Con il Patrocinio di
Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 – Milano
Lunedì, 2 marzo 2015 – ore 21.00
SERIE «FESTIVAL OMAGGIO A MILANO» 2015
«Il Genio è Donna»
PIANO SYMPHONY
DUO PIANISTICO
SOFYA GULYAK, LUCA SCHIEPPATI
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JOHANNES BRAHMS (1833-1897)
Variazioni su un Tema di Haydn op. 56b (2 pf.)
Tema. Andante; Variazione I. Poco piu animato; Variazione II. Piu vivace; Variazione III. Con
moto; Variazione IV. Andante con moto; Variazione V. Poco presto; Variazione VI. Vivace;
Variazione VII. Grazioso; Variazione VIII. Presto non troppo; Finale. Andante
2 Rapsodie op.79 (pf. S. Gulyak)
n.1 Agitato; n.2 Molto passionato, ma non troppo allegro
(1770-1827) LUDWIG VAN BEETHOVEN/FRANZ LISZT (1811-1886)
dalla Sinfonia n.5 op. 67: I movimento, Allegro con brio “Il Destino che bussa alla porta”
dalla Sinfonia n.3 op. 55: II movimento, Marcia funebre (pf. L. Schieppati)
dalla Sinfonia n. 9 op. 125: Finale, "Inno alla Gioia" (2 pf.)
Presto - Allegro assai – Recitativo – Coro (Freude, schöner Götterfunken): Allegro assai
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Si ringraziano
SOFYA GULYAK - Nel 2009 ha vinto il I premio e la Medaglia d'Oro Principessa Maria al XVI
Concorso Internazionale di Leeds. È stata la prima e unica donna a ottenere questi premi. Vincitrice
del I premio ai concorsi: William Kapell (USA), Maj Lind (Helsinki), Tivoli (Copenhagen), etc.. Ha
vinto il II premio (primo non assegnato) al Concorso Busoni e il III al Marguerite Long di Parigi.
Nata a Kazan dove ha studiato in un collegio musicale e poi al Conservatorio di Stato con
Burnasheva, si è diplomata anche all'Ecole Normale Alfred Cortot (Parigi). Ha proseguito gli studi
all'Accademia "Incontri con il Maestro" di Imola dove ha studiato con Petrushansky e al Royal
College of Music di Londra con Latarche. Sofya Gulyak ha suonato come solista con London
Philharmonic, Finnish Radio Symphony, Filarmonica di San Pietroburgo, Royal Liverpool
Philharmonic, BBC Scottish, Bucharest Philharmonic, Leipzig Philharmonic, Helsinki Philharmonic,
Orchestre National de France, etc... Ha collaborato con Ashkenazy, Oramo, Elder, Hill, Runnicle,
Petrenko, Buribayev, Guschlbauer, Mastrangelo, Mariotti, Mansurov, etc... Ha partecipato a: Klavier
Festival Ruhr, Festival Chopin di Duzniki-Zdroj, Festival Internazionale di Strasburgo, Festival
Busoni, Ravello Festival, Festival Chopin di Parigi, Shanghay International Piano Festival etc... Sofya
Gulyak inoltre ha partecipato come membro della giuria in concorsi pianistici internazionali in Italia,
Serbia, Francia, Grecia, Stati Uniti; ha insegnato in corsi di perfezionamento in Cina, Italia, Australia,
Nuova Zelanda, Filippine, Hong Kong. Numerosi suoi concerti sono stati trasmessi da radio e
televisione in Russia, Polonia, Francia, Italia, Germania, Stati Uniti, Finlandia, Danimarca, Serbia,
Nuova Zelanda, Regno Unito etc… È ospite di Serate Musicali - Milano dal 2007.
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Il medagliere è da Piazza Rossa o – se vogliamo – spaziale. Ma - per fortuna sua e nostra- Sofya
Gulyak non ha per professione il vincere Concorsi. É ben vero che i Concorsi avvicinano la musica
allo sport. Ma forse lo sport più bello è quello di NON vincere concorsi. Su questo eran con noi
d’accordo Edwin Fischer, Carlo Zecchi, Jorge Bolet, Shura Cherkassky etc. In tutti i casi alla geniale
Sofya Gulyak diciamo: «Cara e grande Sofya, non lo fare più!». (H.F.)
LUCA SCHIEPPATI - Nato a Milano nel 1964, è concertista, didatta, organizzatore di eventi
musicali; si diploma con lode e menzione d'onore nel Conservatorio della sua città con Paolo
Bordoni, perfezionandosi poi a Roma con Aldo Ciccolini. È stato vincitore o premiato in
numerosissimi concorsi nazionali e internazionali. Ha eseguito un vastissimo repertorio solistico e da
camera, con particolare attenzione per Autori e brani di rara esecuzione, anche su strumenti storici,
esibendosi per importanti istituzioni concertistiche in Italia e all’estero. Coltiva da anni la prassi
esecutiva su strumenti storici: ha più volte partecipato ai concerti del museo Poldi Pezzoli di Milano,
suonando su fortepiani Pleyel, Erard, Walter, Schanz e Boisseleau della collezione Giulini. Sul
pianoforte Steinway appartenuto a Liszt ha eseguito, presso il Museo del Teatro alla Scala, l'Integrale
delle Parafrasi di Franz Liszt da Opere di Giuseppe Verdi e le Stagioni di Ciaikovski. Oltre che dai
suoni del passato, è attratto anche da quelli del presente e del futuro: sul versante della musica
contemporanea è stato protagonista di numerose prime esecuzioni di opere di Sonia Bo, Carlo
Boccadoro, Lorenzo Ferrero, Carlo Galante, Jose Manuel Lopez-Lopez, Dario Maggi, Nicola Sani.
Dal 2007 è titolare della cattedra di pianoforte presso il Conservatorio "Guido Cantelli" di Novara.
Apprezzato anche come conferenziere, è frequentemente invitato a presentare al pubblico
programmi e stagioni concertistiche; i suoi stessi concerti diventano spesso momenti di riflessione e
approfondimento sui brani in programma. Convinto dell’importanza della divulgazione culturale,
svolge una intensa attività di organizzatore: nel 1998 ha curato la stagione da camera dell’Orchestra
Cantelli di Milano; dal 2001 è direttore artistico dei Concerti di Spazio Teatro 89 e, dal 2004, degli
Spazi Scopricoop di Milano, (più di 700 concerti e diverse edizioni di concorsi di pianoforte e
musica da camera). Ha incarichi di consulenza artistica per Serate Musicali di Milano, Fondazione
Serbelloni, Elisarion di Minusio (Locarno, CH). Dal 2010 collabora con l’associazione Donatori di
Musica, della cui meritoria attività è convinto promotore.
SI RACCOMANDA DI SPEGNERE I TELEFONI CELLULARI
É VIETATO REGISTRARE SENZA L’AUTORIZZAZIONE DELL’ARTISTA E DELL’ORGANIZZAZIONE
Non proprio di Haydn, ma è come se lo fosse
Il tema da cui Brahms trae le Variazioni op.56 (nelle due versioni, 56a per orchestra e 56b per due
pianoforti, entrambe ultimate nel 1873) funge da secondo movimento in un Divertimento in si
bemolle maggiore attribuito ad Haydn e catalogato come Hob. II/46. Anche se sulla paternità
haydniana vi sono non pochi dubbi (più probabile si tratti di opera di Ignaz Pleyel, che di Haydn fu
allievo; e comunque, il tema in questione è un antico canto processionale austriaco, il “Chorale in
honorem St. Antonii”), il rifarsi almeno idealmente al padre della Sinfonia era per Brahms un modo
per celebrare e perpetuare la gloriosa tradizione del classicismo viennese. Le Variazioni brillano per
la loro gioviale, estroversa espansività, e mostrano la piena maturità di Brahms nel dominio
dell'elaborazione tematica e della tavolozza orchestrale. Consapevole di questa raggiunta maestria,
pochi anni dopo, nel 1876, Brahms presentò la sua prima Sinfonia, ormai attesissima nell'ambiente
musicale germanico da tutti coloro, in primis il musicologo Eduard Hanslick, che vedevano
nell'amburghese il degno erede di Beethoven, capace di arginare con la solidità delle forme classiche
le fumisterie filosofeggianti del wagnerismo. Il Finale della Sinfonia op. 68, con il suo esplicito
ammiccare alle movenze dell’Inno alla Gioia beethoveniano (a chi, credendo di smascherare chissà
qual segreto, gli faceva notare la somiglianza, Brahms rispondeva con acida ironia: “anche un asino
se ne sarebbe accorto”) si può considerare paradigmatico per comprendere sia le affinità, sia le
divergenze tra il modello e la copia, ovvero tra una sfrenatezza che frantuma la forma classica per
osare vie nuove, e una riflessività che interiorizza i contrasti e li sublima in nuovi equilibri.
“Sonate, o piuttosto delle Sinfonie velate”
Brahms arriva alla Sinfonia in età matura; ma il carattere sinfonico della sua musica è presente già
nelle opere degli anni giovanili, grazie a un pianismo magniloquente capace di utilizzare i diversi
registri come fossero le diverse sezioni di un'orchestra. A Schumann ciò non era sfuggito, quando
nella profetica recensione “Vie nuove” scritta nel 1853 dopo l'incontro con il ventenne “signor
Brahms di Amburgo”, chiama “Sinfonie velate” le Sonate op.1, op.2 e op.5, così descrivendone le
esecuzioni ascoltate dallo stesso Autore: “...egli trasforma il pianoforte in un'orchestra dalle voci di
volta in volta esultanti o supplichevoli” E a queste caratteristiche di ricerca timbrica e di espansione
dinamica si può ricondurre tutta la produzione per pianoforte di Brahms, almeno fino al concerto
op.83 (le estreme raccolte dall'op.116 all'op.119 si collocano invece più nell'estetica del pezzo lirico).
I due brani dell'op. 79, intitolati “Rapsodie” sebbene di rapsodico non abbiano poi molto (certo la
citazione del Volkslied op.68 n.9 di Schumann che apre la sezione centrale della n.1 è inaspettata e
sorprendente; ma la struttura formale di entrambi i pezzi è comunque solidamente ancorata al
bitematismo della forma Sonata, per quanto sapientemente commisto con la forma di Canzone
ternaria), sono anch'essi doviziosi di effetti sinfonici, con grandi contrasti dinamici, continui cambi
di registro, ampie tessiture in simultanea risonanza.
Il Destino bussa sempre (almeno) 4 volte
Pare che il genere umano abbia bisogno di miti (anzi, meglio scrivere di Miti, perché altrimenti
potrebbe sembrare ci si riferisca a dei miti evangelicamente intesi, dei quali purtroppo l'umanità solo
assai raramente sembra sentire la necessità). E pare che la mitopoiesi sia pressochè inesauribile,
come a suo tempo dimostrato da Roland Barthes nelle sue acute e argute analisi dei “Miti d'oggi”
(che, per chi non lo ricordasse, spaziavano da Brigitte Bardot, al tour de France, allo strip-tease).
Quindi, perché non mitizzare una Sinfonia di Beethoven, e perché non la Quinta? Si tratta infatti di
uno di quei brani la cui ricezione è stata foriera di suggestioni, impressioni, narrazioni che ne hanno
senz'altro travalicato i dati oggettivi. Questi ultimi, soprattutto nel primo movimento, comunque ben
si prestano a interpretazioni e sovra-interpretazioni: dalla ossessività ritmica del materiale tematico,
alla stringente, inesoralbile logica dello sviluppo di esso, al parossismo dinamico dei punti
culminanti, tutto sembra favorire un ascolto puramente emotivo, che innesca quel “...meccanismo
dell'orrore, della paura, del terrore, del dolore...” nonché “quella nostalgia infinita che è l'essenza del
romanticismo” di cui scriveva E.T.A. Hoffmann nella sua celebre recensione di questo pezzo. E poi
c'è la faccenda del Destino; sì, il “ta-ta-ta-taaaa” che, pare, lo stesso Beethoven (incautamente, mi
vien da dire) abbia identificato come il bussare del Fato alla nostra porta, e che da allora è divenuto
topos prediletto cui attingere, o almeno alludere, ogni qual volta si volesse esprimere cupa fatalità;
quattro rintocchi, tre brevi e una lunga, sorta di alfabeto Morse dell'inquietudine, caratterizzano
anche, solo per dire dei primi che mi sovvengono, l'incipit del Secondo Scherzo chopiniano, così
come quello, a quest'ultimo sicuramente ispirato, dell'ouverture della “Potenza del Fato” verdiana.
Per non dire delle innumeri citazioni pressochè letterali, dalla Sonata dello schumanniano Ludwig
Schuncke fino alla romanza “Fato” di Rachmaninov. E poi c'è Radio Londra; ma questa è tutta
un'altra storia.
“...e dei dì che furono/L’assalse il sovvenir”
L'episodio è assai noto: la dedica al Bonaparte era già scritta sul frontespizio della Sinfonia Eroica,
ma Beethoven la cancellò con furia quando venne a sapere che il Primo Console si era proclamato
Imperatore, rinnegando quegli ideali libertari di cui sembrava volesse essere divulgatore e
propulsore. Nello spazio lasciato vuoto dal gran nome, Beethoven aggiunse comunque un
sottotitolo evocativo al già evocativo titolo di Eroica: “composta per festeggiare il sovvenire di un
grand’Uomo”. Lascerei perdere l'indagine su chi potesse essere, uno volta escluso Napoleone,
questo Grand'Uomo, e mi soffermerei invece su quel verbo sovvenire: in che senso lo dobbiamo qui
intendere? Come il sopravvenire di un avvenimento futuro e auspicato; o come il rimembrare ciò
che è stato e non è più? Il fatto che il grand'uomo sia tale, e per di più da festeggiare, farebbe
pensare che in qualche modo abbia già dato prova di sé e del suo valore; ma la formulazione del
sottotitolo potrebbe anche suggerire che si festeggia un avvento anche solo perché interrompe il
perdurare di anni bui, di accadimenti luttuosi o comunque sgraditi. E come interpretare la presenza,
nel festeggiare il Grand'Uomo, di una Marcia Funebre? E' forse una riflessione preventiva sulla
solennità di un momento che prima o dopo necessariamente coinvolgerà, percossa e attonita, tutta la
terra al doloroso nunzio? Stante l'ambiguità, che ci ricorda quanto siano sempre labili i collegamenti
tra la musica “assoluta” e le ispirazioni extra-musicali, mi piace comunque pensare che il sovvenire
beethoveniano sia in qualche modo affine al sovvenire leopardiano: “...e mi sovvien l'eterno,/e le
morte stagioni, e la presente/ e viva, e il suon di lei...”
“O amici, non questi suoni! bensì altri più piacevoli, e più gioiosi”
Con queste parole, scritte da Beethoven stesso e musicate nello stile di un Recitativo prima dell'Ode
alla Gioia su testo di Schiller, Beethoven dichiara apertamente la volontà di avventurarsi in territori
musicali ancora inesplorati. Del resto, la Gioia, per esser tale, deve anche essere Libertà, e infatti la
struttura formale del Finale beethoveniano è libera quant'altre mai, e ancor più libero, per non dire
gioiosamente anarchico, è lo stile, che in un geniale sincretismo unisce linguaggi di varia
provenienza, dalla Sinfonia, all'Opera, alla musica sacra, fino agli arcaismi modaleggianti dell'episodio
“Seid umschlungen, Millionen!” E' un po' come se Beethoven avesse anticipato nei fatti la riflessione
mahleriana secondo cui “una sinfonia dev’essere un mondo”, un mondo dove elementi “alti” e
“bassi” coesistono e si integrano in felice complementarità . E senza dubbio sia la disinibita, a tratti
chiassosa festosità, sia la audace concezione di “forma aperta” furono tra i motivi che decretarono
per la Nona al contempo la grande popolarità così come la discontinuità dei giudizi critici, tra i quali
spiccano quelli, antitetici ça va sans dire, di Giuseppe Verdi e di Richard Wagner: se quest'ultimo
esaltava l'Inno alla Gioia quale antecedente del suo Wort-Ton-Drama, il bussetano osservava invece
che la Nona era “sublime nei suoi primi tre tempi” ma “pessima come fattura nell’ultima parte”. Pur
da verdiano convinto, me la sento di dire che forse, per una volta, aveva ragione il Tedesco.
88 (e più) sfumature di bianco e nero
Il pianoforte è strumento trascrittore per eccellenza: la comodità di poter riassumere un’intera
partitura su due pentagrammi da eseguirsi con due sole mani (e talvolta anche una sola) è sempre
stato stimolo irresistibile a trasporre sulla tastiera tutto lo scibile musicale. E a parte questi motivi di
mera praticità, credo sia il suono stesso del pianoforte a prestarsi, in virtù delle sue particolarissime,
sfuggenti qualità timbriche, ai più diversi travestimenti: mi è sempre piaciuto considerare il
pianoforte come un imitatore, ovvero uno strumento che, forse perché un po' vergognoso
dell'origine duramente, macchinosamente percussiva del proprio suono, cerca in tutti i modi di
nascondere la propria natura con mille trucchi illusionistici, fingendosi continuamente ciò che non è
e non può essere. E anche se il pianismo del ‘900 ha in gran parte smascherato queste illusioni,
restituendo ai martelletti il loro ruolo primario di oggetti contundenti, la storia del pianoforte
rimane, come acutamente osservato da Piero Rattalino, la storia di un’utopia, quella di far cantare e
legare delle corde percosse ben sapendo che quando si parla di “cantabile” e di “legato” riferendosi
al pianoforte si tratta, se non di un inganno, quanto meno di una ardita metafora. Ecco perché l'arte
della trascrizione è così importante per il repertorio pianistico: preso atto che la voce dello
strumento è pressochè sempre allusiva di altre voci e di altre modalità di emissione, se ne deduce
che, dal punto di vista della tecnica del tocco, tra una Sonata di Beethoven che ci stimola a trovare
effetti sinfonici, o un Notturno di Chopin in cui cerchiamo di emulare Giuditta Pasta, e una
trascrizione di Liszt che trasforma Sinfonie, Arie e Lieder in pezzi da concerto per pianoforte, non
v'è differenza alcuna. E anzi, la trascrizione, in cui il gioco allusivo e imitativo si fa esplicito, diviene
l'ambito pianistico per eccellenza, la palestra ideale per sviluppare e affinare la sensibilità per le
sfumature potenzialmente infinite del tocco. A dispetto di queste considerazioni, le trascrizioni sono
a lungo state relegate in una sorta di limbo estetico, tollerate come inutili sfoggi di virtuosismo, se
non addirittura respinte come dannose per una corretta ricezione degli originali. Oltre a non pochi
detrattori, le trascrizioni hanno però trovato anche autorevoli sostenitori; fra questi, oltre a Franz
Liszt, il cui catalogo di elaborazioni, parafrasi e reminiscenze da opere scritte originalmente per altri
organici è immenso e per lo più di straordinaria qualità, va senz'altro ricordato Ferruccio Busoni, che
ne difendeva la legittimità facendo notare come, a ben vedere, “ogni notazione è già trascrizione di
un'idea astratta”, e che anche“l'esecuzione di un lavoro è una trascrizione”. Confortato dunque da
tali autorictates, interrompo qui questo mio “elogio del trascrivere” che, me ne rendo conto ora,
potrebbe quasi sembrare excusatio non petita per giustificare un programma composto quasi
esclusivamente da trascrizioni.
Note di sala a cura di Luca Schieppati
PROSSIMO CONCERTO
BRUNO LEONARDO GELBER HA CANCELLATO IL SUO RECITAL. AL SUO POSTO SUONERÀ ALYOSHA JURINIC
Lunedì 9 marzo 2015 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio)
(Valido per Serie A+F; F; COMBINATA2; F2)
Pianista ALYOSHA JURINIC
F. CHOPIN Notturno in re bem. magg. op. 27 n. 2; Sonata n. 3 in si min. op. 58; Barcarola in fa diesis magg. op. 60;
Notturno in mi bem. magg. op. 55 n. 2; Studio op. 10 n. 8 in fa magg.; Studio op. 25 n. 2 in fa min.; Studio op. 25 n. 6 in sol
diesis min.; Studio op. 25 n. 7 in do diesis min.; Studio op. 25 n. 11 in la min.; Studio op. 25 n.12 in do min.
Biglietti: Intero € 25,00 - Ridotto € 20,00
«GLI AMICI PROPONGONO …»
* Mercoledì 11 marzo, ore 18, GAM- Villa Reale, via Palestro, 16 – Milano
Nel centenario della nascita di SVIATOSLAV RICHTER (1915- 1997)
Ricordo e omaggio al grande Pianista, innumerevole volte ospite di Milano e di Serate Musicali. Ascolti, filmati,
ricordi e testimonianze, a cura di Andrea Ottonello e Angelo Foletto.
ASSOCIAZIONE «AMICI DELLE SERATE MUSICALI»
2022001122013/2014ICALI»
Presidente Onorario Valeria Bonfante
Hans Fazzari
Isabella Bossi Fedrigotti
***
Roberto Fedi
Soci Fondatori
Ugo Friedmann
Carla Biancardi
Camilla Guarneri
Franco Cesa Bianchi
Vincenzo Jorio
Giuseppe Ferreri
Lucia Lodigiani
Emilia Lodigiani
Mario Lodigiani
Enrico Lodigiani
Paolo Lodigiani
Luisa Longhi
Maria Candida Morosini
Stefania Montani
Rainera e Mario Morpurgo
Gianfelice Rocca
G.B. Origoni Della Croce
Luca Valtolina
Adriana Ragazzi Ferrari
Amici Benemeriti
Giovanna e Antonio Riva
Alvise Braga Illa
Alessandro Silva
Fondazione Rocca
Maria Giacinta Tolluto
Ulla Gass
Maria Luisa Vaccari
Thierry le Tourneur d’Ison Marco Valtolina
Erika Rottensteiner
Beatrice Wehrlin
Società del Giardino
Soci
Amici
Antonio Belloni
Giovanni Astrua Testori Carla Beretta Ricci
Umberto Bertelè
Elisabetta Biancardi
Mimma Bianchi
Maria Brambilla Marmont
Carlo e Angela Candiani
Giancarlo Cason
Nicoletta Colombo
Egle Da Prat
Piero De Martini
Maya Eisner
Federico ed Elisabetta
Falck
Silvana Fassati
Carlo e Anna Ferrari
Giuliana File Finzi
Bianca e Roberto Gabei
Matilde Garelli
Felicia Giagnotti
Giuseppe Gislon
Maria Clotilde Gislon
Eugenia Godani
Ferruccio Hurle
Giuliana e Vittorio Leoni
Maurizia Leto di Priolo
Giuseppe Lipari
Gabriella Magistretti
Eva Malchiodi
Giuseppina Maternini
Lucia ed Enrico Morbelli
Stefano Pessina
Francesca Peterlongo
Denise Petriccione
Giuseppe Pezzoli
Gian Pietro Pini
Giustiniana Schweinberger
Antonietta Scroce
Paola e Angelo Sganzerla
Maria Luisa Sotgiu
Giuseppe Tedone
Adelia Torti
Graziella Villa
Giuseppe Volonterio
«SERATE MUSICALI» AMICI STORICI
Fedele Confalonieri
Paolo Pillitteri
Fulvio Pravadelli
Mediaset
Quirino Principe
Giuseppe Barbiano di
Gianfelice Rocca
Belgiojoso
Fondazione Rocca
Ugo Carnevali
Carlo Sangalli
Roberto De Silva
Fondazione Cariplo
Roberto Formigoni
Luigi Venegoni
Gaetano Galeone
Giuseppe Ferreri
Società del Giardino
Banca Popolare di Milano
Gianni Letta
Camera di Commercio di
Mario Lodigiani
Milano
Roberto Mazzotta
Publitalia
Francesco Micheli
*****
Arnoldo Mosca Mondadori Diana Bracco
Silvio Garattini
Robert Parienti
Martha Argerich
Marina Berlusconi
*****
Carlo Maria Badini
Cecilia Falck
Alberto Falck
Vera e Fernanda Giulini Oscar Luigi Scalfaro
Emilia Lodigiani
Giovanni Spadolini
Maria Grazia Mazzocchi Leonardo Mondadori
Conservatorio G. Verdi - Giuseppe Lodigiani
Milano
Giancarlo Dal Verme
Francesca Colombo
Tino Buazzelli
Stefania Montani
Peter Ustinov
Cristina Muti
Franco Ferrara
Simonetta Puccini
Franco Mannino
Rosanna Sangalli
Carlo Zecchi
Elisso Virsaladze
Shura Cherkassky
Juana Zayas
Flavia De Zigno
Bianca Hoepli
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duo pianistico sofya gulyak, luca schieppati