Poeti si nasce … o si diventa?
Domanda:
Basta avere la tecnica per essere poeti
o
bisogna “sentire” da poeti?
Comprensione
durevole:
Gli studenti comprenderanno la specificità
del linguaggio poetico come forma espressiva
in cui il significante acquista un ruolo
privilegiato nel comunicare il messaggio
INNOVADIDATTICA 2009-2010
“Poeti si nasce ... o si diventa?
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l’officina dei poeti: le varianti
Giacomo Leopardi “a Silvia”
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
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“Poeti si nasce ... o si diventa?
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l’officina dei poeti: le varianti
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
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“Poeti si nasce ... o si diventa?
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l’officina dei poeti: le varianti
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.
Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
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l’officina dei poeti: le varianti
A Silvia. 1828
cc.2 mm.170x117
C.L.XXI.7a
L'incipit del canto reca il sovvienti che passerà inalterato all princeps del '31, per poi mutare nel rammenti dell'edizione
napoletana e, infine, dall'esemplare di scarto adoperato dall'autore per le correzioni, in rimembri.
L'autografo - come sempre una bella copia, in cui testo e varianti sono tratti da precedenti stesure - restituisce uno stadio
quasi definitivo dell'elaborazione: un'unica variante (La fredda morte ed una tomba ignuda, v.62) viene successivamente
accolta (in luogo di Un sepolcro deserto, inonorato). I margini interni, demarcati da una piegatura delle carte, accolgono
una varia lectio che assembla il passato del testo (le varianti genetiche) con il futuro (le opzioni alternative): dunque - più
che "storia raggelata", più che archivio di "antiche varianti ... trascritte per memoria" da precedenti stesure andate smarrite o
distrutte (De Robertis) - forse una materia ancora viva, ha osservato il Gavazzeni, che arricchisce il dettato poetico di
ulteriori potenzialità linguistiche e costituisce il punto di partenza per la rielaborazione della stesura-base. In questo caso
come in altri, all'esemplazione del testo fa séguito con ogni probabilità la trascrizione dell'apparato variantistico, che offre a
sua volta lo spunto per la correzione: così al v.4 l'autore depenna sguardi incerti a beneficio di occhi tuoi ridenti, sulla
scorta dell'alternativa E ne gli occhi tuoi molli/ e fuggitivi. dolci, va=ghi, segnata al margine. Anche i vv.17-18 (Ove il
tempo mio primo l E di me si spendea la miglior parte), accorpati al testo mediante segno di richiamo e tracciati al lato con
inchiostro più chiaro, possono forse interpretarsi come il recupero di un'omissione, più che come una integrazione: versi
appartenenti ad una precedente stesura, prima ripudiati (o semplicemente saltati per accidente di copiatura), poi riaccolti in
una fase successiva. Al medesimo luogo attiene peraltro una serie di prove (Ov'io di me spendea, Ov'io ponea ... Ove il fior
de le forze ec.) accantonate sul verso del secondo foglio probabilmente per carenza di spazio al margine inferiore di c.1r.
All'intento di riparare ad una caduta provvisoria è da ascriversi anche l'inserimento interlineare del v. 35 (E tornami a doler
di mia sventura), che tuttavia non evidenzia diversità di inchiostro e deve ritenersi contestuale alla trascrizione-base: forse
un semplice saut du même au même dovuto alla contiguità di un verso con la stessa desinenza; accidente di copiatura,
dunque, piuttosto che "mancanza di una misura" colmata da un'aggiunta, come volle il Contini. Il canto fu pubblicato per la
prima volta nell'edizione fiorentina del '31, dove segue Il risorgimento e precede Le ricordanze.
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l’officina dei poeti: le varianti
Giuseppe Ungaretti
Soldato (1916)
Di che reggimento siete
fratelli?
Fratello
tremante parola
nella notte
Come una fogliolina
appena nata
Fratelli
saluto
accorato
nell’aria spasimante
implorazione
sussurrata
di soccorso
all’uomo presente alla sua
fragilità
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Fratelli (1943)
Di che reggimento siete
fratelli?
stesura
definitiva
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
“Poeti si nasce ... o si diventa?
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l’officina dei poeti: le varianti
Giuseppe Ungaretti
In memoria (1916)
In memoria
di
Moammed Sceab
Amò la Francia
e mutò nome
in Marcel
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
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prima stesura
L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Saprò
fino al mio turno
di morire
Locvizza, il 30 settembre 1916
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l’officina dei poeti: le varianti
Umberto Saba
“Da un colle”
Era d’ottobre; l’ora vespertina
di pace empiva e di dolcezza il cuore.
Solitario il sentier della collina
salivo dietro un bue e un agricoltore.
Giunto alla vetta, scorsi in un fulgore
Trieste con le chiese e la marina;
e in un boschetto, come un rosso fiore,
l’amata casa sull’opposta china.
Delle squille veniva a me il richiamo.
E come all’orizzonte il sol calato,
faceva i vetri delle case ardenti,
d’un pino al tronco m’appoggiai beato,
ne svelsi, sospirando, un basso ramo,
e diedi un nome, un caro nome, ai venti.
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l’officina dei poeti: le varianti
Salvatore Quasimodo da “Oboe sommerso”
1932
Sera: luce addolorata,
pigre campane affondano,
semitoni d’alberi e vento.
Non dirmi parole;
in me tace amor di suoni
e l’ora è mia sì che fiaba
a chiusi occhi non pose
nei giorni dei colloqui
con l’aria e con le selve.
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1942
stesura
definitiva
Sera: luce addolorata,
pigre campane affondano.
Non dirmi parole; in me tace
amor di suoni, e l’ora è mia
come nel tempo dei colloqui
con l’aria e con le selve.
“Poeti si nasce ... o si diventa?
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l’officina dei poeti: le varianti
Eugenio Montale
“Ho sceso, dandoti il braccio…”
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
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Prima stesura:
“due occhi vedono meno
di quattro. Le ho scese
perché credevo …”
“Poeti si nasce ... o si diventa?
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l’officina dei poeti: le varianti
Esperienza per l’apprendimento-5/: L’officina dei poeti: le varianti
La classe è divisa in gruppi: il docente consegna ad ogni gruppo il materiale da
leggere e analizzare, fornendo le indicazioni per il lavoro. Il materiale consiste in
tre/ quattro testi poetici del ‘900 (Ungaretti, Saba, Montale) di cui vengono fornite,
oltre alla versione definitiva, anche le precedenti stesure. In ogni gruppo gli
studenti dovranno evidenziare e riportare su una scheda, proposta da loro, le
varianti, provando poi a fornire una spiegazione argomentata (utilizzando gli
elementi di comprensione del testo poetico in loro possesso) della scelta finale del
poeta. Per ciascun gruppo un portavoce relazionerà il lavoro fatto. Il docente
riepilogherà il lavoro degli studenti, facendo emergere una possibile chiave
interpretativa.
• Abilità/competenza: compiere delle scelte motivate, collaborare, analizzare
parole e figure retoriche, esplicitare la strategia di analisi di un testo
• Disposizione della mente: applicare la conoscenza pregressa a nuove situazioni
• Valutazione continua: osservazione diretta degli studenti e ascolto dei
portavoce
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