Manuale sulla Proprietà Intellettuale
Giuseppe Conti
Massimo Barbieri
Technology Transfer Office
Politecnico di Milano
Manuale sulla proprietà intellettuale
Corso Protezione della Proprietà Intellettuale e Trasferimento Tecnologico Univ. Piemonte Orientale – Facoltà Farmacia
INDICE
1
Il brevetto ..........................................................................................................................................3
2
Cenni storici ......................................................................................................................................3
3
Struttura del brevetto.........................................................................................................................5
4
Tipologie di brevetti ...........................................................................................................................9
5
Deposito del brevetto ......................................................................................................................11
6
La contraffazione.............................................................................................................................19
7
Tutela giuridica................................................................................................................................21
8
Il risarcimento del danno .................................................................................................................23
9
Le invenzioni dei dipendenti ............................................................................................................24
10
Bibliografia ......................................................................................................................................26
11
Invenzioni biotecnologiche...............................................................................................................27
12
Privativa sulle varietà vegetali..........................................................................................................45
13
Usi sperimentali dell’invenzione brevettata ......................................................................................46
14
Conclusioni .....................................................................................................................................47
15
Bibliografia ......................................................................................................................................49
16
Invenzioni chimiche .........................................................................................................................50
Direttiva 98/44/CE.....................................................................................................................................52
Disegno di Legge 2031 .............................................................................................................................61
Disegno di Legge N. 1745 .........................................................................................................................63
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1
Il brevetto
1.1
Definizione di brevetto
Il brevetto è un titolo in forza del quale viene conferito un monopolio temporaneo (20 anni) e territoriale (in
riferimento al/ai Paese/i in cui il brevetto è stato esteso).
Il possesso di un brevetto dà al suo titolare il diritto di vietare ad altri la riproduzione dell’invenzione, ovvero
la produzione, l’uso, la commercializzazione, la vendita o l’importazione del trovato nel territorio in cui detto
brevetto è stato concesso (artt. 11 e 1 bis2 Legge invenzioni – R. D. 29/06/1939, n° 1127).
Si tratta quindi di un diritto negativo. Il suo possesso non garantisce al titolare il corrispondente diritto
positivo ad attuare l’invenzione stessa. Affinché l’invenzione sia attuabile, occorre che non esistano brevetti
antecedenti che, in quanto diritti di privativa, ne vietino l’attuazione.
In sintesi una tecnologia che è nuova ed originale è brevettabile; una tecnologia che non ricade sotto la
privativa di brevetti pendenti di terzi è liberamente attuabile; una tecnologia che ricade sotto la privativa di
brevetti pendenti di terzi ne costituisce contraffazione.
Brevettabilità e attuabilità sono le due condizioni necessarie per uno sfruttamento ottimale dell’invenzione.
Due sono le tipologie di brevetto industriale: brevetto per invenzione industriale e brevetto per modello
industriale, che si suddivide a sua volta in modello d’utilità e disegno o modello.
2
Cenni storici
I brevetti hanno avuto origine come strumenti usati dai governi aristocratici o repubblicani nell’Europa di fine
medioevo e del primo rinascimento principalmente al fine di incentivare il trasferimento e la divulgazione di
tecnologie straniere.
Il termine brevetto deriva dall’espressione latina “litterae patentes”, che si riferisce semplicemente a lettere
aperte e che gl’inglesi hanno tradotto letteralmente come “letters patent”, abbreviato in “patent” nella forma
di sostantivo. L’aggettivo inglese “patent” significa aperto.
Le letters patent erano i documenti ufficiali con cui alcuni privilegi, diritti, alti ranghi sociali e titoli venivano
1
Art. 1 R.D. 29 giugno 1939, n. 1127 (legge invenzioni): I diritti di brevetto per invenzione industriale consistono
nella facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato, entro i limiti e alle
condizioni previsti da questo decreto. Tale facoltà esclusiva si estende anche al commercio del prodotto a cui
l’invenzione si riferisce, ma si esaurisce una volta che il prodotto stesso sia stato messo in commercio dal titolare del
brevetto o con il suo consenso nel territorio dello Stato. La facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si
estende, quale che sia l’oggetto dell’invenzione: a) agli atti compiuti in ambito privato ed a fini non commerciali,
ovvero in via sperimentale b) alla preparazione estemporanea, e per unità di medicinali nelle farmacie su ricetta
medica, e ai medicinali così preparati.
2
Art. 1 bis legge invenzioni: 1. In particolare il brevetto conferisce al titolare i seguenti diritti esclusivi: a) se oggetto
del brevetto è un prodotto, il diritto di vietare a terzi, salvo suo consenso, di produrre, usare, mettere in commercio,
vendere o importare a tali fini il prodotto in questione; b) se oggetto del brevetto è un procedimento, il diritto di vietare
a terzi, salvo suo consenso, di applicare il procedimento, nonché di usare, mettere in commercio, vendere o importare a
tali fini il prodotto direttamente ottenuto con il procedimento in questione.
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conferiti ed annunciati pubblicamente; pertanto, portavano il sigillo del sovrano concedente all’interno,
invece di essere sigillati esternamente.
La protezione della proprietà intellettuale nacque proprio in Italia nel XIV secolo, da cui si diffuse dapprima
nell’Europa continentale e poi in Inghilterra. Ma nel XIV e all’inizio del XV secolo tali diritti consistevano
esclusivamente in concessioni per lo sfruttamento in esclusiva di procedimenti localmente sconosciuti o di
congegni che avevano avuto origine altrove e probabilmente da persone che non erano quelle che
richiedevano il privilegio. La prassi di concedere tali privilegi era finalizzata ad ottenere la rivelazione e
l’applicazione di “segreti” che fossero di provenienza straniera, attraverso l’immigrazione di artigiani
specializzati, come nel caso del tessitore fiammingo John Kempe, a cui Edoardo II conferì tale titolo nel
1331.
La prima legge sui brevetti fu approvata dal Senato veneziano il 19 marzo 1474.
La legge richiedeva la registrazione di ogni congegno “nuovo ed ingegnoso” che non fosse stato costruito
fino a quel momento nel territorio veneziano, e proibiva ad ogni privato, eccetto l’inventore, di costruirlo per
un periodo di 10 anni, a pena di pagamento di penali per la violazione del codice.
In Inghilterra, invece, la prima chiara previsione di “brevetti d’invenzione” non venne alla luce prima del XVII
secolo.
Nel XIV secolo l’Inghilterra era tecnologicamente arretrata rispetto a molte regioni dell’Europa continentale
e si sforzava di “prendere a prestito” le pratiche industriali più avanzate. Si sperava che i maestri artigiani
stranieri iniziassero apprendisti inglesi ai “misteri” delle loro arti; ma, poiché con ogni probabilità non
avrebbero mantenuto il controllo degli apprendisti a cui avevano trasmesso le nuove capacità nel momento
in cui questi fossero stati ammessi allo stato di operai qualificati, si sarebbe formata una schiera di
potenziali concorrenti locali, dai quali il maestro straniero desiderava ovviamente essere protetto.
Proteggere gl’insegnanti dalla concorrenza dei loro studenti, dando loro un monopolio sull’attività
commerciale, affrontava direttamente il problema degli effetti diffusivi.
Anche la durata di questi primi brevetti inglesi – 14 anni con la possibilità di un’estensione di 7 anni – non
era fissata arbitrariamente: 7 anni era la durata dell’apprendistato e così la protezione concessa doveva
durare almeno per due generazioni d’apprendisti.
Un cambiamento radicale a questa prassi si ebbe nel 1623, allorquando il Parlamento inglese emanò lo
Statuto dei Monopoli, con cui dichiarava che da quel momento tutti i monopoli della Corona, atti istitutivi di
corporazioni e brevetti si dovessero considerare contrari alla legge. Si ammise tuttavia un’eccezione nel
caso di brevetti regi, che conferivano un monopolio per 14 anni o meno “al primo e vero inventore” di una
nuova produzione [2].
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Struttura del brevetto
3.1
Il titolo
Il titolo deve essere scritto in modo tale da caratterizzare l’invenzione.
3.2
Il riassunto
Il riassunto ha soltanto finalità d’informazione tecnica e pertanto deve limitarsi a riportare il nucleo
necessario per individuare il campo di applicazione del trovato e delle sue caratteristiche essenziali.
3.3
La descrizione
Nel testo della descrizione va riportato un cenno sommario all’invenzione, sviluppando il titolo
dell’invenzione e tracciando un’esposizione dello stato della tecnica e delle finalità da conseguire. La
descrizione deve concludersi con una o più rivendicazioni non di seguito alla descrizione, ma su uno o più
fogli allegati. Tutti i fogli devono essere firmati. Nella descrizione non possono essere inclusi disegni o
formule chimiche o matematiche.
La descrizione è strutturalmente suddivisa in due parti.
Nella prima viene fatta una breve esposizione dello stato della tecnica che si riferisce al campo tecnico cui
appartiene il trovato. Indi vengono posti cenni sui difetti, nel senso che l’invenzione individua i difetti
riscontrati nei ritrovati anteriori. Generalmente viene esposta prima una descrizione della struttura e poi del
funzionamento.
La descrizione dell’invenzione deve contenere tutti gli elementi necessari per poter realizzare l’invenzione.
Deve essere scritta in modo tale da lasciare un margine di almeno 3 centimetri alla sinistra ed al massimo il
foglio può contenere 25 linee di testo; gli spazi vuoti devono essere opportunamente barrati [3].
3.4
Le rivendicazioni
Una rivendicazione è una dichiarazione che definisce il contenuto della protezione richiesta. Deve
ovviamente possedere i requisiti di brevettabilità (novità, attività inventiva), essere chiara, concisa e
supportata dalla descrizione (ovvero nella descrizione deve esserci la base per la materia rivendicata e una
rivendicazione non può avere una portata più ampia rispetto a quanto descritto, rappresentato nelle figure e
noto dallo stato della tecnica).
Ma nel contempo, una rivendicazione deve poter comprendere tutto ciò che è un’ovvia modifica, un
equivalente (mezzi che svolgono la stessa funzione, sostanzialmente nello stesso modo tale da
raggiungere lo stesso risultato) e gli usi descritti, nonché tutte le varianti di realizzazione che presentano le
stesse proprietà o usi che sono stati attribuiti nella descrizione alle forma di realizzazione.
Una rivendicazione può essere paragonata all’atto di delimitare con dei paletti il terreno di proprietà: i paletti
andranno disposti il più possibile sul confine del proprio terreno (la soluzione ideata), evitando al contempo
d’invadere la proprietà di altri (brevetti antecedenti in vigore o scaduti) o la proprietà pubblica (soluzioni non
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brevettate ma di pubblico dominio).
Generalmente nelle rivendicazioni redatte secondo la prassi europea possiamo distinguere:
ü il preambolo o parte classificatoria (in cui è descritta l’arte nota);
ü la parte di transizione (locuzione del tipo “caratterizzato dal fatto che”);
ü gli elementi caratterizzanti (in cui è spiegata l’invenzione).
Le rivendicazioni possono essere:
ü indipendenti (dirette a caratteristiche essenziali dell’invenzione, ad eccezione delle caratteristiche
implicite);
ü dipendenti (dirette a “particolari forme di realizzazione”, che includono le caratteristiche essenziali
della rivendicazione indipendente da cui dipendono ed, eventualmente, anche le ulteriori
caratteristiche delle rivendicazioni dipendenti da cui discendono. Con particolari forme di
realizzazione s’intende anche una descrizione più dettagliata dell’invenzione).
Una ulteriore distinzione riguarda le categorie delle rivendicazioni, che possono essere di:
ü prodotto (molecola di formula …);
ü procedimento (descrizione dei vari passaggi …); protegge il processo e il prodotto solo se ottenuto
mediante il procedimento in oggetto;
ü product by process (molecola ottenuta/ottenibile mediante … segue la descrizione del processo); è
comunque sempre una rivendicazione di prodotto ed è utilizzabile solo quando non si può
descrivere il prodotto per via strutturale;
ü intermedio di processo (molecola di formula …);
ü composizione (lista degli ingredienti …);
ü uso (uso del composto X per ottenere l’effetto Y);
ü uso in campo medico (uso di X per preparare un farmaco contro Y; oppure metodo per trattare Y
mediante un farmaco X).
Generalmente una rivendicazione è definita mediante caratteristiche “positive”: si scrive ad esempio “un
dispositivo comprendente X, Y, Z” e non “un dispositivo senza (la caratteristica) K”.
L’inventore rivendica nel suo brevetto un trovato, descrivendo anzitutto ciò che è arte nota e poi il suo
specifico contributo.
La rivendicazione deve essere redatta in termini di “caratteristiche tecniche dell’invenzione” (struttura di
supporto, composto X, fase di un’operazione: miscelare X con Y alla temperatura Z, ecc…). Sono escluse
dichiarazioni, ad esempio sui vantaggi commerciali, o altre caratteristiche non tecniche.
Sono ammesse caratteristiche oltre a quelle comportanti limitazioni “strutturali”: ad esempio caratteristiche
funzionali (solo se la persona esperta del settore tecnico non ha difficoltà ad individuare mezzi per eseguire
quella funzione, evitando di esercitare un passo inventivo).
Sono accolte anche rivendicazioni rivolte all’uso di un’invenzione, intendendo l’applicazione tecnica.
Il preambolo (o parte “classificante” o “pre-caratterizzante”) riferisce l’arte ritenuta non brevettabile dal
richiedente, ovvero l’oggetto dell’invenzione unitamente alle caratteristiche tecniche necessarie per definire
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l’invenzione e che sono note nello stato della tecnica. Secondo la buona prassi redazionale, esso descrive
l’anteriorità più vicina (o “closest prior art”).
Un esempio banale ma utile per spiegare come può essere scritta la porzione pre-caratterizzante di una
rivendicazione è il seguente:
- Sedia, comprendente un piano di seduta, uno schienale ed elementi di sostegno adatti a disporre il piano
di seduta ad una prestabilita altezza da un piano di supporto,
La parte di transizione è generalmente costituita dall’espressione “caratterizzato dal fatto che”, “ciò che
consiste”, “che comprende” o simili. Vi è una differenza sostanziale tra “comprende” e “consiste”: nel primo
caso la rivendicazione è aperta, nel secondo è chiusa (open e closed claims).
La porzione caratterizzante dichiara le caratteristiche tecniche che, in combinazione con quelle della parte
classificante, si desidera tutelare, ovvero le caratteristiche che l’invenzione aggiunge a quanto è già noto.
Per continuare con il presedente esempio, si può scrivere:
- detta sedia essendo caratterizzata dal fatto che, all’estremità libera degli elementi di sostegno sono
associati mezzi per un libero movimento della sedia sul piano di supporto.
Gli elementi caratterizzanti possono essere indicati nominativamente, oppure in termini di mezzi, di funzioni,
risultato. Il prof. Franzosi3 riporta [4] un esempio semplice ma illuminante per spiegare gli elementi
caratterizzanti: se nella rivendicazione si dice “chiodi”, si vorranno indicare oggetti chiaramente identificabili
nella sua struttura. Se si indicano i mezzi (ad esempio mezzi per tenere assieme due pezzi di legno), si
indica ciò che serve ad una specifica funzione, senza indicare una specifica struttura o materiale con
precisa identità fisico – spaziale. Se si indica una funzione, (ad es. assicurare la tenuta di due assi di legno
con un elemento che penetra in ognuno di essi) si indica un modo di operare, senza indicazione della forza
che opera o dell’oggetto che subisce l’azione della forza. Gli elementi possono essere individuati anche in
termini di risultato: ad es. si può dire “qualsiasi cosa serva a tenere assieme due assi di legno”.
Una rivendicazione di mezzi, funzioni o di risultato sembra più aperto, ovvero sembra possa riguardare
anche gli elementi non indicati.
Una siffatta rivendicazione è ammissibile se rispetta il triplice test di:
ü essere definita;
ü essere attuabile;
ü possedere i requisiti di legge (novità, originalità, industrialità).
Indicazioni di mezzi, di funzioni e di risultato costringono l’interprete della rivendicazione a far riferimento
alla descrizione o addirittura a riferirsi al prodotto commerciale, restringendo a quello la portata del brevetto.
In passato la giurisprudenza dominante seguiva la tesi che la portata della protezione fosse rilevabile da
altre parti del brevetto, non menzionate nelle rivendicazioni, soprattutto perché, non essendovi in Italia un
esame preventivo, era impossibile identificare esattamente il contenuto del brevetto: il contenuto veniva
determinato durante un procedimento giudiziale, mettendo a confronto il brevetto con le anteriorità.
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Questa conclusione non è più possibile dopo la ratifica effettuata dall’Italia della Convenzione di Strasburgo.
La giurisprudenza italiana più recente è orientata nel senso di reperire il contenuto del brevetto nelle
rivendicazioni, e di non consentire una libera ricostruzione della portata precettiva del brevetto, andandola a
rilevare in altre parti del brevetto che non siano riportate nelle rivendicazioni.
La ricerca di un ambito proteggibile al di fuori delle rivendicazioni lede in modo inaccettabile l’interesse dei
terzi alla certezza delle situazioni giuridiche ed in particolare della libertà di svolgere liberamente attività
economiche.
Le rivendicazioni vanno lette alla luce della descrizione e dei disegni. Dunque tutto fa capo alle
rivendicazioni, e la descrizione è soltanto un mezzo sussidiario per interpretarla.
Se le rivendicazioni non sono chiare, esse dovranno essere interpretate alla luce della descrizione.
Non è invece legittimo fare riferimento ad altre fonti successive al brevetto, quali articoli scientifici e
comunicazioni a congressi, che rispecchiano successivi perfezionamenti. Molto importanti sono le
dichiarazioni riduttive fatte dall’inventore in sede d’esame, durante il quale avviene frequentemente che, al
fine di superare le obiezioni dell’esaminatore, l’inventore chiarisca e limiti la portata del suo brevetto.
3
Avvocato in Milano, partner nello studio legale Franzosi Dal Negro Pensato Setti (http://www.franzosi.com).
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Tipologie di brevetti
Le invenzioni possono essere di prodotto o di procedimento: le prime riguardano la realizzazione di un
nuovo prodotto e le seconde attengono alle procedure e ai metodi di lavorazione destinati alla realizzazione
di prodotti.
Un’altra distinzione è tra invenzioni principali e derivate. Le prime sono quelle a cui si perviene senza un
nesso con altre invenzioni, anche se partono da precedenti conoscenze. Quelle derivate prendono come
diretto punto di partenza una precedente invenzione.
Le invenzioni derivate si possono suddividere nelle seguenti tipologie:
ü di perfezionamento: è quella che apporta un miglioramento o un’aggiunta alla precedente;
ü di traslazione: avvia una nuova utilizzazione sulla precedente concezione inventiva, determinando
un’originale applicazione in un settore della tecnica;
ü di combinazione: raggiunge l’obiettivo di una nuova soluzione, combinando precedenti invenzioni o
elementi tratti da precedenti invenzioni.
Ovviamente queste invenzioni devono essere caratterizzate da un’attività inventiva, per non incorrere nella
variante costruttiva che non produce un diverso e migliore effetto dell’apparecchio o del procedimento.
Dal punto di vista legale, una differenza importante è tra invenzione indipendente e dipendente. In forza
della protezione giuridica, un’invenzione dipendente può essere brevettata soltanto con il consenso del
titolare della precedente invenzione.
Il brevetto industriale si suddivide in due tipologie:
ü brevetto per invenzione industriale;
ü brevetto per modello industriale, a sua volta distinto in modello d’utilità e disegno o modello.
Il brevetto per modello d’utilità si distingue dal brevetto d’invenzione per il fatto di proteggere
perfezionamenti di prodotti già esistenti, che risultano in incrementi di utilità dei prodotti stessi, invece che
nuove soluzioni di problemi tecnici.
Un brevetto per modello d’utilità deve proteggere un oggetto concreto, quindi non si applica ai procedimenti.
Rispetto al brevetto per invenzione industriale, ha una durata di 10 anni dal deposito della domanda,
suddivisa in due quinquenni, con tasse di mantenimento pagabili in un’unica soluzione o in due rate, una al
momento del deposito e l’altra allo scadere del primo quinquennio.
Con il brevetto per disegno o modello s’intende proteggere l’aspetto di qualsiasi oggetto industriale o
artigianale, dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle
linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o
del suo ornamento.
Possono costituire oggetto di registrazione i disegni e modelli che siano nuovi ed abbiano carattere
individuale.
I disegni o modelli sono considerati identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli
irrilevanti.
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Il requisito del carattere individuale è soddisfatto se l’impressione che il disegno o modello suscita
nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi
disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione
o dell’eventuale data di priorità rivendicata.
La registrazione di un disegno o modello ha una durata di 5 anni dal deposito della domanda, prorogabile
per uno o più periodi di 5 anni, fino a un massimo di 25 anni.
Con una sola domanda può essere chiesta la registrazione di più disegni o modelli (fino a 100), purché
siano attuati o incorporati in oggetti inseriti nella medesima classe della classificazione dei disegni e
modelli.
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Deposito del brevetto
Il deposito di una domanda di brevetto può essere sia nazionale (che, grazie alla Convenzione di Parigi, si
può estendere in altri Paesi entro 12 mesi dalla data di deposito) sia estero. Il deposito estero non può però
avvenire, salvo autorizzazione ministeriale, prima che siano decorsi 90 giorni dal deposito della domanda
italiana, necessari per consentire di valutare se l’innovazione può risultare d’interesse per la difesa
nazionale.
È peraltro possibile effettuare un primo deposito all’estero (domanda di brevetto europeo o PCT), previo
ottenimento della relativa autorizzazione ministeriale.
5.1
Deposito nazionale
La gestione nazionale dei brevetti è affidata all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), organo
amministrativo che ha sempre operato nell’ambito del Ministero dell’Industria e dal 1984 è stato inquadrato
come Direzione Generale della Produzione Industriale alle dipendenze dello stesso Ministero. È questo
l’ufficio destinatario delle domande di brevetto, mentre gli uffici periferici delegati quali centri di raccolta
sono le locali Camere di Commercio (CCIAA).
Per essere “ricevibile”, la domanda deve essere depositata esclusivamente presso tali enti commerciali o
spedita direttamente all’UIBM. Il nostro ordinamento – in tema di invenzioni e di modelli – non prevede un
“esame preventivo” di novità e attività inventiva. L’esame dell’Ufficio riguarda i seguenti compiti:
ü accertare la “ricevibilità” della domanda (per documentazione allegata ed assolvimento delle tasse
prescritte);
ü verificare la sua “regolarità formale” (per unicità d’invenzione, designazione dell’inventore,
allegazione di eventuali priorità);
ü controllare la corrispondenza del titolo all’oggetto dell’invenzione;
ü verificare la “sufficienza” della descrizione4.
L’Ufficio non è tenuto a svolgere indagini “esterne” alla domanda (che implicano un “confronto” con brevetti
già concessi, con altre domande in corso d’esame e con lo stato della tecnica) ma solo “interne”, quale è il
ricorso alla “comune esperienza” disponibile in un soggetto che non abbia fatto specifiche ricerche di
anteriorità relativamente a quel ramo della tecnica.
Terminata la fase istruttoria, l’Ufficio decide di concedere il brevetto oppure di respingere la domanda
(reiezione totale o parziale). Il provvedimento di rifiuto, di competenza del Direttore dell’UIBM, deve essere
motivato.
Nel sistema italiano non è prevista la procedura di opposizione (se il brevetto è concesso, i terzi non
possono opporsi, come invece accade per il brevetto europeo).
4
Art. 27 R.D. 244/1940 sulle disposizioni regolamentari in materia di brevetti per industriale: Il richiedente, su invito
dell’Ufficio centrale dei brevetti, deve completare la documentazione presentando appropriati disegni, o nuovi altri
disegni, qualora essi siano necessari per l’intelligenza della descrizione dell’invenzione.
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Ai fini del deposito per la presentazione della domanda di brevetto per invenzione industriale occorrono i
seguenti documenti:
ü domanda in bollo, su modulo A (vedi Allegato 1) in cinque copie, presentata alla Camera di
Commercio e indirizzata al Ministero delle attività produttive;
ü prospetto A riassuntivo in due copie firmate in originale ed in carta semplice;
ü descrizione tecnica del trovato in una copia;
ü tavole dei disegni illustrative del trovato in una copia;
ü attestazione di versamento delle tasse di concessione governativa da pagare sul C/C postale
668004, intestato all’Ufficio delle Entrate di Roma 2 – Roma;
ü eventuale lettera d’incarico, o procura o autocertificazione se la domanda è presentata tramite un
terzo incaricato, avvocato o iscritto in apposito albo.
I costi per il deposito sono elencati nella seguente tabella:
Comprensive della tassa di domanda
€
Descrizione + tav. fino a 10 pag.
€ 212,00
Descrizione + tav. fino a 20 pag.
€ 246,00
Descrizione + tav. fino a 50 pag.
€ 381,00
Descrizione + tav. fino a 100 pag.
€ 617,00
Descrizione + tav. oltre a 100 pag.
€ 945,00
Le tasse dovute per il deposito si calcolano sommando il numero delle pagine della descrizione (compreso
il prospetto A) al numero delle tavole .
Le tasse di mantenimento sono elencate nella seguente tabella:
4° anno
€ 47,00
10° anno
€ 236,00
16° anno
€ 741,00
5° anno
€ 61,00
11° anno
€ 337,00
17° anno
€ 741,00
6° anno
€ 88,00
12° anno
€ 472,00
18° anno
€ 741,00
7° anno
€ 121,00
13° anno
€ 539,00
19° anno
€ 741,00
8° anno
€ 168,00
14° anno
€ 607,00
20° anno
€ 741,00
9° anno
€ 202,00
15° anno
€ 741,00
Le prime tre annualità sono comprese nella tassa di deposito.
Le annualità successive vanno pagate - solo se il brevetto è stato concesso - entro la fine del mese
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corrispondente a quello del deposito: oltre tale termine è possibile mantenere in vita il brevetto provvedendo
al pagamento entro sei mesi, con l’aggiunta della mora.
Per il deposito di modelli d’utilità, devono essere presentati il modulo U ed il prospetto riassuntivo U.
5.2
Deposito europeo
Lo scopo della Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE)5 è stato quello di istituire una “procedura unitaria”
di rilascio dei brevetti per invenzione (non sono previsti i modelli di utilità) riconosciuta da tutti gli Stati
contraenti (vedi Allegato 5).
La sede dell’Ufficio Brevetti Europeo (UEB) è a Monaco di Baviera; l’altra sede di trova all’Aja, cui fa capo
un’agenzia distaccata a Berlino e un’altra a Vienna.
L’UEB è organizzato in 5 Direzioni Generali:
ü la DG1, costituita da una “sezione di deposito” (che fa parte della sede dell’Aja) e si occupa della
ricezione e della regolarità formale delle domande e da “divisioni di ricerca” (pure esse presso la
sede dell’Aja), che predispongono il cosiddetto “rapporto di ricerca europeo” ed altre ricerche
internazionali o nazionali per conto di Uffici brevettuali nazionali e di privati;
ü la DG2, costituita da “divisioni d’esame” (inquadrate presso la sede di Monaco), che hanno
competenza nella verifica di sussistenza nella domanda dei requisiti sostanziali e formali
previsti dalla Convenzione e da “divisioni d’opposizione”, competenti per le procedure
d’opposizione contro la concessione del titolo. Entrambe le divisioni sono composte da membri
tecnici, ma suscettibili di ampliamento con un esaminatore giurista;
ü la DG3, che riguarda la fase giurisdizionale amministrativa e comprende le Camere di ricorso
(con la Camera ampliata di ricorso) competenti a provvedere sui ricorsi contro le decisioni della
sezione di deposito, delle divisioni d’esame, delle divisioni d’opposizione e della divisione giuridica;
ü la DG4, che concerne gli affari amministrativi;
ü la DG5, che attiene agli affari giuridici.
La domanda di brevetto europeo può essere depositata direttamente presso l’UEB a Monaco, nella sede
dell’Aja o ricevuta dagli Uffici brevettuali nazionali (in Italia l’UIBM). La forma del deposito è diretta od a
mezzo del servizio postale.
Importante è sottolineare che il brevetto europeo non è unico, ma contiene un fascio di brevetti nazionali.
Il procedimento per il rilascio dell’attestato del brevetto europeo inizia presso la “sezione deposito” dell’Aja,
dove perviene la domanda di brevetto europeo, che l’esaminatore verifica se abbia i requisiti necessari per
attribuirle una data di deposito e se sono state pagate le tasse di deposito e ricerca, essendo altrimenti la
domanda da considerare “ritirata”, come nel caso in cui non venga depositata nei termini la traduzione in
una delle tre lingue di lavoro dell’UEB (inglese, francese e tedesco), qualora la domanda risulti redatta in
altra lingua.
5
La Convenzione di Monaco del 5 ottobre 1973 è stata ratificata in Italia con L. 26 maggio 1978 ed è entrata in vigore
il 1° dicembre 1978. I criteri di applicazione sono stati fissati con il D.P.R. 8 gennaio 1979, n. 32.
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Se sono rispettati tali requisiti, la sezione di deposito passa alla verifica di sussistenza di talune condizioni
di “regolarità formale” elencate nell’art. 916 CBE.
Una volta riconosciuta alla domanda di brevetto la data di deposito, la divisione di ricerca provvede a
redigere il rapporto di ricerca da comunicare al richiedente.
La richiesta di esame deve essere formulata entro 6 mesi dalla data in cui è stata menzionata la
pubblicazione del rapporto di ricerca europeo nel Bollettino europeo dei brevetti, previo pagamento della
tassa d’esame.
Durante la fase istruttoria, l’esaminatore ha la facoltà di “colloquiare” con il depositante nella fase di rilascio
del brevetto, anche se non esiste comunque un diritto al “colloquio informale”, ma invece il diritto alla
“procedura orale”, garantita dall’art. 1167 CBE. La sua inosservanza in violazione dell’art. 116 rende invalida
6
Art. 91 CBE: (1) Se una data di deposito è stata riconosciuta a una domanda di brevetto europeo e se la domanda non
è considerata ritirata a norma dell’art. 90, paragrafo 3, la sezione di deposito esamina:
(a) se sono soddisfatte le esigenze dell’art. 133, paragrafo 2;
(b) se la domanda soddisfa le condizioni formali previste dal regolamento d’esecuzione per l’applicazione della
presente disposizione;
(c) se l’estratto è stato presentato;
(d) se la richiesta di concessione del brevetto europeo soddisfa, per quanto concerne il suo contenuto, le
disposizioni imperative del regolamento d’esecuzione e, se del caso, sono state soddisfatte le esigenze della
presente convenzione relative alla rivendicazione della priorità;
(e) se le tasse di designazione sono state pagate;
(f) se la designazione dell’inventore è stata fatta in conformità all’art. 81;
(g) se i disegni di cui all’art. 78, paragrafo 1, lettera d) sono stati presentati nel giorno del deposito della
domanda.
(2) Se constatata l’esistenza d’irregolarità alle quali si può rimediare, la sezione di deposito dà al richiedente, in
conformità alle disposizioni del regolamento d’esecuzione, la possibilità di rimediare a queste irregolarità.
(3) Se il richiedente non rimedia, in conformità alle disposizioni del regolamento d’esecuzione, alle irregolarità
constatate durante l’esame in relazione al paragrafo 1, lettere a), b), c) e d), la domanda di brevetto europea è respinta;
se le disposizioni di cui al paragrafo 1, lettera d) concernono il diritto di priorità, la loro inosservanza implica la perdita
di questo diritto per la domanda.
(4) Se, nel caso di cui al paragrafo 1, lettera e), la tassa di designazione per uno Stato designato non è stata pagata in
tempo utile, questa designazione è considerata ritirata.
(5) Se, nel caso di cui al paragrafo 1, lettera f), il richiedente non ha rimediato alla mancanza della designazione
dell’inventore in conformità alle disposizioni del regolamento d’esecuzione, salve le eccezioni da esso previste, entro il
termine di sedici mesi a decorrere dalla data di deposito della domanda di brevetto europeo di priorità, la domanda di
brevetto è considerata ritirata.
(6) Se, nel caso di cui al paragrafo 1, lettera g), i disegni non sono stati presentati nel giorno del deposito della
domanda e se non sono stati presi provvedimenti secondo le prescrizioni del regolamento d’esecuzione per rimediare a
questa situazione, la data di deposito della domanda sarà quella alla quale i disegni sono stati presentati oppure i
riferimenti ai disegni saranno considerati come soppressi, a scelta del richiedente, alle condizioni previste dal
regolamento d’esecuzione.
7
Art. 116 CBE: (1) Si ricorre alla procedura orale sia d’ufficio, quando l’Ufficio europeo dei brevetti lo ritiene utile,
sia a richiesta di una delle parti della procedura. Tuttavia, l’Ufficio europeo dei brevetti può respingere la richiesta di
ricorrere nuovamente alla procedura orale dinanzi al medesimo organo qualora le parti della procedura siano le stesse e
i fatti della causa siano i medesimi.
(2) Tuttavia, si ricorre alla procedura orale dinanzi alla sezione di deposito, su domanda del richiedente, soltanto
quando detta sezione lo ritiene utile o quando essa prevede di dover respingere la domanda di brevetto europeo.
(3) La procedura orale dinanzi la sezione di deposito, alle divisioni di esame e alla divisione giuridica non è pubblica.
(4) La procedura orale, ivi compresa la lettura della decisione, è pubblicata dinanzi alle Commissioni di ricorso dopo la
pubblicazione della domanda di brevetto europeo, come pure dinanzi alle divisioni d’opposizione, salvo decisione
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ogni conseguente decisione
Con il termine “procedura orale” la Convenzione individua “un incontro ufficiale” tra la divisione competente
riunita in seduta collegiale e la parte. Vi si ricorre su richiesta della parte medesima o ad istanza dell’ufficio
quando lo ritenga opportuno ed è un procedimento esperibile davanti ad ogni organo dell’UEB, esclusa la
divisione di ricerca. La trattazione orale serve solo a sviluppare argomentazioni già enunciate e ad
integrarle.
La procedura che pone fine all’esame di merito è regolata dall’art. 978 CBE, che delega alla divisione
d’esame l’emanazione del provvedimento di rifiuto della domanda o di concessione del brevetto. Ogni
decisione deve essere motivata secondo quanto previsto dalla regola 86.29.
Se la divisione d’esame stabilirà che sussistono i presupposti per il rilascio del brevetto dovrà invitare il
richiedente alla “dichiarazione di accordo” sul testo della formulazione con cui l’Ufficio intende concedere il
titolo (regola 51.410).
In mancanza di assenso nel termine prefissato la domanda sarà respinta, salvo che il richiedente presenti
proposte di modifica dei documenti; in quest’ultimo caso la procedura continuerà.
La decisione di concessione del brevetto europeo prenderà effetto per il titolare dal giorno della
pubblicazione della menzione dell’attestato nel Bollettino europeo dei brevetti e conferirà gli stessi diritti di
contraria dell’organo adito, qualora l’ammissione del pubblico può presentare, in particolare per una delle parti della
procedura, inconvenienti gravi e ingiustificati.
8
Art. 97 CBE: 1) La divisione di esame respinge la domanda di brevetto europeo se ritiene che questa domanda o
l’invenzione che ne forma l’oggetto non soddisfa le condizioni della presente convenzione, a meno che non siano
previste dalla convenzione sanzioni diverse dal rigetto.
2) Se la divisione di esame ritiene che la domanda di brevetto europeo e l’invenzione che ne forma l’oggetto
soddisfano le condizioni della presente convenzione, essa decide di concedere il brevetto europeo per gli Stati
designati a condizione che:
a) sia accertato, conformemente alle disposizioni del regolamento di esecuzione, l’accordo del richiedente sul
testo in cui la divisione di esame intende concedere il brevetto europeo;
b) siano state pagate le tasse di concessione del brevetto e di stampa del fascicolo del brevetto entro il termine
prescritto dal regolamento d’esecuzione;
c) siano state pagate le tasse annuali e, eventualmente, le soprattasse già esigibili.
3) Qualora le tasse di concessione del brevetto e di stampa del fascicolo non siano state pagate in tempo utile, la
domanda è considerata ritirata.
4) La decisione relativa alla concessione del brevetto europeo prende effetto soltanto dal giorno della pubblicazione nel
Bollettino europeo dei brevetti della menzione di questa concessione. Questa menzione è stata pubblicata al più presto
tre mesi dopo l’inizio del termine di cui al paragrafo 2, lettera b).
5) Il regolamento di esecuzione può disporre che il richiedente dovrà presentare una traduzione delle rivendicazioni
che appaiono nel testo in cui la divisione di esame intende concedere il brevetto europeo, nelle due lingue ufficiali
dell’Ufficio europeo dei brevetti diverse da quella della procedura. In questo caso, il termine di cui al paragrafo 4 non
può essere inferiore a cinque mesi. Se la traduzione non è presentata in tempo utile, la domanda è considerata ritirata.
9
Regola 86.2: Dopo aver ricevuto il rapporto di ricerca europea e prima di aver ricevuto la prima notificazione della
divisione d’esame, il richiedente può, di propria iniziativa, modificare la descrizione, le rivendicazioni e i disegni.
10
Regola 51.4: Prima di prendere la decisione di concedere il brevetto europeo, la divisione d’esame notifica al
richiedente il testo in cui essa intende concedere il brevetto europeo e lo invita a pagare entro un termine di tre mesi le
tasse di concessione e di stampa ed a presentare una traduzione delle rivendicazioni nelle due lingue ufficiali
dell’Ufficio europeo dei brevetti diverse da quelle della procedura. Se, entro detto termine, il richiedente ha
manifestato il suo disaccordo sulla concessione del brevetto europeo in questo testo, la notificazione della divisione
d’esame è considerata non fatta e l’esame viene ripreso.
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un brevetto nazionale (art. 6411 CBE).
Nel sistema europeo la procedura di opposizione è posposta alla concessione e si identifica in un
procedimento centralizzato di “revoca” e/o “limitazione” del titolo già rilasciato.
L’art. 11512 CBE dispone che, una volta che la domanda di brevetto è stata pubblicata, “qualsiasi terzo” può
presentare “osservazioni” scritte e motivate, senza comunque diventare “parte” della procedura.
L’esaminatore potrà tenere in considerazione tali osservazioni, chiedendo al richiedente di prendere
posizioni.
La formale procedura di opposizione investe invece il brevetto europeo nella sua interezza (e dunque tutti
gli Stati per i quali è stato concesso ed ha effetto).
L’opposizione va proposta entro nove mesi dalla pubblicazione della menzione di concessione del brevetto,
in forma scritta e motivata, previo pagamento della tassa di opposizione.
Legittimato all’azione è qualsiasi terzo, anche se non possiede un particolare interesse.
Le cause di opposizione sono tassativamente fissate dall’art. 10013 CBE.
L’onere della prova spetta sempre all’opponente, che peraltro può ritirare l’opposizione senza che si
determini l’estinzione del procedimento, che prosegue d’ufficio (regola 60.214).
I provvedimenti emessi dalla divisione di opposizione, ma anche le decisioni della sezione di deposito, delle
divisioni di esame e della divisione giuridica, sono impugnabili dinnanzi le Camere di ricorso.
5.3
Deposito internazionale (PCT)
Il sistema del brevetto internazionale PCT [Patent Cooperation Treaty - Trattato di cooperazione di
Washington in materia di brevetti, gestito dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI o
11
Art. 64 CBE: 1) Salvo il paragrafo 2, il brevetto europeo conferisce al suo titolare, a decorrere dal giorno di
pubblicazione della menzione della sua concessione e in ciascuno Stato contraente per il quale è stato concesso, i
medesimi diritti che gli conferirebbero un brevetto nazionale concesso in questo Stato.
2) Se l’oggetto del brevetto europeo è un procedimento, i diritti conferiti da questo brevetto si estendono sai prodotti
ottenuti direttamente mediante questo procedimento.
3) Ogni contraffazione del brevetto europeo è valutata conformemente alle disposizioni della legislazione nazionale.
12
Art. 115 CBE: 1) Dopo la pubblicazione della domanda di brevetto europeo, qualsiasi terzo può presentare
osservazioni contro la brevettabilità dell’invenzione, che forma oggetto della domanda. Le osservazioni devono essere
presentate per iscritto e debitamente motivate. I terzi non diventano parti della procedura dinanzi all’Ufficio europeo
dei brevetti.
2) Le osservazioni di cui al paragrafo 1 sono notificate al richiedente o al titolare che hanno la facoltà di prendere
posizione.
13
Art. 100 CBE: L’opposizione può essere fondata soltanto sui motivi in base ai quali:
a) l’oggetto del brevetto europeo non è brevettabile ai sensi degli articoli da 52 a 57;
b) l’invenzione non è esposta, nel brevetto europeo, in modo sufficientemente chiaro e completo perché una
persona del mestiere possa attuarla;
c) l’oggetto del libretto europeo si estende oltre il contenuto della domanda quale è stata depositata oppure, se il
brevetto è stato concesso in base ad una domanda divisionale o ad una nuova domanda depositata
conformemente alle disposizioni dell’articolo 61, oltre il contenuto della domanda iniziale quale è stata
depositata.
14
Regola 60.2: Se l’opponente muore o diventa incapace di agire, la procedura di opposizione può essere proseguita
d’ufficio, anche senza la partecipazione dei suoi eredi o rappresentati legali. La procedura può essere proseguita anche
in caso di ritiro dell’opposizione.
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WIPO), con sede a Ginevra] consente di richiedere la tutela brevettuale in 179 stati membri. La procedura
prevede la presentazione di un’unica domanda, di una preliminare ricerca internazionale e di un successivo
esame ed eventuale concessione ad opera degli Uffici Centrali Brevetti dei singoli paesi designati.
Una sola domanda di registrazione produce pertanto gli stessi effetti di una domanda nazionale per gli Stati
designati; si ha pure la possibilità di designare brevetti regionali, ossia validi in un gruppo di paesi.
Attualmente le organizzazioni regionali sono quattro:
ü Ufficio Brevetti Europeo (EPO);
ü Organizzazione sul Brevetto Eurasiatico (EAPO);
ü Organizzazione Africana della Proprietà Intellettuale (OAPI);
ü Organizzazione Regionale Africana per la Proprietà Industriale (ARIPO).
Dal PCT viene esclusa la tutela del disegno o modello industriale, quella del marchio e la tutela delle varietà
vegetali, che ricadono sotto altri trattati o convenzioni.
La sequenza procedurale si articola in tre fasi:
ü presentazione di una domanda internazionale (Allegato 4);
ü effettuazione di una ricerca internazionale;
ü avvio di un esame preliminare.
Per quanto concerne la prima fase, la domanda può essere presentata all’UIBM (ma non presso le Camere
di Commercio) o direttamente agli uffici dell’OMPI o dell’EPO; contestualmente si effettua il pagamento
delle tasse iniziali.
Si può depositare una domanda in lingua italiana, purché entro un mese dalla data di deposito, il
depositante fornisca la traduzione conforme al testo italiano. Se ciò non avviene, il depositante dovrà
pagare una tassa di mora pari al 50% della tassa base; se entro due mesi dalla data di deposito non viene
fornita la traduzione, la domanda viene dichiarata come ritirata dall’Ufficio ricevente.
L’Ufficio nazionale compie un esame formale e provvede ad inviarne copia all’Ufficio internazionale di
Ginevra e all’ufficio incaricato della ricerca, che per un residente in Italia è l’Ufficio Brevetti Europeo.
Quest’ultimo redige un rapporto in cui cita le diverse anteriorità ritrovate e lo invia al depositante. Al termine
del diciottesimo mese dalla data di priorità, la domanda viene pubblicata.
Terminata la prima fase, il depositante può scegliere di richiedere l’esame internazionale e iniziare la
seconda fase, oppure sganciarsi dalla procedura del piano PCT e seguire la via dell’esame separato nei
vari paesi, nei quali i depositi devono avvenire entro il ventesimo mese dalla data di priorità.
Per quanto riguarda la terza fase, a richiesta esplicita del titolare, entro il 19° mese dalla data di priorità, e
previo pagamento della relativa tassa, viene richiesto un esame preliminare della domanda di brevetto
internazionale all’autorità incaricata (EPO), che offre la possibilità di valutazione dei requisiti di
brevettabilità. L’ingresso nelle fasi nazionali o regionali viene quindi differito entro il 30° mese dalla data di
priorità.
La mancata richiesta dell’esame preliminare implica l’ingresso nelle fasi nazionali e/o regionali entro il 20°
mese dalla priorità.
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Una domanda internazionale è costituita da:
ü una copia del modulo PCT/RO/101 (vedi Allegato 4);
ü 3 copie della descrizione, rivendicazioni, riassunto e disegni;
ü 1 copia di ogni procura (“power of attorney”);
ü 1 copia del documento di priorità (richiesto , se depositato insieme alla domanda;
ü 1 copia del foglio di calcolo delle tasse.
Il sistema del brevetto internazionale PCT è vantaggioso quando:
ü gli interessi di protezione territoriale sono extraeuropei;
ü il numero di Paesi è elevato (oltre dieci);
ü non è ancora stata stabilita una strategia brevettuale (il sistema PCT è essenzialmente una
procedura di ritardo).
Con il sistema PCT si ha una semplificazione delle procedure di deposito multinazionale, una possibile
richiesta combinata di deposito multinazionali, un ritardo nell’effettuazione delle maggiori spese. Si ha di
converso un aumento dei costi complessivi.
I consulenti in proprietà industriale consigliano generalmente di depositare la prima domanda di base nel
proprio paese e poi decidere quale procedura seguire tra:
ü la richiesta di un brevetto europeo e il deposito di domande nazionali separate in paesi non europei;
ü la richiesta di brevetto PCT, nel quale si include il brevetto europeo;
ü la richiesta di brevetti nazionali [9].
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La contraffazione
Ci sono due tipologie di contraffazione:
ü letterale;
ü per equivalenza.
Si ha contraffazione letterale quando il prodotto o processo del concorrente rientra esattamente nella
dizione delle “valide” rivendicazioni.
Si ha contraffazione per equivalenti quando il prodotto o processo non rientra esattamente nella dizione
delle rivendicazioni, ma vi rientra indirettamente, con alcune variazioni.
Si ritiene che siano equivalenti quelle realizzazioni che:
ü sono sostanzialmente la stessa cosa;
ü che apportano modifiche non sostanziali;
ü che non mutano la sostanza.
Le teorie più diffuse sono quella americana e quella tedesca.
Secondo la dottrina tedesca vi è equivalenza quando la soluzione del contraffattore è alla portata del
tecnico medio che, al tempo delle priorità, esamini le rivendicazioni (ovvero allorquando la soluzione è
diversa ma ovvia15).
Secondo la dottrina statunitense16 vi è equivalenza quando la soluzione del contraffattore presenta una
equivalenza dei mezzi, o/e della funzione o/e del risultato esposto nella rivendicazione (equivalenza FWD,
che sta per “Function Way Result”).
Se un brevetto rivendica A + B + C + D, la contraffazione letterale consiste nella riproduzione di A + B + C +
D; la contraffazione per equivalenti consiste nella riproduzione di A1 + B + C + D oppure di A + B1 + C + D,
fino a A1 + B1 + C1 + D1.
Affinché sussista contraffazione, devono essere riprodotti tutti gli elementi della rivendicazione (dottrina che
va sotto il nome di “all element rule”), ovvero sia la parte pre-caratterizzante sia quella caratterizzante.
Il prof. Franzosi spiega tale concetto con un esempio fantasioso ma utile, dimostrazione nota con
l’espressione “il cavallo azzurro”.
Si supponga di avere una rivendicazione così scritta:
cavallo
caratterizzato dal fatto che
è di colore azzurro.
Se la contraffazione fosse da imputare solo alla parte caratterizzante, tutto ciò che è azzurro dovrebbe
essere considerato rientrante nella contraffazione (si tratti per es. di una matita, di un libro, ecc…). Invece è
15
Se è ovvio per una persona esperta nell’arte che lo stesso risultato di quello ottenuto per mezzo dell’elemento
espresso nella rivendicazione può essere ottenuto per mezzo dell’elemento equivalente.
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evidente che sarà contraffattore soltanto colui che riproduca non solo la parte caratterizzante, ma anche la
parte classificatoria, ovvero produca dei cavalli azzurri [10].
La rivendicazione dipendente richiama la rivendicazione principale e aggiunge ulteriori limitazioni.
Essa è così scritta:
A caratterizzato da B (rivendicazione principale)
e inoltre da
C (rivendicazione dipendente).
È ovvio che si ha contraffazione se tutti gli elementi A B C sono presenti.
Un’altra considerazione da tener presente, come insegna il prof. Franzosi, è la cosiddetta “file wrappel
estoppel” o “gatto d’Angora” [11].
Nel corso dell’esame, solitamente, il richiedente definisce la sua invenzione in termini ristretti, al fine di
evitare l’anticipazione di anteriorità. Così, egli depositerà una domanda di brevetto rivendicando A, ma
limiterà il trovato come A B dopo un rapporto di ricerca, o come A B C dopo le obiezioni dell’esaminatore.
Un tale brevetto assume una trasformazione nelle cause di contraffazione. Esso, infatti, nelle mani del
titolare non sarà più A B C, ma A B o addirittura A.
Così avviene, si dice, per il “gatto d’Angora” che, allorché viene immerso in acqua assume una dimensione
ridottissima (anche un quarto del suo volume); invece quando è trattato con getti d’aria di temperatura
adeguata, aumenta enormemente di volume.
La morale è che il brevetto è quello risultante dall’esame; esso non può essere dilatato. Allorché il
richiedente definisce il suo brevetto come A B C, egli rinuncia alla protezione su A B e ovviamente su A, B,
e C considerati singolarmente. L’esigenza di tutela dei terzi non ammette altra soluzione.
16
Il titolare di un brevetto può invocare la dottrina degli equivalenti contro il produttore di un dispositivo che svolge
“sostanzialmente la stessa funzione, sostanzialmente nello stesso modo e produce sostanzialmente lo stesso risultato
dell’elemento espresso dalla rivendicazione”.
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Tutela giuridica
La tutela ordinaria apprestata a difesa dei brevetti è quella ordinaria civile. Pertanto le cause brevettuali
saranno solitamente dirette ad accertare la violazione di un brevetto (azioni di contraffazione) o a
dichiararne la sua nullità (azioni in nullità).
A tali azioni ordinarie vengono affiancate procedure speciali, quali [12]:
ü descrizione (art. 8117 legge invenzioni): consiste in un accertamento ufficiale delle caratteristiche
del prodotto o del procedimento che si assumono in contraffazione. Di queste caratteristiche viene
presa nota in un verbale redatto dall’Ufficiale giudiziario assistito eventualmente da un Consulente
Tecnico d’Ufficio e dalla parte ricorrente. Funzione della descrizione è quella di fornire una prova
certa e incontestabile dell’esistenza di beni in probabile contraffazione con il diritto della parte
ricorrente. Tale funzione richiede che il provvedimento venga adottato senza che la parte sia
preventivamente avvisata (inaudita altera parte), proprio per impedire che controparte, se avvertita,
possa far sparire le prove della contraffazione.
ü sequestro (art. 81 l.i.): consiste nella materiale apprensione di oggetti e/o attrezzature assunte in
contraffazione. In tali categorie rientrano sia i prodotti sia i macchinari per la fabbricazione degli
stessi. Tale provvedimento è rivolto a sottrarre alla disponibilità del contraffattore i mezzi per la
continuazione dell’illecito. Non possono essere sequestrati oggetti esposti in una fiera (art. 8418 l.i.)
ü
inibitoria (art. 8319 l.i.): consiste in un ordine emesso dal Tribunale, in pendenza di una causa di
contraffazione,
diretto
ad
inibire
al
contraffattore
la
prosecuzione
di
produzione
e/o
commercializzazione dei prodotti in violazione di brevetto.
La tutela cautelare ha essenzialmente la funzione di limitare gli inconvenienti che nascono nel periodo che
intercorre tra la richiesta della tutela (giudizio ordinario) e la concessione della stessa (sentenza di merito).
La tutela cautelare, inoltre, è provvisoria (deve essere sostituita dal provvedimento di merito) e strumentale
(si sorregge sul futuro riconoscimento del diritto tutelato). Ai provvedimenti cautelari non possono
17
Art. 81 legge invenzioni: Il titolare dei diritti di brevetto per invenzione industriale può chiedere che sia disposta la
descrizione o il sequestro di alcuni o di tutti gli oggetti prodotti in violazione di tali diritti, nonché dei mezzi adibiti alla
produzione dei medesimi e degli elementi di prova concernenti la denunciata violazione. Sono adottate in quest’ultimo
caso le misure idonee a garantire la tutela delle informazioni riservate.
18
Art. 84 legge invenzioni: In deroga a quanto è disposto negli articoli precedenti e salve le esigenze della giustizia
penale, non possono essere sequestrati, ma soltanto descritti, gli oggetti nei quali si ravvisi una violazione di brevetto
per invenzione industriale finché figurino nel recinto di una esposizione, ufficiale o ufficialmente riconosciuta, tenuta
nel territorio dello Stato, o siano in transito da o per la medesima.
19
Art. 83 legge invenzioni: (1) Il titolare dei diritti di brevetto per invenzione industriale può chiedere che sia disposta
l’inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell’uso di quanto costituisce contraffazione del brevetto, secondo le
norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari.
(2) Pronunciando l’inibitoria il giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza
successivamente constatata o per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Art. 83 bis legge invenzioni: I provvedimenti di cui agli articoli 81, 82 e 83 possono essere chiesti dal momento in cui
la domanda è resa accessibile al pubblico oppure nei confronti delle persone alle quali la domanda è stata notificata ai
sensi dell’art. 4.
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comunque essere attribuiti effetti che non potrebbero essere ottenuti con la sentenza di merito.
La forma della domanda è la stessa del ricorso (mediante deposito nella cancelleria del giudice
competente); in essa occorre individuare due presupposti: “periculum in mora” (nei ritardi del giudizio di
merito il titolare del brevetto può avere dei pregiudizi) e “fumus boni juris” (la parvenza di essere dalla parte
del giusto, ovvero il diritto è fondato per il possessore di un brevetto).
Il processo ordinario deve essere chiesto entro 30 giorni dalla concessione del procedimento cautelare.
Anche il titolare della domanda di brevetto è legittimato a chiedere i provvedimenti di cui agli articoli 81 – 83
legge invenzioni, ma a partire dalla data in cui la domanda è stata resa accessibile al pubblico (art. 83 bis
l.i.). Il giudizio di contraffazione deve però essere sospeso ex art. 29520 Codice Procedura Civile (c.p.c.) fino
alla decisione sul rilascio del brevetto.
Per concludere, la cosiddetta fase di “intellectual property litigation” è caratterizzata da due aspetti strategici
fondamentali:
ü interessi primari, che riguardano l’interruzione rapida della contraffazione (con un procedimento
cautelare) per ottenere in questo modo anche un vantaggio in termini d’immagine sul mercato e
l’informazione presso la rete di vendita e la clientela (occorre far sì che si sappia dell’intervento a
fini educativi);
ü interessi secondari, che concernono il recupero dei danni subiti e delle spese legali.
La procedura da attivare ricade su due scelte: la diffida oppure l’azione giudiziaria.
L’azione giudiziaria può essere civile (con cui si ottiene il blocco della violazione ed è utile per il recupero
dei danni) o penale (utile per l’acquisizione delle prove, che poi potrebbero confluire in un’eventuale azione
civile) che però ha essenzialmente una funzione punitiva.
20
Art. 295 c.p.c.: Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve
risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.
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Il risarcimento del danno
Il recupero dei danni subiti può essere suddiviso in tre modalità:
ü account of profits (ovvero il profitto del contraffattore): il danno si calcola sulle vendite che ha
realizzato il contraffattore;
ü loss of profits (ossia il mancato profitto del titolare): è calcolato sulla base delle vendite che il titolare
della privativa non ha potuto realizzare;
ü royalty ragionevole: è il canone che il contraffattore avrebbe dovuto pagare.
Il mancato profitto del titolare può essere scomposto in queste voci:
ü lost profit due to lost sales, ovvero la perdita di fatturato per effetto della riduzione delle vendite di
prodotti brevettati attribuibile alla contraffazione. Questo richiede la determinazione della causalità
(la contraffazione ha causato una contrazione delle vendite) e di ulteriori quattro fattori: a) che vi sia
una domanda del prodotto brevettato; b) che non vi siano accettabili sostituti non violativi; c) che il
titolare del brevetto abbia una organizzazione che sarebbe stata in grado di soddisfare la domanda;
d) che sia poi determinato l’utile che sarebbe stato ricavato.
ü price erosion, ossia la perdita di fatturato per effetto della riduzione dei ricavi unitari sulle vendite
effettuate. Questo si verifica per tutta la durata della contraffazione e anche dopo. Infatti una
riduzione di prezzo non può generalmente essere recuperata anche se il prodotto non subisce più
una concorrenza diretta.
ü loss on convoyed sales, ovvero la perdita di fatturato per effetto della riduzione delle vendite di
prodotti non brevettati, quando la mancata vendita di prodotti brevettati ha comportato una mancata
vendita di prodotti che nelle normali transazioni commerciali vengono trascinati da quelli;
ü loss for bridgehead sales, ossia la perdita di fattura dopo la cessazione della contraffazione,
derivante dal fatto che il contraffattore si è creato uno spazio sul mercato ai danni del titolare e
spesso lo mantiene [13].
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9
Le invenzioni dei dipendenti
Il tema delle invenzioni dei dipendenti è disciplinato negli articoli 23 – 26 della legge invenzioni e nell’art.
2590 del codice civile, mentre le nuove regole sulla titolarità dei diritti brevettuali per invenzioni industriali
sono reperibili nella legge del 18 ottobre 2001, n. 383, meglio nata come Tremonti-bis, in particolare
nell’articolo 7 di tale legge e nella sua definitiva conferma dell’art. 65 del Decreto Legislativo 10 febbraio
2005, n. 30.
L’art. 2590 c.c. afferma che il prestatore ha il diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione. La legge
invenzioni stabilisce che i diritti patrimoniali sulla creazione intellettuale, nell’ipotesi di invenzioni di servizio
e d’azienda, appartengono al datore di lavoro al quale, anche nel caso di invenzioni occasionali, viene
attribuito un diritto di prelazione sull’uso e sull’acquisto del brevetto.
Nella legge invenzioni vengono delineate tre fattispecie:
a) invenzione di servizio: se la realizzazione di invenzioni costituisce l’oggetto del rapporto di lavoro,
all’inventore sarà riconosciuta soltanto la retribuzione (art. 23, 1° comma);
b) invenzione d’azienda: (ovvero quella eseguita dal prestatore di lavoro nell’esecuzione delle sue
mansioni che, tuttavia, non hanno specificatamente per oggetto l’attività di ricerca a scopo inventivo): il
datore di lavoro dovrà corrispondere all’inventore, oltre alla normale retribuzione, anche un equo premio. Il
diritto all’equo premio consiste in un trattamento economico straordinario a carattere indennitario,
corrisposto una tantum dal datore di lavoro a fronte di una prestazione straordinaria del lavoratore,
rappresentata dal risultato inventivo. Secondo la giurisprudenza, l’equo premio deve essere quantificato in
ragione sia del valore economico dell’invenzione, commisurato agli utili prevedibili in relazione al tipo di
attività esercitata dall’impresa, sia della retribuzione percepita dal dipendente in relazione al tempo
impiegato per conseguire il risultato inventivo, sia del tipo di attività svolta dall’inventore e del contributo
aziendale fornito al conseguimento dell’invenzione. Il calcolo dell’equo premio è piuttosto complicato. Nel
caso sia dell’invenzione di servizio sia dell’invenzione d’azienda il diritto di chiedere il brevetto spetta al
datore di lavoro.
c) invenzione occasionale (ovvero quella realizzata dal prestatore di lavoro di propria iniziativa ma
utilizzando i mezzi dell’azienda): in questo caso il datore di lavoro ha solo un diritto di prelazione
sull’invenzione. Con riguardo alle invenzioni industriali brevettabili realizzate dai ricercatori dipendenti da
università o da pubbliche amministrazioni aventi fra i loro scopi istituzionali finalità di ricerca, l’art. 6521 del
21
art. 65
Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca
1. In deroga all'articolo 64, quando il rapporto di lavoro intercorre con un università o con una pubblica
amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti
derivanti dall'invenzione brevettabile di cui è autore. In caso di più autori, dipendenti delle università, delle
pubbliche amministrazioni predette ovvero di altre pubbliche amministrazioni, i diritti derivanti dall'invenzione
appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione. L'inventore presenta la domanda di brevetto e ne dà
comunicazione all'amministrazione.
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recente Decreto Legislativo 10 febbraio 200522, n. 30 sovverte il regime di ripartizione dei diritti di
sfruttamento economico del trovato fra dipendente e datore di lavoro. Si è prevista la titolarità dei diritti
economici sull’invenzione direttamente in capo ai singoli ricercatori, con possibilità da parte dell’università o
di altro ente di ricerca, di riservarsi, attraverso propri regolamenti interni che disciplinano i reciproci rapporti
economici, di avere diritto ad una quota percentuale, non superiore al 50%, dei proventi derivanti dallo
sfruttamento del trovato, come contributo ad essa fornito al raggiungimento di quella scoperta suscettibile di
applicazione industriale. I ricercatori hanno quindi il diritto di registrare l’invenzione a proprio nome e a loro
spetta una percentuale dei canoni percepiti dalla concessione del diritto di utilizzazione della stessa o di
una percentuale sulla vendita del brevetto, che non potrà essere inferiore al 50% e che sarà individuata da
un apposito atto di autogoverno universitario o di altro ente di ricerca.
Il diritto di proprietà sull’invenzione passa alla pubblica amministrazione qualora il ricercatore non abbia
dato inizio allo sfruttamento industriale dell’invenzione entro cinque anni dalla data di rilascio del brevetto.
Ai ricercatori di enti pubblici viene riconosciuta non solo la maggior parte dei diritti di utilizzazione
economica del trovato, ma viene anche assegnata la facoltà di gestione del brevetto; sicché ad essi spetta
attivare non solo le procedure di brevettazione (peraltro costose!), ma anche di scegliere le modalità più
vantaggiose di utilizzazione economica del trovato [14, 15].
2. Le Università e le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della loro autonomia, stabiliscono l'importo massimo del
canone, relativo a licenze a terzi per l'uso dell'invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica
amministrazione ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci.
3. In ogni caso, l'inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento
dell'invenzione. Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di
cui al comma 2, alle stesse compete il trenta per cento dei proventi o canoni.
4. Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora l'inventore o i suoi aventi causa non ne
abbiano iniziato lo sfruttamento industriale, a meno che ciò non derivi da cause indipendenti dalla loro volontà, la
pubblica amministrazione di cui l'inventore era dipendente al momento dell'invenzione acquisisce automaticamente
un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l'invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi o di farli
sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto autore.
5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da
soggetti privati ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi
dall'università', ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore.
22
Reperibile all’indirizzo web:
http://www.gazzettaufficiale.it/guri/atto_fs.jsp?sommario=true&service=0&expensive=0&dataGazzetta=2005-0304&redazione=005G0055&numgu=52&progpag=1&sw1=0&numprov=30
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10
Bibliografia
[1]
M. Franzosi, “Il brevetto: quale tutela?”, Casa editrice Giuffrè, 1996, pag. 194
[2]
P. A. David, “Le istituzioni della proprietà intellettuale e il pollice del panda”, in “Diritto ed
economia della proprietà intellettuale” (a cura di G. Clerico e S. Rizzello), CEDAM, 1998, pagg. 9 –
81.
[3]
G. Rocco, “Come depositare brevetti e marchi”, Edizioni Cosa & Come – Giuffrè Editore per il
professionista e per l’azienda, 2001, pag. 16.
[4]
M. Franzosi, “Il brevetto: quale tutela?”, Casa editrice Giuffrè, 1996, pag. 160 e ss.
[5]
M. Franzosi, “La determinazione dell’ambito di protezione del brevetto”, in Il Diritto Industriale,
1996, 1, 21 – 23.
[6]
E. Mittler, “Come si difende l’idea innovativa”, in atti del convegno “È opportuno brevettare
l’innovazione?”, Quaderni CPI, vol. 1 – ottobre 2002, pagg. 79 – 93.
[7]
M. Scuffi, “Diritto processuale dei brevetti e marchi”, Casa editrice Giuffrè, 2001, pag. 12.
[8]
op. cit. riferimento 7, pagg. 51 – 93.
[9]
op. cit. riferimento 3, pagg. 87 – 92.
[10] op. cit. riferimento 1, pag. 63 e ss.
[11] op. cit. riferimento 1, pag. 174 e ss.
[12] G. F. Casucci, “La tutela giudiziaria in materia brevettuale”, in “Il brevetto: quale tutela?”, Casa
editrice Giuffrè, 1996, pag. 26 e ss.
[13] M. Franzosi, “Il risarcimento del danno da contraffazione”, in Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in
Proprietà Industriale, n. 3, 2000. pag. 5.
[14] G. Aglialoro, “Il diritto delle biotecnologie”, Giappichelli Editore, 2001.
[15] A. Pizzoferrato, “Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia – Brevetto per
invenzione e biotecnologie” – Volume 28°, CEDAM, 2002.
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11
Invenzioni biotecnologiche
11.1 Direttiva 98/44/CE
La Direttiva 98/44/CE23 sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche è stata approvata dall’Unione
Europea il 6 luglio 1998, dopo un iter durato circa 10 anni, ed ha introdotto ufficialmente in ambito
comunitario il principio della brevettabilità delle biotecnologie.
La prima proposta presentata dalla Commissione europea nel 1988 non ebbe successo, soprattutto a
causa dell'assenza di riferimenti alla "questione etica". Dopo la mancata approvazione di un altro progetto
datato 1992, la Commissione presentò quattro anni dopo una nuova proposta che, accolta tiepidamente dal
Parlamento, si è trasformata nell’attuale Direttiva 98/44/CE.
Il panorama delle discipline nazionali in tema di invenzione e brevetto, prima dell’emanazione della
Direttiva, era coordinato unicamente dai principi contenuti nella Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE) e
dagli schemi contenuti dalla Convenzione di Strasburgo del 27 novembre 1963, nata in un periodo storico in
cui il problema delle biotecnologie non era stata ancora avvertito.
Da più parti, quindi, era stata indicata la necessità di formulare una protezione efficace e armonizzata in tutti
gli Stati membri al fine di mantenere e promuovere gli investimenti nel settore della biotecnologia,
rappresentante una voce sempre più importante nella ricerca industriale [1].
La Direttiva è stata impugnata di fronte alla Corte di Giustizia, sotto plurimi profili, dall’Olanda con
l’intervento ad iuvandum dell’Italia e della Norvegia; ma l’impugnazione è nel frattempo stata respinta.
La Direttiva avrebbe dovuto essere attuata entro il luglio del 2000 (art. 15). Alla fine del 2002, solo la
Danimarca, la Finlandia, l’Irlanda, la Spagna, la Grecia e la Gran Bretagna avevano provveduto. In Italia
invece i lavori vanno a rilento. L'Aula del Senato ha approvato il disegno di legge 1745 di delega al Governo
in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, che ora tornerà alla Camera per la terza
lettura. Il provvedimento recepisce la direttiva europea n. 44 del 1998, volta ad assicurare la libera
circolazione dei prodotti biotecnologici coperti da brevetto mediante l'armonizzazione delle legislazioni degli
Stati membri. La principale novità introdotta dal Senato attiene all'assoluta esclusione di ogni forma di
brevettabilità delle procedure di clonazione umana, comprese quelle rivolte all'utilizzo di embrioni umani e di
cellule staminali.
Ciò non significa che l’attività inventiva e le domande di brevettazione si siano fermate in tutti questi anni, in
attesa dell’adozione della Direttiva e della sua legislazione di attuazione. Risulta per esempio che nel
periodo dal 1980 al 1998 sono state presentate all’EPO circa 15.00024 domande di brevetto per invenzioni
biotecnologiche.
Tale Direttiva consente, in sintesi, di sperimentare su embrioni umani, solo per scopi scientifici e di
brevettare parti di esso – purché isolate con un procedimento tecnico, vietando, però, la clonazione umana,
le modificazioni genetiche ereditarie e comunque la possibilità di brevettare parti del corpo umano non
23
24
Allegato 1.
Di cui circa 1.500 per piante transgeniche, 600 per animali transgenici e 2.000 per sequenze di DNA.
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isolate [2].
Essa consiste di ben 56 “considerando” informativi (che servono a chiarire il significato degli articoli) e 18
articoli, suddivisi in cinque capitoli. Alcuni di questi articoli sono stati ripresi nel Regolamento d’attuazione
della Convenzione sul brevetto europeo, che dedica il capitolo VI a tale argomento [con l’aggiunta degli
articoli 23 (b), (c), (d), (e)25] in ottemperanza a tale Direttiva.
Nei vari "considerando" vengono enunciati i motivi che hanno indotto a realizzare una normativa ad hoc
sulle biotecnologie, principalmente di carattere economico, ma anche per armonizzare le legislazioni dei
diversi Stati membri: in primo luogo per l'importanza che tale scienza avrà per lo sviluppo industriale della
Comunità europea, e secondariamente, anche se non meno importante, perché la notevole quantità
d'investimenti in questo settore esige una protezione giuridica adeguata e perché era necessario
conformarsi all'accordo TRIPS, che prevede all’art. 2726 che "la tutela brevettuale per prodotti e
procedimenti sia garantita in tutti i campi della tecnologia".
La Direttiva specifica nel "considerando 14" un punto essenziale della tutela brevettuale, ovvero che un
brevetto d'invenzione non conferisce un diritto positivo, ovvero il diritto di realizzare l'invenzione brevettata
ma il diritto di vietare a terzi di sfruttarla a fini industriali e commerciali. Pertanto, "quando l'invenzione
brevettata è liberamente attuabile senza ledere diritti altrui, conferisce al proprietario un monopolio dello
sfruttamento dell'invenzione".
11.2 L’oggetto della Direttiva e i limiti di brevettabilità
La Direttiva definisce all’art. 2 che cosa debba intendersi per "materiale biologico" ("un materiale contenente
informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico") e per
"procedimento microbiologico" ("qualsiasi procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico, che
comporta un intervento su materiale microbiologico, o che produce un materiale microbiologico"), mentre
rinvia al Regolamento 2100/94/CE per la nozione di “varietà vegetale” ed inoltre stabilisce che i
procedimenti essenzialmente biologici, quali l'incrocio o la selezione, sono estranei alla materia delle
invenzioni biotecnologiche e non sono quindi brevettabili, mentre lo sono i procedimenti che comportano
25
Allegato 3.
Art. 27 TRIPS: 1) Fatte salve le disposizioni dei paragrafi 2 e 3, possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni,
di prodotto o di procedimento, in tutti i campi della tecnologia, che siano nuove, implichino un’attività inventiva e
siano atte ad avere un’applicazione industriale. Fatti salvi l’articolo 65, paragrafo 4, l’articolo 70, paragrafo 8 e il
paragrafo 3 del presente articolo, il conseguimento dei brevetti e il godimento dei relativi diritti non sono soggetti a
discriminazioni in base al luogo dell’invenzione, al settore tecnologico e al fatto che i prodotti siano d’importazione o
di fabbricazione locale. 2) I Membri possono escludere dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento
commerciale nel loro territorio deve essere impedito per motivi di ordine pubblico o di moralità pubblica, nonché per
proteggere la vita o la salute dell’uomo, degli animali o dei vegetali o per evitare gravi danni ambientali, purché
l’esclusione non sia dettata unicamente dal fatto che lo sfruttamento è vietato dalle loro legislazioni. 3) I Membri
possono inoltre escludere dalla brevettabilità: a) i metodi diagnostici, terapeutici e chirurgici per la cura dell’uomo o
degli animali; b) i vegetali e gli animali, tranne i microrganismi e i processi essenzialmente biologici per la produzione
di vegetali o animali, tranne i processi non biologici per la produzione di vegetali o animali, tranne i processi non
biologici e microbiologici. Tuttavia, i Membri prevedono la protezione delle varietà di vegetali mediante brevetti o
mediante un efficace sistema sui generis o una combinazione dei due. Le disposizioni della presente lettera sono
sottoposte ad esame quattro anni dopo la data di entrata in vigore dell’Accordo OMC.
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interventi di bioingegneria.
L’art. 3 indica i requisiti delle invenzioni brevettabili nel campo della biotecnologie: "sono
brevettabili le invenzioni nuove che comportino un'attività inventiva e siano suscettibili di applicazione
industriale, anche se hanno ad oggetto un prodotto consistente in materiale biologico o che lo contiene, o
un procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico". Lo stesso
articolo precisa che: "un materiale biologico che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto
tramite un procedimento tecnico può essere oggetto di invenzione, anche se preesisteva allo stato
naturale."
In questo caso l'oggetto dell'invenzione non è il processo per l'isolamento o la produzione del materiale
biologico, ma il materiale biologico in sé, anche se preesisteva in natura.
Il materiale biologico deve essere comunque caratterizzato o mediante il processo con cui è stato ottenuto
o dalla sua struttura o mediante parametri chimico - fisici.
L’individuazione di una sequenza genica e non la sua preesistenza in natura compromette il requisito della
novità.
Non si ha, invece, attività inventiva, quando per esempio la funzione di una sequenza non viene individuata
ma solo ipotizzata mediante tecniche computazionali utilizzando come riferimento sequenze con funzioni
note.
L’art. 4 riproduce fedelmente la norma contenuta dall’art. 5327 CBE e specifica che le varietà
vegetali e le razze animali non sono brevettabili in quanto tali, neppure se la nuova varietà è il risultato di un
processo d'ingegneria genetica.
È tuttavia permessa la brevettabilità di invenzioni che abbiano ad oggetto piante od insiemi vegetali ed
animali in quanto tali, se l'eseguibilità tecnica dell'invenzione non si limita ad una sola varietà vegetale o
razza animale. Una varietà vegetale è caratterizzata dal suo intero genoma e ha pertanto una sua
individualità, che la rende chiaramente distinguibile da altre varietà [considerando 30], mentre un insieme
vegetale, caratterizzato da un determinato gene (e non dal suo intero genoma), non rientra nella tutela delle
varietà e non è pertanto escluso dalla brevettabilità, anche se comprende varietà vegetali [considerando
31].
Come sottolinea il prof. Sena, "il confine tra ciò che non è brevettabile e ciò che è brevettabile è costituito
dal concetto di varietà o di razza animale, con i suoi requisiti di omogeneità e di stabilità, e non dalla natura
essenzialmente biologica o biotecnologica dell'invenzione".
Sono brevettabili invece le invenzioni attinenti alla microbiologia. Negli anni ’80 si pose per la prima volta il
problema della brevettabilità delle invenzioni microbiologiche; la risposta positiva veniva già, in passato,
27
Art. 53 CBE: Non vengono concessi brevetti europei per: a) le invenzioni la cui pubblicazione o la cui attuazione
sarebbe contraria all’ordine pubblico o al buon costume; l’attuazione di una invenzione non può essere considerata
contraria all’ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto che essa è vietata in tutti gli Stati contraenti o in parte
di essi da una disposizione legale o amministrativa; b) le varietà vegetali o le razze animali come pure i procedimenti
essenzialmente biologici per la costituzione di vegetali o di animali; questa disposizione non si applica ai procedimenti
microbiologici e ai prodotti ottenuti mediante questi procedimenti.
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dalla prassi consolidata dell’EPO ed ora ogni dubbio è stato risolto dalla Direttiva 98/44/CE. Il testo dell’art.
1328, R.D. n. 1127/1939 non pare affatto chiaro sul punto, ma pur con qualche dubbio prevale ormai la
soluzione positiva. Il dibattito è ormai superato, tenendo conto della recente Direttiva, molto precisa nel
ribadire la brevettabilità di questi trovati.
L'art. 5 pone il divieto della brevettabilità del corpo umano, nonché della scoperta di elementi del
corpo umano, a tutela della dignità e dell'integrità dell'essere umano: "Il corpo umano, nei vari stadi della
sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la
sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili."
Nel caso in cui, invece, un elemento sia isolato dal corpo umano o prodotto tramite un procedimento
tecnico, la scoperta potrà essere brevettabile (si apre pertanto la possibilità di introdurre la brevettabilità
delle sequenze di geni, nel caso in cui siano utilizzabili industrialmente).
Il comma 3 richiede espressamente ed in termini inequivocabili che nella domanda di brevetto per un gene
od una sequenza parziale di DNA sia indicata l’utilità dell’invenzione.
L’articolo prescrive, inoltre, che l’appropriazione monopolistica di una sequenza non è consentita. Il
considerando 24 stabilisce che la domanda di brevetto di una sequenza genica deve precisare “quale sia la
proteina o la proteina parziale prodotta o quale funzione essa assolve”.
Secondo l’interpretazione letterale di questo frammento normativo, il requisito dell’industrialità potrebbe
essere soddisfatto alternativamente dall’indicazione della proteina per la quale la sequenza codifica, come
anche dalla funzione che essa assolve. Il Regolamento d’attuazione della CBE è più preciso e nella Regola
23e prevede che, quando l’invenzione abbia ad oggetto sequenze, sia necessario indicare cumulativamente
quale funzione sia svolta dalla sequenza e la proteina per cui essa codifica.
La norma nasce dal dibattito sorto intorno al caso degli ESTs (sequenza parziali di DNA) all’inizio degli anni
Novanta. Nel 1991 un ricercatore americano presentò all’EPO numerose domande di brevetto su circa
2.000 ESTs; l’Ufficio respinse tutte le domande, osservando che vi faceva assoluto difetto l’indicazione di
una qualche funzione o attività biologica degli ESTs rivendicati e che pertanto avere concesso il brevetto
avrebbe significato attribuire al titolare il diritto di “prenotare” l’esclusiva su tutte le funzioni che nel futuro gli
ESTs avessero dimostrato e senza effettuare alcuna ricerca specifica in questo senso. Per questo motivo
l’EPO rilevò un insanabile contrasto fra le domande di brevetto del ricercatore americano ed i principi
fondamentali del diritto dei brevetti.
Tale norma statuisce inoltre che “la tutela conferita dal brevetto non si riferisce comunque mai al materiale
biologico, sia esso una sequenza di DNA, una proteina od altro materiale autoreplicante, come esso si
presenta nel suo stato naturale”.
28
Art. 13 legge invenzioni: Non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione sarebbe contraria
all’ordine pubblico o al buon costume; l’attuazione di un’invenzione non può essere considerata contraria all’ordine
pubblico o al buon costume per il solo fatto di essere vietata da una disposizione di legge o amministrativa. Neppure
possono costituire oggetto di brevetto le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici per l’ottenimento
delle stesse; questa disposizione non si applica ai procedimenti microbiologici e ai prodotti ottenuti mediante questi
procedimenti.
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L'art. 6 affronta la cosiddetta "questione morale", escludendo la possibilità di brevettare le
invenzioni "il cui sfruttamento commerciale è contrario all'ordine pubblico o al buon costume" (articolo 53
CBE e articolo 13 legge invenzioni).
Sono considerati non brevettabili in particolare: "a) i procedimenti di clonazione di esseri umani; b) i
procedimenti di modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere umano; c) le utilizzazioni di
embrioni umani a fini industriali o commerciali; d) i procedimenti di modificazione dell'identità genetica degli
animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l'uomo o l'animale, nonché
gli animali risultanti da tali procedimenti". Quello contenuto dall’art. 6 deve comunque intendersi come un
elenco a titolo esemplificativo dei comportamenti vietati: ovviamente, non ha la funzione di codificare in
maniera esaustiva le ipotesi vietate, ma di indicare agli operatori del diritto solo alcune situazioni, secondo
una tecnica già adottata dal legislatore in altre circostanze.
L’art. 7 nomina il Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie della
Commissione quale organo preposto al controllo di tutti gli aspetti etici relativi alle biotecnologie.
Il secondo capitolo, intitolato "Ambito della protezione", precisa che sono protetti dal brevetto tutti i materiali
biologici derivati tramite riproduzione o moltiplicazione dal materiale biologico brevettato "da esso derivati
mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotati delle stesse proprietà ed
aventi le sue identiche caratteristiche" (art. 8). Inoltre, "la protezione attribuita da un brevetto relativo ad un
procedimento che consente di produrre un materiale biologico dotato, per effetto dell'invenzione, di
determinate proprietà si estende al materiale biologico direttamente ottenuto da tale procedimento e a
qualsiasi altro materiale biologico derivato dal materiale biologico direttamente ottenuto mediante
riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotato delle stesse proprietà" (art. 8).
Il motivo per cui il principio tradizionale di protezione sia notevolmente esteso si spiega con il fatto che “il
valore del brevetto relativo a materiale capace di autoriprodursi sarebbe chiaramente eroso fino a
scomparire se la sua tutela non si estendesse alle future generazioni di tale materiale”. Per esempio, se
l’acquirente di una semente brevettata fosse autorizzato ad utilizzare liberamente le sementi prodotte dal
primo raccolto, ad es. per rivenderle, il valore del brevetto sarebbe notevolmente ridotto.
Una volta che il procedimento di modificazione del DNA di una semente sia stato messo a punto, la
semente geneticamente modificata può essere immessa sul mercato all’infinito, senza necessità di
ripercorrere ex novo le tappe corrispondenti all’insegnamento brevettuale.
Esclusa la brevettazione del corpo umano e dei suoi elementi ai sensi dell’art.5, l’art. 9 estende la
protezione attribuita da un brevetto ad un prodotto contenente o consistente in un'informazione genetica a
qualsiasi materiale nel quale il prodotto è incorporato e nel quale l'informazione genetica è contenuta e
svolge la sua funzione. Questo significa che se qualcuno isola un gene o un'altra sequenza di DNA o
inventa un processo con cui inserirlo in una pianta, non solo tutte le piante derivate dalla prima per 20 anni
saranno coperte da brevetto, ma anche i prodotti di queste.
L’art. 10 limita la portata dei precedenti articoli, escludendo il materiale biologico ottenuto per
"riproduzione o moltiplicazione di materiale biologico commercializzato nel territorio di uno Stato membro
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dal titolare del brevetto o con il suo consenso, qualora la riproduzione o la moltiplicazione derivi
necessariamente dall'utilizzazione per la quale il materiale biologico è stato commercializzato, purché il
materiale ottenuto non venga utilizzato successivamente per altre riproduzioni o moltiplicazioni".
Tale articolo stabilisce che il principio dell’esaurimento del diritto, pensato in relazione a materia inanimata,
non può essere trasposto meccanicamente alla materia autoreplicante. La protezione relativa a questa si
estende, infatti, anche alle generazioni successive del materiale biologico, siano esse linee cellulari,
sementi o progenie di animali bioingegnerizzati.
Da un lato la protezione conferita dal brevetto non deve estendersi alle generazioni successive “qualora la
riproduzione o la moltiplicazione derivi necessariamente dall'utilizzazione per la quale il materiale biologico
è stato commercializzato”; dall’altro si restringe l’area di libertà così attribuita agli acquirenti al fine di evitare
che questi, avendo conseguito la disponibilità di una generazione di materiale autoreplicante possano
presentarsi sul mercato come venditori del materiale che incorpora l’invenzione brevettata e far quindi
concorrenza, stabilendo che l’esaurimento del diritto ha luogo “purché il materiale ottenuto non venga
utilizzato successivamente per altre riproduzioni o moltiplicazioni”. Questa seconda regola si configura
come eccezione; ma subisce, a sua volta, un’eccezione in forza del successivo art. 11, prevista per il caso
in cui l’acquirente sia un agricoltore.
L'art. 11 fa riferimento al cosiddetto "privilegio dell'agricoltore", ossia alla possibilità riconosciuta
all'agricoltore di utilizzare parte del proprio raccolto, ottenuto grazie all’utilizzo del prodotto brevettato
(acquistato dal titolare del brevetto), come semente per i propri fondi: "in deroga agli articoli 8 e 9, la vendita
o un'altra forma di commercializzazione di materiale di riproduzione di origine vegetale, da parte del titolare
del brevetto o con il suo consenso, ad un agricoltore a fini di sfruttamento agricolo implica l'autorizzazione
per l'agricoltore ad utilizzare il prodotto del raccolto per la riproduzione o la moltiplicazione in proprio nella
propria azienda; l'ambito e le modalità di questa deroga corrispondono a quelli previsti dall'articolo 14 del
regolamento (CE) n. 2100/94".
Questo privilegio sottrae all’esclusiva del titolare di brevetto le generazioni successive di materiale protetto
ottenute sul fondo e a questo destinate (richiamando la disciplina delle libere utilizzazioni).
Il terzo capitolo, intitolato "Licenze obbligatorie dipendenti" ospita il lungo art. 12 che stabilisce come,
nell’ipotesi in cui un costitutore non possa ottenere o sfruttare commercialmente una privativa sui ritrovati
vegetali senza violare un brevetto precedente, possa chiedere una licenza obbligatoria reciproca e non
esclusiva perché gli sia possibile sfruttare la nuova varietà vegetale, "dietro pagamento di un canone
adeguato" (il comma 2 considera l’ipotesi inversa: "il titolare di un brevetto riguardante un'invenzione
biotecnologica, qualora non possa sfruttarla senza violare una privativa precedente sui ritrovati vegetali,
può chiedere una licenza obbligatoria per l'uso non esclusivo della varietà protetta dalla privativa, dietro
pagamento di un canone adeguato. Gli Stati membri stabiliscono che, in caso di concessione della licenza,
il titolare della privativa per ritrovati vegetali ha reciprocamente diritto ad una licenza a condizioni
ragionevoli per utilizzare l'invenzione protetta").
Il quarto capitolo "Deposito, accesso e nuovo deposito del materiale" disciplina le formalità da compiere per
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ottenere il brevetto, richiedendo il deposito presso un istituto riconosciuto ai sensi del Trattato di Budapest
(articoli 13 e 14).
L’art. 15, contenuto nelle "Disposizioni finali" (capitolo V) indica quale ultimo termine per gli Stati
membri la data del 30 luglio 2000 per conformarsi alla Direttiva.
11.3 Regolamento d’attuazione della Convenzione sul Brevetto Europeo –
commento al capitolo VI sulle invenzioni biotecnologiche
Il 16 giugno 1999 il Consiglio d’amministrazione dell’Ufficio Europeo Brevetti ha modificato il Regolamento
di attuazione delle Convenzione sul Brevetto Europeo ed ha introdotto in esso un nuovo capitolo, il VI
(riportato in allegato 3), dal titolo “invenzioni biotecnologiche” e contenente le Regole 23b, 23c, 23d e 23e.
In occasione della pubblicazione del nuovo capitolo del regolamento, in vigore dal 1° Settembre 1999,
l’EPO ha dichiarato di essersi ispirato alle norme contenute nella Direttiva, allo scopo di dare anch’esso un
contributo decisivo al processo di armonizzazione del diritto europeo in questo settore.
Infatti la Regola 23b(1) prescrive espressamente che, nell’applicare ed interpretare la CBE, si deve
far ricorso, in via sussidiaria rispetto al Regolamento, alle norme della Direttiva 98/44/CE. “Visto che alcuni
Stati contraenti della CBE non sono Stati membri dell’Unione Europea, con queste norme secondarie” –
scrive il prof. Ricolfi29 – “ci si trova di fronte ad un fenomeno singolare, per cui la legislazione comunitaria
finisce per proiettare il proprio ambito di efficacia territoriale al di là degli ordinamenti degli Stai membri
dell’UE. Resta tuttavia che, nella gerarchia delle fonti, il testo originario della Convenzione prevale, in caso
di conflitto, su quello del Regolamento, ai sensi dell’art. 164(2) CBE”.
La Regola 23b(2) definisce il concetto di “invenzione biotecnologica” con riferimento all’articolo 3(1)
della Direttiva. Secondo quanto statuito nella norma, un’invenzione è da ritenersi “biotecnologica” se
riguarda o fa uso di materiale biologico.
Secondo un Autore [3], tale articolo “lascia aperto il problema di cosa possa essere considerato materiale
biologico”. “Con i concetti di materiale autoriproducibile e materiale capace di riprodursi in un sistema
biologico, la norma comprende nella definizione di materiale biologico gli organismi ed i microrganismi da
un lato, e le sequenze di DNA dall’altro. L’invenzione biotecnologica può dunque consistere in un
organismo, in un microrganismo o in una sequenza di DNA. Queste considerazioni offrono la possibilità di
chiarire che le proteine, che spesso vengono ritenute rientrare nell’ambito delle invenzioni biotecnologiche,
sono in realtà estranee alla definizione di materiale biologico”.
“Le proteine non contengono informazioni genetiche, elemento caratterizzante della definizione di materiale
biologico di cui all’art. 2 della Direttiva e alla Regola 23b CBE; conseguentemente un brevetto che ha per
oggetto una proteina non può dirsi biotecnologico, dovendo essere considerato più correttamente chimico”.
Sempre secondo tale Autore, “è necessario garantire la brevettabilità delle sequenze di DNA in quanto tali,
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autonomamente rispetto alle proteine codificate. In caso contrario risulterebbe oscuro il significato di tutta la
disciplina delle invenzioni biotecnologiche, data la (da sempre) pacifica brevettabilità delle proteine”.
La Regola 23b(3) fornisce la definizione di “materiale biologico”, già contenuta nella regola 28(6)(a)
CBE e formulata nell’art. 2(1) della Direttiva.
La Regola 23(b)(4) adotta la definizione del concetto di “varietà vegetale” dall’art. 5(2)30 del
Regolamento CE n. 2100/94 sulla tutela delle varietà vegetali ed è stata scritta in accordo all’art. 2(3) della
Direttiva.
La Regola 23b(5), tenendo conto dell’art. 2(2) della Direttiva, specifica in modo più preciso quando
un procedimento è considerato “essenzialmente biologico”, stabilendo che solo i processi produttivi basati
interamente su fenomeni naturali sono esclusi dalla brevettabilità.
La Regola 23b(6) definisce il concetto di procedimento microbiologico in un modo più ampio di
quanto indicato nel “case law” delle camere di ricorso dell’EPO. In particolare, tale definizione copre tutti
quei processi che, nelle rivendicazioni, includono passaggi sia microbiologici sia non-microbiologici.
La Regola 23c stabilisce che le invenzioni biotecnologiche sono, in linea di principio, brevettabili in
base alla Convenzione ed include un elenco non esaustivo di casi che sono considerati esplicitamente
brevettabili.
La Regola 23c(a) si riferisce al concetto di novità e fissa la linea di demarcazione tra l’invenzione e
la scoperta, stabilendo che il materiale biotecnologico può essere considerato brevettabile anche se esso è
già presente in natura. Questo si applica in modo particolare ai geni che sono isolati dal loro ambiente
naturale per mezzo di procedimenti tecnici e resi disponibili per la produzione industriale. Tali geni sono
considerati nuovi, poiché non sono stati precedentemente resi disponibili al pubblico in tal modo.
La Regola 23c(b) indica che un raggruppamento vegetale caratterizzato solo da un particolare
gene, ma non dal suo intero genoma, non è tutelato dalla privativa sulle varietà vegetali ed è pertanto
brevettabile. Questo si applica anche nel caso in cui il raggruppamento vegetale comprende varietà
vegetali. Questa disposizione è in accordo con l’art. 4(2) della Direttiva e spiega lo scopo dell’art. 53(b)
CBE.
La Regola 23c(c) afferma il principio in base a cui un processo microbiologico o tecnico o un
prodotto ottenuto mediante tale procedimento è, in linea di principio, brevettabile. Inoltre, si specifica che le
rivendicazioni di prodotto per varietà vegetali o animali non possono essere concesse, anche se la varietà è
prodotta mediante un procedimento microbiologico. Questa disposizione non si applica se la varietà è il
29
Professore ordinario di diritto industriale presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino.
Art. 5(2): Ai fini del presente regolamento, per “varietà” s’intende un insieme di vegetali nell’ambito di un unico
taxon botanico del più basso grado conosciuto, il quale, a prescindere dal fatto che siano o meno soddisfatte
pienamente le condizioni per la concessione di un diritto di protezione delle nuove varietà vegetali, possa essere:
- definito mediante l’espressione delle caratteristiche risultante da un dato genotipo o da una data combinazione
di genotipi,
- distinto da qualsiasi altro insieme vegetale mediante l’espressione di almeno una delle suddette caratteristiche
e
- considerato come un’unità in relazione alla sua idoneità a moltiplicarsi invariato.
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prodotto diretto di un procedimento brevettato31.
La Regola 23d elenca un certo numero di eccezioni alla brevettabilità in base all’art. 53(a) CBE.
L’elenco non è esaustivo e si propone di esemplificare i concetti di ordine pubblico e buon costume,
ispirandosi all’art. 6(2) della Direttiva. Tale norma potrebbe aprire le porte per l’opposizione ai brevetti
europei nel settore degli animali transgenici, con riferimento alla sofferenza degli stessi provocata da una
certa modificazione genetica.
La Regola 23e adotta la stessa formulazione dell’art. 5 della Direttiva. Il paragrafo 1 esclude dalla
brevettabilità il corpo umano in tutti gli stadi della sua formazione e sviluppo, in particolare le cellule
germinali32. Come specifica il paragrafo 2, tuttavia, questa esclusione non si applica agli elementi isolati dal
corpo umano o altrimenti prodotti mediante procedimenti tecnici. Questi, in particolare una sequenza o una
sequenza parziale di geni, sono brevettabili anche se la loro struttura è identica a quella che appartiene ad
elementi che si trovano in natura. Se tali sequenza sono oggetto di una domanda di brevetto, è necessario
indicare la loro applicazione industriale [11].
Tali regole non hanno apportato grandi cambiamenti alla prassi dell’EPO nei confronti delle invenzioni
biotecnologiche, tranne la Regola 23c(b) che riconosce la brevettabilità di piante e animali transgenici.
Sull’applicazione industriale di una sequenza o di una sequenza parziale di un gene, la Direttiva 98/44/CE
ed il Regolamento d’attuazione della CBE offrono spiegazioni in parte differenti.
Secondo il considerando 24 della Direttiva, “affinché sia rispettato il criterio dell’applicazione industriale,
occorre precisare, in caso di sequenza di un gene o di una sequenza parziale di un gene utilizzata per
produrre una proteina o una proteina parziale, quale sia la proteina o la proteina parziale prodotta e quale
funzione assolva”. La Direttiva ritiene quindi sufficiente l’indicazione delle struttura o, in alternativa, della
funzione della proteina codificata dal gene.
La nota alla Regola 23e spiega invece che “quando [le sequenze e le sequenze parziali di un gene] sono
l’oggetto di un’invenzione, è necessario indicare in particolare quale funzione è svolta dalla sequenza e
dalla proteina da essa codificata”. In base al Regolamento d’attuazione della CBE, nella domanda di
brevetto per un gene, deve essere indicata non solo la funzione del gene (l’indicazione della proteina
codificata) ma anche la funzione della proteina codificata (e non rivendicata). L’EPO ha quindi posto un
onere ulteriore a carico dell’inventore, rispetto quanto aveva fatto l’Unione Europea. Quest’onere non deve
essere assolto quando una sequenza di DNA non è utilizzata per la produzione di una proteina, completa o
31
L’art. 64(2) CBE stabilisce che la protezione conferita da un brevetto di procedimento si estende ai prodotti
direttamente ottenuti dal procedimento rivendicato.
32
Contrariamente a quanto disposto nel Regolamento d’attuazione della CBE, l'ufficio brevetti degli Stati Uniti ha
concesso alla Geron Corporation il brevetto n. 6,331,406 per l'impiego delle cellule germinali embrionali umane nello
studio di nuovi farmaci. La Geron detiene in esclusiva i diritti sulle applicazioni degli studi di John Gearhart, il
ricercatore della Johns Hopkins University che per primo ha isolato le cellule germinali embrionali (hEG, le cellule
progenitrici dei gameti). Come le cellule staminali embrionali, le hEGcells sono in grado di dare origine a tutte le
cellule del corpo umano.
Quest'ultimo e' il terzo brevetto che la Geron ottiene dal lavoro del dottor Gearhart.
[rif.: http://staminali.aduc.it/php_newsshow_0_99.html]
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parziale, ma è utilizzata come marker (gli ESTs33). In questo caso l’indicazione della concreta applicazione
industriale della sequenza dovrebbe consistere semplicemente nell’indicazione del materiale biologico
evidenziato dal marker. Il considerando 24 della Direttiva riferisce infatti l’onere delle indicazioni relative alla
proteina al solo caso in cui la sequenza di DNA sia brevettata per la produzione della proteina stessa (ciò
che non avviene nel caso degli ESTs). Questo principio, nel silenzio del Regolamento CBE, vale anche per
il brevetto europeo, in virtù del richiamo ai considerando della direttiva sopra illustrato34.
11.4 Requisiti di brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche
A seguito della Convenzione di Strasburgo del 27 novembre 1963, s’individuano tre requisiti di brevettabilità
delle invenzioni industriali, a cui evidentemente sono soggette anche quelle biotecnologiche: 1) novità, 2)
attività inventiva, 3) applicazione industriale. Le condizioni di brevettabilità sono 1) liceità e 2) sufficienza di
descrizione.
Novità: è costituita dalla diversità, anche marginale (per es. un solo peptide nella sequenza
polipeptidica), dell’invenzione, da quelle note allo stato della tecnica. Il criterio distintivo è che sia un trovato
“non prevedibile” allo stato dell’arte.
Per “stato della tecnica” s’intende l’insieme di tutte le invenzioni note al pubblico in un certo momento
storico. Il requisito della novità prescrive che l’invenzione non debba essere stata divulgata, ovvero resa
accessibile al pubblico, prima del deposito della domanda di brevetto. Di questo devono tener conto in
particolare i ricercatori, i quali, ancorché mirino tradizionalmente a pubblicare i risultati delle proprie ricerche
in riviste prestigiose, dovrebbero assumere la mentalità e l’abitudine di depositare la domanda di brevetto,
sempre che ne sussistano gli altri requisiti, per garantire la remunerazione per il loro lavoro e, soprattutto,
per gl’investimenti che hanno reso possibile la ricerca.
Sia a termini della Convenzione sia della legge italiana, la novità che si richiede è “assoluta”: ciò significa
che da una divulgazione anteriore (in una pubblicazione o in una comunicazione a un convegno oppure in
una domanda di brevetto) elide la novità, in qualunque Paese sia avvenuta.
I documenti che, secondo l’esaminatore, sono rilevanti per il requisito di novità, sono indicati nel rapporto di
ricerca con la lettera “X”. I documenti contrassegnati con la lettera “P”, invece, sono solo potenzialmente
rilevanti nei confronti della novità o dell’attività inventiva, poiché pubblicati tra la data di priorità e quella di
deposito della domanda in questione all’EPO. Tali documenti non sono pertanto considerati un
impedimento alla brevettabilità dell’invenzione.
35
Inoltre nel sistema europeo non è previsto un “periodo di grazia” come nella legislazione statunitense , per
cui ogni divulgazione da parte dell’inventore prima della data di priorità serve ad invalidare le rivendicazioni
del brevetto per mancanza di novità.
33
Brevi sequenze di DNA utilizzate per individuare sequenze di geni che ancora non si conoscono.
Regola 23b CBE, punto 1.
35
35 USC Sezione 102(b): A person shall be entitled to a patent unless - the invention was patented or described in a
printed publication in this or a foreign country or in public use or on sale in this country, more than one year prior to
the date of the application for patent in the United States.
34
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La mancanza di novità è riscontrata anche nel caso di una domanda di brevetto depositata prima, ma non
ancora pubblicata [art. 5436(3) della Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE)], rispetto a quella in
questione. Tali documenti vengono indicati nel rapporto di ricerca con la lettera “E” e sono considerati
distruttivi della novità solo se la designazione degli Stati è la stessa.
In particolare per quanto concerne le invenzioni biotecnologiche, il requisito di novità dell'invenzione si
riferisce al fatto che il materiale biologico, pur essendo già esistente in natura, non è ancora identificato nei
suoi caratteri e nella sua funzionalità, ovvero non ancora scoperto, identificato, purificato e moltiplicato al di
fuori del suo ambiente naturale.
Sempre con riferimento al requisito della novità, occorre ipotizzare due casi: quello in cui un elemento
naturale, e quindi preesistente in natura, è stato modificato da un intervento di ingegneria genetica ed è
pertanto nuovo in quanto risultato di tale mutamento, e il caso in cui il risultato della attività di ricerca è un
prodotto preesistente in natura, non modificato da un intervento dell'uomo, ma semplicemente identificato
nelle sue caratteristiche funzionali, isolato e reso utilizzabile.
La novità dell'invenzione sussiste se la purezza del prodotto è tale che esso differisce non solo
quantitativamente ma anche qualitativamente dalla sostanza naturale, così che esso possieda una nuova
utilità.
Una peculiarità delle invenzioni biotecnologiche risiede nel deposito di materiale biologicamente
riproducibile, non descrivibile in maniera tale da mettere in condizioni un tecnico del settore di riprodurlo.
Rispetto al deposito esiste un aspetto di novità da non trascurare, ovvero il materiale depositato non deve
essere reso accessibile al pubblico prima della data di deposito della domanda di brevetto o della data della
priorità rivendicata.
La ricerca sullo stato dell’arte viene generalmente effettuata utilizzando banche dati sia a pagamento
(Delphion, Dialog, Questel-Orbit, ecc.) sia gratuite [banche dati dell’EPO (esp@cenet), dell’ufficio brevetti e
marchi tedesco, statunitense e giapponese).
Con particolare riferimento al settore biotecnologico, chi si occupa di tale ricerca, deve tener presente che
la maggior parte delle anteriorità è reperibile sulle riviste scientifiche specializzate piuttosto che su banche
dati brevettuali.
Gli sforzi di sequenziamento hanno sinora prodotto milioni di sequenze di acidi nucleici (AN) e amminoacidi
(A). È stato riportato [6] che più di 15 milioni di sequenze sono state pubblicate, ma solo il 5% del totale di
AN ed il 29% del totale di A sono state brevettate o sono oggetto di domande di brevetto.
36
Art. 54 CBE: 1) Un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica. 2) Lo stato della
tecnica è costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico prima della data del deposito della domanda di
brevetto europeo mediante una descrizione scritta o orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo. 3) È pure
considerato come compreso nello stato della tecnica il contenuto di domande di brevetto europeo depositate, che hanno
una data di deposito anteriore a quella citata nel paragrafo 2 e sono state pubblicate, a norma dell’articolo 93, soltanto
in questa data o più tardi. 4) Il paragrafo 3 è applicabile soltanto se uno Stato contraente designato nella domanda
successiva era designato anche nella domanda anteriore pubblicata. 5) Le disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3 e 4 non
escludono la brevettabilità per l’attuazione di uno dei metodi di cui all’art. 52 paragrafo 4, di una sostanza o di una
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I principali database in cui reperire tali informazioni sono:
ü GenBank®/Entrez
(all’indirizzo:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/Genbank/index.html,
del
Centro
Nazionale per l’informazione biotecnologica di Bethesda), disponibile al pubblico;
ü Chemical Abstract Service (CAS) Registry (http://www.cas.org), consultabile on line su
abbonamento;
ü GENESEQ (gestito da Derwent, anch’esso disponibile su abbonamento e reperibile all’indirizzo
http://thomsonderwent.com/products/patentresearch/geneseq/).
Attività inventiva: questo requisito impone che l’invenzione non deve essere uno sviluppo ovvio delle
invenzioni già note allo stato della tecnica, o meglio l’invenzione deve aver richiesto uno sforzo di originalità
per essere escogitata ed attuata. Può consistere anche in una combinazione nuova e non evidente di
elementi già noti (la cosiddetta invenzione di combinazione), oppure, all’opposto, nell’individuazione di una
utilizzazione nuova di una invenzione nota (invenzioni di selezione), purché il risultato ottenuto sia maggiore
della somma.
Il prof. Vanzetti37 fa una valutazione38 dell’attività inventiva specifica per le invenzioni biotecnologiche,
adducendo che “la tutela brevettuale è volta a premiare non già un flash of genius, un’intuizione felice, ma
la ricerca, la grande ricerca, intesa come costoso e paziente lavoro di sperimentazione di grandi équipes di
ricercatori”.
Il modo di procedere dell'Ufficio Europeo Brevetti (EPO) nella valutazione dell’attività inventiva, ovvero se
l'invenzione in oggetto è ovvia per una persona esperta nel settore, è il cosiddetto "problem solution
approach" e riguarda la definizione del problema tecnico che l’invenzione risolve.
Questa procedura consiste nei seguenti punti:
ü identificare la tecnica anteriore più recente (“closest prior art”);
ü individuare il risultato tecnico dell'invenzione in esame rispetto alla "closest prior art";
ü definire il problema tecnico che il risultato tecnico ha risolto;
ü valutare se "il tecnico medio del settore", avendo presente la "closest prior art", sia in grado di
giungere al risultato tecnico dell'invenzione.
Alcune considerazioni spesso portate all'esaminatore EPO sono:
ü era necessario combinare parecchi documenti per arrivare all'invenzione, alcuni dei quali in campo
non strettamente correlato con quello a cui l'invenzione appartiene;
ü l'invenzione rivendicata mostra un inaspettato vantaggio;
ü l'invenzione sorprendentemente supera un pregiudizio tecnico generale che ha finora portato la
persona esperta nel settore lontano dall'invenzione.
composizione di sostanze già considerata nello stato della tecnica, a condizione che la sua utilizzazione in uni qualsiasi
di questi metodi non sia compresa nello stato della tecnica.
37
Professore ordinario di diritto industriale presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano.
38
Nella presentazione del volume “I nuovi brevetti – Biotecnologie e invenzioni chimiche”, Giuffrè, Milano, 1995,
p. VII.
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Per identificare la cosiddetta “closest prior art”, è necessario individuare il documento di arte nota che
corrisponde ad un uso simile e richiede un numero minimo di modifiche strutturali o funzionali per ottenere
l’invenzione rivendicata.
Avendo definito il problema tecnico, rimane da determinare se la soluzione proposta dall’invenzione
sarebbe stata ovvia per una persona esperta del settore. Nel fare questo, è possibile combinare
l’insegnamento delle “closest prior art” con le conoscenze generali comuni (“common general knowledge”) a
disposizione dell’esperto del settore.
I documenti che vengono riconosciuti dall’esaminatore come implicanti mancanza di attività inventiva, sono
indicati nel rapporto di ricerca con la lettera “Y”. Inoltre, per l’esaminatore EPO, solo una combinazione di
due documenti Y rende l’oggetto dell’invenzione ovvia, poiché è generalmente riconosciuto che un
ricercatore che opera in un determinato campo della tecnica cercherà soluzioni al problema da risolvere in
lavori scientifici dello stesso o di settori correlati [9].
Nella valutazione dell’attività inventiva nel settore delle biotecnologie si seguono solitamente due criteri:
§
una somiglianza della struttura non è generalmente considerata una prova sufficiente della mancanza
di attività inventiva, a meno che l’applicazione industriale non sia identica;
§
tanto più si conosce riguardo un genoma e la funzione dei geni costituenti, più difficile sarà stabilire
l’attività inventiva nei confronti di un gene isolato [10].
Applicazione industriale: indica l’attitudine dell’invenzione, date la costanza e la ripetitività del
risultato, a trovare applicazione a livello industriale, per la soluzione di problemi tecnici e la soddisfazione di
bisogni umani.
L'applicabilità industriale è un requisito importante nei brevetti biotecnologici; un risultato della ricerca è
applicabile industrialmente quando nel brevetto è indicata la sua utilizzazione.
Una rivendicazione di prodotto sarà pertanto scritta in modo da enunciarne la funzione, come per esempio:
"sequenza di DNA che codifica la proteina X che possiede un utilizzo Y".
39
Liceità : la soluzione al problema tecnico costituita dall’invenzione non deve essere in contrasto
con l’ordine pubblico (l’insieme dei principi di civiltà che fondano la convivenza sociale) e con il buon
39
Il famoso caso del topolino transgenico dell’Università di Harvard è un esempio in cui è stato sollevato il problema
della liceità. Il brevetto concesso dall’USPTO nel 1988 riguardava un “mammifero transgenico non umano le cui
cellule contengono una sequenza oncogena ricombinante introdotta nel suddetto mammifero, o ascendente di
quest’ultimo, allo stadio embrionale”. L’animale ottenuto grazie a questa caratteristica oncogena è in grado di
sviluppare determinate forme di cancro e consente quindi di testare la cancerogenità di certi medicamenti o di
verificare le proprietà antimitotiche di altri. L’EPO nella prima decisione ne ha negato la brevettabilità. La Camera di
Ricorso tecnica ha contestato la decisione della Divisione d’esame, che poi ha concesso il brevetto.
Con questa decisione la Divisione d’esame non ha negato la pericolosità delle tecniche genetiche, ma al contrario ha
affermato che negare la brevettabilità a determinati ritrovati non significa impedirne l’utilizzazione, anzi in tal modo
tutto si presta a venire pericolosamente occultato. L’esperienza ha inoltre mostrato che questi rischi non conferiscono
generalmente un’attitudine negativa a nuove tecnologie, ma piuttosto inducono a valutare adeguatamente i rischi da
una parte e i vantaggi dall’altra ed il risultato di tali considerazioni determina se la nuova tecnologia possa essere o
meno impiegata.
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costume (insieme delle regole dell’etica sociale e del senso morale corrente in un certo momento storico nel
Paese di riferimento).
È comunque ormai opinione dominante che il diritto dei brevetti, in quanto appresta semplicemente un
sistema di remunerazione per gli inventori che contribuiscono al progresso tecnico, costituisca uno
strumento inadatto per il controllo dei rischi di vario tipo – etici, ambientali, per la salute pubblica – delle
tecnologie. Il compito di apprestare misure preventive per i rischi derivanti dall’attuazione pratica delle
innovazioni tecnologiche e di disciplinare l’onere delle responsabilità correlate a tali rischi deve essere
affidato ad un sistema di norme del tutto distinto. In altre parole si conferma la “neutralità morale” del
brevetto: introdurre nuove ipotesi di non brevettabilità non serve a combattere gli aspetti negativi del
progresso tecnico.
Non si può trascurare inoltre che l’unico strumento alternativo al brevetto consiste nel mantenimento del
segreto industriale, con l’inconveniente che in questo modo non si realizza quello “scambio” reciprocamente
favorevole tra l’inventore e la società. Infatti, in regime di segreto, l’inventore mantiene un monopolio
virtualmente illimitato nel tempo, senza contribuire in alcun modo al progresso tecnico.
Una questione di attualità riguarda l’appropriazione del germoplasma (talora definito biodiversità), non
conservato dall’agricoltura razionalizzata dell’occidente (se non in zone marginali delle nostre colture), ma
solo dalle economie agrarie del Terzo mondo.
In sintesi, il materiale conservato in situ viene prelevato, manipolato geneticamente onde aumentarne la
resa e brevettato. Il prodotto originario risulta inevitabilmente fuori mercato, data la sua bassa resa rispetto
a quello modificato; inoltre tutti i profitti del nuovo prodotto appartengono al titolare del brevetto e non alle
collettività che hanno conservato il germoplasma di partenza.
Descrizione: poiché l’invenzione realizza un compromesso tra l’interesse dell’inventore a trarre
profitto dall’invenzione e quello della società a disporre liberamente, una volta scaduti i termini temporali
della privativa, dell’invenzione, è necessario che, nella domanda di brevetto, l’idea inventiva sia descritta in
modo da poter essere attuata da qualsiasi esperto del ramo; ovvero occorre che l’invenzione sia
riproducibile.
Nella CBE è espressamente stabilito che l’invenzione deve essere “esposta nella domanda di brevetto
europeo in modo sufficientemente chiaro e completo affinché un esperto del ramo possa attuarla”
40
e che le
rivendicazioni devono essere “chiare e concise e fondarsi sulla descrizione”41: tale previsione è omologabile
al precetto americano della descrizione scritta, ma non copre quello di enablement, che mette l’accento sul
risultato che deve essere conseguito, ovvero la messa a disposizione della nuova tecnologia all’esperto del
ramo. Secondo il prof. Ricolfi “l’assetto che ne risulta appare più smilzo di quello americano”.
Anche in quest’area normativa le biotecnologie hanno fatto valere le proprie peculiarità. Infatti, già da tempo
Il brevetto, in realtà, non conferisce il diritto di utilizzare un’invenzione, ma il diritto d’interdire a terzi non autorizzati
dal titolare determinati atti di sfruttamento. [un ottimo articolo a riguardo è stato scritto da G. F. Casucci in Rivista di
Diritto Industriale, 1992, Parte II, pagg. 157 e ss.]
40
Art. 83 CBE.
41
Art. 84 CBE.
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per le invenzioni biotecnologiche è possibile integrare la descrizione con un deposito del materiale biologico
cui l’invenzione si riferisce.
11.5 Oggetto del brevetto biotecnologico
Molte invenzioni importanti del settore biotecnologico riguardano procedimenti [per esempio la reazione a
catena della polimerasi (PCR)], mentre altre hanno per oggetto prodotti intermedi o “strumenti di ricerca”.
Un elenco, non esaustivo, di prodotti oggetto di tutela brevettuale è il seguente:
ü microrganismi (presenti o meno in natura);
ü linee cellulari (incluse cellule di ibridoma);
ü prodotti naturali ottenuti artificialmente quali batteri mutanti, virus attenuati e protozoi;
ü prodotti naturali quali enzimi e altre proteine isolate da microrganismi;
ü i prodotti della tecnologia del DNA ricombinante, come il DNA stesso e i polipeptidi da esso prodotti;
ü materiali utili nella tecnologia del DNA ricombinante quali vettori, promotori (plasmidi) e
microrganismi trasferibili.
Sono stati concessi brevetti anche in merito a svariate specie di microrganismi. Per esempio il brevetto GB
2093018 B rivendica una
nuova specie di batterio Streptomyces, che produce un nuovo antibiotico
(poliene) con un caratteristico spettro di attività antifungina.
11.6 Esempi di rivendicazioni nei brevetti biotecnologici
La rivendicazione di un brevetto è una dichiarazione che deve:
ü definire il contenuto della protezione richiesta;
ü essere chiara e concisa;
ü essere supportata dalla descrizione.
Poiché la portata di una rivendicazione è data dai termini usati (interpretati con l’ausilio della descrizione e
degli eventuali disegni), la chiarezza di una rivendicazione è di estrema importanza.
Rivendicazioni scritte nella seguente forma42:
“Un polinucleotide isolato …”
“Un polinucleotide purificato …”
“cDNA …”
servono a tutelare sia polinucleotidi naturali sia i loro equivalenti. Tuttavia, le parole “isolato” e “purificato”
utilizzate in (a) e (b) differenziano il polinucleotide rivendicato da quello presente in natura, per esempio non
isolato o non purificato. Il DNA complementare (cDNA) è invece ovviamente distinto dal corrispondente
DNA trovato in natura.
Molto spesso si trovano rivendicazioni in questa forma (cfr. Allegato):
“Un polinucleotide isolato di SEQ ID No. 1”
42
Gli esempi sono tratti dalla dispensa: “Examination Guidelines for Patent Applications relating to Biotechnological
Inventions in the UK Patent Office”, edita dall’ufficio brevetti britannico (Edizione datata settembre 2002).
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“Un polinucleotide isolato che consiste della SEQ ID No. 1”
In questo caso viene protetto il polinucleotide isolato esattamente come elencato nella SEQ ID No. 1.
Questi polinucleotidi saranno distinti da un polinucleotide caratterizzato da un numero diverso di nucleotidi.
Nel caso in cui sia rivendicato:
“Un polinucleotide isolato che include un polinucleotide di SEQ ID No. 1”
viene tutelato il polinucleotide come elencato nella SEQ ID No. 1, quando è combinato con altri nucleotidi in
testa o in coda alla sequenza. La rivendicazione non proteggerà un polinucleotide caratterizzato da
aggiunte o tagli nel corpo della sequenza.
Supponiamo invece che la rivendicazione sia scritta nel seguente modo:
“Un polinucleotide isolato comprendente la SEQ ID No. 1”
Questa rivendicazione protegge non solo il polinucleotide elencato nella SEQ ID No. 1, ma anche quello
caratterizzato da nucleotidi aggiuntivi in testa o in cosa alla sequenza.
Termini quali “omologo”, “porzione”, “frammento”, “ibridazione” e “variante” devono essere utilizzati con
attenzione.
Consideriamo le seguenti rivendicazioni:
“Un polinucleotide isolato avente una sequenza omologa alla SEQ ID No. 1, o una sua
porzione/frammento”
“Un polinucleotide isolato che ibridizza la SEQ ID No. 1, o una sua porzione/frammento“
Una proteina/polipeptide avente la sequenza SEQ ID No. 1, o una sua variante, omologo, o
porzione/frammento”
Una sequenza omologa, sia di acidi nucleici sia di amminoacidi, dovrebbe essere limitata a quella che
possiede le stesse proprietà della sequenza
Una porzione o un frammento di una sequenza deve essere ovviamente qualcosa di molto piccolo e
semplice e può essere facilmente anticipata.
Le sequenze di ibridazione possono causare alcuni problemi a causa del grado di omologia richiesto.
Molte invenzioni definiscono un minimo di concordanza, per esempio il 60%, specificando con una serie di
termini accettati dall’EPO superiori gradi di omologia: “preferito” (70%), “più preferito” (80%),
“particolarmente preferito” (90%), “specialmente preferito” (95%).
Non esiste una regola generale per stabilire l’accordo richiesto, perché ciò dipende dal contesto e dalle
condizioni. Per esempio, una sequenza caratterizzata da un basso grado di omologia può selezionare una
nuova sequenza di DNA/RNA, mentre per separare sequenza che codificano isoenzimi (che hanno strutture
particolarmente correlate), può essere richiesto un grado di omologia superiore al 95%.
Le rivendicazioni “product by process” tutelano il prodotto ottenuto mediante uno specifico procedimento e
sono così scritte:
“Un polipeptide che è il prodotto del procedimento secondo la rivendicazione …”
“Un polipeptide ottenuto mediante il procedimento della rivendicazione …”
“Un polipeptide prodotto mediante il procedimento della rivendicazione …”
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Il polipeptide rivendicato è caratterizzato dal modo in cui esso viene prodotto.
Le rivendicazioni cosiddette “reach through” servono a proteggere un prodotto che è stato identificato nel
metodo rivendicato, ad esempio:
“Un polipeptide isolato identificato mediante il metodo della rivendicazione …”
“Un polipeptide identificabile mediante il metodo della rivendicazione …”
“Un polipeptide ottenuto mediante il metodo di selezione della rivendicazione …”
Generalmente tali rivendicazioni non sono supportate dalla descrizione.
Infine, nel caso in cui si scriva:
“Un anticorpo specifico per il polipeptide della rivendicazione …”
s’intende tutelare un anticorpo specifico per il polipeptide identificato, ma nessun altro. Tale specificità viene
accettata ameno che non risulti che l’anticorpo agisce contro un differente polipeptide.
11.7 Casi giurisprudenziali in materia di invenzioni biotecnologiche
L’unica causa italiana relativa a invenzioni biotecnologiche, giunta sinora ad una decisione di merito, ha
avuto ad oggetto l’individuazione della sequenza genetica del virus dell’epatite C (o meglio, della maggior
parte di esso) e l’utilizzazione di questa scoperta allo scopo di realizzare kit immunodiagnostici per
identificare la presenza della malattia nel sangue. Il brevetto europeo, concesso (EP 0318216 B1) in data
15.12.1993 e di cui è titolare la multinazionale farmaceutica CHIRON, consta di 177 pagine, con 77
rivendicazioni per alcuni paesi, tra cui l’Italia (mentre per altri quali la Spagna e la Grecia tale numero è
stato ridotto rispettivamente a 53 e 72).
Ciò che si rivendica è, come si deduce dalle rivendicazioni indipendenti n. 1, 16, 46, 71 e 76, un polipeptide
in una forma sostanzialmente isolata, comprendente una sequenza contigua di almeno 10 aminoacidi
codificati dal genoma del virus dell’epatite C e comprendente un determinante antigenico (rivendicazione 1);
un saggio immunologico per la determinazione dell’anticorpo contro il virus dell’epatite C (rivendicazione
16); una sequenza di DNA che codifica un polipeptide, comprendente una sequenza contigua di almeno 10
aminoacidi codificati dal genoma del virus dell’epatite C e comprendente un determinante antigenico
(rivendicazione 46); un metodo per la crescita del virus dell’epatite C (rivendicazione 71); un antigene
fissato su fase solida per il saggio immunologico.
La causa è stata decisa in primo grado dalla sentenza del Tribunale di Milano in data 11 novembre 199943,
che ha riconosciuto il brevetto della Chiron Corp. valido, tranne che per alcune rivendicazioni minori, e
contraffatto.
Nel giugno 1994 Sorin Biomedica citò in giudizio Chiron Corp. e Ortho Diagnostici System (licenziataria
della Chiron e distributrice esclusiva in Italia dei relativi prodotti), con richiesta di accertare e dichiarare la
nullità totale o parziale della “frazione italiana del brevetto europeo concesso in base alla domanda n.
43
GADI, 1999, 1361 e ss.
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318216” e di non contraffazione ad opera di Sorin del suddetto brevetto, con riferimento al kit
immunodiagnostico dell’epatite C denominato CTI-AB-HCVR-3 dell’attrice medesima.
La parte attrice espose le ragioni della nullità del brevetto depositato da Chiron, quanto al principio della
non brevettabilità delle scoperta e dei microrganismi per sé stessi considerati, all’assenza di concreta ed
immediata industrialità, alla violazione del principio di unicità dell’invenzione, al difetto di descrizione
all’assenza di originalità o di attività inventiva.
La sentenza in esame stabilì che anche le scoperte sono brevettabili qualora non siano soltanto teoriche,
ma suscettibili di un’applicazione tecnica. Applicato alle invenzioni biotecnologiche questo principio
comporta la possibilità di brevettare anche la sequenza contenente il codice genetico di una determinata
proteina, in funzione dell’applicazione tecnica di essa, il che significa che questa sequenza può essere
liberamente impiegata da altri per utilizzazioni diverse.
La sentenza accomunò i microrganismi ottenuti in via genetica a quelli ottenuti in via microbiologica e quindi
ammettendo la brevettazione anche dei primi.
Per quanto riguarda la sufficienza di descrizione, la sentenza accolse il criterio dell’omologia, ovvero
dell’identità parziale, considerando sufficientemente descritte e comprese nell’ambito di protezione del
brevetto non soltanto le proteine la cui sequenza di amminoacidi è esattamente quella specificata nel
brevetto, ma anche le proteine che hanno in comune con le prime solo una parte della sequenza di
amminoacidi di cui sono composte. A questo scopo si può tener conto anche della similitudine che
considera, oltre che gli amminoacidi identici nelle due sequenze, anche quelli che, pur non essendo identici,
sono intercambiabili, perché simili o equivalenti fra loro.
La sentenza ritenne inoltre che il rapporto percentuale della parte comune rispetto al totale della sequenza
di riferimento (ossia la percentuale di omologia) necessario affinché non si fuoriesca dall’ambito di
protezione del brevetto sia determinato caso per caso, in relazione alle conoscenze specifiche del settore.
Nel caso di specie questa percentuale è stata individuata nel 40%, al quale corrispondeva una similitudine
del 60 – 70%. Gli stessi criteri furono seguiti per determinare la sussistenza della contraffazione, che fu
riconosciuta in presenza dell’uso in un kit immunodiagnostico di due frammenti immunologicamente attivi
del virus, riconducibili alla sequenza oggetto del brevetto.
La sentenza escluse invece che potessero rientrare nell’ambito di tutela del brevetto proteine corrispondenti
a parti del virus diverse da quella di cui l’inventore aveva scoperto il codice genetico, in quanto le relative
sequenze non erano descritte nel brevetto stesso.
Successivamente al deposito della sentenza, il titolare del brevetto ridimensionò il contenuto di esso,
rinunciando ad una parte delle rivendicazioni; a seguito di ciò nel giudizio di appello fu dichiarata la
cessazione della materia del contendere sulla questione della contraffazione e su quella della nullità delle
rivendicazioni abbandonate, senza pronunciarsi sulla validità delle rivendicazioni residue, poiché
l’appellante a sua volta rinunciò alla propria domanda di nullità relativa ad esse [13].
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12
Privativa sulle varietà vegetali
Un breve cenno merita la privativa sulle varietà vegetali, dal momento che la Direttiva 98/44/CE ne esclude
la brevettabilità all'art. 4.
Una "varietà vegetale" è definita come un piccolo raggruppamento tassonomico di piante, che sono
accomunate dalle stesse caratteristiche genotipiche e costituiscono un sottoinsieme rispetto al genere a alla
specie.
Le piante di una stessa varietà sono quindi tutte uguali fra loro ma distinte da altre varietà. Una varietà
vegetale non è brevettabile in quanto tale (ex art. 53 CBE), ma lo è il procedimento per la selezione della
varietà vegetale o il prodotto che ne deriva.
I requisiti per la tutela sono simili a quelli richiesti nei brevetti per invenzione:
ü novità (anche se in questo caso la predivulgazione intesa come cessione e/o vendita sul mercato
non esclude la novità, se interviene entro un certo limite temporale);
ü distinzione (una varietà è distinta quando si contraddistingue nettamente da ogni altra varietà già
protetta o già iscritta nei registri ufficiali delle varietà);
ü omogeneità (intesa tra i vari esemplari);
ü stabilità (in riferimento ai caratteri distintivi, ovvero una varietà deve essere idonea a mantenere
quelle caratteristiche nelle successive riproduzioni).
Le principali fonti normative sono:
ü DPR 12 agosto 1975, n. 974 recante "Norme per la protezione delle nuove varietà vegetali"
revisionato con DPR 22.6.1979, n. 338.
ü Regolamento del Consiglio CE del 27.7.1994, n. 2100/94 concernente la privativa comunitaria per
ritrovati vegetali (GUCE 1° settembre 1994, n. L.227).
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13
Usi sperimentali dell’invenzione brevettata
L’articolo 1 della legge invenzioni stabilisce che “La facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si
estende, quale che sia l’oggetto dell’invenzione:…agli atti compiuti in ambito privato ed a fini non
commerciali, ovvero in via sperimentale”.
Nella giurisprudenza si trovano sentenze che escludono chiaramente l’attività sperimentale dall’ambito di
esclusiva brevettuale:
ü nella pronuncia del 27 febbraio 1976, n. 64044, della Cassazione fu deciso che “La semplice
fabbricazione del prodotto a titolo sperimentale, senza la successiva vendita, non costituisce
contraffazione del brevetto, in quanto non attua uno sfruttamento economico dell’invenzione”;
ü nella sentenza del 3 dicembre 1970, n. 253845, la Suprema Corte aveva “escluso che costituisse
violazione dei diritti di brevetto la mera messa a punto della produzione degli oggetti protetti dal
brevetto”;
ü la decisione del Tribunale di Torino46 del 12 ottobre 1981 è la prima, tra quelle elencate, ad
applicare il nuovo testo dell’art. 1 (legge invenzioni) dopo la riforma del 1979 e così sentenzia:
“Costituisce violazione di brevetto anche la fabbricazione di una modestissima quantità di prodotti
contraffatti, quando la destinazione di essi al mercato – e non a finalità sperimentali – è dimostrata
dalla predisposizione dell’attrezzatura per una produzione su vasta scala e dall’inclusione nei
cataloghi del contraffattore”;
ü nella sentenza di appello del 26 luglio 198447 fu confermata la decisione del Tribunale di Torino del
12 ottobre 1981: “Non si ha lecita sperimentazione dell’invenzione altrui, ma contraffazione del
brevetto, quando si abbia una attuazione industriale del trovato, mediante la predisposizione
dell’attrezzatura tecnica necessaria e la fabbricazione del prodotto, ad uno stadio tale da
consentirne lo smercio al pubblico secondo le esigenze del mercato”.
Risulta che oggetto dell’esenzione sono anche, e soprattutto, le sperimentazioni che vengono condotte nel
contesto dell’attività d’impresa, perseguendo l’obiettivo di trarne profitto, e non soltanto quelle compiute
nell’ambito della ricerca “pura”, condotta da istituzioni scientifiche prive di finalità di lucro [14].
Per concludere è possibile affermare che:
ü è lecito sperimentare sull’oggetto dell’invenzione (ricerca derivata). Esempi di attività permessa: 1)
confronto farmacologico, tossicologico, clinico tra il prodotto X brevettato e il prodotto Y inventato
da terzi ed avente potenzialmente attività simile ad X; 2) studio condotto da terzi su un prodotto
brevettato in vista di un nuovo uso e/o di miglioramenti non ovvi del prodotto stesso.
ü costituisce contraffazione del brevetto sperimentare con l’oggetto dell’invenzione (utilizzo
44
GADI, 1976, 55 e ss.
Giust. civ. Mass. 1970, 1317 – 1318.
46
GADI, 1981, 606 e ss.
47
GADI, 1984, 568 e ss.
45
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dell’invenzione). Esempio di attività illecita: sperimentare su un farmaco brevettato o coperto da un
certificato di protezione complementare (CPC) per ottenerne la registrazione AIC (Autorizzazione
Immissione in Commercio) , se manca più di un anno alla scadenza della tutela brevettuale o dei
diritti conferiti dal CPC.
14
Conclusioni
Le invenzioni biotecnologiche sono caratterizzate da peculiarità e unicità tali da meritare un’analisi
approfondita. Le sequenze geniche sono molecole, le cui caratteristiche sono determinate e riprodotte in
laboratorio e, come tali, possono essere brevettate nello stesso modo di un nuovo prodotto per uso
farmaceutico o di una qualsiasi altra sostanza chimica.
Tuttavia, rispetto ai comuni composti sintetizzati in laboratorio, le sequenze geniche possiedono la proprietà
di “codificare delle informazioni”. Questa duplice natura “ibrida”, tecnologica e informativa, rende difficile il
giudizio in merito allo scopo di una sequenza e, di converso, rende le implicazioni sull’innovazione difficili da
predire [15].
Tale natura “ibrida” pone l’interrogativo se colui che detiene un brevetto per invenzione biotecnologica
possiede la tecnologia o l’informazione.
Già la giurisprudenza nordamericana ha affermato il principio in base al quale il brevetto relativo ad una
certa proteina ottenuta con un procedimento rivolto ad estrarre, isolare e purificare le sostanze naturali non
copre anche la medesima proteina prodotta con la tecnica del DNA ricombinante48. In questa prospettiva il
brevetto di prodotto sarebbe inteso in modo più restrittivo di quello in cui si proteggono i brevetti di prodotto
classici e quelli product-by-process: quel prodotto non sarebbe protetto in sé ma in quanto ottenuto
attraverso un determinato procedimento. Il medesimo brevetto non coprirebbe, viceversa, un prodotto, sia
esso modificato in qualche modo od anche identico, ottenuto seguendo un altro metodo. Questo modo
d’intendere il brevetto di prodotto può trovare un primo riconoscimento nel testo dell’art. 3(2) della Direttiva
98/44/CE.
L’applicazione della regola, attestata in campo meccanico, in forza della quale si presume che il brevetto di
prodotto copra anche gli usi nuovi non previsti dall’inventore originario, già controversa in relazione ai settori
chimico e farmaceutico, sembra ora radicalmente revocata in dubbio in relazione alle invenzioni
biotecnologiche: per esse non si darebbe protezione assoluta e rivendicazioni dirette al prodotto in sé ma
solo protezione limitata all’uso indicato e rivendicato dall’inventore.
La regola tradizionale in base alla quale il brevetto di procedimento si estende ai soli prodotti direttamente
ottenuti con il brevetto, espressamente sancita dall’art. 64(2)
49
CBE [e, nel diritto interno, dal testo dell’art.
48
Scripps Clinic and Research Foundation v. Genentech, Inc., in 927 F.2d 1565 (Fed. Cir. 1991).
Art. 64(2) CBE: Se l’oggetto del brevetto europeo è un procedimento, i diritti conferiti da questo brevetto si
estendono ai prodotti ottenuti direttamente mediante questo procedimento.
49
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1-bis, lett. b)50, l.i.], non vale più nel campo delle biotecnologie, almeno a partire dal momento in cui le
legislazioni nazionali saranno armonizzate sulla base degli articoli 8 e 9 della Direttiva”.
Secondo la prassi dell’Ufficio Europeo dei Brevetti, una sequenza genica è brevettabile se viene descritta
l’applicazione industriale, ovvero la funzione del gene e la funzione della proteina codificata dal gene.
L’indicazione della funzione del gene è soddisfatta dall’indicazione della proteina codificata, ossia attraverso
il nome della proteina o la descrizione della sua struttura.
La conoscenza della funzione della proteina codificata è più problematica, perché richiede ulteriori
approfonditi studi. La credibilità dell’utilità della nuova proteina può anche essere dimostrata in via
presuntiva, facendo richiamo nella domanda di brevetto, alla già nota utilità di una proteina che l’inventore
giudica essere almeno in parte simile alla propria [18].
Un esempio del livello di specificità richiesto dall’EPO nell’indicazione della funzione della proteina
codificata dal gene brevettato è reperibile nella decisione del caso T 886/91. I membri della Commissione
hanno giudicato sufficiente quanto contenuto nella descrizione del brevetto, vale a dire che i polipeptidi
ottenuti erano genericamente utili come antigeni nel campo della diagnosi e della cura dell’epatite B.
L’onere di descrivere la funzione della proteina sintetizzata da un gene, quando oggetto del brevetto è il
gene, assolve al compito di permettere la prosecuzione della ricerca in una determinata direzione.
Faelli spiega chiaramente che “se per brevettare una sequenza di DNA, come strumento per produrre una
proteina, è necessario indicare la funzione, non è necessario descrivere nel dettaglio l’utilizzo della
proteina, quasi assorbendo nel primo brevetto la descrizione dell’ipotetico e ancora inesistente brevetto
successivo sulla proteina”.
“Diversamente, se si pretendesse una descrizione della proteina come se proprio questa fosse oggetto di
brevetto, verrebbe meno il significato delle norme sulla brevettazione delle biotecnologie, potendosi
accedere alla tutela brevettuale solo quando si è già ultimata una fase di ricerca ulteriore”.
Quanto stabilito dall’art. 3 della Direttiva non deve essere “privato di contenuto, permettendo la
brevettazione delle sequenza di DNA solo quando siano state messe a punto applicazioni di ricerche
successive”.
La protezione conferita dal brevetto nel quale è rivendicato un gene non si estende direttamente alla
proteina codificata.
La proteina può essere tutelata solo se: a) autonomamente brevettata, oppure b) è il risultato diretto di un
procedimento brevettato.
50
Art. 1 bis legge invenzioni lettera b: In particolare il brevetto conferisce al titolare i seguenti diritti esclusivi: b) se
oggetto del brevetto è un procedimento, il diritto di vietare ai terzi, salvo suo consenso, di applicare il procedimento,
nonché di usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto direttamente ottenuto con il
procedimento in questione.
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15
Bibliografia
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Settembre 1999, http://www.diritto.it/articoli/sirotti.html ;
[2]
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[3]
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Rivista di Diritto Industriale, 1999, Parte I, pag. 186.
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G. Bianchetti, G. Pifferi, “L’attività inventiva nei brevetti chimici e biotecnologici”, in Notiziario
dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale, Anno XV – N. 3 – Novembre 2000, pag. 2,
reperibile su Internet all’indirizzo: http://www.ordine-brevetti.it/
[9]
op. cit. riferimento (3), pag. 147 e ss.
[10] D. Wood, “European patents for biotechnological inventions – past, present and future”, in World
Patent Information, 2001 (23), 339 – 348.
[11] M. Ricolfi, “La brevettazione delle invenzioni relative agli organismi geneticamente modificati”,
Rivista di Diritto Industriale, 2003, 1, Parte prima, pag. 65 e ss.;
[12] op. cit. riferimento (9), pag. 48 e ss.
[13] C. Galli, “Le invenzioni biotecnologiche e gli organismi geneticamente modificati”, in “Le nuove
frontiere del diritto dei brevetti” – (a cura di C. Galli), Giappichelli, 2003, pag. 13.
[14] C. Galli, “L’uso sperimentale dell’altrui invenzione brevettata”, in Rivista di Diritto Industriale, 1998,
Parte I, pagg. 17 – 36.
[15] B. A. Jackson, “Innovation and intellectual property: the case of genomic patenting”, in Journal of
Policy Analysis and Management, 2003, Vol. 22, No. 1, pagg. 5 – 25.
[16] M. Ricolfi, op. cit., pag. 54 e ss.
[17] M. Barbieri, “I brevetti nei settori chimico e farmaceutico”, in Notiziario Giuridico Telematico –
Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo http://www.notiziariogiuridico.it.
[18] op. cit. riferimento (3), pag. 133 e ss.
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Invenzioni chimiche
16.1 Certificato di protezione complementare per i farmaci
L’accordo TRIPS, firmato nell’ambito del “General Agreement on Tariffs and Trade” (GATT), ha stabilito gli
standard minimi di protezione della proprietà intellettuale, con la conseguenza che in tutti i Paesi che hanno
sottoscritto tale accordo è stata o sarà introdotta la protezione per i brevetti chimici e farmaceutici.
In Italia prima del 1978 non era possibile depositare domande di brevetto aventi per oggetto prodotti e/o
procedimenti chimico – farmaceutici; in India prima dell’ordinanza promulgata il 31 dicembre 1994 per
modificare la Legge brevettuale in base all’ accordo TRIPS, la concessione di brevetti nel settore chimico –
farmaceutico era limitata solo ai procedimenti.
Un altro aspetto importante dei TRIPS riguarda l’armonizzazione della durata della protezione brevettuale,
che ora è di venti anni dalla data di deposito della domanda; per quanto riguarda i farmaci tale periodo di
esclusiva è soltanto teorico e l’effettiva durata di un brevetto avente ad oggetto un’invenzione farmaceutica
è di otto – dieci anni.
Nel settore farmaceutico infatti, rispetto agli altri campi della tecnica, per poter commercializzare un
medicamento è necessario ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) da parte del
competente Ministero della Sanità, previa presentazione della documentazione relativa ai risultati delle
sperimentazioni cliniche sul farmaco.
Con l’introduzione del certificato protettivo complementare, mediante i regolamenti comunitari n. 1768/92
del 18 giugno 1992 e n. 1610/96 dell’ 8 agosto 1996, è stato possibile estendere il diritto di esclusiva per le
invenzioni “farmaceutiche”, restituendo ai titolari di brevetto il tempo speso prima dello sfruttamento
commerciale delle invenzioni conseguite.
Il certificato è stato concepito per promuovere la ricerca di nuovi medicinali, in modo che la durata di
protezione che esso attribuisce, combinato con la durata della tutela
effettiva tramite brevetto, sia
sufficiente da permettere di ammortizzare gli alti costi degli investimenti effettuati nella ricerca.
La durata del certificato si calcola facendo la differenza tra la data del deposito della domanda di brevetto di
base e la data della prima autorizzazione all’immissione in commercio e sottraendo a tale risultato un
numero di anni pari a cinque. Inoltre la durata del certificato non può essere superiore a cinque anni a
decorrere dalla data in cui il certificato acquista efficacia e si deve sommare alla vita residua del brevetto.
Tale certificato, che può essere richiesto dal titolare del brevetto o dal suo avente diritto con una domanda
che deve essere depositata entro sei mesi dalla data di rilascio dell’AIC o nel caso in cui l’autorizzazione
giunga prima della concessione del brevetto, entro sei mesi dalla data di concessione del brevetto,
conferisce gli stessi diritti ed obblighi del brevetto.
L’oggetto della protezione copre il principio attivo e i suoi derivati (sali o esteri) rivendicati nel brevetto e non
è limitato alla specialità farmaceutica.
Le principali risorse di reperimento delle informazioni riguardo i certificati di protezione complementare sono
gli uffici nazionali brevetti (per l’Italia l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi – UIBM) e le competenti autorità
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regolatorie (in Italia è il Ministero della Sanità), che hanno la responsabilità di controllare le
regolamentazioni per approvare nuovi farmaci.
Il problema principale consiste nel fatto che occorre trovare il collegamento tra la specialità medicinale ed il
corrispondente brevetto. In molti casi l’estensione del CPC si deve ricercare non nel brevetto che rivendica
il composto farmaceutico, ma in uno successivo relativo al metodo di trattamento terapeutico oppure ad
una specifica formulazione del composto principale.
Inoltre molte autorità regolatorie non rendono disponibili tali informazioni, tranne alcune quali la statunitense
FDA (all’indirizzo http://www.fda.gov/cder/orange/adp.htm), l’agenzia di controllo sui medicinali (MCA)
britannica (http://www.open.gov.uk/mca/inforesources/inforesources.htm) e il sito dell’agenzia europea
EMEA (http://www.emea.eu.int).
La ricerca per struttura chimica effettuata su database quali STN può essere complicata dal fatto che il
prodotto attualmente in commercio è una miscela di stereoisomeri, dei quali solo uno è il principio attivo e
che ciascun isomero, come pure la miscela, avrà un proprio numero identificativo CAS.
La ricerca poterebbe essere realizzata con il nome del titolare del brevetto, ma nel caso in cui sia il
licenziatario ad aver richiesto il certificato, non si otterrà alcun risultato [5].
Tra gli uffici brevetti nazionali che riportano informazioni sui CPC è possibile citare i seguenti:
ü USPTO (http://www.uspto.gov/web/offices/pac/dapp/opla/term/);
ü Ufficio brevetti e marchi tedesco, in cui sono disponibili informazioni a partire dal 1997 nella
versione elettronica della gazzetta ufficiale (Patentblatt), reperibile all’indirizzo:
http://www.patentblatt.de/eng/index.htm
ü Ufficio brevetti e marchi britannico (all’indirizzo http://www.patent.gov.uk).
Molti database commerciali offrono questo servizio a pagamento (STN, Dialog, Questel-Orbit).
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Direttiva 98/44/CE
Riferimento: http://www.europarl.eu.int/comparl/tempcom/genetics/links/directive_44_it.pdf
DIRETTIVA 98/44/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 luglio 1998
sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale (2),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),
(1) considerando che la biotecnologia e l'ingegneria genetica stanno acquisendo una funzione crescente in
una vasta gamma di attività industriali; che la protezione delle invenzioni biotecnologiche assumerà
indubbiamente un'importanza fondamentale per lo sviluppo industriale della Comunità;
(2) considerando che, soprattutto nel campo dell'ingegneria genetica, la ricerca e lo sviluppo esigono una
notevole quantità di investimenti ad alto rischio che soltanto una protezione giuridica adeguata può
consentire di rendere redditizi;
(3) considerando che una protezione efficace e armonizzata in tutti gli Stati membri è essenziale al fine di
mantenere e promuovere gli investimenti nel settore della biotecnologia;
(4) considerando che, in seguito alla mancata accettazione, da parte del Parlamento europeo, del progetto
comune di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica delle invenzioni
biotecnologiche (4), approvato dal comitato di conciliazione, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno
rilevato che l'attuale protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche richiede una chiarificazione;
(5) considerando che nel settore della protezione delle invenzioni biotecnologiche esistono divergenze tra le
legislazioni e le pratiche dei diversi Stati membri; che tali disparità creano ostacoli agli scambi e
costituiscono quindi un ostacolo al funzionamento del mercato interno;
(6) considerando che dette divergenze potrebbero accentuarsi con l'adozione, da parte degli Stati membri,
di nuove e divergenti legislazioni e prassi amministrative o con la diversa evoluzione delle giurisprudenze
nazionali su tali legislazioni;
(7) considerando che uno sviluppo eterogeneo delle legislazioni nazionali sulla protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche nella Comunità rischia di disincentivare maggiormente gli scambi commerciali a
scapito dello sviluppo industriale di tali invenzioni e del corretto funzionamento del mercato interno;
(8) considerando che la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche non richiede la creazione di un
diritto specifico che si sostituisca al diritto nazionale in materia di brevetti; che il diritto nazionale in materia
di brevetti rimane il riferimento fondamentale per la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ma
che deve essere adeguato o completato su taluni punti specifici, in conseguenza dei nuovi ritrovati
tecnologici che utilizzano materiali biologici e che possiedono comunque i requisiti di brevettabilità;
(9) considerando che, in casi come quello dell'esclusione dalla brevettabilità di varietà vegetali e razze
animali o di procedimenti essenzialmente biologici di produzione di vegetali o animali, alcune nozioni delle
legislazioni nazionali, basate su alcune convenzioni internazionali in materia di brevetti e varietà vegetali,
hanno dato luogo ad una situazione di incertezza per quanto riguarda la protezione delle invenzioni
biotecnologiche e di alcune invenzioni microbiologiche; che per dissipare tali incertezze occorre
un'armonizzazione in questo settore;
(10) considerando che si deve tener conto della potenziale evoluzione delle biotecnologie per l'ambiente e,
in particolare, dell'utilità di tali tecnologie per lo sviluppo di metodi di coltivazione che inquinino meno ed
economizzino i terreni; che è opportuno incoraggiare, attraverso il sistema dei brevetti, la ricerca su tali
procedimenti e la loro attuazione;
(11) considerando che l'evoluzione delle biotecnologie è importante per i paesi in via di sviluppo, tanto nel
settore della sanità e della lotta contro le grandi epidemie ed endemie come nel campo della lotta contro la
fame nel mondo; che è inoltre opportuno incoraggiare, attraverso il sistema dei brevetti, la ricerca in questi
settori; che peraltro occorre promuovere meccanismi internazionali che assicurino la diffusione di queste
tecnologie nel Terzo mondo e a beneficio delle popolazioni interessate;
(12) considerando che è entrato in vigore l'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al
commercio (TRIPS) (5), sottoscritto dalla Comunità europea e dagli Stati membri; che esso prevede che la
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tutela brevettuale per prodotti e procedimenti sia garantita in tutti i campi della tecnologia;
(13) considerando che il quadro giuridico comunitario per la protezione delle invenzioni biotecnologiche può
limitarsi alla definizione di alcuni principi applicabili alla brevettabilità del materiale biologico in quanto tale,
principi che hanno, in particolare, l'obiettivo di operare una distinzione tra invenzioni e scoperte in materia di
brevettabilità di determinati elementi di origine umana, nonché all'ambito della protezione attribuita da un
brevetto su un'invenzione biotecnologica, alla possibilità di far ricorso ad un sistema di deposito che
completi la descrizione scritta e, infine, alla possibilità di ottenere reciprocamente licenze obbligatorie non
esclusive in base al rapporto di dipendenza tra varietà vegetali e invenzioni;
(14) considerando che un brevetto di invenzione non autorizza il titolare ad attuare l'invenzione, ma si limita
a conferirgli il diritto di vietare ai terzi di sfruttarla a fini industriali e commerciali e che, di conseguenza, il
diritto dei brevetti non può sostituire né rendere superflue le legislazioni nazionali, europee o internazionali
che fissino eventuali limiti o divieti, o dispongano controlli sulla ricerca e sull'utilizzazione o sulla
commercializzazione dei suoi risultati, con particolare riguardo alle esigenze di sanità pubblica, sicurezza,
tutela dell'ambiente, protezione degli animali, conservazione della diversità genetica e relativamente
all'osservanza di alcune norme etiche;
(15) considerando che né il diritto nazionale né il diritto europeo dei brevetti (convenzione di Monaco)
impongono divieti o esclusioni di principio in ordine alla brevettabilità del materiale biologico;
(16) considerando che il diritto dei brevetti deve essere esercitato nel rispetto dei principi fondamentali che
garantiscono la dignità e l'integrità dell'uomo; che occorre ribadire il principio secondo cui il corpo umano, in
ogni stadio della sua costituzione e del suo sviluppo, comprese le cellule germinali, la semplice scoperta di
uno dei suoi elementi o di uno dei suoi prodotti, nonché la sequenza o sequenza parziale di un gene
umano, non sono brevettabili; che tali principi sono conformi ai criteri di brevettabilità previsti dal diritto dei
brevetti, secondo i quali una semplice scoperta non può costituire oggetto di brevetto;
(17) considerando che è già stato possibile realizzare progressi decisivi nella cura delle malattie, grazie
all'esistenza di medicinali derivati da elementi isolati dal corpo umano e/o prodotti in modo diverso, di
medicinali risultanti da procedimenti tecnici intesi ad ottenere elementi di struttura simile a quella di elementi
naturali esistenti nel corpo umano; che, di conseguenza, occorre incoraggiare, tramite il sistema dei
brevetti, la ricerca intesa ad ottenere e isolare tali elementi utili per la produzione di medicinali;
(18) considerando che, qualora il sistema dei brevetti si riveli insufficiente a stimolare la ricerca e la
produzione di medicinali basati sulle biotecnologie e necessari per la lotta alle malattie rare, cosiddette
«orfane», la Comunità e gli Stati membri devono dare una riposta adeguata a questo problema;
(19) considerando il parere n. 8 del Gruppo di consiglieri per l'etica della biotecnologia della Commissione
europea;
(20) considerando, quindi, che è necessario dichiarare che un'invenzione relativa ad un elemento isolato
dal corpo umano, o diversamente prodotto, tramite un procedimento tecnico, e utilizzabile a fini industriali,
non è esclusa dalla brevettabilità, anche se la struttura dell'elemento è identica a quella di un elemento
naturale, fermo restando che i diritti attribuiti dal brevetto non si estendono al corpo umano e ai suoi
elementi nel loro ambiente naturale;
(21) considerando che tale elemento isolato dal corpo umano o diversamente prodotto non è escluso dalla
brevettabilità perché, ad esempio, è il risultato di procedimenti tecnici che lo hanno identificato, purificato,
caratterizzato e moltiplicato al di fuori del corpo umano, procedimenti tecnici che soltanto l'uomo è capace
di
mettere in atto e che la natura di per sé stessa non è in grado di compiere;
(22) considerando che il dibattito sulla brevettabilità di sequenze o sequenze parziali di geni dà luogo a
controversie; che, ai sensi della presente direttiva, il rilascio di un brevetto per invenzioni aventi ad oggetto
tali sequenze o sequenze parziali avviene in base agli stessi criteri di brevettabilità applicati in tutti gli altri
campi della tecnologia: novità, attività inventiva e applicazione industriale; che l'applicazione industriale di
una sequenza o sequenza parziale deve essere concretamente illustrata nella domanda di brevetto
depositata;
(23) considerando che una semplice sequenza di DNA, senza indicazione di una funzione, non contiene
alcun insegnamento tecnico; che essa non può costituire pertanto un'invenzione brevettabile;
(24) considerando che, affinché sia rispettato il criterio dell'applicazione industriale, occorre precisare, in
caso di sequenza parziale di un gene utilizzata per produrre una proteina o una proteina parziale, quale sia
la proteina o proteina parziale prodotta o quale funzione essa assolva;
(25) considerando che, ai fini dell'interpretazione dei diritti attribuiti da un brevetto, nel caso di sequenze
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sovrapposte solamente nelle parti non essenziali all'invenzione, ciascuna sequenza è considerata
autonoma ai fini brevettuali;
(26) considerando che nell'ambito del deposito di una domanda di brevetto, se un'invenzione ha per oggetto
materiale biologico di origine umana o lo utilizza, alla persona da cui è stato prelevato il materiale deve
essere stata garantita la possibilità di esprimere il proprio consenso libero e informato a tale prelievo in
base al diritto nazionale;
(27) considerando che, se un'invenzione ha per oggetto materiale biologico di origine vegetale o animale o
lo
utilizza, la domanda di brevetto dovrebbe, se del caso, contenere indicazioni sul luogo geografico di origine
del materiale in questione, nel caso in cui esso sia noto; che ciò non incide sull'esame delle domande di
brevetto e sulla validità dei diritti derivanti dai brevetti rilasciati;
(28) considerando che la presente direttiva non incide minimamente sui fondamenti del diritto dei brevetti in
vigore, secondo cui un brevetto può essere concesso per qualsiasi applicazione nuova di un prodotto già
brevettato;
(29) considerando che la presente direttiva non riguarda l'esclusione dalla brevettabilità delle varietà
vegetali e delle razze animali; che le invenzioni riguardanti piante o animali sono invece brevettabili, se la
loro applicazione non si limita a livello tecnico ad una sola varietà vegetale o razza animale;
(30) considerando che la nozione di varietà vegetale è definita dalla legislazione sulla tutela dei ritrovati
vegetali, in base alla quale una varietà è caratterizzata dal suo intero genoma e ha pertanto una sua
individualità che la rende chiaramente distinguibile da altre varietà;
(31) considerando che un insieme vegetale, caratterizzato da un determinato gene (e non dal suo intero
genoma), non rientra nella tutela delle varietà e non è pertanto escluso dalla brevettabilità, anche se
comprende varietà vegetali;
(32) considerando che, laddove un'invenzione consista solo nella modifica genetica di una determinata
varietà vegetale dalla quale viene prodotta una nuova varietà, la nuova varietà è esclusa dalla brevettabilità
anche se la modifica genetica non è il frutto di un procedimento essenzialmente biologico, bensì di un
procedimento di ingegneria genetica;
(33) considerando che, ai fini della presente direttiva, è necessario definire quando un procedimento diretto
ad ottenere varietà vegetali o animali è essenzialmente biologico;
(34) considerando che la presente direttiva non incide sulle nozioni di invenzione e di scoperta definite dal
diritto dei brevetti, sia esso nazionale, europeo o internazionale;
(35) considerando che la presente direttiva non modifica le disposizioni delle legislazioni nazionali in
materia di brevetti, in base alle quali sono esclusi dalla brevettabilità i metodi diagnostici, terapeutici e
chirurgici per la cura dell'uomo o degli animali o i procedimenti diagnostici effettuati sul corpo umano o
animale;
(36) considerando che l'accordo TRIPS prevede la possibilità, per i paesi aderenti all'Organizzazione
mondiale del commercio, di escludere dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale nel
loro territorio deve essere impedito per motivi di ordine pubblico o di moralità pubblica, in particolare per
proteggere la vita e la salute dell'uomo, degli animali o dei vegetali, o per evitare gravi danni ambientali,
purché l'esclusione non sia dettata unicamente dal fatto che lo sfruttamento è vietato dalle loro legislazioni;
(37) considerando che, nella presente direttiva, va altresì riaffermato il principio secondo cui sono escluse
dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale sia contrario all'ordine pubblico o al buon
costume;
(38) considerando che è altresì importante inserire nel dispositivo stesso della presente direttiva un elenco
indicativo di invenzioni escluse dalla brevettabilità, per fornire ai giudici e agli uffici nazionali dei brevetti
orientamenti di massima ai fini dell'interpretazione del riferimento all'ordine pubblico o al buon costume; che
questo elenco non può certo essere considerato esauriente; che i procedimenti la cui applicazione reca
pregiudizio alla dignità umana, come ad esempio i procedimenti per la produzione di esseri ibridi risultanti
da cellule germinali o totipotenti umane o animali, devono ovviamente essere esclusi anch'essi dalla
brevettabilità;
(39) considerando che l'ordine pubblico e il buon costume corrispondono in particolare a principi etici o
morali riconosciuti in uno Stato membro e la cui osservanza è indispensabile in particolare in materia di
biotecnologia, data la portata potenziale delle invenzioni in questo settore ed il loro nesso intrinseco con la
materia vivente; che questi principi etici o morali completano le normali verifiche giuridiche previste dal
diritto dei brevetti, a prescindere dal settore tecnico dell'invenzione;
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(40) considerando che nella Comunità si è concordi sul fatto che l'intervento genetico germinale sull'uomo e
la clonazione di esseri umani costituiscono una violazione dell'ordine pubblico e del buon costume; che è
pertanto necessario escludere inequivocabilmente dalla brevettabilità i procedimenti di modificazione
dell'identità genetica germinale dell'essere umano e i procedimenti di clonazione dell'essere umano;
(41) considerando che i procedimenti di clonazione dell'essere umano possono essere definiti come
qualsiasi procedimento, ivi comprese le tecniche di scissione degli embrioni, volto a produrre un essere
umano con le stesse informazioni genetiche nucleari di un altro essere umano, vivo o morto;
(42) considerando inoltre che le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali devono a loro
volta essere escluse dalla brevettabilità; che tale esclusione non riguarda comunque le invenzioni a finalità
terapeutiche o diagnostiche che si applicano e che sono utili all'embrione umano;
(43) considerando che l'articolo F, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea stabilisce che l'Unione
rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;
(44) considerando che il Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie della
Commissione valuta tutti gli aspetti etici connessi alla biotecnologia; che, al riguardo, va rilevato che tale
Gruppo può essere consultato, anche relativamente al diritto dei brevetti, soltanto al livello della valutazione
della biotecnologia rispetto ai principi etici fondamentali;
(45) considerando che devono essere esclusi dalla brevettabilità i procedimenti di modificazione dell'identità
genetica degli animali tali da provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale nel campo
della ricerca, prevenzione, diagnosi o terapia per l'uomo o l'animale, nonché gli animali risultanti da tali
procedimenti;
(46) considerando che, avendo il brevetto lo scopo di ricompensare l'inventore tramite la concessione di un
diritto esclusivo, ma limitato nel tempo, per la sua creatività e di incoraggiare così l'attività inventiva, il
titolare del brevetto deve avere il diritto di vietare l'utilizzazione del materiale autoriproducibile brevettato in
circostanze analoghe a quelle in cui l'utilizzazione di prodotti brevettati non autoriproducibili potrebbe
essere vietata, ossia la produzione del prodotto brevettato stesso;
(47) considerando che è necessario prevedere una prima deroga ai diritti del titolare di un brevetto in caso
di
vendita ad un agricoltore del materiale di riproduzione che contiene l'invenzione protetta, ai fini di
un'utilizzazione agricola da parte del titolare del brevetto o con il suo consenso; che questa prima deroga
deve autorizzare l'agricoltore ad utilizzare il prodotto del suo raccolto a fini di riproduzione o moltiplicazione
successiva nella propria azienda agricola e che l'ambito e le modalità di questa deroga devono limitarsi
all'ambito e alle modalità corrispondenti previsti dal regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio
1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali (6);
(48) considerando che all'agricoltore può essere richiesto soltanto il compenso previsto dal diritto
comunitario sui ritrovati vegetali, secondo le modalità di applicazione della deroga alla protezione
comunitaria dei ritrovati vegetali;
(49) considerando, tuttavia, che il titolare del brevetto può tutelare i propri diritti contro l'agricoltore che
abusi della deroga o contro il costitutore che abbia sviluppato la varietà vegetale che incorpora l'invenzione
protetta, qualora quest'ultimo non rispetti i propri impegni;
(50) considerando che una seconda deroga ai diritti del titolare del brevetto deve autorizzare l'agricoltore ad
utilizzare il bestiame protetto a fini di sfruttamento agricolo;
(51) considerando che l'ambito e le modalità di questa seconda deroga devono essere disciplinati dalle
disposizioni legislative e regolamentari e dalle pratiche nazionali, in assenza di una normativa comunitaria
relativa alla costituzione di razze animali;
(52) considerando che, nello sfruttamento delle nuove caratteristiche vegetali ottenute con l'ingegneria
genetica, deve essere concesso, sotto forma di licenza obbligatoria, un accesso garantito dietro compenso
qualora, rispetto al genere o alla specie considerati, la varietà vegetale rappresenti un progresso tecnico
significativo, di notevole interesse economico rispetto all'invenzione rivendicata nel brevetto;
(53) considerando che, nel settore dell'utilizzazione in ingegneria genetica di nuove caratteristiche derivanti
da nuove varietà vegetali, deve essere concesso, sotto forma di licenza obbligatoria, un accesso garantito
dietro compenso, qualora l'invenzione rappresenti un progresso tecnico significativo, di notevole interesse
economico;
(54) considerando che l'articolo 34 dell'accordo TRIPS contiene una regolamentazione dettagliata sull'onere
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della prova, che risulta vincolante per tutti gli Stati membri; che nella presente direttiva non è pertanto
necessaria una disposizione al riguardo;
(55) considerando che, ai sensi della decisione 93/626/CEE (7), la Comunità è parte della Convenzione
sulla
diversità biologica del 5 giugno 1992; che, nel mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva, gli Stati membri tengono conto, in
particolare, dell'articolo 3, dell'articolo 8, lettera j), e dell'articolo 16, paragrafo 2, seconda frase, e paragrafo
5 di detta convenzione;
(56) considerando che la terza conferenza delle parti contraenti della convenzione sulla diversità biologica,
svoltasi nel novembre 1996, nella decisione III/17 stabilisce che «è necessario continuare a lavorare per
contribuire a sviluppare una valutazione comune della relazione tra i diritti di proprietà intellettuale e le
disposizioni attinenti all'accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPS) e della
Convenzione sulla diversità biologica, in particolare in ordine alle questioni riguardanti i trasferimenti di
tecnologie, la conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica, nonché la giusta ed equa
ripartizione dei vantaggi derivanti dall'uso di risorse genetiche, compresa la protezione delle conoscenze,
delle innovazioni e delle prassi delle comunità indigene e locali che incarnano stili di vita tradizionali
importanti ai fini della conservazione e dell'uso sostenibile della diversità biologica»,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPITOLO I Brevettabilità
Articolo 1
1. Gli Stati membri proteggono le invenzioni biotecnologiche tramite il diritto nazionale dei brevetti. Essi, se
necessario, adeguano il loro diritto nazionale dei brevetti per tener conto delle disposizioni della presente
direttiva.
2. La presente direttiva non pregiudica gli obblighi degli Stati membri derivanti da accordi internazionali, in
particolare dall'accordo TRIPS e dalla Convenzione sulla diversità biologica.
Articolo 2
1. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «materiale biologico», un materiale contenente informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di
riprodursi in un sistema biologico;
b) «procedimento microbiologico», qualsiasi procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico,
che comporta un intervento su materiale microbiologico, o che produce un materiale microbiologico.
2. Un procedimento di produzione di vegetali o di animali è essenzialmente biologico quando consiste
integralmente in fenomeni naturali quali l'incrocio o la selezione.
3. La nozione di varietà vegetale è definita all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2100/94.
Articolo 3
1. Ai fini della presente direttiva, sono brevettabili le invenzioni nuove che comportino un'attività inventiva e
siano suscettibili di applicazione industriale, anche se hanno ad oggetto un prodotto consistente in
materiale biologico o che lo contiene, o un procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o
impiegato materiale biologico.
2. Un materiale biologico che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto tramite un
procedimento tecnico può essere oggetto di invenzione, anche se preesisteva allo stato naturale.
Articolo 4
1. Non sono brevettabili:
a) le varietà vegetali e le razze animali,
b) i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di vegetali o di animali.
2. Le invenzioni che hanno quale oggetto piante o animali sono brevettabili se l'eseguibilità tecnica
dell'invenzione non è limitata ad una determinata varietà vegetale o razza animale.
3. Il paragrafo 1, lettera b), non riguarda la brevettabilità di invenzioni che abbiano ad oggetto un
procedimento microbiologico o altri procedimenti tecnici ovvero un prodotto ottenuto direttamente attraverso
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siffatti procedimenti.
Articolo 5
1. Il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno
dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire
invenzioni brevettabili.
2. Un elemento isolato dal corpo umano, o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, ivi
compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, può costituire un'invenzione brevettabile, anche
se la struttura di detto elemento è identica a quella di un elemento naturale.
3. L'applicazione industriale di una sequenza o di una sequenza parziale di un gene deve essere
concretamente indicata nella richiesta di brevetto.
Articolo 6
1. Sono escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all'ordine
pubblico o al buon costume; lo sfruttamento di un'invenzione non può di per sé essere considerato contrario
all'ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto che è vietato da una disposizione legislativa o
regolamentare.
2. Ai sensi del paragrafo 1, sono considerati non brevettabili in particolare:
a) i procedimenti di clonazione di esseri umani;
b) i procedimenti di modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere umano;
c) le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali;
d) i procedimenti di modificazione dell'identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze
senza utilità medica sostanziale per l'uomo o l'animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti.
Articolo 7
Il Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie della Commissione valuta tutti gli
aspetti etici connessi alla biotecnologia.
CAPITOLO II Ambito della protezione
Articolo 8
1. La protezione attribuita da un brevetto relativo ad un materiale biologico dotato, in seguito all'invenzione,
di determinate proprietà si estende a tutti i materiali biologici da esso derivati mediante riproduzione o
moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotati delle stesse proprietà.
2. La protezione attribuita da un brevetto relativo ad un procedimento che consente di produrre un materiale
biologico dotato, per effetto dell'invenzione, di determinate proprietà si estende al materiale biologico
direttamente ottenuto da tale procedimento e a qualsiasi altro materiale biologico derivato dal materiale
biologico direttamente ottenuto mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e
dotato delle stesse proprietà.
Articolo 9
Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, la protezione attribuita da un brevetto ad un prodotto contenente o
consistente in un'informazione genetica si estende a qualsiasi materiale nel quale il prodotto è incorporato e
nel quale l'informazione genetica è contenuta e svolge la sua funzione.
Articolo 10
La protezione di cui agli articoli 8 e 9 non si estende al materiale biologico ottenuto mediante riproduzione o
moltiplicazione di materiale biologico commercializzato nel territorio di uno Stato membro dal titolare del
brevetto o con il suo consenso, qualora la riproduzione o la moltiplicazione derivi necessariamente
dall'utilizzazione per la quale il materiale biologico è stato commercializzato, purché il materiale ottenuto
non venga utilizzato successivamente per altre riproduzioni o moltiplicazioni.
Articolo 11
1. In deroga agli articoli 8 e 9, la vendita o un'altra forma di commercializzazione di materiale di
riproduzione di origine vegetale, da parte del titolare del brevetto o con il suo consenso, ad un agricoltore a
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fini di sfruttamento agricolo implica l'autorizzazione per l'agricoltore ad utilizzare il prodotto del raccolto per
la riproduzione o la moltiplicazione in proprio nella propria azienda; l'ambito e le modalità di questa deroga
corrispondono a quelli previsti dall'articolo 14 del regolamento (CE) n. 2100/94.
2. In deroga agli articoli 8 e 9, la vendita o un'altra forma di commercializzazione di bestiame di allevamento
o di altro materiale di riproduzione di origine animale, da parte del titolare del brevetto o con il suo
consenso, ad un agricoltore implica l'autorizzazione per quest'ultimo ad utilizzare il bestiame protetto per
uso agricolo. Tale autorizzazione include la messa a disposizione dell'animale o di altro materiale di
riproduzione di origine animale per la prosecuzione della propria attività agricola, ma non la vendita
nell'ambito o ai fini di un'attività di riproduzione commerciale.
3. L'ambito e le modalità di applicazione della deroga di cui al paragrafo 2 sono disciplinati dalle disposizioni
legislative e regolamentari e dalle prassi nazionali.
CAPITOLO III Licenze obbligatorie dipendenti
Articolo 12
1. Un costitutore, qualora non possa ottenere o sfruttare commercialmente una privativa sui ritrovati vegetali
senza violare un brevetto precedente, può chiedere una licenza obbligatoria per lo sfruttamento non
esclusivo dell'invenzione protetta dal brevetto, in quanto tale licenza sia necessaria allo sfruttamento della
varietà vegetale da proteggere, dietro pagamento di un canone adeguato. Gli Stati membri stabiliscono che,
in caso di concessione della licenza, il titolare del brevetto ha reciprocamente diritto ad una licenza
reciproca a condizioni ragionevoli per utilizzare la varietà protetta.
2. Il titolare di un brevetto riguardante un'invenzione biotecnologica, qualora non possa sfruttarla senza
violare una privativa precedente sui ritrovati vegetali, può chiedere una licenza obbligatoria per l'uso non
esclusivo della varietà protetta dalla privativa, dietro pagamento di un canone adeguato. Gli Stati membri
stabiliscono che, in caso di concessione della licenza, il titolare della privativa per ritrovati vegetali ha
reciprocamente diritto ad una licenza a condizioni ragionevoli per utilizzare l'invenzione protetta.
3. Coloro che chiedono le licenze di cui ai paragrafi 1 e 2 devono dimostrare:
a) che si sono rivolti invano al titolare del brevetto o della privativa sui ritrovati vegetali per ottenere una
licenza contrattuale;
b) che la varietà vegetale o l'invenzione costituisce un progresso tecnico significativo, di notevole interesse
economico rispetto all'invenzione rivendicata nel brevetto o alla varietà vegetale protetta.
4. Ogni Stato membro designa la o le autorità competenti a concedere la licenza. Qualora la licenza su una
varietà vegetale possa essere concessa soltanto dall'Ufficio comunitario delle varietà vegetali, si applica
l'articolo 29 del regolamento (CE) n. 2100/94.
CAPITOLO IV Deposito, accesso e nuovo deposito del materiale biologico
Articolo 13
1. Se un'invenzione riguarda un materiale biologico non accessibile al pubblico e che non può essere
descritto nella domanda di brevetto in maniera tale da consentire ad un esperto in materia di attuare
l'invenzione stessa oppure implica l'uso di tale materiale, la descrizione è ritenuta sufficiente per
l'applicazione del diritto dei brevetti soltanto
se:
a) il materiale biologico è stato depositato presso un ente di deposito riconosciuto non oltre la data di
presentazione della domanda di brevetto. Sono riconosciuti almeno gli enti di deposito internazionali che
abbiano acquisito tale qualificazione ai sensi dell'articolo 7 del trattato di Budapest, del 28 aprile 1977, sul
riconoscimento internazionale del deposito dei microrganismi ai fini della procedura in materia di brevetti, in
appresso denominato «trattato di Budapest»;
b) sulle caratteristiche del materiale biologico depositato la domanda depositata fornisce tutte le
informazioni
rilevanti di cui dispone il depositante;
c) nella domanda di brevetto sono precisati il nome dell'ente di deposito e il numero di registrazione del
deposito.
2. L'accesso al materiale biologico depositato è garantito mediante il rilascio di un campione:
a) fino alla prima pubblicazione della domanda di brevetto, unicamente alle persone autorizzate ai sensi del
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diritto nazionale dei brevetti;
b) tra la prima pubblicazione della domanda e la concessione del brevetto, a qualsiasi persona che ne
faccia
domanda o, se il depositante lo richieda, unicamente ad un esperto indipendente;
c) dopo la concessione del brevetto e anche se lo stesso è stato revocato o annullato, a qualsiasi persona
che ne faccia richiesta.
3. La consegna ha luogo esclusivamente se il richiedente si impegna per la durata degli effetti del brevetto:
a) a non rendere accessibile a terzi campioni del materiale biologico depositato o di materiali da esso
derivati, e
b) ad utilizzare campioni del materiale biologico depositato o di materiali da esso derivati esclusivamente a
fini sperimentali, a meno che il richiedente o il titolare del brevetto non rinunci esplicitamente a tale
impegno.
4. In caso di rifiuto o di ritiro della domanda, l'accesso al materiale depositato viene limitato, su richiesta del
depositante, ad un esperto indipendente per un periodo di venti anni a decorrere dalla data del deposito
della domanda di brevetto. In tal caso si applica il paragrafo 3.
5. Le domande del depositante di cui al paragrafo 2, lettera b), e al paragrafo 4 possono essere presentate
soltanto fino alla data in cui sono considerati ultimati i preparativi tecnici della pubblicazione della domanda
di brevetto.
Articolo 14
1. Se il materiale biologico depositato ai sensi dell'articolo 13 non è più disponibile presso l'ente di deposito
riconosciuto, è consentito un nuovo deposito del materiale alle stesse condizioni previste dal trattato di
Budapest.
2. Ogni nuovo deposito deve essere accompagnato da una dichiarazione firmata dal depositante attestante
che il materiale biologico che è oggetto del nuovo deposito è identico a quello oggetto del deposito iniziale.
CAPITOLO V Disposizioni finali
Articolo 15
1. Gli stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie
per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 30 luglio 2000. Essi ne informano immediatamente
la Commissione.
Quando gli stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva
o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento
sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi
adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 16
La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio:
a) ogni cinque anni a decorrere dalla data prevista all'articolo 15, paragrafo 1, una relazione sugli eventuali
problemi incontrati nell'applicazione della direttiva in rapporto agli accordi internazionali sulla tutela dei diritti
dell'uomo cui gli Stati membri hanno aderito;
b) entro due anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, una relazione intesa a valutare le
implicazioni, nel campo della ricerca di base di ingegneria genetica, della mancata pubblicazione o della
pubblicazione tardiva di documenti il cui contenuto potrebbe essere brevettabile;
c) annualmente a decorrere dalla data prevista all'articolo 15, paragrafo 1, una relazione sugli sviluppi e
sulle
implicazioni del diritto dei brevetti nel campo della biotecnologia e dell'ingegneria genetica.
Articolo 17
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee.
Articolo 18
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Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 6 luglio 1998.
Per il Parlamento europeo
Il Presidente
J. M. GIL - ROBLES
Per il Consiglio
Il Presidente
R. EDLINGER
(1) GU C 296 dell'8.10.1996, pag. 4 e GU C 311 dell'11.10.1997, pag. 12.
(2) GU C 295 del 7.10.1996, pag. 11.
(3) Parere del Parlamento europeo del 16 luglio 1997 (GU C 286 del 22.9.1997, pag. 87), posizione
comune del
Consiglio del 26 febbraio 1998 (GU C 110 dell'8.4.1998, pag. 17) e decisione del Parlamento europeo del
12
maggio 1998 (GU C 167 dell'1.6.1998). Decisione del Consiglio del 16 giugno 1998.
(4) GU C 68 del 20.3.1995, pag. 26.
(5) GU L 336 del 23.12.1994, pag. 213.
(6) GU L 227 dell'1.9.1994, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2506/95 (GU L 258 del
28.10.1995, pag. 3).
(7) GU L 309 del 13.12.1993, pag. 1.
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Disegno di Legge 2031
Riferimento: http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/pdf/14PDL0015550.pdf
Capo II – Disposizioni in tema di proprietà industriale
Art. 6
(Delega al Governo in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche)
Il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un
decreto legislativo per il recepimento della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6
luglio 1998, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche ed in conformità alla sentenza della
Corte di giustizia delle Comunità europee 9 ottobre 2001.
Il decreto legislativo è emanato su proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro delle
attività produttive, di concerto con i Ministri degli affari esteri,dell’economia e delle finanze, della giustizia,
della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio, delle politiche agricole e forestali e dell’istruzione,
dell’università e della ricerca.
2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è emanato nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che l’attuazione della direttiva avvenga nel rispetto degli obblighi derivanti da accordi
internazionali, in particolare dalla Convenzione sul brevetto europeo, dalla Convenzione sulla diversità
biologica e dall’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), e non
ne pregiudichi, comunque, l’osservanza;
b) consentire la possibilità di brevettare:
1) un materiale biologico, isolato dal suo ambiente naturale o prodotto tramite un procedimento tecnico;
2) un processo attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico, anche se
preesistente allo stato naturale, purché abbia i requisiti di un’invenzione;
c) prevedere l’esclusione dalla brevettabilità del corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo
sviluppo, nonché l’esclusione della brevettabilità della mera scoperta di uno degli elementi del corpo stesso,
ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, al fine di garantire che il diritto brevettuale sia
esercitato nel rispetto dei diritti fondamentali sulla dignità e l’integrità dell’uomo e dell’ambiente;
d) consentire la possibilità di brevettare un’invenzione relativa ad un elemento isolato dal corpo umano o
diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, anche se la sua struttura è identica a quella di
un elemento naturale, purché la sua funzione e applicazione industriale siano concretamente indicate; tale
elemento isolato deve essere il risultato di procedimenti tecnici che lo hanno identificato, purificato,
caratterizzato e moltiplicato al di fuori del corpo umano. Per procedimento tecnico si intende quello che
soltanto l’uomo è capace di mettere in atto e che la natura di per se stessa non è in grado di compiere;
e) confermare l’esclusione dalla brevettabilità dei metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo
umano o animale e dei metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale;
f) prevedere l’esclusione dalla brevettabilità delle invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario
all’ordine pubblico e al buon costume, alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, alla
preservazione dei vegetali ed alla prevenzione di gravi danni ambientali.
Tale esclusione riguarda, in particolare:
1) i procedimenti di clonazione di esseri umani;
2) i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano;
3) ogni utilizzazione di embrioni umani;
4) i procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali, atti a provocare su questi ultimi
sofferenze senza utilità medica sostanziale per l’essere umano o l’animale, nonché gli animali
risultanti da tali procedimenti;
g) prevedere un meccanismo di salvaguardia per cui, previa comunicazione alla Commissione europea,
possa essere estesa, se del caso, l’esclusione dalla brevettabilità anche ad altre invenzioni biotecnologiche
per motivi di ordine pubblico e buon costume, tutela della salute e dell’ambiente;
h) escludere la possibilità di brevettare una semplice sequenza di DNA, una sequenza parziale di un gene,
utilizzata per produrre una proteina o una proteina parziale, senza indicazione di una funzione utile alla
valutazione del requisito dell’applicazione industriale; considerare ciascuna sequenza autonoma ai fini
brevettuali nel caso di sequenze sovrapposte solamente nelle parti non essenziali all’invenzione;
i) consentire la brevettabilità di invenzioni riguardanti piante o animali ovvero un insieme vegetale,
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caratterizzato dall’espressione di un determinato gene e non dal suo intero genoma, se la loro applicazione
non è limitata, dal punto di vista tecnico, all’ottenimento di una determinata varietà vegetale o razza animale
e non siano impiegati, per il loro ottenimento, soltanto procedimenti essenzialmente biologici;
l) confermare l’esclusione della brevettabilità delle varietà e delle razze animali, nonché dei procedimenti
essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali;
m) prevedere l’esclusione della brevettabilità delle nuove varietà vegetali rispetto alle quali l’invenzione
consista esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale, anche se detta modifica è il frutto
di procedimento di ingegneria genetica;
n) prevedere che, nell’ambito della procedura di deposito di una domanda di brevetto, se una invenzione ha
per oggetto o utilizza materiale biologico di origine umana, alla persona da cui è stato prelevato tale
materiale, debba essere garantita la possibilità di esprimere il proprio consenso libero e informato a tale
prelievo, in base alla normativa vigente;
o) prevedere che nell’ambito della procedura di deposito di una domanda di brevetto, se l’invenzione ha per
oggetto o utilizza materiale biologico contenente microrganismi o organismi geneticamente modificati,
debba essere prodotta una dichiarazione che garantisca l’avvenuto rispetto degli obblighi riguardanti tali
modificazioni, derivanti dalle normative nazionali o comunitarie;
p) disciplinare l’utilizzazione da parte dell’agricoltore, per la riproduzione o la moltiplicazione in proprio nella
sua azienda, di materiale brevettato di origine vegetale, prevedendo che ciò avvenga nel rispetto di quanto
previsto dall’articolo14 del regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994;
q) disciplinare l’ambito e le modalità per l’esercizio della deroga di cui al paragrafo 2 dell’articolo11 della
direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, riguardante la vendita o altra
forma di commercializzazione di bestiame di allevamento o di altro materiale di riproduzione di origine
animale, escludendo, in particolare, la possibilità della rivendita del bestiame in funzione di un’attività di
produzione commerciale, a meno che gli animali dotati delle stesse proprietà siano stati ottenuti mediante
mezzi esclusivamente biologici e ferma restandola possibilità di vendita diretta da parte dell’allevatore per
soggetti da vita rientranti nella normale attività agricola;
r) prevedere che, dietro pagamento di un canone adeguato, venga assicurato il rilascio di una licenza
obbligatoria a favore:
1) del costitutore, per lo sfruttamento non esclusivo dell’invenzione protetta dal brevetto, qualora tale
licenza sia necessaria allo sfruttamento di una varietà vegetale;
2) del titolare di un brevetto riguardante un’invenzione biotecnologica per l’uso della privativa su un ritrovato
vegetale;
s) prevedere che il richiedente il brevetto di un materiale di origine vegetale o animale indichi, ove
conosciuto, il luogo geografico di origine del materiale;
t) salva l’applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l’osservanza delle
disposizioni del decreto legislativo, prevede sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle
disposizioni del decreto stesso, secondo i criteri e con i limiti indicati nell’articolo 2, comma 1, lettera e),
della legge 29 dicembre 2000, n. 422.
3. Il Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri della salute, delle politiche agricole e
forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, presenta al
Parlamento ogni anno, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo emanato in
attuazione della presente legge, una relazione sull’applicazione del decreto medesimo.
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Disegno di Legge N. 1745
risultante dallo stralcio, deliberato dalla Camera dei deputati
il 12 febbraio 2002, dell’articolo 6 del
DISEGNO DI LEGGE N. 2031
presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri
(BERLUSCONI)
e dal Ministro delle attività produttive
(MARZANO)
di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze
(TREMONTI)
(V. Stampato Camera n. 2031-ter)
approvato dalla Camera dei deputati il 26 settembre 2002
Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 30 settembre 2002
———–
Delega al Governo in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche
———–
Disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 126-bis del
Regolamento.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, un decreto legislativo per il
recepimento della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche ed in conformità alla sentenza della Corte di giustizia
delle Comunità europee 9 ottobre 2001. Il decreto legislativo è adottato su proposta dei Ministri per le
politiche comunitarie, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, dell’ambiente e della tutela
del territorio, della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca e per l’innovazione e le tecnologie,
di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’economia e delle finanze e della giustizia.
2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che l’attuazione della direttiva avvenga nel rispetto degli obblighi derivanti da accordi
internazionali, in particolare dalla Convenzione sul brevetto europeo, firmata a Monaco il 5 ottobre 1973,
dalla Convenzione sulla diversità biologica, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, tenendo conto in
particolare del principio dell’equa distribuzione dei benefici, dalla Convenzione del Consiglio d’Europa per
la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e
della medicina, fatta ad Oviedo il 4 aprile 1997, dal Protocollo addizionale sul divieto di clonazione di
esseri umani, fatto a Parigi il 12 gennaio 1998, n. 168, e dall’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà
intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), adottato a Marrakech il 15 aprile 1994, e non ne pregiudichi,
comunque, l’osservanza;
b) consentire la possibilità di brevettare:
1) un materiale biologico, isolato dal suo ambiente naturale o prodotto tramite un procedimento
tecnico, anche se preesistente allo stato naturale;
2) un procedimento tecnico attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale
biologico, anche se preesistente allo stato naturale, purché abbia i requisiti di un’invenzione;
c) prevedere che un brevetto possa essere concesso per qualsiasi applicazione nuova di un prodotto
già brevettato;
d) prevedere l’esclusione dalla brevettabilità del corpo umano, sin dal momento del concepimento e
nei vari stadi del suo sviluppo, nonché l’esclusione della brevettabilità della mera scoperta di uno degli
elementi del corpo stesso, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, al fine di garantire
che il diritto brevettuale sia esercitato nel rispetto dei diritti fondamentali sulla dignità e l’integrità dell’uomo
e dell’ambiente;
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e) consentire la possibilità di brevettare un’invenzione relativa a un elemento isolato dal corpo umano
o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, anche se la sua struttura è identica a quella
di un elemento naturale, a condizione che la sua funzione e applicazione industriale siano concretamente
indicate, descritte e specificatamente rivendicate. Per procedimento tecnico si intende quello che soltanto
l’uomo è capace di mettere in atto e che la natura di per se stessa non è in grado di compiere;
f) confermare l’esclusione dalla brevettabilità dei metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del
corpo umano o animale e dei metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale;
g) prevedere, in conformità ai principi contenuti nell’articolo 27, paragrafo 2, dell’Accordo sugli aspetti
dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), l’esclusione dalla brevettabilità delle
invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità umana, all’ordine pubblico e al buon
costume, alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali e
della biodiversità ed alla prevenzione di gravi danni ambientali. Tale esclusione riguarda, in particolare:
1) tutti i procedimenti di clonazione umana;
2) i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano;
3) ogni utilizzazione di embrioni umani, ivi incluse le linee di cellule staminali embrionali umane;
4) i procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali, atti a provocare su questi
ultimi sofferenze senza utilità medica sostanziale per l’essere umano o l’animale, nonché gli animali
risultanti da tali procedimenti;
5) le invenzioni riguardanti protocolli di screening genetico il cui sfruttamento conduca ad una
discriminazione o stigmatizzazione dei soggetti umani su basi genetiche, patologiche, razziali,
etniche, sociali ed economiche, ovvero aventi finalità eugenetiche;
h) prevedere che l’Ufficio italiano brevetti e marchi, in sede di valutazione della brevettabilità di
invenzioni biotecnologiche, al fine di garantire quanto previsto dalla lettera g), possa richiedere il parere
del Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie;
i) prevedere l’obbligo che la provenienza del materiale biologico di origine animale o vegetale, che
sta alla base dell’invenzione, venga dichiarata all’atto della richiesta di brevetto sia in riferimento al Paese
di origine, consentendo di accertare il rispetto della legislazione in materia di importazione e di
esportazione, sia in relazione all’organismo biologico dal quale è stato isolato;
l) escludere la possibilità di brevettare una semplice sequenza di DNA, una sequenza parziale di un
gene, utilizzata per produrre una proteina o una proteina parziale, salvo che venga fornita l’indicazione e
la descrizione di una funzione utile alla valutazione del requisito dell’applicazione industriale e che la
funzione corrispondente sia specificatamente rivendicata; considerare ciascuna sequenza autonoma ai fini
brevettuali nel caso di sequenze sovrapposte solamente nelle parti non essenziali all’invenzione;
m) consentire la brevettabilità di invenzioni riguardanti piante o animali ovvero un insieme vegetale,
caratterizzato dall’espressione di un determinato gene e non dal suo intero genoma, se la loro
applicazione non è limitata, dal punto di vista tecnico, all’ottenimento di una determinata varietà vegetale o
razza animale e non siano impiegati, per il loro ottenimento, soltanto procedimenti essenzialmente
biologici;
n) prevedere l’esclusione della brevettabilità delle varietà vegetali e delle razze animali, nonché dei
procedimenti
essenzialmente
biologici
di
produzione
di
animali
o
vegetali;
o) prevedere l’esclusione della brevettabilità delle nuove varietà vegetali rispetto alle quali
l’invenzione consista esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale, anche se detta
modifica è il frutto di procedimento di ingegneria genetica;
p) prevedere che, nell’ambito della procedura di deposito di una domanda di brevetto, se una
invenzione ha per oggetto o utilizza materiale biologico di origine umana, la persona da cui è stato
prelevato tale materiale abbia espresso il proprio consenso libero e informato a tale prelievo e
utilizzazione, in base alla normativa vigente;
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q) prevedere che nell’ambito della procedura di deposito di una domanda di brevetto, se l’invenzione
ha per oggetto o utilizza materiale biologico contenente microrganismi o organismi geneticamente
modificati, debba essere prodotta una dichiarazione che garantisca l’avvenuto rispetto degli obblighi
riguardanti tali modificazioni, derivanti dalle normative nazionali o comunitarie;
r) disciplinare l’utilizzazione da parte dell’agricoltore, per la riproduzione o la moltiplicazione in proprio
nella sua azienda, di materiale brevettato di origine vegetale, prevedendo che ciò avvenga nel rispetto di
quanto previsto dall’articolo 14 del regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994;
s) disciplinare l’ambito e le modalità per l’esercizio della deroga di cui al paragrafo 2 dell’articolo 11
della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, riguardante la vendita o
altra forma di commercializzazione di bestiame di allevamento o di altro materiale di riproduzione di
origine animale, escludendo, in particolare, la possibilità della ulteriore vendita del bestiame in funzione di
un’attività di produzione commerciale, a meno che gli animali dotati delle stesse proprietà siano stati
ottenuti mediante mezzi esclusivamente biologici e ferma restando la possibilità di vendita diretta da parte
dell’allevatore per soggetti da vita rientranti nella normale attività agricola;
t) prevedere che, dietro pagamento di un canone adeguato, venga assicurato il rilascio di una licenza
obbligatoria a favore:
1) del costitutore, per lo sfruttamento non esclusivo dell’invenzione protetta dal brevetto, qualora
tale licenza sia necessaria allo sfruttamento di una varietà vegetale;
2) del titolare di un brevetto riguardante un’invenzione biotecnologica per l’uso della privativa su un
ritrovato vegetale;
u) prevedere la nullità di tutti gli atti giuridici e delle operazioni negoziali compiuti in violazione dei divieti
previsti dal presente comma.
3. Il Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri della salute, delle politiche agricole e
forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, presenta al
Parlamento ogni anno, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo emanato in
attuazione della presente legge, una relazione sull’applicazione del decreto medesimo.
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