Armando Pizzinato, Autoritratto
a
Armando Pizzinato
matematica
e cultura 2005
a cura di Michele Emmer
123
MICHELE EMMER
Dipartimento di Matematica “G. Castelnuovo”
Università degli Studi “La Sapienza”, Roma
ISBN 88-470-0314-8
Springer fa parte di Springer Science+Business Media
springer.it
© Springer-Verlag Italia, Milano 2005
Stampato in Italia
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L’utilizzo in questa pubblicazione di denominazioni generiche, nomi commerciali, marchi registrati,
ecc. anche se non specificamente identificati, non implica che tali denominazioni o marchi non siano
protetti dalle relative leggi e regolamenti.
Traduzioni: Catia Peduto, Roma; Fausto Saleri per l’articolo di Jean-Marc Castera; Marco Rizza per
l’articolo di Marcela Villarreal
Progetto grafico della copertina: Simona Colombo, Milano
Redazione: Paola Testi Saltini, Milano
Fotocomposizione e impaginazione: Signum Srl, Bollate, Milano
Stampato in Italia: Signum Srl, Bollate, Milano
In copertina: incisione di Matteo Emmer tratta da “La Venezia perfetta”, Centro Internazionale della
Grafica, Venezia, 1993
Occhielli: incisioni di Matteo Emmer, op. cit.
Il congresso è stato realizzato grazie alla collaborazione di: Dipartimento di Matematica Applicata,
Università di Ca’ Foscari, Venezia; Dipartimento di Matematica “G. Castelnuovo”, Università di Roma
“La Sapienza”; Dipartimento di Matematica “F. Enriques”, Università di Milano; Liceo Marco Polo di
Venezia; Dipartimento di Scienze per l’Architettura dell’Università di Genova; Galileo - Giornale di
scienza e problemi globali; Dipartimento di Matematica, Università di Bologna, Progetto Europeo
“Mathematics in Europe”; IBM Italia; Sissa - Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati,
Trieste; Galleria Venezia Viva, Venezia
Introduzione
– Su, signorina, – cominciò il vecchio, chinandosi sul quaderno accanto alla
figlia... La principessina guardava con spavento gli occhi del padre luccicanti
vicino a lei... Il vecchio perdeva la pazienza; muoveva in su e in giù con fracasso
la poltrona sulla quale era seduto e faceva degli sforzi su se stesso per non andare sulle furie e quasi ogni volta s’infuriava, sbuffava, e a volte buttava il quaderno.
La principessina sbagliò la risposta.
– E poi non saresti una sciocca! – gridò il principe, respingendo il quaderno e
voltandosi rapidamente in là.
– È impossibile, principessina, è impossibile – disse, quando la principessina,
preso e chiuso il quaderno con le lezioni assegnate, già si preparava ad andarsene – la matematica è una gran cosa, signora mia. E io non voglio che tu sia come
le nostre stupide ragazze. Persevera e finirai per amarla… E le diede un colpetto
con la mano sulla guancia. – La grullaggine ti andrà via di capo.
Chi pronuncia queste frasi è il principe Andrei Bolkonskij, e si rivolge alla
principessa Marja Bolokonskaja, sua figlia. Sono due dei protagonisti di Guerra e
pace di Lev Tolstoj terminato di scrivere nel 1869. Quasi le stesse frasi si sono
udite nel dicembre 2004 all’Auditorio della musica di Roma, quello ideato da
Renzo Piano durante la messa in scena della prima parte di “Guerra e Pace” da
parte del talentuoso regista Russo Pëtr Fomenko con la sua compagnia de “I
Fomenki” di Mosca. Una delle scene scelte da Fomenko per la riduzione teatrale
è appunto quella della “lezione di geometria”. E mentre il padre rimprovera la
figlia, una amica della figlia gioca a fare le bolle di sapone!
Dell’acustica dell’auditorio di Renzo Piano parla il fisico Andrea Frova in questo volume. E di bolle di sapone si parla, sempre a Venezia!
In attesa che, dopo il grande successo a teatro, arrivi sugli schermi il film tratto dalla commedia di David Auburn Proof. Protagonista Anthony Hopkins, regia
di John Madden, sceneggiatura di Rebecca Miller. Scelto per essere un grande
attore, non per essere stato il famoso Hannibal the Cannibal, padre di tutti i
“pazzi da legare” del cinema. Curioso quello che Hopkins ha dichiarato in una
intervista: “In verità a scuola andavo malissimo, non ho una vera educazione,
non ho mai fatto l’università. E nella vita non avrei mai potuto fare il professore,
sono troppo stupido.”
VII
Introduzione
Ma evidentemente ha il fisico e lo sguardo del rôle, del genio della matematica,
come si esige per il protagonista di Proof, commedia anch’essa liberamente ispirata alla vita di Nash.
Ci sarà spazio anche per la protagonista femminile, nel film Gwyneth Paltrow,
anch’essa matematica, figlia del personaggio interpretato da Hopkins. Il titolo
rimanda al doppio significato di “dimostrazione” e di “prova”. Viene solo accennato di quale dimostrazione si tratta: sembra che sia l’ipotesi di Riemann. Il
dramma della follia: il grande matematico era divenuto pazzo, la figlia teme di
diventarlo, non è chiaro se la dimostrazione del teorema sia stata fatta dal padre
o dalla figlia, il cui talento non è mai stato riconosciuto, offuscato da quello del
padre.
E da gennaio 2005 è finalmente in scena, in forma completa con scene e costumi, il Galois di Luca Viganò, produzione del Teatro di Genova.
Cultura e matematica, non se ne può fare a meno!
MICHELE EMMER
VIII
Indice
omaggio a Coxeter
H.S.M. Coxeter: un breve omaggio
di Michele Emmer..........................................................................................
Donald nel paese delle meraviglie:
le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter*
di Siobhan Roberts, Asia Ivić Weiss ...............................................................
3
13
matematica e immagini
Visioni e realtà. Empiria e geometria
di Franco Ghione ...........................................................................................
Stelle
di Gian Marco Todesco..................................................................................
43
matematica e Venezia
Un epsilon piccolo a piacere: le murrine veneziane e muranesi
di Giovanni Sarpellon ...................................................................................
55
matematica e applicazioni
Modelli matematici per la meteorologia
di Elisabetta Cordero.....................................................................................
La matematica in difesa dell’ambiente
di Germana Peggion .....................................................................................
matematica e architettura
La cupola a mouqarnas della sala delle due sorelle
dell’Alhambra di Granada
di Jean Marc Castera .....................................................................................
MATHLAND. Dalla topologia all’architettura virtuale
di Michele Emmer..........................................................................................
Architettura come topologia della trasformazione
di Giuseppa Di Cristina ................................................................................
Nuovo Auditorium di S. Cecilia, anatomia di una megaopera
di Andrea Frova.............................................................................................
33
73
89
101
111
129
143
IX
Indice
matematica e educazione
Matematica a… Un format per mostre di matematica
di Simonetta Di Sieno, Cristina Turrini ......................................................
Imparare la matematica attraverso l’arte
di Angela Elster, Peggy Ward........................................................................
matematica e medicina
La matematica nel sangue
di Chiara Bertini, Luigi Preziosi ..................................................................
L’HIV/AIDS, l’agricoltura e la sicurezza alimentare in Africa
di Marcela Villarreal .....................................................................................
L’uso di modelli matematici per la diffusione dell’AIDS
nell’Africa sub-Sahariana
di Gianpaolo Scalia Tomba...........................................................................
matematica e moda
Astrazione e concretezza, rigore ed eleganza
di Donatella Sartorio ....................................................................................
X
matematica e arte
Verso un’estetica matematica
di Martin Bálek, Jaroslav Nešetřil...............................................................
Alla ricerca di arte frattale che riduce lo stress:
da Jackson Pollock a Frank Gehry
di Richard P. Taylor .......................................................................................
Un maestro americano: Jackson Pollock, 1930-1949. Mito e realtà
di Sam Hunter................................................................................................
Armando Pizzinato
di Michele Emmer..........................................................................................
Armando Pizzinato, una avventura espressiva del XX secolo
di Enzo Di Martino .......................................................................................
matematica e teatro
Bustric raccontato da Bustric
di Sergio Bini/Bustric ....................................................................................
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omaggio a Coxeter
H.S.M. Coxeter: un breve omaggio
MICHELE EMMER
Preliminari
Il progetto “Matematica e arte” è iniziato nel 1976. Vi erano diverse ragioni per
le quali ho iniziato a pensare al progetto. La prima ragione era che in quell’anno
mi trovavo all’università di Trento e lavoravo nel settore del “Calcolo delle variazioni” e in particolare sulle superfici minime e sui problemi di capillarità. Sempre nel 1976 Jean Taylor aveva dimostrato un famoso risultato che chiudeva una
congettura che era stata posta sperimentalmente dal fisico belga Plateau più di
cento anni prima [1]: le proprietà delle singolarità, degli spigoli, che generano le
lamine di acqua saponata quando si incontrano. Plateau aveva osservato sperimentalmente che malgrado la apparente enorme complessità, i tipi di angoli che
si producevano erano solo di due tipi. Jean Taylor utilizzando la Geometric Measure Theory introdotta da Federer e poi da Allard e Almgren, fu in grado di dimostrare che le ipotesi di Plateau erano corrette. La rivista Scientific American
chiese nel 1976 a Jean Taylor e Fred Almgren di scrivere un articolo sui risultati
più recenti sulla teoria delle Superfici Minime e lamine di sapone [2]. Ad un fotografo professionale fu chiesto di realizzare delle suggestive immagini dei diversi tipi di lamine saponate. Sempre nel 1976 Taylor e Almgren furono invitati
all’università di Trento come visiting professors. Le immagini dell’articolo pubblicato sul Scientific American erano veramente splendide. Guardando quelle foto mi venne l’idea di fare un film sulle lamine di sapone per mostrarle in maggior dettaglio: introdussi la possibilità di osservare l’evoluzione delle loro forme
e geometrie e dei loro colori nel tempo, utilizzando anche la tecnica della slowmotion camera.
Sia Almgren che Taylor erano molto interessati all’idea. In quello stesso anno
avevo scoperto le superfici “topologiche” di uno dei grandi artisti del Ventesimo
secolo: Max Bill. Le sue sculture furono per me una vera rivelazione. L’impressione di Endless Ribbon, quell’enorme nastro di Moebius in pietra, fu molto forte [3]. Una forma matematica viva. In un certo senso questa era l’idea che mancava al progetto: i matematici, la matematica in tutti i periodi storici ed in ogni
civilità hanno creato immagini, forme, relazioni.
Il progetto si stava chiarendo: fare dei film per mettere a confronto su singoli
temi il punto di vista matematico e quello artistico; non per filmare delle “tavole
rotonde” di discussione tra artisti e matematici, ma “To make visible the invisibile”, come ha detto l’artista David Brisson nel film Dimensions realizzato nel
3
matematica e cultura 2005
1984 con Thomas Banchoff [4]. L’idea era quindi di realizzare dei film sulle relazioni, ovviamente, “visive” tra matematica ed arte. Gli argomenti dei primi due
film erano le bolle di sapone e la topologia, il nastro di Moebius. Per una descrizione completa del progetto “Art and Mathematics” si veda [5-7]. Nell’articolo [5]
è contenuta la lista completa dei film, libri, esposizioni inclusi nel progetto.
Il film con Coxeter
4
Alla fine degli anni Settanta avevo già scoperto le opere dell’artista grafico
olandese Maurits Cornelis Escher. In particolare leggendo il libro, curato da
Escher stesso, The Graphic Work of M.C. Escher [8] avevo letto nell’introduzione
che cosa l’artista grafico olandese scriveva dei suoi rapporti con la matematica.
Sin dal primo momento, guardando le sue opere, mi venne l’idea di realizzare
un film animando alcune delle più famose incisioni. Escher stesso aveva partecipato alla realizzazione di due piccoli film di animazione poco prima della morte avvenuta nel 1972. Dopo aver realizzato i primi quattro film della serie agli inizi degli anni Ottanta cominciai a pensare alla realizzazione del film su Escher.
Pensai ad un film diviso in due parti della durata di 27 minuti ognuna. Il film sarebbe diventato poi un video unico di 50 minuti nella versione per gli USA e per
il Giappone alla metà degli anni Novanta.
Dopo aver letto i libri che erano stati pubblicati sull’opera di Escher mi resi
presto conto che, per realizzare il mio film, dovevo entrare in contatto con H.S.
Coxeter e con Roger Penrose. Oltre che con la cristallografa Caroline MacGillavry e Bruno Ernst. Tutti sono stati molto cooperativi e di alcuni come Ernst e
Coxeter sono divenuto amico.
Negli anni Sessanta i film che fossero di carattere “scientifico” o divulgativo”
(non ho mai considerato i miei film di questi due tipi) erano distribuiti negli
USA e nel Canada dall’International Film Board con sede a Chicago. I film erano in formato 16 mm che allora era molto diffuso. Meno costoso del 35 mm, lo
standard utilizzato per i film in uscita nelle sale cinematografiche. Tra l’altro il
16 mm aveva il grande vantaggio che poteva essere proiettato in tutto il mondo,
lo standard era unico, non come oggi per cassette e DVD. Coxeter aveva partecipato a due film brevi sulla geometria. Essendo anche quelli distribuiti dall’International Film Board ho avuto occasione di vederli anche prima di conoscere Coxeter di persona. Il primo si intitola Dihedral Kaleidoscopes [7] e ha una durata
di circa 13 minuti, il secondo Symmetries of the Cube dura invece 14 minuti [10].
Dei due mi è subito piaciuto molto il primo. Visivamente attraente l’utilizzo degli specchi e geniale la parte finale girata “fuori scena” che mostra come sono
state realizzate le riprese. Il piccolo teatrino degli specchi tra pareti scure, illuminato da tre parti. Coxeter stesso muove gli oggetti che formano le diverse simmetrie all’interno del piccolo teatro di specchi. Tra l’altro Coxeter come personaggio era molto fotogenico. Coxeter negli anni Settanta era un famoso matematico (lo era già da molti anni prima), io mi ero invece laureato da poco. Ero
insomma molto preoccupato di entrare in contatto con lui. Ho sempre pensato
che in ogni situazione la cosa migliore sia un approccio diretto cercando di far-
H.S.M. Coxeter: un breve omaggio
si capire. Ovviamente prima di contattare Coxeter e Penrose dovevo avere un’idea precisa di quello che volevo fare con loro e che tipo di film volevo realizzare insieme a loro. Insomma che tipo di film volevo realizzare sull’opera di
Escher, su quelle opere che Escher chiamava le sue “visioni interiori”. D’altra
parte Escher aveva scritto che:
Le idee che per loro sono fondamentali (le visioni interiori) spesso testimoniano, con mio grande stupore e meraviglia, le leggi della natura che opera nel
mondo intorno noi. Colui che si stupisce, scopre che il suo stupirsi non è altro
che uno stupore esso stesso. Confrontando nel dettaglio gli enigmi che ci circondano, e considerando ed analizzando le osservazioni che io stesso avevo
fatto, ho finito per ritrovarmi nel campo della matematica. Sebbene sia assolutamente fuori allenamento e non abbia alcuna conoscenza delle scienze esatte, mi sembra spesso di avere più cose in comune con i matematici che con i
miei colleghi artisti ([8], p. 8).
Inoltre Escher (che non a caso chiamerà il primo libro che contiene molte delle sue opere The World of M.C. Escher [11]) aveva un approccio “visivo”, “cinematografico” in molte delle opere. Era un artista meticoloso, preciso, oltre che
immaginativo e realistico a suo modo. Come nel caso di quasi tutti gli artisti, l’utilizzo della macchina da presa permette di “restare all’interno” dell’opera, senza mostrare il mondo che la circonda. Quando si va a visitare una mostra le opere dell’artista sono appese alle pareti, vi è una cornice, un supporto, la parete, un
ambiente, le altre persone. Tutto questo in qualche modo disturba. Anche nel caso del mondo di Escher. Si rischia di essere distratti. Utilizzando la macchina da
presa, chi osserva è invece costretto a cogliere i dettagli, a seguire la “storia” che
le immagini raccontano. Non si esce dal “mondo dell’artista”. Inoltre i racconti
che sono presenti nelle opere di Escher acquistano quella dimensione temporale che le opere suggeriscono. In qualche modo è possibile filmare le opere di
Escher restando nell’ambito del modo di operare dell’artista grafico olandese.
Ecco quindi che in un certo modo era “ovvio” pensare al cinema, alle tecniche cinematografiche dello zoom, del rallenti, dell’animazione, del fish eye, per realizzare un film su Escher. Era stato Escher stesso a suggerire di leggere “cinematograficamente” le sue opere, o almeno alcune.
Nel suo libro The Regular Division of the Plane [12] scrisse:
In questo libro sono le immagini e non le parole a venire per prime ... Per me
rimane una questione aperta se il gioco di figure bianche e nere mostrate nelle sei xilografie di questo libro appartenga al regno della matematica o a quello dell’arte. ... La prima xilografia ... mostra chiaramente che una successione
di figure, che gradualmente si trasformano, può avere come risultato la creazione di una storia per immagini. Similmente, gli artisti del medioevo raffiguravano le vite dei santi in una serie di tavole statiche ... L’osservatore doveva
guardare le scene seguendo un certo ordine. La serie di rappresentazioni statiche acquisiva un carattere dinamico a causa dell’intervallo di tempo necessario per seguire l’intera storia. Una proiezione cinematografica è in contrasto
5
matematica e cultura 2005
con tutto ciò. Le immagini appaiono, una dopo l’altra, su uno schermo immobile e l’occhio dell’osservatore rimane fisso e non si muove. In entrambi i casi, per la storia medievale illustrata sulle tavole e per il motivo che si sviluppa
come divisione regolare del piano, le immagini sono fianco a fianco e il tempo
scorre seguendo il movimento dell’occhio dell’osservatore, che segue la sequenza da un’immagine all’altra.
Avendo abbastanza chiarito quali erano le mie idee sul film, era giunto il momento di contattare Coxeter.
Prima di scrivere a Coxeter e Penrose ho iniziato a leggere i loro libri e i loro
lavori scientifici.Volevo avere un’idea più precisa del loro lavoro. Inoltre in quanto matematico ero molto interessato a settori che erano al di fuori della mia attività di ricerca. Ho letto in particolare Introduction to Geometry e Regular Polytopes [13, 14].
Nella prima pagina di Introduction to Geometry, pubblicato nel 1961, è scritto:
Negli ultimi trenta o quarant’anni, la maggior parte degli americani ha perso
in qualche modo l’interesse per la Geometria. Questo libro vuole essere un
tentativo per dare nuova vita a questa materia tristemente trascurata.
6
Coxeter era interessato alla Geometria che può essere chiamata “Geometria
classica”. Egli era interessato alle raffigurazioni mentali, all’intuizione, ma come
scriveva in Regular Polytopes (pubblicato nel 1947):
Soltanto una o due persone hanno avuto la capacità di visualizzare gli ipersolidi in maniera semplice e naturale come noi comuni mortali riusciamo a visualizzare i solidi. Ma una certa facilità in questa direzione può essere acquisita riflettendo sull’analogia tra la prima e la seconda dimensione, poi tra la
seconda e la terza, e così tra la terza e la quarta. Quest’approccio intuitivo è
molto utile per suggerire quale risultato ci si debba aspettare. Ad ogni modo,
sussiste il pericolo di venire fuorviati, a meno che non si controllino i propri
risultati con l’aiuto di una o dell’altra delle ulteriori due procedure, la procedura assiomatica e quella algebrica.
Così, egli parla di intuizione, di raffigurare mentalmente, ma non solo di ciò.
Serve anche il rigore per essere precisi e corretti. La prima grande mostra di
Escher verrà organizzata al congresso mondiale di matematica di Amsterdam
nel 1954. Sarà l’occasione per Coxeter di conoscere le opere di Escher. Qualche
anno dopo, nel 1958, Escher scrisse una lettera a Coxeter:
L’ho mai ringraziata per avermi inviato “Una conferenza sulla simmetria” [“A
symposium on Symmetry”]? Sono stato così contento di questo libretto ed orgoglioso delle due riproduzioni dei miei disegni piani! Nonostante il testo del
suo articolo sulla “simmetria dei cristalli e le sue generalizzazioni” [“Crystal
Symmetry and its generalization”] sia troppo indirizzato a persone più erudite di uno come me – un semplice uomo che da sé ha imparato a fare disegni
H.S.M. Coxeter: un breve omaggio
Fig. 1. Modello di geometria
iperbolica
piani – alcune delle illustrazioni e soprattutto la figura 7 a pagina 11 mi hanno
provocato una forte emozione. [Il modello di Geometria iperbolica di Poincaré, Fig. 1].
Da tanto tempo nutro un certo interesse per i disegni con dei motivi che diventano sempre più piccoli finché raggiungono il limite dell’infinitamente piccolo. La questione è relativamente semplice se il limite è un punto al centro del
disegno. Anche il limite assiale per me non è una novità, ma non sono mai stato capace a fare un disegno in cui ogni macchia diventa gradualmente più piccola partendo dal centro di un cerchio e andando verso il suo limite esterno,
come mostrato nella sua figura 7. Ho cercato di capire come questa figura sia
stata costruita geometricamente, ma sono riuscito soltanto a trovare i centri
ed i raggi del cerchio interno più grande. Le sarei immensamente grato e riconoscente, se mi potesse dare una spiegazione semplice di come costruire gli altri cerchi i cui centri si avvicinano gradualmente partendo dall’esterno fino a
raggiungere il limite! Ciononostante ho utilizzato il suo disegno per fare una
grande xilografia (di cui ho fatto soltanto un settore di 120° che ho stampato
tre volte). Gliene sto inviando una copia.
Si tratta del Circle Limit One. Seguirono delle osservazioni di Coxeter e alla fine il Circle Limit III. Coxeter disse:
L’opera di Escher, basata sulla sua intuizione, senza effettuare alcun tipo di calcolo, è perfetta, anche se la descrizione poetica che ne dà (Loodrecht uit de limiet, perpendicolare dal limite) era solo approssimativa (Fig. 2).
Avevo letto tutto questo materiale e non avevo dubbi che uno degli argomenti che dovevo trattare con Coxeter nel film doveva essere il modello di Geometria iperbolica di Poincaré e la serie di incisioni Circle Limit. In questo modo invece di parlare in astratto dei rapporti tra Escher e il mondo matematico, con
7
matematica e cultura 2005
8
Fig. 2. M. C. Escher, Circle Limit III, incisione, 1959. M.C. Escher’s works © Cordon Art B.V.,
Baarn, The Netherlands. All rights reserved
Coxeter sarebbe stato possibile parlare di un fatto molto concreto, di una collaborazione esplicita che aveva portato alla realizzazione di alcune opere tra le
più interessanti da parte di Escher. Il 18 maggio del 1978 inviai la mia lettera al
dipartimento di matematica dell’Università di Toronto. Non sapevo che in quel
periodo Coxeter fosse professore visitatore dell’Università di Bologna, abbastanza vicino all’università dove mi trovavo io, Trento. Non ho le copie delle mie
lettere (non esisteva l’e-mail allora!): ecco la risposta di Coxeter, datata 18 June
1978:
Caro Dott. Emmer, molte grazie per la sua lettera del 18 maggio che mi attendeva al mio ritorno dalle cinque settimane a Bologna. Se solo qualcuno le
avesse detto che ero lì avremmo potuto incontrarci in Italia. Per coincidenza,
giusto tre giorni prima che lei mi scrivesse, stavo tenendo una conferenza sugli aspetti matematici delle opere di Escher a Siena [è la conferenza pubblica-
H.S.M. Coxeter: un breve omaggio
ta in Leonardo [15]] su specifico invito dei matematici senesi. Sin da allora ho
aggiornato la conferenza, concentrandomi particolarmente sulle quattro immagini di Circle Limit che avevano tratto ispirazione da un mio vecchio disegno. La sua idea di fare un film su Escher mi interessa molto. Credo che un film
del genere sia già stato fatto mentre egli era ancora in vita. Qualcuno ha detto
che comprendeva alcune versioni animate dei suoi disegni che si ripetono. Mi
sono sempre rammaricato di averlo perso quando veniva mostrato in TV. Sì,
sarei veramente interessato ad aiutarla a fare il suo film. Penso di rimanere a
Toronto quest’estate. Dunque teniamoci in contatto. Cordiali saluti. Suo, H. S.
M. Coxeter.
Inoltre Coxeter mi segnalava un artista italiano, Lucio Saffaro, che aveva sempre dipinto poliedri nella sua vita. Lo aveva conosciuto a Bologna. Sarà grazie a
Coxeter che entrerò in contatto con Saffaro con il quale realizzeremo due film e
diverse mostre e libri. Durante il convegno dedicato a Coxeter all’università di
Toronto, nel maggio 2004, a Bologna era in corso una grande mostra dedicata a
Saffaro [16].
Qualche tempo dopo Coxeter mi inviò alcune idee su che cosa si poteva realizzare nel film su Escher. Donald stava già pensando a come si poteva realizzare la parte del film in cui sarebbe stato coinvolto. La sua mente visiva era la lavoro. Il progetto del film procedette. Normalmente non scrivo una sceneggiatura dettagliata dei miei film ma soltanto una traccia, anche se abbastanza estesa,
riservandomi di cambiare i piani in dipendenza dell’interesse delle immagini
che vengono filmate. Il che permette un grande margine di libertà per l’invenzione e la creatività. Con Coxeter decidemmo di realizzare tre diverse parti per
tre diversi film: Solidi Platonici, M.C. Escher, symmetry and space e M.C. Escher:
geometries and impossible worlds.
Per le riprese cinematografiche fissiamo il gennaio del 1979. Le riprese verranno effettuate all’università di Roma “La Sapienza”, non nel mio studio, troppo
piccolo, ma nello studio di un amico nel dipartimento di genetica. Coxeter resterà a Roma qualche giorno. Le riprese vanno molto bene, noi diventiamo amici. Viene a cena a casa e conosce Valeria di cui diverrà pure molto amico. Avendo deciso di dividere il film in due parti, in due film indipendenti, nella prima
M.C. Escher: Symmetry and Space in cui si parla della simmetria e dei solidi nell’opera di Escher, faccio intervenire la cristallografa Caroline MacGillavry e Bruno Ernst. Nel secondo film M.C. Escher: Geometries and Impossible Worlds intervengono Coxeter e Penrose. Al ritorno a Toronto Coxeter scrive le sue prime impressioni. Questa volta, per la prima volta, mi scrive “Dear Michele”. La lettera è
del 4 febbraio 1979.
È stato un grande piacere esserti venuto a trovare e aver visto qualcuna delle tue attività. È stata un’esperienza interessante ritrovarsi in un film. Spero
che taglierai le parti del film dove ho esitato troppo a lungo o ho parlato in
modo confuso. Mi ha fatto anche molto piacere conoscere tuo padre [Luciano Emmer, regista e produttore] e vedere un po’ del tuo lavoro. Tanti saluti,
Donald.
9
matematica e cultura 2005
Qualche anno dopo prende forma l’idea di un congresso e di una mostra su
Escher. Il convegno si tiene all’Università di Roma alla fine di marzo del 1985. La
mostra all’Istituto Olandese resterà aperta per due mesi con grande successo. Sarà inaugurata dalla Regina Beatrice d’Olanda. Quella mostra ed il suo successo
salveranno l’Istituto Olandese dalla chiusura che allora era prevista. Il catalogo
in cui è pubblicato anche un articolo di Coxeter sarà stampato in 6000 copie che
andranno esaurite in pochi giorni. Nel catalogo, stampato a cura dell’Istituto
Olandese di Roma, erano inclusi i seguenti articoli (alcuni testi erano in italiano,
alcuni in inglese): “Introduzione” di M. Emmer,“Escher e l’Italia”, di J. Offerhaus,
allora direttore dell’Istituto Olandese di Roma, “Roman Memories” di George
Escher, figlio di Maurits,“La fantasia dell’enigma e l’enigma della fantasia” di M.
Emmer, “M.C. Escher, the Man and his Work”, di C. H. MacGillavry, “Escher’s
Fondness for Animals”, di H.S.M. Coxeter [17] (Fig. 3).
Molti anni dopo, nel 1998, un altro convegno su Escher sempre all’università di
Roma e al centro Europeo di Ravello, con due mostre delle opere di Escher, una
all’università di Roma, presso il laboratorio di Arte Contemporanea e l’altra a
Ravello, città molto amata da Escher. Per ragioni di salute Coxeter non poté ve-
10
Fig. 3. Copertina del catalogo
della mostra all’istituto
Olandese di Roma, 1985
H.S.M. Coxeter: un breve omaggio
nire al nuovo convegno. Inviò però due articoli che sono stati pubblicati nel volume degli atti nel 2003 [18]. Ho incontrato per l’ultima volta Coxeter ad un convegno sulla simmetria “Symmetry 2000” a Stoccolma nel 2000. Sono molto lieto di aver potuto realizzare con lui il film su Escher. Sono stato molto contento
di essere stato invitato al convegno in onore di Coxeter organizzato a Toronto dal
Fields Institute nel maggio 2004. Un ampio articolo con la pubblicazione di alcune lettere di Donald, dei testi dei film che abbiamo realizzato insieme comparirà negli atti del convegno [19]. Sono commosso ad aver contribuito con i film
a mantenere un ricordo “visivo” di una persona dalla eccezionale “mente visiva”.
Oltre che di un grande amico.
Bibliografia
[1] J. Plateau (1873) Statique expèrimentale et Thèorique des liquides soumis aux seules
forces moléculaires, Gauthier-Villars, Paris
[2] F. Almgren, J. Taylor (1976) The Geometry of Soap films and Soap Bubbles, Scientific American, July, pp. 82-93
[3] M. Bill (1993) “The Mathematical Way of Thinking in the Visual Art of Our Time”,
in: M. Emmer (ed.) The Visual Mind, Cambridge, Mass, pp. 5-9
[4] M. Emmer (1986) Dimensions, film and video, series Art and Mathematics, 27 minutes
[5] M. Emmer (2002) Mathematics and Art: the Film Series, Mathematics and Visualization series, Bruter, P.C. (ed), Mathematics and Art, Springer-Verlag, Berlin, pp. 119-133
[6] M. Emmer (2003) Films: a Communicating Tool for Mathematics, Mathematics and
Visualization Series, vol. 3, C. Hege, K. Polthier (eds) Mathematics and Visualization,
Springer-Verlag, Berlin, pp. 393-405
[7] M. Emmer (2004) The ‘Mathematics and Culture’ Project, J. Wang, B. Xu (eds.) Trends
and Challenges in Mathematics Education, East China Normal Univer. Press, Shanghai, pp. 85-103
[8] M.C. Escher (1961) The Graphic Work of M.C. Escher, MacDonald, London
[9] J. Hines, G. Wright, registi, Dihedral Kaleidoscopes; matematici: H.S.M. Coxeter e W.
O.J. Moser, modelli di J. Runyon, College Geometry Project, University of Minnesota
[10] A. Landy, regista, Symmetries of the Cube; matematico: H.S.M. Coxeter, College Geometry Project, University of Minnesota
[11] M.C. Escher (1971) The world of M.C. Escher, H.N. Abrams, New York
[12] M.C. Escher The regular Division of the Plane; ristampato in: F.H. Bool, J.R. Kist, J.L.
Locher, F. Wierda (eds.) (1982) M.C. Escher: his Life and Complete Graphic Work,
H.N. Abrams, New York
[13] H S.M. Coxeter (1961) Introduction to Geometry, J. Wiley & Sons, New York, p. VII
[14] H.S.M. Coxeter (1973) Regular Polytopes, Dover Publ., New York, p. 119
[15] H.S.M. Coxeter (1979) “The Non-Euclidean Symmetry of Escher’s ‘Circle Limit III’”,
Leonardo, 12, p. 19
[16] L. Saffaro (2004) Le forme del pensiero, catalogue of the exhibition, G.M. Accame (a
cura di) Edizioni Aspasia, Bologna
[17] M. Emmer, C. van Vlanderen (eds.) (1985) M.C. Escher, catalogue of the exhibition,
Ist. Olandese, Roma
[18] M. Emmer, D. Schattschneider (eds.) (2003) M.C. Escher’s Legacy, Springer-Verlag,
Berlin
[19] M. Emmer (2005),“The Visual mind: art, mathematics, cinema”, in: Proceedings of the
Toronto University meeting, Fields/AMS Communications, in corso di stampa
11
Donald nel paese delle meraviglie:
le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter*
SIOBHAN ROBERTS, ASIA IVIĆ WEISS
C’è un che di soddisfacente per un mistico in un tale mondo di
specchi. Poiché un mistico è una persona che ritiene che due
mondi sono meglio di uno solo. In effetti, il significato più alto
di tutto ciò, è che ogni pensiero è una riflessione.
Con questa citazione dal libro Man Alive di G.K. Chesterton, Donald Coxeter
invitava molti nel suo reame di geometria e, una volta portati lì, felicemente divagava sui ricordi del suo passato.
Un’infanzia precoce
Una delle prime fotografie di Donald Coxeter lo ritrae da bambino a circa tre
anni. Era tutto ben agghindato, portava una camicia con un colletto ornato e
dei calzoni alla zuava, con ciocche di ricci biondi fin sulle spalle ed era seduto
su una panca davanti ad un pianoforte a coda, con i piedi a penzoloni. Secondo l’analisi fatta dallo stesso Coxeter, le sue mani facevano finta di suonare il
pianoforte: egli posava per sua madre, e il ritratto di suo figlio in questa esatta
posa si trova ora presso l’università che frequentò, il Trinity College di Cambridge (il pianoforte si trova all’Istituto Fields). In quel periodo Donald aveva
tredici anni e non era solo diventato un discreto pianista per la sua età, avendo
imparato a suonare da uno degli amici musicisti del padre che frequentava il
loro grottesco salotto (in cui si trovavano non uno, ma ben due pianoforti a coda), ma componeva anche. Egli intitolò uno dei suoi arrangiamenti Autumn ed
un altro Devil, parte di un’opera chiamata Magic. Più tardi compose un quartetto d’archi in Fa minore, come pure alcune canzoni. Coxeter si ricordava spesso che sua madre lo portava da Gustav Holst per una valutazione delle sue opere. Holst era un compositore che risiedeva presso una scuola femminile poco
fuori Londra.“Non so come mia madre arrivò a lui,” disse Coxeter,“ma mi ci ha
portato per un lungo periodo e io gli mostravo alcune parti della musica che
avevo scritto e suonavo un po’ al pianoforte. Nel complesso deve aver pensato
che si trattava di ben poca roba”. Ricevettero pressoché la stessa risposta da un
compositore irlandese, C.V. Standford, che consigliò: “Educatelo dapprima”.
Da quel momento in poi – così continua la storia – i genitori tentarono di pro-
*
Traduzione dell’articolo Donald in Wonderland: The Many-Faceted Life of H.S.M. Coxeter, apparso sulla rivista
The Mathematical Intelligencer, vol. 26, n.ro 3 © Springer-Verlag New York, 2004.
13
matematica e cultura 2005
14
Un ritratto di Coxeter da bambino dipinto da sua madre (Tutte le illustrazioni sono usate
per gentile concessione di Susan Coxeter Thomas)
teggere Donald dal dispiacere del loro divorzio, mandandolo al collegio San George a Harpenden, poco fuori Londra. Il dodicenne Donald, tuttavia, trovò una via
di scampo migliore per i suoi pensieri. Creò una lingua personale e la chiamò
Amellaibian, un incrocio tra latino e francese. Riempì un libro di 126 pagine, in
cui raccontava nel dettaglio il mondo immaginario dove veniva parlato l’Amellaibian, un posto mitico di cui incluse anche delle cartine (anticipando Tolkien di
vari decenni). Scritto in maniera impeccabile a caratteri maiuscoli, degni di un disegnatore, il libro contiene anche un elenco di vocaboli, storie, genealogie, racconti e una parte intitolata “Compleanni delle fate e altri eventi”. Gradualmente,
il testo diventa molto numerico, con pagine e pagine di calcoli dedicati a pesi e
misure, formule, equazioni e numeri magici Amellaibiani (questi erano i numeri
della fattorizzazione del numero preferito di Donald in quel periodo, il 250).
Del suo periodo al collegio, Coxeter ricorderà: “Mi sentivo in carcere”. Si sentiva un miserabile, ma ha ammesso che il suo incontro formativo con la geome-
Donald nel paese delle meraviglie: le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter
tria era avvenuto a San George. Convalescente nell’infermeria scolastica a causa
della varicella, Donald si trovò nel letto accanto a quello di John Flinders Petrie,
figlio dell’egittologo ed avventuriero Sir William Matthew Flinders Petrie. Fu l’inizio di una lunga amicizia e collaborazione. I due cominciarono a discutere sul
perché esistevano soltanto cinque solidi platonici e passarono il loro tempo a
cercarne altri di dimensioni più grandi. Uno o due anni dopo, Donald vinse un
premio scolastico per un tema su come creare forme in più dimensioni. Lo chiamò Dimensional Analogy.
Il padre di Donald decise quindi che suo figlio meritava un ambiente educativo più stimolante. Portò Donald e il suo tema da Bertrand Russell. I padri di Russell e Donald erano entrambi dei pacifisti e si erano conosciuti a Londra in un
raduno di obiettori di coscienza durante la prima Guerra Mondiale. Russell convenne che Donald aveva un grande potenziale matematico e suggerì di mettersi
in contatto con E.H. Neville, il matematico che ha aiutato a portare Ramanujan
dall’India a Cambridge.
Fra le carte di Coxeter c’è una lettera datata 11 settembre 1923, inviata a Neville da un’amica di famiglia, la professoressa Edith Morley. Così scriveva:
Caro E. H.,
Mi sono presa una libertà che spero mi perdonerà! Un certo Donald Coxeter,
un ragazzo di 15 anni, che deve essere un matematico ed un musicista piuttosto insolito per la sua età, ha passato le sue vacanze estive scrivendo ciò che mi
dicono essere un trattato molto originale sulla quarta dimensione. Il ragazzo è
amico di una mia amica, la signora McKillop: non lo conosco di persona, ma
ho sentito parlare molto di lui e so che a scuola non riceve adeguata comprensione per i suoi risultati in matematica. Penso che lei mi perdonerà se lo
inciterò a scriverle e a chiederle di aiutarlo. Sembra che abbia letto il suo piccolo libro (penso proprio di aver ragione): in ogni caso, ne ha sentito parlare
e sente che lei è la persona giusta per aiutarlo.
Se il suo lavoro non promette nulla di buono, può scoraggiarlo senza problemi: se così fosse, il suo consiglio sarebbe inestimabile per lui. In seguito andrà
a Cambridge. Le scriverà non appena troverà il coraggio per farlo e spero tanto che lei non penserà che siamo troppo presuntuosi.
Con i miei migliori saluti,
Edith Morley
Esattamente lo stesso giorno, l’11 settembre del 1923, il prodigio in questione,
all’età di 16 anni, prese la penna e scrisse:
Caro Prof. Neville,
La professoressa Edith Morley mi ha suggerito di scriverle a suo nome. Sto per
andare a comprami il suo libro sulla quarta dimensione, dato che sono tremendamente appassionato di queste tematiche. Sto scrivendo anch’io un libro
sull’analogia dimensionale, di cui Le allego una bozza…
Vostro fiduciosamente,
Donald Coxeter
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matematica e cultura 2005
Donald aveva già quasi rinunciato a ricevere aiuto da Neville, quando un mese dopo arrivò la sua risposta. Fu fissato un incontro a San George. Neville fece
a Donald la domanda: “Cosa ha un limite?” Come ricordava lo stesso Coxeter,
quando non rispose “Una successione”, Neville gli consigliò di lasciare la sua attuale educazione scolastica (non si sa se la motivazione di Neville di toglierlo
dalla scuola fosse dettata dal fatto che era rimasto impressionato di non avere ricevuto una risposta ingenua alla sua domanda o costernato da una insufficiente; Donald, da ciò che ricordava di questa scena, optava con modestia per l’ultima delle due). Neville suggerì a Coxeter di lasciar perdere tutte le materie a parte matematica e tedesco e di fare una carrellata veloce delle altre in ripetizioni
private per Cambridge.
Un tutor adatto fu trovato in Alan Robson del Marlborough College. Donald
affittò una stanza da una famiglia della città e andava in bicicletta all’università,
dove Robson gli dava quotidianamente lezioni private durante il suo tempo libero (l’università non avrebbe accettato un nuovo studente di soli sedici anni).
Per quanto si sa, sembra che inizialmente egli fu classificato in fondo tra gli studenti di Robson: era ossessionato dalla quarta dimensione, ma tristemente indietro in alcuni fondamentali. Gradualmente salì dal fondo della classifica fino
ad essere il primo della classe, cosa resa possibile non solo per il fatto che trascurava le altre materie, ma anche perché gli era stato espressamente vietato di
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Coxeter insieme a suo padre
Donald nel paese delle meraviglie: le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter
sognare a occhi aperti sui politopi, finché non aveva finito di fare tutti i compiti
del giorno. Ovviamente Coxeter non era riuscito ad astenersi del tutto dal farlo,
come raccontò pochi anni dopo:
Ho passato tuttavia una grande parte del mio tempo libero scrivendo ulteriori volumi di Dimensional Analogy. Ricorderò per sempre il fremito, l’eccitazione che ho sentito, mentre sedendo sotto un albero nella vicina foresta di Savernake ho riscoperto i politopi puri di Archimede in dimensione sei, sette ed
otto.
Più di quarant’anni dopo, il tema che aveva vinto un premio raggiunse il suo
compimento, quando Coxeter pubblicò il suo libro Regular Polytopes. Il suo extutor Alan Robson gli inviò una lettera di congratulazioni:
Sono contento di vedere i tuoi politopi finalmente stampati e il libro mi piace
molto. Le immagini e le tabelle sono molto piacevoli. Quanto tempo è passato
da quando, mentre studiavi per l’esame del Trinity, hai fatto quel proposito (te
lo ricordi?) di non lavorare alla quarta dimensione eccetto che di domenica.
Donald fu mandato via da Marlborough con un regalo d’addio del suo tutor.
Robson suggerì che Coxeter presentasse la sua opera al Mathematical Gazette. I
suoi tentativi di valutare il volume di un tetraedro sferico portavano ad alcuni
integrali definiti che, ammetteva, lo lasciavano perplesso. Nel volume 13 della
Gazzetta pubblicata nel 1926, Coxeter propose:
Può qualche lettore dare una dimostrazione elementare dei risultati che sono
stati suggeriti da considerazioni geometriche e verificate graficamente?
Cambridge, Princeton ed oltre
Per la festa di San Michele del 1926, Coxeter era partito alla volta di Cambridge, sostenuto da una borsa di studio di entrata e da una considerevole provvista
di marzapane fatto in casa da sua madre. Si sistemò nella stanza G9 della Whewell’s Court. Cosa ci potrebbe essere di meglio nei sogni più selvaggi di un fresco studente di matematica del Trinity, che ricevere a novembre una risposta alla sua domanda pubblicata nel Mathematical Gazette. Arrivò una lettera raccomandata nientemeno che da parte del grande G.H. Hardy, e poi da un professore di geometria di Oxford.“Ho tentato in tutti i modi di non passare tutto il mio
tempo a risolvere i suoi integrali”, annotò Hardy al margine delle sue pagine di
calcoli, “ma per me la sfida di un integrale definito è irresistibile”. Questo fu un
rituale di passaggio: Coxeter era entrato nel reame della dialettica matematica.
A Cambridge, Coxeter si teneva in disparte studiando con molto rigore. La prima e unica menzione del suo nome nell’annuario del Trinity ci fu nel 1928 quando il circolo di discussione “Magpie e Stump” (circolo di chiacchiere e comizi) riportava:
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matematica e cultura 2005
Abbiamo due nuovi membri veterani, il Sig. J.A. Todd, che è troppo strano per
essere descritto a parole, ed il Sig. H.S.M. Coxeter, che è sempre molto buono
ed inintelligibile, ma terribilmente conciso.
Con J.E. Littlewood come suo consigliere di studi universitari, Coxeter completò l’esame Tripos con la posizione B Wrangler. Il suo consigliere di dottorato
fu H.F. Baker, che pure si era laureato a Cambridge nel 1888. Baker era rimasto a
Cambridge come studioso ed insegnante, e gli era stata assegnata la cattedra di
Astronomia e Geometria nel 1914. Ogni sabato mattina Coxeter faceva dalla sua
residenza (che ormai si trovava nel Great Court) una passeggiata in bicicletta di
dieci minuti, attraversando il fiume Cam, fino alla casa di Baker sulla Storey’s
Way, dove riferiva i suoi progressi. I sabato pomeriggio erano riservati ai famosi “ricevimenti pomeridiani” di geometria di Baker. Coxeter vi partecipava insieme a P. Du Val, G. de B. Robinson, J.A. Todd, D.W. Babbage, J.G. Semple, T.G.
Room, W.J. Welchman e William Hodge. Come annotato in uno degli articoli
commemorativi di Baker del 1956,
[Egli] radunava intorno a sé un gruppo di giovani, contagiati dal suo entusiasmo e dalla sua potenza evocativa … qui si riuniva l’ispirazione che ha fatto
della geometria la grande materia che è oggi in molte nostre università ed oltre oceano.
18
I discepoli di Baker erano tutti molto appassionati, nonostante alcuni abbiano
trovato queste riunioni – inevitabilmente di sabato – piuttosto stancanti. Baker
dal canto suo non si stancava mai, perlomeno in apparenza, e teneva vive le riunioni. Ogni studente aveva un pomeriggio a disposizione per presentare la sua
ricerca più recente, alla quale seguiva poi una discussione. Durante un pomeriggio del 1929 in cui toccava a Coxeter, come ha annotato nel suo Personal Record
Book of Fellows della Royal Society,
Ho descritto la successione di politopi “puri archimedei” nelle dimensioni 3, 4,
5, 6, 7, 8 (chiamate dopo (–1)21, 021, 121, 221, 321, 421) con il loro numero di vertici:
6, 10, 16, 27, 56, 240.
Continuando, Coxeter si spiega più nel dettaglio:
Uno dei geometri algebrici ha espresso subito il suo interesse, perché 6, 10, 16,
27 sono i numeri delle rette sulla superficie di Del Pezzo nelle dimensioni
6, 5, 4, 3. Du Val andò un passo più in avanti dichiarando che 2x28 erano il
numero di rette della “superficie di Del Pezzo” nella dimensione 2, superficie
che è costituita da due copie di un piano collegate lungo una quartica di genere 3; le rette corrispondono a coppie alle bitangenti alla quartica. Queste
considerazioni mi hanno condotto a scrivere il mio articolo sui politopi archimedei puri. Un giorno, durante una delle mie passeggiate solitarie in bicicletta sui “Gogs”, vidi come questi e altri politopi potevano essere dimostrati essere membri di una sola famiglia per mezzo dei simboli npq (per una fi-
Donald nel paese delle meraviglie: le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter
gura nella dimensione n+q+1). Questa riflessione portò al mio lungo articolo nel Philosophical Transactions di questa società.
In un’altra occasione, quando era di nuovo il turno di Coxeter al ricevimento
pomeridiano, egli invitò “zia Alice”, come la chiamava, a tenere una conferenza
congiunta, usando i suoi famosi modelli come sostegno. Era più nota con il nome di Alicia Boole Stott, una casalinga amante della geometria, cui Coxeter attribuiva l’introduzione della parola “politopo” nella lingua inglese intorno al
1902. La Stott era la figlia intermedia delle cinque di George Boole. Suo padre,
che era diventato famoso per l’algebra della logica pubblicata nel libro The Laws
of Thought 150 anni prima, era morto quando lei aveva quattro anni. Secondo le
valutazioni di Coxeter, ciò significava che le sue capacità matematiche erano puramente ereditarie. Attribuendo elogi, come sempre, solo dove era veramente
doveroso farli, Coxeter scrisse un esteso profilo biografico della Stott (come fece
per molti altri predecessori in quel campo della matematica), includendolo nel
suo libro Regular Polytopes. L’influenza della Stott sul lavoro di Coxeter è evidente dalla prefazione della sua dissertazione di dottorato. Egli scrisse:
Nei capitoli 7, 9 e 13 si trova un tentativo di esprimere in forma più generale alcune delle scoperte della sig.ra A. BOOLE STOTT e del prof. P. H. SCHOUTE.
Nel capitolo 10, per la sua conclusione logica, ho eseguito un suggerimento fattomi dalla sig.ra STOTT. SCHOUTE sembra invece non aver colto l’importanza delle “operazioni parziali” della STOTT, e conseguentemente si è perso una
famiglia infinita di politopi uniformi…
Anche Ludwig Wittgenstein aveva simpatia per Coxeter e lo scelse tra i sei studenti per il suo seminario sulla filosofia della matematica. “Ho preso un tè con
Wittgenstein ieri” disse in una lettera alla sua famiglia dei suoi ultimi anni al Trinity.“Parlò in maniera molto interessante della cecità e della sordità, e perché su
un cammello si soffre di mal di mare mentre su un cavallo no.” Aggiungendo alla fine: “Non sembra essere più anormale come prima.”
Wittgenstein ha fatto su Coxeter un’impressione simile a quella che Coxeter fece sui partecipanti alle discussioni da Baker: era inintelligibile. Wittgenstein si
rifiutava di tenere lezioni di cinquanta minuti, come era usanza, ma richiedeva
centocinquanta minuti, in parte perché gli ci voleva un’ora per entrare nel vivo
della questione ed in parte perché aveva l’abitudine di fermarsi a metà frase e tenere il suo pubblico in attesa mentre elaborava il prossimo punto o cercava la
parola successiva. Una volta Coxeter cronometrò una di queste pause che durò
per più di venti minuti, dopo i quali Wittgenstein continuò esattamente laddove
aveva lasciato il discorso, come se tutto fosse normale, e con nessuna scusa o
spiegazione. In un’altra occasione, Wittgenstein lamentò che l’aula delle lezioni
era troppo formale, e disse che preferiva un salotto privato. Coxeter offrì il suo
nella scala I della Great Court. Wittgenstein lo utilizzò a parecchie riprese, anche
dopo che Coxeter aveva abbandonato la classe per passare più tempo nella sua
ricerca matematica.
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matematica e cultura 2005
Non riuscivo a capire quel tipo di filosofia,
ricordava Coxeter,
ho pensato che fossero sciocchezze. Dopo tutto, non mi interessava. La sola cosa che ricordo delle sue opere è che il suo libro Tractatus Logico-Philosophicus
iniziava con le parole: “Il mondo è tutto ciò che è il caso”, e che finiva con la
famosa frase, “Di ciò di cui non si può parlare occorre tacere”.
20
Dopo aver ottenuto il suo dottorato a Cambridge, Coxeter alternò periodi di
lavoro tra Princeton e Cambridge (1932-33 Princeton, 1933-34 Cambridge, 1934-35
Princeton, 1935-36 Cambridge). In ogni campus si portava una collezione di
specchi che aveva fatto tagliare appositamente per i suoi scopi (ora si trovano all’Università di York). Sugli specchi erano fissati dei cardini, di modo che senza
molto sforzo potevano essere montati in maniera tale da diventare una versione
grezza di un caleidoscopio. Era un uomo quasi per niente vanitoso, ma amava i
suoi specchi. Nella documentazione del Progetto di Geometria del 1960, prodotta nell’Università del Minnesota, Coxeter e i suoi colleghi costruirono un gran
numero di caleidoscopi giganteschi. In uno egli collocò un triangolo su cui aveva stampato a chiare lettere la parola NONSENSE. In un altro posizionò l’amato
bassotto di sua moglie, Nico, il quale, immancabilmente ringhiò contro Donald
(come è ovvio che fosse).
Coxeter portava i suoi specchi in giro in sacchetti cuciti appositamente per lui
da sua madre. Di tanto in tanto nei suoi diari avrebbe annotato: “Riparazione degli specchi.” I cardini che incollavano uno specchio al prossimo, si erano forse
scardinati a causa della sua passione per una guida sfrenata. “Mi hanno beccato
a guidare troppo velocemente (65 miglia all’ora),” annotò un giorno, e un altro,
“Ho portato Pat [Du Val] ad estrarre un dente dal dentista (ho sbandato e ammaccato il parafango di un’altra automobile mentre andavo lì)”.
In età avanzata, Coxeter descrisse i suoi anni a Princeton, dove aveva studiato
con Oswald Veblen, Hermann Weyl, George Pólya, J.W. Alexander, L.P. Eisenhart,
J.H.M. Wedderbum, Eugene Wigner e Solomon Lefschetz, come i tempi più felici della sua vita. Faceva avanti e indietro da New York, andando appresso alle
donne, ma mai quanto alla matematica. I suoi corteggiamenti, tuttavia, erano
condannati a fallire a causa della loro predominante natura metafisica. Dopo
una delle delusioni, scrisse una lunga lettera in cui si confidò con suo padre, riferendo nel dettaglio il disastro romantico che gli era accaduto e poi chiudendo
con le parole:
Sto scrivendo tutto ciò a letto nel bel mezzo della notte. Sono troppo stravolto
da questi fatti per dormire. Adesso tenterò di trovare una consolazione nelle
Lectures on the Icosahedron di Klein.
Non molto dopo la sua seconda visita a Princeton, durante il suo ritorno a
Cambridge nell’agosto del 1935, Coxeter conobbe “la ragazza attraente olandese”
che divenne sua moglie: Rien Brouwer. Si incontrarono nel marzo del 1936 e, do-
Donald nel paese delle meraviglie: le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter
Coxeter a Cambridge
21
po un semplice corteggiamento di due mesi, in un cimitero, egli si dichiarò. Si
sposarono in tragiche circostanze in agosto nella chiesa Round Church di Cambridge, subito dopo la morte improvvisa del padre di Donald, che era annegato
per un attacco di cuore mentre nuotava nel Canale della Manica.
All’inizio del 1936, Coxeter rifiutò l’offerta di un posto universitario da assistente all’Università di Toronto. Baker stava andando in pensione e suggerì Coxeter come candidato per la sua cattedra da Lowdean di geometria. Era una posizione privilegiata, ma quell’estate seppe di aver perso la cattedra contro William Hodge, che aveva vinto il Premio Adams per la geometria nel 1934. Consultandosi con Baker, Coxeter realizzò che aveva poche opzioni. Si persuase a riconsiderare l’offerta di Toronto.“Molti uomini buoni hanno iniziato lontano dall’Inghilterra.” gli consigliò Baker, aggiungendo, “L’Europa di oggi sembra essere diventata matta. E comunque Toronto è un posto stimolante.” Il 6 giugno Coxeter
telegrafò a Samuel Beatty, poi al direttore del dipartimento di matematica a Toronto, chiedendo se, dopo tutto, era ancora possibile accettare l’offerta. Un “sì” via
telegramma arrivò due giorni dopo. Il 3 settembre, la coppia di sposi novelli salpò per il Canada. Coxeter passò quasi tutta la sua vita da matematico all’Università di Toronto, a parte numerosi posti da visiting professor in giro per il mondo.
Poco prima di lasciare Cambridge, Littlewood chiese a Coxeter di scrivere
l’undicesima edizione dei Mathematical Recreations & Essays di W.W. Rouse
Ball. Gli appunti lasciati a Littlewood da Ball (che era stato il tutor di Littlewood
matematica e cultura 2005
a Cambridge dal 1903 al 1906) passarono a Coxeter. Nel 1938 egli completò la revisione, che includeva un nuovo capitolo sui poliedri. Questo capitolo fu scritto
nello stesso stile con cui più tardi scrisse il suo Regular Polytopes. Vi aggiunse
anche un capitolo sulla crittografia, scritto soprattutto da A. Sinkov, con cui Coxeter ebbe una lunga corrispondenza per tutta la vita (si conobbero, probabilmente, durante la seconda visita di Coxeter a Princeton).
Fu grazie ai Mathematical Recreations che Coxeter incontrò per la prima volta John Horton Conway. Anche se Conway non studiò mai insieme a Coxeter, si
considerava comunque uno studente d’onore, a causa della natura “coxeteriana”
di alcune delle sue opere. L’unione dei loro geni avvenne nel marzo del 1957,
quando, mentre era studente al Caius College a Cambridge, un Conway adolescente scrisse una lettera a Coxeter, che iniziava così:
Caro Signore,
Nell’ultimo anno la mia copia della sua edizione del Mathematical Recreations
di Ball ha accumulato un numero sorprendente di note al margine ed alcune
correzioni. Della maggior parte di queste non si può dire che siano adatte per
essere pubblicate nelle successive ristampe, ma una o due mi sembrano importanti …
22
La lettera continuava per cinque pagine. I piccoli scarabocchi erano interrotti
soltanto da una selezione di pochi grafici, inclusa una versione molto ben fatta
di un quadrato magico. Conway concluse la lettera dicendo:
L’ultimissima mia osservazione è una domanda. Dove posso trovare le informazioni necessarie per disegnare un {5, 3, 3}, oppure devo elaborare i dettagli
da solo? Le sarei molto grato se potesse fornirmi alcune informazioni accessibili.
Vostro fiduciosamente,
J. H. Conway
Contributi matematici
Nei diari che Coxeter ha scritto per quasi tre quarti della sua vita, una parte
dei quali oggi si trova in archivio all’Università di Toronto, egli parlava soprattutto degli impegni sociali, di seminari occasionali, di libri e concerti. Molto raramente prendeva nota dei manoscritti che stava ultimando e di teoremi che
aveva dimostrato o stava per dimostrare. Il 22 febbraio del 1933, per esempio,
scrisse: “Ho dimostrato (mentre mi stavo alzando) che tutti i prodotti continui
di generatori sono coniugati”. Questo prodotto di generatori è stato chiamato
elemento di Coxeter ed il suo ordine numero di Coxeter.
Sarà per il suo lavoro sui politopi regolari, sulla riflessione dei gruppi e settori collegati a questi, che Coxeter sarà ricordato. Un gruppo generato da involuzioni e definito da relazioni che specificano il periodo dei prodotti di tutte le
coppie di generatori, è noto come gruppo di Coxeter. Ispirato da un suo commi-
Donald nel paese delle meraviglie: le varie sfaccettature della vita di H.S.M. Coxeter
litone, J.A. Todd, con cui più tardi fece una relazione su quest’argomento, Coxeter investigò i gruppi di simmetrie dei politopi regolari. Infine, questo lo portò a
studiare sistematicamente i gruppi di riflessione. In una serie di articoli, finita
nel 1933 [1,2,3], Coxeter diede una classificazione completa dei gruppi discreti generati da riflessioni (finite ed infinite) in spazi sferici ed euclidei.
Il nome di Coxeter viene anche associato ad un grafo, corrispondente al gruppo di Coxeter, dove i vertici del grafo rappresentano i generatori involutivi.
Quando i generatori commutano, i vertici corrispondenti non sono collegati. Altrimenti, i vertici sono collegati ed i lati del grafo sono etichettati con numeri interi ≥ 3 o con il simbolo ∞. L’etichetta sotto il lato che collega due vertici del grafo indica l’ordine del prodotto dei generatori corrispondenti. Sebbene Coxeter
scrisse che aveva cominciato ad usare i grafi per rappresentare le riflessioni durante la sua visita a Princeton nel 1932, il primo riferimento all’uso di un grafo
può essere trovato in un articolo che pubblicò nel Journal of the London Mathematical Society [1], che presentò il giorno del suo compleanno, il 9 febbraio del
1931. La prima apparizione dei grafi pubblicata si trova negli Annals of Mathematics del 1934 [2]. Aveva completato questo articolo durante la sua prima visita a Princeton nel febbraio del 1933. E.B. Dynkin ha essenzialmente riscoperto la
stessa notazione indipendentemente alcuni anni dopo. Coxeter salutò questa notizia cordialmente e non in termini di competizione e fu particolarmente soddisfatto della comunicazione che ne risultò con Dynkin. Coxeter amava raccontare i dettagli di una lettera di Dynkin, datata 3 aprile 1984, in cui Dynkin osservava, “Colpisce che la mia notazione risultò essere così simile alla sua. Questo
mostra, probabilmente, come queste notazioni siano naturali”.
Mentre si trovava a Princeton nel 1933, Coxeter aveva iniziato ad enumerare le
stellazioni di un icosaedro (è stato certamente il primo a completare l’enumerazione). Tornato in Inghilterra, egli collaborò con Petrie e Du Val, che eseguirono
dei disegni al tratto, e anche con Flather, che fece dei modelli di questi poliedri
(Coxeter ricordava che, dato che Flather era piccolo quasi come un nano, era più
facile per lui produrre modelli così intricati). Flather completò ventiquattro di
questi modelli e, per metterli al sicuro, li spedì a Coxeter prima della seconda
Guerra Mondiale, temendo che potessero essere distrutti se fossero rimasti in
Inghilterra (uno fu danneggiato durante il trasporto, ma i ventitré restanti sono
conservati oggi all’Università di York). Dopo la guerra, Flather fece un’altra serie
di modelli, questa volta completa, delle cinquantanove stellazioni (conservato al
Trinity College a Cambridge). Il manoscritto sui cinquantanove icosaedri è stato completato da Coxeter una volta tornato a Toronto e fu presentato nel 1938.
G. de B. Robinson era stato di valido aiuto nel portare Coxeter a Toronto (i due
si erano conosciuti ai ricevimenti pomeridiani di Baker nel 1928). Coxeter, Robinson e Richard Brauer fondarono il Canadian Journal of Mathematics, con
Coxeter che aveva l’incarico di primo redattore capo. Era anche grazie a Robinson che Coxeter si era imbattuto nella costruzione di Wythoffs, argomento di
molte lezioni universitarie successive. Secondo Coxeter, Wythoff nel 1918 aveva
ricavato dei politopi dal gruppo {3,3,5} e osservava che “un’investigazione simile … può essere intrapresa … per ciò che riguarda le altre famiglie di politopi
…”. Nel 1930, Robinson fornì una dimostrazione del risultato. Questa costru-
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Armando Pizzinato, Autoritratto