L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE
PROFESSIONALE
Le principali tappe della cooperazione a
livello comunitario
Simona Baggiani
novembre 2006
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L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE PROFESSIONALE
Le principali tappe della cooperazione a livello comunitario
1993 -1999:
VERSO LA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA
1. L’UNIONE DI FRONTE ALLE SFIDE DI UN ALLARGAMENTO STORICO E DELLA GLOBALIZZAZIONE
2. LE PRIME TAPPE DELLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA E DEL LIFELONG LEARNING
2.1
La scommessa del Lifelong Learning
2.2
Il libro bianco sulla società cognitiva
2.3
Alcune azioni concrete: verso nuovi modi di validazione delle
competenze
3. LE PRIME TAPPE DEL RAFFORZAMENTO DELLA COOPERAZIONE POLITICA
3.1
Una cooperazione politica alla ricerca di una maggiore continuità
3.2
La strategia europea per l’occupazione
3.3
La valutazione della qualità e lo sviluppo di indicatori
2000 – 2005:
L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE AL CENTRO DELLA STRATEGIA
ECONOMICA E SOCIALE DELL’UNIONE PER IL 2010
1. L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE NELLA STRATEGIA DI LISBONA
1.1
La definizione di un quadro di cooperazione politica
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1.2
La realizzazione degli obiettivi comuni fissati per il 2010
1.3
Lo sviluppo di indicatori e benchmarks
1.4
Quattro anni dopo Lisbona: la Commissione suona il campanello
d’allarme
2. IL LIFELONG LEARNING: PRINCIPIO GUIDA DI TUTTE LE AZIONI
3. IL RILANCIO DELLA COOPERAZIONE POLITICA IN MATERIA DI FORMAZIONE PROFESSIONALE
3.1
Rapporti sempre più stretti tra formazione professionale e istruzione
3.2
I ministri rilanciano la cooperazione a Copenaghen
4. IL QUADRO EUROPEO DELLE QUALIFICHE: UN NUOVO MODO DI COMPRENDERE LE
TUTTA L’EUROPA
QUALIFICHE IN
5. EDUCAZIONE E FORMAZIONE DEGLI ADULTI: NON È MAI TROPPO TARDI PER IMPARARE
N.B.: questa sintesi, che presenta le principali tappe della cooperazione comunitaria
nell’ambito dell’istruzione e della formazione professionale, volutamente non comprende
né la descrizione della nascita e degli sviluppi dei programmi comunitari in materia di
istruzione e formazione professionale quali Socrates, Leonardo, Gioventù, ecc. né il
processo di Bologna concernente l’istruzione superiore. La trattazione di queste tappe
meriterebbe, infatti, un contesto molto più ampio di quello previsto per questo sintetico
excursus. Sui programmi comunitari e sul processo di Bologna è peraltro già disponibile
molto materiale documentario e molti sono i siti di riferimento, non solo a livello europeo
ma anche nazionale, nei quali attingere informazioni. In questa sede basti citare:
per i programmi comunitari:
http://ec.europa.eu/education/programmes/programmes_it.html
per il processo di Bologna: http://www.bolognaprocess.it
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1993 -1999:
VERSO LA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA
1. L’UNIONE DI FRONTE ALLE SFIDE DI UN ALLARGAMENTO STORICO E DELLA GLOBALIZZAZIONE
A partire dal 1993, la cooperazione in materia di istruzione e formazione entra in
una nuova fase.
Grazie al Trattato di Maastricht sull'Unione europea dell’anno precedente,1
l'istruzione acquisisce un ruolo di rilievo, entrando a pieno titolo tra le competenze
politiche comunitarie.2 Si tratta, infatti, di una svolta storica nell’ambito educativo,
in quanto si riconosce formalmente l’educazione come area di competenza della
Comunità.
Le Linee guida per l’azione comunitaria nel campo dell’educazione e della
formazione adottate dalla Commissione il 5 maggio 1993 costituiscono il primo
documento che sancisce la collaborazione europea in questi due settori. Tale
documento rappresenta, dunque, il riconoscimento del ruolo chiave che
l'istruzione e la formazione assumono non solo nella costruzione dell'Europa, ma,
soprattutto, nel profondo e rapido processo di trasformazione che attraversa la
società europea. Nella "società conoscitiva", nella quale la divisione è sempre più
tra "coloro che sanno interpretare, coloro che sanno soltanto utilizzare e coloro
che sono emarginati in una società che li assiste",3 è proprio l’istruzione e la
formazione che devono raccogliere la sfida per eliminare il divario fra questi
gruppi e sviluppare appieno le risorse umane.
Gli articoli 149 e 150 del Trattato dell’Unione affidano, così, alla Comunità il
compito di sostenere lo sviluppo di un’istruzione di qualità, intervenendo per
rafforzare quelli che sono considerati i punti cardine per la crescita della
dimensione europea: cooperazione e mobilità. Per ogni stato membro la qualità
dell’istruzione costituisce una priorità politica perseguita a livello nazionale al cui
sviluppo la Comunità può contribuire: si tratta del cosiddetto principio di
sussidiarietà, secondo il quale l’intervento della Comunità è autorizzato nella
misura in cui un obiettivo non può essere sufficientemente realizzato dai singoli
Il Trattato di Maastricht, che ha istituito l'Unione europea, è stato siglato dagli Stati membri della Comunità
europea il 7 febbraio 1992 ed è entrato in vigore il 1° novembre 1993.
1
Cfr. comma 1 dell'art.126: "La Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la
cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto
della responsabilità degli stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione
del sistema d’istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche […]".
2
3
(Edith Cresson), Libro bianco su istruzione e formazione: Insegnare e apprendere: verso una società
conoscitiva, COM (95) 590, Lussemburgo, 1995.
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governi, tramite misure a livello nazionale. D'altro canto, intende garantire la
competenza degli stati membri nei settori in cui una procedura comunitaria non
può fornire una normativa migliore.
All’inizio degli anni 90, l’Unione si trova già a doversi confrontare con nuove sfide
che esigeranno cambiamenti profondi. La prima sfida è l’allargamento, la
seconda, non meno importane la globalizzazione.
Con la liberazione nel 1989 dei paesi dell’Europa centrale e orientale dai governi
sovietici, l’Unione intravede la possibilità di allargarsi a questi paesi (cosa che
avverrà 15 anni dopo), passando da 375 milioni di abitanti a circa mezzo miliardo,
superando così gli Stati Uniti, il Giappone, il Canada e l’Australia insieme (450
milioni) e divenendo il più grande mercato interno al mondo.
La seconda sfida è esterna al continente e ne condiziona ormai lo sviluppo. Si
tratta della globalizzazione sempre più forte delle economie e degli scambi che
ne esige un adattamento in profondità e rafforza il bisogno di un’azione comune
degli europei non solo per affrontare in maniera più adeguata una concorrenza
internazionale sempre più forte, ma anche per difendere i valori e un modello di
sviluppo europei.
Nel corso degli anni 90 si assiste dunque a una presa di coscienza crescente della
necessità di rafforzare la concertazione e l’azione collettiva per far fronte a
questioni che il livello nazionale non riesce più a gestire autonomamente.
L’aumento del numero degli incontri dei capi di Stato o di Governo e il tenore
delle conclusioni che adottano attestano di questa evoluzione e di una più
grande importanza accordata al livello europeo, come luogo di concertazione
politica e di azione.
Ma la portata di queste 2 principali sfide, quali l’allargamento e la globalizzazione,
non è solo economica. È anche culturale ed educativa. Si tratta, in effetti, di
realizzare questa “unione sempre più stretta dei popoli europei” che non può
trovare risposta nella sola integrazione economica dell’Europa. La globalizzazione
degli scambi e le nuove tecnologie di informazione e comunicazione hanno un
impatto sempre più importante sui modi e luoghi di trasmissione dei saperi, al cui
primo posto si trovano i sistemi di istruzione e formazione.
2. LE PRIME TAPPE DELLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA E DEL LIFELONG LEARNING
Di fronte alle sfide che l’Unione deve affrontare, il Consiglio europeo di
Copenaghen (21 e 22 giugno 1993) richiede alla Commissione europea di
presentare un libro bianco su una strategia a medio termine in favore della
crescita, della competitività e dell’occupazione. Jacques Delors presenta questo
testo nel dicembre 1993 al Consiglio europeo di Bruxelles che stabilisce un piano di
azione per gli anni avvenire.
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Questo libro bianco è probabilmente uno dei testi di riflessione più completi e più
ambiziosi che la Commissione abbia mai prodotto. Attribuisce notevole
importanza ai sistemi di istruzione e di formazione nel suo capitolo relativo al
lavoro, sottolineando la loro duplice missione di promozione dello sviluppo
personale e dei valori di cittadinanza, ma anche di sostegno alla crescita
economica.
Debolezze e sfide sono chiaramente identificate: un livello insufficiente di
formazione iniziale e continua, un deficit di qualifiche in certi settori, troppi giovani
che lasciano i sistemi scolastici senza qualifica, un perdurante insuccesso
scolastico, ecc. In una società fondata sempre più sulla produzione, la
trasmissione e la condivisione delle conoscenze, l’accesso al sapere occupa un
posto sempre più determinante, e i saperi e i saper fare acquisiti dovranno, inoltre,
essere regolarmente aggiornati. I sistemi devono dunque adattarsi a questa
nuova realtà. Secondo il libro bianco la “scommessa” di un’istruzione lungo tutto
l’arco della vita diviene il grande disegno in base al quale dovranno essere
modellate le comunità educative nazionali. Tutto ciò mette l’accento sulla
necessità di creare un vero spazio e mercato europeo delle qualifiche e delle
professioni e di rimediare alla mancanza di trasparenza reciproca così come al
troppo debole riconoscimento dei titoli e delle competenze a livello comunitario.
Questo problema non è nuovo ma si fa più pressante in seguito all’attuazione del
mercato interno. Si dovrà attendere il 2004 per un impegno concreto nello
sviluppo di un quadro europeo per le qualifiche e le competenze. È del 5
settembre 2006 l’adozione di una proposta di raccomandazione del Parlamento
europeo e del Consiglio relativa al Quadro Europeo delle qualifiche per
l’apprendimento permanente (vd più avanti).
Già nel 1993, dunque, la Commissione aveva analizzato le sfide legate allo
sviluppo della società della conoscenza e mostrato il cammino dell’istruzione e
della formazione lungo tutto l’arco della vita come quadro concettuale in cui la
futura azione comunitaria e nazionale avrebbero dovuto iscriversi. È questo stesso
libro bianco che propone che sia organizzato un “Anno europeo dell’istruzione”
che diventerà, nel 1996, l’Anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo
tutto l’arco della vita.
2.1 La scommessa del Lifelong Learning
Nel corso degli anni 90, l’azione comunitaria contribuisce a sensibilizzare gli Stati
membri alle problematiche del rapporto tra Europa della conoscenza e
apprendimento permanente.
Le società europee, come già sottolineato, devono far fronte allo sviluppo della
globalizzazione degli scambi, della società dell’informazione e all’accelerazione
dei progressi scientifici e tecnologici. Tutto ciò contribuisce ad accrescere le
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chances di ciascuno di accedere all’informazione e al sapere, ma rende anche
più necessaria di sempre la padronanza di nuove competenze e un
aggiornamento regolare delle qualifiche e delle conoscenze a tutti i livelli. La sfida
per tutti i paesi è dunque quella di preparare giovani e adulti, grazie ai sistemi di
istruzione e formazione, ad adattarsi a questa nuova realtà, in modo da evitare
che questa non accentui i fenomeni di esclusione e frattura sociale.
Nel 1991, attraverso i memorandum sull’istruzione superiore, sulla formazione
professionale e sull’istruzione a distanza, la Commissione aveva già posto
l’accento sul contributo di questi settori al Lifelong Learning. Le proposte della
primavera del 1993 in vista del rinnovo e della razionalizzazione della prima
generazione di programmi comunitari in materia di istruzione e di formazione ne
rafforzano l’importanza. L’analisi si spinge allora più avanti anticipando gli sviluppi
dei 10 anni successivi: “Il vantaggio del concetto di educazione permanente è che
potrebbe creare nuove prospettive e un quadro di riferimento più adeguato per
fondere in un’azione integrata le diversi disposizioni in materia di istruzione e di
formazione, spesso organizzate separatamente, creando così sistemi di istruzione e
formazione più dinamici e più flessibili per il futuro”.4
Dal 1993 al 2000, vengono, dunque, conquistate diverse tappe che permettono
alla cooperazione comunitaria di integrare nella riflessione e nell’analisi comune le
questioni legate allo sviluppo della società della conoscenza e del lifelong
learning e di prepararsi alla loro implementazione, in particolare in seguito al
Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000.
I CONCETTI DI LIFELONG LEARNING E DI SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA ACQUISTANO SEMPRE PIÙ
IMPORTANZA
Le tappe più significative: 1993 – 2000
Dicembre 1993: il Libro bianco “Crescita, competitività, occupazione” (Jacques
Delors) attribuisce una grande importanza all’istruzione e alla formazione lungo
tutto l’arco della vita.
1995: Libro bianco “Insegnare e apprendere – Verso la società conoscitiva”
(Edith Cresson).
1996: Anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della
vita.
Documento di lavoro della Commissione “Linee guida dell’azione comunitaria nell’ambito dell’istruzione e
della formazione”, Bruxelles, 5 maggio 1993, COM (93) 183 finale.
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Ottobre 1997: il preambolo del Trattato di Amsterdam sottolinea la necessità di
“promuovere lo sviluppo del livello di conoscenza più elevato possibile” per i
popoli europei “attraverso un largo accesso all’istruzione e all’aggiornamento
permanente delle conoscenze”.
Novembre 1997: comunicazione della Commissione “Per un’Europa della
conoscenza” – orientamenti (2000-2006) per le future azioni comunitarie in
materia di istruzione, di formazione e di gioventù.
Novembre 1997: il Consiglio straordinario del Lussemburgo sull’occupazione
fissa le prime linee guida per le politiche nazionali del lavoro. Il lifelong learning
diviene un obiettivo orizzontale della strategia europea per l’occupazione.
1999: nuovo quadro finanziario per gli anni 2000-2006 “Agenda 2000”. Dà la
“priorità alla conoscenza”. Accorda una maggiore importanza alle politiche
interne, di cui l’istruzione, la formazione e la gioventù fanno parte.
2000: Consiglio europeo di Lisbona (marzo): l’investimento nella conoscenza è
posto al cuore della nuova strategia economica e sociale dell’Unione. Il
Consiglio europeo di Santa Maria da Feira, nel giugno dello stesso anno,
richiede lo sviluppo di strategie e di azioni concrete per attuare il lifelong
learning. Novembre: il memorandum della Commissione lancia un’ampia
consultazione sul tema.
2. 2 Il libro bianco sulla società cognitiva
Il libro bianco della Commissione sulla società cognitiva, redatto da Edith Cresson,
svolge indubbiamente un ruolo fondamentale tra le tappe che precedono la
dichiarazione di Lisbona.
Nel precedente libro bianco di Delors, “Crescita, competitività, occupazione”, del
1993, viene data la priorità alla riflessione sulle sfide a cui devono far fronte i sistemi
di istruzione e formazione europei. Tale riflessione, per lo specifico settore
dell’istruzione e della formazione, è condotta, in seguito, attraverso due strumenti:
un gruppo di riflessione creato nel settembre del 1995 per raccogliere il parere di
esperti indipendenti 5 e un libro bianco che permetta di approfondire la questione
e presenti proposte concrete di azione per il futuro.
Questo libro bianco intitolato “Insegnare e apprendere – Verso la società
conoscitiva” è discusso e diffuso nel 1996, durante l’anno europeo dell’istruzione e
Questo gruppo ha prodotto un rapporto intitolato “Compiere l’Europa attraverso l’istruzione e la formazione”
che sintetizza le riflessioni del gruppo e pone quattro obiettivi prioritari per i sistemi di istruzione e formazione: 1)
costruire la cittadinanza europea; 2) rafforzare la competitività europea, 3) mantenere la coesione sociale; 4)
utilizzare appieno le possibilità offerte dalla società dell’informazione.
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la formazione lungo tutto l’arco della vita. Identifica tre “motori shock” (la società
dell’informazione, la globalizzazione e la civiltà scientifica e tecnica) che
attraversano la società europea, le nuove opportunità di cui sono portatori e i
nuovi rischi che essi inducono per le società.
Risultato di un lavoro condotto in comune dai servizi del commissario in carica per
l’educazione, la formazione e la gioventù, Cresson, e quelli dei commissari
responsabili per l’occupazione, le relazioni industriali e gli affari sociali, questo libro
bianco invita a mettere in atto delle politiche per far fronte alla globalizzazione e
alle sue conseguenze. Le risposte che i sistemi di istruzione e formazione possono
apportare sono di due ordini: la rivalorizzazione della cultura generale e lo
sviluppo dell’attitudine al lavoro.
CINQUE OBIETTIVI DEL LIBRO BIANCO SULLA SOCIETÀ COGNITIVA E PROPOSTE CONCRETE DI AZIONE
1. Innalzare il livello generale delle conoscenze incoraggiando l’acquisizione di
conoscenze nuove e di nuovi modi più flessibili di riconoscimento delle
competenze, compreso quelle non formali (per esempio attraverso la creazione di
carte personali delle competenze, la generalizzazione dell’ECTS…).
2. Avvicinare la scuola e il lavoro sviluppando l’apprendimento in tutte le sue
forme (per esempio attraverso la creazione di reti di centri di
tirocinio/apprendistato, attraverso la mobilità degli apprendisti/tirocinanti, la
realizzazione di uno statuto europeo dell’apprendista…).
3. Lottare contro l’esclusione (per esempio attraverso la creazione di scuole della
seconda chance per i giovani usciti senza qualifica dal sistema educativo e lo
sviluppo del servizio volontario europeo).
4. Padroneggiare almeno tre lingue comunitarie (per esempio attraverso la
creazione di un “bollino” europeo di qualità “classi europee”).
5. Trattare sullo stesso piano l’investimento di capitale e quello destinato alla
formazione.
Le proposte di questo libro bianco vanno ad interpellare direttamente i sistemi nel
loro funzionamento, suscitano dibattiti di fondo e contribuiscono a sensibilizzare
l’opinione pubblica sull’emergenza dell’economia del sapere. Suscitano tuttavia
delle reticenze. Se non contestano i cinque obiettivi identificati, gli Stati membri
giudicano comunque le azioni proposte complesse e difficili da realizzare e
invitano a una maggiore flessibilità. Si prosegue la consultazione e la Commissione,
al fine di convincere della pertinenza delle sue proposte, dà vita ad esperienze
pilota per ciascuno dei cinque obiettivi. Adotta poi, nel maggio 1997, una
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comunicazione6 che sintetizza i principali messaggi politici generati dai dibattiti
che hanno seguito la pubblicazione del libro bianco. Presenta anche le diverse
sperimentazioni intraprese sui cinque obiettivi enunciati nel libro bianco.
2.3 Alcune azioni concrete: verso nuovi modi di validazione delle competenze
Oltre alle azioni quali l’istituzione del servizio volontario europeo, della scuola della
seconda chance per i giovani che hanno abbandonato prematuramente il
sistema scolastico, di una task-force “software didattici e multimedia” e la
promozione dell’insegnamento delle lingue, si comincia a cercare una soluzione
concreta alla complessa e dibattuta questione del riconoscimento dell’esperienza
e delle competenze acquisite in maniera non formale o informale.
Le proposte fatte dal libro bianco sullo sviluppo di nuovi modi di validazione delle
competenze (carte personali delle competenze, modalità europea di
accreditamento delle competenze) suscitano numerosi e ampi dibattiti. Tutto ciò
permette una forte sensibilizzazione degli attori in questione su questa
problematica indissociabile dalla questione più generale della trasparenza delle
qualifiche che figura da tempo nell’agenda comunitaria, e che riacquisterà
ulteriore importanza nel quadro dei dibattiti sull’implementazione dell’istruzione e
della formazione lungo tutto l’arco della vita. Di fatto, la valorizzazione sul mercato
europeo di saperi e competenze acquisiti dall’individuo durante la propria vita
esige che siano attuati nuovi modi di riconoscimento delle competenze. Il libro
bianco, inoltre, richiama, per la formazione professionale, a metodi di
riconoscimento reciproci equivalenti a quello applicato a livello di istruzione
superiore (ECTS). Il Consiglio europeo di Barcellona formula la stessa aspettativa 7
anni più tardi, nel marzo 2002, dimostrando così che i progressi in tale ambito non
sono stati sufficienti.
Tuttavia, alcuni passi in questo senso sono stati fatti nella seconda metà degli anni
90. Vengono infatti sviluppati diversi strumenti europei che permettono di attestare
competenze e qualifiche acquisite attraverso formazioni effettuate nell’ambito
dell’Unione. Si tratta del:
6
Supplemento al certificato per le qualifiche professionali (strumento
analogo al supplemento al diploma nell’ambito dell’istruzione superiore7),
Comunicazione della Commissione adottata il 29 maggio 1997, COM (97) 256 finale.
Il supplemento al Diploma è un documento allegato a un diploma di studi superiori che ha come obiettivo
una migliore “trasparenza” internazionale e il riconoscimento accademico e professionale delle qualifiche. È
stato sviluppato congiuntamente nel periodo 1998-1999 dalla Commissione europea, il Consiglio d’Europa e
l’UNESCO-CEPES (Centro europeo per l’istruzione superiore). Questo documento deve descrivere la natura, il
livello, il contesto, il contenuto e lo status degli studi compiuti dalla persona in questione attraverso la qualifica
originale alla quale tale supplemento è allegato. Deve essere privo di qualsiasi giudizio di valore, dichiarazione
di equivalenza o suggerimento di riconoscimento. È uno strumento flessibile e non normativo che può essere
adattato ai bisogni locali. La sua diffusione gratuita e sistematica a tutti gli studenti è una delle priorità
perseguite dal processo di Bologna (vd http://www.bolognaprocess.it).
7
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modello europeo del Curriculum Vitae per una presentazione semplice ed
efficace delle qualifiche e competenze individuali;
Europass- Formazione,8 concepito come un “passaporto europeo” che
precisa le conoscenze e le esperienze acquisite in contesti formali e non
formali. Un nuovo Europass, che integra questi diversi strumenti verrà poi
adottato nel 2004.
3. LE PRIME TAPPE DEL RAFFORZAMENTO DELLA COOPERAZIONE POLITICA
3.1 Una cooperazione politica alla ricerca di una maggiore continuità
Le priorità politiche della cooperazione sono tradizionalmente discusse a livello del
comitato dell’istruzione e stabilite a livello ministeriale dal Consiglio dei ministri
dell’istruzione che si riunisce minimo una volta a semestre. Sono frutto di spinte
diverse che possono provenire dalla Commissione, dal Consiglio “Istruzione” stesso,
ma anche dal Parlamento europeo o, sempre più spesso, dai capi di Stato o di
Governo riuniti in seno al Consiglio europeo. Le successive presidenze dell’Unione
hanno anche, per lungo tempo, influenzato l’agenda politica in base alle loro
priorità nazionali, non facilitando sempre lo sviluppo di una continuità nei lavori
comunitari. Bisognerà aspettare la fine degli anni 90 perché si esprima con più
forza la volontà di andare verso una maggiore coerenza.
La prima tappa è superata nel 1999 con l’adozione da parte del Consiglio dei
ministri dell’istruzione di una risoluzione che propone nuovi metodi di lavoro per la
cooperazione negli ambiti dell’istruzione e della formazione professionale.
L’importanza ormai accordata all’istruzione e alla formazione a livello comunitario
esige che la cooperazione politica a livello europeo sia rafforzata e che, per fare
ciò, siano definiti nuovi metodi di lavoro per migliorarne la continuità, il
funzionamento e l’efficacia.
Tale approccio, pur costituendo un progresso, resta tuttavia ancora abbozzato in
rapporto ad approcci più importanti di coordinamento delle politiche nazionali in
altri ambiti, come per esempio quello dell’occupazione (vd. paragrafo
successivo). I ministri propongono che i futuri lavori si articolino attorno a una
“programmazione continua”, la cosiddetta Rolling Agenda e a temi prioritari.
In un primo tempo, i temi ritenuti prioritari sono il ruolo dell’istruzione e della
formazione nelle politiche dell’occupazione, la realizzazione di un’istruzione e una
formazione di qualità a tutti i livelli e la promozione della mobilità (per progredire
nella realizzazione di uno spazio europeo di istruzione e formazione). La Rolling
Decisione 51/99/CE del Consiglio, del 21 dicembre 1998, relativa alla promozione di percorsi europei di
formazione in alternanza, ivi compreso l'apprendistato. Nel 2003, la Commissione presenterà un rapporto
positivo sulla sua attuazione, COM(2002) 214.
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Agenda viene tuttavia molto velocemente sostituita dal nuovo metodo introdotto
dal Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000, il “metodo aperto di
coordinamento”, come strumento per favorire la convergenza delle politiche
nazionali verso obiettivi comuni, tramite la condivisione di azioni, esperienze e
buone pratiche.
3.2 La strategia europea per l’occupazione
In seguito al libro bianco “Crescita, competitività, occupazione” del 1993 che
richiamava a una “strategia globale comune” in materia di occupazione, sono
stati presi impegni politici forti in questo senso dai consigli europei successivi (in
particolare quello di Essen del dicembre 1994). Nel 1996 viene creato un comitato
permanente per l’occupazione e il mercato del lavoro. Una sezione specifica
(titolo VIII) viene per la prima volta dedicata all’occupazione nel trattato di
Amsterdam firmato nell’ottobre del 1997, sezione che stabilisce “una strategia
coordinata per l’occupazione”. Un vertice straordinario sull’occupazione si tiene a
Lussemburgo nel novembre 1997 e viene lanciata su questa base la strategia
europea per l’occupazione (SEO), appoggiata fermamente l’anno successivo dal
Consiglio europeo di Cardiff e da quelli che seguiranno, in particolare il Consiglio
europeo di Lisbona del 2000.
Le politiche nazionali sono, a partire dal 1998, esaminate annualmente sulla base
di un rapporto congiunto sull’occupazione emanato dalla Commissione europea
e dal Consiglio. La pietra angolare di questa nuova strategia è un dispositivo di
sorveglianza multilaterale annuale delle politiche nazionali e dei loro risultati sulla
base di linee guida e piani di azione nazionali per l’occupazione (cfr.
http://ec.europa.eu/employment_social/employment_strategy/develop_en.htm).
Il Consiglio europeo di Lisbona invita il Consiglio “Istruzione” a contribuire
attivamente al processo di Lussemburgo e di Cardiff. Così, a partire dal 2001, il
parere dei ministri dell’istruzione è tenuto in conto dalla Commissione
nell’elaborazione delle linee guida annuali per l’occupazione che accordano, a
partire da questa data, una priorità al lifelong learning. A partire dal 2005, in
seguito all’esame intermedio della strategia di Lisbona, viene presa la decisione di
integrare in un solo documento i grandi orientamenti delle politiche economiche
e le linee guida per l’occupazione.
3.3 La valutazione della qualità e lo sviluppo di indicatori
Segno di una cooperazione che evolve, gli Stati membri accettano poco a poco
di affrontare questioni giudicate sensibili. Si tratta principalmente della valutazione
della qualità dei sistemi e dello sviluppo di indicatori, questioni fino a quel
momento principalmente affrontate da altre istanze, l’OCSE in particolare. Bisogna
tuttavia attendere i primi anni del 2000 e l’impulso dato dal Consiglio europeo di
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Lisbona perché queste questioni, e in particolare quella degli indicatori, acquistino
realmente importanza.
Per quello che concerne in particolare la formazione professionale, si avverte
anche in questo settore sempre più l’esigenza di qualità in rapporto alla
realizzazione del mercato interno ma anche alle difficoltà persistenti riscontrate
dalla maggioranza degli Stati membri in materia di occupazione giovanile. Questa
preoccupazione comune traspare specificamente negli anni 90 attraverso 2 testi
che il Consiglio adotta rispettivamente nel 1993 e nel 1994 e che insistono sulla
necessità di accrescere non solo la qualità ma anche l’attrattiva dell’istruzione e
della formazione professionale. Nel 1995, le sfide per la qualità della formazione
professionale sono di nuovo oggetto di dibattito, in seguito all’impulso dato dal
Consiglio europeo di Essen del dicembre 1994 che insiste sulla promozione degli
investimenti nell’ambito della formazione professionale per migliorare la situazione
dell’occupazione. Con il processo di Copenaghen (vd più avanti), la garanzia di
qualità diventa una questione prioritaria per l’ambito della formazione
professionale.
La cooperazione politica in materia di indicatori si focalizza all’inizio sulla qualità
dell’istruzione scolastica. La conferenza dei ministri europei dell’istruzione di Praga
del giugno 1998 invita la Commissione a costituire un gruppo di esperti nazionali,
designati dai ministri, per definire un numero di indicatori in materia di qualità
dell’istruzione scolastica al fine di facilitare la valutazione dei sistemi a livello
nazionale. I lavori di questo gruppo di esperti sfociano nella produzione, nel
maggio 2000, del Rapporto europeo sulla qualità dell’istruzione scolastica – 16
indicatori di qualità, presentato alla conferenza dei ministri europei dell’istruzione
di giugno 2000 (Bucarest). Il rapporto presenta un’analisi dei punti di forza e di
debolezza di questi indicatori per prevederne un loro rafforzamento e la
costruzione di nuovi. Il gruppo di esperti prosegue i suoi lavori e produce, per la
riunione dei ministri europei dell’istruzione di Bratislava nel giugno 2002, un
secondo rapporto questa volta basato su 15 indicatori di qualità in materia di
istruzione e formazione permanente. Data la complessità dell’ambito, Eurostat
garantisce parallelamente un lavoro di fondo sugli aspetti metodologici statistici
dell’istruzione e formazione permanente nel quadro di una task-force creata nel
febbraio 2000 e che presenta un rapporto finale dei suoi lavori all’inizio del 2001.
Nonostante l’assenza di un follow-up, questi lavori rappresentano comunque una
prima tappa nella riflessione politica in materia di indicatori europei dell’istruzione.
Il consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 segna una tappa importante anche
in questo ambito introducendo il “metodo aperto di coordinamento” che
consacra gli indicatori e i criteri di riferimento europei (benchmarking) come
strumenti chiave che permettono di misurare i progressi dell’Unione verso gli
obiettivi fissati in comune per il 2010.
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2000 – 2005:
L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE AL CENTRO DELLA STRATEGIA
ECONOMICA E SOCIALE DELL’UNIONE PER IL 2010
Importanti eventi per la costruzione dell’Europa comunitaria segnano questo inizio
di secolo: prima di tutto l’adozione nel marzo del 2000 di una nuova strategia
economica, sociale e ambientale per l’Unione, la cosiddetta strategia di Lisbona;
poi l’allargamento dell’Unione, nel maggio 2004, a 10 nuovi stati membri; infine,
l’adozione da parte del Consiglio europeo, il 17 e 18 giugno 2004 a Roma, del
progetto di trattato che stabilisce una nuova Costituzione per l’Europa.
In questi anni si verificano anche importanti cambiamenti nell’ambito della
cooperazione comunitaria in materia di istruzione e formazione, tanto nella sua
dimensione politica che a livello di programmi rivolti ai cittadini. La strategia di
Lisbona conduce i responsabili di questa cooperazione a definire, per la prima
volta nella storia, un quadro di cooperazione politica comune (“Istruzione e
formazione 2010”), che diverrà il punto di riferimento per l’insieme delle azioni di
istruzione e formazione, e ad adottare un nuovo metodo di lavoro teso a favorire
le convergenze dei sistemi.
1. L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE NELLA STRATEGIA DI LISBONA
Il Consiglio Europeo di Lisbona fissa un obiettivo molto ambizioso da realizzare
entro il 2010: “l’Unione deve diventare l’economia della conoscenza più
competitiva e più dinamica del mondo…”. Imponendo la scadenza del 2010, il
Consiglio europeo forza l’azione e stabilisce per tutti i settori interessati una certa
esigenza di efficacia e di risultato.
Le conclusioni di Lisbona sono dunque qualcosa di più che una dichiarazione
politica di portata generale. Si tratta, di fatto, di una strategia coerente che mira
a sostenere il processo di riforma e di cambiamento negli stati membri con un
obiettivo a medio termine, un metodo di lavoro e di monitoraggio strutturato.
Fino ad allora, l’occupazione (attraverso la strategia europea per l’occupazione –
SEO) e l’economia erano stati i principali settori ad aver sviluppato strategie
coordinate a livello comunitario. Facendo dell’investimento nella conoscenza uno
dei motori del ritorno alla prosperità nell’Unione, i capi di Stato e di Governo non
possono ormai più prescindere dal ruolo di protagonista dei sistemi di istruzione e
formazione.
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I PRINCIPI GUIDA DELLA STRATEGIA DI LISBONA
Preparare la transizione verso una economia fondata sulla conoscenza
•
•
•
•
•
•
sviluppare una società dell’informazione per tutti
creare uno spazio europeo della ricerca
realizzare il mercato interno e renderlo pienamente operativo
rafforzare la competitività e il dinamismo delle Piccole e Medie Imprese
sviluppare mercati finanziari efficaci e integrati
coordinare le politiche macroeconomiche
Modernizzare il modello sociale europeo investendo nelle risorse umane e
creando uno stato sociale attivo
•
•
•
•
adattare i sistemi di istruzione e di formazione alla società della conoscenza
garantire più posti di lavoro e di migliore qualità
modernizzare la protezione sociale
favorire l’integrazione sociale
Realizzazione di questa strategia attraverso il miglioramento dei processi esistenti e
un nuovo metodo aperto di coordinamento per diffondere le migliori pratiche e
garantire una maggiore convergenza in rapporto ai principali obiettivi dell’Unione
1.1 La definizione di un quadro di cooperazione politica
Il Consiglio europeo di Lisbona domanda in particolare ai ministri dell’istruzione di
intraprendere “una riflessione generale sugli obiettivi concreti futuri dei sistemi di
istruzione basata sulle preoccupazioni e le priorità comuni, pur nel rispetto delle
diversità nazionali”.
Il Consiglio “Istruzione” adotta, così, il 12 febbraio 2001, e sottopone in seguito al
Consiglio europeo di Stoccolma il 23 e 24 marzo 2001, il rapporto “Istruzione e
formazione in Europa: sistemi diversi, obiettivi comuni per il 2010. Il programma di
lavoro sugli obiettivi futuri dei sistemi di istruzione e di formazione”. Si tratta del
primo documento ufficiale che definisce un approccio europeo globale e
coerente nei confronti delle politiche nazionali di istruzione e formazione
nell’Unione europea. In questo rapporto, i ministri dell’istruzione si mettono
d’accordo per la prima volta a livello europeo su obiettivi comuni da raggiungere
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entro il 2010. Questi obiettivi, nel numero di 13, sono raggruppati attorno a tre
finalità strategiche:
1. qualità/efficacia,
2. accesso
3. apertura.
Il Consiglio europeo di Stoccolma approva questo rapporto e domanda che un
programma di lavoro dettagliato sia elaborato per garantirne la realizzazione
concreta. Quest’ultimo è adottato congiuntamente dal Consiglio e dalla
Commissione il 14 febbraio 2002. A Barcellona, il 15 e 16 marzo 2002, i capi di Stato
e di Governo lo approvano e riaffermano i principali obiettivi fissati a Lisbona.
L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE PER IL 2010
3 FINALITÀ STRATEGICHE E 13 OBIETTIVI CONCRETI COMUNI
rafforzare l’efficacia
e la qualità dei
sistemi attraverso…
1. il miglioramento della
formazione degli
insegnanti e dei
formatori,
2. lo sviluppo delle
competenze chiave,
3. l’acceso per tutti alle
TIC,
4. un maggior numero di
laureati nelle materie
scientifiche e
tecnologiche,
5. l’ottimizzazione
dell’utilizzo delle
risorse.
Rendere i sistemi più
accessibili
attraverso…
6. lo sviluppo di un
ambiente favorevole
all’apprendimento,
7. una maggiore attrattiva
dell’istruzione e della
formazione,
8. una cittadinanza attiva,
pari opportunità e
coesione sociale.
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Aprire i sistemi al
mondo
9. rafforzando i legami
con il mondo del
lavoro, la ricerca e la
società,
10. sviluppando lo spirito
d’impresa,
11. migliorando
l’apprendimento delle
lingue straniere,
12. accrescendo la
mobilità e gli scambi,
13. rafforzando la
cooperazione
europea.
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1.2 La realizzazione degli obiettivi comuni fissati per il 2010
Sulla base del programma di lavoro comune in vista degli obiettivi fissati per il 2010,
la Commissione crea dei gruppi di lavoro composti da esperti, nominati dagli stati
membri, ciascuno per un diverso ambito coperto dai 13 obiettivi.
Le raccomandazioni emesse nei primi rapporti di questi gruppi di lavoro
(2003/2004) esprimono tutte la necessità di un rafforzamento dell’azione nazionale
e comunitaria in tutti gi ambiti/obiettivi chiave del programma di lavoro adottato
dai ministri dell’istruzione nel 2002. Si tratta in particolare:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
di sviluppare le competenze chiave necessarie per vivere e lavorare nella
società della conoscenza,
di investire nella formazione degli insegnanti e dei formatori per aiutarli ad
adeguarsi ai loro nuovi ruoli,
di investire di più e meglio nelle risorse umane,
di rafforzare l’integrazione qualitativa delle TIC,
di promuovere le lingue e di sensibilizzare all’importanza della diversità
linguistica e culturale,
di sviluppare la cultura scientifica a partire dalla più giovane età,
di accrescere significativamente la mobilità,
di sviluppare concretamente l’istruzione e la formazione permanente e di
renderla accessibile a tutti,
di riconoscere e di validare le competenze acquisite in maniera non formale
o informale,
di sviluppare la cittadinanza attiva,
di modernizzare i sistemi di orientamento, ecc.
Queste raccomandazioni hanno nutrito la prima comunicazione della
Commissione del novembre 2003 sulla realizzazione della strategia di Lisbona e il
primo rapporto congiunto del Consiglio e della Commissione pubblicato di lì a
poco. Entrambi i documenti esortano gli stati membri ad accelerare il ritmo delle
riforme e ad impegnarsi più attivamente nel raggiungimento degli obiettivi comuni
fissati.
Vengono così definiti, tra il 2002 e il 2004, attraverso questi gruppi o quelli creati
nell’ambito dell’attuazione della dichiarazione di Copenaghen (vd più avanti)
diversi quadri di riferimento (“framework”) e documenti di principi europei.
Questi vertono su dimensioni essenziali della realizzazione dell’Europa della
conoscenza e del lifelong learning e permettono di iscrivere lo sviluppo delle
politiche nazionali di istruzione e formazione nel contesto europeo. L’essere
recepiti dalle politiche nazionali sarà certamente un elemento determinante della
loro efficacia. In particolare i temi che affrontano sono:
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•
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•
•
•
gli 8 ambiti di competenze chiave indispensabili per vivere e lavorare nella
società della conoscenza;
le competenze e le qualifiche degli insegnanti e dei formatori;
il riconoscimento dell’istruzione e della formazione non formali e informali;
l’orientamento permanente,
la garanzia della qualità nell’istruzione e formazione professionale;
la qualità della mobilità a fini di apprendimento (definizione di una carta
europea);
miglioramento dell’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione.
Tali lavori non possono ormai più prescindere da una cooperazione sempre più
stretta con gli altri ambiti comunitari interessati dalla strategia di Lisbona. Si tratta
degli ambiti che, come l’istruzione e la formazione, sono più direttamente
interessati dallo sviluppo dell’Europa della conoscenza, ossia la ricerca ma anche
il lavoro e gli affari sociali. Questa cooperazione vale in particolare per i lavori
riguardanti lo sviluppo del lifelong learning,9 priorità anche dell’ambito della
strategia europea per l’occupazione.
Sul tema della mobilità, la Commissione adotta nel 2002 un piano d’azione per
eliminare gli ostacoli alla mobilità all’interno dei mercati del lavoro europeo. Tale
piano d’azione propone 25 azioni concrete di cui 15 riguardano in particolare
l’istruzione e la formazione alfine di sviluppare un sistema più trasparente e più
agile di riconoscimento delle qualifiche, dei diplomi e dei periodi di studio. Questo
piano accolto favorevolmente al Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002,
è oggetto di una prima valutazione nel 2004 che riflette i lavori e le analisi della
situazione condotti nel quadro del programma “Istruzione e formazione 2010” così
come i progressi che restano da compiere in particolare per aumentare
sostanzialmente la mobilità a fini professionali o educativi. Nel 2004 una direttiva
relativa ai diritti dei cittadini dell’Unione (compreso lo studente che si muove in
Europa per fini di formazione professionale) di circolare e soggiornare liberamente
sul territorio dell’Unione verrà infine adottata.
1.3 Lo sviluppo di indicatori e benchmarks
Strumenti chiave del nuovo metodo di cooperazione lanciato a Lisbona, gli
indicatori sono indispensabili al monitoraggio dei progressi compiuti in direzione
degli obiettivi che i ministri dell’istruzione si sono fissati per il 2010. Per le domande
che pongono e le differenze che mettono in luce tra i paesi, sono inoltre dei
rivelatori di buone pratiche. La questione del benchmarking è tuttavia complessa
e molto sensibile per numerosi stati membri che temono in particolare un
Una comunicazione congiunta della DG “Istruzione e cultura” e della DG “Lavoro e Affari sociali”
viene adottata nel 2001 su Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente,
COM(2001) 678 finale.
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confronto dei risultati dei rispettivi sistemi educativi basati su elementi di natura
essenzialmente quantitativa.
Data questa complessità, la Commissione crea un gruppo permanente di esperti
sugli indicatori e benchmark. La Commissione produce nel 2003 una prima analisi
di questi indicatori, in particolare rispetto a cinque obiettivi chiave (benchmark)
adottati dal Consiglio nel maggio 2003. Questo rapporto fornisce una prima
panoramica della situazione dei sistemi di istruzione e formazione in Europa
sottolineando gli ambiti in cui gli obiettivi fissati per il 2010 rischiano di essere
difficilmente raggiunti senza un impegno maggiore. Si tratta dunque di un
documento di riferimento fondamentale per la preparazione della comunicazione
del novembre 2003 “Istruzione e formazione 2010: l’urgenza delle riforme per
riuscire la strategia di Lisbona”. Aggiornato e arricchito annualmente questo
rapporto è chiamato a svolgere un ruolo sempre più importante, in particolare nel
quadro della preparazione dei prossimi rapporti biennali al Consiglio europeo sui
progressi compiuti verso gli obiettivi comuni del 2010.
I cinque criteri di riferimento adottati nelle Conclusioni del Consiglio dei ministri
europei dell’istruzione del maggio 2003 sono dunque una tappa importante:
anche se non prescrivono decisioni da prendere da parte dei governi, possono
ispirare le politiche nazionali.
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I
CINQUE LIVELLI DI RIFERIMENTO DEL RENDIMENTO MEDIO EUROPEO CHE L’UNIONE DOVREBBE
RAGGIUNGERE ENTRO IL 2010
1)
Abbandono scolastico prematuro: è necessario ridurre la percentuale di
persone che lasciano prematuramente l’istruzione scolastica e ci si prefigge
l’obiettivo di ridurre la percentuale di abbandoni scolastici almeno al 10%;
2)
Matematica, scienze, tecnologie: si rileva che esiste una carenza di
scienziati specializzati e un disequilibrio tra i sessi, a svantaggio delle donne
sul numero di laureati in questo settore e ci si prefigge l’obiettivo di
aumentare almeno del 15% il totale dei laureati in matematica, scienze e
tecnologie, diminuendo, nel contempo, la disparità di genere;
3)
Completamento del ciclo di istruzione secondaria superiore: per
partecipare con successo alla società della conoscenza, è necessario
poter disporre degli elementi di base forniti da questo livello di istruzione e ci
si prefigge, pertanto, l’obiettivo di arrivare almeno all’85% dei ventiduenni
che abbiano completato tale ciclo di istruzione;
4)
Competenze di base: ai fini dell’occupazione, dell’inclusione,
dell’apprendimento permanente, della realizzazione e dello sviluppo
personali, ci si prefigge di ridurre la percentuale dei quindicenni con scarse
capacità di lettura almeno del 20% rispetto all’anno 2000;
5)
Apprendimento permanente (lifelong learning): per massimizzare il proprio
sviluppo personale, mantenere e migliorare la propria posizione
professionale, è necessario che tutti aggiornino e integrino in maniera
continua le proprie conoscenze, competenze e capacità. Ci si prefigge,
pertanto, di innalzare almeno al 12.5% la partecipazione degli adulti in età
lavorativa (25-64 anni) all’apprendimento permanente.
La fine dell’anno 2004 è stata caratterizzata da un’ulteriore produzione di
strumenti comunitari di valutazione. La Commissione europea ha, infatti,
pubblicato un documento di lavoro, dal titolo “New indicators on Education and
Training”, nel quale presenta proposte per il miglioramento della qualità e della
comparabilità degli indicatori esistenti. In particolare, si evidenzia la necessità di
raccogliere nuovi dati di base, soprattutto sui risultati degli alunni, partendo dal
presupposto che, proprio l’assenza di tali dati, ha reso difficili i lavori dei diversi
gruppi di esperti riuniti nel corso degli ultimi cinque anni dalla Commissione per
l’esame di possibili ulteriori indicatori.
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Nelle Conclusioni del Consiglio del maggio 2005 sui nuovi indicatori nel settore
dell’istruzione e della formazione, si invita la Commissione ad utilizzare al meglio gli
indicatori già esistenti e a presentare proposte di indagini per l’elaborazione di
nuovi indicatori negli ambiti chiave “imparare ad apprendere” e “competenze
linguistiche”. Il Consiglio riconosce infine che la creazione di una “unità di ricerca
sull’apprendimento permanente” presso il Centro comune di ricerca di Ispra10
possa potenziare in maniera significativa la capacità di indagine della
Commissione per quanto riguarda l’elaborazione di nuovi indicatori.
1. 4 Quattro anni dopo Lisbona: la Commissione suona il campanello d’allarme
Nell’autunno 2003, la Commissione fa un primo bilancio sulla realizzazione della
strategia di Lisbona nell’ambito dell’istruzione e formazione e lo consegna alla
comunicazione “Istruzione e formazione 2010: l’urgenza delle riforme per riuscire la
strategia di Lisbona”. A partire da questo momento si parlerà di “Istruzione e
formazione 2010” per qualificare l’insieme del processo di attuazione della
strategia di Lisbona nel settore dell’istruzione e della formazione.
In questa comunicazione la Commissione identifica in particolare una serie di
aspetti sui quali gli stati membri sono chiamati a un maggiore impegno:
•
•
•
•
•
•
•
•
la partecipazione degli adulti europei all’apprendimento permanente è
troppo debole e rare sono le strategie efficaci per cambiare questo stato di
cose;
l’istruzione superiore europea soffre di insufficienti finanziamenti;
l’istruzione e la formazione professionale continuano a mancare di
attrattiva;
la mobilità nel settore dell’istruzione e della formazione resta insufficiente.
All’interno dell’Unione riguarda annualmente solo 120.000 studenti Erasmus
(ossia lo 0,8% dell’effettivo totale);
i tassi di abbandono scolastico rimangono sempre troppo elevati;
troppi giovani hanno un livello di competenza in lettura molto insufficiente;
la penuria di insegnanti e formatori qualificati minaccia certi paesi;
la comparazione internazionale dei livelli di investimento totale nelle risorse
umane pone l’Unione in una posizione molto arretrata rispetto agli Stati Uniti,
per il fatto in particolare di una debole partecipazione del settore privato. “Il
contributo dei privati è cinque volte maggiore negli Stati Uniti (2,2% del PIL
contro lo 0,4%) […].
Il Centro comune di ricerca (CCR) è una Direzione Generale della Commissione europea con lo scopo di
fornire supporto scientifico e tecnico all’elaborazione, sviluppo, implementazione e monitoraggio delle
politiche dell’Unione europea.
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Nella sua comunicazione, la Commissione non si limita tuttavia a suonare il
campanello d’allarme. Propone anche 3 assi prioritari d’azione che dovrebbero
permettere all’Unione di ritornare in linea con gli obiettivi del 2010.
•
Propone prima di tutto di concentrare le riforme e gli investimenti sui punti
chiave per la società e l’economia della conoscenza e di utilizzare
efficacemente le risorse per promuovere l’investimento nella conoscenza
(investimenti pubblici più elevati in certi ambiti chiave e contributo più
importante del settore privato, in particolare nell’istruzione superiore, nella
formazione professionale continua e nell’educazione degli adulti). Fa del
rafforzamento dell’attrattiva della professione di docente e formatore e della
loro formazione un fattore determinante per il successo delle riforme
intraprese. Propone che ogni paese stabilisca entro il 2005 un piano di
azione in materia di formazione continua del personale educativo.
•
La seconda leva d’azione proposta riguarda il lifelong learning. La
Commissione esorta tutti gli stati membri a definire, al più tardi entro il 2005,
una strategia globale, coerente e concertata e un piano di azione
concernente tutte le dimensioni dei sistemi (formali e non formali).
•
La terza e ultima leva mira a “costruire l’Europa dell’istruzione e della
formazione”. In base a questo obiettivo molto generale, la Commissione fa
una proposta molto concreta: stabilire rapidamente un quadro europeo per
le qualifiche e le competenze, come condizione sine qua non del
funzionamento efficace e fluido del mercato europeo del lavoro, delle pari
opportunità e dello sviluppo della cittadinanza europea. Si tratterebbe di un
quadro comune all’istruzione superiore e alla formazione professionale che
terrebbe quindi conto degli sviluppi nell’ambito dei processi di Bologna e di
Copenaghen.
2004: un primo rapporto al Consiglio europeo
La comunicazione della Commissione serve da punto di partenza alla
preparazione del primo rapporto congiunto del Consiglio e della Commissione
sull’attuazione della strategia di Lisbona nell’ambito dell’istruzione e della
formazione. Questo rapporto è adottato dal Consiglio “Istruzione” il 26 febbraio
2004 e trasmesso al Consiglio europeo di Bruxelles nel marzo 2004.
Non si discosta troppo dalla comunicazione della Commissione, sia per quanto
riguarda il messaggio politico centrale che sottolinea l’urgenza delle riforme sia
per quanto riguarda le proposte di azione prioritarie per il futuro. Tuttavia, in
seguito alle obiezioni degli Stati membri rispetto alle scadenze fissate dalla
Commissione per la realizzazione delle diverse azioni prioritarie, queste non sono
state riprese nel testo finale oppure sono state notevolmente sfumate.
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Il “gruppo Kok”
Di fronte a questa situazione di preoccupazione, il Consiglio europeo del marzo
2004 chiede alla Commissione di creare un gruppo ad alto livello, composto da
esperti indipendenti e presieduto da Wim Kok, alfine di aiutarlo a preparare le
proprie proposte in vista del Consiglio europeo 2005 e della revisione a metà
percorso della strategia di Lisbona.
Tenendo conto del rapporto Kok, la Commissione adotta nel febbraio 2005 le
proprie proposte in favore del rilancio della strategia di Lisbona, destinate al
Consiglio europeo del marzo successivo che ne approva gli orientamenti.
Vengono privilegiati gli obiettivi legati alla crescita e all’occupazione e si
adottano così nell’aprile 2005 le linee guida integrate per la crescita e lo sviluppo,
che includono il contributo del settore dell’istruzione e della formazione. Ci si
riferisce in particolare alle strategie di lifelong learning da compiere entro il 2006,
alla riduzione degli abbandoni precoci dei sistemi di istruzione, alla trasparenza
delle qualifiche, alla validazione delle competenze non formali e informali,
all’apertura e alla qualità dell’istruzione.
Non è più ormai questione di trasmettere diversi rapporti settoriali al Consiglio
europeo. Gli stati membri produrranno un rapporto annuale unico di attuazione di
queste linee guida, e, su questa base, un solo rapporto sarà consegnato al
Consiglio europeo di primavera.
Tuttavia, poiché l’istruzione e la formazione hanno un ruolo che va ben al di là
degli obiettivi di crescita e occupazione, viene deciso che il programma di lavoro
“Istruzione e formazione 2010” proseguirà in tutte le sue dimensioni, così come i
rapporti biennali di attuazione che ne derivano. La cooperazione politica in
materia di istruzione e formazione, attraverso il processo “Istruzione e formazione
2010”, si ritrova così nella posizione forte di poter proseguire in futuro, in maniera
autonoma, i propri sviluppi e approfondimenti, pur contribuendo pienamente agli
obiettivi della strategia di Lisbona.
2. IL LIFELONG LEARNING: PRINCIPIO GUIDA DI TUTTE LE AZIONI
Già durante gli anni 90 il concetto di lifelong learning acquistava sempre più
importanza in particolare sotto la spinta del libro bianco di Jacques Delors
“Crescita, competitività, occupazione”. Il Consiglio europeo di Lisbona, dunque,
non poteva che riconoscere la sua importanza nello sviluppo di un’economia
sempre più fondata sulla conoscenza e sul rinnovo permanente delle qualifiche e
delle competenze. Nel Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001 si riafferma
questa posizione, passando da una certa retorica che aveva caratterizzato gli
anni 90 a una volontà espressa a un più alto livello di vedere progressi tangibili
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negli anni avvenire in materia di lifelong learning, tanto nell’ambito dei sistemi
nazionali di istruzione e formazione che nell’ambito della cooperazione
comunitaria.
Questa nozione trascende tutti i livelli di istruzione e di formazione e ingloba tutte le
tappe della vita e le diverse forme di apprendimento (formale, non formale ed
informale). Mette in campo ambiti e attori molto vari e va oltre la semplice sfera
dell’istruzione e della formazione. È perciò uno degli obiettivi specifici della
strategia europea per l’occupazione e una dimensione importante dell’agenda
sociale europea stabilita dopo Lisbona per favorire un’interazione positiva e
dinamica della politica economica, sociale e del lavoro.
Nella risoluzione del 22 giugno 2002 il Consiglio “Istruzione” insiste sulla
partecipazione di tutti gli attori in questione, in particolare le parti sociali, la società
civile e le autorità educative locali e regionali.
“Bisogna intendere per Lifelong Learning tutte le attività di apprendimento
condotte nel corso della vita allo scopo di migliorare le proprie conoscenze,
qualifiche e competenze, che sia in una prospettiva personale, civile, sociale o
in vista di un impiego. I principi applicabili in questo contesto dovrebbero
essere i seguenti: riconoscere che l’individuo è il soggetto dell’apprendimento,
insistere sull’importanza di reali pari opportunità e garantire la qualità
dell’apprendimento.”
Risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002
Per le politiche nazionali, offrire a tutti una formazione permanente significa
implicare tutti i livelli formali dell’istruzione e della formazione ma anche uscire dai
sentieri battuti, dando una maggiore importanza all’educazione degli adulti così
come alle competenze e conoscenze acquisite in un quadro informale e/o non
formale. La risposta europea dopo Lisbona passa attraverso un importante
processo di consultazione degli Stati europei, delle parti sociali e delle
organizzazioni non governative che la Commissione organizza sulla base di un
memorandum pubblicato nel novembre 2000 (cfr. “memorandum sull’istruzione e
la formazione permanente”).
Sulla base di questa importante consultazione e dei molteplici contributi ricevuti, la
Commissione europea adotta nel 2001 la comunicazione “Realizzare uno spazio
europeo dell’istruzione e della formazione permanente” che avanza proposte
concrete per realizzare politiche a livello nazionale e comunitario. I criteri che
permettono di elaborare e attuare strategie in questo settore sono definiti come
una serie di priorità di azione a livello europeo, nazionale, regionale e locale (vd.
box qui di seguito).
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6 azioni prioritarie per l’attuazione dell’istruzione e formazione permanente
1. Valorizzazione della formazione: identificazione, valutazione e
riconoscimento dell’apprendimento non formale e informale e
trasferimento e riconoscimento reciproco dei certificati, diplomi e titoli
formali.
2. Azioni di informazione, orientamento e consulenza: sviluppo di servizi di
orientamento di qualità.
3. Maggiori investimenti in tempo e in denaro (pubblico e privato).
4. Offerta formativa vicina ai discenti: sostegno alle comunità di
apprendimento, sviluppo dei centri locali di acquisizione delle conoscenze,
ecc.
5. Sviluppo per tutti, a tutti gli stadi della vita, delle competenze di base
necessarie per accedere all’istruzione e alla formazione permanente.
6. Sviluppo di didattiche innovative.
La realizzazione concreta delle azioni previste nella comunicazione non è,
tuttavia, così semplice poiché suppone un’altra maniera di concepire e
organizzare i sistemi e la necessità di prendere in considerazione la complessità
degli apprendimenti informali e non formali. Per appoggiare politicamente questa
comunicazione, il Consiglio europeo di Barcellona del marzo del 2002 richiede al
Consiglio di adottare una risoluzione in materia.
La risoluzione del Consiglio stabilisce che la realizzazione delle azioni previste deve
farsi nell’ambito del processo “Educazione e formazione 2010” il cui quadro
concettuale è appunto il lifelong learning. Deve anche far riferimento alle azioni e
alle politiche elaborate nel quadro della strategia europea per l’occupazione, del
piano di azione sulle competenze e la mobilità, dei programmi comunitari
Socrates (in particolare della sua azione Grundtvig), Leonardo da Vinci e
“Gioventù”, dell’iniziativa “eLearning” così come delle azioni in materia di ricerca
e innovazione.
A partire dai contributi forniti dagli stati membri, la Commissione procede, nel
corso dell’estate del 2003, all’analisi delle politiche realizzate. Pur riconoscendo la
diversità e la ricchezza delle iniziative e delle riforme intraprese un po’ dappertutto
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in Europa, la Commissione constata un’importante debolezza delle politiche
attuate. Lo sviluppo di strategie nazionali è uno dei 3 assi principali di azione che
propone. “Le lacune da colmare risultano spesso da una visione troppo limitata
alle esigenze dell’occupabilità o da un accento troppo esclusivo messo sul
recupero di coloro che hanno abbandonato precocemente l’istruzione iniziale.
Tali elementi si giustificano, ma non rappresentano da soli una strategia di lifelong
learning veramente integrata, coerente e accessibile a tutti”.
Il primo rapporto al Consiglio europeo della primavera del 2004 che segue questa
comunicazione conferma che si tratta di un ambito prioritario per l’azione futura. Il
rapporto del gruppo Kok sulla strategia di Lisbona consegnato alla Commissione
nel novembre 2004 va nello stesso senso, riaffermando la necessità di definire
ovunque in Europa strategie di lifelong learning. Il Consiglio europeo del marzo
2005 riaffermerà le sue posizioni precedenti, sottolineando che “il lifelong learning
costituisce una conditio sine qua non per raggiungere gli obiettivi di Lisbona”.
Inoltre, per favorire lo sviluppo di strategie di lifelong learning, la Commissione
apporta il suo sostegno alla costituzione di reti tra le regioni e le città impegnate
nell’attuazione di strategie di lifelong learning. Così 120 regioni d’Europa,
raggruppate attorno a 17 progetti (chiamati “progetti R3L” per “Regional Networks
for Lifelong Learning”) lavorano insieme, a partire dall’aprile 2003, per condividere
le loro conoscenze e competenze in vista di promuovere questo tipo di
formazione permanente. Questa esperienza di cooperazione regionale dovrebbe
trovare futuri sviluppi nel quadro della prossima generazione di programmi
comunitari per l’istruzione e la formazione (2007-2013) per cui la Commissione ha
proposto un programma integrato a sostegno dell’apprendimento permanente
(LLP - LifeLong Learning Programme).
Per accedere a un’informazione trasparente sulle possibilità di studio e
apprendistato in seno all’Unione e per far sì che lo sviluppo di un apprendimento
permanente si iscriva nello spazio europeo, la Commissione lancia, nel marzo 2003,
il portale Internet Ploteus (cfr. http://europa.eu.int/ploteus/portal/home.jsp) sulle
opportunità di studio e formazione in Europa.
3. IL RILANCIO DELLA COOPERAZIONE POLITICA IN MATERIA DI FORMAZIONE PROFESSIONALE
Gli anni 90 sono caratterizzati dall’importanza crescente che viene data ai
concetti di società della conoscenza e di apprendimento permanente o lifelong
learning, concetti che contribuiscono a rimettere in questione la tradizionale
divisione tra istruzione e formazione. La maggioranza dei documenti ufficiali, in
particolare a partire dalla metà degli anni 90, fondono sempre più in una stessa
analisi le sfide dell’istruzione e della formazione professionale. Data la complessità
di un simile avvicinamento dei due concetti, la realtà evolve tuttavia meno veloce
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delle idee, anche se alcune tappe sono raggiunte, in particolare dal 2000, alfine
di sostenere un approccio sempre più integrato di questi due ambiti.
3.1 Rapporti sempre più stretti tra formazione professionale e istruzione
Di fatto, anche se dispone di canali più importanti dell’istruzione per sviluppare
azioni concrete (attraverso il Fondo sociale europeo in particolare), la
cooperazione politica in materia di formazione professionale ci ha messo del
tempo ad affermarsi a livello comunitario. La strategia per l’occupazione, lanciata
nel 1997, gli ridà una certa importanza come strumento di rilancio del mercato del
lavoro e di riduzione della disoccupazione. Ma la cooperazione comunitaria sui
sistemi e le politiche di formazione professionale in favore di una maggiore
convergenza ed efficacia comune resta insufficiente, a dispetto dell’impulso dato
dalla Commissione europea e dai lavori condotti nel quadro del Cedefop (cfr.
http://www.cedefop.europa.eu/) .
Un centro europeo al servizio della formazione professionale
Creato nel 1975, sulla base del primo programma comunitario di azione sociale, il
Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop) è, insieme
alla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro
fondata poco dopo, la prima agenzia decentralizzata istituita a livello comunitario. Il
centro viene inizialmente installato a Berlino: il muro esisteva ancora e, in un certo
senso, la scelta di quel luogo aveva anche un valore altamente simbolico. In seguito
alle decisioni del Consiglio europeo di Bruxelles dell’ottobre del 1993, riguardo alla
ripartizione delle sedi delle agenzie (esistenti e nuove), il Cedefop lascerà Berlino e sarà
installato nell’agosto 1995 a Salonicco.
Centro di riferimento dell’Unione europea in materia di istruzione e formazione
professionale, il Cedefop supporta la Commissione nella promozione e lo sviluppo di
questo settore a livello europeo. Grazie alle sue attività in materia di informazione sulle
politiche, sistemi e pratiche nazionali, di ricerca e di diffusione, il Cedefop aiuta i
responsabili politici e gli specialisti del settore a sviluppare una maggiore conoscenza
reciproca e a migliorare l’istruzione e la formazione professionale in Europa.
Numerosi esempi mostrano la portata del contributo del Cedefop a un settore che,
ancor più di quello dell’istruzione generale, è caratterizzato da una grande diversità di
sistemi e di politiche a livello nazionale e dal bisogno, a livello europeo, di un luogo
permanente di informazione, di dialogo e di expertise:
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Il riconoscimento e la trasparenza delle qualifiche: è al Cedefop che fu affidata
l’attuazione della decisione del Consiglio sulla “corrispondenza reciproca delle
qualifiche della formazione professionale” del luglio 1985: su sua iniziativa,
decine di gruppi di esperti si riunirono per definire tabelle di corrispondenza per i
diversi mestieri a livello degli operai qualificati. Anche se, alla fine di questa
attività, ci si è posta la domanda sull’utilità pratica di tabelle così definite, il
lavoro realizzato dal Cedefop ha contribuito ampiamente alla diffusione di un
approccio europeo nella formazione professionale. Nel corso degli anni 90, si è
affrontata la problematica sempre più dal punto di vista della “trasparenza”
piuttosto che dell’equivalenza, e il Cedefop ha continuato ad essere molto
attivo nel sostenere l’azione comunitaria in questa materia, in particolare in
collegamento con i lavori del forum europeo sulla trasparenza delle qualifiche
della formazione professionale organizzato nel 1999 e, in seguito, nel quadro
della dichiarazione di Copenaghen, della definizione di un quadro comunitario
unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass).
Le “Agorà”: approfittando della coincidenza della sua ubicazione in Grecia, il
Cedefop organizza, da diversi anni, una serie di incontri europei denominati
“Agorà” il cui obiettivo è creare uno spazio di dibattito aperto e pluralistico per
sostenere scientificamente e tecnicamente le decisioni e le negoziazioni che i
partner (Commissione, parti sociali e governativi, ricercatori e addetti ai lavori)
conducono nell’ambito europeo in rapporto alla formazione professionale. I temi
scelti per gli incontri sono molto vari: il ruolo dell’impresa nella formazione
permanente, i bassi livelli di qualifica sul mercato del lavoro: prospettive e scelte
politiche, ecc. Questi incontri non sono l’occasione di negoziazioni o di ricerche
di eventuali accordi, ma piuttosto un’occasione strutturata di confrontare i punti
di vista e le esperienze.
Il programma di visite di studio: nel quadro del suo mandato, il Cedefop esercita
anche funzioni operative, in particolare nell’ambito del suo programma di visite
di studio destinate ai responsabili della formazione professionale (misura inserita
dal 1995 nel programma “Leonardo da Vinci”). Attraverso la sua
intermediazione, responsabili di uno Stato membro (non solo governativi ma
anche parti sociali) hanno la possibilità di andare in un altro Stato membro,
incontrare, sul campo, i propri omologhi e vedere come questi tentano di
risolvere i problemi legati alla modernizzazione del sistema di formazione
professionale. Come il programma Arion per l’istruzione, questo programma
contribuisce allo sviluppo di una rete europea, vivaio a sua volta di riflessione e
progetti comuni. Nella stessa maniera si è sviluppata anche la rete europea dei
ricercatori che il Cedefop ha progressivamente costituito e che rappresenta una
fonte di arricchimento reciproco.
Altri esempi di lavori intrapresi dal Cedefop meritano di essere sottolineati, che si
tratti delle monografie che analizzano, per ciascun Stato membro, il sistema di
formazione professionale iniziale e continua o di documenti tematici che fanno il
punto della situazione nell’insieme dell’Unione (per esempio sull’orientamento
scolastico e professionale).
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Dal 1998, il Centro pubblica inoltre una serie di rapporti sulla ricerca nell’ambito
della formazione professionale. Un’altra serie verte sulle politiche. Il Cedefop
pubblica anche due periodici: il Giornale europeo della formazione
professionale (rivista indipendente e scientifica) e Cedefop Info che presenta gli
sviluppi nazionali e comunitari in materia di formazione professionale
Il contributo del Cedefop allo sviluppo della cooperazione politica in materia di
formazione professionale ha acquistato importanza in seguito al Consiglio europeo di
Lisbona del marzo 2000. Il Centro ha supportato la Commissione, in particolare nel
quadro dell’attuazione delle priorità della dichiarazione di Copenaghen (2002) e del
Comunicato di Maastricht (2004), su temi specifici quali il riconoscimento delle
qualifiche e delle competenze acquisite attraverso l’apprendimento informale e la
garanzia di qualità in materia di formazione professionale.
Home page: http://www.cedefop.europa.eu/
Sito web interattivo: http://www.trainingvillage.gr
La formazione professionale è di fatto un ambito più difficile da definire a livello
comunitario rispetto a quello dell’istruzione, in cui gli attori istituzionali sono
chiaramente identificabili e in cui i sistemi sono in generale ben strutturati e
organizzati. Nell’ambito della formazione professionale, la cooperazione
comunitaria deve appoggiarsi su molteplici interlocutori, pubblici e privati (Stati,
regioni, imprese, parti sociali, ecc.) ed esercitare il suo effetto catalitico e di
controllo su sistemi dai contorni più sfumati e dal funzionamento più complesso. La
sua visibilità e il suo impatto sull’evoluzione dei sistemi nazionali di formazione
professionale sono più difficilmente misurabili.
Inoltre, da lungo tempo, le questioni concernenti questo ambito sono state
principalmente trattate in seno al Consiglio “Affari sociali”, che non offriva, come il
Consiglio “Istruzione”, un forum di discussione politica approfondita e specifica
sulle politiche di formazione professionale. La situazione cambia progressivamente
nel corso degli anni 90 con testi che affrontano sempre più le questioni relative
all’istruzione e formazione dal punto di vista del loro contributo congiunto
all’attuazione della società della conoscenza e della formazione permanente. Il
comitato dell’istruzione è allora sempre più investito da problematiche riguardanti
lo sviluppo della cooperazione in materia di formazione professionale. È questo
comitato che, per esempio, adotta nel novembre 2002 la risoluzione che mira al
rafforzamento della cooperazione europea in materia di istruzione e formazione
professionale, risoluzione che offre la base politica al lancio e al seguito della
dichiarazione di Copenaghen.
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3.2 I ministri rilanciano la cooperazione a Copenaghen
Gli impegni presi dai capi di Stato e di Governo a Lisbona nel marzo 2000 e poi a
Barcellona nel marzo 2002 mettono in moto progressi significativi nell’ambito della
cooperazione politica in materia di formazione professionale. L’istruzione e la
formazione si ritrovano insieme strettamente implicate nell’attuazione della nuova
strategia economia e sociale in previsione del 2010.
È a Bruges (il 27 e 28 ottobre 2001), nel quadro della presidenza belga dell’Unione,
che i direttori generali della formazione professionale lanciano il processo che
conduce a una più forte cooperazione nell’ambito dell’istruzione e della
formazione professionale. In un mercato europeo del lavoro in piena espansione e
alla vigilia di un allargamento storico dell’Unione, non è più possibile accettare
che continuino ad esserci freni ed ostacoli in materia di libera circolazione e di
mobilità dei lavoratori e delle persone in formazione. Molte iniziative sono state
condotte dal 1975 in materia di riconoscimento reciproco, di equivalenza e di
trasparenza delle qualifiche ma i risultati sono lungi dall’essere all’altezza delle
sfide fissate dal Consiglio europeo di Lisbona. La formazione professionale iniziale
e continua deve essere rivalorizzata come importante ingranaggio della catena
dell’istruzione e della formazione permanente. Una cooperazione politica
rafforzata e un impegno più deciso degli attori coinvolti sono ormai gli ingredienti
indispensabili perché siano compiuti progressi concreti in materia.
Il Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 insiste sulla necessità di
“realizzare strumenti che garantiscano la trasparenza dei diplomi e delle qualifiche
(ECTS; supplementi ai diplomi e ai certificati; CV europeo)” e chiede che misure
analoghe a quelle prese nell’ambito del processo di Bologna siano sviluppate
anche per la formazione professionale. Una manifestazione concreta di questo
processo è lo sviluppo a partire dal 2004 di un quadro europeo delle qualifiche e
delle competenze, costruito sulla base dei lavori condotti su questo tema nel
quadro dei processi di Bologna e di Copenaghen.
La riunione dei ministri della formazione professionale di 31 paesi europei,
organizzata dalla presidenza danese il 29 e 30 novembre 2002 a Copenaghen, e a
cui partecipano anche le parti sociali, sfocia nella cosiddetta “dichiarazione di
Copenaghen”, accordo politico di cui la cooperazione europea in materia di
formazione professionale aveva bisogno per proseguire l’impulso dato a Bruges. In
questa occasione i ministri fanno proprie e stabiliscono le seguenti priorità, già
precedentemente evidenziate:
•
•
•
rafforzamento della dimensione europea, della trasparenza,
dell’informazione e dell’orientamento,
riconoscimento delle competenze e delle qualifiche,
promozione della cooperazione in materia di garanzia della qualità.
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La dichiarazione di Copenaghen rappresenta un vero mandato politico e arriva al
momento giusto per ridare vita alla cooperazione politica in materia di formazione
professionale e associarla più strettamente alla cooperazione in materia di
istruzione, in nome della coerenza e dell’efficacia promosse dal Consiglio europeo
di Lisbona. Se, nel passato, l’istruzione ha avuto bisogno della formazione
professionale per svilupparsi a livello comunitario, è ormai la formazione
professionale che, per certi versi, attinge la sua fonte di ispirazione nell’esperienza
acquisita dalla cooperazione in materia di istruzione.
Nella sua comunicazione “Istruzione e formazione 2010” del novembre 2003
sull’attuazione della strategia di Lisbona, la Commissione presenta sotto uno stesso
titolo i risultati della realizzazione dei diversi processi in corso, compreso quello di
Copenaghen. Si tratta di andare verso una più larga integrazione come
d’altronde avevano già richiesto i ministri a Copenaghen, pur riconoscendo la
specificità di ogni ambito. Il primo rapporto congiunto del Consiglio e della
Commissione al Consiglio europeo della primavera del 2004 fissa una scadenza:
“Entro il 2006, l’integrazione delle azioni a livello europeo concernenti l’istruzione e
la formazione professionale […], l’apprendimento permanente […] e la mobilità
[…] dovrebbe essere effettiva […]. In generale, in futuro, azioni parallele non
integrate potranno giustificarsi sempre meno, che sia nell’ambito dell’istruzione
superiore o della formazione professionale, eccetto se queste si dimostrano
chiaramente più ambiziose ed efficaci”.
La prima fase dell’attuazione (2003-2004) delle priorità fissate nella dichiarazione di
Copenaghen produce alcuni risultati concreti. Sulla base di una proposta della
Commissione nel 2003, è adottato, nel gennaio 2005, un quadro europeo unico
per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze. Il nuovo “Europass”
raggruppa in un portafoglio unico gli strumenti esistenti. Il suo obiettivo è di
permettere ai cittadini europei di comunicare in forma migliore le loro
competenze e qualifiche. Accessibile su Internet contiene i documenti di
riferimento esistenti:
il curriculum vitae europeo che rappresenta la spina dorsale del nuovo
Europass;
il Supplemento al Diploma per l’istruzione superiore;
il Supplemento al certificato per la formazione professionale;
il portfolio europeo delle lingue;
l’Europass-mobilità (mobilità europea a fini di apprendistato) che sostituisce
l’Europass-formazione.
Questo portafoglio integrato è flessibile e può ulteriormente aprirsi a nuovi
documenti che sostengano la trasparenza delle qualifiche e delle competenze.
L’Europass è adottato il 15 dicembre 2004. Il suo lancio politico ha luogo nel
quadro della conferenza ministeriale di Maastricht del dicembre 2004 sul
rafforzamento della cooperazione europea in materia di formazione professionale
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(seguito di Copenaghen). Il suo lancio operativo è stato il 31 gennaio/1° febbraio
nel quadro della presidenza lussemburghese.
I lavori condotti a partire dall’adozione della dichiarazione di Copenaghen hanno
inoltre permesso di definire un quadro comune per la garanzia di qualità in
materia di formazione professionale che il Consiglio “istruzione” approva nel
maggio 2004. Quest’ultimo definisce un nocciolo comune di criteri di qualità e un
insieme coerente di indicatori. Sono, inoltre, gettate le basi per un sistema
europeo di trasferimento di crediti in materia di formazione professionale. Sulle
questioni relative alla validazione delle competenze non formali e informali e
all’orientamento, due aspetti chiave per l’attuazione di strategie efficaci di
istruzione e formazione permanente, i lavori europei consistono nell’appoggiare lo
sviluppo delle politiche nazionali attraverso principi comuni, orientamenti per il
rafforzamento delle politiche, sistemi e pratiche e una guida per i responsabili
politici (Career guidance: a handbook for policy-makers, pubblicazione congiunta
Commissione europea – OCSE, gennaio 2005).
La conferenza di Maastricht del dicembre 2004 riunisce, come a Copenaghen
due anni prima, i ministri della formazione professionale. Fa il punto dei progressi
compiuti dall’adozione della dichiarazione di Copenaghen e rivede le priorità
d’azione del processo per gli anni a venire. Un comunicato è adottato il 15 e 16
novembre 2004. Definisce 5 priorità d’azione a livello europeo:
1. rafforzare le priorità già definite a Copenaghen;
2. sviluppare un quadro europeo per le qualifiche;
3. sviluppare e mettere in pratica un sistema europeo di trasferimento di crediti
per la formazione professionale;
4. fare un’analisi dei bisogni di apprendimento dei formatori;
5. migliorare la portata e la qualità degli indicatori in materia di formazione
professionale.
4. IL QUADRO EUROPEO DELLE QUALIFICHE: UN NUOVO MODO DI COMPRENDERE LE
TUTTA L’EUROPA
QUALIFICHE IN
Il 5 settembre 2006 la Commissione adotta una proposta di raccomandazione del
Parlamento e del Consiglio relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle
qualifiche per l’apprendimento permanente (QEQ). Nell’intenzione dei decisori
politici comunitari, il QEQ fornirà una lingua comune per descrivere le qualifiche e
aiuterà gli Stati membri, i datori di lavoro e gli individui singoli a confrontare le
qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’Unione Europea.
Ján Figel, Commissario europeo per l’istruzione, la formazione, la cultura e il
multilinguismo afferma: “Troppo spesso in Europa le persone si trovano di fronte a
ostacoli quando cercano di spostarsi da un paese all’altro per motivi di studio o di
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lavoro oppure quando desiderano continuare la propria istruzione o formazione. Il
QEQ li aiuterà a risolvere questo problema, rendendo più comprensibili le diverse
qualifiche nazionali in Europa e promuovendo in tal modo l'accesso all'istruzione e
alla formazione. Una volta adottato aumenterà la mobilità per motivi di studio o
lavoro. Riteniamo che il QEQ sia un’iniziativa chiave per la creazione di nuovi posti
di lavoro e per la crescita economica; in Europa aiuterà le persone ad affrontare
le sfide di un’economia mondiale basata sulle conoscenze e caratterizzata dalla
globalizzazione.”
La proposta, sviluppata dopo consultazioni approfondite con gli Stati membri, le
parti sociali e altri interessati, rappresenta uno dei risultati concreti del programma
di lavoro “Istruzione e formazione 2010.
L’elemento chiave del Quadro europeo delle qualifiche (QEQ) è l’insieme di otto
livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende (i
risultati dell'apprendimento) indipendentemente dal sistema in cui è stata
acquisita una qualifica. I livelli di riferimento del QEQ spostano quindi l’attenzione
dall'impostazione tradizionale che evidenzia gli input dell'apprendimento (durata
dell'esperienza di apprendimento, tipo di istituzione) ai risultati
dell’apprendimento.
Quale strumento per la promozione dell’apprendimento permanente, il QEQ
comprende l’istruzione generale e l’educazione degli adulti, la formazione
professionale e gli studi superiori. Gli otto livelli coprono l’intera gamma delle
qualifiche, da quelle ottenute al termine dell’istruzione e della formazione
obbligatoria a quelle assegnate ai più alti livelli di istruzione e formazione
accademica e professionale.
La proposta di raccomandazione prevede che gli Stati membri colleghino i propri
sistemi nazionali di qualifica al QEQ (entro il 2009). Gli individui singoli e i datori di
lavoro utilizzeranno allora il QEQ come strumento di riferimento per confrontare i
livelli di qualifica dei diversi paesi e dei diversi sistemi di istruzione e formazione. Il
QEQ contribuirà quindi ad aumentare la trasparenza e l’accessibilità dei sistemi di
istruzione e formazione europei.
La proposta QEQ è attualmente all'esame del Consiglio e del Parlamento
europeo. L’adozione è prevista entro il 2007.
5. EDUCAZIONE E FORMAZIONE DEGLI ADULTI: NON È MAI TROPPO TARDI PER IMPARARE
La comunicazione della Commissione “Realizzare uno spazio europeo
dell’istruzione e della formazione permanente”, pubblicata nel 2001, e la
risoluzione del 2002 del Consiglio sull’istruzione e la formazione permanente
sottolineavano l’importanza del lifelong learning per la competitività e la capacità
di inserimento professionale, ma anche per l’inclusione sociale, la cittadinanza
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attiva e lo sviluppo personale. L’educazione e la formazione degli adulti, cioè tutte
quelle forme di apprendimento effettuato dagli adulti che hanno lasciato
l’istruzione e la formazione iniziale, sono una componente essenziale del lifelong
learning.
Su questa scia la Commissione pubblica il 23 ottobre 2006 una comunicazione che
esorta gli Stati membri a promuovere maggiormente l’apprendimento degli adulti.
I mutamenti demografici, il processo di globalizzazione e la condizione di
emergenza dei paesi di recente industrializzazione dimostrano che l’educazione
degli adulti deve occupare un posto di rilievo nell’agenda politica. Ciononostante
ancora un numero troppo basso di adulti in Europa partecipa all’educazione e
alla formazione permanente: occorrerebbero 4 milioni di adulti in più per
raggiungere il livello di riferimento fissato dagli Stati membri nel quadro del
processo “Educazione e formazione 2010”. L’educazione e la formazione degli
adulti di fatto non hanno sempre beneficiato del riconoscimento che meritano, in
termini di visibilità, di priorità strategica e di risorse, a dispetto dell’importanza
politica accordata in questi ultimi anni al lifelong learning.
Il programma di azione sull’educazione degli adulti, che la Commissione intende
lanciare nel 2007 di concerto con gli Stati membri per dare rinnovato slancio a
questo settore, si basa su 5 messaggi chiave:
1. Eliminare gli ostacoli alla partecipazione. La partecipazione degli adulti
all’istruzione e alla formazione rimane ancora limitata e sbilanciata, in
particolare per coloro che hanno bassi livelli di formazione iniziale, anziani,
persone che vivono in aree rurali, e disabili. Gli Stati membri dovrebbero
promuovere servizi di orientamento e sistemi di informazione di alta qualità,
oltre a incentivi finanziari mirati ai singoli individui e servizi di sostegno alla
creazione di partenariati a livello locale;
2. Assicurare la qualità dell’apprendimento degli adulti. Un’offerta di scarsa
qualità porta a risultati di apprendimento di scarsa qualità. Per favorire una
cultura della qualità nell’educazione degli adulti, deve essere prestata
particolare attenzione allo sviluppo professionale iniziale e in servizio del
personale docente, alle procedure di valutazione e assicurazione della
qualità dell’offerta formativa e all’introduzione di nuove metodologie e
materiali didattici adeguati ai discenti adulti.
3. Riconoscimento e validazione dei risultati dell’apprendimento. Tali aspetti
sono essenziali per motivare gli adulti a partecipare al lifelong learning. Gli
Stati membri sono invitati a istituire dei sistemi di riconoscimento e
validazione degli apprendimenti non formali e informali, basandosi sui
principi europei comuni e tenendo conto delle esperienze esistenti. Lo
sviluppo di tali sistemi può essere legato a quello dei quadri nazionali di
certificazioni, nel contesto del modello europeo di qualifiche.
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4. Investire nella popolazione che invecchia e negli immigrati. Gli Stati membri
dovrebbero investire nelle persone ‘più adulte’ e negli immigrati, attraverso
un’offerta di istruzione e formazione che tenga conto delle particolari
esigenze dei discenti, e che, contemporaneamente, ponga l’attenzione sul
ruolo fondamentale degli immigrati e delle persone ‘più adulte’ nella
società e nell’economia europea. In particolare, l’immigrazione può essere
considerata come una parziale risposta ad una popolazione che invecchia
e alla carenza di abilità in determinati settori. Inoltre, l’apprendimento degli
adulti svolge un ruolo chiave nel sostegno all’integrazione degli immigrati.
5. Indicatori e benchmark. Per una politica trasparente è essenziale disporre di
dati attendibili, con indicatori e benchmark adeguati. Purtroppo, la
disponibilità di tali dati nell’area dell’apprendimento degli adulti è limitata, e
di conseguenza la loro qualità e comparabilità necessitano di essere
migliorate.
La Comunicazione della Commissione europea sostiene dunque in estrema sintesi
che è necessario concentrarsi sulla qualità, sull’efficacia e sull’equità
dell’educazione degli adulti perché si possano ottenere maggiori benefici per la
società e per l’economia dell’Europa.
Fonte:
COMMISSION EUROPEENNE, Histoire de la cooperation europeenne dans le domaine
de l’education et de la formation – Comment l’europe se construit, Luxembourg,
Office des Publications officielles des Communautés Européennes, 2005
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