L’OPERA LIBERA 2014/2015
IL TURCO IN ITALIA
Dramma buffo in due atti
Musica: Gioachino Rossini
Libretto: Felice Romani
Prima rappresentazione:
Milano, Teatro alla Scala
14 agosto 1814
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA LIBERA 2014/2015
IL TURCO IN ITALIA
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento che potete trovare presso la Biblioteca del CRAL o
reperire presso altre biblioteche di Torino e Cintura:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del
melodramma italiano, Milano, Hoepli, 2007, pagg. 147-149
- Il Turco in Italia: dramma buffo in due atti, libretto di Felice
Romani, musica di Gioachino Rossini; Torino, Teatro Regio,
2005
- Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera, Milano,
Electa/Gallimard, 1999, pagg. 56-58
- Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, Milano, Baldini
& Castoldi, 1996, pagg. 1286-1287
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica,
Milano, A. Mondadori, 1991, pagg. 189-190
- Piero Mioli, Invito all’ascolto di Gioachino Rossini, Milano,
Mursia, 2008, pagg. 91-96
- Riccardo Bacchelli, Rossini, Torino, UTET, 1945, pagg. 77-80
- Arnaldo Fraccaroli, Rossini, Milano, A. Mondadori, 1941,
pagg. 101-102
- Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino
Rossini, Bologna, Il Mulino, 2007
- Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera, Milano,
Electa/Gallimard, 1999
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol. VI,
Torino, UTET, 1988, pagg. 446-465
- Piero Mioli, Invito all’ascolto di Gioachino Rossini, Milano,
Mursia, 2008
- René Leibowitz, L’opera romantica in Italia - Gioacchino
Rossini e L’opera buffa nel XIX secolo – Rossini e Donizetti
in Storia dell’opera, Milano, Garzanti, 1966, pagg. 119-124
e pagg. 155-162
- Riccardo Bacchelli, Rossini, Torino, UTET, 1945
- Arnaldo Fraccaroli, Rossini, Milano, A. Mondadori, 1941
- Giuseppe Radiciotti, Gioacchino Rossini, Roma, A.F.
Formiggini, 1927
- Stendhal, Vita di Rossini, Mariolina Bongiovanni Bertini (a
cura di), Bruno Cagli (introduzione di), Torino, EDT, 1992,
pagg. 87-91
http://bct.comperio.it
http://sbam.erasmo.it
- Stendhal, Vita di Rossini, Mariolina Bongiovanni Bertini (a
cura di), Bruno Cagli (introduzione di), Torino, EDT, 1992
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IL TURCO IN ITALIA
SPIGOLATURE
1/5
«Il Turco in Italia»: una nuova via del comico
“[…] con Il turco in Italia [Rossini] affrontò quel genere di commedia borghese che sarà poi caro al teatro parlato ottonovecentesco e che troverà in ambito musicale il suo culmine a fine secolo, con il Falstaff di Verdi.
Lungi dall'essere il rovesciamento in termini dell'Italiana in Algeri, come superficialmente si è troppo spesso insinuato, Il turco
in Italia rappresentò infatti una nuova via del comico: quella del realismo. Se ad esempio il sultano della prima opera è ancora la
maschera buffonesca prelevata dalla commedia dell'arte per deridere scaramanticamente lo straniero turco dopo lo scampato
pericolo dell'invasione ottomana dell'Europa intera, il Selim della nuova opera ha inv ece tutta la dignità di persona civile,
sensibile e sagace, capace se mai di mettere in discussione proprio la moralità intrisa d'ipocrisia di certi costumi occidentali. Se
la protagonista dell'una è un'eroina idealizzata a tutto tondo, la sua controparte è al contrario una donna in carne ed ossa, che
vive, gode, sbaglia e si pente, come una qualunque moglie che, annoiata e delusa dal ménage matrimoniale, cerca altrove - nel
diverso, nell'inconsueto, nello straniero - nuove esperienze, nuove emozioni, rimanendone però schiacciata oltre le sue stesse
intenzioni.” (1)
Un’opera «pirandelliana» ante litteram
“Uno dei personaggi principali, Prosdocimo, non è altri che il poeta che sta scrivendo la commedia. È dunque, al contempo,
attore e autore; allo stesso modo, gli altri personaggi rivestono il doppio ruolo di attori e amici del poeta. Tale gioco sulla
commedia sembra annunciare l'universo di Pirandello. E soprattutto Il Turco si annuncia come una «commedia sulla
commedia», un «lavoro di scavo» sul fare teatro. Il suo testo, un vero trattatello di librettistica, è senza dubbio il più sottile che
Rossini abbia mai messo in musica.” (2)
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(1) Marco Beghelli, La ricetta del melodramma in Il Turco in Italia: dramma buffo in due atti, libretto di Felice Romani, musica di Gioachino
Rossini; Torino, Teatro Regio, 2005
(2) Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera, Milano, Electa/Gallimard, 1999
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IL TURCO IN ITALIA
SPIGOLATURE
2/5
I Milanesi prevenuti verso «Il Turco in Italia»
“Per Il Turco in Italia, dato alla Scala il 14 agosto 1814, l'impegno compositivo di Rossini era stato intenso. Purtroppo però
pubblico e critica milanesi si mostrarono subito prevenuti verso la nuova opera buffa ritenendo, dal solo titolo, che essa
consistesse, in sostanza, nella «copiatura», a ruoli rovesciati, dell'ancora recente Italiana in Algeri acclamatissima al Teatro Re. E
se ne offesero prim'ancora di aver ascoltato il lavoro rossiniano. Si seppe inoltre che, con l'ormai nota disinvoltura, il giovane
genio avrebbe riutilizzato testo e titolo di un libretto già musicato molti anni avanti, affidandone il rifacimento al quasi
esordiente Felice Romani da lui stesso assiduamente assistito. Si trattava del Turco in Italia messo in versi da un librettista
italiano, Caterino Mazzolà, teatrante e mezzo avventuriero. […]. Per la precisione, quella «turcheria» di Mazzolà, ambientata a
Napoli, era stata messa in partitura da Franz Joseph Seydelman e rappresentata a Dresda nel 1788. Insomma, ai milanesi più
gelosi dei primati della loro Scala Il Turco in Italia era subito andato di traverso: non solo Rossini rifriggeva per loro una propria
opera di successo data a Venezia l'anno prima, ma utilizzava un libretto già musicato e rappresentato in un altro teatro. Per la
verità, Gioachino sapeva fin dal novembre dell'anno precedente, il 1813, di dover scrivere per Milano «la Gran Opera Buffa»,
ma, al solito, l'impresario si era deciso tardi e così, volendo sfruttare la scia del formidabile successo dell'Italiana, si era dovuto
fare ricorso a un testo teatrale già bell'e pronto.” (1)
La figura di Fiorilla «offende» le donne italiane
“Il «Corriere Milanese» e il «Corriere delle Dame» […] se la presero col Turco, opera in cui non ci sono personaggi edificanti,
anche per un' altra ragione: la figura della spregiudicata protagonista, Fiorilla, offendeva, a loro dire, le donne italiane. «Il
Corriere delle Dame» parlò addirittura di «transunto di rancio libretto, scritto a Dresda per mettere in ridicolo i costumi degli
amanti e de' mariti italiani». Quanto a Rossini, «senza dubbio è un genio per la musica; ma questa volta ha voluto essere un
genio mediocre». Niente di meno vero. E però non si andò oltre le tredici recite, mentre, nella stessa Milano, L'Italiana ne aveva
collezionate ben cinquantatré […].” (1)
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(1) Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini, Bologna, Il Mulino, 2007
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IL TURCO IN ITALIA
SPIGOLATURE
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Un «don Geronio» tra gli spettatori alla Scala
“La parte di don Geronio è una di quelle alle quali deve la sua fama il celebre buffo Paccini. Ricordo che quasi ogni sera ca ntava
[…] [la] cavatina [Vado in traccia d'una zingara/Che mi sappia astrologar] in modo diverso: ora era il marito innamorato della
moglie e disperato per le sue follie; ora il marito filosofo che si burla lui per primo delle stranezze della metà che il cielo gli ha
destinato. Alla quarta o quinta rappresentazione, Paccini si concesse una follia […]. Bisogna sapere che, quella sera, si par lava
molto di un povero sposo tradito ben lungi dall'accettare con filosofia le disgrazie del suo stato. Non si parlava, nella maggior
parte dei palchi della Scala, che delle circostanze della sua disgrazia, della quale si era accorto quel giorno stesso. Pacci ni,
seccato di vedere che nessuno prestava attenzione all'opera, si mise, in piena cavatina, ad imitare i gesti ben n oti e la
disperazione del marito infelice. Questa riprovevole impertinenza ebbe un successo incredibile; il divertimento del pubblico
crebbe a poco a poco a dismisura. Sulle prime solo poche persone si accorsero che vi era un preciso rapporto tra la disper azione
di Paccini e quella del duca di***. Ben presto però tutto il pubblico riconobbe i gesti ed il fazzoletto che il povero duca t eneva
sempre in mano quando parlava di sua moglie, per asciugarsi le lacrime della disperazione. Ma come dare un'idea dell'a llegria
generale allorché il duca infelice arrivò allo spettacolo e si mise in evidenza nel palco di un amico, poco sopra la platea? Tutto il
pubblico si voltò per meglio goderne la presenza. […]
Bisogna sapere quanto siano piccole le grandi città d'Italia, per quanto riguarda la cronaca degli scandali e le avventure galanti,
per essere in grado di immaginare le risa convulse cui si abbandonò un pubblico scaltro e vivace alla vista dello sposo infel ice
nel palco, e di Paccini sulla scena che, con gli occhi fissi su di lui, mentre cantava la sua cavatina, imitava ogni suo più piccolo
gesto esagerandolo in modo grottesco. L'orchestra dimenticava l'accompagnamento, la polizia dimenticava di por fine allo
scandalo. Per fortuna qualche saggia persona entrò nel palco e riuscì, ma non senza gran fatica, a farne uscire lo sconsolato
duca.” (1)
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(1) Stendhal, Vita di Rossini, Mariolina Bongiovanni Bertini (a cura di), Bruno Cagli (introduzione di), Torino, EDT, 1992
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IL TURCO IN ITALIA
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«Il Turco in Italia» furoreggia a Roma
“[Rossini] era a Roma da due settimane appena e già il 7 novembre [1815] andava in scena Il Turco in Italia, che a Milano critici
e pubblico avevano sepolto sotto una massa di critiche fredde e, ancor più, prevenute. Al Teatro Valle successe tutto il
contrario. «Ha fatto più furore che l'Italiana in Algeri» scrisse trionfante alla madre. «Tutte le sere sono chiamato tre volte sul
Palco a ricevere i comuni plausi questi Romani sono veramente fanatici». Una sera le richieste di bis ai cantanti furono così
clamorose e ostinate da indurre la polizia a operare alcuni arresti, quasi si trattasse di sedare un autentico tumulto.
Anche a Roma tuttavia il libretto del Turco venne preso di petto. Il periodico «La Biblioteca teatrale» puntò l'indice accusatore
sull'immoralità della trama e sulla figura spregiudicata di Fiorilla. La musica era bella, intrigante, negarlo sarebbe stato come
«negar la luce del sole». Al signor Rossini «consiglieremo però a pensare un poco più Italianamente, e non iscrivere in musica
versi, che oltraggino il carattere Italiano come il presente» fu il rimprovero, con accenti patriottici per lo meno bizzarri in tempi
restaurazione papalina. […] Nonostante la trama disinvolta, tanto severamente giudicata, «il Quintetto dell'atto secondo è
veramente sublime, tutta la musica è allegra, ed offre un bel carattere di novità». Gioachino, quella sera di novembre, nel
raccolto Teatro Valle, dovette sentirsi pienamente riabilitato dopo la ingiusta freddezza dei milanesi. In pace con se stesso. Sì, in
quella Roma dove nulla andava «veloce», ci si rigirava proprio bene, come in una couche familiare.” (1)
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(1) Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini, Bologna, Il Mulino, 2007
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«Il Turco in Italia» a Torino
“Torino, a differenza di Milano, aveva accolto subito l'opera con notevole favore, mantenendo per essa un apprezzamento
costante testimoniato da sette allestimenti in circa trent'anni. Il turco in Italia aveva infatti inaugurato la stagione autunnale del
1816 del Teatro Carignano […]. Un successo dopo l'altro per una città che dimostrava di volersi abbandonare senza remore all a
dilagante febbre rossiniana. Memorabile cartellone, quello del Carignano di fine 1816, avendo fatto seguito al Turco la «prima»
cittadina di un altro capolavoro, Cosi fan tutte, che finì col fare un po' le spese del brillante esito dell'opera di Rossini. “
Ma ”la città non avrebbe più ascoltato una nota, a partire dal 1844, per più di un secolo” e cioè fino al 1957. (1)
La Callas resuscita il «Turco»
“Il turco ebbe […] una discreta circolazione fino alla metà dell'Ottocento, anche con il titolo La capricciosa corretta, prima di
approdare a un rapido oblio, insieme alla maggior parte del repertorio del compositore di Pesaro. Il suo recupero, clamoroso, fu
legato soprattutto all'interpretazione di Maria Callas, che dette di Fiorilla una caratterizzazione memorabile, in una delle sue
poche incursioni nel repertorio buffo, a fianco di un applauditissimo Mariano Stabile nel ruolo del poeta. Il primo confronto fu a
Roma al Teatro Eliseo il 19 ottobre 1950 […] con coloratissime scene e costumi di Mino Maccari e sotto la bacchetta di
Gianandrea Gavazzeni, che tornò a dirigere la cantante nello stesso titolo nel 1955 alla Scala in uno spettacolo celebre firmato
da Franco Zeffirelli […].” (2)
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(1) Giorgio Rampone, Un turco sotto la Mole in Il Turco in Italia: dramma buffo in due atti, libretto di Felice Romani, musica di Gioachino
Rossini; Torino, Teatro Regio, 2005
(2) Luca Scarlini (a cura di), Altre note in Il Turco in Italia: dramma buffo in due atti, libretto di Felice Romani, musica di Gioachino Rossini;
Torino, Teatro Regio, 2005
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TRAMA
1/2
Atto primo
Siamo nei pressi di Napoli, ove il poeta Prosdocimo, in cerca di un buon soggetto, si imbatte in un gruppo di zingari. La zingara
Zaida, dopo aver letto la mano a Geronio, che vuole sapere quando la sua capricciosa moglie Fiorilla metterà finalmente
giudizio, narra a Prosdocimo come sia stata costretta a fuggire dall'amato principe Selim a causa della gelosia delle sue
compagne. Prosdocimo la informa dell'imminente arrivo di un principe turco, che potrebbe forse intercedere per lei. Mentre
entra in scena Fiorilla, che passeggia con un gruppo di amiche, giunge il principe; colpito dalla bellezza di Fiorilla, comincia
subito a corteggiarla. Prosdocimo incontra Narciso, cavalier servente di Fiorilla, che teme pure lui il carattere incostante della
giovane, e quindi un indignato Geronio, che gli comunica che Fiorilla ha invitato il principe - che altri non è se non quel Selim
amato da Zaida - a prendere il caffè in casa sua. Prosdocimo è soddisfatto per i possibili sviluppi del suo dramma. La seconda
scena del primo atto si svolge appunto in casa di Geronio: Fiorilla civetta con Selim quando arriva Geronio, che viene costretto
a baciare la veste del principe in segno di omaggio, subendo poi per questo anche i rimbrotti di Narciso. Selim, prima di las ciare
la casa, dà appuntamento a Fiorilla in riva al mare per quella sera stessa. Geronio, dopo aver narrato gli ultimi avvenimenti a un
sempre più entusiasta Prosdocimo, ha un duro scontro con la moglie, che proclama orgogliosamente la sua libertà di prendersi
tutti gli amanti che vuole. La scena si sposta quindi in riva al mare, ove Selim, che attende Fiorilla, incontra Zaida: i due si
riconoscono e si abbracciano, quando giunge Fiorilla, seguita di nascosto da Narciso e Geronio; la giovane immediatamente si
scontra con Zaida, mentre gli uomini tentano invano di fare da pacieri e Prosdocimo se la ride.
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TRAMA
2/2
Atto secondo
Il secondo atto si apre all'interno di una locanda, ove Geronio apprende dal poeta che proprio lì sua moglie deve incontrare
Selim. Il principe, sopraggiunto, propone a Geronio di vendergli la moglie, secondo le usanze del suo paese; al netto rifiuto
seguono minacce reciproche. Partito Geronio, tocca a Fiorilla e Zaida scontrarsi con Selim, l'una offesa e l'altra addolorata per le
incertezze sentimentali del principe. Prosdocimo, che è venuto a sapere che Selim intende rapire Fiorilla durante una festa
mascherata, avvisa Geronio, suggerendogli - per sventare il piano - di presentarsi alla festa travestito da Selim, mentre Zaida si
travestirà da Fiorilla. Narciso, che ha udito tutto ed è disperato perché non riesce ad avere le attenzioni di Fiorilla, decide di
travestirsi e presentarsi anch’egli alla festa. Tutti questi travestimenti creano una serie infinita di equivoci durante la festa:
Fiorilla prende Narciso per Selim, Selim pensa che Zaida sia Fiorilla e Geronio, in cerca della moglie, è disorientato dalle due
coppie in maschera.
Tornato alla locanda, Prosdocimo, che ha appreso dallo stesso Selim della sua definitiva riconciliazione con Zaida, suggerisce
allo sconsolato Geronio di dare una lezione alla moglie fingendo un divorzio. Fiorilla riceve quindi un fardello con le sue c ose e
una lettera di ripudio dal marito, che le impone di tornare a Sorrento dalla sua famiglia. Fiorilla, addolorata, abbandona la casa.
Tutto è pronto per il finale lieto: ed è come sempre Prosdocimo, che ha ormai tutti gli elementi per il suo dramma buffo, a
fungere da motore degli avvenimenti. Narra il sincero pentimento di Fiorilla a Geronio, che dal canto suo non vedeva l'ora di
riabbracciarla e di accoglierla di nuovo con sé; la coppia riconciliata saluta Selim e Zaida, che si imbarcano per far ritorn o alla
loro terra.
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da: Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, Milano, Baldini & Castoldi, 1996
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