Mensile gratuito della Pro-Loco di Cese dei Marsi
Anno VIII Numero 90 – 27 ottobre 2013
Osvaldo Cipollone
Sfogliando la nostra storia
Quando il vino si faceva con l’uva
Il titolo potrebbe essere anche questo: “Quando il vino si poteva fare anche con l’uva”. Entrambe le
espressioni ricondurrebbero, comunque, alle colture curate in passato nei Piani Palentini, un tempo
disseminati di vigneti. Allora, infatti, dalle cosiddette “Pagliarecce” al Colle dello Sterpeto era tutto un
Vigne Vecchie”,
vigneto. Così pure dai “Casali” ajji “Vignali”, zona che, con le “Vigne
Vecchie ricorda dette coltivazioni.
Ai tempi del Lago del Fucino, i vitigni palentini erano piuttosto precoci e garantivano un’adeguata
gradazione zuccherina. Allora il clima temperato regalava alle coltivazioni benefici ora impensabili,
proteggendo il territorio dall’inclemenza del freddo. I vigneti dell’epoca erano caratterizzati da uve di varia
tipologia: ustinèlla, fragola, aleatico, fascista, malvasia, abbotta-‘utti, vastardo, ritto, restono, ruscio ecc.
Tutte tipologie raggruppate sotto il noto termine di ‘mericanéjjo.
mericanéjjo Questo vitigno, una volta acclimatato nella
nostra campagna, veniva esportato anche nei paesi del circondario, dando grappoli ed acini di modeste
dimensioni, ma ricchi di mosto. Lo stesso ceppo era altrove noto come “uva
uva delle Cese”,
Cese ed aveva la
caratteristica non trascurabile di non necessitare di trattamenti. Solo dopo diversi anni queste vigne sono
state soppiantate da vitigni denominati genericamente “francese
francese”
francese (sia quello “largo” che quello “stritto”).
Qui come altrove, in ogni caso, la vendemmia è stata da sempre un rito molto coinvolgente. Grandi e
piccoli, vicini e parenti si riunivano in gruppo per dar vita ad un via-vai di ceste, bigonce e “baiardi” (gli
attrezzi di legno per il trasporto fatti a mo’ di barella). Nell’occasione si cantavano stornellate, ci si
scambiavano “sfottò” e si riusciva a dare al lavoro un’atmosfera singolarissima, mentre qualche donna
“capeva” i grappoli migliori per conservarli appesi, in modo da poterli consumare durante l’inverno. In
alternativa si potevano utilizzare per la tipica “conzerva”, quella ottenuta facendo bollire gli acini più belli
ed aggiungendo il composto al mosto. Per aumentare i gradi zuccherini si poteva immettere nelle botti
qualche litro di sapa (lo mustocótto), oppure opportune dosi di zucchero, liquefatto nel mosto stesso dopo
essere stato scaldato.
La pigiatura avveniva dentro vasche in cemento che facevano defluire il liquido dentro pozzetti posti sotto
al livello del pavimento. A quel tempo non esistevano deraspatrici né pigiatrici manuali o elettriche. La
pigiatura dell’uva avveniva solo mediante calpestio fatto a piedi nudi. Baldi giovani, donne e ragazzi
passavano sulla superficie dei grappoli per spremerne gli acini. L’atmosfera, già di per sé festosa, era spesso
accompagnata da un fragoroso vociare e dall’allegria data dalla particolarità del lavoro.
Nei giorni precedenti la vendemmia, le botti, le bigonce ed i tini venivano riempiti d’acqua per ricompattare
le doghe. Solo dopo la verifica della tenuta venivano svuotati, lavati con acqua salata e inzolfati, per essere
poi riposizionati in cantina. Allineati sopra grosse travi di legno, formavano una schiera di recipienti in
attesa del prezioso liquido. A volte le file sottostanti venivano sormontate da barili di minor contenuto, che
regalavano però orgoglio e soddisfazione ai contadini.
Dopo la prima fase della pigiatura si raccoglievano raspi e vinacce per spremerli ulteriormente con i torchi,
“ji vinacciari”. Il ticchettio che si produceva da questa seconda spremitura teneva sveglio tutto il borgo.
L’ambiente iniziava a riempirsi della fragranza del mosto novello, godendo a pieni polmoni di quell’antico
“ribollir dei tini”. Secchi, conche e mastelli si rincorrevano appiccicosi. L’aria frizzante, zuccherosa e
profumata s’inzuppava di quell’inebriante profumo. Intanto, enormi paioli di rame (“le callare”), tenute sul
fuoco all’aperto, facevano bollire una certa quantità di mosto per ricavarne il concentrato. La generosa
quantità del prodotto permetteva anche la vendita diretta agli acquirenti dei paesi vicini, che venivano a
rifornirsene barattandolo anche con fascine e legname. A dire il vero, una nota storica, trasmessa
verbalmente dai più anziani, ricondurrebbe l’istituzione della cantina cooperativa del Fucino proprio
partendo da Cese, paese nominato in tutta la zona per la coltivazione dell’uva. Sembra infatti che la società
abbia avviato il progetto dopo una raccolta di firme e diverse adesioni ricevute qui in paese. Pur
concordando sulla veridicità di questo dettaglio, tuttavia, qualcuno sostiene che solo qualche vigneto di
“ruscio” sia stato poi abilitato al ritiro dell’uva; per gli altri, dopo le dovute analisi, venne infatti dato
responso negativo. In verità, pur maturando adeguatamente e con sufficienti gradi zuccherini, le uve locali
non rientrarono nel progetto poiché contenevano un alto tasso di acidità, dovuto alla scarsa esposizione al
sole.
Ci piace, ad ogni modo, riportare queste note sulla coltivazione dell’uva e sui vitigni locali, sia per
dovere di cronaca che per informare (soprattutto) i più giovani. Anche questo tema, in fin dei conti, rientra
di diritto negli aspetti più autentici della nostra storia.
Osvaldo Cipollone
2
“Perle di saggezza popolare”
‘otte..
Da’ ‘na bbotta ajjo circhio e una alla ‘otte
Nello specifico, l’esempio riconduce al lavoro del bottaio che alterna colpi alle doghe ed ai cerchi della botte,
come chi non si espone, ma cerca diplomaticamente di salvare “capre e cavoli”.
cèreva..
La ‘ólepe che non pò arriva’ all’uva, dice che è cèreva
Il dialetto traduce una frase della nota favola dello scrittore latino Fedro, ossia quella che parla di una volpe che,
non riuscendo ad afferrare dell’uva posta troppo in alto, si “consola” affermando: “Tanto non è ancora matura.”
vigna??
Che te sò’ messe le crapi alla vigna
Cosa ti ho fatto di così grave? Mica sono andato a rovinarti la vigna pascolandoci con le capre?
Romano Sauro
Nazario Sauro fra le macerie di Cese dei Marsi
Carissimi amici cesensi,
venni qualche anno fa nel vostro paesino. Portai con me
anche la famiglia. Volevo conoscere meglio quei posti tanto
cari a mio nonno Nazario Sauro. Era una giornata fredda e tersa.
Natale. Un leggero strato sottile di neve copriva tetti comignoli e
strade dando al paese un non so che di magico. Con il calare
delle tenebre tutto appariva più bello; le ombre delle case, dei
lampioni e dei campanili erano svanite, come neve al sole, col sole
dietro la montagna. Le lucine delle case, il Santuario della
Madonna di Pietraquaria, gli alberi sullo sfondo e la piazzetta del
villaggio con il suo bel campanile e la chiesa conferivano al
paese un fascino particolare, sino a farlo sembrare un grande
presepe.
Ci sono ritornato recentemente, approfittando della presenza
della Sagra della castagna organizzata nel vicino comune di
Sante Marie. Per tutto il tempo che – la mia famiglia ed io –
siamo rimasti lì tra Le Cese, Sante Marie e Avezzano
(accompagnati dal Presidente della Proloco di Sante Marie,
Alberto Guerra), la mia immaginazione e la mia mente erravano
Riconducendomi a quel triste e lontano 13 gennaio 1915 quando
il sisma distrusse la terra della Marsica causando più di trenta mila vittime cancellando decine di paesi e
demolendo centinaia di abitazioni. E come fosse un tuffo nel passato, pensavo a mio nonno che soccorreva,
in mezzo alla neve alle macerie ai detriti ai cadaveri, quella povera gente così duramente colpita.
Avevo in mente in particolare una fotografia che lo ritraeva in quel villaggio mentre mescola la farina
gialla per la polenta e cucina la carne bollita. Dopo i primi soccorsi, infatti, e la costruzione di case per i
senza tetto, Nazario aveva deciso di fare il cuoco a beneficio dei sinistrati e dei sessanta soccorritori giunti
da Venezia. Era questo evidentemente – pensavo – il suo modo semplice e naturale di rendersi utile per i
pochi superstiti che, con il sisma, avevano perso ogni cosa. Quella fotografia che lo ritrae dietro un fuoco
da campo acceso e il calderone fumante fece all’epoca il giro su molti giornali italiani.
Dopo qualche giorno di lavoro estenuante – raccontava mio padre – i soccorritori riuscirono a tirar
fuori, vivi, dalle macerie due bambini. Sempre in casa sentivo raccontare che tra le varie attività che svolse
a Le Cese Nazario Sauro, ci fu anche quella, dolorosa ma doverosa, di seppellire i morti, traendoli
soprattutto dalle rovine della chiesa e da molte case crollate. Nonno aveva una voce squillante e amava
comandare e, pare, anche lì non fu da meno coordinando nel migliore dei modi tutte le attività di soccorso;
ciò nonostante non si tirava mai indietro ed era sempre disponibile a fare qualsiasi lavoro pur di essere
utile, dal becchino, al cuoco, al muratore, al falegname. Anche nei momenti più difficili e drammatici,
però, cercava sempre di sollevare il morale della gente con qualche battuta. Fu così che, stando a quanto
scrisse il giornalista Federico Pagnacco: «Un brodo con quattro galline e un po’ di patate non era un
‘rancio’ bastante; e gli urli e le risate di Sauro erano poveri di vitamine. Finché, e non nei primissimi
giorni, il pianto di un contadino che veniva a chiedere aiuto per la sua Bellina – che tutti gli accorsi
ritenevano una bambina e invece era una mucca – risolse il problema. Sauro, trovato, nel muggesano
Fransin, un macellaio di mestiere… assicurò per giorni il brodo e la carne per tutti».
Da buon calafato e carpentiere che era fin da giovinetto, Sauro costruì sulle rovine della Chiesa delle
Cese anche un altare di legno che consentì ai superstiti e agli stessi soccorritori di seguire le funzioni
religiose della domenica.
Per la stesura del libro, che con mio figlio Francesco sto per pubblicare sulla storia del marinaio Nazario
Sauro, ho cercato, ricostruendo questo periodo della sua vita, di rammentare nei racconti di mio padre
qualche riferimento a quel drammatico evento che fu il terremoto della Marsica. Mi ricordai così che al
rientro a Venezia mio nonno aveva portato ai propri figli (Nino, Libero, Anita, Italo e Albania) un regalo a
ricordo di quella dura e toccante esperienza.
A Cese accadde, infatti, un episodio, insignificante per molti, ma che riporterà Nazario Sauro, col
pensiero, alla propria famiglia. Fu il ritrovamento, in mezzo alle macerie, di un quaderno d’italiano,
appartenuto a chissà quale alunno, «che egli voleva portare ai propri figli affinché si esercitassero nell’uso
della lingua. Era una sorta di metodo di composizione, scritto dal prof. Primo Guadagno per gli alunni
delle prime classi delle elementari dal titolo Vedo-Penso-Scrivo» 1.
Casuale e fortuito il ritrovamento fra le macerie, non vi è dubbio.
L’episodio mi riporterà alla memoria il ritrovamento in mare di un messaggio “speciale”. Evento molto
differente per luogo, sostanza e intensità emotiva, da quello che visse mio nonno. Ma che, per la sua
casualità e fors’anche la maggiore accidentalità, lo rende associabile allo stesso suo spirito.
Anch’io volevo portare qualcosa a casa a mio figlio, a ricordo di un’esperienza particolare che avevo
vissuto lontano di casa. Non il classico e semplice regalino acquistato in un negozio o su una bancarella.
Ma qualcosa di singolare.
(continua a pag.4)
1
ENZO GENTILE, Il terremoto del 1915. I soccorsi, www.avezzano.terremarsicane.it.
3
(continua da pag.3)
Del resto, se non avessimo – mio nonno ed io – vissuto in quei differenti momenti il medesimo spirito
nostalgico rivolto alle nostre famiglie, non potrei oggi raccontarvi questa, a mio giudizio, incredibile e
apparentemente inverosimile storia.
Era una domenica di maggio. Mi
trovavo a bordo del cacciamine Sapri,
come comandante di quella bella e nuova
nave della Marina italiana. Ero
in
navigazione dall’isola di Lampedusa diretto
al porto della Spezia. Venivo da più di un
mese di “caccia” sui fondali cristallini di
quell’isola siciliana, ove la nave era stata
inviata a recuperare i resti del famoso
missile che la Libia, dicevano, aveva
lanciato contro l’Italia. Al termine della
missione e ripresa la rotta di casa, mi
trovavo in navigazione al largo di Roma.
Avevamo da poco passato le acque e le
coste meravigliose delle isole pontine che
mi avevano fatto tornare alla mente le
imprese di mio nonno in Adriatico durante La fotografia descritta nel testo: Nazario Sauro è la figura accucciata al fuoco
la Grande Guerra. Era una giornata come
poche se ne vedono quando si naviga. Il sole, splendente, riscaldava l’aria. Il mare era calmo e tranquillo.
Solo un’impercettibile brezza, come se fosse un leggero soffio che proveniva più dal cuore che dalla terra,
rompeva quel silenzio infinito. Non sufficiente tuttavia per riuscire ancora a turbare l’equilibrio del mare
ove la nave si poteva specchiare e guardare. Ed io con lei. Condizioni ideali, dopo più di un mese d’intensa
attività operativa, per godersi il mare dall’aletta di plancia di dritta ove mi trovavo immerso nei miei
pensieri e ricordi storico-familiari.
Ero da qualche mese divenuto papà di Francesco che a causa della mia attività di comando non vedevo
da quando era nato. Più in generale: la famiglia la vedevo assai di rado; col contagocce. Come succede a
tutti i marinai. Come successe a Nazario Sauro quando venne a soccorrere i terremotati della Marsica e il
suo pensiero non poteva che correre a suo figlio più piccolo che aveva lasciato a Capodistria e non vedeva
da due anni.
Mentre ero immerso nei miei pensieri, mi cadde l’occhio, come attratto da qualcosa che era destino
dovessi vedere: un oggetto galleggiante. Aveva una forma strana. Verde. Mi fece subito pensare a un
soldatino di plastica. Non saprei dire ora perché; forse mi vennero in mente i soldatini che mia nonna
Nina, moglie di Nazario, mi regalava a ogni mio onomastico? Forse qualcosa di indecifrabile – o qualcuno?
– mi avrebbe presto portato a fermare i motori? Arrestai così l’abbrivio della nave: avevo deciso che avrei
portato quell’oggetto a mio figlio come ricordo dell’esperienza lampedusana. Quando mi fu consegnato, mi
resi conto che era tutt’altro che un soldatino: si trattava di un palloncino (scoppiato) di colore verde cui
era ancora attaccato un involucro di cellofan. Aprii, ansioso, e vi trovai un foglietto con scritto a matita:
«per me la pace è tanta felicità».
Quel biglietto era stato lanciato in aria, insieme ad altri, da una scuola elementare di Roma qualche
giorno prima. Scrissi immediatamente alla scuola e l’anno dopo fui invitato per raccontare ai bambini
quello straordinario ritrovamento. Potete immaginare le feste e la curiosità quando raccontai di come, e
dove soprattutto, lo avevo trovato. Ricordo che una bambina commentò con la madre: «Mentre parlava il
Comandante, io immaginavo le sue storie e nei suoi occhi io ho visto veramente gioia».
Non vi nascondo che mi commossi.
Ritornando al compendio d’italiano trovato fra le macerie di Cese da mio nonno Nazario, sapevo della
sua esistenza dai diari di mio padre, ma sapevo anche che un libretto di poche pagine, per quanto
importante, facilmente poteva andare perduto in mezzo ai libri, ai documenti, ai registri e agli
innumerevoli incartamenti che conservava mio padre nella sua casa di montagna in Trentino. Ma forse
poteva anche essere andato perduto con la guerra. Se esisteva ancora, sarebbe stato come… cercare un
“soldatino” in mezzo al mare! Erano passati ormai quasi cent’anni dal rinvenimento nelle macerie,
parecchi traslochi e due guerre mondiali. Dove cercarlo quindi? Tuttavia mandai mio figlio, nella speranza
che lui sarebbe riuscito.
Racconta Francesco: «Andai e nello studio del nonno iniziai il mio lavoro da archeologo. Giornali,
riviste, biglietti da visita, lettere, foto, cartoline, c’era di tutto. Poi, curioso come sono, non potevo esimermi
dal leggere il contenuto dei documenti, fogli ormai ingialliti dal tempo, testimonianze di vita, della mia
famiglia. Di mio nonno Libero. Soprattutto di Nazario Sauro. Sapevo però che il mio compito era un altro e
sapevo anche che non potevo sbagliare. Certo la polvere non aiutava il mio compito e nemmeno le mie
amate montagne lì fuori che sembravano chiamarmi a gran voce. Oltre alle montagne, mi chiamò anche
papà: L’hai trovato? – No… non ancora… secondo me non c’è. Quando chiuse la chiamata, dal tono di
voce avvertii una marcata delusione, evidentemente doveva tenere molto a quel libriccino. Sapevo
benissimo che non avevo guardato con la dovuta perizia, un po’ mi sentii in colpa e ricominciai la ricerca
da capo, questa volta di buona lena, continuando le esplorazioni in soffitta.
4
(continua a pag.5)
(continua da pag.4)
Al quarto, o forse al quinto o sesto registro, tra le prime cartelline, nascosta in mezzo ad alcuni fogli
intravidi la scritta Vedo-Pen... Non avevo scavato nella terra, anche se polvere ve n’era in abbondanza,
però quando estrassi il libretto mi pervase una forte emozione. Era un po’ la mia Pompei quel
ritrovamento. Chiamai subito papà e prima che lui potesse rispondere gli dissi: Vedo-Penso-Scrivo. Ha
cent’anni questo libretto ma non li dimostra: mi sembra ancora in buone condizioni!».
Giorni dopo, l’archeologo Francesco trovò, dimenticato in un cassone impolverato dagli anni, anche un
manoscritto, scritto con mano tremolante da mio padre:
«Quante volte si parlò di questo terremoto a casa con papà il quale ci descriveva l’immane disastro, le
case crollate, le scuole distrutte, la desolazione, il dolore. Da allora gli abruzzesi trovarono un posto
particolare nel mio cuore e nostro padre ci insegnò ad amare quella generosa gente. Ci portò dal terremoto
e ancora ne conservo uno, dei quaderni di scuola che egli aveva trovato tra le macerie; ci portò anche dei
gessetti e tutto conservammo con religioso amore e ricordo di quelle tristi giornate che passarono i nostri
fratelli di Avezzano. Sicuramente i racconti di mio padre che descrivevano lo strazio di quella gente, di
bambini rimasti senza i loro genitori, hanno toccato fin da allora i nostri cuori e ci hanno reso sicuramente
più sensibili alle disgrazie umane e quei racconti ci facevano viepiù stringere ai nostri genitori che
abbiamo sempre amato appassionatamente. Come possono influire sull’animo dei bambini cose dette dai
propri genitori perché viste e vissute! L’aiuto che mio padre donò a quei poveri sinistrati rimase nella
nostra mente come la più generosa e notevole manifestazione del nostro genitore; da quello
comprendemmo quanto amava il suo paese e l’umanità» 2.
Quel libretto che Nazario Sauro raccolse tra le macerie e tenne con grande cura tra le sue mani in quei
giorni tristi e di dolore, ora lo conservo io. Faccio qui una promessa… parola di marinaio! Come feci con
quel messaggio di pace trovato in mare che portai alla scuola di Roma, anche questo documento lo
riporterò un giorno ad Avezzano – nel centesimo anniversario del terremoto della Marsica. Da dove
proviene. Si chiuderà così quel cerchio ideale che si è creato nel tempo tra Nazario Sauro, la mia famiglia e
la generosa gente abruzzese. Non è solo il pensiero – coinvolto – di un momento, ma forse anche, per lo
meno io spero, il sogno ancora inconsapevole di molti abruzzesi.
E mi auguro anche vostro.
Romano Sauro
Liberamente tratto da ROMANO SAURO e FRANCESCO SAURO, Nazario Sauro - Storia di un marinaio,
Venezia, La Musa Talìa Editrice, (in corso di pubblicazione).
2
In LIBERO SAURO, Sotto tre bandiere, manoscritto.
5
LoRenzo Cipollone
CIÒ CHE VORREMMO
VORREMMO FARE NEL MESE DI NOVEMBRE 2013
2013
16 NOVEMBRE,
NOVEMBRE, sabato ORE 18:00 – Consiglio Pastorale Parrocchiale
All’OdG:
• Analisi della vita religiosa a Cese. Esigenze e priorità.
• Vita parrocchiale.
• Pianificazione delle attività nel tempo di Avvento e nel tempo di Natale.
• Varie ed eventuali.
In merito al primo punto, si sollecitano e si accettano consigli e spunti.
17 novembre,
novembre, Domenica – Ore 15,00
15,00
I giovani di AC organizzano per tutti i bambini di Cese(dai 5 ai 14 anni) nella
sala parrocchiale, la "festa del CIAO"! Per la merenda chiediamo l’aiuto (in
tutti i sensi) delle mamme.
23 novembre,
novembre, sabato Giornata di Fraternità a Greccio e Fontecolombo,
in preparazione dell'assemblea parrocchiale di AC ( 27 dicembre prossimo),
organizzata dal Consiglio Parrocchiale dell'Associazione. Tutti gli aderenti dai
15 anni in su sono invitati a partecipare.
Per iscriversi rivolgersi a Rosina o Arianna entro e non oltre il 10 novembre.
Nelle prossime domeniche, alla messa delle 11, saranno date ulteriori
informazioni circa il costo, il programma e la disponibilità dei posti nel
pullman.
30 novembre, sabato, Ore 20,00,
20,00
nella Cappella dell’Istituto delle suore del Sacro Cuore in via Mazzini ad
Avezzano, giovani di Azione Cattolica animeranno l’Adorazione Eucaristica.
L’invito a partecipare è rivolto, come sempre, a tutti, aderenti di AC e non
23 novembre, sabato, Ore 18,00
18,00,
,00, INCONTRO FORMATIVO con Don Graziano
L’incontro, già fissato per il 9 (cantine aperte) di novembre, è stato rimandato
ad oggi.
Incominciamo con il Canto dei Vespri.
Oltre agli iscritti alla Confraternita, l’invito a partecipare a questo incontro di
preghiera è rivolto a tutta la Comunità Parrocchiale.
UDITE….UDITE…..
UDITE….
Si sta costituendo a Cese un coro di giovani(ssime) voci. Ieri pomeriggio c’è stato il secondo incontro.
Sono chiamati a partecipare tutti i bambini delle elementari e delle medie. Per adesso si pensa di preparare una
esibizione a Natale………..ma non si mettono limiti.
Per entrare basta parlare con Cristina Cipollone o con Rosella (la catechista).
SALVO ERRORI OD OMISSIONI E SEMPRE “SE DIO VUOLE”
Padre Domenico: inizia il processo di beatificazione
Il giorno 11 Ottobre, durante la solenne celebrazione eucaristica nella festa della Mater Populi Teatini,
svoltasi nella cattedrale di San Giustino in Chieti, S.E. Rev.ma Mons.Bruno Forte ha annunciato l’inizio del
processo per la beatificazione di padre Domenico da Cese.
Caterina Petracca
Notizie dal Comune…
Rimpasto di deleghe nell'amministrazione Di Pangrazio
Dopo la nomina dell'assessore Angelini altri cambiamenti all'interno della giunta
6
AVEZZANO. Cambiano le deleghe all’interno dell’amministrazione comunale di Avezzano. Il sindaco
Giovanni Di Pangrazio conferisce all’assessore Gabriele De Angelis la delega alla cultura, già dell’assessore
uscente Eliseo Palmieri.
Palmieri La delega al bilancio di De Angelis arriva invece al vicesindaco Nando Boccia che
riveste anche gli incarichi dell’assessorato alle finanze e ai rapporti con gli enti e società partecipate.
Un nuovo ingresso anche nel consiglio comunale con Ignazio Lucci che prende il posto di Francesco Paciotti,
Paciotti
neoeletto assessore all’agricoltura, al lavoro e allo sport.
Il rimpasto di incarichi arriva a seguito della nomina dell’assessore Luca Angelini,
Angelini a cui sono state affidate le
deleghe al personale, alla legalità, al patrimonio, agli interventi per la sicurezza e la protezione civile, ai
progetti europei per i finanziamenti e ai rapporti con il consiglio comunale.
Lo sport
G.S.Cese
La nuova stagione sportiva è appena iniziata ed eccoci a riportare le notizie sul Gs Cese. Come saprete,
quest’anno si è ripartiti dalla terza categoria, girone B. Tra le 14 squadre, due sono peligne e dodici
marsicane, tra cui la nostra, appunto. Le compagini iscritte sono le seguenti: Barrea, Cansano, Castronovo,
(S.Vincenzo V. Roveto), Cese, Collarmele, Deportivo Luco, Don Orione (Avezzano), Guido Liberati
(Avezzano), Marruvium (S.Benedetto dei Marsi), Massa D’Albe, Pero Dei Santi (Civita D’Antino),
Pescina, Real Civitella (Civitella Roveto), Sporting Carsoli.
Classifica
Il campionato è iniziato il 13 ottobre e, ad oggi, sono state disputate due partite.
2^giornata andata
6
Abbiamo iniziato, in casa, con un pareggio a reti bianche contro il Cansano Marruvium
6
(squadra aquilana), mentre nella seconda (sempre tra le mura amiche, per Pescina Calcio
4
motivi di organizzazione legati agli avversari), è arrivata la prima vittoria Cansano
Cese
4
(per 1 a 0), contro la squadra avezzanese “Guido Liberati”.
3
Da evidenziare il folto numero di paesani che stanno partecipando a questa Deportivo Luco
Castronovo
3
nuova avventura. Sono circa una ventina i calciatori che stanno faticando
Don
Orione
3
sotto gli ordini dei mister. Il plurale è voluto: la guida tecnica è infatti affidata
Pero
dei
Santi
3
a Maximiliano Bisegna (di Catia), aiutato da Luigi (di Francesca) e Paolo
Massa
D’Albe
1
Salustri (portiere “storico” del G.S.Cese , che curerà, in particolare, proprio la
Barrea
1
preparazione degli estremi difensori). Sperando che gli impegni personali
Real Civitella Roveto
1
permettano di mantenere la costanza della presenza, il lavoro congiunto dei Guido Liberati
0
tre è sicuramente un buon presupposto per formare una squadra che possa Collarmele
0
ben figurare. Speriamo altresì che il gruppo rimanga numeroso, seppure è Sporting Carsoli
0
inevitabile che scenda di numero.
Facciamo dunque un grosso “in bocca al lupo” a dirigenza, allenatori e squadra, augurandoci di vedere
un gruppo corretto e affiatato, che si sappia, e ci faccia, divertire dentro e fuori dal campo, pur non
dimenticando la giusta cattiveria agonistica.
L’appuntamento di questa Domenica è alle14.30, sempre all’Ara, dove ospiteremo il Collarmele.
Amatori Cese
Sta per cominciare la stazione 2013/2014 del Campionato Amatori Marsicano. Secondo le ultime
indiscrezioni la competizione ospiterà 21 squadra organizzate in un girone unico all'italiana con partite di
sola andata, che permetteranno l'accesso ad un mini girone play off con il quale si deciderà la squadra
vincitrice. Ci saranno nuove compagini rispetto all'edizione precedente tra le quali annoveriamo
Balsorano e Morino. La squadra di Cese ha acquistato nuove forze come Eugenio e Donatello ai quali
aggiungiamo il prezioso ritorno di Gaetano Di Renzo. Il nuovo Mister Emilio Cipollone potrà quindi
disporre di circa 20 giocatori con i quali organizzare la formazione del sabato. Il Presidente Mario
Ciciarelli ha chiesto alla squadra di puntare all'obiettivo dei play off e sembra aver confermato anche il
ruolo di Capitano al nostro amico Mario Cosimati. Nel frattempo la squadra sta disputando diverse
amichevoli riuscendo sempre ad imporsi sugli avversari e irrobustendo il clima spogliatoio mediante i
mitici terzi tempi. Non ci resta che attendere la comunicazione ufficiale della FIGC perchè il campionato
potrebbe iniziare già sabato 26. Per informazioni aggiornate come sempre vi aspettiamo su
www.amatoricese.it
7
Riparte, dopo lo stop del numero di
settembre, la rubrica sui volti Cesaroli.
Anche questi sono facilmente riconoscibili…
O no???
Se avete dubbi, potete sempre chiedere ad
Alfredo, oppure aspettare il numero di
novembre :-)
Articoli e rubriche curati da Arianna, Eugenio, Francesco, Lorenzo, Osvaldo e Roberto Cipollone;
Caterina Petracca; Romano Sauro
Grazie ad Adele e Alfredo per le foto ed ai “consulenti” per il prezioso supporto.
Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: Redazione “La Voce delle Cese”,
Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67050 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected] .
Sito web: www.lavocedellecese.it .
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Numero 90