Tesi 18
Sviluppo del melodramma
Tesi 18
Sviluppo musicale del Melodramma
recitativo, aria, finale, strumentazione espressiva
e decadenza artistica
L’opera seria struttura del libretto, caratteri stilistico-musicali dell’aria
Tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, il dramma musicale serio, era caratterizzato
dall’unione di scene tragiche e comiche, con una sovrabbondanza di arie solistiche.
Le arie mediamente, potevano essere anche fino trenta per ogni opera, e la maggioranza di esse,
aveva una struttura tripartita con il da capo, ed erano accompagnate solamente dal basso continuo.
La struttura del da capo, fu elaborata da Alessandro Scarlatti (1660-1725)
Andare a vedere l’opera, era la più importante occasione di divertimento del tempo, ed inoltre
era anche un occasione, per venire a contatto con i temi mitologici o eroici.
Il libretto era sempre in poesia e mai in prosa.
I ruoli femminili, venivano ricoperti da uomini evirati, poiché nell’opera seria non era in uso far
calcare le scene alle donne.
Nell’opera, vi erano parti recitative di declamazione, alternate a parti di lussureggiante
virtuosismo con le arie.
Due particolari tipi di opera seria, sono il pasticcio e l’azione o festa teatrale.
Il pasticcio era un’opera seria su libretto originale, ma con arie di vari autori, ed ebbe molto
successo nella prima metà del secolo.
Esempi di pasticci sono :
Tito Manlio (1720) su libretto di Noris, musica di Boni (atto I), Giorgi (atto II), Vivaldi (atto III);
Partenope (1737) formato da arie già note e scritte per altre opere da vari autori, fu musicato da
Vivaldi e da altri 5 compositori tra cui Handel.
L’azione era un’opera di ridotte proporzioni, solitamente di argomento mitologico, ma con finalità
celebrative.
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L'Arcadia
L’Accademia dell’Arcadia si formò a Roma nel 1690, ed era composta da un gruppo di letterati,
i quali contestavano il melodramma, poiché secondo il loro modo di vedere, l'opera, avrebbe in un
certo qual modo contaminato, la purezza della poesia slegandosi da essa per favorire di più
l'aspetto musicale.
A questo si aggiunse il fatto, che il pubblico, mostrava di apprezzare particolarmente la bellezza
melodica e il virtuosismo canoro, e quindi i compositori, non si interessavano più di tanto al
legame tra la musica, e l'azione scenica, oltre il valore poetico del linguaggio, ma invece,
componevano i brani esclusivamente per esaltare la vocalità dei cantanti.
I contestatori dell’Arcadia ad esempio, trovavano improbabile che un personaggio andasse a morire
e allo stesso tempo cantasse.
Ci fu quindi, una sorta di decadenza artistica e letteraria del testo poetico e dell'opera seria in
generale.
La contestazione degli arcadici, portò dunque una profonda riflessione, che quindi giunse
successivamante, ad una prograssiva rivalutazione e riorganizzazione generale del dramma serio.
Tanto per cominciare, furono eliminate scene buffe con la semplificazione dell’intreccio dei
personaggi.
Uno dei maggiori esponenti dell’Arcadia, Pier Jacopo Martello, nel trattato Della tragedia antica
e moderna, sottolinea che l'opera, doveva avere una distinzione netta, tra recitativo e aria,
specificando inoltre, che il recitativo, doveva assolvere funzioni esclusivamente narrative.
Il recitativo, doveva esprimere tutto quello che non era concitato ed era invece dialogato, mentre
l’aria doveva esprimere tutto quello che è mosso dalla passione.
Martello distingue tre tipi di arie,
1) aria d’uscita, posta all’inizio della scena cioè quando il cantante esce dalle quinte e va sul
palcoscenico;
2) aria media, cioè quando il cantante la esegue a metà della scena;
3) aria d’ingresso, quando il cantante cioè rientra nelle quinte, uscendo di scena.
L’aria deve esprimere affetto, sentimento e stati d’animo.
C'era poi La liason di scena, che avviva quando si creava un legame tra due scene consecutive, le
quali avevano un solo personaggio in comune.
La mutazione della scena, avveniva cambiando il quadro scenico senza calare il sipario.
Solitamente le mutazioni di scena erano circa sei o sette per cisacuno dei tre atti.
Ogni atto, si suddivideva tra scene legate e mutazioni in 12 o 15 parti a seconda dei librettisti.
I librettisti aderenti all’Accademia dell’ Arcadia, seguendo il modello della tragedia francese e
della tragedia classica antica, semplificarono la trame, eliminarono i personaggi
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comici, diminuirono il numero delle scene e delle arie.
Molte trame erano tratte dalla storia antica e greco romana, ed esaltano i valori politici di fedeltà e
virtù, come la costanza e l' amicizia, alle quali veniva abbinato qualche intrigo amoroso e
sentimentale.
Spesso, si utilizzavano i modelli delle tragedie francesi di Corneille e Racine, esaltando il potere
della monarchia.
C’è da sottolineare inoltre, che il dramma serio, non era indirizzato al largo pubblico poichè la
maggior parte di esso, non capiva il linguaggio sia dei testi, e sia della musica.
Il veneziano Apostolo Zeno (1668-1750) autore di trentasei libretti, fu uno dei maggiori esponenti
dei principi del razionalismo arcadico.
Tra le sue opere si ricordano il Teuzzune, ispirato per l’appunto ai modelli francesi.
I letterati dell’Arcadia inoltre, prepararono la strada, al librettista che si può considerare come il
poeta italiano più famoso del periodo: Pietro Metastasio
Metastasio
Metastasio (1698-1782), aderì perfettamente ai modelli arcadici, perfezionando la struttura formale
dell’opera con uno stile poetico di alto livello.
Metastasio si formò a Roma, ma fu attivo anche a Venezia e soprattutto a Napoli.
Fu librettista di Leonardo Vinci , Nicola Porpora e Domenico Sarro con il quale scrisse Didone
abbandonata.
Metastasio, fu musicato anche da Johann Adolf Hasse, compositore tedesco ma italianizzato, il
quale collaborò molto con lui, musicando parecchie sue opere, tra cui anche il Temistocle.
Il primo grande successo di Hasse, fu a Venezia nel 1730 con L’Artaserse.
Le opere di Metastasio ed Hasse, esaltarono le capacità vocali del cantante evirato
Carlo Farinelli.
Nei libretti di Metastasio, prevale come detto il tema della virtù, della fedeltà e dell’eroismo sui
sentimenti amorosi.
La forza risolutrice della vicenda, non arrivava pertanto dall’esterno o dall’alto, come ad esempio
poteva essere una divinità o un oracolo, elementi tipici della tragedie lirique francese, ma bensì
dall’interno, con un atto di grazia dei personaggi stessi.
Metastasio inoltre, nelle sue opere, all’inizio del terzo atto, descrive quasi sempre una sorta di
vicenda catastrofica, risolta poi con il lieto fine.
Soltanto tre libretti metastasiani, non prevedono il lieto fine, e sono Didone abbandonata,
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Catone in Utica e Attilio Regolo.
Il dramma, L’olimpiade di Metastasio,(1733) fu uno tra i libretti più musicati, e contiene tutti i
caratteri tipici del dramma metastasiano come l’esaltazione della fedeltà dell’amicizia.
La vicenda si svolge in tempi mitici vicino alla città di Olimpia:
Licida figlio abbandonato del re di Creta, dopo aver promesso amore alla pastorella Argene si
innamora di Aristea, figlia del re Clistene. Ma Aristea è amata e ama Megacle amico fraterno di
Licidia.
Aristea viene dunque messa in premio al vincitore dei giochi olimpici. Licida chiede a Megacle il
quale era molto forte nei giochi, di gareggiare per lui travestendosi. Megacle combattuto tra amore
e fedeltà, decide di conquistare per l’amico Aristea. Cosi Licida può avere Aristea, ma questo
provoca la disperazione della pastorella Argene.
Aristea intanto scopre l’inganno e Megacle, chiede al re Clistene di esiliarlo.
Cosi nel terzo atto Licida crede Megacle morto e tenta di uccidere il re Clistene. Finchè viene
condotto al tribunale dove Licida scopre di essere il figlio abbandonato di Clistene, che lo aveva
creduto morto. Megacle cosi sposa Aristea e Licida sposa la pastorella Argene.
Le opere di Metastasio, e più in generale di questo periodo, sono caratterizzate da stati
d’animo contrastanti, e le arie, erano poste alla fine della scena, poiché il cantante potesse uscire
tra gli applausi del pubblico.
Metastasio creò anche le arie di similitudine, che ebbero molto successo anche successivamente.
In queste arie il personaggio, assorto in qualche intimo pensiero, si esprime per metafore o
similitidini paragonandosi ad esempio ad un fiore, alla tortora, alla rondine o a qualche altro
fenomeno della natura.
Tra tutte le varie forme di arie, particolare fortuna ebbero negli ultimi anni del Settecento le
cosiddette arie di tempesta
Le arie di tempesta, erano contraddistinte da ritmi sincopati, tempo agogico mosso, profilo
ondeggiante di scale, salti melodici e sfruttamento intensivo dei registri vocali estremi.
Un esempio è l’aria Son quel neve ch’agitata nell’Artaserse scritta da Breschi, dove si esaltano le
capacità vocali di Farinelli, oppure anche l'aria Vo solcando un mar crudele , tratta sempre da
Artaserse, ma con la con la musica di Vinci.
Quest'aria è caratterizzata da cambi di tessitura, ora alta e ora bassa, e da vocalizi e sibili violenti,
che creano un suggestivo movimento ondulatorio.
Vanno inoltre ricordate per lo spettacolare effetto evocativo del mare in tempesta,
le arie di W.A.Mozart Fuor dal mar, in Idomeneo e Si spande al sole in faccia in Re Pastore.
Era anche una prassi comune, riutilizzare in una nuova partitura, vari pezzi estrapolati da più opere
di vecchia data. Queste arie erano definite anche arie di baule.
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Metastasio nelle sue opere, impose molta regolarità metrica tra le strofe, creando un estremo
equilibrio formale.
La struttura compositiva di arie e recitativi
Principalmente nel Settecento, vi erano differenti modalità di comporre le arie.
Una modalità, era legata agli schemi secenteschi, che definiva quindi l' aria di tipo vecchio, dallo
schema.
Era un tipo di aria abbastanza breve, utilizzava spesso schemi di danza, ed inoltre veniva basata
sulla ripetizione ritmica.
Queste arie venivano accompagnate con pochi strumenti, dal basso continuo.
Un altra modalità, era definita come detto tripartita o da capo.
Solitamente l’aria più utilizzata era quella tripartita, e veniva strutturata musicalmente nel modo
A B A:
la prima parte definta A, era caratterizzata dalla prima strofa del testo poetico,
poi si ripeteva la stessa prima strofa, ma con leggeri modifiche melodiche, ed infine si passava alla
ripetizione della melodia iniziale;
la seconda parte dell'aria definita B, aveva invece un testo, una metrica, una tonalità e una melodia
molto contrastanti rispetto alla prima parte A.
si torna va poi poi a ripetere la prima parte A, che si conclude con un ritornello strumentale, con
fraseggi e vocalizzi e abbellimenti per esaltare le capacità vocali del cantante;
Le arie potevano anche essere strutturate in altri modi come ad esempio la struttura doppia A B, e la
struttura a rondò A B A C A .
Per quanto riguarda Il recitativo nel Settecento, era l’espressione predominante ed esclusiva
nella realizzazione delle fasi dinamiche, nonché del tessuto di connessione tra le varie arie.
Solitamente i versi erano settenari ed endecasillabi, e molto spesso l’ultimo verso del recitativo
veniva rimato con il primo verso dell’aria sucessiva.
Esistono principalmente, due tipi di recitativi.
C'era il recitativo secco, accompagnato dal solo cembalo, di tradizione secentesca,
e c'era anche il recitativo obbligato accompagnato da più strumenti.
Nel Settecento si sviluppa una forma di recitativo molto scorrevole, e a partire dal 1720 si prende
l’uso di accompagnare i recitativi dall’intera orchestra.
Questo tipo di recitativo solitamente, accompagnava il cambiamento di scena oppure quando il
personaggio dava sfogo a sentimenti malinconici.
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Secondo Metastasio, il recitativo accompagnato andava utilizzato ogni qualvolta il personaggio
riflette medita o dubita. Quando il personaggio parla, invece, doveva usarsi con più cautela.
Metastasio, in una lettera a Hasse, specifica esattamente quanti recitativi accompagnati desidera
vengano posti per l' Attilio Regolo.
Questo poiché il recitativo accompagnato ha molta importanza drammatica ed inoltre, sempre
secondo lo stesso Metastasio, era bene, che tale tipo di recitativo sia utilizzato poche volte durante
l’opera, poiché un abuso, significherebbe una perdita di intensità drammatica.
Il recitativo talvolta, poteva anche essere di tipo Arioso, ossia una via di mezzo recitativo e aria, ed
aveva dei caratteri molto melodici.
In sintesi, l’opera seria è cosi strutturata :
Sinfonia d’apertura, interamente strumentale di forma scarlattiana tripartita,
Allegro Grave Presto;
Recitativo secco, derivato dal recitar cantando della camerata fiorentina, eseguito dal
accompagnamento a basso continuo del solo calvicembalo.
Recitativo obbligato, accompagnato dall’intera orchestra, che esprimeva drammaticità e intensità
ritmica.
Pezzi d’insieme o concertati, che sono quei brani che chiudono gli atti dell’opera richiamando in
scena più personaggi.
I concertati d'insieme, sono caratteristici soprattutto nella scena finale conclusiva del
melodramma;
Arioso,via di mezzo tra recitativo e aria,era una sorta di recitativo più melodico;
L'Aria, forma melodica composta da un certo numero di frasi simmetricamente regolate su strofe o
versi di ritmo e tonalità definiti;
Le arie racchiudono i momenti sentimentali della vicenda, ed erano i brani prediletti dal
pubblico, poiché esaltavano le capacità vocali del cantante.
La strumentazione espressiva
Il compositore d'opere, poteva disporre di una vasta gamma strumenti, figure musicali, ritmiche e
melodiche, per rendere la musica il più possibile abbinabile testo, ad esempio:
per raffigurare musicalmente la tempesta si utilizzava il tremolio degli archi, con un ritmo
sincopato;
Per la guerra si utilizzavano trombe e timpani;
Per la caccia si utilizzavano corni;
Per le onde si usava una melodia caratterizzata da un flusso ininterrotto e scorrevole di semicrome;
Per le lacrime si utilizzavano gli arpeggi staccati e cosi via;
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Si crea quindi un unione ed integrazione tra parti strumentali e parti vocali,
Monteverdi fu il primo ad attuare la strumentazione espressiva, cioè il principio secondo cui
l’uso di determinati strumenti, doveva essere rapportato e relazionato, alla situazione
drammatica rappresentata nei vari momenti e alle varie scene, della rappresentazione operistica.
Gli strumenti, con le loro caratteristiche tecniche, timbriche e sonore, dovevano quindi
accompagnare il testo, avvalorando l'importanza della situazione scenica descritta.
Bibliografia :
M.Carrozzo C.Cimagalli, Storia della Musica Occidentale Volume 2, Armando Roma 2008
pp189-300
E.Surian, Manuale di Storia della Musica Volume 2, Rugginenti Torino 2006,
pp.97-99, 112-134
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