OTTOBRE 2013 Newsletter n. 18/2013 Eccoci al diciottesimo appuntamento del 2013 con la newsletter di “LIBROMONDO”, Centro di Documentazione sull’Educazione alla Pace e alla Mondialità e sulla Cooperazione Internazionale di Savona. La newsletter sarà inviata nei primissimi giorni del mese e all’inizio della seconda quindicina. Gli insegnanti di ogni ordine delle scuole savonesi, che non fossero in grado per vari motivi di accompagnare i propri alunni in Biblioteca, possono chiedere che i libri (riguardanti i soggetti delle sezioni di LIBROMONDO) gli vengano portati direttamente in classe (informarsi all’indirizzo [email protected]). Le sezioni sono: Europa, Asia, Africa, Americhe, Italia, Donne, Bambini, Religioni, Cooperazione Internazionale, Migranti, Popoli, Diritti, Salute, Hanseniani, Educazione alla Mondialità, Pace, Economia, Sviluppo, Alternative allo sviluppo, Ambiente, Terzo Settore, Mass Media, Protagonisti, Letterature, Fiabe, Favole. L’orario di apertura al pubblico della Biblioteca è: lunedì, ore 15-17,30 giovedì, ore 9,30-12 SOMMARIO NEWSLETTER Libri della SEZIONE FAVOLE Libri della SEZIONE RELIGIONI Libri della SEZIONE PROTAGONISTI NOTIZIE ed EVENTI: INVECCHIAMENTO ATTIVO, AUSER, Savona; GINO BARTALI, giusto tra le nazioni; TEATRO PER LE DIVERSE ABILITÀ, Torino; CONCORSO Letterario e Fotografico per i 50 anni del VAJONT. Tutte le newsletter precedenti (esclusa quella di giugno n. 12, di luglio n. 15 e di settembre n. 16 e 17) sono archiviate sul sito dell’AIFO e si possono consultare cliccando al seguente link: www.aifo.it/libromondo Dal giugno 2013, le newsletter vengono rilanciate su: http://artisti-amatoriali.forumattivo.com/ www.borgo-italia.it (http://www.borgo-italia.it/news-SAVONA/_news-savona.php) www.zacem-online.org "Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l'animo è sconvolto e i nervi non tengono più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi.” Dino Buzzati Un vecchio saggio indiano dava questo consiglio agli irruenti giovani della sua tribù: “Quando sei veramente adirato con qualcuno che ti ha mortalmente offeso e decidi di ucciderlo per lavare l’onta, prima di partire siediti, carica ben bene di tabacco una pipa e fumala. Finita la prima pipa, ti accorgerai che la morte, tutto sommato, è una punizione troppo grave per la colpa commessa. Ti verrà in mente, allora, di andare a infliggergli una solenne bastonatura. Prima di impugnare un grosso randello, siediti, carica una seconda pipa e fumala fino in fondo. Alla fine penserai che degli insulti forti e coloriti potrebbero benissimo sostituire le bastonate. Bene! Quando stai per andare a insultare chi ti ha offeso, siediti, carica la terza pipa, fumala, e quando avrai finito, avrai solo voglia di riconciliarti con quella persona”. LIBRI – SEZIONE FAVOLE LA COPERTA DELLA PACE Monica Ravasini, Albus Edizioni, 2011, disegni e copertina di Enrico Balboni, euro 8,00 Che bello quando fa freddo e la nostra bella copertina ci ripara e ci riscalda! E che bello sarebbe se esistesse una coperta che avvolgendoci in un caldo tepore di pace eliminasse dal mondo guerre, patimenti e distruzioni. Una coperta grande, che copra tutti. Tessuta con fili ricavati dalla distruzione del male e dall’intreccio di fili di bene e amore. Gabriele Laganaro (anni 10) LIBRI – SEZIONE RELIGIONI INTRODUZIONE ALL’ISLAM Paolo Branca, San Paolo, 2011, pagg.350, euro 18,70 Il volume ci guida alla conoscenza di come sia nata una delle tre grandi religioni monoteiste: l’Islam, appunto. C’è una grande curiosità oggi per il modo musulmano: ci si chiede come sia nato l’Islam e, prima di valutare e giudicare, bisogna conoscerne almeno le basi. L’Islam è nato nella penisola arabica ed è centrato sul testo sacro del Corano. Nella cultura e nella lingua del popolo arabo ha trovato i principali veicoli di trasmissione e propagazione. La penisola arabica era abitata da pastori nomadi e da agricoltori. I pastori nomadi, riconosciuti nella figura dei beduini, vivendo di pastorizia, si spostavano sempre in cerca di nuovi pascoli. Gli arabi, prima dell’Islam, praticavano altre religioni. I beduini sacrificavano capi di bestiame e ne consacravano alcuni alle loro divinità marchiandoli fendendo loro un orecchio. I sedentari (agricoltori) offrivano alle divinità prodotti della terra. Molto diffusa era l’adorazione delle pietre. Una delle mete più comuni e importanti dei pellegrinaggi in Arabia era la Mecca. In Arabia esistevano anche comunità ebraiche e cristiane che certamente influirono a portare quella terra verso il monoteismo. La nascita del futuro Profeta Muhammad viene presunta intorno al 570 d.C. alla Mecca. Quando nacque il padre era già morto ed egli a sei anni perse anche la madre, per cui venne affidato al nonno. Nella Sura (capitolo del Corano) del Mattino viene definito orfano e indigente, cioè in una condizione di svantaggio. Nel Corano è richiamata sempre molta attenzione verso i poveri, ma soprattutto verso gli orfani. Nelle biografie di Muhammad sono riportati molti fatti prodigiosi riferiti alla sua infanzia e alla sua giovinezza, alcuni di essi trovano qualche allusione nel Corano. Dopo la scomparsa del nonno, venne affidato allo zio che lo avviò all’attività commerciale nella quale dimostrò capacità, affidabilità e onestà. Le sue qualità lo portarono a ottenere i favori di una ricca vedova, Ḫadīğa, che gli affidò i suoi floridi commerci e quando lui aveva circa 30 anni, lo volle sposare, nonostante l’opposizione di suo padre. Nonostante tutto, egli era insoddisfatto della religiosità dei suoi concittadini e si sentiva affascinato dal monoteismo ebraico e cristiano, già esistenti, e prese a ritirarsi in meditazione sulle alture della Mecca. Secondo la tradizione, fu durante uno di questi ritiri che ricevette la prima rivelazione del Corano. In una notte, definita benedetta, probabilmente tra il 26 e il 27 del mese di Ramadan, la notte del destino, fu fatto scendere il Corano nella sua interezza. Ancora oggi questa data è celebrata verso la fine del mese di Ramadan, mese nel quale, dall’alba al tramonto, i musulmani osservano uno stretto digiuno. Alla fine del mese, si celebra la festa per la rottura del digiuno. Al messaggio affidato da Dio a Muhammad aderirono una trentina di persone, tra parenti e amici, che furono prese di mira da chi riteneva quella predicazione sovvertitrice dell’ordine vigente. La predicazione, infatti, dava fastidio alla società mercantile perché molto critica verso l’insaziabile avidità dei ricchi. Non furono risparmiate loro accuse infamanti e attacchi personali. Poi, cominciarono le conversioni e si convertirono anche personaggi influenti. L’Islam era una grande religione monoteista e faceva dell’unicità di Dio il principale caposaldo. Maometto, perseguitato dai suoi concittadini, rischiando anche la vita, dovette emigrare a Medina dove molti lo seguirono, iniziando la prima comunità musulmana. Nel 632, dieci anni dopo l’emigrazione, si recò per l’ultima volta a La Mecca per il suo pellegrinaggio d’addio. Là tenne un sermone di congedo e di pacificazione, dichiarando compiuta la sua opera. Nello stesso anno morì tra le braccia della giovane moglie Aisha. Scomparso lui, si pose la questione della successione per dare continuità all’opera da lui cominciata e per l’autorità che avrebbe governato la vita pubblica. I primi quattro eletti (detti Califfi ben guidati) iniziarono il dominio arabo del Mediterraneo che si spinse fino alla Spagna, lasciandovi opere meravigliose. Con il terzo califfo si ebbe la stesura scritta definitiva del Corano, fino ad allora tramandato oralmente. Il califfato venne abolito nel 1024 dal fondatore della Turchia moderna. I musulmani hanno cinque pilastri fondamentali della fede: la testimonianza di fede; la preghiera cinque volte al giorno rivolti verso La Mecca; l’elemosina, cioè la destinazione di una parte proporzionale dei propri averi (tassa) ai poveri; il digiuno durante il mese di Ramadan; il pellegrinaggio a La Mecca, almeno una volta nella vita, se le loro condizioni economiche glielo permettono. Ultimamente, in Europa l’Islam ha avuto molto incremento sia per l’immigrazione che per le conversioni. In Italia, l’Islam è la seconda religione per numero di fedeli. Noi dobbiamo imparare a convivere gli uni con gli altri, senza pregiudizi, rispettando gli uni la religione degli altri. Maria Pera DIO È ANCHE CINESE Una cristiana racconta la sua fede in Cina Kristin Kupfer, edizioni Paoline, 2011, pagg. 184, euro 18,70 Wang Ting, assistente sociale, ci accompagna nei luoghi dove vive e dove svolge la sua professione. Durante questo percorso, ci offre, non solo un interessante spaccato di vita quotidiana, in cui è facile vedere attraverso i suoi occhi e addirittura assaporare i profumi di luoghi così remoti, ma ci racconta con semplicità e immediatezza usi e costumi della sua Cina. Con lei scopriamo come ci si muove con il trasporto pubblico da Xian a Zhuangli, cosa e come si studia a Pechino e a Hong Kong, cosa e come si mangia nelle piccole trattorie, quanto costa la vita di tutti i giorni. Ma soprattutto viviamo con lei la difficoltà di conciliare tutto questo con l'essere cristiana, facendo i conti con la propria fede e con la necessità di renderla viva e concreta nel lavoro che la mette in contatto con la povertà, il dolore, la sofferenza, la disperazione. In modo fluido e piacevole ci racconta dettagliatamente la storia del cattolicesimo in Cina, dall'ingresso di frate Giovanni da Montecorvino durante l'Impero Mongolo di Kublai Kan nel 1293, fino ad oggi, passando per l'attività missionaria di Matteo Ricci (XVI sec.) e il governo di Mao. È un reportage giornalistico in cui Wang si lascia seguire passo dopo passo dall'Autrice, giornalista freelance, in un cammino interiore intimo e profondo, in una ricerca esistenziale che passa attraverso la narrazione della storia di un paese che controlla tutto con i quadri di partito, anche le comunità religiose, che non ammette libertà di pensiero e opinione, ma che cerca di favorire i rapporti tra Stato e Chiesa (Cattolica e Protestante) in vista di una proficua collaborazione con le molte iniziative parrocchiali di pubblica assistenza. Anna Maria Peluffo FRAMMENTI DI SALE Poesie Mariangela De Togni, Fara Editore, 2013, pagg. 56, euro 11,00 Il volumetto racchiude una raccolta di poesie permeate di un sentimento mistico. L’autrice, che ha una sensibilità molto profonda, è colpita da tutto ciò che la circonda. C’è una serena descrizione di immagini naturalistiche che ispirano un senso di pace. Ma si avverte che la poetessa inneggia sempre a Qualcuno che ha creato il mondo. Così le poesie inviano messaggi di gioia e speranza per sollevarci dagli affanni della vita terrena: leggendole si prova un senso di rilassamento. Se noi, ogni giorno, ci fermassimo pochi attimi a riflettere sulle belle e significative parole di queste poesie, vivremmo meglio la nostra vita quotidiana. Vittoria Sguerso LA GRANDE MERETRICE Un decalogo di luoghi comuni sulla storia della Chiesa A cura di Lucetta Scaraffia, Libreria Editrice Vaticana, 2013, pagg. 264, euro 18,00 Autrici dei dieci saggi: Sylvie Barnay, Cristiana Dobner, Anna Foa, Giulia Galeotti, Sandra Isetta, Margherita Pelaja e la curatrice stessa. Il titolo dell’opera, “La grande meretrice”, “si riferisce al modo ingiurioso in cui la Chiesa da secoli viene appellata dai suoi critici”. Tra gli argomenti che vengono trattati nel volume, v’è l’Inquisizione, da parte della storica ebrea Anna Foa; il matrimonio cristiano, presentato da Margherita Pelaja; il celibato ecclesiastico, affrontato da Lucetta Scaraffia, che poi esplora anche il protestantesimo; il rapporto tra scienza e fede, e quello della Chiesa con le donne, entrambi indagati da Giulia Galeotti; il tema della sofferenza e del dolore, a firma di Cristiana Dobner. Dieci questioni, intorno a cui un’opinione diffusa e “politicamente corretta” chiama la Chiesa a giudizio davanti al tribunale della storia: la sua infedeltà rispetto alle origini del movimento cristiano, l’imposizione del celibato ecclesiastico, i tribunali dell’Inquisizione, l’arretratezza cattolica rispetto al progressismo evangelico, l’antisemitismo, la sessuofobia, l’anti-scientismo, la svalutazione della donna, il dolorismo. Sette donne, storiche di professione, di diversa estrazione religiosa, si confrontano con questi stereotipi senza pregiudizi. Romana Tacchini DIO NON GUARDA L’OROLOGIO Prefazioni di MassimoGramellini e dell’Arcivescovo Cesare Nosiglia Presentazione di Norberto Bobbio “In carcere erano quasi le sei del pomeriggio; a quell’ora avevo un appuntamento da un’altra parte della città; non sapevo come andarmene. Mi sedetti. Lo facesti anche tu. Girai l’orologio per non guardare l’ora e tu incominciasti a raccontarmi la tua storia”. A VOLTE I SOGNI SI AVVERANO (sulla fascetta) Ernesto Olivero, Priuli & Verlucca, 2011, pagg. 290, euro 14,02 Il protagonista della storia è lo scrittore stesso, Ernesto Olivero. In questo libro, vengono raccontati gli episodi più significativi della vita di questo piccolo grande uomo, sempre disponibile ad aiutare i più deboli, che ha fondato un centro, il Sermig, in cui ogni persona bisognosa d’aiuto può trovare affetto, protezione e cure. Egli racconta le storie di molte persone disagiate, dei loro incontri, e di come abbiano reso la loro vita migliore, dandogli speranza e facendogli capire che tramite il volere di Dio si può fare del bene a se stessi e agli altri. Nei vari episodi narrati, Olivero fa sempre riferimento alla provvidenza divina come, ad esempio, quando parla della ristrutturazione dell’arsenale che risultava un’impresa molto complessa e costosa e, lanciando un semplice appello nella speranza che qualcuno potesse aiutarlo, nel giro di poche ore si è visto recapitare 50000 mattoni. Il filo conduttore di tutto il testo fa sempre e comunque riferimento non alle capacità sue o dei suoi collaboratori, ma alla mano di Dio. Commento: questo libro ci insegna che aiutando gli altri si aiuta se stessi, e che nulla è impossibile se lo si vuole davvero. Se parlassimo di più con persone disagiate al posto di esserne spaventati, potremmo riuscire a cogliere meglio determinate situazioni, capendo che potrebbero capitare anche a noi. Il lavoro di Ernesto al Sermig è un progetto molto importante: rispetto molto quest’uomo perché grazie a lui tantissime persone sono riuscite ad avere una vita che prima era inconcepibile per loro; inoltre, il suo lavoro è stato esteso anche fuori Italia grazie a missioni in Africa e in molti paesi disagiati. La grande capacità di Olivero è comunque quella di ascoltare sia la persona importante che quella più umile. In ogni riga del libro viene fuori la grande volontà di realizzare concretamente uno dei più importanti concetti cristiani. Annalisa Tessitore – studentessa Liceo “Giuliano della Rovere”, Savona CASE DI ANGELI Poesie Enrica Musio, Fara Editore, 2013, pagg. 90, euro 11,00 L’autrice in queste poesie riflette su se stessa: scorrendo nella lettura, si avvertono le sensazioni che ella prova, di fronte a eventi e immagini. Da queste sensazioni scaturisce un dialogo con le cose della vita. Poi, il dialogo si trasforma in parole, ora dolci, ora aspre, che commuovono il cuore del lettore. Profonde sono le espressioni con cui l’autrice esprime sentimenti affettuosi verso persone che ella ha amato e che ora non ci sono più, mentre sono tenere verso gli amici viventi. Fa piacere soffermarsi su ogni singola lirica per capirla nel suo profondo significato. Vittoria Sguerso DIO IN GUERRA Giosuè Borsi, Fara Editore, 1997, pagg. 166 “Quando tu leggerai queste mie parole… La mia guerra sarà finita, e io sarò alla pace. La mia morte quotidiana sarà morta, e io sarò giunto in alto, alla vita senza morte.” “Dio in guerra” è un piccolo volumetto di Giosuè Borsi dove sono pubblicate le lettere che l’autore scriveva alla madre e ad alcuni suoi amici dal fronte della I guerra mondiale. Oltre alle lettere scritte alla madre, in questo libretto sono pubblicati anche i colloqui, sempre scritti dal fronte, in cui l’autore intesse un fitto dialogo con Dio, una sorta di auto-confessione religiosa giornaliera. Giosuè Borsi nacque il 10 giugno 1888 a Livorno. Suo padrino di battesimo fu Giosuè Carducci, di cui porta il nome. La sua famiglia si trasferì, dopo qualche anno, a Roma. Là una serie di lutti li funestò: prima il padre, poi la sorella e, in seguito, un nipotino. Tutto nel giro di tre anni. Dopo la morte del padre, la famiglia si trasferì a Firenze dove Borsi rimase fino alla sua partenza per la guerra come volontario. Dopo un curriculum scolastico un po’ stentato, si era laureato all’Università di Urbino, dedicandosi poi al giornalismo e, per un certo periodo, fu direttore del “Nuovo Giornale” di Firenze. Era l’anno 1913. Si dedicò alla prosa e al teatro, scrivendo varie novelle, un romanzo rimasto incompiuto e un atto teatrale che ebbe molto successo di pubblico. In questa prima fase della sua vita, Borsi, appartenente alla buona borghesia, era ben introdotto negli ambienti mondani dedicandosi alla cultura e alle avventure galanti. L’episodio fondamentale della sua vita fu la sua conversione che separa il periodo giovanile, pieno di successi mondani, letterari e galanti, dagli ultimi anni della sua vita. Borsi tornò alla religione cattolica in seguito alla crisi spirituale e umana scatenata dalla serie di lutti che si era abbattuta sulla sua famiglia. Dopo la conversione, Borsi legge assiduamente il Nuovo e l’Antico Testamento e decide di partire volontario. Nei suoi colloqui, scrive una lettera al Signore dicendo che si sarebbe arruolato in un reggimento di fanteria andando a combattere e forse morire per la sua Patria adorata, in quella che definì l’ultima guerra del Risorgimento italiano, impegnata da re Vittorio Emanuele III contro l’Impero Austro Ungarico per conquistare le terre ancora soggette al nemico. Si rivolge al Signore pregandolo di proteggere e benedire le armi del suo paese, la Bellissima e Benedetta Italia, nei cui confini Lui ha voluto porre la sede del Papato, centro della Chiesa militante. Lo ringrazia per aver benedetto la loro bandiera e lo supplica di vegliare sull’esercito italiano e sull’anima dei suoi piccoli e prodi soldati. Borsi partì per il fronte il 30 agosto 1915 e venne destinato come sottotenente del 125° reggimento Fanteria a Cividale del Friuli. Il 18 ottobre è in prima linea dove resterà fino alla morte, avvenuta il 10 novembre 1915, durante l’attacco di Zagora, mentre guidava il suo plotone. Le lettere alla madre sono commoventi, in tutte la saluta con abbracci amorosi e mille baci. Le racconta la cerimonia per la benedizione all’amata bandiera o la ringrazia per i calzini e i guanti che gli ha mandato. I calzini, poi li diede a un commilitone che gli dice di ringraziare la madre con 1000 baci. Chiede, per se stesso, dei calzini di lana grossa e pesante. Poveri ragazzi, nel freddo e nel fango delle trincee, quanto devono aver sofferto per la Patria! Chissà se tornassero ora… Egli racconta alla mamma i suoi trasferimenti che il 18 ottobre 1915 lo portarono in un posto maestoso da dove l’orizzonte era talmente vasto che si vedevano le Alpi orientali, la Venezia Giulia e, in lontananza, la distesa dell’Adriatico. Una giornata di sole bellissima che, finalmente, li aveva tolti dal fango delle trincee. Ma eccoli nuovamente in prima linea! Nel giorno di Ognissanti del 1915, l’azione di grande violenza, a cui si aggiunse anche la grandine, fu interrotta e ripresa. “Mamma, i nostri soldati sono veri eroi! –scrive- dillo a tutti lì, con soldati come questi è impossibile non vincere la guerra!” Purtroppo, venne il giorno del commiato. Lo affidò al cappellano, don Ezio Barbiere, perché fosse consegnato alla mamma in caso lui fosse morto. Comincia così: “Mamma, questa lettera, che ti giungerà soltanto nel caso che io debba cadere in questa battaglia, la scrivo dalla trincea avanzata dove mi trovo da stanotte con i miei soldati in attesa di passare il fiume e muovere all’assalto.” Riferisce tutto quello che lui e i suoi soldati fecero quella notte per scavare le trincee, della sua speranza che non gli manchi il tempo di farle sapere parte dei suoi pensieri e dell’affetto che trabocca dal suo animo per lei. Dice di essere felice di morire per la propria Patria e ringrazia la Provvidenza per l’onore che gli fa. “Quando leggerai queste parole io ti guarderò dal cielo, a fianco dei nostri cari: il babbo, Laura e Dino, il nostro angioletto tutelare. Sono lassù tutti in festa ed uniti ad aspettarti. Questo pensiero non basta ad asciugare le tue lacrime? Non piangere mamma mia santa, sii forte come sei sempre stata. Dio renda fecondo il nostro sacrificio ed allora, mamma, non saremo morti invano. Ancora un tenero bacio. Giosuè”. Dopo questa lettera, il 10-111915, mentre guidava il suo plotone all’assalto, Giosuè Borsi morì. Con lui morirono molti giovani mandati in guerra senza esperienza, appena diciassettenni, che non tornarono mai più dalle loro mamme che li piansero fino al giorno della propria morte. Tutto ciò fa pensare a certi giovani di oggi che la parola Patria non sanno neppure che significato abbia. Quei giovani, ed erano tanti, diedero alla Patria la propria gioventù e la propria vita: i beni più preziosi che possedevano!! Maria Pera LIBRI – SEZIONE PROTAGONISTI LA TENDA BLU In Etiopia con le armi della solidarietà Niccolò d’Aquino, Edizioni Paoline, 2011, pagg. 160, euro 11,05 In Etiopia, dopo il colpo di stato, prese il potere un dittatore che mise alla fame migliaia di persone che, oltretutto, dovevano combattere anche la siccità. I salesiani che si trovavano già sul posto dovettero fronteggiare tutto ciò. Due camion e un aereo pilotato da un salesiano, di notte, distribuivano cibo e medicinali mandati dalla comunità, nei luoghi più inaccessibili. Laura Girotto (l’eroina di questo testo), torinese e diplomata figurinista in un atelier di alta moda, contro il parere dei genitori, all’improvviso decide di farsi suora e andare missionaria. Dopo dieci anni passati tra Africa, Asia, Medio Oriente e Roma, dove ricopre importanti incarichi, va a Torino per curare la mamma all’ospedale Mauriziano, previo permesso del convento. Dopo il decesso della mamma, viene mandata in Val di Susa per i campi estivi e, l’anno seguente, avrebbe dovuto prendere la direzione di una scuola salesiana a Giaveno. Ma vennero in visita la madre generale e le superiore del Consiglio a proporle di andare in missione in un paese poverissimo. Lei accettò con entusiasmo, aveva 49 anni. La mandarono ad Adua, in Etiopia, perché conosceva bene l’inglese ed era esperta di missioni. Suor Laura partì nel novembre 1993, in primis la mandarono a Nairobi per un periodo di preparazione, poi arrivò ad Addis Abeba, nel febbraio 1994, qualche giorno dopo prese l’aereo per Axum: un aereo obsoleto, la pista di atterraggio era un prato pieno di sassi in cui pascolavano diversi animali. Quindi, con una scassatissima jeep, guidata da un salesiano, raggiunse finalmente la missione ma, siccome questa era abitata da soli uomini e lei era l’unica donna, dovette arrangiarsi in una tenda (la famosa tenda blu) e dormire sopra una stuoia. Vi dormì per tre anni. Quando gli uomini salesiani andarono in un’altra missione, lei si trasferì nelle tre stanze costruite alla meglio. Un giorno, uscendo fuori, si trovò davanti un gruppo di bimbi: non capivano la lingua ma si intesero a gesti. Uno di loro si avvicinò e la prese per mano, allora iniziò la reciproca conoscenza; lei costruì una palla di foglie e insegnò loro a giocare. Aiutò una ragazzina a partorire, e le donne presero a frequentarla, arrivarono alcune suore e, man mano, progredirono nel costruire e nell’insegnamento, non solo scolastico, ma anche lavorativo. Adesso la missione è diventata come una piccola città, con circa 10000 abitanti, con scuole, laboratori tessili, un ospedale in costruzione. Suor Laura continua a far la spola fra Adua e Italia per cercare fondi. Un grande plauso a lei e a chi ha scritto questo libro bellissimo. Carla Robbiano LA MIA SINISTRA Rigenerare la speranza Edgar Morin, Erickson, 2010, presentazione di Nichi Vendola, nota introduttiva di Sergio Manghi, postfazione di Mauro Ceruti, pagg. 252, euro 18,50 “Sono diventato un conservatore rivoluzionario. Bisogna rivoluzionare tutto, conservando però i tesori della nostra cultura.” (Edgar Morin) Il volume raccoglie 23 saggi, scritti in occasioni diverse, in un periodo, tra il 1993 e il 2010 (a parte uno del 1988), in cui la globalizzazione ha portato all’ascesa della Grande Narrazione libertario-liberista di destra cui è corrisposto lo smarrimento della Grande Narrazione di sinistra. Tutto il cambiamento (uguaglianza, liberazione femminile, partecipazione sociale e politica) iniziato negli anni Sessanta non ha avuto continuazione né miglioramento, ma regressione. Morin, che è nato a Parigi nel 1921, ha partecipato alla Resistenza ed è stato militante comunista fino al 1951 (anno della sua espulsione dal PCF). Ha sempre partecipato attivamente alle lotte della sinistra. Nella sua Prefazione alla raccolta, egli sottolinea il LA unificatore, posto davanti alla parola sinistra, utile solo a occultare differenze e conflitti, mentre la sinistra, invece, è molto complessa. L’unità è allora nelle fonti: aspirazione a un mondo migliore, emancipazione di oppressi, umiliati, sfruttati, offesi, universalità dei diritti umani. Oggi ci troviamo in una fase regressiva della nostra storia. Morin esamina quella europea, confusa tra rigurgiti nazionalisti, dilagare del consumismo, odio per la Russia e il comunismo che ha indotto l’idealizzazione degli Stati Uniti. Inoltre, la delocalizzazione delle industrie ha portato via i posti di lavoro, in mancanza anche di una politica capace di rispondere alle sfide dei nuovi tempi. Eppure, tanto per fare un esempio, nelle nostre società esiste un 10% di popolazione che avverte la pulsione militante di dedicarsi agli altri. Esistono, a livello pubblico, tanti servizi di solidarietà che potrebbero diventare, nelle grandi città, delle Case della Solidarietà che sarebbero luoghi di informazione e mobilitazione permanente. Morin, dunque, delinea “Il grande disegno”, cioè la sua visione della soluzione dei vari problemi, tra cui anche la questione, tanto discussa oggi, “Europa”. Negli altri saggi, sviluppa ancora il tema della solidarietà, della crisi sociale, la Francia, il problema del terrorismo, l’ecologia e molto altro. “Si tratta- come spiega Vendola nella presentazione- di ricostruire un ˂pensiero˃, una cultura politica.” “Edgar Morin –afferma Mario Ceruti nella postfazione- ha compreso che gli orizzonti planetari costituiscono un’inedita moltiplicazione sia dei rischi sia delle possibilità per la specie umana. Ha compreso che, sul pianeta sempre più piccolo e fittamente interrelato che ci ospita, o si vince tutti o si perde tutti.” Un libro terribilmente attuale, su cui meditare. Renata Rusca Zargar INVECCHIAMENTO ATTIVO AUSER - SAVONA GINO BARTALI, GIUSTO TRA LE NAZIONI Gino Bartali, indimenticato campione del ciclismo degli anni ‘30 e ‘40, è stato dichiarato “Giusto tra le nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale delle vittime dell’Olocausto, di Gerusalemme. Bartali durante l’occupazione nazista in Italia faceva parte di una rete di salvataggio guidata dal rabbino Nathan Cassuto di Firenze, insieme all’arcivescovo della città, cardinale Elia Dalla Costa. Questa rete ebraico-cristiana, messa in piedi con l’inizio delle deportazioni, salvò centinaia di ebrei italiani e rifugiati. Bartali agì come corriere per la rete, nascondendo nella sua bicicletta falsi documenti e carte e trasportandoli attraverso le città con il pretesto degli allenamenti. "Gino Bartali è stato un campione immenso, sui pedali e nella vita. Il riconoscimento dello Yad Vashem è il giusto premio per una vicenda umana esemplare", ha affermato Guido Vitale, direttore della redazione di Pagine Ebraiche, il mensile dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un altro testimone è Giorgio Goldenberg, il piccolo ebreo fiumano che ad Adam Smulevich raccontò di essere stato nascosto in un appartamento di proprietà del campionissimo in via del Bandino a Firenze: "Sono vivo perché Bartali ci nascose in cantina", spiega Goldenberg, 81 anni, oggi residente in Israele a Kfar Saba. Socio dell’Azione Cattolica Italiana, come Odoardo Focherini dichiarato “Giusto tra le nazioni” nel 1969 e beatificato il 15 giugno di quest’anno, Gino Bartali, con la sua attività clandestina, ha cercato di salvare la vita a uomini e donne perseguitati a causa della loro fede, rischiando consapevolmente la propria vita per salvare gli ebrei. Nello spirito più vero dell’associazione, che vede nell’altro un fratello e che fa del dialogo un cardine del suo impegno, Bartali ha operato nel silenzio, perché, ripeteva al figlio, “il bene si fa ma non si dice”, e “sfruttare le disgrazie degli altri per farsi belli è da vigliacchi". http://www2.azionecattolica.it/il-socio-gino-bartali-giusto-le-nazioni TEATRO REGINALD TORINO PER LE DIVERSE ABILITÀ CONCORSO LETTERARIO E FOTOGRAFICO PER I 50 ANNI DEL DISASTRO DEL VAJONT