COM’ERA DOLCE LA VITA PRIMA DELLA GUERRA MAX KEEFE STORIE ED AVVENTURE IMMAGINARIE Mensile creato da Roberto Mengoni numero 55 / 24 maggio 2015 Dall’Undici L’anno prima della guerra In un piccolo libretto tutti gli articoli che ricostruiscono la vita in Italia dall’aprile 1914 al maggio 1915. Il ritrovamento della Gioconda. Il furto di un sommergibile. Il maxicampionato di calcio a 36 squadre. L’incendio di un dirigibile. Una mostruosa macchina per produrre rumori. Una guerra che nessuno voleva ma che adesso c’è. E con cui l’Italietta di Vittorio Emanuele deve fare i conti. Per tredici mesi mi sono divertito a raccontare sull’Undici (www.lundici.it) gli avvenimenti italiani dall’aprile 1914 al maggio 1915, per cercare di capire cosa fosse l’Italia cento anni fa. Politica, ma anche arte, costume, sport. Ho letto libri, sfogliato giornali (la collezione online de La Stampa) e provato ad entrare nella mentalità dell’epoca. Non pretendo di aver fatto un lavoro storico ma onesto e sufficientemente fondato. Anche cento anni fa l’Italia era un paese di nani che si credevano giganti, di demagoghi in camicie di vari colori, in una salsa che ha il gusto della farsa e lo spessore della tragedia. Facevamo i furbi anche allora, negoziando con gli Imperi ma ammiccando alla Gran Bretagna, stringendo patti per poi, il giorno dopo, pensare al modo per svicolare. A ritornare sugli avvenimenti del maggio 1915 c’è da restare sbigottiti. Qualche progresso l’abbiamo fatto. Eppure c’è una sensazione di “deja vu”. Anche allora c’era un governo che riuscì ad imporre la decisione della guerra a un parlamento che solo una settimana prima era compattamente contrario. Anche allora c’era un’opposizione intransigente, i socialisti, grillini di inizio secolo, che non seppero guidare quella stragrande maggioranza del popolo italiano che proprio non voleva saperne della guerra. Anche allora ce lo chiedeva l’Europa. Di partecipare alla guerra perché l’Italia non poteva essere assente Sopra: la Camera dei deputati nella seduta del 20 maggio 2015 1 MAXKEEFECINQUANTACINQUE24MAGGIO2015 al più grande cimento della storia. L’Europa ci chiese il sacrificio supremo e le nostre classi dirigenti furono felici di scaricare i sacrifici sui cittadini italiani. Poco più di sudditi di un regno che stentava a decollare. Gli avvenimenti del maggio 1915 furono in apparenza, almeno secondo la retorica nazionalista, il momento del grande risveglio dell’Italia. In realtà, nei radiosi giorni di maggio accade qualcosa di molto simile ad un colpo di stato, in cui pur se vengono rispettate tutte le formalità costituzionali, il re e il presidente del consiglio Salandra riescono spudoratamente ad imporre la loro volontà militarista ad un parlamento refrattario ma debole. Utili idioti in questo scenario furono i nazionalisti alimentati dalla gonfia retorica da ranocchie gracidanti di D’Annunzio (è tempo di azioni romane!), dai dinamitardi editoriali dell’ex socialista Mussolini (o guerra o rivoluzione!) e dai più borghesi ma sempre bellici proclami dei conservatori moderati riuniti intorno alla figura di Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, già allora il più influente quotidiano italiano. Popolo, classi dirigenti, parlamentari, scrittori, nessuna di queste persone ebbe alcuna influenza nella decisione che portò l’Italia in guerra. A decidere furono due uomini, Salandra e il suo ministro degli esteri Sonnino, con l’attiva complicità del re Vittorio Emanuele III. Fu una tragedia immane. Per prendere il Trentino (che non voleva diventare parte del regno d’Italia) e Trieste, morirono più di 600 mila soldati e un altro mezzo milione di civili. Non solo. Quella decisione innescò una serie di fenomeni da cui sarebbero uscite le tragedie del fascismo e della seconda guerra mondiale. Siamo giusti con i nostri leader politici. Nessuno avrebbe potuto immaginare gli sconquassi del futu- ro. Ma chiunque conosceva le condizioni dell’Italia del 1915 avrebbe capito che una guerra avrebbe inflitto, in ogni caso, delle ferite terribili al corpo di una nazione povera e fragile. Che aveva bisogno di pane e lavoro in casa, invece di andare a strapparlo con le baionette agli altri. A disonore dei nostri dirigenti c’era l’illusione della guerra breve, che già era stata chiaramente e tragicamente spazzata via dalle trincee delle Fiandre. L’illusione, questa tipica italiana, che sarebbe bastato l’entusiasmo dei soldati per superare i reticolati degli austriaci che da mesi ci aspettavano sulla cima delle montagne che dovevamo scalare. A piedi, con pochi mezzi, senza artiglieria né mitragliatrici. Salandra sapeva. Il capo di stato maggiore Cadorna lo aveva avvertito per mesi che l’esercito non era pronto. Nessuno era pronto. Tranne gli esagitati nutriti a retorica e sciocco idealismo. I mesi prima della dichiarazione di guerra costituirono le prove generali dei successivi trent’anni di storia patria. I protagonisti si fecero le ossa in questo periodo. Mussolini ed il re emersero per la prima volta dalle quinte per recitare un ruolo da protagonisti. D’Annunzio inventò parole e slogan attinte ai più beceri miti della romanità. Tra gli interventisti troviamo i futuri quadri del partito fascista. Apparvero le prime squadracce di picchiatori, che nelle set- Sopra: D’Annunzio arringa la folla a Roma. Sotto: Mussolini ad una manifestazione interventista.2 MAXKEEFECINQUANTACINQUE24MAGGIO2015 siciliane. Gli italiani rispondono con la fuga. Nel 1913 partono in quasi 900.000. Si svuotano le campagne del sud, delle Marche, del Veneto, dovunque regni la stagnazione, la miseria e la povertà. Di tutto questo potete leggere negli articoli apparsi sulla rivista online L’Undici. Adesso ho riunito e rivisto gli articoli pubblicati in un libretto che si potrà scaricare gratuitamente nei prossimi giorni sul mio sito www.robertomengoni.it e condividere liberamente. Qualcuno non sarà d’accordo ma credo che il 24 maggio le bandiere del nostro paese dovrebbero essere a mezz’asta, in segno di lutto e di rispetto per tutte le persone che furotimane di maggio seminarono il mento, una maggiore fiducia nelle caos per Roma. La polizia li tenne a proprie possibilità. Meno analfabeti, no inviate a morire senza sapere il perché. bada, quando serviva, incoraggian- meno affamati. Il cinema cambia i Sarebbe questo anche un modo done tacitamente le attività. Una modi per comunicare con le masse. per onorare un paese a cui, tutto formazione giunse anche a violare la Per la prima volta i contadini italiani sommato, mi sento orgoglioso di sacralità di Montecitorio, un episopossono vedere con i loro occhi una appartenere e che nel 1945 mise fine dio inspiegabile, considerata la realtà diversa. Cabiria esce nel 1914 all’autoritarismo, ma non ancora quantità di polizia, carabinieri e sol- ed è un successo planetario. Ma ci alla retorica. dati che presidiava il centro. sono anche i drammi borghesi e le L’anno prima della guerra fu anstorie di passioni imche un momento essenziale di paspossibili. Nascono le saggio. Da una parte il tentativo di dive. Si diffondono il Giolitti di allargare le basi della fra- calcio e il ciclismo, gile democrazia italiana ai cattolici e almeno nel nord del ai socialisti, i due grandi esclusi del- paese. Il Giro d’Italia la monarchia sabauda. Dall’altra le giunge alla sesta ediformazioni conservatrici, nutrite dai zione, che sarà la più soldi dei grandi complessi indumassacrante della sua striali e bancari legati a doppio filo storia. Otto tapponi alla Germania, che volevano impeda almeno 400 chilodire ulteriori avanzate dei socialisti. metri l’uno. In mezzo Vittorio Emanuele, che Il paese continua ad dalla sua salita al trono nel 1900 essere soffocato da aveva sostanzialmente badato agli élite parassitarie. Le affari suoi. industrie sono deboli Lo scoppio della guerra sconvolge e legate alle commesi piani, costringe i politici a schierar- se statali e ai capitali si da una parte e l’altra. Emerge la tedeschi. L’agricoltura fragilità dell’assetto costituzionale. meridionale è ancora Emerge la mediocrità dei nostri dilatifondo improduttirigenti. vo. Non riusciamo a Ma non c’era solo la politica. Nel produrre abbastanza corso del XX secolo l’Italia aveva grano per sfamarci. imboccato un lento ma costante Non c’è lavoro a sufficammino di progresso. Crescita eco- cienza. La mafia donomica, conti pubblici in miglioramina le campagne Manifesti pro e contro la guerra. Sopra: i futuristi. Sotto: i socialisti. 3 MAXKEEFECINQUANTACINQUE24MAGGIO2015 Max e altre storie Letture e scritture Alex Bellos “I numeri ci somigliano” e il ritorno di Beatrice. Finito con il polpettone storico. È stato divertente, sebbene sia stata una tale fatica che mi abbia tolto voglia di scrivere per un bel po’. Ma non di leggere. Allora, ecco il mio consiglio per rilassarvi. Autore: Alex Bellos. Titolo: I numeri ci somigliano. Prima di tutto, due note biografiche su Alex. Inglese ed ungherese. Laureato in matematica e filosofia ad Oxford, corrispondente in Brasile. A garanzia delle capacità di Bellos c’è anche un libro di una decina di anni fa sul calcio brasiliano, “Futebol, lo stile di vita brasiliano” (Baldini&Castoldi). Bellos è il blogger matematico del Guardian. Potete seguire il link qui. Dobbiamo spaventarci? No, non ci spaventiamo. I numeri sono belli e sono tutto intorno a noi. A me piace, per esempio, questa idea dei numeri negativi. Adesso ci sembra del tutto normale che esista una temperatura negativa. Sappiamo distinguere molto bene la differenza tra trenta sotto zero e trenta sopra lo zero, e non solo per l’elementare esigenza del cambio di stagione negli armadi. Sappiamo anche capire bene la differenza tra conto in nero (numeri positivi), che ci permette di fare quella vacanza a Ponza, e conto in rosso (numeri negativi) per il quale ogni raccomandata in arrivo potrebbe essere un’ingiunzione di pagamento. Invece, fino a tutto il XVII secolo l’idea di numeri negativi era vivacemente contestata dai matematici dell’epoca. Ci si mise pure Immanuel Kant a difendere questa “orribile” invenzione. Bellos spiega un bel po’ di cose che anche a chi non ha fatto matematica al liceo suoneranno affascinanti. Chi potrebbe dire che la matematica manca di fantasia dopo aver scoperto l’esistenza dei “numeri immaginari”? Che non sono altro che la radice quadrata di un numero negativo. Ovvero il risultato assurdo di un numero che non dovrebbe esistere. Non ci vedete del romanticismo in tutto questo? Un amore impossibile per delle creature che non esistono. Foscolo e il giovane Werther ci avrebbero perso la testa. I numeri immaginari sono alla base del mondo moderno. Ogni volta che accendete un computer o prendete un aereo state facendo partire dei conteggi con numeri immaginari. Il nostro mondo si basa sulla fantasia! Mento dicendo che non scriverò. Innanzitutto devo avviare la seconda parte del mio romanzone di fantascienza “Beatrice nel cielo di diamanti” ambientato nell’Italia del 2050. Si tratta di un progetto non facilissimo, che sto scrivendo un pezzo alla volta. Forse si sente che siamo in un laboratorio in cui si fanno esperimenti di idee per immaginare come sarà la nostra amata penisola fra... pochi anni. Ogni volta che si prova a fare predizioni negative sull’Italia c’è il rischio di azzeccarci. In realtà l’Italia del 2050, almeno come la vedo io, sarà un po’ più caotica ed ordinata, un po’ più arretrata e tecnologica, attraversata da nuove ossessioni e paure ma in fondo sempre quel pentolone di gente, sentimenti, idee e opportunismo con cui abbiamo allegramente sfangato gli ultimi secoli, pur vivendo in una zona pericolosa del mondo. Beatrice tornerà. Nonostante abbia seminato dubbi nel numero di aprile, Beatrice è viva e lotta con noi. In questo momento è in viaggio a bordo di un treno ad altissima velocità che attraversa le foreste tropicali che hanno invaso la Pianura padana e in mezzo alla quale, come isole nell’oceano, sopravvivono le grandi città. Presto arriverà a Torino, per iniziare a lavorare al grande progetto di astronave interstellare. Credo però che si fermerà per strada, affascinata da un gruppo di tifosi che vanno ad assistere ad un’importante partita di rugby a Bologna.... A presto dal vostro Max. Sopra: Il re al Quirinale la sera del 21 maggio. Il 24 il primo caduto, Riccardo Giusto. 4