Note
all’Antico Testamento
Illustrato
di Damiano Maraffi
Lectio Magistralis
a cura del
do tt. Marcello Racchini
presso la
Biblio teca del Carrobiolo
Vicolo Carrobiolo, 4 Monza
20 settembre 2012
A Fabio,
sperando che un giorno, come suo padre,
si lascerà affascinare dalla bellezza delle parole
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Indice
Introduzione
Il libro
1
1
Descrizione
1
Struttura
1
Whoʼs who
2
Lʼautore dei testi
2
Lʼautore delle illustrazioni
5
Lʼeditore
5
Il dedicatario
5
Lʼaspetto letterario
6
Metro
6
La poetica dellʼAutore
7
La lettura allegorica dellʼAntico Testamento
8
Genere letterario
Lʼimpresa
Lʼemblema
9
10
11
Testi
12
12
13
13
13
13
14
14
14
14
14
15
16
16
16
17
17
17
18
18
18
18
Il sonetto di dedica
Le ottave
Le didascalie
Genesi 1
Esodo 36
I riassunti
Genesi 29
Esther 7&8
La propaganda
Genesi XVI
Esodo XV
Levitico X
La narrativa pura
Genesi XXXVII
Giona II&III
Lʼesegesi biblica
Genesi XLI
La perfetta integrazione tra immagine e testo
Genesi XXXVII
Esodo X
Giobbe I&2
Bibliografia
Sitografia
19
19
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Introduzione
Quello che andiamo ad incontrare oggi, con lo scopo di cercare di conoscerlo un poʼ più a
fondo, è un libro che non rientra nel “canone” tradizionale dei testi che si studiano a
scuola, quelli che potremmo definire tranquillamente “i classici” della nostra storia
letteraria. Ciò però non significa che si tratti di un prodotto poco interessante, quasi
trascurabile, e per molti motivi.
Anzitutto perché il testo conservato nella Biblioteca del Carrobiolo è una cinquecentina,
cioè un libro a stampa edito nel XVI secolo, che è di una certa rarità al giorno dʼoggi: le
tirature allʼepoca si attestavano su una media di circa 1500 copie; in Lombardia al
momento ne risultano censite 17 (esclusa questa)1, in tutta Italia 262. Una veloce ricerca
tra le proposte delle Case dʼasta presenti in Internet, o sul mercato dei libri antichi, ci rivela
che il nostro libretto non vale meno di 3000 €: non è il Codice Leicetser che Bill Gates si è
aggiudicato nel 1994 per 30 milioni di dollari, ma nemmeno un tascabile in brossura di
seconda mano!
Ma se i libri andassero valutati solo per il loro valore economico, di investimento, non
credo che sarei qui a parlarvi di questo testo, né che voi sareste qui ad ascoltarmi.
Questo libro ha ben altri pregi, che cercheremo di sviscerare in questa presentazione, che
sarà necessariamente breve e che non vuole avere uno scopo accademico, ma
semplicemente essere uno stimolo per chi, più dotato e bravo di me, volesse approfondire
la conoscenza e lo studio delle numerose opere simili a questa raccolte presso la
Biblioteca del Carrobiolo.
Il libro
Accostiamoci al testo, dunque, partendo dalle informazioni che ci dà di sé.
Descrizione
Il titolo completo, in caratteri misti maiuscoli e minuscoli, riportato nel frontespizio recita:
FIGURE DEL VECCHIO TESTAMENTO, CON VERSI TOSCANI, PER Damian Maraffi
nuovamente composti,illustrate.
Il colophon, insieme alla marca ci fornisce, in caratteri maiuscoli, una scarna indicazione
dei riferimenti di stampa: IN LIONE, PER GIOVANNI DI TOVRNES, M. D. LIIII.
Il libro è stampato in ottavo: non un tascabile, ma nemmeno una edizione di lusso; è
rilegato in pergamena, e consta di 136 fogli, cioè 272 pagine, che però non sono numerate
alla maniera moderna, ma riportano solo una numerazione dei fascicoli, in lettere latine da
A ad R.
Struttura
Dietro al frontespizio abbiamo una silografia con il ritratto dellʼAutore, indicato da un distico
elegiaco in latino, una sorta di dotta didascalia che si rivolge direttamente al lettore:
cioè “Se tu volessi vedere il vero volto di Maraffi / questa immagine lo presenta ai tuoi
occhi in maniera assai somigliante”.
1
Su Edit16 - Censimento nazionale delle edizioni italiane del XVI secolo a cura delʼICCU (Istituto Centrale
per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e delle informazioni bibliografiche) alla pagina http://
edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=10&i=34983
2
Sul Cataolgo online dellʼICCU: http://www.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/free.jsp
1
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Alla pagina successiva entriamo nel vivo della scrittura con la lettera dedicatoria che
lʼAutore ha scritto A LʼILLUSTRISSIMA & Eccellentissima Prencipessa Madama
Margherita di Francia, Duchessa di Berrì, corredata da un sonetto in lode della stessa
Margherita.
Segue unʼaccorata allocuzione AL PIO, E PRVDENTE LETTORE che conclude tutto
lʼapparato introduttorio e ci lascia nelle mani di un Prologo che assume finalmente la forma
poetica che poi sarà stabile per tutto il libro, quella dellʼOttava di endecasillabi.
Da qui in avanti ogni pagina si presenta identica nella forma, con un titolo in alto che
riporta in maiuscolo il nome del Libro dellʼAntico Testamento abbreviato e il numero
romano del capitolo illustrato, nella metà superiore della pagina una incisione e in quella
inferiore unʼOttava di endecasillabi dallʼandamento metrico assolutamente regolare
(schema AB AB AB CC). Le uniche variazioni di questo schema grafico si presentano nei
Prologhi che introducono i diversi libri dellʼAntico Testamento da cui sono attinti gli episodi
narrati; in tre soli casi (alla fine di Genesi, di Esodo e di 2 Maccabei, che è anche il libro
conclusivo) lo schema viene alterato.
Gli episodi presi in considerazione sono in tutto 222 e sono estratti da un numero limitato
di libri, con uno sbilanciamento fortissimo. LʼAntico Testamento a cui si faceva riferimento
al tempo era ancora la Vulgata nella edizione gerolinimiana, che era poi quella
canonizzata a Nicea3 , che constava di 46 libri. Nel nostro testo i brani provengono da 19
libri, tutti citati con la denominazione della Vulgata (che a volte differisce da quella
moderna); la distribuzione degli episodi è tutta squilibrata verso lʼinizio: Genesi con 88
incisioni ed Esodo con 77 rappresentano quasi il triplo degli episodi di tutti gli altri libri
messi insieme4.
Alla fine dei quadri tratti da Genesi abbiamo una “coda” di due ottave, aggiunte a quella
che commenta lʼultima scena di quel libro; alla fine di Esodo una vera e propria
interruzione con una Nota come deʼ precedenti miracoli tu possa ricavare infiniti tesori; alla
fine di 2 Maccabei tre ottave che possiamo individuare come un commiato dellʼautore.
Whoʼs who
Lʼautore dei testi
Ma chi è questo “autore”?
Ho trovato tracce del nostro Maraffi in due dizionari onomastici di fiorentini illustri: quello
del padre gesuita Giulio Negri, pubblicato nel 1722 a Ferrara5 , che a sua volta cita quello
3
Concilio di Nicea 325; Girolamo rivede la traduzione latina della Bibbia dal 380 circa al 405, e da allora il
testo non subirà variazioni di rilievo fino alla revisione detta Clementina del 1592, 15932, 15983, nata dalle
esigenze del Concilio di Trento.
4
Levitico (4), Giudici (6), Rut (1), 1 Re (che noi chiamiamo 1 Samuele; 4), 2 Re (ovviamente 2 Samuele; 4),
3 Re (che per noi è 1 Re; 7), 4 Re (cioè 2 Re; 10), 2 Paralipomeni (oggi 2 Cronache; 3), 2 Esdra (ossia
Neemia; 1), Tobia (diventato, nella Nova Vulgata, Tobi; 4), Giuditta (1), Ester (1), Giobbe (1), Ezechiele (1),
Daniele (4), Giona (3), 2 Maccabei (2): 57 silografie contro 165.
5
Giulio Negri S.J., Historia degli scrittori fiorentini, FE per Bernardino Pomatelli, 1722; il libro in formato .pdf
si può scaricare liberamente su Google Books allʼindirizzo http://books.google.it/books?
id=urJUAAAAYAAJ&printsec=frontcover&dq=Istoria+degli+scrittori+fiorentini++Di+Giulio
+Negri&source=bl&ots=d_mgNhxVWP&sig=Xd1_xOkoqIPn7thRbv0fg3vTidg&hl=it&sa=X&ei=ujdUUOLHLYX
54QSbhoGQDg&ved=0CDYQ6AEwAA#v=onepage&q=Istoria%20degli%20scrittori%20fiorentini%20%20Di
%20Giulio%20Negri&f=false
2
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
del Servita Michele Poccianti pubblicato nel 1589 a Firenze6, soprattutto perché, in buona
sostanza, lo copia ampliandolo un poʼ con qualche brano ricavato dallʼopera stessa.
Procedimento improprio per un biografo, certo, ma tutto sommato comprensibile: le notizie
del Poccianti sono scarne fino all'esasperazione, e vertono, in pratica, solo su due opere
del Maraffi: questa antologia dellʼAntico Testamento e la sua gemella sul Nuovo. Per di
più, il Poccianti commette un errore grossolano a proposito del ciclo di incisioni che
rappresenta il vero cuore dei libri, attribuendole ad Albrecht Durer7 , mentre noi sappiamo
oggi che sono opera di Bernard Salomon, incisore “di fiducia” della tipografia Tournes di
Lione 8.
La situazione ci impone dunque di andare coi piedi di piombo, e sfruttare le nostre fonti
come indizi di un percorso, più che come fotografie di un individuo. Cosa possiamo
ricavare da questi due testi così avari di notizie?
1. Damiano Maraffi non era certo un personaggio eccezionale, tale da suscitare memoria
imperitura: a soli trentacinque anni dalla pubblicazione delle due “Figure”, tutto ciò che
restava della sua vita nella dotta memoria dei compilatori erano solo quei libri;
2. il che significa anche che aveva prodotto poco altro, e che quel poco non era
allʼaltezza di queste due antologie9;
3. ambedue i biografi (e i cataloghi moderni: basta vedere quello online del Sistema
Bibliotecario Nazionale10 ) riportano lʼindicazione “floruit 1554”, cioè “ebbe il suo
momento di massimo splendore” proprio nellʼanno di pubblicazione del nostro libro, che
una volta di più ci appare per quello è veramente: il capolavoro di un illustre
sconosciuto fiorentino.
6
Michele Poccianti S.B.V.M., Catalogus scriptorum Florentinorum omnis generis, quorum et memoria
extat… , FI apud Philippum Iunctam, 1589; si può scaricare http://books.google.it/books?
id=fHo8AAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=michele
+poccianti&hl=it&ei=H9iSTamyM5Oo8QODmeXmAw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CC
8Q6AEwAQ%23v=onepage&q&f=false#v=onepage&q=michele%20poccianti&f=false.
7
Albrecht Dürer, Norimberga 1471 - 1528, fu il più grande maestro dellʼarte dellʼincisione nel Rinascimento
tedesco e, probabilmente, europeo.
8
Il padre Negri parla della “peritissima mano del famosissimo Alberto Dano pittore tedesco” e probabilmente
si riferisce sempre a Dürer, e secondo me qui o si tratta di un errore di stampa, o di una sua fantasiosa
traduzione del nome del famoso pittore (che per quanto mi riguarda non ho mai incrociato sotto le spoglie di
“Alberto Dano” o “Danese”).
9
Il già citato catalogo dellʼEdit16 riporta altri due titoli:
a) Giulio Ossequente De' prodigii. Polidoro Vergilio de' prodigii lib. III. Per Damiano Maraffi, fatti toscani, in
Lione : per Giouan di Tournes, 1554; la traduzione in Italiano dellʼopera di Giulio Ossequente, una
compilazione del IV sec. (ritrovata tra il 1495 e il 1506 in Francia da Giovanni Giocondo, ed. princeps per
Manuzio nel 1508) che spigola nellʼopera di Tito Livio i fatti più incredibili, dalle nascite di mostri agli
scudi volanti alle piogge di carne, insieme a quella dei dialoghi dellʼumanista Polidoro Vergili (pubblicati
nel 1531) che prendono di mira i pregiudizi popolari, smontandoli con la razionalità dellʼuomo
Rinascimentale;
b) Spechio spirituale delle monache, impresso in Firenze : per Michelagnolo di Bart. di Francesco
stampatore : ad instantia di Lorenzo di Fabiano di Benuenuto catolaio, adi xxvii di Marzo 1528; non sono
stato in grado di ritrovarne alcun riassunto o silloge o illustrazione, anche perché il catalogo ne censisce
una sola copia nella Biblioteca comunale degli Intronati a Siena - il che la dice lunga sullʼinteresse
suscitato nel pubblico. Lʼargomento, però, mi pare facilmente deducibile dal titolo.
Interessante notare come si tratti sempre di testi che hanno un contenuto educativo nel senso della paidèia
umanistica; le illustrazioni dei due Testamenti e lo Spechio spirituale possono tranquillamente essere
catalogati nella letteratura edificante di matrice cattolica che si affermerà in seguito alla Controriforma.
10
http://www.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/free.jsp
3
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Credo che il Poccianti ricavi che fu “disciplinis [...] profanis imbutus” dal fatto che ci resta
una sua traduzione del trattato di Giulio Ossequente, un autore decisamente minore, di
nicchia, oggi diremmo che era “roba da maniaci”, insieme alla considerazione che i
dialoghi del Vergili sono esemplati sui classici platonici, così da trasportare chi li leggesse
in una ambito non immediatamente “sacro”.
Da ciò che Maraffi stesso scrive in diversi punti del testo emerge una indubbia adesione
alla dottrina cattolica. Vediamo infatti che nellʼesortazione al lettore dice:
Affermare che “la speranza sicura di arrivare i Paradiso” nasca “dallʼamore di Dio unito alle
opere” è esercizio che nessun Luterano si sarebbe mai permesso, dato che come
sappiamo per il teologo tedesco lʼunica speranza nella salvezza è da riporre nella fede, e
a nulla valgono le “opere buone”. È una delle differenze sostanziali tra il credo riformato e
quello cattolico, e di certo un Luterano non avrebbe mai scritto parole del genere.
Anche nel Prologo nel Libro dʼEzechiel
Profeta alla prima ottava si sottolinea
anzitutto il ruolo sacerdotale di Ezechiele,
per giunta evidenziando che era
consigliere del re di Giuda, ambedue
prigionieri e schiavi. Tutte informazioni ricavabili dal racconto biblico, ma anche
decisamente integrabili con la propaganda contro Lutero, che non solo avversava i
sacerdoti del culto cristiano, ma addirittura “teneva in ostaggio” re e principi con la sua
ribellione.
Lʼimpianto teologico fedele al papato del libro è chiarito, sin dalla presentazione, in molti
luoghi (altri ne vedremo nel corso della presentazione dei testi): il testo, dunque, potrebbe
essere annoverato tra la pubblicistica cattolica anti-luterana? In un certo senso sì, anche
se manca della violenza che in quel periodo segnava questi argomenti.
Il Nostro si mantiene piuttosto su un livello didattico, alle volte un poʼ pietista, soprattutto
nei Prologhi, che spesso servono da illustrazione della esegesi tipologica, adottata fin dai
primi Padri della Chiesa.
Il libro del Levitico, per esempio, è quello
in cui vengono specificate tutte le norme
per il sacrificio a Dio: ebbene, è chiaro che
tutte le offerte, i sacrifici e gli olocausti (vv.
1-2, peraltro un bel tricolon) previsti
dallʼantica Legge non sono altro che una
prefigurazione (“figura” v.7) dellʼunico vero
sacrificio, quello del Cristo, lʼunico in grado
di dare un cibo che sostenga il cammino al
pellegrino (“viatore” v. 6, che è certamente
riferimento alla lettura del viaggio nel
deserto come allegoria del nostro
passaggio nella “valle di lacrime”
mondana; ma mi piace pensare che ci sia anche la ricezione del magistero del più grande
di tutti i “pellegrini” della Letteratura, il Padre Dante).
4
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Lʼautore delle illustrazioni
Bernard Salomon, noto anche some “il piccolo Salomon”, fu uno dei migliori illustratori
francesi del XVI secolo, collaboratore fisso - e il più importante - della stamperia Tournes a
Lione. Importantissimo per lo sviluppo della pittura francese, il valore più importante della
sua arte sta nella capacità di adattare alle incisione lo stile innovativo della scuola pittorica
che sorse alla reggia di Fontainebleau, il luogo fisico in cui la pittura francese recepì i
dettami del Manierismo grazie alla presenza degli artisti italiani inviati da re Francesco I,
che di quel castello di campagna fece il luogo di rifondazione del Rinascimento francese 11.
Le incisioni di Salomon sono eccellenti, in perfetto equilibrio tra necessità narrativa, abilità
sintetica e potenza simbolica ed evocativa, tanto che qualcuno ha osservato che il suo
stile transformed nearly everything he touched into emblem literature - the Bibles,
included12.
Le illustrazioni per la Bibbia (sia per lʼAntico che il Nuovo Testamento) e per le
Metamorfosi di Ovidio13 sono i suoi capolavori: divennero famosissime e fornirono materia
di studio a generazioni di studenti di Belle Arti fino a tutto il Seicento, raccolte in album di
esempi e canovacci e rielaborate in ogni possibile maniera.
Lʼeditore
Jean de Tournes (o Detournes) tipografo, editore e libraio Lionese (1504 - 1564), fu
imprimeur du roi dal 1559. Erudito e umanista, stampò autori antichi e moderni 14 in
edizioni accurate nel testo e nella stampa15 . Lione era certamente città interessata alle
novità culturali, se non altro per via della sua posizione di crocevia tra la Francia
mediterranea e quella settentrionale (con la sua vicinanza ai Paesi Bassi e allʼOlanda,
ormai saldamente installati nel ruolo di motore economico di questo segmento di storia
dellʼEuropa), e risentì fortemente della riforma luterana e degli scontri che ne seguirono 16,
tanto che lo stesso figlio di de Tournes, Jean II, trasferì i torchi a Ginevra nel 1585 17.
La stamperia dei Tournes era un covo di riformisti e uno snodo di divulgazione delle idee
luterane già allʼavvio della sua stroria, con Jean I, lʼeditore del nostro Maraffi? A vedere dal
contenuto della nostra “illustrazione dellʼAntico Testamento” non si direbbe proprio.
Il dedicatario
Un altro personaggio storico è citato chiaramente nel libro: colei a cui il testo è dedicato,
Margherita di Francia, qui ancora con il titolo di Duchessa di Berrì, dato che diverrà
Duchessa di Savoia solo nel 1559, grazie al matrimonio con Emanuele Filiberto. Cresciuta
11
Rosso Fiorentino (1494 - 1540), Primaticcio (1504-1570), Nicolò dell'Abbate (1509-1571), tutti trasferitisi
in Francia fino alla morte, con permanenze meno stabili di Benvenuto Cellini (1500-1571) e Girolamo della
Robbia (1488-1566).
12
“Trasformava quasi ogni cosa egli toccasse in libri di emblemi everything - compresa la Bibbia” Robert A.
Baron, Introduction to the Works of Bernard Salomon based on a DISSERTATION PROPOSAL, pages
collected during the late 1960s and early 1970s for a Ph.D. Dissertation undertaken at the Institute of Fine
Arts, New York University, under the direction of Professor Colin Eisler, http://www.studiolo.org/BSProject/
Outline1.bs.htm
13
La métamorphose d'Ovide figurée, Lyon, De Tournes 1557; nel 1559 esce con versi italiani.
14
Tra cui mi piace ricordare un Dante del 1547.
15
http://www.treccani.it/enciclopedia/jean-de-tournes/
16
R.A. Baron, cit.
17
Dal che si deduce che era calvinista, anzi ugonotto, come erano definiti in Francia a quel tempo i riformisti
seguaci di Jean Cauvin. I Tournes rientreranno a Lione soltanto nel 1727.
5
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
in una corte assai colta, Margherita è intelligentissima: conosce greco e latino, capisce
lʼitaliano e lo spagnolo, si interessa e sostiene le arti e le lettere, la filosofia, le scienze, la
matematica, la giurisprudenza. I poeti della Pléiade, che nasce su sua ispirazione, la
paragonano ad Atena che, lancia in mano, abbatte i demoni dellʼignoranza. La sua
curiosità intellettuale la porta a voler conoscere i temi sollevati dalla Riforma, e
naturalmente viene sospettata di aderirvi, e addirittura di tentare di attirare nellʼerrore
anche la futura regina, sua cognata Caterina deʼ Medici18: in effetti, sia a Berrì che a Torino
si circonda di consiglieri ugonotti19 , e a da duchessa sabauda saprà suggerire al marito di
tollerare tutte le confessioni cristiane e addirittura di rifiutarsi di perseguitare i Valdesi,
come gli chiedeva il Papa. I papi Paolo IV e Paolo V la tennero per certamente eretica, ma
non poterono mai dimostrare nulla, nemmeno con lʼintervento di Carlo Borromeo: la
duchessa, almeno formalmente, si teneva entro lʼortodossia.
Sembra che Maraffi non abbia davvero nessun sospetto di queste accuse: chiama
Margherita “cristianissima” e dice che lʼAltissimo ha profuso su di lei tutte le virtù, arriva a
giocare si significato sul suo nome, che in latino significa “perla”, per dire che non cʼè bene
più prezioso di questo a cui poter dedicare il suo scritto. Forse nel 1554 i sospetti papali
sono ancora troppo lontani per preoccupare un autore tanto cattolico - o forse, da bravo
umanista, egli non intende tenerne conto, dato che si attagliano bene al suo stesso
pensiero.
Lʼaspetto letterario
Se il nostro libretto è notevole dal punto di vista del collezionista di libri rari e interessante
da quello dello storico che cerca notizie sul periodo Tridentino, anche dal punto di vista
della letteratura presenta aspetti che non sono da meno.
Metro
Tutto il libro è dominato dallo schema metrico dellʼottava, con lʼunica eccezione del sonetto
che chiude la dedica a Margherita.
Le didascalie che accompagnano le incisioni appartengono dunque ad un metro che, nel
XVI secolo, è strettamente legato ad un genere letterario preciso, quello del poema
cavalleresco.
Lʼottava tuttavia nasce assai prima e in altro ambito: è un metro popolare, attestato già nel
Duecento con lo schema di rime ABABABCC (rime alternate nei primi sei versi e baciata
negli ultimi due) che diverrà poi lo schema “classico” noto come “Ottava Toscana”.
Nel XIV secolo si affermerà come metro dei cantari, componimenti di argomento epico
cavalleresco, avventuroso, sacro o anche storico - politico caratterizzati dal una
destinazione performativa, cioè destinati ad essere narrati di fronte ad un pubblico,
solitamente in piazza, in occasione di feste o altre riunioni di folla. Come è normale per le
opere strettamente legate allʼoralità, la gran parte dei cantari conservati fino ad oggi è
anonima; lʼunico “canterino” che conosciamo con una certa sicurezza è un certo Antonio
Pucci di Firenze, in ottimi rapporti con Boccaccio. E fu proprio il Boccaccio, con la sua
sensibilità per la letteratura popolare e la narrativa orale, a introdurre questo metro, per
così dire, al “piano nobile”, dandogli dignità letteraria in alcuni dei suoi componimenti
giovanili20 . Alla fine del XV secolo i cantari di argomento epico vengono importati nello
18
Per quanto pronipote di un papa (Leone X), Caterina non era, di suo, assolutamente favorevole alle guerre
di religione, contro cui lottò per tutta la vita cercando di affermare i valori della libertà di coscienza e del
dialogo.
19
Un breve del papa Paolo IV del 1564 impone di cacciare da corte questi eretici, ma rimane senza effetto.
20
Il Filostrato, la Teseida e il Ninfale fiesolano.
6
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
spazio letterario di corte con il Morgante di Luigi Pulci (1478)21, e di lì a poco trovano
definitiva consacrazione con la pubblicazione dellʼOrlando Innamorato di Matteo Maria
Boiardo 22, che prelude al successo di pubblico e di critica dei due capolavori della poesia
italiana del XVI secolo, lʼOrlando Furioso di Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Tasso,
ambedue poemi cavallereschi in ottave 23.
Nel Quattrocento però si attesta anche lʼuso (in Poliziano e Lorenzo il Magnifico, per
esempio) di ottave isolate a scopo descrittivo, polemico o mordace: è lo strambotto24, che,
messo anche in musica, rappresenta lo standard del madrigale nellʼArs Nova codificata da
Giovanni da Firenze.
Avrà ancora grande successo nel Cinquecento come metro agile, assai adatto agli idilli per
la sua misura non estesa, ma nemmeno troppo ridotta, e perché concede allʼautore ottime
potenzialità di distribuzione del contenuto allʼinterno della strofa25.
Ed è qui che il nostro Maraffi, probabilmente, la ritrova e la elegge a schema metrico
fondamentale, probabilmente anche per un condizionamento puramente fisico: i
quattordici versi del sonetto sarebbero stati troppi per lo spazio a disposizione sotto le
incisioni.
La poetica dellʼAutore
Maraffi non entra, certo, nel novero degli autori migliori e più famosi del nostro
Cinquecento, ma è certamente perfettamente imbevuto della cultura e della poetica di quel
secolo, come dimostrano alcuni passi della sua opera.
Anzitutto vale la pena di soffermarsi sullʼappello AL PIO, E PRVDENTE LETTORE ove il
Nostro fa esplicito riferimento al tema del “diletto” che serve a tenere avvinto il lettore:
il tema è dʼattualità a metà del ʻ500,
e resterà importante a lungo nella
nostra storia letteraria26 . Qui mi
preme rilevare che il tema sarà
affrontato da Torquato Tasso nei suoi Discorsi dellʼarte poetica (1587, ripubblicati nel 1594
come Discrosi del Poema eroico), in cui cerca una risposta convincente alla necessità di
coordinare nella poesia il Vero del messaggio cristiano al bello dellʼinvenzione (e quindi
21
Scritto a Firenze su esortazione di Lucrezia Tornabuoni, la madre del Magnifico, avrebbe dovuto essere
una nobilitazione del genere a scopo propagandistico, per esaltare gli ideali feudali a cui intendevano
ispirarsi i parvenu del momento; ma il Pulci ne fece una parodia dellʼepica.
22
Prima edizione nel 1495 a Ferrara, seguita da altre sedici. Non che Boiardo sia un poeta eccelso, ma
certamente la sua operazione è letterariamente meno rozza di quella di Pulci (per quanto ancora
linguisticamente lontana dalla perfezione del capolavoro ariostetsco - e voglio tacere della perfezione di
Tasso).
23
Che portano il poema cavalleresco fino alle sue possibilità, letteralmente, ultime: dopo la tormentosissima
pubblicazione del capolavoro di Tasso, questo genere letterario si spegnerà di lenta agonia nel secolo
successivo, segnata da una decisa virata al comico (il Torracchione desolato di Bartolomeo Corsini, il
Catorcio di Anghiari di Federico Nomi, lo Scherno degli dei e il Della Croce racquistata di Francesco
Bracciolini, il Malmantile racquistato di Lorenzo Lippi, la Secchia rapita di Alessandro Tassoni).
24
Che in Toscana viene chiamato anche rispetto. Tecnicamente, uno strambotto è a strofa singola, mentre il
rispetto è la combinazione di due o tre strofe.
25
Una strofa di otto versi permette di distribuire il testo in due o quattro parti perfettamente simmetriche,
ovvero in tre parti sbilanciate verso il fondo; lo schema tradizionale delle rime si presta particolarmente a
favorire lʼaprosdòketon.
26
Almeno fino allʼOttocento romantico, quando Manzoni si chiederà a più riprese quale sia il tipo di diletto
che può tenere avvinti i suoi lettori al romanzo storico.
7
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
della menzogna!) che deve tenere avvinto il lettore. Maraffi, trentʼanni prima, aveva già la
soluzione: lʼunione di immagini e parole, che in effetti si stava affermando in quel periodo e
che godrà, come vedremo, di enorme successo nel Seicento.
Dal punto di visto della teoresi poetica, il nostro è un aristotelico tutto dʼun pezzo:
la prima ottava del Prologo lo dimostra
chiaramente, laddove lʼidea per cui il verso
è strumento adatto a parlare delle cose più
alte, come dimostrano i grandi ingegni del
passato è certamente frutto della
tradizione letteraria, che ha però la sua
radice nella Poetica dello Stagirita, che in
quellʼepoca, in seguito alla sua reintroduzione in occidente nellʼoriginale greco, si andava
riaffermando come fondamento dellʼarte retorica.
Lo scopo della poesia, dunque, non è certo quello di accontentarsi della sua bellezza
formale, ma insegnare la Verità a proposito di Dio, che è la via che ci conduce a salvezza:
Dio si rivela attraverso la Scrittura, e dunque non cʼè attività poetica più alta e meritoria
che quella che sia volta alla divulgazione e allʼillustrazione della Parola di Dio espressa
attraverso lʼAntico e il Nuovo Testamento 27.
La lettura allegorica dellʼAntico Testamento
Tutto il testo biblico viene dunque letto come una infinita allegoria: delle vicende storiche
del Cristo, della Chiesa e di ogni singolo individua, secondo quella esegesi che è stata
fondamentale per tutto il cristianesimo sin dalle sue prime origini.
Maraffi lo ribadisce soprattutto nei Prologhi, i particolare quello, illuminante, allʼEsodo:
Faraone è segno del demonio, che “forzati ci / preme nellʼEgitto deʼ peccati” (ott.III, 7b-8);
Mosè è figura Christi che ci guida, con la Croce che è il suo bastone, verso il luogo del suo
Regno (ott. IV, 5-8); il Cristo ti fa passare salvo in mezzo al mare del peccato, dove gli
empi affogano nel vizio; chi segue Cristo non teme nulla, perché Egli dona la manna che
lo sostiene nel cammino verso il Regno promesso (ott. V); non farti idoli dʼoro, ma lascia
che Dio scriva nel tuo cuore di pietra la sua Legge: solo così trionferai su tutti i re nemici
“ciò è peccati” (ott. VI, 8) e potrai regnare in gloria con Dio, dato che le tue azioni, salite
oltre la sfera più alta, saranno iscritte in Paradiso.
Ma lʼottava più interessante è di certo lʼultima, con lʼesortazione finale al lettore a non
considerare ciò che legge un semplice racconto, ma “figure / dʼaltri misteri” che bisogna
guardare con attenzione per decifrare (ott. VIII, 4-5): da notare lʼespressione, assai
pregnante, importantissima per comprendere la poetica dellʼAutore, posta in
enjambement.
27
Nel 1554 è in pieno svolgimento il Concilio di Trento, che si è aperto il 13 dicembre del 1545. Il primo
decreto dogmatico emesso dal Concilio, lʼ8 di aprile del 1546, riguarda proprio la centralità della Parola di
Dio nella religione cristiana: di conseguenza, vi si definisce il Canone delle Scritture e la validità della
Tradizione come fonte di Rivelazione in materia di fede e morale.
8
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Il tema della “figura” è in effetti capitale (è il titolo del libro!): Maraffi lo riprende e lo
esplicita ancora meglio nella seconda
ottava del Prologo nel Libro dei Giudici.
Qui il termine “figura” (v.8) è in posizione
fortissima (parola rima dellʼultimo verso
della strofa, in connessione a “lettura” al
v.7) con valore fortemente ambiguo, a
riassumere in un colpo solo tutte le
intenzioni poetiche dellʼAutore.
“Figura” infatti è sia ciò che noi chiamiamo
“illustrazione” sia ciò che in termini tecnici
si chiama “traslato”, cioè una figura di
spostamento di significato (una metafora,
un simbolo, una allegoria). Quindi il lettore dovrà prestare somma attenzione, e leggere
con calma, per riuscire a scoprire i tutti i significati che si nascondono sotto la semplice
vicenda narrata.
Sfida allʼintelligenza del Lettore, allusività, giochi di senso, traslati (in particolare
metaforici), sono tutte caratteristiche dellʼestetica del Barocco, che già sono anticipate in
questi versi.
Genere letterario
Ma la questione più intrigante, e a mio avviso il vero motivo per cui vale davvero la pena di
leggere il Maraffi, è però legata al collocamento letterario di questo testo, alla sua
classificazione tassonomica entro i generi a noi noti della letteratura. Perché non rientra in
nessuna delle categorie a cui siamo abituati: non è certamente un romanzo, ed è forse un
canzoniere poetico28; non è un poema epico (anche se il suo argomento è in assoluto
quello più alto a cui si possa arrivare, come lʼautore tiene a sottolineare in più di un passo),
e tanto meno è un poema cavalleresco 29; non è un prosimetrum, il genere che tanta
fortuna ebbe nel medioevo per argomenti molto simili a quelli trattati qui, né un trattato
teoretico di quelli che piacciono tanto al Cinquecento.
Il nostro testo ha una caratteristica tutta particolare, che abbiamo già sottolineato parlando
della sua struttura: è un libro che compendia immagini e scrittura, una raccolta di “figure”,
come recita il titolo, “illustrate” dalle parole del profeta - che, se ci pensiamo bene, è
lʼesatto contrario di come pensiamo noi oggi: di solito parliamo di “libri illustrati” quando
abbiamo qualche “figura” che ci aiuta a capire il testo.
Questo genere di libri nasce nel Cinquecento, si diffonde con una rapidità straordinaria e
avrà un successo esagerato nel Seicento30, e viene generalmente indicato con il nome di
“Libri di Emblemi”.
Pare (ma la materia è intricata, e darne resoconto di tutte le divergenti opinioni sarebbe fin
troppo lungo per il nostro incontro di oggi) che questo genere nasca dalle cosiddette
28
Nella definizione che di questo genere dà il Santagata, che però dice che “il canzoniere ha statuto
epistemologico debole”, con il che siamo punto e a capo: se non sappiamo cosa è, anche le nostre “Figure”
forse vi rientrano, ma forse no...
29
La differenza fondamentale è che il poema cavalleresco è meno serio, più scanzonato e vanesio di quello
epico, che è invece tutto dʼun pezzo, solenne e serioso.
30
Vale per i libri di emblemi lo stesso discorso che abbiamo fatto per il poema: nel Seicento il successo lo
porta ad un irreparabile stravolgimento, che lo ucciderà entro la metà del secolo successivo. Deve essere lo
stress di essere il migliore, come per molti VIP delle nostre cronache, che per restare “al top” si riempiono di
droga e finiscono male. Nihil sub sole novi.
9
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
“imprese”, che poi si trasformano in emblemi. Diciamo che per sommi capi, sia lʼimpresa
che lʼemblema sono costituiti dallʼunione di unʼimmagine e di un testo che trasmettono un
significato attraverso la loro combinazione. Si tratta di un procedimento di amplificazione
volto ad ottenere, dallʼaccostamento dei due elementi diversi, un significato più complesso
rispetto a quello che si può trasmettere solo con lʼuno o con lʼaltro 31.
L’impresa
“Nel Rinascimento col termine imprese si intendono delle immagini spesso accompagnate
da un motto, che avevano il compito di esprimere lʼindole, il carattere, le intenzioni, le
aspirazioni e i segreti pensieri e desideri di che le porta”32. Paolo Giovio, nel suo “Dialogo
dellʼimprese militari ed amorose”33 ricostruisce la storia delle imprese a partire dai cimieri
sugli elmi e dalle immagini che campeggiavano sugli scudi già degli eroi cantati dagli
antichi poeti epici: alla fine del Quattrocento si era affermato tra i militari francesi lʼuso i far
ricamare sui mantelli il motto (personale o di famiglia), accompagnato da immagini
stilizzate che riproponessero le loro gesta belliche più onorevoli34 . Questi “quadretti”
venivano chiamati “devise” e divennero popolarissimi in tutta Europa, e in Italia divennero
popolari con la discesa di Carlo VIII e Ludovico XII35, quando tutti i cavalieri che si
schierarono con loro cercarono di imitare le insegne dei loro Capitani. Dai mantelli
migrarono poi alle decorazioni di ogni genere (di armi, livree dei servi, carrozze, parietali) e
infine alla carta.
Giovio indica cinque regole per la costruzione della perfetta impresa:
«Sappiate adunque M. Lodovico mio, che lʼInvenzione overo Impresa, sʼella deve havere
del buono, bisogna chʼabbia cinque condizioni. Prima, giusta proporzione dʼanima e di
corpo. Seconda, chʼella non sia oscura di sorte, cʼhabbia mestiero la Sibilla per interprete
à volerla intendere; né tanto chiara chʼogni plebeo lʼintenda. Terza che sopra tutto habbia
bella vista, la qual si fa riuscire molto allegra, entrandovi stelle, soli, lune, fuoco, acqua,
arbori verdeggianti, instrumenti mecanici, animali bizzarri, e uccelli fantastici. Quarta, non
ricerca alcuna forma umana. Quinta richiede il motto, che è lʼanima del corpo, e vuole
essere comunemente dʼ una lingua diversa dallʼIdioma di colui, che fa lʼimpresa, perché il
sentimento sia alquanto più coperto. Vuole anco esser breve, ma non tanto che si faccia
dubbioso; di sorte che di due o tre parole quadra benissimo; eccetto che fusse in forma di
verso, ò integro, ò spezzato»36.
Giusta la regola numero tre, lʼimmagine si rifece sempre di più ai repertorio di raffigurazioni
ampiamente codificati dalla cultura classica e medievale, e in ossequio alla numero due
assunse un valore sempre più marcatamente simbolico. Queste due caratteristiche sono
la ragione dellʼenorme successo che incontrò nel XVI secolo, dominato dalle due
31
Per una buona descrizione di impresa e emblema si veda M.C. Fazzini I libri di imprese e di emblemi nella
Biblioteca del Seminario Vescovile di Padova (secoli XVI e XVII), Università degli Studi di Roma «La
Sapienza» Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari - Corso per Bibliotecari - Tesi di diploma, aa.
2009-2010. Relatore: Prof.ssa Tiziana Pesenti Correlatore: Prof. Alberto Bartola, pp. 43 e ssgg. Il testo è
rinvenibile in Internet allʼindirizzo http://www.seminariopadova.it/pg.asp?cd=490
32
M.C. Fazzini, cit., pag. 47.
33
In Vinegia appresso Gabriel Giolito deʼ Ferrari, MDLVI. È il primo trattato teorico che cerchi di mettere un
poʼ dʼordine alla materia dei libri dʼimpresa che vedevano in quegli anni una grandissima fioritura.
34
Giovio, cit., pagg. 3-4.
35
Giovio, cit., pag. 5. Carlo VIII scese in Italia nel 1494 per conquistare il Regno di Napoli; Luigi XII, suo
successore, nel 1499 per conquistare Milano e Napoli ribellatasi al predecessore.
36
Giovio, cit., pp. 5-6.
10
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
ossessioni fondamentali che segnano lʼestetica barocca, quella per la metafora e quella
per la “visione”.
L’emblema
È una forma di impresa più strutturata e più saldamente legata alla tradizione letteraria.
Sin dal suo primo apparire37, è sempre composta da tre elementi: un motto (inscriptio)
tratto dalla sapienza antica, sacra o profana; un disegno (figura) che può essere simbolico
o naturalistico; un brano in versi (subscriptio). Il brano può essere originale (come erano
gli epigrammi di Alciati) o una citazione da altri poeti, una volgarizzazione dalla letteratura
antica, una variazione sul tema o unʼaltra qualsiasi possibilità. Lʼimportante è che si tratti di
versi canonici in una struttura riconoscibile, per lo più breve - di qui l'importanza della
nostra ottava.
Dunque si vede come il nostro libretto si attaglia alla definizione dellʼemblema, anche se
non con la perfezione che ci piacerebbe: è certamente in tre parti; la figura e i versi
esplicativi corrispondono alla richiesta; il motto è assente, ma esiste comunque una
scrittura al di sopra della figura, cioè lʼindicazione del libro e del capitolo da cui è tratto
lʼepisodio illustrato.
Il nostro testo è dunque un “Libro di emblemi”, quello che noi oggi definiremmo uno
strumento multimediale per la comunicazione del sapere. Parole e immagini combinate
insieme per veicolare un messaggio che è più ampio della mera somma dei significati
espressi nei con i due media che lo compongono. Una attività di una modernità
sconcertante, che sarà certamente una delle realizzazioni più grandi e geniali del Barocco,
ma che ha le sue radici nel Cinquecento, in opere come questa.
37
A. Alciato, Andreae Alciati Emblematum Libellus, Parigi, Christian Wechel 1534. Nel 1531 era uscita ad
Augsburg una versione non autorizzata e senza immagini. Questo testo avrà un successo indescrivibile per
tutto il Cinque e il Seicento: originariamente conteneva un centinaio di tavole, nellʼedizione di Tozzi a Padova
del 1621 (con il titolo Emblemata Cum Commentariis Amplissimis) sono raddoppiate.
11
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
Testi
Il sonetto di dedica
Che Maraffi sia un precursore del Barocco lo dimostra già il sonetto di dedica, che non é
certo un capolavoro, ma ci illumina sui caratteri
della sua poesia.
1.
La Regina Sabèa, poi chʼebbe i modi
2. E glʼordin visto deʼl gran Salamone:
3. Ripiena tutta dʼammirazione,
4. Roppe sua voce in le sacre lodi.
5.
Servo beato, che tanto ben godi,
6. Ben si felice in tanta visione.
7. Ò Re, la fama, ed ogni opinione
8. Vinci con tua preferenza, eʼ cuori annodi.
9.
Ciascun tirato daʼl sacrio splendore
10. Vostro, chiar vede, quel di voi si dice
11. Margherita, à penʼesserʼombrʼ, aʼl vero
12.
E preso da incredibile stupore
13. Grida, oh casa beata, alma, felice
14. Di Margherita, à cui bassʼè lʼImpero.
Potremmo parafrasare così: quando la Regina
di Saba si meravigliò al vedere
lʼorganizzazione del Regno di Israele voluta da
Salomone, innalzò una preghiera a Dio che diceva: «Salomone, servo di Dio, sei davvero
beato! Tutto quello che la tua fama riferisce di te è nulla rispetto a quel che vedo, che lega
il mio cuore a te». O Margherita, chiunque sia attirato dal vostro splendore riesce a vedere
chiaramente che quanto si narra di voi può a mala pena essere considerata unʼombra
della verità. E, stupito fino allʼincredulità, grida «Beata e piena di ogni felicità la corte di
Margherita, in confronto alla quale anche lʼImpero è cosa vile!».
Mica male per uno che allʼinizio della dedicatoria diceva che la sua opera non può essere
accusata di adulazione...
Questo sonetto, dicevo, è alquanto vicino alla poetica del barocco: osserviamo come nel
primo piede vengano introdotti la regina di Saba e Salomone, e si annunci la preghiera
della Regina, il cui contenuto (Salomone è beato perché ha visione della Verità in Dio 38) è
poi enunciato nel secondo piede. La prima volta39 è di nuovo dominata dal senso della
vista: chi è attirato dallo splendore di Margherita vede chiaramente la differenza tra fama e
verità; nella seconda volta, il devoto della contessa innalza la sua lode, chiamando beata
la sua casata.
Lʼandamento apparentemente parallelo della struttura (presentazione dei personaggi, inno
di lode) nasconde al suo interno un andamento chiastico, poiché nella prima parte è una
donna a esaltare la beatitudine di un re, nella seconda è il poeta ad esaltare quella di una
nobildonna regina: il che configura un uso a sorpresa dellʼespediente retorico che diverrà
tipico del Barocco.
Altre caratteristiche che anticipano la poesia del Seicento sono lʼinsistenza sul senso della
vista (la radice del verbo “vedere” ritorna ai vv. 2, 6 e 10, con visione al v. 6 a dare una
38
39
Si tratta di una volgarizzazione dei passi 1Re 10, 8-9 e 2Cr 9, 7-8.
Alcuni autori - e io con essi - applicano anche al Sonetto la struttura tradizionale della Strofe della
Canzone, divisa in Fronte e Sirima, la prima composta da due Piedi e la seconda da due Volte.
12
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
bella variatio) e sullo stupore (ammirazione al v. 3 e stupore al 12, che non a caso sono in
collocazione forte a fine di verso e in posizione speculare - il 3 è il terzo e il 12 è il
terzultimo verso del componimento); il gioco di chiaroscuro ai versi 10-11 (chiar al v.10 e
ombra allʼ11) che configura un ossimoro, altra figura prediletta dallʼestetica del Seicento.
Faccio notare che il gioco di luci ed ombre è lʼandamento caratteristico dellʼincisione
silografica (che non prevede colori), cioè della tecnica utilizzata per le “figure” del libro.
Le ottave
Che Maraffi sia solo un pioniere emerge, nel testo, dalla mancanza di una perfetta
continuità nella coordinazione della comunicazione tra immagine e parole. Ho selezionato
alcuni testi che mi sembrano significativi e che possono darci lʼidea di come lavorava lo
scrittore, di quale sfida avesse di fronte e di quali risultati sia stato in grado di conseguire.
Le didascalie
Alcune delle ottave si fermano al livello minimo di interazione testo-figura: quello della
didascalia, anche se non sono mai delle pure descrizioni.
GENESI 1
Tratta della creazione ex nihilo dellʼUniverso, e inizia con un bel “qui” che ne denuncia il
legame con lʼimmagine:
qui il lettore (cui si rivolgerà sempre con il
tu) è chiamato a veder lʼinvisibile (di nuovo
un gioco ossimorico, di nuovo sul verbo
che ossessionerà il Barocco, che torna
anche al verso 3); in realtà poi il testo si
riscatta, poiché descrive in maniera meno
pedissequa lʼattività di Dio, arricchendo
lʼimmagine di alcune considerazioni che
ritiene di suggerire al lettore: il tema che
domina lʼottava è quello della varietà
nellʼunità (uno dei cavalli di battaglia della
fi l o s o fi a d e l B a r o c c o ) , c h e v i e n e
sottolineato in maniera insistente (la radice
varia in rima equivoca ai versi 4 e 6) e non a caso esplicitato nei due versi finali dove si
parla dellʼuomo, vertice della creazione, perfetto in ogni membro e nella armoniosa
compagine del tutto (che è, invece, tema tipicamente rinascimentale, basti pensare a tutto
il lavoro di pittori e scultori come Leonardo o Michelangelo sulle proporzioni).
ESODO 36
Lʼimmagine della Tenda del Convegno viene commentata con una descrizione che
sopperisce ai limiti della tecnica di stampa
dellʼepoca:
la dimensione ridotta obbliga ad una
prospettiva piuttosto bizzarra (da cui
lʼindicazione dei “pilastri fatti con misura” al
verso due), e la resa è necessariamente
meno puntuale di quanto sia nel testo. Ma
anche lʼottava è pur sempre una stanza
breve, laddove il testo sacro si dilunga in
una serie di particolari che non possono
essere riportati nella loro interezza: il poeta
allora gioca di suggestioni che servono ad
eccitare la fatasia del lettore e la sua
meraviglia di fronte ad unʼopera di mano
13
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
umana, ma progettata direttamente da Dio: e di certo questo è il significato di questa
immagine e di quelle seguenti, che altrimenti ci risulterebbero assai curiose: perché
inserire una materia così aridamente descrittiva in un formato che non può che risultare
inadeguato, se non per esaltarne il Divino progettista?
I riassunti
Altre ottave ampliano il racconto dellʼimmagine, a volte a dismisura, integrando interi
capitoli che non possono essere narrati nellʼincisione.
GENESI 29
È la storia del doppio matrimonio di Giacobbe, prima con Lia e poi con Rachele, previo
inganno del futuro suocero Labano:
lʼimmagine mostra solo dei pastori al
Pozzo di Giacobbe, luogo del primo
incontro con Rachele, e il testo riassume in
modo magistrale il resto della vicenda.
ESTHER 7&8
Questa ottava è un vero capolavoro: gli 8 capitoli del libro di Ester sono riassunti con
eccezionale abilità e rapidità e con
distribuzione perfetta della materia.
I vv. 1-2 introducono il casus belli e i due
personaggi principali: Amàn, perfido
consigliere del re di Babilonia, e
Mardocheo, lʼebreo giusto che rischia la
morte.
I versi 3-6 sono hanno lo svolgimento della
vicenda: il piano di Amàn per eliminare
Israele viene scoperto, e denunciata la sua
inumana crudeltà.
I versi 7 e 8 contengono lo scioglimento
della vicenda e lʼintroduzione, quasi
fugace, dellʼeroina eponima del libro: su preghiera di Ester, Mardocheo viene salvato ed
Amàn giustiziato su quelle stesse forche che aveva preparato per il Popolo Eletto. E tutto il
racconto è fatto dʼun fiato, visto che non ci sono veri punti a scandire le divisioni interne
allʼottava: solo alla fine del verso 6, per introdurre alla catastrofe, i due punti (che valgono
come un nostro punto e virgola) permettono di cambiare il soggetto, introducendo Ester e
facendo di Aman un complemento dʼagente. In questo caso, il significato morale si insinua
fino al livello della sintassi: chi pensava di essere il soggetto dellʼazione si ritrova a subire
passivamente la vendetta divina.
La propaganda
Altre ottave contengono un messaggio che è interpretabile come propaganda cristiana o,
in alcuni casi, espressamente cattolica e romana.
GENESI XVI
Apparentemente abbiamo un insegnamento sullʼingratitudine, che cancella la fonte del
bene ricevuto, e sulla compassione e misericordia di Sara, che accoglie Agar nonostante il
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dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
suo peccato. Ciò che interessa maggiormente qui è il trattamento riservato ad Ismaele,
che viene definito “nemico degli uomini e ribelle nei confronti di Dio”. Sullʼinimicizia degli
uomini ci siamo, è il senso di Gen.16, 12; ma la ribellione a Dio non è orevista dal testo
biblico.
Maraffi certamente interpreta: i discendenti
di Ismaele sono, come egli ben sa, quegli
Arabi da cui proviene il Profeta
Muhammad, che ha creato lʼIslam, che già
n e l M e d i o e v o , e a n c o r a fi n o a l
Romanticismo, è considerato unʼeresia del
cristianesimo, cioè una “ribellione” a Dio e
alla sua Chiesa. E lʼimpero islamico
Ottomano è, nel momento in cui Maraffi
scrive, il vero e proprio nemico pubblico n°
1 dellʼEuropa cristiana: nel 1529 Solimano
il Magnifico arrivano fino fuori delle porte di
Vienna, destando una fortissima impressione nel mondo Occidentale e dando lʼavvio ad
una pressione espansiva verso Nord che durerà per altri un altro secolo e mezzo, fino a
quando i Turchi non saranno definitivamente respinti nella Battaglia di Vienna del 1683 e
rinunceranno alle loro mire espansionistiche in Europa.
ESODO XV
Passato il Mar Rosso, sommerso lʼesercito nemico, ormai giunti al sicuro, Mosè innalza un
cantico di ringraziamento a YHWH che li ha salvati, e Maria risponde guidando il coro delle
donne di Israele.
Ma se nel testo sacro si tratta di una
rapida indicazione (dietro a lei uscirono le
donne con i timpani, formando cori di
danze, Es.15, 20b), qui il Nostro la amplia,
quasi volesse dimostrare che non cʼè
preghiera di ringraziamento senza
organizzazione corale. Che è esattamente
ciò che succede in monastero: la vita
religiosa è organizzata coralmente in vista
della lode a Dio. Ma la vita monastica è
uno dei bersagli della polemica di Lutero e
uno dei punti di forza della Riforma
Tridentina.
15
dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
LEVITICO X
È un episodio ricorrente nellʼAntico Testamento, incentrato sulla punizione di chi non
rispetta la Legge.
In questo caso è esplicito il collegamento
alla realtà contemporanea: come Nadab e
Abiu hanno profanato lʼaltare dei sacrifici e
vengono puniti con il fuoco che scende dal
cielo, così gli eretici contaminano con un
fuoco sacrilego la dottrina della Chiesa, e
con il fuoco vengono puniti. In effetti la
punizione dellʼeresia era affidata ai roghi,
che nel ʻ500 e ʻ600 si moltiplicarono anche
in virtù dellʼistituzione da parte di papa
Paolo III della “Congregazione della sacra,
romana ed universale Inquisizione del
santo Offizio” allo scopo di combattere più efficacemente la Riforma protestante con la
bolla Licet ab initio, del 21 luglio 1542.
La narrativa pura
LʼAntico Testamento è soprattutto una raccolta eccezionale di narrazioni. Oggi questa sua
natura è accertata dagli studi di biblistica anche nella Cristianità; per secoli i grandi
Rabbini lʼhanno avuto chiaro, tanto che nella tradizione ebraica persino la discussione
sullʼadeguamento del Decalogo alle nuove condizioni di vita che il Popolo si trovava ad
affrontare in ogni diversa epoca ha spesso preso la forma di splendide narrazioni (i
midrashim). Molto spesso il Nostro si lascia affascinare dal contenuto puramente narrativo
del testo, e permette alla storia di prendersi uno spazio più ampio della singola ottava, in
modo da collegare diversi episodi in una narrazione coerente, spesso usando dei “trucchi
narrativi” per aumentare la suspance nel lettore.
GENESI XXXVII
È una delle più rappresentative in questo senso, e non a caso sfrutta una delle storie più
famose di Genesi, quella di Giuseppe, un vero e proprio feuilleton biblico.
I fratelli di Giuseppe lʼhanno appena
buttato nella cisterna, convinti da Ruben a
non ucciderlo, ed ecco comparire (con
effetto di sorpresa reso perfettamente dal
“tuttʼ ad un tratto” al v.3) i mercanti diretti
in Egitto. Giuda ha lʼidea di venderlo, e la
faccenda si risolve rapidamente (“così fu
fatto” al v. 5): da qui parte un vero e
proprio trailer, un “prossimamante su
questi schermi” che occupa i tre versi finali
dellʼottava, in cui Maraffi ci spiega che
questa decisione spianò la strada al
successo di Giuseppe, che diverrà il più importante degli amministratori del Faraone,
come sarà raccontato nelle ottave seguenti (segnatamente la 68, da Gen.41).
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dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
GIONA I
Giona, il profeta riluttante, è sordo al comando di Dio.
Lʼottava esplicita anche lʼintenzione morale
dellʼautore, lʼinsegnamento ancora valido
per coloro che nel mondo non si curano
della volontà di Dio e si imbarcano in
imprese destinate a girare sempre su sé
stesse.
Ma il Sommo Bene interviene direttamente
sul disobbediente, lo afferra e lo getta nelle
profondità del mare (e si noti la descrizione
perfetta e incisiva). Un pesce lo inghiotte,
ne uscirà quando Dio vorrà. La
conclusione è apparentemente neutra, ma
in realtà appena voltiamo pagina vediamo che lʼimmagine racconta proprio lʼuscita di
Giona dal pesce.
GIONA II&III
Ottava interessante, che assomma molte
caratteristiche: è una didascalia (“vedi il
miracol” al v.1); è la continuazione
narrativa della precedente; è un
insegnamento morale (“che contra Dio non
si può contrastare” v.8); è una bella e dotta
applicazione della tecnica allusiva, laddove
la “Balena” dopo che lo aveva conserva
“vivo” per “tre giorni” nel suo ventre che
diventa una “tomba oscura” è evidente
riferimento a tutta quella lettura allegorica
già applicata dai Padri della Chiesa (e
interna agli stessi Vangeli, come esplicitato in Mt.12, 39-40) che vedeva nella vicenda di
Giona un “tipo” di quella del Cristo nel sepolcro.
L’esegesi biblica
In alcune ottave Maraffi introduce una serie di esplicazioni esegetiche del racconto biblico,
seguendo lo schema dellʼallegoria tipologica; un esempio lʼabbiamo già incontrato in
Giona; ne vediamo un altro in:
GENESI XLI
La vicenda di Giuseppe è accostata passo per passo a quella del Cristo, in modo da
creare un parallelismo perfetto. Generato
dal sommo Padre (Giacobbe, il patriarca
che ebbe nome di Israele); venduto da
Giuda (il fratello che per primo suggerisce
la vendita); odiato dal Popolo ebraico;
legato e torturato e poi liberato dal carcere
(che allegoricamente è il sepolcro); va in
trionfo per il mondo di cui è detto salvatore
(Giuseppe salva lʼEgitto dalla carestia e
viene acclamato e onorato da tutti).
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dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
La perfetta integrazione tra immagine e testo
Che è poi lo scopo di questo genere di scrittura e dei libri di emblemi. Maraffi riesce ad
ottenerla in pochi casi, che però sono davvero notevoli per la tradizione di questo genere
letterario che nel 1554 è ancora agli albori, e vedrà le sue perfezioni nel secolo
successivo.
GENESI XXXVII
Giacobbe riconosce le vesti di Giuseppe
che i figli gli han riportato dicendo che è
stato divorato da un leone.
Ma se leggiamo bene il testo ci
accorgiamo che il Complemento Oggetto
del primo verbo (“riconobbe” v.2) è
rappresentato dal pronome “le” che
evidentemente si riferisce alle “vesti di
Giuseppe”, che non sono menzionate nel
testo, ma nellʼincisione (in cui occupano
una posizione centralissima).
ESODO X
Nellʼelenco delle piaghe dʼEgitto, lʼottavo posto spetta alle cavallette che consumano i
campi di frumento.
Nel commento poetico questi animali sono
sono menzionati espressamente, ma sono
perfettamente evidenti nellʼincisione. Di
nuovo abbiamo il pronome “le” (v.8) che
sta per un Complemento Oggetto che è
agilmente ricavabile dallʼillustrazione.
GIOBBE I&2
Giobbe è il profeta divenuto proverbiale per la sua pazienza. Uomo perfetto nella sua fede
e nella sua venerazione, viene proposto da
YHWH quale modello ai suoi “ministri”.
Ma il satana, che in ebraico non è nome
proprio, ma significa “lʼaccusatore” 40 ,
chiede di poter mettere alla prova questa
fede, portandogli via prima i beni, poi gli
affetti, poi la salute. Giobbe resiste alla
tentazione di maledire Dio (v.8b, in
aprosdòketon dopo una divisione
fortissima del verso). Nel testo si perde
ogni traccia del Demonio: ma in effetti non
cʼè nessun bisogno di menzionarlo, poiché
è evidentissimo nellʼincisione, dove, rappresentato nella consueta iconografia caprina,
frusta il povero Giobbe che guarda sconsolato le rovine della sua casa.
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Da qui lʼuso del termine diabolon in Greco, che ha lo stesso significato, e che in latino diverrà diabulum.
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dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
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dott. Marcello Racchini
Su “L’Antico Testamento” illustrato da Damiano Maraffi
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dottor Racchini.
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riflessione dell’autore, che volentieri se ne assume tutte le responsabilità.
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che l’autore non potrà mai ringraziare a sufficienza per averlo coinvolto in un
progetto tanto affascinante.
Il presente lavoro è stato prodotto con l’ausilio delle infrastrutture tecniche della
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