dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che provveda con ritardo al deposito di numerose sentenze,
allorquando ricorrano valide cause di giustificazione, quali le
condizioni di famiglia e di salute del magistrato, le gravi deficienze
di organico, lo svolgimento da parte dell’incolpato di un’attività da
considerarsi normale in rifermento alla qualità ed alla quantità del
lavoro prestato ed alla media del lavoro svolto dai colleghi ed, altresì,
la esemplare diligenza nel motivare ampiamente le decisioni e la
assiduità in ufficio, anche in momenti di particolare difficoltà.
Procedimento n. 400 - Sentenza del 24 febbraio 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Omessa evasione di procedimenti penali
- Mancata formulazione di richieste o requisitorie al giudice
istruttore - Omesso espletamento di rogatorie - Ricorrenza di
particolari condizioni - Esclusione dell’illecito disciplinare.
Non configura illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che lasci inevasi numerosi procedimenti penali iniziati da
più anni, trattenga per molti anni numerosi procedimenti, trasmessigli
dal giudice istruttore senza formulare richiesta o requisitoria,
trattenga per oltre un anno, senza evaderli, procedimenti in rogatoria,
allorquando concorrono particolari cause di giustificazione e cioè da
un lato la carenza di organico dell’ufficio, aggravata da un notevole
ruolo di lavoro, dall’altro, la laboriosità e la normale diligenza del
magistrato.
367
Procedimento n. 402 - Sentenza del 21 aprile 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze e di
ordinanze - Cause di giustificazione - Illecito disciplinare Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il tardivo deposito di sentenze
ed ordinanze allorquando vi è concorrenza di valide cause di
giustificazione, quali l’eccezionalità e l’episodicità dei ritardi, gravi
ragioni di salute del magistrato, che hanno rallentato il ritmo del
lavoro, una pesante situazione familiare dovuta a lunga malattia del
coniuge ed a penose vicende coniugali di figli, la naturale onerosità
del lavoro, il particolare impegno richiesto dalle questioni decise con
i provvedimenti emessi in ritardo.
Procedimento n. 389 - Sentenza del 5 maggio 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Tardivo deposito di sentenze civili Ricorrenza di cause di giustificazione gravi ed eccezionali Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che depositi con notevole ritardo numerose sentenze civili allorquando ricorrano valide cause di giustificazione, quali la grave e lunga
malattia del figlio, poi deceduto, bisognoso di assistenza, particolarmente notturna, con conseguente alterazione dell’equilibrio di vita
individuale e familiare; condizioni fisiche e psichiche del magistrato
deteriorate anche per sua affezione patologica; il contemporaneo
espletamento di una mole di lavoro pressoché corrispondente alla
media dei magistrati dello stesso ufficio; la mancanza nel dirigente e
nei colleghi di ufficio di forme di opportuna redistribuzione del lavoro,
almeno nel periodo di maggior disagio del magistrato.
Procedimento n. 364 - Sentenza del 14 luglio 1978 - Pres.
Bachelet.
368
Doveri del giudice: operosità - Macroscopico ritardo nella trattazione
dell’istruttoria con conseguente prescrizione di reati - Sussistenza
dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, ritardando la trattazione di due istruttorie penali, determina con
la sua inerzia la prescrizione di reati.
Procedimento n. 377 - Sentenza del 30 settembre 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Tardiva definizione di procedimento
penale - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, a sei anni di distanza dalla data di commissione del reato, non
definisce un procedimento penale per lesioni colpose gravissime,
nonostante ripetute istanze delle parti lese (nei successivi gradi del
giudizio è sopravvenuta la prescrizione del reato).
Procedimento n. 364 - Sentenza del 14 luglio 1978 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Tardivo deposito di sentenze civili e penali
- Ritardo nell’emanazione di provvedimenti nelle procedure
esecutive immobiliari - Difetto di controllo delle attività dei curatori
fallimentari - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che depositi con ritardo in più anni numerose sentenze civili e penali,
ritardi l’emanazione dei provvedimenti nelle procedure esecutive
immobiliari determinandone l’aumento delle pendenze — nonostante
la diminuzione delle sopravvenienze — ometta il controllo dell’attività
dei curatori quale giudice delegato ai fallimenti.
369
Procedimento n. 416 - Sentenza del 20 luglio 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Mancato espletamento di attività
istruttoria con conseguente prescrizione di reato - Cause di
giustificazione - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non configura illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che ometta l’espletamento di attività istruttorie con
conseguente prescrizione di un reato allorquando concorrono
particolari cause di giustificazioni, quali le condizioni ed il carico di
lavoro (organico dei magistrati scoperto di un terzo, mancanza di
ausiliari), la laboriosità del magistrato, l’imprevedibile derubricazione
del reato in ipotesi meno grave.
Procedimento n. 416 - Sentenza del 7 dicembre 1979 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Mancato espletamento di attività istruttoria con conseguente prescrizione di reato - Cause di giustificazione- Prova insufficiente - Assoluzione con formula dubitativa.
Il magistrato che, nella qualità di giudice istruttore penale non
compia, per lungo periodo di tempo, alcun atto processuale,
provocando, nei gradi successivi, la prescrizione del rato, deve essere
assolto con formula dubitativa, qualora sussista il serio dubbio che
una grave malattia accertata in epoca successiva (adenocarcinoma
papillare della tiroide) fosse già insorta nel periodo di tempo in cui
venne posto in essere il comportamento negligente oggetto del
procedimento disciplinare.
Procedimento n. 426 - Sentenza del 25 gennaio 1980 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Tardiva definizione dei procedimenti per
espletamento di attività istruttoria senza la necessaria tempestività
- Ricorrenza di particolari condizioni - Insussistenza dell’addebito.
370
Non configura illecito disciplinare il comportamento del magistrato che determini gravi ritardi nella definizione delle istruttorie
a lui affidate svolgendo l’attività istruttoria senza la necessaria
tempestività allorquando l’eccessiva lentezza nell’espletamento del
lavoro giudiziario sia stata la conseguenza dell’inesperienza iniziale
di fronte al peso di un numero rilevante di processi e delle più svariate
incombenze.
Procedimento n. 417 - Sentenza del 12 febbraio 1980 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Deposito di sentenze civili con sistematico
e non giustificabile ritardo - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che deposita numerose sentenze civili con sistematico e non
giustificabile ritardo;
Procedimento n. 419 - Sentenza dell’8 febbraio 1980 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: operosità - Giudice istruttore - Definizione non
tempestiva di istruttoria penale per tardiva contestazione del reato
con conseguente prescrizione dello stesso - Accidentalità ed unicità
del comportamento - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che in un quadro di attività lodevole, continuativa e
diligente, specie se confrontata con il carico di lavoro dell’ufficio (di
istruzione penale) a lui affidato ed alla sostanziale mancanza di aiuto
da parte di altri magistrati, ometta di definire con la necessaria
tempestività una istruttoria penale, ritardando di provvedere alla
contestazione del reato che conseguentemente cade in prescrizione.
Procedimento n. 425 - Sentenza del 23 maggio 1980 - Pres.
Zilletti.
371
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Ricorrenza di particolari circostanze - Insussistenza dell’illecito
disciplinare;
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato il quale, in precedenza capace, laborioso e diligente per
complicanze successive ad intervento operatorio, e per il conseguente
stato di prostrazione fisio-psichica, depositi in ritardo numerose
sentenze civili a lui affidate per la redazione.
Procedimento n. 433 - Sentenza del 20 giugno 1980 - Pres. Zilletti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Riconoscenza di particolari circostanze - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare, mancando il requisito della
sistematicità, il comportamento del magistrato che, oberato di
notevole mole di lavoro anche per la molteplicità degli incarichi
espletati, in condizioni di salute menomate, depositi, con notevole
ritardo, di alcuni anni, sentenze civili a lui affidate per la redazione.
Procedimento n. 15/80 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres.
Zilletti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di numerose sentenze
civili e penali - Sistematicità del comportamento - Sussistenza
dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che sistematicamente e per un congruo periodo di tempo depositi
con ritardo sentenze civili e penali.
Procedimento n. 434 - Sentenza del 31 ottobre 1980 - Pres.
Zilletti.
372
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Ricorrenza di particolari circostanze - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, esemplare per preparazione, puntualità ed operosità,
durante un breve periodo di stanchezza depositi con ritardo alcune
sentenze civili senza che ciò abbia determinato riflessi negativi esterni
(lagnanze da parte dell’ambiente forense).
Procedimento n. 435 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Omissione di deposito di provvedimenti in processi civili ritenuti
in decisione - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che depositi con notevole ritardo sentenze civili ed ometta di
depositare i provvedimenti relativi a processi civili ritenuti in
decisione nel corso del precedente triennio.
Procedimento n. 431 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Doveri del giudice: operosità - Attribuzione ai difensori dell’incarico di
redigere le motivazioni delle sentenze in materia di cessazione degli
effetti civili del matrimonio - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del presidente
del Tribunale che affidi ai difensori delle parti la redazione della parte
motiva delle sentenze in materia di cessazione degli effetti civili del
matrimonio, sulla base di schemi predisposti dallo stesso magistrato;
Procedimento n. 32/81 - Decisione del 23 ottobre 1981 - Pres.
De Carolis.
373
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Ricorso
di motivi di salute - Espletamento di altri incarichi - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze civili quando non sia riconducibile ad incuria o trascuratezza
dei doveri d’ufficio, ma a comprovate ragioni di salute ed
all’espletamento di vari incarichi quali la cura delle esecuzioni
immobiliari, e sempre che la complessiva produttività del magistrato
non risulti carente, sicché il ritardo debba ricollegarsi piuttosto a
disorganizzazione del lavoro che ad inoperosità.
Procedimento n. 33/81 - Sentenza del 23 ottobre 1981- Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Complessivo aumento della produttività - Grave malattia del padre
dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze quando non sia riconducibile ad incuria o trascuratezza dei
doveri d’ufficio, ma ad una mera disorganizzazione del lavoro peraltro
concomitante con un complessivo aumento della produttività ed al
concorrere di una grave malattia del padre dell’incolpato.
Procedimento n. 26/81 - Sentenza del 13 novembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria Conseguente prescrizione di reati - Gravosità del carico di lavoro
e dell’arretrato - Particolare impegno di lavoro - Esclusione
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere il magistrato, a fronte
di un pesante arretrato di lavoro ed in una situazione di organico
fortemente carente anche a livello di segreteria, privilegiato i nuovi
374
procedimenti rispetto alle denunce più risalenti per le quali riteneva
spenti o irrimediabilmente persi gli elementi di prova, con ciò
causando l’estinzione per prescrizione di non pochi procedimenti,
allorché risulti un suo particolare impegno di lavoro complessivo.
Procedimento n. 284/422 - Sentenza dell’11 dicembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie costituente illecito disciplinare.
Multiformi ed univochi manifestazioni di disordine e
trascuratezza nel lavoro, incuranza degli interessi delle parti e del
loro diritto ad ottenere la decisione delle cause, omessa
considerazione del diritto del pubblico ministero in ordine alla
impugnazione delle sentenze penali, rifiuto di sottostare al potere di
vigilanza costituiscono gravi irregolarità meritevoli di sanzioni
disciplinari specie se, tenuto conto delle statistiche di lavoro svolto
dall’incolpato prive di particolarità positive, non sia dato spiegarle
con un eccessivo onere lavorativo.
Procedimento n. 37/81 - Sentenza del 22 gennaio 1982 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Contestuale svolgimento di altri gravosi incarichi - Insussistenza
dell’illecito.
Il ritardo nel deposito delle sentenze che riguardi una ridotta
percentuale di quelle stese e che sia massimo per una trascurabile
parte di queste, non costituisce illecito disciplinare quando l’incolpato
abbia contestualmente svolto numerosi altri gravosi incarichi quali:
la sostituzione del Presidente capo anche in periodo di vacanza della
sede protrattasi per più di un anno; l’assegnazione alla sezione
fallimentare e alle commissioni tributarie; l’attività di camera di
consiglio e l’organizzazione e conduzione della sezione lavoro di
nuova istituzione.
375
Procedimento n. 43/81 - Sentenza del 29 gennaio 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Valutazione dell’operosità - Insussistenza dell’illecito.
Ai fini disciplinari l’operosità deve essere valutata non in termini
oggettivi e assoluti bensì con riferimento al carico di lavoro e
comparativamente alla media del lavoro svolto da tutti i magistrati
addetti allo stesso ufficio.
Procedimento n. 62/81 - Sentenza dell’11 giugno 1982 - Pres.
Galasso;
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di un numero
limitato di sentenze - Insussistenza dell’illecito.
Il ritardato deposito di tredici sentenze da parte di magistrato
sempre laborioso e puntuale, quando non sia né volontario né
colpevole, costituisce un fatto che per la sua eccezionalità non integra
illecito disciplinare.
Procedimento n. 30/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Carico di lavoro svolto - Sussistenza
dell’illecito.
Il carico di lavoro svolto dal magistrato, da valutare tenendo
conto dei generali criteri comparativi e dello specifico lavoro
assegnatogli, è insufficiente ai fini disciplinari quando la soglia
dell’attività lavorativa dell’incolpato sia al di sotto di quella minima
richiesta, nelle condizioni date, ad un magistrato che usi l’ordinaria
diligenza nell’esercizio della propria funzione.
376
Procedimento n. 30/81 - Sentenza del 18 giugno 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Assenteismo - Certificazione medica
giustificativa - Sussistenza dell’illecito.
La semplice presentazione di certificazione medica non esclude
la responsabilità disciplinare, quando dall’insieme delle assenze e
dalle circostanze concrete che le accompagnano appare evidente la
pretestuosità delle ragioni di salute addotte, tanto più se è lo stesso
incolpato ad ammettere la propria disaffezione al lavoro nel periodo
in contestazione.
Procedimento n. 18/82 - Sentenza del 19 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Notevole
carico di lavoro svolto - Peculiari situazioni personali dell’incolpato
- Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze se determinato non da
colpevole negligenza, ma dal notevole carico di lavoro affidatogli e
da precarie condizioni di salute dell’incolpato e del suo coniuge, non
è censurabile disciplinarmente.
Procedimento n. 28/82 - Sentenza del 26 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella formulazione di richieste
istruttorie - Lunga stasi processuale - Concreto impedimento allo
svolgimento di indagini istruttorie - Negligenze censurabili disciplinarmente.
L’inerzia nella formulazione di richieste istruttorie, protrattasi
per quasi tre anni, e per di più relativa ad un processo che per le
circolanti voci di coinvolgimento di figli di autorità locali avrebbe
377
imposto una maggiore diligenza al fine di fugare i sospetti su
intendimenti di insabbiamento e di sviamento delle indagini
costituisce grave violazione disciplinare.
Tale inerzia che di fatto si traduce in impedimento dell’attività
istruttoria non trova giustificazioni: né nell’intento di attendere la
scoperta di nuovi elementi, giacché l’attesa miracolistica di
accadimenti è situazione estranea alla logica ed al processo, al quale
giova certamente di più la ricerca accurata e puntigliosa di elementi
che possono scoprire situazioni quanto meno di sospetto; né
nell’intento di evitare contrasti con l’ufficio istruzione seguendo
un’opinione in tal senso espressa dal procuratore generale, giacché
l’opinione di un procuratore generale non può indirizzare il
comportamento di un procuratore della Repubblica, risolvendosi
l’unità dell’ufficio nell’ambito della sola procura della Repubblica con
posizione esclusivamente di controllo del procuratore generale; né
nella mancata verificazione di un danno per il ritardo per essersi
conclusivamente affermata la valutazione processuale sostenuta
dall’accusa, giacché questa valutazione ex post non era prevedibile in
anticipo, così come non è dato prevedere quali risultati sarebbero
emersi da una indagine complessivamente sollecita ed efficiente.
Procedimento n. 24/82 - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Onerosità del carico di lavoro complessivo - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di
sentenze giustificato da un carico di lavoro imponente.
Procedimento n. 24/82 - Sentenza dell’11 gennaio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Laboriosità complessiva - Insussistenza dell’illecito.
378
Nessun addebito disciplinare può muoversi al magistrato per il
ritardo nel deposito di sentenze quando lo stesso ritardo, per la
complessiva laboriosità dell’incolpato, non sia riconducibile a sua
colpevole negligenza.
Procedimenti nn. 42 e 47/81 - Sentenza del 14 gennaio 1983 Pres. Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Lavoro
complessivo intenso e produttivo - Insussistenza dell’illecito.
Di per sé il solo ritardo nel deposito delle sentenze non costituisce
illecito disciplinare, sempre che le altre risultanze del lavoro,
obiettivamente apprezzabili in assoluto e comparabili con il carico
sopravvenuto, siano tali da far concludere favorevolmente per
l’incolpato.
Procedimento n. 27/82 - Sentenza del 25 febbraio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Lavoro
complessivo largamente soddisfacente - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di
sentenze da parte di magistrato onerato da un notevole carico
complessivo di lavoro al quale ha fatto fronte in misura largamente
soddisfacente.
Procedimento n. 45/81 - Sentenza dell’11 marzo 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Criteri valutati.
L’attività lavorativa del magistrato va apprezzata con riferimento
ai procedimenti trattati e non a quelli pervenuti all’ufficio; non può
pertanto affermarsi che l’aumento di produttività, ma va ribadita
379
l’esigenza di trattare con assoluta precedenza e massimo impegno
quei procedimenti sopravvenuti che lo esigono per la loro particolare
gravità.
Procedimento n. 10/81 - Sentenza del 25 marzo 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizioni di reati - Valutazione
dell’attività complessiva dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
Ai fini disciplinari i procedimenti penali prescritti non presentano
una rilevanza autonoma, ma devono essere valutati nel quadro
dell’attività complessiva del magistrato. Non sussiste l’illecito quando
detta attività fornisca adeguata giustificazione del perché si siano
verificate le pronunce di prescrizione, evidenziando altresì un
rendimento dell’incolpato sicuramente conforme a quello medio dei
colleghi ed una qualità del lavoro tale da arricchire il puro dato
statistico.
Procedimento n. 42/82 - Sentenza dell’8 aprile 1983 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Il pretore che nell’arco di tre anni ha tenuto 26 udienze civili (a
fronte delle quattro mensili previste in calendario) con una resa di
43 sentenze complessive e 8 udienze penali (a fronte delle due mensili
previste in calendario) con la pronuncia di novantanove sentenze
complessive, commette illecito disciplinare anche se l’ufficio ricoperto
si caratterizza per un carico di lavoro non eccessivo.
Procedimento n. 46/81 - Sentenza del 29 aprile 1983 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reati - Carico di lavoro
notevole - Insussistenza dell’illecito.
380
I fatti di prescrizione del reato vanno considerati nel quadro
complessivo del lavoro svolto dall’incolpato e delle condizioni di
espletamento del lavoro medesimo. non sussiste illecito disciplinare
— in mancanza di singoli procedimenti relativi a reati di tale gravità
e rilevanza da giustificare comunque un addebito di negligenza nel
caso di prescrizione — quando risulti di notevole mole il lavoro
complessivo svolto e di rilevante carenza la situazione dei servizi di
cancelleria.
Procedimento n. 12/83 - Sentenza del 15 luglio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Consistente mole di lavoro complessivo svolto - Precarie condizioni
fisiche dell’incolpato - Deficienze strutturali dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di
sentenze quando sia giustificabile in ragione della mole di lavoro
complessivamente svolto dall’incolpato in condizioni fisiche personali
non favorevoli, a causa di grave infermità, e nell’ambito di un ufficio
in seria difficoltà per carenze di organico.
Procedimento n. 14/82 - Sentenza del 16 dicembre 1983 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Definizione di un numero minimo di
processi da parte di un giudice istruttore penale - Causa di
giustificazione.
Il magistrato investito delle funzioni di giudice istruttore penale
il quale abbia ingiustificatamente definito un numero minimo di
processi penali, omettendo di trattare anche procedimenti per reati
di modesta entità facilmente esauribili, è scriminato dall’aver versato
in condizioni di salute tali (stato depressivo) da ingegnere un circuito senza soluzione tra la visione esagerata delle proprie responsabilità e l’insorgere o l’accrescersi del processo depressivo che si
381
ingigantisce con il permanere dell’assunzione delle responsabilità
medesime.
Procedimento n. 4/83 - Sentenza del 16 marzo 1984 - Pres. Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Esimente.
La negligente trattazione di un procedimento penale per reato
non particolarmente grave che provochi la prescrizione dello stesso
non assume rilievo disciplinare quando sia giustificato dal notevole
lavoro complessivo dell’incolpato, versante per di più in precarie
condizioni di salute ed in una delicata situazione familiare sfociata
nella cessazione di convivenza con gli stretti congiunti.
Procedimento n. 11/80 e 6/83 - Sentenza del 25 maggio 1984 Pres. De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Sussistenza all’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato addetto ad un ufficio
di Pretura che nell’arco di sei mesi emetta soltanto 32 sentenze penali,
24 civili e sei decreti penali, limitando la sua presenza in ufficio dalle
ore 9,30 alle ore 12,30.
Procedimento n. 10/84 - Sentenza del 28 settembre 1984 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di
numerose sentenze civili - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di numerose
sentenze civili talmente consistente da non essere giustificabile
neppure con un servizio discontinuo della cancelleria scarsamente
incidente sull’attività di redazione delle sentenze civili.
382
Procedimento n. 23/84 - Sentenza del 12 ottobre 1984 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenza Onerosità del lavoro complessivo - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Il ritardo nel deposito di sentenze civili, che non risulti abbia
dato luogo a lagnanze, può considerarsi giustificato quando
l’incolpato abbia svolto un lavoro complessivamente notevole.
Procedimento n. 49/83 - Sentenza del 16 novembre 1984 - Pres. Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Onerosità complessiva del carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di
numerose sentenze civili quando non sia dovuto a negligenza o
trascuratezza, ma sia giustificato da un onere complessivo rilevante
del lavoro giudiziario.
Procedimento n. 1/84 - Sentenza dell’8 febbraio 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza dell’illecito.
Quando per la pluralità dei ritardi e per la loro consistenza
temporale può ritenersi che l’incolpato abbia elevato a metodo di
lavoro l’irregolare differimento del deposito delle sentenze, non può
ritenersi valida giustificazione l’elevato indice di laboriosità dello
stesso magistrato.
Procedimento n. 8/84 - Sentenza del 15 febbraio 1985 - Pres.
Guizzi.
383
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
di giustificazione.
Il ritardo nel deposito di tutte le sentenze assegnate al magistrato
non è disciplinarmente rilevante quando il numero complessivo delle
sentenze redatte sia nella media e comunque vicino a quello dei
colleghi di sezione, e quando il magistrato, giovane d’età e di anzianità
di servizio, oltre a dover superare difficoltà di inserimento
nell’ambiente di lavoro in sede assai distante da quella nella quale
ha lungo vissuto, ha anche sofferto grave turbamento a seguito della
tragica morte di un fratello,dovendosi altresì tener conto che l’attendibilità di tali giustificazioni è dimostrata dal progressivo miglioramento nel rendimento successivo dello stesso magistrato.
Procedimenti n. 27/84 - Sentenza del 15 febbraio 1985. - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Inerzia biennale nell’attività istruttoria
- Notevole carico complessivo del lavoro - Impegno particolare
dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’aver omesso di compiere
per circa due anni un qualsiasi atto istruttorio in un procedimento
penale quando al magistrato sia stato affidato, oltre all’istruzione dei
processi penali, un apprezzabile carico di processi civili e penali ed
il lavoro complessivo svolto risulta essere stato non indifferente nel
periodo in cui l’omissione addebitata si sia verificata.
Procedimento n. 32/84 - Sentenza del 22 febbraio 1985 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
assegnate in decisione nell’imminenza di un periodo di assenza dal
lavoro - Neutralità di tale periodo rispetto ai termini di deposito.
Il periodo di assenza giustificata dal lavoro non può essere
scomputato rispetto al periodo di ritardo nel deposito di sentenze
384
per cause assegnate in decisione in tempo prossimo all’assenza stessa:
dovrebbe altrimenti giungersi alla conclusione che il tempo trascorso
in congedo straordinario e in aspettativa per motivi di salute sospenda
i termini prescritti per il deposito delle sentenze, il che non è ammissibile.
Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Insussistenza della prospettata causa di giustificazione.
La pendenza di un procedimento disciplinare, peraltro non
particolarmente grave e complesso, può giustificare un’assenza di
qualche giorno o una momentanea inadempienza ai doveri di ufficio,
ma non ritardi gravi e per un periodo di tempo abbastanza ampio,
nell’assolvimento di un obbligo fondamentale per la amministrazione
della giustizia e per la tutela dell’interesse dei cittadini imputati, qual
è quello del puntuale deposito delle sentenze.
Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Sollecito
del dirigente preposto alla vigilanza - Mancata risposta Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze può ritenersi aggravato sul
piano disciplinare quando il magistrato non provvede a porvi rimedio
nonostante il sollecito del dirigente dell’ufficio cui spetta il compito
della vigilanza, ma non è passibile di autonoma sanzione disciplinare
il fatto in sé di non dare riscontro ad una nota di sollecitazione o di
biasimo del dirigente medesimo.
Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De
Carolis.
385
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Scriminante - Pendenza di procedimento disciplinare - Non
giustifica.
La pendenza di un procedimento disciplinare, peraltro non
particolarmente grave e complesso, può giustificare l’assenza di
qualche giorno o una momentanea inadempienza ai doveri d’ufficio,
ma non un ritardo grave nell’assolvimento di un obbligo fondamentale
per l’amministrazione della giustizia e per la tutela dell’interesse dei
cittadini imputati, quale è quello del puntuale deposito delle sentenze.
(Nella specie si contestava all’incolpato il mancato deposito alla data
del 4 aprile 1984 di 54 sentenze penali delle quali diciannove
riguardanti processi decisi da oltre 90 giorni, otto riguardanti processi
decisi da oltre 60 giorni, e sedici concernenti processi decisi da oltre
30 giorni).
Procedimento n. 41/83 - Sentenza del 7 giugno 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Nesso eziologico tra le prescrizioni
verificatesi e l’inerzia dell’incolpato - Cause di esclusione.
Il nesso di causalità materiale tra la prescrizione e l’inerzia del
magistrato può essere escluso solo se:
a) vi sono fatti di terzi, quali la sottrazione o il celamento di
fascicoli o la tardiva presentazione al giudice o l’inesecuzione dei
suoi provvedimenti;
b) sussistono cause di giustificazione obiettive, come l’esecuzione
di disposizioni legittime che determinano il ritardo;
c) manca la colpa del giudice come nel caso di enorme
sproporzione tra il carico di lavoro ed il tempo a disposizione.
(Nella specie la Sezione ha affermato la responsabilità
dell’incolpato ritenendo che lo stesso nei processi pervenuti nell’arco
di tempo intercorrente dalla metà del 1970 ai primi del 1973, con la
sua inerzia, oscillante tra i due anni e più ed i quattro mesi, aveva
provocato numerose prescrizioni).
386
Procedimento n. 18/85 - Sentenza del 12 luglio 1985 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
di giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze ascrivibile non a negligenza o trascuratezza dell’incolpato,
bensì alle sue cattive condizioni di salute, nonché al concomitante
aggravio nel carico di lavoro conseguente ad un’applicazione per tre
giorni presso altra pretura.
(Nella specie l’incolpato aveva nel 1972 depositato 13 sentenze
civili oltre i 90 giorni e 50 sentenze penali con ritardi da 7 mesi a
più di 15 giorni).
Procedimento n. 35/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Causa
di giustificazione.
Il ritardo nel deposito di sentenze non costituisce illecito disciplinare quando sia giustificato dal complessivo, oneroso carico di lavoro dell’incolpato.
(Nella specie il ritardo nel deposito di sentenze di cui dieci oltre
il trentesimo giorno, due oltre sei mesi e le altre oltre il termine di
legge, è stato ritenuto giustificato dal carico di lavoro complessivo
conseguente alle frequenti applicazioni in tribunale degli incolpati
svolgenti funzioni di pretori mandamentali).
Procedimento n. 24/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
di giustificazione.
Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente cen387
surabile quando non può ricondursi a scarsa operosità, ma trova
causa in un oneroso carico di lavoro complessivo ed in una lacunosa
organizzazione strutturale dell’ufficio.
(Nella specie era stato contestato di avere, quale pretore
mandamentale, nell’anno 1977 su un totale di 33 sentenze redatte
depositate n. 6 oltre i 60 gg. e n. 19 oltre i 90 gg.; nell’anno 1978 su
un totale di 55 depositate n. 11 oltre i 30 gg., n. 9 oltre i 60 gg. e n.
16 oltre i 90 gg.; nell’anno 1979 su un totale di 43 depositate n. 4
oltre i 30 gg., n. 3 oltre i 60 gg. e n. 20 oltre i 90 gg.).
Procedimento n. 62/85 - Sentenza del 13 dicembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella redazione di una
requisitoria - Sussistenza di cause di giustificazione - Irrilevanza.
Il protratto ritardo nella redazione di una requisitoria provocato
non da neghittosità dell’incolpato, ma dal notevole carico complessivo
di lavoro non è disciplinarmente rilevante.
(Nella specie una requisitoria, reiteratamente sollecitata dal g.i.,
era stata redatta dopo due anni e quattro mesi dal deposito degli
atti, ma la Sezione ha accertato che il ritardo, oltre che dalla
complessità del procedimento, era stato determinato dal notevole
carico complessivo di lavoro incidente su di un ufficio con organico
insufficiente).
Procedimento n. 5/85 - Sentenza del 7 febbraio 1986 - Pres.
Guizzi.
Doveri del giudice: operosità - Lievi ritardi nel deposito di sentenze Consistente carico di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Non costituiscono illecito disciplinare lievi ritardi nel deposito
di sentenze giustificati da difficoltà oggettive connesse ad un consistente carico di lavoro.
(Nella specie trattavasi del ritardato deposito di sei sentenze civili).
388
Procedimento n. 264/R.G. - Sentenza del 30 maggio 1985 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Assenza - Certificazione medica
giustificativa - Limiti alle attività diverse.
La sussistenza di un’infermità non comporta per il magistrato il
divieto assoluto di impiego delle proprie energie quando esso non
pregiudichi la guarigione. (Nella specie si è ritenuto insussistente
l’illecito disciplinare nel caso di un magistrato in congedo
straordinario per infermità recatosi da Bologna a Palermo per tenervi
una conferenza).
Procedimento n. 54/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Assenza
di cause di giustificazione - Sussistenza dell’illecito.
Il reiterato consistente ritardo nel deposito di numerose sentenze
civili costituisce illecito disciplinare se il magistrato, inserito in un
ufficio senza carenze di organico e di personale ausiliario, non può,
stante il carico di lavoro modesto ed il proprio rendimento al di sotto
della norma, addurre alcun elemento giustificativo.
(Nella fattispecie il magistrato è stato ritenuto responsabile di
avere negli anni 1982/83 depositato 43 sentenze civili con ritardi
oscillanti da un minimo di 93 ad un massimo di 377 giorni).
Procedimento n. 6/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di numerosi reati - Blocco
delle esecuzioni civili - Sussistenza di cause di giustificazione Esclusione dell’addebito.
Sono insuscettibili di rilievo disciplinare sia la prescrizione di
numerosi reati, sia il blocco delle esecuzioni civili per un prolungato
389
periodo di tempo quando non siano effetto della neghittosità
dell’incolpato, ma delle gravi carenze organizzative e di personale
dell’ufficio, nonché della grande mole di lavoro gravante sul
magistrato, circondato da generale apprezzamento per la correttezza
nell’adempimento dei propri doveri, nonostante le cattive condizioni
di salute.
(Nella specie erano state contestate all’incolpato mancate
esecuzioni civili nel periodo 1972/1978 e prescrizioni di reati relativi
a 1.184 procedimenti nel periodo 1972/1983).
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che ritarda il deposito
di sentenze civili in termini oscillanti tra un minimo di 92 ed un
massimo di 330 giorni dopo l’assegnazione a sentenza, tanto più se
l’inadempienza si colloca in un quadro di diminuito afflusso degli
affari civili contenziosi e di sensibile decrescenza del rendimento
complessivo dell’Ufficio.
Procedimento n. 32/86 - Sentenza del 4 luglio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reati conseguenti a
mancata attività processuale - Sussistenza di cause di
giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non può considerarsi censurabile disciplinarmente il magistrato
che esclusivamente a causa delle carenze strutturali dell’ufficio e della
quasi assoluta mancanza di collaboratori non abbia compiuto attività
processuale utile ad impedire l’estinzione per prescrizione di reati.
(Nella specie era stato contestato all’incolpato di aver provocato con
la sua prolungata inattività sessanta declaratorie di estinzione per
prescrizione di reati denunciati nel periodo tra il 1972 ed il 1978).
390
Procedimento n. 25/86 - Sentenza del 18 luglio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Cause
di giustificazione.
Il ritardo nel deposito delle sentenze non è disciplinarmente
rilevante quando esso non sia riconducibile ad incuria nei doveri di
ufficio, ma trovi giustificazione, nella mole del lavoro conseguente
all’espletamento di altri incarichi giudiziari collegati a carenze di
organico, ovvero nelle menomate condizioni fisiche del magistrato.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato che all’incolpato si
addebitava il ritardo nel deposito di un numero cospicuo di sentenze,
ma che rilevantissima era stata l’attività complessiva svolta
nonostante fosse stato vittima di un incidente stradale nel quale
aveva riportato grave frattura cranica, con emorragia sub-aracnoidea
e fratture costali multiple, con conseguente lento recupero della normalità lavorativa).
Procedimento n. 44/86 - Sentenza del 18 settembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Deposito di sentenze con ritardo - Carico
di lavoro svolto - Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente
rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri di ufficio,
ma trovi giustificazione nella mole di lavoro conseguente allo
espletamento di altri incarichi giudiziari collegati a carenze di
organico. (Nella specie era stato contestato il deposito con ritardi
superiori ai novanta giorni ed in alcuni casi all’anno di n. 192 sentenze
su un totale di 538 sentenze redatte nel periodo 1977/1982, ma
l’incolpato oltre a complesse attività camerali e penali tali da non
segnalare una sua carente laboriosità ed operosità, relativamente alla
soglia media dell’attività lavorativa del Tribunale cui era addetto, era
stato anche applicato presso una Pretura).
391
Procedimento n. 6/86 - Sentenza del 26 settembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Mole
di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente
rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri d’ufficio,
ma trovi giustificazione nella mole del lavoro conseguente
all’espletamento di altri incarichi giudiziari collegati a carenze di
organico.
Procedimenti nn. 61/85 e 26/86 - Sentenza del 10 ottobre 1986
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Procurata prescrizione di reati - Causa
di giustificazione.
I procedimenti penali prescritti non presentano una rilevanza
autonoma, ma debbono essere valutati nel quadro dell’attività complessiva del magistrato. Non sussiste l’illecito quando detta attività
fornisca adeguata giustificazione del perché si siano verificate le
prescrizioni, evidenziando un rendimento complessivo dell’incolpato
ed una qualità di lavoro svolto tali da contrastare — sostanzialmente
annullandolo — il rilievo negativo del puro dato statistico concernente
le pronunzie di prescrizione.
(Nella specie la Sezione ha precisato che rilevanti e comprovate
carenze dell’ufficio istruzione del Tribunale cui l’incolpato era addetto
escludevano l’illecito disciplinare avvertendo che a tale conclusione
è peraltro possibile pervenire soltanto quando tra i procedimenti
prescritti non ve ne siano di relativi a reati di tale gravità e rilevanza
da giustificare comunque un addebito di negligenza per l’intervenuta
prescrizione. Poiché nel caso concreto la prescrizione aveva
interessato delitti di omicidio volontario e tentato omicidio, la Sezione
ha ugualmente ritenuto giustificato l’incolpato dal momento che nei
relativi procedimenti erano state compiute attività istruttorie che non
consentirono l’individuazione di presunti responsabili, per cui la
prescrizione ebbe a verificarsi — in buona sostanza — perché lo stesso
392
incolpato, invece di chiudere quei procedimenti per essere rimasti
ignoti gli autori del reato (come avrebbe potuto), aveva preferito
tenerli aperti nella speranza di un qualche nuovo sviluppo).
Procedimento n. 31/85 - Sentenza del 24 ottobre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Aumento delle pendenze e ritardi nel
deposito di provvedimenti - Carico di lavoro svolto - Assenza di
precedente esperienza professionale - Insussistenza dell’illecito.
Quando la complessiva mole di lavoro svolta, in condizioni
ambientali disastrose e senza alcun bagaglio di precedente esperienza
professionale, sia tale da far ritenere lodevole l’impegno dell’incolpato
nell’assolvimento dei suoi compiti di pretore penale nella Pretura
interpersonale assegnatagli, non è disciplinarmente rilevante il
mancato conseguimento di risultati altrettanto positivi nel settore
civile. (Nella specie era stato contestato al pretore l’eccessivo aumento
delle pendenze ed i ritardi nel deposito di provvedimenti sia nel
settore civile che in quello penale, ma la Sezione ha ritenuto in
contrario che solo nel settore civile fossero riscontrabili insufficienze).
Procedimento n. 30/85 - Sentenza del 7 novembre 1986 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Omesse
relazioni per la deliberazione ai sensi dell’art. 276 c.p.c. - Malattia
dell’incolpato - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito di sentenze e le plurime omissioni di
relazioni a sensi dell’art. 276 c.p.c. che non siano addebitabili a
colpevole negligenza dell’incolpato, ma trovino giustificazione nelle
sue precarie condizioni di salute, non sono suscettibili di sanzione
disciplinare.
(Nella specie l’incolpato, risultato diligente nell’espletamento del
servizio nel periodo antecedente e successivo a quello di malattia,
stato depressivo di tipo reattivo, aveva ritardato il deposito di 10
393
sentenze civili ed omesso relazioni a sensi dell’art. 276 c.p.c. in 143
procedimenti nel periodo 24 ottobre 1980 / 17 luglio 1982).
Procedimenti nn. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 novembre 1986
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Particolare e qualificato impegno di lavoro - Insussistenza
dell’illecito.
Un ritardo anche notevole nel deposito di sentenze non
costituisce illecito disciplinare se non riveli scarsa operosità e ridotta
diligenza del magistrato.
(Nella specie l’illecito è stato escluso avuto riguardo alla qualità
e quantità del lavoro complessivo svolto dall’incolpato).
Procedimenti nn. 33/85 e 42/86 R.G. - Sentenza del 21 novembre
1986 - Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze quando non sia sintomatico di neghittosità dell’incolpato
perché giustificato dal carico complessivo di lavoro e da precarie
condizioni di salute dell’incolpato medesimo.
Proc. n. 22/86 - Sentenza del 21 novembre 1986 - Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze penali
- Complessiva gravosità del lavoro svolto - Condizioni fisiche
sfavorevoli - Carenza di organico nell’ufficio - Insussistenza
dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze penali non è di per sé solo
rilevante a fini disciplinari e non integra illecito quando la mole e
394
qualità del lavoro complessivamente svolto, in condizioni fisiche
personali non favorevoli e nell’ambito di un ufficio in gravissime
difficoltà per carenze di organico, siano tali da far ritenere che
l’incolpato abbia usato dell’ordinaria diligenza nell’esercizio della
propria funzione.
(Nella specie è stato in particolare accertato che l’incolpato:
a) nel 1973 aveva redatto 246 sentenze penali (su 916 complessive
del tribunale), depositandone in ritardo 109 di cui 44 con ritardi
aggirantisi da sei mesi ad un anno;
b) nel 1984 aveva redatto 167 sentenze penali (su 783 in totale);
depositandone in ritardo 95, di cui 17 con ritardi aggirantisi da sei
a nove mesi;
c) nel primo semestre del 1985 aveva redatto 86 sentenze penali (su
354 in totale, depositandone in ritardo 11 di cui una dopo oltre un anno).
Procedimento n. 24/86 - Sentenza del 5 dicembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con notevole ritardo di dieci
sentenze penali - Ricorrenza di cause di giustificazione Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze che pure risulti per qualche
caso davvero rimarchevole, non è censurabile disciplinarmente
quando sia episodico, molto limitato percentualmente, non privo di
giustificazioni e non inserito in uno sfondo di scarsa laboriosità
dell’incolpato.
(Nella specie la Sezione ha accertato che l’incolpato era stato
sovraccaricato dal lavoro nel mentre stava recuperando un pesante
arretrato dovuto alle sue condizioni di salute per le quali aveva
usufruito di tre mesi di aspettativa).
Procedimento n. 28/86 - Sentenza del 12 dicembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Sussistenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
395
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze civili quando risulti che l’incolpato ha svolto un volume
complessivo di lavoro di tutto rispetto, anche se comparato a quello
degli altri componenti l’ufficio, ed ha altresì dovuto fronteggiare seri
problemi familiari.
(Nella specie l’incolpato, con funzioni di giudice di una sezione
civile del Tribunale, aveva dal 1980 a tutto il 1983 depositato 39
sentenze civili oltre 180 giorni dalla data di decisione e la sua
produttività era stata la seguente: 184 sentenze nel 1980, 191 nel
1981, 179 nel 1982, 165 nel 1984).
Procedimento n. 30/86 - Sentenza del 23 gennaio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Infermità dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
Non può ritenersi disciplinarmente responsabile il magistrato che
— per effetto di infermità (in ordine alla quale ha puntualmente
richiesto congedo e aspettativa) e nel periodo strettamente limitato
alla durata della stessa — non corrisponde in modo puntuale ai doveri
del suo ufficio ritardando il deposito delle sentenze.
Procedimento n. 29/86 - Sentenza del 13 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Liceità.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato il quale deposita con ritardo le minute delle sentenze civili,
allorquando ricorrono valide cause di giustificazione e tra queste le
condizioni di salute gravemente menomate nel periodo considerato
e tali da incidere negativamente sulla puntualità del rendimento.
(Nella specie l’incolpato aveva depositato diverse sentenze oltre
i sessanta giorni negli anni 1980-82, ma era risultato affetto in tale
periodo da grave discopatia con postumi invalidanti che aveva resa
396
difficoltosa la stessa deambulazione, nonché da corioretinopatia
sirosa centrale determinante una parziale cecità dell’occhio malato).
Procedimento n. 51/86 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Lavoro
complessivo largamente soddisfacente - Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze che sia da ascriversi non già
ad un comportamento omissivo, ma all’ingente carico di affari civili
e penali ed alla considerevole mole di lavoro svolto, ma non assurge
a livello di condotta sanzionabile disciplinarmente.
Procedimento n. 61/86 - Sentenza del 20 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di numerose
sentenze - Notevole operosità complessiva - Insussistenza
dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il deposito con ritardi anche
consistenti di numerose sentenze civili quando l’incolpato abbia dato
prova di notevole laboriosità complessiva, di talché gli stessi ritardi
siano esclusivamente riconducibili ad un difetto di capacità
nell’organizzazione del proprio lavoro, per altro verso di qualità tale
da tenere alto il prestigio dell’incolpato presso colleghi od avvocati.
(Nella specie i ritardi concernevano 79 sentenze nel 1982, 75 nel
1983, 88 nel 1984 e 86 nel 1985).
Procedimento n. 27/86 - Sentenza del 15 maggio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
di giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
397
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di un
numero assolutamente esiguo di sentenze rispetto al complesso
dell’attività lavorativa dell’incolpato, soprattutto quando detto ritardo
sia giustificato da un repentino passaggio dal ramo civile a quello
penale e dalle non buone condizioni fisiche dello stesso incolpato.
Procedimento n. 44/85 - Sentenza del 22 maggio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Liceità.
Il ritardo nel deposito delle sentenze non è disciplinarmente
rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri d’ufficio
e ad inoperosità del magistrato, ma trovi giustificazione nel lavoro
complessivamente espletato, nell’impegno professionale profuso
nonostante le precarie condizioni di salute e la delicata situazione
familiare.
Procedimento n. 56/86 - Sentenza del 22 maggio 1987 - Pres.
Brutti.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Mole
e qualità del lavoro svolto - Carenze di organico nell’ufficio Condizioni di salute precarie dell’incolpato.
Va esclusa la sussistenza dell’illecito disciplinare per il ritardo
nel deposito di sentenze allorquando ricorrono valide cause di
giustificazione quali la mole e la qualità del lavoro svolto, le precarie
condizioni fisiche dell’incolpato e le disfunzioni strutturali dell’ufficio
determinate da carenze di organico.
Procedimento n. 16/87 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili 398
Limitatezza dei casi gravi - Cospicua mole di lavoro svolto Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente
rilevante quando non sia riconducibile ad incuria nei doveri d’ufficio
ma trovi giustificazione nella mole del lavoro, specie se conseguente
anche alla contemporanea applicazione del magistrato ad altro ufficio
giudiziario.
(Nella specie la Sezione ha accertato che il ritardo nel deposito
era stato notevole solo per cinque delle novanta sentenze civili
contestate su di un totale di 369 redatte nel periodo di riferimento
17 ottobre 1981 / 15 aprile 1985).
Procedimento n. 48/85 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prolungata inattività istruttoria Esimenti - Insussistenza dell’illecito.
La stasi prolungata imposta ad un procedimento penale, come
il ritardo, anche rilevante, nel deposito di provvedimenti costituiscono
un indizio da valutare nel quadro del comportamento complessivo
del magistrato, per cui, solo quando non emergano giustificazioni
potrà da esso dedursi un giudizio di riprovazione sotto il profilo della
violazione dei doveri di operosità e diligenza.
(Nella specie era contestato all’incolpato di non aver svolto alcuna
attività di istituto nell’ambito di un procedimento penale assegnatogli
nel 1978 trasmesso per la formale istruttoria nel 1983. La Sezione
ha escluso la responsabilità disciplinare per aver accertata una
complessiva laboriosità senz’altro soddisfacente e tale da far emergere
la figura di un magistrato tutt’altro che negligente o disattento).
Procedimento n. 10/86 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Assenteismo - Scarsa produttività Sussistenza dell’illecito.
399
Commette illecito disciplinare il magistrato che oltre ad essere
poco presente in ufficio ed a tenere un ridotto numero di udienze
emette una scarsa quantità di provvedimenti non giustificata dalla
complessità delle questioni trattate. (Nella specie la Sezione ha
accertato che l’incolpato mancava dal proprio ufficio un giorno e
spesso due alla settimana, non recandovisi mai prima delle 10 - 10,30
ed uscendone spesso prima delle 13. Ha altresì accertato che lo stesso,
addetto esclusivamente alle funzioni penali ha redatto nel 1982 solo
n. 193 sentenze, nel 1983 n. 254 e nel 1984 n. 261; decisioni che in
massima parte riguardavano declaratorie di estinzione del reato per
remissione di querela, contravvenzioni per guida senza patente e reati
di assegno a vuoto, stilate solitamente secondo un modulo già
predisposto.
Ha infine accertato che l’incolpato ha tenuto solo 33 udienze nel
1982, 34 nel 1983 e 36 nel 1984, mediamente quindi 4 udienze mensili
con inosservanza del numero fissato nel calendario giudiziario).
Procedimento n. 38/87 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Cospicua mole di lavoro svolto - Delicata situazione familiare
dell’incolpato - Insussistenza dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non è disciplinarmente
rilevante quando esso non sia riconducibile ad incuria nei doveri di
ufficio ma trovi giustificazione nella mole di lavoro espletato,
nell’impegno professionale del magistrato, nella delicata situazione
familiare dello stesso.
(Nella specie, la Sezione ha accertato che l’incolpato nel corso
del servizio prestato per circa 29 mesi, ha redatto 232 sentenze civili
nonché 61 provvedimenti speciali e di volontaria giurisdizione dei
quali alcuni concernenti questioni complesse, ritenendo che tale
attività potesse essere considerata apprezzabile, in relazione anche
alla difficile situazione familiare vissuta dal magistrato in quel
periodo).
400
Procedimento n. 46/87 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione.
I ritardi nel deposito di sentenze non costituiscono illecito
disciplinare quando, per la consistente entità del lavoro
complessivamente svolto dall’incolpato, non possono considerarsi
segno di scarsa laboriosità o mancanza ai doveri del proprio ufficio.
(Nella specie all’incolpato era contestato di aver depositato 33
sentenze con ritardi superiori ai 180 giorni e due sentenze istruttorie
civili con gravi ritardi).
Procedimento n. 42/87 - Sentenza del 17 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione.
Il ritardo nel deposito di sentenze non assume rilievo disciplinare
quando sia l’effetto di precarie condizioni di salute del magistrato
dedito al lavoro con notevoli capacità tecnico-professionali e con
puntiglioso e lodevole impegno.
Procedimento n. 1/84 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli - Est. Rachell.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione.
I ritardi nel deposito di sentenze non costituiscono illecito
disciplinare quando, per la consistente entità del lavoro
complessivamente svolto dall’incolpato, non possono assurgere ad
indizio di insufficiente operosità.
(Nella specie era stato contestato all’incolpato di avere depositato
numerose sentenze di lavoro oltre i centottanta giorni).
401
Procedimento n. 52/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione.
Il ritardo anche rilevante nel deposito di un numero più o meno
ampio di sentenze non costituisce, di per sé, illecito disciplinare,
allorquando sia possibile un giudizio globalmente positivo sull’attività
svolta dall’incolpato ed il ritardo stesso sia ricollegabile a fatti e
circostanze del tutto estranei alla sua diligenza e laboriosità.
(Nella specie era stato contestato il deposito oltre il 90° giorno
di 38 sentenze penali dibattimentali e oltre il 90° giorno dall’udienza
di discussione di 151 sentenze civili nel periodo 17 marzo 1986 / 31
gennaio 1985.
Procedimento n. 56/87 - Sentenza del 18 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Inerzia nell’espletamento di istruttoria
sommaria - Inerzia successiva alla formalizzazione - Esclusione
dell’addebito.
L’avere, nel corso di un’istruttoria sommaria protrattasi per circa
quattro mesi, sentito soltanto le parti lese ed un loro congiunto non
può essere considerato indice di «scarsissima attività istruttoria»
nell’assenza di qualsiasi elemento che permettesse un diverso
indirizzo all’istruttoria stessa.
Procedimento n. 31/87 - Sentenza del 12 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di provvedimenti Causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
Gli addebiti relativi a ridotta operosità dell’incolpato nell’esercizio
del suo ufficio devono essere valutati con riguardo alle condizioni
402
oggettive e soggettive nelle quali ha svolto i suoi compiti.
Il ritardo nel deposito di numerosi provvedimenti non assume
rilevanza disciplinare quando la operosità dell’incolpato sia
dimostrata dalla mole di lavoro svolta nonostante una situazione
deficitaria d’organico protrattasi per lungo tempo.
(Nella specie era contestato all’incolpato di aver ritardato per
parecchi mesi l’emissione di ordinanze riservate concernenti 108
cause).
Procedimento n. 48/87 - Sentenza del 12 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenza Conseguente scarcerazione di imputati per decorrenza dei termini
di custodia cautelare - Sussistenza di cause di giustificazione Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito di una sentenza a causa del quale è stata
disposta la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia
cautelare di 59 imputati non costituisce illecito disciplinare quando
sia provata la oggettiva complessità del processo, nonché l’ampiezza
e complessità della relativa sentenza, stesa per di più in carenza dei
supporti organizzativi necessari. (Nella specie era stato contestato
all’incolpato di avere all’esito di procedimento penale, protrattosi dal
novembre 1983 al 22 ottobre 1984 e concernente 207 imputati di
associazioni terroristiche ed eversive con oltre mille imputazioni per
reati gravissimi, redatto e depositato la sentenza, 1927 pagine di cui
1500 dedicate alla motivazione, nell’agosto dell’anno successivo).
Procedimento n. 66/87 - Sentenza del 16 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ridotta laboriosità - Carenza dell’elemento
intenzionale - Condizioni.
Si è al di fuori dell’addebito di scarsa operosità, per carenza
dell’elemento intenzionale, quando sussistano valide cause che, per
403
la loro eccezionalità ed estraneità al comportamento del soggetto,
circoscrivono nel tempo ed escludono da ogni imputabilità di
negligenza la condotta dell’incolpato.
(Nella specie è stato dato rilievo ad una grave affezione
neurologica dell’incolpato, alla scrupolosa attenzione nella redazione
degli elaborati ed al notevole carico di lavoro).
Procedimento n. 19/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di numerose sentenze
civili - Assenza di cause di giustificazione - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il frequente ritardo nel deposito
di sentenze civili non giustificato né dalla qualità del lavoro né da
condizioni personali di salute del magistrato. (Nella specie la Sezione
ha ritenuto che le precarie condizioni di salute prospettate
dall’incolpato, in quanto non determinanti la fruizione di alcun
periodo di congedo straordinario, fossero inidonee a giustificare i
ritardi in un lavoro complessivamente attestato su livelli quantitativi
inferiori al normale).
Procedimento n. 22/87 - Sentenza del 30 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ridotta laboriosità - Assenza di causa
di giustificazione - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che per scarsa
laboriosità e senza giustificazione alcuna determini accrescimenti
delle pendenze, prescrizione di reati, ingiustificabile omissione di
attività istruttoria, disordine nella tenuta dei fascicoli.
Procedimento n. 49/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres.
Brutti.
404
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito di sentenza non costituisce illecito
disciplinare quando sia giustificato dall’imponente carico di lavoro e
dalla molteplicità delle incombenze cui l’incolpato ha dovuto far
fronte in circostanze eccezionali.
(Nella specie erano contestati ritardi anche superiori all’anno a
tre magistrati addetti al civile, relativamente rispettivamente a 132
sentenze su 714, a 145 sentenze su 542 ed a 122 sentenze su 296).
Procedimento n. 7/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres. Brutti.
Doveri del giudice: operosità - Reiterati e gravi ritardi nel deposito di
sentenze - Assenza di cause di giustificazione - Sussistenza
dell’illecito.
Il ritardato deposito di sentenze che non sia giustificato né dalla
mole del lavoro complessivamente svolto né da condizioni personali
dell’incolpato costituisce illecito disciplinare quando, per la
reiterazione e consistenza dei ritardi, dimostri una manifesta inerzia
e sistematica negligenza nell’adempimento dei doveri d’ufficio.
Procedimento n. 76/87 - Sentenza del 23 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze quando non sia sintomatico di neghittosità dell’incolpato
perché giustificato dal carico complessivo di lavoro e dalla piena
disponibilità a svolgere compiti ulteriori rispetto a quelli normalmente
assegnati.
(Nella specie era stato contestato all’incolpato, in relazione al
periodo 1979/1986, il deposito oltre il 90° giorno di 190 sentenze
405
civili; il superamento dell’anno nel deposito di tre sentenze ed il
persistente ritardo nel deposito della minuta di 21 sentenze discusse
in udienze tenute tra il 1° marzo ed il 28 giugno 1985).
Procedimento n. 53/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Assenza
di cause di giustificazione - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare il ritardo ripetuto e molto marcato
nel deposito di sentenze quando la situazione personale o d’ufficio
dell’incolpato non sia stata tale da giustificare i ritardi. (Nella specie
si è ritenuto integrare la fattispecie disciplinare un comportamento
concretatosi nell’aver steso 136 sentenze civili in quattro anni, sia
pure presiedendo alcune udienze penali e redigendo talune sentenze
penali ma depositando più della metà delle sentenze con ritardi
varianti da sei mesi a quasi due anni e superando l’anno di ritardo
per 26 volte).
Procedimenti nn. 55/86 e 58/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Mancata attività istruttoria - Sussistenza
dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che si impegna in
una limitata attività istruttoria nei processi affidatigli, quando la
complessiva mole del lavoro svolto è del tutto inidonea a concretare
una sua ridotta laboriosità.
(Nella specie l’incolpato quale procuratore della Repubblica
nell’arco di tre anni aveva richiesto la formale istruzione per 264
processi, svolgendo attività istruttorie soltanto per trentotto di essi e
limitandosi in quattordici processi al semplice invio della
comunicazione giudiziaria).
406
Procedimenti nn. 55/86 e 58/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988
- Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare l’aver trattenuto in sommaria per
quasi quattro anni l’istruzione di un reato sorretto da prove tutt’altro
che evidenti.
Procedimento n. 6/88 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ridotto numero di accessi presso una
casa circondariale - Consistenza del lavoro complessivo - Liceità.
Non commette illecito disciplinare il magistrato facente funzioni
di presidente della sezione di sorveglianza che si limita ad accedere
in una casa circondariale con cadenza poco più che bimestrale,
quando il carico complessivo del lavoro svolto, avuto riguardo al
numero degli istituti di detenzione e dei detenuti nel distretto,
dimostri che lo stesso ha assolto le sue funzioni con notevole impegno.
Procedimento n. 14/88 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Sospensione delle udienze per
l’applicazione di sanzioni sostitutive - Cause di giustificazione Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato di sorveglianza
che disponga la sospensione delle udienze dibattimentali al fine di
dedicarsi all’applicazione delle sanzioni sostitutive, purché ciò faccia
in quanto costretto, dal carico di lavoro e dalle carenze del personale
ausiliario, a scegliere tra il privilegiare, rispetto al resto, la cura dei
provvedimenti relativi alla libertà personale ovvero diluire le scarse
risorse in analoga misura in tutti gli ambiti delle proprie competenze,
secondo criteri burocratici ordinari insensibili a quelle esigenze di
407
priorità che invece non possano essere pretermesse quando siano
coinvolti diritti fondamentali.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato come dagli accertamenti
esperiti fosse emerso che l’incolpato si era distinto per sicura
laboriosità ed impegno nell’espletamento al meglio delle proprie
funzioni e come sulla sua scelta avesse influito la previsione
dell’emanando indulto con i relativi effetti indotti sull’applicazione
delle sanzioni sostitutive).
Procedimento n. 11/88 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reato conseguente a
mancata attività processuale - Sussistenza di causa di
giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non può considerarsi censurabile disciplinarmente il magistrato,
distintosi per impegno lavorativo e capacità professionali, che non
abbia espletato attività processuale utile ad impedire la prescrizione
di un reato nel contesto di una situazione di pesante carico di lavoro.
(Nella specie la Sezione disciplinare ha sottolineato che per
effetto dell’originaria rubricazione l’incolpato aveva considerato
prescrivibile in dieci anni un reato poi derubricato e quindi prescritto
in un periodo di tempo inferiore).
Procedimento n. 99/88 - Sentenza del 10 febbraio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella decisione di una causa
civile e nel deposito della sentenza - Nullità della sentenza con
irregolare composizione del collegio - Gravosità del carico di lavoro
e notevole carenza di organico - Concorso di particolari situazioni
personali - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il notevole ritardo nella
decisione di una causa civile e nel deposito della relativa sentenza,
nonché l’irregolare costituzione del collegio giudicante per la
408
partecipazione di un magistrato ormai trasferito ad altro e diverso
ufficio giudiziario (violazione che ha determinato la nullità della
sentenza a norma dell’art. 158 c.p.c.), qualora tali comportamenti
siano riconducibili alla particolare situazione critica dell’ufficio
giudiziario cui prestavano servizio i magistrati incolpati, peraltro
entrambi in precarie condizioni psico-fisiche, sia per il ponderoso
carico di lavoro che per la mancanza in organico di sette magistrati
rispetto all’organico previsto di dodici.
Procedimento n. 45/88 - Sentenza del 24 febbraio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste l’illecito disciplinare quando limitati ritardi nel
deposito dei provvedimenti ed il frequente ricorso ai rinvii ovvero
una certa trascuratezza nel settore delle tutele ed un’inadeguata
vigilanza nel settore delle procedure esecutive non hanno dato luogo
a lagnanze ovvero a conseguenze degne di rilievo e risulti che
l’incolpato ha svolto, sopperendo con costante impegno a deficienze
strutturali di speciale gravità tali da consentire di qualificare come
disastrosa la situazione dell’ufficio, un lavoro complessivo di notevole
rilievo.
Procedimento n. 10/88 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo incolpevole nell’espletamento
della rogatoria - Illecito disciplinare - Insussistenza.
L’ignoranza dell’esistenza di una richiesta di rogatoria ed il suo
ritardato espletamento non assume rilievo disciplinare se conseguenza
di disfunzione di cancelleria non addebitabile al magistrato.
Procedimento n. 19/88 - Sentenza del 26 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
409
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Ricorrenza di cause di giustificazione.
Il ritardo nel deposito di un numero ridotto di sentenze civili
non assume rilevanza disciplinare quando l’incolpato abbia dato prova
di una buona laboriosità complessiva nel fronteggiare un carico di
lavoro oggettivamente gravoso e, almeno in parte, relativo a materie
nuove rispetto alle esperienze professionali in precedenza acquisite.
Procedimento n. 47/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prolungata inattività redazionale di
provvedimenti giurisdizionali - Sussistenza di causa di
giustificazione - Liceità.
Non è disciplinarmente censurabile l’omessa redazione di
provvedimenti giurisdizionali protrattasi nel tempo quando non sia
causata da negligenza, neghittosità o trascuratezza nei doveri di ufficio,
ma da una significativa compromissione delle condizioni di salute.
(Nella specie la Sezione, a fronte di un’inerzia dell’incolpato
protrattasi per oltre un anno tanto che alla fine l’arretrato
accumulatosi veniva smaltito dagli altri magistrati addetti alla Sezione
di cui egli faceva parte, ha disposto perizia medico-legale su
quest’ultimo risultato affetto da una sindrome depressivo-ansiosa a
carattere reattivo e particolarmente marcato protrattasi per non meno
di 21 mesi e necessitante di cospicue strategie terapeutiche).
Procedimento n. 17/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Complessiva laboriosità - Insussistenza dell’illecito.
Numerosi e consistenti ritardi nel deposito di sentenze civili non
attingono a rilievo disciplinare se l’operosità dell’incolpato non risulti
410
essere stata inferiore a quella dei suoi colleghi ma, al contrario, si
caratterizzi per una produttività quantitativamente notevole e
qualitativamente apprezzabile.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato che i ritardi non avevano
dato luogo a lamentele da parte del Foro e che valutazioni sempre molto
favorevoli per l’incolpato erano state espresse dai Consigli Giudiziari).
Procedimento n. 18/88 - Sentenza del 25 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Carico di lavoro svolto ricorrenza di
cause eccezionali - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste l’addebito di «scarsa operosità, per carenza
dell’elemento intenzionale, qualora ricorrano valide cause le quali,
per la loro eccezionalità, circoscrivono nel tempo ed escludono da
ogni imputabilità di negligenza, il comportamento del magistrato.
Procedimento n. 27/88 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non costituisce illecito
disciplinare quando sia giustificato dall’entità del carico di lavoro e
dallo stato di salute dell’incolpato. (Nella specie i ritardi erano di
diversa entità e concernevano sessantanove sentenze civili e sette
sentenze penali nel periodo 1978/1983).
Procedimento n. 79/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Onerosità del carico di lavoro complessivamente svolto Insussistenza dell’illecito.
411
Il ritardo nel deposito di sentenze o di altri provvedimenti non
è disciplinarmente rilevante quando l’inosservanza dei termini fissati
per il loro deposito dai codici di rito non sia riconducibile ad incuria
nei doveri di ufficio e non costituisca sintomo rivelatore di scarsa
operosità o di violazione di legge.
(Nella specie la Sezione, oltre al positivo apprezzamento delle
statistiche comparate riferibili all’incolpato negli anni 1984/1987, ha
valutato le testimonianze assertive della laboriosità dello stesso
rilasciate da colleghi e dal Presidente del Consiglio dell’ordine
forense).
Procedimento n. 32/88 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di più reati - Nesso eziologico
con la condotta dell’incolpato - Insussistenza.
Non sussiste l’illecito disciplinare quando la protratta
permanenza del procedimento penale presso l’ufficio dell’incolpato
non abbia esplicato alcuna efficacia causale nella maturazione dei
termini prescrizionali.
(Nella fattispecie si contestava ad un giudice istruttore, richiesto
addì 1 marzo 1976 di decidere in ordine all’archiviazione nei confronti
di taluni imputati, di aver restituito gli atti soltanto nel 1981
determinando la prescrizione dei residui reati.
La Sezione ha accertato che l’incolpato aveva avuto in
assegnazione il processo soltanto il 14 dicembre 1979 quando più
reati si erano ormai prescritti sin dal febbraio 1979 e che lo aveva
restituito con richiesta evasa al pubblico ministero il 10 luglio 1981
e dunque in epoca assolutamente lontana da quella in cui — 24
maggio 1986 — il restante reato di ricettazione si sarebbe prescritto).
Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Insufficiente rendimento - Sussistenza
di causa di giustificazione.
412
I modesti risultati dell’attività prestata da un consigliere istruttore
aggiunto nell’esercizio di mansioni amministrative e l’omessa
sollecitazione dell’ampliamento delle competenze assegnategli, non
attingono a rilievo disciplinare quando la delimitazione delle
competenze sia causata da una discutibile distribuzione del lavoro
voluta dal dirigente l’ufficio e l’insufficiente rendimento sia
giustificato dalle condizioni di salute dell’incolpato e dall’impegno
associativo dello stesso.
(Nella specie era contestato all’incolpato di avere: a) limitato,
nell’ultimo quinquennio, la sua attività principalmente a marginali
mansioni amministrative, non proprie della sua qualifica e di scarsa
rilevanza — sorveglianza sui servizi di cancelleria, vigilanza sul
servizio autisti e sul trasferimento dell’ufficio in altri locali — con
risultati peraltro negativi nonché, alla pronunzia sino al 1984, delle
sole sentenze richieste dagli interessati nei procedimenti contro ignoti
e dal 1985 dei provvedimenti di archiviazione, in prevalenza su moduli
predisposti; b) di non aver dato alcun apporto al lavoro più
importante e qualificante dell’ufficio nonostante la pendenza a lui
nota di procedimenti di vecchia data e le prescrizioni che sempre
più frequenti si verificavano e sebbene la sua partecipazione a siffatta
attività fosse espressamente prevista dalla circolare del 29 agosto 1978
del C.S.M.).
Procedimento n. 4/88 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Prescrizione di reati non particolarmente gravi - Buona laboriosità complessiva - Insussistenza
dell’illecito.
Non sussiste l’illecito disciplinare quando la prescrizione di reati
non particolarmente gravi sia addebitabile a magistrato distintosi per
la notevolissima mole di lavoro, svolto in maniera pregevole ed
operando in un ufficio sovraccarico di lavoro ed afflitto da carenze
di varia natura. (Nella specie era stata contestata la prescrizione di
tre imputazioni ex artt. 485-491 c.p. e di due imputazioni ex art. 640
c.p., una delle quali contestata congiuntamente ad altra ex art. 641
c.p.).
413
Procedimento n. 59/88 - Sentenza del 18 luglio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
di giustificazione - Carico complessivo di lavoro - Deficienze nelle
risorse strutturali.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di
sentenze, provocato non da neghittosità dell’incolpato, ma dal
consistente carico complessivo di lavoro e da una situazione
gravemente deficitaria delle risorse personali dell’ufficio.
(Nella specie, oltre all’impegno lavorativo dell’incolpato, è stata
sottolineata l’assoluta carenza del personale ausiliario della Pretura
mandamentale concretatasi: in una lunga vacanza del posto di
cancelliere; nell’assegnazione di una segretaria di prima nomina; nella
vacanza del posto dell’ufficiale giudiziario e del coadiutore dattilografo).
Procedimento n. 61/87 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Assenza
di causa di giustificazione - Sussistenza dell’illecito.
Costituiscono illecito disciplinare numerosi ed anche rilevanti
ritardi nel deposito di sentenze e nello scioglimento di riserve ex art.
186 c.p.c. che, per l’assenza di cause di giustificazioni, siano
sintomatici della scarsa operosità dell’incolpato.
(Nella specie l’incolpato aveva, quale pretore mandamentale;
ritardato il deposito di numerose sentenze civili e penali; trascurato
l’adozione in numerose cause dei provvedimenti imposti dall’art. 186
c.p.c.; omesso il deposito delle sentenze relative a 59 cause civili).
Procedimento n. 61/87 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Irrilevanza disciplinare di modesto ritardo
nel deposito di sentenze.
414
Non è illecito disciplinarmente il deposito di tredici sentenze civili
dopo il quindicesimo giorno, ma entro il trentesimo dalla discussione.
Procedimento n. 26/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella trattazione di un
procedimento penale - Prescrizione di reato contravvenzionale Causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere trattato con ritardo
un procedimento penale relativo a reati contravvenzionali provocando la prescrizione di quest’ultimi, quando risulti l’unicità del caso
di prescrizione e la complessiva operosità dell’incolpato, nonostante
la mole di lavoro e le difficili condizioni generali dell’ufficio di Pretura.
Procedimento n. 54/87 - Sentenza del 30 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Omissione nella tempestiva trattazione
in qualità di pubblico ministero di affari penali - Sussistenza di
causa di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Le omissioni nella tempestiva trattazione di affari penali
assegnati al sostituto procuratore non assumono rilievo disciplinare
quando, pur segnalando una difficoltà dell’incolpato nell’organizzazione del proprio lavoro, si calano in un contesto di suo
rendimento lavorativo complessivamente adeguato e, comunque,
superiore a quello numerico medio degli altri uffici di Procura del
distretto.
Procedimento n. 37/88 - Sentenza del 14 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
415
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di ordinanze Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di ordinanze
quando sia sintomatico di trascuratezza nell’adempimento dei doveri
di ufficio.
(Nella specie 8 ordinanze erano state depositate con ritardi
oscillanti tra i due ed i sei anni).
Procedimento n. 44/88 - Sentenza del 14 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Deposito tempestivo delle minute - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze dovuto all’intervallo di tempo necessario per la copiatura di
minute depositate nei termini ordinari.
Procedimento n. 71/88 - Sentenza dell’11 novembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardi nell’espletamento della attività
di requirente - Cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non è disciplinarmente rilevante il ritardo nell’espletamento
dell’attività di requirente quando sia giustificato dall’ingente mole di
affari trattati o dalle carenze dei servizi ausiliari e non riguardi
processi connotati da urgenza o particolare rilevanza.
(Nella specie la Sezione ha escluso l’addebito per plurimi ritardi
nel deposito di requisitorie e nella restituzione di fascicoli al giudice
istruttore, rimarcando che non erano riferibili ad affari urgenti o di
particolare rilevanza).
Procedimento n. 56/88 - Sentenza dell’11 novembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
416
Doveri del giudice: operosità - Abituale allontanamento dalla sede per
il fine settimana - Comprovata diligenza dell’incolpato Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’abituale allontanamento per
il fine settimana dalla sede del proprio ufficio, quando risulti accertata
la solerzia e la diligenza del magistrato incolpato.
Procedimento n. 95/88 - Sentenza del 16 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria Conseguente prescrizione del reato - Gravosità del carico di lavoro
- Particolare impegno di lavoro - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, l’avere, il magistrato, a fronte
di un notevole carico di lavoro particolarmente impegnativo e in una
situazione di carenza di organico della segreteria, causato la
prescrizione di un reato, dichiarata dal giudice di appello, per ritardo
nella definizione del procedimento nella fase dell’istruttoria formale
dovuta anche alla rinnovazione di atti dichiarati nulli per violazione
di norme processuali.
Procedimento n. 2/89 - Sentenza del 16 gennaio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non assume rilievo disciplinare
se resta esclusa la negligenza e trascuratezza dell’incolpato,
segnalatosi per un rendimento non inferiore alla media degli altri
colleghi, nonostante la precarietà delle proprie condizioni di salute.
(Nella specie all’incolpato si contestava di aver depositato due
minute di sentenze oltre i sei mesi e tredici sentenze oltre i novanta
giorni).
417
Procedimento n. 77/88 - Sentenza del 10 febbraio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito delle sentenze costituisce illecito disciplinare solo se è provata la sottostante condotta di scarsa laboriosità
dell’incolpato.
(Nella specie si è dalla Sezione valorizzato a favore degli incolpati
il profilo qualitativo delle sentenze depositate in ritardo. Si è infatti considerato che la giurisprudenza laburistica in grado di appello è gravata
dalle controversie più complesse e delicate, necessitanti di un particolare approfondimento, in quanto destinate ad assumere un valore di
precedente, particolarmente importante in un settore quale quello del
lavoro in cui il diritto è in buona parte di formazione giurisprudenziale).
Procedimento n. 97/87 - Sentenza del 10 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze - Cause
di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel deposito di sentenze che non abbia determinato
inconvenienti e sia giustificato dalla mole complessiva del lavoro
svolto dall’incolpato non è disciplinarmente rilevante.
(Nella specie i ritardi nel deposito non superavano gli otto mesi).
Procedimento n. 85/87 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo di oltre un anno nel deposito di
cinque sentenze dibattimentali penali - Illecito disciplinare Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il ritardato deposito di oltre un
anno di cinque motivazioni di decisioni penali dibattimentali a
418
fronte del quale il magistrato non ha invocato circostanze giustificative.
Procedimento n. 76/88 - Sentenza del 17 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di provvedimenti Causa di giustificazione.
Il ritardo nel deposito di provvedimenti non assume rilievo
disciplinare quando sia giustificato dal rendimento complessivo degli
incolpati avuto anche riguardo alla gravosità del carico di lavoro.
(Nella specie agli incolpati era stato contestato il ritardo nel
deposito di una sentenza civile e di una pluralità di ordinanze).
Procedimento n. 18/89 - Sentenza del 6 aprile 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel compimento di attività
istruttoria penale - Sussistenza di causa di giustificazione Esclusione dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel compimento di
attività istruttoria in un procedimento penale che provochi l’estinzione
del reato quando sia giustificato dal grave, accertato disservizio della
cancelleria nelle annotazioni e nella retta tenuta dei registri dei
movimenti dei processi.
Procedimento n. 38/88 e 47/88 - Sentenza del 21 aprile 1989 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’illecito.
Il ritardo nel deposito di sentenze non assume rilievo disciplinare
quando il rendimento complessivo del magistrato sia soddisfacente
419
avuto riguardo anche alle sue precarie condizioni di salute.
(Nella specie erano state depositate con gravi ritardi tre sentenze
e di 33 sentenze non era stato effettuato il deposito nonostante fosse
ormai trascorso il relativo termine).
Procedimento n. 29/89 - Sentenza del 19 maggio 1989 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: operosità - Ritardi nella emissione di decreti di
citazione a giudizio - Responsabilità disciplinare - Esclusione Condizioni.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, nella formazione dei ruoli dell’udienza penale, ritarda
l’emissione del decreto di citazione a giudizio in relazione alla
richiesta del p.m., qualora egli a ciò sia determinato non da scarsa
laboriosità ma dall’impossibilità di poter fissare in termini
ragionevolmente brevi l’udienza dibattimentale dei processi a causa
delle carenze di organico dell’ufficio.
(Nella specie la Sezione ha escluso l’illecito disciplinare in quanto
il magistrato, per le carenze di organico, aveva preferito, ad una
pronta emissione dei decreti di citazione per una udienza assai
lontana nel tempo, il rinvio dell’emissione stessa a data prossima al
tempo della possibile trattazione dei processi, tenendo peraltro
presente la necessità di dare precedenza ai processi con imputati
detenuti, a quelli per reati di particolare allarme sociale ed a quelli
per reati prossimi a prescriversi).
Procedimento n. 100/88 - Sentenza del 9 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nell’attività istruttoria in processo
penale - Assenza di pregiudizio concreto alle parti - Sussistenza di
cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare l’inerzia nel compimento di
attività istruttoria in un procedimento penale quando l’incolpato,
420
gravato da un rilevante carico di processi, abbia svolto una notevole
mole di lavoro e sempre che dal ritardo non siano scaturiti danni
alle parti del processo.
(Nella specie per 15 mesi l’incolpato aveva omesso di compiere
un qualsiasi atto istruttorio in un procedimento penale).
Procedimento n. 41/89 - Sentenza del 16 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Esclusione dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze che non sia sintomatico di scarsa laboriosità e trascuratezza,
in quanto giustificato dalla mole complessiva di lavoro, svolto per di
più in una situazione di ufficio di gravissima difficoltà.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato che gli incolpati si erano
segnalati per senso del dovere e dedizione ad un ufficio sito in
regione, quale la Calabria, gravata da forti tensioni e pericoli di ogni
tipo).
Procedimento n. 36/89 - Sentenza del 16 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di causa di giustificazione - Sussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze che non sia indice di calo nell’impegno lavorativo
dell’incolpato, in quanto da attribuire a situazioni eccezionali di super
impegno e di gravi accadimenti personali psico-affettivi.
(Nella specie l’incolpato aveva depositato 96 sentenze civili oltre
il 120° giorno nell’arco di tempo gennaio 1983 / marzo 1988).
Procedimenti nn. 34/88 e 1/89 - Sentenza del 30 giugno 1989 Pres. Mirabelli.
421
Doveri del giudice: operosità - Costanti, gravi, reiterati e già sanzionati
ritardi nel deposito delle sentenze - Insussistenza della colpa Idoneità del comportamento a fondare la delibera di dispensa
dall’ufficio ex art. 3 II comma r.d. n. 511 del 1946.
I costanti, gravi e reiterati ritardi nel deposito delle sentenze,
non giustificati da un eccesso di lavoro giudiziario e preceduti a loro
volta da condanna disciplinare per analoghi fatti, non sono
sanzionabili disciplinarmente per mancanza di prova sufficiente della
colpa (intesa come volontà cosciente e persistente di violare i doveri
dell’ufficio) ma sono idonei a fondare la deliberazione di dispensa
dall’ufficio ai sensi dell’art. 3, II comma, del regio decreto legislativo
n. 511 del 1946.
Procedimento n. 44/89 - Sentenza del 30 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Sussistenza di cause di giustificazione - Esclusione dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare il mero ritardo nel deposito
di sentenze che sia giustificato dalla mole del lavoro
complessivamente svolto dall’incolpato e che non abbia provocato
conseguenze rilevanti di alcun genere.
(Nella specie i ritardi nel deposito di sentenze penali,
rispettivamente 103 per un incolpato nel periodo 16 giugno 1981 / 4
maggio 1987 e 52 per l’altro incolpato nel periodo 5 marzo 1983 /
29 aprile 1987 erano comprese tra gli oltre novanta giorni e l’anno).
Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio
1989 - Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel compimento di atti di ufficio
- Censurabilità sul piano disciplinare - Requisiti.
Il ritardo, anche rilevante, nel compimento di atti di ufficio
costituisce illecito disciplinare quando rappresenti il sintomo di scarsa
422
laboriosità del magistrato che lo ha accumulato.
(Nella specie la Sezione ha escluso l’addebito in ragione
dell’operosità dimostrata dall’incolpato nell’ambito di altro
procedimento disciplinare e del fatto che in concomitanza con il
processo in cui si verificò il ritardo il magistrato stesso era stato
impegnato in altro gravissimo processo di rilevanza nazionale).
Procedimento n. 67/88 - Sentenza del 29 settembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel compimento di atti di
istruzione - Conseguente prescrizione di reato - Laboriosità
complessiva positiva - Esclusione dell’addebito.
Il ritardo nel compimento di atti di istruzione che provochi la
prescrizione di un reato non costituisce illecito disciplinare se trattasi
di un episodio isolato che si colloca in un contesto di scrupoloso,
attento e diligente adempimento dei doveri d’ufficio da parte
dell’incolpato quando questi si sia trovato ad operare in situazione
difficile riuscendo a farvi fronte con notevole capacità e dedizione.
(Nella specie l’incolpato, quale giudice istruttore, ricevute le
richieste del pubblico ministero, lasciava trascorrere inutilmente due
anni prima di chiedere al presidente del Tribunale la designazione
di altro g.i., in quanto inibito a conoscere del processo per precedente
attività giudicante resa nello stesso).
Procedimento n. 57/89 - Sentenza del 13 ottobre 1989. Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Valutazione della laboriosità complessiva - Motivi di salute Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di
sentenze civili da parte di magistrato valutato come laboriosissimo
dal consiglio giudiziario e nominato dirigente di un ufficio giudiziario
in epoca successiva all’inizio del procedimento disciplinare, se risulta
423
provato che egli, il coniuge e il figlio minore erano in precarie
condizioni di salute nel periodo di tempo nel quale si sono verificati
i ritardi.
Procedimento n. 41/83 - Sentenza del 13 ottobre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Estinzione di reati per prescrizione Esclusione dell’illecito disciplinare - Condizioni.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia lasciato prescrivere numerosi reati, qualora gli
stessi non rivestano carattere di particolare gravità, il lavoro
complessivamente svolto dall’incolpato risulti di notevole mole e la
situazione dei servizi di cancelleria presenti rilevanti carenze.
(Nella specie la Sezione ha rilevato che i reati estinti per
prescrizione avevano natura contravvenzionale, e che l’incolpato, unico
magistrato addetto a pretura mandamentale, si era trovato a
fronteggiare un carico di lavoro maggiore del normale in una
situazione di particolare carenza dell’organico del personale ausiliario).
Procedimento n. 62/88 - Sentenza del 27 ottobre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Operosità complessiva - Accuratezza delle motivazioni - Condizioni
di salute.
Non costituisce illecito disciplinare il grave ritardo nel deposito
di numerose sentenze penali se: a) dai dati statistici comparativi
risulti che il magistrato è di buona operosità e comunque di operosità
non minore degli altri magistrati addetti allo stesso ufficio e alla
stessa sezione; b) in prossimità delle ferie, verosimilmente destinate
ad eliminare l’arretrato, sia stato nominato relatore di un processo
di notevole mole; c) le motivazioni siano particolarmente accurate;
d) nel periodo in cui si sono verificati i ritardi sia stato affetto da
astenia depressiva e cataratta.
424
Procedimenti nn. 3 e 64/89 - Sentenza del 26 gennaio 1990 Pres. Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Carico di lavoro non rilevante - Ritardi per periodi ricorrenti ed
in situazioni diverse - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito delle
sentenze che, protratto in un arco temporale lungo ed in situazioni
diverse, va ascritto principalmente a negligente trascuratezza (nella
specie, per alcune sentenze è stata addotta la giustificazione della
dimenticanza dei fascicoli).
Procedimento n. 83/88 - Sentenza del 9 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Prescrizione di reati conseguenti al ritardo nella fissazione di
procedimenti - Causa di giustificazione - Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare quando il ritardo nel compimento dei propri compiti giurisdizionali, anche se determinante la prescrizione di reati, si iscrive in un contesto di complessiva, rilevante laboriosità dell’incolpato e di assoluta carenza di strutture e risorse personali.
(Nella specie la contestazione concerneva il ritardo nel deposito
di centoventotto sentenze penali nel periodo 80/86 e la prescrizione
di trecentonove reati nel periodo 81/86).
Procedimento n. 8/90 - Sentenza del 9 marzo 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Deposito con ritardo di sentenze Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, il deposito con ritardo di alcune sentenze civili e penali ove, nel contesto della globale attività svolta
dal magistrato, tale condotta non sia sintomo di negligenza profes425
sionale, risultando aliunde la prova certa delle eccellenti doti del medesimo, le sue attitudini organizzative, il suo alto senso di collaborazione
fra magistrati, funzionari e tutto il personale al punto da fargli trascurare ogni suo interesse personale in favore di quelli inerenti all’ufficio.
Procedimento n. 30/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Non assume rilievo disciplinare, con riferimento al mancato rispetto dei propri doveri d’ufficio, la condotta del magistrato che,
nell’arco di tre anni, omette di motivare un’ordinanza di «formalizzazione» e di comunicare al pubblico ministero la disposta istruzione
formale di un procedimento qualora si accerti, attendibilmente, che
la mancata adozione di tale ultima comunicazione sia conseguenza
del convincimento che essa competa alla cancelleria.
Costituisce grave illecito disciplinare il ripetuto e persistente ritardo od omissione, da parte del magistrato, dello svolgimento di varie istruttorie, con la conseguenza di dover emettere per la propria inattività, nell’arco di tre anni, sedici ordinanze di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La gravità e rilevanza dell’illecito,
sotto il profilo deontologico, va inquadrata e deve tener conto del
complessivo comportamento di sistematica trascuratezza e negligenza
del magistrato e dell’obiettivo rilievo negativo del suo comportamento,
non trovando alcuna giustificazione nella pretesa entità del lavoro
svolto o nella particolare complessità di alcuni procedimenti.
Procedimento n. 39/89 - Sentenza del 27 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Gran
mole di lavoro - Giustificabilità - Sussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito di un
numero non rilevante di sentenze in presenza di un’attività lavorativa
straordinariamente elevata.
426
Procedimento n. 14/90 - Sentenza del 27 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Prescrizione di reati - Esimente di situazione pregressa deteriorata
- Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non è rilevante disciplinarmente il ritardo nel deposito di sentenze da parte di un presidente di tribunale che abbia ereditato una
pregressa situazione pesantemente deteriorata e l’abbia affrontata con
notevole impegno amministrativo e di lavoro giurisdizionale.
Procedimento n. 21/90 - Sentenza dell’11 maggio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze - Stato
di salute precario - Natura della malattia - Giustificabilità.
Non costituisce illecito disciplinare l’omesso deposito di sentenze
da parte di magistrato, gravemente ammalato, per il quale è stata
successivamente iniziata procedura di dispensa dal servizio.
Procedimento n. 20/90 - Sentenza del 25 maggio 1990 - Pres.
Contri.
Doveri del giudice: operosità - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non assume rilievo disciplinare, con riferimento al tempestivo
adempimento dei propri doveri d’ufficio, il comportamento del
magistrato che deposita con ritardo numerose sentenze civili allorché
detti ritardi sono riferibili a circostanze a lui non imputabili e
comunque non sono conseguenti a cadute di professionalità né hanno
determinato lesioni del suo prestigio (nel caso il magistrato aveva
depositato, nell’arco di un anno, 32 sentenze civili oltre il 120° giorno
dall’udienza di discussione).
427
Procedimento n. 74/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Lavoro svolto in gran quantità - Difetto di rilevanza disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito delle
sentenze allorché risulti giustificato dall’espletamento, nel medesimo
periodo, di un imponente mole di lavoro e da un’inadeguata dotazione
di mezzi e personale delle cancellerie.
Procedimento n. 50/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze Valutazione positiva dell’operosità e della qualità - Insussistenza
dell’illecito.
La produttività complessiva del magistrato, positivamente
valutabile sia in termini assoluti che relativi, unita alla qualità
ineccepibile dei provvedimenti ed alla stima di cui il magistrato gode,
escludono la censurabilità in termini disciplinari del ritardo nel
deposito delle sentenze.
Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pes.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Conseguente prescrizione di reati - Accertamento del contributo
causale del ritardo rispetto all’esito processuale.
Il ritardo nel deposito delle sentenze non è di per sé sintomo
di difetto di diligenza; allorché esso costituisca una concausa di un
negativo esito processuale (prescrizione di reati), va esaminata
l’intera vicenda processuale per accertarne il suo concreto contributo
causale.
428
Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Sintomo di deficienze e limiti professionali - Illecito disciplinare Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare una condotta professionale
che manifesti deficienze e limiti ma non neghittosità e trascuratezza
(nella specie si è ritenuto scusabile il ritardo nel deposito di sentenze
ove determinato da una pressante e crescente domanda di lavoro ed
in presenza di contestuale difetti organizzativi ascrivibili ad altri
soggetti).
Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Pressanti esigenze di lavoro - Presenza di aree di privilegio Circostanza da valutare favorevolmente per l’incolpato Ammissibilità.
Per l’incolpato di ritardo nel deposito di sentenze costituisce
circostanza per lui favorevole l’esistenza di aree di privilegio in
presenza di insopprimibili esigenze di ufficio (nella specie si è ritenuta
giustificabile la condotta di magistrati che hanno depositato in ritardo
un gran numero di sentenze a causa di una gran mole di lavoro
gravante sulla sezione ed in presenza di presidenti di sezione che
hanno continuato a non assegnare a se stessi alcuna motivazione di
sentenza).
Procedimento n. 51/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze Svolgimento di incarico arbitrale conferito dal capo dell’ufficio Dovere d’istituto - Possibile configurabilità.
429
L’espletamento di un incarico arbitrale conferito dal presidente
della Corte può, allo stato della legislazione, configurarsi come dovere
d’istituto (nella specie si è ritenuto che lo svolgimento di incarichi
arbitrali non può da solo costituire circostanza sfavorevole per il
magistrato incolpato di ritardo nel deposito delle sentenze).
Procedimento n. 22/90 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Assenze prolungate dall’ufficio - Tardivo
presentazione di certificati medici relativi alle denunciate malattie Assenza dal proprio domicilio in occasione di visita fiscale Ricorrenza di cause di giustificazione - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato il quale non si presenti in ufficio per numerosi periodi nel corso
dell’anno; non faccia pervenire per tempo i relativi certificati medici;
non si trovi nel domicilio indicato nel certificato medico per
sottoporsi a visita fiscale allorquando ricorrano valide cause di
giustificazione quali un difficile periodo di vita per la salute malferma,
il fallimento del proprio matrimonio, l’assassinio del padre da parte
di esponenti della sinistra eversiva (nella specie risultavano,
comunque, effettuate alcune tempestive comunicazioni telefoniche
delle proprie assenze, reso noto all’ufficio il mutamento di indirizzo
e verificati dei disservizi postali quanto al ritardo nell’arrivo di alcuni
certificati medici).
Procedimento n. 24/90 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito delle sentenze civili
- Carico di lavoro svolto - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il ritardo nel deposito delle
sentenze civili, qualora non solo sia apparso giustificato e talora inevitabile per la mole del lavoro complessivamente svolto dal magis430
trato, ma sia inserito in un contesto che metta in luce la grande operosità e la disponibilità dell’incolpato.
(Nella specie si è ritenuto che la lettura isolata, parcellare del
dato statistico, quale a tutta prima suggerivano le relazioni
ispettive, non rende giustizia a chi aveva, nel periodo in esame, lavorato intensamente nel settore civile come in quello penale, nei
consigli giudiziari, nelle sezioni promiscue e soprattutto nelle corti
d’assise).
Procedimento n. 31/90 - Sentenza del 13 luglio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: operosità - Mancato rispetto dei termini di deposito
di sentenze civili per circa un quinquennio - Fattispecie Insussistenza dell’illecito disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare, sotto forma di violazione dei
doveri di diligenza e laboriosità, la condotta del magistrato che ritardi
il deposito di sentenze civili quando tali episodi si presentino come
meri accidenti in una carriera contrassegnata da laboriosità, impegno
e diligenza e trovino giustificazione in fatti gravi e specifici (nella
specie ravvisati nello smarrimento di un fascicolo in sede di
trasferimento dell’ufficio; nell’inopinata reggenza dell’ufficio, di
notevoli dimensioni, per la malattia e successiva quiescenza del
dirigente; per grave malattia del figlio 18enne colpito da un distacco
traumatico di retina).
Procedimento n. 19/90 - Sentenza del 28 settembre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: operosità - Frequenti assenze dall’ufficio Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che si assenta
frequentemente dall’ufficio determinando con tale comportamento
disservizi in ordine alla organizzazione del lavoro ed alla gestione
del suo ruolo.
431
Procedimento n. 48/90 - Sentenza del 5 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nella trasmissione di
procedimenti penali ad altro ufficio competente - Esclusione
dell’illecito - Fattispecie.
Il pretore mandamentale più anziano, costantemente addetto in
via esclusiva al servizio civile, non commette illecito disciplinare se
trasmette con grave ritardo i fascicoli processuali relativi alla morte
di alcune persone al procuratore della Repubblica competente,
allorché risulti che nel servizio penale si siano avvicendati più
magistrati in un breve periodo, che comunque l’incolpato ha
dimostrato grande laboriosità svolgendo le sue funzioni anche in
applicazione presso altre sedi giudiziarie, senza mai godere del
congedo ordinario durante il periodo feriale e che il ritardo non ha
provocato sensibili pregiudizi (in nessun caso è stata dichiarata la
prescrizione).
Procedimento n. 15/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Doveri del giudice: operosità - Ritardo nel deposito di sentenze civili Sussistenza dell’illecito - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare il considerevole ritardo nel
deposito di sentenze civili non giustificato da una particolare gravosità
del carico di lavoro e accompagnato da scarsa disponibilità al lavoro
d’ufficio, manifestatesi in frequenti assenze dall’ufficio, tra l’altro
comunicate intempestivamente con conseguenti disservizi.
432
14 - DOVERI DEL GIUDICE: RISERBO
433
434
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: riserbo - Confidenze sul contenuto di un
provvedimento non emanato - Sussistenza dell’illecito.
Viene meno al dovere di riserbo in ordine agli atti del proprio
ufficio (ed è, pertanto, passibile di sanzioni disciplinate) il magistrato
che, in colloqui con amici, comunichi — un mese prima dell’emissione
del provvedimento — la sua intenzione di nominare a tutore
provvisorio di un interdicendo, un suo intimo amico.
Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
Doveri del giudice: riserbo - Assunzione di testimonianza al fine di
smentire fatti su cui lo stesso teste aveva deposto in una inchiesta
a carico del magistrato - Sussistenza dell’illecito.
Assumere a verbale, nella qualità di pretore, le dichiarazioni di
un testimonio allo scopo di smentire i fatti sui quali lo stesso
testimonio aveva deposto avanti un ispettore ministeriale in una
inchiesta a carico di esso magistrato, costituisce un comportamento
censurabile in sede disciplinare, essendo indice di mancanza di quel
riserbo che un appartenente all’ordine giudiziario deve imporsi nelle
particolari circostanze.
435
Procedimento n. 117 - Sentenza del 29 aprile 1967 - Pres.
Rocchetti.
Doveri del giudice: riserbo - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Sebbene sia encomiabile che il magistrato investito delle funzioni
di giudice istruttore penale svolga la sua attività con zelo e passione,
è necessario tuttavia che egli conservi, rispetto alle vicende umane
che si trova ad affrontare, il distacco, la prudenza e la serenità che
sono indispensabili garanzia di un retto giudizio. Pertanto costituisce
illecito disciplinare il comportamento di un giudice istruttore che
abbia suggerito ad un imputato le dichiarazioni da rendere al collegio
nel corso dell’interrogatorio dibattimentale, al fine di una
qualificazione giuridica meno grave del fatto da lui commesso,
dichiarazioni che esso magistrato si proponeva di utilizzare in un
procedimento che egli istruiva a carico della persona offesa dai reati
ascritti al predetto imputato. Tale condotta riveste maggiore gravità
se è tenuta in aula di udienza, durante una pausa del processo, sì
da suscitare anche la reazione del difensore dell’imputato.
Procedimento n. 91 - Sentenza del 23 gennaio 1969 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: riserbo - Istruttore di causa civile che suggerisca
alla parte attrice di rinunciare alla domanda essendo provata
l’incompetenza per valore del giudice adito - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
pretore che, in sede di istruttoria di una causa civile, abbia suggerito
alla parte attrice di rinunziare alla domanda per essere risultata
evidente — dalle prove già acquisite al processo — l’incompetenza
per valore del giudice adito. In tal caso, invero, non potrebbe
fondatamente farsi carico al pretore di essere andato oltre i poteri
conferitigli dall’art. 316 c.p.c., per avere richiamato l’attenzione dei
procuratori delle parti sulla possibilità di una pronuncia di incompetenza e sui suoi effetti negativi ai fini di una sollecita definizione
del processo.
436
Procedimento n. 188 - Sentenza dell’11 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Fattispecie Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, nel rendere dichiarazioni alla stampa, non si limiti a soddisfare
legittime richieste fornendo notizie obiettive e che non si traducono
in violazioni del segreto d’ufficio, ma miri ad attirare sul proprio
operato una pubblicità non consona al prestigio della funzione
esercitata e si esprime in termini tali da far ritenere, contrariamente
al vero, che l’ambiente giudiziario gli aveva frapposto le più dure
resistenze. (Nella fattispecie il magistrato aveva, tra l’altro dichiarato:
«Io sono stato il primo magistrato a colpire le bandiere ombra e mi
hanno subito fermato... combatto la mia guerra privata incurante di
qualsiasi rischio... Dicono che se non smetto di attaccare gli armatori
ombra mi faranno la pelle. Mi sono assicurato per cinquanta milioni.
Ho preso il porto d’armi e ho comprato una pistola e un winchester
per dimostrare che non dormo. E seguito ad attaccare... Sequestrai
il Faella abbattendo innumerevoli ostacoli creati da chi dovrebbe
perseguire i truffatori... Le più dure opposizioni alla mia guerra
contro le bandiere ombra le ho incontrate dove esercito le mie
funzioni. Hanno minacciato di sottopormi a procedimento disciplinare perché avrei scavalcato il presidente de jure del tribunale
e mi hanno invitato a scegliermi un’altra sede giudiziaria... Sono
stato festeggiato da marinari della riviera e boicottato dai miei
superiori».
Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Doveri del giudice: riserbo - Azioni di propaganda che si traducono in
danno del prestigio dell’Ordine giudiziario e della fiducia dei
cittadini nella obiettività della giustizia - Fattispecie - Sussistenza
dell’illecito - Commissione del fatto nell’ufficio giudiziario
dell’incolpato o nell’espletamento delle funzioni giurisdizionali Maggiore gravità dell’illecito.
437
Il dovere di riservatezza e di imparzialità che si impone al magistrato comporta l’obbligo di astenersi da azioni di propaganda (invito
a partecipare a dibattiti su scritti che hanno formato oggetto di procedimento penale per vilipendio della magistratura) in danno, sia del
prestigio della magistratura medesima, che della fiducia dei cittadini
nell’obiettività della giustizia. Il fatto assume maggiore gravità, se commesso nel proprio ufficio giudiziario, nell’espletamento delle funzioni
giurisdizionali, rivolgendosi, per di più a persone che si rechino dal
magistrato, al fine di chiedere e ottenere provvedimenti giudiziari.
Procedimento n. 208 - Sentenza del 25 febbraio 1975 - Pres. Bosco.
Doveri del giudice: riserbo - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato,
che, in occasione delle nozze della propria figlia, richieda di fare da
testimoni a due avvocati, con i quali non esistono relazioni di amicizia,
e, ottenuto da uno di questi un regalo di rilevante valore, continui a
trattare quale istruttore una causa dal medesimo patrocinata.
Procedimento n. 353 - Sentenza del 15 luglio 1977 - Pres.
Bachelet.
Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Illecito
disciplinare - Insussistenza - Fattispecie.
Il pretore che, dopo aver formulato un capo d’imputazione ed
aver ordinato all’ufficio di cancelleria di predisporre il decreto di
citazione e di presentarlo per la firma al magistrato dirigente, fornisca
ad un giornalista notizie sull’esistenza del rinvio a giudizio e sul capo
d’imputazione medesimo, non commette illecito disciplinare ove ciò
abbia fatto ritenendo che il cennato decreto fosse stato già notificato
e che, pertanto, le dette notizie, fossero, ormai, di dominio pubblico.
Procedimento n. 328-330 - Sentenza del 23 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
438
Doveri del giudice: riserbo - Intervento di un magistrato ad una pubblica
riunione indetta per protestare contro un processo penale - Illecito
disciplinare - Insussistenza - Condizioni.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che partecipi ad una pubblica riunione indetta per
protestare contro un procedimento penale che stia per essere
celebrato dal collegio di cui lo stesso magistrato fa parte, qualora
non risulti sufficientemente provato che l’incolpato sia intervenuto a
tale manifestazione essendo consapevole della possibilità che durante
lo svolgimento di essa sarebbero stati trattati temi comunque attinenti
a quel procedimento.
Procedimento n. 12/81 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Fattispecie Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che avendo l’obbligo
di astenersi ed essendosi astenuto solo a seguito della diffusione di
uno scritto anonimo che denunciava la situazione di incompatibilità,
tenti di accreditare nell’opinione pubblica l’erroneo convincimento di
essere rimasto vittima di gratuiti attacchi originati dalla paura che
la sua presenza nel processo incuteva, essendo egli un magistrato
«tropo scomodo per qualcuno».
Procedimento n. 12/81 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Fattispecie Insussistenza dell’illecito.
Allorché una vicenda giudiziaria sia seguita con particolare attenzione dagli organi di informazione, in quanto coinvolga o possa coinvolgere personalità politiche di primo piano, non commette illecito
disciplinare il magistrato sostituto procuratore che, spiegando i motivi
439
della formalizzazione del procedimento, riferisca di divergenze effettivamente avute con il procuratore della Repubblica e specifichi che
questi non ha condiviso alcune iniziative processuali reputandole non
improntate alla necessaria prudenza.
Procedimento n. 14/81 - Sentenza del 17 dicembre 1982 - Pres.
De Carolis.
Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Uso di
espressioni inopportune e poco mediate - Motivazione giustificativa
- Insussistenza dell’illecito.
Il magistrato che, nel contesto di un giudizio critico alle proposte
di liberalizzazione dell’uso del c.d. droghe leggere e di somministrazione controllate di quelle c.d. pesanti, adopera espressioni inopportune e poco meditate nei confronti dei parlamentari, non commette illecito disciplinare allorquando le espressioni usate appaiono
fortemente condizionate dal suo appassionato impegno professionale
nello specifico settore, e la presa di coscienza della sua inadeguata
esperienza professionale lo determini ad una successiva intervista
diretta a correggere, esplicandoli, i giudizi precedentemente espressi.
Procedimento n. 23/82 - Sentenza del 14 gennaio 1983 - Pres.
Galasso.
Doveri del giudice: riserbo - Memorie scritte di esperienze personali di
via giudiziaria - Accuse ai capi degli uffici - Pubblicità dell’opera non
voluta dall’autore - Finalità perseguita - Insussistenza dell’illecito.
La redazione di memorie delle proprie esperienze personali di
vita giudiziaria, sorretta dalla volontà di spiegare con gli ostacoli
frapposti dai capi degli uffici il mancato appagamento della propria
ansia di giustizia, ma contrassegnato da un tono distaccato e quasi
sempre misurato, non integra illecito disciplinare anche se, all’insaputa dell’autore, un cronista giudiziario, cui le bozze erano state
mostrate per un parere sull’opportunità della loro pubblicazione, le
abbia utilizzate per due articoli su un quotidiano locale.
440
Procedimento n. 93/87 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: riserbo - Rapporti con i colleghi - Critica del
comportamento di un collega - Doglianze sull’esercizio dell’attività
giurisdizionale - Commenti in ordine alla disponibilità finanziaria
di un collega - Divulgazione solo tra i magistrati dell’ufficio Inidoneità a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario.
Non costituisce illecito disciplinare la manifestazione di doglianze
sul modo di esercitare la funzione giudiziaria e l’espressione di
commenti sulle condizioni economiche di un collega di ufficio
allorché le une e gli altri rimangono circoscritti nell’ambito dello
stesso ufficio, così da non assumere l’idoneità a compromettere il
prestigio e la considerazione dell’ordine giudiziario presso il pubblico.
Procedimento n. 77/87 - Sentenza del 21 luglio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: riserbo - Libertà di critica - Limiti - Insussistenza
dell’illecito.
Rientrano nell’ambito del diritto di critica, riconosciuto a tutti e
nei confronti di tutti (e quindi anche ai magistrati), le osservazioni
aspre e ripetute contenute in una nota pubblicata in un periodico
locale con cui il magistrato commenta severamente la motivazione
di un provvedimento giudiziario. Il tono impertinente ed inopportuno
usato nell’esprimere detta critica non rileva per sé, in sede
disciplinare, ma va ricondotto e valutato nel contesto del discorso e
dell’episodio intero senza estrapolare singole frasi dal testo.
La indignazione appassionata, espressa in toni inusitati e sarcastici,
ritenuta lecita dal giudice penale né oggetto di lagnanza alcuna da
parte degli autori della sentenza criticata, non può essere compressa
o sanzionata neppure in sede disciplinare, purché non incorra
nell’abuso per gravità, gratuità e falsità dell’offesa (nella specie il
magistrato aveva pubblicato un commento critico ad una sentenza di
condanna per il delitto di istigazione di militari a disobbedire alle leggi
col mezzo della stampa, usando, fra l’altro, le seguenti espressioni: «...
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assurda sentenza di condanna... destinata a naufragare nel ridicolo...
in presenza di una logica giuridica che certamente avrebbero condiviso
i giudici del III Reich... con questa sentenza i giudici hanno vinto un
viaggio premio, un tour nei campi di sterminio nazista...» ritenute un
contributo ad un dibattito culturale volto a configurare l’assurdità della
mitica teorizzazione dell’obbedienza pronta, cieca ed assoluta).
Procedimento n. 6/89 - Sentenza del 10 novembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: riserbo - Libertà di manifestazione del pensiero Limiti - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Manca ai propri doveri, rendendosi immeritevole della fiducia e
della considerazione di cui deve godere, il magistrato che sottoscriva,
insieme ad altri, una lettera su carta intestata di un club cittadino
in cui si esprima solidarietà e stima nei confronti di un cittadino
italiano, imputato in U.S.A. di pedofilia, al fine di influire sulle
determinazioni del giudice americano, destinatario della missiva, pur
nella consapevolezza del clamore e della risonanza suscitati dal caso
nella città in cui egli presta servizio, della pendenza presso la locale
pretura di un procedimento penale a carico del medesimo imputato,
dell’esistenza di un carteggio presso l’ufficio di appartenenza oltre
che della pendenza di una richiesta di assistenza giudiziaria. Tale
condotta comporta una grave caduta di credibilità del magistrato
presso l’opinione pubblica nazionale e locale ed offusca la sua
immagine esterna di imparzialità.
Procedimento n. 56/89 - Sentenza del 18 maggio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Doveri del giudice: riserbo - Rilascio di intervista televisiva con
divulgazione di notizie destinate a restare riservate - Fattispecie Esclusione.
Non viola i doveri di riserbo il magistrato che concede un’intervista televisiva che valorizza giornalisticamente, tramite immagini
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in diretta del protagonista nella propria abitazione, la notizia della
revoca del proprio consenso al suo collocamento fuori ruolo per la
destinazione ad altro incarico (di coordinamento della lotta contro
la delinquenza mafiosa), motivata dall’aver subito minacce di natura
mafiosa, ove si acquisisca la prova certa che il magistrato non prese
alcuna iniziativa nei confronti del programma; che il giornalista era
stato pienamente informato da altri dello svolgimento dei fatti che
avevano portato a detta rinunzia; che la notizia sarebbe stata
comunque data nel corso del programma televisivo, anche senza
intervista dell’interessato, con la sicura produzione dei medesimi
effetti di scandalo e clamore nell’opinione pubblica innescati
oggettivamente dalla divulgazione della rinunzia all’incarico non
costituente, come tale, oggetto di incolpazione.
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15 - ESECUZIONE DELLE DECISIONI DISCIPLINARI
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Procedimento n. 42 - Sentenza del 23 giugno 1962 - Pres. De
Pietro.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Nullità del procedimento e della
decisione - Deducibilità in sede di incidente di esecuzione Inammissibilità.
I provvedimenti con i quali la Sezione disciplinare del Consiglio
superiore della magistratura definisce i procedimenti a carico di
magistrati hanno natura giurisdizionale. Ne consegue che i vizi da
cui siano affetti tali provvedimenti o i relativi procedimenti possono
essere dedotti soltanto con i mezzi di impugnazione previsti dalla
legge e nei limiti temporali dalla medesima stabiliti, ma non sono
deducibili in sede di esecuzione.
Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Procedura degli incidenti di
esecuzione - Ammissibilità.
Anche in materia disciplinare è ammissibile la procedura degli
incidenti di esecuzione per analogia con il sistema processuale penale
ed in mancanza di norme che specificatamente o indirettamente la
vietino.
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Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Sospensione dell’esecuzione in
pendenza di istanza per revisione - Inammissibilità.
Il vigente ordinamento non consente la sospensione
dell’esecuzione della sentenza disciplinare nei confronti del
magistrato, rimosso dalle funzioni o destituito, il quale dichiari —
dopo il rigetto del ricorso per cassazione proposto contro la decisione
— di voler presentare istanza di revisione.
Procedimento n. 57/81 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres.
Guizzi.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Perdita d’anzianità - Modalità
applicative.
Nell’applicazione della sanzione disciplinare della perdita di
anzianità va tenuto conto del ruolo unificato dei magistrati di
appello e di tribunale e lo spostamento deve essere fissato in modo
da far coincidere la nuova collocazione con l’anzianità nella qualifica.
Procedimento n. 364/R.G. - Sentenza del 22 novembre 1985 Pres. Guizzi.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Perdita di anzianità Esecuzione.
La perdita di anzianità è sanzione che comporta lo spostamento
nel ruolo di anzianità non inferiore ad un quarantesimo, né inferiore
ad un decimo dei posti di organico della qualifica di appartenenza.
Ne consegue che se l’applicazione in concreto della sanzione inflitta
provochi uno spostamento nel ruolo in misura maggiore al decimo,
deve darsi esecuzione alla sanzione in guisa da non arrecare al
condannato un danno maggiore del dovuto.
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Procedimento n. 12/82 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Perdita di anzianità Esecuzione della condanna.
Lo spostamento nel ruolo di anzianità conseguente ad una
definitiva condanna alla perdita dell’anzianità non può determinare
conseguenze negative più gravi di quelle insite nel limite della
sanzione inflitta.
Procedimento n. 22/84 - Ordinanza del 10 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Applicabilità del condono.
In sede di esecuzione di condanne disciplinari definitive non è
consentito rinnovare alcun giudizio di merito e non è neppure dato
utilizzare l’autonomia dei singoli addebiti, già valutati unitariamente
agli effetti sanzionatori, allo scopo di fare uso dell’ordinaria disciplina
del condono per il reato continuato. Detta disciplina è infatti
inapplicabile sia per la ontologica diversità dell’illecito, sia per la
presenza di norme speciali per il condono delle sanzioni disciplinari.
Procedimento n. 7/87 - Sentenza del 18 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Esecuzione delle decisioni disciplinari - Applicazione della sanzione della
perdita di anzianità.
Lo spostamento nel ruolo conseguente alla applicazione della
perdita di anzianità non può incidere di fatto sulla posizione del
condannato in guisa da determinare conseguenze più gravi di quelle
insite nel limite della sanzione inflitta.
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16 - ILLECITO DISCIPLINARE
451
452
Procedimento n. 226 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Illecito disciplinare - Deliberazione Giunta A.N.M. - Rilevanza della
sola manifestazione esterna delle volontà di detto organo
associativo.
Non sono perseguibili in sede disciplinare i fatti attinenti alla
fase elaborativa e quindi interna di una deliberazione presa da una
Giunta dell’A.N.M., non essendosi ancora manifestata all’esterno la
volontà di quell’organo.
Procedimenti n. 253-288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres.
Bosco.
Illecito disciplinare - Minore tipicizzazione dell’illecito rispetto ad altre
categorie di dipendenti dello Stato - Questione di legittimità
costituzionale - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale degli artt. 18 e 19 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511,
sollevata per contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., nell’assunto
che quelle disposizioni attuerebbero, nei confronti dei magistrati, una
normativa in materia disciplinare meno tipicizzata rispetto ad altre
categorie di dipendenti dello Stato, in quanto il procedimento previsto
nei confronti di magistrati assicura a tutti i magistrati identici
453
trattamenti, e, per la procedura, si differenzia notevolmente dal
procedimento previsto per gli altri impiegati dello Stato, specie per
la sua natura giurisdizionale, preordinata dall’ordinamento, a tutela
della particolare posizione in cui il magistrato è collocato nell’assetto
costituzionale dello Stato, quale appartenente ad un Ordine di cui,
in attuazione del precetto costituzionale, vuole essere garantita
l’autonomia e l’indipendenza dagli altri poteri dello Stato.
Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco
Illecito disciplinare - Difetto di adeguata tipicizzazione degli illeciti Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, in
relazione agli artt. 101, 104, 107 della Costituzione (mancata
tipicizzazione degli illeciti disciplinari) in quanto non sussiste
violazione del principio di legalità quando, negli illeciti disciplinari,
da assimilarsi in senso ampio ai reati a forma c.d. libera (tra cui è
da comprendersi il prestigio dell’ordine giudiziario), per
l’individuazione del bene leso, si ricorra a concetti diffusi e
generalmente compresi dalla collettività in cui il giudicante opera.
Inoltre, il principio della tipicizzazione della condotta, non
rigoroso nemmeno nel campo penale, non può trovare rigida
applicazione nel campo disciplinare, nel quale la previsione della
fattispecie sfugge a una precisa predeterminazione, in quanto, per il
magistrato, le norme di condotta si evincono da tutta la sua posizione
nell’ordinamento, dal suo status, al quale deve conformarsi anche la
sua condotta privata e possono essere, quindi, le più varie anche
perché soggetta ad evoluzione nel tempo.
Pertanto, non può nemmeno pretendersi una previsione specifica
di correlazione tra fattispecie e sanzione disciplinare, sicché è corretta
la rimessione della concreta commisurazione della sanzione alla
Sezione disciplinare dell’Organo di governo dell’Ordine giudiziario.
(L’eccezione di incostituzionalità era stata fondata sul rilievo che
la mancata determinazione del bene leso e della condotta lesiva del
prestigio dell’Ordine giudiziario, renderebbe necessario il loro
454
riempimento mediante la scelta discrezionale da parte dell’organo
giurisdizionale non solo delle norme di comportamento alle quali il
magistrato si deve uniformare o della configurazione della fattispecie
capaci di integrare la condotta cui debba essere mosso rimprovero,
ma anche della specie e della misura delle pene per ogni infrazione,
mentre invece il principio di legalità esige che le previsioni incolpatrici
siano veramente realmente determinate o determinabili.
Si era aggiunto che, nella situazione denunciata, risultava
compromesso anche il principio dell’indipendenza del giudice, perché
la sanzione più grave dell’ammonimento può essere accompagnata
dal trasferimento di ufficio e perché il principio dell’indipendenza
riguarda tutta la figura del magistrato o ogni articolazione della
persona del giudice; che la norma impugnata era anteriore alla
Costituzione e di un’epoca in cui il giudice amministrava giustizia in
nome del re e sotto la tutela del ministro e non in nome del popolo
italiano).
Procedimento n. 268 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Illecito disciplinare - Difetto di adeguata tipicizzazione dell’illecito Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
Illecito disciplinare - Difetto di corrispondenza tra le sanzioni e gli
illeciti disciplinari - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale degli artt. 18 e 19 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511
(mancata enunciazione di espliciti fatti concreti che possano dar
luogo a giudizi disciplinari a carico dei magistrati e mancata
correlazione tra i cinque tipi di sanzioni — ammonimento, censura,
perdita dell’anzianità, rimozione e destituzione — solamente elencati
e le corrispondenti mancanze disciplinari), in quanto, per il
riferimento ai doveri del magistrato, i compiti che questi è chiamato
ad assolvere sono indicati in precise norme dell’ordinamento
giuridico, e, per il riferimento alla sua condotta, risultano chiaramente
individuati i beni giuridici protetti, quali, da un lato, la fiducia e la
considerazione di cui il magistrato deve godere, e, dall’altro, il
prestigio dell’Ordine giudiziario: beni che, del resto, possono essere
455
lesi con una tale varietà di comportamenti, da non consentire una
preventiva specificazione, che lascerebbe necessariamente fuori
fattispecie assolutamente non prevedibili.
Procedimento n. 316 - Sentenza dell’8 ottobre 1974 - Pres. Bosco.
Illecito disciplinare - Genericità della previsione di cui all’articolo 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Poteri dell’interprete in sede di applicazione.
La disposizione dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511
sulle guarentigie della magistratura è manifestamente una norma
elastica — in quanto si richiama ai concetti, genericamente indicati,
di dovere d’ufficio, di fiducia e di considerazione di cui il magistrato
deve godere, di prestigio dell’Ordine giudiziario — e quindi lascia
all’organo giudicante un certo margine di valutazione del
comportamento tenuto dal magistrato, al fine di accertare la
sussistenza o meno in concreto di un illecito disciplinare.
Procedimento n. 363 - Sentenza del 26 settembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve
godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli art. 25, 2° comma, 101,
2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art.
18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui qualifica
come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in
modo datale da rendersi immeritevole della fiducia e della
considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio
dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non
tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo
cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta
dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra
contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla
456
Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero.
Procedimento n. 267 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres.
Bachelet.
Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve
godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101,
2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art.
18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui qualifica
come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in
modo tale da rendersi immeritevole della fiducia e della
considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio
dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non
tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo
cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta
dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra
contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla
Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero.
Procedimento n. 287 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres.
Bachelet.
Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve
godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101,
2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art.
18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui qualifica come
illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo
457
tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di
cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario.
Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa
punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti
solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme
dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con
l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui
tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
Procedimento n. 351 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres.
Bachelet.
Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve
godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101,
2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art.
18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte di cui qualifica
come illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in
modo tale da rendersi immeritevole della fiducia e della
considerazione di cui deve godere o da compromettere il prestigio
dell’Ordine giudiziario. Questa norma, infatti, da un lato, non
tipizzando l’illecito da essa punito, sembra violare il principio secondo
cui i giudici sono soggetti solo alla legge, cui esclusivamente spetta
dettare le norme dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra
contrastare con l’altro principio, parimenti garantito dalla
Costituzione, secondo cui tutti hanno il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero.
Procedimento n. 301 - Sentenza del 13 ottobre 1978 - Pres.
Bachelet.
Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve
godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale.
458
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101,
2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art.
18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte di cui qualifica come
illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo
tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di
cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario.
Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa
punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti
solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme
dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con
l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui
tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Procedimento n. 376 - Sentenza del 18 maggio 1979 - Pres.
Bachelet.
Illecito disciplinare - Condotta lesiva della considerazione di cui deve
godere il magistrato o del prestigio dell’Ordine giudiziario - Art. 18
R.D.L. n. 511 del 1946 - Questione di legittimità costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 25, 2° comma, 101,
2° comma, 108, 1° comma e 21, 1° comma Cost., nei confronti dell’art.
18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte di cui qualifica come
illecito disciplinare il fatto del magistrato che si comporti in modo
tale da rendersi immeritevole della fiducia e della considerazione di
cui deve godere o da compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario.
Questa norma, infatti, da un lato, non tipizzando l’illecito da essa
punito, sembra violare il principio secondo cui i giudici sono soggetti
solo alla legge, cui esclusivamente spetta dettare le norme
dell’Ordinamento giudiziario e, dall’altro, sembra contrastare con
l’altro principio, parimenti garantito dalla Costituzione, secondo cui
tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Procedimento n. 8 - Sentenza del 14 novembre 1980 - Pres.
Zilletti.
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Illecito disciplinare - Art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 - Condotta
lesiva della fiducia di cui il magistrato deve godere o del prestigio
dell’Ordine giudiziario - Questione di legittimità costituzionale Violazione degli artt. 25, 101, 108 Cost. - Non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio
1946, n. 511, nella parte in cui sottopone a sanzione disciplinare il
magistrato che tenga, in ufficio o fuori, una condotta tale da renderlo
immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere,
o che comprometta il prestigio dell’Ordine giudiziario. La previsione
di tale ipotesi di illecito disciplinare, infatti, non essendo tipizzata e
dovendo, quindi, essere individuata in rapporto a criteri di valutazione
ed a modelli di comportamento a loro volta non tipizzati, può risultare
in contrasto sia con il principio di legalità sancito dall’art. 25, 2°
comma, Cost., sia con gli artt. 101, 2° comma, 108, 1° comma Cost.,
i quali escludono, salvo il disposto dell’art. 105 Cost., la mediazione
da parte di altri organi nella disciplina dello status dei magistrati,
stabilendo che i giudici sono soggetti soltanto alla legge e che le
norme dell’Ordinamento giudiziario sono stabilite per legge.
Procedimento n. 430 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Illecito disciplinare - Art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 - Dovere
di fedeltà al proprio ufficio - Contrasto con il diritto di libera
manifestazione del pensiero - Contrasto con l’art. 21 Cost. Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in relazione all’art. 21 Cost., nei confronti
dell’art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui, fra i
doveri inerenti allo status di magistrato, sanzionati disciplinarmente,
annovera anche quello di fedeltà al proprio ufficio, in quanto
quest’ultimo dovere, così come disciplinati dalla citata norma, può
trovarsi in contrasto con il diritto di libera manifestazione del proprio
460
pensiero spettante al magistrato al di fuori dello svolgimento delle
sue funzioni.
Procedimento n. 66/88 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Illecito disciplinare - Beni giuridici protetti - Pubblicità della condotta
- Necessità - Limiti.
L’art. 18 R.D. Lgs. 511/1946 tutela una pluralità di beni giuridici
taluni dei quali non abbisognano per essere violati della pubblicità
o percepibilità da parte di altri delle condotte censurabili.
(Nella specie la Sezione ha individuato quali beni giuridici
protetti, indipendentemente dalla pubblicità delle condotte illecite, il
rispetto dei doveri e la tenuta di un comportamento non censurabile).
Procedimento n. 40/89 - Sentenza del 16 settembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Illecito disciplinare - Comportamento di magistrato autore di
provvedimento giurisdizionale successivamente annullato in sede
di legittimità per carenza di motivazione - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che rediga un provvedimento giurisdizionale successivamente
annullato dalla Corte di Cassazione per difetto di motivazione, in
quanto detto annullamento è frutto del normale svolgimento dei
diversi controlli previsti nell’iter processuale ed anzi l’affermazione
di responsabilità disciplinare, in mancanza di comportamenti
abnormi da parte del magistrato, costituirebbe un condizionamento
della libera formazione del convincimento del giudice.
(Nella specie trattasi di g.i. che aveva emesso sentenza istruttoria
di n.d.p. per insufficienza di prove nei confronti dell’imputato, il quale
prima propose impugnazione — dichiarata inammissibile — alla
sezione istruttoria e successivamente propose ricorso alla Corte di
Cassazione, che lo assolse ritenendo carente di motivazione la
sentenza istruttoria).
461
Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio
1989 - Pres. Mirabelli.
Illecito disciplinare - Dichiarazione di incompatibilità di avvocato
difensore nei confronti del suo assistito al di fuori dei casi di cui
all’art. 133 c.p.p. - Abnormità del provvedimento.
Costituisce provvedimento abnorme, come tale censurabile in
sede disciplinare, la dichiarazione dell’incompatibilità del difensore
di fiducia nei confronti del proprio assistito effettuata nel corso di
un procedimento penale dal pubblico ministero quando non ricorrano
le condizioni di cui all’art. 133 c.p.p.
(Nella specie l’incolpato aveva emesso un provvedimento con cui
dichiarava l’incompatibilità alla difesa del suo patrocinato del
difensore che, nella fase istruttoria, aveva assunto la veste di
testimone, prima ancora di citarlo a rendere testimonianza, nella
sostanza privando l’imputato della difesa).
462
17 - IMPUTABILITÀ
463
464
Procedimento n. 5 - Sentenza del 19 novembre 1960 - Pres. De
Pietro.
Imputabilità - Incapacità di intendere e volere dell’incolpato - Carattere
permanente dell’incapacità - Poteri di accertamento della Sezione
- Esclusione.
Esula dalla competenza della Sezione disciplinare l’indagine
diretta ad accertare se la incapacità di intendere e di volere
dell’incolpato, emersa in relazione ai fatti formanti oggetto del
procedimento disciplinare, abbia o meno carattere permanente. Tale
indagine, infatti, rientra nei poteri del Consiglio superiore della
magistratura cui spetta eventualmente di disporre la dispensa dal
servizio del magistrato ai sensi dell’art. 3 R.D.L. 31 maggio 1946, n.
511.
Procedimento n. 5 - Sentenza del 19 novembre 1960 - Pres. De
Pietro.
Imputabilità - Incapacità di intendere e di volere - Inapplicabilità di
sanzioni disciplinari.
L’applicazione delle sanzioni disciplinari esige la capacità di intendere e di volere del magistrato incolpato all’epoca in cui i fatti furono
commessi. A tale effetto l’eventuale incapacità di intendere e di volere
465
può essere desunta da uno stato di paranoia psicogena, clinicamente
accertato, reso manifesto dal carattere abnorme ed inconsulto dei fatti
commessi.
Procedimento n. 137 - Sentenza del 27 novembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Imputabilità - Incapacità di intendere e di volere - Inapplicabilità di
sanzioni disciplinari.
Il principio della non imputabilità per vizio totale di mente,
vigente in materia penale, è applicabile anche in sede disciplinare:
pertanto non è passibile di sanzione disciplinare il magistrato che al
momento del fatto si trovava in stato di totale incapacità di intendere
e di volere.
Procedimento n. 179 - Sentenza del 13 maggio 1971 - Pres.
Amatucci.
Imputabilità - Incapacità di intendere e di volere - Inapplicabilità di
sanzioni disciplinari.
Deve essere assolto dalle incolpazioni ascrittegli, per avere agito
in stato di incapacità di intendere e di volere, il magistrato che abbia
compiuto atti privi di una benché minima giustificazione razionale
quando risulti provato che l’incolpato, nel momento in cui ha
commesso i fatti, non era in grado, per infermità, di comprendere il
significato e la portata degli atti che compiva e di determinarsi
secondo motivi ragionevoli. Anche in sede disciplinare infatti è
applicabile la norma di cui all’art. 88 del codice penale.
Procedimento n. 181 - Sentenza dell’8 giugno 1973 - Pres. Bosco.
Imputabilità - Incapacità di intendere e volere - Esclusione elemento
psicologico - Inapplicabilità di sanzioni disciplinari.
466
La erronea e travisata valutazione della realtà, causata esclusivamente da un grave stato di squilibrio psichico, determina la totale
carenza dell’elemento psicologico necessario per la sussistenza
dell’illecito disciplinare.
Procedimento n. 339 - Sentenza dell’11 maggio 1977 - Pres.
Bachelet.
Imputabilità - Opinione soggettiva di erronea interpretazione di una
norma - Irrilevanza.
L’opinione soggettiva di essere caduto in errore risulta priva di
rilevanza giuridica ai fini del riconoscimento della responsabilità
dell’incolpato se sul piano oggettivo si dimostra che l’errore per
violazione di legge non si è verificato.
Procedimento n. 345 - Sentenza del 15 luglio 1977 - Pres. Bachelet.
Imputabilità - Errore di carattere eccezionale - Insussistenza dell’illecito
disciplinare.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che emetta ordine di carcerazione eseguito — a mesi tre di arresto a lire diecimila di ammenda — in esecuzione di condanna e pena
condizionalmente sospesa se il fatto è determinato da errore che si
inserisce, con carattere di eccezionalità, in una condotta improntata
a diligenza, operosità ed efficienza abituale, specie se abbiano concorso
a determinarlo fattori estranei non imputabili all’incolpato (apparente
compiutezza dei requisiti formali e sostanziali del titolo ed il comportamento del condannato che non contesta l’esecuzione della condanna).
Procedimenti nn. 47/87 e 94/88 - Sentenza del 2 giugno 1989 Pres. Mirabelli.
Imputabilità - Difetto della capacità di intendere o di volere al momento
del fatto - Esclusione dell’addebito.
467
Non può ritenersi disciplinarmente responsabile il magistrato che
sia incorso in fatti suscettibili di valutazione disciplinare quando sia
accertata la sua incapacità di intendere e di volere al momento dei
fatti.
468
18 - INCOMPATIBILITÀ
469
470
Procedimento n. 55 - Sentenza del 22 giugno 1963 - Pres. De
Pietro.
Incompatibilità - Omessa denuncia - Sussistenza dell’illecito.
L’art. 18 dell’ordinamento giudiziario — che contempla la
incompatibilità di sede per parentela od affinità di magistrati con
professionisti legali — prevede due distinte ipotesi: la prima, per la
quale l’incompatibilità sorge immediatamente per effetto della
iscrizione del parente o dell’affine nell’albo professionale della sede
a cui appartiene il magistrato; la seconda, per la quale
l’incompatibilità si manifesta allorquando il parente o affine del
magistrato eserciti abitualmente la professione presso l’ufficio
giudiziario cui quest’ultimo è addetto. Questa seconda ipotesi
presuppone ovviamente l’iscrizione del professionista legale in albo
di diverso centro giudiziario e tende ad evitare una elusione della
legge attraverso un trasferimento di iscrizione da un albo all’altro
cui non corrisponda un effettivo trasferimento di esercizio
professionale.
Commette pertanto illecito disciplinare il magistrato che non
segnali la situazione di incompatibilità in cui venga automaticamente
a trovarsi, quando un suo parente entro il secondo grado o un affine
entro il primo grado si iscriva negli albi professionali di avvocato o
di procuratore nella sede giudiziaria di cui il magistrato medesimo
esercita le sue funzioni.
471
Procedimento n. 58 - Sentenza del 5 ottobre 1963 - Pres. De
Pietro.
Incompatibilità - Omessa denuncia - Sussistenza dell’illecito - Esistenza
di casi analoghi nella stessa sede - Non esclude la responsabilità.
Commette illecito disciplinare il magistrato il quale ometta di
denunciare la incompatibilità di sede per parentela con un
professionista legale. Il fatto che analoghe situazioni di
incompatibilità non denunziate sussistano nella medesima sede non
esclude la responsabilità, in quanto gli eventuali abusi commessi da
altri non possono in nessun caso rendere inoperante la norma di cui
all’art. 18 dell’ordinamento giudiziario.
Procedimento n. 115 - Sentenza del 10 dicembre 1966 - Pres.
Rocchetti
Incompatibilità - Figli di procuratore della Repubblica iscritti in altro
albo professionale ma abitualmente esercitanti la professione nella
sede - Sussistenza dell’illecito.
Integra gli estremi dell’illecito disciplinare previsto dall’art. 18
del R.D. 31 maggio 1946, n. 511, il comportamento del magistrato
che abbia tollerato che i propri figli, pur essendo iscritti in altro albo
professionale, esercitassero abitualmente la professione di
procuratore legale presso gli uffici giudiziari del circondario in cui
esso magistrato svolgeva le funzioni di procuratore della Repubblica,
in tal modo suscitando malumori e lagnanze in seno alla locale classe
forense e determinando negativi apprezzamenti anche nell’opinione
pubblica. Invero siffatto comportamento è idoneo ad indebolire il
prestigio del magistrato e, di riflesso, quello dell’intero ordine
giudiziario in quanto può destare sospetti di parzialità ed è contrario
alle norme dettate dall’ordinamento giudiziario in materia di
incompatibilità.
472
19 - LIBERTÀ DI CRITICA
473
474
Procedimento n. 12 - Sentenza del 3 febbraio 1962 - Pres. De
Pietro.
Libertà di critica - Uso di espressioni ingiuriose e volgari su organi di
stampa - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, nell’esercizio del diritto di critica, abbia usato espressioni
ingiuriose e volgari. (Nella specie l’incolpato aveva scritto su organi
di stampa che alcuni giudici avrebbero agito «in maniera nascosta,
ipocrita e vile», volendo «colpire un magistrato onesto» ed «intimidire
gli altri giudici», e aveva attribuito al procuratore generale della
Repubblica di avere «tradito il suo dovere» ricorrendo a «mezzucci
burocratici ed opportunistiche sottigliezze»).
Procedimento n. 12 - Sentenza del 3 febbraio 1962 - Pres. De
Pietro.
Libertà di critica - Discriminazione in un articolo di stampa tra giudici
onesti e gli altri giudici - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che in un articolo di stampa faccia una discriminazione tra «giudici
onesti» e «gli altri giudici», i quali invece darebbero la preferenza
alla propria tranquillità personale ed ai fasti della carriera. Tali
475
affermazioni, infatti, sono idonee ad ingenerare nel pubblico l’ingiusto
convincimento che vi siano giudici onesti e giudici disonesti, i primi
dediti a rendere giustizia e gli altri solleciti soltanto dagli avanzamenti
di carriera.
Procedimento n. 84 - Sentenza del 5 marzo 1966 - Pres. Rocchetti.
Libertà di critica - Articolo 21 Costituzione - Limiti.
L’esercizio del diritto di critica riconosciuto dall’art. 21 della
Costituzione, pur non soffrendo preclusioni, è condizionato da criteri
oggettivi, attinenti alla qualità delle persone o delle istruzioni criticate,
e da criteri soggettivi, riguardanti il particolare status e i conseguenti
doveri di chi intende esercitarlo. Tali condizioni costituiscono un
sistema di limiti il cui mancato rispetto da parte del magistrato
integra l’ipotesi della infrazione disciplinare.
Procedimento n. 84 - Sentenza del 20 giugno 1966 - Pres.
Rocchetti.
Libertà di critica - Pubblicazione di articoli - Irruenza e incontrollata
leggerezza - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, pubblicando una serie di tre articoli su un quotidiano di larga
diffusione contenenti critiche alla magistratura e agli organi supremi
dello Stato, sia entrato irruentemente e con incontrollata leggerezza
in una polemica a sfondo politico coinvolgente il Capo dello Stato,
il Presidente della Corte suprema, e l’organo di autogoverno della
magistratura.
Procedimento n. 118 - Sentenza del 22 luglio e del 28 ottobre
1967 - Pres. Rocchetti.
Libertà di critica - Notizie tendenziose ai giornalisti - Pretesti illeciti di
altri magistrati - Sussistenza dell’illecito.
476
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, senza alcun controllo preventivo della verità dei fatti affermati,
presenti avventate denunce contro altri magistrati, dia notizia alla
stampa di tali denunzie e fornisca informazioni tendenziose a
giornalisti, ingerendo in tal modo nella pubblica opinione il
convincimento erroneo che magistrati, alcuni anche investiti di uffici
direttivi di rilevanza nazionale, siano dediti ad attività illecite o
comunque contrarie alla dignità della loro funzione, a proteggere
colleghi disonesti o immeritevoli e a perseguitare coloro che tali
situazioni denunciano.
Procedimento n. 14 - Sentenza del 26 aprile 1968 - Pres.
Amatucci.
Libertà di critica - Dichiarazioni alla stampa - Critica di poteri attribuiti
dalla legge al Primo Presidente della Corte di cassazione Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia rilasciato alla stampa dichiarazioni di critica
nei confronti del Primo Presidente della Cassazione, quale presidente
della commissione scrutinio per la promozione a magistrato di corte
di cassazione, quando risulti provato che il magistrato non abbia
voluto riferirsi alla persona investita delle funzioni di Primo
Presidente, ma abbia invece inteso trarre occasione da un episodio
di cronaca per confermare la tesi, più volte propugnata, di una
riforma della legge istitutiva del Consiglio superiore della
magistratura nel punto attinente alla posizione riservata dalla legge
stessa al Primo Presidente della Cassazione. Il contenuto delle
espressioni usate va infatti considerato e valutato, ai fini disciplinari,
nel contesto dell’atteggiamento costantemente tenuto dall’incolpato
in merito alla necessità di riforma del sistema legislativo, pur se non
sia da escludere la inopportunità nella scelta di parole che possano
prestarsi ad interpretazioni difformi dalle intenzioni.
Procedimento n. 266 - Sentenza del 3 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
477
Libertà di critica - Limiti - Violazione - Sussistenza degli elementi
obiettivi dell’illecito - Mancanza dell’intento di ledere il prestigio
dell’ordine giudiziario - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia predisposto ed approvato, nel corso di
un’assemblea di colleghi, un ordine del giorno obiettivamente idoneo
a ledere il prestigio dell’Ordine giudiziario, quando in relazione alle
circostanze del caso concreto, sia mancata l’intenzione di causare
tale lesione.
Procedimento n. 266 - Sentenza del 3 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
Libertà di critica - Art. 21 della Costituzione - Limiti obiettivi e subiettivi
all’esercizio del diritto - Violazione - Sussistenza degli elementi
obiettivi dell’illecito.
L’esercizio del diritto di critica riconosciuto dall’art. 21 della
Costituzione, pur non soffrendo preclusioni, è condizionato da criteri
oggettivi, attinenti alla qualità delle persone e delle istituzioni
criticate, e da criteri soggettivi riguardanti il particolare «status» e i
conseguenti doveri di chi intende esercitarlo; la violazione dei limiti
che ne derivano integra un’ipotesi di infrazione disciplinare.
Procedimento n. 266 - Sentenza del 3 dicembre 1974 - Pres.
Bosco.
Libertà di critica - Predisposizione ed approvazione di un ordine del
giorno - Impressione nel lettore dell’esistenza di un disegno
discriminatorio e di finalità politiche nell’operato di organi
giurisdizionali - Sussistenza degli elementi obiettivi dell’illecito.
Pone in essere una condotta obiettivamente idonea a
compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario il magistrato che
elabori ed approvi, nel corso di un’assemblea di colleghi, un ordine
del giorno con il quale, con riferimento ad un procedimento di
478
rimessione ex art. 55 c.p.p., e sia pure con espressioni prevalentemente formulate in termini di possibilità anziché di certezza, si induce
nel lettore l’impressione dell’esistenza di un disegno discriminatorio
e di un comportamento dettato da motivi di parzialità politica da
parte del procuratore della Repubblica e della Corte di cassazione.
Procedimento n. 214 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Libertà di critica - Limiti - Dichiarazioni diffamatorie ai danni di altri
magistrati - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Le dichiarazioni diffamatorie compiute da un magistrato ai danni
di altri magistrati, come anche di privati cittadini o di altri pubblici
ufficiali, costituiscono un comportamento perseguibile, oltre che in
sede penale, anche in sede disciplinare, sia perché i beni dell’onere
e della reputazione, garantiti, in quanto diritti fondamentali della
persona, dall’art. 2 Cost., costituiscono un limite al diritto di critica,
sia perché fra i doveri inerenti allo status di magistrato, la cui
violazione è punita in via disciplinare dall’art. 18 del R.D.L. 31 maggio
1946, n. 511, è compreso anche il dovere di correttezza nei rapporti
con i propri colleghi, nonché il dovere di rispettare le leggi.
Procedimento n. 15/81 - Sentenza del 29 gennaio 1982 - Pres.
Galasso.
Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito.
Esula dal diritto alla manifestazione del pensiero la falsità e
l’offesa a magistrati e all’ordine giudiziario (riscontrabili sia nell’uso
di specifiche espressioni, sia nella complessiva esternazione
dell’opinione).
Al di fuori dei casi di falsità o ingiuriosità, è necessario mantenere
ogni cautela interpretativa, anche al fine di non estendere oltre ogni
limite la vaga formula di cui all’art. 18 R.D.L. n. 511/1946. La critica,
sia pure estremamente dura e senza appello, all’operato dei magistrati
impegnati in procedimenti a carico di terroristi, è sicuramente
479
inopportuna da parte di un magistrato e può suscitare reazioni
negative non solo da parte dei destinatari, ma anche, più in generale,
da parte di chi sente il dovere di solidarietà nei confronti di quei
magistrati. Tuttavia, l’art. 21 della Costituzione è posto a salvaguardia
proprio delle opinioni sgradite ai più, inopportune fastidiose.
Procedimento n. 59/81 - Sentenza del 30 settembre 1982 - Pres.
De Carolis.
Libertà di critica - Limiti.
Le esigenze di tutela del prestigio della magistratura trovano
espressione e si concretizzano in limiti, stretti e rigorosi, al generale
diritto a tutti riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione. Tali limiti
vanno identificati nella falsificazione del vero e nella offesa alla
dignità delle persone.
Procedimento n. 363 - Sentenza del 22 ottobre 1982 - Pres.
Galasso.
Libertà di critica - Critica a provvedimenti di altri giudici - Fattispecie
- Insussistenza dell’illecito.
La libertà di manifestazione del pensiero è un diritto che non
soffre per i magistrati limitazioni diverse da quelle previste per la
generalità dei cittadini. Ciò non comporta che la funzione esercitata
e la qualifica rivestita siano indifferenti e prive di effetto per
l’ordinamento costituzionale, ponendo di conseguenza limiti che
tendono ad assicurare la tutela del prestigio di cui all’art. 18 R.D.L.
n. 511/1946 che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione
giudiziaria e nella sua credibilità. Non supera detti limiti il magistrato
che commentando un provvedimento giudiziario, mediti prima di
dare il suo avviso ed eviti una risposta politica o di parte, usando
parole misurate sia pure per esprimere un giudizio severo, ma fondato
su argomentazioni giuridiche.
Il difetto in una tale condotta del senso dell’opportunità, nonché
la mancata previsione di un uso strumentale e incauto, o, addirittura,
480
della manipolazione da parte dei «mass media» della dichiarazione
resa sono ininfluenti agli effetti disciplinari.
Procedimento n. 301 - Sentenza del 29 ottobre 192 - Pres.
Galasso.
Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito.
Anche al magistrato, al pari di tutti gli altri cittadini, è garantito
l’esercizio del diritto di critica che per essere lecito non deve, per le
sue modalità di estrinsecazione o per l’operata falsificazione dei fatti,
provocare un’ingiustificata lesione: della considerazione di cui deve
godere il singolo magistrato, nonché della dignità e credibilità
dell’ordine giudiziario.
Quando, per il ritardo con cui si conclude il procedimento
disciplinare, risulti che i giudizi espressi dall’incolpato siano diventati
largamente diffusi tra i commentatori, anche per la sedimentazione
storica degli avvenimenti, la Sezione disciplinare non può tener conto
solo dell’avvenuta evoluzione del costume civile e politico e della
comune reazione dei cittadini in relazione ai fatti oggetto dei predetti
giudizi.
Rilevante è che anche nel contesto culturale, politico-istituzionale
di riferimento le prese di posizioni pubbliche dell’incolpato non
travalicarono in gratuite denigrazioni, diffamazioni personali o
disprezzo dei valori di rilievo costituzionale, atteggiandosi invece
come argomentate valutazioni critiche ancorate a fatti e vicende di
rilievo pubblico e, come tali, oggetto di intenso dibattito culturale e
politico.
Procedimento n. 301 - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres.
Galasso.
Libertà di critica - Limiti.
I magistrati godono degli stessi diritti di libertà garantiti agli
altri cittadini, nei limiti posti dalla legge e che trovino fondamento
in precetti e principi costituzionali.
481
Il diritto alla libera espressione del pensiero da parte del
magistrato incontra il limite segnato dalla considerazione che il
magistrato medesimo deve godere presso la pubblica opinione e dalla
dignità dell’intero ordine giudiziario che si concreta nella fiducia dei
cittadini verso la funzione giudiziaria e nella credibilità della stessa.
Nel procedere al bilanciamento tra gli interessi, la Sezione
disciplinare deve attenersi alla regola di sacrificare la libertà di
espressione nei limiti di stretta necessità.
Sono pertanto lecite le critiche anche estremamente dure ed
ingenerose verso l’attività giudiziaria ed i magistrati purché non
travalichino in falsità o in offese a magistrati o all’ordine giudiziario.
A maggior ragione sono privi di rilevanza disciplinare la
manifestazione di opinione, la valutazione di fatti e personaggi
pubblici, il giudizio su vicende giudiziarie o politiche che non
travalichino in gratuite denigrazioni, diffamazioni personali o
disprezzo dei valori di rilievo costituzionali, ma, al contrario,
appaiono quali argomentate valutazioni critiche ancorate a fatti e
vicende di rilievo pubblico, come tali, oggetto di intenso dibattito
culturale cui l’incolpato ha partecipato.
Procedimento n. 376 - Sentenza del 12 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Libertà di critica - Esercizio di diritto costituzionalmente garantito Libertà di manifestazione del pensiero - Opinione espressa come
gruppo associato - Limiti - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Fuoriesce dall’ambito della giurisdizione disciplinare la
valutazione dei profili di opportunità che vengono in gioco quando
il magistrato, come singolo o all’interno di un gruppo associato,
spendendo la sua qualità, intervenga nel dibattito intorno ad atti o
provvedimenti di altri magistrati.
Il diritto garantito dall’art. 21 Costituzione a tutti i cittadini spetta
anche ai magistrati, come singoli o come gruppi associati, con i limiti
e le modalità di esercizio discendenti dalla necessità di contemperarlo
con valori di rilievo costituzionale concernenti l’ordine giudiziario,
conformemente a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 100/81; costituiscono illecito disciplinare dichiarazioni in
482
se stesse offensive per la altrui reputazione, ovvero intimidatrici o
palesemente false o rivelatrici di parzialità o slealtà istituzionale.
Una critica anche dura, ma argomentata ed espressa nei modi
consentiti dalla necessaria corrispondenza delle parole ai concetti,
purché priva di espressioni di per sé offensive, non integra illecito
disciplinare, tanto più quando l’estraneità della volontà di offendere
risulta chiara dal fatto che i suoi autori abbiano evitato di riportare
i nomi dei magistrati componenti il Collegio che emise il
provvedimento criticato.
Procedimento n. 430 - Decisione del 19 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Libertà di critica - Dovere di fedeltà - Contenuto - Bilanciamento con
il diritto di libera manifestazione del pensiero.
Il dovere di fedeltà che, a norma dell’art. 54 comma 2° della
Costituzione, incombe sui magistrati come su ogni altro cittadino cui
sono affidate pubbliche funzioni, rende illecito per un magistrato
manifestare idee che implicano accettazione o comunque non rivelano
presa di distanze dalla valutazione positiva dell’uso della violenza
come strumento consentito per la realizzazione delle proprie istanze.
Nella fattispecie ipotizzata non si pongono problemi di bilanciamento
tra la libertà di manifestazione del pensiero ed il dovere di fedeltà,
apparendo quest’ultimo valore inequivocabilmente e fortemente
compromesso.
Procedimento n. 1/83 - Sentenza del 23 marzo 1984 - Pres. De
Carolis.
Libertà di critica - Limiti.
Il diritto di manifestazione del pensiero spetta ai magistrati come
agli altri cittadini, anche se tra i limiti che si traggono dalla
Costituzione va annoverato l’interesse alla considerazione e dignità
del singolo magistrato e dell’intero ordine giudiziario. Esula dal diritto
di manifestazione del pensiero, l’uso di espressioni offensive,
483
intimidatrici, palesemente contrarie a verità, ovvero rivelatrici di
parzialità o slealtà istituzionale.
Commette illecito disciplinare il magistrato che in un’intervista
muove senza prove accuse lesive dell’onorabilità professionale di
specifici magistrati in ordine a specifici procedimenti.
Procedimento n. 45/84 - Sentenza del 17 maggio 1985 - Pres.
Guizzi.
Libertà di critica - Conversazione con giornalista - Enunciazione del
ruolo dei difensori in processi di mafia - Insussistenza dell’illecito.
Non integra illecito disciplinare la mera enunciazione del
problema del ruolo dei difensori nei processi di mafia effettuata nel
corso di una conversazione con giornalisti.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che i giudizi denigratori nei
confronti di avvocati riportati nell’articolo di un quotidiano come
pronunciati dall’incolpato, non corrispondessero testualmente a
quanto dallo stesso incolpato dichiarato al giornalista e che, in
contrario, le frasi oggetto di incolpazione fossero tratte da una
pubblicazione di atti di un seminario organizzato dal Consiglio
superiore della magistratura per magistrati impegnati in processi
concernenti la criminalità mafiosa).
Procedimento n. 1/86 - Sentenza del 24 gennaio 1986 - Pres. De
Carolis.
Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito.
Affermare pubblicamente che la carenza dei poteri pubblici nella
soddisfazione di esigenze di primario interesse per la collettività, quale
quella connessa al problema abitativo, determina un aggravio dei
compiti del giudice, costituisce libero e non contestabile esercizio del
diritto di critica, da riconoscere ad ogni cittadino, anche se investito
di funzioni pubbliche, sempre che non comporti un collegamento con
la funzione esercitata dal quale possa derivare un danno o una
intimidazione per le persone nei cui confronti la critica è diretta.
484
Procedimento n. 39/83 - Sentenza del 16 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito.
Abusa del diritto alla libera manifestazione delle proprie opinioni
il magistrato che nel rilanciare dichiarazioni all’ANSA a commento di
una condanna riportata in sede disciplinare adopera espressioni prive
di valutazioni argomentate sia pure sommariamente e non caratterizzate dal tentativo di persuadere gli interlocutori attuali e potenziali, ma fortemente sconvenienti e scorrette, gravide di accuse denigratorie e di insinuazioni non verificabili, pur senza attingere agli estremi della ingiuria e della diffamazione. (Nella fattispecie le dichiarazioni contestate erano state le seguenti: «si tratta, per quanto mi riguarda di un tipico atto di ferocia istituzionale da dilettanti del potere, oltre tutto inutile perché non potrà reggere l’urto del ricorso per cassazione.
Nell’indifferenza dei garantisti, la lottizzazione di condanne ed
assoluzioni chiude questa caccia alle streghe in base a norme
retroattive dopo un processo illegale davanti ad un organo fuori legge.
Con questi ingredienti la cucina di Palazzo dei Marescialli non poteva
che sfornare pietanze da pattumiera: vedremo in Cassazione se, con
la sentenza, non finirà di cadere anche il collegio che l’ha emessa.
In ogni caso ci sono dei Giudici a Strasburgo, e davanti alla Giustizia
Europea lo Stato Italiano non farà bella figura»).
Procedimento n. 430 - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito.
In materia di libertà di manifestazione del pensiero i magistrati
godono della stessa libertà di tutti i cittadini, ma detta libertà è
condizionata dalle esigenze di bilanciamento con altri valori
costituzionalmente garantiti quali, in primo luogo, quelli
dell’imparzialità ed indipendenza della magistratura.
Al fine della concreta individuazione della linea scriminante tra
liceità della manifestazione del pensiero ed illiceità del suo abuso,
acquisiscono rilevante spessore, non tanto valutazioni di tipo contenu485
tistico, quali le opinioni espresse, quanto le forme, i tempi, le occasioni,
le modalità di estrinsecazione e perciò, i comportamenti critici complessivi alla stregua dei quali apprezzare la eventuale riprovevolezza da
parte della coscienza sociale.
(Nella specie si è ritenuto sussistere abuso del diritto di manifestazione del pensiero e di opinione per avere il magistrato espresso apodittici e generici giudizi offensivi verso la magistratura a presentazione
di un volume destinato all’autodifesa legale di militanti impegnati in
lotte di massa non escludenti il ricorso a forme di violenza).
Procedimento n. 264 - Sentenza del 30 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito.
L’imparzialità e indipendenza dei magistrati (artt. 101, comma
2° e 104 comma 1° Costituzione) sono valori tutelati non solo con
specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni
giurisdizionali, ma anche come regola deontologica da osservarsi in
ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente
dubitarsi dell’indipendenza ed imparzialità nell’adempimento di
compiti istituzionali.
Con tali valori deve confrontarsi il fondamentale diritto del
magistrato alla libertà di espressione del pensiero, allo stesso garantito
al pari di ogni cittadino.
(Nella specie, ritenuto che alcune frasi di un’intervista rilasciata
dal magistrato sembravano eccedere il limite della libera manifestazione del pensiero, se ne affermava la liceità in considerazione del complessivo contenuto dell’intervista e del contesto temporale in cui veniva resa).
Procedimento n. 287 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare accusare l’intera magistratura di
non essere indipendente ma soggetta invece a precisi disegni politici.
486
Siffatte dichiarazioni esulano infatti dai limiti della libertà di critica
alle decisioni di singoli giudici di collegi giudicanti.
(Nella fattispecie la magistratura era stata accusata di assecondare il progetto politico teso «a sbaraccare il movimento di avanguardia operaia facendo passare come prevaricatori gli studenti che militano nella sinistra rivoluzionaria»).
Procedimento n. 38/86 - Sentenza del 18 luglio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito.
La critica, per quanto deplorevole ed inopportuna, travalica i
limiti della libera manifestazione di opinione solo quando trasmoda
in offesa grave, gratuita o falsa.
(Nella specie era stato contestato al magistrato la pubblicazione
di un articolo, definito dall’accusa avventatamente critico o polemico,
nel quale si affermava tra l’altro che talune sentenze per delitti di
strage «svalutano prove e indizi concordanti la cui consistenza è sotto
gli occhi di tutti e la cui conoscenza andrebbe sempre più diffusa,
affermando concretamente il principio che il vero giudizio deve essere
dato dal popolo». All’esito del giudizio la Sezione ha in particolare
ritenuto che detta espressione, «lungi dall’affermare un principio
sostitutivo sul piano istituzionale processuale, si inquadra nell’analisi
e nella rielaborazione storica dei fatti cui all’inizio dell’articolo l’autore
accenna, per affidare al popolo il definitivo giudizio storico o politico
di responsabilità, quale che ne sia stata la sintesi processuale»).
Procedimento n. 50/85 - Sentenza del 7 novembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Intervista giornalistica - Limiti posti al magistrato
- Fattispecie di insussistenza dell’illecito.
Non può affermarsi la responsabilità disciplinare del magistrato
che si lasci intervistare sugli aspetti tecnici di una questione di
oggettiva eccezionalità senza che sia possibile, per il metodo
487
giornalistico usato, apprezzare se il magistrato abbia esorbitato o
meno dai limiti deontologici.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che fosse questione «di
oggettiva eccezionalità giuridica quella secondo cui più persone
imputate dello stesso grave reato venivano, per volontà
dell’ordinamento, tratte al giudizio di diversi e separati “giudizi” con
possibile contrasto finale di pronunzie»).
Procedimento n. 35/86 - Sentenza del 17 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Presunta intervista a quotidiano - Accertata
insussistenza della stessa - Esclusione dell’addebito.
È escluso l’illecito disciplinare nel caso della pubblicazione su
un quotidiano di un articolo presentato come intervista concessa dal
magistrato, quando risulti provato che lo stesso magistrato si sia
limitato ad un colloquio telefonico con il giornalista, astenendosi dal
pronunciare le critiche considerate disciplinarmente rilevanti.
Procedimento n. 15/87 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti.
I magistrati godono degli stessi diritti di libertà garantiti agli
altri cittadini, nei limiti posti dalla legge e che trovano fondamento
in precetti e principi costituzionali. Il diritto alla libera espressione
del pensiero da parte del magistrato incontra il limite segnato dalla
considerazione che il magistrato contro il limite medesimo deve
godere presso la pubblica opinione e dalla dignità dell’intero ordine
giudiziario che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione
giudiziaria e nella credibilità della stessa.
Nel procedere al bilanciamento tra gli interessi protetti con la
limitazione alla libertà di espressione e interesse sotteso a
quest’ultima, la Sezione disciplinare deve attenersi alla regola di
sacrificare la libertà di espressione nei limiti di stretta necessità.
488
Sono pertanto lecite le critiche anche estremamente dure ed
ingenerose verso l’attività giudiziaria ed i magistrati purché non
travalichino in falsità o in offese a magistrati o all’ordine giudiziario.
A maggior ragione sono privi di rilevanza disciplinare la
manifestazione di opinione, la valutazione di fatti e personaggi
pubblici, il giudizio su vicende giudiziarie o politiche che non
travalichino in gratuite denigrazioni, diffamazioni personali o
disprezzo dei valori di rilievi costituzionali, ma al contrario, appaiano
quali argomentate valutazioni critiche ancorate a fatti e vicende di
rilievo pubblico, come tali, oggetto di intenso dibattito culturale cui
l’incolpato abbia partecipato.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che l’incolpato nell’esternare
dure critiche alla gestione della Procura presso la quale prestava
servizio non aveva travalicato i limiti sopra fissati).
Procedimento n. 48/85 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti.
Nell’esercizio del diritto di critica il magistrato è gravato da un
preciso obbligo di correttezza che gli impone sia di rispettare in ogni
caso la verità storica, sia di riferire i fatti in guisa da non falsarne
il senso nella rappresentazione dei lettori.
Procedimento n. 32/87 - Sentenza del 16 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti oggettivi e soggettivi all’esercizio del diritto Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
L’esercizio del diritto di critica riconosciuto dall’art. 21 della
Costituzione, pur non soffrendo preclusioni è condizionato da criteri
oggettivi, attinenti alla qualità delle persone e delle istituzioni criticate
e da criteri soggettivi riguardanti il particolare status ed i conseguenti
doveri di chi intende esercitarlo. (Nella specie si è ritenuto non
provato che la denuncia di una persistente assenza dello Stato nella
489
lotta alla droga, avanzata dall’incolpato, nel corso di un incontro con
la Comunità di S. Patrignano avvenuto dopo la condanna del suo
animatore Muccioli, eccedesse dai limiti del diritto di critica).
Procedimento n. 65/87 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Dichiarazioni alla stampa - Utilizzo distorto Insussistenza dell’illecito.
Non sussiste lesione al dovere di correttezza e riservatezza
quando le dichiarazioni rese dall’incolpato ad un giornalista vengono,
per il tramite di un calcolato collage, spezzettate e inserite in un
contesto diverso da quello in cui erano state rese, in modo da
renderne il senso finale del tutto diverso da quello originario.
(Nella specie la Sezione ha accertato che i più pesanti giudizi
addebitati all’incolpato erano palesemente da attribuire all’autore del
servizio giornalistico).
Procedimento n. 88/87 - Sentenza del 22 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Espressioni irriguardose nei confronti dei sostenitori
di tesi avversate dall’estensore di provvedimenti giurisdizionali Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’uso nei provvedimenti
giurisdizionali di espressioni irriguardose per i sostenitori di tesi
avversate dall’estensore, che travalichino l’ambito della critica anche
dura, ma ragionata, insieme essenza e limite di ogni motivazione.
Procedimento n. 7/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Dubbio sul tenore delle dichiarazioni rese Esclusione dell’addebito.
490
Deve essere escluso l’addebito quando — essendo pacifico che le
opinioni espresse dall’incolpato in una trasmissione televisiva siano
state trasfuse in quest’ultima in modo parziale e «mixate» nell’ambito
di un più generale lavoro di montaggio — non sia possibile acquisire
prova certa delle dichiarazioni tutte e del contesto in cui furono rese.
Nella specie trattavasi di dichiarazioni concernenti il tema della
riforma carceraria.
Procedimento n. 30/88 - Sentenza del 10 febbraio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Indipendenza ed imparzialità del giudice Bilanciamento degli interessi - Limiti derivanti dall’uso di
espressioni offensive o false - Ricostruzione critica ma non
arbitraria di vicenda processuale - Illecito disciplinare Insussistenza.
Rientra nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di critica
ricostruire in un saggio le vicende di un processo evidenziandone i
guasti provocati da una criticabile e criticata gestione, purché le
affermazioni risultino non arbitrarie né denigratorie bensì motivate
e basate su dati di fatto obiettivi.
Procedimento n. 264/R.G. - Sentenza del 30 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito.
La libera manifestazione del pensiero si caratterizza per il fatto
di essere controvertibile, di produrre discussione, dissenso, dialettica
delle idee.
Non costituisce illecito disciplinare ricorrere ad argomenti
discutibili per motivare giudizi di valore e valutazioni storicopolitiche, quando non siano contraddetti i valori di indipendenza e
di imparzialità della giurisdizione.
(Nella specie all’incolpato era stato contestato:
a) di essere intervenuto il 24 novembre 1971 nella Sala Farnese
491
del Palazzo Farnese del Palazzo Comunale di Bologna, a un pubblico
dibattito sul tema «Pinelli; una finestra sulla strage», preannunciato
dalla stampa e da manifesti nei quali era precisato che il dibattito
sarebbe stato introdotto da Camilla Cederna, giornalista, da Mario
Capanna, dirigente del movimento studentesco milanese, da Federico
Governatori, magistrato e da Carlo Smuraglia, difensore della famiglia
Pinelli e, in particolare, per aver esordito in detto dibattito affermando
che lo stesso aveva come oggetto «La morte di Pinelli o meglio
l’omicidio» del medesimo; di aver, poi, criticato, oltre l’operato della
polizia, anche quello dei magistrati che lo avevano approvato, ed
affermato: che la morte del Pinelli doveva essere considerata un
«omicidio per conto terzi»; che la responsabilità della strage di Milano
doveva attribuirsi ad elementi fascisti; che il commissario di P.S.
Calabresi poteva essere definito «commissario finestra»;
b) di aver rilasciato una dichiarazione, pubblicata l’11 dicembre
1971 dai quotidiani «Avvenire», «Il Resto del Carlino», «La Stampa»,
e »L’Unità», contenente, tra l’altro, le seguenti affermazioni: «non è
certo la prima volta, le seguenti affermazioni: «non è certo la prima
volta e non sarà nemmeno l’ultima — almeno per qualche tempo ancora — che si cerca scioccamente di intimidire quei magistrati che intendono manifestare pubblicamente la loro opinione sulla natura classista
della Giustizia italiana. Queste minacce di processi penali e di
procedimenti disciplinari non hanno avuto né possono ottenere effetto
su quanti aderiscono a magistratura democratica e pensano di poter
contribuire, anche come giudici, ad una diversa, meno formalistica e
più sostanziale giustizia... con l’analisi dei legami esistenti tra l’azione
incostituzionalmente repressiva di molti giudici e la manovra più
ampiamente e scopertamente politica di fare regredire le forze che
sempre più prendono coscienza delle possibilità di trasformazione
della società e che per questo scopo operano); «dopo il dibattito, ieri,
sono stato convocato perché rendessi ragione di ciò che ho detto. Ho
già detto che non intendo giustificarmi nel chiuso di stanze e al
segreto, per giunta di cose che sono pronto a rifare oggi stesso»).
Procedimento n. 4/89 - Sentenza del 20 ottobre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Insussistenza dell’illecito.
492
L’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero in modo
formalmente corretto, con espressioni contenute e pertinenza di
argomenti, deve considerarsi insindacabile disciplinarmente.
(Nella specie all’incolpato era stato contestato di avere, in un
articolo apparso sul quotidiano La Repubblica, o mosso severe
critiche contro l’iniziativa disciplinare a carico di 11 magistrati in
servizio presso gli Uffici Giudiziari di Bologna, scrivendo tra l’altro:
«... Chi sono i magistrati imputati? Non certo quelli che esercitano
burocraticamente la loro funzione, che si nascondono dietro le
statistiche e magari lasciano le pratiche più scottanti nei cassetti»).
Procedimento n. 47/88 - Sentenza del 26 gennaio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Libertà di critica - Limiti - Sussistenza dell’illecito.
Commette grave illecito disciplinare il magistrato che, quale
estensore della sentenza di riforma di un provvedimento di condanna,
a prescindere dallo stile della motivazione e dalla intenzione di
offendere i giudici di primo grado, adotta frasi che, per la loro
genericità e per il fatto che attingono, indiscriminatamente, la
generalità dei magistrati, risultano pesantemente delegittimati in
quanto idonee ad indurre i cittadini nella convinzione che la
giurisdizione, ove ricorrano situazioni di emergenza, venga meno alla
funzione sua propria di garanzia di valori primari della persona,
alludendo, per di più, ad un consapevole tradimento dei doveri del
giudice ed a gravi illegalità (nella parte motiva della sentenza leggesi,
fra l’altro, che «... la conseguenza è che qualcuno non riesce a trovare
sulla sua strada giudici che gli rendano giustizia ma solo aguzzini e
carnefici...»).
493
494
20 — PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
495
496
Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Procedimento disciplinare - Norme processuali del r.d.l. 31 maggio 1946,
n. 511 - Preteso contrasto con l’art. 108 Cost., nella parte in cui
dispone che le norme sull’ordinamento giudiziario sono stabilite
con legge - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta
infondatezza.
Procedimento disciplinare - Atti istruttori compiuti anteriormente
all’istituzione del Consiglio superiore - Validità.
Procedimento disciplinare - Potere della Sezione disciplinare di emettere
una sentenza di proscioglimento istruttorio - Sussistenza Conforme richiesta del pubblico ministero - Necessità.
Procedimento disciplinare - Ordine di comparizione emesso secondo le
norme del precedente ordinamento - Mancata comparizione
dell’incolpato - Proposizione di ricorso per cassazione avverso
l’ordine di comparizione - Presunzione di conoscenza.
Procedimento disciplinare - Esame dei testi in istruttoria - Omessa
trascrizione della formula del giuramento - Nullità - Insussistenza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 per contrasto con l’art. 108
della Costituzione secondo cui le norme sull’ordinamento giudiziario
devono essere stabilite con legge. Infatti l’anzidetto decreto legislativo
fu emanato in base al regime costituzionale provvisorio regolato
dall’art. 4 r.d.l. Lgt. 25 giugno 1944, n. 151, in virtù del quale fino
all’entrata in funzione del nuovo Parlamento i provvedimenti con
497
forza di legge potevano essere deliberati dal Consiglio dei ministri.
Gli atti del procedimento disciplinare, compiuti anteriormente
alla istituzione del Consiglio superiore della magistratura, dai
procuratori generali delle corti d’appello, dai commissari istruttori e
dai consigli giudiziari, conservano la loro validità nelle fasi del
procedimento successive all’insediamento della Sezione disciplinare;
ciò a norma dell’art. 70 del d.p.r. 16 settembre 1958, n. 916.
Non è applicabile al procedimento disciplinare a carico dei
magistrati la disposizione dell’art. 372 c.p.p., che consente al giudice
istruttore di rinviare a giudizio o di prosciogliere l’imputato secondo
la valutazione autonoma che egli stesso può fare delle risultanze
istruttorie. La potestà dell’organo disciplinare, invece, è vincolata alla
richiesta del p.m., per cui può dichiararsi non farsi luogo a procedere
a carico dell’incolpato solo se vi sia la conforme richiesta del p.m.;
altrimenti deve fissarsi il giorno della discussione orale (art. 33 R.D.L.
31 maggio 1946, n. 511). Pertanto nei procedimenti disciplinari l’istruzione formale non si chiude con sentenza di rinvio a giudizio.
Nel caso in cui il magistrato incolpato sia stato invitato — con
ordine di comparizione — a presentarsi avanti al commissario
istruttore legittimamente investito della potestà disciplinare in base
all’ordinamento in quel tempo vigente e non abbia ottemperato
all’invito proponendo, invece, ricorso per cassazione contro
quell’ordine, la proposizione del ricorso dà conferma della esistenza
dell’ordine di comparizione rimasto senza effetto.
Non sussiste alcuna violazione di legge nel caso in cui nei verbali
di interrogatorio di testi in istruttoria, pur risultando che gli stessi
abbiano prestato il prescritto giuramento, non sia integralmente
trascritta — per ragioni di brevità — la formula di rito.
Procedimento n. 32 - Sentenza del 14 ottobre 1961 - Pres. De
Pietro.
Procedimento disciplinare - Principio del ne bis in idem - Applicabilità
Provvedimento adottato dal Ministro di grazia e giustizia - Inizio
dell’azione disciplinare per i medesimi fatti - Improcedibilità.
Anche nel procedimento disciplinare trova applicazione per
analogia il principio generale del «ne bis in idem» stabilito dall’art.
498
90 c.p.p. e ciò per il rinvio che il R.D. n. 511/1946 fa alle norme del
processo penale.
Pertanto al procuratore generale presso la Corte suprema di
cassazione è precluso il promovimento del procedimento disciplinare
in ordine ai medesimi fatti già vagliati dal Ministro, prima dell’entrata
in vigore della legge n. 195/1958, e per i quali non si sia ritenuto di
iniziare il procedimento.
Procedimento n. 40 - Sentenza del 15 dicembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Procedimento disciplinare - Causa di estinzione dell’illecito - Omesso
rilievo - Deducibilità del vizio dopo il giudicato - Inammissibilità.
Nel procedimento disciplinare, il mancato rilievo, da parte del collegio, di una causa estintiva del procedimento concreta un vizio della
sentenza che, se non dedotto come motivo di impugnazione, è assorbito
e coperto dal giudicato il quale travolge il dedotto e il deducibile.
Procedimento n. 169 - Sentenza del 15 maggio 1970 - Pres.
Amatucci.
Procedimento disciplinare - Pubblicità della discussione - Esclusione Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta
infondatezza.
Non è manifestamente infondata la questione di costituzionalità
dell’art. 34 comma 2° del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 nella parte
in cui esclude la pubblicità della discussione nei procedimenti, in
quanto tale norma sembra contrastare con il principio della pubblicità
dei dibattimenti giudiziari quale si evince dagli artt. 101, 104 e 24
della Costituzione. (La questione è stata ritenuta infondata dalla Corte
Costituzionale con la successiva sentenza n. 12 del 1971).
Procedimento n. 170 - Sentenza del 12 maggio 1970 - Pres.
Amatucci.
499
Procedimento disciplinare - Scelta del rito istruttorio da parte del
procuratore generale - Applicabilità delle norme processuali penali
- Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale delle norme che regolano l’azione disciplinare per ciò
che riguarda la scelta del rito istruttorio da parte del procuratore
generale in quanto devono ritenersi applicabili le norme dettate per
l’istruzione dei procedimenti penali dalla legge 7 novembre 1969, n.
780 e pertanto, non sussistendo discrezionalità per la scelta del rito,
non può considerarsi violato il principio del giudice naturale.
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Procedimento disciplinare - Prova della responsabilità - Irrilevanza dei
sospetti e delle dicerie.
La responsabilità disciplinare del magistrato non può fondarsi
su sospetti e dicerie non giustificati da fatti concreti e precisi.
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Procedimento disciplinare - Prova della responsabilità - Fattispecie.
Nessun giudizio della Sezione disciplinare può seriamente
fondarsi su indagini non svolte direttamente dal magistrato, richiesto
dal Consiglio superiore della magistratura, ma da questi affidate ai
Carabinieri e concretatesi in un «appunto anonimo» contenente
notizie vaghe e generiche raccolte anche presso «informatori» non
altrimenti indicati, e non confortate da prove espletate nel corso
dell’istruttoria.
Procedimento n. 220 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
500
Procedimento disciplinare - Richiesta di certificato attestante il lavoro
svolto dal magistrato - Non costituisce atto istruttorio al quale può
assistere il difensore.
La richiesta del procuratore generale presso la Corte di Cassazione che precede ad istruttoria sommaria e il conseguente rilascio
da parte della cancelleria di un ufficio giudiziario di certificati relativi
ai lavori svolti da magistrati incolpati di ritardi nel deposito delle
sentenze e delle ordinanze, non possono essere considerati atti
istruttori ai quali possono assistere i difensori, ai sensi dell’art. 304
bis c.p.p.
Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Procedimento disciplinare - Esclusione della assistenza del difensore
nella fase istruttoria - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata in relazione all’art. 24 della
Costituzione, l’eccezione di illegittimità costituzionale, dell’art. 32 del
R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 nella parte in cui esclude l’assistenza
del difensore nella fase istruttoria del procedimento disciplinare, sia
per la particolare natura del procedimento sia per il possesso di una
specifica capacità tecnica da parte dell’incolpato.
Procedimento n. 227 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Procedimento disciplinare - Applicabilità delle norme processuali penali
- Limiti.
Il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, pur
avendo carattere giurisdizionale, non è del tutto assimilabile, in
relazione al suo oggetto e contenuto, al procedimento giudiziario le
cui regole, quindi, sono applicabili soltanto nei limiti in cui sono
compatibili con la natura del procedimento disciplinare.
501
Procedimento n. 227 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Procedimento disciplinare - Esclusione della assistenza del difensore
nella fase istruttoria - Questione di legittimità costituzionale Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata, in relazione all’art. 24, comma
secondo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 32 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui,
richiamando le norme che regolano la istruzione dei procedimenti
penali, soltanto in quanto compatibili, preclude l’assistenza del
difensore nella fase istruttoria; l’esigenza che la parte interessata sia
assistita da un difensore in tutti i momenti del procedimento non si
riscontra nella materia in oggetto, sia per la sua natura, sia perché
lo stesso incolpato possiede quella capacità tecnica che può essere
necessaria.
Procedimento n. 211 - Sentenza del 2 marzo 1973 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Eccezione di prescrizione - Assoluzione con
formula piena nel merito - Prevalenza.
La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in un procedimento disciplinare a carico di magistrato non deve
esaminare la sussistenza di eventuali cause di estinzione della
incolpazione se negli atti sussiste già la prova dell’innocenza
dell’incolpato. (Applicazione analogica dell’articolo 152 c.p.p.;
assoluzione perché il fatto non costituisce illecito disciplinare,
analogia con la formula: fatto non costituisce reato).
Procedimento n. 211 - Sentenza del 24 maggio 1973 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Omissione della comunicazione giudiziaria
prevista dall’art. 304 c.p.p. - Nullità assoluta degli atti istruttori
anteriormente compiuti e di quelli successivi in rapporto di
dipendenza sostanziale con essi - Sussistenza.
502
Anche per i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati,
l’omissione della comunicazione giudiziaria prevista dall’art. 304
c.p.p. — la cui normativa deve ritenersi estesa a quei procedimenti
in base al richiamo dell’art. 32, comma terzo del R.D.L. 31 maggio
1946, n. 511 — importa, ai sensi dell’art. 185, primo comma, n. 3, e
2° comma, c.p.p., la nullità assoluta degli atti istruttori anteriormente
compiuti e di quelli successivi che si trovino in rapporto di
dipendenza sostanziale con essi, salvo che siano intervenuti atti
equipollenti alla comunicazione. Tale nullità, nella fase degli atti
preliminari del giudizio, può essere dichiarata con ordinanza dal
presidente del collegio giudicante, ai sensi dell’art. 411 c.p.p.
Procedimento n. 194 - Sentenza del 12 ottobre 1973 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Correzione di errori materiali - Procedura
della correzione degli errori materiali delle sentenze penali Applicabilità.
In forza del combinato disposto dagli artt. 32 e 34 del R.D.L. 31
maggio 1946, n; 511, è applicabile ai procedimenti disciplinari la
procedura della correzione degli errori materiali prevista per le
sentenze penali.
Procedimento n. 280 - Sentenza del 26 ottobre 1973 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Nullità degli atti istruttori compiuti Impossibilità di procedere all’archiviazione.
La dichiarazione di nullità degli atti istruttori compiuti e la
conseguente restituzione degli atti al procuratore generale presso la
Corte di Cassazione, per la rinnovazione e rettificazione degli atti
nulli, non travolge il già avvenuto esercizio dell’adozione disciplinare,
per cui non è possibile procedere ad archiviazione.
Procedimento n. 245 - Sentenza del 15 gennaio 1974 - Pres.
Bosco.
503
Procedimento disciplinare - Sospensione per impedimento dell’imputato
- Condizioni.
Nel procedimento disciplinare, come in quello penale, il dibattimento può essere sospeso soltanto quando a norma dell’art. 497 c.p.p.
«è provato che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento». (Nella fattispecie si è ritenuto costituisca prova dell’impedimento il mero invio di un telegramma con il
quale l’incolpato, nel denunciarsi, costretto a letto per una malattia,
si sia limitato a preannunciare l’invio di un certificato medico).
Procedimento n. 240 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Rigetto da parte del procuratore generale
della richiesta di passaggio al rito formale - Ricorso alla sezione
disciplinare - Inammissibilità.
È inammissibile il ricorso alla Sezione disciplinare del Consiglio
superiore della magistratura proposto avverso il decreto del
procuratore generale presso la Corte di Cassazione con il quale sia
stata rigettata la richiesta di passaggio dalla istruttoria sommaria a
quella formale.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Art. 389 c.p.p. modificato dalla legge n. 780
del 1969 - Inapplicabilità.
L’art. 389 c.p.p. così come modificato dalla legge n. 780 del 1969
non è applicabile nel procedimento disciplinare in quanto
incompatibile con la particolare struttura del procedimento stesso,
sia perché non esiste l’organo che dovrebbe decidere sul ricorso contro
il provvedimento stesso, sia perché la scelta del rito non è ancorata
a particolari condizioni obiettive.
Procedimento n. 284 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres. Bosco.
504
Procedimento disciplinare - Rigetto da parte del procuratore generale
della richiesta di passaggio al rito formale - Ricorso alla Sezione
disciplinare - Inammissibilità.
È inammissibile il ricorso alla Sezione del Consiglio superiore
della magistratura proposto avverso il decreto del procuratore generale presso la Corte di Cassazione con il quale sia stata rigettata la
richiesta di passaggio dall’istruttoria sommaria a quella formale.
Procedimento n. 284 - Sentenza del 12 marzo 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Art. 389 c.p.p. modificato dalla legge n. 780
del 1969 - Inapplicabilità.
L’art. 389 c.p.p. così come modificato dalla legge n. 780 del 1969
non è applicabile nel procedimento disciplinare in quanto incompatibile con la particolare struttura del procedimento stesso, sia perché
non esiste l’organo che dovrebbe decidere sul ricorso contro il provvedimento stesso (in quanto la nomina del Commissario istruttore
avviene solo dalla richiesta formale formulata dal procuratore
generale, sia perché la scelta del rito non è ancorata a particolari
condizioni obiettive, sicché la richiesta di mutamento di rito non
sarebbe giustificata e condizionata dalla ritenuta non sussistenza di
determinati requisiti la cui mancata predeterminazione renderebbe
inattuabile un controllo di legalità sulla scelta).
La richiesta del magistrato incolpato in un procedimento disciplinare di mutamento dell’istruttoria sommaria informale non può
trovare fondamento nel timore di un’inadeguata tutela del diritto di
difesa, poiché nel procedimento disciplinare l’istruttoria sommaria si
svolge con le medesime garanzie di difesa che vigono nell’istruttoria
sommaria del processo penale e in aderenza ai principi costituzionali
mentre, successivamente, la cognizione della Sezione disciplinare del
Consiglio superiore della magistratura non si limita alla valutazione
delle prove acquisite nella fase istruttoria ma si esplica con ampia
facoltà di indagine diretta anche all’acquisizione di nuove prove mediante l’istruttoria dibattimentale il che consente di eliminare
eventuali inesattezze e lacune.
505
Procedimento n. 286 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Indeterminatezza degli episodi da cui
traggono origine le imputazioni - Possibilità dell’incolpato di avere
egualmente l’esatta conoscenza degli addebiti e di esplicare
adeguatamente le proprie difese - Nullità - Esclusione.
Non sussiste nullità del procedimento disciplinare per l’asserita
indeterminatezza degli episodi da cui traggono origine le imputazioni,
se dalla sola lettura dell’atto di incolpazione emerge che i fatti addebitati sono enunciati con riferimento a precise circostanze di
tempo, di luogo e di azione, sicché l’incolpato possa avere una esatta
conoscenza degli addebiti ed esplicare adeguatamente le proprie
difese.
Procedimento n. 286 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 - Mancata
conversione in legge - Decadenza ed inefficacia ex nunc - Questione
di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale dell’intero R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, sotto il
riflesso che trattasi di un atto emanato dal potere esecutivo, decaduto
ed inefficace ex nunc, per non essere mai stato convertito in legge.
Invero, il testo normativo di che trattasi non è un decreto-legge, ma
un decreto legislativo per il quale non si richiede la conversione in
legge e se tale decreto legislativo fu emanato dal Governo, avvalendosi
della facoltà di emettere norme giuridiche conferitagli da un decretolegge (26 giugno 1944, n. 151) che, come tale, doveva essere convertito
in legge, sta di fatto che tale conversione fu disposta mediante la
quindicesima disposizione transitoria della Costituzione, con l’effetto
che il detto decreto-legge deve essere ritenuto efficace per tutto il
periodo di tempo in cui ha avuto vigore né il decreto legislativo 31
maggio 1946, n. 511, può rientrare nella previsione dell’art. 6 del
decreto legislativo 18 marzo 1946, n. 98, che disponeva che i
provvedimenti legislativi deliberati durante il periodo della
Costituente e fino alla convocazione del Parlamento dovevano essere
506
sottoposti a ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua
entrata in funzione, essendo stato deliberato prima delle elezioni per
l’Assemblea costituente, avvenute il 2 giugno 1946.
Procedimento n. 33 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Mancata indicazione nella sentenza di
merito della decorrenza della sanzione - Proponibilità della
questione come incidente di esecuzione.
La determinazione della decorrenza della sanzione che non sia
stata fissata con la sentenza di merito, non può essere richiesta con
una istanza di revisione, ma può formare oggetto di un incidente di
esecuzione.
Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Decreto di fissazione della discussione orale
- Nullità assoluta - Condizioni per la sussistenza - Incertezza
assoluta dei fatti addebitati - Precisazione dell’addebito nei suoi
elementi essenziali - Esclusione della nullità.
Il decreto di fissazione della discussione orale, emesso dal
Presidente della Sezione disciplinare, è nullo solo se sussiste
incertezza assoluta sui fatti che hanno determinato la incolpazione,
sicché ne risulti pregiudicata ogni possibilità di difesa dell’incolpato
(applicazione dell’art. 412 c.p.p., compatibile con il procedimento
disciplinare).
Ad evitare il pregiudizio non si richiede una precisa e puntuale
specificazione dei fatti nei loro particolari, ma è sufficiente la
sostanziale indicazione della materialità dei fatti con il richiamo
all’azione commessa.
Non sussiste incertezza assoluta dei fatti e quindi nullità sempre
che l’incolpato sia stato posto in condizione di conoscere, con
sufficiente precisione, nei loro elementi essenziali, i fatti che gli
vengono addebitati e da cui deve difendersi.
507
Procedimento n. 247/254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Estensibilità delle norme relative al
procedimento disciplinare previsto per gli impiegati dello Stato Esclusione.
Il procedimento disciplinare relativo ai magistrati trova il suo
compiuto regolamento nelle disposizioni legislative che lo
contemplano (R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511; legge 24 marzo 1958,
n. 195; D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916) e non possono ad esso
estendersi norme di incompatibilità, perché relative a un
procedimento quale quello previsto per gli impiegati dello Stato,
diverso sotto il profilo strutturale e funzionale. (Esclusione della
prescrizione o decadenza previste per l’azione disciplinare a carico
di impiegati dello Stato).
Inoltre, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, non è più
concepibile il richiamo allo statuto degli impiegati dello Stato operato
dall’art. 276 dell’Ordinamento del 1941, in quanto lo stesso art. 384
del nuovo statuto fa salve le disposizioni speciali per gli addetti agli
uffici giudiziari, tra cui sono compresi i magistrati.
Procedimento n. 247-254 - Sentenza del 23 aprile 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Dibattimento a porte chiuse - Questione di
legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale dell’art. 34, II comma, del R.D.L. 31 maggio 1946, n.
511, nella parte in cui dispone che il dibattimento del procedimento
disciplinare a carico di magistrati abbia luogo a porte chiuse, sollevata
in relazione agli artt. 101, 104 e 24 della Costituzione, in quanto la
regola della pubblicità dei dibattimenti può avere valore rilevante per
il processo penale ma non lo ha nel procedimento disciplinare relativo
ai magistrati, il quale, pur essendo predisposto in funzione della tutela
dell’indipendenza del magistrato, non necessariamente soggiace a
tutte le regole del processo penale, in quanto il legislatore ha ritenuto
508
prevalente la tutela di altri rilevanti interessi pubblici che travalicano
quello del singolo magistrato quale il prestigio dell’Ordine giudiziario
in relazione alla fiducia in esso riposta dai cittadini; né può valere
a distruggere tale prevalenza di interessi più generali la circostanza
che i fatti posti a base dell’incolpazione consistono in attività svolte
in modo palese.
(L’eccezione di incostituzionalità era stata prospettata sotto il
riflesso che, da un verso, è riconosciuto che la giurisdizionalizzazione
del procedimento disciplinare è intesa alla rigorosa tutela del
magistrato, e, dall’altro, è prevista l’applicabilità di una norma —
processo a porte chiuse — qualificata come limitazione di quella
tutela, a cagione di interessi non definiti come beni di rilevanza
costituzionale, mentre potrebbe essere anche sacrificato il diritto della
difesa, che è diritto proprio alla tutela della indipendenza del singolo
magistrato, per interessi la cui valutazione è rimessa alla discrezione
del legislatore ordinario.
Procedimento n. 302 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Pregiudizio dei diritti di difesa dell’incolpato
derivante dall’inapplicabilità della normativa dell’art. 396 c.p.p. Insussistenza - Procedimento disciplinare - Salvaguardia dei diritti
di difesa - Elencazione delle concrete condizioni.
L’inapplicabilità nel procedimento disciplinare del disposto
dell’art. 396 c.p.p., che discende dalla sua incompatibilità con le
peculiarità della procedura, non pregiudica, in alcun modo, i diritti
di difesa dell’incolpato, che trovano anche nel procedimento
disciplinare la più ampia tutela. In particolare tali diritti sono
idoneamente salvaguardati, quando sia rigorosamente rispettata la
regola del contraddittorio e quando siano concretamente assicurate
al magistrato: a) la facoltà di difendersi, mediante informazione, sin
dall’inizio della procedura, circa l’esercizio dell’azione disciplinare nei
suoi confronti, e, mediante l’invito, a nominarsi un difensore, in
conformità al disposto dell’art. 304 c.p.p.; b) la possibilità di conoscere
prima della fissazione dell’udienza di discussione orale, attraverso
una precisa contestazione dei fatti, l’oggetto della incolpazione; c) e,
infine, la possibilità di esporre gli argomenti a propria discolpa.
509
Procedimento n. 302 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Interrogatorio obbligatorio dell’incolpato Applicabilità dell’art. 396, u.c. c.p.p. - Esclusione.
Nel procedimento disciplinare a carico di magistrati non trova
applicazione l’art. 396 u.c. c.p.p. (interrogatorio obbligatorio dell’incolpato) per la sua incompatibilità con il detto procedimento, in
quanto, nel corso di esso, nei confronti dell’incolpato, non può essere
emesso alcun ordine o mandato di comparizione o mandato di accompagnamento che possano assicurare la sua presentazione anche coatta; conseguentemente, proprio in conseguenza della mancata previsione normativa della presentazione coatta, dalla mancata presentazione spontanea dell’incolpato, deriverebbe la paralisi dell’istruttoria
e dell’ulteriore corso dell’azione disciplinare. Nel detto procedimento
disciplinare i diritti di difesa dell’incolpato sono salvaguardati con il
rispetto della regola del contraddittorio e con l’assicurazione della
facoltà di difesa fin dall’inizio della procedura (comunicazione
dell’esercizio dell’azione disciplinare; possibilità di nomina di un
difensore-magistrato; conoscenza dell’oggetto della incolpazione;
possibilità di presentazione di discolpe anche per iscritto).
Procedimento n. 262 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Scelta del rito istruttorio - Inapplicabilità
delle norme processuali penali - Richiesta del magistrato imputato
che si proceda con rito formale - Inammissibilità del ricorso alla
Sezione disciplinare.
È inammissibile il ricorso con il quale il magistrato sottoposto a
procedimento disciplinare chiede che a suo carico si proceda con
istruzione formale anziché con istruzione sommaria; la particolare
struttura del procedimento disciplinare — nel quale il consigliere
istruttore viene nominato soltanto dopo la richiesta dell’istruzione
formale da parte del pubblico ministero e nel quale la scelta del rito
non è ancorata a predeterminate condizioni obiettive — esclude,
infatti, l’applicabilità dell’art. 389 c.p.p. nella parte in cui concede
all’imputato la facoltà di richiedere al pubblico ministero che si
510
proceda con istruttoria formale e di ricorrere avverso l’eventuale
rifiuto.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Estensione delle norme relative all’istruzione
dei procedimenti penali - Limitazione al compimento delle attività
istruttorie dirette all’acquisizione delle prove.
Il richiamo contenuto nel terzo comma dell’art. 32 del R.D.L. n.
511 del 1946 («per l’istruzione si osservano, in quanto compatibile,
le norme relative alla istruzione dei procedimenti penali») deve
intendersi riferito unicamente al compimento delle attività istruttorie
dirette all’acquisizione delle prove e non anche al successivo passaggio
dalla fase istruttoria a quella del dibattimento, poiché all’uopo
provvede l’articolo 33 dello stesso R.D.L., con una normativa che
differisce in maniera sostanziale da quella del cod. proc. pen., e non
prevede affatto che l’incolpato debba, a pena di nullità, essere stato
interrogato prima del rinvio al dibattimento.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Applicabilità della normativa dell’art. 396,
3° comma, c.p.p. - Esclusione.
Non può trovare puntuale applicazione nel procedimento
disciplinare a carico dei magistrati l’art. 396 c.p.p., 3° comma, in
quanto tale norma parifica all’interrogatorio, al fine di escluderne la
nullità, l’enunciazione del fatto in un ordine senza effetto, mentre
nel procedimento disciplinare, non sono ammissibili atti di
coercizione personale, quali gli ordini e i mandati. Occorrerà,
pertanto, per rendere applicabile, nel procedimento disciplinare a
carico di magistrati, la citata norma processuale un adattamento della
stessa alle peculiari caratteristiche di quel giudizio disciplinare.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
511
Procedimento disciplinare - Decreto di archiviazione - Natura
giurisdizionale - Necessità di motivazione.
I decreti di archiviazione, in quanto incidono sull’azione penale,
escludendone la promovibilità, hanno natura giurisdizionale, e
devono, pertanto, essere motivati, secondo l’art. 111 della Costituzione.
Procedimento n. 257 - Sentenza del 28 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Effettuazione di atti istruttori e fissazione
della discussione orale senza il preventivo interrogatorio
dell’incolpato - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta
infondatezza.
È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale degli artt. 32 e 33 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511,
sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto
quelle norme consentono, nei procedimenti disciplinari a carico dei
magistrati, che vengano effettuati atti istruttori e sia conseguentemente fissata la discussione orale, senza il necessario preventivo
interrogatorio dell’incolpato. Non sussiste, infatti, l’asserito contrasto
con l’art. 3 Cost., in quanto il principio di eguaglianza può dirsi violato
solo se siano disciplinate diversamente situazioni oggettivamente
uguali, mentre la disciplina del procedimento disciplinare a carico
dei magistrati è identica per tutti gli incolpati e le differenze esistenti
tra tale disciplina e quella del procedimento penale trovano adeguata
giustificazione nella sostanziale diversità, sia sotto il profilo
strutturale, che funzionale, dei due istituti. Non sussiste neppure il
contrasto con l’art. 24 Cost., perché da nessuna norma della
Costituzione può desumersi che la tutela del diritto di difesa, nei
procedimenti disciplinari a carico dei magistrati, debba
necessariamente esplicarsi mediante l’interrogatorio dell’incolpato nel
corso dell’istruttoria.
Procedimento n. 253-288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres.
Bosco.
512
Procedimento disciplinare - Estensione della normativa dell’art. 389 4°,
5° e 6° comma c.p.p. - Esclusione.
La normativa dell’art. 389, quarto, quinto e sesto comma c.p.p.,
la cui applicazione non può prescindere dalla presenza e dalla
partecipazione attiva al rito del giudice istruttore, non è estendibile
al procedimento disciplinare, per il fondamentale rilievo che in tale
procedimento non è previsto, in modo stabile e permanente, un
organo corrispondente al giudice istruttore nel processo penale.
Procedimento n. 253-288 - Sentenza del 29 maggio 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Individuazione dell’oggetto della
incolpazione - Sufficienza dell’indicazione della norma violata e
dalla precisa indicazione del fatto.
Sono sufficienti elementi di individuazione dell’oggetto della
incolpazione, tali da escludere la nullità della citazione a giudizio
per incertezza assoluta del titolo della incolpazione, l’indicazione della
norma violata, anche se non se ne sia ripetuto formalmente il testo
e la precisa indicazione del fatto.
Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Osservanza delle norme relative
all’istruttoria e al dibattimento penali in ogni fase dell’istruttoria
e del dibattimento disciplinari - Esclusione.
Procedimento disciplinare - Estensione della normativa di cui all’art.
389 c.p.p. - Esclusione.
Procedimento disciplinare - Estensione della procedura istituita dalla
novella n. 780 del 1969 - Esclusione.
Procedimento disciplinare - Posizione del giudice istruttore disciplinare in relazione a quella del giudice istruttore penale Incompatibilità di quest’ultimo a partecipare al giudizio in con513
trasto col dovere del primo di concorrere alla formazione della
Sezione Disciplinare.
Non è possibile stabilire come principio generale, applicabile ad
ogni fase dell’istruttoria e del dibattimento disciplinari, l’osservanza
delle norme relative all’istruttoria e al dibattimento penali. I due
procedimenti obbediscono invero a principi a volte addirittura opposti
nei confronti di istituti essenziali quali — ad esempio — la pubblicità
del dibattimento che, prescritta a pena di nullità nella causa penale
(art. 423 c.p.p.), è vietata in quella disciplinare (art. 34, 2° cpv. R.D.L.
cit.) o — addirittura — il diritto alla difesa che, tutelato fino al punto
da doversi ritenere insanabile e rilevabile d’ufficio la sua violazione
nel procedimento penale (art. 185, comma 1° n. 2 c.p.p.), diventa
mera facoltà dell’incolpato di farsi assistere da altro magistrato con
esclusione di difensori e di consulenti tecnici.
In particolare, la normativa dell’art. 389 c.p.p., la cui applicazione
non può prescindere dalla presenza e dalla partecipazione attiva al
rito del giudice istruttore, non è estendibile al procedimento
disciplinare, per il fondamentale rilievo che in tale procedimento,
non è previsto, in modo stabile e permanente, un organo
corrispondente al giudice istruttore nel processo penale. Né potrebbe
correttamente applicarsi la procedura istituita dalla novella n. 780
del 1969 — che prevede l’istanza al p.m. di procedersi formalmente
e il successivo ricorso al giudice istruttore il quale potrebbe,
comunque, restituire gli atti al procuratore della Repubblica per il
prosieguo dell’istruzione sommaria — non essendo certamente il
C.S.M. l’istruttore e non potendo neppure considerarsi tale la Sezione
disciplinare.
Inoltre, a distinguere maggiormente la posizione del giudice
istruttore penale da quella dell’istruttore disciplinare, sta
l’incompatibilità del primo a partecipare al giudizio (art. 61, 2°
comma, c.p.p.) in contrasto col dovere del secondo di concorrere alla
formazione della Sezione disciplinare, salvo il divieto di avervi
l’incarico di relatore (art. 34, comma primo, R.D.L.).
Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
514
Procedimento disciplinare - Facoltà del presidente della Sezione di
sentire nuovamente i testimoni, ascoltati previa prestazione del
giuramento, ma senza la presenza dell’incolpato e del suo difensore
- Conflitto col principio costituzionale del diritto di difesa Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata la questione di illegittimità
costituzionale degli artt. 32, 33 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, sollevata sotto il riflesso che tali norme, rimettendo alla discrezionalità
del presidente della Sezione disciplinare la facoltà di sentire nuovamente i testimoni, ascoltati previa prestazione del giuramento, ma senza la presenza dell’incolpato e del suo difensore, confliggerebbero col
diritto di difesa, per i motivi di cui alle sentenze nn. 63 e 64 del 1972,
della Corte costituzionale. Invero, secondo tali sentenze non viola il
diritto di difesa la disposizione di legge per la quale il difensore dell’imputato non è consentito di assistere all’esame dei testi nell’istruzione, in quanto, di regola, la prova può essere ripetuta al dibattimento, tutelandosi così la pienezza del contraddittorio. La violazione
si attuerebbe solo nel caso di testimonianze rese a futura memoria,
col giuramento, nella previsione dell’impossibilità che i testi, a causa
di infermità o di altro grave impedimento, siano riesaminati in giudizio.
A tale previsione, peraltro, non può essere riferita l’ipotesi di
specie, in quanto il testimone nel procedimento disciplinare giura in
ogni caso (art. 32 R.D.L. citato, 4° cpv.), prescindendosi ogni ipotesi
di impedimento per una deposizione dibattimentale.
Procedimento n. 327 - Sentenza del 22 ottobre 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Eccezione di nullità del rinvio a giudizio
per mancata contestazione degli addebiti al termine dell’istruttoria
- Infondatezza dell’eccezione.
È infondata l’eccezione di nullità del rinvio a giudizio per difetto
di una formale contestazione degli addebiti al termine dell’istruttoria,
in quanto le norme che regolano, nel procedimento disciplinare a
carico dei magistrati, il passaggio dalla fase istruttoria a quella del
dibattimento non prescrivono che l’istruttoria debba concludersi con
una formale contestazione degli addetti.
515
Procedimento n. 284 - Sentenza del 13 novembre 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Ricorso avverso il rigetto dell’istanza di
formalizzazione dell’istruttoria - Obbligo di preavvertire il ricorrente
del giorno della decisione - Insussistenza.
Le norme dell’art. 389 c.p.p., come modificato dalla legge n. 780
del 1969, anche se ritenute applicabili al procedimento disciplinare a
carico dei magistrati non prescrivono, a pena di nullità, che il giudice
competente a decidere del ricorso contro il provvedimento che ha
respinto l’istanza di formalizzazione dell’istruttoria debba preavvertire
il ricorrente e il difensore del giorno in cui emetterà la propria decisione.
Procedimento n. 330 - Sentenza del 13 novembre 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Art. 389 c.p.p.- Inapplicabilità.
L’art. 389 cod. proc. pen., modificato dalla legge n. 780 del 1969,
non è applicabile nel procedimento disciplinare a carico dei
magistrati, sia perché in tale procedimento non è previsto in modo
stabile un organo corrispondente al giudice istruttore che dovrebbe
decidere sul ricorso stesso, sia perché la scelta del rito in sede
disciplinare non è ancorata a particolari condizioni obiettive onde
vengono meno i presupposti per un controllo della legittimità della
scelta del rito operata dal Procuratore generale.
Procedimento n. 330 - Sentenza del 13 novembre 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Rigetto da parte del Procuratore Generale
della richiesta di formalizzazione dell’istruttoria - Ricorso alla
sezione disciplinare - Inammissibilità.
È inammissibile il ricorso alla Sezione Disciplinare avverso il
decreto del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione con
516
il quale sia stata rigettata la richiesta di passaggio dall’istruttoria
sommaria a quella formale.
Procedimento n. 207 - Sentenza del 25 febbraio 1976 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio
e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità
costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104,
1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa
sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un
termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né
termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo
procedimento.
Procedimento n. 332 - Sentenza del 25 febbraio 1976 - Pres.
Bosco.
Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio
e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità
costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104,
1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa
sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un
termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né
termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo
procedimento.
Procedimento n. 287 - Sentenza del 25 febbraio 1976 - Pres.
Bosco.
517
Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio
e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità
costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104,
1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa
sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un
termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né
termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo
procedimento.
Procedimento n. 335 - Sentenza del 25 febbraio 1976.
Procedimento disciplinare - Mancata previsione di termini per l’inizio
e la definizione dell’azione disciplinare - Questione di legittimità
costituzionale.
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 101, 2° comma, 104,
1° comma e 107 comma 1° e 2° Cost., nei confronti della normativa
sulla disciplina dei magistrati, nella parte in cui non prevede né un
termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione disciplinare né
termini per l’instaurazione e per la definizione del relativo
procedimento.
Procedimento n. 7 - Sentenza del 25 marzo 1976 - Pres. Bosco.
Procedimento disciplinare - Sospensione cautelare - Convocazione Impedimento a comparire dell’incolpato - Documentazione
attendibile - Comunicazione - Insufficienza.
L’esistenza del legittimo impedimento a comparire deve essere
comprovata, con attendibile documentazione, nel giorno previsto per
la comparizione. In mancanza la Sezione disciplinare, anche in sede
di emissione di provvedimenti cautelari, non può disporre il rinvio
del procedimento ad altra seduta.
518
Non è sufficiente l’invio di una richiesta telegrafica di rinvio della
seduta con la comunicazione della infermità ed il preannunzio
dell’inoltro di documentazione medica non tempestivamente
pervenuta.
Procedimento n. 11 - Sentenza del 28 gennaio 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento disciplinare - Sospensione per legittimo impedimento Attualità dell’impedimento - Concreta impossibilità di comparire e
di esercitare le facoltà di difesa.
L’impedimento a comparire deve essere attuale e la relativa
attestazione deve esprimere la concreta impossibilità a comparire e
ad esercitare la facoltà di difesa. Non ricorre tale ipotesi quando
l’attestazione è costituita da certificato medico che si riferisce ad un
accertamento effettuato ben ventuno giorni prima ed esprime una
prognosi generica.
Procedimento n. 339 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento disciplinare - Ammissione di errore sull’interpretazione
di una norma - Irritualità.
L’ammissione di essere caduto in errore nella interpretazione di
una norma di legge resa in un diverso contesto ed al di fuori di ogni
garanzia di difesa (art. 304 c.p.p.) non è utilizzabile come confessione
nel procedimento disciplinare.
Procedimento n. 370 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento disciplinare - Richiesta di non farsi luogo a rinvio al
dibattimento - Prove da cui risultano esclusi gli addebiti - Criteri
interpretativi.
519
L’esclusione degli addebiti consegue sia alla prova della
inesistenza del fatto materiale che alla prova della inesistenza di un
comportamento negligente o dell’esistenza di una causa di
giustificazione. L’interpretazione restrittiva dell’art. 33, comma 2, del
R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 (limitatamente alla ipotesi della
esistenza di prove che escludono il fatto materiale) urta contro la
lettera della legge e comporterebbe l’effetto di prolungare
ingiustamente la pendenza di un procedimento disciplinare nei
confronti del magistrato che già risulta non meritevole di censura
nonché di accrescere senza ragione i carichi dibattimentali della
sezione disciplinare.
Procedimento n. 364 - Sentenza del 14 luglio 1978.
Procedimento disciplinare - Eccezione di nullità della citazione a
dibattimento - Omesso deposito del verbale di interrogatorio Nullità relativa - Forma e tempi di proponibilità.
La nullità della citazione e dibattimento per omesso deposito del
verbale di interrogatorio costituisce nullità relativa, sanabile, se non
eccepita nei tempi e con le forme di cui all’art. 401 c.p.p. Pertanto
tale invalidità rimane sanata, se non viene dedotta innanzi al
segretario della Sezione Disciplinare — nel caso era stata dedotta
con lettera — ed entro il termine di cinque giorni dalla comunicazione
del capo di incolpazione.
Procedimento n. 16 - Sentenza del 13 ottobre 1978 - Pres.
Bachelet.
Procedimento disciplinare - Richiesta di copia di procedimento penale
- Mancanza di legittimazione.
La Sezione disciplinare non è legittimata, ai sensi dell’art. 165
bis c.p.p., a chiedere copia di procedimento penale a carico dell’incolpato incombendo il relativo onere al Procuratore Generale della Corte di Cassazione (ipotesi in cui il Procuratore Generale della
Corte di Cassazione aveva prodotto soltanto il rapporto del
520
procuratore della
documentazione).
Repubblica,
ma
non
anche
la
relativa
Procedimento n. 185 - Sentenza del 29 giugno 1979 - Pres.
Bachelet.
Procedimento disciplinare - Interrogatorio dell’incolpato - Delega al
compimento dell’atto - Legittimità - Limiti.
L’art. 10 della legge 24 marzo 1985, n. 195, derogando al principio
dell’unità ed indivisibilità dell’ufficio del pubblico ministero, riserva
all’esclusiva competenza del procuratore generale presso la Corte di
Cassazione soltanto l’iniziativa dell’azione disciplinare nei confronti
di magistrati e non anche la sua prosecuzione. Pertanto legittimamente
il procuratore generale può designare ed assumere l’interrogatorio dell’incolpato un magistrato del suo ufficio. Questi, a sua volta, nei limiti
di cui all’art. 32 della citata legge, può delegare, per l’espletamento
fuori sede del medesimo incombente, un diverso magistrato (nella
specie, presidente di Corte di Appello). È, invece, irrituale la subdelega, per il medesimo atto, conferita ad altro magistrato da parte
del delegato; ma tale irritualità in mancanza di un’esplicita previsione
normativa, non invalida il procedimento disciplinare.
Procedimento n. 416 - Sentenza del 20 luglio 1979 - Pres.
Bachelet.
Procedimento disciplinare - Richiesta di non farsi luogo a rinvio al
dibattimento - Prove da cui risultano esclusi gli addebiti - Criteri
interpretativi.
L’esclusione degli addebiti consegue sia alla prova della
inesistenza del fatto materiale che alla prova della inesistenza di un
comportamento negligente o dell’esistenza di una causa di
giustificazione. L’interpretazione restrittiva dell’art. 33 comma 2 del
R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 (limitatamente alla ipotesi della
esistenza di prove che escludono il fatto materiale) urta contro la
lettera della legge e comporterebbe l’effetto di prolungare
521
ingiustamente la pendenza di un procedimento disciplinare nei
confronti del magistrato che già risulta non meritevole di censura,
nonché di accrescere senza ragione i carichi dibattimentali della
Sezione disciplinare.
Procedimento n. 18 - Sentenza del 17 ottobre 1980 - Pres. Zilletti.
Procedimento disciplinare - Morte dell’incolpato - Art. 152 c.p.p. Applicabilità - Condizioni.
Qualora l’incolpato sia deceduto nel corso del procedimento, la
Sezione disciplinare può emettere sentenza di proscioglimento ai
sensi dell’art. 152 c.p.p., nel solo caso di chiara ed indiscutibile
inesistenza di prove positive o, viceversa, di sicura sussistenza di
prove negative circa i fatti contestati e la loro realizzazione da parte
dell’incolpato medesimo.
Procedimento n. 435 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Procedimento disciplinare - Comunicazione e contestazione dell’addebito
ad incolpato che esercita le funzioni di pretore tramite il procuratore
generale presso la Corte di Appello del distretto - Nullità del decreto
di citazione e degli atti istruttori precedenti - Insussistenza.
Il pubblico ministero, cui è affidata l’istruttoria sommaria nei
procedimenti disciplinari, per gli atti da compiersi fuori dalla sua
residenza può richiedere, a norma dell’art. 32 R.D.L. 31 maggio 1946,
n. 511, altro magistrato superiore in grado o più anziano del
magistrato sottoposto a procedimento disciplinare e non deve, invece,
comunicare o notificare gli atti all’incolpato a mezzo del Presidente
della Corte di Appello che su quest’ultimo esercita la sorveglianza ex
art. 14 del citato decreto. Pertanto non si configura la nullità del
decreto di citazione e dei precedenti atti istruttori allorquando la
comunicazione e la contestazione dell’addebito sono state,
ritualmente, notificate al pretore tramite il procuratore generale della
Repubblica presso la Corte d’Appello.
522
Procedimento n. 271-420/R.G. - Sentenza del 10 maggio 1985 Pres. De Carolis.
Procedimento disciplinare - Partecipazione al giudizio di rinvio dei
componenti la Sezione disciplinare che ha emesso la sentenza
annullata - Questione manifestamente infondata di costituzionalità.
L’inapplicabilità al giudizio disciplinare delle disposizioni di cui
agli artt. 61 comma 1 e 64 n. 6 c.p.p., in quanto deriva dall’unicità
dell’organo giurisdizionale ed è funzionale ad evitarne la paralisi, non
costituisce violazione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Costituzione.
Procedimento n. 272-420 - Sentenza del 10 maggio 1985 - Pres.
De Carolis.
Procedimento disciplinare - Termine di decadenza biennale riferito alla
decisione non irrevocabile di merito anziché alla decisione
definitiva - Questione manifestamente infondata di costituzionalità.
È manifestamente infondata la questione, posta in riferimento
all’art. 3 Costituzione, di legittimità dell’art. 59 comma 9° D.P.R. n.
916/1958, nella parte in cui dispone che il procedimento disciplinare
si estingue ove sia decorso un biennio dalla comunicazione
all’incolpato dell’inizio dell’azione disciplinare, senza che sia
intervenuta la decisione non irrevocabile di merito della Sezione
disciplinare e non anche la sentenza definitiva ed irrevocabile.
Procedimento n. 10/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De
Carolis.
Procedimento disciplinare - Pubblicità delle udienze - Limiti.
L’art. 6 comma 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo
resa esecutiva con legge n. 848/1955 deve considerarsi direttamente
ed immediatamente riferibile alla giurisdizione disciplinare con
523
efficacia abrogativa dell’art. 34 R.D. Lgs. n. 511/1946 nella parte che
impone la discussione a porte chiuse.
La pubblicità dell’udienza disciplinare può essere esclusa sia per
l’esigenza di proteggere la privacy dell’incolpato, sia per motivi di
sicurezza, ordine pubblico o buon costume.
Procedimento n. 45/85 - Sentenza del 4 ottobre 1985 - Pres. De
Carolis.
Procedimento disciplinare - Sopravvenienza del decreto di archiviazione
in ordine ai fatti oggetto anche di incolpazione disciplinare Autonomo accertamento della veridicità o meno dei fatti - Necessità.
Il decreto di archiviazione emesso in ordine a fatti oggetto anche
di incolpazione penale non esime il giudice disciplinare dal compito
di accertarne la reale veridicità.
(Nella specie la Sezione ha accertato l’infondatezza delle accuse
rivolte all’incolpato da alcuni detenuti in ordine alle quali era stato
adottato dalla autorità giudiziaria un decreto di archiviazione).
Procedimento n. 7/86 - Sentenza del 21 febbraio 1986 - Pres. De
Carolis.
Procedimento disciplinare - Sentenza di proscioglimento istruttorio Insussistenza del fatto - Identità del fatto oggetto di incolpazione
disciplinare - Efficacia vincolante.
La sentenza istruttoria di proscioglimento per insussistenza del fatto
comporta, per il corrispondente addebito disciplinare, la declaratoria
di non farsi luogo a dibattimento perché risultano esclusi gli addebiti.
Procedimento n. 16/81 - Sentenza del 16 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio - Oggetto del giudizio
rescissorio - Inesistenza di termini per il suo esaurimento.
524
A seguito di annullamento con rinvio di sentenza della Sezione
disciplinare oggetto del giudizio rescissorio è esclusivamente quel
capo della sentenza annullata per il quale era stato proposto ricorso
in Cassazione.
Per l’esaurimento del giudizio rescissorio non sono previsti
termini perentori.
Procedimento n. 430/R.G. - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Termine biennale per la conclusione - Vizi
della sentenza disciplinare di primo grado - Effetti della sua
invalidità.
Il termine biennale di cui agli artt. 12 e 13 L. 1981 n. 1 deve
ritenersi osservato quando prima della sua scadenza sia stata
comunque pronunziata una sentenza anche invalida, ma non affetta
da vizi tali da renderla inesistente come atto tipico.
Procedimento n. 430/R.G. - Sentenza del 23 maggio 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Relazione tra sentenza ed incolpazione
contestata - Fattispecie.
Nel giudizio di rinvio dalla Cassazione, non ricorre per la Sezione
disciplinare l’obbligo della trasmissione degli atti al P.G. ai sensi
dell’art. 477 c.p.p. quando la sentenza delle SS.UU. che ha
pronunciato l’annullamento con rinvio non ha affermato la diversità
del fatto contestato rispetto a quello giudicato, ma unicamente la
sovrabbondanza di questo rispetto all’oggetto della incolpazione
individuando in esso un mero vizio della decisione impugnata
richiedente la rinnovazione del giudizio.
Procedimento n. 34/85 - Sentenza del 13 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
525
Procedimento disciplinare - Chiusura dell’istruttoria - Adempimenti.
Nella fase di chiusura dell’istruttoria non si richiede che gli atti
vengano portati a conoscenza dell’incolpato prima della richiesta del
P.G. né si applica l’art. 372 c.p.p.
Procedimento n. 56/81 - Sentenza del 12 dicembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Annullamento con rinvio - Poteri del giudice
di rinvio.
La Sezione disciplinare quale giudice di rinvio limita il suo
giudizio ai punti della decisione cassata fatti oggetto di annullamento
da parte delle Sezioni Unite Civili, uniformandosi ai principi di diritto
enunciati e, nel caso di annullamento per omessa e contraddittoria
motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia,
provvedendo a sanare la lacuna.
Procedimento n. 8/81 - Sentenza del 12 dicembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Giudizio su rinvio - Assoluzione nel giudizio
rescissorio relativo ad uno soltanto dei tre capi di incolpazione
sottoposti al giudizio rescindente delle Sezioni unite civili Rideterminazione della sanzione - Possibilità - Riduzione.
Formatosi il giudicato su due dei tre capi di incolpazione
sottoposti a giudizio rescindente delle Sezioni unite civili ben può
la Sezione disciplinare, per effetto dell’assoluzione nel giudizio
rescissorio relativo al restante capo di incolpazione, adeguare la
sanzione originariamente determinata nella censura, alla minore
gravità complessiva dei fatti di cui l’imputato è stato riconosciuto
definitivamente responsabile, infliggendo allo stesso l’ammonimento.
526
Procedimento n. 15/83 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio - Ambito dei poteri di
indagine della Sezione Disciplinare.
La Sezione Disciplinare — quale giudice di rinvio — ha piena
cognizione del fatto contestato, salva l’intangibilità del principio di
diritto affermato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione.
Ne consegue che il giudice disciplinare può liberamente valutare i
fatti già accertati, oltre che indagare su altri fatti, nell’apprezzamento
complessivo ai fini della pronuncia da emettere in sostituzione di
quella cassata.
Procedimento n. 20/87 - Sentenza del 25 settembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Assoluzione per esclusione dell’addebito Condizioni.
Una situazione di insuperabile stallo probatorio dovuto a successive contraddittorie dichiarazioni del denunciante, nessuna delle quali
confortata da riscontro obiettivi, per effetto della quale manchi la
piena e convincente prova dei fatti contestati nell’incolpazione impone
l’assoluzione del magistrato perché risulta escluso l’addebito.
Procedimento n. 24/87 - Sentenza del 16 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Estinzione per decorso del termine annuale
tra l’inizio dell’azione disciplinare e notifica del decreto di citazione
- Irrilevanza dell’attività di parte.
L’estinzione del procedimento disciplinare per inutile decorso del
termine annuale tra l’inizio dell’azione disciplinare e la notifica del
decreto di fissazione del dibattimento, si produce indipendentemente
da qualunque attività delle parti processuali.
527
Detto effetto non è inibito dalla circostanza che il procedimento
disciplinare è stato sospeso su istanza dell’incolpato con la quale si
sollecitava la sospensione sul presupposto erroneo che fosse pendente
un processo penale.
Procedimento n. 69/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres.
Brutti.
Procedimento disciplinare - Art. 152 2° comma c.p.p. - È applicabile.
L’acquisizione di prove che consentono una pronuncia di merito
pienamente liberatorio per l’incolpato preclude il ricorso ad una declaratoria di estinzione dell’illecito per tardività dell’azione disciplinare.
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 12 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio a seguito di annullamento
- Limiti.
Nel processo disciplinare il giudizio di rinvio per effetto di
annullamento della sentenza di I grado deve restare circoscritto ai
limiti segnati dal giudizio rescindente.
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 18 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Termine biennale per l’emanazione della
sentenza - Emissione della sentenza di primo grado - Effetti del
suo annullamento.
L’emissione della sentenza disciplinare di primo grado realizza
l’esercizio del diritto cui è legata l’operatività del termine biennale di
cui all’art. 12 L. n. 1/1981; sono perciò irrilevanti le eventuali, ulteriori
fasi processuali (ricorso in Cassazione e rinvio, alle quali potrebbe
seguire altro giudizio di Cassazione e di rinvio).
528
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 18 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Termine di fissazione dell’udienza di
discussione - Applicabilità al giudizio di rinvio - Esclusione Questione di costituzionalità per contrasto agli artt. 3, 24 e 104
1° comma Costituzione - Manifesta infondatezza.
Il termine annuale per la fissazione della udienza di discussione
non è applicabile al giudizio rescissorio.
L’art. 12 4° comma L. n. 1/1981 così interpretato non è in
contrasto con gli artt. 3, 24 e 104 1° comma Costituzione.
Procedimento n. 17/87 - Sentenza del 29 gennaio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Vizi del decreto di citazione - Impossibilità
di rinnovo dell’atto nel termine annuale - Estinzione.
Caducato il decreto di citazione per l’udienza di discussione a
causa di un intrinseco vizio di nullità, il procedimento disciplinare
si estingue ove non sia possibile il rinnovo di tale atto nel termine
annuale di cui all’art. 12 L. n. 1/1981.
Procedimento n. 70/87 - Sentenza del 19 febbraio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Decreto di fissazione dell’udienza di
discussione - Termine annuale - Inosservanza - Istanza di non
luogo a procedere - Inaccoglibilità allo stato degli atti - Consenso
dell’incolpato all’estinzione - Estinzione.
La declaratoria di estinzione del procedimento disciplinare per
mancato rispetto del termine annuale per la comunicazione del
decreto di fissazione della discussione orale si impone quando non
risulti accoglibile, in base alle risultanze in atti, la richiesta di non
luogo a procedere del pubblico ministero, e sempre che, in difetto
529
di cause interruttive del decorso del suddetto termine, l’incolpato vi
consenta.
Procedimento n. 95/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Decorso dei termini di estinzione Declaratoria - Necessità di previo consenso dell’incolpato.
L’estinzione del procedimento disciplinare per inutile decorso del
termine annuale di cui all’art. 59 D.P.R. n. 916/1958 è subordinata al
consenso dell’incolpato.
Procedimento n. 41/84 e 5/85 - Sentenza del 15 aprile 1988 Pres. Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Giudizio di rinvio - Termine annuale di
decadenza - Inapplicabilità.
Al processo disciplinare si applica il principio generale secondo
cui le norme regolatrici della prescrizione e della decadenza sono
insuscettibili di interpretazione estensiva.
Nel giudizio di rinvio, in assenza di specifica normativa, non è
pertanto applicabile il termine di decadenza per inutile decorso
dell’anno fra la sentenza di annullamento con rinvio e la
comunicazione all’incolpato del decreto di fissazione della discussione
orale dinanzi alla Sezione disciplinare.
Procedimento n. 45/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Applicabilità dell’art. 152 c.p.p. - Condizioni.
La richiesta di proscioglimento a sensi dell’art. 152 c.p.p. non
può essere accolta quando sia necessario il previo compimento di
un’attività istruttoria e risulta accertata una causa di estinzione del
530
procedimento disciplinare per inutile decorso del termine annuale
per la fissazione del dibattimento stabilito dall’art. 59 R.D.L. n.
511/1946.
Procedimento n. 55/87 - Sentenza del 17 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Estinzione - Termine annuale per la
fissazione del dibattimento - Condizioni per la sua osservanza.
Osta all’accoglimento dell’eccezione di estinzione del
procedimento disciplinare, per inutile decorso del termine annuale
per la fissazione del dibattimento, la circostanza che un decreto di
fissazione si stato notificato in termine, a nulla rilevando che i
successivi decreti di rinvio dell’udienza di discussione siano stati
notificati in date successive alla scadenza di detto termine.
Procedimento n. 81/87 - Sentenza del 16 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Contestazione dell’illecito - Vincolo per il
giudice disciplinare.
Nel sistema disciplinare costituisce elemento della contestazione,
vincolante per il giudice, non solo il comportamento obiettivo posto
in essere dall’incolpato, ma anche la specifica antidoverosità cui la
condotta è espressamente riferita.
Procedimento n. 48/89 - Sentenza del 21 luglio 1989 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Precedente giudicato sul medesimo fatto Dichiarazione di non farsi luogo al rinvio a dibattimento.
Nell’ipotesi in cui la permanenza del comportamento attribuito
all’incolpato sia cessata anteriormente ad una precedente pronuncia
531
della Sezione disciplinare, non è ammissibile nuovo procedimento
disciplinare e deve dichiararsi non farsi luogo al rinvio a dibattimento
per precedente giudicato sul medesimo fatto.
Procedimento n. 75/88 - Sentenza del 5 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Invito all’incolpato a comparire davanti il
P.G. per rendere l’interrogatorio - Comunicazione - Notificazione
non necessaria.
Per la comunicazione dell’invito all’incolpato a comparire davanti
il Procuratore Generale per rendere l’interrogatorio non è richiesta
la forma della notificazione.
Procedimento n. 13/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento disciplinare - Discrepanza fra accusa istruttoria ed accusa
dibattimentale - Divergenze puramente formali - Insussistenza.
Non sussiste la nullità del decreto di rinvio a dibattimento per
diversità degli addebiti contestati in istruttoria rispetto a quelli
riportati in detto decreto ove, al di là di mere divergenze formali,
relative al richiamo ad articoli del codice penale e ad atti
dell’istruttoria penale, siano sostanzialmente identici i fatti contestati
così come riportati nell’atto di accusa finale rispetto a quello iniziale.
Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Procedimento disciplinare - Art. 9, n. 2, L. 7 febbraio 1990, n. 19 Inapplicabilità.
La norma dell’art. 9, n. 2, della L. 7 febbraio 1990, n. 19, per la
quale la destituzione del pubblico dipendente condannato in sede
532
penale può essere inflitta all’esito di procedimento disciplinare che
deve essere proseguito o promosso entro 180 giorni dalla data in cui
la P.A. ha ricevuto notizia della sentenza penale, è applicabile solo
al procedimento disciplinare amministrativo, proprio dei pubblici
dipendenti, e non è estensibile a quello dei magistrati, che ha natura
giurisdizionale.
Procedimento n. 60/89 - Sentenza del 30 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Procedimento disciplinare - Termine annuale per la promozione
dell’azione disciplinare - Decorrenza - Effetti - Estinzione.
Il decorso del termine annuale per la comunicazione all’incolpato
del decreto di fissazione della discussione orale davanti alla Sezione
disciplinare previsto dall’art. 59 d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, c.
IX, estingue il procedimento disciplinare qualora l’incolpato stesso
lo consenta.
533
534
21 — PROCEDIMENTO PENALE E DISCIPLINARE
535
536
Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Procedimento penale e disciplinare - Connessione dei fatti che ne
formano oggetto con quelli addebitati all’incolpato - Sufficienza
della prova sulla sussistenza degli addebiti disciplinari - Obbligo
di sospendere il procedimento disciplinare in attesa della definizione
di quello penale - Insussistenza.
Non è necessario sospendere il procedimento disciplinare a carico
di un magistrato in attesa dell’esito di un procedimento penale per
fatti connessi a quelli addebitati all’incolpato, allorché tali addebiti
risultino già provati — almeno in relazione alla loro incidenza sul
prestigio del magistrato — dalle deposizioni rese nel corso
dell’istruttoria disciplinare.
Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro.
Procedimento penale e disciplinare - Efficacia della sentenza penale nel
procedimento disciplinare - Autorità di cosa giudicata della
sentenza penale per ciò che riguarda l’accertamento dei fatti.
Procedimento penale e disciplinare - Autorità di cosa giudicata dei fatti
accertati nel procedimento penale - Questione di legittimità
costituzionale - Manifesta infondatezza.
L’accertamento dei fatti — così come compiuto dal giudice penale
di appello e risultante dalla sentenza di proscioglimento passata in
537
giudicato — fa stato in sede disciplinare, per il disposto dell’art. 29
della legge sulle guarentigie. Pertanto il giudice disciplinare, al fine
di stabilire se l’incolpato sia meritevole o meno di appropriata
sanzione, non può ricostruire le modalità dell’episodio giudicato in
maniera diversa da quella risultante dalla pronunzia penale
irrevocabile.
Non contrasta con l’art. 27, secondo comma, della Costituzione
il disposto dell’art. 29 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in
cui stabilisce che l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del
procedimento penale risultanti da sentenza passata in giudicato fa
stato nel procedimento disciplinare. Infatti questa norma, che
costituisce in certo senso il parallelo dell’art. 28 c.p.p., intende
assicurare obbligatoriamente la utilizzazione del materiale probatorio
— acquisito nel procedimento penale con ogni possibile garanzia —
nel futuro procedimento disciplinare incardinato sui medesimi fatti
che formarono oggetto dell’imputazione ed in ordine ai quali venne
emessa la pronuncia di condanna o di proscioglimento. Individuata
tale finalità, è evidente che, quando sia intervenuta una decisione
liberatoria nel processo penale, il giudice disciplinare — che provvede
a valutare i fatti già accertati in quella diversa sede — fa proprio un
materiale di prova entrato nel mondo logico-giuridico e che perciò
non può essere pretermesso.
Procedimento n. 77 - Sentenza del 12 dicembre 1964 - Pres.
Rocchetti.
Procedimento penale e disciplinare - Accertamento nel corso del giudizio
disciplinare di fatti che costituiscono reato - Pregiudizialità del
procedimento penale rispetto a quello disciplinare - Obbligo di
trasmissione degli atti al titolare dell’azione penale e di sospensione
del procedimento disciplinare - Sussistenza.
Ove nel corso del procedimento disciplinare emergano fatti nei
quali si possono ravvisare reati perseguibili di ufficio, se la decisione
su tali reati costituisca pregiudiziale logica e necessaria rispetto
all’incolpazione nel procedimento disciplinare, questo deve essere
sospeso e gli atti vanno trasmessi al titolare dell’azione penale.
538
Procedimento n. 69 - Sentenza del 3 marzo 1965 - Pres. Rocchetti.
Procedimento penale e disciplinare - Efficacia vincolante nel
procedimento disciplinare del decreto di impromovibilità dell’azione
penale - Esclusione.
Il decreto di archiviazione emesso dal giudice istruttore in sede
penale per fatti costituenti anche illecito disciplinare non ha efficacia
vincolante in sede di giudizio disciplinare, stante l’autonomia di
questo rispetto a quello penale.
Procedimento n. 57 - Sentenza del 25 febbraio 1967 - Pres.
Rocchetti.
Procedimento penale e disciplinare - Autorità di cosa giudicata degli
accertamenti compiuti in sede penale - Sentenza istruttoria di
proscioglimento - Efficacia vincolante - Necessità di valutazione
del contenuto sostanziale della sentenza penale - Difformità tra
dispositivo e motivazione - Obbligo di riferirsi alla motivazione.
L’esclusione, in sede penale — anche con sentenza istruttoria — della sussistenza di fatti addebitati al magistrato comporta l’esclusione della sussistenza dei fatti medesimi pure ai fini dell’azione disciplinare.
Nel procedimento disciplinare per la valutazione della sussistenza
o non dei fatti addebitati deve essere preso in considerazione il
contenuto sostanziale della pronuncia penale anche se la formula di
proscioglimento adottata non rispecchi fedelmente quanto ritenuto
in motivazione (caso di proscioglimento con la formula «perché il
fatto non costituisce reato» anziché con la formula esatta «perché il
fatto non sussiste»).
Procedimento n. 133 - Sentenza del 28 giugno 1968 - Pres.
Amatucci.
Procedimento penale e disciplinare - Efficacia della sentenza penale nel
proscioglimento disciplinare - Autorità di cosa giudicata della
sentenza penale solo per ciò che riguarda l’accertamento dei fatti
539
- Efficacia vincolante della sentenza penale in ordine alla
valutazione dei fatti accertati - Esclusione - Fattispecie.
In sede disciplinare l’autorità del giudicato a norma dell’art. 29
u.c. R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 vale solo in ordine ai fatti materiali
accertati nella loro realtà fenomenica ed oggettiva e non riguarda gli
apprezzamenti e le questioni giuridiche risolte ai fini della sussistenza
di un illecito penale. Pertanto, se nel giudizio penale a carico del
magistrato si sia ritenuto che egli abbia concorso nella falsità
materiale di una sentenza, agendo «per automatismo, senza
comprendere il valore concreto della propria azione», e l’imputato
sia stato assolto, la Sezione disciplinare risulta da un canto vincolata
all’avvenuto accertamento del falso e dall’altro libera di attribuire al
fatto medesimo una diversa valutazione ai fini del giudizio
disciplinare che le compete.
Procedimento n. 296 - Sentenza del 21 maggio 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento penale e disciplinare - Valore di giudicato della sentenza
istruttoria - Esclusione.
Nel procedimento disciplinare fa stato solo l’accertamento dei
fatti risultante da sentenza penale passata in giudicato (art. 29 terzo
comma, del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511); giudicato che non deriva
da sentenza istruttoria, in quanto l’art. 402 c.p.p. stabilisce che tale
sentenza non impedisce che per lo stesso fatto si possa nuovamente
procedere contro la stessa persona.
Procedimento n. 312 - Sentenza del 4 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento penale e disciplinare - Esclusione del fatto nella
competente sede penale - Improcedibilità.
L’esclusione della sussistenza del fatto nella competente sede
penale con sentenza emessa in pubblico dibattimento e passata in
cosa giudicata, importa che non possa procedersi, per lo stesso fatto,
in via disciplinare.
540
Procedimento n. 299 - Sentenza del 27 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Procedimento penale e disciplinare - Sospensione in attesa della
definizione di procedimento penale a carico di ignoti per lo stesso
fatto - Esclusione.
Non può essere sospeso il procedimento disciplinare per la
pendenza di un procedimento penale a carico di ignoti per un fatto
che costituisce anche uno dei capi della incolpazione, in quanto non
potendosi un procedimento contro ignoti considerare mal definito,
neppure con la sentenza che lo dichiari tale, a meno che non
intervenga il termine di prescrizione del reato, l’accoglimento della
richiesta di sospensione importerebbe la sospensione sine die del
procedimento disciplinare.
Procedimento n. 289 - Sentenza del 24 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Procedimento penale e disciplinare - Accertamento dei fatti in un
processo penale concluso con provvedimento di archiviazione Ininfluenza.
Procedimento penale e disciplinare - Autorità del giudicato penale in
ordine ai fatti accertati - Sussistenza solo in ordine ai fatti materiali.
Il principio secondo il quale, nel procedimento disciplinare, fa
stato l’accertamento dei fatti che formarono oggetto del giudizio
penale risultanti dalla sentenza passata in giudicato (art. 29 3° c.
R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511), non trova applicazione nel caso di
un provvedimento di archiviazione, il quale, a differenza della
sentenza ha per presupposto non il processo, ma la mancanza del
processo e non dà, quindi, luogo a preclusioni di alcun genere, né
ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata.
L’autorità del giudicato vale in ogni caso solo in ordine ai fatti
materiali accertati nella loro realtà oggettiva e non riguarda mai gli
apprezzamenti e le questioni giuridiche risolte ai fini della sussistenza
di un illecito penale.
541
Procedimento n. 375 - Sentenza del 15 aprile 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale
perché il fatto non sussiste - Effetti sul procedimento disciplinare.
Il proscioglimento in sede penale perché il fatto non sussiste
comporta, per i corrispondenti addebiti disciplinari, la declaratoria
di improcedibilità perché il fatto non sussiste.
Procedimento n. 353 - Sentenza del 15 luglio 1977.
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria penale Assoluzione per non aver commesso il fatto - Efficacia in sede
disciplinare.
La sentenza istruttoria di proscioglimento per non aver
commesso il fatto preclude, in sede disciplinare, l’indagine sui
medesimi fatti che hanno costituito oggetto del procedimento penale.
Procedimento n. 273 - Sentenza del 1° ottobre 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale
perché il fatto non sussiste - Effetti sul procedimento disciplinare.
Qualora sia il procedimento penale che quello disciplinare
vertano sui medesimi fatti, la sentenza penale definitiva di
assoluzione, perché i fatti contestati non sussistono fa stato in sede
disciplinare ed impedisce il rinvio dell’incolpato al dibattimento.
Procedimento n. 360 - Sentenza del 28 ottobre 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento penale e disciplinare - Decreto di archiviazione - Sentenza
istruttoria - Valore di giudicato - Esclusione.
542
Nel procedimento disciplinare fa stato solo l’accertamento dei
fatti risultanti da sentenza penale emessa in dibattimento e passata
in giudicato, e non anche quello contenuto in un decreto di
archiviazione od in una sentenza istruttoria di proscioglimento.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 19 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Procedimento penale e disciplinare - Assoluzione e proscioglimento in
sede penale perché il fatto non sussiste - Effetti nel procedimento
disciplinare.
L’assoluzione o il proscioglimento in sede penale perché il fatto
non sussiste comporta per i corrispondenti addebiti disciplinari, la
declaratoria di non farsi luogo a dibattimento perché risultano esclusi
gli addebiti medesimi.
Procedimento n. 412 - Sentenza del 18 maggio 1979 - Pres.
Bachelet.
Procedimento penale e disciplinare - Efficacia della sentenza penale nel
procedimento disciplinare - Assoluzione del reato di minaccia con
arma - Assoluzione in sede disciplinare - Condizioni - Fattispecie.
A norma dell’art. 29 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nel
procedimento disciplinare fa stato l’accertamento dei fatti
materiali risultante dal giudicato penale. Pertanto l’assoluzione del
delitto di minaccia, perché il fatto non costituisce reato (nella
specie, è stato accertato che l’imputato, aggredito da un terzo,
estraesse la pistola non per minacciare, ma unicamente per
scoraggiare atti di violenza ai suoi danni) comporta l’assoluzione
anche in sede disciplinare.
Procedimento n. 230 - Sentenza del 26 ottobre 1979 - Pres.
Bachelet.
543
Procedimento penale e disciplinare - Estinzione del reato di corruzione
per prescrizione - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Il proscioglimento del delitto di corruzione per avvenuta
prescrizione non preclude la condanna dell’incolpato per lo stesso
fatto, in sede disciplinare.
Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti.
Procedimento penale e disciplinare - Mancato pagamento dell’assegno
di mantenimento fissato, a favore dei figli, da un provvedimento
giudiziario - Assoluzione dall’imputazione di violazione degli
obblighi di assistenza familiare, perché il fatto non costituisce reato
- Prosecuzione del giudizio disciplinare instaurato per il medesimo
fatto - Legittimità.
La fattispecie criminosa di cui all’art. 570, comma secondo, n.
2, c. p., ha un ambito applicativo più limitato rispetto a quello proprio
dell’illecito civile consistente nell’inadempienza dell’obbligo di
mantenimento, poiché l’oggetto della prestazione, la cui mancata
esecuzione sostanzia il reato, comprende le sole cose indispensabili
alla vita e, cioè, solo una parte del contenuto di tale obbligo. Ne
consegue che, non esistendo coincidenza fra il suddetto reato e la
violazione dell’obbligo di mantenimento, manca qualsiasi rapporto
di pregiudizialità fra il procedimento penale instaurato per tale reato,
nei confronti di un magistrato, imputato di non aver corrisposto ai
figli l’assegno di mantenimento fissato con provvedimento giudiziario
e conclusosi con sentenza di assoluzione perché il fatto non
costituisce reato, ed il procedimento disciplinare iniziato contro il
medesimo per lo stesso fatto. Tale assoluzione, pertanto, non
impedisce la prosecuzione del procedimento disciplinare, sospeso per
la pendenza del processo penale.
Procedimento n. 18 - Sentenza del 17 ottobre 1980 - Pres. Zilletti.
Procedimento penale e disciplinare - Rapporti con il procedimento
penale - Assoluzione dal delitto di malversazione per l’esimente
544
putativa del consenso dell’avente diritto - Riesame dei fatti da parte
del giudice disciplinare - Legittimità.
L’assoluzione di un magistrato dal reato di malversazione per
l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto, di cui agli art. 50
e 59 c. p., consente al giudice disciplinare di accertare liberamente
l’esistenza o meno dell’illecito disciplinare sotto il duplice profilo
dell’elemento psicologico e della compatibilità del fatto commesso
con il prestigio professionale.
Procedimento n. 37/86 - Sentenza dell’11 dicembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di
proscioglimento Efficacia nel procedimento disciplinare.
Il proscioglimento per insussistenza del fatto con sentenza
istruttoria irrevocabile concernente fattispecie identica a quella
oggetto di addebito disciplinare impone che non si rinvii a
dibattimento l’incolpato perché risulta escluso l’addebito.
Procedimento n. 63/86 - Sentenza del 19 dicembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Sua vincolatività
nel giudizio disciplinare.
Fa stato nel giudizio disciplinare l’accertamento compiuto con il
giudicato penale che in punto di fatto, riconosca come l’incolpato in
nessun modo abbia strumentalizzato la propria funzione nell’espletare
determinati compiti di giudice delegato ai fallimenti.
Procedimento n. 1/87 - Sentenza del 27 febbraio 1987 - Pres.
Brutti.
Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale su fatto-reato
545
identico a quello oggetto di incolpazione disciplinare - Pregiudicato
vincolante.
La decisione giurisdizionale che abbia definitivamente accertato
l’insussistenza di un fatto-reato che formi anche oggetto di
incolpazione disciplinare fa sempre stato, in detto procedimento ai
sensi dell’art. 29 u.c. r.d.l. 511/1946.
Procedimento n. 46/86 - Sentenza del 13 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Coincidenza dei fatti addebitati
nella sede penale ed in quella disciplinare - Proscioglimento
istruttorio penale - Autonoma valutabilità dei fatti in sede
disciplinare - Assenza di profili disciplinarmente rilevanti Proscioglimento disciplinare.
Nella piena coincidenza dei fatti addebitati in sede penale e
disciplinare, il proscioglimento istruttorio in sede penale non
impedisce un’autonoma valutabilità dei fatti stessi in sede
disciplinare, salvo ad imporsi il proscioglimento anche in questa sede
dell’incolpato quando non emergano a suo carico profili
disciplinarmente rilevanti.
Procedimento n. 3/87 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Efficacia nel
procedimento disciplinare.
L’assoluzione in sede penale, con sentenza definitiva, per
insussistenza del fatto preclude una valutazione difforme dei
medesimi comportamenti contestati al magistrato in sede disciplinare.
Procedimento n. 68/87 - Sentenza del 13 novembre 1987 - Pres.
Brutti.
546
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di
proscioglimento - Efficacia nel procedimento disciplinare.
La sentenza istruttoria di proscioglimento, a differenza di quella
dibattimentale passata in giudicto (art. 29 u.c. r.d.l. n. 511/1946), non
fa stato nella sede disciplinare, nella quale, tuttavia, ben possono
essere utilizzate le risultanze del relativo procedimento penale.
Procedimento n. 74/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di
proscioglimento - Efficacia nel procedimento disciplinare.
Il proscioglimento con sentenza istruttoria in ordine ai fatti
oggetto anche di incolpazione disciplinare non preclude l’indagine
disciplinare quando sia stata dallo stesso giudice istruttore affermata
l’inopportunità della condotta tenuta dall’incolpato, peraltro
prosciolto per difetto dell’elemento volitivo.
(Nella specie il giudice istruttore aveva in sentenza scritto che
«la decisione del Pretore di affidare perizie al figlio del cancelliere
può e deve essere criticata soltanto in termini di opportunità»).
Procedimento n. 75/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza definitiva di assoluzione
perché il fatto non sussiste - Efficacia nel procedimento disciplinare.
L’assoluzione dell’incolpato in sede penale con la formula perché
il fatto non sussiste non preclude al giudice disciplinare, investito
della cognizione dello stesso fatto, di verificare se sussistano eventuali
negligenze suscettibili di rilievo disciplinare.
Procedimento n. 67/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
547
Procedimento penale e disciplinare - Assoluzione in sede penale Efficacia nel procedimento disciplinare.
L’assoluzione in sede penale per insussistenza del fatto preclude
una valutazione difforme dei medesimi comportamenti contestati al
magistrato in sede disciplinare, ma non esime la Sezione dal valutare
se residuino fatti apprezzabili disciplinarmente.
Procedimento n. 99/87 - Sentenza del 15 gennaio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza istruttoria di
proscioglimento - Non vincolatività nel procedimento disciplinare.
La sentenza istruttoria di proscioglimento non fa stato nel
procedimento disciplinare.
Procedimento n. 91/87 - Sentenza del 22 gennaio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Sindacato penale su fatto-reato
identico a quello oggetto di giudizio disciplinare - Pregiudiziale
vincolante.
Nella piena coincidenza delle condotte contestate in sede penale
e disciplinare il giudicato penale risulta vincolante per il giudice
disciplinare in punto di attribuibilità del fatto all’incolpato.
Procedimento n. 67/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Efficacia nel
procedimento disciplinare.
Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei
fatti che formano oggetto del giudicato penale.
548
Procedimento n. 28/88 - Sentenza del 17 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale su fatto o reato
identico a quello oggetto di giudizio disciplinare - Pregiudiziale
vincolante.
In caso di piena coincidenza fra i fatti contestati in sede penale
e quelli contestati in sede disciplinare il giudicato penale di
assoluzione perché il fatto non sussiste preclude alla Sezione
disciplinare una diversa ricostruzione della vicenda.
(Nella specie all’incolpato era contestato di aver preso interesse
privato nel rilascio di permessi a detenuti; ma da tale accusa era stato
definitivamente assolto in grado di appello per insussistenza del fatto).
Procedimento n. 58/88 - Sentenza del 23 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Giudicato penale - Efficacia nel
procedimento disciplinare.
L’autorità del giudicato penale è vincolante nel processo disciplinare limitatamente a quei fatti dei quali il Giudice penale ha accertato
l’esistenza o l’inesistenza con giudizio categorico affermativo o
negativo.
Procedimento n. 42/88 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale per
fatti identici a quelli oggetto di addebito disciplinare - Definitività
- Incidenza sul procedimento disciplinare.
La sentenza definitiva di assoluzione con la formula «il fatto non
sussiste» e «non aver commesso il fatto» in ordine ai fatti oggetto
anche di incolpazione disciplinare impone il proscioglimento
dell’incolpato per essere risultati esclusi gli addebiti.
549
Procedimento n. 49/88 - Sentenza dell’11 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Sentenza di proscioglimento Efficacia in sede disciplinare.
La sentenza istruttoria, come anche la sentenza di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato, non preclude alla Sezione
disciplinare un riesame delle circostanze del fatto al fine di verificare
se residuano profili di illiceità.
Procedimento n. 74/88 - Sentenza dell’11 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento in sede penale per
fatto identico a quello oggetto di addebito disciplinare - Definitività
- Incidenza nel procedimento disciplinare.
La sentenza definitiva di assoluzione con la formula «il fatto non
sussiste» in ordine a fatto oggetto anche di incolpazione disciplinare
impone il proscioglimento dell’incolpato per essere risultato escluso
l’addebito.
Procedimenti riuniti 8, 53, 69, 100/88 - Sentenza del 14 luglio
1989 - Pres. Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Fatto oggetto sia del processo
penale che del procedimento disciplinare - Esame di comportamenti
estranei al capo di imputazione e a quello di incolpazione - Limiti.
Qualora in sede disciplinare all’incolpato siano contestati gli
stessi fatti oggetto di precedente procedimento penale, la Sezione
disciplinare può portare l’esame su comportamenti e condotte che
non siano stati oggetto dell’imputazione penale solo ove il giudizio
sugli stessi consenta di accertare se esiste o meno l’illiceità disciplinare dei fatti di cui all’incolpazione.
(Nella specie il giudice penale aveva dichiarato l’insussistenza del
550
fatto-reato e per affermare la responsabilità dell’incolpato in sede disciplinare avrebbe dovuto ritenersi sussistente quell’abuso escluso nel procedimento penale).
Procedimento n. 59/89 - Sentenza del 29 settembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Rapporti - Esclusioni in sede penale
della sussistenza del fatto - Effetti sul giudizio disciplinare.
Non deve farsi luogo al rinvio a dibattimento nei confronti del
magistrato per il quale — nel procedimento penale per gli stessi fatti
— sia stata emessa sentenza assolutoria «perché il fatto non sussiste»,
quando dalla motivazione della sentenza medesima risulti che è stata
esclusa la sussistenza del fatto in senso materialistico e normativo.
Procedimento n. 91/88 - Sentenza del 15 dicembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Assoluzione per mancanza di dolo
in ordine agli stessi fatti oggetto di incolpazione disciplinare Necessità di indagine sull’illiceità disciplinare.
L’esclusione in sede penale della responsabilità penale per difetto
dell’elemento intenzionale in relazione ai medesimi fatti oggetto di
incolpazione disciplinare, non esime la Sezione dalla indagine sulla
sussistenza di profili di rilevanza disciplinare.
Procedimento n. 2/90 - Sentenza del 26 gennaio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Accertamento in sede penale di
insussistenza dei medesimi fatti ascritti all’incolpato - Effetti.
Deve escludersi l’addebito quando risulti coerente alle obiettive
ed univoche risultanze di causa l’accertamento in sede penale, con
551
sentenza istruttoria di proscioglimento, della insussistenza dei
medesimi fatti ascritti all’incolpato.
Procedimento n. 3/90 - Sentenza del 9 febbraio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Proscioglimento istruttorio in sede
penale - Efficacia vincolante nel procedimento disciplinare Fattispecie - Sussistenza.
Benché la sentenza istruttoria di proscioglimento, in sede penale,
non faccia stato nel procedimento disciplinare tuttavia, nel caso in
cui l’addebito disciplinare riproduca esattamente quello penale, non
è possibile affermare una responsabilità disciplinare senza ritenere
integrati quanto meno gli estremi oggettivi della fattispecie penale
esclusi, in concreto, dalla sentenza di proscioglimento istruttorio.
Procedimento n. 32/89 - Sentenza del 27 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Declaratoria di amnistia - Ininfluenza.
Nessuna influenza può avere nel procedimento disciplinare un
giudicato penale che si è arrestato alla soglia della declaratoria di
estinzione del reato per intervenuta amnistia.
Procedimento n. 13/89 - Sentenza dell’8 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Procedimento penale e disciplinare - Autorità di cosa giudicata degli
accertamenti compiuti in sede penale - Ipotesi di sentenza
istruttoria di proscioglimento - Esclusione.
Il rapporto di pregiudizialità tra accertamento di fatti svolto in
sede penale e procedimento disciplinare è limitato alle sentenze
dibattimentali e non ai provvedimenti istruttori (nella specie l’illecito
552
penale è stato escluso per lo stato iniziale in cui si era arrestata la
condotta criminosa che, peraltro, così come accertata, può risultare
valutabile in sede disciplinare).
Procedimento n. 16/90 - Sentenza del 19 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Procedimento penale e disciplinare - Mutamento della norma
incriminatrice successivamente al passaggio in giudicato della
sentenza penale di condanna - Effetti nel processo disciplinare.
Nel procedimento disciplinare a carico di magistrato condannato
alla reclusione per il delitto di cui all’art. 324 c.p., avente ad oggetto
gli stessi fatti di cui si è pronunziato il giudice penale, l’abrogazione
della norma incriminatrice (disposta dall’art. 20 della L. 26 aprile
1990, n. 86) non comporta l’inesistenza del fatto-reato e la
conseguente insussistenza anche del fatto contestato nel giudizio
disciplinare, in quanto — in quest’ultima sede — la condotta tenuta
dall’incolpato deve essere riesaminata in relazione all’incolpazione ed
ai fatti risultanti dalla sentenza penale.
Procedimento n. 63/90 - Sentenza del 30 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Procedimento penale e disciplinare - Fatto oggetto sia del processo
penale che del procedimento disciplinare - Esame di comportamenti
estranei al capo di imputazione ed a quello di incolpazione - Limiti.
Qualora all’incolpato siano contestati gli stessi fatti oggetto di
precedente procedimento penale e il giudice penale abbia negato l’esistenza del fatto-reato, in sede disciplinare possono essere prese in
considerazione altre modalità del comportamento del magistrato non
compatibili con il prestigio dell’ordine giudiziario, purché lato sensu
riconducibili alla contestazione.
(Nella specie nel processo penale il giudice istruttore aveva assolto
il magistrato perché il fatto non sussiste e la Sezione disciplinare, in mancanza di ulteriori elementi, ha ritenuto non sussistere l’addebito ascritto).
553
22 — PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE: SINDACABILITÀ
555
556
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie.
Costituisce illecito disciplinare, perché importa violazione dei doveri di ufficio, il comportamento del magistrato che appone la formula di concessione del beneficio della sospensione condizionale della
pena su un decreto penale dopo l’avvenuta notifica poiché così agendo
si viene meno al dovere di attendere l’opposizione dell’imputato prima
di procedere alla modifica del dispositivo del decreto penale. Né ciò
importa alcun sindacato sul contenuto di una decisione giurisdizionale, in quanto nella specie si constata la mancanza di un provvedimento giurisdizionale idoneo a modificare altro provvedimento già
emesso.
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ricorrente insufficienza
tecnico-giuridica dei provvedimenti - Insindacabilità.
Attività giurisdizionale - Preordinata intenzione di perseguire fini diversi
da quelli di giustizia - Sindacabilità - Limiti.
In base al principio della insindacabilità dell’attività giurisdizionale al di fuori del processo, l’insufficienza tecnico-giuridica del ma557
gistrato desunta da pretesi errori ricorrenti nelle decisioni non può
dar luogo a procedimenti disciplinari. Anche nel caso in cui le decisioni incriminate siano frutto di preordinata intenzione di perseguire
fini diversi da quelli di giustizia, al magistrato deve essere imputata
la condotta tenuta e non l’esattezza tecnico-giuridica delle decisioni
emesse perché altrimenti si porrebbe nel nulla il principio
costituzionale dell’indipendenza del giudice.
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Opportunità di nomina di
tutore e di autorizzazione al sequestro - Insindacabilità.
Attività giurisdizionale - Mancanza di riservatezza - Sindacabilità.
Non è ammissibile il sindacato in sede disciplinare del contenuto
sostanziale dei provvedimenti giurisdizionali, in particolare al fine di
accertare se sia giustificata o meno la nomina di un tutore provvisorio
all’interdicendo e la concessione delle autorizzazioni di sequestri dallo
stesso richiesti. In sede disciplinare può essere invece valutata la
mancanza di riservatezza da parte del magistrato nella fase
preliminare del procedimento di interdizione.
Procedimento n. 27 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Redazione di sentenza
- Apprezzamenti in ordine a comportamenti di persone estranee al
processo - Indispensabilità per la decisione - Insussistenza
dell’illecito.
Uso di espressioni sconvenienti - Sussistenza dell’illecito - Giovane età
e inesperienza del magistrato - Non punibilità.
Il magistrato, nella redazione di una sentenza, può esprimere
apprezzamenti in ordine al comportamento di persone estranee al
processo, anche se investite di pubbliche funzioni, quando ciò sia
indispensabile al fine della decisione. È però censurabile l’uso di
espressioni che, pur non essendo offensive del prestigio di organi
558
dello Stato, siano sconvenienti perché rivelano quella mancanza di
sobrietà, di misura e di necessario distacco che debbono caratterizzare il provvedimento giurisdizionale.
L’uso di tali espressioni non è punibile in sede disciplinare, per
difetto dell’indispensabile elemento soggettivo, allorché il fatto sia da
attribuire alla giovane età ed all’inesperienza dell’estensore del
provvedimento nonché alla complessività e delicatezza delle questioni
da risolvere.
Procedimento n. 19 - Sentenza del 20 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Relazione di sentenza
- Inclusione nella motivazione di intere pagine di studio dottrinale
- Insussistenza dell’illecito.
Non è suscettibile di sanzione in sede disciplinare il fatto, di per
sé deplorevole, del magistrato che includa nella motivazione di una
sentenza intere pagine di uno studio dottrinale, quando l’episodio
non abbia risonanza pubblica sì da provocare commenti generalizzati
sfavorevoli all’operato del giudice che finiscano con il ripercuotersi
sul prestigio dell’intero ordine giudiziario.
Procedimento n. 50 - Sentenza del 24 novembre 1962 - Pres. De
Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Inosservanza reiterata
di norme processuali - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del pretore che abbia
omesso di osservare, nell’esercizio delle sue funzioni, norme sostantive
e processuali sì da cagionare, per trascuratezza o faciloneria, notevoli
disfunzioni nel campo della giurisdizione penale.
Procedimento n. 51 - Sentenza del 9 febbraio 1963 - Pres. De
Pietro.
559
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Teste non comparso perché
impedito - Sanzioni pecuniarie inflitte dal giudice - Insussistenza
dell’illecito.
Non è censurabile, sotto il profilo disciplinare, il magistrato che
infligga una pena pecuniaria ad un sottufficiale dei carabinieri, citato
come teste all’udienza dibattimentale e non comparso all’ora fissata
perché trattenuto in caserma per la visita ispettiva di un generale
dell’Arma, non potendo il magistrato essere chiamato a rispondere
in sede disciplinare dell’applicazione della legge nei confronti dei
testimoni, senza discriminazione sulla qualità degli stessi.
Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Inosservanza reiterata
di norme processuali - Sussistenza dell’illecito.
Integra gli estremi della condotta contraria ai doveri di ufficio
il fatto del pretore che, in numerosi procedimenti per falsa
arrogazione di titoli nobiliari, fissati e celebri i dibattimenti senza
l’emissione dei relativi decreti di citazione e, in alcuni casi, senza
neppure la presenza degli interessati, ometta la citazione o comunque
l’audizione dei denunziati; autorizzi il rilascio immediato di certificati
attestanti l’intervenuta assoluzione con formula piena; ometta la
prescritta comunicazione della sentenza assolutoria al pubblico
ministero.
Procedimento n. 60 - Sentenza del 20 luglio 1963 - Pres. De
Pietro.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie.
Commette illecito disciplinare, il giudice delegato alle procedure
fallimentari, il quale ometta di far luogo alle misure conservative
patrimoniali; trascuri di chiedere o di ottenere nei modi di legge il
parere al comitato dei creditori; permetta che il curatore non depositi
tempestivamente la relazione conclusiva, allo scopo di evitare che
560
l’eventuale esercizio dell’azione penale nei confronti del fallito possa
pregiudicare la sua domanda di riabilitazione civile; restituisca al curatore le quietanze rilasciate dai creditori all’assuntore per sottrarle a
tasse di registrazione; si interponga nella fase di avvio del concordato
mediante la fissazione della misura minima della percentuale. Una
simile condotta appare in contratto con molteplici e chiari disposti
normativi e conseguentemente integra l’ipotesi di una colpevole
inosservanza da parte del magistrato dei propri doveri di ufficio.
Procedimento n. 81 - Sentenza del 23 gennaio 1965.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Erronea interpretazione ed
applicazione della legge - Insindacabilità.
Attività giurisdizionale - Errore dovuto a negligenza nello studio delle
questioni giuridiche o nell’esame delle situazioni di fatto Sindacabilità.
Il principio costituzionale secondo cui il giudice è soggetto soltanto alla legge importa che non vi sia potere o autorità o insegnamento
costante della giurisprudenza o comune opinione della dottrina che
possa vincolare la coscienza e l’intelletto del giudice per indicargli la
norma da applicare o per imporgli una determinata interpretazione
di essa. Tuttavia il procedimento di identificazione della norma da
applicare e di interpretazione della stessa non può essere effettuato
sulla base di criteri arbitrari ed avulsi dalle linee indicate dalla legge
o senza l’osservanza dei doveri fondamentali di spiccata diligenza che
il magistrato deve impiegare in ogni manifestazione della sua attività
in relazione alla delicatezza della funzione esercitata e degli effetti
che si producono nella sfera giuridica dei terzi. Pertanto è censurabile
il comportamento del magistrato che non si ispiri alla legge nell’esercizio delle sue funzioni o che incorra nell’erronea applicazione di
essa per evidente trascuratezza o per riprovevole inerzia nell’esame
delle questioni giuridiche o nella valutazione delle situazioni di fatto.
In tal caso non si censura in sede disciplinare il risultato dell’attività
intellettiva del giudice ma il difetto di un’attività dovuta, e cioè l’inosservanza del dovere, imposto dalla legge, di impiegare, nel compimento di ogni atto destinato ad incidere sui diritti dei terzi, la massima diligenza al fine di ridurre al minimo il rischio dell’errore. Alla
561
luce di tali principi non può formare oggetto di addebito disciplinare
l’erronea interpretazione ed applicazione della legge in cui sia incorso
il magistrato nell’espletamento delle sue funzioni, quando non risulti
che l’errore sia dovuto a negligenza ed a trascuratezza nello studio
delle questioni giuridiche e nell’esame delle situazioni di fatto ovvero
a riprovevole leggerezza ed incuria nell’assolvimento dei doveri di
magistrato.
Procedimento n. 80 - Sentenza del 20 febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Redazione di sentenza
- Allegazione come parte integrante della stessa in relazione di
consulenti tecnici - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce infrazione disciplinare il fatto del magistrato che
abbia, in alcuni procedimenti civili, allegato alle sentenze, come parte
integrante di esse, la relazione dei consulenti tecnici, che avrebbero
dovuto essere unite ai fascicoli di ufficio. Invero il riferimento alle
relazioni allegate come parte integrante delle sentenze non consente
di stabilire se tali mezzi di prova siano tati esaminati e valutati
criticamente dal giudice al fine della soluzione delle questioni tecnicogiuridiche. Né si tratta solo di un vizio formale nella redazione delle
sentenze — né solo di un aspetto singolare di motivazione per
relationem, che peraltro non sarebbe attuabile rispetto ad un mezzo
di prova: tale fatto rivela negligenza e trascuratezza nella redazione
delle sentenze e quindi inosservanza dei doveri del giudice nel
compimento dell’atto di maggiore rilevanza della sua funzione.
Procedimento n. 131 - Sentenza del 27 novembre 1967 - Pres.
Rocchetti.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Deliberato proposito di
disapplicare la legge - Negligenza - Sindacabilità.
L’erronea interpretazione ed applicazione della legge può essere
suscettibile di valutazione in sede disciplinare solo nei casi in cui
562
essa sia stata intenzionale o quanto meno sia stata causata da grave
negligenza sì da far ritenere che il giudice sia venuto meno al dovere
primario del suo ufficio, di ricercare con impegno, con sapienza e
con coscienza la giusta risoluzione della controversia o di una
questione giuridica.
Procedimento n. 152 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Prova.
Poiché la funzione giurisdizionale per sua natura deve essere
libera e indipendente da qualsiasi controllo, tranne quello che si
svolge nell’ambito dell’ordinario sistema delle impugnazioni, non è
sindacabile, in sede disciplinare, il comportamento del magistrato nel
regolare esercizio della funzione giurisdizionale.
L’eccessiva superficialità e la troppa indulgenza nella decisione
di alcuni procedimenti penali non può formare oggetto di censura
disciplinare se non sia stata accertata, nella competente sede, la
violazione della legge penale.
Procedimento n. 153 - Sentenza del 24 aprile 1969 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Soggezione del giudice
soltanto alla legge - Conseguenze in sede disciplinare.
Attività giurisdizionale - Deliberato proposito di disapplicare la legge
o negligenza - Sindacabilità.
Poiché l’art. 101, 2° comma della Costituzione afferma che i
giudici sono soggetti soltanto alla legge, non è sindacabile in sede
disciplinare l’erronea interpretazione ed applicazione della legge in
cui sia incorso il magistrato nell’esercizio dell’attività giurisdizionale salvo il caso che allo stesso sia attribuibile un preordinato
proposito di disapplicare la legge o negligenza nell’esame delle
questioni.
563
Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Violazione di legge - Limiti.
La violazione di legge assume rilevanza disciplinare a norma
dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, solo quando sia dovuta
a trascuratezza e negligenza; e ciò per assicurare al magistrato la
necessaria serenità nell’esercizio delle funzioni.
Procedimento n. 180 - Sentenza del 31 ottobre 1969 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Esercizio di una facoltà
discrezionale - Insindacabilità - Limiti.
Attività giurisdizionale - Mancata emissione del mandato di cattura obbligatorio - Previsione di pena in concreto condonabile - Insindacabilità.
Non è sindacabile in sede disciplinare l’esercizio da parte del magistrato di una facoltà discrezionale, se non vi sia una dolosa intenzione
di perseguire fini diversi da quelli di giustizia, oppure una erronea assunzione, determinata da colpa grave, dei presupposti per tale esercizio.
In particolare, non costituisce illecito disciplinare la mancata emissione
di un mandato di cattura obbligatorio quando sussista una causa di
estinzione della pena ed il magistrato, nell’ambito del suo potere
discrezionale, abbia ritenuto che, per il giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti e attenuanti e per ogni altro elemento atto ad
influire nella determinazione della pena, la stessa in concreto avrebbe
potuto essere irrogata in misura tale da rientrare nei limiti del condono.
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Fattispecie - Limiti.
Non è consentita, in sede disciplinare, una indagine squisitamente
tecnica in merito ad un provvedimento giurisdizionale; il magistrato
564
non può infatti essere chiamato a rispondere disciplinarmente di un
proprio provvedimento, anche — in ipotesi — errato, allorché, l’errore
sia frutto non già di una macroscopica violazione di legge, bensì di
una discutibile interpretazione della legge (nella specie, della tariffa
professionale degli avvocati).
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
In sede disciplinare un magistrato non può essere chiamato a
rispondere di un provvedimento giudizionale, anche in ipotesi errata,
salvo il caso in cui l’errore sia frutto di una macroscopica violazione
di legge.
Procedimento n. 234 - Sentenza del 12 maggio 197 2 - Pres.
Amatucci.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
I provvedimenti giurisdizionali non possono essere oggetto di
sindacato in sede disciplinare, salvo i casi di deliberato proposito di
non applicare la legge o di fini diversi da quelli di ufficio.
Procedimento n. 274 - Sentenza del 10 luglio 1973 - Pres. Bosco.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Trasmissione brevi manu
all’archivio di esposti a contenuto civile o amministrativo o
anonimi, non suffragati dalle successive indagini di polizia
giudiziaria - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato (procuratore
della Repubblica) che trasmetta brevi manu all’archivio esposti di
privati che richiedano interventi di natura civile o amministrativa,
essendosi nella fattispecie al di fuori del campo di applicazione
565
dell’art. 74 c.p.p. Ciò vale anche per gli anonimi prospettanti ipotesi
di reato, dei quali le indagini di polizia giudiziaria abbiano accertato
l’infondatezza, trattandosi di atti non utilizzabili in sede penale.
Procedimento n. 252 - Sentenza del 10 luglio 1973 - Pres. Bosco.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Notifica in udienza ad
imputati detenuti del decreto di citazione - Rinuncia ai termini
processuali - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato
(pretore), che faccia notificare in udienza il decreto di citazione agli
imputati presenti perché detenuti, con rinuncia dei medesimi ai
termini processuali, anche se tale atto venga successivamente smarrito
a seguito di un furto nei locali dell’ufficio con dispersione di atti e
scompiglio fra i fascicoli.
Procedimento n. 303 - Sentenza del 2 luglio 1974 - Pres. Bosco.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Uso di espressioni sconvenienti
estranee all’economia della decisione - Sussistenza dell’illecito Giovane età ed inesperienza del magistrato - Non punibilità.
L’uso di osservazioni o considerazioni estranee all’economia del
provvedimento giurisdizionale e tali da rivelare, pur non essendo
oggettivamente offensiva per una delle parti, difetto di quella misura
e di quel necessario distacco cui deve essere improntato ogni
provvedimento giurisdizionale, pur costituendo in astratto illecito
disciplinare, non è in concreto punibile in sede disciplinare, per
difetto dell’elemento soggettivo, ove sia da attribuirsi alla giovane età
ed all’inesperienza dell’estensore del provvedimento.
Procedimento n. 269 - Sentenza del 25 marzo 1976 - Pres. Bosco.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione delle sentenze Censurabilità in sede disciplinare - Limiti.
566
Le argomentazioni contenute nella parte motiva della sentenza
non possono costituire oggetto di censure in sede disciplinare salvo
che esse tendono ad alterare il procedimento interpretativo della legge
in modo lesivo di diritti ed interessi giuridicamente protetti, ovvero
a strumentalizzare le pronunzie giurisdizionali per il perseguimento
d’interessi personali o di gruppi, non tutelati dall’ordinamento.
Procedimento n. 339 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Collegiali - Esclusione.
Le deliberazioni collegiali, essendo atto segreto, non consentono
di attribuire ad alcuno dei partecipanti la paternità delle decisioni.
Pertanto non può essere sindacato, nei confronti di alcuno o di tutti
i partecipanti al collegio, il provvedimento pronunciato in sede
collegiale.
Procedimento n. 399 - Sentenza dell’11 marzo 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Non è sindacabile in sede disciplinare il provvedimento del
magistrato che si basi su una interpretazione corretta dei testi legislativi, sia pure divergente dall’ordinamento giurisprudenziale della
Suprema Corte (mancata scarcerazione in ipotesi di arresto in
flagranza di reato per il quale non è obbligatoria la cattura, cui non
sia seguito giudizio direttissimo né ordine di cattura).
Procedimento n. 374 - Sentenza dell’8 luglio 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Ordinanza che
dispone la trattazione in pubblica udienza di una controversia di
lavoro.
567
Il principio secondo cui alla Sezione disciplinare è precluso
qualsiasi sindacato sull’esercizio della funzione giurisdizionale, salvo
le ipotesi del deliberato proposito di violare la legge, dell’errore
macroscopico e del perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia,
si estende sia ai provvedimenti giudiziari a carattere decisorio, sia ai
provvedimenti a carattere ordinario. Pertanto, ove non ricorrano le
suddette ipotesi, non è sindacabile l’ordinanza sufficientemente
motivata, di un pretore del lavoro che, ritenendo pubblica l’udienza
in cui si trattano le controversie di lavoro, ha esteso il regime di
pubblicità anche ad un procedimento di urgenza, ex art. 700 c.p.c.,
avente ad oggetto una di tali controversie.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie.
Non è sindacabile in sede disciplinare il provvedimento del giudice a meno che non risulti il deliberato proposito di violare la legge,
la deviazione del giudice dai fini di ufficio, l’errore del provvedimento
derivante da grossolana violazione di legge. Non costituisce, pertanto,
illecito disciplinare l’ammissione al passivo e con privilegio — peraltro
confermata con sentenza del Tribunale — da parte del giudice
delegato di un credito, per asserite prestazioni professionali, che
appaiono sproporzionate all’attività svolta, disposta con provvedimento privo di motivazione e senza l’assunzione di informazioni.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Non è sindacabile il provvedimento del giudice (mandato di
pagamento in prededuzione al passivo in fallimento per compenso
già liquidato, al curatore) formalmente legittimo, la cui emissione è
lasciata alla sua discrezionalità a meno che non risulti dimostrato
l’intento di favorire il beneficiario.
568
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Decisione collegiale.
Non è consentito in sede disciplinare attribuire ad uno solo dei
componenti una decisione collegialmente adottata, in ordine alla
quale, peraltro, non ricorrono gli estremi della sindacabilità disciplinare, a nulla rilevando che l’incolpato è stato relatore al collegio
(archiviazione di istanza di revoca del curatore formulata dal fallito
e del p.m.; la liquidazione di compenso al commissario giudiziario
dell’amministrazione controllata senza previa approvazione del conto
di gestione; liquidazione al curatore fallimentare del compenso per
il primo anno dall’esecuzione provvisoria di gestione dell’impresa;
liquidazione del compenso al commissario giudiziario dell’amministrazione controllata senza attendere l’approvazione del rendiconto
e la esecuzione del concordato).
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Non è sindacabile il provvedimento del giudice che presuppone
una violazione della legge quando l’interpretazione ad essa data
dall’incolpato è conforme alla pratica giudiziaria e ad autorevole
orientamento dottrinato. Non commette, pertanto, illecito disciplinare il giudice delegato all’amministrazione giudiziaria che
consenta alla nomina a curatore del fallimento del commissario giudiziario, senza chiedere che questi renda il conto dell’amministrazione dei beni e della gestione dell’impresa a norma dell’art. 191
legge fallimentare.
Procedimento n. 394 - Sentenza del 20 dicembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
569
Non è consentito, in sede disciplinare, sostituirsi alla coscienza
e all’intelletto del giudice in una valutazione effettuata nell’esercizio
dell’attività di giurisdizione, specie quando è da escludersi che vi
sia deliberato proposito del giudice di violare la legge o deviazione
dai fini di ufficio ovvero eventuale errore del provvedimento derivante da grossolana violazione di legge. Non commette, pertanto,
illecito disciplinare il giudice delegato all’amministrazione controllata che non dispone alcun preventivo accertamento circa la
fondatezza della proposta di dichiarare il fallimento, formulata dal
commissario giudiziario ed, anzi, revoca l’autorizzazione già data
di sottoporre al controllo di un consulente tecnico una relazione
contabile (peraltro risultata grossolanamente errata in sede di
istruttoria penale).
Procedimento n. 321 - Sentenza del 24 febbraio 1978 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Il sindacato sull’attività giurisdizionale è ammissibile in sede
disciplinare soltanto quando vi sia deliberato proposito di disapplicare la legge ovvero deviazione dei fini di ufficio oppure il provvedimento sia frutto di errore conseguente a macroscopica violazione
di legge. Pertanto non costituisce illecito disciplinare il comportamento dei magistrati componenti il collegio penale che hanno
emesso ordinanza di concessione di libertà provvisoria senza esame
degli atti del procedimento ed, in particolare, affermando che
l’imputato era di buoni precedenti penali, nonostante questi avesse
dichiarato di aver riportato in precedenza condanne e mancasse agli
atti il certificato penale, giacché non ricorre l’ipotesi di violazione
e disapplicazione della legge e l’esame del merito della valutazione
dei giudici — che fa richiamo anche alla giovane età del detenuto
— comporterebbe un sindacato fuori dei casi e degli estremi
consentiti.
Procedimento n. 366 - Sentenza del 24 febbraio 1978 - Pres.
Bachelet.
570
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Introduzione nella
parte motiva di una sentenza di considerazioni extragiuridiche del
tutto superflue - Illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare l’introduzione nella parte motiva di
una sentenza di rilievi e di considerazioni che, del tutto estranei all’economia del dicisum, denotano, per la loro genericità ed assoluta
ininfluenza, la mancanza di quella misura e di quell’opportuno distacco
cui ogni provvedimento giudiziario deve essere improntato. (Nella specie, l’incolpato aveva svolto nella motivazione di una sentenza, avente
ad oggetto una controversia di lavoro subordinato una lunghissima
serie di considerazioni socio-economiche prive, in gran parte, di un
qualsiasi, anche lontano, collegamento con l’oggetto del contendere).
Procedimento n. 367 - Sentenza del 19 maggio 1978 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ordine alla P.S., emanato da
un pretore penale di turno, di svolgere la sorveglianza in un teatro
in modo da rispettare il carattere privato dello spettacolo - Illecito
disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore
penale che, a seguito di denunzia ricevuta durante il periodo di turno
esterno, ordini all’autorità di P.S., incaricata di svolgere il servizio di
sorveglianza di un teatro in cui un’associazione aveva organizzato
uno spettacolo per i soli soci, di espletare tale servizio in modo da
non turbare il carattere privato di detta manifestazione, qualora la
valutazione di tale carattere non sia dovuta a dolo, trascuratezza o
grave ignoranza della legge, ma si adegui ai principi giuridici vigenti
in materia così come individuati dalla giurisprudenza.
Procedimenti nn. 396-283 - Sentenza del 3 giugno 1978 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Concessione della libertà
provvisoria a persona arrestata dalla Polizia giudiziaria senza previo
571
interrogatorio - Illecito disciplinare - Insussistenza - Condizioni Mancanza di dolo o di colpa grave.
Non integra illecito disciplinare il comportamento del sostituto
procuratore della Repubblica che conceda la libertà provvisoria a
soggetto arrestato da parte della Polizia giudiziaria ai sensi degli artt.
235 e 236 c.p.p. senza procedere al suo interrogatorio, qualora, da
una serie di circostanze, quali la scarsa esperienza professionale dell’incolpato, l’essere stato il medesimo l’unico sostituto in servizio al
momento del fatto, ed il non aver gli organi di polizia giudiziaria
provveduto a presentare l’arrestato al magistrato, risulta provato che
il suddetto comportamento non sia determinato da dolo o colpa grave.
Procedimento n. 398 - Sentenza del 30 giugno 1978 - Pres.
Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Errori d’interpretazione o di
applicazione della legge - Censurabilità in sede disciplinare Esclusione - Applicabilità del principio ai provvedimenti emanati
dai giudici di sorveglianza.
Il principio secondo cui non sono perseguibili in sede disciplinare
gli errori commessi dal giudice nell’interpretazione e nell’applicazione
delle norme giuridiche, salvo le ipotesi di dolo ovvero di colpa grave,
consistente nella macroscopica inosservanza del dovere di diligenza
nell’esame dei fatti e nello studio delle questioni di diritto, riguarda
non solo le pronunzie di natura giurisdizionale, ma anche i provvedimenti di contenuto amministrativo, come quelli emanati dai giudici
di sorveglianza nella materia dei permessi ai detenuti, la cui competenza è attribuita alla magistratura ordinaria in ragione dello status
di indipendenza di cui essa fruisce.
(Nella specie, è stata esclusa la sussistenza di illecito disciplinare
nel comportamento di un giudice di sorveglianza che aveva concesso,
in un periodo di tempo relativamente breve, quattro permessi ad un
detenuto, condannato per gravi reati, il quale, nel corso dell’ultima licenza aveva commesso un duplice omicidio, considerandosi che tali
permessi, sia pur concessi in base ad interpretazione opinabile della
legge penitenziaria, erano stati adottati a seguito di accurata istruttoria).
572
Procedimento n. 401 - Sentenza del 21 luglio 1978 - Pres. Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Erronea interpretazione della
legge - Illecito disciplinare - Insussistenza - Eccezioni.
Non integrano illecito disciplinare - salvo le ipotesi di dolo o di
colpa grave — gli errori commessi dai giudici nell’interpretazione
della legge.
(Nella specie, era stata disciplinata ad un giudice di sorveglianza
l’emanazione di alcuni provvedimenti che si assumevano fondati su di
un’erronea interpretazione della normativa in tema di permessi ai
detenuti).
Procedimento n. 391 - Sentenza del 4 maggio 1979 - Pres. Bachelet.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Proposta di transazione
formulata dall’istruttore di una controversia civile - Censurabilità
in sede disciplinare - Esclusione.
Non è sindacabile in sede disciplinare il contenuto di una proposta di transazione formulata da un magistrato nell’esercizio dei poteri di conciliazione spettantegli nella sua qualità di giudice istruttore
di una controversia civile.
(Nella specie, si era contestato all’incolpato di avere proposto
all’attore, che peraltro non aveva accettato, di transigere la lite a
condizioni meno favorevoli di quanto emergeva da una consulenza
tecnica).
Procedimento n. 289 - Sentenza del 18 aprile 1980 - Pres. Zilletti.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ordine alla P.S., emanato da
un pretore penale di turno delegato al servizio esterno, di allontanarsi da un teatro ove è in corso uno spettacolo privato Sindacabilità in sede disciplinare - Esclusione.
Non integra illecito disciplinare il comportamento di un pretore
penale delegato al servizio esterno che, su invito dei dirigenti di un
573
circolo culturale privato, si sia recato in un teatro in cui era stato
organizzato uno spettacolo riservato ai soci di detto circolo e, sul
presupposto che trattavasi di spettacolo privato — pur se la tessera
di socio veniva rilasciata, senza formalità, a chiunque si presentasse
al botteghino — abbia intimato alla forza pubblica, presente nel
locale, di allontanarsi dalla sala, per svolgere il servizio di sorveglianza
all’esterno di essa. Tale ordine, infatti, attenendo alla polizia dello
spettacolo ex art. 666 c.p. e rientrando nella competenza del
magistrato, non è sindacabile sotto il profilo disciplinare essendo tale
sindacato consentito soltanto in ordine a provvedimenti giudiziari
viziati da violazione di legge, dovuta a dolo o colpa grave.
Procedimento n. 423 - Sentenza del 10 ottobre 1980 - Pres.
Zilletti.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Potere di vigilanza sul regolare
svolgimento delle istruzioni formali - Spettanza al solo procuratore
generale presso la Corte di Appello - Dovere d’informativa a carico
del procuratore della Repubblica - Insussistenza.
L’art. 298 c.p.p., attribuisce esclusivamente al procuratore generale presso la Corte di appello il potere-dovere di vigilare sulla speditezza delle istruttorie formali, nonché sull’osservanza in esse delle
forme e dei termini fissati dalla legge. Analogo potere non è attribuito
al procuratore della Repubblica, sul quale non grava nemmeno un
obbligo d’informativa, nei confronti del procuratore generale diretto
a consentirgli l’esercizio di quel potere.
Procedimento n. 20/83 - Sentenza del 16 dicembre 1983 - Pres.
De Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Fattispecie - Sussistenza
dell’illecito - Limiti.
Il sindacato sul contenuto del provvedimento giurisdizionale va
limitato all’accertamento di un’eventuale, macroscopica e grossolana
violazione di legge, non potendosi estendere ai diversi modi di
574
interpretazione della legge o all’uso dei poteri discrezionali del
giudice.
Nonostante l’esistenza di argomentazioni sicuramente suggestive
a favore della soluzione estensiva nonché di quella restrittiva del problema interpretativo concernente la possibilità di comprendere nella
formula di cui all’art. 68 2° comma della Costituzione oltre alla perquisizione anche altre misure istruttorie a contenuto coercitivo quali
il sequestro penale, deve escludersi l’illiceità disciplinare di un’ordinanza di sequestro di schedario delle raccomandazioni effettuate da
un parlamentare, previa richiesta di esibizione da parte dei di lui segretari indicati nel provvedimento come aventi la disponibilità dei documenti, ma in definitiva subordinata nell’esecuzione alla disponibilità
del parlamentare medesimo a consegnare la cosa sequestrata, soprattutto quando il magistrato non si sia limitato ad impartire in merito
precise disposizioni al nucleo di polizia giudiziaria delegato per
l’esecuzione del provvedimento, ma sia rimasto in costante contatto
con il responsabile di detto nucleo per vigilare su ogni fase dell’esecuzione del delicato provvedimento, di fatto non eseguito per la dichiarata indisponibilità del parlamentare.
Provvedimento n. 37/83 - Sentenza del 17 febbraio 1984 - Pres.
De Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Il provvedimento giudiziario è insindacabile in sede disciplinare
tranne che contenga una grave e macroscopica violazione di legge o
che sia sorretto dall’intento di arrecare danno o procurare vantaggi
ad altri.
Procedimento n. 22/83 - Sentenza del 22 marzo 1985 - Pres. Guizzi.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Nulla osta a trasferimento di
detenuto - Valutazione discrezionale - Insindacabilità.
Non è disciplinarmente sindacabile la valutazione del giudice
istruttore in ordine alle esigenze istruttorie ostative alla concessione
575
del nulla-osta per trasferimento del detenuto a norma dell’art. 80
regolamento penitenziario.
(Nella specie il giudice istruttore aveva, per esigenze istruttorie,
negato il nulla-osta al trasferimento dell’imputato, cui il ministero
aveva attribuito la qualifica di «differenziato», dalla casa circondariale
di Salerno ad altro carcere munito di sezione differenziata e l’imputato era evaso).
Procedimento n. 38/84 - Sentenza del 12 aprile 1985 - Pres. De
Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Sconfinamento dalle proprie
attribuzioni - Violazione di legge - Sindacabilità.
Il sindacato disciplinare sull’operato di un pretore penale che
sconfina dalle proprie attribuzioni non implica alcuna inammissibile
ingerenza nel merito del provvedimento giurisdizionale, in quanto si
limita a constatare l’avvenuta violazione di legge quale è indubbiamente quella commessa dal magistrato che adotta provvedimenti
in settori per i quali non ha attribuzioni.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto il difetto di attribuzione di
un pretore penale indottosi a sospendere l’esecuzione di una procedura di sfratto a seguito di istanza del difensore dell’esecutata che
rappresentava come le gravi condizioni psichiche della donna avrebbero potuto condurla al suicidio nel corso dell’esecuzione).
Procedimento n. 38/83 - Sentenza del 2 luglio 1985 - Pres. Guizzi.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Errori nell’interpretazione
della legge - Grave negligenza e imperizia - Sussistenza dell’illecito.
Gli errori commessi dal giudice nell’interpretazione della legge
non integrano illecito disciplinare, salvo le ipotesi di dolo o colpa
grave.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto frutto di grave negligenza o
imperizia gli errori commessi dall’incolpato nel contestare sia nuovi
reati eccedenti le proprie competenze, sia pretese falsità a testimoni
576
e verbalizzanti, arrestandoli prima e liberandoli poi senza osservare
le disposizioni di cui agli artt. 435 e 458 c.p.p.).
Procedimento n. 38/83 - Sentenza del 2 luglio 1985 - Pres. Guizzi.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Decisioni radicalmente
contrastanti su identico oggetto-reato - Assenza di dolo o colpa
grave - Insindacabilità.
Non possono in sede disciplinare sindacarsi le decisioni del
giudice che, aderendo prima ad un indirizzo dottrinale o giurisprudenziale e poi ad altro opposto indirizzo, pervenga a decisioni contrastanti fra loro, quando debba escludersi che l’incolpato abbia agito
con dolo o colpa grave.
(Nella specie si contestava all’incolpato di aver pronunciato a
breve distanza di tempo sentenze radicalmente contrastanti tra loro
su identico reato previsto dall’art. 527 c.p. con motivazioni emozionali
e metagiuridiche).
Procedimento n. 22/85 - Sentenza del 5 luglio 1985 - Pres. De
Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Insufficienza tecnico-giuridica
del magistrato - Mancato sviamento dai fini di giustizia Insindacabilità.
L’insufficienza tecnico-giuridica del magistrato, desunta da
pretesi errori ricorrenti nelle sue determinazioni, non è disciplinarmente sindacabile, salvo che detti errori non siano frutto di preordinata intenzione di perseguire fini diversi da quelli di giustizia.
(Nella specie si è ritenuta l’insindacabilità di condotte processuali
che l’incolpato, nella qualità di pubblico ministero., aveva ritenuto
di assumere nei confronti del giudice istruttore).
Procedimento n. 36/85 - Sentenza del 12 luglio 1985 - Pres. De
Carolis.
577
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Esclusione di uno sviamento
dai fini dell’attività giurisdizionale - Insindacabilità del relativo
provvedimento.
Il provvedimento di avocazione al pari di ogni altro provvedimento giurisdizionale è insindacabile in sede disciplinare sempre che
a determinarlo siano stati motivi di giustizia e non la volontà di
interferire indebitamente sull’attività giurisdizionale di un sostituto
procuratore allo scopo di favorire l’imputato.
(Nella specie la Sezione, dopo aver premesso che al fine di
scagionare l’incolpato, esercitante le funzioni di avvocato generale
presso la Procura generale di Corte di appello, era sufficiente evidenziare che al momento di emanare il decreto di avocazione esistevano
motivi sufficienti a sorreggerlo, si è soffermata ad esaminare i dubbi
afferenti la legittimità della condotta del Sostituto Procuratore
destinatario dell‘avocazione).
Procedimento n. 41/85 - Sentenza del 13 settembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Assenza di sviamento dai fini
di giustizia - Insindacabilità.
Le determinazioni prese da un magistrato nell’esercizio di funzioni giurisdizionali sono disciplinarmente insindacabili quando non
siano originate da finalità diverse dall’adempimento di doveri di ufficio.
(Nella specie si contestava all’incolpato di avere per fini diversi
da quelli di giustizia: a) prima differito e poi omesso di dare
esecuzione ad una sentenza penale; b) attivato indagini preliminari
su presunti illeciti nell’installazione di impianti sportivi).
Procedimento n. 42/85 - Sentenza del 13 settembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Mancato sviamento dai fini
di giustizia - Insindacabilità.
578
Le determinazioni prese da un magistrato nell’esercizio di
funzioni giurisdizionali sono disciplinarmente insindacabili quando
non siano originate da finalità diverse dall’adempimento dei doveri
d’ufficio.
(Nella specie all’incolpato veniva contestato di avere pretestuosamente assunto iniziative sia per accertare eventuali responsabilità di
un pretore della stessa sede in merito all’esecuzione, prima differita
e poi omessa di una sentenza penale, sia per avviare un procedimento
penale in ordine agli stessi fatti).
Procedimento n. 21/84 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Sussistenza
dell’illecito.
Omesso interrogatorio, per negligenza, trascuratezza, leggerezza
nell’adempimento del dovere di ufficio, di persona arrestata in
flagranza di reato, indipendentemente dalla eventuale concessione da
parte del pretore della libertà provvisoria, è sindacabile in sede
disciplinare e meritevole di sanzione.
Procedimento n. 3/86 - Sentenza dell’11 aprile 1986 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Errori disciplinarmente
censurabili.
Nell’esercizio della funzione giurisdizionale l’errore non è
censurabile disciplinarmente quando:
a) integri un’omissione che, pur evidenziando uno standard di
negligenza non conforme ad un modello deontologico ottimale, non
abbia connotati di macroscopicità (nella specie il pubblico ministero
aveva limitato le richieste al giudice istruttore ad un solo dei due
reati ipotizzati nella comunicazione giudiziaria inviata al parlamentare e per i quali era stata concessa l’autorizzazione a procedere);
b) pur essendo macroscopico, perché violativo dell’elementare
579
dovere di diligenza nella comprensione del significato letterale della
norma, chiaramente percepibile dal testo legislativo, sia commesso in
un contesto soggettivo connotato da uno stato di acuta sofferenza morale e psicologica, incidente profondamente sulla capacità di concentrazione e di attenzione (nella specie era stata richiesta erroneamente
l’applicazione dell’amnistia per un reato non compreso nel relativo
decreto, sul presupposto che ciò fosse consentito dalla vis attrattiva
del vincolo di continuazione con altro reato amnistiabile, ed il magistrato era stato da poco tempo vittima di un attentato in esito al quale
la figlia era rimasta uccisa ed egli aveva riportato lesioni al cranio).
Procedimento n. 40/84 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Fattispecie.
Il sindacato disciplinare può estendersi anche ai provvedimenti
giurisdizionali, ma soltanto se questi contengano una grave e
macroscopica violazione di legge o siano sorretti dall’intento di
arrecare danno o procurare vantaggio ad altri.
(Nella specie, affermata la natura di provvedimento giurisdizionale della missiva di trasmissione ex art. 41 bis c.p.p. degli atti a
carico di magistrato del proprio distretto, si è esclusa la rilevanza
disciplinare dell’emissione di tale provvedimento pur essendo rimasta
accertata l’insufficiente ponderatezza e scarso equilibrio del suo
autore e l’ingiustificato, gravissimo disagio inflitto al magistrato sottoposto a procedimento).
Procedimento n. 17/84 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione del
provvedimento - Censurabilità in sede disciplinare - Limiti.
L’introduzione nella parte motiva di un provvedimento di rilievi
e considerazioni ritenuti estranei all’economia della decisione così
come il tono, lo stile e, in generale, la forma che assume l’esplicazione
580
degli itinerari logico-valutativi che hanno determinato il provvedimento, costituisce espressione della libertà culturale del giudice, il
quale non è censurabile in assenza di elementi che rivelino finalità
strumentale dell’emesso provvedimento.
È pertanto sindacabile solo il provvedimento giurisdizionale che
sia divenuto l’occasione utilizzata dal magistrato estensore per il raggiungimento di un proprio fine individuale, e tale sindacato non può
che essere di tipo documentale, nel senso che la valutazione disciplinare
deve essere condotta alla luce del contenuto dell’atto e dei suoi allegati.
(Nella specie si è ritenuto responsabile l’incolpato per avere usato
espressioni di particolare gravità: quali, tra l’altro, che l‘autorità giudiziaria è dell’avviso che il diniego dell’autorizzazione a procedere è
stato «motivato da analoghe controprestazioni nei confronti di altri
membri del Parlamento, implicati in vicende giudiziarie».
Procedimento n. 58/85 - Sentenza del 17 ottobre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
L’insindacabilità del provvedimento giurisdizionale anche se discutibile o addirittura errato è posta a tutela e presidio del fondamentale principio di civiltà giuridica rappresentato dalla indipendenza
del giudicante.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che, ove si ammettesse che la
c.d. inchiesta amministrativa affidata al Pretore sulle denunce per infortuni sul lavoro non possa considerarsi assorbita dal procedimento penale o dal provvedimento terminativo di esso, e che pertanto il pretore
dell’inchiesta debba sempre trasmettere gli atti al Pretore penale, non
potrebbe il «discutibile» provvedimento di archiviazione della denuncia
di infortunio, senza la previa inchiesta, qualificarsi come «abnorme»,
come frutto di «errore macroscopico», come sintomo di «rottura di
giurisdizione» o di «assunzione di poteri non consentiti» sì da imporre
il sindacato dell’attività giurisdizionale anche in sede disciplinare.)
Procedimenti n. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 dicembre 1986
- Pres. Mirabelli.
581
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ricusazione dell’intera Corte
d’assise - Declaratoria di «improponibilità» - Insindacabilità della
decisione.
Non è censurabile in sede disciplinare il presidente di una Corte
di assise per avere il collegio dichiarato «improponibile» un’istanza
di ricusazione dell’intera Corte sia perché è inammissibile il sindacato
sul contenuto di tale provvedimento giurisdizionale in quanto né
abnorme, né frutto di macroscopico errore di diritto; sia perché la
decisione collegiale non può essere posta a carico del solo presidente
per il principio dell’impersonalità degli atti collegiali.
Procedimento n. 23/85 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Grave e macroscopica
violazione di legge - Sussistenza dell’illecito.
È disciplinarmente sindacabile il provvedimento con il quale il
giudice viola in modo grave e macroscopico la legge, invadendo
l’ambito dei poteri propri di altri organi dello Stato ed ingenerando
l’immagine di un magistrato insofferente dei limiti imposti
dall’ordinamento alla funzione giurisdizionale e portato perciò a
travalicarli. (Nella specie la Sezione ha ritenuto che sotto la veste di
un provvedimento di urgenza assunto a sensi dell’art. 700 c.p.c. il
Pretore avesse emesso una vera e propria ordinanza necessitata extra
ordinem, come tale invasiva di un potere proprio dell’autorità
amministrativa).
Procedimento n. 9/87 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Il provvedimento giudiziario è insindacabile in sede disciplinare
tranne che contenga una grave e macroscopica violazione di legge o
sia sorretto dall’intento di creare danno o procurare vantaggi ad altri.
582
(Nella specie la Sezione ha sottolineato le difficoltà proprie dello
stabilire quando si sia in presenza di una violazione di legge grave
e macroscopica, affermando che l’errore, per quanto grave, non rileva
in sé, ma quale indice di una condotta o di un comportamento
disciplinarmente censurabile.
La sezione ha altresì esclusa la riconducibilità del provvedimento
adottato dall’incolpato — emissione di un decreto penale per
violazione dell’art. 712 c.p. nei confronti di commerciante di merce
acquistata — nel novero dei provvedimenti abnormi, aberranti, che
costituiscono il risultato di «macroscopiche o grossolane violazioni
di legge», traendo uno spunto argomentativo favorevole anche dalla
circostanza che l’interpretazione seguita risultava condivisa da altri
uffici e magistrati aventi funzioni o grado «superiori» rispetto a quello
dello stesso incolpato).
Procedimento n. 21/87 - Sentenza del 19 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione di sentenzeordinanze - Censurabilità in sede disciplinare - Limiti.
È escluso il sindacato disciplinare sulla motivazione di un
sentenza-ordinanza nella quale vengono riportati dal giudice istruttore
apprezzamenti del tutto inopportuni nei confronti di persona rimasta
estranea al procedimento, ma che tuttavia, per la peculiare funzione
argomentativa che svolgono nel contesto del provvedimento si
atteggiano come elementi interni alla formazione del convincimento
del giudice nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale.
Procedimento n. 12/87 - Sentenza del 10 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione delle sentenze Censurabilità in sede disciplinare - Limiti.
Il sindacato disciplinare può investire il contenuto dei provvedimenti giurisdizionali, sia in ipotesi di abuso o di strumentalizzazione
583
dei provvedimenti stessi per fini diversi da quelli di giustizia, sia in
ipotesi di incontinenze formali nelle locuzioni argomentative con
impiego di espressioni gratuitamente offensive e con affermazioni
ingiustificatamente lesive del decoro e della dignità della persona.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto che nella redazione della
sentenza in questione l’incolpato avrebbe ben potuto contenere il tono
polemico ed evitare l’uso di espressioni che, pur non essendo fortemente dispregiative, integravano un giudizio di disvalore nei confronti
di persona rimasta estranea al processo; ha rilevato però che la funzione dell’uno e delle altre nella economia della decisione, in relazione
allo specifico fine di giustizia perseguito, privava di connotati di illiceità disciplinare il comportamento, pur inopportuno, dello stesso
incolpato).
Procedimento n. 4/86 - Sentenza del 26 settembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
È da escludere ogni sindacabilità disciplinare delle scelte processuali operate dall’incolpato quando le stesse non siano macroscopicamente erronee e manchi la volontà di favorire o danneggiare taluno
ingiustificamente.
(Nella specie all’incolpato erano state contestate irregolarità
afferenti un procedimento civile di opposizione all’esecuzione).
Procedimento n. 9/86 - Sentenza del 17 ottobre 198) - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
È ammissibile un sindacato sul provvedimento giurisdizionale
teso ad accertare se l’erronea interpretazione della legge sia stata
intenzionale ovvero causata da grave negligenza, così che il provvedimento in questione risulti essere adottato con macroscopica
violazione di legge (Nella specie è stato sanzionato con la perdita di
anzianità di due mesi l’incolpato ritenuto responsabile: a) della
584
convalida di un arresto per reato relativamente al quale l’arresto non
era ammesso; b) della concessione della libertà provvisoria successivamente alla decisione di procedere con rito direttissimo; c) di altre
irregolarità dimostrative di macroscopica superficialità nell’esaminare
i fatti di causa e totale disattenzione alle norme regolatrici della
fattispecie giudicanda).
Procedimento n. 66/86 - Sentenza del 12 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Il sindacato sull’attività giurisdizionale è ammissibile in sede
disciplinare tutte le volte che il giudice, nell’espletamento dei propri
compiti istituzionali, non applichi di proposito la legge ovvero la violi
scientemente per fini diversi da quelli di giustizia, oppure commetta
gravi e grossolani errori per effetto di impreparazione, negligenza,
carenza di prudenza e ponderazione.
(Nella specie si è esclusa la sindacabilità di un provvedimento
pretorile di emissione di una comunicazione giudiziaria per reato
non di sua competenza ed al di fuori dei casi consentiti dall’art. 231
c.p.p.).
Procedimento n. 18/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
La diversità di valutazione tra due organi inquirenti è del tutto
fisiologica e non può essere oggetto di censura disciplinare senza
intaccare profondamente il principio di insindacabilità dell’esercizio
della funzione giurisdizionale salvo che nel caso di errore
macroscopico.
(Nella specie si addebitava ad un procuratore della Repubblica
di aver omesso di formare un fascicolo processuale sulla missiva del
sostituto relativa a fatti reato che, ad avviso dello stesso, sarebbero
emersi nel corso di un’istruttoria dibattimentale, trascurando altresì
585
di richiedere decreto ex art. 74 c.p.p. in ordine ai medesimi.
La Sezione ha ritenuto che tali fatti erano già emersi nel corso
dell’istruttoria formale relativa al procedimento trattato in udienza
pubblica dal sostituto segnalante, di talché il procuratore correttamente aveva ritenuta inutile una nuova richiesta di archiviazione,
considerandoli implicitamente archiviati all’esito della predetta
istruttoria formale).
Procedimento n. 94/87 - Sentenza del 6 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Esercizio dell’azione penale
per ottenere risultati diversi da quello di perseguire gli autori di
un illecito - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
È censurabile sotto il profilo deontologico l’esercizio dell’azione
penale da parte del pretore, usata non per perseguire gli autori di
un illecito, dopo aver accertato la sussistenza di un reato, ma per
ottenere altri risultati.
(Nella specie il magistrato aveva esercitato l’azione penale nei
confronti di funzionari comunali, contestando fatti in modo errato,
e, dopo aver ottenuto un miglioramento dei locali della Pretura,
prosciogliendo gli stessi per mancanza di dolo).
Procedimento n. 73/87 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Interrogatorio libero di
persona imputata di reati connessi - Mancanza dei presupposti Mancanza di dolo o colpa grave - Elementi obiettivi di
giustificazione - Difetto minimo di diligenza - Irrilevanza
disciplinare.
Non è apprezzabile in ambito disciplinare la condotta del magistrato che, poco diligentemente, fa uso di uno strumento processuale
in carenza delle condizioni di legge, purché il suo comportamento
trovi giustificazione in circostanze obiettive (nella specie si è ritenuto
586
scusabile, in presenza di un minimo di riscontri obiettivi e dell’adozione delle garanzie di difesa, l’aver interrogato come imputato di
reato connesso chi non rivestiva tale qualifica).
Procedimento n. 5/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione - Considerazione
del tutto estranee all’economia della decisione e oltre i limiti di
una motivazione dell’applicazione al caso concreto dell’art. 91 c.p.c.
- Illecito disciplinare - Sussistenza.
È censurabile sul piano deontologico esprimere nella sentenza
considerazioni sugli intenti speculativi e strumentali del ricorso con
apprezzamenti generici sul malessere giudiziario e sul difetto di
certezza nella giurisprudenza dei pretori, considerazioni che non
investono l’oggetto specifico su cui il pretore è chiamato a giudicare
e che vanno oltre i limiti di una motivazione dell’applicazione al caso
concreto dell’art. 91 c.p.c.
(Nella specie il magistrato nella motivazione della sentenza aveva
osservato «non è che non veda come il presente ricorso appaia
esclusivamente — come non pochi in tale materia vengono proposti,
dando vita ad un malessere giudiziario di cui taluni tendono a
campare — ispirato ad intenti speculativi e strumentali, contando
sulla disponibilità di certe aziende a lasciarsi spremere... visti i tempi
che corrono riguardo alla c.d. certezza del diritto, specie ove il diritto
sia amministrato da Pretori, non... con le idee chiare, .... il ruolo che
ha giocato la p.a. nella figura dell’U.P.L.M.O. di Milano è tra i meno
commendevoli»).
Procedimento n. 5/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione - Considerazioni
polemiche del tutto estranee all’economia della decisione - In
nessun illecito disciplinare - Sussistenza.
587
È censurabile sul piano deontologico esprimere nella motivazione
apprezzamenti gratuiti e in qualche misura offensivi circa le convinzioni del ricorrente ed il suo atteggiamento nei riguardi dell’amministrazione della giustizia.
(Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che l’inosservanza del dovere di cui all’art. 88 c.p.c. era implicitamente postulata dall’incolpato solo per fornire lo spunto a considerazioni
generalizzanti in nessun modo dimostrate).
Procedimento n. 5/88 - Sentenza del 10 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Motivazione - Apprezzamenti
sulla professionalità dei procuratori delle parti - Illecito disciplinare
- Sussistenza.
È censurabile sul piano disciplinare esprimere nella sentenza
giudizi di valore sulla professionalità dei procuratori delle parti; tale
apprezzamento non rientra in alcun modo nell’economia della
decisione e travalica nettamente i compiti ai quali è chiamato il
giudice.
(Nella specie il magistrato nella motivazione della sentenza si è
così espresso: «l’esposizione del ricorrente appare piuttosto scarna,
sì da giustificare l’impressione che il procuratore dello stesso non
abbia sufficiente dimestichezza con il rito del lavoro»).
Procedimento n. 100/87 Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Fattispecie - Insussistenza
dell’illecito.
Non è disciplinarmente sindacabile il giudizio sull’identificabilità
degli indiziati di reato e quindi sulla valutazione del magistrato in
punto di necessità di inviare la comunicazione giudiziaria e gli avvisi
al difensore preventivamente richiesti per il compimento di taluni
atti istruttori.
588
Procedimento n. 50/88 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Insussistenza
dell’illecito.
Non sono censurabili in sede disciplinare quelle attività del
magistrato che si collocano all’interno dell’esercizio della
giurisdizione, a meno che gli atti e i provvedimenti emanati
presentino caratteri di abnormità rispetto ad un comportamento
professionalmente adeguato.
(Nella specie la Sezione ha ritenuto insindacabile l’attività svolta
da due sostituti procuratori presso il Tribunale nell’ispezione dei
luoghi e nell’assistenza ad un esame di cadavere, sottolineando che
nonostante la mancata rispondenza di dette attività a canoni di
massima efficienza e di astratta ottimalità, doveva comunque
ritenersene l’irrilevanza disciplinare per le condizioni di emergenza
in cui gli incolpati avevano operato).
Procedimento n. 3/88 - Sentenza del 10 marzo 1989 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Violazione del dovere d’ufficio
di rispettare le forme previste dal codice di procedura penale Adempimento del dovere di provvedere senza ritardo sulla libertà
personale degli imputati - Motivazione aderente alla realtà Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare la condotta del magistrato
che ha violato il dovere d’ufficio di rispettare le forme previste dal
codice di procedura penale, ma lo ha fatto per adempiere all’altro
dovere di provvedere senza ritardi sulle questioni riguardanti la libertà
personale degli imputati, adottando un provvedimento con
motivazione ineccepibilmente aderente alla realtà.
(Nella specie il magistrato con funzioni di giudice istruttore
concedeva la libertà provvisoria all’imputato, pur essendo in ferie alla
data del provvedimento e dando atto del provvedimento stesso di
aver ricevuto notizia orale, tramite il cancelliere, che il pubblico
589
ministero aveva espresso parere contrario).
Procedimento n. 54/88 - Sentenza del 2 giugno 1989 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Ordine di decisione di più
questioni preliminari - Sindacabilità in sede disciplinare Esclusione.
Non è censurabile disciplinarmente la condotta di un giudice
che, dovendo graduare l’ordine di preliminarità di due questioni,
abbia ritenuto di doverle decidere seguendo un certo ordine, mentre
forse un altro giudice avrebbe invertito l’ordine stesso, anche se tale
secondo ordine di priorità appaia, in ipotesi, logicamente più corretto.
Procedimenti riuniti nn. 8, 53, 69, 100/88 - Sentenza del 14 luglio
1989 - Pres. Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Utilizzazione di strumenti
processuali - Limitazione del sindacato alla individuazione di
provvedimento abnorme o extravagante.
Non è consentito in sede disciplinare il sindacato sulla correttezza
degli strumenti processuali utilizzati dal magistrato una volta che si
accerti che egli non ha dato luogo a provvedimenti abnormi o
extravaganti e non è incorso in errori macroscopici.
(Nella specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che non possono
censurarsi le intenzioni del magistrato circa l’effetto sperato dagli
strumenti processuali utilizzati, altrimenti si costringerebbe lo stesso
ad astenersi dal compiere atti o a prendere provvedimenti ritenuti in
coscienza giusti e corretti per timore di destare sfavorevoli
impressioni in coloro che ne sono destinatari o ne vengono a
conoscenza).
Procedimento n. 22/89 - Sentenza del 19 gennaio 1990 - Pres.
Mirabelli.
590
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti e presupposti Perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia - Fattispecie Esposizioni in una ordinanza di rinvio a giudizio di elementi
probatori, da sviluppare e vagliare in dibattimento, circa la
identificazione di persone determinate come concorrenti nei reati
di cui al processo - Insussistenza dell’illecito.
Doveri del giudice: riserbo - Dichiarazioni alla stampa - Limiti alla
manifestazione del pensiero - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Premesso che il principio di insindacabilità — in sede disciplinare
— del merito dei provvedimenti giurisdizionali soffre di eccezioni
solo nei casi di deliberato proposto di violare la legge, di errore
macroscopico, di abnormità del provvedimento o di perseguimento
di fini diversi da quelli di giustizia, non costituisce perseguimento di
tali fini la esposizione in una ordinanza di rinvio a giudizio di
elementi probatori, da sviluppare e vagliare in dibattimento, circa la
identificazione di persone determinate come concorrenti nei reati di
cui al processo.
Non è qualificabile in termini di illecito disciplinare il
comportamento del magistrato che rilascia una intervista il cui
contenuto corrisponde esattamente a quello del provvedimento
giurisdizionale commentato e la cui forma sia caratterizzata dalla
«continenza» delle espressioni usate.
Procedimento n. 9/90 - Sentenza del 9 marzo 1990 - Pres.
Mirabelli.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti - Insussistenza
dell’illecito.
Non sono disciplinarmente censurabili i rilievi e le considerazioni
contenute nella parte motiva di un provvedimento in assenza di elementi che rivelino finalità strumentali del provvedimento stesso ovvero diretti a soddisfare un interesse personale dell’estensore o, infine, in mancanza di espressioni sconvenienti estranee all’economia
della decisione (nella specie il magistrato aveva censurato l’operato
di un’amministrazione provinciale per le omissioni, i ritardi e la pessima gestione del territorio, creando una situazione potenzialmente
591
pericolosa per la collettività e per l’ambiente, con una valutazione
ritenuta pertinente e necessaria, nell’economia della sentenza, al
proscioglimento dell’imputato ed al conseguente invio degli atti al
giudice territorialmente competente per l’eventuale esercizio
dell’azione penale nei confronti dei funzionari negligenti).
Procedimento n. 1/90 - Sentenza del 21 settembre 1990 - Pres.
Galloni.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Provvedimento abnorme Ammissibilità.
Costituisce provvedimento abnorme, come tale sindacabile in
sede disciplinare, il comportamento del magistrato che, nell’esercizio
delle funzioni di pretore, sospende l’esecuzione di un provvedimento
amministrativo già oggetto di ricorso al giudice amministrativo con
contestuale richiesta di sospensiva.
Procedimento n. 33/88 e 75/89 - Sentenza del 26 ottobre 1990 Pres. Galloni.
Provvedimenti del giudice: sindacabilità - Limiti.
Non è sindacabile in sede disciplinare il provvedimento
giurisdizionale che rivela il perseguimento di fini di giustizia
attraverso l’uso di strumenti processuali normativamente disciplinati,
poiché ogni rilievo circa la correttezza o meno dei provvedimenti in
esame sul piano della legittimità e del merito non costituisce oggetto
di cognizione e valutazione da parte della Sezione disciplinare,
essendo a ciò preposti i competenti organi dell’impugnazione.
592
23 — RAPPORTI CON GLI AVVOCATI
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594
Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con gli avvocati - Richiesta pressante di un avallo cambiario
- Sussistenza dell’illecito.
Il magistrato che, con insistenza, induce un avvocato a
concedergli la firma di avallo su una cambiale rilasciata a garanzia
di un mutuo bancario, pone in essere un comportamento che non si
addice a quel decoro e a quella riservatezza che egli deve in ogni
caso mantenere. Tra magistratura e foro, infatti, devono correre
rapporti di reciproca stima e di feconda collaborazione per il
raggiungimento delle comuni finalità di giustizia e non rapporti di
privato interesse, specie quando questi intervengono esclusivamente
per effetto della pressione che il magistrato — forte dell’autorità del
suo ufficio — inevitabilmente esercita sull’avvocato.
Procedimento n. 47 - Sentenza del 28 luglio 1962 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con gli avvocati - In udienza - Atteggiamenti intemperanti Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che — anche se al fine di assicurare la funzionalità dell’ufficio —
tenga frequentemente in udienza un contegno intemperante nei
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confronti degli avvocati, tale da suscitare lamentele e proteste da
parte di questi e provocare richiami da parte del presidente del
tribunale.
Procedimento n. 239 - Sentenza del 16 marzo 1973 - Pres. Bosco.
Rapporti con gli avvocati - Atteggiamenti intemperanti ed offensivi Presentazione di scuse - Sussistenza dell’illecito.
Si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui
deve godere un magistrato e compromette il prestigio dell’ordine
giudiziario il magistrato che usa in udienza un linguaggio scorretto
e scurrile con i testimoni, le parti e i loro patroni accusando, inoltre
questi ultimi, apertamente e pubblicamente, di avidità smodata e di
incapacità professionale; e le scuse fatte in proposito agli avvocati,
apprezzabili sotto il profilo dei rapporti personali non possono
reintegrare il prestigio del magistrato vulnerato dal precedente
comportamento.
Procedimento n. 208 - Sentenza del 25 febbraio 1975 - Pres.
Bosco.
Rapporti con gli avvocati - Richiesta di fare da testimoni di nozze di
una figlia e di doni - Atteggiamenti parziali a favore di clienti
dell’avvocato-testimone di nozze - Sussistenza dell’illecito.
Compromette il prestigio dell’Ordine giudiziario, integrando gli
estremi dell’illecito disciplinare, il magistrato che chieda a due
avvocati, ai quali non risulta essere neppure legato da rapporti di
amicizia, di fare da testimoni alle nozze di una sua figlia, precisando,
ad uno di essi, che desidera come regola «qualcosa d’argento», e
obliterando, nei confronti dell’altro, la circostanza di essere istruttore
di un processo patrocinato dallo stesso; e che, dopo la cerimonia
nuziale e dopo l’offerta di un regalo di rilevante valore da parte del
testimone, prosegua l’istruttoria del detto processo ed estenda anche
la relativa sentenza in modo chiaramente parziale, a favore dalla parte
assistita dall’avvocato-testimone.
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Procedimento n. 17/81 - Sentenza del 13 novembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Rapporti con gli avvocati - Risposta «colorita» a seguito di fastidiosa
condotta dell’avvocato - Insussistenza dell’illecito.
Difetta il requisito di antigiuridicità nella risposta colorita data
dal magistrato ad un avvocato che lo abbia sottoposto ad un’azione
di stimolazione continua, cresciuta in intensità negli ultimi momenti
dell’udienza e protrattasi anche al termine della stessa con
l’«inseguire» il giudice che si allontanava, così da diventare
puntigliosa, fastidiosa se non molesta.
Procedimento n. 38/81 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres.
Galasso
Rapporti con gli avvocati - Espressioni di biasimo per il comportamento
processuale del difensore contenute nella motivazione della sentenza
- Insussistenza dell’illecito.
Nelle motivazioni dei provvedimenti è richiesta al magistrato una
stretta aderenza al tema della decisione, sicché considerazioni
valutative del comportamento processuale del difensore, biasimato
come generatore di disfunzione e discredito per l’amministrazione
della giustizia, appaiono superflue ai fini di un’adeguata motivazione
della decisione. L’inopportunità del loro inserimento, quando le
valutazioni superflue non trascendono in offese dell’onere o della
reputazione del professionista, non espone tuttavia l’autore a
responsabilità disciplinari.
Procedimento n. 19/82 - Sentenza del 5 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
Rapporti con gli avvocati - Osservazioni sull’operato del difensore Irrilevanza disciplinare.
Il magistrato che con osservazione avente carattere discorsivo e
impersonale sottolinea il dovere da parte di un avvocato di curare la
597
regolare e tempestiva produzione di un documento nel giudizio civile,
non commette illecito disciplinare, difettando nella sua condotta ogni
carica aggressiva alla dignità professionale.
Procedimento n. 424 - Sentenza del 3 dicembre 1982 - Pres.
Galasso.
Rapporti con gli avvocati - Debiti apertura di credito cointestato ad un
avvocato - Insussistenza dell’illecito.
Fermo restando il diritto del giudice di intrattenere rapporti
personali con avvocati, specie quando si tratti di prosecuzione di
antichi rapporti di conoscenza, è necessaria la massima cautela
nell’ipotesi di rapporti economici al fine di evitare spiacevoli supposizioni di parzialità e di consentire arbitrarie e disinvolte speculazioni da parte di chicchessia. L’apertura di credito cointestato ad
un avvocato legato al magistrato da antichi rapporti di conoscenza
e coincidente temporalmente con due decisioni assolutorie ed il fatto
che lo stesso magistrato partecipava in procedimenti nei quali il detto
avvocato svolgeva attività difensiva, è fatto sicuramente inopportuno,
ma di per sé solo inidoneo ad integrare illecito disciplinare laddove
il sospetto di parzialità del magistrato sia privo di adeguato sostegno
probatorio.
Procedimento n. 31/83 - Sentenza del 17 febbraio 1984 - Pres.
De Carolis.
Rapporti con gli avvocati - Critiche alle condotte personali di legali Insussistenza dell’illecito.
Il giudice ha il potere-dovere di valutare nella motivazione delle
sentenze, in termini anche fortemente critici tutti i fatti, ivi comprese
le condotte dei legali, che abbiano rilievo ai fini delle decisioni.
Diversamente opinando potrebbe risultare compromessa la serenità
del giudizio e l’indipendenza degli organi giudicanti.
598
Procedimento n. 12/80 - Sentenza del 24 febbraio 1984 - Pres.
De Carolis.
Rapporti con gli avvocati - Amicizia di giudice istruttore con avvocato
coinvolto in procedimenti penali - Sussistenza dell’illecito.
È incompatibile con la delicata funzione di giudice istruttore
l’amicizia con un legale coinvolto in gravi procedimenti penali quando
dia ampio spazio a critiche o maldicenze, incrinando il prestigio e
la credibilità dell’incolpato.
Procedimento n. 32/84 - Sentenza del 22 febbraio 1985 - Pres.
De Carolis.
Rapporti con gli avvocati - Inadempimento all’obbligazione contratta
con un legale - Sussistenza dell’illecito.
Determina menomazione della fiducia di cui il giudice deve
godere nei confronti del foro e in generale dell’opinione pubblica e
conseguentemente caduta della credibilità dell’ordine giudiziario, il
comportamento del magistrato che non solo riceve in prestito da un
avvocato una somma di non modica entità ma per di più non la
restituisce immediatamente fino al punto di esserne richiesto per
iscritto a distanza di due anni.
Procedimento n. 6/84 - Sentenza del 26 giugno 1985 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con gli avvocati - Osservazioni ingiuriose sull’operato del
difensore - Illiceità.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del Giudice Istruttore il quale
usi espressioni ingiuriose per qualificare il comportamento processuale
del difensore. Nell’eventuale dibattito tra difensore e giudice
quest’ultimo deve manifestare il necessario equilibrio, avvalendosi degli
strumenti processuali di direzione nell’assunzione di atti istruttori, ma
mettendo da parte motivi anche comprensibili di risentimento.
599
(Nella specie ad un difensore che aveva sollevato specifiche
eccezioni di rito il giudice istruttore aveva contestato di far ricorso
a modalità di difesa «vergognose», accettando di verbalizzare
l’incidente solo a seguito del risoluto intervento del p.m. sollecitato
dal difensore).
Procedimento n. 54/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Debito - Mancata astensione nelle cause
trattate dall’avvocato creditore - Sussistenza dell’illecito.
Commetto illecito disciplinare il magistrato che non si astiene
nelle cause trattate da un avvocato suo creditore.
Procedimento n. 4/86 - Sentenza del 26 settembre 1986 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Espressioni critiche nei confronti di un
legale - Uso episodico delle stesse - Assenza di danno al prestigio
dell’ordine - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere, in un provvedimento
reso quale giudice dell’esecuzione, adoperato espressioni lesive della
dignità o del prestigio professionale di uno dei legali, quando di tali
espressioni sia stato fatto un uso assolutamente episodico, tale da
non incidere, se non temporaneamente e marginalmente, sui buoni
rapporti con il legale, rapidamente ripristinati grazie alla pronta
autocritica dell’incolpato.
Procedimento n. 45/86/R.G. - Sentenza del 30 gennaio 1987 Pres. Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Preclusione per rapporti a contenuto
economico - Fattispecie di sussistenza dell’illecito.
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Il magistrato ha diritto di intrattenere rapporti personali con
avvocati, ma in tali rapporti deve aver cura di escludere qualsiasi
interferenza di interessi economici, al fine di evitare sospetti di
parzialità nell’esercizio delle proprie funzioni.
(Nella specie la Sezione ha sanzionato l’incolpato ritenendo che
la cautela avrebbe dovuto essere massima in quanto lo stesso
incolpato, nella sua qualità di presidente di sezione del tribunale,
trattava gli stessi affari di cui si occupava l’avvocato esercente
abitualmente la professione innanzi al suo tribunale).
Procedimento n. 48/86 - Sentenza del 12 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Considerazioni negative sulle capacità
professionali di un difensore - Inopportunità - Insussistenza
dell’illecito.
Non sussiste illecito disciplinare nella condotta del magistrato
che in una ordinanza ricorre a frasi inopportune e colorite al di là
del necessario per delle considerazioni negative sulle capacità
professionali di un difensore sempre che per modalità concrete in
cui hanno trovato espressione, per il modo in cui sono calate nello
specifico della vicenda giudiziaria, per essersi collocate in una
situazione di serenità di rapporto con il difensore esse non siano tali
da integrare un’offesa a quest’ultimo.
(Nella specie l’incolpato aveva nel corpo di un’ordinanza scritto
fra l’altro: «... la difesa confonde i concetti di definitività della
sentenza con esecutorietà della stessa... tanto serve per far
comprendere, a chi non la possiede, la nozione di cosa giudicata
rispetto a quella di esecuzione»).
Procedimento n. 40/81 - Sentenza del 10 aprile 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Contrasti con il foro ed il Presidente del
Tribunale - Effetti negativi sul prestigio dell’ordine giudiziario.
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Commette illecito disciplinare il magistrato che: a) assume
comportamenti polemici, arroganti e scorretti nei riguardi degli
avvocati determinando un clima di tensione ed intralcio nella
conduzione degli affari; b) ricorre ad una violenta campagna di
stampa per pubblicizzare un grave contrasto insorto con il presidente
del proprio Tribunale in merito alle carenze dell’ufficio istruzione,
allo scopo di far sorgere nella pubblica opinione la convinzione che
i disservizi denunciati fossero da imputare alla colpevole inerzia del
presidente medesimo.
Procedimento n. 27/87 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Incomprensioni, contrasti e screzi - Contenimento nella sfera dell’opportunità - Insussistenza dell’illecito.
Il verificarsi di incomprensioni, contrasti e screzi comportamentali nei rapporti con gli avvocati, causata da carenze di tipo
caratteriale dell’incolpato, ed insieme alla crescente intolleranza (forse
anche prevenzione) degli avvocati verso lo stesso incolpato, non
comporta responsabilità disciplinare quando il comportamento tenuto
in nessun caso abbia oltrepassato la sfera dell’inopportunità.
Procedimento n. 2/88 - Sentenza del 3 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Contegno scorretto ed intemperante tenuto
dal pubblico ministero d’udienza - Illiceità.
È disciplinarmente illecito denigrare alcuno dei soggetti del
processo, quand’anche nella supposizione di reagire ad un’ingiusta
richiesta. Soprattutto in udienza non è consentito tenere nei confronti
dei difensori un contegno scorretto ed intemperante, accusandoli di
incapacità professionale, scorrettezza ed avidità di danaro.
(Nella specie l’incolpato, nella qualità di pubblico ministero
d’udienza, aveva pubblicamente pronunciato giudizi pesanti sulla serietà professionale dei difensori, accusandoli di scorrettezza e venalità.)
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Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Negligenza nell’assicurare la difesa di fiducia
- Sussistenza dell’illecito.
Costituisce una grave violazione dei diritti della difesa la nomina
di un difensore d’ufficio ad imputato nella consapevolezza che sulla
soglia del carcere, ove si svolgeva l’interrogatorio, si trovava il
difensore di fiducia che avrebbe potuto essere convocato a mezzo del
personale carcerario.
Procedimento n. 100/87 - Sentenza del 19 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Minaccia al Consiglio dell’ordine degli
Avvocati - Illiceità.
Contrasta con i doveri di equilibrio e correttezza che devono
sempre ispirare la condotta di un magistrato il minacciare il Consiglio
dell’ordine degli avvocati di riconsiderare i rapporti tra classe forense
e magistrati del proprio ufficio per il caso che non venissero adottati
provvedimenti disciplinari a carico di un avvocato contro il quale lo
stesso incolpato aveva presentato un esposto.
Procedimento n. 83/87 - Sentenza del 21 ottobre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Commenti ironici su errori del legale Inopportunità - Insussistenza dell’illecito - Condizioni.
È certamente inopportuno chiosare ironicamente errori di un
professionista in udienza o anche soltanto fare dello spirito su
espressioni strane e ricercate dallo stesso usate, soprattutto se il tono
usato non è immediatamente percepibile come scherzoso.
Tale condotta non è tuttavia illecita disciplinarmente quando
l’episodio sia unico, incerto nell’effettività delle frasi adoperate e
603
addebitabile a magistrato di cui sia provata la buona figura
professionale.
Procedimento n. 80/88 - Sentenza del 19 dicembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Uso dei poteri regolatori della discussione
- Limiti - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che nella
conduzione di una causa civile interrompe la discussione dei legali
ritenuta eccessivamente diffusa, purché nell’esercizio dei suoi poteri
discrezionali non usi espressioni sconvenienti o inopportune.
(Nella specie gli stessi testi d’accusa riferivano di avere avuto
l’impressione di una posizione di disfavore dell’incolpato per il loro
cliente, lamentando che l’interruzione della discussione fosse stata
preceduta da un perentorio «adesso basta»).
Procedimento n. 81/88 - Sentenza del 15 dicembre 1989 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con gli avvocati - Critiche e lagnanze di una prassi scorretta
adoperata dagli avvocati per aggirare la funzionalità dei criteri
obiettivi di assegnazione dei procedimenti - Forme e toni forti ma
circoscritte all’ambito delle sedi competenti - Illecito disciplinare Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare la denunzia, anche se
effettuata in forma aspra, di una gravissima degenerazione dei criteri
di assegnazione dei procedimenti realizzata da alcuni avvocati,
allorché la stessa sia rimasta circoscritta nell’ambito delle sedi
competenti (Consiglio dell’ordine e presidente della Corte di appello).
Procedimento n. 53/89 - Sentenza del 30 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
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Rapporti con gli avvocati - Sconto di titoli di credito - Operazione
compiuta con l’intermediazione di un avvocato - Esclusione dell’illecito
disciplinare - Condizioni.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che richiede — con esito positivo — ad un avvocato,
esercente la professione dinanzi allo stesso ufficio cui egli è addetto,
di procurargli lo sconto di cambiali presso terze persone, qualora la
richiesta sia originata non da intenzione di ottenere favori, ma da
amicizia intercorrente con detto professionista fin dal momento
anteriore alla sua entrata in magistratura.
(Nella specie la Sezione, ha accertato che la conoscenza tra
l’incolpato ed il professionista risaliva fin dal momento della
frequenza dei corsi universitari).
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24 — RAPPORTI CON I COLLABORATORI
607
608
Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i collaboratori - Richiesta di prestito in denaro ad ufficiale
giudiziario - Commenti pubblici sfavorevoli - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore che
induca l’ufficiale giudiziario, da lui dipendente, a concedergli un
prestito in denaro mediante rilascio di cambiale poi scontata in banca,
dando così motivo a sfavorevoli commenti fra gli altri dipendenti
della pretura, fra i legali del luogo e nel pubblico in genere e
rendendosi quindi immeritevole di quella considerazione pubblica di
cui ogni magistrato deve godere.
Procedimento n. 76 - Sentenza del 4 luglio 1964 - Pres. Rocchetti.
Rapporti con i collaboratori - Dimestichezza occasionale del pretore di
un piccolo centro con l’ufficiale giudiziario - Irregolarità commesse
dall’ufficiale giudiziario nell’espletamento delle sue funzioni Richiami del pretore - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
pretore di un piccolo centro che abbia dimestichezza di rapporti con
l’ufficiale giudiziario — con la conseguenza che questi, approfittando
della situazione, compia irregolarità nell’espletamento delle sue
609
funzioni — allorché risulti che i predetti rapporti si sono concretati
solo in qualche scambio di visite occasionali, giustificate da ragioni
di convenienza e da esigenze ambientali, e che il magistrato, peraltro,
nell’esercizio del suo dovere di vigilanza nei confronti del medesimo
ufficiale giudiziario, ha più volte richiamato questo ultimo
all’osservanza scrupolosa dei suoi obblighi.
Procedimento n. 176 - Sentenza del 19 febbraio 1970 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i collaboratori - Tentativo del magistrato di indurre un
usciere del proprio ufficio a deporre in una causa propria in modo
non conforme al vero - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un magistrato che tenti di convincere un usciere del suo ufficio a rendere,
in un procedimento civile che esso magistrato intende iniziare, una
testimonianza non conforme al vero, in tal modo dando luogo ad un
fatto disciplinarmente rilevante per l’inosservanza di quei doveri di
probità che al magistrato si richiede — più che a ogni altro cittadino
— per la particolarissima funzione di tutela della legittimità che
l’ordinamento giuridico gli affida: tale probità deve infatti apparire
anche all’esterno ed essere alla base della fiducia del cittadino nei
suoi giudici.
Procedimento n. 11/80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti.
Rapporti con i collaboratori - Comportamento nei confronti dei
medesimi - Fattispecie - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento che violi i
doveri di correttezza, di serietà e di rispetto che debbono improntare
rapporti fra i magistrati ed i propri collaboratori (nella specie,
l’incolpato aveva spaventato due impiegati dell’ufficio minacciandoli
scherzosamente con una pistola).
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Procedimento n. 245 - Sentenza del 23 marzo 1979 - Pres.
Bachelet.
Rapporti con i collaboratori - Rilascio di effetti cambiari da parte di un
amanuense dell’ufficio - Induzione - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, abusando della sua posizione, ha indotto un amanuense addetto
al suo ufficio a rilasciargli effetti cambiari di notevole importo.
Procedimento n. 29/85 - Sentenza del 19 luglio 1985 - Pres.
Guizzi.
Rapporti con i collaboratori - Esercizio dei poteri di sorveglianza
sull’andamento generale dei servizi e sul personale dipendente Disfunzioni dei servizi - Limiti all’addebitabilità all’incolpato Insussistenza dell’illecito.
Sfugge a responsabilità disciplinare il pretore che abbia esercitato
la sorveglianza sull’andamento generale dei servizi e sul personale,
di cui agli artt. 38 ord. giud. e 101/103 L. 23 ottobre 1966, n. 1196,
in una misura che, pur rivelandosi ex post del tutto insufficiente,
appariva ex ante la sola consentita sia dalla precarietà degli uffici e
del personale, sia dall’affidamento collaborativo dovuto al cancelliere
dirigente sul cui operato a causa della mancanza di doglianze, di
reclami e di discontinuità, una più pressante sorveglianza avrebbe
rischiato di assumere l’impronta dell’indifferenza o del controllo.
(Nella specie a seguito di ispezione ministeriale erano state
contestate numerose e gravi deficienze ed irregolarità nei servizi di
cancelleria con danni all’erario per varie decine di milioni).
Procedimento n. 54/85 - Sentenza del 6 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i collaboratori - Debito nei confronti di un consulente
tecnico - Inadempimento - Revoca del consulente - Sussistenza
dell’illecito.
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Commette illecito disciplinare il magistrato che oltre a non
adempiere ad un’obbligazione contratta nei confronti di un consulente
tecnico da lui più volte nominato, ne revoca la nomina, per
intempestività nel deposito degli elaborati peritali, dopo essere stato
convenuto in giudizio per l’adempimento della stessa obbligazione.
Procedimenti nn. 53/85 e 43/86 - Sentenza del 21 novembre 1986
- Pres. Mirabelli.
Rapporti con i collaboratori - Compiti della cancelleria - Sorveglianza
sul cancelliere - Doveri del giudice.
La trasmissione alla Corte di Cassazione di un ricorso avverso
un’ordinanza declaratoria della «improponibilità» dell’istanza di
ricusazione della intera Corte di assise è compito proprio della
cancelleria della Corte, sicché al Presidente di quest’ultima potrebbe
solo rimproverarsi di non aver esercitata la dovuta sorveglianza sulla
stessa cancelleria.
(Nella specie la Sezione ha escluso l’addebitabilità all’incolpato
di una mancata sorveglianza, sottolineando altresì l’assenza di una
contestazione in merito).
Procedimento n. 90/87 - Sentenza del 22 aprile 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i collaboratori - Censura all’attività di verbalizzazione Modalità - Insussistenza dell’illecito.
Una censura sullo sforzo di attenzione del segretario, espressa
in pubblica udienza con tono adirato e seguita da una manata o
pugno sul banco della presidenza è certamente inopportuna in
relazione al luogo del suo verificarsi ed alla qualifica del destinatario,
ma non è censurabile disciplinarmente quando si collochi in un
contesto di particolare tensione del dibattimento e sia dimostrata la
ridotta professionalità del segretario medesimo.
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25 - RAPPORTI CON I COLLEGHI
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Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i colleghi - Magistrato del p.m. che esprima critiche in
modo intemperante nei confronti delle decisioni dei giudici Sussistenza dell’illecito.
È censurabile in sede disciplinare il magistrato del p.m. che
accompagni le requisitorie orali con l’espressa riserva di
impugnazione in caso di decisione difforme ed usi nella redazione
dei motivi di impugnazione, o in udienza, o conferendo con avvocati,
espressioni di critica intemperante nei riguardi di provvedimenti
emessi dal giudice in sede istruttoria o dibattimentale. Il p.m. deve,
nello svolgimento delle sue funzioni, rispettare le decisioni dei giudici
anche se, non condividendole, intenda avvalersi dei mezzi di
impugnazione previsti dalla legge.
Procedimento n. 12 -Sentenza del 3 febbraio 1962 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i colleghi - Attribuzione ad altri magistrati di fatti inesistenti - Volontarietà della condotta - Colpa - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che per colpa, non
abbia eseguito gli indispensabili controlli nell’attribuire impru615
dentemente ad altri magistrati fatti inesistenti o nell’addebitare loro,
come intollerabili arbitri, fatti legittimi e non censurabili. Infatti il
comportamento dell’individuo soggetto al potere disciplinare, deve
avere carattere volontario, ma non deve essere necessariamente
doloso. Non occorre, cioè, che il magistrato sia mosso dal deliberato
proposito di compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario,ma è
sufficiente che egli tenga una certa condotta che sia obiettivamente
idonea a comprometterlo.
Procedimento n. 62 - Sentenza del 3 luglio 1965 - Pres. Rocchetti.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che manchi di
riguardo al capo dell’ufficio ed ai colleghi più anziani pretendendo
di arrogarsi nel collegio la funzione di presidente che non gli compete,
occupando materialmente l’ufficio del presidente titolare, mostrando
evidente insofferenza per le decisioni adottate, contro il suo personale
convincimento, dalla maggioranza del collegio.
Procedimento n. 206 - Sentenza del 17 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i colleghi - Richiesta di notizie su un procedimento penale
- Mancanza di interferenza sull’attività giurisdizionale Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che, fuori della
sua competenza funzionale, chieda ad un procuratore della
Repubblica notizie circa lo stato di un procedimento penale, quando
risulti che egli non abbia cercato in alcun modo di interferire sull’attività giurisdizionale del collega.
Procedimento n. 188 - Sentenza dell’11 novembre 1971- Pres.
Amatucci.
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Rapporti con i colleghi - Reazione offensiva ad un rilievo per un errore
materiale contenuto in un provvedimento - Sussistenza dell’illecito.
Manca nei suoi doveri di magistrato il pretore che si rifiuti di
trasmettere in visione al procuratore della Repubblica gli atti di un
procedimento da questi richiesti al fine di stabilire l’eventuale
sussistenza di una connessione soggettiva o oggettiva con altro
procedimento pendente davanti alla procura, e contesti l’esistenza di
un obbligo di trasmissione e assumendo l’impossibilità giuridica della
riunione in relazione allo stato dei due procedimenti. Tuttavia la
opinabilità di una corretta soluzione del problema generale
concernente i rapporti tra pretore e procuratore della Repubblica può
far venir meno l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare
(violazione dell’art. 231 c.p.p. sui rapporti tra procuratore della
Repubblica e pretore; norma tuttora in vigore, v. deliberazione del
Consiglio superiore della magistratura del 31 ottobre 1969).
Procedimento n. 104 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Rapporti con i colleghi - Magistrato del pubblico ministero che
impartisce al giudice istruttore direttive processuali o esprime
violentemente il suo disappunto al pretore per un provvedimento
non condiviso - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il pubblico ministero che esprime
violentemente il suo disappunto al pretore, per un provvedimento
non condiviso, in quanto trattasi di comportamento in contrasto col
principio della indipendenza e della autonomia dell’ordine giudiziario,
principio sancito dall’art. 104 della Costituzione, che deve essere
osservato non solo nei confronti dei singoli magistrati; (fattispecie di
un p.m. che aveva cercato di convincere un pretore ad assolvere un
imputato, opponente a decreto penale, con formula piena, e, allorché
il pretore aveva invece applicata l’amnistia, gli aveva espresso il suo
disappunto e il suo contrario avviso in termini tali che trascendono
il normale dissenso).
617
Procedimento n. 286 - Sentenza del 26 marzo 1974 - Pres. Bosco.
Rapporti con i colleghi - Magistrato del pubblico ministero che esprime
rilievi poco riguardosi e non pertinenti all’oggetto del procedimento
sull’operato del giudice istruttore - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il pubblico ministero che non si
limita, come è suo dovere-potere, ad esprimere un parere difforme
da quello del giudice istruttore, in relazione alla fattispecie, ma
impartisce direttive allo stesso giudice istruttore e formula rilievi, in
forma poco riguardosa e non pertinenti, tra l’altro, l’oggetto del
procedimento, sull’operato dello stesso giudice istruttore, senza tener
conto che si tratta di un organo che non dipende, funzionalmente,
dal procuratore della Repubblica e non è neppure soggetto al suo
potere di sorveglianza (artt. 14 e 16 del R.D.L. 31 maggio 1946, n.
511) rilievi, indubbiamente lesivi, in quanto destinati ad essere letti
da più persone, del decoro e del prestigio dell’ordine, nella persona
di un suo appartenente.
Procedimento n. 214 - Sentenza del 30 settembre 1977 - Pres.
Bachelet.
Rapporti con i colleghi - Dichiarazioni diffamatorie ai danni di altri
magistrati - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Le dichiarazioni diffamatorie compiute da un magistrato ai
danni di altri magistrati, come anche di privati cittadini o di altri
pubblici ufficiali, costituiscono un comportamento perseguibile, oltre
che in sede penale, anche in sede disciplinare, sia perché i beni
dell’onore e della reputazione, garantiti, in quanto diritti
fondamentali della persona, dall’art. 2 Cost., costituiscono un limite
al diritto di critica, sia perché fra i doveri inerenti allo status di
magistrato, la cui violazione è punita in via disciplinare dall’art. 18
del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, è compreso anche il dovere di
correttezza nei rapporti con i propri colleghi, nonché il dovere di
rispettare le leggi.
618
Procedimento n. 392 - Sentenza del 13 luglio 1979 - Pres.
Bachelet.
Rapporti con i colleghi - Giudizio offensivo espresso sull’operato di
altro giudice - Mancanza della piena consapevolezza della lesività
del comportamento - Difetto dell’elemento soggettivo - Illecito
disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato consistente nell’aver espresso, in aula nel corso dell’udienza, un giudizio offensivo in relazione ad un atto processuale
compiuto dal giudice, incaricato dell’istruttoria del processo trattato
dal collegio di cui l’incolpato faccia parte, qualora non sia stato
accompagnato dalla piena consapevolezza della sua lesività.
(Nella specie, l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare è stato
escluso considerando sia le modalità del fatto imputabile ad una
momentanea assenza di autocontrollo dovuto a malattia e ad un
eccesso di lavoro, sia al contegno anteriore dell’incolpato,
contraddistintosi per laboriosità e correttezza, sia, infine, al sincero
pentimento, manifestato dallo stesso incolpato subito dopo il fatto).
Procedimento n. 435 - Sentenza del 21 novembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Rapporti con i colleghi - Omessa evasione di richieste di notizie
formulate dal procuratore della Repubblica, ex art. 231 comma 2°
c.p.p. da parte del pretore - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore il
quale omette di fornire al procuratore della Repubblica, notizie,
reiteratamente richieste, ai sensi dell’art. 231 comma 2° c.p.p., circa
procedimenti penali pendenti in istruttoria.
Procedimento n. 2/81 - Sentenza del 2 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
619
Commette illecito disciplinare il magistrato che, asserendo in
pubblica udienza i dover presiedere un collegio giudicante in luogo
di altro collega del quale, con dichiarazione inserita a verbale a sua
richiesta, contesti la legittimità della nomina, tenda a ledere
gravemente il prestigio di quest’ultimo. Non rende deontologicamente
corretto siffatto comportamento il non essere, nella circostanza,
trasceso in atteggiamenti volgari o scomposti, conservando invece un
tono corretto e pacato.
Procedimento n. 27/80 - Sentenza del 30 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con i colleghi - Relazione extraconiugale con il coniuge di un
collega - Insussistenza dell’illecito.
Nel quadro complessivo dei doveri di ufficio non si rinviene
alcuna indicazione in favore di una sorta di «rafforzata difesa» della
fedeltà coniugale nei rapporti tra colleghi magistrati e le loro famiglie.
Procedimento n. 35/81 - Sentenza del 18 dicembre 1981 - Pres.
De Carolis.
Rapporti con i colleghi - Proteste nei confronti di ordine di servizio del
pretore dirigente - Ottemperanza all’ordine di servizio Insussistenza dell’illecito.
È certamente inopportuno, ma non censurabile disciplinarmente,
il rifiuto della sottoscrizione «per presa visione» di un ordine di
servizio del pretore-dirigente, purché non ne segua l‘inottemperanza
all’ordine stesso.
Non ogni scarto di comportamento del magistrato rispetto ad un
modello di equilibrio e di compostezza può essere ricondotto
nell’ambito dell’illecito disciplinare a scapito di altri momenti di
valutazione della personalità del magistrato medesimo previsti dalla
legge come la sede più appropriata e congrua per dare rilievo a
carenze comportamentali del tipo di quella in premessa.
620
Procedimento n. 62/81 - Sentenza dell’11 giugno 1982 - Pres.
Galasso.
Rapporti con i colleghi - Contestazione all’ordine di servizio sui turni
predisposto dal Pretore Dirigente - Asserita autonomia e
indipendenza nel gestire il proprio servizio e disporre dei vice pretori
onorari - Insussistenza di illecito disciplinare.
Il malinteso senso di resistenza all’ordine di servizio e l’asserita
possibilità di potersi muovere con una certa autonomia di giudizio,
comunque tipica dell’inesperienza e dell’esuberanza e sicurezza
giovanile, non integra illecito disciplinare quando non ne siano
conseguiti sostanziali o sensibili squilibri nell’andamento del servizio.
Procedimento n. 301 - Sentenza del 29 ottobre 1982 - Pres.
Galasso.
Rapporti con i colleghi - Rifiuto di rendere conto al Consigliere dirigente
la Pretura delle opinioni espresse fuori dell’esercizio professionale
- Insussistenza dell’illecito.
Il potere previsto dall’art. 14 R.D.L. n. 511/1946 è circoscritto ai
comportamenti professionali dei magistrati ed al funzionamento degli
uffici, non essendo concepibile una sorveglianza del presidente della
Corte sulla vita privata del giudice. Gli atti e le condotte extraprofessionali suscettibili di rilevanza disciplinare vanno accertati
nell’ambito del procedimento disciplinare presidiato da ben precise
garanzie di difesa.
Il rifiuto di rendere conto al consigliere dirigente la Pretura delle
opinioni espresse fuori dall’esercizio professionale, in mancanza di
una formale comunicazione di provvedimento di azione disciplinare
ed in assenza delle garanzie difensive, costituisce esercizio di un
diritto e dunque non è disciplinarmente censurabile.
Procedimento n. 11/81 - Sentenza dell’11 novembre 1982 - Pres.
Galasso.
621
Rapporti con i colleghi - Fattispecie.- Insussistenza di illecito
disciplinare.
Non integra violazione disciplinare l’inottemperanza alla
richiesta di presentazione di una formale istanza di congedo od
aspettativa quando della grave infermità di cui il magistrato era stato
affetto l’amministrazione era ufficialmente a conoscenza, ben
potendosi far luogo ad un collocamento d’ufficio in aspettativa e
risultando l’omissione giustificata dalle particolari condizioni
dell’incolpato.
Procedimenti nn. 8 e 55 R.G. - Sentenza del 15 aprile 1983 Pres. Galasso.
Rapporti con i colleghi - Eccesso nella critica a provvedimento
impugnato - Sussistenza dell’illecito.
Quando un magistrato del pubblico ministero censura una decisione che non condivide deve sempre attenersi a forme di critica
corretta, essendo del tutto inammissibile, tanto sul piano del costume
quanto sul piano della deontologia professionale, che egli trascenda
in espressioni gravemente offensive nei confronti del collegio
giudicante o in espressioni comunque esorbitanti rispetto ad una
lunga critica ragionata della motivazione della sentenza che deve
costituire l’essenza dei motivi di impugnazione.
Procedimento n. 21/82 - Sentenza del 20 maggio 1983 - Pres.
Galasso.
Rapporti con i colleghi - Giudizi negativi nei confronti di colleghi Dovere di correttezza e prudenza - Sussistenza dell’illecito.
Viola il dovere di correttezza e prudenza il magistrato che in più
di un’occasione abbia manifestato nei confronti di un collega opinioni
e giudizi estemporanei, non motivati dalla verifica dei fatti allo stesso
collega addebitati e niente affatto necessari per lo svolgimento della
propria funzione giudiziaria, anzi potenzialmente dannosi in questa
622
direzione perché tali da indurre elementi di invalidamento e di
confusione nell’esercizio della delicata attività giudiziaria.
Procedimento n. 23/83 - Sentenza del 10 giugno 1983 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il rifiuto di fornire al consiglio
pretore dirigente spiegazioni circa i motivi di una ritardata fissazione
(26 giorni) della comparizione delle parti in due ricorsi per denuncia
di nuova opera, quando l’opzione per una intransigente difesa delle
proprie scelte valutative non sia priva di giustificazioni e di precise
referenze nell’iter della vicenda processuale, e sempre che il fatto
abbia esaurito la sua incidenza nell’ambito dei rapporti interni
all’ufficio.
Procedimento n. 40/81 - Sentenza del 25 novembre 1983 - Pres.
Galasso.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Illeceità disciplinare.
Commette illecito disciplinare il magistrato che assume
atteggiamenti polemici, non collaborativi ed anche volgari nei
confronti di altri magistrati ed avvocati.
In particolare: a) presentandosi come magistrato «scomodo»
vittima di una persecuzione, condotta in primo luogo dal presidente
del Tribunale, a causa del suo impegno per potenziare il lavoro penale,
entrando perciò in dura e prolungata polemica, riportata dalla
stampa, con il detto presidente, fortemente criticato ed accusato di
mala fede anche in lettere inviate al C.S.M.; b) rifiutando di
trasmettere ai colleghi della procura della Repubblica gli atti delle
istruttorie, ed inviando loro solo l’avviso di deposito in guisa da
costringerli a consultare i fascicoli in una stanza dell’ufficio
istruzione, con ciò innovando, sia pure non illegittimamente, rispetto
ad una prassi contraria, diffusissima ed opportuna, tanto da fare
assumere alla propria condotta una deplorevole finalità emulatoria;
623
c) invitando a pranzo un avvocato e comunicandogli, alla presenza
di altri convitati, la spedizione nei suoi confronti di una
comunicazione giudiziaria.
Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres.
Galasso.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
Lo schema dei rapporti con il personale di cancelleria va
improntato a cordialità e riguardo verso i funzionari ed ad un rigoroso
rispetto delle regolarità formali.
Commette illecito disciplinare il sostituto procuratore il quale,
formato un decreto di irripetibilità ne chieda la firma ad uno dei
segretari solo a venti giorni di distanza, ed al rifiuto di questi, espresso
per il tramite del segretario capo, faccia seguire l’ordine scritto a
quest’ultimo perché vi provveda con la massima urgenza, con
l’aggiunta che avrebbe risposto personalmente di ulteriori ritardi.
Procedimento n. 44/82 - Sentenza del 16 aprile 1984 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con i colleghi - Richiesta di notizia su procedimento penale
da parte del Ministero - Rifiuto - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il procuratore della Repubblica che dia una risposta dura nel contenuto e nel tono, ad una
reiterata richiesta di notizie su procedimento penale avanzata dal
direttore dell’ufficio primo del ministero di grazia e giustizia. Il
comportamento dell’incolpato trova giustificazione nel fatto che il
ministero, rivolgendosi a lui con risolutezza per notizie riguardante
l’esercizio dell’azione penale, sembrava palesare il persistere di una
mentalità gerarchica che è del tutto estranea al vigente ordinamento
per il quale il magistrato inquirente, non conosce altra autorità al di
fuori della legge, attributiva al solo ministero di un potere, non
delegabile, di vigilanza sul pubblico ministero.
624
Procedimento n. 27/83 - Sentenza del 14 dicembre 1984 - Pres.
Guizzi.
Rapporti con i colleghi - Indebita acquisizione di fascicolo concernente
un procedimento penale a carico di altro magistrato - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
magistrato che in assenza di motivi di ufficio richieda e acquisisca
atti e documenti di un procedimento penale riguardante altri
magistrati, spendendo a tal fine la sua qualità di dirigente di un
ufficio giudiziario.
Procedimento n. 34/84 - Sentenza dell’8 marzo 1985 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con i colleghi - Solleciti del dirigente l’ufficio al deposito di
sentenze - Omessa risposta - Insussistenza dell’illecito.
La mancata osservanza del dovere d’ufficio di depositare in
termini le sentenze può ritenersi aggravata sul piano disciplinare
quando il magistrato non provvede a porvi rimedio nonostante il
sollecito del dirigente dell’ufficio cui spetta il compito della vigilanza,
ma non è passibile di sanzione disciplinare il fatto in sé di non
riscontrare una nota di sollecitazione del dirigente stesso.
Procedimento n. 7/85 - Sentenza del 7 giugno 1985 - Pres. Guizzi.
Rapporti con i colleghi - Condotte idonee ad alimentare dissapori e
diffidenze all’interno dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che nei rapporti con
colleghi non evita di far nascere dissapori e diffidenze all’interno
dell’ufficio giudiziario con conseguente perdita di credibilità
all’esterno.
(Nella specie l’incolpato è ritenuto responsabile:
A) di avere scritto al presidente del proprio Tribunale di augurarsi
625
che una sua improvvisa sostituzione di un collega, non segnasse un
ritorno al passato quando il Tribunale era stato «amministrato (meglio
disamministrato o amministrato per interessi propri) da un
triunvirato (o quadrunvirato)» che non aveva esitato a comunicare
menzogne ai superiori;
B) di avere espressa la sua disapprovazione non meramente
linguistica per le correzioni apportate dal presidente ad una sua
sentenza, con annotazione della stessa in calce all’originale e con
invio per conoscenza al cancelliere dirigente di un proprio esposto
indirizzato al C.S.M.).
Procedimento n. 36/85 - Sentenza del 13 settembre 1985 - Pres.
De Carolis.
Rapporti con i colleghi - Poteri di direzione del procuratore della
Repubblica - Permanenza in capo al procuratore destinato fuori
sede in supplenza.
Il procuratore della Repubblica di un dato ufficio, anche nel
periodo in cui è destinato quale supplente ad altro ufficio, conserva
i suoi poteri di direzione nei confronti di un suo sostituto presso la
Procura di cui è titolare.
(Nella specie la Sezione, dopo aver escluso che l’incolpato avesse
agito al fine di favorire la persona interessata, ha ritenuto non
censurabile disciplinarmente che questi, nella qualità di procuratore
della Repubblica, avendo saputo che un suo sostituto stava svolgendo
indagini in relazione ad un procedimento diverso da quello
assegnatogli, in un momento in cui avrebbe dovuto godere delle ferie
e con iniziative processuali che lasciavano un margine a dubbi di
legittimità, abbia allo stesso telefonato per chiedere chiarimenti e per
invitarlo a soprassedere da ogni ulteriore indagine fintanto che stava
in ferie, informando poi, del rifiuto opposto dal sostituto, il procuratore generale che avocava l’inchiesta).
Procedimento n. 8/86 - Sentenza del 17 ottobre 1986 - Pres.
Mirabelli.
626
Rapporti con i colleghi - Propalazione di dubbi sulla correttezza dei colleghi - Esistenza della volontà di screditarli - Insussistenza dell’illecito.
L’invio ad un quotidiano di una richiesta di rettifica, nel cui testo
vengono prospettati dubbi sulla correttezza di colleghi di un ufficio
giudiziario diverso dal proprio e sulle interferenze attivate da parte
di un alto magistrato della propria Corte di appello, non integra
illecito disciplinare quando siano acquisiti in atti elementi sufficienti
ad escludere che le frasi oggetto di incolpazione fossero state scritte
con il preciso intento di screditare i colleghi.
Procedimento n. 21/86 - Sentenza del 7 novembre 1986 - Pres.
Brutti.
Rapporti con i colleghi - Segnalazione scritta delle necessità economiche
di una delle parti - Mancata prova della volontà di interferire nel
procedimento in corso - Esclusione dell’addebito.
Allorquando, per il suo tenore complessivo, una lettera indirizzata
dall’incolpato ad un collega, per segnalare le difficili condizioni
economiche dell’attore in un procedimento di recupero crediti,
pendente innanzi a lui, ed insieme prospettare precise modalità
d’intervento atte a stimolare i debitori, non sia tale da consentire
univoche e sicure conclusioni in ordine alla presenza nell’incolpato
della volontà di interferire in un procedimento in corso, perorando
la causa di una delle parti, si è in presenza di una condotta
decisamente inopportuna, ma non illecita disciplinarmente.
(Nella specie si è sottolineato che a conclusione della lettera
l’incolpato lasciava «il tutto alla sensibilità di uomo e di giudice» del
destinatario, rimettendosi «in toto» al suo giudizio).
Procedimento n. 60/86 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Corrispondenza riservata tra procuratore
generale e procuratore della Repubblica - Pubblicizzazione Sussistenza dell’illecito.
627
Commette illecito disciplinare il procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i minori chiamato dal procuratore generale
con una missiva non ufficiale a tenere un diverso abbigliamento in
ufficio, dà, della nota e della propria risposta, massima diffusione,
con distribuzione di copie tra i magistrati nell’atrio del palazzo di
giustizia, in tal modo ledendo il prestigio dell’ordine, fatto apparire,
nel microcosmo dei rapporti tra due uffici, come dedito a malevola
corrispondenza su banali questioni di vestiario.
Procedimento n. 60/86 - Sentenza del 27 marzo 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Pubblicizzazione di contrasti tra magistrati Rilevanza disciplinare.
I contrasti tra uffici e tra magistrati e la loro pubblicizzazione
intaccano il prestigio dell’ordine giudiziario sia quando le ragioni di
contrasto attengono molto, fin quasi all’esclusione, a profili personali
e non a piani istituzionali, sia quando la pubblicità stessa appare del
tutto superflua rispetto alla soluzione del contrasto.
(Nella specie è stato ritenuto disciplinarmente responsabile il
procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori messosi
in contrasto con il procuratore generale, il quale aveva definito
anomala la prassi di richiedere, nella sottoscrizione degli ordini di
cattura, la firma congiunta dello stesso procuratore e del sostituto).
Procedimento n. 9/87 - Sentenza del 12 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Giudizi negativi nei confronti di collega Difetto dell’elemento psicologico - Mera inopportunità.
Non costituisce illecito disciplinare esprimere una negativa
valutazione sulla professionalità di un collega in arrivo presso il
proprio ufficio giudiziario sempre che le espressioni adoperate,
quandanche inopportune per scarso controllo terminologico, scarsa
prudenza, scarsa ponderazione, non siano sorrette da volontà
628
diffamatoria o comunque preordinata a creare artificiosamente un
ambiente di lavoro ostile allo stesso.
Procedimento n. 57/87 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce indebita interferenza nell’attività giurisdizionale
di un giudice istruttore l’avere, nella qualità di presidente del
tribunale, espresso, nell’ambito di uno scambio di idee del tutto
normale tra magistrati di diversa anzianità ed esperienza, la propria
opinione in ordine ad un procedimento, suggerendo altresì la linea
di condotta a suo avviso più opportuna.
Procedimento n. 2/83 - Sentenza del 23 ottobre 1987 - Pres.
Brutti.
Rapporti con i colleghi - Prospettazione di una situazione di tensione con
il pretore dirigente - Interpretazione in malam partem di fatti accaduti
- Assenza di dolo ed intenzione offensiva - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il magistrato che, senza dolo
o intenzione offensiva, articoli la propria difesa nel corso di un
procedimento disciplinare, illustrando la tensione dei rapporti
esistenti con il pretore dirigente con riferimento a fatti realmente
accaduti, ma interpretati in malam partem.
Procedimento n. 57/87 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Comportamento scorretto in camera di
consiglio - Limiti alla rilevanza disciplinare.
La reazione anche scorretta alle contrarie argomentazioni addotte
nel corso di una discussione in camera di consiglio non costituisce
629
illecito disciplinare sempre che rimanga confinata all’interno del
collegio e non ne derivi un vulnere alla libertà di espressione ed
autonomia di ciascun componente dello stesso.
Procedimento n. 39/86 - Sentenza del 18 marzo 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Tentativo di influenzare un collega d’ufficio - Illiceità.
Commette illecito disciplinare il magistrato che tenta di
influenzare il collega del proprio ufficio incaricato di una istruttoria
penale rappresentandogli la situazione di un imputato come vittima
della procura della Repubblica (responsabile — a detta dell’incolpato
— di aver presso «lucciole per lanterne»).
Procedimento n. 38/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Comportamento in udienza - Fattispecie Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Contrasta con i doveri del giudice il mantenere in udienza un
comportamento poco rispettoso dei colleghi e degli avvocati; in
particolare, nella fattispecie la condotta del magistrato si è
estrinsecata in indebite interferenze nella conduzione dell’udienza,
nel rivolgersi a testi ed avvocati con espressioni dialettali ed in una
generale sciatteria dei modi.
Procedimenti nn. 63/87 e 86/87 - Sentenza dell’8 aprile 1988 Pres. Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Sollecito ad un’anticipazione di giudizio Illiceità.
Commette illecito disciplinare il magistrato che prospetta ai
colleghi l’opportunità di non presiedere un collegio qualora il loro
630
orientamento fosse contrario all’accoglimento dell’appello, con ciò
provocando una anticipazione di giudizio non consentita.
(Nella specie la Sezione disciplinare ha accertato che l’incolpato
nonostante avesse rappresentato l’opinione che la sentenza gravata
fosse stata eccessivamente dura con l’appellante, segnalando le difficili
condizioni economiche della ditta di quest’ultimo, aveva poi
partecipato al giudizio d’appello, mostrando scarsa sensibilità ai valori
della trasparenza della propria immagine di magistrato).
Procedimento n. 25/88 - Sentenza del 20 maggio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Indisponibilità a suggerimenti e consigli
richiesti da colleghi più giovani - Insussistenza dell’illecito.
Non appare censurabile in sede disciplinare l’avere, nella qualità
di consigliere istruttore aggiunto, trascurato di dare consigli e
suggerimenti ai colleghi più giovani, suscitandone le critiche.
Procedimento n. 40/88 - Sentenza del 20 giugno 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare dare del maleducato ad un
collega in presenza di altro collega quando l’episodio risulti
circoscritto ai protagonisti ed all’unico teste e, soprattutto, manchi
alla prova certa del valore offensivo assunto dal termine nel contesto
in cui fu pronunciato.
Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio
1989 - Pres. Mirabelli.
Rapporti con i colleghi - Critica nei confronti dei colleghi dell’ufficio
espressa nel corso di requisitoria in pubblico dibattimento - Diritto
di critica - Limiti.
631
Non costituisce illecito disciplinare affermare, nell’esercizio delle
funzioni di pubblico ministero e in occasione della requisitoria tenuta
nel corso di un pubblico dibattimento, che i processi per alcuni gravi
reati — per cui le indagini non avevano avuto sviluppi — erano stati
«archiviati dal cinismo della burocrazia», qualora l’espressione integri
gli estremi di una critica che rimanga nei limiti consentiti dalla
sentenza 100/82 della Corte costituzionale e non rivesta requisiti di
gratuita offensività o falsità.
(Nella specie la sezione disciplinare ha ravvisato l’esercizio di un
legittimo diritto di critica ed ha ritenuto che la reazione degli altri
magistrati alle affermazioni dell’incolpato fu causata dallo stato di
tensione e di alterazione dei rapporti esistente tra i colleghi dell’ufficio
del pubblico ministero).
Procedimento n. 21/89 - Sentenza del 5 ottobre 1990 - Pres.
Galloni.
Rapporti con i colleghi - Eccesso nella critica a provvedimento
impugnato - Insussistenza dell’illecito - Fattispecie.
Non costituisce illecito disciplinare l’intemperanza verbale del
pubblico ministero nella redazione dei motivi d’impugnazione di una
decisione se non trasmodi in espressioni inurbane, non sia fondata
sulla mera difformità di opinioni sull’accertamento dei fatti e sulla
qualificazione giuridica degli stessi né sia diretta a screditare
l’estensore del provvedimento impugnato ma sia provocata dalla
fondata e commendevole preoccupazione che non restino impuniti
reati gravissimi commessi in ambito territoriale particolarmente
esposto al fenomeno della criminalità organizzata.
632
26 - RAPPORTI CON I DIRIGENTI
633
634
Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Ordinanza collegiale di accoglimento della
istanza di ricusazione - Critica del magistrato ricusato - Difetto
dell’elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, anche se non è commendevole sul piano dei rapporti tra magistrati, il comportamento di un
pretore che, in un colloquio con il presidente del tribunale, abbia
vivacemente criticato un ordinanza collegiale di accoglimento della
istanza di ricusazione proposta nei di lui confronti, allorché non
risulti evidente il proposito da parte di quel giudice di mancare del
dovuto rispetto nei confronti del capo dell’ufficio.
Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Critica all’operato del pretore da parte del
presidente del tribunale - Vivacità della replica - Scarsa pertinenza
dei rilievi formulati e forma corretta della replica -Insussistenza
dell’illecito.
Non è censurabile in sede disciplinare il pretore che abbia
risposto a una nota del presidente del tribunale — in cui si riferivano
osservazioni formulate dalla presidenza della corte d’appello in
relazione all’istruttoria delle pratiche per la nomina o la conferma
635
dei giudici conciliatori — criticando l’operato del superiore, allorché
risulti la scarsa pertinenza dei rilievi formulati al detto magistrato e
sempre che il contenuto della nota non abbia superato i limiti di una
formale correttezza.
Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Rilievi diretti del pretore all’ufficio unico degli
ufficiali giudiziari del tribunale - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore
che abbia mosso un rilievo in merito alla redazione dei processi
verbali di mancata vendita di beni immobili direttamente all’ufficio
unico degli ufficiali giudiziari del tribunale non tenendo conto che
il potere di sorveglianza sull’ufficio in parola spetta al presidente del
tribunale stesso, allorché risulti che il magistrato non abbia inteso
ingerirsi in un funzione non di sua competenza ma soltanto
richiamare l’attenzione degli ufficiali giudiziari sulla necessità della
osservanza di formalità la cui omissione si sarebbe potuta riverberare
su procedimenti penali di competenza pretoria.
Procedimento n. 9 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Richiesta del presidente del tribunale per i
minorenni di rogatoria sul conto di una minore - Omesso
adempimento - Affermazione di illeggibilità della richiesta Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che ometta di evadere la richiesta rivoltagli dal
presidente del tribunale per i minorenni di assumere informazioni
sul conto di una minore, sostenendo in una missiva aperta, la
illegalità della rogatoria, allorché risulti che il magistrato stesso si
sia limitato sostanzialmente a manifestare nelle dovute forme la sua
opinione.
636
Procedimento n. 15 - Sentenza del 14 gennaio 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Circolare del procuratore della Repubblica Risposta risentita del pretore - Difetto di forma - Sussistenza
dell’illecito.
Commette illecito disciplinare, ai sensi dell’art. 18 del D.L. 31
maggio 1946, n. 5111, il pretore che traendo motivo da una circolare
inviata a tutti i pretori del circondario, per ragioni di servizio, dal
procuratore della Repubblica, risponde a questi con una lettera dal
tono aspro e risentito — anche se tale reazione non sia priva di
qualche scusante sul piano morale — poiché il destinatario della
circolare, ben avrebbe potuto, se del caso, trovare più efficacia ed
idonea tutela della propria personalità riferendo i fatti ai suoi normali
e diretti superiori.
Procedimento n. 22 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Convocazione del presidente della corte
d’appello -Necessità del convocato di spostarsi in altra sede Mancata adesione all’invito - Motivi di salute - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, invitato a presentarsi presso gli uffici della prima
presidenza della corte d’appello, situati in sede diversa da quella di
servizio del magistrato, abbia omesso di recarvisi, adducendo con
lettera un impedimento connesso a motivi di salute e di lavoro, poi
risultati sussistenti, e chiedendo un rinvio della data di convocazione.
Procedimento n. 22 - Sentenza dell’8 luglio 1961 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Determinazione dei periodi di ferie da parte
del presidente del tribunale - Tentativo malizioso di rendere
inoperante la decisione - Sussistenza dell’illecito.
637
Commette illecito disciplinare, operando in modo lesivo del
prestigio del presidente del tribunale, il presidente di sezione che
cerchi di rendere inoperante la disposizione del capo dell’ufficio sul
periodo di ferie assegnato a ciascun magistrato, avvalendosi a tale
scopo di vari sotterfugi (fissazione di processi penali dinanzi a sé in
giorni compresi nel periodo di ferie a lui assegnato; rifiuto di recarsi
nell’ufficio del presidente titolare; opposizione a ricevere in casa
comunicazioni concernenti il servizio).
Procedimento n. 34 - Sentenza del 7 ottobre 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i dirigenti - Proroga dell’autorizzazione all’assenza Mancanza di formale richiesta - Invio del solo certificato medico
-Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare, venendo meno ai doveri di
correttezza verso il capo dell’ufficio, il magistrato che invia al
medesimo, al fine di ottenere la proroga dell’autorizzazione a
rimanere assente dall’ufficio, un certificato medico senza istanza o
lettera di accompagnamento.
Procedimento n. 83 - Sentenza del 1 febbraio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Rapporti con i dirigenti - Illustrazione da parte del pretore unico al
procuratore generale delle ragioni per le quali il pretore aveva sporto,
nei confronti di un funzionario dell’ufficio del registro, una
denuncia poi archiviata dal giudice istruttore - Insussistenza
dell’illecito.
Non può considerarsi illecito sotto il profilo disciplinare il
comportamento del magistrato che, pretore unico, si sia recato dal
procuratore generale per illustrargli le ragioni per le quali aveva
ritenuto di sporgere, contro un funzionario dell’ufficio del registro,
una denuncia che il giudice istruttore aveva poi archiviata: in tale
ipotesi, infatti, informare il procuratore generale costituisce per il
638
magistrato, più che un diritto, un dovere, a cui appare assolutamente
estranea ogni responsabilità disciplinare, specie se lo stesso viene
esercitato in maniera corretta e senza scomposte proteste contro
l’operato del giudice istruttore.
Procedimento n. 77 - Sentenza del 23 aprile 1966 - Pres.
Rocchetti.
Rapporti con i dirigenti - Accuse infondate nei confronti del capo
dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare, ponendo in essere un
comportamento non consono alla dignità ed al prestigio dell’ordine
giudiziario, il magistrato che per difendersi dalla contestazione di un
addebito di scarsa operosità formuli, nei confronti del capo
dell’ufficio, con estrema leggerezza ed eccedendo nella reazione,
accuse poi rivelatesi infondate.
Procedimento n. 129 - Sentenza del 12 luglio 1968 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Inchiesta amministrativa - Ingiuste accuse
rivolte al presidente del tribunale - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare, il comportamento del magistrato
che, nel corso di una inchiesta amministrativa, formuli ingiuste accuse
nei confronti del presidente del tribunale, e ciò indotto da motivi di
rancore verso quest’ultimo, per avere egli adottato un provvedimento
di natura cautelare in danno di parenti del magistrato medesimo.
Procedimento n. 91 - Sentenza del 23 gennaio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Omessa informazione del capo dell’ufficio di
illiceità commesse da funzionari di cancelleria - Sussistenza
dell’illecito.
639
Il potere di vigilanza, che la legge attribuisce ai capi degli uffici
giudiziari rispetto a tutti coloro che ne fano parte, perderebbe ogni
efficacia e verrebbe meno ai suoi scopi se al suo esercizio concreto
non dessero piena e leale collaborazione, ciascuno nell’ambito della
propria attività, tutti i magistrati addetti all’ufficio. Viene, quindi,
meno al dovere strettamente connesso alle funzioni proprie del
giudice, in relazione al suo inserimento in un ufficio di cui altri ha
la direzione e la responsabilità, il magistrato che ometta di informare
il capo dell’ufficio degli illeciti commessi da funzionario di cancelleria:
né vale a discriminare tale condotta sul piano disciplinare, la
ingiustificata convinzione del magistrato che, al di fuori delle ipotesi
di reato, sia puramente discrezionale la valutazione della opportunità
di informare il capo dell’ufficio.
Procedimento n. 154 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Lettera al capo dell’ufficio - Frasi irriguardose
- Atteggiamento autoritario del capo - Insussistenza dell’illecito.
Rapporti con i dirigenti - Lettera del pretore al procuratore della
Repubblica - Frasi irriguardose - Reazioni a rilievi riguardanti il
merito dell’attività giudiziaria - Insussistenza dell’illecito.
Rapporti con i dirigenti - Conversazione telefonica di pretore con il
procuratore della Repubblica - Tono irriguardoso - Analogo
comportamento dell’interlocutore - Infondatezza dei rilievi mossi Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere indirizzato al capo del
proprio ufficio giudiziario una lettera contenente frasi obiettivamente
irriguardose, se a ciò il magistrato sia stato indotto dall’atteggiamento
inspiegabilmente duro e autoritario dello stesso capo ufficio.
Non costituisce illecito disciplinare avere un pretore usato tono
polemico e poco riguardoso in una lettera indirizzata al procuratore
della Repubblica, che aveva formulato rilevi in ordine ad un
procedimento penale in corso, rilievi non consentiti perché riferiti al
merito dell’attività giurisdizionale.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere un pretore assunto,
nel corso di una conversazione telefonica, un tono alterato di voce
640
nei confronti di un procuratore della Repubblica, ove a tale condotta
il magistrato sia stato indotto da precedente analogo comportamento
da parte dell’interlocutore che, peraltro, ingiustamente lo
rimproverava di pretesa arbitraria ingerenza in materia a lui riservata.
Procedimento n. 151 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Atteggiamento arrogante nei confronti del
capo dell’ufficio - Difetto di notorietà e di ripercussioni nella
pubblica opinione - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, pur se riprovevole sul piano
del costume, il comportamento del magistrato che risponda in
maniera arrogante al capo dell’ufficio o esprima aspre critiche nei
confronti del medesimo, se tale comportamento non abbia
ripercussione nella pubblica opinione, in modo da compromettere il
prestigio del magistrato e indirettamente quello dell’ordine
giudiziario.
Procedimento n. 151 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Inizio di procedimento penale da parte di
sostituto procuratore - Omessa informazione al procuratore della
Repubblica - Assenza del titolare dell’ufficio - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del sostituto che abbia
omesso di comunicare al procuratore della Repubblica l’inizio di un
procedimento penale particolarmente delicato, dovendo ritenersi,
sotto il profilo del dovere d’ufficio, che il sostituto qualora agisca in
assenza del procuratore della Repubblica fuori sede, abbia pienezza
di iniziativa e di funzione e non sia, quindi, tenuto ad alcuna
informativa.
641
Procedimento n. 142 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Nota d’ufficio - Uso di espressioni aspre e
polemiche - Difetto dell’elemento intenzionale - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, per difetto dell’elemento
intenzionale, il comportamento di un consigliere istruttore che nel
timore di essere allontanato dal suo ufficio e di subire così una lesione
del proprio prestigio, invii al Consiglio superiore della magistratura,
al Ministro e ai capi della corte e del tribunale una nota sul lavoro
da lui svolto contenente espressioni aspre e polemiche.
Procedimento n. 157 - Sentenza del 10 luglio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Rifiuto del sostituto di riferire al procuratore
della Repubblica con i dirigenti - Rifiuto del sostituto di riferire al
procuratore della Repubblica sugli affari a lui affidati - Rifiuto di
accogliere i suggerimenti del procuratore sulla conduzione
dell’istruttoria - Buona fede - Motivi apprezzabili - Insussistenza
dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
sostituto procuratore della Repubblica che ripetutamente rifiuti di
riferire al dirigente dell’ufficio sugli affari a lui assegnati e di aderire
ai suggerimenti circa la conduzione di una istruttoria, qualora il
magistrato abbia agito in buona fede e sulla base di apprezzabili
motivi e non per mera ingiustificata istanza.
Procedimento n. 176 - Sentenza del 19 febbraio 1970 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Rifiuto di collaborazione col capo dell’ufficio
- Giudizi irriguardosi nei confronti di quest’ultimo - Presenza el
personale addetto all’ufficio - Sussistenza dell’illecito.
642
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, negando la propria collaborazione al dirigente, formuli altresì
giudizi assolutamente inopportuni e irriguardosi nei confronti dello
stesso, anche alla presenza del personale addetto all’ufficio.
Procedimento n. 177 - Sentenza del 20 marzo 1970 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Accuse al capo dell’ufficio in una lettera al
Consiglio superiore della magistratura - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare, per difetto dell’elemento
intenzionale, in comportamento del magistrato il quale, mediante
lettera diretta al Consiglio superiore della magistratura, formuli
accuse nei confronti del capo del suo ufficio — riferendo in particolare
che questi, animato da sentimenti di vendetta, lo aveva, nel redigere
un rapporto, aggredito nei suoi interessi morali, con giudizi immorali
e disonesti — quando i fatto sia stato determinato dalla convinzione
che il capo dell’ufficio si sia lasciato andare a giudizi lesivi circa il
prestigio professionale del magistrato e della sua dignità di uomo.
Procedimento n. 189 - Sentenza del 10 luglio 1970 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Atteggiamento risentito del pretore nei
confronti del presidente del tribunale - Reazione a nota illegittima
nella forma e nel contenuto - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento di un
pretore che risponda con tono secco e risentito ad una nota del
presidente del tribunale illegittima nella forma e nel contenuto.
Esorbita infatti dai poteri di sorveglianza spettanti al presidente del
tribunale formulare rilievi infondati in fatto ed esprimere valutazioni
lesive della dignità personale del magistrato in relazione a un
provvedimento giurisdizionale.
643
Procedimento n. 170 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Circolare del presidente di corte d‘appello Inottemperanza - Sussistenza dell’illecito.
Rapporti con i dirigenti - Circolare del presidente di corte d’appello Inottemperanza - Mancanza dell’elemento intenzionale Insussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che non ottemperi alle disposizioni di una circolare, in ordine allo
svolgimento del servizio, emanata dal presidente della corte d’appello
nell’ambito dei poteri di sorveglianza a lui attribuiti dall’art. 14 del
r.d.l. 31 maggio 1946, n.511.
La responsabilità disciplinare deve però essere esclusa quando
manchi l’elemento intenzionale.
Procedimento n. 218 - Sentenza dell’11 febbraio 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Richiesta al presidente del tribunale di una
copia di una lettera del presidente della corte d’appello riguardante
il magistrato stesso - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che chiede ed ottenga copia dal presidente del tribunale di una
nota del presidente della corte di appello che lo riguardi; siffatta richiesta, infatti, costituisce un preciso diritto del magistrato essendo
relativa ad un documento che lo interessa direttamente e dalla cui
meditata lettura egli avrebbe potuto recepire quelle indicazioni che
si voleva gli pervenissero.
Procedimento n. 218 - Sentenza dell’11 febbraio 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i dirigenti - Serena protesta contro un intervento del presidente della corte di appello - Insussistenza dell’illecito disciplinare.
644
Non commette illecito disciplinare il magistrato che sottoscriva
un documento di serena protesta contro un intervento del presidente
della Corte di appello in un procedimento giurisdizionale e ai suoi
riflessi sulla indipendenza e libera determinazione del giudice
nell’esercizio dell’attività giurisdizionale cui la stampa attrice abbia
attribuito moventi intimidatori e si preoccupi della questione di
principio relativa ai limiti e al modo di esercizio del potere di
sorveglianza da parte del presidente stesso.
Procedimento n. 264 - Sentenza del 6 luglio 1973 - Pres. Bosco.
Rapporti con i dirigenti - Conversazione di un giudice con il presidente
di sezione del tribunale - Frasi irriguardose - Atteggiamento
offensivo del capo - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l’aver rivolto al presidente
della propria sezione del tribunale frasi irriguardose, se a ciò il
magistrato sia stato indotto dall’atteggiamento offensivo dello stesso
presidente di sezione. (Nella specie il magistrato trattenuto nella sede
dalla quale era stato trasferito perché componente della sezione
feriale, alla richiesta del nuovo recapito ed all’invito del presidente
di non fare il furbo aveva rivolto come risposta la frase «Lei mi sta
oltraggiando, me la pagherà»).
Procedimento n. 341 - Sentenza del 7 aprile 1976 - Pres. Bosco.
Rapporti con i dirigenti - Risposta inopportuna a circolare diramata
dal dirigente - Illiceità disciplinare - Inesistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato (p.m.) che dia risposta ad una circolare del dirigente
dell’ufficio con missiva, non pubblicizzata e priva di arroganza e
provocazione, anche se inopportuna.
(Alla richiesta di notizie su un determinato tipo di procedimento
si manifestò stupore essendo noto al dirigente che all’incolpato non
erano stati affidati procedimenti di quel tipo, in armonia ad un
preciso criterio di assegnazione deciso dallo stesso dirigente).
645
Procedimento n. 354 - Sentenza del 25 maggio 1977 - Pres.
Bachelet.
Rapporti con i dirigenti - Declaratorie di illegittimità di ordine di servizio
- Inesistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato il quale, nel compimento di un atto di ufficio, affermi
l’illegittimità dell’ordine di servizio del presidente del tribunale, che
dichiara di disapplicare, avente ad oggetto la cessione delle sue
funzioni di giudice di sorveglianza, vertendosi in tema di pronuncia
di provvedimenti nell’esercizio di attività giurisdizionale, finalizzata
all’intento di evitare la nullità di atti che l’incolpato si accingeva a
compiere.
Procedimenti nn. 396 e 283 - Sentenza del 3 giugno 1978 - Pres.
Bachelet.
Rapporti con i dirigenti - Richiesta di trasmissione del fascicolo di un
processo penale da parte del procuratore generale della corte di appello - Compimento di atti processuali fra la notizia della richiesta
e l’effettiva trasmissione - Illecito processuale - Inesistenza.
Non integra violazione della legge processuale penale ed illecito
disciplinare, sotto il profilo della violazione dei doveri inerenti allo
status di magistrato, il comportamento di un sostituto procuratore
della Repubblica che compia atti processuali (nella specie:
formulazione di capo d’imputazione, predisposizione di ordine di
comparizione e compilazione di due atti di comunicazione ai sensi
dell’art. 6, disp. att. c.p.p.) nell’intervallo di tempo compreso fra la
notizia della richiesta di trasmissione del fascicolo del procedimento
penale, da parte del procuratore generale, sia pur preordinata
all’esercizio del potere di avocazione, e la effettiva trasmissione del
fascicolo stesso.
Procedimento n. 384 - Sentenza del 9 febbraio 1979 - Pres.
Bachelet.
646
Rapporti con i dirigenti - Poteri di sorveglianza del presidente della
corte di appello - Richiesta di notizie su attività extraprofessionale
- Rifiuto di risposta - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Il potere previsto dall’art. 14 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, è
circoscritto ai comportamenti professionali dei magistrati relativi al
funzionamento degli uffici, non essendo concepibile una sorveglianza
del presidente della corte di appello sulla vita privata dei giudici. Per
atti e condotte extraprofessionali, eventualmente rilevanti ai fini
disciplinari, sussistono, infatti, altri meccanismi di indagine, presidiati
da ben precise garanzie di difesa. Pertanto non costituisce illecito
disciplinare il comportamento del magistrato che rifiuti di fornire al
dirigente del suo ufficio, delegato dal presidente della corte, le notizie
richieste circa la sua partecipazione ad un’assemblea e l’attività in
essa svolta e chieda di conoscere a quale titolo venga interrogato.
Procedimenti nn. 11 e 80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres.
Zilletti.
Rapporti con i dirigenti - Rifiuto sistematico da parte di un sostituto
di informare il dirigente della procura circa lo stato dei
procedimenti affidatigli - Violazione di un dovere attinente allo
status di pubblico ministero.
Costituisce violazione di un dovere attinente allo status di pubblico
ministero il rifiuto sistematico opposto da un sostituto alla richiesta,
rivoltagli dal capo dell’ufficio, di informarlo sullo svolgimento delle
istruttorie e sui provvedimenti relativi alla libertà personale emessi
dal magistrato, in quanto tale contegno ostacola l’esercizio dei poteri
conferiti al dirigente della procura che, nel vigente assetto normativo,
ancora integra un’entità organizzata in modo unitario.
Procedimenti nn. 11 e 80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres.
Zilletti.
Rapporti con i dirigenti - Espressioni scorrette rivolte al dirigente
dell’ufficio - Illecito disciplinare - Sussistenza.
647
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che rivolga al proprio dirigente espressioni contrarie al principio
dell’ordinaria correttezza che deve ispirare i rapporti fra colleghi.
Procedimento n. 431 - Sentenza del 19 dicembre 1980 - Pres.
Zilletti.
Rapporti con i dirigenti - Mancata convocazione della camera di
consiglio per la decisione delle controversie civili - Illecito
disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del presidente
del tribunale che, nella gran parte delle cause civili, ometta di
convocare la camera di consiglio, lasciando al solo relatore l’onere
delle decisioni e riducendo l’attuazione del principio della collegialità
alla sola fase della sottoscrizione delle sentenze ed a sporadici incontri
informali fra soltanto due dei componenti del collegio investito della
decisione della controversia.
Procedimento n. 25/81 - Sentenza del 13 dicembre 1983 - Pres.
Galasso.
Rapporti con i dirigenti - Inizio di un processo senza delega del
procuratore capo - Rifiuto di dar corso all’assegnazione di processi
- Mancata informativa al procuratore capo sull’esito dell’udienza
- Limiti all’autonomia del sostituto procuratore.
Negli uffici pluripersonali del pubblico ministero è salvaguardata
l’autonomia dei sostituti nella gestione del processo dopo che lo hanno
avuto in assegnazione, nonché la loro indipendenza di giudizio in
udienza. Resta però il potere non solo ordinario generale del titolare,
ma anche quello di vigilanza generale e particolare ai fini di assicurare
l’unicità dell’ufficio e il pronto adempimento degli oneri di
impugnazione. Il limite di tale potere, che può spingersi fino alla
revoca dell’incarico con adeguata motivazione e che comprende un
potere esclusivo di distribuzione degli affari e di iniziativa, sta nella
garanzia delle esigenze di buon funzionamento dell’ufficio e del
648
migliore risultato dell’azione che compete all’ufficio stesso sul piano
della rispondenza alla domanda di giustizia.
A fronte di siffatti generali poteri del titolare dell’ufficio il
sostituto è carente di poteri di iniziativa penale autonoma, può gestire
solo ciò che gli è stato assegnato.
Non è infine consentito al sostituto invocare spazi propri di
autonomia cui collegare poteri sostitutivi nei confronti del titolare o
poteri di verifica della sua condotta e del suo operato, esulando una
tale condotta dallo schema di rapporti sostituto/procuratore capo che
devono essere di collaborazione e di convergenza e non di
contrapposizione né di sostituzione al titolare dell’ufficio.
Procedimento n. 52/86 - Sentenza del 12 gennaio 1987 - Pres.
Mirabelli - Est. Racheli.
Rapporti con i dirigenti - Doglianze avverso una proposta di variazione
tabellare - Legittimità della loro formulazione.
Non costituisce illecito disciplinare l’indirizzare al pretore
dirigente e, per conoscenza, al presidente della corte di appello, una
lettera di doglianze per la proposta di variazioni tabellari ritenute
dall’incolpato contra legem, quando le forme adoperate non siano di
per sé lesive del decoro dell’ufficio e di altri magistrati, ed anzi dal
complessivo comportamento tenuto dall’incolpato nella vicenda si
evidenzi un’assoluta limpidità di intenti ed una piena correttezza.
Procedimento n. 35/86 - Sentenza del 17 febbraio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i dirigenti - Dovere di informativa ex art. 233 c.p.p. Limiti.
Solo la sussistenza di una costante omissione della informativa
ex art. 233 c.p.p. può integrare illecito disciplinare.
(Nella specie si è condiviso l’orientamento giurisprudenziale della
corte di cassazione per la quale l’obbligo di informativa ex art. 233
c.p.p. non va necessariamente soddisfatto con il ricorso alla forma
649
scritta o con l’osservanza di una rigorosa immediatezza temporale
rispetto alla conoscenza del fatto).
Procedimento n. 14/87 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i dirigenti - Mutamento nella delega - Disfunzioni
successive - Non addebitabilità al Sostituto Procuratore.
La formulazione da parte del procuratore della Repubblica di un
ordine di servizio genericamente traslativo della delega per la
trattazione di procedimenti da uno ad altro sostituto, senza
precisazione in ordine alle sorte dei procedimenti assegnati, non
comporta responsabilità disciplinare del sostituto, assegnatario di
quest’ultimi, per la mancata tempestività nella loro trattazione,
sempre che, dal complesso degli accertamenti probatori espletati,
risulti che detto sostituto legittimamente aveva ritenuto di essere stato
sollevato dalla trattazione di quei procedimenti.
Procedimento n. 28/87 - Sentenza del 3 luglio 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i dirigenti - Trasmissione da parte del presidente del
Tribunale di un’istanza di astensione presentata dal difensore Risposta e contestazione nel merito a parte del giudice interessato
- Assenza di intenti irriguardosi - Insussistenza dell’illecito.
È escluso l’addebito disciplinare, nel comportamento del magistrato il quale, sull’istanza di un avvocato rappresentante l’opportunità di una sua astensione dalle proprie cause, risponda al
presidente che gliela aveva trasmessa, contestando la sussistenza nella
specie di ipotesi di astensione richiamando in dettaglio le previsioni
del c.p.c. e insieme respingendo l’ipoteizzabilità di un intervento
presidenziale su richiesta del difensore.
(Nella fattispecie l’incolpato aveva nella risposta, ritenuta dalla
Sezione priva di irriguardosi intenti didascalici, segnalato tra i
procedimenti da lui trattati con il patrocinio di quel difensore uno
650
in cui era parte il genero del presidente. La sezione ha inteso che
ciò avesse fatto unicamente per porre in risalto di non aver sempre
agito in piena correttezza, escludendo che avesse voluto adombrare
un sospetto di favoritismo da parte del presidente medesimo).
Procedimenti nn. 397 e 33/82 - Sentenza dell’8 luglio 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i dirigenti - Accuse di interferenza in procedimenti penali
da parte del consigliere pretore dirigente - Buona fede - Esclusione
dell’addebito.
Non costituisce illecito disciplinare l’avere accusato il proprio
consigliere pretore dirigente di indebite interferenze in procedimenti
penali in corso, quando ricorrano circostanze obiettive tali da indurre
l’incolpato a ritenere in buona fede di difendere in tal modo le proprie
prerogative di magistrato, adempiendo altresì ad un preciso dovere
di denuncia agli organi competenti.
(Nella specie la Sezione ha valorizzato la circostanza: a) che il
consigliere pretore pur non occupandosi di affari personali aveva in
un intero anno emessa una sola sentenza dibattimentale, una sola
sentenza istruttoria ed un solo decreto di archiviazione, tutti
concernenti esponenti del mondo politico-amminsitrativo raggiunti
dai procedimenti penali iniziati dall’incolpato; b) che il consigliere
pretore aveva più volte tentato di allontanare dalla trattazione del
penale l’incolpato, invitandolo in una occasione, con provvedimento
sicuramente inconsueto, ad astenersi dalla trattazione di un
procedimento penale a carico del sindaco).
Procedimenti riuniti 8, 53, 69 e 100/88 - Sentenza del 14 luglio
1989 - Pres. Mirabelli.
Rapporti con i dirigenti - Uffici del p.m. - Disposizione interna che
subordina l‘emissione degli ordini di cattura a preventiva
autorizzazione del capo dell’ufficio - Sistematica violazione Sussistenza dell’illecito disciplinare.
651
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
del pubblico ministero che, in presenza di una disposizione interna
dell’ufficio, secondo cui gli ordini di cattura debbono essere
preventivamente autorizzati e, prima della spedizione, anche vistati
dal procuratore della Repubblica aggiunto, sistematicamente emetta
detti provvedimenti senza richiedere la previa autorizzazione del capo
dell’ufficio e costringa quest’ultimo, in caso di disaccordo, ad emettere
un formale provvedimento di revoca.
(Nel caso di specie la Sezione disciplinare ha ritenuto che la
risultanza di divergenza di opinioni tra il capo dell’ufficio ed il suo
sostituto nell’ambito di singoli fascicoli processuali si traduce in una
delegittimazione dello stesso ufficio).
Procedimento n. 27/89 - Sentenza del 28 settembre 1990 - Pres.
Galloni.
Rapporti con i dirigenti - Richiesta di convocazione scritta - Rifiuto di
consegnare una nota di formulazione di quesito al dirigente
dell’ufficio superiore - Rifiuto di trasmettere fascicoli processuali
- Circostanze rilevanti - Insussistenza dell’illecito.
Non costituiscono illecito disciplinare: a) la richiesta di essere
convocato per iscritto dal magistrato esercente le funzioni di dirigente
di una pretura mandamentale se tra questi e l’incolpato esistevano
rapporti di tensione e la richiesta di formalizzazione dei rapporti
trova riscontro in analoga formalizzazione da parte del dirigente; b)
il rifiuto di consegnare l’originale di una nota con la quale veniva
formulato al presidente del tribunale un quesito circa la legittimità
di un ordine di servizio (in occasione di una breve assenza dall’ufficio
il dirigente aveva disposto che non venisse aperta la posta a lui
indirizzata) se il dirigente sia già in possesso della risposta a detto
quesito (risposta con la quale l’ordine di servizio veniva dichiarato
illegittimo) nel quale ovviamente si faceva menzione anche della
richiesta; c) il rifiuto di trasmettere al dirigente i fascicoli processuali
da lui richiesti, se nel contempo l’incolpato si sia adoperato per fornire
tutte le notizie rilevanti relative a detti procedimenti.
652
Procedimento n. 61/90 - Sentenza del 14 dicembre 1990 - Pres.
Galloni.
Rapporti con i dirigenti - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare l‘invio da parte del sostituto
procuratore, delegato per le indagini, dell’avviso previsto dall’art. 6
r.d.l. 28 maggio 1931, n. 602, al capo di un ufficio pubblico nell’ipotesi
in cui nei confronti di un impiegato dello stesso ufficio penda
procedimento penale, in quanto il potere previsto dal citato art. 6
non può essere considerato espressione del generale potere di natura
amministrativa rispetto ai quali sarebbe configurabile e rilevante
l’organizzazione gerarchica dell’ufficio bensì, essendo previsto dalle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale e riferito
al pubblico ministero competente, appare strettamente correlato a
tutta l’attività propriamente processuale che il pubblico ministero
medesimo, in forza della delega del capo ufficio, è chiamato a porre
in essere nell’ambito del procedimento assegnatogli.
653
654
27 - RAPPORTI CON IL CONSIGLIO SUPERIORE
DELLA MAGISTRATURA
655
656
Procedimento n. 62 - Sentenza del 3 luglio 1965 - Pres. Rocchetti.
Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Rifiuto del
magistrato di sottoporsi a visita medica fiscale - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il rifiuto del magistrato, in
mancanza di giustificati motivi, di sottoporsi a visita medica fiscale
ritualmente disposta ai sensi dell’art. 3 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511
sulle guarentigie della magistratura.
Procedimento n. 83 - Sentenza del 1 febbraio 1965 - Pres;
Rocchetti.
Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Rifiuto del
magistrato di prestare il proprio consenso al trasferimento ad altra
sede - Difetto di ragioni tali da imporre il trasferimento - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato di un piccolo centro che si sia rifiutato di aderire all’invito
rivoltogli di prestare il suo consenso al trasferimento ad altra sede a
seguito di suo matrimonio con persona del luogo, quando non
risultino ragioni tali da imporre siffatto trasferimento.
657
Procedimento n. 140 - Sentenza del 5 febbraio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Mancato
trasferimento - Lettera di protesta - Gravi necessità familiari Difetto dell’elemento intenzionale - Insussistenza dell’illecito.
Il comportamento del magistrato il quale abbia inviato al
Consiglio superiore della magistratura una lettera di protesta per non
essere stata accolta una sua domanda di trasferimento, non costituisce
infrazione disciplinare per mancanza dell’elemento intenzionale, ove
il fatto sia stato determinato da gravi necessità familiari che avevano
indotto il magistrato a chiedere il cambiamento di sede.
Procedimento n. 11/80 - Sentenza del 4 luglio 1980 - Pres. Zilletti.
Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Rifiuto da parte
di un magistrato di sottoporsi a visita medica fiscale - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’ingiustificato rifiuto, da parte di
un magistrato, di sottoporsi a visita medica fiscale disposta dal
Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell’art. 3 del R.D.L.
31 maggio 1946 n. 511.
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con il Consiglio superiore della magistratura - Reticenza o
mendacio nelle informazioni date a corredo di una richiesta
d’autorizzazione ad incarico extragiudiziario - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che nel richiedere
l’autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura a svolgere
un incarico extra-giudiziario sia reticente o mendace nel fornire le
informazioni dovute.
658
(Nella specie il pretore di un ufficio con due magistrati aveva
affermato che non pendeva procedimenti penali a carico del
committente l’incarico extra-giudiziario mentre in realtà a carico di
quest’ultimo pendeva procedimento penale assegnato ad altro pretore,
ma rilevabile dal registro generale dell’ufficio).
659
660
28 - RAPPORTI CON I PRIVATI
661
662
Procedimento n. 1 - Sentenza del 9 aprile 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i privati - Familiarità con persone equivoche - Relazione
extraconiugale - Pubblico scandalo - Sussistenza dell’illecito.
Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario e commette
illecito disciplinare il magistrato che, nel piccolo centro in cui eserciti
le funzioni di pretore, frequenti con assiduità un pubblico locale di
cattiva fama, vi si trattenga a giocare a bigliardo, familiarizzi con
persone equivoche coltivando anche relazioni con la giovane cassiera
del bar in modo da determinare il diffondersi della voce che costei
sia la sua «mantenuta» e da consentire alla donna di vantare la
propria influenza su di lui per atti del suo ufficio.
Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i privati - Magistrato sottoposto ad inchiesta Sollecitazione di dichiarazioni che lo scagionino dagli addebiti Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, sottoposto ad inchiesta, tenti di procacciarsi elementi a suo
favore sollecitando, perfino in ambienti diversi da quelli giudiziari,
la sottoscrizione di una dichiarazione mirante a scagionarlo dagli
663
addebiti mossi contro di lui ed a mettere in rilievo le sue doti. Tale
comportamento infatti determina inevitabilmente una lesione di
quella pubblica stima dalla quale il magistrato deve essere circondato.
Procedimento n. 10 - Sentenza del 21 gennaio 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i privati - Amicizia con familiari di imputati Ostentazione del rapporto - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che in pubblico
ostenti rapporti confidenziali con familiari di imputati, ricevendo tra
l’altro uno di essi in un palco di un teatro di provincia.
Procedimento n. 36 - Sentenza del 14 luglio 1962 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i privati - Amicizia con avvocato pubblicamente
disistimato - Sussistenza dell’illecito;
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che nel luogo ove esercita le sue funzioni contragga amicizia con
un avvocato alquanto criticato nell’ambiente, frequentando
abitualmente sia la casa che lo studio del predetto professionista, si
da ingenerare, sia pure a torto, l’opinione che tale frequenza non
sia disinteressata.
Procedimento n. 53 - Sentenza del 6 aprile 1963 - Pres. De Pietro.
Rapporti con i privati - Amicizia con persone colpite da condanne
infamanti - Ostentazione del rapporto - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che frequenti
notoriamente persone di pessima fama, specie se tali rapporti non si
estrinsechino in semplici contatti occasionali e superficiali — di per
sé riprovevoli —, ma si risolvano in vere e proprie cointeressenze in
664
equivoci affari gestiti nell’interesse comune e se le suddette persone,
benché colpite da condanne infamanti, siano trattate pubblicamente
con grande dimestichezza e affabilità e presentate ai terzi dal
magistrato come suoi parenti.
Procedimento n. 56 - Sentenza dell’11 maggio 1963 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con i privati - Reazione all’offesa altrui - Legittimità e
proporzione della reazione - Silenzio sulla propria qualità Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che,
fuori dell’ufficio, la fine di difendere il suo prestigio di uomo, reagisca
con uno schiaffo all’offesa recatagli da un giovane che gli rivolgeva
una richiesta con tono di dileggio e di provocazione, una volta
accertato che la reazione non eccedette i limiti di una difesa più che
legittima e che il magistrato nell’occasione non rivelò la sua qualità
per evitare di compromettere in una vicenda privata il prestigio suo
e dell’ordine giudiziario.
Procedimento n. 71 - Sentenza del 21 dicembre 1963 - Pres.
Rocchetti.
Rapporti con i privati - Amicizia con un avvocato e con la segretaria
- Rapporti intimi tra i due - Ignoranza della relazione Insussistenza dell‘illecito.
Non è perseguibile disciplinarmente il fatto del magistrato che
si accompagni — per andare a cinema o a pesca — con un avvocato
(separato legalmente dalla moglie) e con la di lui segretaria, ove egli
non sia a conoscenza dell’esistenza di rapporti intimi tra questi
ultimi.
Procedimento n. 111 - Sentenza del 29 aprile 1967 - Pres.
Rocchetti.
665
Rapporti con i privati - Azioni di rappresaglia nei confronti di terzi Sussistenza dell’illecito - Fattispecie.
I componenti dell’ordine giudiziario devono essere oggetto di
apprezzamento e di stima per la loro dirittura e per la correttezza
del loro comportamento, per cui non può essere approvato chi,
potendo far valere contro qualcuno un suo diritto, ricorre invece nei
confronti dello stesso ad arbitrarie azioni di rappresaglia. Alla luce
di tali principi, costituisce illecito disciplinare, in quanto idoneo a
compromettere notevolmente il prestigio dell’ordine giudiziario, il
comportamento del magistrato che abbia danneggiato, forandone i
copertoni, alcune automobili lasciate in parcheggio nel giardino di
una pensione, pur se queste impedivano al magistrato l’accesso con
la propria macchina nel garage a lui assegnato.
Procedimento n. 63 - Sentenza del 20 maggio 1967 - Pres.
Rocchetti.
Rapporti con i privati - Amicizia con pregiudicati - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che instauri e mantenga rapporti di amicizia con pregiudicati, già
condannati per reati comuni, ricevendoli nel proprio ufficio ed
ottenendo dagli stessi donativi e favori.
Procedimento n. 123 - Sentenza del 13 luglio 1968 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Sostituto procuratore - Rapporti con la custode
del carcere femminile - Rapporti col figlio della custode - Vivo
interessamento alle sue vicende giudiziarie - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, esercitando le
funzioni di sostituto procuratore della Repubblica, abbia intrattenuto
rapporti di stretta familiarità con la custode di un carcere femminile,
nonché con il figlio della medesima coinvolto in varie vicende
666
giudiziarie, alle quali il magistrato abbia preso vivo interessamento,
tanto da ingenerare il sospetto di aver nascosto nella propria
abitazione il giovane, colpito da ordine di cattura. Infatti, tale
comportamento è idoneo a scuotere la fiducia e la considerazione di
cui ogni magistrato deve godere e compromettere il prestigio
dell’ordine giudiziario.
Procedimento n. 152 - Sentenza del 27 marzo 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Amicizia con persone di dubbia moralità Richieste successive di attestazioni di stima ad avvocati e al sindaco
- Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’aver tenuto frequenti rapporti di
amicizia con personale di dubbia moralità, specie quando le funzioni
giudiziarie sono esercitate in piccolo centro, in quanto il magistrato,
nella sua vita di relazione, deve mantenere una condotta tale da non
far dubitare la sua indipendenza e deve non soltanto essere, ma anche
apparire, corretto e controllato nella scelta delle amicizie, sì da
alimentare con il suo comportamento la fiducia nella giustizia e nei
giudici.
Il comportamento del magistrato che sollecita attestazioni di
stima degli avvocati e dal sindaco del luogo ove esercita le funzioni
giudiziarie, costituisce illecito disciplinare, in quanto è contrario alla
dignità propria di chi, esercitando funzioni giudiziarie, deve dar prova
di probità e disinteresse, a garanzia della sua indipendenza.
Procedimento n. 146 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Amicizia con un contrabbandiere - Sussistenza
dell’illecito.
Compromette il prestigio dell’ordine giudiziario la condotta del
magistrato che intrattiene, con persona notoriamente conosciuta
dedita al contrabbando, rapporti di confidenziale amicizia ricevendolo
667
nel suo ufficio, sia pure per dargli un consiglio o per dargli assistenza
nella ricerca di lavoro per i figli.
Infatti, tale comportamento può far sorgere il sospetto che il
magistrato nell’esercizio delle sue funzioni non sia imparziale e possa
consentire ad un pregiudicato di millantare credito presso di lui, con
pregiudizio della fiducia e della considerazione che il magistrato deve
godere.
Procedimento n. 149 - Sentenza del 12 giugno 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Amicizia con persone pregiudicate - Sussistenza
dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che frequenti persone
notoriamente pregiudicate ed anche imputate in vari processi di
contrabbando da lui stesso istruiti, rendendo così possibili sospetti
di parzialità sull’esercizio delle funzioni e compromettendo il prestigio
dell’ordine giudiziario.
Procedimento n. 159 - Sentenza del 13 novembre 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Concessione di prestito - Interessi superiori al
tasso legale - Sussistenza dell’illecito.
Si pone in aperto contrasto con i doveri di correttezza inerenti
allo status di magistrato, e ne lede gravemente il decoro, il comportamento del giudice che concede un prestito in denaro, pattuendo
una misura di interessi che, pur non potendo definirsi usuraria, sia
tale da assicurare al mutuante un vantaggio notevolmente superiore
al tasso legale. In questo caso, infatti, l’operazione viene ad assumere
le caratteristiche di un atto di speculazione moralmente riprovevole
e quindi inconciliabile con il dovere di probabilità del magistrato e
con il suo decoro.
668
Procedimento n. 219 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Amicizia con contrabbandiere - Intento di
redimere l’amico - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato che intrattenga semplici rapporti di amicizia con un noto
contrabbandiere da lui conosciuto sin dall’infanzia, specie allorché
ricorra l’intento del magistrato di redimere l’amico.
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Fattispecie.
Il magistrato non può essere ritenuto responsabile, in sede
disciplinare, del comportamento altrui e di azioni da altri commesse
a sua insaputa e senza che alle stesse abbia dato concretamente causa
od occasione. (Nella fattispecie un ragioniere — risultato poi persona
di pochi scrupoli — che aveva ottenuto la nomina a commissario
giudiziale in una amministrazione controllata anche a seguito di una
segnalazione da parte del magistrato, aveva vantato pubblicamente
l’amicizia con il magistrato stesso).
Procedimento n. 222 - Sentenza del 10 dicembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Rapporti di familiarità con avvocati Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia con alcuni avvocati rapporti di familiarità nelle
relazioni sociali quando a tali rapporti non corrisponde altrettanta
familiarità e condiscendenza nell’attività professionale.
669
Procedimento n. 165 - Sentenza del 24 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con i privati - Fattispecie.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che riceva nella propria abitazione due studenti
appartenenti al movimento studentesco, e da lui apprezzati «per la
loro fede e la loro dedizione», senza che risulti provato che il
magistrato stesso conoscesse che i due erano giunti da Roma al fine
di fomentare il malcontento degli operai, tanto che in effetti il giorno
successivo effettuarono uno sciopero.
Procedimento n. 255 - Sentenza del 25 settembre 1974 - Pres.
Bosco.
Rapporti con i privati - Comportamento che legittimi sospetti di correità
nell’ipotesi di appropriazione di somme di denaro - Sussistenza
dell’illecito.
Pone in essere un comportamento tale da compromettere
gravemente il prestigio dell’Ordine giudiziario il magistrato che, con
leggerezza tanto grave da legittimare sospetti di correità, dia modo
ad alcuno di appropriarsi di somme di denaro in danno di altri.
Procedimento n. 14/80 - Sentenza del 16 ottobre 1981 - Pres. De
Carolis.
Rapporti con i privati - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito.
È incompatibile con lo standard minimo di serietà richiesto ad
ogni magistrato che questi, ricevuta una donna sulla cui condotta
nutre dubbi e che intercede per la libertà personale di un detenuto,
assuma nei di lei confronti un atteggiamento inammissibilmente
confidenziale, giungendo sino a darle del tu ed a discorrere di
argomenti futili ed estranei al suo ufficio, e ciò nonostante che la
stessa donna, sin dalle prime battute del colloquio, gli si era offerta
670
in modo scopertamente allusivo, e quindi, gli aveva manifestato il
proposito di fargli dono di un oggetto d’argento.
Deve in un caso del genere quantomeno porsi termine
rapidamente all’incontro con un atteggiamento di severo e drastico
distacco al fine di impedire l’approccio avvilente della donna al suo
pur serio e sofferto problema e richiamarla alle regole della funzione
ed al sistema di valori che a queste presiedono del tutto incompatibili
con il clima che ella intendeva instaurare.
Procedimenti nn. 271 e 420 - Sentenza del 10 gennaio 1983 Pres. Galasso.
Rapporti con i privati - Fattispecie - Illiceità disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare l’aver incolpato intrattenuto per
anni rapporti amichevoli con persona che sapeva essere uomo di
fiducia e consulente fiscale di un noto mafioso. L’illecito è reso ancora
più grave dall’essere l’incolpato, in quanto magistrato, investito
dell’incarico di consulente della commissione antimafia.
Procedimenti nn. 271 e 420 - Sentenza del 10 gennaio 1983 Pres. Galasso.
Rapporti con i privati - Fattispecie - Illiceità disciplinare.
Commette illecito disciplinare il magistrato, consulente della
commissione antimafia, che accetti regali anche in cospicue somme
di denaro da parte dell’uomo di fiducia di un noto mafioso, venendosi
con ciò a porre in condizioni di soggezione e riconoscenza.
Procedimento n. 66/85 - Sentenza del 20 giugno 1986 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i privati - Frequentazione di ristoranti gestiti da soggetti
interessati a procedimenti giudiziari - Dimostrata influenza
sull’attività professionale del magistrato - Insussistenza dell’illecito.
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Non commette illecito disciplinare il pretore mandamentale che
frequenti ristoranti gestiti da soggetti interessati a procedimenti
giudiziari penali o civili, già definiti i primi o pendenti avanti il
proprio ufficio i secondi, quando l’attività professionale non ne resti
influenzata.
(Nella specie il magistrato aveva addotto a sua giustificazione
che gli altri ristoranti del luogo o erano igienicamente carenti o erano
gestiti da persone con procedimenti penali pendenti a carico).
Procedimento n. 59/86 - Sentenza del 5 giugno 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i privati - Discutibilità sociale di persone frequentate Rilevanza disciplinare - Limiti.
Per attingere il livello della censurabiltà disciplinare non è
sufficiente l’esistenza di un rapporto di mera conoscenza tra un
magistrato e persona discutibile per qualità proprie — precedenti
penali — o per le relazioni che a sua volta coltiva, ma occorre che
il rapporto si estrinsechi quanto meno in abitualità e costanza di
frequentazioni.
Ciò è tanto più necessario quanto più generica e labile è la
discutibilità sociale delle qualità del conoscente.
Procedimento n. 55/85 - Sentenza del 25 settembre 1987 - Pres.
Brutti.
Rapporti con i privati - Incauta operazione finanziaria - Fattispecie Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare affidare ad una persona
notoriamente pregiudicata una cospicua somma per un investimento
ad interesse altamente remunerativo, senza previamente accertare che
la stessa fosse persona affidabile ed incensurata ed accettando che
l’operazione finanziaria si connotasse per anomale modalità attuative.
672
Procedimento n. 41/88 - Sentenza del 16 settembre 1988 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i privati - Amicizia con persone implicate in grave vicenda
penale - Rapporto superficiale e sporadico - Insussistenza
dell’illecito.
Non è disciplinarmente rilevante l’amicizia con persona implicata
in una grave vicenda penale purché rimanga sostanzialmente estranea
sia all’ambito giudiziario, sia alla normale vita di relazione dell’incolpato, connotandosi invece per una marcata sporadicità e superficialità.
(Nella specie la Sezione ha sottolineato come non risultasse che la
persona implicata nella vicenda penale, nei periodi di vacanze trascorsi
nella stessa località con l’incolpato e nei successivi saltuari e brevi
incontri con il medesimo incolpato, si fosse comportato in maniera tale
da giustificare ragionevolmente sospetti sulla sua attività illecita).
Procedimento n. 8/89 - Sentenza del 23 marzo 1990 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i privati - Sottoscrizione di contratto pubblicitario in
favore di società sportiva presieduta dal magistrato - Conoscenza
pregressa dell’imputato nella qualità di pretore - Illecito disciplinare
- Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare, per le implicazioni negative sul
ruolo e sull’immagine del giudice (nella specie il pretore del luogo),
avere contatti con un imprenditore, conosciuto per la prima volta in
occasione dell’aggiudicazione dell’appalto dei lavori di costruzione
della nuova pretura, allo scopo di concludere un contratto
pubblicitario in favore di una società sportiva presieduta dal
medesimo magistrato.
Procedimento n. 38/89 - Sentenza del 6 aprile 1990 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con i privati - Fattispecie - Sussistenza dell’illecito disciplinare.
673
Viola i doveri del giudice e compromette l’immagine che ogni
magistrato deve avere nell’ambiente in cui opera, colui che intrattiene
rapporti di amicizia e frequentazione con un pregiudicato.
674
29 - RAPPORTI CON LA POLIZIA
675
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Procedimento n. 47 - Sentenza del 28 luglio 1962 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con la polizia - Colloquio nell’ufficio con ufficiale dell’arma
dei carabinieri - Espressioni offensive e minacciose udibili
dall’esterno - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, nel proprio ufficio, a voce alta ed eccitata udibile dall’esterno,
rivolga ad un ufficiale dell’arma dei carabinieri, recatosi in detto
ufficio per ragioni di servizio, espressioni offensive e minacciose,
anche se spiegabili sul piano umano in rapporto ad alcuni pettegolezzi
addebitabili all’ufficiale che coinvolgevano la posizione dello stesso
magistrato.
Procedimento n. 142 - Sentenza del 3 luglio 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti con la polizia - Ordine emesso da magistrato incompetente Mancata osservanza - Minaccia di applicazione dell’art. 229 c.p.p.
- Esigenze dell’ufficio - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che, nell’esercizio delle funzioni di consigliere istruttore
in materia penale, abbia, con note dirette ai comandanti della
677
compagnia, del gruppo interno e della Brigata dei carabinieri,
minacciato l’applicazione delle sanzioni disciplinari previste dall’art.
229 c.p.p. per mancata esecuzione di un ordine che non poteva essere
da lui impartito e concernente il servizio di vigilanza nell’ufficio
d’istruzione, ove il fatto sia stato determinato dalla giustificata
preoccupazione del magistrato per l’improvvisa interruzione di tale
servizio, in precedenza per molti anni sempre assicurato, e per il
ripetersi di episodi di intolleranza e di violenza verificatisi nello stesso
ufficio in assenza di un tutore dell’ordine.
Procedimento n. 72/87 - Sentenza dell’11 dicembre 1987 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con la polizia - Reati in materia edilizia - Direttive in tema
di apposizione di sigilli - Richiesta di verbale di constatazione sullo
stato della costruzione - Liceità.
Non costituisce illecito disciplinare l’emanazione da parte del
pretore di una circolare, diretta ai comandi-stazioni dei C.C. del
proprio mandamento, con la quale, non si vietava agli stessi l’uso dei
sigilli all’atto della constatazione di reati per violazione alle norme
edilizie, ma si sollecitava la predisposizione di un verbale di
constatazione dello stato della costruzione al fine di assicurare una
maggiore tutela della conservazione dello stato dei luoghi in relazione
ad una situazione caratterizzata dall’insufficienza dei sigilli stessi
rispetto al fine cui la loro apposizione era preordinata.
Procedimento n. 56/89 - Sentenza del 18 maggio 1990 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con la polizia - Ritardo ingiustificato (otto giorni) nel
denunciare all’autorità competente l’autore di gravi minacce subite
- Fattispecie- Sussistenza dell’illecito disciplinare.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, ricevute gravi minacce di tipo mafioso, afferenti la sua funzione
pubblica e la sua qualifica, occulta il fatto, per otto giorni, alle
678
autorità che su di esso dovrebbero indagare, non potendo egli
rinunziare, pregiudizialmente, a che gli organi dello Stato siano messi
in grado di operare tempestivamente e ricercare il colpevole, né
pregiudicare e vanificare, con il trascorrere del tempo, i possibili esiti
dell’indagine impedendo, fra l’altro, un pronto riesame delle misure
di sicurezza predisposte in suo favore e non collaborando con il
servizio di scorta che doveva essere prontamente allertato nel suo
interesse e di quello degli uomini addetti al servizio (nella specie non
è stata ritenuta sufficiente la tempestiva ed esclusiva comunicazione
del fatto, da parte del magistrato minacciato, all’alto commissario
antimafia e la circostanza che quest’ultimo avesse immediatamente
informato l’autorità competente per le indagini e per l’adozione di
misure di sicurezza).
Procedimento n. 30/90 - Sentenza del 22 giugno 1990 - Pres.
Mirabelli.
Rapporti con la polizia - Atteggiamento di animosità e risentimento
nei confronti di un funzionario della squadra mobile - Fattispecie
- Insussistenza del fatto.
Non costituisce illecito disciplinare, sotto il profilo della
violazione dei doveri di correttezza, il comportamento del magistrato
che, rivolgendosi ad un funzionario di polizia, gli abbia dichiarato:
«va bene, dottore, ne riparleremo» e non già «ne riparleremo»
(espressione, quest’ultima, dal possibile significato minatorio,
rivelante, come tale, un’animosità ed un risentimento non conformi
ai doveri di correttezza del magistrato).
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680
30 - RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
681
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Procedimento n. 300 - Sentenza del 4 giugno 1974 - Pres. Bosco.
Rapporti con la pubblica amministrazione - Uso di espressioni ironiche
e volgari in un esposto - Sussistenza dell’illecito.
Rapporti con la pubblica amministrazione - Uso di espressioni ironiche
e volgari in un esposto - Stato di estremo disagio morale del
magistrato - Minore gravità dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare l’uso di espressioni ironiche e
volgari, da parte del magistrato, in una lettera inviata ad un ente
pubblico, uso che già censurabile sul piano dei normali rapporti
umani, non potendosi mai prescindere da una elementare esigenza
di correttezza nel caso di un appartenente all’Ordine giudiziario, il
quale, per il prestigioso connesso alle sue funzioni, ha il dovere di
serbare, in ogni circostanza, un comportamento dignitoso e
irreprensibile. Le eventuali circostanze addotte, indicative di uno stato
di estremo disagio morale del magistrato, devono essere considerate
per una migliore comprensione del fatto.
Procedimento n. 230 - Sentenza del 26 ottobre 1979 - Pres.
Bachelet.
Rapporti con la pubblica amministrazione - Interessamento a favore
di un candidato in un concorso comunale - Manifestazione di
propositi di rappresaglia a seguito della bocciatura del raccomandato - Illecito disciplinare - Sussistenza.
683
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che si interessi in favore di un candidato in un concorso bandito da
un comune ed, avendo appreso che il suo raccomandato non è
risultato vincitore, abbia reagito irosamente, manifestato propositi di
rappresaglia.
Procedimento n. 2 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De Pietro.
Rapporti con la pubblica amministrazione - Ritardato pagamento di
assegni dovuti - Reclamo al direttore dell’ufficio provinciale del
tesoro - Uso di espressioni offensive e minacciose - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il fatto del magistrato che usa
espressioni offensive e minacciose in due lettere indirizzate al
direttore dell’ufficio provinciale del tesoro per reclamare in ordine al
ritardato pagamento di assegni dovuti. Infatti anche il magistrato ha
il diritto di avvalersi — come ogni cittadino — dei rimedi che la legge
consente contro gli errori o le omissioni degli organi della pubblica
amministrazione, ma tale diritto deve essere esercitato nei limiti della
difesa e senza trascendere in espressioni tracotanti e minacciose
proprio per la funzione di tutela dell’ordine e della legalità che
l’ordinamento giuridico affida agli appartenenti all’ordine giudiziario.
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De
Pietro.
Rapporti con la pubblica amministrazione - Invito ad usare una propria
invenzione - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del pretore, il
quale invii una circolare a tutti i sindaci del mandamento invitandoli
all’uso dei mattatoi di pistole a proiettile captivo per la macellazione
eutanasica degli animali e che poi si interessi personalmente nel
proprio ufficio della vendita di pistole di tale tipo.
684
31 - RAPPORTI DEI DIRIGENTI CON I MAGISTRATI
685
686
Procedimento n. 131 - Sentenza del 27 novembre 1967 - Pres.
Rocchetti.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Poteri di sorveglianza del
presidente di tribunale - Ambito - Finalità di conservazione e tutela
del prestigio dell’ordine giudiziario - Limite dell’autonomia della
decisione giurisdizionale - Fattispecie - Insussistenza dell’illecito.
Non commette illecito disciplinare il presidente del tribunale che,
a norma dell’art. 14 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 515, eserciti il
potere-dovere di sorveglianza sui magistrati del circondario al fine
di garantire che l’amministrazione della giustizia sia esercitata con
regolarità e serietà, ed i giudici conservino, per rettitudine di vita e
per imparzialità ed autonomia di giudizio, il prestigio che si conviene
all’esercizio di una funzione sovrana dello Stato. L’esercizio di tale
potere-dovere, che non richiede forme prestabilite e trova l’unico
limite nella salvaguardia della libertà del giudice e dell’autonomia
della sua decisione, si rivela maggiormente proficuo ed opportuno
quando è diretto a prevenire un’irregolarità o un qualsiasi
inconveniente in genere, che può insorgere nell’amministrazione della
giustizia. Pertanto il capo dell’ufficio giudiziario può, fra l’altro,
chiedere informazioni sulla trattazione di una causa e sui
provvedimenti che vengono adottati a rivolgere al giudice i
suggerimenti che ritiene opportuni per assicurare il regolare e sereno
svolgimento del processo; inoltre, può, ed in alcuni casi deve,
informare il giudice delle lagnanze che gli siano state rivolte dalle
687
parti alla fine di accertare la veridicità e di adottare i provvedimenti
che si ravvisino opportuni a seconda delle circostanze; deve, infine,
informare il capo dell’ufficio giudiziario superiore dei fatti che, a suo
giudizio, assumono maggiore rilevanza.
Procedimento n. 170 - Sentenza del 26 novembre 1971 - Pres.
Amatucci.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Poteri di sorveglianza del
presidente della corte d’appello - Ispezioni, richieste di informazioni,
circolari.
L’art. 101 della Costituzione secondo cui i magistrati ordinari si
distinguono secondo le funzioni non esclude che le funzioni siano
tra loro graduate secondo l’importanza che esse hanno nello stesso
ordine del processo e non postula affatto che ai magistrati venga
riconosciuta una posizione di assoluta parificazione; tale parificazione
esiste, in relazione all’art. 101 della Costituzione, solo per quanto
riguarda l’esercizio delle funzioni istituzionali e gli atti ai quali esse
si ricollegano, non anche in relazione alla posizione soggettiva, che
al di fuori delle predette funzioni, i magistrati assumono
nell’ordinamento giudiziario, nel quale ovviamente, in vista della
crescente importanza delle funzioni in rapporto alle fasi del processo,
sono connessi, affidamenti di incarichi obiettivi e titolarità di uffici.
L’art. 14 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, disponendo che il
presidente della corte di appello esercita la sorveglianza sugli uffici
del distretto, pone nell’ambito del distretto quale che sia il significato
da assegnare al termine «sorveglianza», al vertice della piramide il
presidente della Corte di appello che si trova quindi in posizione di
sopraordinazione rispetto agli altri magistrati del distretto che
vengono a trovarsi, quindi, in condizione di subordinazione.
La sorveglianza sugli uffici del distretto da parte del presidente
della Corte di appello si attua, anzitutto con ispezioni dirette ma può
attuarsi anche attraverso canali permanenti di informazioni e di
notizie oppure eseguendo controlli sul modo con cui vengono trattati
determinati affari e sull’andamento dell’ufficio in generale e, in
particolare, anche attraverso circolari che mirino ad assicurare il
migliore svolgimento dell’attività giurisdizionale.
688
Il presidente della corte di appello nell’esercizio dei poteri di
sorveglianza ha il diritto di inviare ai tribunali e ai pretori dipendenti
una circolare contenente disposizioni dirette ad evitare il verificarsi
della estinzione per prescrizione di reati prevedendo l’apposizione
sulla copertina dei fascicoli processuali di un segno, che indichi essere
l’imputato detenuto, od un timbro, che indichi l’epoca in cui il resto
si estinguerà per prescrizione.
Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Potere di sorveglianza del
presidente della corte di appello - Invito all’osservanza delle leggi.
Rientra nell’esercizio del potere di sorveglianza, attribuito al
presidente della corte di appello dall’art. 14 della legge sulle guarentigie della magistratura, la formulazione di un invito all’osservanza
delle regole stabilite per la motivazione delle sentenze al fine di
impedire il verificarsi di deviazioni ed abusi.
Procedimento n. 169 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Fascicoli personali presso la
corte di appello - Contenuto.
I fascicoli personali dei magistrati, formati e conservati presso
le corti di appello in base alle disposizioni contenute nell’art. 70 e
segg. del regolamento generale giudiziario approvato con R.D. 14
dicembre 1865, n. 2641, per essere regolari devono contenere soltanto
copia degli atti esistenti nel fascicolo personale conservato presso il
Consiglio superiore della magistratura da tenersi con le modalità e
in base alle norme dettate dall’art. 55 dello statuto degli impiegati
civili dello Stato e dagli artt. 24 segg. D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686
applicabili anche ai magistrati.
689
Procedimento n. 227 - Sentenza del 10 marzo 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Fascicoli personali - Contenuto
- Limiti.
I fascicoli personali dei magistrati formati e conservati presso le
corti di appello in base alle disposizioni contenute negli artt. 70 e segg.
del regolamento generale giudiziario approvato con R.D. 14 dicembre
1865, n. 2641, per essere regolari debbono soltanto contenere copia
degli atti esistenti nel fascicolo personale conservato presso il Consiglio
superiore della magistratura, da tenersi con le modalità e in base alle
norme dettate dall’art. 24 e segg. del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686,
applicabili anche ai magistrati. Essendo infatti unico il fascicolo
personale, quello conservato presso la corte di appello non può avere
un diverso contenuto. Se tenuto in modo regolare esso appare non
solo legittimo ma utile per i consigli giudiziari, designati dalla legge
in più occasioni ad esprimere pareri sul conto dei magistrati.
Procedimenti nn. 33 e 34/89 - Sentenza del 26 ottobre 1990 Pres. Galloni.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Presidente di sezione - Dovere
di sorveglianza - Fattispecie.
Non costituisce illecito disciplinare l’omessa sorveglianza del
presidente di sezione sull’attività di fissazione dei dibattimenti
delegata (verbalmente) a un magistrato della sezione stessa nello
svolgimento di detta attività non sia configurabile alcuna violazione
di doveri deontologici.
Procedimento n. 25/89 - Sentenza del 9 novembre 1990 - Pres.
Galloni.
Rapporti dei dirigenti con i magistrati - Pubblico atteggiamento di
immotivata critica nei confronti di altro magistrato addetto
all’ufficio - Responsabilità disciplinare - Sussistenza.
690
Compie abuso dei propri poteri e viola il dovere di correttezza
verso l’altro collega, commettendo illecito disciplinare, il magistrato
— pretore dirigente — che in una pubblica riunione, cui partecipino
altri magistrati, avvocati del foro e personale di cancelleria, tenga un
immotivato atteggiamento di critica e di rimprovero nei confronti di
uno dei magistrati addetti all’ufficio.
691
692
32 - RAPPORTI FAMILIARI ED EXTRACONIUGALI
693
694
Procedimento n. 61 - Sentenza del 29 febbraio 1960 - Pres. De
Pietro.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Sussistenza
dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
il quale, essendo coniugato ed avendo contratto relazione intima con
donna coniugata e separata dal marito, abbia convissuto con lei
notoriamente more uxorio, ed abbia inoltre presentato la convivente
come sua moglie.
Procedimento n. 13 - Sentenza del 16 luglio 1960 - Pres. De
Pietro.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Sorella di un imputato Magistrato che la riceve spesso in ufficio - Sussistenza dell’illecito.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che essendo ammogliato con prole, abbia spesso ricevuto in ufficio
la sorella di un imputato separata di fatto dal marito per fini
probabilmente illeciti.
Procedimento n. 6 - Sentenza del 10 giugno 1961 - Pres. De
Pietro.
695
Rapporti familiari ed extraconiugali - Rapporti con la moglie Comportamento ingiurioso e violento - Sussistenza dell’illecito.
Si rende immeritevole della fiducia e della considerazione di cui
deve godere chi appartiene all’ordine giudiziario — e nel contempo
compromette il prestigio dell’ordine — il magistrato che si abbandoni
a frequenti e clamorosi litigi con la moglie, usando, nei suoi confronti,
un linguaggio volgare ed ingiurioso; non esiti, talvolta, a trascendere
anche pubblicamente a vie di fatto; mantenga sotto il tetto coniugale
una relazione intima con la propria domestica incontrandosi con lei
negli alberghi della città e mostrandosi talvolta a passeggio con la
medesima per le strade cittadine.
Procedimento n. 14 - Sentenza del 25 novembre 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Fattispecie
- Sussistenza dell’illecito - Mancanza di notorietà - Irrilevanza.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, essendo
coniugato, abbia convissuto more uxorio per molti anni con altra
donna pure coniugata, procreando con lei un figlio, e presentandola
ai colleghi ed ai terzi come sua legittima moglie ed abbia, nel corso
di tale convivenza iniziato una seconda relazione adulterina con altra
donna, pure coniugata, alla quale prestava anche assistenza nel
giudizio di separazione personale dal marito. Né l’eventuale difetto
di notorietà di siffatta condotta irregolare potrebbe valere a rendere
il fatto non punibile sotto il profilo disciplinare poiché anche la vita
intima e familiare del magistrato deve — di per sé — uniformarsi ad
una rigorosa austerità conforme al prestigio dell’elevatissima funzione
che gli è affidata.
Procedimento n. 30 - Sentenza del 9 dicembre 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Condotta privata - Relazione
adulterina - Obblighi di assistenza al coniuge - Inosservanza 696
Sussistenza dell’illecito - Giudizio di altre persone sulla condotta
del magistrato - Apprezzamento sfavorevole - Necessità Insussistenza.
L’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, pone a carico del
magistrato l’obbligo di tenere, anche in privato, una condotta di vita
ispirata a tale probità da renderlo meritevole di fiducia e di
considerazione da parte dei membri della comunità in seno alla quale
egli è chiamato a svolgere le proprie delicatissime funzioni. Il vigente
ordinamento statuale assegna al magistrato il compito di giudicare
l’operato dei membri della comunità organizzata e di decidere del
destino di essi e, insieme, delle loro famiglie. In vista di ciò egli
risulta collocato su un piano che idealmente sovrasta quello su cui
vengono a trovarsi i destinatari delle sue decisioni. Per potere, quindi,
degnamente serbare una posizione intersubjettiva tanto elevata il
giudice ha il dovere di informare costantemente la propria condotta,
anche privata, a regole di assoluta ineccepibilità: solo a questa
condizione i membri del gruppo associato potranno vedere in lui il
legittimo detentore di una potestà, per certi aspetti sovrumana, che
altrimenti gli dovrebbe essere negata. Pertanto, commette illecito
disciplinare il magistrato che tenga una relazione adulterina e si
sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla sua qualità di
coniuge, e ciò perché in tal modo egli si rende immeritevole di fiducia
e di stima da parte della collettività in seno alla quale è stato destinato
a svolgere le funzioni giudiziarie. E perché nel fatto possa riscontrarsi
l’illecito disciplinare di cui all’art. 18 del R.D.L. n. 511/1946, non si
richiede il preventivo accertamento che la condotta privata del
magistrato abbia di fatto suscitato apprezzamenti sfavorevoli tra
determinate persone, essendo invece sufficiente l’idoneità di tale
condotta a suscitare giudizi di disvalore, secondo i parametri della
comune sensibilità.
Procedimento n. 38 - Sentenza del 9 dicembre 1961 - Pres. De
Pietro.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Sussistenza
dell’illecito - Riservatezza - Rilevanza ai fini della sanzione.
697
Il comportamento del magistrato che intrattenga una relazione
adulterina costituisce, di per sé, fatto non commendevole perché
idoneo a rendere il magistrato immeritevole della considerazione di
cui deve godere ed a compromettere il prestigio dell’ordine
giudiziario. Tuttavia, in sede disciplinare, tale condotta può essere
punita con la sanzione minima ove risulti che la relazione adulterina
sia stata circondata da assoluta riservatezza, che il magistrato non
abbia fatto mancare alla moglie (da lui separata consensualmente)
ed ai figli i mezzi di sussistenza, e si sia — proprio al fine di evitare
pubblicità alla sua convivenza more uxorio con altra donna e quindi
ripercussioni sul proprio prestigio — trasferito in una città grande e
molto distante dalla residenza della moglie e da quella del marito
della concubina.
Procedimento n. 36 - Sentenza del 14 luglio 1962 - Pres. De
Pietro.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Magistrato coniugato - Relazione
adulterina - Pubblico scandalo - Sussistenza dell’illecito.
Commette illecito disciplinare il magistrato che, nel luogo ove
esercita le sue funzioni, pur essendo coniugato con figli, tenga una
relazione amorosa con una ragazza diciottenne, con la quale pernotti
anche in un pubblico esercizio ed usi incontrarsi con lei quasi
quotidianamente in un vicino comune, così da trascurare gravemente
il servizio e da suscitare pubblico scandalo e generale riprovazione.
Procedimento n. 82 - Sentenza dell’8 maggio 1965 - Pres.
Rocchetti.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Rapporti con la moglie - Condotta
vessatoria - Sussistenza dell’illecito - Fattispecie.
Commette illecito disciplinare il magistrato il quale tenga una
condotta non consona al normale svolgimento della vita familiare: a)
producendo più volte lesioni alla moglie; b) somministrandole mezzi
insufficienti per il mantenimento suo e dei figli, tanto da ridurla in
698
grave stato di denutrizione; c) tentando di farla ricoverare in
manicomio e a questo scopo chiedendo inutilmente a un sanitario
un certificato attestante la sua infermità mentale; d) minacciando di
sporgere denunzia per abbandono del tetto coniugale nei confronti
della moglie, al fine di impedire l’attuazione del suo proposito di
ricoverarsi in ospedale per curare il proprio stato di denutrizione.
Procedimento n. 125 - Sentenza del 13 marzo 1969 - Pres.
Amatucci.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Magistrato separato dalla moglie
- Convivenza stabile con altra donna - Riservatezza - Cura della
famiglia legittima - Insussistenza dell’illecito.
La convivenza more uxorio di un magistrato, legalmente separato
dalla propria moglie, con una donna anch’essa legalmente separata
dal coniuge, non costituisce illecito disciplinare, quando abbia dato
luogo alla costituzione di un nuovo stabile nucleo familiare e sia stata
circondata da riservatezza, e quando il magistrato abbia provveduto
ad assicurare alla moglie separata ed ai figli legittimi una vita consona
alle sue condizioni sociali.
Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Mancanza
di riservatezza - Sussistenza dell’illecito.
Compromette il proprio prestigio e conseguentemente quello
dell’ordine giudiziario, il magistrato che contragga una relazione
adulterina senza mantenere la necessaria riservatezza e manifestando
anzi, con riprovevole contegno in pubblico, l’esistenza della relazione.
(Nella fattispecie il magistrato, avendo conosciuto in occasione di un
procedimento giudiziario da lui istruito una donna, già madre di due
giovani figli e convivente con il marito, aveva contratto una relazione
adulterina senza considerare che, sia per il ceto sociale al quale la
donna apparteneva sia per la convivenza di quest’ultima con il marito
699
e con i figli, la relazione non poteva non diventare presto o tardi di
pubblica conoscenza).
Procedimento n. 173 - Sentenza del 27 gennaio 1972 - Pres.
Amatucci.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina Incostituzionalità della disciplina penale - Irrilevanza in sede
disciplinare.
La relazione adulterina contratta da un magistrato ben può
costituire, per le modalità e le origini da cui ha avuto causa, illecito
disciplinare, in quanto, anche se la Corte costituzionale ha dichiarato
illegittime le norme penali attinenti all’adulterio e alla relazione
adulterina, non solo dalla comune morale, ma anche dalle norme del
codice civile, sia l’adulterio che la relazione adulterina vengono
considerati elementi di profondo turbamento dell’ordine e della
morale della famiglia.
Procedimento n. 259 - Sentenza del 23 ottobre 1974 - Pres. Bosco.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Insussistenza del pubblico
scandalo - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia contratto una relazione extraconiugale, quando
la detta relazione non sia diventata di pubblico dominio e, in ogni
caso, non abbia compromesso il prestigio dell’ordine giudiziario o
per le particolari modalità contrarie al comune sentimento della
moralità civile o per lo scandalo suscitato nell’ambiente. (Nella
fattispecie si trattava di una relazione, nata fra due persone con
rapporti coniugali già falliti, e tale da precludere correttamente alla
costituzione di una nuova famiglia).
Procedimento n. 410 - Sentenza del 20 aprile 1979 - Pres.
Bachelet.
700
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina - Mancanza
di notorietà - Insussistenza dell’illecito.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del
magistrato che abbia contratto una relazione extraconiugale fuori
dell’ambiente in cui esercita le funzioni ed in questo non nota, la
quale pertanto, non ha inciso sulla stima e sulla considerazione di
cui egli deve essere circondato. (Nella specie, si trattava di una
relazione more uxorio coltivata dall’incolpato in sede diversa da quella
di lavoro ed ivi completamente ignorata).
Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Accuse di immoralità rivolte alla
moglie ed alle figlie - Illecito disciplinare - Sussistenza.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato
che, in più occasioni, accusi pubblicamente la moglie di adulterio e
le figlie di non tenere una condotta illibata.
Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Mancato pagamento, da parte di
un magistrato, dell’assegno di mantenimento fissato, a favore dei
figli, da un provvedimento giudiziale - Illecito disciplinare Sussistenza.
Il comportamento del magistrato che, pur avendone la possibilità,
si astenga dall’eseguire prontamente l’ordinanza del giudice di
corrispondere ai figli l’assegno di mantenimento e si faccia, perciò,
assoggettare ad atti di esecuzione forzata, costituisce illecito
disciplinare, non avendo, al riguardo, alcuna efficacia discriminante
la circostanza, alligata dall’incolpato, che l’ammontare del suddetto
assegno sarebbe stato largamente compensato da una donazione
immobiliare compiuta dall’incolpato a favore della consorte.
701
Procedimento n. 240 - Sentenza del 9 maggio 1980 - Pres. Zilletti.
Rapporti familiari ed extraconiugali - Relazione adulterina Riservatezza - Illecito disciplinare - Insussistenza.
Non costituisce illecito disciplinare il comportamento del magistrato coniugato che intrattenga una relazione extraconiugale, la
quale, per il riserbo da cui è circondata, non sia idonea a compromettere il prestigio dello stesso magistrato.
702
33 - RESIDENZA
703
704
Procedimento n. 31 - Sentenza del 15 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Residenza - Prolungata violazione dell’obbligo - Abbandono totale
dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito - Sanzione della rimozione.
Si dimostra assolutamente privo di senso morale e di attaccamento al dovere, così da meritare l’estrema sanzione disciplinare
della rimozione, il magistrato responsabile del quinquennale
inosservanza dell’obbligo della residenza; dell’abbandono totale, per
circa quattro mesi, del proprio ufficio; del sistematico affidamento
di questo al vice pretore onorario; della mancata risposta a precise
e personali lettere, di carattere urgente, del presidente del tribunale;
di intollerabili ritardi nel deposito dei provvedimenti giudiziari, con
conseguente lesione degli interessi di professionisti e di privati. Tale
comportamento è ulteriormente censurabile se l’incolpato non mostra
alcun concreto ravvedimento teorizzando la libertà del magistrato di
essere fisicamente lontano dal proprio ufficio.
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Residenza - Allontanamento dalla sede di un presidente di tribunale Delega dei provvedimenti presidenziali urgenti - Sussistenza
dell’illecito.
705
Non vale ad escludere l’illecito disciplinare per violazione
dell’obbligo della residenza la circostanza che il magistrato, presidente
di tribunale, abbia delegato al giudice anziano l’emanazione dei
provvedimenti presidenziali urgenti da emettersi durante la sua
assenza. Tale delega comporta anzi abdicazione alle proprie funzioni
e violazione dei doveri propri del presidente dirigente.
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Residenza - Violazione dell’obbligo - Difficoltà di reperire un alloggio
decoroso nel comune sede dell’ufficio - Sussistenza dell’illecito.
Non elimina, ma può soltanto attenuare la responsabilità disciplinare per violazione dell’obbligo della residenza, la circostanza che
il magistrato abbia difficoltà di reperire un alloggio decoroso nel
comune sede dell’ufficio.
Procedimento n. 11 - Sentenza del 22 luglio 1961 - Pres. De
Pietro.
Residenza - Violazione dell‘obbligo - Presenza in sede per i soli
adempimenti d’ufficio - Sussistenza dell’illecito.
Non esclude, ma attenua soltanto la responsabilità disciplinare
per violazione dell’obbligo di residenza la circostanza che il
magistrato, presidente di tribunale, presieda tutte le udienze civili e
qualche udienza penale, recandosi nella sede del tribunale soltanto
per due o tre giorni alla settimana.
Procedimento n. 48 - Sentenza del 13 ottobre 1962 - Pres. De
Pietro.
Residenza - Assenza dalla sede - Tentativo di occultamento - Sussistenza
dell’illecito.
706
Commette illecito disciplinare il magistrato che, al fine di evitare
che la propria assenza dalla sede venga rilevata a seg
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manuale dell`udienza disciplinare