TEORIE E METODI DI PROGRAMMAZIONE E VALUTAZIONE SCOLASTICA CAPITOLI 1- 2 Prima nella scuola c’era una modalità di valutazione soggettiva. La docimologia nasce proprio per studiare il processo di valutazione e creare strumenti che ci permettano di fare una valutazione oggettiva. Si necessita di criteri, parametri, condivisi. Il significato di “valutazione” La valutazione è l’atto dell’ attribuzione di valore a qualcosa, qualcuno o ad un fatto. Tale attribuzione per essere condivisa a livello intersoggettivo, deve rendere esplicita la modalità e lo strumento di misura impiegati. Cioè affinchè il valore attribuito sia intersoggettivo, comprensibile a tutti, la modalità e lo strumento di misura impiegati devono essere resi espliciti. Per modalità di misura s’intende l’operazione compiuta per attribuire un dato valore. Per strumento di misura s’intende il metro di paragone usato per attribuire valore ad un dato evento. La valutazione ha funzione regolatrice dell’azione didattica. Dimensione regolativa della valutazione Nell’odierno sistema scolastico e formativo la valutazione è uno strumento fondamentale per adeguare dinamicamente il sistema stesso alle necessità emergenti. Con l’autonomia organizzativo-didattica e gestionale delle scuole, la valutazione ha accentuato la sua funzione nevralgica di articolazione nervosa centrale dell’intero sistema. Tre livelli di valutazione La valutazione promuove a livello di: 1Classe: processi di verifica degli apprendimenti e di controllo della didattica. Valutazione di microsistema 2Istituto: processi di auto ed eterovalutazione. Valutazione di mesosistema 3Sistema nazionale: processi di valutazione dell’intero sistema formativo. Valutazione di macrosistema 1 Dopo chiariremo a fondo cos’è la valutazione a livello di macrosistema, mesosistema e microsistema. È quest’ultima quella che ci interessa principalmente! In tale ottica assume particolare rilevanza l’analisi dei flussi informativi interni ed esterni al sistema (nel caso dell’autovautazione di istituto la scuola valuta se stessa sulla base dei flussi informativi..quali : le caratteristiche cognitive degli allievi all’ingresso e all’uscita da ogni ciclo formativo, numero di soggetti che raggiungono gli standard desiderati)..E’ importante rilevare queste informazioni per poter meglio pianificare, organizzare, adeguare i processi formativi. L’informazione e la valutazione dei dati riveste, quindi, una funzione regolatrice dei processi di sistema Valutazione di sistema La Scuola è un sistema: 1. Complesso perché costituito da un elevato numero di elementi organizzati e interdipendenti. 2. Aperto perché è in continuo scambio di “energia” e di informazioni con l’ esterno. È aperto al cambiamento, alle proposte culturali, agli influssi esterni non solo culturali ma anche politici! 3. Finalizzato perché storicamente ed intenzionalmente persegue precisi obiettivi programmatici. È finalizzato ad istruire e a formare gli allievi, la scuola è infatti il luogo per eccellenza deputato all’istruzione e alla formazione. Gli indicatori dell’ istruzione Gli indicatori sono indici numerici in grado di rappresentare sinteticamente la misura di variabili qualitative e quantitative del sistema e soprattutto di alcune loro relazioni reciproche. Es. di indicatore: il rapporto tra il n. di studenti di una scuola e il n. di metri quadri di spazio disponibile nella scuola sarà un indicatore circa l’affollamento della scuola. Oppure si può verificare la correlazione tra due variabili es. il titolo di studio posseduto e i risultati scolastici conseguiti. Gli indicatori dell’istruzione servono a rilevare i dati. Es. di indicatori: età, appartenenza socio culturale,….Gli indicatori della qualità dei sistemi formativi forniscono informazioni sulle caratteristiche peculiari del fenomeno che si vuole conoscere o di alcuni aspetti di esso. 2 Occorre preliminarmente determinare elementi, variabili e fattori ritenuti di particolare qualità e importanza nel sistema, renderli espliciti e condivisi altrimenti può venir meno la significatività sociale e tecnico-politica degli indicatori stessi. Per il sistema formativo, generalmente, si utilizzano indicatori: socioeconomici, demografici, delle risorse disponibili ed investite, delle caratteristiche strutturali e di processo, dei risultati dei sistemi educativi. Il processo valutativo è diviso in 3 fasi: Fasi del processo valutativo 1) MONITORAGGIO: raccolta delle informazioni e dei dati. Es. un questionario 2) DIAGNOSI: analisi dei fatti e primo trattamento dei dati. Analisi e interpretazione dei dati 3) VALUTAZIONE: espressione di un giudizio su dati, esiti o prodotti di decisioni ed azioni. La valutazione vera e propria. La valutazione del macrosistema (INVALSI) Possibile domanda: cos’è una valutazione del macrosistema? È una valutazione affidata all’Invalsi cioè l’istituto nazionale per la valutazione … attraverso questionari, sondaggi si può capire cosa non va nel sistema scolastico nazionale. Si va a valutare il sistema formativo (non solo scolastico) nel suo complesso, quindi anche le agenzie formative extrascolastiche. L’invalsi però non sempre ha avuto gli strumenti giusti per fare tali valutazione quindi per poter intervenire. A volte le ricerche anche se fatte bene non portano a dei cambiamenti magari anche per mancanza di risorse economiche! E’ una valutazione necessaria per: - Valutare l’efficacia e l’efficienza del sistema d’istruzione nel suo complesso. - Studiare le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica. - Valutare la soddisfazione dell’utenza. - Valutare gli effetti delle leggi e delle proposte legislative per la scuola. - Valutare gli esiti dei progetti e delle innovazioni a livello nazionale - Assicurare la partecipazione dell’ Italia ai progetti di ricerca internazionale su problemi didattico-organizzativi e, in particolare, valutativi. 3 La valutazione del mesosistema È la valutazione di istituto anzi l’autovalutazione che fa ogni istituto, ogni liceo, possibile grazie all’autonomia didattica, organizzativa e gestionale di cui dispone. È un documento (es. un questionario) che l’istituto prepara per valutare i propri servizi e, nel caso, modificarli. Viene sottoposto a docenti, studenti e genitori. L’AUTOVALUTAZIONE D’ ISTITUTO E’ STRETTAMENTE COLLEGATA ALL’AUTONOMIA DIDATTICA, ORGANIZZATIVA E GESTIONALE DELLA SCUOLA. Per le istituzioni scolastiche l’autovalutazione rappresenta il mezzo con cui operare per migliorare la qualità del servizio offerto. L’autovalutazione e l’autonomia sono lo strumento per rendere più aderente la proposta didattico-curriculare generale alle caratteristiche di ciascun allievo ed al contesto socio-culturale ed economico del territorio in cui opera la singola scuola Il modello di autovalutazione d’Istituto Un buon modello di autovalutazione deve essere: 1- Affidabile sul piano scientifico. Le domande del questionario devono rilevare i dati in maniera oggettiva. Le risposte devono essere oggettive e facilmente identificabili. 2- Agevole sul piano operativo. Cioè deve essere facilmente proponibile all’utenza 3- Condiviso sul piano dell’impiego degli esiti valutativi. Possibile domanda. Il modello di valutazione viene proposto, poi i dati che ricaviamo li analizziamo. Gli esiti, le risposte devono essere condivise cioè avere l’accettazione dei docenti, di tutti. Se emerge che qualcosa non va, tutti devono essere d’accordo ad eliminare quell’ostacolo. Se per es. un laboratorio di ceramica non va (il questionario fa emergere la poca efficienza o inutilità del laboratorio), quel progetto deve essere eliminato con l’approvazione di tutti. Variabili, procedure e strumenti per l’autovalutazione d’istituto Le Variabili fondamentali per l’autovalutazione dell’istituto: Contesto Input Risorse 4 Processo Prodotto Outcome Descrizione delle variabili • Contesto: ( possibile domanda: cos’è una variabile di contesto?) Bisogna considerare il livello d’istruzione della popolazione residente nel territorio nel quale opera la scuola; i bisogni formativi generali; le risorse culturali, formative e socio-produttive del territorio; le relazioni con ministeri, amministrazioni, EE.LL. (enti locali), centri di ricerca e di servizi. • Input: bisogna analizzare le caratteristiche cognitive e affettivomotivazionali della utenza in ingresso. Es. In ogni classe attraverso delle esercitazioni andrò a vedere se le caratteristiche cognitive sono adeguate alla fascia d’età. E in base a quelle progetterò il mio lavoro (come docente.) • Risorse: umane (docenti e non docenti); materiali (spazi ed attrezzature); finanziarie. • Processo: (aspetto burocratico) I contenuti del P.O.F. e della Carta dei Servizi. • Prodotto: livello complessivo degli apprendimenti e dell’apprendimento autonomo; soddisfazione dell’ utenza in generale. • Outcome: riguarda la riuscita negli studi o lavorativa degli allievi. Es. gli allievi che sono stati nel nostro Istituto hanno proseguito gli studi? Come hanno reso? Purtroppo si è constatato che c’e un’attenzione maggiore verso le variabili organizzative e non verso quelle cognitive! Cioè si punta poco alla verifica degli apprendimenti promossi negli allievi e più agli aspetti organizzativi. Procedure e strumenti Le procedure di rilevazione di informazioni e dati devono essere predisposte senza oneri aggiuntivi rispetto al lavoro richiesto dalle attività di monitoraggio. Gli strumenti possono essere: prove oggettive; semistrutturate; questionari; interviste; griglie di osservazione e/o registrazione dati; checklist. Valutazione del microsistema La valutazione del microsistema invece consiste nella valutazione delle attività scolastiche svolte nell’ambito di un progetto formativo che interessa una o più 5 classi. Controllare se l’insegnamento è davvero efficace porta a risultati positivi! TERZO CAPITOLO: Progettazione , programmazione didattica e valutazione Prima di parlare della progettazione e della programmazione ricordiamo che la valutazione è un aspetto legato a queste perché è un elemento regolativo della progettazione/programmazione. Cioè si parte dalla valutazione per fare programmazione! Un progetto è l’ideazione di una qualsiasi opera accompagnata dalla proposta descrittiva e ponderata dei modi più efficaci di attuarla. In campo formativo il problema è: che cosa attuare ed il come farlo. Cosa programmare? perchè programmare? Il docente deve prima conoscere le basi cognitive che possiedono i bambini di quell’età (la psicologia cognitiva ci aiuta in tal senso), poi su questa base progettare le proprie attività didattiche. Un docente di 1 elementare non terrà lezioni di fisica o astronomia inadeguate a quella fascia d’età. Quindi prima cosa che deve fare il docente è 1- valutare in quale stadio evolutivo (e quindi cognitivo) si trovano i bambini della classe nella quale lavora, 2- scegliere le attività adeguate. Ricordiamo però che gli stadi evolutivi non vanno considerati come delle barriere! C’e una grande variabilità da bambino a bambino. Le ragioni della progettazione (programmazione delle attività formative resa obbligatoria con la legge 517 del 1977) La progettazione didattico-educativa si fonda sulle seguenti necessità: 1) 2) 3) La crescita dei saperi e l’adeguamento dei programmi d’insegnamento. Complessità sociale e centralità ed autonomia scolastica. L’individualizzazione dei processi formativi. 1) La crescita dei saperi e l’adeguamento dei programmi d’insegnamento Lo sviluppo epistemologico dei singoli saperi ha causato un accrescimento degli stessi e la nascita di nuovi ambiti disciplinari … … questo richiede un continuo processo di ammodernamento delle competenze dei docenti. 6 Tali competenze possono essere trasmesse agli allievi solo adattandole didatticamente ai curricoli formativi Ha detto il prof che la progettazione è necessaria perché man mano che procedono gli studi, man mano che la ricerca va avanti, abbiamo molti più elementi rispetto al passato quindi si modificano i contenuti da trasmettere ai bambini. Le discipline tendono ad espandersi e a settorializzarsi. Abbiamo la nascita di nuovi ambiti disciplinari. Es. l’educazione civile si è divisa in ed. ambientale, ed. ai sentimenti! Ecc… in poche parole: la progettazione è necessaria perché ora sono nati nuovi ambiti disciplinari. 2. Complessità sociale e centralità ed autonomia scolastica à Le agenzie educative esterne ed i canali informativi extrascolastici influenzano sempre di più il processo formativo delle nuove generazioni. Si parla di complessità sociale perché non solo la scuola ma anche altre agenzie formative forniscono sapere. Ma non solo ambienti di apprendimento non scolastici, anche mezzi di comunicazione come internet oggi influenzano il processo formativo delle nuove generazioni. I canali informativi grazie a internet si sono moltiplicati e questo ha fatto si che si sviluppasse una sorta di coscienza globale. Ci chiediamo: come possiamo noi docenti educare alla globalità stando però attenti a valorizzare le risorse del territorio dov’è collocata la scuola? Attraverso la progettazione/programmazione! Ecco il secondo motivo per cui è necessaria. à(slide di cui sopra la spiegazione) Contemporaneamente bisogna considerare, nell’analisi della progettazione didattica il seguente fenomeno: il progressivo sviluppo di una coscienza nazionale e globale è accompagnato dalla difesa delle culture e delle tradizioni locali. La necessità di una formazione generale comune su tutto il territorio nazionale e una formazione specifica adeguata al contesto porta a porsi una domanda: cosa progettare?? Tale fenomeno si sintetizza nella problematica del cosa progettare. Il cosa progettare ed attuare mediante la formazione è definibile nel promuovere negli allievi conoscenze ed abilità proprie di un sapere: Il nostro sapere deve essere: - Sistematico (inserito in uno schema generale), stabile (in grado di utilizzarlo nella pratica lavorativa) e capitalizzabile (quando il sapere è stato compreso e lo si può applicare praticamente). 7 - Significativo = dà significato alla formazione del b. - Generale cioè una base necessaria per poter poi apprendere saperi specialistici - Particolare = questi ultimi 2 fanno riferimento invece alle discipline. 3- L’individualizzazione dei processi formativi Personalizzazione= individualizzazione : il docente deve adattare il curricolo formativo agli allievi. Ma per far questo è necessario un ridotto numero di alunni! Nella realtà scolastica potremmo trovare anche classi di più di 25 b. Quindi l’insegnante in questi casi tende a non personalizzare i processi formativi e a valutare l’intera classe e non il singolo. Gli verrà spontaneo agire in questo modo! E’ il problema del come operare in una situazione scolastica fortemente caratterizzata da una enorme diversità cognitiva (gli stadi evolutivi non sono fissi ma possono variare da b. a b.), diversità motivazionale (ogni b. è mosso da una motivazione che può essere diversa da quella degli altri) e valoriale degli allievi (ognuno dà un determinato valore all’esperienza). L’aspetto motivazionale è molto importante e l’insegnante non può capire subito quale ha l’alunno, ha bisogno di tempo! È facile sbagliarsi a riguardo. Se il docente ha una platea diversificata (dal punto di vista cognitivo, motivazionale, valoriale) come deve fare? Come progetta? Come ben sanno gli insegnanti la variabilità delle situazioni educative dipende dal gioco di un numero elevato di fattori. Nel senso che vanno considerate sia i tre tipi di diversità appena citati, sia altri fattori che potrebbero indurre l’insegnante a rivedere la programmazione durante il corso dell’anno. I docenti quindi si dividono prendendo due posizioni nette e diverse sulla possibilità di programmare un percorso didattico-educativo per gli allievi: a) Scetticismo circa l’efficacia e la validità di qualsiasi predeterminazione delle strategie d’insegnamento. E’ inutile stabilire in principio quale linea si seguirà, ma si possono invece affrontare volta per volta i problemi che emergono. b) Sicurezza della necessità di adottare canoni di comportamento e schemi d’azione rigorosamente determinati. L’insegnante pensa che sia meglio scegliere metodi procedurali rigorosamente determinati c) Vi è, tuttavia, una terza posizione. Questa prevede l’integrazione tra strategie didattiche aperte a correzioni necessarie sorte da variabili 8 impreviste. Pur tenendo conto delle differenze, il docente pensa che si può programmare ma modificare, se necessario, la stessa programmazione durante l’anno. I motivi che potrebbero spingerlo a modificare la programmazione sono: una variabile imprevedibile esempio le malattie esantematiche dei b (morbillo, rosolia ecc..) che possono colpire l’intera classe e provocare periodi di assenza di massa! Di fronte alla necessità di far conseguire a tutti gli allievi gli stessi obiettivi cognitivi (pur presentando questi grande diversità sotto vai punti di vista), risulta necessario adottare la strategia della programmazione didattica quale elemento omogeneizzante ed al contempo individualizzante della proposta curriculare. La programmazione didattica consiste, dunque, nell’approntare per tempoprima ancora dell’ingresso degli allievi a scuola- gli itinerari di istruzione collettiva (ciò che siamo tenuti a proporre ai bambini), quelli diversificati per l’individualizzazione del processo formativo, le risorse, i mezzi (la verifica e la valutazione) ed i materiali, necessari per conseguire obiettivi formativi ben identificati. Tra le risorse ed i mezzi, assumono particolare importanza gli strumenti della verifica iniziale, procedurale e finale dell’apprendimento individuale e collettivo. = verifica e valutazione Le funzioni della didattica sono principalmente: - lo sviluppo e il sostegno della motivazione - la trasmissione delle informazioni e la costruzione critica delle conoscenze - il consolidamento e l’estensione, anche autonoma, degli apprendimenti - la valutazione delle conoscenze e competenze acquiste. Organizzazione didattica prevalente e funzioni valutative Nella didattica tradizionale quasi tutte le attività si esauriscono attorno a due funzioni: a) La trasmissione dei saperi; b) Il controllo degli apprendimenti. Cioè la didattica tradizionale si basa sulla trasmissione dei saperi (la trasmissione dei saperi consiste nel processo di insegnamento/apprendimento) e sul controllo degli apprendimenti —> valutazione. Questa è per lo più una valutazione sommativa (sommo i voti per avere il voto finale) e quella terminale 9 (hai studiato=30; non hai studiato= 18) caratterizzano la didattica tradizionale. Per didattica tradizionale non si intende per forza la didattica di un passato remoto ma anche quella degli anni 90 e di oggi! In questo contesto le procedure di verifica e valutazione non riescono ad ottimizzare i processi della formazione scolastica, essendo prevalentemente sommative. Funzioni valutative Allo scopo di ottimizzare il processo di insegnamento/apprendimento, di individualizzare la didattica e di innalzare la qualità dell’istruzione, le funzioni della valutazione devono ridefinirsi nelle modalità indicate nello schema seguente. a) Valutazione diagnostica è quella che si fa quando si ha a che fare con un gruppo classe. Si propongono dei test (es. a inizio anno) per vedere se i ragazzi sono predisposti a ricevere certi insegnamenti, ad acquisire certi contenuti, quindi per verificare i loro requisiti cognitivi. (anche a livello di linguaggio da usare, constatare che tipo di linguaggio può essere da loro compreso…). La valutazione diagnostica rileva i prerequisiti cognitivi e affettivo-motivazionali di ciascuno e di tutti gli allievi del gruppo classe. Dall’interpretazione dei dati rilevati si decideranno le azioni necessarie per garantire a tutti il possesso di tali prerequisiti, prima di quelli cognitivi poi di quelli motivazionali perché per questi ultimi c’è bisogno di più tempo. La motivazione del b. è strettamente legata alla sua autostima la quale a sua volta aumenta quando si sente adeguato ai compiti richiestigli dalla scuola. formativa il docente durante l’anno o un corso, un semestre, verifica se l’alunno ha compreso ciò che è stato detto prima. È una valutazione in itinere. La valutazione formativa consente l’identificazione in itinere dell’ apprendimento e delle lacune dei singoli e quindi dei punti deboli o forti degli allievi come dell’approccio didattico seguito. b) Valutazione permette al docente, se il b. non rende, di andare a rivedere la sua programmazione. La valutazione sommativa diviene uno spunto per il docente per rivedere la sua programmazione. La valutazione serve quindi a fornirci informazioni per ristrutturare la progettazione. c) Valutazione sommativa 10 La valutazione sommativa ha la funzione di bilancio consuntivo, con riferimento ai nodi concettuali degli ambiti disciplinari, dell’attività scolastica e degli apprendimenti che essa ha promosso negli allievi. La verifica e la valutazione degli apprendimenti assolvono la funzione costante di regolazione delle attività didattiche per la strutturazione delle decisioni. La modularità La modularità è una strategia formativa flessibile e strutturata in cui l’organizzazione del curricolo, delle risorse materiali e umane, del tempo e dello spazio, prevede l’impiego modellabile di segmenti non lineari di insegnamentoapprendimento che hanno struttura, funzioni ed estensione variabili, ma unitariamente definite. Ogni modulo rappresenta un parte significativa, omogenea e unitaria di un più esteso percorso formativo, disciplinare o multidisciplinare, una parte del tutto. Il modulo per le sue caratteristiche permette un’agevole certificazione delle competenze individuali facilitando inoltre un tipo di formazione continua. Ogni modulo assolve funzioni didattico-educative e persegue obiettivi cognitivi esprimibili in termini di competenze verificabili, documentabili e capitalizzabili. Cioè la modularità va oltre l’unità didattica nel senso che il docente adotta un approccio modulare: non programma più per settori ma fa una programmazione multidisciplinare. Se in storia si studia l’impero romano, si considererà tale argomento anche in geografia o in italiano. Una strategia didattica- come il modulo- deve essere quindi rigorosa sul versante scientifico, unitaria e strutturata ma al tempo stesso anche flessibile e aperta. I processi di decisione: le tre condizioni di base La valutazione permette al docente di scegliere, di decidere cosa insegnare (funzione regolatrice della valutazione). IO DOCENTE POSSO DECIDERE solo SE CI SONO 3 CONDIZIONI: Le condizioni che determinano ogni processo di decisione sono almeno tre: 1- La presenza di almeno due alternative di scelta; trovarsi ad operare avendo una solo possibilità di scelta equivale ad una non decisione; 2- La prefigurazione degli scenari e degli esiti specifici conseguenti a ciascuna delle scelte possibili; quando vado a decidere cosa fare devo 11 anche prevedere quello che può accadere. Se scelgo questa alternativa, cosa può succedere? Parto il sabato di ferragosto, cosa può succedere? Che trovo traffico! Però ci possono anche essere variabili non prevedibili! Comunque resta il fatto che più informazioni ho, tanto più posso regolarmi meglio, e questo vale anche in ambito formativo. Più informazioni ho sui ragazzi (grazie alla valutazione), tanto più posso regolarmi e decidere la mia programmazione. 3- La disponibilità di dati e/o informazioni affidabili sui principali elementi costitutivi del problema. In campo educativo è molto raro agire avendo la certezza dei risultati vista l’estrema variabilità dei fattori che possono intervenire nel processo di insegnamento e apprendimento. E’ molto probabile invece che ci si trovi ad operare in condizioni nelle quali l’esito di una decisione deriva anche da fattori poco conosciuti o da variabili intervenienti non sempre prevedibili. In questo caso occorre disporre di molte informazioni (affidabili) e anche della nostra esperienza di docente che ci aiuteranno a prevedere gli eventi che potrebbero seguire ad ognuna delle possibili scelte, proprio al fine di poter compiere quella più soddisfacente. In questo modo aumentano le probabilità di prendere una decisione che abbia successo. (Il problema è proprio quello della strumentazione tecnica di rilevazione, trattamento e analisi delle informazioni e dei dati valutativi indispensabili per strutturare al meglio i giudizi di valutazione e le scelte successive.) BOH..! CAPITOLO 4 Nascita e sviluppo della docimologia La docimologia ovvero la scienza della valutazione nasce nel secolo scorso. Dalle prime indagini svolte in Francia nel 1922 da Henri Pièron (considerato il padre della docimologia), emerse che i voti riportati dagli alunni agli esami delle scuole elementari non avevano nessuna correlazione con i risultati ottenuti da prove oggettive. Ma è soprattutto dalla prima grande inchiesta internazionale sull’affidabilità degli esami e dei concorsi promossa nel 1931 che emersero dati allarmanti sulla fedeltà e la validità dei giudizi valutativi. Si mise in evidenza che : lo scarto dei voti tra i correttori di una medesima prova è altissimo anche quando di tratta di compiti di matematica! Le valutazioni diverse dipendono spesso anche da un diverso concetto di sufficienza dei 12 docenti e da una minore o maggiore severità che porta i docenti o a valutare quasi sempre positivamente o al contrario. Il caso, come possiamo notare, assume un peso troppo elevato sulla valutazione! A partire da quelle ricerche la docimologia ha compiuto progressi notevoli. Oggi l’obiettivo è quello di innalzare la qualità dei processi formativi, la qualità cioè dell’istruzione, facendo sì che sia adeguata alle esigenze del contesto. La docimologia può fare tanto per la realizzazione di questo obiettivo! Limiti delle prove tradizionali di verifica Secondo i docimologi (studiosi della valutazione) contemporanei, gli strumenti, le modalità e le forme di verifica e valutazione delle conoscenze degli allievi, che i docenti impiegano comunemente nella pratica scolastica, sono poco affidabili. I dati valutativi e le informazioni che ne derivano possono compromettere l’efficacia delle decisioni assunte sulla loro base. Cioè sulla base di dati desunti da queste prove posso prendere una decisione progettuale (cioè far svolgere attività) che poi non hanno efficacia perché non rispondenti alle necessità di apprendimento degli alunni. Sulla base delle valutazioni date a queste prove il docente può scegliere di iniziare attività non adeguate alle reali lacune degli alunni. Le prove tradizionali non ci danno dati costanti, ci forniscono dati che possono essere difformi da quelli ricavati precedentemente! I giudizi ricavati da queste prove non sono quindi fedeli. Quali sono le prove tradizionali: Le prove verbali orali (interrogazione, dialogo, colloquio) infatti, non facilitano la rilevazione esaustiva per ciascuno e per tutti gli allievi, di quelle abilità e conoscenze che il docente desidera sottoporre a controllo. Le prove scritte (tema, riassunti = si possono utilizzare come prove tradizionali di verifica ma anche come….), parimenti, raccolgono dati valutativi non omogenei e non forniscono al docente un quadro analitico e sinottico delle competenze che intendeva verificare. Queste prove danno al docente un quadro però si tratta di un quadro limitativo delle competenze (conoscenze e capacità) possedute dal ragazzo! Nella strutturazione di una domanda durante un’interrogazione o un test, se non si dà un’indicazione precisa si può scrivere/dire di tutto. In questo modo non si possono valutare bene le abilità che invece si volevano controllare. Al risultato (con stimolo e risposta aperta) un docente dà una valutazione, un altro docente un’altra. Invece con lo stimolo e la risposta chiuse, la valutazione è condivisa da tutti i docenti. Abbiamo quindi una valutazione più attendibile. Lo 13 stimolo (=la domanda) quindi deve essere meno aperto (chiuso) così si danno all’alunno delle indicazioni precise. Quindi abbiamo detto che la struttura di questi strumenti valutativi è fonte di errori. Caratterizzati da stimoli e risposte aperti, provocano giudizi poco affidabili non rispecchianti le reali competenze degli allievi, giudizi che tra l’altro risultano fortemente soggettivi. Perché? perchè la “domanda aperta” può non essere decifrata in maniera univoca e uguale da tutti ; la “risposta aperta” invece rende difficile predeterminare il punteggio da attribuirle. Il giudizio è pertanto poco affidabile perché molto soggettivo. Facciamo degli esempi di possibili errori nei quali il docente può imbattersi: se ad una prova orale il docente pone le stesse domande a tutti, potrebbe verificarsi che gli ultimi ad essere interrogati, pur non avendo studiato, mostrino di possedere le abilità/le conoscenze che il docente vuole controllare solo per il fatto che hanno memorizzato le risposte date dagli altri. Sarebbe meglio dunque affiancare queste prove ad altre di diverso tipo. Altra critica alle prove orali: il docente tende a fare delle domande secondo le sue strutture mentali. Es. il docente ha uno stile analitico mentre l’alunno potrebbe avere uno stile globale quindi imposta la sua risposta secondo questo stile. Il docente in questo caso potrebbe non giudicare positivamente l’alunno che si discosta dal suo stile. Facciamo un altro esempio, questa volta di una prova scritta: il tema classico (o saggio breve). Presentando una traccia non del tutto strutturata si corre il rischio che l’alunno divaghi troppo e magari ometta talune questioni che invece potrebbero fornire informazioni preziose all’insegnante circa le conoscenze possedute. Il fatto che le ometta non significa che non le possegga! Quindi cosa fare? Somministrare prove più strutturate. Se il docente usa il tema per controllare la proprietà di linguaggio degli alunni potrebbe non aver scelto la prova più idonea perché l’alunno che ha dubbi sull’uso del congiuntivo può trasformare la frase in modo da usare l’indicativo! Quindi il docente deve scegliere le prove più adatte. Tutto questo non deve indurre a evitare totalmente queste prove (tradizionali) ma portarci a conoscenza di quelli che sono i loro limiti. Potenziali effetti negativi delle prove tradizionali I limiti strutturali delle prove tradizionali possono produrre effetti negativi. Tra i più diffusi e studiati, vi sono: 1- Alone 14 2-Contrasto 3-Stereotipia 4-Distribuzione forzata dei risultati 5-Pigmaleone Effetti negativi delle prove tradizionali Alone: consiste nell’alterazione del giudizio riferito a una specifica prestazione in forza dell’influenza esercitata dai precedenti giudizi. Proprio come l’alone di una macchia, il giudizio che è stato dato precedentemente all’alunno si espande anche successivamente, condizionando il docente nel giudizio attuale. Esempi.( Il docente pensa che se quel ragazzo và bene in una materia, andrà bene anche nella sua.) Pensiamo al prof. che guarda il libretto e ne è condizionato nel momento della sua valutazione! Per un allievo che ha sempre avuto voti alti il problema ovviamente non si pone, ma questo atteggiamento del docente può essere meno piacevole per colui che è sempre stato giudicato negativamente e continua ad esserlo anche quando non lo meriterebbe. È il caso del docente che tende a giustificare l’alunno “bravo” che non sa rispondere ad una domanda e non fa altrettanto con un altro. Contrasto: consiste in una soprastima o sottostima di una determinata prova rispetto a standard di prestazioni ideali del docente o rispetto a prove di altri allievi, contestuali o successive. Cioè se uno studente espone in modo brillante un argomento e un altro in modo stentato, il docente è portato a sovrastimare il primo e sottovalutare il secondo. Queste valutazioni nascono dal contrasto che è emerso tra le due esposizioni e non si basano sul possesso dei requisiti che si vogliono controllare. Stereotipia: molto diffuso. È il cosiddetto pregiudizio! Consiste nella scarsa alterabilità della opinione che ci si fa di un allievo così che ogni giudizio potrebbe risentire positivamente o negativamente della generalizzazione dell’opinione originaria. In poche parole: se ci siamo fatti un’idea di un allievo (es. bravissimo), saremo portati a fare sempre valutazioni positive su di lui. Il giudizio risente dell’opinione generalizzata che il docente ha dell’alunno. Distribuzione forzata dei risultati: è l’accettazione dell’ipotesi secondo cui gli esiti della formazione non possano non rispecchiare l’andamento della curva normale di molti fenomeni naturali, o degli errori accidentali delle misurazioni. Cioè la classe viene intesa dal docente come un campione della popolazione pertanto possiederebbe secondo lui caratteristiche distribuite casualmente. Al termine di un anno scolastico quindi un 20% degli allievi raggiungerebbe livelli alti di apprendimento (livelli di profitto), un altro 20% livelli bassi e un 60% livelli 15 medi. Invece dobbiamo considerare che non c’e casualità! La popolazione degli studenti non è più di tipo casuale anzi presenta livelli di omogeneità dati soprattutto dall’ uso massiccio che si fa della tv. La tv garantisce una omogeneità di base soprattutto linguistica. Pigmalione (detto anche della profezia che si auto avvera): è l’effetto per cui a certe predizioni del successo o insuccesso scolastico di ciascun allievo fatte dai docenti sulla scorta di informazioni, conseguono comportamenti spesso inconsapevolmente coerenti con quelle previsioni. In poche parole: il docente sviluppa un pregiudizio che va ad influenzare, condizionare, la valutazione di quell’alunno. Es. so che Mario vive nei quartieri poveri di Napoli. Penserò che non sia tanto intelligente e può capitare che l’alunno si comporta come uno stupido per essere coerente con le sue condizioni socio culturali! L’allievo cioè si adegua all’opinione che ha di lui il docente: se il docente ha una considerazione negativa, lui non farà del suo meglio per fargliela cambiare; se ne ha una positiva invece farà il possibile per non deludere l’insegnante. Che tipo di prove allora ci danno più affidabilità per la rilevazione dei dati e la loro veridicità? Le prove oggettive. E’ difficile valutare attraverso le prove tradizionali. I cardini della ricerca docimologica: rilevazioni validità ed attendibilità delle I cardini intorno ai quali si è sviluppata la ricerca docimologica sono la validità e l’attendibilità delle rilevazioni, delle misurazioni e delle valutazioni degli apprendimenti. Se vogliamo rilevare una determinata tipologia di abilità o conoscenze, dobbiamo impiegare prove capaci di garantirci che quelle rilevate, misurate, valutate siano davvero le abilità/conoscenze che volevamo sottoporre a controllo con quella prova. La validità esprime il grado di corrispondenza tra una rilevazione, una misura, un giudizio, e l’oggetto specifico cui questi si riferiscono. La validità rimanda alla capacità di una prova o di uno strumento di misura di essere in grado di rilevare esattamente quelle qualità che si vogliono di fatto misurare. Esempio: una bassa coerenza o addirittura un’incongruenza tra lo strumento utilizzato per rilevare i dati valutativi e le abilità prese in esame produce una bassa o nulla validità della misurazione e quindi false informazioni. 16 Affinché la prova sia valida è importante curare anche la comprensibilità dello stimolo (domanda) così il ragazzo ha la possibilità di dimostrare se possiede realmente o no le conoscenze specifiche che si vogliono rilevare. Quindi lo stimolo deve essere comprensibile. L’ attendibilità di una rilevazione la si ottiene quando è talmente accurata da risultare costante, chiunque sia il soggetto che la rilevi, e quando l’esito di successive misurazioni compiute da una stessa persona risulti fedelmente riprodotto. Può capitare che prove valide non siano attendibili e prove attendibili non siano valide quindi strumenti ben costruiti devono possedere entrambe le qualità! Due requisiti di validità di uno strumento di misura Uno strumento di misura dovrebbe possedere due tipi di validità: Validità di costrutto o di contenuto: il controllo riguarda uno specifico ambito disciplinare. (una prova di matematica ci si augura che rilevi abilità matematiche e non altre). Validità predittiva: è la capacità di uno strumento di prefigurare i probabili esiti futuri in un determinato campo conoscitivo. [Il limite maggiore delle misurazioni delle prove tradizionali sta nella loro incostanza e nella scarsa fedeltà dei giudizi che ne derivano]. Criteri di classificazione delle prove di verifica I principi in base ai quali è possibile catalogare gli strumenti di accertamento delle conoscenze possedute dagli allievi sono varie. Gli strumenti possono essere distinti in prove orali e scritte, scritto-grafiche e pratico-operative. Oppure si usa classificarli in rapporto al momento dell’anno scolastico in cui vengono impiegati. Si hanno così prove iniziali o d’ingresso, intermedie e finali o d’uscita. Ancora, è possibile classificarli in riferimento al numero degli allievi o al contesto: sono le prove individuali, collettive, ecc.. I criteri di classificazione e distinzione possono essere davvero tanti. I criteri indicati, tuttavia, non danno conto di alcune importanti caratteristiche delle prove: la sollecitazione (stimolo) che con esse si offre agli allievi; la tipologia della risposta che si richiede. 17 Dalla qualità degli stimoli e delle risposte deriverà il grado di validità e di attendibilità dei dati e delle informazioni che si assumeranno utilizzando una certa prova. —> È importante che si classifichino le prove in base alla tipologia di stimolo e di risposta che vengono presentate. Gli stimoli e le risposte possono presentarsi con un grado di strutturazione molto differenziato, dalla forma chiusa a quella aperta. » Uno stimolo è aperto quando permette una interpretazione libera o soggettiva della sollecitazione che viene offerta e quando non contiene indicazioni precise circa i modi in cui deve venir organizzata la risposta. » Una risposta è aperta quando può essere formulata secondo forme e criteri scelti autonomamente da chi è chiamata a darla. Quanto più chiusi saranno gli stimoli, tanto minore sarà la loro ambiguità interpretativa. Quanto più chiuse saranno le risposte, tanto più ci si potrà avvicinare ad una interpretazione univoca degli esiti della prova. Quindi aumentando la strutturazione verrà diminuita l’ambiguità interpretativa sia degli stimoli che delle risposte. • 1) 2) 3) 4) Dalle caratteristiche degli stimoli e delle risposte derivano il grado di strutturazione della prova e le modalità di lettura dei dati valutativi. Utilizzando come criterio di classificazione l’apertura e/o la chiusura tanto degli stimoli quanto delle risposte, si potranno avere quattro tipologie di prove. Prove a stimolo aperto e risposta aperta Prove a stimolo aperto e risposta chiusa Prove a stimolo chiuso e risposta chiusa Prove a stimolo chiuso e risposta aperta 1) Prove a stimolo aperto e risposta aperta: sono quasi tutti gli strumenti tradizionali di accertamento del profitto. L’interpretazione libera, soggettiva dello stimolo porta a dare una risposta altrettanto aperta e soggettiva. 2) Prove a stimolo aperto e risposta chiusa: sono situazioni valutative nelle quali, dopo stimoli costituiti da ampie trattazioni di un particolare argomento da parte del docente, si richiede banalmente all’allievo di esprimere l’assenso o il dissenso su quanto esposto. È il caso dell’insegnante che mentre spiega un argomento pone delle domande del tipo: ho detto bene? Siete d’accordo si o 18 no? In questo modo il docente tiene desta l’attenzione della classe e ricava utili informazioni circa il livello di difficoltà della lezione che sta svolgendo, permettendone un aggiustamento tempestivo. Sarebbe un errore utilizzare questo tipo di prova per altri scopi valutativi. 3) Prove a stimolo chiuso e risposta chiusa: consistono in prove oggettive o strutturate. 4) Prove a stimolo chiuso e risposta aperta: sono prove semistrutturate. Le prove orali e scritte mancano di oggettività, le ultime due sono le più oggettive. Infatti queste due ultime tipologie di prove consentono di rilevare dati valutativi più validi ed attendibili di quelli che si possono cogliere con le altre tipologie di prove. Obiettivi cognitivi e prove di verifica Qualunque sia la struttura dello strumento impiegato si presume che chi somministra la prova sappia con sicurezza cosa rilevare quindi quali sono gli “obiettivi” di verifica. Sembra scontato ma non lo è! Predeterminare gli obiettivi di verifica facilita la determinazione della prova più adatta Tra gli anni 40 e 50 vari studiosi di psicologia dell’educazione per venire incontro ai docenti hanno messo a punto un quadro di riferimento circa le più importanti tipologie di abilità che con i processi formativi si vorrebbero far acquisire agli allievi. La tassonomia degli obiettivi cognitivi di Bloom Tra le numerose tassonomie degli obiettivi cognitivi (vi sono anche le tassonomie per l’area affettiva e psicomotoria) di cui si può disporre, ricordiamo quella di Bloom: questa ci permette di identificare le più importanti tipologie delle abilità-obiettivo da prendere in esame al momento della costruzione delle prove di verifica. Dietro queste prove ci sono delle teorie, nel senso che noi docenti dovremmo considerare a quale teoria fare riferimento prima di mettere a punto una prova. (vedi altro libro). Oggi noi, rispetto ai docenti del passato, conosciamo queste teorie quindi conosciamo le difficoltà che possono avere i bambini. Le teorie ci aiutano nella prassi!] 19 Nell’ambito della psicologia cognitiva si è cercato di classificare una serie di obiettivi (obiettivi cognitivi) La tassonomia di Bloom ci serve per progettare e valutare meglio le prove. Si distinguono sei livelli di obiettivi dal più semplice al più complesso: 1- Conoscenza (di fatti, eventi, concetti, regole…) 2- Comprensione 3- Applicazione (rimanda alla capacità di utilizzare, quindi applicare concetti, teorie, regole acquisiti precedentemente) 4- Analisi (cogliere gli elementi costitutivi di un qualcosa, e le relazioni che li legano) 5- Sintesi 6- Valutazione C’e anche la Tassonomia semplificata di Bloom nata per agevolare i docenti, dal punto di vista pratico. Prevede 5 livelli: 1- Conoscenza dei termini: il riferimento è alla conoscenza di termini che hanno significato specifico in un particolare segmento tematico (=parte di una disciplina). Quindi termini specifici, di una determinata area tematica. 2- Conoscenza di fatti: ci si riferisce ad avvenimenti, luoghi, tempi specifici dell’area tematica o di contenuto sottoposta a controllo. 3- Conoscenza di regole e principi: rimanda alla conoscenza di teorie, leggi generali, ipotesi e modelli interpretativi di certi fenomeni. Riguarda più l’area scientifica-matematica. 4- Capacità di effettuare trasformazioni ed adattamenti: capacità di estendere la validità di leggi generali a casi particolari e viceversa. Una volta compresa la regola generale saperla applicare. 5- Capacità di compiere applicazioni: si esprime nel saper applicare in contesti diversi e nuovi rispetto a quelli che hanno caratterizzato il momento di apprendimento, le conoscenze acquisite in generale, le teorie in particolare. (Si lega molto al 4).= saper applicare ciò che si sa, le conoscenze che si hanno. Più obiettivi cerco di verificare, più la complessità della prova si fa elevata. Meglio considerare 1 o 2 obiettivi massimo in una prova. Questa tassonomia ci deve servire come guida, poi saremo noi a scegliere la prova da sottoporre e gli obiettivi da verificare. (che non devono essere necessariamente corrispondenti a tutti i livelli indicati nelle tassonomie) . 20 Più sono semplici e ben costruite queste prove, più è semplice la rilevazione dei dati. L’importante è scegliere pochi obiettivi per ogni prova, poi nel caso si possono somministrare altre prove. Ricordiamo: le classificazioni vanno utilizzate in modo intelligente e creativo, quindi come base di riferimento per la determinazione degli obiettivi della verifica che si reputano rappresentativi di tutte le conoscenze che si vogliono verificare. Requisiti base di un obiettivo didattico 1) Un obiettivo didattico è raggiunto quando va a modificare la sfera cognitiva e quelle affettivo –motivazionale del soggetto. Ciò sta ad indicare che il contenuto è stato compreso e utilizzato, applicato. Imparare a memoria invece non modifica nulla! 2) Deve essere descritto in modo che la sua interpretazione ed il riferimento alle conoscenze cui esso rimanda, possano interpretarsi univocamente da parte di un qualsiasi lettore. 3) devono potersi rilevare negli allievi la presenza, l’assenza, o il livello di possesso, delle abilità, delle conoscenze, competenze, dei saper fare sottesi all’obiettivo stesso. Deve cioè essere possibile una qualche forma di verifica del possesso delle capacità cui l’obiettivo rimanda esplicitamente. Questi ultimi due sono requisiti esclusivamente formali. La regola base della Docimologia Per ogni funzione e/o obiettivo specifico della valutazione va impiegato uno strumento di verifica omologo o congruente con quella funzione e/o con quell’ obiettivo. Una volta scelto l’obiettivo, io devo utilizzare lo strumento di valutazione adeguato. Es. obiettivo semplice —>strumento semplice Altrimenti si verifica una disfunzione dei dati. CAPITOLO 5 Le prove oggettive: definizione Abbiamo visto che le prove tradizionali hanno il grave limite di essere svolte secondo una modalità soggettiva e anche valutate in maniera troppo soggettiva. In tal modo la prestazione oltre a non rispecchiare le reali abilità/ conoscenze possedute, può essere giudicata in modo positivo o negativo non solo da docenti diversi ma anche dallo stesso docente in momenti diversi. Pensiamo al docente universitario che dopo un tot esami, essendo stanco 21 mentalmente, valuterà un alunno in maniera diversa da come avrebbe fatto all’inizio della giornata…. (es. fatto dalla prof. Frauenfelder) Sono oggettive quelle prove che, presentando stimoli e risposte chiuse, consentono di predeterminare l’esattezza delle risposte. Altre ragioni per cui vengono definite oggettive: a tutti i soggetti cui la prova viene somministrata si richiede l’esecuzione delle stesse prestazioni, di rispondere cioè alle stesse domande, formulate allo stesso modo e, generalmente nello stesso tempo. nei test standardizzati i quesiti rappresentano una adeguata campionatura delle conoscenze relative ad uno o più ambiti disciplinari e a un livello di complessità determinato, in modo da permettere la collocazione delle diverse prestazioni su una identica scala di misura. Prove oggettive: principali item Le prove oggettive sono denominate anche prove strutturate (di conoscenza) poiché al momento della loro somministrazione presentano strutturalmente definite sia le domande (item, quesiti) che le risposte. (La scelta delle domande dipenderà dalle specifiche funzioni valutative che s’intende svolgere, dalle caratteristiche dell’ambito conoscitivo e dagli obiettivi cognitivi da sottoporre a controllo. ) • Ecco i diversi tipi di item che si possono utilizzare ( riguardano soprattutto la diversa modalità di formulazione delle risposte): [la scelta degli item dipende dalla funzione valutativa che si intende svolgere e dagli obiettivi da sottoporre a controllo] [prove oggettive] 1) Vero/falso. 2) Completamenti. 3) Corrispondenze. 4) Scelte multiple a una o a due soluzioni esatte. Descrizione degli item 1) Vero/falso: sono quesiti che richiedono generalmente di scegliere tra due semplici risposte alternative del tipo sì/no, giusto/errato, vero/falso e simili. Consistono, spesso, in affermazioni seguite dalle lettere V/F. Con questi item si possono rilevare solo conoscenze semplici. La probabilità di rispondere bene ma casualmente è molto alta. (pari al 50%!) quindi non si può essere certi delle reali conoscenze possedute. Alto margine di casualità ! [Per ovviare a tali inconvenienti si può chiedere di argomentare i motivi della scelta. Altra 22 strategia per abbassare il margine di casualità è somministrare una prova che presenti vari tipi di item] 2) Completamenti: con essi si richiede di completare un brano dal quale sino stati precedentemente tolti alcuni termini (lasciando dei puntini sospensivi) che assieme ad altri di “disturbo” vengono posti al termine del brano. Per le risposte, in sostituzione dei termini gli allievi possono trascrivere negli spazi vuoti i numeri che li contraddistinguono. La tipologia delle abilità e delle conoscenze rilevabili è molto simile a quella indicata per i V/F però in questo caso la casualità è minore! Corrispondenze: con esse si chiede, mediante un’operazione di confronto, di porre in corrispondenza biunivoca (secondo criteri resi espliciti) ciascuno degli elementi di una serie di dati con il corrispondente elemento di una seconda serie presentata accanto alla prima. Questi item permettono di rilevare le capacità di cogliere relazioni tra eventi, dati ed altro. È consigliabile che il numero dei termini della seconda serie sia maggiore di quello della prima così da evitare le sistemazioni “a incastro”. E’ una prova utile a verificare le effettive conoscenze. 3) 4) Scelte multiple: consistono in una affermazione, in una domanda o nella presentazione di un problema, cui fa seguito una serie di risposte o soluzioni alternative tra le quali va scelta quella o quelle ritenute esatte, a seconda delle indicazioni date. (si possono costruire item con due soluzione esatte, quindi è bene portare a 5 il numero di alternative di risposta). Permettono di rilevare una vasta gamma di obiettivi valutativi, dalla semplice conoscenza alla capacità di analisi. Gran parte dei test di profitto sono strutturati da questo tipo di item. Alcune prove sono idonee in un particolare momento dell’anno scolastico (come la prova vero/falso all’inizio dell’anno), mentre altre meno. Criteri per la costruzione delle prove oggettive I criteri e le procedure da seguire per la messa punto delle prove oggettive sono abbastanza diversi a seconda che si stabilisca di costruirne per funzioni valutative interne alla singola classe o scuola (test di classe), oppure per rilevazioni campionarie che coinvolgono più scuole se non l’intera popolazione di studenti di un certo grado e livello scolastico…(macrosistema)..rispetto a 23 quelle di classe, queste ultime richiedono procedure diverse per la loro costruzione.. ...tuttavia, ci sono alcune procedure comuni per tutte, qualunque sia la finalità perseguita. Sequenza delle operazioni: -1- Determinazione degli ambiti disciplinari oggetto di verifica, delle caratteristiche degli allievi (classe frequentata e livelli..) e pertanto del livello di difficoltà della prova, e delle specifiche funzioni valutative che si vogliono attuare. -2- Determinazione dell’estensione del segmento curriculare o dell’area delle competenze da esaminarsi. -3- Definizione, analisi ed eventuale campionamento degli obiettivi specifici della verifica. -4- Determinazione preventiva della lunghezza e/o durata del test. -5- Scelta della tipologia degli item da utilizzare -6- Elaborazione dei quesiti ed eventuale ridefinizione della durata della prova. -7- Determinazione dei punteggi grezzi da assegnarsi a ogni tipo di quesiti a seconda che si registrino risposte esatte, sbagliate o omesse. Seguono: -8- Somministrazione del test. -9- Correzione ed attribuzione dei punteggi. -10- Analisi e interpretazione dei risultati e analisi della qualità dello strumento impiegato (item analysis). Una volta elaborato lo strumento, verrà somministrato e si provvederà alla correzione delle prestazioni individuali, quindi all’attribuzione dei punteggi relativi e all’analisi e interpretazione dei risultati. Le indicazioni sulle procedure che gli allievi devono seguire per dare le risposte ai diversi tipi di quesiti, infine, devono venir fornite chiaramente in testa agli stessi. Si deve chiarire quante possono essere le soluzioni esatte ad ogni item, e se possibile riportare un esempio di domanda e del modo di registrazione della risposta. Analisi dei punti della sequenza Punti 1-2: nell’elaborare una prova oggettiva i primi passi da compiere sono: Individuare l’ ambito disciplinare per il quale si vuol compiere la verifica. Dice il prof che è meglio far fare una prova su una disciplina e non su un’area (es. area scientifica troppo vasta) Le caratteristiche degli allievi. 24 Le funzioni valutative da attuare. Una volta stabiliti tali punti, sarà necessario determinare l’estensione del segmento curriculare, o l’unità didattica in rapporto al quale si compirà la verifica (es. gli argomenti studiati negli ultimi 15 giorni oppure le conoscenze acquisite nel corso dell’intero anno relativamente ad una disciplina). Punti 3-4: [definizione obiettivi; lunghezza e durata del test] definita l’ambito/area disciplinare si potrà procedere a determinare gli obiettivi. Per determinare gli obiettivi da sottoporre a verifica occorrerà “smontare” l’ambito disciplinare stesso (l’unità didattica o parte di essa) avendo sempre come punto di riferimento le caratteristiche psicologicocognitive degli allievi ai quali verrà somministrata. Selezionati gli obiettivi, può accadere che essi risultino troppo numerosi. In questo caso si sceglie di somministrare altre prove dopo un tot. tempo per verificarli. La prova infatti deve avere un’unica finalità: se si tratta di un problema di matematica, il docente deve verificare come il b. è arrivato a quel risultato, non se ha sbagliato a scrivere la traccia! C’e un’altra strada da poter seguire: non smontare, non parcellizzare l’unità didattica ma scegliere obiettivi ad ampio raggio (questa però è la strada meno conveniente). Riguardo il tempo, occorre che la prova non duri troppo. Visto che la curva dell’attenzione cade bruscamente dopo una ventina di minuti (per gli adulti) è buona norma non far durare l’impegno da parte del ragazzo oltre i 50-60 minuti. Es. un test a scelta multipla non dovrebbe contenere più di 50/60 item considerando uno o due minuti di tempo per rispondere a ciascuno di essi. Punti 5-6-7: [la scelta degli item da impiegare; elaborazione dei quesiti] la scelta degli item dipende dalle conoscenze che si vogliono rilevare. In una stessa prova posso utilizzare sia una modalità (es. vero/falso) sia un’altra ( es. le corrispondenze), soprattutto quando voglio fare una prova di verifica globale e non di una parte dell’unità didattica. Es. posso inserire una domanda con vero/falso e la seconda come corrispondenza. Però ci sono dei criteri che devo rispettare per l’ordine di presentazione degli item. L’ordine di presentazione dei quesiti dovrebbe essere il seguente: V/F; corrispondenze; scelte multiple; completamenti. In questo modo si creano le condizioni migliori per l’esecuzione della prova sia per l’alunno sia per il docente; le parti più impegnative vengono a trovarsi più o meno al centro della prova. Come faccio poi ad attribuire i punteggi? Partiamo dal fatto che 25 la strutturazione delle domande e delle risposte è una operazione delicata, perché queste devono essere in grado di farci rilevare dati e informazioni valide e attendibili. Queste due qualità determinano in gran parte le caratteristiche formali dei test di profitto. Le risposte date ai quesiti devono essere, infine, tutte univocamente precodificabili. Le asserzioni o le domande devono essere chiare, brevi, univoche e formulate nel più semplice dei modi possibili e, particolarmente per le scelte multiple, le alternative di risposta devono essere plausibili e raccordate sintatticamente e grammaticalmente alla domanda. [plausibili nel senso che devono essere simili cioè contenere ognuna un nucleo di verità] Occorre quindi evitare molti errori diffusi nella strutturazione di quesiti e risposte, e particolarmente… Che sussista una scarsa pertinenza dei distrattori con il tema centrale del quesito! • Che risulti inesatta la domanda. • Che nel quesito siano presenti elementi informativi non essenziali per la sua soluzione. Esempio una domanda ridondante,lunga, poco precisa. • Che la domanda presenti una negazione o una doppia negazione Come attribuire i punteggi: Formulati i quesiti si stabilirà il punteggio da assegnarsi ad ogni tipo di item, a seconda che le risposte date risultino esatte, sbagliate o omesse. Anche per le risposte omesse si può attribuire un punteggio. Si possono seguire due vie: 1) attribuire un peso maggiore agli item che verificano abilità complesse e un peso minore alle altre; 2) attribuire un punteggio che sia inversamente proporzionale alla probabilità che la struttura di ciascun item offre di rispondere bene ma casualmente. Cioè :per le risposte vero/falso per le quali è più facile rispondere a caso attribuire un punteggio basso,es.1; per le risposte date alle domande a scelta multipla attribuire un punteggio maggiore, es.3 per la risposta esatta. I punteggi servono soprattutto per poter semplificare le operazioni di calcolo e leggere in maniera semplice i risultati delle prove [quindi per semplificare l’interpretazione dei risultati registrati per ciascun allievo e per tutti gli allievi.] Una volta elaborato lo strumento, verrà somministrato e si provvederà alla correzione delle prestazioni individuali, quindi all’attribuzione dei punteggi relativi e all’analisi e interpretazione dei risultati. E’ su queste basi che posso decidere in futuro di cambiare prova! Possiamo anche constatare la necessità di affiancare alle prove oggettive, le prove tradizionali. Ricordiamo che le prove dovrebbero essere differenziate nel tempo. 26 CAPITOLO 6 SAPER LEGGERE- LE PROVE DI COMPRENSIONE DELLA LETTURA Il prof l’ha ripetuto più volte: Perché il testo ad un certo punto propone di studiare le abilità di lettura e non per esempio quelle di calcolo? Perché le abilità di lettura sono abilità trasversali a tutte le discipline. Saper decodificare un testo significa comprenderne il messaggio! Es. un problema. Se il bambino non sa svolgerlo non è detto che non conosca le operazioni. Magari non ha compreso la traccia. La comprensione è importante in tutti i campi: La comprensione della lettura rappresenta un obiettivo formativo trasversale sia generale che specifico che va perseguito qualunque sia l’ambito conoscitivo oggetto d’insegnamento. Come possono essere sottoposte a verifica le capacità di lettura? Attraverso prove che consistono in un testo scritto –scelto in rapporto ad una serie di variabili quali l’età degli allievi, la classe frequentata, il grado di competenza linguistica raggiunto, gli obiettivi che s’intendono perseguire – seguito da una serie di quesiti, preferibilmente a scelta multipla, cui gli allievi devono rispondere per mostrare il livello di analisi e comprensione padroneggiati. È da queste prove che il docente apprezza la qualità e quantità delle letture fatte da ciascun allievo. La lettura può essere : 1. strumentale : io leggo “vietato fumare”. Se il ragazzo accende la sigaretta significa che c’e stata solo una lettura di tipo strumentale. Si è letto un testo senza comprenderlo. 2. funzionale: ? Costruzione delle prove oggettive di lettura 27 La scelta del brano per la prova avviene in base all’obiettivo che intendo verificare. La somministrazione, l’attribuzione, l’analisi e l’interpretazione dei punteggi seguono le stesse regole formali delle prove oggettive di conoscenza. Come somministrare le prove: quando proponiamo il testo bisogna anche scegliere quale obiettivo vogliamo rilevare e non pretendere di rilevare obiettivi che il brano non propone. Anzi il primo passo da fare è SCEGLIERE IL BRANO IN BASE ALL’OBIETTIVO CHE INTENDO RILEVARE! Non ostinarsi ad identificare a tutti i costi obiettivi che il brano non può far rilevare. Es. favola di cappuccetto rosso. Obiettivo: far capire al bambino perché il lupo sbaglia. Quindi proporgli quelle frasi che glielo facciano ricavare. Non si deve pretendere che il bambino da quel brano ricavi dati su altri personaggi. Ci sarà anche il bambino che durante la lettura in classe della favola per intero l’avrà capito ma non si deve pretendere da tutti perché l’obiettivo è quello di verificare solo se il b. ha compreso la figura del lupo. Da evitare: la distribuzione delle fotocopie che riportano il brano e poi ritirargliele. Il brano, durante la prova, deve sempre essere sottoposto alla lettura dell’allievo che può rileggerlo e consultarlo ogni qual volta lo ritengano necessario, quindi mai sottrarglielo! Neppure se si pensa di verificare le sue capacità mnemoniche. In tal caso vanno somministrate altre prove non questa. Come docente dovrei creare un valore numerico alle risposte che i ragazzi mi danno così semplifico il lavoro di valutazione. Quando preparo la prova devo tener conto dell’età degli allievi, la classe frequentata, il grado di competenza linguistica raggiunto (media della classe) —> importante perché cambia da quartiere a quartiere quindi la provenienza socio culturale è da considerare. Abilità da rilevare L’attività di lettura comporta la concretizzazione di una duplice operazione: quella di decodifica e di ricodifica del testo che si legge. Non esiste una tassonomia esaustiva alla quale fare riferimento, tuttavia possiamo rilevare attraverso le prove di comprensione della lettura, il possesso o meno di alcune abilità-obiettivo: 1. Conoscenza dei termini, generali e specifici; 2. Comprensione dei periodi; 3. Comprensione delle definizioni contestuali; 28 4. 5. Capacità di cogliere lo sviluppo longitudinale del discorso; Capacità di cogliere lo sviluppo trasversale del discorso; 6. 7. 8. 9. Capacità di decodificare le più importanti figure retoriche; Capacità di cogliere i messaggi espliciti dell’autore; Capacità di cogliere i messaggi impliciti dell’autore; Capacità di esprimere e giustificare una valutazione critica del testo letto. I primi due obiettivi rappresentano le abilità di base, o competenze linguistiche minime, per poter accedere al più elementare livello di comprensione. Se l’allievo non riesce a farli emergere attraverso il testo che abbiamo somministrato, cosa significa? 1) Che quel brano contiene dei termini particolari che sono troppo complessi per l’alunno quindi se la maggior parte degli allievi risponde male ho sbagliato brano da proporre! 2) il ragazzo ha problemi di comprensione nella decodifica della lettura. Quindi i primi due punti ci possono già dare informazioni importanti! Ecco che è importante scegliere il brano giusto da proporre. Il terzo è l’operazione concettuale più importante per la promozione del processo di accumulazione autonoma di nuove informazioni e conoscenze. Il quarto rappresenta la capacità di saper ricostruire la successione temporalecronologica degli avvenimenti, nonostante l’ordine di presentazione nel testo; il quinto rappresenta l’abilità di contestualizzare gli eventi, saper mettere in relazione gli avvenimenti fra di loro anche se risultano apparentemente slegati. Come vediamo sono obiettivi già più complessi. Gli obiettivi 6-8 rimandano alla capacità di saper cogliere la posizione o il messaggio implicito dell’autore anche attraverso un’attenta decodifica delle eventuali figure retoriche che caratterizzano il testo o parti di esso. Il nono, infine, evidenzia la capacità di saper “esprimere” un giudizio critico, giustificato (sul piano logico), sul brano, e dimostra il possesso delle precedenti abilità. Capacità di esprimere un giudizio giustificato cioè dare una motivazione al giudizio! CAPITOLO 9 LE PROVE SEMISTRUTTURATE Abbiamo considerato le prove tradizionali da un lato e le prove oggettive (strutturate) dall’altro. Tutto quanto detto non deve indurci a eliminare dalla 29 pratica valutativa scolastica le prime e promuovere l’impiego esclusivo delle seconde. Trai due poli opposti c’e un’ampia gamma di strumenti molto preziosi e cioè le PROVE SEMISTRUTTURATE, a volte utilizzate male o spesso per niente usate. Le prove semistrutturate sono prove che presentano stimoli chiusi e risposte aperte, ma aperte in modo particolare nel senso che l’alunno può formulare autonomamente la risposta ma deve attenersi a dei criteri per la formulazione della risposta. Tali vincoli a cui il ragazzo deve attenersi fanno sì che la risposta data possa essere confrontata con precisi criteri di correzione predeterminati : le prove semistrutturate sono prove che devono comunque essere valutate oggettivamente! La chiusura dello stimolo e i vincoli da rispettare fanno sì che si possano prestabilire i livelli di accettabilità delle risposte, punteggi da assegnare a seconda del livello di adeguatezza della risposta con quella predefinita..ecc… (con il tema tradizionale non si può assegnare un punteggio ma si può comunque stabilire un livello di accettabilità della “risposta”, dell’elaborato). Esempio di vincolo da rispettare potrebbe essere la lunghezza max della risposta, i concetti da mettere in risalto,.. La cosa importante è far sì che i quesiti siano bel strutturati al fine di ricavare dati validi e attendibili. Sono del tutto uguali a quelle oggettive per quanto riguarda lo stimolo che è appunto chiuso. E sono comunque prove oggettive perché danno un tasso di valutazione condivisibile, nonostante venga data più autonomia all’allievo nella formulazione della risposta. Come le prove tradizionali, queste esigono risposte elaborate in maniera autonoma; come le prove oggettive es. i test invece offrono stimoli chiusi. Le prove semistrutturate sono prove che presentano le caratteristiche positive sia delle prove tradizionali, sia delle prove oggettive (es.test) e sono prove in grado di ovviare ai limiti di entrambe (i molti limiti delle prime e i pochi delle seconde)! Diversamente dai test (prove oggettive), non privilegiano l’uso della memoria riconoscitiva (necessaria per riconoscere la risposta esatta tra quelle offerte) ma l’attivazione della più complessa memoria rievocativa. LA COSA MIGLIORE SAREBBE ALTERNARE PROVE STRUTTURATE, PROVE SEMISTRUTTURATE E PROVE TRADIZIONALI. IN QUESTO MODO IL DOCENTE POTREBBE EFFETTUARE UNA VALUTAZIONE COMPLETA ED ESAUSTIVA. 30 Non è un caso che per l’esame di stato delle scuole secondarie di 2 grado si privilegi l’utilizzo di prove semistrutturate: pensiamo al saggio breve, all’articolo di giornale per quanto riguarda la prima prova, ecc.. Nella classe delle prove semistrutturate troviamo: • le domande strutturate,—> consistono in una serie di domande scritte, articolate in sottodomande su aree tematiche disciplinari o interdisciplinari strettamente connesse ai contenuti specifici di insegnamento alle quali si chiede di rispondere per iscritto. Con esse si verificano le conoscenze interdisciplinari. Devono essere precedute da un’introduzione scritta in modo semplice e chiaro. Le domande stesse devono essere concise, precise, univocamente interpretabili, semplici perché devono stimolare una risposta aperta che deve essere altrettanto concisa e precisa. • i saggi brevi —> una delle prove scelte per l’esame di Stato. Il saggio costituisce una prova più oggettiva rispetto al tema tradizionale perché va a verificare se le nostre argomentazioni sono coerenti con l’ambito disciplinare di cui si vuole verificare la conoscenza. Il saggio breve è una composizione prevalentemente (ma non esclusivamente) scritta che fa emergere le conoscenze raggiunte in un ambito disciplinare specifico. Per la tesi in didattica aggiuntiva (quella che dovremo fare se faremo il sostegno) si realizza un saggio (es. la sindrome di Down in una prima classe). Già il titolo fa emergere l’area disciplinare di riferimento. La risposta deve ovviamente rientrare in quest’area. Il primo requisito per la stesura di un saggio è il titolo che deve far emergere l’area di riferimento. Anche se somiglia al tema, il saggio breve è una prova diversa: il tema ha stimolo e risposta aperte; il saggio breve invece presenta stimolo chiuso e una delimitata apertura delle risposte. Quindi i limiti della prova tradizionale, come il tema, vengono superati con il saggio breve. Con questo possiamo verificare se l’allievo possiede o meno quelle conoscenze specifiche che ci interessa che lui possieda. La scrittura di un saggio non può assolutamente venir improvvisata: per la stesura ci sono dei criteri da rispettare. Si può richiedere un saggio di tipo narrativo, opp descrittivo, argomentativo, ecc..che richiede a seconda dei casi una proprietà di linguaggio differente. Si valuterà: la proprietà di linguaggio, la focalizzazione del problema, il rigore logico, l’impalcatura teorica, l’apparato critico. CRITERI PER DETERMINARE GLI OBIETTIVI DI VERIFICA [sul libro è nella parte relativa al saggio breve] 31 Si possono sottoporre a verifica: la proprietà di linguaggio (uso pertinente del lessico specialistico, esattezza dei termini), la focalizzazione del problema, la qualità delle informazioni, il rigore logico (coerenza nell’esposizione), l’apparato critico (dove vado a reperire le fonti delle mie argomentazioni), se l’alunno ha citato le fonti e come le ha citate, ..; originalità della trattazione, ecc.. Il docente può dare una valutazione positiva se l’allievo ha utilizzato bene le fonti senza dare interpretazioni personali. Il docente può creare una “scala descrittiva” di valori, cioè di punteggi da attribuire al saggio. Es. proprietà linguaggio = 5 punti Apparato critico = 1 punto Rigore logico = 3 punti Poi si sommano e si ricava un punteggio complessivo. Gli obiettivi della verifica devono essere segnalati agli allievi. Ricordiamo che a seconda di cosa vogliamo valutare con il saggio, i criteri di verifica possono coincidere solo con alcuni di questi. I criteri che vengono valutati (tutti quelli detti) dipendono dagli obiettivi di verifica che ci si è prefissati. i riassunti,—> è uno strumento valutativo di particolare importanza perché per certi versi ingloba due altre prove impiegate, spesso, separatamente: quella della comprensione della lettura e quella di scrittura. Quindi attraverso questa prova si misura la capacità di lettura (indirettamente) e la capacità di scrittura (direttamente). Il riassunto consiste in una riscrittura di un testo, ma in forma condensata e secondo i vincoli di riscrittura indicati dal docente. (ecco perché è una prova semistrutturata) . Inoltre il ragazzo non deve alterare il senso e il significato del testo! Il saper scrivere rimanda alla capacità di esprimere brevemente i contenuti concettuali più rappresentativi del brano letto facendo attenzione alle istruzioni date che riportano: gli aspetti significativi del brano (da considerare maggiormente quando lo si legge) e i vincoli da rispettare per la stesura. Es. riassumi il 1 capitolo dei Promessi Sposi delineando la figura di Don Abbondio. In questo caso si dà al ragazzo un vincolo da rispettare. Se gli avessimo detto: riassumi il 1 cap. dei P.S. avremmo assegnato una prova tradizionale. Riguardo ai vincoli, uno possibile è il margine di lunghezza. Sarebbe meglio dare questo vincolo solo ai ragazzi grandi, non ai b. della scuola primaria! e facendo attenzione a rispettare i vincoli forniti per la sua stesura. • 32 Quindi il docente a seconda degli obiettivi di verifica stabilisce uno schema che contenga i punti essenziali che devono essere presenti nel riassunto per considerarlo pertinente, e i punteggi da attribuire. • i rapporti di ricerca a differenza del saggio breve questo (il rapporto di ricerca) deve essere più aderente alle procedure. La ricerca poggia molto sulla procedura, la metodologia. Si tratta di una relazione in progress, cioè svolta per dar conto dell’andamento dei lavori. È dunque un testo descrittivo e argomentativo, capace di far ricostruire al lettore tutte le fasi più rappresentative del lavoro svolto (es. come siamo arrivati all’ipotesi di lavoro, i problemi che abbiamo incontrato, le soluzioni trovate, gli esiti cui si è pervenuti con la ricerca, ecc.. il colloquio strutturato e semistrutturato Il colloquio orale possiamo dire che è la forma di comunicazione maggiormente utilizzata in ambito scolastico. Purtroppo la comunicazione è quasi sempre monodirezionale, dal docente all’alunno e viceversa. Abbiamo vari tipi di colloquio: il colloquio strutturato e/o l’intervista; la riflessione parlata; il colloquio libero o semistrutturato. Analizziamoli in breve. [il colloquio strutturato]: prova orale utilizzata per saggiare le specifiche abilità o conoscenze difficilmente rilevabili con prove scritte. Il docente deve definire innanzitutto gli obiettivi che dovranno essere sottoposti a verifica, determinare la tipologia delle domande da porre, indicare i criteri di accettabilità delle risposte, predisporre una griglia di registrazione della qualità/grado di esaustività delle risposte. La struttura della griglia deve consentire una registrazione tempestiva della qualità delle risposte. In questo modo si eviterà di porre domande simili e ripetitive, di dimenticare la prestazione iniziale del ragazzo, e di dimenticare le lacune mostrate nel corso del colloquio. [colloquio libero o semistrutturato]: quando si vuole saggiare la capacità dell’alunno di descrivere, narrare, argomentare, ragionare su un particolare argomento, si può ridurre il livello di strutturazione delle domande. In questo caso si chiederà al ragazzo di esporre ciò che ricorda liberamente. Si parla di colloquio semistrutturato quando il docente si limita ad annotare alcuni dati durante il dialogo o immediatamente dopo come per es. la capacità mostrata nel formulare ipotesi, … il colloquio semistrutturato rappresenta una sorta di saggio breve esposto oralmente! • 33 La conduzione del colloquio: norme generali per una corretta conduzione del colloquio strutturato e semistrutturato. 1chiarire l’argomento e gli obiettivi da verificare 2partire da una domanda generale, ampia, ma nemmeno tanto generica da disorientare l’alunno 3ascoltare con attenzione e atteggiamento positivo, amichevole ma anche critico l’interlocutore 4evitare di assumere, verbalmente e con atteggiamenti facciali, comportamenti autoritari, di dissenso netto e pregiudiziale nei suoi confronti; evitare di mostrare dissenso pronunciando monosillabi oppure attraverso un tipo di comunicazione non verbale (esattamente tutto ciò che ha fatto con me quella stronza di sociologia!!) 5non creare pause troppo lunghe se l’allievo si blocca 6ecc…… alla fine: fare riflessioni e approfondimenti costruttivi circa l’esposizione verbale dell’alunno. [la riflessione parlata]: viene utilizzata per conoscere le strategie e i processi logici attivati per la soluzione di determinati problemi. Si vuole cioè verificare e poi valutare in che modo l’alunno arriva alla soluzione di un problema, quale ragionamento compie per arrivarci! La riflessione parlata possiamo considerarla simile ad una prova semistrutturata perché il docente pone delle domande predefinite ma sotto forma di dialogo, di conversazione, rendendole poco stereotipate e strutturate. Le domande che vengono poste cercano di analizzare la logica sottesa alle scelte compiute. Ecco perché questa prova si definisce “riflessione parlata” e non una semplice prova semistrutturata. I saggi brevi, le mappe concettuali, i colloqui semistrutturati e la riflessione parlata sono prove utilissime per la valutazione degli allievi e facilitano l’individualizzazione dell’insegnamento-apprendimento. [FINE MANUALE DELLA VALUTAZIONE SCOLASTICA DI G. DOMENICI] 34