GIOVANNI PAISIELLO
“La Frascatana”, dramma gioioso
in musica in tre atti
Ediz. giugno 2008
La passione per la musica mi perviene da mio padre, melomane, che, quando ero
ancora bambino, portava tutta la famiglia al Teatro dell’Opera dove, ricordo, di aver
pianto durante la rappresentazione della “Bohème” di Puccini, come pure di essermi
addormentato durante il “Mefistofele” di Boito.
A febbraio del 1943, a Capocroce, il maestro Guido Gentili diede inizio ad una
scuola di musica per violino alla quale mio padre mi iscrisse consegnandomi un
violino di tutto rispetto. Il bombardamento dell’8 settembre pose fine alla
meravigliosa iniziativa; il violino mi servì, alcuni anni dopo, per acquistarmi la prima
versione della “vespa” Piaggio.
Così il sogno di introdurmi nel mondo di Melpomene è rimasto tale, pur
riservando grande attenzione a questa nobile arte. Infatti ho già scritto alcuni saggi, in
questa pagina, su musicisti stranieri, che hanno avuto contatti e ispirazione dal nostro
territorio, come Listz e Berlioz.
Ora mi preme ricordare il grande compositore italiano Giovanni Paisiello, nato a
Taranto nel 1740 e morto a Napoli nel 1816. Ne parlo perché egli è l’autore dell’opera
“La Frascatana”, (1774) in tre atti, su testo di Filippo Livigni, conosciuta anche con
il titolo “L’Enfante de Zamora” dopo la rappresentazione data a Versailles nel 1789.
Vediamo l’uomo. Dopo il liceo dai Gesuiti a Taranto, Paisiello studia nel
Conservatorio Sant’Onofrio di Napoli. Un genio musicale. Nel 1770 era già famoso,
nonostante la popolarità di Domenico Cimarosa, Nicolò Piccinni, Pietro Guglielmi,
Luigi Cherubini e tanti altri verso i quali il Maestro riservava un odio profondo.
Carattere difficile, interagisce con difficoltà. Nel 1772 passa anche qualche mese in
galera per aver rifiutato di sposare Cecilia Pallini dopo averla disonorata e irriso ogni
promessa matrimoniale. Promessa che, “obtorto collo”, deve mantenere per uscire di
galera. Nonostante ciò la vita coniugale è felice, tanto che quando nel 1815 Cecilia
muore, Paisiello subisce un tracollo psico-fisico dal quale non si riprende più. Infatti
trascorre l’ultimo anno di vita in una triste solitudine, dimenticato da tutti.
Vediamo l’artista. Paisiello è stato un compositore tra i più importanti del secolo
XVIII, aveva anche una voce tenorile da far invidia a chiunque; “come musicista
possiede doti di elegante spontaneità, di brio, di acuta caratterizzazione psicologica, di
tenera sentimentalità che suscita anche il plauso di Beethoven”. Purtroppo le sue
opere non meritavano la frettolosa condanna cui sono state sottoposte nei secoli
scorsi. Scrisse molte partiture musicali, dalla musica operistica, in particolare di
andamento buffo, a quella da camera, a quella sacra. Il suo “Barbiere di Siviglia”
raggiunse subito una fame di livello europeo, ma poi entrò nell’oblio, affossata
dall’analoga opera di Rossini.
Per avere un quadro della sua vasta produzione basta andare sull’apposito sito
Internet da cui risulta, tra l’altro, che tra le circa 140 opere scritte, “La Frascatana” è la
44a in ordine di tempo. Un suo allievo ha scritto “fu la prima opera del maestro
tarantino a rivelare la potenza del suo genio” e un critico francese dell’Ottocento l’ha
definita “une charmante composition où se trouvent de suouves melodies” (una bellissima
composizione nella quale echeggiano melodie stupende).
Di conseguenza non è un’opera da dimenticare, andrebbe messa in scena anche
in modo ridotto, cioè senza l’apparato scenografico e di costumi. Il libretto ha subìto
tre diverse edizioni, per quel che si sa. La prima, nel 1775, a Milano nella stamperia di
Giovanni Montani, reca sul frontespizio queste indicazioni: La Frascatana –
dramma giocoso per musica – da rappresentarsi – nel Regio Ducal Teatro –
di Milano – nell’Autunno dell’anno 1775 - Dedicato a Sua Altezza Serenissima
– il Duca di Mantova, Reggio, Mirandola, ecc.
La seconda edizione è avvenuta sempre a Milano nel 1780 con un frontespizio
più lungo e articolato che invoca la presenza del Governatore, del capitano Generale
della Lombardia, dell’Arciduchessa Maria Beatrice, la Principessa di Modena ecc.
La terza edizione infine viene stampata dal medesimo tipografo milanese e si
riferisce alla rappresentazione eseguita “nel Teatro della Scala, la Quaresima
dell’Anno 1795”. A titolo di curiosità si trascrive la cortigianesca prefazione che
lascia però capire come l’opera sia davvero bella e godibile. “Altezze Reali
riproducesi su queste scene per primo spettacolo nella corrente Quaresima La
Frascatana, Dramma Comico, che altre volte sotto gli auspici delle Vostra
Altezze Reali fece il piacere di questo Pubblico. Saremo fortunati se Vi
degnerete di riceverne anche ora da noi sostituiti all’incarico di dare le
Rappresentazioni in questa Stagione l’umile offerta, onorandola della Vostra
Augusta presenza, e di un benigno compatimento, concedendo a noi la grazia
di protestarci con sommo rispetto e con tutta la venerazione delle AA.VV.RR.
Umil.mi, Div.mi, Obb.mi Servitori Impresari.”
Una raffinata immagine di Paisiello (1740-1816)
Conclusione: a Milano, nel Teatro della Scala, nel 1795 di Quaresima, apre la
stagione un’opera comica dal titolo “La Frascatana” Non credo ci possa essere
qualche frascatano che non sia desideroso di conoscere questa composizione!
Dobbiamo però limitarci al testo. La musica è nell’aria, nel mistero.
Questi i personaggi: “Violante, giardiniera di Frascati; Don Fabrizio, tutore della
suddetta; Nardone, pecoraio; Donna Stella, figlia di un capitano di Velletri,
promessa sposa al Cavalier Giocondo; Cavalier Giocondo, amante di Violante;
Pagnotta, servitore del Cavalier Giocondo; Lisetta, cameriera di locanda”.(I
personaggi ricalcano un po’ la “la Locandiera” di Goldoni scritta nel 1750, quindi
prima di questa).
Il primo atto di svolge nella “Piazza di Marino con varie Case, ed altri Edifici. Locanda
da una parte con insegna al di fuori. In prospetto la Campagna, e veduta in lontano della città di
Roma”. Le vicende del secondo e terzo atto si svolgono in un “Bosco folto di Alberi con
Torre alta, praticabile da un lato, alquanto dirupa, con porta che si serra con grosso catenaccio;
accanto a detta torre, bocca di un sotterraneo coperto da erbe; dalla parte opposta Casetta
appartenente a Don Fabrizio.”
Il testo di questa commedia brillante è quello caratteristico degli intrighi amorosi.
Infatti intorno a Violante, la frascatana, ruotano tre spasimanti: il tutore Don
Fabrizio, il Cavalier Giocondo e il pecoraio Tardone, il quale non si presenta come un
poveraccio ma un vero imprenditore in quanto gestisce la bellezza di quattromila
agnelli. Sarà proprio questo pecoraio- agricoltore, dopo vicende gustose e piccanti,
ad impalmare la bella e furba Frascatana, la quale ai blasoni e ai salamelecchi
preferisce i soldi e di conseguenza una vita all’insegna della goduria. L’idea non è
proprio originale, se la ritroviamo in tante altre commedie, non solo di Molière e
Goldoni.
In fondo le prospettive esistenziali di Violante sono quelle di tante ragazze di oggi,
dotate fisicamente, che tendono a realizzarsi con l’ausilio di concorsi di bellezza,
provini cinematografici e veline televisive.
Questa opera del Paisiello era anche conosciuta con il titolo “La finta semplice”,
che lascia di per sé supporre un certo contenuto picaresco.
Le storie amorose di serve e locandiere (non escluso il “Barbiere di Siviglia”,
commedia brillante di Beaumarchais, falcidiata da tanti “commediografi”) hanno
alimentato il teatro comico di tutti i tempi, ed anche il sottoscritto ne ha plagiato i
contenuti. Quel che appare davvero incredibile è che spesso, anche in opere straniere,
fa da protagonista “una bella frascatana”, immortalata da pittori, da litografi, di tutta
Europa, forse persino ha ispirato i volti del grande Raffaello. Lo storico Luigi
Devoti, in alcuni suoi testi, ne riporta le immagini più significative. Decine di volti.
Forse questa tematica avrà influenzato l’autore del testo dell’opera di Paisiello, il quale
– penso - non sia mai venuto a Frascati e negli altri Castelli.
Di conseguenza ci si chiede se “La Frascatana” di Paisiello corrisponda ad una
creatura reale oppure ad una virtuale, mitica, cosmica immagine da sogno. Come
detto, non abbiamo conoscenza della partitura di questo lavoro musicale che, con
molte probabilità, giace presso gli archivi di qualche Conservatorio. Sprovveduto,
come sono, sia della materia sia di conoscenze “ad hoc”, la ricerca merita ulteriori
approfondimenti, ma soprattutto l’iniziativa di persone, pubbliche o private, che siano
capaci di allestire la rappresentazione di questa interessante opera del Paisiello.
Lucio De Felici
Theodora la Frascatana, sec. XIX, pittura olio di Rubio
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